Journey Into The Creed - Volume 1

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JOURNEY THE CREED INTO

VOLUME 1

“LA NASCITA DEL CREDO”


INTRODUZIONE AL VOLUME “Assassin’s Creed” e “Prince of Persia” sono marchi registrati di proprietà Ubisoft. Il seguente volume è un’opera amatoriale realizzata dal team de La Cripta degli Assassini, realizzato senza fini di lucro. Il “Journey into the Creed” si propone come un viaggio attraverso la storia della serie “Assassin’s Creed”, raccontando ed analizzando retroscena e vicende “dietro le quinte” che hanno portato alla nascita della serie per come la conosciamo oggi, a partire dallo sviluppo del capostipite della saga. Il Journey sarà accompagnato da bozzetti originali, interviste e commenti rilasciati nel corso degli anni da parte degli sviluppatori e dei responsabili Ubisoft, anche diversi anni dopo l’uscita dei vari giochi. Non mancheranno curiosità e novità poco note, quali idee scartate o piani originali scartati in fase di sviluppo. Il Journey si presenta come un progetto in itinere, che verrà periodicamente aggiornato ed ampliato, allo scopo di coprire lo sviluppo di tutti i capitoli finora usciti.


JOURNEY INTO

THE CREED VOLUME 1

“LA NASCITA DEL CREDO” David Chateauneuf (lead level designer di “Assassin’s Creed”)

Alex Drouin (animation director di Altaïr in “Assassin’s Creed”)

Nicolas Cantin (art director delle cinematiche di “Assassin’s Creed”)

Mathieu Mazerolle (lead programmer di “Assassin’s Creed”)

Patrice Désilets (creative director di “Assassin’s Creed”)

Luc Tremblay (gameplay e behavior programmer di “Assassin’s Creed”)

Stéphane Assadourian (programmatore delle AI di “Assassin’s Creed”)

Elspeth Tory (production manager per le animazioni)


Sequenza 01

PRINCE OF PERSIA - NEXT GEN

È il Gennaio del 2004 quando Patrice Désilets di Ubisoft Montreal, creative director di quello che sarà poi “Assassin’s Creed”, rientra negli studi di Ubisoft dopo le vacanze natalizie. Il team di sviluppo aveva appena terminato e rilasciato “Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo” qualche mese prima, e arrivò dunque il momento di capire quale sarebbe stato il loro prossimo progetto. L’input iniziale ricevuto era quello di andare a sviluppare un nuovo “Prince of Persia” per le future generazioni di console (PS3 e Xbox 360), con l’unico limite di non conoscere l’effettivo potenziale di tali macchine. Nasce così “Prince of Persia: Next Generation”, nuovo capitolo ideale della serie incentrata sulle vicende del Principe di Persia, che si prefigge la volontà di ridefinire il genere dei giochi action-adventure per le nuove generazioni di console.

“Ricordo che il team di “Prince of Persia” voleva creare qualcosa di “più grande. Inizialmente l’idea era quella che avremmo potuto realizzare un “Prince of Persia” open-world. Non avevamo ancora sviluppato l’idea di un assassino che combattesse in un mondo aperto - non avevamo la tecnologia per fare quel tipo di gioco!” David Chateauneuf (lead level designer di “Assassin’s Creed”)

In copertina: concept art originale di “Assassin’s Creed”, realizzato da Khai Nguyen a novembre 2004

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Sequenza 01

PRINCE OF PERSIA - NEXT GEN

La fiducia del team di sviluppo e la sicurezza nelle loro capacità era alle stelle, grazie al buon successo riscosso da “Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo”. La volontà degli sviluppatori era quella di osare, di spingersi oltre i limiti finora raggiunti. L’idea di base era quella di espandere quanto fatto con “Prince of Persia”, estendendo il concetto di gameplay acrobatico che caratterizzava il gioco ad un contesto più ampio - un grosso mondo aperto! Allo stesso tempo la consapevolezza del prossimo debutto delle nuove generazioni di console consentì al team di puntare anche ad un consistente miglioramento grafico del progetto: l’obiettivo era quello di far evolvere il gioco, ma non solo tecnologicamente.

“[l’idea alla base del progetto] era di realizzare un prodotto più ampio, un “Prince of Persia” leggermente più “cinematico” , più maturo” Nicolas Cantin (art director delle cinematiche di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 01

PRINCE OF PERSIA - NEXT GEN

Il primo anno dello sviluppo fu interamente dedicato allo sviluppo del concept e dell’idea di espandere quanto fatto con “Prince of Persia”: come trasporre tali idee in linguaggio ludico? Come realizzarle, tecnicamente? Allo stesso tempo vi era la volontà, da parte di Désilets, di incentrare il gioco su un personaggio totalmente differente da quello che era il Principe di Persia. Non un personaggio “statico”, un individuo in attesa di ascendere al trono, bensì un personaggio più attivo, che aveva l’azione come proprietà intrinseca del suo retaggio, del suo essere. Ad un certo punto dello sviluppo, mentre ideava le caratteristiche del personaggio, Désilets riprese un libro che lesse ai tempi del college - un libro riguardante antiche società segrete, uomini delle montagne... e Assassini.

“[leggendo questo libro mi dissi] oh, potrebbe essere il “numero due” di questa organizzazione segreta, un “principe” degli assassini. Iniziai quindi a studiare la storia di questi individui, e improvvisamente ci trovammo qualcosa di diverso da un nuovo capitolo di “Prince of Persia”.” Patrice Désilets (creative director di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 01

PRINCE OF PERSIA - NEXT GEN

Il primo test-footage che il team di sviluppò realizzò1 - una simulazione di ciò che il gioco avrebbe potuto essere - e mostrò ai responsabili di Ubisoft era incentrato su due figure incappucciate, due Assassini che dovevano proteggere un giovanissimo Principe. L’idea di concentrarsi sulla figura dell’Assassino venne portata avanti con insistenza da Désilets, che lo descriveva come personaggio molto più interessante rispetto ad un principe - ossia un individuo in attesa di divenire un re. Il video conteneva già alcuni degli elementi che avrebbero caratterizzato il prodotto finale, a partire dal wall climbing (il team di sviluppo lo chiamava l’escalades des murs, in quanto parlavano spesso in francese nei loro uffici). Tale meccanica si rivelò alquanto ostica da programmare e sviluppare, e furono necessari diversi anni per perfezionarla. Richard Dumas, programmatore che lavorò a “Prince of Persia” fu una delle figure chiave dello sviluppo di tale componente.

