IL Rivista fondata nel 1899
DELLA n. 3 LUGLIO - SETTEMBRE 2021
In copertina: il quadro della Consolata con le corone di brillanti volute dal rettore Beato Giuseppe Allamano nel 1904 e la cornice in lamina d’argento dopo il suo recente restauro
Periodico religioso trimestrale Anno 123 - n. 3 Luglio - Settembre 2021 Poste italiane S.p.A. - Sped. in abb. postale «Regime R.O.C.» - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, NO/TORINO - Nuovo corso n. 3/2021 C.C. post. n. 264101 intestato a: Santuario della Consolata Via Maria Adelaide, 2 - 10122 Torino Tel. +39 011 483.61.11 Fax +39 011 483.61.99 E-mail: rivistasantuario@laconsolata.org Sito web: www.laconsolata.org Impaginazione grafica rivista: Andrea Aloi Stampa: A4 servizi grafici di Serra Sergio Snc Via F.lli Meliga 5/D - Chivasso (TO) Tel. 011919.55.96 E-mail: info@a4servizigrafici.it Sito web: www.a4servizigrafici.it
Direttore responsabile: Marco Bonatti
editoriale
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rubriche
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Chiamati ad attraversare i tempi di crisi Osvaldo Maddaleno
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L’Anno Amoris laetitia 1: La gioia dell’amore: alla luce della Parola Da: Amoris laetitia di Papa Francesco
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La cornice della Consolata a cura della Redazione
Autorizzazione del Tribunale Civile di Torino n.379 del 22 febbraio 1949
Per inviare offerte al Santuario: Dall’Italia:
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La Festa della Consolata fotografie di Renzo Bussio
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La Consolata unico aiuto Gianlorenzo Boano
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I Benedettini e le origini del nostro Santuario Daniele Bolognini
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La parola del Rettore Giacomo Maria Martinacci
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Redazione:
Collaboratori:
Andrea Aloi Daniele Bolognini Lino Ferracin Osvaldo Maddaleno Giacomo Maria Martinacci Giulia Poretti
Gianlorenzo Boano Renzo Bussio
editoriale
La parola del Rettore mons. Giacomo Maria Martinacci
Carissimi amici e devoti della Consolata, la Festa titolare del nostro Santuario, pur segnata ancora dalle limitazioni imposte dal perdurare della pandemia, l'abbiamo celebrata nel segno di una speranza viva. Certo non siamo ancora ritornati a una serenità totale, ma i segnali di una maggiore distensione è possibile vederli. La giornata del 20 giugno scorso -le fotograe pubblicate nelle pagine centrali consentono una visione di alcuni momenti- ci ha offerto occasioni preziose non solo di preghiera: abbiamo potuto godere della generosa collaborazione di molte persone in un bel clima di cordialità, abbiamo rivisto alcuni volontari e volontarie che da tempo avevano interrotto il loro servizio, i fedeli hanno accettato di buon grado anche le indicazioni operative per accedere sia al Santuario sia alla statua della Vergine collocata -questa volta per l'intera giornata- all'esterno. Per il secondo anno non è stato possibile effettuare la processione con l'immagine di Maria, ma la preghiera serale del Rosario -con le riessioni proposte sia dal nostro Arcivescovo sia dai Vescovi torinesi presenti nell'Arcidiocesi- è stata un momento alto di preghiera da tutti molto apprezzato e partecipato, che si è concluso con l'afdamento dell'intera Città e del territorio alla Consolata. È ripresa la vita ordinaria del Santuario, sempre accogliente, anche per coloro che vi entrano magari solo per “vedere” questo luogo signicativo per i Torinesi. Molti hanno notato e apprezzato il restauro della cornice posta intorno al quadro della
Consolata, di cui si parla in altra pagina di questo numero della nostra rivista. Questo delicato lavoro, che ci è parso non ulteriormente dilazionabile, è stato possibile effettuarlo solo grazie a quanto ci perviene nel Ramo ONLUS, dal momento che la gestione ordinaria del Santuario continua purtroppo ad essere fortemente decitaria. Il mio grazie va a coloro che ci vengono incontro con le loro contribuzioni, senza le quali non potremmo far fronte alle varie necessità. A tutti, con le parole familiari a San Giuseppe Benedetto Cottolengo, dico il mio: Deo gratias, certo che il Signore e la Vergine Consolatrice non mancheranno di ricompensare ognuno. Nella vigilia della Festa -è un'altra bella notizia- il Vescovo della Diocesi africana di Aného (nel Togo) ha dedicato al culto la nuova chiesa parrocchiale di Agomé-Glozou intitolata a S. Maria Consolata. Anche noi abbiamo contribuito in modo determinante alla sua costruzione, offrendo inoltre una grande icona in lastra metallica che riproduce il quadro della Consolata e un Crocisso, nel medesimo metallo, che è stato collocato al posto d'onore nella nuova chiesa. Il parroco costruttore don Nestor Ablam Djougban, che era stato per alcuni anni a Torino, mi incarica di far pervenire a tutti voi il suo commosso ringraziamento e l'assicurazione della sua preghiera. Per l'Anno Amoris laetitia, che ci accompagnerà no a giugno 2022 quando a Roma vi sarà l'Incontro Mondiale delle Famiglie, avevo pro-
messo che anche in queste pagine si sarebbero pubblicati dei contributi per la riessione. Cominciamo quindi a presentare una sintesi del primo capitolo dell'Esortazione di Papa Francesco, nei prossimi numeri seguiranno le sintesi degli altri capitoli. È una proposta che può offrire alle famiglie un contributo per rivisitare insieme la realtà multiforme dell’amore. Non è accantonato il progetto del nostro pellegrinaggio in Terra Santa. L’insorgere violento della pandemia nel mese di marzo dello scorso anno ci impedì di partire. Con molte cautele qualche pellegrinaggio è già ripreso, ma l'attuale situazione sanitaria ci impone ancora prudenza. Ritengo però che lo si possa programmare all'inizio della Quaresima del 2022, e precisamente nel mese di marzo. Nel prossimo numero della rivista si potrà essere più precisi. Intendo comunque dire a chi desidera prendervi parte che la situazione in Israele, sia politica che sanitaria, appare già ora sufcientemente rassicurante. Grazie, carissimi, per l'affetto che dimostrate al nostro Santuario sia con telefonate, sia con scritti, sia incontrandoci di persona: la grande famiglia dei devoti della Consolata sa di potersi afdare con piena ducia alla Vergine Santa. A lei nella mia preghiera quotidiana consegno le vostre attese e le vostre speranze e sono certo che trovano un posto grande nel suo Cuore materno.
