Per costruire insieme un’Europa plurale NOTA POLITICA
Vicenza e la crisi del potere / Francesco Lauria
L’Europa oggi ha bisogno di nuove idee e nuove prospettive.
SGUARDI SUL FEDERALISMO
Dalla partecipazione all’autogoverno della comunità locale: verso il federalismo municipale solidale / Alberto Magnaghi Le identità locali nell'era globale: il federalismo antidoto al totalitarismo / Alain De Benoist
PERSONAGGI
A proposito di Alexandre Marc / Gilda Manganaro Favaretto
Il processo di integrazione, così come lo si è conosciuto, ha esaurito la sua spinta propulsiva e la sua capacità di mobilitare il cuore e la mente dei cittadini europei.
Europa Plurale – Movimento per un Federalismo Globale, partendo dal patrimonio morale ed ideale
del Federalismo Integrale, vuole essere non solo un laboratorio di idee nuove, ma un soggetto in grado
DOCUMENTI
Manifesto programmatico di Comunità / Movimento di Comunità – Adriano Olivetti
di porre sul campo proposte realmente alternative per la costruzione dell’Europa del futuro.
Renditi protagonista di questo progetto: partecipa alla costruzione dell’Europa plurale!
OSSERVATORIO
Informazione: potere di costruire la verità? / Francesco Lauria Erto 2004/2005/2006 / Emiliano Oddone Per un Partito Democratico antioligarchico / Claudio Giudici
Per informazioni europa@europaplurale.org
Europa Plurale – 1/2007
Nota Politica
essere fragili come un castello illusorio, come un miraggio evanescente.
E’ la Politica delle Istituzioni e dei partiti nelle ore della “crisi del potere” a doversi
VICENZA E LA CRISI DEL POTERE
interrogare.
Era mia intenzione, con questo editoriale spiegare la
partecipazione di Europa Plurale alla manifestazione per la Pace e contro il raddoppio della Base militare Dal Molin a Vicenza. La situazione politica è in queste ore precipitata, ma
Francesco Lauria
Presidente Europa Plurale – Movimento per un Federalismo Globale
credo che alcune letture possano essere rafforzate dagli ultimi eventi e non confutate.
Non può più usare la mobilitazione di Vicenza come un’alibi per le proprie contraddizioni irrisolte
amministratori e deputati locali di Ds e Margherita in dissenso con i rispettivi partiti, a
rendere particolarmente significativa la manifestazione: non erano quelli i settori in cui trovare pienamente l’anima di questo corteo. Le rivendicazioni semplici e dirette dei cittadini di Vicenza parlano un linguaggio universale: in nome della difesa dell'ambiente e della qualità della vita, della richiesta di democrazia reale e del rifiuto della guerra globale. Ai cittadini di Vicenza si affiancavano le bandiere (tantissime) delle comunità della Val di Susa e di molti altri luoghi che hanno saputo attivare mobilitazioni consapevoli, non localistico-corporative al fine di salvaguardare e promuovere quella che il sociologo Aldo Bonomi definisce nei suoi scritti: “la coscienza di luogo”.
Per questo la manifestazione di Vicenza con la sua identità comunitaria, aperta ad una rete di comunità, fa paura. Fa paura perché parla ai Poteri cardine di una democrazia più formale che sostanziale per cui il rapporto con i territori e con la vita delle persone è un impaccio, un orpello. E’ la politica della rappresentazione che si scontra con il suo scollamento dal concetto di rappresentanza, dalla sua lontananza ormai antropologica con i territori e le relazioni; con la sua interessata e colpevole rinuncia ad una dinamica di mediazione comunitaria.
Il messaggio positivamente sovversivo della manifestazione di Vicenza sta nello slogan che l’ha accompagnata: “Il futuro è nelle nostre mani”. Poco prima della caduta del Governo Prodi il Presidente della pronunciava
frasi
molto
dure,
negando il valore aggiunto democratico di questa e di altre mobilitazioni (che non si esauriscono in un corteo, ma, ad esempio nel caso della Val di Susa, hanno una complessa e affascinante storia più che decennale) rifugiandosi in un perentorio: “a decidere sono comunque le istituzioni”.
Le ore successive ci hanno dimostrato che sono proprio quelle istituzioni che devono “comunque decidere” ad
atto
della
propria
inesorabile
di senso solo se reincontrerà i luoghi e le relazioni comunitarie.
No, non erano le bandiere della sinistra radicale o della Cgil, o la presenza di
Napolitano
prendere
e
autodistruttiva
partecipazione; la società dei flussi e dell’insicurezza ritroverà un’anima ed un orizzonte
festosa, tranquilla, io aggiungerei, plurale e molteplice.
Repubblica
deve
La posta in gioco è alta: la democrazia reale si rigenererà solo se rincontrerà la
La manifestazione, come ha ben scritto il vicentino Ilvo Diamanti, è passata: affollata,
Il messaggio positivamente sovversivo della manifestazione di Vicenza sta nello slogan che l’ha accompagnata: “Il futuro è nelle nostre mani”.
ma
autoreferenzialità ed incapacità di ascolto.
4
Sguardi sul Federalismo - 1 DALLA
PARTECIPAZIONE
Europa Plurale – 1/2007
come condizione per la crescita di forme di autonomia e di autogoverno (Magnaghi 2000,
ALL’AUTOGOVERNO
DELLA
COMUNITÀ LOCALE: VERSO IL FEDERALISMO MUNICIPALE SOLIDALE*
Becattini 1999).
Ma, “egli solo” chi? Anche su questo punto ho più volte chiarito, per dissipare equivoci,
che,
in
un
territorio
abitato
da
molte
culture,
da
cittadinanze
plurali,
è
l’autoriconoscimento dei soggetti che si relazionano e si associano per la cura dei luoghi l’atto costituente di elementi di comunità; ovvero la comunità è una chance, non un dato
“Federazioni fra piccole unità territoriali, come tra Alberto Magnaghi uomini uniti da lavori comuni nelle loro rispettive Presidente Rete del Nuovo corporazioni, e federazioni tra città e gruppi di città Municipio costituiscono l’essenza stessa della vita e del pensiero in quest’epoca. Il periodo compreso fra il X e il XVI secolo della nostra era potrebbe dunque essere descritto come un immenso sforzo per stabilire l’aiuto e l’appoggio reciproco in vaste proporzioni, il principio di federazione e d’associazione essendo applicato in tutte le manifestazioni della vita umana ed in tutti i gradi possibili” ((Piotr Alexeevic Kropotkin 1902)
storico riservato agli autoctoni, ma un progetto delle genti vive, degli abitanti di un luogo,
che deriva dall’ interazione solidale fra attori diversi in una società complessa, che sono in grado di reinterpretare l’anima del luogo per attivare nuove forme di produzione e
consumo fondate sulla convivialità, la solidarietà e l’autosostenibilità.
Dunque il luogo appartiene a chi se ne prende cura: in molti casi estremi, dopo i guasti
antropologici creati dalla società del fordismo,
l’”anima del luogo” ( Bonesio 2002,
Decandia 2004, Hillman 2004) è riconosciuta e coltivata proprio dagli ospiti, dagli
“stranieri”, mentre molti “locali”, presunti custodi “dell’avita sua terra” si attardano a praticare, guidati da immaginari esogeni di salvifiche
modernizzazioni, il “localismo
vandalico”, ovvero il consumo scriteriato e autodistruttivo delle proprie risorse patrimoniali.
A partire da queste premesse ho indicato il concetto di autosostenibilità delle società
Democrazia partecipativa e autogoverno
Questo ragionamento sembra quasi anticipare il concetto di “coscienza di luogo” (“coscienza del suo essere”, per Cattaneo) che ho posto alla base di una concezione della democrazia partecipativa
Nel testo “Il diritto federale” Carlo Cattaneo scriveva: “ Ogni
popolo può avere molti interessi da trattare in comune con altri popoli; ma vi sono interessi che può trattare egli solo,
perché egli solo li sente, perché egli solo li intende. E v’è inoltre in ogni popolo anche la coscienza del suo essere, anche la superbia del suo nome, anche la gelosia dell’avita
sua terra. Di là il diritto federale, ossia il diritto dei popoli; il quale debbe avere il suo luogo, accanto al diritto della
nazione, accanto al diritto dell’umanità” (Cattaneo 1973)
Questo ragionamento sembra quasi anticipare il concetto di “coscienza di luogo” (“coscienza del suo essere”, per Cattaneo) che ho posto alla base di una concezione della
democrazia partecipativa che veda la crescita della società locale, dei suoi istituti di codecisione inclusiva e di partecipazione,
della
sua
capacità
di
esprimere
autoriconoscimento dei suoi valori, dei suoi giacimenti
patrimoniali (“che egli solo li intende”), della sua identità, *
Questo testo, pubblicato sul n° 3/2006 di Democrazia e Diritto, costituisce una rielaborazione della
relazione introduttiva: “Dai municipi alle province, alle regioni: evoluzione delle esperienze
partecipative e ruolo delle autonomie locali verso l’autogoverno” tenuta al Convegno Organizzato dalla Rete del Nuovo Municipio e dalla Provincia di Milano su: Federalismo e partecipazione: dal municipio
all’Europa. Milano 20-21 ottobre 2006
locali (nelle molte declinazioni riguardanti la sovranità alimentare e energetica, il governo
collettivo dei beni comuni, i modelli produttivi e di consumo a valenza etica fondati sulla valorizzazione durevole delle risorse, l’inclusione sociale, sul riconoscimento del mondo rurale come produttore di beni e servizi pubblici ecc), come presupposto essenziale per trasformazioni del modello di sviluppo capaci di
produrre relazioni solidali e non
gerarchiche fra società locali. A questo fine ho proposto di assumere le politiche e le
azioni verso l’ autosostenibilità in una duplice direzione: da una parte verso la riduzione
dell’impronta ecologica (condizione essenziale per poter tenere relazioni
di scambio
solidali e non gerarchiche con altre regioni del nord e del sud del mondo); e dall’altra verso la crescita di forme di autogoverno attraverso la
sottrazione
progressiva
ai
grandi
apparati
tecno-
finanziari e produttivi della globalizzazione economica degli strumenti del loro dominio omologante e distruttivo
sul “diritto dei popoli”. Ipotizzo in altri termini che una democrazia locale, ecologica, solidale, capace di tessere
reti federative dal basso possa costituire un importante antidoto ai modelli imperial-militari della globalizzazione economica (Magnaghi 2004). In questa prospettiva viene configurandosi una visione della
democrazia partecipativa che non la interpreta
solo come uno strumento di rivitalizzazione della vita 6
In un territorio abitato da molte culture, da cittadinanze plurali, è l’autoriconoscimento dei soggetti che si relazionano e si associano per la cura dei luoghi l’atto costituente di elementi di comunità
Europa Plurale – 1/2007
Europa Plurale – 1/2007
democratica a fronte della crisi della democrazia rappresentativa; anche questo; ma
governo in tutti i settori e a tutti i livelli dell’amministrazione locale3
individuale e collettiva dalle sovradeterminazioni e coazioni del mercato, verso
passaggi necessari per dare concretezza nelle pratiche dei municipi a questo obiettivo
l’autodeterminazione degli “stili” di
consistono in sintesi nell’individuare coerenze, relazioni di complementarietà e di
soprattutto la interpreta come uno strumento di “liberazione” della vita quotidiana produzione, di scambio, di consumo. Il distacco
ormai crescente e riconosciuto fra crescita economica e benessere1 fa si che la democrazia
che investe
l’amministrazione locale in un cambiamento complessivo delle forme di decisione. I
integrazione nei livelli decisionali che riguardano:
partecipativa si riproduca quotidianamente come coagulo di interessi sociali locali relativi
alla qualità della vita contro scelte economiche, territoriali, ambientali, infrastrutturali non
a)
più riconosciute come portatrici di benessere. E questo forse giustifica le molte resistenze,
cittadinanza
negli enti di governo del territorio, ubriachi a destra come a sinistra di crescita economica,
postindustriale, che produce nelle sue molteplici componenti conflitto, ma anche
Il distacco ormai crescente e riconosciuto fra crescita economica e benessere fa si che la democrazia partecipativa si riproduca come coagulo di interessi sociali locali relativi alla qualità della vita contro scelte non più riconosciute come portatrici di benessere
l’attivazione di attiva
strumenti di ascolto e di valorizzazione e
dei
saperi diffusi
(expertises)
di
una
delle espressioni di società
complessa
di privatizzazioni e globalizzazioni competitive, ad attivare
progettualità molecolare, che si avvale di nuovi saperi produttivi, comunicativi, artistici,
trattare i modelli conflittuali della partecipazione: prevale in
nell’avanzare di stili di vita attenti alla cura del territorio, del paesaggio e dell’ambiente,
precorsi strutturati di democrazia partecipativa in grado di
ambientali, relazionali ecc.; saperi che si vanno esplicando in processi cognitivi innovativi,
molti casi la sensazione che aprire alla partecipazione
nella costruzione di reti comunicative comunitarie; nella crescita di forme di intrapresa a
significhi mettere a nudo ideologie e interessi ormai
valenza etica, dove le figure di abitante e di produttore si riuniscono nell’autogoverno dei
stellarmente estranei al “comune sentire” delle popolazioni
fini e dei mezzi della produzione. Ascoltare e contaminare le politiche pubbliche con le
locali.
mille forme di saperi della cittadinanza attiva operanti nel territorio significa per le
Se questa è la posta in gioco della partecipazione (rimettere
amministrazioni locali accettare altri orizzonti strategici e priorità nelle agende politiche;
il benessere e la felicita pubblica al centro delle politiche
orizzonti e agende che si definiscono a partire dall’attivazione di strumenti di democrazia
maturazione culturale e pratica in questi anni dei processi
delle comunità locali e per la loro gestione; a questo fine è necessario che i processi
partecipativi: da un insieme scollegato e episodico di
partecipativi siano strutturati, continuativi, intersettoriali, inclusivi, tecnicamente e
consultazioni, bilanci partecipativi, sociali e di genere,
finanziariamente attrezzati;
arene deliberative, percorsi negoziali su singoli problemi su
b) la riformulazione dei ruoli e di modi di operare delle assemblee elettive, degli organi di
cui caso per caso si cercano soluzioni a conflitti, verso un
decisione e della struttura amministrativa degli enti locali, al fine di rendere politicamente
istituzionali locali), è evidente l’importanza dei percorsi di
percorso di progressiva costruzione di reti di reti volte a
connettere, confrontare, creare osmosi fra le diverse esperienze2
amministrative
fino
più
al
configurarsi,
avanzate,
democrazia partecipativa come
e tecnicamente operative le scelte che scaturiscono dai percorsi partecipativi4; c) l’estensione dei tavoli di programmazione negoziale, attualmente riferiti a pratiche
esperienze
consociative fra pochi attori forti, alla complessità delle rappresentanze di interessi
pratica ordinaria di
delle rappresentanze degli attori deboli e sottorappresentati, sia nella società urbana che
della
nelle
partecipativa in grado di affrontare le l’elaborazione delle scelte fondamentali per la vita
proposta
della
presenti nella società contemporanea, con particolare riferimento a politiche inclusive rurale; d) l’attivazione di strumenti di ascolto delle comunità locali che si formano nella
mobilitazione autonoma e conflittuale sui temi delle grandi opere, proponendo agenzie
1
Fra i molti indicatori che di benessere che da anni sanciscono, per i paesi del nord del mondo, la
divaricazione fra il PIL e il benessere segnalo il Quars, indice per la qualità regionale dello sviluppo,
3
si tratta dello slogan riassuntivo che accompagna il percorso partecipativo per la formazione della
legge regionale sulla partecipazione della Regione Toscana. Vedi: www. nuovomunicipio.org.;
promosso dalla Campagna Sbilanciamoci (Sbilanciamoci 2006)
www.regione.toscana.it/partecipazione
2
4
Nel convegno nazionale della Rete del Nuovo Municipio di Milano (provincia di Milano 20-21 ottobre
attualmente si verifica uno scarto molto forte fra l’impegno diffuso della società civile in forme di
2006) sono state proposte da diverse associazioni ai municipi una serie di azioni riassunte in un
cittadinanza attiva e gli esiti operativi dei processi partecipativi nelle politiche pubbliche nei diversi
servizi pubblici e dei beni comuni, sulla produzione locale di energia, sul consumo di suolo zero, sulla
amministrativa, per la sua strutturazione, non è in grado di rendere operative le decisioni scaturenti
decalogo, sui temi del federalismo dal basso, delle economie solidali, sulla ripubblicizzazione dei cooperazione decentrata, ecc; www.nuovomunicipio.org
7
campi di trasformazione della città e del territorio, delle politiche ambientali, ecc. La macchina dai processi partecipativi.
8
Europa Plurale – 1/2007
Europa Plurale – 1/2007
terze a livello regionale (del tipo del francese Débat public ) che conducano il percorso
ai Comuni medievali e alle loro leghe e federazioni, al conflitto nella rivoluzione francese
sull’utilità sociale della grande opera, alla messa a confronto e alla valutazione di
l’unità d’Italia, fra modelli federativi e modelli centralistici dello stato7.
alternative progettuali, alle scelte condivise delle soluzioni; solo in questo modo è
Il federalismo municipale contemporaneo poggia nuovamente, a partire dalla crisi dello
partecipativo strutturandolo dall’inizio della proposizione del problema, alla discussione
possibile rendere pubblici gli interessi in gioco, ridefinire le opzioni e i settori strategici dello sviluppo, armonizzando benessere locale e interesse generale.
fra costituzione municipale/partecipata e centralistica statuale, fino allo scontro, dopo
stato-nazione, sul concetto di estensione della sovranità del municipio in quanto
espressione della sovranità popolare: in una ricerca capillare, che vive nella diffusione dei
processi partecipativi, del superamento del ruolo subalterno di “amministrazione locale” L’integrazione nei sistemi decisionali pubblici di questi requisiti del processo partecipativo
è destinata a determinare un cambiamento generale della forma della politica: non si partecipa solo per indicare ad altri (ceto politico, imprenditori, ecc) cosa dovrebbero fare
(elezioni, referendum, arene deliberative, ecc), ma si partecipa per contribuire a produrre
direttamente il proprio ambente di vita e di relazione, creando nuovi intrecci fra attività
(di servizi) cui lo stato moderno di modello inglese centralista ha ridotto la municipalità; e come espressione di nuove forme di autogoverno contro i poteri forti ademocratici della globalizzazione economica.
Richiamo a questo proposito la tesi di Silvio Trentin (1987) “Il federalismo come struttura per
partecipare”, per rafforzare il concetto che non esiste federalismo se non è
individuali e finalità sociali della produzione e del consumo, estendendo i valori d’uso, i
espressione di una autonomia e democrazia compiuta a livello di comunità locale. Come
beni comuni non negoziabili, le attività fuori mercato con molteplici forme di scambio.
ha ampiamente argomentato Daniel Elazar (1993), il federalismo attuato attraverso
Il nesso inscindibile fra partecipazione e federalismo. La crescita della cittadinanza attiva verso forme di autogoverno locale e il recente sviluppo di processi
partecipativi dai municipi ai circondari, alle province, alle regioni5 configurano un percorso che la Rete del Nuovo
Municipio ha definito federalismo municipale solidale6 .
Questa definizione comporta un assunto centrale: che il federalismo si costituisca “dal basso”, come federazione di reti di municipi che siano a loro volta espressione della sovranità popolare. Il progetto di federalismo municipale solidale affonda le radici in uno scontro nei tempi lunghi della civilizzazioni europee e mediterranee fra sovranità municipale federata in reti sovralocali e centralizzazione statuale: dai conflitti
per l’autonomia delle colonie greche (polis) dalla città
madre (metropolis), alla federazione delle lucumonie etrusche,
al
municipio
romano
interprete
della
respublica, dei concetti di civitas , di sovranità popolare e dello stato federativo-municipale in epoca repubblicana,
5
riforme costituzionali non funziona se non è stato anticipato da comportamenti pratici di
La crescita della cittadinanza attiva verso forme di autogoverno locale e il recente sviluppo di processi partecipativi dai municipi ai circondari, alle province, alle regioni configurano un percorso che la Rete del Nuovo Municipio ha definito federalismo municipale solidale
tipo autonomista. Questo percorso concreto verso il federalismo, che ha come asse portante e nucleo fondativo la democrazia partecipativa, si pone dunque in antitesi al “federalismo di stato”, che procede dall’alto verso il basso attraverso il decentramento istituzionale (devolution) che produce nuove forme “decentrate” di accentramento e esclusione
nel
sistema
decisionale
e
che
può
presentare
di
introduttiva al Convegno organizzato dalla Rete del Nuovo Municipio a Bari (Novembre
La rete del nuovo Municipio ha promosso coordinamenti fra province sul tema “le Province dei
Il federalismo municipale contemporaneo poggia nuovamente, a partire dalla crisi dello stato-nazione, sul concetto di estensione della sovranità del municipio in quanto espressione della sovranità popolare
2005): “Il federalismo deve partire dalle pratiche di autonomia e partecipazione, rafforzarle e diffonderle… “Il federalismo, in quanto struttura per partecipare e far partecipare
i
cittadini,
è
finalizzato
Vedasi la Relazione di Giorgio Ferraresi al convegno di Bari del novembre 2005 della Rete del Nuovo
7 8
9
sviluppo
di
locale,
basandosi
sulle
proprie
risorse
finanziarie, professionali e politiche, e di sviluppare gli strumenti locali e non, della democrazia deliberativa”8. Dunque un federalismo che promana “dal basso”; anche perché
è
solo
nella
dimensione
locale
(quartiere,
municipio, piccola città, paese) che si può esprimere compiutamente la democrazia partecipativa attivando tutte le componenti sociali in forme dirette nel processo: la federazione delle componenti sociali in un processo partecipativo locale
su questa ultima fase vedasi: Gangemi 1999
è l’atto costituente primario di un
www.nuovomunicipio.org. Il tema è ripreso e trattato in Gangemi 2006
10
all’obiettivo
costruire le condizioni per lo sviluppo politico e per lo
formazione partecipata delle leggi regionali Municipio, www.nuovomunicipio.org
egoistici
Il problema è stato enunciato con chiarezza da Giuseppe Gangemi nella relazione
Comuni”; insieme alla Regione Toscana ha promosso un coordinamento di 7 regioni sul tema della 6
risvolti
desolidarizzazione verso il separatismo.
Europa Plurale – 1/2007
Europa Plurale – 1/2007
processo federativo ai livelli superiori di governo, fondato sull’applicazione integrale del
Va ad esempio in questa direzione un’idea di “città metropolitana” perseguita come
principio di sussidiarietà.
Per questo motivo, per attivare questi atti costituenti, anche la grande città va scomposta
in unità decisionali a misura della partecipazione di tutti, per poter attivare forme
conviviali di relazione (nel senso sviluppato da Ivan Illich) in cui ciascuno, riferendosi agli ambiti della vita quotidiana, riesca a esprimere e comunicare il proprio stile di vita,
immaginare il proprio futuro e confrontarlo in narrazioni collettive. L’esperienza romana
processo di concentrazione e privatizzazione di servizi, infrastrutture, strutture logistiche
per competere nel mercato globale. In un territorio posturbano di reti e di flussi questa
visione cerca soluzioni ai problemi di crisi/ristrutturazione della metropoli postfordista (o dell’informazione o della conoscenza) concependo la
“modernizzazione” della città
metropolitana come aumento di potenza nella competizione globale. Questa crescita è perseguita attraverso l’inclusione gerarchica di città e territori periferici, la realizzazione
dei municipi come laboratori di democrazia partecipativa (Smeriglio 2006), ha mostrato la
di grandi opere (megainfrastrutture, piattaforme logistiche, alta velocità) e concentrazioni
fertilità di questo approccio. Solo a partire da percorsi decisionali di cittadinanza attiva a
di impresa e finanziarie per la moltiplicazione degli scambi e la velocificazione di merci e
livello della comunità locale è possibile attivare a livelli territoriali più vasti reti non
persone nel mercato mondiale, ricercando lo sviluppo di megafunzioni di produzione, di
e regioni dei comuni
Questo percorso aggregativo di reti e funzioni gerarchiche, di crescita di tecnostrutture e
gerarchiche e sussidiali che siano espressione derivata della democrazia di base: province 9.
Se i Comuni al contrario sono espressione(e/o ostaggi) dei poteri forti, ovvero le politiche
locali sono terminali delle strategie del mercato globale (e i crescenti tagli alla finanza
consumo e di loisir da “città globale”.
mega-apparati finanziari, di privatizzazione di servizi, crea diseconomie, altissimi costi e nuove povertà, esclusione e disintegrazione sociale: per la concentrazione degli
locale acuiscono il problema della dipendenza), le reti di comuni si svuotano di significato,
investimenti in megaopere che precludono gli investimenti nel miglioramento delle
risultando semplici crocevia funzionali di reti globali, oggetto e non soggetto di politiche
condizioni di vita delle popolazioni; per l’atomizzazione e precarietà dei lavori, delle
tese alla concentrazione delle imprese, delle istituzioni finanziarie e commerciali, dei
relazioni, dei consumi; per il continuo processo di dissoluzione delle relazioni sociali e
gruppi immobiliaristi, delle public utilities, nella ricerca di posizionamento verso l’alto
nella competizione globale10.
degli spazi collettivi; per l’aumento dei costi sociali connessi
alla mobilità mondiale e
regionale di merci/persone legate sostanzialmente a fenomeni di dumping salariale e di
dumping ambientale; per l’aumento del degrado ambientale e dei costi sociali e materiali
di riproduzione della vita materiale e di relazione (Magnaghi 2006a). 9
Prendo ad esempio la costruzione della legge regionale toscana sulla partecipazione, in corso dal
convegno del 13 gennaio 2006(Firenze): è impossibile un percorso che coinvolga in un unico ambito
partecipativo la comunità toscana nel suo insieme. Le molte attività multiscalari attivate (convegni
locali e internazionali, workshop, assemblee di quartiere, di comune, di provincia, town meeting, ecc),
hanno visto presenti in gran parte livelli rappresentativi “di secondo grado”, vale a dire testimoni privilegiati di percorsi partecipativi locali già in atto ( nei quali la presenza dei cittadini può concretamente attivarsi) e del fitto sistema associativo e di reti civiche presenti in Toscana. 10
E’ utile a questo proposito un esempio sulla applicazione della legge di governo del territorio della
regione Toscana (LR 1/2005). È la legge che attribuisce totale autonomia di governo del territorio per i
comuni, applicando integralmente il principio di sussidiarietà, fissando a livello regionale criteri e
regole di autovalutazione delle politiche locali. In questo caso se i comuni sono espressione, attraverso forme di democrazia partecipativa, di autogoverno della società locale ( e dunque c’e la garanzia di un
controllo di tutte le componenti sociali sulle azioni di governo) abbiamo una applicazione piena e
positiva del principio di sussidiarietà in chiave neomunicipalista; altrimenti, se il meccanismo
decisionale è quello della proposta di legge nazionale Lupi (i grandi operatori industriali, finanziari e
immobiliari propongono interventi sul territorio i comuni li recepiscono nei piani con varianti, le province adeguano i piani di coordinamento), è chiaro che l’autonomia data ai comuni diviene licenza
di saccheggio del territorio da parte dei poteri forti (Magnaghi, Marson 2005). Gli esempi in Toscana non mancano: da Monticchiello a Pienza, alla Laika a San Casciano, all’Acaquabolla a Montespertoli, al
tessuto diffuso degli interessi immobiliari che guidano il consumo di suolo attraverso lottizzazioni, alle
In sintesi questo modello fondato esclusivamente sulla competizione economica genera un aumento insostenibile dei costi scaricati sulla collettività facendo crescere il divario fra
PIL e benessere, anche nei paesi sviluppati; divario che si risolve in una crescita di povertà
assoluta nel sud del mondo, ma anche di povertà relative nella metropoli occidentale.
In questo percorso la perdita di sovranità dei diversi livelli
11
locale
incrementa
privatizzazioni di servizi e di beni comuni, allontanando sempre più i sistemi decisionali e le macchine finanziarie dai livelli di decisione accessibili ai cittadini. Tuttavia si può dare una seconda visione di città
metropolitana come rete federata policentrica di città,
ognuna delle quale espressione di autogoverno della propria cittadinanza attiva, in cui i governi locali hanno come obiettivo competitivo la felicità pubblica, attraverso
la gestione sociale dei beni comuni, il riequilibrio fra crescita
economica
e
benessere,
attraverso
la
valorizzazione delle peculiarità dei propri giacimenti
grandi opere per l’alta velocità a Firenze, agli inceneritori nella piana, gli ipermercati, le multisale, le espansioni immobiliari mascherate da interventi produttivi e sociali, ecc
dell’amministrazione
ulteriormente una spirale perversa di concentrazioni e
12
Si può dare una seconda visione di città metropolitana come rete federata policentrica di città, ognuna delle quale espressione di autogoverno della propria cittadinanza attiva
Europa Plurale – 1/2007
patrimoniali in forme lente e autoriproducibili11.
La ricostruzione della civitas in questa visione richiede azioni di risanamento e riqualificazione delle città e delle reti attraverso la cura delle malattie da
ipertrofia,
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dell’autogoverno, ovvero il campo politico, economico, sociale e culturale, in cui si collocano, alle scale appropriate delle azioni, i quattro livelli proposti da Marc(1986):
autonomia/autodeterminazione,
cooperazione
Alexander
conflittuale,
congestione, degrado della qualità della vita e del benessere per la produzione di
adeguamento/sussidiarietà, partecipazione /organizzazione policentrica.
ricchezza durevole; e la riorganizzazione dei territori delle regioni urbane in reti solidali
Non si federano strutture clonate dal centro, che parlano tutte la stessa lingua, omologata
non gerarchiche di città, ciascuna in equilibrio con il proprio ambiente. Le politiche
dalle leggi del mercato mondiale.
strategiche di questa visione riguardano la ricostruzione dello spazio pubblico, la
riconnessione multifunzionale della città con il proprio territorio agricolo (chiusura locale
Autogoverno locale dei beni comuni e federalismo dal basso
dei cicli delle acque, dell’alimentazione, dei rifiuti, la riqualificazione delle reti ecologiche,
I municipi che si federano a partire dagli obiettivi di crescita della cittadinanza attiva per
la produzione locale di energia, l’attivazione di reti corte di produzione e consumo, ecc),
l’autogoverno del proprio futuro, si candidano ad esplicitare trasformazioni del modello di
valorizzazione delle identità urbane, paesistiche, culturali locali. Una città metropolitana
sociale, la valorizzazione dei patrimoni ambientali, territoriali e culturali in funzione
di questo tipo non porta i propri abitanti nel baratro della globalizzazione del nulla, della
dell’elevamento del benessere.
la crescita della qualità dei nodi urbani nel contesto ambientale e rurale di riferimento, la
disastrosa corsa verso il basso (Brecher e Costello 1996): sviluppa energie propositive di scambi solidali e non gerarchici con il resto del mondo, in quanto sviluppa autonomia (culturale, economica energetica, ambientale), stili di vita originali, scambio di beni peculiari e irripetibili. I municipi che si muovono in questa direzione acquistano la forza per praticare queste
Se il comune è espressione della cittadinanza attiva esso è infatti in grado di esercitare autogoverno, e dunque federare entità territoriali socioeconomiche e culturali, dotate di identità, peculiarità, diversità
11
strategie se si fanno portatori istituzionali degli interessi
Estendendo il concetto di cittadinanza attiva dalla rivendicazione di diritti alla produzione sociale di valori d’uso, dal conflitto alla produzione diretta del proprio ambiente di vita, a partire dalla produzione dei beni comuni di vicinato (Gorz 1994), è possibile superare la dicotomia fra uso pubblico e uso privato del territorio e del governo dei
suoi beni
patrimoniali, reintroducendo il concetto “terzo” di uso comune di molti di questi beni.
Questo uso comune dovrebbe riguardare molte componenti territoriali e sociali che sono
collettivi della comunità locale, emergenti da forme di
in via di privatizzazione e di sottrazione alla fruizione e alla gestione collettiva: oltre
democrazia partecipativa ai livelli locali adeguati come
all’acqua, l’energia, la salute, l’informazione, l’alimentazione, anche le riviere marine,
pratica ordinaria di governo; allora il federalismo dal
lacustri e fluviali, molti paesaggi agroforestali semplificati, degradati e recintati, molti
basso, la costruzione di reti sussidiali di città a diversi
spazi pubblici urbani (sostituiti da parcheggi, supermercati e centri commerciali); gli spazi
livelli territoriali, esprime la necessaria messa in comune
aperti interclusi della città diffusa, delle villettopoli e della disseminazione dei capannoni
dei problemi, delle pratiche, delle soluzioni di problemi
strategici citati alla giusta scala territoriale, senza perdere
il filo conduttore dell’autogoverno municipale. Se il
industriali, le gated communities e le città blindate, i paesaggi degradati e anomici delle periferie urbane, la ricca rete della viabilità storica (sostituita dai paesaggi semplificati delle autostrade e superstrade) e cosi via: in una parola il territorio.
comune è espressione della cittadinanza attiva esso è
A tutti questi luoghi sociali
del territorio “erosi”,
infatti
in grado di esercitare autogoverno, e dunque
recintati,
privatizzati,
che
federare entità territoriali socioeconomiche e culturali,
praticano
la
dotate
questo
ordinaria di governo, federandosi in ambiti territoriali
percorso la federazione non gerarchica di città dovrebbe
coerenti con la scala dei problemi, restituiscano il valore
di
identità,
peculiarità,
diversità.
In
affrontare, come sostiene Lanfranco Nosi (2005), in ogni suo
nodo
municipale,
la
complessità
dei
campi
occorre
democrazia
i
municipi
partecipativa
come
che
forma
statutario di bene comune, dotato di autonomia rispetto
ai beni privati e pubblici; e che individuino forme di gestione collettiva e comunitaria che consentano di
“questo registro identitario non punta sull’adeguamento passivo all’ordine mondiale, ma piuttosto
sulla centralità del territorio locale….è un registro fatto di molte identità locali non ancora sacrificate sull’altare della velocità e della competizione dei flussi e delle reti; che fa proprio l’elogio della lentezza
e si realizza nella costruzione di uno spazio più conviviale che conflittuale. In questa ottica riesce a recuperare in maniera più pertinente e duratura l’idea di sostenibilità, senza tuttavia escludere il mercato.” (Quaini 2006)
sviluppo verso l’autosostenibilità, l’equità, l’elevamento del benessere individuale e
13
riprendere il significato e i principi (non necessariamente la
forma
storica)
degli
usi
civici.