“Nel primo test-footage che realizzai vi erano un assassino ed un principe. Avevamo dunque il Principe, anche se giocavi nei panni dell’Assassino: il tuo compito era quello di proteggerlo e scortarlo” Alex Drouin (animation director di Altaïr in “Assassin’s Creed”)

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Il video qui descritto è ancora reperibile su Youtube, sotto il nome “Prince of Persia: Assassins”. In copertina, un frame dello stesso.

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Sequenza 01

PRINCE OF PERSIA - NEXT GEN

I protagonisti del video si lanciavano in una rocambolesca fuga tra i vicoli di una città medioevale, per poi sfuggire agli inseguitori a bordo di un cavallo. Un aspetto del test-footage originale che colpì molto gli sviluppatori e i responsabili di Ubisoft fu l’incredibile fluidità (per gli standard dell’epoca) con cui i personaggi si muovevano. Fino ad allora lo stato dell’arte dei movimenti in ambito videoludico era rappresentato da “Tomb Rider”, e giochi come “Uncharted” non erano ancora usciti. Quanto mostrato in tale video rappresentò dunque un’enorme sfida per il team di Montreal: come realizzare, da un punto di vista tecnico, quella fluidità?

“Pensai [vedendo il video] che la fluidità delle animazioni, e come queste fossero collegate al movimento del pollice [dei giocatori] - ciò che ci permette di interfacciarci fisicamente con il gioco - sarebbe dovuto essere assolutamente fondamentale” Mathieu Mazerolle (lead programmer di “Assassin’s Creed”)

In copertina: concept art originale di “Assassin’s Creed”, realizzato da Khai Nguyen a novembre 2004

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Sequenza 02

RIDEFINIRE UN GENERE

L’obiettivo che il team di sviluppo si era ormai prefissato era quello di andare a ridefinire un’enorme categoria di videogiochi: quella degli Action-Adventure - un lavoro di certo non semplice. Il team di Montreal iniziò con il chiarire quelli che sarebbero dovuti essere i punti chiave della loro nuova opera: un ampio open-world con grossi assembramenti di persone, freerunning all’interno dell’ambiente di gioco e città che apparissero realistiche. Tutti elementi che avrebbero richiesto una tecnologia non da poco per il tempo (siamo ancora nel corso dell’anno 2004, n.d.r.). La nuova generazione di console giunse proprio al momento giusto, rendendo più semplice e fattibile la realizzazione di ambienti di dimensioni maggiori e, soprattutto, la gestione di un maggior numero di personaggi su schermo. Lo stesso Désilets rivelò la propria eccitazione nel poter fare quello che gli era stato negato ne “Le Sabbie del Tempo”, ovvero realizzare un mondo dove fosse possibile saltare da tetto a tetto, mentre nelle strade sottostanti le persone vivevano la loro “quotidianità”.

“Ci fu un grosso lavoro di ricerca relativo alle città e alla storia medioevali, durante il periodo delle Crociate, allo scopo di realizzare qualcosa che fosse più realistico che fantasioso. L’idea che mi feci è che quando lavori con la storia è necessario prendere la cosa con più serietà [rispetto a contesti fantasiosi].” Nicolas Cantin (art director delle cinematiche di “Assassin’s Creed”)

In copertina: frame dal film “Prince of Persia: Le Sabbie del Tempo”

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Sequenza 02

RIDEFINIRE UN GENERE

All’epoca de “Le Sabbie del Tempo” Désilets aveva in mente alcune sequenze specifiche, non realizzabili con la tecnologia del tempo. Un esempio è la scena iniziale del gioco, in cui avremmo dovuto vedere una grossa folla che animasse e popolasse il palazzo del Principe, ma che per via dei limiti delle macchine da gioco fu ridotta a soli 8 personaggi su schermo. All’interno del gioco vi sarebbe dovuta essere poi un’ampia regione, il “villaggio”, in cui il Principe sarebbe stato in grado di muoversi liberamente, saltando da un edificio all’altro - ma anche questo elemento venne eliminato durante la produzione. Tale elemento fu poi ripreso e riproposto proprio nel primo “Assassin’s Creed”, sottoforma del colossale “Regno”. Fu inoltre in questa fase che venne per la prima volta ideato il concetto di “stealth sociale”, un radicale cambiamento rispetto agli stealth “classici”, in cui il giocatore si muoveva nell’ombra.

“[mi dissi] Prendiamo queste due cose che abbiamo scartato da “Prince of Persia” - la folla e il salto dai tetti - e combiniamole. Realizziamo una grande città, in cui inserire una grossa folla! Riprendiamo cose che non ci è possibile fare in passato! Era inoltre l’epoca d’oro di “GTA”, gioco che ci insegnava che dare libertà e grossi spazi aperti al giocatore era una grande cosa. ” Patrice Désilets (creative director di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 02

RIDEFINIRE UN GENERE

Alcuni elementi poterono essere facilmente ereditati e concettualmente ripresi da “Prince of Persia”, come ad esempio i movimenti acrobatici, mentre per altri fu necessaria un’enorme revisione. Se difatti ne “Le Sabbie del Tempo” i combattimenti si basavano su grosse hit ball (ovverosia zone di collisione tra modelli poligonali ben più ampie di quella che era l’effettiva grafica delle armi) il team qui volle che le spade fossero davvero in grado di toccarsi, dando la sensazione di un combattimento vero e proprio. Anche il passare da un’avventura impostata su binari ad una che permettesse di visitare liberamente un’intera città rappresentò una sfida non semplice per il team. Era necessario lasciare un maggiore controllo al giocatore togliendolo allo stesso tempo dalle mani degli sviluppatori. L’obiettivo del progetto era quindi quello di abbandonare un’esperienza lineare a favore di una più libera, in stile sandbox.