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Chiamati ad attraversare i tempi di crisi Dalle crisi non possiamo scappare, possiamo e dobbiamo attraversarle Osvaldo Maddaleno
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uesti tempi di pandemia hanno cambiato profondamente la nostra percezione del mondo e della vita. Ci sentiamo più fragili, ci percepiamo più esposti ai possibili rovesci dell'esistenza. Riconoscerci più soli e più fragili può modicare il nostro sguardo e il nostro agire. È un'occasione imperdibile per imparare a sentire le sofferenze degli altri, per domandarci cosa ci renda così sordi e freddi di fronte alle richieste di aiuto di chi ci sta vicino. Se si potesse scegliere una parola per denire il modo in cui stiamo cercando di attraversare questo periodo storico, forse questa sarebbe “coraggio”. Molti si sono scoperti, in questa pandemia, capaci di vincere la paura e vivere con coraggio. La storia della salvezza è storia di persone chiamate in tempi di crisi come Mosè (con scelte sbagliate alle spalle) o come Davide (troppo giovane per essere preso in considerazione), che hanno risposto con coraggio per attraversare le sde. Dio oggi ci invita a continuare a percorrere le strade dell'amore reciproco e della cura, che la pandemia ha iniziato a farci intravedere e desiderare. Si tratta del progetto di Dio, “nanziato” con la vita di persone di buona volontà che vogliono, ogni giorno, declinare l'alfabeto della fratellanza, per generare un mondo nuovo. Dalle crisi non possiamo scappare, dobbiamo attraversarle. Cercando la forza dentro di noi o, ancor meglio, facendoci aiutare da compagni di viaggio saggi, in grado di vedere dove noi non arriviamo, accecati da sentimenti negativi che molto spesso le crisi portano con sé. Racconta Plutarco che Alessandro Magno si ammalò gravemente dopo aver fatto il bagno nelle fredde acque del ume Cigno. I servi chiamarono il medico Filippo. Proprio quel giorno, era arrivata all'accampamento una lettera di Parmenione, uno dei più fedeli compagni del condottiero, nella quale consigliava ad Alessandro di sospettare di Filippo: poteva trattarsi di una spia di Dario, re dei Persiani, che voleva avvelenarlo. Filippo, ignaro
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delle informazioni appena arrivate, offrì il rimedio all'imperatore proprio mentre questi leggeva la lettera. Il macedone prese la coppa dalle sue mani e, allo stesso tempo, gli consegnò la lettera che lo accusava. Mentre vedeva il volto di sgomento del medico. Alessandro bevve la medicina no all'ultima goccia. Quattro giorni dopo era guarito. Filippo non dimenticò mai quel gesto di ducia e fu sempre fedele all'imperatore. Come Alessandro Magno, abbiamo bisogno di aprirci all'aiuto degli altri, anche a rischio di risultare feriti o ingannati. Possiamo dedicare agli altri uno sguardo ducioso e benevolo, che faccia ripartire una spirale di mutua collaborazione, capace di rinvigorire le nostre comunità timorose. Così riusciremo a intrecciare legami forti e tesseremo coi nostri rapporti il grande arazzo della società. Tutto dipende dal modello di felicità che abbiamo in mente. È questione di priorità, di aspettative. Un anno speciale dedicato alla “Famiglia Amoris laetitia”, quello inaugurato lo scorso 19 marzo da Papa Francesco: un anno per prendersi cura della famiglia, nucleo fondante della società e culla delle relazioni più autentiche. Un anno per accompagnare le famiglie con la riessione e con l'impegno perché non si sentano sole di fronte alle tante sde e difcoltà che le minacciano. Soprattutto in questo periodo di pandemia, una particolare attenzione va riservata alla coppia e alle sue delicate dinamiche relazionali. Dobbiamo acciuffare la sda che questo nostro tempo reca con sé ed offrire un piccolo ma costruttivo contributo per abitarlo con responsabilità e sguardo di speranza. Può essere utile ed essenziale questo racconto per le famiglie e per tutti. Un gruppo di laureati, affermati nelle loro carriere, discutevano sulle loro vite durante una riunione. Decisero di fare visita al loro vecchio professore universitario, ora in pensione, che era sempre stato un punto di riferimento per loro. Durante la visita, si lamentarono dello stress che dominava il loro lavoro, le
▲ «Alessandro Magno e il medico Filippo d'Acarnania», olio su tela di Henryk Siemiradzki (1870), Museo Nazionale di Arte Bielorussa
loro vite familiari e le relazioni sociali. Volendo offrire ai suoi ospiti un cioccolato caldo, il professore andò in cucina e ritornò con una grande brocca e un assortimento di tazze. Alcune di porcellana, altre di vetro, di cristallo, alcune semplici, altre costose, altre di squisita fattura. Il professore li invitò a servirsi da soli il cioccolato. Quando tutti ebbero in mano la tazza con il cioccolato caldo, il professore espose le sue considerazioni: «Noto che sono state prese tutte le tazze più belle e care, mentre sono state lasciate sul tavolino quelle di poco valore. La causa dei vostri problemi e dello stress è che per voi è normale voler sempre il meglio. La tazza da cui state bevendo non aggiunge nulla alla qualità del cioccolato caldo. In alcuni casi la tazza è molto bella e alcune nascondono anche quello che bevete. Quello che ognuno di voi voleva in realtà era il cioccolato caldo. Voi non volevate la tazza … Ma voi consapevolmente avete scelto le tazze migliori, e subito avete cominciato a guardare le tazze degli altri. Ora amici vi prego di ascoltarmi. La vita è il cioccolato caldo. Il vostro lavoro, il denaro, la posizione nella società sono le tazze. Le tazze sono solo contenitori per accogliere e contenere la vita, la tazza che avete non determina la vita, non cambia la qualità della vita che state vivendo. Qualche volta, concentrandovi solo sulla tazza, voi non riuscite ad apprezzare il cioccolato caldo che Dio vi ha dato. Ricordatevi sempre questo: Dio prepara il cioccolato caldo, Egli non sceglie la tazza. La gente più felice non ha il meglio di ogni cosa, ma apprezza il meglio di ogni cosa che ha. Vivere semplicemente, amare generosamente, preoccuparsi profondamente, parlare gentilmente … Lascia il resto a Dio. E ricordatevi che la persona più ricca non è quella che ha di più, ma quella che ha bisogno del minimo. Godetevi il vostro caldo cioccolato!». Ancora due osservazioni. Papa Francesco nell'Enciclica “Fratelli tutti”, al n. 35 scrive: «Passata la crisi sanitaria, la peggiore reazione sarebbe quella di cadere ancora