Questi
principi
riguardano: l’esistenza della comunità che è costituita da
una pluralità di
abitanti/produttori di una collettività
territoriale che, in molte forme possibili, si associano per 14
E’ possibile superare la dicotomia fra uso pubblico e uso privato del territorio e del governo dei suoi beni patrimoniali, reintroducendo il concetto “terzo” di uso comune di molti di questi beni
Europa Plurale – 1/2007
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esercitare una cura e un uso collettivo dei beni patrimoniali della società locale; la finalità
favorirebbe una trasformazione politica generale, contenendo i processi di privatizzazione
per la fruizione pubblica in generale; l’affermazione di proprietà e forme d’uso collettivo
salvaguardia dei beni stessi e della valorizzazione del patrimonio civico, come condizione
non di profitto, ma di produzione di beni, servizi e lavoro per i membri della comunità e
dei beni, che, in quanto tali, conformano le attività di ogni attore allo scopo comune della
conservazione e valorizzazione del patrimonio (Nervi 2003), della salvaguardia e
e mercificazione dei beni comuni e riattribuendo all’ente pubblico territoriale il ruolo di imprescindibile
dell’autogoverno dei fattori di produzione e riproduzione del proprio
territorio.
valorizzazione ambientale, paesistica, economica del patrimonio stesso in forme durevoli e sostenibili (autoriproducibilità della risorsa).
Dai comuni alle regioni, all’Europa: costruire un percorso “multilivello”denso di reti solidali
La democrazia partecipativa in questo percorso ha il ruolo di valorizzare il “saper fare”
Si sta verificando, a partire dai processi partecipativi locali uno straordinario processo di
sociale, indirizzando il produrre, l’abitare, il consumare verso forme relazionali, solidali,
costruzione di reti che vanno assumendo il ruolo di far uscire le singole esperienze dal
pattizie e comunitarie, sviluppando reti civiche e forme di autogoverno responsabile delle
localismo “Nimby”, verso la capacità propositiva di trasformazione del concetto di
forme energetiche alternative obbligano a pensare ad un modello decentrato, distribuito e
rete” … fa parte del tentativo di molte esperienze locali di non rinchiudersi nella
differenziato nel territorio, un uso di diffuse e contenute sorgenti alternative, una gestione
dimensione localistica e autocentrata, ma di costruire a partire dal proprio frammento un
oculata e comunitaria delle acque, un governo locale (federato?) dell’acqua e della
disegno comune di trasformazione e di innovazione sociale e politica” (Marcon 2006). La
produzione energetica, del suo uso” (Molinari 2005).
costruzione di reti solidali allude a un precorso federativo che pur non negando le
Il problema principale
peculiarità dei luoghi, dei percorsi partecipativi, degli obiettivi, fa maturare nel confronto
comunità locali. Per esempio, come scrive Emilio Molinari, “il governo dell’acqua e delle
di questa prospettata inversione di tendenza dei processi di
privatizzazione e mercificazione dei beni comuni è infatti che non si può dare una gestione del territorio come bene comune se esso è gestito da una sommatoria di interessi individuali in una società individualistica di consumatori12. E’ necessario dunque
E’ necessario che esistano forme di reidentificazione collettiva con i giacimenti patrimoniali, con l’identità di un luogo
che esistano forme di reidentificazione collettiva con i
interesse pubblico e di progettualità alternativa. Come scrive Giulio Marcon “Il “mettersi in
e nella relazione non gerarchica, strategie generali di interesse comune. Qualche esempio:
la rete notavnopontenomose, (che riguarda comuni, associazioni, comitati, laboratori
universitari) oltre a far maturare nelle popolazioni locali la “coscienza di luogo”, ovvero percorsi identitari di
dell’ambiente locale che alludono ad una diversa progettualità territoriale, propongono
che sia agevolato un
temi più generali come l’abolizione della Legge Obiettivo, la ridiscussione del ruolo e della
attraverso
cambiamento politico-culturale
processi di democrazia partecipativa
che
domanda di mobilità delle merci e dei relativi corridoi strategici, il rapporto fra grandi
ricostruiscano propensioni al produrre, all’abitare, al
infrastrutture e territori attraversati; il Nodo Sud della Rete del Nuovo Municipio pone, a
consumare in forme relazionali, solidali e comunitarie .
partire da vertenze territoriali specifiche, problemi generali per il passaggio concettuale
13
L’introduzione di questo terzo attore comunitario nella gestione e governo del territorio (attraverso la proprietà
collettiva e la gestione comunitaria di beni comuni),
da un ‘Europa continentale ad una visione euromediterranea: questo allargamento geografico, costituisce l’occasione per un cambiamento di concezione degli orizzonti strategici, da una visione della competizione incentrata sull’economicismo neoliberista
avviato nel 2000 a Lisbona, verso un ruolo dell’Europa fondato sul riconoscimento di una cultura
12
“fondamentali sarebbero, ove venisse attuato il ruolo della pianificazione paesistica, la tutela e la
valorizzazione della proprietà collettiva….sono proprio le terre collettive a evidenziare che nessun funzionamento, normativa, azione di controllo, riuscirebbero a gestire correttamente l’uso sociale del territorio in assenza di consapevolezza da parte dei residenti e quindi di impegno da parte delle amministrazioni comunali” (Federico 1995) 13
reidentificazione con i valori patrimoniali del territorio e
giacimenti patrimoniali, con l’identità di un luogo, ovvero
Il processo partecipativo deve consentire di avviare processi di trasformazione di produttori alienati
e atomizzati, consumatori passivi, appendici della democrazia televisiva, in cittadinanza attiva in grado
di associarsi per la gestione e la produzione dei beni comuni, di decidere sul futuro delle città, di ricomporre le figure di produttore, abitante e consumatore ricostruendo identità comunitarie e relazioni sociali capaci di autogoverno nel progettare collettivamente il futuro e nel praticarlo.
L’homo civicus si da in una società civile che si associa e si occupa, attraverso un patto fra individui,
gruppi, rappresentanze di interessi, della cosa pubblica.
15
sociale e identitaria più complessa, che, come propone Tonino Perna si alimenti
della molteplicità delle culture mediterranee entro “principi che riconoscano gli stili di vita, le culture locali, le religioni, le culture dell’ospitalità, dell’amicizia, del dono, del meticciato fra culture e etnie diverse, che il mediterraneo incarna come patrimonio di millenni di scambi fra nord e sud” ( Perna 2005). Posso ancora fare esempi di “embrioni” di municipalismo federato che procede dalle
forme più varie del “far rete” dei comuni: i coordinamenti delle Agende 21, che tendono ad
unificare sul territorio i percorsi partecipativi entro strategie più generali di valorizzazione ambientale e territoriale (è il caso ad esempio del coordinamento delle Agende 21 in Val di Cornia (alta Maremma) che è confluito in un coordinamento dei piani strutturali della valle da parte dei comuni; il Coordinamento nazionale degli enti locali per la pace che, 16
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oltre a costruire sensibilità contro la guerra e per il disarmo, ha prodotto la crescita delle
ragionare in modo concreto sulla partecipazione come tema non settoriale, che induce al
politiche di cooperazione decentrata; obiettivo perseguito anche dalla Rete dei comuni solidali (Recosol); la Rete delle città dell’asilo che promuove forme locali di pratiche di accoglienza; la Rete dei comuni virtuosi che propone altre economie solidali, finanza etica, consumo responsabile; la Rete delle città slow che propone regole del “ben vivere” fondate
cambiamento delle forme della politica e del governo.
Se ci riferiamo poi al livello delle reti di città a livello europeo è urgente avviare una
rappresentazione dei nodi, delle reti e delle relazioni che caratterizzano lo spazio
europeo; in questa rappresentazione andrebbe fatta maggiore attenzione denotativa non
sulla develocificazione, attraverso un rinnovato rapporto con i valori territoriali e
solo ai progetti istituzionali (quali INTERREG, URBAN, URBACT, oltre a URBAL o ASIA URBS
dell’ospitalità, che presume un’economia al servizio della comunità; le Reti intermunicipali
che guardano anche al rapporto con altre città' di altri continenti14, ecc), e alla
per la gestione dei servizi pubblici; le azioni dell’Anci e di altre associazioni
sull’estensione del diritto di voto agli stranieri extracomunitari residenti, e per il diritto di
riqualificazione dei
sistemi urbani policentrici che caratterizzano molte politiche
metropolitane europee (Magnaghi, Marson 2004) ma anche a tutte quelle reti di città, di
asilo; la Rete dei comuni per il bilancio di genere e per un welfare municipale comunitario;
sistemi territoriali locali che si sono andate costituendo su
alimentari locali contro processi di omologazione e deterritorializzazione dei prodotti
competitivo, finalizzate cioè ad elevare il rango delle città
operati dall’industria alimentare e dalle tendenze liberiste dell’UE, e cosi via.
piccole e medie nella competizione economica globale
Ma giova ancora ricordare che il percorsi di rete hanno investito recentemente i livelli
(anche se queste hanno avuto un grande sviluppo e
provinciali di governo (ad esempio le Province coordinate nella Rete del Nuovo Municipio
determinano politiche sovranazionali)15, ma sono anche una
sui temi partecipativi e sull’elaborazione di nuovi ruoli delle “province dei comuni” e le
molteplicità crescente
proposte di moltiplicazione dei Circondari) e i livelli delle Regioni. Ad esempio la rete delle
solidali, coordinando azioni locali, a livello europeo e
regioni formatasi sul problema dei
(Bari 2005), o sulla applicazione di forme di
mondiale, in campo sociale, culturale, ambientale, dei
confronto delle esperienze delle diverse regioni coordinate su questo tema dalla Regione
livello comunale e regionale, della pace, di cui riporto in
Toscana (in occasione della preparazione della legge regionale sulla partecipazione)
nota una prima classificazione16, destinate a creare nuovo
la Rete dei comuni aderenti a DE.CO per la valorizzazione e la certificazione dei prodotti
CPT
democrazia partecipativa alla formazione delle leggi regionali (Firenze 2006). Dal
emerge che è già avviata l’organizzazione di processi partecipativi (oltre che concertativi)
nell’attività legislativa e promozionale di molte regioni. Queste iniziative spaziano dai sevizi regionali alle agende 21, al piano energetico e territoriale (Friuli-Venezia Giulia),
Si sta profilando, anche se ancora con uno scarto enorme fra enunciati e realizzazioni, una linea di sviluppo della democrazia partecipativa come forma ordinaria di governo dal municipio all’attività legislativa regionale
alle politiche sui migranti, sullo spettacolo, sui bilanci di genere e sociali (Abruzzo), al governo delle coste e alle politiche
giovanili
(Puglia),
alla
programmazione
strategica e economico-finanziaria (Puglia, Lazio), sul reddito sociale, sulla pace, sulle politiche di genere, sui migranti, sull’uso terapeutico della marijuana (Lazio), al piano territoriale regionale (Emilia Romagna). Si sta cioè profilando, anche se ancora con uno scarto enorme fra enunciati e realizzazioni, una linea di sviluppo della
democrazia partecipativa come forma ordinaria di governo dal municipio all’attività legislativa regionale, investendo
i
principali
temi
del
governo
sociale,
economico, ambientale del territorio. Il fatto che in molte regioni la partecipazione sia intesa non solo some
concertazione, ma anche come investimento diretto della cittadinanza
su
tematiche
importanti
permette
di 17
base volontaria. Queste reti non sono solo di tipo
di reti che promuovono politiche
processi partecipativi, della cooperazione decentrata a
Se ci riferiamo al livello delle reti di città a livello europeo è urgente avviare una rappresentazione dei nodi, delle reti e delle relazioni che caratterizzano lo spazio europeo
protagonismo municipale nel contesto decisionale europeo. 14
Il rischio insito dentro molte reti nate da progetti europei è il ‘tempo determinato che caratterizzava
la loro esistenza’. Per farvi fronte molte città' si sono trovate unite in Reti permanenti a carattere
volontario, con il nuovo rischio di motivazioni lobbistiche sulla UE per ottenere nuovi fondi piuttosto che la condivisione ideale di un disegno o di un approccio olistico alla rigenerazione urbana. 15
Ciò è testimoniato dal fatto che “la grande maggioranza di reti di città si occupa di progettazione,
ossia è in grado di sviluppare progetti e avviare interventi” (Perulli 2004). L’evoluzione europea dei modelli di reti di città che affiancano nelle politiche e sovente si sovrappongono agli stati nazionali,
sono molteplici: dalle reti funzionali per i piani strategici ( ad es. Barcellona, Lione), alle più di
cinquanta reti europee, sovente monotematiche, sui temi della cultura, delle grandi infrastrutture, dell’
ambiente, del turismo,
dello sviluppo locale, ecc. Tuttavia se lo scopo delle reti è unicamente la
competizione economica, oltre ai noti fenomeni di polarizzazione sociale, che investono anche le “città
globali”, si hanno anche processi di forte gerarchizzazione urbana in poche città. “La gara per entrare in questo “club ristretto ha visto finora pochi vincitori e molti perdenti” (Dematteis 1997), in una “disastrosa corsa verso il fondo” (Brecher e Costello 1996), svantaggiando appunto le città periferiche rispetto al cuore continentale come Napoli, Palermo, Atene, Lisbona, per non parlare del sud del mondo. 16
Qualche esempio di reti solidali di città europee e mondiali: Eurocities; la rete di Comuni
dell’Alleanza per il clima; la Rete delle Città Educative; la Rete FAL nata a partire dal Forum delle Autorità locali per l’inclusione locale di Porto Alegre ed oggi strutturatasi anche in Commissione sulla
Democrazia Partecipativa e l’Inclusione Sociale (CISPD) in seno all’Unione Mondiale delle Città e dei
18
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L’elenco è ormai esponenziale e costituisce un reticolo molto interessante perché va molto
potenzialità presenti nella base culturale ed economica delle città del Mezzogiorno”
oltre le semplificazioni delle figure territoriali rappresentate nelle mappe ufficiali e che
possiamo interpretare come un progetto in fieri di una “geografia dal basso” dell’Europa dei Comuni e delle Regioni, leggibile in filigrana rispetto all’Europa degli stati. Si profila in
altri termini un nuovo protagonismo delle città che non solo modifica la geografia dello
(Dematteis 1997).
In queste prospettive una “costituzione federalista dei cittadini europei” che superi l’attuale distanza percepita sia dal testo della costituzione che dalle modalità della sua elaborazione, potrebbe nascere a partire dal federalismo dal basso di reti di città a fini
spazio europeo verso un’alta densità di relazioni multipolari, ma può modificarne i
solidali. Come scrive Umberto Allegretti “La forma della rete come forma di relazione
contenuti costituzionali e il sistema decisionale. Il discorso sullo Spazio Europeo e sulla
prioritaria fra più centri operativi consente di passare da una società di Stato a una
costituzione
nasce in fondo da un dialogo fra gli stati, mentre queste reti che già
multilivello” (Allegretti 2005); mettendo in valore queste energie costituenti “dal basso”
operano, hanno i loro programmi, i loro obiettivi e potrebbero rappresentare una
l’Europa si potrà dotare di un progetto identitario autonomo che superi il suo status
geografia anche parzialmente diversa rispetto a quella istituzionale (Magnaghi 2006b).
attuale di crocevia di potenze economico-miltari globali,
l’Europa degli stati nazione (la cui costituzione è già in crisi), può prospettare nuovi
alternativa rigida: o dotarsi delle risorse e strutture per una
orizzonti programmatici e di ruoli arricchendo i sistemi decisionali attraverso forme di
vita autonoma o diventare appendice di un occidente che
Quindi l’Europa delle Regioni (Euroregioni) e dei Comuni,
affiancandosi e integrando
federalismo municipale solidale.
affrontando il bivio posto da Marco Tarchi ”l’Europa ha una
farà altrove le sue scelte, trascinandola con la forza o per
L’Europa delle regioni e delle città proiettata in una visione euromediterranea, oltre a
inerzia al servizio dei propri interessi” (Tarchi 2005). Il
configurare in uno scenario diverso il rapporto fra competizione e cooperazione,
punto di partenza non è confortante se, come sostiene
sviluppando attraverso il riconoscimento multiculturale, reti di economia solidale,
Isidoro Mortellaro, “ la sua presenza (dell’Europa) oggi nel
attribuirebbe all’Europa
un protagonismo diretto sui temi della pace e del co-sviluppo
mondo non mostra capacità alcuna di determinare o
soprattutto per quello meridionale, la creazione di una zona di scambio e di cooperazione
di indicare una via altra da quella che, stressando
economica e tecnologica con paesi terzi mediterranei
significherebbe “passare da una
rovinosamente il pianeta, lo dispone in un dumping
posizione di margine a una di “ponte” verso i sistemi urbani dell’arco mediterraneo e
planetario a detrimento dei diritti dell’umanità e della
orientale…come precondizioni per sviluppare e trasformare in valori esportabili alcune
vivibilità generale” (Mortellaro 2005)
nei rapporti fra mediterraneo, africa e medioriente. In particolare per il sistema italiano, e
influenzare la corsa con isuoi tassi di crescita, tanto meno
Il federalismo municipale solidale, che valorizzi ed estenda il complesso sistema “multilivello” di reti solidali di città Governi Locali (CGLU), la rete della campagna europea delle città sostenibili, sviluppatasi nell’ambito
presenti
città e gruppi organizzati di abitanti in una discussione che parte dalle esperienze di esperienze di
ancorandosi ad una definizione “ad alta risoluzione “
dei processi di Agenda 21, il network Démocratiser radicalement la démocratie che coinvolge alcune
bilancio partecipativo; la Rete dei delle Città' Sane; lo European Green Cities Network (EGCN) e l’Edge
Cities Network; la Rete delle città europee legate al FALP (il Forum delle Autorita’ Locali della Periferia), la Rete dei Sindaci contro l’Accordo di Privatizzazione dei Servizi (AGCS); lo European Urban Knowledge Network (EUKN); la Rete ‘Living Labs Europe’; il Car Free Cities Network; La Rete dei firmatari della
nel
territorio
concettuali e operative
europeo
è
una
delle
chiavi
per dare risposte a queste sfide
identitaria e sociale dello spazio europeo17: un concetto di Europa che si fondi sulla valorizzazione delle peculiarità delle culture e dei giacimenti patrimoniali locali, attivando
Carta dei Diritti Umani nella città; il Réseau des villes de proximité (APPELLA - 2002); la Rete Megapoles
un principio di cittadinanza europea che trovi le sue radici
Local Government Network(NLGN); la rete dei comuni dell’Agenda 21 della cultura (Barcellona); la
ciascuna con forme di democrazia partecipativa come
(1997); il Cooperation Network of European Medium-Sized Cities; la Rete Cities of Tomorrow e il New
nella federazione di regioni e di città autonome organizzate
FEDENATUR; l’organizzazione delle città patrimonio dell’Umanità (OVPM); la rete europea per lo
forma ordinaria di governo.
sviluppo rurale (ELARD); Mayors for peace e la Association of Peace Messenger Cities, che - a partire
Un concetto di Europa che si fondi sulla valorizzazione delle peculiarità delle culture e dei giacimenti patrimoniali locali, attivando un principio di cittadinanza europea che trovi le sue radici nella federazione di regioni e di città autonome organizzate ciascuna con forme di democrazia partecipativa come forma ordinaria di governo
dalla loro scala internazionale – in Europa agiscono con le loro campagne come occasione di contatto
tra le singole reti nazionali di Enti locali per la Pace, e per il disarmo nucleare; la rete di città aderenti
“Non sarà “il popolo in piazza” a elaborare la Carta Costituzionale, ma certo occorre uno spazio
alla Carta di Aalborg, quella delle città' aderenti alla Carta di Aarhus; la Rete delle Città e delle Regioni
17
per l’Economia Sociale (REVES); il Network of European Cities for Local Integration Policies for Migrants
pubblico in cui le rappresentanze democraticamente e lette e i/le cittadini/e possano discutere e
(CLIP); la Coalizione Europea delle Città contro il Razzismo; La Rete di Città amiche dei bambini e delle
decidere: una costituzione non può essere il frutto di un trattato fra stati. Sarebbe un’ulteriore
bambine; il Network of European Cultural Capitals; e cosi via.
19
inaccettabile fuga dalla democrazia”. (Russo 2005)
20
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Sguardi sul Federalismo - 2 LE IDENTITÀ LOCALI NELL'ERA GLOBALE: IL FEDERALISMO ANTIDOTO AL TOTALITARISMO* del
federalismo.
Credo
che
il
Alain De Benoist
modo
stesse
fondamenta,
ovvero
moderno, ovvero dello Stato-nazione. Si tratta di un'ideologia che punta a far coincidere in modo rigoroso, a rendere paritetiche su uno stesso territorio, l'unità politica e l'unità
culturale, linguistica o etnica, per mezzo dell'azione di un potere centrale titolare di una sovranità esclusiva, depositario dell'interesse di tutti e rappresentante unico dell'insieme dei cittadini. Questa inclinazione all'unità non può che portare a considerare lo Stato e la nazione, la cittadinanza e la nazionalità come dei sinonimi. Benché il termine "giacobinismo" faccia senza dubbio allusione all'operato del Club dei Giacobini all'epoca della Rivoluzione francese, la concezione sottostante è molto più datata. Essa appare infatti con l'Ancièn Regime, e in particolare con la comparsa nel XVI secolo, grazie a Jean Bodin (1520-1596), di una nuova teoria della sovranità. Mentre nel
Medio Evo l'autorità sovrana rappresentava solamente l'autorità dalla competenza più vasta, quella alla quale faceva capo il potere ultimo di decisione, con Jean Bodin la sovranità diventa la facoltà per il principe di porsi al di sopra della legge positiva (legibus solutus), di averne il monopolio e di disporne a suo piacimento. Tale concezione si ispira all'assolutismo papale (e, prima ancora, al modello dell'onnipotenza divina), e si accompagna, d'altra parte, alla del
dritto
Il sovrano, infatti, non solo non è tenuto alla reciprocità del contratto, poiché non ne ha
loro sovranità a suo favore, egli non dipende da nessuno e si pone in questo modo al di
Storicamente il giacobinismo corrisponde alla forma più estrema dell'ideologia dello Stato
diffusione
così le basi dell'assolutismo per diventare poco a poco sinonimo di potere illimitato.
legittimità proviene dal fatto che gli altri associati hanno volontariamente rinunciato alla
l'ideologia
giacobina.
Storicamente il giacobinismo corrisponde alla forma più estrema dell'ideologia dello Stato moderno, ovvero dello Statonazione
persona e nel corpo del re. A partire da questo momento, i gruppi sociali non saranno
nella posizione di colui che può esigere da ciascuno un'obbedienza totale. Dato che la sua
definire innanzitutto ciò cui il federalismo si oppone sue
dispersione della sovranità, succede quindi un blocco monolitico che si riassume nella
preso parte, ma, avendo ricevuto il suo potere dalla volontà razionale di tutti, si trova
migliore di soddisfare questa richiesta sia quello di nelle
della società. Al pluralismo medievale, caratterizzato dai rapporti di sudditanza e dalla
altro che organi passivi della Repubblica. La concezione bodoniana della sovranità getta
Sono stato invitato a venire ad esporvi i principi essenziali
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Sovrano e rappresentante sono una sola persona, poiché lo Stato incarna tutti i mèmbri
romano
a spese
del diritto
consuetudinario. Essa porta con sé una nuova teoria della rappresentanza politica, che d'ora in poi agirà come un
fattore di unità ed omogeneità. Il principe, lungi dall'essere un delegato o un esecutore, riassume in sé tutti i corpi intermedi.
sopra dei diritti e delle leggi. Il popolo, infine, non può opporglisi poiché, non essendo egli in debito con nessuno, non può essere privato della sua autorità. Meglio ancora, il principe è il solo la cui libertà illimitata derivi dallo stato di natura nel quale egli è rimasto. La sua sovranità è dunque tanto indivisibile quanto assoluta, è istituita come profondamente unitaria e si identifica con lo Stato, essendo ogni divisione o frammentazione del potere interpretata a priori come causa di instabilità e di divisione politica.
Nel 1789 la Rivoluzione francese da per la prima volta un significato politico all'idea di nazione abolendo gli ordini dell'Ancien Regime, ma conserva, esasperandola, la stessa tendenza al centralismo, la stessa concezione della sovranità. Essa si limita a trasferire alla nazione le prerogative del principe e l'unità indivisibile che al tempo della monarchia assoluta si attribuivano alla persona del re. L'ossessione dell'unità è più forte che mai. «L'unità è il nostro principio fondamentale, l'unità è la nostra difesa antifederalista, l'unità è la nostra salvezza», non smetteranno di ripetere Saint-Just e Robespierre. L'idea di nazione, pensata come un essere unitario e trascendente la cui unità
e la cui indivisibilità sono
necessariamente indipendenti da ogni principio esteriore, finisce allora per comprendere la nozione di popolo fino a sostituirvisi, inaugurando una tradizione che, a partire da questo momento, il diritto pubblico di molti paesi non ha più smesso di tramandare. Infine, la concezione rivoluzionaria della sovranità rende sinonimi nazionalità e cittadinanza: d'ora in poi non c'è più un membro della nazione che non sia cittadino (salvo privazione dei suoi diritti civili) né cittadino
che non sia membro della nazione. Il popolo è talmente *
Estratto dagli atti del convegno "le Identità locali nell'era globale" 15/10/2005 Varese a cura della
rivista L'insorgente - Traduzione italiana di Giangiacomo Vale. Si ringrazia Sergio Terzaghi per la gentile concessione alla pubblicazione.
23
«indivisibile» e unitario da essere divenuto una semplice astrazione, e questo è il motivo per cui la Francia, ancora oggi, non è uno Stato federale e non può riconoscere 24
Al pluralismo medievale, caratterizzato dai rapporti di sudditanza e dalla dispersione della sovranità, succede un blocco monolitico che si riassume nella persona e nel corpo del re
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l'esistenza di un popolo corso o bretone.
È esattamente a questa concezione che si oppone il federalismo, i cui fondamenti sono il
concezione della sovranità quale «potere assoluto ed eterno» di una repubblica fonte di
democrazia diretta, il riconoscimento dei corpi intermediari delle identità collettive e delle
tutti i diritti e doveri del cittadino. La sovranità dei giacobini non ha più restrizioni di
comunità.
quella di Jean Bodin. I rivoluzionari denunciano il «federalismo» impiegando gli stessi
Il sistema federalista si caratterizza come un sistema di unità politiche strettamente
Così, tanto durante la Rivoluzione che durante l'Ancien Regime, ritroviamo la stessa
principio di sussidiarietà (o di competenza sufficiente), la ripartizione della sovranità, la
termini usati dalla monarchia assoluta quando ad esempio accusava i protestanti di voler
intrecciate, cooperanti e reciprocamente stimolantesi. Il federalismo è infatti il solo
«cantonizzare» la Francia sulla falsariga della Svizzera. Essi lanciano anatemi e lottano
sistema nel quale il governo centrale condivide le differenti competenze costituzionali e
contro i particolarismi locali nello stesso modo in cui il potere reale si sforzava in tutti i
legislative con le collettività sulle quali ha autorità, facendo in modo che tali competenze
modi di ridurre l'autonomia dei feudatari. Per legittimare la giustizia rivoluzionaria, essi
si esercitino al livello più basso possibile. I suoi tre principi fondamentali sono
avanzano gli stessi argomenti usati da Richelieu alle prese con la difesa del potere
l’autonomia, la partecipazione e la sussidiarietà.
reale, non certamente rifiutandolo, ma trasferendo alla nazione le prerogative assolute
partecipazione permette ad ogni livello di collaborare alla fase
del re.
sussidiarietà permette di far valere in ogni caso la presunzione di competenza in favore
L'esigenza della rappresentanza unica che fa capo alla nazione politica (una sola
del livello più vicino agli interessati.
assemblea deve rappresentare tutti i cittadini) implica che non potrebbero esserci leggi
Questo sistema implica una concezione della sovranità che è antitetica a quella di Jean
particolari che si applicano ad un gruppo specifico; non ci sono che leggi generali, che si
Bodin, e che è quella che è stata esposta, agli inizi del XVII secolo, da Johannes Althusius
arbitrario del principe. Con la Rivoluzione la sovranità nazionale si oppone all'assolutismo
applicano a tutti gli individui al di là delle loro caratteristiche specifiche. La nazione si identifica allora non più con il popolo o con la società, ma con lo Stato. È costituita dallo Stato, e lo Stato coincide con essa.
Il principio moderno della cittadinanza non tiene dunque conto di lingua, cultura,
La modernità politica bandisce gli elementi etnici e culturali dalla sfera politica e li confina nella società civile. È così che le minoranze si trovano private di ogni statuto politico, ed è questo il motivo per cui la generalizzazione del principio dello Statonazione si concretizzerà un po' dappertutto nell'oppressione delle minoranze
L’autonomia permette ad ogni collettività di conservare il massimo di libertà d'azione. La
nella sua opera principale, la Politica methodice digesta (1603).
Avversario di Bodin, Althusius (1557-1638), fondandosi su Aristotele, descrive naturalmente
la gente sia fatta in un certo modo e non altrimenti.
reciprocità (ciò che chiama la comunicazione dei beni, dei
Tale principio riposa sulla «eguaglianza» degli individui
servizi e dei diritti). La scienza politica consiste per lui
nel solo ambito del sistema politico, mentre tutto ciò
nel descrivere metodicamente le condizioni della vita
che li differenzia viene confinato nella sfera privata.
sociale, da cui il nome di «simbiotica», che usa per
Considerate
come
contingenti,
minori,
se
non
incline
l'uomo come un essere sociale,
credenza, sesso ecc., insomma di tutto ciò che fa sì che
alla
mutua
solidarietà
e
alla
descrivere la sua posizione.
addirittura illusorie, le differenze culturali e le identità
Contestando
insignificanti e sono tollerate alla sola condizione di
«simbiotici»), e che si costituisce attraverso una serie di
rimanere invisibili o prive di effetti nella sfera pubblica.
patti politici e sociali conclusi successivamente, risalendo
La dottrina ufficiale è da questo momento in poi quella
dalla base, da parte di una moltitudine di associazioni (o
dell’assimilazione, ovvero quella dello sradicamento-
«consociazioni»)
digestione:
pubbliche
collettive
vengono
l'Altro
viste
deve
come
diventare
politicamente
l'Identico.
La
l'idea
di
un
individuo
autosufficiente,
afferma che la società ha il primato sui suoi membri (o
e
autonome,
private:
naturali
famiglie
e
ed
istituzionali,
dinastie,
leghe
e
modernità politica bandisce gli elementi etnici e
corporazioni, comunità civili e collegi secolari, città e
culturali dalla sfera politica e li confina nella società
province etc. Queste «consociazioni» si incastrano le une
civile. È così che le minoranze si trovano private di ogni
nelle altre in un ordine che va dal più semplice al più
generalizzazione del principio dello Stato-nazione si
in qualità di atomi individuali, ma come membri di una
concretizzerà un po' dappertutto nell'oppressione delle
comunità già esistente, che non abbandona mai la
minoranze.
totalità dei suoi diritti a beneficio di una società più
statuto politico, ed è questo
il motivo per cui la
25
complesso. Gli individui contrattano ad ogni livello, non
26
decisionale. La
Il sistema federalista si caratterizza come un sistema di unità politiche strettamente intrecciate, cooperanti e reciprocamente stimolantesi. Il federalismo è il sistema nel quale il governo centrale condivide le differenti competenze costituzionali e legislative con le collettività sulle quali ha autorità, facendo in modo che si esercitino al livello più basso possibile
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vasta.
solamente dei diritti che le sono inerenti.
differente da quello che le è riconosciuto nel pensiero contrattualista liberale: il contratto
Ispirandosi sia al modello imperiale delle antiche "libertà" comunali germaniche, che ai
sociale non è per lui un atto unico risultante dal libero gioco delle volontà individuali, ma
criteri di funzionamento delle associazioni mutualistiche e cooperative delle vecchie città
Althusius dà in questo modo alla nozione di rappresentanza un senso totalmente
un'«alleanza» (foedus), che integra in un processo continuo di comunicazione «simbiotica»
Di conseguenza, la sovranità non è assoluta, ma è al contrario distribuita o condivisa.
anseatiche, Althusius prevede che ad ogni gradino della società si debbano trovare due
degli individui definiti innanzitutto dalle loro appartenenze.
serie di organi, gli uni
La società globale, alla quale Althusius dà il nome di «comunità simbiotica integrale», si
mantenere al loro livello tanto potere quanto possono esercitarne concretamente, gli altri
definisce dunque come un'organizzazione ascendente di comunità plurali, esse stesse
rappresentanti il livello superiore, le cui competenze sono sempre limitate dalle prime.
costituitesi sulla base di associazioni anteriori e di
Ogni livello nomina i suoi dirigenti, che sono anche i suoi rappresentanti al gradino
appartenenze multiple, che
rappresentanti le comunità inferiori, che sono legittimate a
dispongono di poteri che si accavallano gli uni con gli altri. Il corpo politico è il risultato di
superiore, sulla base di una delega di potere che può essergli in ogni momento revocata.
capacità d'azione dal rispetto dell’autonomia dei livelli inferiori. L'azione pubblica mira ad
sempre sul consenso dei gradini inferiori. Lo Stato è superiore a ciascuno dei livelli che gli
articolare ad ogni livello la solidarietà reciproca e l'autonomia degli attori collettivi, il cui
stanno sotto, ma non all'insieme che essi formano essendo riuniti. Il principe stesso, come
consenso deve essere reso possibile e organizzato in una dialettica aperta del generale e
abbiamo visto, esercita il suo potere sovrano per delega, sulla base di un patto reciproco
del particolare - essendo l'idea fondamentale che «ciò che dipende da tutti deve essere
in cui è considerato il mandatario, e il popolo (la «comunità simbiotica») il mandante. Il
questo processo di incorporazione comunitaria, in cui ogni livello trae legittimità e
anche approvato da tutti» («quod omnes tangit, ab omnibus approbetur»).
