La letteratura, la pittura, la musica pare talvolta quasi sgorgare da calici colmi. Accanto alle nove muse, figlie di Zeus e protette da Apollo, Lahar preferisce fare conto tondo e immagina una musa figlia stavolta di Dionisio, un po’ in disparte e infastidita dalla luce. Non ha in mano una lira, anzi si tiene la fronte; la bocca è impastata, non avrà una bella voce. Ha ispirato poeti, pittori e scrittori: li ha accompagnati e liberato da timori, schemi. Ha eliminato convenzioni ed ha, talora, aperto loro gli occhi: più spesso fatti chiudere.
Ma questo lo sappiamo, i nomi sono tanti: Hemingway, Pollock, Gino Paoli se preferite; Bukowski ormai lo trovate in offerta alla Feltrinelli (se va bene) o all’autogrill. Quello che non sappiamo è il Bateau ivre su cui ti imbarchi ogni sera.
Lahar 24: John Belushi è un inno disincantato post vomito, in medias res tra la tequila e l’oki; il sorriso sbieco e un po’ ebete delle 4 del mattino; un grido di libertà nel grigiore di ogni giorno. Insomma