“Ci vollero circa 10 mesi, partendo dal gennaio del 2004, per arrivare a concepire quello che grosso modo conosciamo oggi come “Assassin’s Creed”, compreso il concetto di Animus e tutto ciò che lo circondava.” Patrice Désilets (creative director di “Assassin’s Creed”)

In copertina: screen da “For Honor”, evento a tema “Prince of Persia”

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Sequenza 03

RIMUOVERE IL PRINCIPE

Per circa un anno il team di sviluppo si trovò ad ideare e a progettare il gioco solamente su carta. Una delle sfide più grosse per lo studio fu difatti rappresentata dalla natura open-world del gioco, una struttura ludica totalmente diversa da quella dei loro lavori precedenti. Durante questo periodo di studio (che culminò con la presentazione della tech-demo “Assassins”) il progetto era per l’appunto noto con il nome “Prince of Persia: Next Gen”. Tuttavia, al momento di presentare la prima bozza ai responsabili di Ubisoft, il nome “Prince of Persia” non venne mai menzionato: l’intero progetto era ormai focalizzato sugli Assassini durante il periodo delle Crociate. I responsabili di Ubisoft rimasero sorpresi dalla cosa, poiché si aspettavano - per l’appunto - un nuovo capitolo della saga di “Prince of Persia”.

“Spendemmo molto tempo a progettare il gioco su carta. Sapevamo di essere bravi a realizzare livelli e giochi su binari, ma non avevamo idea di come realizzare un progetto a mondo aperto. Un livello lineare è facile da progettare, in quanto puoi controllare in ogni momento il percorso del giocatore. Un mondo aperto è molto più complicato! [...]” David Chateauneuf (lead level designer di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 03

RIMUOVERE IL PRINCIPE

Ci volle del tempo - ben due anni - prima che dalla documentazione del progetto potesse scomparire del tutto “Prince of Persia”. Fu durante la GDC del 2006 che il termine “Assassin’s Creed” venne coniato per la prima volta - su suggerimento del team responsabile del marketing. Il motto del gruppo degli Ismaeliti “Nulla è reale, tutto è lecito” aveva colpito molto Désilets, e trovò che dedicare il titolo del gioco a quello che era il Credo di questo gruppo - realmente esistito - fosse la scelta più logica e quasi obbligata da prendere. La difficoltà più grande fu proprio il convincere i responsabili di Ubisoft ad abbandonare il franchise di “Prince of Persia” a favore di un gioco totalmente inedito.

“Il Credo di questi Assassini ha un ruolo fondamentale. Alla fine, la gente tende a dimenticarsi di esso - del Credo - ma è proprio quello ciò su cui il franchise si basa: il poter fare [in un “Assassin’s Creed”] ciò che vuoi, nel modo che vuoi” Patrice Désilets (creative director di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 03

RIMUOVERE IL PRINCIPE

Debuttare in una nuova generazione di console con una IP totalmente inedita rappresentava un rischio enorme per Ubisoft, che cercò di insistere sul rimanere il più ancorati possibile a quel “Prince of Persia” che aveva avuto tanto successo. Désilets ebbe molte discussioni con i produttori a riguardo, relative all’intero concept: a discapito di quello che i responsabili chiedevano, all’interno del progetto ormai non vi era più un Principe, ma un Assassino, armato di una Lama Celata! Alla fine, il team di sviluppo riuscì nel suo intento, dando ad Ubisoft - di fatto - ciò che volevano: un gioco ambientato in un mondo vivo e in movimento, pieno di personaggi, di combattimenti spettacolari e di azioni acrobatiche. Mancava solo il “Prince of Persia” dal titolo!

“Inizialmente avevo una visione differente del progetto - meno improntata sull’azione rispetto a come certe persone volessero che fosse. Ironicamente c’erano molti più elementi da gioco GDR - che è proprio quello che stanno facendo adesso [con i nuovi titoli!]” Patrice Désilets (creative director di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 04

IL GRUPPO SI ESPANDE

Durante il primo anno di sviluppo, il team di Ubisoft Montreal che si stava occupando del progetto “Assassin’s Creed” era relativamente piccolo, e al contempo molto aperto. Superata questa fase ed ottenuta l’approvazione dei responsabili di Ubisoft, si entrò nella fase di sviluppo vero e proprio: quale era la tecnologia necessaria per tradurre le idee dalla carta allo schermo? Cosa si poteva realizzare - e cosa no? Nuovi sviluppatori si aggiunsero via via al team, portando al contempo nuove idee e aiutando a rifinirne altre. Allo stesso tempo anche il marketing del progetto iniziò a diventare sempre più importante e massiccio. A chi veniva offerto un posto all’interno del team di sviluppo venne detto che si trattava di un’occasione unica, per la quale molti avrebbero potuto uccidere. La consapevolezza dell’importanza del progetto cominciava a prendere piede.

“[durante il colloquio] mi venne mostrato il test-footage del progetto. Ricordo che una volta terminato il video mi girai verso la produttrice Jade [Raymond] e le dissi “Questo gioco è impossibile da realizzare. Quando posso cominciare?”. Nessuno aveva mai fatto una cosa simile prima d’ora - era una sfida incredibilmente eccitante!” Mathieu Mazerolle (lead programmer di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 04

IL GRUPPO SI ESPANDE

Il team di sviluppo crebbe enormemente (inizialmente vi erano solo 25 persone al suo interno - partendo dai 7 ideatori originali del concept - ma quando il gioco venne ultimato vi erano più di 150 persone al suo interno!) e potè vantare l’aggiunta di alcuni dei migliori programmatori attivi all’epoca. La presenza di figure così di spicco all’interno del settore videoludico, unita alla conoscenza di quello che le imminenti nuove macchine da gioco potevano fare, rappresentava un’enorme stimolo per gli sviluppatori coinvolti, rendendo l’intero processo una sorta di “sogno ad occhi aperti”. A detta degli addetti ai lavori, il punto di forza dello sviluppo era rappresentato da due figure: Richard Dumas e Alex Drouin, rispettivamente il programmatore e l’animatore di Altaïr (ad ogni programmatore venne difatti affiancato un animatore, al fine di rende il più coeso possibile lo sviluppo dei diversi personaggi che avrebbero animato il mondo di gioco).