Secondo Althusius, la sovranità o «maestà» appartiene al Popolo e non smette
Essendo le deleghe sottoposte a certe condizioni, il potere del gradino superiore riposa
potere del principe è senza dubbio un potere supremo, poiché il principe è colui la cui mai di
giurisdizione è la più vasta, ma allo stesso tempo è limitato dall'autonomia delle
appartenergli. Essa è imprescrittibile perché risiede inalienabilmente nella comunità
«consociazioni», che gli impedisce di attentare ai poteri particolari di cui queste ultime
delegarla, ma non può rinunciarvi. «Il diritto di maestà, scrive Althusius non può essere
subordinato al consenso associativo.
ceduto, abbandonato o alienato da parte di chi ne è il proprietario [...]. Tale diritto è stato
La sovranità in Althusius non è in alcun modo sinonimo di una competenza totale, come
popolare e perché «non c’è potenza assoluta personale in una comunità». Il popolo può
stabilito da tutti coloro che fanno parte del regno e da ognuno di essi. Sono costoro che gli danno vita; senza di loro, non può né essere stabilito né essere mantenuto». «Ho
devono poter godere. Il principio di sovranità è così mantenuto, pur rimanendo
in Bodin. Essa rappresenta solamente il livello di potenza (puissance), che dispone dei più ampi poteri di autorità, di decisione e di attuazione. Il sovrano non è colui che può fare
restituito i diritti di maestà alla politica. Ma li ho attribuiti al regno, ovvero alla repubblica
tutto a suo piacimento, senza rendere conto a nessuno. Egli è colui che dispone di un
o al popolo», precisa ancora Althusius, aggiungendo di
potere più ampio degli altri, ma può farne uso solo nella misura in cui tale potere gli è
non tenere «conto dei clamori di Bodin».
riconosciuto o concesso. Ad ogni livello esiste uno
Lungi dall'essere separata dal popolo, la sovranità ne è
«scambio di sovranità», ovvero una differenziazione delle
la sua posizione che in funzione del diritto immutabile
gradino più basso a quello più alto. Mentre la sovranità di
del popolo ad auto-governarsi. Non c'è altra autorità
Bodin è contemporaneamente una piramide ed una
che quella di cui è investito dal popolo, non sotto forma
circonferenza la cui intera superficie è disposta in
di un trasferimento di potere che il popolo cederebbe a
direziono del centro, la sovranità in Althusius è di tipo
suo favore, ma attraverso la delega di un potere che il
«labirintico»: essa implica la
popolo non smette mai di conservare intrinsecamente
l'intreccio dei livelli di potere e di autorità.
ed essenzialmente. In altre parole, esso esercita il suo
La sovranità di tipo althusiano si è concretizzata in
potere sotto il controllo del popolo e non può farne uso
passato in alcune formazioni imperiali o soprannazionali.
principale. Non governa la società come se ne fosse
come Otto Bauer e Karl Renner, entrambi partigiani di
separato o indipendente. Non è il proprietario della
uno «Stato federativo delle nazionalità», nel quale la
sovranità, ma il suo depositario e, in quanto tale, gode
sovranità è ripartita a differenti livelli della società
La società globale, alla quale Althusius dà il nome di «comunità simbiotica integrale», si definisce dunque come un'organizzazione ascendente di comunità plurali, esse stesse costituitesi sulla base di associazioni anteriori e di appartenenze multiple
dunque un’emanazione diretta. Il principe non occupa
che in vista del bene comune, che rimane il suo fine
27
istanze, una spartizione delle competenze che va dal
pluralità, l'autonomia,
Ne ritroviamo ancora l'eco in teorici dell'austromarxismo
28
La sovranità in Althusius non è in alcun modo sinonimo di una competenza totale, come in Bodin. Essa rappresenta solamente il livello di potenza (puissance), che dispone dei più ampi poteri di autorità, di decisione e di attuazione
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politica. Ma è soprattutto il federalismo che sembra essere oggi la dottrina più in grado di
linguistiche, etniche e altre, l'idea di una democrazia partecipativa si oppone all'idea di
autonomia e di sussidiarietà.
I grandi teorici storici della rappresentanza sono Hobbes e Locke. Per entrambi, infatti, il
Il principio di sussidiarietà, che era già la chiave di volta del sistema di Althusius, esige
popolo delega contrattualmente la sua sovranità ai governanti. In Hobbes si tratta di una
che le decisioni vengano sempre prese al livello più basso possibile, da parte di coloro che
delega totale e conduce a un monarca investito di un potere assoluto (il «Leviatano»). In
ne subiscono più direttamente le conseguenze. Ciò implica dunque che le più piccole
Locke, al contrario, la delega avviene a certe condizioni: il popolo accetta di spogliarsi
unità politiche detengano delle competenze autonome sostanziali e che siano allo stesso
della sua sovranità solamente in cambio di garanzie riguardanti i diritti fondamentali e le
tempo rappresentate collettivamente ai livelli di potere più elevati. Non si tratta solamente
libertà individuali. Tanto meno la sovranità popolare è soppressa o sospesa tra due
di «decentralizzare». Nella decentralizzazione, il potere locale non è titolare che della
elezioni.
parte di autorità che il potere centrale gli concede: non rappresenta che una delega di
Rousseau, da parte sua, considera l'esigenza democratica come antagonista di ogni
concezione strettamente piramidale della società. Nel caso della sussidiarietà avviene il
sovrano; i loro rapporti dipendono esclusivamente dalla legge. Il principe non è che
movimento opposto: il livello locale non delega ai gradini superiori che le responsabilità e
l'agente del popolo, che rimane l'unico titolare del potere legislativo. Non è nemmeno
i compiti di cui non può farsi carico esso stesso, non rinuncia che alle competenze che
investito del potere che fa capo alla volontà generale; è piuttosto il popolo che governa
non può assumersi, mentre risolve con i suoi propri mezzi tutti i problemi effettivamente
tramite esso. Il ragionamento di Rousseau è molto semplice: se il popolo è rappresentato,
di sua competenza, assumendosi lui stesso le conseguenze delle sue decisioni e delle sue
sono i suoi rappresentanti che detengono il potere, e in questo caso non è più sovrano. Il
scelte. La sussidiarietà rappresenta dunque una spartizione delle competenze secondo il
popolo sovrano è un «essere collettivo», che non potrebbe essere rappresentato se non da
criterio della sufficienza o dell'insufficienza: ogni livello di
se stesso.
tradurre in fatti concreti l'idea di una sovranità strettamente associata ai principi di
questo potere centrale, che rimane il nucleo sostanziale della vita pubblica in una
autorità mantiene le
competenze per le quali è sufficiente. Ne consegue che, per esempio, ogni comunità, piuttosto di vedersi imporre un'offerta standardizzata di beni e servizi, deve poter liberamente decidere da sé quali sono i beni e i servizi che crede le convengano. La sussidiarietà è direttamente antagonista della concezione bodiniana della sovranità che
una democrazia puramente parlamentare e rappresentativa.
regime rappresentativo. Secondo Rousseau, il popolo non stipula alcun contratto con il
Rinunciare alla sua sovranità sarebbe come rinunciare alla sua libertà, ovvero distruggersi con le sue stesse mani. Non appena il popolo elegge i suoi rappresentanti, «è schiavo, non è niente» (II contratto sociale. III, 15). La libertà, in quanto diritto inalienabile, implica la
pienezza di un esercizio senza il quale non ci può essere vera cittadinanza politica. In
riposa, come si è visto, non sul criterio di sufficienza, ma su quello di capacità superiore.
queste condizioni, la sovranità popolare non può essere
In questo schema, lo Stato centrale non può che pretendere tutta l’autorità solo per sé,
che indivisibile e inalienabile e ogni rappresentanza non
poiché per principio è supposto essere sempre maggiormente competente. Nel sistema
può
federale la delega si fa, al contrario, a partire dal basso: i gradini inferiori lasciano a quelli
un'abdicazione.
superiori unicamente le decisioni che non sono m grado di prendere. Ciò significa che
Se si ammette che la democrazia è il regime fondato sulla
«ogni organo del corpo sociale deve poter perseguire il più liberamente possibile i suoi
Nel sistema federale la delega si fa, al contrario, a partire dal basso: i gradini inferiori lasciano a quelli superiori unicamente le decisioni che non sono m grado di prendere
che
corrispondere,
di
conseguenza,
a
sovranità del popolo, non si può che dar ragione a
di
Rousseau, la cui opinione su questo punto - ma solo su
sussidiarietà: permettere alla gente di decidere il più
questo punto - raggiunge incontestabilmente quella di
possibile da sola in merito a ciò che la riguarda,
Althusius.
creando un sistema politico e sociale in cui i problemi
La democrazia è la forma di governo che risponde al
possano essere risolti al livello più basso possibile. Il
principio dell'identità dei governati e dei governanti,
termine essenziale, a questo punto, è quello di
ovvero della volontà popolare e della legge. Questa
autonomia.
identità rimanda all'uguaglianza sostanziale dei cittadini,
propri
fini»
(Robert
Nisbet).
Questa
è
l'idea
Così come la concezione federalista della sovranità e
ovvero al fatto che sono tutti ugualmente mèmbri di una
riconoscimento delle identità collettive, si
oppone al
Affermare che il popolo è sovrano, non per essenza ma
principio della centralizzazione e al rifiuto giacobino di
per vocazione, significa che la potenza (autorità) pubblica
riconoscere
e le leggi provengono dal popolo. I governanti non
della
sussidiarietà,
la
implicando
realtà
delle
una
politica
differenze
del
culturali, 29
stessa unità politica.
30
La democrazia è la forma di governo che risponde al principio dell'identità dei governati e dei governanti, ovvero della volontà popolare e della legge. Questa identità rimanda all'uguaglianza sostanziale dei cittadini, ovvero al fatto che sono tutti ugualmente mèmbri di una stessa unità politica
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possono dunque che essere degli agenti esecutori, che devono adeguarsi ai fini
la loro adozione. La legittimità si riduce allora alla legalità. Questa concezione positivista-
massimo, poiché il mandato di rappresentanza perde ogni legittimità non appena si
fine in sé, senza che la volontà popolare possa modificarle e controllarne il
occupa di fini o progetti che non corrispondono alla volontà generale.
funzionamento.
Ora, ciò è esattamente l'opposto di ciò che succede al giorno d'oggi. Nelle democrazie
Ora, in democrazia la legittimità del potere non dipende solo dalla conformità alla legge, e
liberali il primato è dato alla rappresentanza, e più precisamente alla rappresentanza-
nemmeno dalla conformità alla Costituzione, ma dipende innanzitutto dalla conformità
incarnazione. Il rappresentante, lungi dall'essere solamente "demandato" ad esprimere la
della pratica di governo ai fini che gli sono stati assegnati dalla volontà generale e
volontà dei suoi elettori, incarna egli stesso tale volontà per il solo fatto che è stato eletto.
popolare. La giustizia e la validità delle leggi non farebbero, così, pienamente capo
Ciò significa che trova nella sua elezione la giustificazione che gli permette di agire, non
all'attività dello Stato o alla produzione legislativa del partito al potere. Allo stesso modo,
più secondo la volontà di coloro che lo hanno eletto, ma secondo la sua propria volontà -
la legittimità del diritto non potrebbe essere garantita dalla sola esistenza di un controllo
giudica buono fare.
cittadini si aspettano da esso e che integri delle finalità orientate verso il servizio del bene
determinati dalla volontà generale. Il ruolo dei rappresentanti deve essere ridotto al
in altri termini, che si considera in qualche modo autorizzato dal voto a fare tutto ciò che
legalista della legittimità invita a rispettare le istituzioni in quanto tali, come se fossero un
giurisdizionale: perché il diritto sia legittimo bisogna inoltre che risponda a ciò che i
Tale sistema è all'origine delle critiche che in passato sono sempre state rivolte al
comune. Infine, non si potrebbe parlare di legittimità della Costituzione, se non nel caso
parlamentarismo, critiche che echeggiano al giorno
in cui l'autorità del potere costituente è riconosciuta come sempre in grado di modificarne
d'oggi, in Europa, tramite tutta una serie di dibattiti sul
la forma e il contenuto.
«deficit
Tutto ciò ci porta ad affermare che il potere costituente non può essere totalmente
Nel sistema rappresentativo, avendo l'elettore delegato per mezzo del suffragio la sua volontà politica a colui che lo rappresenta, il baricentro del potere risiede immancabilmente nei rappresentanti e nei partiti che li raggruppano, e non più nel popolo. La classe politica forma un'oligarchia di professionisti che difendono i loro interessi privati, in un clima generale di confusione ed irresponsabilità
di
democrazia»
e
sulla
«crisi
della
rappresentanza».
delegato o alienato, che continua ad esistere e rimane superiore alla Costituzione e alle
Nel sistema rappresentativo, avendo l'elettore delegato
regole costituzionali, anche nel caso in cui queste ultime pervengono da esso.
che lo rappresenta, il baricentro del potere risiede
maggioranza governante si scontra nelle società moderne con delle
immancabilmente nei rappresentanti e nei partiti che li
insormontabili.
raggruppano, e non più nel popolo. La classe politica
momentaneo,
forma ben presto un'oligarchia di professionisti che
ampiamente corretta tramite l'applicazione della democrazia partecipativa, detta anche
difendono i loro interessi privati, in un clima generale
democrazia organica o democrazia incarnata. Un tale riposizionamento appare al giorno
di confusione ed irresponsabilità. A questa si aggiunge
d'oggi maggiormente necessario, anche alla luce dell'evoluzione generale della società.
oggigiorno, in un'epoca in cui coloro che possiedono
La crisi delle strutture istituzionali e la scomparsa dei "grandi racconti"
un potere di decisione lo traggono molto più spesso
disaffezione sempre maggiore dell'elettorato per i partiti
un'altra oligarchia di «esperti", di alti funzionari e di
la comparsa
tecnici.
politici
Lo Stato di diritto, le cui virtù - nonostante le ambiguità
caratteristica comune è non più la difesa di interessi
che
per mezzo del suffragio la sua volontà politica a colui
dalla nomina o dalla cooptazione che dall'elezione,
può
ispirare
questa
espressione
-
È evidente che non si potrà mai sfuggire totalmente alla rappresentanza, poiché l'idea di La non
rappresentanza, esaurisce
pur
tuttavia
il
non
essendo
principio
l'emergere di nuovi movimenti sociali o regionalisti,
identitari),
la
cui
sono
contrattabili ma di valori esistenziali, lasciano intravedere
continuamente celebrate dai teorici del liberalismo, non
la possibilità di ricreare una cittadinanza attiva a partire
sembra poter porre riparo alla situazione. Basandosi su
dalla base.
un insieme di procedure e di regole giuridiche formali,
La crisi dello Stato-nazione, dovuta in particolar modo
è in effetti indifferente ai fini specifici del politico. I
alla
così libero spazio allo scontro degli interessi. Le leggi
par parte sua a due superamenti: un superamento
hanno autorità per il solo fatto di essere legali, cioè
dall'alto, attraverso diversi tentativi atti a ricreare a un
conformi alla Costituzione e alle procedure previste per
livello sopranazionale una coerenza e un'efficienza nella
valori sono esclusi dalle sue preoccupazioni, lasciando
31
mondializzazione
della
vita
economica
e
alla
diffusione di fenomeni di interesse planetario, da luogo
32
un
democratico.
politici di tipo classico, la rinascita della vita associativa, (ecologisti,
mai
difficoltà
semplice Essa
può
rimedio essere
fondatori, la
La rappresentanza, pur non essendo mai un semplice rimedio momentaneo, non esaurisce tuttavia il principio democratico. Essa può essere ampiamente corretta tramite l'applicazione della democrazia partecipativa
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decisione
che
permetterebbe,almeno
in
parte,
di
guidare
il
processo
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della
pubblica, che sono di per sé stesse delle forme di responsabilità e di autonomia, poiché la
sempre maggiore importanza delle piccole unità politiche e delle autonomie locali. Queste
Ma la democrazia partecipativa non ha solamente una portata politica. Ha anche una
due tendenze, che non solo non si contrappongono, ma sono complementari, implicano
portata sociale. Favorendo i rapporti di reciprocità, permettendo la rinascita di un legame
entrambe che si ponga rimedio al deficit democratico che riscontriamo attualmente.
sociale, essa può aiutare a ricostituire delle solidarietà organiche oggi indebolite, a
Non è al livello delle grandi istituzioni collettive, entrate oggi tutte più o meno in crisi e
ricreare un tessuto sociale disgregatesi a causa del diffondersi dell'individualismo e
incapaci dunque di giocare il loro ruolo tradizionale di integrazione e di intermediazione
dell'estremizzarsi del sistema della concorrenza e dell'interesse. In quanto produttrice di
sociali, che è possibile ricreare una tale cittadinanza attiva. Il controllo del potere non può
socialità elementare, la democrazia partecipativa si accompagna allora alla rinascita di
nemmeno essere appannaggio dei soli partiti politici la cui attività si risolve troppo spesso
comunità vive, al ricrearsi di rapporti di solidarietà di vicinato, di quartiere, sul posto di
nel clientelismo. La democrazia partecipativa non può essere oggi che una democrazia di
lavoro etc.
Tale democrazia di base non ha lo scopo di generalizzare la discussione a tutti i livelli, ma
legittimazione liberale dell'apatia politica, che incoraggia indirettamente l'astensione e
ha piuttosto lo scopo di determinare, con il concorso del più gran numero, nuove
porta al regno dei gestori, degli esperti e dei tecnici. La democrazia, tutto sommato,
procedure decisionali conformi sia alle sue proprie esigenze, sia a quelle che provengono
consiste più nulla partecipazione del popolo alla vita pubblica che nella forma di governo
dalle aspirazioni dei cittadini. Essa non potrebbe nemmeno risolversi in una semplice
propriamente detta, cosicché il massimo di democrazia si
opposizione della "società civile" alla sfera pubblica, ciò che porterebbe ad un'ulteriore
confonde con il massimo di partecipazione. Partecipare,
espansione dell'egemonia del privato e a un abbandono dell'iniziativa politica a favore di
significa prendere parte, sperimentarsi come parte di un
forme di potere obsolete. Si tratta piuttosto di permettere agli individui di sperimentarsi in
insieme o di un tutto, e assumere il ruolo attivo che
possibile il fiorire e il moltiplicarsi di nuovi spazi pubblici di iniziativa e di responsabilità.
«La
mondializzazione ricreando un mondo multipolare; un superamento dal basso, con la
base.
quanto cittadini, e non in quanto membri della sfera privata, favorendo per quanto
Non è al livello delle grandi istituzioni collettive, entrate oggi tutte più o meno in crisi e incapaci dunque di giocare il loro ruolo tradizionale di integrazione e di intermediazione sociali, che è possibile ricreare una tale cittadinanza attiva. La democrazia partecipativa non può essere oggi che una democrazia di base
vita pubblica condiziona l'esistenza quotidiana di tutti.
Questa
concezione
partecipativa
della
democrazia
deriva da una tale appartenenza. partecipazione,
diceva
René
Capitani,
è
l'atto
La procedura referendaria (sia che essa risulti dalla
individuale del cittadino che agisce come membro della
decisione dei governanti o dall'iniziativa popolare, sia
collettività popolare». Si capisce così quanto le nozioni di
che il referendum sia facoltativo o obbligatorio) non è
appartenenza, di cittadinanza e di democrazia siano
altro che una forma di democrazia diretta tra le altre -
legate. La partecipazione sancisce la cittadinanza, che
di cui d'altra parte si è sopravvalutata la portata.
deriva dall'appartenenza. L'appartenenza giustifica la
Sottolineiamo ancora una volta che il principio politico
cittadinanza, che permette la partecipazione.
della
la
I fondamenti essenziali del federalismo mi sembrano
sia sovrano. Il voto stesso non è che un semplice
responsabilità, strettamente legate l'una all'altra, sono
mezzo tecnico di consultare e di manifestare l'opinione.
ripartite a tutti i livelli in funzione del principio di
Ciò significa che la democrazia è un principio politico
sussidiarietà; una concezione della sovranità non come
che non potrebbe confondersi con i mezzi di cui fa uso,
potere assoluto e competente su tutto, ma come istituto
così
un'idea
che ha autorità sulle materie più vaste solamente in
puramente aritmetica o quantitativa. La qualifica di
ultima istanza; e infine, una concezione della democrazia
cittadino non si esaurisce nel fatto di votare, ma
che riposa in origine non sulla nozione di numero o su
consiste
quella di delibera parlamentare, bensì su quella di
democrazia
non
è
quello
secondo
cui
maggioranza decide, ma quello che vuole che il popolo
come
non
potrebbe
piuttosto
nel
riassumersi
mettere
in
in
atto
tutti
i
procedimenti che permettono di manifestare o rifiutare
il consenso, di esprimere un rifiuto o un'approvazione.
essere dunque questi: una società in cui la libertà e la
partecipazione più ampia possibile di tutti i cittadini alla cosa pubblica.
Conviene dunque esplorare sistematicamente tutte le forme
possibili
di
partecipazione
attiva
alla
vita 33
34
si
oppone
radicalmente
alla
La democrazia partecipativa ha anche una portata sociale. Favorendo i rapporti di reciprocità, permettendo la rinascita di un legame sociale, essa può aiutare a ricostituire delle solidarietà organiche oggi indebolite, a ricreare un tessuto sociale disgregatesi a causa del diffondersi dell'individualismo e dell'estremizzarsi del sistema della concorrenza e dell'interesse
Europa Plurale – 1/2007
Personaggi A PROPOSITO DI ALEXANDRE MARC La figura intellettuale di Alexandre Marc è
Gilda Manganaro Favaretto
rimasta a lungo ai margini della cultura politica francese
tradizionalmente protesa
Docente di Storia del Pensiero Politico Università degli Studi di Trieste
verso l’idea di “République” una e indivisibile
piuttosto che verso le tesi di tipo federalistico che
egli
è
andato
proponendo
durante
l’intero arco della sua vita. Recentemente,
PERSONAGGI
però, dopo la morte avvenuta nel 2000, la figura di Marc è stata fatta oggetto di un intero saggio dedicato soprattutto alla sua formazione intellettuale durante gli anni trenta del secolo scorso1. Come è noto, si tratta di un periodo particolarmente importante per la
L’impegno di Marc verso la costruzione dell’Europa è la diretta conseguenza delle sue convinzioni giovanili, di una originale posizione che potremmo oggi definire “liberalsocialista” e che, pur con diverse sfumature, egli ha perseguito fin da quando si era impegnato alla ricerca della “terza via” assieme a coloro che sono ora designati come “i non conformisti” 1
comprensione dei drammatici eventi che seguiranno specie per quanto riguarda la genesi dei regimi totalitari. All’interno di tale dimensione, lo storico J. Hellman
ci
descrive
Marc
come
un
personaggio
coinvolto, suo malgrado, nello spirito decisamente illiberale del suo tempo, lasciando nell’ombra e, in ultima analisi, sottovalutando il suo contributo, nel dopoguerra, a favore della diffusione dell’idea di federazione europea e la sua opera di educazione all’europeismo promossa tra le giovani generazioni, con
infaticabile
perseveranza
per
oltre
un
cinquantennio, attraverso il Centre international de formation européenne (CIFE) e l’Institut des Hautes Etudes Internationales (IEHEI) da lui fondati a Nizza.
Eppure il suo impegno verso la costruzione dell’Europa è,
in
realtà,
la
diretta
conseguenza
delle
sue
convinzioni giovanili, di una originale posizione che potremmo oggi definire “liberal-socialista” e che, pur con diverse sfumature, egli ha perseguito fin da quando, studente a Parigi, si era impegnato alla ricerca della “terza via” assieme a coloro che, dopo il saggio di Loubet del Bayle, sono ora designati come “i non
J. Hellman, The Communitarian Third Way. Alexandre Marc and Ordre Nouveau 1930-2000, Montreal
&Kingston, MacGill-Queen’s University Press, 2002. Su tale tema precedentemente aveva pubblicato la
tesi di dottorato il suo l’allievo Ch. Roy, Alexandre Marce et la jeune Europe (1904-1934): L’Ordre
Nouveau aux origines du personnalisme, Nice, Presses d’Europe, 1998.
36
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Europa Plurale – 1/2007
conformisti”2. Si trattava di un movimento di pensiero piuttosto eterogeneo che,
aderirono al comunismo altri come Th. Maulnier si schierano su posizioni decisamente
della gioventù parigina stretta, da un lato, dal timore della guerra con la Germania,
Alexandre Marc invece è quello che, assieme a un piccolo gruppo di amici, non intese
all’insegna del motto ni droite ni gauche, aveva dato espressione al disagio di gran parte
presentita come imminente, e dall’altro dal sentimento di una progressiva perdita della capacità
di
controllo
su
una
società
che
“il
progresso
tecnologico”
sembrava
più conservatrici.
rinunciare alla prospettiva del ni droite ni gauche e, pur nelle difficoltà del momento, non si sentì di operare una scelta radicale tra le ideologie, quella comunista, quella fascista,
disumanizzare tanto negli Stati Uniti, con l’avvento del “fordismo”, quanto nell’Unione
quella
sovietica con le collettivizzazioni forzate.
insoddisfacenti. Nel 1933 sotto il suo impulso usciva la rivista “Ordre nouveau” con
A ciò si aggiungeva una certa insofferenza verso le oligarchie della politica e i partiti
l’intento di delineare i “tratti concreti” di una società al di là delle ideologie che egli
valutati come strutture incapaci di garantire effettivamente la rappresentanza popolare. Il
interpretava, tutte, come gabbie liberticide.
ni droite ni gauche, dunque, esprimeva tale disagio e, di conseguenza, la necessità per i
giovani di ricercare un diverso modo di pensare e costruire il proprio futuro. Marc ne era
nazista
ma
anche
quella
liberale
che
gli
apparivano
tutte
largamente
Un tentativo per molti versi utopico il suo, ambizioso e non privo di ambiguità, che gli valse l’oblio da parte degli ambienti intellettuali della capitale che, del resto, egli
uno dei protagonisti e reagiva, assieme agli altri, alla paura del conflitto cercando
abbandonò di lì a poco trasferendosi in Provenza.
un’intesa con i giovani tedeschi attraverso incontri,
Il suo obbiettivo è stato quello di progettare una società che fosse in grado di integrare al
scambi personali ed epistolari, convinto che essi potessero essere alla base della costruzione di un “fronte comune della gioventù europea” contro quel mondo delle “cancellerie” che sembrava portarli alla distruzione. Era presente in questi giovani il mito,
peraltro diffuso nell’intero continente, della giovinezza interpretata come un elemento salvifico, il solo capace di indicare una via d’uscita tra coloro che venivano definiti “i farisei del nazionalismo” da un lato e gli “internazionalisti rivoluzionaria
stalinisti”
che
i
dall’altro.
giovani
L’istanza
esprimevano
era
generazionale e rivolta contro i potentati economici e politici che, a loro avviso, mantenevano saldamente in mano il potere in ciascuna delle nazioni europee impedendo qualunque mobilità sociale.
Moltissime riviste incarnarono allora questo tentativo di
“terza
via”
e
la
storiografia
francese
ne
ha
ampiamente dato conto, giungendo alla conclusione che esso fu un tentativo velleitario e comunque inscrivibile entro il triennio che va dal 1930 al 1933 fino a quando cioè gli avvenimenti politici come la guerra d’Etiopia, il Fronte popolare, la guerra di Spagna
disgregarono
questa
comunità
di
intenti
costringendo molti dei giovani di allora a prendere posizione:
2
mentre un P. Nizan o un H. Lefebure
Un movimento di pensiero piuttosto eterogeneo che, all’insegna del motto ni droite ni gauche, aveva dato espressione al disagio di gran parte della gioventù parigina stretta, da un lato, dal timore della guerra con la Germania, e dall’altro dal sentimento di una progressiva perdita della capacità di controllo su una società che “il progresso tecnologico” sembrava disumanizzare tanto negli Stati Uniti quanto nell’Unione sovietica
J.L. Loubet del Bayle, Les non-conformistes des années trente, Paris Seuil, 1969
37
suo interno l’idea di libertà e quella di solidarietà senza sottomettere una istanza all’altra, ritenendole entrambe contemporaneamente essenziali. Questa loro essenzialità implicava, per Marc, l’esclusione di una qualsivoglia forma di mediazione; egli infatti non pensava a una sorta di combinazione tra liberalismo e socialismo, ma piuttosto alla necessità di una rifondazione di entrambi, di una palingenesi sociale. In ciò egli si distingueva da altri
analoghi tentativi in particolare da quello, esperito da Emmanuel Mounier con la rivista
“Esprit”, a cui pure aveva inizialmente partecipato in qualità di collaboratore fin dalla sua fondazione nel 1932. La sua adesione era derivata da una apertura all’ecumenismo: il suo essere un esule russo, ebreo d’origine, di formazione culturale insieme tedesca e francese lo portava naturalmente a superare ogni tipo di stereotipo culturale, politico o religioso che fosse. Alla base di questo atteggiamento stava la scoperta della filosofia personalista che egli aveva conosciuta in Germania ascoltando le lezioni di Scheler e diffuso in Francia,
Il suo obbiettivo è stato quello di progettare una società che fosse in grado di integrare al suo interno l’idea di libertà e quella di solidarietà senza sottomettere una istanza all’altra, ritenendole entrambe contemporaneamente essenziali 38
prima ancora di Mounier. Egli vi vedeva la via per valorizzare l’individuo che il comunismo sembrava ignorare senza ricadere nella prospettiva atomistica
della società, propria del liberalismo. Marc apprezzava del personalismo la concezione di persona come espressione della natura creatrice presente nell’uomo e in ciò vedeva il legame con Dio da cui l’essere umano derivava la propria dignità e indipendenza. Ma, a differenza di Mounier e di Berdjaeff, in lui l’adesione al personalismo non era tanto espressione di un’esigenza di approfondimento della filosofia esistenziale sul senso del mondo, dell’universale, della divinità quanto piuttosto era l’espressione dell’esigenza che l’uomo uscisse da sé, agisse nel mondo per cambiarlo. Se da un lato ciò fa capire perchè l’approfondimento
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della tematica personalista lo abbia avvicinato al cattolicesimo a cui nel 1933 si convertì,
monistico che, a suo avviso, caratterizzava ogni indagine filosofica. Se c’era una
dall’interpretazione di un Mounier e di un Maritain. Sono stati soprattutto i suoi accenti a
definitivi ma solo federare.
favore della rivoluzione spirituale, della sua volontà di rifondazione ex novo che non
A livello politico, il federalismo permetteva di superare la concezione liberale che, portata
persuasero i due teologi per il carattere troppo politico che vi riscontravano, per
agli estremi, rischiava di misconoscere anche i diritti dell’uomo come faceva il capitalista
l’insistenza sul dato della rottura violenta che Marc sottolineava appunto contro ogni
quando non teneva conto dei diritti dei lavoratori; permetteva altresì di guardarsi dalla
ipotesi di mediazione.
tentazione di ridurre l’uomo e il mondo a un sistema globale e unitario alla maniera del
Ed in effetti l’idea di persona come atto anziché conoscenza e amore sottendeva una
comunismo.
concezione idealistico-rivoluzionaria in Marc che si rivelava scettica nei confronti di una
Entro questo spazio, definito più da ciò che non deve essere che da ciò che è, si colloca,
possibilità di miglioramento graduale della società. L’atto implicava invece una volontà di
dunque, l’originale tentativo di Alexandre Marc di fare coesistere libertà e socialismo, un
meramente spirituale, senza riuscire però a persuadere i suoi interlocutori.
negazione più che di una precisa volontà di sistema.
E’ proprio da questa incomprensione derivante dal diverso significato attribuito all’idea di
Pasqual Ory ha osservato che in tale tesi è presente la classica ambiguità di coloro che
persona che si era consolidata in lui l’esigenza di cimentarsi direttamente nel progetto di
rimproverano alla filosofia politica del razionalismo laico sia il materialismo che
dall’altro é stato proprio il suo originale modo di intenderlo che lo allontanò
rottura anche se egli si sforzava di isolarlo nell’elemento della volontà, a livello
organizzazione di un nuovo modello di società in cui la persona potesse divenire il concetto architrave per una trasformazione politica e dove degli spazi di libertà e autonomia potessero essere previsti accanto alla solidarietà senza che ciò comportasse concessioni a forme di socializzazione.
Marc partiva nelle sue analisi dalla critica sia del liberalismo che del comunismo: a suo avviso, essi erano fungibili tra loro perché espressione di un identico costruttivismo razionalistico, organizzatore della produzione in base alla catena di montaggio, nella versione liberale, e alle pianificazioni forzate, nella visione comunista. Ma denunciava, al contempo, anche l’appello al volontarismo irrazionalista altrettanto pericoloso perché conduceva direttamente ai regimi totalitari a lui contemporanei. Era necessario, dunque, prendere egualmente le distanze dai modelli di società il cui fondamento
era
l’individualismo
metodologico
o
il
materialismo dialettico o, infine, il richiamo idealistico all’idea di nazione o di razza. Per Marc vi era, invece,
una sorta di fondazione plurima della realtà e le opposizioni, le contraddizioni sociali non trovavano soluzione in delle sintesi ma solo in nuovi continui e sempre rinnovabili equilibri e forme di coordinazione. Egli chiamava questo fondamento il metodo “dicotomico”, e lo identificava nel federalismo che rappresentava in concreto il modo in cui tali equilibri e coordinazioni si potevano
realizzare.
Se
si
accettava
una
simile
prospettiva, allora si poteva evitare, per Marc, il pericolo
di trovarsi di fronte all’impasse che conduceva o ad una
visione relativistica negatrice di ogni fondamento (quella dell’anarchismo) o alla visione propria dell’assolutismo
Per Marc vi era una sorta di fondazione plurima della realtà e le opposizioni, le contraddizioni sociali non trovavano soluzione in delle sintesi ma solo in nuovi continui e sempre rinnovabili equilibri e forme di coordinazione 39
fondazione della realtà questa era plurale e non si lasciava ingabbiare in formule o sistemi
tentativo non fatto all’insegna del riformismo ma all’insegna dell’ “andare oltre”, della
A livello politico, il federalismo permetteva di superare la concezione liberale che, portata agli estremi, rischiava di misconoscere anche i diritti dell’uomo come faceva il capitalista quando non teneva conto dei diritti dei lavoratori; permetteva altresì di guardarsi dalla tentazione di ridurre l’uomo e il mondo a un sistema globale e unitario alla maniera del comunismo 3
l’idealismo e che per uscire da questo presunto vicolo cieco propongono la terza via, quella spirituale3. Ma c’è da chiedersi, commenta Ory se questa novità non sia altro che una questione di vocabolario. Certo, alla
sostenibilità e giustificabilità di tale metodo che, in ultima
analisi
come
abbiamo
detto,
sarà
inteso
genericamente come “federalismo”, Marc cercherà di dare una risposta durante l’intero corso della sua riflessione, non restando, in ultima analisi, neppure lui completamente soddisfatto, ma ciò che qui importa constatare è che il risultato che ne esce è quello legato a una prospettiva che potremmo definire appunto liberal-socialista e non, come si è voluto sottolineare,
totalitaria. Se, infatti, si analizzano le sue proposte emerge chiaro che è questo l’obbiettivo che ha sempre perseguito. Innanzitutto per quanto concerne il diritto di proprietà esso é giustificato solo a condizione che si tratti di un diritto “a misura d’uomo” sia quanto a dimensioni che a capacità di controllo sulla stessa. Marc critica infatti tutte le forme di proprietà che sono disgiunte dalla dimensione personale, in primo luogo quella delle
società anonime che, dice, non conoscono uomini ma solo azionisti “numerati e intercambiabili”. Allo stesso
P. Ory, Troisièmes voies à la française in AAVV, Nouvelle Histoire des Idées politiques, Paris Hachette
1987 pp.451-459.