di più in un febbrile consumismo e in nuove forme di auto-protezione egoistica. Voglia il cielo che alla ne non ci siano più gli “altri”, ma solo un “noi”. Che non sia stato l'ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare». La seconda è la trappola che può bloccare la vitalità delle relazioni familiari, no a minacciarne la stabilità: le aspettative irrealistiche. Essa ci spinge a pretendere che nella coppia ci sia sempre una perfetta sintonia, che ci si capisca al volo, in una sorta di perenne luna di miele. Queste aspettative di perfezione sono spesso inconsapevoli e spingono a giudicare la propria relazione di coppia come qualcosa di manchevole o di difettoso, e a pensare che il proprio partner non sia la persona giusta. Diventa dunque fondamentale non rimanere ancorati a questo standard irrealistico e comprendere che, come si legge nell'Esortazione Apostolica Amoris laetitia, «nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare» (n. 325). Le difcoltà, le incomprensioni, i conitti, persino le crisi fanno parte dell'esperienza di ogni coppia. Essi non vanno vissuti come una minaccia o come un indice di fallimento. Dice ancora Papa Francesco: «La storia della salvezza si compie attraverso le nostre debolezze. Troppe volte pensiamo che Dio faccia afdamento solo sulla parte buona e vincente di noi, mentre in realtà la maggior parte dei suoi disegni si realizza attraverso e nonostante la nostra debolezza». I Santuari, come la Consolata, ci ricordano in modo chiaro come le vicende personali si intrecciano con l'esigenza della condivisione, come succede nelle famiglie, col bisogno di ringraziare. Non a caso i Santuari quasi sempre sono una specie di ex-voto, necessità di condividere cosa si è vissuto.
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La gioia dell’amore: alla luce della Parola L’Anno Amoris laetitia
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Papa Francesco ha voluto dedicare alla famiglia uno speciale Anno (19 marzo 2021 - 26 giugno 2022), proponendo come riferimento la sua Esortazione Apostolica Amoris laetitia (19 marzo 2016). Come da noi promesso, iniziamo a presentare una piccola sintesi dei singoli capitoli di quell'importante Documento, questa volta è il primo di essi (Alla luce della Parola, nn. 1-30), come avvio alla lettura del testo integrale che si può trovare sia in forma cartacea nelle librerie cattoliche, sia nel sito web www.vatican.va per una riflessione più completa.
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a gioia dell'amore che si vive nelle famiglie è anche il giubilo della Chiesa. Malgrado i numerosi segni di crisi del matrimonio, il desiderio di famiglia resta vivo, in specie fra i giovani, e motiva la Chiesa. Come risposta a questa aspirazione, l'annuncio cristiano che riguarda la famiglia è davvero una buona notizia. Nella Chiesa è necessaria un'unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano. Questo succederà no a quando lo Spirito ci farà giungere alla verità completa (cfr. Gv 16, 13), cioè quando ci introdurrà perfettamente nel mistero di Cristo e potremo vedere tutto con il suo sguardo. Inoltre, in ogni Paese o Regione si possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle
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sde locali. Infatti, le culture sono molto diverse tra loro ed ogni principio generale ha bisogno di essere inculturato, se vuole essere osservato e applicato. I. ALLA LUCE DELLA PAROLA La Bibbia è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di amore e di crisi familiari, n dalla prima pagina, dove entra in scena la famiglia di Adamo ed Eva, con il suo carico di violenza ma anche con la forza della vita che continua (cfr. Gen 4) no all'ultima pagina dove appaiono le nozze della Sposa e dell'Agnello (cfr. Ap 21, 2. 9). Le due case che Gesù descrive, costruite sulla roccia o sulla sabbia (cfr. Mt 7, 24-27), rappresentano tante situazioni familiari, create dalla libertà di quanti vi abitano. Tu e la tua sposa La coppia che ama e genera la vita è
la vera “scultura” vivente, capace di manifestare il Dio creatore e salvatore. La relazione feconda della coppia diventa un'immagine per scoprire e descrivere il mistero di Dio: il Dio Trinità (il Padre, il Figlio e lo Spirito d'amore) è comunione d'amore e la famiglia è il suo riesso vivente, non è qualcosa di estraneo alla stessa essenza divina. L'inquietudine dell'uomo che cerca «un aiuto che gli corrisponda» (Gen 2, 18. 20), capace di risolvere quella solitudine che lo disturba e che non è placata dalla vicinanza degli animali e di tutto il creato, rimanda ad una relazione diretta, quasi “frontale” -gli occhi negli occhi- in un dialogo anche tacito: è l'incontro con un volto, un “tu” che riette l'amore divino ed è «il primo dei beni, un aiuto adatto a lui e una colonna d'appoggio» (Sir 36, 26), come dice un saggio biblico. Da questo incontro, che guarisce la solitudine, sorgono la generazione e la famiglia.