“Venni messo subito al lavoro sul sistema di combattimento. Il programmatore che se ne stava occupando finì a gestire lo sviluppo del cavallo, e io ne presi il posto. Iniziai a lavorare con Richard Dumas, il programmatore del personaggio principale. Lui fu il vero e proprio “genio” dietro l’assassino, colui che gli diede vita.” Luc Tremblay (gameplay e behavior programmer di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 04

IL GRUPPO SI ESPANDE

Gli sviluppatori e gli animatori lavorarono duramente per rimuovere tutto ciò che avrebbe potuto rappresentare una limitazione alla libertà di movimento dei giocatori - soprattutto per quando riguardava l’arrampicata e l’interazione con l’ambiente. All’epoca (nel corso del 2005) l’engine che avrebbe fatto girare il gioco non era stato ancora ultimato, e il team dovette quindi lavorare per diverso tempo sullo stesso motore di gioco de “Le Sabbie del Tempo”. Il primo prototipo mostrato internamente agli sviluppatori venne definito come “spacca-mascella” per l’epoca, in quanto il protagonista era in grado di eseguire azioni e movenze mai viste prima in un prodotto videoludico. La scommessa di Ubisoft (nella figura del CEO Yves Guillemot) nell’investire in questo titolo era praticamente vinta in partenza.

“Ricordo che [Richard Dumas] mi chiese di dare uno sguardo al suo prototipo. Praticamente vi era il modello poligonale del Principe, più dettagliato rispetto a “Le Sabbie del Tempo” all’interno di una grossa stanza piena di appigli [...] vidi quello che il pubblico provò nel 2007: l’arrampicata del personaggio principale. Quel che vidi era strabiliante. Mi dissi “cosa cazzo sto vedendo?”. Non potevo credere ai miei occhi!” Stéphane Assadourian (programmatore delle AI di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 05

L’ASSASSINO

Ci vollero quasi tre anni per definire chi e cosa sarebbe stato Altaïr. Era necessario renderlo unico e memorabile, qualcuno che, se messo in mezzo ad un’enorme folla, sarebbe subito parso come l’eroe ed il nuovo protagonista del videogioco. Decidere cosa avrebbe indossato l’Assassino fu molto facile. Désilets prese infatti ispirazione da quanto aveva letto riguardo agli assassini del passato che sembravano vestire un abito bianco con cappuccio ed una cintura rossa. Secondo il team creativo tuttavia era necessario fare in modo che il personaggio potesse essere descritto tramite qualcosa, un oggetto o un animale e, infine, la scelta ricadde proprio su un uccello rapace: l’aquila. Dopo aver preso queste scelte fu possibile iniziare a concepire un’immagine di questo nuovo “principe”. I primi sketch vennero disegnati da Khai Nguyen, poi diventato animation director di For Honor, e, sorprendentemente, non andarono molto lontano da quello che poi sarebbe stato Altaïr.

“Quando mi unii al team vi erano già due ingegneri al lavoro sul personaggio principale. Uno di loro stava lavorando al combattimento, l’altro invece al movimento. Il free running, sostanzialmente. Praticamente quello che vidi era un antenato di Altaïr, in grado di fare azioni molto basiche ma in maniera molto impressionante [...] Era veramente, veramente ben fatto.” Luc Tremblay (gameplay e behavior programmer di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 05

L’ASSASSINO

Da dove iniziare con l’Assassino, quindi? Non fu assolutamente facile per il team decidere chi o cosa sarebbe dovuto essere Altaïr nel momento in cui il giocatore avrebbe preso in mano il joypad. Sicuramente avrebbe avuto senso che un personaggio nato e cresciuto nella Confraternita fosse stato bravo in quello che faceva, un Maestro Assassino bello e fatto, ma secondo alcuni questa cosa sarebbe stato un problema. Altaïr era sì un Maestro Assassino, ma i giocatori non lo erano! Come insegnare loro ad essere degli assassini tramite Altaïr, se lui non aveva più bisogno di imparare nulla? Il team cercava di creare un personaggio che fosse molto capace e ben allenato, ma che allo stesso tempo non fosse in disaccordo con il periodo in cui viveva, il dodicesimo secolo. Altaïr doveva essere agile, ma era necessario che non sembrasse un acrobata o un ninja e che, anzi, desse sfoggio di forza bruta e, forse, anche di un po’ di goffaggine. Il realismo sarebbe dovuto essere sempre al centro di ciò che Altaïr era: nessun tipo di salto mortale o di acrobazie al limite delle capacità umane.

“Non pensavo fosse una buona idea [...] Perché mai Altaïr avrebbe dovuto... reimparare cose che già sapeva? Ecco perché [in Assassin’s Creed II] fu molto più semplice raccontare la storia di Ezio: mano a mano che questa procedeva il giocatore avrebbe vissuto le stesse identiche cose. Quest’ultimo ed Ezio avrebbero imparato tutto insieme nel medesimo momento.” Patrice Désilets (creative director di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 05

L’ASSASSINO

Nonostante il look di Altaïr fosse stato definito, al team sembrava che questo non risultasse ancora adatto a lui. L’Assassino, infatti, somigliava più ad un monaco che ad un guerriero. Lo stesso abito bianco, nella sua versione più lunga, venne tagliato dal videogioco poiché troppo complicato per essere animato. Inoltre, ad un anno dall’uscita di Assassin’s Creed, il team non era ancora del tutto certo che il colore dell’abito andasse bene: per alcuni era fin troppo bianco. Per fugare questi dubbi decisero addirittura di dedicare un intero mese a concept con altri colori, ma in quasi tutti i casi sembrava loro che il personaggio perdesse di unicità e personalità. Fu Nicolas Cantina prendere in mano la situazione andando dal proprio capo per dirgli che l’abito bianco risultava ancora il migliore. Se non fosse stato per lui forse oggi l’abito di Altaïr sarebbe risultato marrone e non avrebbe avuto lo stesso impatto che ha tuttora.