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modo, però, anche chi pretende di misurare la proprietà sotto veste di salario, in base alla
Marc, il solo e limitato ambito entro il quale c’è spazio per un settore pianificato
comunismo in modi diversi spossessa l’uomo dalla proprietà né più né meno di come fa il
produzione dei servizi di base essenziali. Assolto questo obbligo e provveduto così alle
capitalismo: “il capitalismo conduce alla separazione dell’uomo dalla proprietà, ossia allo
esigenze primarie “incomprimibili”, ciascuno deve poter essere libero di agire nel mercato,
sradicamento …il comunismo prende quest’uomo sradicato, privato non solo della
e il suo livello di benessere e di realizzazione dipenderà dal merito, dalla capacità e anche
proprietà, ma anche dell’attaccamento nazionale vero e proprio, della patria regionale,
dal rischio cui si sottomette.
della famiglia e ne fa l’ideale che si chiama proletario”4. In altri termini, per Marc, non c’è
Quanto alle produzioni che richiedono una vasta organizzazione egli propone,
soluzione di continuità tra capitalismo e comunismo; quest’ultimo si limita a radicalizzare
riservandosi ulteriori approfondimenti, la formula della corporazione che concepisce come
il processo di spossessamento i cui germi però sono ben presenti anche nel liberalismo.
un organo di cooperazione tra gruppi professionali diversi con una sorta di struttura
Le nazionalizzazioni e le collettivizzazioni mostrano solo la maggior “logicità” del
reticolare di comunicazione. La corporazione va intesa come un istituto ben diverso dal
ambiti privati: “ il sistema, perchè si tratta di uno solo,
distanze da quest’ultimo, anche attraverso un articolo pubblicato sul giornale italiano “Il
quantità industriale di oggetti prodotti, svaluta il lavoro prestato dalla persona. Il
comunismo nel perseguire tale spossessamento scientificamente intervenendo anche negli finisce nella maggior tirannide che l’umanità abbia conosciuto a causa della coincidenza nelle mani dello stato, anche di quello liberale, della iniziativa politica ed economica. Davanti a questo potere centrale mostruoso l’uomo è privo di tutte le difese naturali: regioni, corporazioni, famiglia e proprietà”5.
Dunque, i punti di riferimento per la persona sono rappresentati da questi ultimi istituti che le permettono di realizzarsi direttamente. La società a cui pensa è una società in cui è garantita a ciascuno la possibilità di questa autorealizzazione. Si tratta allora, da un lato, di mettere in atto una serie di misure che
diano eguale
opportunità di partenza senza, però, garantire il risultato che sarà diverso a seconda dei diversi meriti di ognuno. Dall’altro,
si
tratta
di
destrutturare
un
potere
tradizionalmente concentrato nelle istituzioni statali e di diffonderlo sul territorio in modo da consentire la partecipazione allargata. Per quanto concerne il primo aspetto, Marc ricorre alla tesi già sostenuta da Robert Aron e Arnaud Dandieu nel saggio La révolution
nécessaire6 cioè la necessità di
prevedere un servizio sociale civile obbligatorio per tutti allo
scopo
di
poter
finanziare
“il
minimo
sociale
garantito” cioè un alloggio, cibo, vesti utili per la
sussistenza. Tale servizio civile configura, nella visione di 4 5 6
La società a cui pensa è una società in cui è garantita a ciascuno la possibilità di autorealizzazione. Si tratta da un lato, di mettere in atto una serie di misure che diano eguale opportunità di partenza, senza garantire il risultato che sarà diverso a seconda dei diversi meriti di ognuno. Dall’altro, si tratta di destrutturare un potere tradizionalmente concentrato nelle istituzioni statali e di diffonderlo sul territorio
dell’economia. Tutti debbono prestare tale servizio civile in modo da garantire la
modello che a quei tempi proponeva il fascismo. Anzi l’insistenza con cui
Cantiere” nel 1934, ha come obbiettivo il rivendicare proprio il carattere autonomo della corporazione rispetto al ruolo di organizzatore e controllore che vi esercita lo stato in Italia7. In realtà dietro questa sua concezione di corporazione sta la riflessione sul problema della
Dietro la sua concezione di corporazione sta la riflessione sul problema della rappresentanza per interessi e non politica che derivava in Francia dal pensiero proudhoniano e dal sindacalismo rivoluzionario. Questa prospettiva, che esaltava il dato della rappresentazione come specchio della società e non come delega, è quella a cui Marc si riferisce
rappresentanza per interessi e non politica che derivava in
Francia
dal
pensiero
proudhoniano
Ivi.
7
41
dal
esaltava il dato della rappresentazione come specchio della società e non come delega, è quella a cui Marc si riferisce. Non a caso è a questa stessa matrice culturale che
si
riallaccia
anche
l’altro
versante
della
contestazione di Marc, quello riguardante la questione del potere e dello stato il cui solo compito doveva essere quello di garantire l’indipendenza dei singoli e delle comunità. Al tradizionale aspetto ordinatorio e
sanzionatorio della struttura statale Marc sostituisce il principio della coordinazione delle funzioni al punto da sostenere, in linea con le tesi di M. Hauriou, di L. Duguit e di G. Gurvitch, contro il positivismo giuridico imperante, che il fondamento del diritto non è da cercare nello stato, ma nei corpi sociali che generano il diritto, mentre lo stato fornisce loro solo il luogo propizio all’esistenza e allo sviluppo. Da ciò la valorizzazione delle piccole comunità: “è dal sentimento irriducibile di attaccamento al proprio
ambiente, dal rapporto spontaneo che si stabilisce tra
Cfr. A. Marc, Ordre Nouveau e il corporativismo, “Il Cantiere”, 25 agosto 1934.
42
e
sindacalismo rivoluzionario. Questa prospettiva, che
D.Ardouint et a. Marc, Libération de la Propriété, « Ordre Nouveau », décembre 1934, pp. 7-12. A. Dandieu et R. Aron, La Révolution nécessaire (1933), Jeanmichelplace, Cahors, 1993.
prende le
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essere umano e potenza del suolo e del sangue che deriva il vero patriottismo”8. La patria
tema di fondo è quello dell’antiautoritarismo.
che coincide con lo stato-nazione; lo Stato va inteso con la s minuscola e perciò non come
premesse sia quando inviterà tutte le forze disperse degli ex compagni non conformisti a
ente organizzatore ma semplicemente coordinatore delle diverse realtà dei gruppi sociali.
federarsi sotto l’insegna “l’unione o la morte” nel 1937; sia quando, dopo la fine del
Questa coordinazione poteva assumere esclusivamente la forma istituzionale della
governo di Vichy, si augurerà che la ricostruzione del tessuto civile e politico della Francia
federazione tra comuni, non quindi la forma del super-stato nella quale si è “travestita” la
possa essere rifondato proprio su basi federaliste. Ma è in ambito internazionale che la
federazione negli Stati Uniti dove, ad avviso di Marc, serve esclusivamente alla finanza, né
sua tesi troverà un’eco più ampia contribuendo a farne uno dei protagonisti della battaglia
in quella delle repubbliche federaliste sovietiche, dove serve a nascondere un
per la costruzione dell’Europa.
produttivismo colonizzatore e una tirannide statale, né, infine, nella versione della
Nel dopoguerra preferirà definirsi “socialista libertario” e quasi per vezzo intellettuale
Mitteuropa tedesca dove è al servizio dell’imperialismo della razza.
continuerà ad insistere sul termine rivoluzione per sottolineare la necessità del
distinto dai modi in cui è stato realizzato che, per Marc, celano tutti, seppur in diverso
atteggiamento anche nelle riunioni che si faranno all’interno del movimento federalista
é quella in cui si riconoscono le proprie radici e non quella struttura artificiale e lontana
Il concetto di federalismo cui fa riferimento fin da queste giovanili ricerche va ridefinito e modo, un eguale approccio autoritario.
Il tentativo di mantenersi coerente al postulato di base ni droite ni gauche, di porsi
sempre al di là di “destra e sinistra” vuol dire dunque per lui allargamento della partecipazione ed eliminazione di ogni momento delegato. L’insofferenza nei confronti delle realizzazioni contemporanee gli impedisce, come dicevamo, di dichiararsi a chiare lettere, quale fu in realtà, cioè un liberal-socialista intendendo per tale
definizione colui che, consapevole della valenza di entrambe le prospettive cerca il modo di farle coesistere ( liberalismo senza certi eccessi del liberismo, socialismo senza quelli del materialismo). Il suo pregiudizio antiriformista, dichiarato a più riprese più che effettivamente perseguito, unito all’uso di alcuni termini che appartenevano anche alle ideologie che pur combatteva, quali appunto il tema della corporazione, il
mito della gioventù o l’insistenza sugli aspetti materiali di sangue e terra legati al concetto di piccola patria, hanno, come dicevamo, indotto J. Hellman a collocarlo tra i simpatizzanti del fascismo e del nazismo. Una simile lettura però se riferita a Marc, risulta poco plausibile perché distorsiva dei fini che egli si è proposto e gli argomenti
a
sua
giustificazione
paiono
insufficientemente contestualizzati. Se, infatti, ci si addentra alla ricerca del senso che egli ha voluto dare al suo pensiero federalista, peraltro sempre in formazione e
mai considerato da lui definitivo, balza evidente che il
8
A. Marc, Patrie, Nation, Etat, “Ordre Nouveau”, juin, 1936, p. 30.
lo Stato va inteso con la s minuscola e perciò come coordinatore delle diverse realtà dei gruppi sociali. Questa coordinazione poteva assumere esclusivamente la forma istituzionale della federazione tra comuni, non la forma del superstato nella quale si è “travestita” la federazione negli Stati Uniti né in quella delle repubbliche federaliste sovietiche
43
Durante e dopo la guerra, l’intera sua attività culturale continuerà sulla base delle stesse
cambiamento dello status quo in direzione della diffusione del potere. Porterà questo
Nel dopoguerra preferirà definirsi “socialista libertario” e continuerà ad insistere sul termine rivoluzione per sottolineare la necessità del cambiamento dello status quo in direzione della diffusione del potere. Porterà questo atteggiamento anche nelle riunioni che si faranno all’interno del movimento federalista europeo e si scontrerà allora in particolare con Altiero Spinelli che, invece, partiva da una diversa sensibilità nei confronti del problema dell’Europa
44
europeo e si scontrerà allora in particolare con Altiero Spinelli che, invece, partiva da una diversa sensibilità nei confronti del problema dell’Europa. Quest’ultimo, lungi dal pensarla come una struttura di potere diffuso e reticolare, vedeva nel federalismo, come già Hamilton in America, soprattutto un
governo centrale forte, seppur limitato quanto a competenze, che avrebbe finalmente consentito di superare le pretese egoistiche dei singoli statinazione. Il discorso di Marc, invece, prevedeva la costruzione dell’Europa come il primo passo verso un allargamento
che
avrebbe
portato
poi
a
una
federazione mondiale e, restando sul piano teorico, era
perciò,
spesso,
bonariamente
considerato
un’utopista dallo stesso Spinelli. Tali divergenze
non impedirono, comunque, una
loro collaborazione sul piano pratico; se è vero che per Marc il federalismo era una bandiera che non poteva esser ristretta ad un ambito solo europeo, ma era un valore da difendere su scala mondiale, è pur vero che, quando la battaglia per la costruzione dell’Europa si rivelava complicata e difficile, egli non esitava ad accettare le mediazioni e financo i compromessi della politica pur di promuovere il processo di unificazione. Il suo agire concreto era esso stesso all’insegna dell’accettazione di quel
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gradualismo che “teoricamente” diceva di ripudiare9. A conti fatti, la sua era una strategia
pienamente consapevole: il richiamo ad “andare oltre”, alla necessità di una rivoluzione spirituale era per lui la maniera di tenere gli animi all’erta in difesa di quella libertà che vedeva continuamente minacciata.
DOCUMENTI
9
Lettera di A.Marc a Luciano Bolis 15 dicembre 1991, ora in “Combat”, febbraio 1993, p. 43-48:
“apparentemente Altiero Spinelli ed io ci eravamo confrontati sul piano delle ideologie e, mentre sul piano della tattica le nostre differenze erano assai meno significative. Quanto alla strategia essa ci ha
spesso permesso di unire efficacemente i nostri sforzi”.
45
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Documenti
del profitto e l'economia del bisogno, tra l'automatismo e il piano, tra il mero piano
economico e il piano urbanistico, tra la città elefantiaca e l'insediamento a misura d'uomo,
MANIFESTO PROGRAMMATICO DI COMUNITA’
e infine tra l'ipotetico idillio di una società avvenire e la reale angoscia delle «generazioni
La Direzione Politica Esecutiva del Movimento Comunità, riunitasi a Roma nel gennaio
1953, ha deliberato di rendere pubblica una dichiarazione politica che prenda in esame la situazione italiana e internazionale, allo scopo di precisare in modo esplicito alcuni punti fondamentali delle sue linee d'azione. Secondo la natura e gli scopi del Movimento Comunità, che non è impegnato, al modo dei partiti, nella tattica del giorno per giorno, ma è volto, con i suoi organi di studio e con quelli più propriamente politici, al riesame e al rinnovamento delle strutture stesse del regime democratico, la presente dichiarazione affronta i problemi della vita italiana con una prospettiva molto ampia, in senso che potremmo chiamare strategico o radicale. Un simile impegno non è certamente volontario astrattismo, ma al contrario fa parte integrante del nostro programma politico.
politico corrente sono insufficienti. Il Movimento Comunità è antifascista, repubblicano, cristiano
e
laico1,
socialista
e
personalista:
ma
tali
caratterizzazioni, se possono servire a situare approssimativamente il Movimento Comunità in un settore dello schieramento culturale e politico italiano, ne indicano la realtà solo in modo generico. L' azione programmatica del Movimento Comunità esula infatti dai limiti tradizionali della «politica» intesa come rapporto di forze, e si fonda su una diversa moralità sociale: «politica» è per noi la possibilità dell'uomo di armonizzare e sintetizzare esigenze e vocazioni diverse, e azione politica è lo sforzo di creare istituzioni che rendano operante tale possibilità. Politica è rapporto attivo, consapevole, armonioso tra l'uomo e l'ambiente del suo operare quotidiano, e azione politica è la ricerca delle condizioni in cui questo rapporto possa avere vita. Di qui, in via d' esempio, il grande valore «politico» che ha per noi l'urbanistica. Di qui soprattutto il nostro rifiuto di distinguere tra morale personale e morale politica. Il nostro rifiuto di subordinare, in
ordine alla moralità, i mezzi ai fini. Il rifiuto della violenza se non di fronte alla aperta prevaricazione. La fiducia nella tolleranza come attivo dialogo e non come passiva rassegnazione. Il rifiuto di ogni forma di sfrutamento dell'uomo. Il rispetto assoluto della persona umana. Dovunque ci sia conflitto, per esempio, tra la macchina e l'uomo, tra lo stato e un ente territoriale locale, tra la tecnica e la cultura, tra la burocrazia e il cittadino, tra l'economia 1
morale cristiana, dell'anarchismo, del liberalismo, del socialismo) noi crediamo sia indispensabile rimanere fedeli se si vuole, dalla profonda crisi del nostro tempo, risalire alla gioia della libertà e all' unità dell'uomo.
Lotta per un socialismo istituzionale.
2. - Il mondo politico contemporaneo è oggi profondamente diviso da un massiccio contrapporsi di blocchi armati, animati l'uno contro l'altro da uno spirito di crociata. Nel suo richiamarsi ai valori della civiltà cristiana e della libertà personale, il Movimento dell'attuale schieramento di stati che prende il nome, appunto, di. occidentale. Sotto la
1. - Le definizioni che del Movimento Comunità si possono dare secondo il linguaggio federalista,
A questa morale personalistica (in cui convergono tutti gli elementi più urgenti della
Comunità si inserisce per sua natura nella cultura occidentale, ma non accetta le premesse
Programma aperto.
democratico,
bruciate», - noi sapremo immediatamente qual' è la nostra parte.
«L'indirizzo spirituale del nuovo Stato è rappresentato da quell'insieme di valori spirituali e morali che
per accettazione comune si intendono denominare "civiltà cristiana". Pertanto la legge superiore della Comunità è illuminata dall'Evangelo. Questa dichiarazione non implica per nessuno una sottomissione
egida di tale schieramento si dànno infatti per risolti, una volta per tutte, problemi che invece attendono ancora, nella nostra società, soluzione urgente. Quello che fu chiesto con drammatica evidenza per il mondo comunista, l'habeas animam, non è certamente
acquisito nella società capitalistica ed in gran parte degli Stati democratici. I delitti tradizionali del mondo capitalistico, il pauperismo, la disoccupazione endemica, lo sfruttamento in nome del privilegio, si accompagnano oggi in molti stati con una mortificazione crescente della stessa democrazia formale, della libertà di stampa, di riunione, di espressione, con il diminuito rispetto per le minoranze religiose e razziali, ecc. Inoltre, l'insorgere delle lotte coloniali e il risvegliarsi alla coscienza politica di larghe masse popolari di oriente è, storicamente, uno dei fatti centrali del nostro tempo e non può essere risolto in alcun modo nel quadro semplicistico della contrapposizione orienteoccidente, ove «occidente» si identificherebbe con democrazia.
D'altra parte, il mondo comunista staliniano è ormai fondato sulla certezza che in esso si realizzerà un regno di intera prosperità, di intera felicità, di intera perfezione, e giustifica quindi, con questo utopismo d'idillio, la più spietata «moralità di Stato». Lo Stato, per l'escatologia marxistica, è destinato a scomparire, con il «salto dal Regno della Necessità al Regno della Libertà». Su questo piano si è basato, da parte dei comunisti da Lenin in poi, il rifiuto di creare uno Stato che si fondi sul diritto. E così anche l'anarchia prevista da Lenin (quella che determinati mutamenti di Struttura finirebbero per realizzare nel tempo) perde quel valore almeno pedagogico che ha, nei migliori tra gli anarchici, 1'anarchismo vissuto e attuale:
continuo richiamo, e tensione, verso un'anarchia ideale che non si potrà mai - appunto realizzare nel tempo, ma che pur sempre rappresenterà una pietra di paragone per le strutture sociali in atto o in fieri.
politica all'autorità religiosa, ma il riconoscimento definitivo da parte dei laici, credenti e non credenti, cattolici e non cattolici, dei valori spirituali contenuti nel Vangelo». Proposizioni fondamentali 1949 del Movimento Comunità, n. I.
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Ora, noi crediamo di doverci distinguere non solo dai socialisti rivoluzionari e comunisti,
In conclusione, il Movimento Comunità, che:
volti solo alla riforma della legislazione economico-sociale e scarsamente consapevoli del
• ma in questa lotta vuol scendere più a fondo di quell'economicismo che (lo si riconosca
valore sociale del diritto come tale; che cioè guardano antistoricisticamente al punto in
o no) è ineliminabile nell'impostazione marxistica, in quanto non si tratta soltanto di
cui, terminate le graduali trasformazioni, si perverrà alla società socialista, della cui
stabilire a chi sia attribuita la proprietà, ma anche quale sia la distribuzione di potere che
configurazione istituzionale poco si preoccupano. E crediamo di poter opporre, agli uni e
essa determina;
agli altri, con molta fermezza, che mèta della lotta politica debba essere la creazione di un
• dall'altro lato non crede nel mito della rivoluzione in quanto tale, ma piuttosto ricerca
nuovo ordine giuridico, istituzionale, che risponda al requisito, perennemente essenziale,
quegli strumenti, rivoluzionari o gradualistici, che arrivano più rapidamente allo scopo,
di risultare, di volta in volta, fondato su norme certe uguali per tutti. Parlare di «diritto
con minor violenza alla libertà e soprattutto con minor confusione tra fini e mezzi;
rivoluzionario» è una contraddizione in termini (se non lo si intenda come una semplice
• e dissente in egual misura sia dai moralisti che pretendono di mutare astrattamente gli
generalità del diritto. Potrà mutare il contenuto di un dato sistema giuridico, e, in luogo
mutamento delle strutture economiche nel processo di rinnovamento sociale ;
del diritto «borghese», aversene altri ispirati al cristianesimo, al socialismo, ecc.; ma il
•
diritto dovrà presentarsi sempre come una ipotesi di lavoro ben certa. In tal senso, contro
propria mèta la creazione di un «ordine» nuovo, ordine giuridico, istituzionale, fondato sul
le «costituzioni rivoluzionarie», ibrida e diseducativa mescolanza di diritto e di fatto, di
diritto come norma certa, si pone nella realtà politica contemporanea come una forza
rivoluzione e di ordine nuovo, consideriamo il diritto una delle garanzie più forti contro gli
operante di «socialismo istituzionale».
ma anche dai socialisti riformisti che accettano passivamente le costituzioni «borghesi»,
formula politica di comodo): occorre distinguere sempre tra la singolarità del fatto e la
arbitrî e i trasformismi. (Del resto, vecchia verità questa: furono i plebei a esigere leggi certe, «scritte», le future XII Tavole)2:
2
• da un lato accetta l'unità delle forze del lavoro nella lotta contro il privilegio,
uomini prima della realtà sociale, sia dai marxisti che sopravvalutano la priorità del
e infine prende a fondamento della propria opera il valore «sociale» del diritto e a
Comunità territoriali e ordini politici.
3. - Quale sia poi il nuovo ordine, la istituzionalità congrua di quella libera civiltà della
Ci rendiamo conto che il pensiero di Lenin (il testo fondamentale è, come si sa, Stato e rivoluzione) è
spiegabilmente contradditorio, oscillando fra diverse esigenze - le necessità della pratica e quelle della polemica teorica con gli anarchici; le necessità della rottura rivoluzionaria e quelle di prospettare una legalità che permetta il funzionamento dell'ordine nuovo, eccetera. Ma, in linea generale, si può dire che per lui ci si avvii, attraverso uno Stato socialista, al futuro comunismo propriamente detto, dove ci
quale il Movimento Comunità vuol farsi promotore, è stato illustrato nella letteratura del Movimento, e basterà qui accennarne gli elementi essenziali. Lo stato comunitario, fondato sulla integrazione armonica delle forze del lavoro e della cultura con quelle della democrazia, su una proprietà socializzata e radicata agli Enti territoriali autonomi (le Comunità), insisterà sulla tradizionale separazione dei poteri e sul
sarà una società politicamente organizzata ma non la consueta coazione statale (cfr. le osservazioni dello Schlesinger in La teoria del diritto nell'Unione sovietica, Torino, 1952, al cap. Il - è possibile
consolidamento e lo sviluppo del regime socialista e rappresenta il nucleo dirigente di tutte le
immaginare variamente le caratteristiche di questo finale stadio comunista: «totale realizzazione dei
organizzazioni dei lavoratori, tanto sociali che di stato».
definitivi ideali del liberalismo e dell'anarchismo» o «ferrea disciplina in cui nessuno osi opporsi alla
Articolo 141 :
decisione della maggioranza»?). Di questo Stato socialista è tuttavia difficile prevedere se sia una fase
«I candidati alle elezioni vengono presentati per circoscrizioni elettorali.
transitoria di pochi anni o di secoli; ed è difficile dire con esattezza quale è il significato di dittatura e
Il diritto di presentare dei candidati è assicurato alle organizzazioni sociali e alle associazioni dei
di legalità (fino a che punto dittatura in senso stretto, e quando dittatura in senso puramente
lavoratori: alle organizzazioni del Partito comunista, ai sindacati, alle cooperative, alle organizzazioni
sociologico, che non esclude a priori la legalità). Comunque a noi importa denunciare intanto gli
della gioventù, alle società culturali».
sviluppi storici del leninismo: che sinteticamente possono essere resi da due articoli della Costituzione sovietica del 1936 (artt. 126 e 141) e da un commento teorico autorevole, di Viscinskij.
Viscinskij (citato dallo Schlesinger, op. cit., cap. VIII) ha fatto nel 1939 alcune precisazioni sul diritto
socialista: «Il diritto socialista durante il compimento della ricostruzione socialista e il graduale trapasso dal socialismo al comunismo» viene definito come «un sistema di norme stabilite in forza di
Articolo 126: «In conformità con gli interessi dei lavoratori e allo scopo di sviluppare l'iniziativa delle masse popolari nel campo dell'organizzazione e la loro attività politica, è assicurato ai cittadini dell'U.R.S.S. il diritto di unirsi in organizzazioni sociali: sindacati, cooperative, organizzazioni della gioventù, organizzazioni sportive e di difesa, società culturali, tecniche e scientifiche, - mentre i cittadini più attivi e più coscienti appartenenti alla classe operaia e agli altri strati di lavoratori si uniscono nel Partito comunista (bolscevico) dell'U.R.S.S., che è l'avanguardia dei lavoratori nella loro lotta per il
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legge dallo Stato dei lavoratori, ed esprimente la volontà dell'intero popolo sovietico, guidato dalle
classi lavoratrici capeggiate dal Partito comunista, al fine di proteggere, rafforzare e sviluppare i rapporti socialisti e la formazione di una società comunista». Se, malgrado la Costituzione del 1936 e le varie dichiarazioni teoriche di uomini sovietici autorevoli, ci sia una più profonda intenzione di
arrivare a dissolvere il partito nello Stato, ciò va debitamente provato: ma, secondo noi, non può essere provato, almeno per ciò che riguarda il gruppo attualmente al potere. L 'ultimo congresso del partito comunista dell 'U .R.S.S. conferma la nostra convinzione.
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principio di un nuovo integrale federalismo interno, inteso nel senso di equilibrio di
Come si esprime a questo proposito Adriano Olivetti nel suo volume L'ordine politico delle
rappresentanza politica, non affrontato che parzialmente dalla democrazia politica e
tra le forze sociali e spirituali che vivono in uno Stato moderno. Questo equilibrio, che
risolto invece per eccesso dal regime sovietico. Il suffragio universale dello stato
abbiamo già analizzato nelle sue tre componenti (cultura lavoro democrazia) è
democratico infatti, specialmente in regime di partitocrazia, non dà assolutamente
rappresentato nelle singole Comunità dal nucleo originario del potere.
garanzie per la formazione di una classe dirigente politica «aperta», cioè alimentata e
"La formazione differenziata e indipendente di ciascuno degli organi tra i quali è diviso
provata dal passaggio obbligato attraverso il governo degli enti territoriali minori e di
l'esercizio dei tre poteri, legislativo, esecutivo, giudiziario, deve riflettere l'equilibrio
aggregati sociali naturali come scuole, aziende, sindacati; e la teoria del Gruppo Guida,
politico rappresentato dal nucleo originario del Potere.
accettata nello Stato sovietico, è ben lontana dall'offrirci le necessarie guarentigie
"La libertà non è adunque salvaguardata unicamente dalla separazione e dall'equilibrio dei
giuridiche circa la formazione, l'apertura, la sostituibilità di tale Gruppo, e circa il pericolo,
poteri, ma anche dall'immissione, entro ciascuno degli organi costituzionali che tali poteri
In verità i mezzi adeguati a raggiungere i nostri fini sono molto complessi e si
Solo così il principio vitale della libertà, che è coesistenza di forze, impregnerà come una
prospettano in tre fasi distinte ma compresenti :
linfa, in tutte le sue ramificazioni, il grande albero dello Stato ».
•
Queste
autonomie tra periferia e centro. Inoltre esso si porrà il problema fondamentale della
quindi, che esso si trasformi in oligarchia3.
organizzazione istituzionale della cultura fondata sul riconoscimento giuridico di
Comunità4, "La libertà è garantita quando si stabilisca giuridicamente un nuovo equilibrio
esercitano, delle diverse forze sociali e spirituali che caratterizzano uno Stato moderno.
precisazioni
possono
aiutare
a
chiarire
il
carattere
antitecnocratico
e
istituti culturali specializzati a statuto democratico (Istituti per le Scienze politiche e
anticorporativo del Movimento Comunità, che non è stato sinora compreso da tutti. I
Amministrative, per la Istruzione e la Educazione, per Urbanistica, ecc.);
tecnici, in quanto tali, rappresentano la specializzazione, l'unilateralità, l'analisi; la
•
equilibrio dinamico, nell'àmbito delle Comunità territoriali, tra le forze sindacali, gli
competenza del politico invece deve saper vedere ogni esigenza specifica sotto l'angolo
organi decentrati delle istituzioni culturali e i Centri Comunitari di formazione
più ampio degli interessi generali, e dei fini stessi, della società. La rappresentanza
Potere);
secondo noi deve proporsi una società organizzata; essa tcnde a rafforzarc gli interessi
• presenza attiva e coerente, in tutte le fasi del processo costituzionale - ad ogni grado
costituiti e a rendere più deboli proprio quelli che lo stato dovrebbe difendere come
(Comunità, Regioni, Stato) - delle istanze culturali e delle garanzie democratiche.
generali o meglio ancora universali, appartenenti a tutto l'uomo. Il Movimento Comunità
Si ha in tal modo una concreta integrazione e un superamento del marxismo-leninismo,
non indica quindi come nuova classe politica gli ordini professionali, ma veri e propri
che affidava la rivoluzione sociale alla diarchia operaio-intellettuale senza tuttavia
ordini politici, le cui funzioni riflettono tutte e solamente le attività politiche aventi una
riconoscere il nesso eterno tra libertà e democrazia né il valore differenziato dei termini
radice spirituale e una validità universale: giustizia, lavoro, assistenza, educazione,
giustizia, lavoro, educazione, scienza, né in generale la complicazione della società
economia, urbanistica.
democratica. Il potere politico sorgerà come sintesi di queste forze (nucleo originario del
moderna e quindi dello Stato, il quale abbisogna oggi, per una sua civile esplicazione, di forme istituzionali pluraliste di delicata struttura.
professionale di categoria, postulata dai corporativisti, è proprio l'inverso di ciò che
La situazione mondiale. Popoli coloniali e aree depresse.
4. - Se a questo punto ci trasferiamo sul piano della situazione mondiale, la troviamo 3
Queste osservazioni sono fatte senza ignorare la maggiore «apertura» che si è voluta dare via via al
dominata da un problema che ci sembra esemplare sia delle origini del travaglio
Partito comunista dell'U.R.S.S., così da poter essere considerato alla fine una organizzazione più
contemporaneo, sia delle possibili soluzioni: il problema, oggi entrato in una fase
comunista dell'U.R.S.S. rimane pur sempre, e sotto certi aspetti diviene sempre di più, organo di parte,
d'Oriente. Su di esso, il pensiero socialista democratico ha denunciato una insufficienza di
nazionale che classista, cioè di un àmbito che tende a coincidere con quello statale. Ma il Partito
in esso si è vincolati a una determinata filosofia politica - dove lo stesso socialismo ne ammetterebbe
più di una, per non dire innumerevoli -, in esso ha limitazioni assai gravi la democrazia interna e non è possibile un controllo istituzionale del potere dei suoi capi. Inoltre la stessa «apertura», di cui si
drammatica e sanguinosa, dei popoli coloniali e del risveglio nazionale d'Africa e sensibilità storica, mentre a noi sembra che proprio qui sia necessario proporre soluzioni storicamente più fondate e concettualmente più audaci.
discorre sopra, ha indubbiamente valore sul terreno dell'evoluzione costituzionale: ma in effetti, nel quadro dell'assedio a cui la nazione russa è stata sottoposta per anni da parte delle potenze
capitalistiche, può anche segnare la definitiva involuzione in senso nazionalistico di un ideale internazionalista.
4
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A. O. : L'ordine politico delle Comunità, 2. ed., Milano, 1951, pagg. 310-311.