I tuoi gli come virgulti d'ulivo Se i genitori sono come le fondamenta della casa, i gli sono come le “pietre vive” della famiglia (cfr. 1 Pt 2, 5). La presenza dei gli è un segno di pienezza della famiglia nella continuità della medesima storia della salvezza, di generazione in generazione. La Bibbia considera la famiglia anche come la sede della catechesi dei gli. Un Salmo esalta l'annuncio familiare della fede: «Ciò che abbiamo udito e conosciuto e i nostri padri ci hanno raccontato non lo terremo nascosto ai nostri gli, raccontando alla generazione futura le azioni gloriose e potenti del Signore e le meraviglie che Egli ha compiuto» (77 [78], 3-4). È un compito “artigianale”, da persona a persona: «Quando tuo glio un domani ti chiederà […] tu gli risponderai …» ( Es 13, 14). Così le diverse generazioni intoneranno il loro canto al Signore, «i giovani e le ragazze, i vecchi insieme ai bambini» (Sal 148, 12). Il Vangelo ci ricorda anche che i gli non sono proprietà della famiglia, ma hanno davanti il loro personale cammino di vita. Se è vero che Gesù si presenta come modello di obbedienza ai suoi genitori terreni (cfr. Lc 2, 51), Egli stesso, a dodici anni, risponde a Maria ed a Giuseppe che ha una missione più alta da compiere al di là della sua famiglia storica (cfr. Lc 2, 48-50). Perciò esalta la necessità di altri legami più profondi anche dentro le relazioni familiari (cfr. Lc 8, 21). Un sentiero di sofferenza e di sangue L'idillio della famiglia [benedetta dal Signore] presentato dal Salmo 127 [128] non nega una realtà amara che segna tutte le Sacre Scritture. È la presenza del dolore, del male, della violenza che lacerano la vita della famiglia e la sua intima comunione di vita e di amore. Questa dimensione oscura si apre già all'inizio quando, con il peccato, la relazione d'amore e di purezza tra l'uomo e la donna si trasforma in un dominio (Gen 3, 16). È un sentiero di sofferenza e di san-
gue che attraversa molte pagine della Bibbia, a partire dalla violenza fratricida di Caino su Abele no all'amara confessione di Giobbe abbandonato: «I miei fratelli si sono allontanati da me, persino i miei familiari mi sono diventati estranei. […] Il mio ato è ripugnante per mia moglie e faccio ribrezzo ai gli del mio grembo» (Gb 19, 13. 17). La Parola di Dio non si mostra come una sequenza di tesi astratte, bensì come una compagna di viaggio anche per le famiglie che sono in crisi o attraversano qualche dolore, e indica loro la meta del cammino, quando Dio «asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno» (Ap 21, 4). La fatica delle tue mani All'inizio del Salmo 127 [128], si presenta il padre come un lavoratore, che con l'opera delle sue mani può sostenere il benessere sico e la serenità della sua famiglia: «Della fatica delle tue mani ti nutrirai, sarai felice e avrai ogni bene» (v. 2). Che il lavoro sia una parte fondamentale della dignità della vita umana, lo si deduce dalle prime pagine della Bibbia, quando si dice che «il Signore Dio prese l'uomo e lo pose nel giardino di Eden, perché lo coltivasse e lo custodisse» (Gen 2, 15). Nel Libro dei Proverbi si presenta anche il compito della madre di famiglia, il cui lavoro viene descritto in tutte le sue particolarità quotidiane, attirando la lode dello sposo e dei gli (cfr. 31, 10-31). Detto questo, si capisce come la disoccupazione e la precarietà lavorativa diventino sofferenza, come ricorda Gesù nella parabola dei lavoratori che stanno seduti, in un ozio forzato, nella piazza del paese (cfr. Mt 20, 1-16), o come Egli sperimenta nel fatto stesso di essere tante volte circondato da bisognosi e affamati. Questa mancanza di lavoro colpisce in diversi modi la serenità delle famiglie. La tenerezza dell'abbraccio Cristo ha introdotto come segno distintivo dei suoi discepoli soprattutto
la legge dell'amore e del dono di sé agli altri (cfr. Mt 22, 39; Gv 13, 34), e l'ha fatto attraverso un principio che un padre e una madre sono soliti testimoniare nella propria esistenza: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la sua vita per i propri amici» (Gv 15, 13). Frutto dell'amore sono anche la misericordia e il perdono. Nell'orizzonte dell'amore, essenziale nell'esperienza cristiana del matrimonio e della famiglia, risalta anche un'altra virtù, piuttosto ignorata in questi tempi di relazioni frenetiche e superciali: la tenerezza. Ricorriamo al dolce ed intenso Salmo 130 [131]: qui appare la delicata e tenera intimità tra la madre e il suo bambino, un neonato che dorme in braccio a sua madre dopo essere stato allattato. Si tratta di un bambino già svezzato, che si afferra coscientemente alla madre che lo porta al suo petto. È dunque un'intimità consapevole e non meramente biologica. Con questo sguardo, fatto di fede e di amore, di grazia e di impegno, di famiglia umana e di Trinità divina, contempliamo la famiglia che la Parola di Dio afda nelle mani dell'uomo, della donna e dei gli perché formino una comunione di persone che sia immagine dell'unione tra il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. L'attività generativa ed educativa è, a sua volta, un riesso dell'opera creatrice del Padre. Davanti a ogni famiglia si presenta l'icona della famiglia di Nazaret, con la sua quotidianità fatta di fatiche e persino di incubi. Come i Magi, le famiglie sono invitate a contemplare il Bambino e la Madre, a prostrarsi e ad adorarlo (cfr. Mt 2, 11). Come Maria, sono esortate a vivere con coraggio e serenità le loro sde familiari, tristi ed entusiasmanti, e a custodire e meditare nel cuore le meraviglie di Dio (cfr. Lc 2, 19. 51). Nel tesoro del cuore di Maria ci sono anche tutti gli avvenimenti di ciascuna delle nostre famiglie, che ella conserva premurosamente. Perciò può aiutarci ad interpretarli per riconoscere nella storia familiare il messaggio di Dio.
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◄ A lato: particolari della cornice del quadro della Consolata prima e dopo il restauro
La cornice della Consolata Un restauro prezioso che dona nuova vitalità al quadro a cura della Redazione
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a tempo le condizioni della cornice in lamina d'argento (risalente, sembra, alla metà dell'Ottocento) non erano confacenti alla preziosità del quadro della Vergine e quindi si è proceduto al suo accurato restauro che ha previsto, tra le sue operazioni, anche la rimozione della pesante patina di ossido. Ora è possibile cogliere tutti i particolari, grazie anche alla rinnovata illuminazione. Il delicato lavoro, compiuto dall’orece Demeglio prima dell'inizio della Novena, ha consentito di evidenziare che accanto alla grande cornice ve ne sono altre due, di dimensioni più ridotte, che la rendono più completa e bella. La sostituzione della lastra di vetro -posta a protezione del quadro- consente ora di vedere nella loro autentica tonalità i colori del quadro della Vergine. La cornice su cui spiccano 16 stelle dorate ora pienamente riconoscibili, è costituita da un certo numero di lamine d'argento, opportunamente assemblate, con i rilievi di cui si può vedere un campione nelle fotograe qui a lato. La grande gloria di angeli in cui è inserito il quadro con le sue cornici, pregevole opera lignea dello scultore luganese Carlo Giuseppe Plura (1663 - 1737) realizzata nel primo quarto del Settecento, ha potuto in questa occasione essere riportata alla brillantezza originale, eliminando quanto impediva di poterla godere pienamente. Anche il quadro della Consolata in questa occasione è stato sottoposto a una scrupolosa pulitura, compiuta da persone preparate ed esperte, per liberarlo dalla polvere che, come tutti sanno, purtroppo penetra anche all'interno di una teca pur non soggetta a correnti d'aria.