“Decidemmo che [il protagonista] sarebbe stato un rapace. Pensai che forse fosse un’idea un po’ scontata, ma alla fine nominammo così molti dei personaggi principali di Assassin’s Creed. Non ricordo bene ma Altaïr dovrebbe significare rapace in persiano e così, ecco fatto, vennero tutti [i protagonisti successivi] chiamati in questo modo.” Patrice Désilets (creative director di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 05

L’ASSASSINO

Quante volte durante la saga ci siamo gettati dal campanile di una chiesa o da un albero per poi atterrare dentro uno dei famosi e fantomatici “carri di fieno” di Assassin’s Creed? Quasi al pari dei protagonisti per importanza, anche i carri sono stati soggetti ad una qualche analisi da parte del team creativo. Ma come poteva essere una cosa del genere realistica? Beh non lo era del tutto e, infatti, la parola chiave di ciò non era “realismo” ma “credibilità”. Lo scopo del team era quello di rendere il Salto della Fede soltanto credibile e di certo non si aspettava che i videogiocatori credessero che chi aveva creato Assassin’s Creed pensasse che tutto ciò fosse riproducibile nella vita reale. Un aneddoto e dettaglio curioso relativo ai carri di fieno, che “purtroppo” però non venne implementato nella versione finale del gioco, era quello che prevedeva un leggero cambiamento di colore nell’abito di Altaïr dopo ogni utilizzo. Perché non venne utilizzato? Beh, semplicemente per il fatto che dopo circa una ventina di cadute nel fieno avremmo ottenuto un pericolosissimo Assassino color canarino!

“Volevamo semplicemente rendere il tutto un po’ più credibile. Questa era la parola chiave. Non “realistico”. La faccenda è molto sottile, ma c’è una certa differenza tra le due. Quindi finché pensavamo che la cosa fosse possibile l’avremmo fatta succedere. [...] Non so se si potesse credere che un tizio possa buttarsi giù dal quinto piano di un edificio in una balla di fieno, ma in qualche modo lo rendemmo credibile. [Ride] Alex Drouin (animation director di Altaïr in “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 06

L’ANIMUS

Grazie al pretesto narrativo dell’Animus la serie è stata in grado di esplorare luoghi e periodi totalemente differenti, anche slegati tra loro. L’idea che la storia fosse in qualche modo narrata da una figura esterna venne ideata nelle primissime fasi dello sviluppo, nonché parzialmente ripresa da “Le Sabbie del Tempo”, dove la storia viene in realtà narrata in un non precisato futuro dal Principe stesso. Originariamente, l’idea era quella che la storia fosse narrata da un vecchio Altaïr, mentre stava recuperando le forze dopo una brutta ferita, ma venne ben presto scartata in quanto ritenuta troppo banale e, per l’appunto, simile a quanto visto in “Prince of Persia”. L’idea dell’Animus e delle memorie genetiche nacque in modo quasi casuale, quando Désilets vide un documentario relativo al DNA: e se la storia fosse “narrata” grazie al DNA, da una macchina in grado di leggerne le informazioni? Ben presto l’idea venne sviluppata ulteriormente, e usata come giustificazione narrativo per l’HUD di gioco, la sincronizzazione e le morti - mai avvenute nella effettiva storia del personaggio - del giocatore.

“Alla fine [l’Animus] funziona in maniera analoga al racconto del Principe ne “Le Sabbie del Tempo” [...]. Quindi praticamente si, alla fine è giusto dire che in qualche modo “Assassin’s Creed” è un gioco di “Prince of Persia”. Alamut è in Persia, quindi Altaïr è praticamente un principe della Persia!” Patrice Désilets (creative director di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 06

L’ANIMUS

L’idea dell’Animus e della spiegazione fantascientifica dietro ad esso non piaceva molto al reparto marketing di Ubisoft, tant’è che il primo video ufficiale rilasciato non mostrò nulla di quell’aspetto del gioco - se non per una distorsione visiva presente nell’ultimo secondo dello stesso. Per Désilets “Assassin’s Creed” non è mai stato un gioco storico, bensì un contesto fantascientifico in cui ti ritrovi a giocare all’interno di un contesto storico. La fine del Mondo non avveniva nel Passato, ma nel Presente - ed era quella la missione del protagonista, totalmente diversa e slegata da quella personale di Altaïr. “Assassin’s Creed” non è mai stata intesa come la storia di Altaïr, di Ezio Auditore o di Connor - bensì come la storia degli Assassini e dei Templari nel corso dei secoli.

“Penso che l’idea [dietro l’Animus] fosse presente sin dall’inizio nei piani di Patrice [Désilets], ed era l’unico modo per spiegare efficacemente tutti i viaggi che il giocatore avrebbe fatto, perché sin dall’inizio volevamo andare in più di un singolo luogo.” Nicolas Cantin (art director delle cinematiche di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 07

LA MELA DELL’EDEN

Dopo aver finalmente definito il protagonista, l’ambientazione e il come il gioco sarebbe dovuto essere mancava un’ultima cosa da stabilire: quale sarebbe stato il motivo scatenante delle vicende del gioco? Quale era quella cosa che chiunque avrebbe voluto, tanto da essere al centro di una faida millenaria tra due potentissime organizzazioni? L’idea arrivò quasi casualmente. Fu Philippe Morin, attualmente CEO del team di sviluppo “Red Barrels” - che all’epoca lavorava presso Ubisoft Montreal - a suggerire l’idea di utilizzare una “mela dell’Eden”. Il suggerimento colpì immediatamente tutto il team, che trovava divertente l’idea di un gruppo di persone che finiva con l’ammazzarsi a vicenda per entrare in possesso di una mela - una mela speciale, il “frutto della conoscenza”. A rafforzare questa idea furono una serie di studi e analisi di diversi dipinti dell’epoca, in cui personaggi potenti e di spicco erano rappresentati con un oggetto sferico tra le mani, simbolo della fede, del mondo e del potere - in riferimento alla mela biblica.