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Verso questi popoli, gli errori e le colpe degli occidentali sono insieme di governi, di
possesso della cultura internazionale (il Disegno di Costituzione Mondiale presentato da
vorrebbero essere considerati liberali, e anche, aggiungiamo, di uomini della cultura. C'è
democratici il peso delle istituzioni culturali e delle forze sindacali, vere radici atte a
una notevole incapacità e cattiva volontà, in tutti costoro, di cogliere il senso della storia
determinare nel corpo costituzionale una linfa vitale. E in questo ordine di idee è ancora
di questi popoli, uno strano oblìo sulle origini spesso violente delle stesse democrazie
l'azione politica di Manvendranath Roy e del suo gruppo neo-umanistico indiano, che lotta
occidentali e una buona dose di presunzione e di arroganza, mista a paura per l'avanzare
per l'emancipazione, sul terreno delle idee e su quello delle istituzioni, delle forze della
dello stalinismo, nell'imporre alla libertà forme nate da esperienze storiche particolari od
cultura e per una democrazia federalista, «in direzione di piccole organizzate democrazie
estranee. In particolare molti uomini di cultura, che si ritengono versati nei problemi
integrate in una struttura a piramide che costituirebbe lo Stato, e dotate, ognuna di esse,
orientali (ma in realtà sono uomini di limitato interesse culturale) passano dalla sufficienza
di effettivo potere economico e politico»5.
gruppi politici (non esclusi i socialisti democratici), di gruppi di produttori che pur
un gruppo di studiosi dell'Università di Chicago) postula accanto ai tradizionali valori
paternalistica al falso rispetto (il rispetto per le cose «così come stanno») all'infatuazione per il pittoresco e l'esoterico. In Oriente, come in Occidente, c'è da sceverare il bene dal male. Nelle loro correnti migliori le grandi religioni orientali sono tolleranti, e fiere della loro tolleranza; la democrazia locale ha spesso tradizioni millenarie in diverse civiltà contadine dell'oriente. Ora, gli schemi della democrazia partitica (e certi precisi interessi da conservare o da alimentare) hanno portato gli occidentali «democratici» all'appoggio di forze, che non hanno alcuna seria analogia con le borghesie - illuministiche e imprenditrici - dell'occidente sette-ottocentesco. Un formale (e interessato, e sollecitato anche dalle burocrazie coloniali) rispetto della situazione costituita, il pregiudizio nei riguardi di qualsiasi possibile successore giacobino, fanno sì, poi, che gli occidentali
favoriscano continuamente le forze più illiberali: nazionalisti confessionali, latifondisti, appaltatori di tasse per conto di autocrazie feudali, tirannici scontisti, affaristi legati a interessi esterni al paese e affermatisi all'ombra delle armi straniere, tutte categorie che non hanno alcun interesse né economico-sociale né culturale o religioso alla libertà. Viceversa l'esperienza recente ci insegna che in questi paesi arretrati, una rivoluzione sociale ha inizio con un'alleanza di elementi eterogenei, nella quale solo il permanere di certe cause specifiche finisce per determinare la prevalenza dello stalinismo, spesso in minoranza all'inizio. D'altra parte i comunisti, che nel voler risvegliare la spinta libertaria di larghe masse - specie rurali - sono, storicamente, dalla parte della ragione, operano in nome di una libertà etnica, razziale, che non è esattamente la nostra libertà. Ora, invece, è da dire che nei paesi che escono da un regime coloniale, come in genere in tutte le aree depresse, le strutture comunitarie particolarmente si prestano a indicare un sistema atto ad avviare verso Stati federali sopranazionali. Nei paesi coloniali, come in genere nelle aree depresse, la tradizionale democrazia politica formale è reazionaria e masse inorganizzate di milioni di uomini, con larga prevalenza di contadini, non hanno per mezzo di essa la possibilità di esprimere organismi validi ai fini della civiltà. Le masse rimangono fatalmente dominio di oligarchie totalitarie, sia che alzino la rossa bandiera
della rivoluzione, sia che sotto le apparenze delle libertà nominali si facciano strumento di un feudalismo decadente. Le strutture comunitarie, fondate su integrazioni tra il principio territoriale e il principio funzionale, offrirebbero una interessante soluzione a un arduo problema costituzionale sinora insoluto. Anche un documento di alto interesse in 53
5
Manvendranath Roy ha partecipato dal 1906 al movimento di liberazione nazionale in India e, dal
1917, ha avuto un ruolo di primaria importanza entro le formazioni politiche di sinistra d'Asia, d'Europa e d'America (Messico). Per molti anni è stato a capo del «dipartimento orientale» dell'Internazionale Comunista: si è poi via via orientato verso posizioni «al di là del comunismo», di umanesimo radicale, per le quali al mutamento delle strutture economico-sociali si nega la priorità assoluta e viene richiesta, come fondamentale al pari di esso, la fondazione di istituti per l'esercizio concreto e diretto, da parte di tutti, delle libertà indi viduali («salvo che come somma totale di libertà e di benessere attualmente goduti da parte degli individui, la liberazione sociale e il progresso sono ideali immaginari, che non verranno mai realizzati»). Roy è uno dei maggiori scrittori politici dell' Asia.
Nel recensire The Meaning of Democracy, di Ivor Brown (sulla rivista The Humanist Way da lui diretta [voI. IV, n. 4, 1951]) egli scriveva: «Non c'è dubbio che l'autore [Brown] attribuisce, nella sua esposizione, importanza di primo piano ai partiti politici. Egli è certo conscio dei pericoli legati ai partiti politici, ma ritiene che possano essere eliminati con una riforma delle condizioni delle masse.
Non appare chiaro come, esistendo i partiti politici, si possa evitare la lotta per il potere; e se la lotta per il potere continua ad essere la molla della prassi politica, l'inganno e la demagogia saranno
all'ordine del giorno. In realtà i metodi che l'autore cerca di correggere nel suo volume sono da attribuirsi in massima parte ai partiti politici. Brown ammette tuttavia che i partiti (e nel caso particolare si deve intendere i partiti politici) sono inevitabili, in quanto, affondano le loro radici nella
natura stessa degli uomini. Non ci riesce di comprendere lo scopo di tutta la fatica da lui spesa a
questo proposito. I partiti politici propriamente detti hanno origine recente, e sono concepiti nel presupposto che la detenzione del potere politico sia essenziale per il conseguimento dei mutamenti
sociali e costituzionali desiderati. Quindi la conquista del potere politico è stato l'argomento principale
dei loro programmi, e buona parte della confusione del mondo di oggi deriva inevitabilmente da questo concetto. La tragedia dei tempi moderni è l'atomizzazione della persona, costretta a farsi
insignificante e impotente in mezzo a una società potente e ad uno Stato onnipotente. I partiti politici
hanno colto tutti i vantaggi possibili dalla situazione, ed hanno fatto dell'individuo un essere vuoto e miserabile. Ci sembra che la soluzione sia da ricercarsi in direzione di un sistema di piccole organizzate democrazie, integrate in una struttura a piramide, che costituirebbe lo Stato, e dotate,
ognuna di esse, di effettivo potere economico e politico. Lo stesso Brown dimostra di cogliere il punto essenziale quando scrive che «la decentralizzazione del controllo industriale ed economico, effettuata in modo che l'operaio senta che attraverso il suo voto egli diviene qualcuno sia nella fabbrica che nello Stato, è evidentemente la necessità del momento attuale». Questo concetto merita di essere studiato
ed daborato in tutti i suoi aspetti e le sue conseguenze, e ciò che qui si vuol concedere a ogni operaio «spetta altresì ad ogni cittadino nei confronti del potere politico ed economico».
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Per tornare su un terreno più contingente, è chiaro che gli occidentali rimarranno
sovrani, ma sboccare in Asia e in Africa in federazioni continentali e sub-continentali
hanno, in passato, alternato protezionismo e liberismo, a seconda che fosse necessario
educate alla lotta per un ordine internazionale.
nell'errore sinchè insisteranno nell'appoggiare una economia liberale inesistente: essi che
fortificare le proprie aziende in fase critica o sconfiggere le Industrie artigiane dei paesi arretrati (mentre spesso, come contropartita, iniziavano uno sfruttamento intenso di materie prime, accompagnandovi non raramente la conquista militare). Oggi crediamo
(quale per esempio la Federazione dell' Asia del Sud-Est vagheggiata anche da Nehru)
L' ordine internazionale.
5. - Alla luce di questi esempi, sarà facile risalire alla posizione del Movimento Comunità
apparisca finalmente evidente che il progresso occidentale è legato a una visione unitaria
in
del mondo: la sorte del contadino persiano, cinese o indiano è legata alla sorte
internazionale, con il contrapporsi di blocchi armati a dividersi l'intera faccia della terra, è
dell'operaio urbano europeo e americano. E ciò per ragioni di comune benessere e di
terreno troppo vasto e infuocato perchè il Movimento Comunità possa pensare di
giustizia, di stabilità economica e di ordine internazionale. Pertanto un qualsiasi riarmo è
determinarne gli sviluppi con una dichiarazione programmatica. Noi pensiamo tuttavia
giustificato solo nei limiti in cui conservi carattere difensivo e si accompagni a un radicale
ordine
al
problema
generale
dei
rapporti
internazionali.
La
politica
estera
che, allo stato attuale delle cose, sia piuttosto questione di chiarezza di principi che di
piano di cooperazione economica, attuato senza discriminazioni e sotto la responsabilità
abilità diplomatica. Alla consueta antitesi di occidente contro oriente, carica spesso di non
degli Stati, non dei gruppi sezionali. Occorre rendere operante la politica del «punto
chiari motivi polemici, abbiamo preferito l'antitesi tra il mondo ove si ha «certezza del
quarto» di Truman6, e tenere soprattutto presente che il riarmo può essere uno strumento
diritto» e il mondo in cui questa certezza del diritto non è garantita. O addirittura, se si
sussidiario e di emergenza, ma che, se esso porta ad alleanze degli occidentali coi ceti
vuole, tra il mondo ove vige l' habeas corpus e il mondo ove l' habeas corpus non vige,
oppressori nei paesi che lottano per il loro progresso tccnico e per un assetto sociale più
qualunque sia il confine geografico che li divide. E per chiarire infine in assoluto i rapporti
giusto, fallisce al suo scopo e va respinto senza compromessi. La lotta per la libertà può
tra le democrazie «progressive» in Europa e le democrazie «storiche» in Asia, diremo che
essere sostenuta proprio e soltanto appoggiando le riforme di struttura (specie agrarie), i
noi siamo contro la colonizzazione occidentale (in atto) in Asia, e contro la colonizzazione
(piano per lo sviluppo economico cooperativo dell' Asia meridionale e sud-orientale, ove
Siamo cioè contro tutti quei sistemi che o tendono a fare di alcuni popoli i soggetti e di
sono scartate imposizioni unilaterali). In altri termini, e per concludere: la spinta
altri gli oggetti della politica internazionale; contro gli accordi dei «grandi» stipulati in
all'emancipazione nazionale, legata alle aspirazioni libertarie, particolarmente delle masse
conto e sulla pelle dei «piccoli», contro le zone d'influenza e ogni tipo di politica di
rurali, e attualmente sorretta dai comunisti, non porterà ad imboccare una via cieca, al
potenza.
termine della quale c'è stasi e involuzione se non guerra, solo se accompagnata dalla lotta
Siamo, certo, per una assise internazionale di stati, ma contro il tipo di rappresentanza
per il diritto e per la libertà della cultura; e se dovrà non già concludersi in nuovi Stati
costituito dall'ONU, ove, in virtù dell'ossequio alle sovranità nazionali, gli Stati Uniti o
ceti capaci di realizzarle, e i piani nazionali e sopranazionali, tipo Piano di Colombo7
russa (eventuale) in Europa.
l'URSS hanno in linea di diritto lo stesso peso delle più piccole nazioni, mentre, in virtù 6
Ecco i passi più importanti del Punto IV di Truman (dal discorso inaugurale da lui tenuto al Congresso
nel febbraio 1949, come 33° Presidente degli Stati Uniti d' America):
«Dobbiamo impegnarci in un nuovo audace programma al fine di utilizzare i benefici della nostra marcia scientifica e del nostro progresso industriale nel miglioramento e nello sviluppo delle aree depresse. (.) Il vecchio imperialismo - sfruttamento da parte di stranieri - non trova posto nei nostri
piani. Ciò che noi intendiamo è un programma di sviluppo fondato sul concetto di un leale
dell'ossequio alla politica di potenza, esiste contemporaneamente un diritto di veto per i più grandi. E dove, d'altra parte, anche la stessa ammissione all'assemblea, anzichè essere
un diritto di ogni stato democratico, è sottoposta ai mutevoli criteri della guerriglia diplomatica. Il primo passo verso una normalizzazione dei rapporti internazionali sarebbe dato certamente dal democratizzarsi interno dell'ONU, ma è ben difficile che una Organizzazione delle Nazioni Unite sia democratica, se non sono interamente democratici
comportamento democratico. (.) La democrazia soltanto può fornire quella forza vitale atta a stimolare
gli Stati che vi appartengono, e se il mandato ai delegati nazionali non sia conferito in
loro nemici di sempre: fame, miseria, disperazione».
D'altro canto, un'altra considerazione ci sembra qui necessaria. Lo stato moderno è
i popoli del mondo a un'azione vittoriosa non solo contro i loro oppressori umani, ma anche contro i 7
Il Piano di Colombo (del 1950. Così chiamato dalla città di Colombo nell'isola dì Ceylon) si concertò
per i paesi asiatici del Commonwealth, con l'accordo di tutte le nazioni del Commonwealth stesso, e mentre alle riunioni per la sua redazione erano presenti osservatori della Birmania, dell'Indonesia, dell'Indocina e del Siam. E' un piano fondato sul presupposto che sia un dovere per le nazioni più progredite e in posizione più fortunata, partecipare all'elevazione del livello di vita delle aree arretrate
o depresse. Altra sua caratteristica essenziale consiste nel non essere di formazione autoritaria, «unilaterale», ma nel chiamare anzitutto in causa le rappresentanze responsabili dei paesi interessati.
55
modo più esplicito dai popoli che essi rappresentano. andato via via estendendo in modo inesorabile la rete dei suoi interventi nella vita sociale,
ed è ormai impossibile prescindere dalla sua presenza in qualsiasi azione politica anche marginale. Persino le Internazionali di qualsiasi tipo, hanno perduto quasi del tutto ogni significato politico se non quello di agenzie esecutive di uno Stato guida. Questa onnipotenza dello Stato (oggi nessuna opposizione, anche la più accanita, respingerebbe 56
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a priori l'occasione di una partecipazione al governo, qualunque fossero le differenze
contro la partitocrazia. Il partito moderno è uno strumento centralizzato e burocratico che
concentrare gli sforzi in favore del superamento degli Stati nazionali interamente sovrani e
nazionalismi riguardo alla vita internazionale, e costituisce un diaframma artificiale, e
in favore della costituzione di ordinamenti giuridici superiori, federazioni continentali o
spesso oppressivo, tra la realtà sociale e gli organi politici della collettività. Il monopolio
sub-continentali.
della vita politica in tutte le sue fasi ormai assunto dai partiti, suggerirebbe una strada -
ideologiche con gli altri partiti compartecipi) sembra far concludere per la necessità di
svolge nell'àmbito dello Stato una funzione di sclerosi analoga a quella svolta dai
per altro non scevra di pericoli - per garanzia dei cittadini: cioè un controllo costituzionale
Federazione europea.
continuo sulla democraticità interna dei partiti, il che implicherebbe una sorta di
6. - In primo luogo, la Federazione europea. Una Federazione europea, beninteso, aperta
riconoscimento giuridico, non interamente dissimile da quello che si è andato imponendo
a tutti gli Stati che vogliano accedervi, accettando un assetto interno di democrazia
per i sindacati. Ma, oltre tutto, rimarrebbe sempre estremamente difficile stabilire il
garantita dalle leggi. II Movimento Comunità vede, ripetiamo, un elemento di progresso
criterio «obiettivo» per il diritto alla permanenza e per le ammissioni di nuovi soci nel
divisione del mondo in sfere d'influenza, una Federazione europea è l'unica risposta
vincoli costituzionali, che limitino, dall'esterno, i partiti.
democratica coerente ai vari nazionalismi, e anzi l'unica strada per riacquistare alle
Fermandoci a un aspetto della contesa elettorale, diremo che l'adozione del sistema
nazioni d'Europa la qualità di soggetti della storia. Inoltre, l'esperienza dimostra che solo
proporzionale in questo dopoguerra italiano - nel quale la democrazia ha avuto per buona
Stati strategicamente forti pongono e risolvono il problema delle autonomie all'interno; e
parte il carattere reazionario di una restaurazione, con la responsabilità di tutti i partiti
la realtà politica attuale indica che attraverso la battaglia per il federalismo europeo e per
politici e dei loro dirigenti, - si, può affermare che abbia avuto effetti non benefici nella
una costituente europea si possono individuare e combattere i nemici di ogni struttura
nostra vita politica, in quanto ha reso arbitro il partito delle scelte dell'elettorato e
federalista e comunitaria, e preparare invece una classe politica non esclusivamente legata
addensato i riflettori della propaganda sui dogmi anzichè sui problemi e sugli uomini. Va
Comunità è naturalmente federalista, ma vede con decisa opposizione la possibilità che
contingente, ma piuttosto per prendere aperta posizione verso un problema che la
l'idea federalista declini in una sorta di strumentalismo strategico e in una coalizione di
congiuntura politica ha sollevato, che il Movimento Comunità è d'avviso che occorra
nel fenomeno federativo, sopranazionale. Nel caso poi particolare dell'Europa, e data la
ai partiti - che sono poi le cose che a noi interessano di più. Per questo il Movimento
partito. Probabilmente conviene spezzare il monopolio creando una serie di strutture e
subito detto tuttavia, senza che ciò significhi un nostro entrare nella polemica
Stati. Federalismo non deve essere statalismo, ma al contrario struttura sempre più
assolutamente un dispositivo costituzionale per impedire alla maggioranza di essere
autonomistica nell'àmbito degli Stati, autonomia generale. Una federazione di Stati
arbitra del suo perpetuarsi. Naturalmente lo Stato democratico si deve difendere a
accentrati e nazionalisti è una contraddizione in termini e potrebbe addirittura servire a
qualunque costo contro qualsiasi gruppo che, mascheratosi di legalità, tenda a sovvertirlo
bloccare lo status quo sociale esistente, anzichè essere un elemento di innovazione. La
in senso totalitario. A qualunque costo, abbiamo detto: ma appunto per questo occorre
Federazione europea darà all'Europa autonomia e salvezza, ma ciò stabilmente per sè e in
avere le carte rigorosamente in regola. Aggiungeremo che alcuni di noi, pur dando per
modo esemplare per gli esterni, solo se federazione è intesa nel senso integrale di
scontato il danno che ne potrebbe venire in un primo tempo alle fortune elettorali proprio
articolazione politica e amministrativa antimonopolistica in ogni senso.
con ballottaggio per le elezioni della Camera, convinti che ciò avrebbe un decisivo valore
In definitiva gli Stati Uniti d'Europa saranno una realtà viva e operante in quanto
per l'elevazione del livello culturale del Parlamento. La proporzionale riuscì solo in piccola
immediata conseguenza di un comune scopo spirituale e di un assetto politico e sociale
misura a infrangere le clientele meridionali e, attuando un astratto criterio di giustizia,
nuovo e omogeneo8.
staccò invece il contatto umano, diretto e personale tra il corpo elettorale e la sua
Stato, partiti e classe politica.
deputazione, falsando in tal modo una delle condizioni più preziose della democrazia.
7. -Venendo infine sul terreno della politica interna, il Movimento Comunità, in nome dei
Con maggior coerenza di coloro che fanno della proporzionale una questione di principio,
principi autonomistici e concretamente liberali esposti sinora, rivolge la sua opposizione
il Movimento Comunità ha sempre opposto alla struttura verticale e gerarchica dei partiti
decentramento assoluto, di autonomia generale anche nei confini degli Stati, di
dei partiti che si presentano meno massicci, auspicano un ritorno al collegio uninominale
la ripartizione del potere, il federalismo interno e l'integrazione ininterrotta di elementi 8
Il Movimento Comunità ha appoggiato sin dagli inizi gli scopi dichiarati dal «Consiglio dei Comuni
d'Europa» e appoggia la battaglia per la realizzazione dei princlpi contenuti nella «Carta europea delle
autonomi, comuni, province, regioni, associazioni. E in linea più generale, contro le «scuole di partito» e i diversi inviti alla politique d'abord, risolti sempre nel dogmatismo, il
libertà locali», alla cui redazione ha dato un suo contributo dottrinario e di pratica esperienza (vedi la
rivista Comunità, n. II, giugno, 1951: «Partecipazione delle libere collettività locali a un consiglio europeo dei comuni»; e n. 15, ottobre, 1952: «Carta europea delle libertà locali»).
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Movimento Comunità offre l'esempio della Società Fabiana inglese9 e la solida
strumento della lotta politica, e fonda tutta la sua azione sulla efficacia politica delle
maturazione di una classe dirigente aperta a tutti i problemi della collettività; una classe
dirigente, si potrebbe dire, di «partiti» anzichè di partito, che senta la vita politica come una necessità pregiudiziale, e non la ideologia e il mito come pregiudiziali alla vita politica. Contro le parole d'ordine e i puri rapporti di forza, premesse mai smentite
associazioni territoriali autonome, i sindacati autonomi, le forze della cultura.
Per una concreta difesa delle libertà.
8. - Sul terreno delle libertà politiche tradizionali minacciate in questi ultimi tempi da
d'oppressione e di intolleranza, il Movimento Comunità offre l'azione chiarificatrice e
clamorosi attentati, il Movimento Comunità si richiama al fervore personalista che lo
illuminante portata nella pianificazione urbanistica, nel servizio sociale, nella più energica
anima per farsi interprete della necessità del rispetto della persona (contro il
complementarità delle forze economiche e degli organi amministrativi, nella formazione di
mantenimento di leggi e regolamenti di tipo fascista o contrari alla Costituzione, contro
una classe dirigente fedele alla amministrazione e alla autonomia.
ogni eccesso poliziesco nell'amministrazione della giustizia e nel regime carcerario,
Occorre tuttavia chiarire a questo punto che, sulla base delle premesse morali e politiche
contro ogni intolleranza e ogni censura, contro ogni coartazione), e si associa in questo
Comunità, non è incompatibile per un comunitario militare in un partito politico. Di fatto,
contro chi nell'astratta difesa della libertà universale trova (o cerca) un alibi per non
la maggior parte dei comunitari è impegnata direttamente e politicamente nella vita delle
arrivare a riforme di struttura e per non risolvere le questioni concrete. Non si tratta
amministrazioni, nelle aziende, nei sindacati, nel servizio sociale, nelle attività
soltanto di «difesa della libertà», a cui è chiaro che ogni uomo che rispetti se stesso debba
urbanistiche, nella scuola, nel giornalismo, e rimane in posizione indipendente rispetto ai
associarsi, ma si tratta principalmente di creare gli strumenti per l' esercizio della libertà
partiti. Ma altri che sono impegnati in un'azione di partito, possono essere coerentemente
in concreto, di trovare i mezzi idonei onde si formi e si esprima liberamente l'opinione
e di ugual diritto comunitari; naturalmente se militano in uno di quei partiti che lasciano
pubblica. In questo senso i centri comunitari dovrebbero essere i luoghi nei quali tale
intravvedere la possibilità di tradurre sul piano della politica quotidiana alcune delle
opinione liberamente si forma, attraverso nuclei di dibattito popolare: luoghi di incontro e
informandosi ai postulati del Movimento, possa divenire sul piano parlamentare uno degli
questo è lavoro a lunga scadenza, mentre altri, e non pochi, sono i problemi che
strumenti essenziali per la loro realizzazione.
presentano carattere di urgenza.
Tuttavia essi dovranno avere ben chiaro che un partito non potrà mai essere che uno degli
In primo luogo, le riforme atte a consentire nel modo più ampio, da parte di tutti,
strumenti, e mai l'unico, per la realizzazione di obiettivi politici. II Movimento Comunità
l'esercizio della libertà di stampa e d'informazione. Piuttosto che attraverso il controllo
infatti respinge l'interpretazione del partito o dell'azione parlamentare come unico
delle fonti di finanziamento dei giornali e delle agenzie d'informazione, in pratica
di cui ai punti I ), 2), 3), oltre che delle Proposizioni fondamentali 1949 del Movimento
principali esigenze del Movimento Comunità; se non addirittura di un partito che,
alla più sana tradizione liberale. Tuttavia anche in questo campo esso mette in guardia
di ricerca e non, come le sezioni dei partiti, monopolio di soluzioni prefabbricate. Ma
difficilmente attuabile, una più vasta garanzia per l'esercizio di tale diritto sarà probabilmente da ricercare attraverso disposizioni che consentano di ridurre il costo delle 9
La Fabian Society, in vari decenni di lavoro in stretto dialogo col partito laburista e con le Trade
Unioons (e conservando «gelosamente», come tengono a dichiarare i suoi stessi membri laburisti, la sua indipendenza) si è preoccupata di delineare una serie di riforme di struttura, anche quando non se ne vedeva immediatamente possibile la realizzazione per gli esistenti rapporti di forza politici. Non
pubblicazioni e della diffusione di notizie, sottraendo, al tempo stesso, le minori imprese giornalistiche alla sopraffazione dei grossi monopoli economici.
Per esempio, la socializzazione (almeno parziale, ma stabilita, con giustizia geografica, nei centri più importanti) delle aziende tipografiche consentirebbe di disciplinare
impegnata nelle contese elettorali politiche, la sua forza è consistita nell'assenza di ogni tatticismo,
l'utilizzazione dei relativi impianti secondo criteri distributivi e di assicurare al maggior
nella larga apertura - senza dogmatismi - agli esperti e nella sua fiducia nell'azione educativa svolta,
numero possibile di correnti d'opinione le più agevoli condizioni per l'espressione del
oltre che con i consueti libri e pamphlets, da più diecine di centri o società fabiane locali, e anche
proprio pensiero. Altre misure per facilitare la libertà di espressione potrebbero essere:
attraverso scuole e convegni.
una congrua riduzione dei costi della carta, sottraendone la produzione e la distribuzione
Sarà forse a questo punto utile riportare una considerazione del laburista Aneurin Bevan (In Plact' of fear, London 1952; nella traduz. ital., Il socialismo e la crisi internazionale, [Novara] 1952): «È
abitudine di molti pubblicisti irridere al Partito laburista per il suo attaccamento a quelli che passano per princìpi dottrinari». Dal tono di questi attacchi vien fatto di pensare che la mancanza di princìpi sia,
in politica, la cosa più conveniente. Nessun uomo di stato può reggere alla tensione imposta dalla vita
politica moderna senza quell'intima serenità che deriva dall'aderenza a un certo numero di convinzioni fondamentali. Senza la loro influenza equilibratrice, egli è in balìa d'ogni brezza passeggera. Intelligenza e agilità politica non possono sostituirle validamente».
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al regime di monopolio, una più larga politica di esenzioni fiscali in favore delle aziende editoriali e, infine, il controllo delle fonti di finanziamento indiretto rappresentate, ad
esempio, dai contratti pubblicitari stipulati da enti e società di diritto pubblico, che dovrebbero essere equamente ripartiti fra tutti i giornali. D'altro canto, la diffusione di notizie di particolare rilievo politico e sociale dovrebbe essere garantita da altre disposizioni: quale l'obbligo, sancito per legge, della 60
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pubblicazione da parte di tutti i quotidiani dei resoconti sommari ufficiali dei lavori
analogia con la situazione auspicata per la magistratura. Nel campo scientifico, il
gratuite di richieste e offerte di lavoro e di altre informazioni di preciso e riconosciuto
e scientifico-sociali, pubblici ma indipendenti dall'Esecutivo. Nel campo del Servizio
interesse sociale.
Sociale, pur apprezzando e coadiuvando gli sforzi in atto per l'educazione popolare e
In secondo luogo, il problema della radio, divenuta in Italia monopolio governativo, e il cui
l'organizzazione del tempo libero, il Movimento Comunità mette in guardia contro il
regime dovrebbe essere riformato con il porla a servizio della cultura attraverso
pericolo di inghiottire tutto l'uomo nell'azienda «umanizzata» e nella ricreazione
l'elaborazione di nuovi e più specializzati programmi e con la istituzione su base
organizzata, ed è favorevole invece al rispetto profondo per la spontaneità e l'interiorità
parlamentari e la edizione da parte delle amministrazioni locali di bollettini d'inserzioni
Movimento Comunità è favorevole ad organi di indagine e di informazione tecnico-politici
democratica di organi direttivi, tecnici e di controllo.
dell'operaio, del bracciante, dell'uomo della strada, anch'essi «persone»11. Proprio
E infine le riforme rivolte a moralizzare, in linea di principio e di fatto, la lotta politica,
sottolineando tale pericolo insito nel regime sovietico, Sidney e Beatrice Webb scrivevano:
quali per es. la regolamentazione circa l'affissione dei manifesti elettorali solo su adeguate
«È dalla facoltà di pensare nuovi pensieri e di formulare anche le più inattese idee nuove
porzioni di appositi spazi, con divieto di invadere le zone riservate alle liste avverse10; il
che dipende il progresso futuro dell'umanità»12.
prezzo politico della carta e altri accorgimenti per diminuire la schiacciante superiorità economica di alcune formazioni politiche su altre. Oggi i partiti hanno spesso bilanci formidabili e privi di qualsiasi controllo, le loro spese (elettorali e non) raggiungono miliardi, e alle minoranze democratiche è praticamente impossibile affrontare la tempesta e il fragore delle lotte elettorali in condizioni di ragionevole equilibrio. Ora, se è vero che un controllo del bilancio dei partiti è di ipotetica realizzazione e presenta anche qualche difficoltà di principio, è anche vero che i partiti maggiori esercitano nel campo politico una funzione simile a quella che esercitano nel campo economico i grossi monopoli.
11
A chiarimento del nostro pensiero, e ad evitare interpretazioni «conservatrici» di esso, rimandiamo
all'articolo Ricreazione educazione e servizio sociale (v. Ricreazione, anno III, n. 1-2-3, genn.-febbr.marzo 1951) di Angela Zucconi. 12
In Il comunismo sovietico: una nuova civiltà di Sidney e Beatrice Webb (voI. Il, «Post scriptum» alla
seconda edizione, Einaudi, Torino 1950) si dice: «Molto più grave [rispetto ai mali della burocrazia], per il pericolo che può derivarne per il futuro progresso sociale, è la persistenza nell'U.R.S.S. della decisa riprovazione e anche repressione, non della critica dell'amministrazione, che è, pensiamo noi, più persistentemente e più attivamente incoraggiata che in qualsiasi altro paese, ma del pensiero
Politica e cultura.
9. - Sfioriamo qui, per altra via, un problema che il Movimento Comunità ritiene fondamentale, i rapporti tra politica e cultura. È stata chiarita di recente la distinzione tra «politica culturale» (di cui è soggetto lo Stato, la cultura oggetto, e la libertà della cultura la vittima) e «politica della cultura» (in cui invece sono gli uomini di cultura i soggetti, che intervengono, in quanto tali, nella vita politica). Noi accettiamo questa distinzione per intendere l'espressione libertà della cultura in senso attivo: non soltanto quindi libertà dallo Stato, ma libertà nello Stato, libertà nell'impegno, libertà nella vita. In coerenza con
questi princìpi il Movimento Comunità nella sua lotta contro il pauperismo, a favore del pieno impiego, della pianificazione urbanistica, della scuola gratuita, delle borse di studio, dei centri comunitari e culturali, non intende appoggiarsi a determinati gruppi privilegiati naturalmente conservatori che detengono oggi unilateralmente gli strumenti della cultura; ma vuole combattere una battaglia per la cultura e per uno Stato che si appoggi, anche, sulla cultura. Per questa cultura (cultura unitaria, cultura per l'uomo, contro la frammentarietà delle tecniche, e l'unilateralità dei linguaggi specializzati; una cultura in cui sia possibile la sintesi, e in cui risplenda l'amore per la vita), ogni garanzia di libertà
deve essere assiduamente cercata. Qualche esempio. Nel campo scolastico, il Movimento Comunità è favorevole all'autonomia disciplinare e didattica degli insegnanti statali, in
indipendente su problemi sociali fondamentali, su possibili nuovi modi di organizzare gli uomini in società, su nuove forme di attività sociale e nuovi sviluppi del codice di condotta socialmente stabilito. È dalla facoltà di pensare nuovi pensieri e di formulare anche le più inattese idee nuove che dipende il progresso futuro dell'umanità». Ci piace inoltre, a questo punto, richiamare una pagina di Alain (del 1934; ripubblicata dalla rivista francese Federation, luglio 1951): «Viendra-t-il un temps, où la politique ne declamera plus? Il faut l'esperer. On demande à la societe la sûreté, la propreté, la commodité, d'après les règles de la cooperation. Il n'y a pas lieu de gonfler par la rhétorique ces fonctions inférieures. Et quant aux supérieures, la société ne peut. Par exempIe, instruire, la société ne le peut. Elle ne tirera de sa rhétorique propre que quelques phrases misérables qui changeront avec le gouvernement. On en tirera à peine une dictée. Le vrai fonds inéquisable, d'où l'instruction tire ses richesses, est dû à un bon nombre de fortes têtes, de penseurs, de poètes, d'artistes, qui ne furent point soumis à la commune opinion, mais qui au contraire raisonnèrent et chantèrent comme chantent les oiseaux. Ce gran ramage des génies fait ce qu'on nomme très bien les Humanités. On ne demande pas de quelle nation la Bible, de quelle, la géométrie de Thalès, de quelle, le principe d.Archimède, de quelle, l.Iliade, de quelle, Faust, de quelle, Don Quichotte, de quelle, Othello; ces oeuvres, et tant d'autres sont humaines. La nation ne peut nourrir l'homme. Et pourquoi? Parce que les fonctions de sociètè sont importantes, certes, mais basses. Certes, il importe que je ne sois pas dépouillé, empoisonnè, assommé, ou bien attelé comme un cheval; il
10
Proposta di legge n. 2616 del 25 marzo 1952 presentata al Parlamento dai deputati Calamandrei,
Rossi Paolo, Mondolfo, Ariosto, Cornia, Belliardi e Cavinato.
61
importe que la peste, le choléra et l'ordure soient balayés; sans quoi je ne penserais guère. Mais si ces balayages et défenses prennes tout le temps, personne ne pensera plus du tout. La première clameur
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Socialismo economico pluralista.
sono esempio abbastanza chiaro del pensiero economico del Movimento Comunità, volto
verso un'economia pluralista, socializzata e non statizzata, che preveda la trasformazione
produzione e ogni possibilità di sfruttamento, ma al tempo stesso lasci un certo giuoco
in enti di diritto pubblico delle industrie chiave e la trasformazione delle altre aziende, sia
allo stimolo dell'economia di mercato. Questa politica non esclude più ampie esperienze
industriali sia agricole, secondo uno schema più volte esposto nella nostra letteratura13.
dirigistiche, coordinando il piano economico con i piani urbanistici. Ma le vuole attuate
La proposta di Industrie Sociali Autonome (I.S.A.) e le Aziende Agricole Autonome (A.A.A.),
attraverso organi estremamente qualificati, mediante una serie di realizzazioni positive.
la cui proprietà sarebbe divisa tra Fondazioni tecniche e sociali, Regìe industriali degli Enti
Mentre quindi da un lato il Movimento Comunità postula per i lavoratori il controllo
territoriali e infine le Comunità di azienda, espressione in forma cooperativa dei lavoratori,
effettivo delle loro fabbriche ed aziende agricole, si preoccupa dall'altro lato di radicare il
10. - Sul terreno economico, il Movimento Comunità ha rivolto da tempo il suo interesse
verso una socializzazione che tolga al capitale la preminenza nella proprietà dei mezzi di
più possibile fabbriche e aziende nella vita della Comunità chiamando a partecipare alla fera preuve. La panique et la furereur remédieront aux maux de nature par des maux encore pires, selon la méthode de civiliser qui est si bien dépeinte dans Candide. Et pourquoi l'homme descend si vite au ridicule et à l'odieux, on le comprend très bien. C'est qu'il agit comme société, par masse, par coopération; et cette méthode qui produit de grandes poussées, produit en revanche de très petites pensées. Assurément je dois, si je veux être juste, bénir la société à laquelle j'appartiens, qui m'a donné protection, puissants moyens, loisirs pour apprendre, et la paix, dans les rues; et qu'il y ait incendie ou écroulement, ou tout autre périI, j'y dois courir e j'y cours, afin de rendre à mes semblables ce qu'ils ont fait pour moi. En ce sens je les aime, et je me soumets à leur masse. Mai leur demander ce que je dois penser, non. Leur pensée, autant qu'elle leur est commune, est puérile, fanatique et folle. Ce n'est pas que l'homme de la rue manque de bon sens. Je suis bien loin de le penser; et au contraire j'accepte l'égalité des suffrages; toutefois sous cette condition de prudence que le citoyen soit seul au moment où il decide. Et s'il pouvait alors prononcer d'après sa seule experiénce, tout irait bien. Tout le mal vient de cette fantastique opinion publique qui n'est de personne et que tous subissent. On dit, cela signifie que personne ne dit, mais que tout disent qu'on dit. C'est ainsi qu'on citoyen a confiance par la publique confiance, et défiance par la publique defiance. Les autres font de même et n'en savent pas plus. Comme la publicité vous enfonce un nom dans les yeux et dans les oreilles, ainsi la presse, l'affiche et la radio sont en mesure de créer des paniques et finalement d'imbéciles massacres. Depuis la paix quelles rumeurs n'a-t-on pas lancées? Il me semble toutefois qu'elles ne courent pas longtemps. Le calme revient, et même plus vite qu'on ne l'espérait. Il y a comme un frein invisible qui amortit les oscillations. Preuve qu'on bon nombre de citoyens ont compris la malice, et contrarient d'abord de leur place, et sans crier, toute rumeur qui leur vient aux oreilles. On examinera, soit. Mais il importe premièrement de repousser ce qui envahit. L 'esprit, quand il est digne de son nom,
proprietà ed alla gestione gli enti territoriali in cui esse operano.