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La Festa della Consolata fotograe di Renzo Bussio
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l visitatore che arriva al Santuario della Consolata, per devozione o turismo, prima di uscire da quel luogo di preghiera, non può fare a meno di osservare gli innumerevoli ex-voto, di varie tipologie, che in esso si trovano, testimoni tutti di un ringraziamento per una grazia ricevuta. Fra le centinaia di quadretti ex-voto esposti, ve ne è uno che ci presenta una scena un po' diversa dalla maggioranza degli altri (malattie, incidenti sul lavoro o stradali, guerre, ecc.), bello e di buona fattura, esso si riferisce a un fatto avvenuto a Torino centodieci anni fa. Sabato 18 giugno 1910, nel mercato di Porta Palazzo scoppia un violento incendio che distrugge molte bancarelle con ingenti danni ai commercianti coinvolti, causa alcuni feriti ma fortunatamente nessun morto. In quel tranquillo sabato, giorno tipico di grande afu-
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enza di persone per gli acquisti in quello che è il più grande mercato di Torino, verso mezzogiorno era notevolmente diminuita la folla che dal mattino lo animava, per cui i commercianti già si predisponevano per una breve interruzione al ne di consumare un frugale pasto. A un tratto un grido d'allarme: «Al fuoco! – al fuoco!», partì da un banco per la vendita di stoffe, posizionato nella prima la verso il centro della piazza, da dove si sviluppò un piccolo fuoco che immediatamente aumentò e si propagò velocemente ai banchi vicini, anche grazie a una leggera brezza che spirava in quella giornata. Il materiale dei banchi, legno e tela, contribuì ad alimentare l'incendio che divorò in un attimo una ventina di bancarelle provocando ingenti danni economici a quei commercianti. Leggiamo dalle pagine de La Stampa del 19 giugno: «Il disgraziato accidente, che ci offre motivo a
Incendio tra i banchi di Porta Palazzo La protezione materna della Consolata
Gianlorenzo Boano fotograa di Andrea Aloi
◄ «Incendio al mercato», ex-voto del 1910, acquerello e tempera su cartoncino di G. Valeri. Santuario B. V. Consolata, Torino
queste note, si è svolto a tutto danno dei proprietari dei banchi che si trovano sul lato destro di chi giunge al mercato da via Milano. […] Dal momento in cui si udì la prima eco dell'allarme a quello in cui si vide tutta la prima la dei banchi convertiti in un solo focolaio incandescente, passarono, ci dissero, non più di sette od otto minuti. Ben dieci banchi soccombettero così alla voracità del fuoco. Ma l'elemento distruttore non aveva ancora compiuto interamente la sua opera. Alcuni altri residui incandescenti raggiunsero, svolazzando, la seconda la dei banchi, sviluppando nuove ammate. La presenza di tanto danno e il timore di nuovi pericoli gettarono uno scompiglio indescrivibile in tutto il mercato». La disgrazia avrebbe potuto assumere proporzioni ben più rilevanti e gravi se non fossero subito intervenuti al-
cuni volenterosi, fra i quali anche un vigile del fuoco fuori servizio che rimase pure ustionato; questo primo intervento fu però provvidenziale perché riuscì a contenere le amme. Fu anche una vera fortuna che i Vigili del Fuoco poterono intervenire in breve tempo in quanto la loro caserma, “Santa Barbara”, si trovava praticamente sul mercato, situata in quell'edicio che ancora oggi possiamo vedere, su corso Regina Margherita, fra la piazza e l'attuale corso XI Febbraio. Leggiamo ancora: «Tutti i distaccamenti di pompieri disponibili sopraggiungono con un carro-naspo, attrezzi, automobili di primo e di secondo soccorso. Dieci idranti sono messi in movimento per domare il primo impeto delle amme: ma sette vengono tosto chiusi per evitare un maggiore danneggiamento delle merci. […] L'opera dei pompieri, certamente resa difcile dalla confusione grandissima,
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è rapida e febbrile. […] In tutti i proprietari di banchi, in tutti i cittadini, è una gara magnica di attività per aiutare i pompieri a salvare la maggior quantità di merce dalla furia devastatrice delle amme. […] La folla enorme dei curiosi assisteva allo spettacolo, trattenuta a stento da un nugolo di agenti municipali e di Pubblica Sicurezza e da carabinieri. Occorse una buona mezz’ora prima che i pompieri, con la loro manovra, riuscissero a circoscrivere l'incendio, e a sventare il pericolo di un maggiore disastro. Non è ancora possibile, per il numero dei proprietari dei banchi, che ebbero a soffrire gli attacchi dell'incendio, affermare con sicurezza a quale somma ammontino i danni. A occhio e croce, poiché la merce fu completamente distrutta, si può calcolare che si tratti di una cifra superiore alle centomila lire». Dalle indagini effettuate non si venne, con certezza, a stabilire la causa di quell'incidente. Si fecero due ipotesi: 1) l'incendio poteva essere stato provocato da un fornelletto a spirito, acceso e caduto dalle mani di una commessa di un banco di tessuti che stava preparandosi qualcosa per pranzo; rompendosi il fornelletto, l'alcool prese immediatamente fuoco propagando velocemente le amme ai banchi vicini. La commessa però negò sempre e decisamente di aver usato il fornelletto quel giorno; 2) l'altra ipotesi fu quella di attribuire la causa dell'incendio alle numerose e grosse scintille che si sprigionavano frequentemente dalle motrici del trenino per Leinì che aveva il capolinea nel mercato di Porta Palazzo, proprio vicino ai banchi dei tessuti.