“Fu molto interessante realizzare tutte quelle ricerche e combinare il passato con un aspetto moderno. [...] La direzione artistica era molto semplice e pulita, richiamava molto il design degli iPod e degli iPhone dell’epoca. Tutto era bianco, allora!” Nicolas Cantin (art director delle cinematiche di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza //MANCANTE//

//ERRORE//

Tra le diverse idee studiate dal team di sviluppo vi fu pure quella di avere una protagonista femminile , come dimostra questo concept art realizzato da Khai Nguyen nel 2004. 22


Sequenza 07

LA MELA DELL’EDEN

A livello visivo il film “Black Hawk Down” fu un grande riferimento: il team si ispirò alla palette di colori della pellicola durante la definizione dello stile visivo del gioco. L’idea era quella di dare un aspetto moderno ad un’ambientazione comunque molto antica. Quando uscì il film “Le Crociate - Kingdom of Heaven”, il gioco era già entrato in produzione, e il team aveva già sviluppato i modelli e i design dei cavalieri templari, così come le ambientazioni. La visione dello stesso fu comunque molto importante, perché diede al team di sviluppo ulteriori idee e riferimenti per sviluppare al meglio alcuni aspetti del contesto storico e geografico. L’intero gruppo andò a vedere il film, proprio per questo motivo!

“Cinque anni fa andai per la prima volta a Gerusalemme. Non ricordo perché, ma non ci recammo là durante la produzione del primo capitolo. Ma quando ci andai, nel 2013, guardandomi attorno rimasi molto soddisfatto da come eravamo riusciti a trasporre la città. Mi sentii come se fossi già stato lì, in qualche modo. Avevo speso 4 anni della mia vita a ricreare questa città, e realizzai che ci eravamo riusciti! Patrice Désilets (creative director di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 07

LA MELA DELL’EDEN

Come già menzionato in precedenza, il passaggio da un gioco lineare (quale era Prince of Persia) ad un open world non fu affatto semplice. Tuttavia, la volontà di espandere il ventaglio di possibili approcci ludici per il giocatore si dimostrò una scommessa vinta: l’idea alla base era sostanzialmente quella di consentire a chiunque di vivere la propria esperienza. In origine, il gioco avrebbe dovuto prevedere addirittura degli elementi di sopravvivenza all’interno della mappa del Regno, così come la possibilità di cacciare e pescare - qualcosa che venne introdotta solo diversi anni dopo, in “Assassin’s Creed III”. Il concept del primo capitolo era sostanzialmente molto più grande di quello che fu, infine, il progetto finale: una grande sfida per Désilets fu anche quella di definire cosa potesse esserci in un “Assassin’s Creed” e cosa, invece, no.

“Se qualcuno voleva andare in giro a combattere con chiunque, probabilmente si diverte in quel modo - d’altronde il significato del nostro lavoro è proprio questo. Ma magari qualcun altro preferisce giocare come un vero assassino, e può farlo giocando lo stesso gioco, ma in un modo diverso. In questo modo sappiamo di aver accontentato due persone invece che una sola!” Patrice Désilets (creative director di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza //MANCANTE//

//ERRORE//

La cooperativa, elemento presente nel primo fake-footage realizzato dal team, fu effettivamente discussa come potenziale elemento di gameplay da inserire nel primo capitoli. Sfortunatamente, l’idea venne accantonata nelle prime fasi dei lavori. Concept art realizzato da Khai Nguyen nel 2004.

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Sequenza 07

LA MELA DELL’EDEN

Una delle novità più grandi che il gioco si prometteva di introdurre, a livello tecnico, era la presenza di una vera e propria folla, un quantitativo di personaggi spropositato su schermo, per gli standard dell’epoca. Venne creato un enorme database di animazioni e di “parti del corpo”, che venivano poi assemblate con un sistema denominato “Frankenstein” - per creare proceduralmente modelli poligonali il più diversi possibili gli uni dagli altri. Le animazioni venivano studiate e programmate per cercare di adattarsi al meglio ad ogni tipologia possibile di corporatura da generare. Le limitazioni tecniche del tempo consentirono di impostare solo due tipi di comportamento per ogni NPC: quello base, e una reazione alle azioni del giocatore. Qualsiasi cosa facesse, i personaggi reagivano in un’unica maniera: uccidevi un nemico? Scappavano terrorizzati. Scalavi un palazzo? Scappavano terrorizzati!

Potemmo dare agli NPC solo una reazione [...] per questo motivo l’idea era quella di farli allontanare il più possibile da te per poi resettarli. Se rigiocate al primo Assassin’s Creed e provate ad inseguire uno di loro, noterete che questo correrà per sempre! Stéphane Assadourian (programmatore delle AI di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 08

UN MONDO VIVENTE

Nelle intenzioni originali del team, la mappa del Regno avrebbe dovuto essere riempita di attività e missioni secondarie. Come inoltre rivelato da Désilets, il gioco avrebbe dovuto presentare alcuni elementi di sopravvivenza in tale mappa, con la possibilità di cacciare e di pescare. Il mondo di gioco avrebbe dovuto essere “vivo” anche all’interno del Regno, e presentare diverse sfide ai giocatori. Tuttavia, a fronte della complessità che la realizzazione di queste attività richiedevano, il team decise di rimuovere totalmente queste missioni secondarie, conservando solamente le nove missioni principali che componevano la storia. Con l’avvicinarsi dell’uscita del gioco, tuttavia, Ubisoft impose l’aggiunta di nuovi elementi di gameplay, al fine di variare l’offerta videoludica del gioco. Venne così assemblato un team interno che, nel corso di un mese, si trovò ad inserire nuovi ingredienti alla formula del gioco, come ad esempio le famigerate bandiere da raccogliere.