Un modello estremamente efficiente di industria autonoma il cui governo venne affidato al binomio cultura-democrazia è rappresentato dalla fabbrica di strumenti ottici Zeiss di Jena. Nel I896 il fondatore Abbe conferì il suo patrimonio azionario ad una Fondazione che divenne proprietaria totale dell'industria. Il Consiglio di Amministrazione della Fondazione Zeiss era nominato dal Dipartimento del granducato di Sassonia-Weimar dal quale dipendeva l'Università di Jena. Si stabilì in tal modo una comunità di interessi tra l'industria, il piccolo Stato e i relativi istituti scientifici che assicurarono per mezzo secolo alla fabbrica un primato tecnico e sociale.
Sindacalismo autonomo, servizio e previdenza sociale.
11. -Solo in tal modo, d'altro canto, è possibile avviare a soluzione il problema del sindacalismo autonomo, che secondo il Movimento Comunità è intimamente legato alle soluzioni economiche sopra esposte. La situazione del sindacalismo italiano è oggi, per generale ammissione, tale che le centrali sindacali sono divenute esclusivamente le masse d'urto dei partiti politici che sono asservite ad essi. Il Movimento Comunità crede invece nella possibilità di rinascita di un sindacalismo non solo apartitico, ma profondamente autonomo e al tempo stesso non chiuso nell'esclusivo meccanismo della richiesta di
aumenti di salari, ma profondamente inserito nel processo economico produttivo; e ciò con la creazione delle Comunità di azienda, corresponsabili dei servizi sociali e della gestione economica: vere anticipatrici e artefici dello schema proposto di decentramento organico e generale che è sola via concreta ed efficiente di reale liberazione delle masse
commence toujours par supposer faux ce qu'il se sent porté à croire.
lavoratrici.
réalité ce sont les individus qui enseignent, et chacun enseigne en défendant contre la rumeur le plus
per cui mediante la vigilante responsabilità delle Comunità di azienda e una più larga
J'avais raison de dire que l'Etat n'est pas capable d'énseigner; car il enseignera ce qu'on doit croire. En
E solo in tal modo è possibile avviare a soluzione il problema della democrazia di fabbrica,
haut de lui-même. Il y a beau temps qui nos seigneur ont dénoncé l'incrédulité comme le mal des
autorità, entro l'azienda, degli assistenti sociali, si arrivi a quella salvaguardia della dignità
Républiques. Ils criaient avant d'être écorchés. En réalité, les premiers signes de l'incrédulité paraissent à peine. L 'esprit roulé comme Ulysse par la vague, apparaît quelquefois nageant selon sa loi. On est
étonné alors de ce sillage qu'on homme libre laisse après lui; mais du reste qu'il ne s'occupe pas de cela. Qu'il soit libre d'abord ». 13
Vedi L'industria nell'ordine delle Comunità, La lotta per la stabilità, Tecnica della riforma agraria, in «
Tecnica delle riforme », [Torino], l951; poi in « Società Stato Comunità », Milano, 1952, pagg. 39-69 e 89-106.
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umana dei lavoratori che è ancor oggi uno dei diritti più conclamati ma più calpestati e che è invece, anche sul terreno politico-sociale, da garantire urgentemente.
In particolare, il Movimento Comunità è favorevole a una assistenza svolta capillarmente nell'àmbito delle Comunità territoriali - articolata nei centri comunitari e nelle aziende raggruppata nelle regioni, mentre al centro dovrebbe essere costituito un solo organismo 64
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nazionale di coordinamento («Ministero dei Servizi Sociali») con puri compiti tecnico-
Nell'àmbito della comunità s'inquadreranno, nelle forme più sopra delineate, le attività di
Per quanto riguarda la previdenza e le varie assicurazioni sociali, il Movimento Comunità
concreta si svilupperà quello che può essere considerato il terzo grado della
auspica il riordinamento dì tutta la relativa legislazione in un testo unico organico e la
pianificazione: la pianificazione edilizia. Condizionata da tutti i fattori sociali della
contemporanea creazione di un solo Ente pubblico che raccolga in una snella struttura le
comunità, guidata dalla conoscenza tecnica dei problemi e degli strumenti per risolverli,
funzioni oggi esercitate da una pluralità di organismi. Questo Ente pubblico unitario
illuminata dall'intuizione artistica, la pianificazione edilizia costituisce il risultato tipico di
dovrebbe svolgere la sua azione largamente decentrata nelle regioni, attraverso le
una sintesi creativa.
comunità territoriali e quelle aziendali, destinando eventuali redditi esclusivamente al
Attraverso i tre gradi della pianificazione, l'organizzazione procederà armonicamente nella
raggiungimento dei propri fini istituzionali sotto il controllo di una rappresentanza
dimensione cellulare - nella comunità - come in quella intercelluare - in più comunità.
democratica dei lavoratori e delle aziende interessate.
Dall'equilibrio interno delle singole comunità, deriverà la possibilità di dare soddisfacente
Beveridge e alla possibilità di applicare anche in Italia, compatibilmente con le capacità
complesse strutture demografiche e territoriali.
finanziarie della nazione, una estensione ampia e gratuita dei servizi sociali di più urgente
Legato al territorio e fondato sulla stabilità dell'assetto produttivo, il sistema comunitario
necessità.
cellulare sarà solo apparentemente statico, ma effettivamente dinamico, mosso da forze
In vista del raggiungimento di tali obbiettivi il Movimento Comunità sostiene in particolare
spirituali, quali la rispondenza alle più generali istanze sociali e l'aspirazione a un
l'esigenza del riconoscimento giuridico della professione di assistente sociale.
costante progresso scientifico. Superando gli schemi della classica economia di mercato,
Pianificazione e distribuzione.
sistema garantirà la stabilità delle fonti produttive nell'àmbito della comunità.
potranno essere visti e risolti che attraverso un'opera di pianificazione generale e
indispensabile dar vita a nuovi organismi atti a promuovere una sintesi tra l'economia
particolare, capace di sostituire alle divisioni e suddivisioni, orizzontali e verticali, per cui
delle singole unità produttive e le necessità generali del consumo. Tali organismi di
oggi le funzioni fondamentali dello Stato appaiono frammentarie e disperse, linee e mezzi
coordinamento («Centri Autonomi») saranno, sotto il profilo giuridico, una combinazione
di azione unitari ed organici.
fra il trust e la cooperativa, conservando del cartello la caratteristica razionale di centro
In questa opera di pianificazione possono essere distinti tre gradi. In primo luogo occorre,
unitario di distribuzione e assumendo il merito sociale della cooperativa: la sostituzione
infatti, che i grandi problemi della vita sociale e dell'ambiente fisico in cui essa si svolge,
dell'idea di servizio a quella di profitto.
siano considerati nelle loro linee più generali al fine di trarne anzitutto i concetti di base,
L'amministrazione dei Centri Autonomi sarà congegnata in guisa da coordine produzione,
politici, ai quali dovrà conformarsi poi l'intervento operativo. Tale compito potrà essere
consumo, importazione, esportazione in modo coerente e unitario per tutte le I.S.A.
effettivo, delle questioni economiche e tecniche oggi demandate a dicasteri ed enti
Lo Stato delle Comunità non potrebbe accettare formule esclusive di predominio
diversi, a raccogliere cioè in forma unitaria i dati e le rilevazioni e a promuovere gli studi e
economico e affidare la direzione degli affari industriali ai soli produttori o ai soli
le ricerche necessari.
consumatori. Nemmeno la totale integrazione reciproca fra i due estremi del ciclo
L 'approntamento degli strumenti tecnici di intervento - i piani veri e propri - e la pratica
economico risolverebbe definitivamente il problema della fissazione di un giusto prezzo.
distributivi.
Un attento studio dovrebbe essere poi dedicato all'organizzazione proposta dal piano
carattere economico, sociale, assistenziale ed educativo. E pure nell'àmbito della comunità
assetto ai rapporti che coinvolgono non soltanto interessi locali e circoscritti, ma più
integrandone le finalità di mero reddito con permanenti ragioni di interesse sociale, il
12. - Ma i più gravi problemi della riorganizzazione della vita sociale ed economica non
svolto da un organismo a carattere nazionale, abilitato ad attuare un coordinamento
Resta il problema del coordinamento tra produzione e consumo. Allo scopo sarà
inerenti a una determinata branca.
attuazione degli interventi stessi saranno invece conseguibili soltanto su una scala più
La realtà economica sociale è assai più complessa di formule semplici ciascuna delle quali
ridotta. A questo proposito, la posizione del Movimento si chiama alle proprie premesse
contenga elementi reali, ma unilaterali di valutazione.
ideologiche, l'inverarsi di una civiltà di cultura. Poichè civiltà è sintesi di valori etici,
Perciò lo Stato delle Comunità tenderà, anche in questo, a raggiungere un'unità
economici, scientifici, artistici, nessuna civiltà può aspirare al suo compimento senza
(controllata) tra: organizzazioni produttive (I.S.A. e A.A.A., nelle singole Comunità);
organica delle molteplici attività che modificano incessantemente la forma di una società
economica.
un'essenziale condizione: la costituzione di un'autorità capace di operare la sintesi
organizzazioni di distribuzione (Centri Autonomi); organi regionali dell'organizzazione
ancora sottoposta, per la sua incompiutezza, a profondi squilibri. Tale coordinamento non sarà quindi realizzabile che in piccole unità territoriali, sulla scala della comunità concreta. 65
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Così, risalendo la scala dal particolare al generale, la pianificazione inquadra attivamente
delle comunità, nel tentativo di superare l'antica e drammatica antitesi fra città e
tutta la vita dello Stato, consentendo di penetrare i problemi della società attuale e disegnando le linee attraverso le quali essa potrà condursi a miglior forma. Da queste premesse si configura l'atteggiamento del Movimento in merito ai problemi più immediati, propostisi nel dopoguerra e già in qualche modo affrontati sul terreno politico.
campagna.
La scuola
14. - I problemi della scuola italiana possono a nostro avviso ricondursi ai tre seguenti
Di fronte a impostazioni di carattere sezionale - che intendano cioè risolvere, non importa
fondamentali: 1) scuola privata e scuola di Stato; 2) scuola e assistenza; 3) scuola e
su quale scala, uno ed un solo problema - il Movimento non può che esprimere un
società.
atteggiamcnto di critica e di scetticismo sulle possibilità di stabili e positive conclusioni.
Rispetto al primo problema il Movimento Comunità vede, nella situazione attuale, le
Fondata sulla comunità concreta, dove si trova la base di incontro e di soluzione di
maggiori garanzie di libertà spirituale e di efficienza didattica nella scuola di Stato, di
quell'intreccio vivente di problemi che condiziona la nostra società, articolata in una
fronte all'eccessivo moltiplicarsi di scuole private, molte delle quali a carattere
Movimento trarrà la sua forza dalla pianificazione, e non ne sarà insidiata.
strumento delle categorie privilegiate. Il Movimento Comunità non ha alcuna pregiudiziale
In tal modo e al di fuori dei criteri elettoralistici con cui i partiti hanno sinora improvvisato
in proposito, e non contrasta alla più ampia libertà per la scuola privata, purchè non
i loro programmi - sarà possibile avviare a duratura soluzione quei problemi, come la
finanziata, direttamente o indirettamente, da fondi statali. Devono inoltre a questo
riforma del latifondo, la rinascita della montagna e lo sviluppo tecnico-industriale del
proposito essere chiarite due cose :
Mezzogiorno, che oggi agitano il paese e turbano, nel confuso gioco della «grande
a) il Movimento Comunità, si è detto, è favorevole alla scuola laica: ma il laicismo non è
politica», una classe dirigente che, nell'incapacità di affrontarli dal profondo, se ne fa
inteso come una nuova (più potente) religione, ma come un metodo di lavoro, il più
strumento demagogico.
rispettoso delle libertà individuali14.
visione integrale delle strutture dello Stato, la forma di democrazia auspicata dal
angustamente confessionale, spesso di dubbia serietà professionale, frequentemente
Condizioni per la riforma agraria.
13. -In particolare, per quanto concerne il dibattuto problema della riforma agraria, il Movimento Comunità conferma l'esigenza già posta in generale: ogni riforma deve consistere in miglioramenti sì produttivistici, ma anche umani, di vita. Non si tratta quindi soltanto di arrivare ad una redistribuzione della proprietà fondiaria e a un miglioramento tecnico dei sistemi di conduzione e di produzione agricola, ma di garantire insieme nuove, più degne e stabili forme di esistenza alla gente della campagna, nuovi proprietari o braccianti che siano.
volta, delle situazioni locali. Qui basterà riaffermare che la riforma dovrà mirare: a) in primo luogo, a restituire ai lavoratori della terra la piena dignità e libertà della persona, sradicando quei residui di mentalità feudale, acuti specie nel Mezzogiorno, per cui la grande proprietà fondiaria confina e sconfina in una specie di sovranità; b) a sviluppare un progresso
tecnico-culturale
degli
« S'intende parlare di un laicismo inteso come adesione al metodo della non-violenza, del rispetto,
dell'amorevole persuasione, quale si conviene a tutti coloro che - trascendentisti o immanentisti -
credono che non sia altrimenti proponibile una vita spirituale, in cui si affermi il valore della persona
umana. Alla radice di un conseguente spirito laico non c'è necessariamente una "religione della libertà", in cui alla verità trascendente o almeno metastorica si sostituisce una veritas filia temporis: c' è posto fra i laicisti sia per gli storicisti che per i non storicisti. Questo spirito laico è proprio di tutti coloro che sono, comunque, vivamente preoccupati di interrogare sempre la propria coscienza; che ritengono la
Il panorama agricolo italiano è così frazionato che non si potrà non tener conto, volta per
vasto
14
agricoltori;
c)
a
risolvere
i
problemi
dell'insediamento umano nelle campagne. Ogni sforzo, per essere fecondo, dovrà essere rivolto - attraverso la costituzione di borghi residenziali, centri di servizio, centri comunitari, attrezzature cooperativistiche, ecc. - alla creazione di unità socialmente organiche ed efficienti sul piano della produttività.
La struttura delle comunità agricole potrà esser così ricostituita e vitalizzata, aprendosi la via a quella più radicale riforma politico-amministrativa che, in forma compiuta, sarà la sola a garantire la funzionalità dell'intero sistema delle comunità e dello Stato federale 67
ragione un dono "divino" da difendere in ogni caso; che vogliono essere persuasi e non violentati (sia pure in senso puramente psicagogico); che non sono aridi di cuore, amano il prossimo per se stesso e
non vogliono fare "della virtù a spese del prossimo" - per usare parole di don De Ménasce (articolo "Fede, speranza e carità", nella rivista Studium, aprile 1951) -; che sentono necessità di questo
prossimo per la vita della propria coscienza e della propria intelligenza, le quali finirebbero per rattrappire in un mondo di sole cose o di soggetti da intendere come enti puramente ricettivi; che non sono, allora, meno assetati di giustizia che di libertà. È chiaro che per tutti costoro le varie istituzioni
della vita associata, lo stesso Stato, il diritto, i partiti, la scuola, ecc., hanno un valore strumentale - il che non implica un loro avvilimento, ma l'attribuzione di un valore semplicemente parziale. Ciascuno,
per mutua consolazione o per un ascolto corroborante, tenderà sovente a incontrarsi con uomini della stessa vocazione o della stessa fede: ma in questo mondo così ricco di fratture dobbiamo moltiplicare
le occasioni di lavorare insieme agli "altri "; per mostrare loro, col "modo" di lavorare, il grado di
profondità e il senso della nostra fede, e per intendere, sotto l'altrui professione di fede, l'impegno
morale che la sorregge, l'amore e il dolore che la alimentano». (Umberto Serafini, da una conversazione al Centro culturale di Comunità di Roma, nella serie Laicismo e non laicismo organizzata dal «Movimento internazionale di unione e fraternità»).
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b) in linea generale, sul terreno degli ordini politici e nell'àmbito dello Stato comunitario,
servizio sociale, laiche e a indirizzo largamente pratico, volte a creare assistenti
Comunità pensa a una scuola largamente decentrata, più intimamente legata alle Regioni
Questa è, a nostro avviso, l'unica via maestra (e qui ci riferiamo al terzo punto da noi
e alle Comunità, e richiede l'autonomia didattica e disciplinare dell'ordine degli insegnanti
suggerito) per avviare a soluzione il problema della cultura nella democrazia che i partiti
statali.
politici, ormai divenuti puri strumenti di ideologia, si sono dimostrati incapaci a risolvere.
Passando all'assistenza, in linea preliminare si osserva che il rendere operante l'art. 34
Ogni iniziativa attuale in senso decentrativo (cooperative scolastiche, biblioteche popolari,
della Costituzione della Repubblica Italiana15 è questione di elementare coerenza, in una
ecc.) è vista con favore dal Movimento Comunità; ma si deve porre una pregiudiziale
nazione dove - sin dall'unità - si è pur riusciti a organizzare un'attrezzatura militare e a
molto netta. Il problema vero non è tanto quello di «divulgare» la cultura, di operare uno
imporre una coscrizione «obbligatoria e gratuita» , anzi retribuita, e dove si sono
spostamento della cultura tradizionale a favore delle classi popolari; bensì quello, ancora
sollecitati più volte tutti i cittadini ad accettare la responsabilità di morire per la
non affrontato se non da esigui gruppi isolati, di una cultura moderna, capace di operare
tranquillamente affermarlo, è disastrosa. Oltre tutto non si è riflettuto neanche
problemi economico-sociali. In questo àmbito, tra la scuola e il mondo del lavoro, la
all'altissimo reddito, in relazione alla produttività dell'economia nazionale e agli effetti
tradizione e le nuove esigenze economiche, ecc., esiste oggi una frattura profonda e
della lotta contro la disoccupazione, delle somme impiegate per la scuola, scuola di base
irragionevole che deve al contrario essere sanata. Come è stato detto, «accanto
e scuola di qualificazione professionale.
all'umanesimo classico si deve formare l'umanesimo moderno». E nell'annosa querelle tra
In particolare, tra le misure d'emergenza si chiede una rivalutazione dei patronati
scuola formativa e scuola informativa ci pare si debba concludere per l'autentica scuola di
scolastici e un aumento radicale dei loro fondi. Inoltre - e a ciò annettiamo molta
libertà: che vuol dire capacità di azione autonoma nel proprio ambiente.
sempre in conformità con i criteri generali della sua azione politica, il Movimento
collettività. La situazione della scuola, specie nelle regioni depresse, possiamo
importanza - l'assistente sociale deve essere introdotto nella scuola, dove avrà la
possibilità di mettere l'insegnante di fronte ai problemi collettivi della sua scolaresca e di legare molto di più di oggi la scuola a fatti economico-sociali dell'ambiente, da cui oggi è
specializzati nel servizio di comunità.
efficacemente nella società in cui viviamo e di contribuire alla chiarificazione dei suoi
La rappresentanza politica nello Stato federale.
15. - Riguardo infine al problema della regione, sono ormai molti disposti a riconoscere
in pratica assente. Egli sarebbe quindi uno degli strumenti del necessario rinnovamento
che esiste in atto in Italia una grave crisi del sistema di rappresentanza politica, ma non si
della scuola, che deve avviarsi a divenire il nucleo attivo e vitale di ogni centro
vede al contrario alcun tentativo per approfittare della nuova legislazione regionale per
comunitario16. Naturalmente sorge la parallela esigenza di dare incremento a scuole di soltanto la scolaresca iscritta è chiamata a fruire di questi servizi; l'intera comunità trova nel complesso 15
scolastico il suo luogo d'incontro e il fulcro di ogni forma di vita associata.
Costituzione Italiana, art. 34. « La scuola è aperta a tutti.
«Il legame fra scuola e città è di carattere organico. La vitalità di un complesso scolastico dipende dalla
L'istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita.
vitalità dell'unità cui appartiene. Il servizio che la scuola è chiamata a rendere alla comunità può essere
I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso». 16
« Laddove la realtà di un profondo e operante progresso sociale è stata raggiunta attraverso una
pianificazione urbanistica integrale -nell'Inghilterra - la scuola ha determinato l'unità dimensionale dei piani urbanistici. L'"optimum" di funzionalità di una scuola serve a stabilire qual è l'"optimum" delle dimensioni dell'unità residenziale. La scuola è la base e la misura dell'intero centro abitato. I vari tipi di scuole caratterizzano i vari tipi di unità residenziali : l'"unità-vicinato" (composta di 1.000-1.500 abitanti) comprende il nido d'infanzia; l'unità-borgo (4.000-7.500 abitanti) il nido e la scuola elementare; l'unità-distretto (20-30.000 abitanti) l'asilo, le elementari e le scuole medie di tutti i gradi. «Ma non si tratta solamente di questo. La scuola elementare e la scuola media sono destinate ad essere i centri attivi dell'intera comunità. Il complesso scolastico, situato in posizione centrale, come cuore dell'intero dispositivo urbanistico, comprende sale di riunione, biblioteca e locali per la ricreazione ed i giuochi. Intorno, nella zona verde. di rispetto, sono sistemati i campi e le attrezzature sportive. Non
69
determinato solo avendo ben presenti le caratteristiche funzionali della comunità. In tutta l'edilizia scolastica italiana si è sempre trascurato questo aspetto fondamentale. L 'edificio scolastico è tradizionalmente inteso come un insieme di aule, completato da pochi uffici, da una palestra, da impianti igienici più o meno completi e, nei casi migliori, da un giardino. Spesso ci si limita alle aule, agli uffici e ai gabinetti. La causa di queste manchevolezze non è sempre la povertà di mezzi finanziari o la colposa inosservanza delle norme regolamentari. Quando si perde la vera funzione della scuola in tutto il complesso urbanistico, si può anche rinunciare a cuor leggero a questo o a quel Il servizio»: l'essenzialità di esso diventa materia opinabile.
«Concludendo, bisogna aver chiaro soprattutto un punto: il problema dell'edilizia scolastica non è un
mero problema quantitativo; nè è soltanto un problema di buona o cattiva architettura. Per risolverlo, occorre trasferirlo sull'unico piano cui attiene, sul piano urbanistico» (Riccardo Musatti, relazione
Scuola e urbanistica tenuta al XIV Congresso Nazionale della Federazione Nazionale Insegnanti Scuole Medie, Roma 13/15-III-1952, e riportata negli Atti, editi, sotto il titolo «La parola della scuola», a Torino dal periodico L'eco della scuola nuova).
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vincere tale crisi. Di fronte ai regionalisti massimalisti, la cui posizione può essere in
Senza rispettare questo criterio si creerebbe un'assemblea disarmonica con un eccesso di
come strumento di decentramento statale e di autonomia e non di arbitrario
componenti in altri rami; si turberebbe infine quell'equilibrio tra forze del lavoro, valori
particolarismo. Gli statuti regionali devono essere anzitutto uniformi allo scopo di
della cultura e istituzioni democratiche che abbiamo indicato come necessario per
ricondurre attraverso la pluralità di organismi periferici alla unità dello Stato.
garantire la stabilità della nuova costruzione. L'elezione di secondo grado è l'unico
E infine, è impossibile pensare all'efficacia della Regione se prima non si sia provveduto a
dispositivo democratico atto a raggiungere questi fini. Non vi sono altre alternative.
una riforma della legge comunale e provinciale, per cui le Province opportunamente
La seconda camera avrebbe: la stessa base elettorale costituita dai Presidenti di Divisione
aumentate di numero secondo le naturali esigenze territoriali (Comunità), abbiano ampi
di Comunità. Tuttavia, mentre per eleggere i deputati della prima camera, essi si
poteri esecutivi e divengano a loro volta concreto strumento del decentramento regionale
raccolgono per Regione, nel dar luogo alla seconda camera essi si raccolgono in collegi
(per es. la riunione delle Giunte Provinciali dovrebbe costituire di per sè il Consiglio
nazionali divisi per funzione.
Comunità dovrebbe avere la rappresentanza politica in seno alla Comunità, e l'organica
identiche radici democratiche della prima camera.
compresenza delle tre fondamentali forze sociali, lavoro, cultura, democrazia.
La seconda camera, pur rispettando i valori personali, garantirebbe la rappresentanza
L'idea di rappresentanza economica e sindacale è ricondotta al principio territoriale -
delle minoranze e l'affermazione di valori nazionali. Nessun altro modo di costituire una
insostituibile garanzia democratica - e a una sua intima connessione con l'orientamento
camera funzionale sàrebbe legittimo da un punto di vista democratico. La coerenza del
politico della popolazione. In altre parole, ogni rappresentanza tecnica è sottoposta a una
sistema e la possibilità di una soluzione definitiva del problema, derivano dall'aver
direzione e a un giudizio politico.
ricondotto, sin dall'origine, ciascun rappresentante funzionale allo stesso e identico
Gli amministratori di una Comunità (presidenti di divisione) ne diventano i suoi naturali
principio territoriale.
valori di una rappresentanza formata da un'unica persona, caratteristica del collegio
Stato e Chiesa.
realtà pericolosa per l'unità nazionale, il Movimento Comunità intende la regione anzitutto
Regionale). È nota la struttura funzionale che, secondo il pensiero del Movimento
rappresentanti. Si delinea così l'idea di una rappresentanza pluralista ben più ricca di uninominale; o di quella rappresentanza dissociata dalla vita locale che è caratteristica di
componenti in taluni dei rami della pubblica amministrazione e con una carenza di
Si ottiene in questo modo una camera altamente qualificata, ma che tuttavia ha le
16. -Circa i rapporti fra Stato e Chiesa, gli accenni sopra fatti al laicismo come è inteso dal
un regime di rappresentanza proporzionale.
Movimento Comunità, alla distinzione fra politica culturale e politica della cultura, al
Gli amministratori delle Comunità saranno designati con particolari procedimenti atti a
rapporto fra persona e società nella politica di educazione e di assistenza saranno valsi a
garantire l'equilibrio fra le forze della cultura, le forze del lavoro e le forze democratiche
introdurre al nostro pensiero in argomento. La soluzione deve presentarsi come tale da
propriamente dette. Si può pertanto considerare che l'insieme regionale dei Presidenti di
permettere al cittadino di essere interamente religioso, interamente rispettoso del suo
Divisione rappresenti la sovranità nella Regione, e l'insieme nazionale rappresenti la
proprio credo (senza remore, scrupoli o riserve mentali) ed interamente rispettoso e leale
sovranità nazionale. L'idea di sovranità e di rappresentanza si trasferisce così dalla
verso lo Stato. Lo Stato, insistiamo, deve conservare un valore esclusivamente
astrattamente, a un corpo numeroso e qualificato che rappresenta una nuova classe
mediante il giusto uso della forza) organizzazione pacifica alla società, tendendo, al
politica - radicalmente aperta - dalla quale emanerà l'intero potere dello Stàto. Stabilendo
limite, a sostituire a una società dove prevalgono la potenza e il privilegio una società che
il caposaldo fondamentale che la rappresentanza della nazione risiede nel corpo costituito
- modificando l'espressione kantiana - potrebbe definirsi come il regno delle vocazioni.
dall'insieme totale dei Presidenti di Divisione, si può con facilità dar luogo a un Parlamento
Nei rapporti con la Chiesa, con qualunque società culturale o spirituale, e con le persone
moderno, che esprima con grande approssimazione la volontà del Paese e che nel
singole, lo Stato conserverà questa posizione di estrema modestia. E tuttavia dovrà essere
contempo sia dotato di una grande efficienza.
di una estrema severità nella tutela del suo còmpito modesto; vietando ogni
L'insieme dei Presidenti di Divisione di Comunità rappresenta il corpo politico dal quale,
clericalizzazione della funzione «naturale» che è chiamato a svolgere («date a Cesare...»),
giocando come in una scacchiera, si può con facilità raggiungere la formazione dei nuovi
impedendo senza eccezioni che qualunque società, culturale o spirituale, ceda alla
mandataria di ciascun Consiglio regionale in modo proporzionale a ciascuna funzione
per prudenza terrena.
politica e alla popolazione di ciascuna Regione.
Questi punti non esauriscono evidentemente il panorama politico italiano, né il
primitiva affermazione del Contratto sociale che la commetteva al popolo, inteso
istituti. La camera bassa potrà essere concepità come un'assemblea di secondo grado
strumentale, là pure dove i suoi interventi sono molteplici: esso serve a dare (anche
tentazione di sostituire le conversioni per imperativo della coscienza con le conversioni
programma del Movimento Comunità. Alcuni di essi, nell'evolversi delle situazioni 71
72
Europa Plurale – 1/2007
politiche, potranno anche dimostrarsi contingenti e suscettibili di revisione. In ogni nostra affermazione, accanto ad una convinzione profonda, c'è un largo margine di invito alla
discussione e al dialogo. Ciò che tuttavia rimane costante in queste pagine è la volontà di stabilire con molta fermezza le finalità fondamentali e certe della nostra azione politica, la metodologia che noi riteniamo essenziale ad ogni lotta politica che non voglia esaurirsi nel compromesso o nell'avventura. Noi confidiamo quindi che ne risultino chiari i criteri informativi della nostra azione volta all'autonomia delle comunità nell'àmbito dello Stato federale, e volta alla soluzione dei problemi umani (di libertà, di dignità personale, di solidarietà sociale) come preminenti su ogni altra considerazione politica. Così sarà chiaro che il Movimento Comunità si batte per una politica economica di pieno impiego, per una riforma tributaria impostata sulla
tassazione esercitata sul reddito e non sul consumo, per una politica edilizia inquadrata in una integrale politica di pianificazione urbana e rurale che sappia utilizzare, oltre alle sempre limitate risorse finanziarie, quelle offerte dalla capitalizzazione del lavoro (utilizzando, ad esempio, per l'edilizia rurale, il lavoro potenziale non esercitato dai contadini nei mesi invernali e nei lunghi periodi di sottoccupazione), per una politica di difesa del consumatore, quindi a favore delle cooperative, dei piccoli consorzi, delle iniziative locali contro i mastodontici consorzi politici burocratizzati, e così via Per una vita politica più vicina ai reali bisogni e alla misura dell'uomo.
OSSERVATORIO 73
Europa Plurale – 1/2007
Osservatorio - 1
televisione ungherese arriva la drammatica conferma del massacro: le immagini delle fosse comuni di Timisoara in cui i cadaveri, appena esumati e ancora parzialmente
INFORMAZIONE: POTERE DI COSTRUIRE VERITA’?
segni delle torture e delle mutilazioni. Icona del massacro divenne il corpicino di una
Claudio Fracassi, storico direttore della coraggiosa rivista
Avvenimenti,
definisce
la
notizia
ricoperti di terra, erano allineati alla luce delle torce elettriche; tutti i corpi riportavano i bimba che giaceva su quello di una donna, probabilmente la madre, con una lunga ferita
Francesco Lauria
come
sul torace.
Presidente Europa Plurale – Movimento per un Federalismo Globale
innanzitutto “una costruzione umana, un prodotto
e aggiunge che, culturalmente determinato” “tecnicamente parlando una notizia è un rapporto per un pubblico su un avvenimento”; lo stesso Fracassi, paragona l’informazione a “una finestra aperta che ci da un’inquadratura, una prospettiva particolare e forse distorta.” Un esempio spesso citato è costituito da un clamoroso falso giornalistico che riuscì ad
ingannare il mondo intero costituito dai fatti di Timosoara nel 1989, raccontato negli anni successivi dal giornalista Paolo Rumiz (nel suo libro “Maschere per un massacro”) , dallo stesso Fracassi (nel testo “Le notizie hanno le gambe corte”) e definito da Ignacio Ramonet, direttore di Le Monde Diplomatique: “ il più grande inganno mondiale dopo
l’invenzione della televisione”
Nei giorni del Natale 1989 una terribile notizia fece il giro del modo. Durante la rivoluzione rumena, nella città di Timisoara era stato compiuto un orribile massacro. A prova della tragedia il ritrovamento di fosse comuni con 4632 cadaveri di persone mutilate e torturate. La prima fonte della notizia era anonima: un non meglio identificato “viaggiatore
Claudio Fracassi, storico direttore della coraggiosa rivista Avvenimenti, definisce la notizia come innanzitutto “una costruzione umana, un prodotto culturalmente determinato” e aggiunge che, “tecnicamente parlando una notizia è un rapporto per un pubblico su un avvenimento”
cecoslovacco”, dall’agenzia
di
i
cui
racconti
stampa
erano
ungherese
stati
Mti,
riferiti
poi
dalla
televisione di Budapest e dalla radio di Vienna. Questo
accadde una domenica, il 17 dicembre 1989, dunque in un “giorno di disperata carenza di notizie (e di rilassate distrazioni) nelle redazioni giornalistiche di tutto il mondo”. Complice il fatto che il venerdì precedente si erano effettivamente verificati “scontri sanguinosi tra i manifestanti e la polizia di Ceausescu”, le cronache del lunedì successivo informarono de ”l’orrendo massacro”. Nei giorni seguenti la notizia, assolutamente priva di riscontri
oggettivi
si
impose
sui
mezzi
di
comunicazione del pianeta, a partire dalle emittenti dell’Est europeo fino a diventare “una verità assodata e indiscutibile come il sole che sorge ogni mattina”. La fonte della notizia rimane vaga e in ogni modo anonima, mentre la cifra degli assassinati e quella degli arrestati salgono sempre di più fino ad assestarsi rispettivamente a 4.600 e 13.000 proprio quando dalla
Il fatto davvero sconvolgente fu che, una volta arrivati a Timisoara gli inviati dei maggiori giornali, mancò un “accertamento dei fatti e delle cifre”. Solo in seguito, “quando si spense l’ubriacatura mediatica”, pochi giornali fecero sapere quanto era accaduto in realtà. In totale le vittime degli scontri a Timisoara erano state
poche decine, le immagini messe in onda dalla televisione ungherese erano state girate nel cimitero dei poveri e quelli riesumati erano i “corpi di sventurati barboni, alcolizzati emarginati, sepolti nei mesi precedenti senza cassa e senza croce dopo una rapida autopsia”, causa della ferita sul torace dei cadaveri interpretata dai reporter come conseguenza delle torture. Il corpicino icona del massacro era quello di una bimba “deceduta per congestione, a casa sua, a due mesi e mezzo di età, il 9 dicembre 1989”, mentre quello della donna con la lunga ferita sul torace era di “una anziana alcolizzata morta di cirrosi epatica l’8 novembre”.