Quale che sia stata la causa, questa disgrazia colpì molto l'opinione pubblica torinese ed i quotidiani, per alcuni giorni, diedero ampio spazio a quanto successo. L'ex-voto che si trova nel Santuario della Consolata e che ricorda questo fatto è un “ex-voto collettivo”, donato dalle oraie del mercato di Porta Palazzo, in ringraziamento dello scampato pericolo per non essere stati, i loro banchi, coinvolti nell'incendio. Con efcacia il dipinto descrive la scena: sulla sinistra i banchi di ori ben ordinati e perfettamente integri, mentre a destra vi sono i vigili del fuoco che spengono l'incendio, i resti carbonizzati dei banchi coinvolti, a terra pezzi di stoffa e rotoli di tessuti ed inne, nell'angolo, due donne spaventate e un uomo in fuga. In alto a sinistra in una nuvola azzurra la Consolata protegge il banco di una oraia. La scritta che compare al di sotto del dipinto, recita: GRAZIA RICEVUTA IL 18 GIUGNO 1910 - LE FIORAIE DI PIAZZA EMANUELE FILIBERTO. In basso a sinistra, proprio nell'angolo, la cifra-rma del pittore: G. V. Sul retro del supporto si legge una notazione interessante e non riscontrata su altri ex-voto: «Ricevuto £. 25 quale importo di un quadro votivo per le oraie. Pagato G. Valeri». Sembra di vederle le oraie che, passato lo spavento, si parlano e sentono che la Madonna, proprio due giorni prima della sua Festa, è intervenuta e diventa naturale il loro grazie. Un altro signicativo esempio della devozione popolare dei cittadini di Torino verso la Vergine Consolata.
Lasciti e donazioni Da tanti anni, affezionati devoti della Consolata esprimono la volontà di destinare al Santuario parte delle loro sostanze. Il Santuario B. V. della Consolata, con sede in Torino, gode di personalità giuridica come ente ecclesiastico (decreto ministeriale del 18.6.1987) ed è iscritto nel registro della Prefettura di Torino al n. 463. Come tale può ricevere legati ed eredità. Per le formule da utilizzare nella stesura di un testamento -che è sempre modicabile e/o revocabile- può essere utile il consiglio di un notaio al ne di evitare spiacevoli errori o incomprensioni, che rischiano di inciarne la validità. Solo con il generoso aiuto di tutti il Santuario può continuare ad essere un luogo accogliente e sicuro per svolgere il servizio pastorale che gli è proprio. Quanto potrà essere destinato al Santuario sarà un dono prezioso, segno di particolare amore alla Vergine Consolata-Consolatrice. Per informazioni rivolgersi direttamente al rettore del Santuario.
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Il Santuario della Consolata
I Benedettini e le origini del nostro Santuario Una presenza preziosa da cui è nata e si è sviluppata la devozione a Santa Maria della Consolazione
Daniele Bolognini fotograe di Andrea Aloi
«Volto di S. Benedetto» (dettaglio), affresco sulla parete Sud del presbiterio dell’antico S. Andrea nel Convitto Ecclesiastico della Consolata
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l Chronicon Novaliciense -risalente alla metà dell'XI secolo e conservato oggi all'Archivio di Stato di Torino- racconta la fondazione nell'anno 726, in alta Val Susa, dell'Abbazia della Novalesa dedicata ai Santi Pietro e Andrea, e di come nel breve volgere di qualche decennio il monastero acquisì notevole importanza, tanto da annoverare tra i propri benefattori anche Carlo Magno. Il 906 segnò l'abbandono di Novalesa e il trasferimento della comunità monastica a Torino a causa delle sanguinose e cruente devastazioni che i Saraceni provenienti da ”Frassinetum Saracenorum” (località non lontana dall'attuale SaintTropez) stavano arrecando in tutto quel territorio. Guidati dall'abate Domniverto, portarono con sé quanto di più prezioso potevano trasportare: alcune centinaia di codici manoscritti della loro biblioteca e arredi sacri, con le reliquie di S. Valerico. Si stabilirono presso la chiesa di S. Andrea (nel luogo dell'odierno nostro Santuario), a ridosso delle antiche mura romane, non lontano dalla Porta Segusina. In quegli anni vi fu poi la donazione ai Benedettini da parte del marche se Adalberto I d'Ivrea di un terreno nella Lomellina, a Breme, perché vi fosse fondata una nuova abbazia in sostituzione della Novalesa. Sant'Andrea può essere considerato il primo monastero benedettino maschile di Torino. Il monaco Bruningo, dotato di grandi capacità come architetto-costruttore, secondo il desiderio dell'abate di Breme Gezone verso la ne del sec. X ristrutturò, ampliandola, l'antica chiesa di S. Andrea, che venne poi descritta nel Chronicon come “la più bella di tutte le chiese” torinesi che “offre a tutti uno spettacolo solenne” (quanto è stato riscoperto negli scorsi anni di ciò che rimane degli affreschi che ornavano le pareti interne della navata centrale, sembra suffragare davvero questa affermazione). Almeno nell'anno 1020, sul lato Sud della chiesa era già presente anche il monastero per l'abitazione dei mo-
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«Storia e allegoria dell’Ordine monastico benedettino» autore ignoto, olio su tela (1742-1748), Convitto Ecclesiastico della Consolata
naci. In quel periodo a Torino esisteva già un monastero benedettino femminile dedicato a S. Pietro, nell'angolo Sud-Ovest della Città, nella zona ove ora sorge la chiesa della Misericordia, e che nel 985 era già considerato “antico”. L'abate Domniverto ricevette in dono da Adalberto d'Ivrea, per il priorato di S. Andrea, anche un luogo denominato Gonzole, situato lungo le sponde del Sangone presso Orbassano -ancor oggi esiste in loco un'antichissima cascina così denominatacui si aggiunsero, in seguito, donazioni di terre e beni nei dintorni della Città, nel Rivolese e nel Canavese. Il priore di S. Andrea era eletto dai monaci e confermato dall'abate di Breme, la comunità monastica contemplava la presenza di sottopriori e di conversi. I monaci provenivano in maggioranza da famiglie torinesi benestanti, ma anche dal Cuneese, e avevano a loro servizio dei “famuli”, i domestici. Da antichi documenti conosciamo i nomi di alcuni di loro: Belegrimo, che fu priore no al 972 e molto amò S. Andrea perché era un sito “appartato e solitario e più propizio al raccoglimento”; Gezone (Gariberto), che successivamente divenne abate di Breme (980-1002), inviò dei monaci a Novalesa per restaurare il monastero abbandonato. Resta certo memorabile Bruningo che fu priore, ma al quale soprattutto si deve la riedicazione della chiesa di S. Andrea. Un monaco fu incaricato, a cominciare dal XIII secolo, di custodire la cappella della beata Vergine Maria della Consolazione verso la quale si sviluppò una popolare devozione.