Eravamo ormai prossimi alla chiusura del progetto e, se non ricordo male, avevamo solo il furto e l’origliare come missioni pre-assassinio, un grosso problema dal punto di vista della ripetitività del gioco. Ubisoft decise quindi di assemblare un piccolo “team S.W.A.T.” all’interno di una sala riunioni, al fine di costruire ed aggiungere almeno due o tre nuove tipologie di missioni, entro un mese! Sacha Viltofsky (junior programmer di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 08

UN MONDO VIVENTE

Il gioco venne inizialmente concepito privo di qualsiasi tipo di HUD. La motivazione era quella di voler ridefinire totalmente i paradigmi del videogioco, per buttarsi nella next-gen con un prodotto inedito, sotto tutti i punti di vista. Senza HUD o mini-mappa il giocatore avrebbe dovuto muoversi per la mappa, origliare i discorsi dei passanti o spiarli di nascosto, al fine di comprendere dove avrebbe dovuto andare - e cosa avrebbe dovuto fare. In questo modo, secondo Désilets, Assassin’s Creed funzionava come un vero e proprio gioco di ruolo, perché ti faceva totalmente immedesimare nel ruolo dell’Assassino: tu eri Altaïr, e potevi muoverti e agire come volevi. In quest’ottica si sarebbero inserite anche le attività secondarie nel Regno: rientrava tutto nell’essere un Assassino, nel giocare all’interno di un ruolo. Assassino silenzioso o guerriero formidabile? La scelta spettava al giocatore.

“Nel Regno avevamo già impostato i punti di avvio [delle attività secondarie], ma non potete farle partire in alcun modo perché non avremmo potuto farcela. Le abbiamo dovute rimuovere perché eravamo ormai in procinto di chiudere il progetto, dovevamo consegnarlo! Abbiamo speso 4 anni per realizzarlo, e Ubi non ci avrebbe dato un quinto anno solo per programmare le missioni secondarie!” Patrice Désilets (creative director di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza //MANCANTE//

//ERRORE//

Il primissimo concept della Lama Celata, ealizzato da Khai Nguyen nel 2004 dopo uno dei primi incontri avuti con Patrice DĂŠsilets. 29


Sequenza 08

UN MONDO VIVENTE

L’assenza di cinematiche vere e proprie consentiva al giocatore di non perdere mai, in nessun momento del gioco, il controllo di Altaïr: potevi addirittura muoverti durante i filmati! Questa concezione di “cinematiche” rientrava sia nell’ottica del “ridefinire i canoni” per la next-gen, sia di dare al giocatore la massima libertà possibile. La presenza del cavallo all’interno del gioco non fu facile da ottenere: per via delle limitazioni tecniche e per le tempistiche, il cavallo doveva essere eliminato - non era possibile realizzarlo! Ma Désilets fu fermamente contrario a ciò, lo definì un aspetto “non negoziabile”. Rientrava tutto nell’ottica di un mondo in movimento, in cui il giocatore era totalmente libero di muoversi nel modo in cui voleva. Non era una meccanica di gameplay: era parte del gioco stesso. Una cosa che Désilets non riuscì però ad ottenere fu che il cavallo potesse entrare nelle città: a livello tecnico era praticamente impossibile consentire alle texture di caricarsi alla velocità con cui il cavallo si sarebbe spostato.

“Alla fine si tratta più di un giocattolo (molto divertente) che un gioco. Sei tu che decidi come approcciarti alle missioni, se vuoi svolgerne una. Il fatto che ci trovammo a lanciare un gioco senza avere avuto il tempo di sviluppare delle missioni vere e proprie finì col creare qualcosa di unico. Incompleto, ma, alla fine, qualcosa di peculiare, più libero. AC 2 è un gioco migliore, ma sei molto più controllato” Alex Drouin (animation director di Altaïr in “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 09

TUTTO È LECITO

“Nulla è reale, tutto è lecito” non si limitava solo ad essere il motto degli Assassini, ma divenne anche la parola d’ordine nello sviluppo delle meccaniche di gioco. L’idea che “tutto fosse permesso” venne implementata dando più libertà possibile al giocatore, in termini di movimento, di pianificazione delle azioni e di approccio alla storia. Patrice Désilets si occupava di supervisionare il lavoro del team, suggerendo cosa aggiungere e cosa rimuovere, cosa doveva essere migliorato e cosa, invece, poteva essere limitato. La programmazione del parkour fu uno dei punti più complicati da gestire in fase di sviluppo, per via dell’enorme mole di verifiche necessarie per consentire le collisioni tra il giocatore e i volumi che costituivano gli edifici. Il problema fu risolto impostando una serie di blocchi, di “pezzi LEGO” che, una volta combinati, andavano a costituire i vari ambienti ed edifici.

“[...] Patrice controllava i nostri lavori dicendoci ‘Sai cosa, aggiusta questo, aggiungi quest’altro’ e noi procedavamo a modificare e a sistemare il codice, ma spesso capitava che non potessimo fare una certa cosa perché ne avrebbe compromesse altre. Alla fine era comunque Patrice a stabilire cosa avesse più importanza, in queste situazioni” Alex Drouin (animation director di Altaïr in “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 09

TUTTO È LECITO

In concomitanza dello sviluppo del gioco, Ubisoft aveva appena costruito un nuovo studio adibito all’utlizzo della motion capture. Il team di sviluppo iniziò quindi a farne uso, in maniera intensiva e, soprattutto, senza l’aiuto di stunt men. Alex Drouin, direttore delle animazioni per Altair, praticava arti marziali, all’epoca: fu lui a realizzare le coreografie iniziali per il personaggio, aiutato dagli altri sviluppatori. Il team si riuniva nei garage degli uffici di Montreal, unico luogo ampio in cui potessero “esercitarsi”: con l’ausilio di spade finte venivano studiate le coreografie e le movenze dei personaggi, che venivano poi “registrate” grazie alle attrezzature mo-cap. Grazie a tale tecnologia, le varie animazioni potevano essere rapidamente registrate e, successivamente, editate in base alle esigenze delle diverse scene, modificandone la velocità o altri parametri.