Si tratta ovviamente di un esempio tra i tanti e oggi forse, con l’avvento di internet e dei weblogs informativi diffusi su scala planetaria, un inganno di queste dimensioni sarebbe stato più difficile da realizzare, anche se non possiamo esserne certi. Padre Giulio Albanese, per molti anni direttore dell’Agenzia Missionaria Misna (Missionary Service News Agency, un'agenzia d'informazione specializzata sul Sud del mondo) ci
ricorda un altro aspetto del problema della manipolazione dell’informazione: “in realtà
soltanto in piccola parte il fatto è la fonte diretta della notizia perché tra la fonte primaria, ossia l'insieme inesauribile degli accadimenti, e chi deve compiere l'operazione inesauribile di selezione e codifica l''industrializzazione del processo produttivo dell'informazione ha frapposto una rete organizzata di strutture denominate agenzie di stampa. Sono loro le vere "signore dell'informazione" che dettano le regole del gioco.” I criteri di selezione delle notizie, dopo tutto, non hanno
purtroppo nulla a che vedere con i valori sociali, culturali e professionali dei singoli giornalisti; oggi, infatti, non sono i giornalisti che cercano le notizie, ma, quasi sempre, sono le notizie che cercano i giornalisti e il discorso vale ancor di più per il Sud del Mondo, dove il predominio
accentuato.
delle
agenzie
di
stampa
è
ancor
più
Altro tema che qui non è possibile approfondire, è costituito
dalla
manipolazione
pubblicitaria
e
dalla
creazione continua e surrettizia di nuove necessità di 76
Oggi non sono i giornalisti che cercano le notizie, ma, quasi sempre, sono le notizie che cercano i giornalisti e il discorso vale ancor di più per il Sud del Mondo
Europa Plurale – 1/2007
consumo.
Ma emerge un ulteriore aspetto, che il sociologo Marco Deriu, ha studiato a fondo in particolare nel suo testo “L’illusione umanitaria”. Deriu ci fa notare che, in particolare le recenti operazioni belliche, possono contare su un
Europa Plurale – 1/2007
Osservatorio - 2 ERTO 2004/2005/2006
consenso "virtuale" e "mediatico" che impoverisce enormemente la qualità della
A settembre del 2004 finì la Carovana della Pace
democrazia.
proposta dagli Istituti Missionari Comboniani, alla
D'altra parte è importante mostrare in maniera approfondita come operazioni militari e
quale avevo partecipato e che mi aveva portato fra le
operazioni umanitarie non siano affatto modalità di azione in sé contraddittorie, ma al
realtà di margine del Sud Italia. Ad ottobre, la mia
contrario come oggi rappresentino diverse facce della stessa medaglia e come in verità
voglia di affrontare la ricerca di uno stile di vita non
siano necessarie le une alle altre. Da questo punto di vista l'ideologia umanitaria che si è
falsamente semplificato e la voglia di affiancare contesti dove si sono sviluppate logiche di
consenso attivo o passivo ad una strategia politico-militare.
comunità che aveva sofferto a causa dell’ingiustizia e che ancora poteva testimoniare
Mass media, democrazie virtuali, organizzazioni umanitarie, apparati militari, sembrano in
memoria di essenzialità… volevo esserci quotidianamente, così scelsi Erto… nella valle del
fondo incontrarsi per stringere un comune patto segreto: quello di anestetizzare,
Vajont. Luogo oltre… nel senso che, oltre le acque sconvolte e i morti, qui si è tornati…
andata affermando negli ultimi anni svolge una funzione fondamentale nel creare
Emiliano Oddone
oppressione, mi portò ancora fra le montagne… in un luogo dove si poteva incontrare una
contenere e controllare tutte le forme di alterità, tenendole alla maggiore distanza
qui si è rimpastato il pane. Qui si è vissuto in solitudine, fra i pochi, la storia da dentro. Da
possibile da noi stessi.
dopo il disastro queste comunità, sono state sempre più raggiunte dall’ingiusta menzogna
In Italia, l'articolo 21 della Costituzione sancisce la libertà di informazione per tutti e il
e di conseguenza dalla profonda agonia e infine dalla rabbia che essa genera. Dopo quella
libero uso dei mezzi di informazione. In realtà l'informazione è libera solo per coloro che
notte dell’ottobre del 1963, si alza la nebbia ogni mattina nella valle del Vajont.
anche parallelamente mezzi e professionalità per esercitarla .
le piogge, che mi sembrano ancora lacrime dal cielo, imponenti ma brevi o prolungate ma
E il caso del nostro paese, tra conflitti di interessi, concentrazioni antipluralistiche e
fredde. Nebbia densa, che copre la valle e che lambisce l’abitato di Erto. Sembra un lago
occupazione pluridecennale e bipartisan del servizio pubblico da parte dei partiti politici,
bianco e soffice, ricorda il passato, partendo dal momento della tragedia fino ad arrivare
è fra i più compromessi.
Dopo quella notte dell’ottobre del 1963, si alza la nebbia ogni mattina nella valle del Vajont. Fenomeno che avviene quando cambiano le stagioni, ma anche d’estate o d’inverno dopo le piogge, che mi sembrano ancora lacrime dal cielo, imponenti ma brevi o prolungate ma fredde
hanno la proprietà dei mezzi. Di fatto non si può fare libera informazione se non si hanno
In conclusione, senza voler screditare in toto la classe giornalistica, e ricordando il sacrificio di tanti valorosi professionisti dell’informazione (da Antonio Russo, ad Ilaria
L'ideologia umanitaria che si è andata affermando negli ultimi anni svolge una funzione fondamentale nel creare consenso attivo o passivo ad una strategia politicomilitare.
Alpi, da Maria Grazia Cutuli ad Enzo Baldoni e così via..) è importante tenere sempre presente la cornice e gli effetti del potere dei media, un sistema che il noto giornalista Ennio Remondino, definisce “senza regole”. La sfida è la costruzione di un’ informazione dal basso ed il fare rete per dare ad essa la possibilità di esistere. L’esperienza di alcuni network come Misna, Peacelink e, sul caldo fronte dell’informazione interculturale e dell’immigrazione,
MigraNews,
costituisce
un
importante segnale di speranza, un’opportunità per
tutti di raggiungere quell’ informazione che non c’è e di
cui la nostra democrazia ha enorme bisogno per non diventare sempre più una democrazia di carta.
77
Fenomeno che avviene quando cambiano le stagioni, ma anche d’estate o d’inverno dopo
78
alle
epoche
dei
ghiacci
in
massima
espansione,
diciottomila anni fa (questa nebbia infatti simula volumetricamente
e
spazialmente
il
ghiacciaio
wurmiano come anche ricorda il lago del Vajont ). Vita della morte… anche se qui la vita è ormai confusa alla morte, lo spartiacque è ancora poco netto. Non sono di certo Mauro Corona, il Vajont, le Gaie (due anziane donne ertane che vivono insieme per lo più come vivevano le loro nonne, donando empatia al ricordo dalla parte della vita più che della morte) e
il
romanticismo selvatico a rendere Erto ciò che è, Erto è… ma è anche: Mauro Corona, il Vajont, le Gaie e il romanticismo selvatico… e molti uomini e donne che meriterebbero di essere incontrati, ma anche lasciati in
Pace… perché riescano ad essere uomini e donne di Pace. Dopo la Carovana della Pace, eccomi qui, in luoghi che ancora contengono le conoscenze utili a praticare stili
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Europa Plurale – 1/2007
di vita alternativi, dove non si è consumata del tutto l’ingiustizia, e dove le persone
attenzioni anche nei miei confronti… in cambio, elemosina dignitosamente, solo un po’ di
fidarsi e ad accogliere ma sembra anche che vogliano per-donare, fidarsi e accogliere. La
Forte è, comunque, la sensazione della diffidenza che questi feriti dalla storia, ti buttano
gente qui ha sete di acqua buona. Qui, infatti, nonostatnte io sia un “togno” (straniero in
addosso quando ti incontrano. Una diffidenza motivata… anche in Africa o potuto
ertano), laureato in Scienze Geologiche (aggravante), difficilmente catalogabile perché
accorgermene… diffidenza motivata dalle vicissitudini subite… ma pur sempre diffidenza.
controtendenza etc., gli ertani mi per-donano, si fidano di me e mi accolgono… non tutti,
Motivata, come quando queste fiere genti dei puri monti, vedono arrivare il popolo della
ma molti, dai giovani ai vecchi, uomini e donne.
città, da diverse parti, o meglio, vedono arrivare l’Altro (il “togno”= lo straniero) ormai così
Sono ancora vivi e si sentono di dover raccontare di quei passaggi storici, di quelle
distante, ma voglioso, spesso feticisticamente, di capire il Vajont, attraverso una visita di
persone… come di chi viveva nelle zone espropriate, mentre la SADE realizzava l’opera
qualche ora susseguita ad un eco televisivo. Motivata, perché il ricordo di chi venne, con
dello “sviluppo”. Quelli che subirono gli espropri cedettero a promesse che davano
modi e metodi alieni, e che iniziò il “Vajont”, è ancora vivo. Inevitabile, perché la gente qui
“benessere” promesso non era la gente, bensì un modello. Tutti hanno voglia di parlarne,
“Togni” incuriositi e distaccati tanto da essere in grado di escludere, pensando di
chi con la rabbia, chi con la conoscenza, chi con il rifiuto o con il silenzio (perché, “un
includere auto-invitandosi… visualizzando le persone del posto come icone, rientranti nel
buon tacere non fu mai scritto”). Incontri… tipo quello con l’Osvalda, che mi racconta la
pacchetto turistico. Sembrano divertiti nello spersonalizzare, così forse pensano di
storia della famiglia Filippin, ad esempio. Erano in otto, e si sono spenti tutti assieme
rendere le persone del posto controllabili, impacchettabili, catalogate come la più o meno
quella notte, non avevano beneficiato della promessa e si trovavano a vivere in una casa
scarsa sensibilità configurativa desidera. La gente del Vajont, quindi si sente controllata,
che sorgeva scomodamente nella fascia di sicurezza segnata per sempre dalla SADE. C’è
usata, non incontrata. Sono ormai capricci anche le rappresentazioni della realtà. E’ vero…
un grande “potere” nelle mani di chi disegna cose su topografiche rappresentazioni del
scarsa è la partecipazione dignitosa capace di donare
sicura che non si realizzò. La notte nel 9 Ottobre 1963, morirono lì… forse, se le
temporeggiare, ed ascoltare… c’è bisogno del tempo per
promesse della SADE fossero state veritiere, questa gente si sarebbe salvata. Nessuno
non tremare nella banalizzazione. Come non capire i miei
riconobbe questa responsabilità… e molte altre vennero travestite o tralasciate. Questa
fratelli e sorelle ertani, quando ho ancora vivo sottopelle
“mia” gente è ancora in grado di testimoniare, nonostante i 40 anni di oscurantismo sulle
l’amore speso per quegli africani, anch’essi visualizzati
verità del Vajont… i collusi con i poteri hanno tentato in tutti i modi di cancellare la
da sguardi di bianchi curiosi, etnici e capricciosi, che
Memoria… facendo sentire chi l’attende, come un pazzo sovversivo fuori di senso. Questa
sanno vedere senza fare dono di dignità... dunque senza
mia gente ricorda ancora… ed è per questo che è ancora viva… ed è per questo che mi
guardare! Svuotati nell’incontro si sfocia nella diffidenza
provano a resistere anche se appesantite dalla violenza subita… stentano a per-donare, a
garanzia di una casa altrove, ricostruita dalla onnipotente SADE. Ma il soggetto del
territorio. I potenti proposero l’esproprio con la promessa di una riedificazione in zona
Questa mia gente ricorda ancora… ed è per questo che è ancora viva… ed è per questo che mi sento di chiamarla “la mia gente”, perché anch’io non so dimenticare le cose e le persone incontrate in questi anni
compagnia e di ascolto…
è viva.
dignità…
Ma
come
fare,
se
non
c’è
tempo
di
sento di chiamarla “la mia gente”, perché anch’io non
o nell’uso utilitaristico dell’Altro. Negri e
anni. La Giotta , una bambina di 85 anni, che ricorda
diffidenza, sia in Africa che qua a Erto, indigesta anche
tutto di quando faceva l’ambulante, in tempo di guerra,
questa banalizzazione umana dell’incontro… d’immagini
quando i tedeschi rastrellavano gli italiani (8 settembre
e non di persone con pari dignità. Anche perché, il
1943), lei era a Bressanone che si preoccupava di
rischio è sospendere nella generalizzazione, un popolo
raccogliere nomi e indirizzi, a volte degli oggetti degli
dalla propria storia. Come fare quindi a r-esistere a
alpini di 20 anni che venivano caricati sui treni pronti
questa indigestione banalizzante fondata sulla diffidenza
alla deportazione… si prese l’incarico di far avere
che genera diffidenza? Tutti partecipiamo… quindi come
notizie ai parenti… passava anche cibo, di nascosto dai
r-esistere, come curarsi? Io sono “togno” e sono qui,
l’aveva preparata, perché poi la sua vita le avrebbe
“togno”…
richiesto ancora attenzioni per gli altri… ancora pratica
“Mzungo”…ma ho anch’io trattato gli altri, in varie
instancabilmente questo intendimento, ed è piena di
circostanze, come “togni”. L’aria o l’acqua, ci sono
so dimenticare le cose e le persone incontrate in questi
tedeschi. Lì ha imparato il valore della carità, lo Spirito
79
Bianchi.
Montanari e cittadini. Ricchi e poveri. Indigesta questa
trattato come tale. In passato sono sempre stato
80
ovunque
mi
trovassi…
in
Africa
ero
Come non capire i miei fratelli e sorelle ertani, quando ho ancora vivo sottopelle l’amore speso per quegli africani, anch’essi visualizzati da sguardi di bianchi curiosi, etnici e capricciosi, che sanno vedere senza fare dono di dignità... dunque senza guardare! Svuotati nell’incontro si sfocia nella diffidenza o nell’uso utilitaristico dell’Altro. Negri e Bianchi. Montanari e cittadini
Europa Plurale – 1/2007
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concesse e donate, ma la supponenza a volte, ce le fa sentire come qualcosa di
dal Vajont. Pochi parlano del post-Vajont, e c’è da chiedersi perché… gravi sono gli
grazia. Fortunatamente il tempo vissuto nella Valle del Vajont non è stato un tempo di
nord Italia. Infatti, il bel libro della Lucia Vastano: “Vajont, l’onda lunga.1963-2003
solitudine, infatti, oltre alle Gente del posto, ho avuto come compagni di cammino anche
quarant’anni di tragedie e scandali” risulta particolarmente boicottato. Storia di vivi che
quattro amici, che poi sono diventati cinque. La nostra piccola comunità era costituita da
interpella i vivi!!! Vivi sono anche i potentati che non rendono verità e non permettono a
Christian, Alessandra, Michele, Raffaella e Gianfranco. Siamo arrivati qui circa due anni fa,
questa gente di percepire la Giustizia. Senza Giustizia non c’è nemmeno la Pace. Chi passa
con l’opportunità iniziale, di perseguire un progetto proposto da un prof. universitario,
di qui, dovrebbe venirci solo se ha chiaro nel suo cuore di voler Ascoltare ed Incontrare (e
che voleva instaurare un Ecomuseo in Val Vajont, facendo leva sui concetti di memoria e di
non solo Mauro Corona) per andarsene arricchiti, cambiati, pro-vocati… frequentando il
continuità di vita… Il progetto ecomuseale in divenire, ci è sembrato inquinato da ciò che
luogo come si dovrebbero frequentare i luoghi sacri. L’auspicio è quello poter venire qui
porta all’esclusione ed alla divisione (logiche amministrative, accademiche, politiche di
come Viaggiatori, che attraversano un luogo vivo della Memoria, e non come se si
centrarti su altro.
sono tutti i “monumenti ai caduti” delle nostre guerre, che abbiamo nelle nostre piazze,
Ci siamo fatti comunque pro-vocare in modo serio dalla parola ecomuseo. Il suffisso “eco”
conniventi alle truppe armate e alle armi italiane disseminate in tutto il mondo.
ci ha spinto a riflettere sul senso dell’ “Abitare” e di “Farci Abitare” da questo luogo in
Ecco perché, sono sempre più convinto che si possa aiutare questa gente, solo facendola
senso profondo. Inoltre, vedendo comparire nel progetto la parola “partecipazione”,
sentire erede sacrale della propria storia. Una comunità ideale, che faccia memoria e
spesso ripetuta, ci è venuto spontaneo decidere di abitare questo luogo cercando di
riesca, attraverso il per-dono, a donare anche il suo dolore, per far com-prendere al
scarsamente sacro e di molto scontato… motivo di perenne indigestione… diritto, non
autorappresentanza), sicchè l’abbiamo prima combattuto, poi, ci siamo dissociati e con-
scandali che ancora non sono emersi e gravi sono le logiche mafiose che gestiscono il
passasse velocemente davanti ad un “monumento ai caduti disatteso e tradito”, come
sottolinearne gli aspetti più tipici (memoria) e scegliendo inoltre di partecipare alla vita
mondo l’immoralità di certe interferenze e dinamiche. Per la Valle del Vajont e per la sua
comunitaria (continuità di vita)… questa visione derivava dalla necessità di non incappare
gente, vedo la possibilità curativa di instaurare una seria Scuola di Pace, dove possa
soluzioni in modo scollegato e soprattutto “dall’alto”. Perciò abbiamo deciso di abitare
politiche) su tematiche come: gestione territoriale, politiche dell'acqua, assistenza nelle
una casa del paese vecchio, in tre inizialmente. La scelta successiva è stata quella di
situazioni
lasciare la porta più aperta possibile agli ertani e a chi, attirato dall’esperienza, veniva
conflitti, individuazione delle politiche di usurpazione e
dall’esterno. Poi siamo diventati cinque e dopo due anni, camminando con tutti, i giovani
di rapina, delle logiche di interesse, individuazione dei
di Erto ci hanno consegnato le chiavi del paese,
potentati e delle pratiche mafiose, etc. Il fine sarebbe
mettendo i loro nomi su di un’enorme chiave, intagliata
quello di far sentire a questa gente l’utilità del dolore
per l’occasione. La voglia di essere ascoltati ed
vissuto, e la ricchezza che rappresenta questa storia per
accompagnati caratterizza questi giovani, ma più in
le generazioni a venire. Secondariamente, il sogno
comunità, manifestano fortemente questo bi-sogno.
permettano di vivere un più elevato livello etico, nelle
Quando toccavamo, con la nostra presenza, questo
nostre così dette democrazie. Questo è un vero e proprio
campo, l’affetto ed il riconoscimento sono sempre stati
invito che rivolgo a tutti gli interlocutori sensibili.
dimostrati abbondantemente.
Joseph Kizerbo ama ricordare che in molte culture
Tutto questo discorso per arrivare a dire che il Vajont
africane esiste un comune denominatore che è il
non è solo storia di morti (morti di mafia, ndr), ma è
cerimoniale che si usa fare quando arriva lo straniero
soprattutto storia di vivi che interpella i vivi. Si tenga
nella propria terra. Gli si offre l'acqua in un semplice
presente che lo sviluppo del nord-est produttivo
contenitore di legno, ma prima di fare bere l'ospite, si
applicate negli anni 60 e 70, e che quasi tutto del
acudisce... il parallelismo con l'acqua versata in Val del
nostro modello di vita attuale, deriva dalle impostazioni
Piave attraverso il disastro del Vajont è di notevole
sociali e strutturali, che ci sono state imposte a partire
impatto emotivo e grande carica simbolica, richiama a
nella facile e già vista tendenza a non considerare le persone e il contesto, calando le
Si tenga presente che lo sviluppo del nord-est produttivo dipende strettamente dalle leggi speciali del Vajont applicate negli anni 60 e 70, e che quasi tutto del nostro modello di vita attuale, deriva dalle impostazioni sociali e strutturali, che ci sono state imposte a partire dal Vajont
generale, tutti i soggetti facenti parte di questa
dipende strettamente dalle leggi speciali del Vajont
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convergere una riflessione nazionale (da parte della società civile, della chiesa e delle parti di
emergenza-tragedia,
risoluzione
dei
sarebbe quello di creare anticorpi culturali che ci
versa un po' d'acqua a terra, per nutrire la madre che ci
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Sono sempre più convinto che si possa aiutare questa gente, solo facendola sentire erede sacrale della propria storia. Una comunità ideale, che faccia memoria e riesca, attraverso il per-dono, a donare anche il suo dolore, per far comprendere al mondo l’immoralità di certe interferenze e dinamiche
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fare di questi luoghi spazi in cui si accoglie la differenza facendo Memoria di ciò che è accaduto per rivitalizzare l'amore per la Terra in tutti i visitatori che passano di qua,
nell’auspicio che gli esseri umani imparino a interagire con essa, e non ad interferire distruggendola. Se vuoi la Pace, prepara la Pace.
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Osservatorio - 3 PER UN PARTITO DEMOCRATICO ANTIOLIGARCHICO*. NELLA TRADIZIONE DI ROOSEVELT, DE GASPERI, MATTEI E LA PIRA Un Partito Democratico che non voglia essere un avamposto esecutivo di interessi particolaristici, non
Claudio Giudici
può non tenere conto di come le parti che vengono a comporlo si siano radicate nel corso della propria storia, nonché degli elevati fini che essi assieme si
propongono di perseguire, sotto la nuova veste dell’unità.
Il Partito Democratico, e più in generale un partito, non può limitarsi ad amministrare lo stato di fatto secondo le modalità più o meno direttamente richieste dal finanziatore di turno della campagna elettorale
Il Partito Democratico, e più in generale un partito, non può limitarsi ad amministrare lo stato di fatto secondo
le modalità più o meno direttamente richieste dal finanziatore di turno della campagna elettorale, quanto piuttosto porsi il fine di elevare le capacità morali e di vita della popolazione, cercando di contribuire alle sorti dell’intera umanità. Così se negli Stati Uniti, si assiste ad uno scontro tra due concezioni diametralmente opposte del Partito Democratico – quella filo-oligarchica di Felix Rohatyn, nella tradizione di John J. Raskob, e quella anti-
oligarchica di Lyndon LaRouche, nella tradizione di Fraklin Delano Roosevelt – anche in Italia il Partito Democratico segue la medesima falsariga. Da un lato il disegno oligarchico di De Benedetti1, alle cui istanze,
*
Si tiene a precisare che il senso del termine “antioligarchico” è utilizzato nel senso proprio della
parola e non genericamente e demagogicamente nel senso di dover combattere gli strati sociali più
ricchi. Il problema non sono i ricchi; il problema sorge nel momento in cui la ricchezza diventa insopportabile strumento di offesa degli strati sociali più bassi. Ciò lo si ha quando una ristretta casta di persone gestisce il bene pubblico come se fosse qualcosa di privato; e questo è l’oligarchia appunto. 1
In un’intervista rilasciata al Corriere della Sera del 2 dicembre 2005, De Benedetti dice: ‹‹Poi lui
[Berlusconi] di errori ne ha fatti mille, dai condoni a una riforma delle pensioni inadeguata fino a un provvedimento sul Tfr a futura memoria. Il fatto è che le vere riforme costano, anche in termini di consenso. Sul mercato del lavoro c'è un'elasticità insufficiente. Treu ha iniziato, la legge Biagi ha
incrementato ma bisogna fare di più, molto di più. Per riuscire bisogna intervenire pesantemente sugli ammortizzatori sociali... Per restare all'economia penso alla riduzione del cuneo fiscale. Non di un
punto come ha fatto il governo con Luca di Montezemolo che si è dovuto accontentare. Una vera riforma significa dieci punti di cuneo fiscale, con un costo di 20 miliardi. È evidente che per realizzarla
83
occorre recuperare gettito fiscale combattendo l'evasione e, al limite, aumentando l'Iva… La tradizione
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chi punta ad avere un ruolo politico di primo piano a prescindere, si è già allineato,
ad una concezione di uomo come homo homini lupus; segnò il passaggio da un cammino
“La generazione che segue raccoglie in eredità appena le briciole di quelle energie che
droga e rock and roll; segnò il passaggio da una concezione dell’economia produttivo-
avrebbe potuto applicare nella loro pienezza l’uomo che decade, così deve rifare a
industriale ad una consumistico-speculativa.
proprie spese quasi tutto il cammino. Per questo il progresso umano è lento, la macchina
Le guerre finanziarie avviatesi a partire dal 15 agosto 1971 e tutt’oggi in corso, nonché la
lavora con troppa perdita. Lo scopo futuro degli Stati sarà quello di aumentare e
costanza di guerre guerreggiate dopo il dissolvimento dell’Unione Sovietica, testimoniano
rafforzare gli strumenti di congiunzione fra una generazione e l’altra. Uno Stato ideale
questa nuova concezione hobbesiana dei rapporti tra i Popoli.
dall’altro quello per il Bene Comune di coloro che sono tenuti ai margini della politica.
sociale orientato all’amore (agape, caritas), alla realtà ed all’interiorità, a quello del sesso,
sarà raggiunto quando esso potrà mantenere appositi organi di trasmissione delle
Il cosa fare e non fare è dunque chiaramente tracciato dalle esperienze storico-sociali
esperienze e dei risultati ottenuti fino allora.”2
contrapposte 1945-1971 da una parte e 1971-oggi dall’altra.
Con queste parole Acide De Gasperi traccia il binario da percorrere a noi che veniamo in
Queste due diverse fasi storiche trovano dunque fonte d’ispirazione in una concezione
zero, il patrimonio d’esperienze e morale acquisito da questi ultimi. Su questo binario
semplicemente di due esperienze diverse, quanto piuttosto che si tratta di un’esperienza
sostituzione di coloro che vanno, affinché non si disperda, dovendo ricominciare tutto da
corre il treno del sistema culturale e la sua locomotiva è la Verità. La Verità e non il
comodo deve tornare ad essere il traguardo degli uomini e dei loro sistemi politico-
dell’uomo diametralmente opposta. Non può essere credibilmente detto che si tratta migliore rispetto all’altra; da una parte un’esperienza che si rifà a validi principi ispiratori che dovevano semmai essere ancor più migliorati, dall’altra un’esperienza che si rifà a
sociali, di modo che la ripetizione di errori, tipo la deriva liberista verso cui per
principi ispiratori malsani che mai sarebbero dovuti essere risposati.
l’ennesima volta il cammino dell’umanità ha di nuovo virato, rappresenti solo un inciampo
Questa diversa concezione dei rapporti tra gli uomini, per l’Italia ha voluto dire essere
durante il cammino, e non il cammino stesso.
vittima di iniquità economico-finanziarie internazionali e nazionali: il non avvio di una
Per restare ben saldi sulla strada della Verità3, quale miglior modo che quello di riscoprire
i principi guida dei grandi uomini del passato – e, se ve ne sono, del presente – che
avevano fatto dell’onestà intellettuale e dell’amore per il Bene Comune, il fine della loro opera politica.
Ma cosa significa riscoprire i principi? Non significa
certo ripetere in modo automatico azioni e volontà in un contesto che è divenuto, cambiato. Significa però ridare applicazione, nella nuova realtà – dunque con nuove soluzioni concrete – a quei medesimi principi
che ispirarono l’azione politica benefica di chi in ultima istanza migliorò le condizioni di vita morali e fisiche della popolazione. Questo processo benefico è andato perso tra la fine degli anni ’60 ed i primi anni ’70 quando un vero e proprio cambio di paradigma segnò il passaggio da
una concezione dell’uomo come homo homini fratres
Ma cosa significa riscoprire i principi? Significa ridare applicazione, con nuove soluzioni concrete, a quei medesimi principi che ispirarono l’azione politica benefica di chi migliorò le condizioni di vita morali e fisiche della popolazione
socialista era tutta incardinata nel patto tra produttori mentre il referente del Partito democratico deve essere il consumatore…›› 2 3
M. R. De Gasperi, De Gasperi – Ritratto di uno statista, Mondadori, Milano, 2005, pagg. 71-72.
politica energetica volta all’indipendenza, le ricette liberiste imposteci a partire dalla metà degli anni ’70 dal Fmi, il sorgere di una concezione speculativa dell’economia, e attacchi dei centri finanziari alla moneta, hanno distrutto il tessuto produttivo italiano. Il giudizio negativo più forte a questo stato di cose, proviene dalle dinamiche del potere d’acquisto della maggioranza della popolazione, che ha smesso di crescere agli inizi degli anni ’70 ed ha accelerato violentemente verso il basso durante gli anni ’90. Tutto ciò, nonostante l’articolo 3 Cost., 2° co. reciti: “E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e la uguaglianza
Degli ultimi trentacinque anni, non può essere neanche trascurata l’influenza esercitata dal cambio di paradigma che ha portato all’abbandono della visione prometeica dell’uomo
dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. Degli ultimi trentacinque anni, non può essere neanche trascurata
esercitata
dal
cambio
di
prometeica dell’uomo. In questa visione, l’uomo che conosce e crea e che fa dell’amore per la conoscenza e per la creazione la sua missione di vita, dà concreta applicazione all’aforisma socratico per cui il vero male sia l’ignoranza, essa includendo pure l’inazione. Enrico Mattei4
“Il nostro posto d’azione è modesto e oscuro; il teatro della nostra vita pubblica è angusto e lontano
l’influenza
paradigma che ha portato all’abbandono della visione
è
stato
il
campione
italiano
di
questa
dalle grandi correnti, ma nessun posto è così oscuro che, quando vi si combatta per il bene, non lo investa la luce dell’eterna Verità; nessun Paese è così remoto che, quando vi si cooperi con Dio, non lo attraversi l’infinita corrente spirituale che domina l’universo.” Alcide De Gasperi, 31 dicembre 1921.
85
4
“Mattei pensava in grande e attirava a sé tutti coloro che volevano lavorare per modernizzare il paese.
Si trattava di portare il paese non solo al pari dell’Europa, ma più avanti, il che creava un grande
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concezione dell’uomo, e le sue vedute profetiche, i suoi discorsi non politically correct
sono tra quelli che devono essere riscoperti.
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Dal combinato disposto degli artt. 1 e 3 della Costituzione risulta chiaro come il lavoro
sia un diritto, come esso debba essere strumento per eliminare le disuguaglianze sociali e come la Repubblica debba a tal fine adoperarsi.
In rispetto della nostra grande Costituzione
Purtuttavia, è bene interpretare il concetto di “lavoro” dal punto di vista più alto, e cioè come applicazione delle facoltà cognitivo-creative uniche dell’uomo, quelle che ci
L’art. 1, 1° co. della Costituzione italiana recita: “L’Italia è una Repubblica fondata sul
differenziano dagli animali e che permettono, attraverso le scoperte scientifiche, di
lavoro.”
aumentare la produttività con lo sviluppo e l’applicazione delle tecnologie. Questo, onde
I padri costituenti con questo primo articolo hanno doverosamente individuato un primus
evitare l’interpretazione riduttiva, marxista e feudale, oltre che antieconomica, del lavoro
a cui fare inevitabilmente riferimento affinché si abbia una sana concezione delle
come semplice lavoro delle braccia.
relazioni politico-sociali e della persona umana. “Repubblica” e “lavoro” sono i due pilastri
Il Partito Democratico nascente dovrà avere come sua missione preminente quella di
Alla luce di ciò sorgono spontanee alcune domande: A) siamo ancora una Repubblica,
Cost., e Costituzione materiale, per ritrovare quella strada diretta verso la crescita morale
cioè un sistema politico-costituzionale dove il patrimonio spirituale e materiale nazionale
che i padri costituenti erano riusciti a costruire.
su cui si erge il nostro sistema costituzionale.
riportare ad una coincidenza tra Costituzione formale così come riassunta dall’art. 1
è utilizzato nel nome e nell’interesse del Popolo sovrano, o piuttosto il sistema è scaduto verso derive oligarchiche dove quel patrimonio è utilizzato nell’interesse di alcuni
Credito nazionale per il progresso, non credito privato6 per la speculazione
potentati nazionali ed internazionali? L’allargamento radicale della forbice tra alti redditi e bassi redditi, ci obbliga a propendere per una risposta negativa. B) La concezione dell’uomo lavoratore, ossia
come individuo dedito al perseguimento del Bene Comune attraverso una sua funzione economicosociale, è tutt’oggi concreta e perseguita, oppure si è passati ad una diversa concezione del ruolo che un individuo deve avere, trasformandolo in una sorta d’involontario parassita dove tutto il suo stipendio è gravato
da
debiti
di
consumo?