«Storia e allegoria dell’Ordine Cistercense, o Benedettino riformato» autore ignoto, olio su tela (1742-1748), Convitto Ecclesiastico della Consolata
Nel la co muni tà mon astica non mancarono monaci dotati di devota osservanza religiosa e di grande spiritualità: Giacomo Perrucario, pio e umile, nel 1377 è detto “venerabilis”; Giovanni nel 1462 ebbe il privilegio di essere sepolto presso la cappella di S. Maria della Consolazione, a motivo della sua pietà mariana; Carlo Serra nel 1555 è denito “dignus pietate”.
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Nel 1221 la chiesa di S. Andrea è citata per la prima volta come parrocchia, nel 1293 si ha inoltre notizia dell'esistenza di una Confraria di S. Andrea. Nel secolo XIV la cappella della Vergine della Consolazione comincia ad attirare l'attenzione anche dei potenti: la prima donazione fatta da un Savoia è del 1315, ad opera di Amedeo V. In seguito Savoia ed Acaja, quasi senza interruzioni, destinarono offerte al suo altare. Da citare i solenni pellegrinaggi compiuti da Pinerolo da parte degli Acaja nel 1389 e poi nel 1417. L'anno seguente in Sant'Andrea fu accolto il Papa Martino V di ritorno dal Concilio di Costanza, come ricorda una lapide tuttora conservata nel Santuario. Nel 1420 il Consiglio Municipale si rivolse ufcialmente alla Consolata durante una pestilenza che mieteva vittime in Città; nel 1448, ancora con delibera comunale, la chiesa fu ampliata costruendo una nuova campata, avvicinando così la facciata alle mura. Dal secolo XV anche S. Andrea divenne appannaggio di priori commendatari -esterni alla comunità monastica- in concomitanza con l'inesorabile declino della vita monastica. Furono commendatari prima i Conti di Valperga (dal 1439), poi i Della Rovere di Vinovo: nel 1480 ricoprì l'incarico il Card. Domenico Della Rovere, futuro Vescovo di Torino e costruttore dell'attuale nostra Cattedrale. A lui si deve anche l'arrivo da Roma di una copia dell'immagine della Madonna del
Popolo: l'attuale quadro della Consolata. Durante la Visita Apostolica compiuta da Mons. Angelo Peruzzi (15841585) in seguito al Concilio di Trento, nel priorato di S. Andrea -concesso in commenda al romano Camillo Gaetani- erano residenti solo sei benedettini e tre fratelli laici, che non facevano più vita comunitaria, e gravi erano le difcoltà economiche. L'edicio della chiesa fu trovato in buone condizioni, così pure la sacrestia, però i paramenti non erano in buono stato di conservazione. La pulizia della chiesa lasciava a desiderare, ma la cappella dedicata a S. Maria della Consolazione aveva sopra l'altare “unam pulchram iconam”. L'immagine era molto venerata, numerosi erano gli ex-voto di cera e di argento, e grande il concorso dei fedeli alle funzioni sacre quotidiane. La decadenza della disciplina monastica fu uno degli elementi che causarono, nel 1589, la sostituzione dei Benedettini con i Cistercensi riformati detti “Foglianti”, sorti in quegli anni come frutto di una riforma dell'Ordine. L'attuale aula ellittica di Sant'Andrea, ideata da Guarino Guarini nel 1678, è planimetricamente sovrapponibile all'antica chiesa romanica edicata da Bruningo che così è ricordato dal Chronicon Novaliciense:
«Uomo di illustre lignaggio, sapientissimo, accorto e dotto tanto nelle cose divine quanto nelle secolari, ebbe ordine espresso dall'abate Gezone di venire a questo luogo e costruirvi l'abside di Sant'Andrea, che allora appariva troppo angusta». Di quella costruzione oggi restano alcuni archetti esterni tamponati e spicca l'imponente campanile edicato, come era consuetudine, in parte con laterizi ricuperati da precedenti costruzioni e dalle vicine mura della cinta difensiva romana, di cui tuttora è visibile la base della torre angolare. Il recente “Cantiere Romanico” ha portato alla luce una parte non piccola delle strutture murarie dell'originaria chiesa di S. Andrea, e precisamente l’intera abside maggiore in tutta la sua altezza, nora celata dai muri interni del monastero settecentesco (ora Convitto Ecclesiastico), insieme a tracce di affreschi del secolo XI, che risultano essere i più antichi esistenti nella Città di Torino: all'interno della parete Sud appare una gura probabilmente attribuibile, a motivo del cartiglio che regge, al patriarca Abramo; su quella Nord spiccano due gure reggenti altri cartigli. Alla sommità delle pareti si riconoscono due volti: uno velato, sul lato Nord, l'altro, sul lato Sud, probabilmente San Benedetto, fondatore dei monaci all'origine del nostro Santuario, che vissero nell'annesso monastero per quasi sette secoli.
Insegnamenti dalla «Regola» di S. Benedetto Mai disperare della misericordia di Dio (cap. 4). Si usi sollecita cura soprattutto nell'accogliere i poveri ed i pellegrini, perché più pienamente in essi si accoglie il Cristo (cap. 53). I forti possano desiderare di far di più, e i deboli non si scoraggino (cap. 64). Vi è uno zelo buono che separa dai vizi e porta a Dio e alla vita eterna. Questo è lo zelo che i monaci devono esercitare con ferventissimo amore; sopportino con tutta la pazienza le loro debolezze siche e morali; nessuno segua ciò che stima utile per sé, ma il vantaggio altrui; l'amore li stabilisca nel timore di Dio; nulla, proprio nulla antepongano al Cristo perché li conduca insieme alla vita eterna (cap. 72).
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calendario liturgico del Santuario Settembre 2021 1. Giornata Mondiale di preghiera per la cura del creato
Novembre 2021 1.