“Come animatore, utilizzare la motion capture è un enorme vantaggio perché puoi realizzare ciò che ti serve da animare. Ti concentri sui movimenti, senza tener troppo conto della precisione e della sincronizzazione degli stessi, perché una volta registrati puoi andare ad editare tali parametri nella maniera che ti è più consona. Anche se eseguiti lentamente, puoi modificarli e farli apparire molto frenetici!” Alex Drouin (animation director di Altaïr in “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 09

TUTTO È LECITO

All’epoca dello sviluppo, i publisher avevano la speranza che molti casual gamers si sarebbero approcciati in maniera più diretta e continuativa al mondo videoludico grazie all’avvento delle console next-gen, un’aspettativa che si rivelò poi veritiera. Per questo motivo il team di sviluppo voleva ideare un gioco che fosse piacevole, ma comunque accessibile e facile da giocare: un approccio da “blockbuster”, sostanzialmente. Molte delle critiche che arrivarono al gioco, soprattutto riguardo il sistema di combattimento, provenirono dai giocatori più “hardcore” - una cosa che gli sviluppatori avevano già preventivato. La scelta di realizzare un combattimento “uno contro uno” fu anche dettata, comunque, da alcune limitazioni tecniche, nello specifico vi era la possibilità di animare solamente due personaggi nello stesso momento, durante il combattimento. Se ci fosse stato un terzo personaggio coinvolto nello scontro, il gioco non sarebbe stato in grado di reggerlo!

“Ci trovavamo sostanzialmente in una situazione opposta a quella di Dark Souls, e si è trattato di dover trovare un compromesso necessario. Era davvero complicato tenere assieme tutti gli elementi senza dover pre-impostare nulla.” Luc Tremblay (gameplay e behavior programmer di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 10

UN SUCCESSO INASPETTATO

Arrivati al termine dello sviluppo, i membri del team di Montreal erano tutt’altro che sicuri che il gioco sarebbe stato il successo sperato. Il prodotto era ancora grezzo: era divertente, quello si, un “giocattolo molto divertente”, ma non era completo. Vi erano ancora molte cose da ultimare, ma per via delle tempistiche e delle scadenze il progetto dovette essere chiuso, ad un certo punto. I primi segnali dell’inevitabile successo arrivarono nel corso dei primi press tour che si tennero in nord Europa: i giornalisti che ebbero modo di provare il titolo rimasero sorpresi ed estasiati da ciò che il gioco consentiva di fare, e da come avveniva ciò. Il livello di gradimento dimostrato da giornalisti e fan che partecipavano agli eventi era molto alto, a discapito di quelle che erano le aspettative degli sviluppatori!

“La mia parte preferita [dello sviluppo] fu quando potemmo mostrare il gioco ai fan e ai giornalisti. La loro eccitazione era palpabile, e ciò mi rese molto orgogliosa di quanto eravamo riusciti ad ottenere, come team. Realizzai in quei momenti che ero stata parte di qualcosa di veramente grosso.” Elspeth Tory (production manager per le animazioni)

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Sequenza 10

UN SUCCESSO INASPETTATO

Ubisoft puntava a lanciare un grosso titolo, e il team ne era consapevole. Tuttavia, ciò che non si aspettavano fu il quanto il titolo sarebbe stato effettivamente grosso, in termini di successo. I responsi della critica non furono unanimi, poiché diverse cose ancora non funzionavano o erano per l’appunto mancanti - ma erano tutte cose che il team aveva preventivato, essendo di fatto il primo, vero gioco di una nuova IP, totalmente inedita, sviluppato in contemporanea con il motore di gioco stesso. Il lead programmer, Mathieu Mazerolle, lasciò il team di sviluppo in concomitanza con l’uscita del gioco, con la convinzione che il titolo sarebbe stata una gigantesca catastrofe, in quanto non era stato sviluppato abbastanza gameplay.

“Lasciai Ubisoft quando consegnammo il gioco. Ricordo che in quel momento ero veramente demoralizzato, fermamente convinto che sarebbe stato un fallimento catastrofico, poiché vi erano ancora molti bug e non eravamo riusciti a sviluppare abbastanza gameplay. Credevo che sarebbe stato visto come un buon tentativo, ma troppo imperfetto.” Mathieu Mazerolle (lead programmer di “Assassin’s Creed”)

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Sequenza 10

UN SUCCESSO INASPETTATO

La consapevolezza delle potenzialità dell’IP era comunque nell’aria, durante lo sviluppo - anche se non ci si poteva immaginare che il titolo avrebbe dato il via ad una serie che sarebbe proseguita lungo due generazioni di console e che si sarebbe espansa in libri, fumetti e film. A fronte del successo commerciale ottenuto, Ubisoft aumentò esponenzialmente le risorse dedicate allo sviluppo della serie. Due team di sviluppo vennero messi a lavorare sul sequel, e poi altri due sul sequel del sequel, e così via. Un vero e proprio franchise stava prendendo piede. Molti dei membri originali del team di sviluppo lasciarono Ubisoft, nel corso degli anni. L’ambiente di lavoro cambiò radicalmente: da poche decine di sviluppatori si arrivò a qualche centinaia, una scala totalmente diversa rispetto alle dimensioni iniziali del gruppo che diede origine al progetto!

“Sono veramente orgoglioso di quanto fummo in grado di realizzare. Le vendite del primo gioco superarono le dieci milioni di copie, e divenne qualcosa per il quale sarò sempre riconosciuto e a cui sarò sempre associato. E mi sta bene, perché senza quel successo non sarei stato in grado di aprire un mio studio.” Patrice Désilets (creative director di “Assassin’s Creed”)

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VOLUME 1

“LA NASCITA DEL CREDO” FINE


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