3. S. Gregorio Magno, papa e dottore della Chiesa (m.) a 5. c 23 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 7. S. Grato, vescovo (m. f.) 8. NATIVITÀ DELLA BEATA VERGINE MARIA (f.) 12. c 24a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO SS. Nome di Maria (m. f.) 13. S. Giovanni Crisostomo, vescovo e dottore della Chiesa (m.) 14. c ESALTAZIONE DELLA SANTA CROCE (f.) 30° anniversario dell’Ordinazione episcopale di Mons. Cesare Nosiglia, nostro Arcivescovo [1991]
15. Beata Vergine Maria Addolorata (m.) 16. Santi Cornelio, papa, e Cipriano, vescovo, martiri (m.) 17. S. Ildegarda di Bingen, vergine e dottore della Chiesa (m. f.) S. Roberto Bellarmino, vescovo e dottore della Chiesa (m. f.) 18. Beato Francesco Paleari, presbitero (m. f.) a 19. c 25 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Beato Clemente Marchisio, presbitero (m. f.) 20. Santi Andrea Kim Tae-gǒn, presbitero, e Paolo Chǒng Ha-sang e Compagni, martiri (m.) 21. S. MATTEO, apostolo ed evangelista (f.) 22. DEDICAZIONE DELLA BASILICA CATTEDRALE DI TORINO [1505] (f.) 23. S. Pio da Pietrelcina, presbitero (m.) 25. S. Ignazio da Santhià, presbitero (m.) 26. c 26a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Giornata Mondiale del migrante e del rifugiato
27. 28. 29. 30.
S. Vincenzo de' Paoli, presbitero (m.) Beato Federico Albert, presbitero (m. f.) SANTI MICHELE, GABRIELE E RAFFAELE, Arcangeli (f.) S. Girolamo, presbitero e dottore della Chiesa (m.)
Ottobre 2021 1. S. Teresa di Gesù Bambino, vergine e dottore della Chiesa (m.) 2. Santi Angeli Custodi (m.) 3. c 27a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 4. S. FRANCESCO D'ASSISI, patrono d'Italia (f.) 5. S. Faustina Kowalska, vergine (m. f.) 7. Beata Vergine Maria del Rosario (m.) 10. c 28a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 11. S. Giovanni XXIII, papa (m. f.) 15. S. Teresa di Gesù, vergine e dottore della Chiesa (m.) 17. c 29a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO S. Ignazio di Antiochia, vescovo e martire (m.) 18. S. LUCA, evangelista (f.) 19. S. Paolo della Croce, presbitero (m. f.) 22. S. Giovanni Paolo II, papa (m. f.) 24. c 30a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Giornata Missionaria Mondiale
28. SANTI SIMONE E GIUDA, apostoli (f.) 29. Beato Michele Rua, presbitero (m. f.) 31. c 31a DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO
c
TUTTI I SANTI (s.)
Giornata Mondiale della santificazione universale
Giornata Nazionale per la custodia del creato
2. COMMEMORAZIONE DI TUTTI I FEDELI DEFUNTI (m.) Oggi, visitando il nostro Santuario-Basilica, è possibile ricevere il dono dell'indulgenza plenaria per i defunti
4. S. Carlo Borromeo, vescovo (m.) a 7. c 32 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO 9. 10. 11. 12. 13. 14.
Giornata Nazionale del ringraziamento DEDICAZIONE DELLA BASILICA LATERANENSE (f.)
S. Leone Magno, papa e dottore della Chiesa (m.) S. Martino di Tours, vescovo (m.) S. Giosafat, vescovo e martire (m.) S. Callisto Caravario, presbitero e martire (m.) a c 33 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Giornata Mondiale dei poveri
15. S. Alberto Magno, vescovo e dottore della Chiesa (m. f.) 17. S. Elisabetta di Ungheria, religiosa (m.) 18. Dedicazione delle Basiliche dei Santi Pietro e Paolo, apostoli (m. f.) 20. Beato Giovanni Maria Boccardo, presbitero (m. f.) a 21. c 34 DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO NOSTRO SIGNORE GESÙ CRISTO RE DELL'UNIVERSO (s.) Giornata Mondiale della gioventù Giornata di sensibilizzazione per il sostentamento del Clero
Presentazione della Beata Vergine Maria (m.) Giornata Mondiale delle Claustrali
22. 24. 25. 28. 30.
S. Cecilia, vergine e martire (m.) Santi Andrea Dung-Lac, presbitero, e Compagni, martiri (m.) S. Caterina di Alessandria, vergine e martire (m. f.) a c 1 DOMENICA DI AVVENTO S. ANDREA, apostolo (f.)
Abbreviazioni: s. = solennità; f. = festa; m. = memoria; m. f. = memoria facoltativa
Orario delle celebrazioni in Santuario Sante Messe: Festive: ▪ Domenica e feste: 8,30 - 10 - 11,30 - 16 - 18 - 19,30 ▪ Sabato e prefestivi: 18
Feriali: 8 - 9 - 10,30 - 12 18 - 19 (nei prefestivi)
Confessioni: ▪ Giorni festivi: 7,45 - 12,15 / 15 - 20,15 ▪ Sabato e prefestivi: 7,45 - 12,15 / 15 - 18,30 ▪ Giorni feriali: 7,45 - 12,15 / 15 - 19,15
Rosario: ▪ Ogni giorno: 17,30
Il Ramo O.N.L.U.S. si dedica alla tutela, custodia, valorizzazione e promozione del Santuario B. V. della Consolata e dell'annesso Convitto Ecclesiastico e particolarmente delle opere d'arte in essi custodite, nonché della loro manutenzione sia ordinaria che straordinaria. Per sostenere le iniziative si può contribuire preferibilmente: ► tramite bonico su conto corrente bancario UNICREDIT: IBAN IT 91 A 02008 01046 000105031377 intestato a: “Santuario B. V. della Consolata - Ramo O.N.L.U.S.” specicando la causale: «tutela dei beni artistici» ► tramite versamento sullo specico conto corrente postale n. 1040900498 allegato ad ogni numero della rivista del Santuario. Dal 1 gennaio 2018 le erogazioni a favore delle ONLUS fatte da persone siche, da società o enti possono essere dedotte, nel limite del 10% del reddito complessivo dichiarato (art. 83 co.2 D.Lgs 117/2017). In alternativa, solo per le persone siche, le erogazioni liberali a favore di ONLUS per un importo complessivo di ciascun periodo d’imposta non superiore a 30.000,00 euro danno diritto a una detrazione di imposta pari al 26% dell’importo erogato (art. 83 co. 1 D.Lgs 117/2017).
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