L’attuale
debito
pubblico, che però va ricoperto tornando ad essere produttivi
e
non
riversandone
il
costo
popolazione, ce ne dà immediata risposta5.
sulla
La concezione dell’uomo lavoratore, ossia come individuo dedito al perseguimento del Bene Comune attraverso una sua funzione economicosociale, è tutt’oggi concreta e perseguita?
spavento, tanto che il pensare in grande è da allora praticamente scomparso. Oggi in Italia i grandi
progetti rimangono tutti nel cassetto o prendono tempi biblici: Venezia ha ancora l’acqua alta, lo stretto di Messina non ha ancora il suo ponte, la Firenze-Bologna è quella di cinquant’anni fa, le aree
Il sistema americano così come concepitosi dalla Dichiarazione d’Indipendenza del 1776, passando per Alexander Hamilton, Abramo Lincoln, Franklin Delano Roosevelt, e John Fitzgerald Kennedy puntò a realizzare in primo luogo una sovranità economico-
Le banche centrali europee, che gestiscono il credito e dunque subordinano le sovranità economiche nazionali, non sono altro che delle società di banche private dove dunque il controllato ed il controllore coincidono
finanziaria totale, dove all’indipendenza economica privata si sovrapponeva, per ovvi fini di controllo e garanzia la sovranità nazionale. Nel
sistema
americano
un
ruolo
preminente
è
riconosciuto alla Banca Nazionale ed al credito, come strumenti
operativo-dirigistici
del
Congresso
e
dell’Amministrazione. I sistemi costituzionali europei non sono mai riusciti a riconoscere
formalmente
questo
pilastro
del
repubblicanismo moderno. Le banche centrali europee, che gestiscono il credito e dunque subordinano le sovranità economiche nazionali, non sono altro che delle società di banche
private dove
dunque il
dismesse delle città rimangono vuote, il Po continua a straripare come sempre. Eccetera. I grandi progetti in Italia non hanno consenso. La gente non ci crede e se li vede realizzare li ostacola.” Tratto da
Il
Progetto
Mattei,
di
Marcello
Colitti,
Acqualagna,
26
Ottobre
2002,
http://www.colitti.com/marcello/mattei.html, 07 agosto 2006. Marcello Colitti è stato dirigente Ecofuel (Eni) ed autore di diversi volumi su questioni petrolifere e su Mattei.
5
“Direi che l’effetto peggiore questo sistema l’ha avuto nella moralità pubblica, nel tono della vita
proposto il modello dell’uomo che consuma, e che, non si sa bene da dove gli venga il denaro che usa, ma consuma, che ha un’enorme dotazione di beni di consumo che rinnova continuamente.” Intervento
di Marcello Colitti alla conferenza L’esempio storico di Enrico Mattei come risposta alla crisi attuale, organizzato dallo Schiller Institure e dall’Executive Intelligence Review, Milano, 27 novembre 1992.
In La crise mondiale aujourd'hui, il premio Nobel per l’economia 1988, Maurice Allais, sostiene:
civile, e nel fatto che noi così facendo abbiamo proposto alle generazioni che vengono dopo di noi un
6
qualche cosa, che fatica e che quindi ha un impegno morale, civile, direi spirituale, perché la fatica ha
creazione di moneta da parte di falsari. In concreto, i risultati sono gli stessi. La sola differenza è che
archetipo non più di uomo produttore, non abbiamo più proposto il modello dell’uomo che produce una dimensione fisica, ma non solo quella. Un uomo che fatica ma che produce qualche cosa. Abbiamo
87
"Essenzialmente, l'attuale creazione di denaro ex nihilo operata dal sistema bancario è identica alla
sono diversi coloro che ne traggono profitto".
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controllato ed il controllore coincidono. Anche l’esperienza americana, dall’istituzione
Fonti, quali quelle del solare e dell’eolico, tuttavia, se possono rappresentare una parziale
Kennedy (anche nella forma) si è tentato di scardinare, ha perso questo pilastro del
quanto
costituzionalismo moderno, che aveva fatto degli Stati Uniti il sistema costituzionale
enormemente superiore.
della Federal Reserve Bank (1913), che solo con Franklin Roosevelt (nella sostanza) e John
soluzione per le necessità abitative, ci farebbero cadere dalla padella nella brace per concerne
il sistema
produttivo,
che
necessita
di
un
flusso
energetico
repubblicano meglio riuscito, in quanto propriamente sovrano e non rimesso alle volontà
A tal proposito, l’unica credibile soluzione è rappresentata dal nucleare7.
arbitrarie di una banca centrale a partecipazione privata.
I fatti di Chernobyl del 1986 furono strumentalizzati per avviare una campagna
Il Partito Democratico, pur consapevole degli ostruzionismi omicidi che in tal senso
antinuclearista priva di ogni razionalità, che non tenne in debito conto della vetustà
troverà sulla sua strada, non potrà fare a meno di perseguire questo primo obiettivo per
dell’apparato complessivo sovietico che da lì a sei anni sarebbe crollato. La Francia, con
fare in modo che il credito nazionale – che le assemblee legislative di volta in volta
noi confinante, oggi, deriva la propria produzione elettrica dal nucleare per quasi l’80%.
autorizzeranno agli esecutivi ad emettere, così come il Congresso Usa avrebbe il potere di
La popolazione francese non si trova certo in peggior condizioni di benessere rispetto a
dunque orientato al perseguimento del Bene Comune, e non verso le attività speculative,
ed è stato dimostrato come la radioattività, entro gli specifici limiti ambientali, non sia
di qualunque genere esse siano. Ciò, per ridare dignità all’art. 47 Cost., per cui: “La
nociva per la salute umana8.
Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e
I moderni sistemi di produzione di energia nucleare, oltre che meno inquinanti rispetto a
controlla l’esercizio del credito. Favorisce l’accesso del risparmio popolare alla proprietà
petrolio e carbone e più performanti rispetto a questi ultimi, sono diventati anche sicuri
dell’abitazione, alla proprietà diretta coltivatrice e al diretto e indiretto investimento
grazie alle tecnologie a sicurezza intrinseca del funzionamento della reazione stessa, e
azionario nei grandi complessi produttivi del Paese.”
addirittura a prova d’impatto aereo.
fare nei confronti dell’Amministrazione Usa – sia orientato verso le attività produttive,
Ma la nostra Costituzione, oltre a porre l’accento sulla produzione, riconosce sì che
l’attività imprenditoriale è libera, ma anche che non possa confliggere con i diritti
quelle della popolazione italiana. Gli aspetti inerenti alla salute sono oramai stati chiariti,
Circa il problema delle scorie radioattive, questo è l’aspetto più debole della questione. Anche se le più recenti tecnologie consentono un riciclaggio del rifiuto fino al 96%, lo
superiori della persona umana. Così l’art. 41 Cost., recita: “L’iniziativa economica è libera.
smaltimento del restante non è ancora completamente risolto. Tuttavia, è risolto forse il
Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla
problema dell’inquinamento ambientale derivante da combustione delle materie fossili?
sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
Il nucleare – oggi accettato anche da ambientalisti storici come James Lovelock e Patrick
debbano avere una funzione sociale, essere diretti alla produzione, e non possano andare
rappresentare per l’Italia una soluzione d’avanguardia.
Alla luce degli articoli costituzionali, è chiaro come iniziativa economica e credito
Moore9 – se veramente vorremmo reindirizzarci sulla strada dello sviluppo, può
contro il Bene Comune. Nella tradizione di Mattei, indipendenza energetica L’Italia ha una naturale carenza energetica. La questione energetica, tuttavia, non impedì a uomini come Enrico Mattei di cercare di dare un’indipendenza energetica al Paese, prima avviando colloqui indipendenti con i Paesi detentori di petrolio, poi puntando sul nucleare con la centrale di Latina. In seguito alla ancor oggi non chiara scomparsa del grande statista, l’Italia non è più stata capace di intraprendere la strada dell’indipendenza
energetica, fino ad arrivare ai giorni nostri dove come una macchina sempre ai massimi regimi rischia di rompersi un inverno sì ed un estate pure.
L’Italia non è più stata capace di intraprendere la strada dell’indipendenza energetica, fino ad arrivare ai giorni nostri dove come una macchina sempre ai massimi regimi rischia di rompersi un inverno sì ed un estate pure
Nuove fonti energetiche impongono di essere sfruttate.
7
“La totalità dell’energia elettrica importata in Italia proviene dalle centrali nucleari d’Oltralpe. Mentre -
giova ricordare - nel 2003, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna produssero, rispettivamente, 420,
157, 85 e 60 miliardi di KWh elettrici dagli oltre 100 reattori nucleari in esercizio in quei Paesi.”, Lettera aperta al Presidente della Repubblica, Galileo 2001, per la libertà e dignità della Scienza, 17 dicembre 2005.
Nella lettera aperta all’on. Silvio Berlusconi e all’on. Romano Prodi, del 2 aprile 2006, da parte della medesima associazione, si dice che il 30% dell’energia elettrica europea deriva dal nucleare. 8
I costi delle scelte disinformate: il paradosso del nucleare in Italia, F. Battaglia, A. Rosati, 21mo
secolo, Milano, 2005, pagg. 121 e ss. 9
Convertire al nucleare di Patrick Moore, 16 aprile 2006:
“Nei primi anni '70, quando collaborai alle fondazione di Greenpeace, credevo che l'energia nucleare fosse un sinonimo di olocausto nucleare, come molti miei compatrioti. Questa fu la convinzione che ispirò il primo viaggio di Greenpeace, lungo la meravigliosa costa rocciosa del nordovest, per protestare contro i test delle bombe all'idrogeno sulle Isole Aleutine in Alaska. Dopo trent'anni, la mia visione è cambiata, e penso che anche il resto del movimento ambientalista debba aggiornare la sua
prospettiva, poiché proprio l'energia nucleare potrebbe essere la fonte energetica capace di salvare il
89
nostro pianeta da un altro possibile disastro: i cambiamenti climatici catastrofici.
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Consideriamola in questa maniera: più di seicento impianti a carbone negli Stati Uniti producono il 36%
cominciò a dire di essere d'accordo con la maggior parte delle cose da me dette: pur escludendo
climatici; questa cifra rappresenta il 10% delle emissioni a livello globale. L'energia nucleare è l'unica
Ecco perché: l'energia eolica e quella solare hanno la loro voce in capitolo, ma poiché sono
delle emissioni statunitensi di biossido di carbonio, il primo gas-serra responsabile dei cambiamenti fonte a larga scala e a basso costo che possa ridurre tali emissioni, pur continuando a soddisfare la
l'opzione nucleare, lasciò intendere una netta disponibilità ad esplorare tutte le possibili opzioni.
imprevedibili e mancano della necessaria continuità, esse non possono rimpiazzare gli impianti più
crescente domanda di energia elettrica. Oggi, oltretutto, lo può fare in tutta sicurezza.
grossi e più solidi a carbone, a uranio o idraulici. Il gas naturale, un combustibile fossile, è ora troppo
Mahmoud Ahmadinejad sull'arricchimento dell'uranio. "Le tecnologia nucleare è per scopi pacifici, e
grande portata. Poiché gli impianti idroelettrici hanno quasi saturato i siti adatti, il nucleare, per
Faccio queste affermazioni con cautela, come è ovvio dopo l'annuncio dato dal Presidente dell'Iran nient'altro", ha detto. Ma molti speculano sulla possibilità che tale processo, pur essendo dedicato alla
costoso, e il suo prezzo è fin troppo volatile perché si possa investire serenamente in impianti di
semplice esclusione delle alternative, rimane l'unica fonte in grado di soppiantare il carbone. Semplice,
produzione di elettricità, sia in verità una copertura per la costruzione di armi nucleari.
in fondo.
stati canaglia, dico che noi non possiamo semplicemente mettere al bando qualunque tecnologia
sfatare. Consideriamoli con attenzione:
E benché io non voglia sottostimare il pericolo rappresentato dalla tecnologia nucleare nelle mani di
considerata pericolosa. Questa fu la mentalità del "tutto-o-niente" in vigore durante la Guerra Fredda,
Non voglio negare che all'energia nucleare siano associati vari problemi, ma vi sono anche molti miti da •
L’energia nucleare è costosa.
allorché qualunque espressione della tecnologia nucleare sembrava indicare una minaccia per l'umanità
Essa è invece tra le meno costose. Nel 2004 il costo medio della produzione negli Stati Uniti fu pari a
interpretazioni magistrali ne "La Sindrome Cinese", un film che evocava un disastro nucleare a seguito
idroelettriche. Ma i futuri sviluppi tecnologici porteranno i costi a livelli ancora inferiori.
e l'ambiente. Nel 1979, Jane Fonda e Jack Lemmon provocarono un brivido di paura con le loro
della fusione del nocciolo di un reattore, capace di minacciare la sopravvivenza di una città. Meno di
poco meno di 2 centesimi di dollaro per kWh, cioè comparabile a quello delle centrali a carbone o •
Gli impianti nucleari non sono sicuri.
due settimane dopo la proiezione di quel film, il nocciolo del reattore dello stabilimento atomico di
Se a Three Mile Island la vicenda terminò con un successo, vent'anni fa l'incidente di Chernobyl fu
angoscia molto reale nella nazione.
avevano il guscio di contenimento del reattore. L'intero progetto era pessimo, e gli addetti fecero
Three Mile Island (Pennsylvania), si comportò come nella finzione cinematografica, causando una
differente. Ma si trattò di un incidente cercato. I primi modelli sovietici di centrale nucleare non
Ciò che all'epoca nessuno notò, tuttavia, fu che la vicenda di Three Mile Island terminò con un
saltare la centrale in aria. Lo scorso anno, il forum sull'incidente di Chernobyl che ha raccolto
radiazioni di uscire e diffondersi nell'ambiente. Oltre ai danni subiti dal reattore, nessun lavoratore
decessi, perlopiù dovuti alle radiazioni o alle bruciature durante le operazioni di estinzione
successo: la struttura di contenimento in cemento si comportò come da progetto, impedendo alle
tantissime agenzie dell'ONU ha confermato che si possono attribuire all'incidente stesso soltanto 56
rimase né ferito né ucciso, né tantomeno gli abitanti delle zone limitrofe. Pur essendo stato l'unico
dell'incendio. Pur nella tragicità, quelle morti non sono che un pallido riflesso dei 5.000 decessi annui
respingere terrorizzati qualunque altro sviluppo della tecnologia nucleare, tanto che da allora in tutto il
causa delle radiazioni, in tutto il programma nucleare civile degli Stati Uniti. (Il problema dei decessi da
incidente nella storia della produzione di energia atomica negli Stati Uniti, esso fu sufficiente a farci Paese nessuna nuova centrale è stata commissionata.
che avvengono nelle miniere di carbone di tutto il mondo. Tra l'altro, nessuna persona è mai morta a radiazione nel sottosuolo, tra i minatori di uranio dei primi anni di questa industria, è stato da lungo
In America, oggi, i 103 reattori attivi forniscono soltanto il 20% dell'elettricità consumata. L'80% della
risolto.)
gli addetti). Nonostante io non viva, come loro, nelle vicinanze di una centrale atomica, ora sono
Tra quarant'anni il carburante esausto avrà soltanto un millesimo della radioattività riscontrata al
Devo aggiungere che non sono l'unico, tra i vecchi ecologisti, ad aver mutato d'opinione su questo
dell'energia potenziale è ancora contenuto in esso, dopo il primo ciclo di fissione. Ora che gli Stati Uniti
l'energia nucleare sia l'unica via per evitare un cambiamento catastrofico del clima. Stewart Brand,
residua, e ridurre contemporaneamente la quota di rifiuto effettivamente bisognoso di trattamento e
popolazione che vive a meno di 10 km di distanza da uno di questi reattori, li approva (senza contare nettamente schierato dalla loro parte.
tema. Lo scienziato britannico James Lovelock, fondatore della teoria di Gaia, ha finito per credere che
fondatore del "Whole Earth Catalog", ora dice che il movimento ambientalista deve abbracciare l'energia
nucleare perché tutti possiamo affrancarci dai carburanti fossili. Alcune volte, simili opinioni sono state
oggetto di scomunica dal clero anti-nucleare: il defunto vescovo britannico Hugh Montefiore, fondatore
•
Le scorie nucleari saranno pericolose per migliaia di anni.
momento della rimozione dal reattore. Oltretutto, è scorretto parlare di scoria o di rifiuto, perché il 95%
hanno rimosso il bando sul riciclaggio del fissile usato, sarà nuovamente possibile usare quell'energia posa in discarica. Lo scorso mese il Giappone si è unito alla Francia, alla Gran Bretagna e alla Russia nel settore del riciclaggio del combustibile nucleare. Gli Stati Uniti non rimarranno indietro. •
I reattori nucleari sono vulnerabili agli attacchi terroristici.
e direttore di "Friends of the Earth", fu obbligato a dimettersi dal direttivo di quella associazione, per
I contenitori del nocciolo sono fatti da uno spessore di cemento rinforzato di circa due metri. Anche se
aver scritto un articolo a favore del nucleare su una newsletter ecclesiastica.
un jumbo-jet si abbattesse su un reattore, facendo crepare le pareti esterne, il reattore non
nucleari "duri e puri". Nello scorso dicembre, quando partecipai al convegno sul protocollo di Kyoto a
a gas naturale, impianti chimici e vari altri obiettivi politici).
Ora vi sono segni di una certa disponibilità, un'apertura all'ascolto, anche presso gli attivisti antiMontreal, rivolsi ad un gruppo ristretto di partecipanti alcune riflessioni su un futuro all'insegna
esploderebbe. Vi sono molti tipi di impianti industriali diversi, che sono molto più vulnerabili (impianti •
Il combustibile fissile può essere trasformato in armi nucleari.
dell'energia sostenibile. Dissi che l'unico modo di ridurre le emissioni dei gas di combustione, mentre
Questo è il tema più scottante associato all'energia nucleare, e il più difficile da discutere, come mostra
(idroelettrica, geotermica, eolica, ecc.) insieme al nucleare. Il portavoce di Greenpeace fu il primo a
un valido motivo per abolirla. Negli ultimi vent'anni, uno dei più semplici utensili - il macete - è stato
si produce energia elettrica, è quello di rivolgersi in modo deciso alle fonti energetiche rinnovabili
il caso dell'Iran. Ma il fatto che la tecnologia nucleare possa essere impiegata per scopi malvagi non è
intervenire nella sessione dedicata alle domande, e io mi aspettavo un bella frustata. Egli, invece,
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Ciò ci consentirebbe, in pieno spirito lapiriano, di poter risolvere anche il problema della scarsità idrica dell’Africa sub-sahariana e dell’area medio-orientale, grazie a reattori nucleari a 200 MW per la dissalazione del mare.
Il complesso infrastrutturale
Il problema del costo – se mai è esistito – è stato affrontato dalla Francia nel periodo 1973-74, facendo ricorso ad un approccio industriale “di massa” piuttosto che a
costruzioni ad hoc, riducendo così i costi. Essa ha sviluppato anche programmi di
L’Italia è piombata in un misticismo naturalista che trova il suo più manifesto antecedente nella cultura medioevale, dove mancava l’idea di poter partecipare a migliorare la biosfera
aggiunte successive, in considerazione dell’accresciuta richiesta energetica delle varie
e dove, dunque, la popolazione non cresceva restando sempre ai medesimi livelli
zone.
demografici a causa della continua moria provocata dai disastri naturali, nonché
Oggi, il costo, alla luce del forte rincaro dei prezzi dei combustibili fossili, è sempre meno
dall’incapacità di migliorare le capacità immunitarie degli individui.
un problema. In ogni caso una seria indagine a tal proposito non può non tenere conto
Dagli anni ’70 siamo piombati in una cultura del non fare, che ogni cittadino può
In ogni caso, qualsiasi approccio finanziarista alle infrastrutture, è vittima di un errore
tratto Firenze-Bologna. Come è stato possibile che un tratto autostradale concepito 50
concettuale. Infatti, le infrastrutture – così come le spese per la ricerca scientifica – sono
anni fa, sia sostanzialmente rimasto invariato, nonostante l’esponenziale incremento di
investimenti che si ripagano da sé nel tempo in modo continuo grazie allo sviluppo
automezzi?
economico che ne deriva, ed il ritorno economico-finanziario che dà un’infrastruttura
Purtroppo, se nell’immaginario collettivo è stata indotta l’idea per cui a “industria”
tecnologicamente all’avanguardia, non ha confronto con la spesa inizialmente sostenuta
corrisponda “inquinamento”, all’idea di “infrastruttura” (o grande opera) è associata quella
per realizzarla.
di “distruzione ambientale”. Questa confusione concettuale, se per la popolazione italiana
I tempi di realizzazione di una centrale nucleare, mentre la Cina sta procedendo alla
ha rappresentato continui disagi ed impoverimento, a causa della non efficienza del
del fatto che un impianto nucleare di nuova concezione dura più di 50 anni.
creazione di centrali a carbone alla velocità di un’unità alla settimana, è oggi di 40 mesi.
sperimentare affrontando il disagio procurato da ore di coda immettendosi sull’A1, nel
tessuto produttivo, in continenti come l’Africa ha voluto dire destinare a riserva
naturalistica parti importanti delle poche aree coltivabili presenti in quel continente, impiegato per uccidere più di un milione di persone, in Africa. Si tratta di un numero ben superiore al numero delle vittime uccise dalle bombe di Hiroshima e di Nagasaki.
Di che cosa sono fatte le auto-bomba? Di cherosene, fertilizzanti e acciaio (quello della struttura
dell'automobile). Se ponessimo un bando su tutto ciò che può uccidere, non potremmo nemmeno avere del fuoco.
L'unico modo per affrontare la proliferazione del nucleare è di dare a questo tema la priorità internazionale che le compete, di renderla oggetto della diplomazia e, quando necessario, di usare la
forza per impedire a certe nazioni o ai terroristi di perseguire quei fini distruttivi. Si deve aggiungere che le nuove tecnologie, come il sistema di ritrattamento introdotto in Giappone di recente (nel quale il plutonio non è più separato dall'uranio), possono aiutare a rendere più oneroso e difficile l'uso di fissile da parte di terroristi o di stati canaglia.
Gli oltre seicento impianti a carbone producono circa 2 miliardi di tonnellate di biossido di carbonio
ogni anno - l'equivalente di quanto producono 300 milioni di automobili. Inoltre, il "Clean Air Council" riporta che gli impianti a carbone sono responsabili del 64% delle emissioni di anidride solforosa, del 26% degli ossidi di azoto e del 33% delle emissioni di mercurio. Questi inquinanti stanno erodendo la
salute del nostro ambiente, producendo piogge acide, smog, malattie respiratorie e contaminazione da mercurio.
Nel frattempo, i 103 impianti nucleari operanti negli Stati Uniti stanno efficacemente evitando l'emissione di altri 700 milioni di tonnellate di biossido di carbonio - l'equivalente di quanto prodotto
da 100 milioni di automobili. Immaginate che il rapporto tra impianti a carbone e impianti a fissile
fosse invertito, cosicché soltanto il 20% dell'elettricità fosse generata dal carbone, e il 60% dall'uranio: questo porterebbe lontano, in quanto a pulizia dell'aria e riduzione dei gas-serra. Ogni ambientalista responsabile dovrebbe sostenere un cambiamento in questa direzione.
93
Quindi, ad una concezione entropica, tutt’oggi dominante, ne contrapponevano una anti-entropica, dove si poteva discutere di tutto, fuorché dell’intangibilità della vita umana. D’altra parte, se non si ha rispetto assoluto per la vita umana, come si può pretendere che lo si abbia per le altre forme di vita? 94
rendendo
ancor
più
complicata
la
lotta
per
la
sussistenza di quelle popolazioni. Questa concezione, ha avuto quelle ripercussioni intorno a questioni di ordine epistemologico, che portano oggi ad accettare in tutta tranquillità l’idea per cui la popolazione mondiale vada ridotta. Il bello è che nessuno si chiede come! Uomini come John Fitzgerald
Kennedy e Giorgio La Pira, non posero la questione in questi termini. La loro idea non puntava a contrarre ciò che, se si ha una concezione cristiana (ma non solo) dell’uomo, dovrebbe essere intangibile, quanto ad aumentare gli spazi d’azione dell’uomo. Essi parlavano di rendere vivibili gli altri pianeti. Il paradosso è che se oggi ciò nell’immaginario collettivo rappresenta pura fantascienza, non lo rappresentava verso la fine degli anni ’60. Esistono già studi in proposito, e siamo ancora in tempo per riavviare questo cammino. D’altra
parte solo in Europa vi è un’alta densità demografica ed il nostro pianeta si presta ancora ad una maggior crescita demografica. Quindi, ad una concezione
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entropica, tutt’oggi dominante, ne contrapponevano una anti-entropica, dove si poteva
conferenza internazionale per un nuovo sistema monetario e finanziario”, sulla falsa riga
rispetto assoluto per la vita umana, come si può pretendere che lo si abbia per le altre
aderito anche Bill Clinton e Michel Rocard. Da questo, più che dalla Tobin Tax – che
forme di vita?
sarebbe una legittimazione indiretta di un sistema iniquo come l’attuale – si deve ripartire
La questione delle grandi opere, e delle infrastrutture più in generale (strade, energia,
per restituire un’architettura finanziaria che consenta lo sviluppo dei Popoli.
discutere di tutto, fuorché dell’intangibilità della vita umana. D’altra parte, se non si ha
della più nota “Nuova Bretton Woods” del leader americano Lyndon LaRouche, a cui hanno
idrica, ospedali, scuole, centri di ricerca), deve essere vista dunque in questa ottica di risoluzione dei problemi dell’uomo odierno e delle future generazioni, nel rispetto
Una missione per l’Italia passando per l’idrogeno
dell’ambiente. Ma rispetto dell’ambiente, non può voler dire non fare, o suggerire false strade, dove il fare sia in realtà un non fare10. Ecco
che
un
nuovo
sistema
energetico
L’ultima industria attiva in Italia, nonostante la oramai fisiologica fase di crisi, è quella elettronucleare,
l’ampliamento
e
dell’auto. Una rivoluzione da tempo ipotizzata nel campo dell’auto, non aspetta che di
necessario, la trasformazione del sistema ferroviario attuale in quello ad alta velocità, se
L’idrogeno, sembra essere la fonte del futuro per quanto riguarda i mezzi di trasporto. Da
non piuttosto a lievitazione magnetica, l’ammodernamento dei porti, il sistema del Mose
quando la comunità scientifica è riuscita a far comprendere come di idrogeno in natura
ed il Ponte sullo stretto di Messina, potrebbero rappresentare un trampolino di rilancio
non se ne trovi, un velo pietoso sembra esser stato messo anche su questa prospettiva
dell’economia italiana.
rivoluzionaria, sia per gli equilibri geo-politici sia per la tutela dell’aria che respiriamo.
l’ammodernamento della rete autostradale al Sud ed in generale nelle aree in cui si reputi
essere realizzata.
Reperire carburanti all’idrogeno necessita di reattori nucleari da almeno 800 megawatts. Un nuovo sistema monetario internazionale
L’Italia potrebbe essere il primo paese al mondo ad attrezzarsi in questo senso, e ridare
Quando nel 1944 Franklin Delano Roosevelt insieme al suo segretario al Tesoro, Harry Dexter White ideò gli accordi di Bretton Woods, il grande statista americano aveva ben chiara l’idea che senza un sistema finanziario stabile ed equo non potesse garantirsi lo sviluppo per tutti i Popoli del pianeta. Questi accordi si fondavano su un “codice d’onore” che tra la fine degli anni ’50 e durante gli anni ’60, a più riprese, i partecipanti più forti (Francia, Inghilterra e Stati Uniti) non rispettarono. Il 15 agosto del 1971, prendendo ciò a pretesto, quegli accordi furono cestinati per decisione unilaterale del Presidente Nixon, instaurando così un sistema a cambi flessibili, senza alcuna base sull’economia reale – dunque il perfetto contrario dei due pilastri di Bretton Woods, cambi fissi e convertibilità del dollaro in oro. Questo sistema, oltre ad avere consentito ad investitori privati di
condizionare ed affamare intere popolazioni nazionali e regionali – si pensi all’autunno del 1992 per Italia, Inghilterra, Germania e Francia, ed al biennio 1997-98 per i Paesi del Sud-Est asiatico – sta creando una bolla speculativa che impedisce che i capitali internazionali vadano verso le attività produttive e, dunque, immiserendo le condizioni di vita di tutta la popolazione mondiale ad eccezione di coloro a cui è stato concesso di entrare nel circolo bancario. Alla luce di ciò, nell’ottica di La Pira del non limitarsi a pensare esclusivamente a casa propria, il nostro Parlamento il 6 aprile 2005 ha approvato la mozione dell’attuale sottosegretario all’Economia, Mario Lettieri, dal titolo “Sulla convocazione di una
10
Si pensi a quella forma di disinformazione, spesso in buona fede, per cui il problema energetico di
un Paese industrializzato sarebbe risolvibile, all’attuale stato della scienza, col ricorso alle c.d. energie rinnovabili.
95
una prospettiva ed un senso di missione al proprio Paese. Senza un senso di missione, un
L’idrogeno, sembra essere la fonte del futuro per quanto riguarda i mezzi di trasporto. Da quando la comunità scientifica è riuscita a far comprendere come di idrogeno in natura non se ne trovi, un velo pietoso sembra esser stato messo anche su questa prospettiva rivoluzionaria, sia per gli equilibri geo-politici sia per la tutela dell’aria che respiriamo 96
obiettivo da perseguire, un Popolo non riesce a trovare
elementi di dialogo che lo facciano sentire in costante stato di fratellanza. Purtroppo oggi questo stato comunitario lo si avverte solo in occasione degli eventi sportivi. Un cammino ben più importante per un Popolo dovrebbe essere quello di ridare fiducia nel futuro a tutte le persone, nonché poter contribuire al benessere degli altri Popoli. Convertire
l’industria
automobilistica
italiana
alla
produzione di mezzi ad idrogeno, ci consentirebbe di
entrare in un mercato nuovo che darebbe lavoro, sviluppo
e
benessere
ambientale.
I
ricercatori
avrebbero di che lavorare. Le imprese di costruzione dovrebbero convertire gli impianti di distribuzione di benzina in distributori di idrogeno. Le famiglie non vedrebbero rubati i propri risparmi dalle imprese petrolifere
–
nonostante
si
accusi
l’Ocse
–
che
arbitrariamente elevano i prezzi del greggio. Cooperazione internazionale: “il vero nome della pace è sviluppo”
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Il messaggio più importante lasciatoci da Giorgio La Pira con la sua opera, è quello per cui la persona umana non può occuparsi solamente degli interessi e degli affetti a lei vicini, ma anche delle sorti dell’umanità, dando concretezza all’idea della fratellanza universale. Alla luce di questo insegnamento, la politica nazionale non può trascurare ciò che avviene nel resto del mondo. Nel rispetto della sovranità altrui, l’opera di dialogo deve essere una costante delle relazioni internazionali. Se promuovere un nuovo sistema monetario e finanziario più equo è una questione fondamentale, altrettanto lo è l’avvio di una politica energetica comune. Per portare le persone del pianeta al centro della vita economica, fuori dalla logica che li relega nel ruolo di forza lavoro a basso costo, o di meri fornitori di materie prime,
dobbiamo innalzare le capacità di produzione energetica. Necessitiamo di quella grande
Alleanza planetaria di cui ha parlato John Fitzgerald Kennedy, e Giorgio La Pira rifacendosi
a lui, per avere 10.000 anni di pace.
Tuttavia, se non si creano anche le condizioni per la creazione di infrastrutture, tutto ciò rischia di essere inutile. Non può considerarsi un caso che durante una guerra guerreggiata la prima cosa che si punta a distruggere sia il complesso infrastrutturale del nemico. Ovviamente, delle infrastrutture, sarebbe il caso di ricordarsi per questioni di pace, per l’aumento del benessere, piuttosto che per distruggere.
Il Ponte di Sviluppo eurasiatico11 ideato da Lyndon LaRouche, rientra proprio in tale ottica. Creare un progetto di sviluppo infrastrutturale comune che abbia il suo cuore laddove si concentra la maggior parte della popolazione mondiale, l’Eurasia, per estendersi verso Africa, Oceania e le Americhe. Un progetto planetario di questo tipo sarebbe realizzabile creando ex novo credito produttivo a basso tasso d’interesse ed a lunga scadenza (25-50
anni), così come fatto da Franklin Roosevelt con la Tennessee Valley Authority per i soli Stati Uniti.
NOTE E SEGNALAZIONI
11
Per
averne
una
rappresentazione
grafica
generica
si
consulti
la
pagina
web
http://www.schillerinstitute.org/economy/phys_econ/physical_econ_main.html, 09 agosto 2006. Dallo stesso indirizzo si accede ad ulteriori pagine di dettaglio per ogni macroarea del pianeta.
97
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Europa Plurale – 1/2007
intellettuale ed “operativa” di Marc. Non possiamo che sperare che la Manganaro, vista la
Note e Segnalazioni
qualità
indubbia
di
questo
volume,
continui
su
questa
strada
e
ci
proponga
prossimamente un ulteriore approfondimento delle opere e del pensiero del grande federalista francese.
Grazia Manganaro Favaretto, Il Federalismo
Personalista di Alexandre Marc (1904-2000),
( Lanfranco Nosi )
– Milano, FrancoAngeli Ed. Fa
sempre
piacere
scoprire,
nel
mare
Chiti Batelli, Oltre il sistema rappresentativo?, – Milano, FrancoAngeli Ed.
Andrea
magnum
dell’editoria italiana, e in particolare quella dedicata alla storia del pensiero politico, un libro dedicato ad Alexandre Marc, vero e proprio padre del federalismo
Andrea Chiti Batelli, per chi non lo sapesse, è un
integrale. Fa ancora più piacere se solo si pensa che,
esponente storico del federalismo organizzato in Italia ed
dell’immenso lavoro del grande pensatore francese,
in Europa, oltre ad essere un saggista prolifico e sempre
pochissimo è stato tradotto in Italia, e quel poco ha
interessante, anche nelle sue "prese di posizione" più
avuto scarsissima circolazione (basti pensare ad una
delle migliori raccolte, Europa e Federalismo Globale, pubblicata nel 1996 dalla case
editrice Il Ventilabro e a cura del prof. Raimondo Cagiano). In tutta onestà, ci sfuggono i motivi di una tale scelta, soprattutto se si considera l’attenzione dedicata al federalismo integrale in generale, e alle elaborazioni di Marc in particolare, da uno dei massimi
studiosi del federalismo mondiale, Daniel J. Elazar. Non vogliamo pensare che possa dipendere dai conflittuali rapporti instauratisi negli anni tra Marc e il federalismo europeo
organizzato in Italia (sono noti gli spinosi giudizi dati sulla persona e sulle idee da Altiero Spinelli e Mario Albertini) e che risulta sicuramente maggioritario nell’ambito accademico italiano:
più
probabilmente
è
l’ennesimo
effetto
di
un
certo
provincialismo
autoreferenziale spesso presente nella cultura italiana. Rimane il fatto che Grazia Manganaro, dell’Università degli Studi di Trieste, contribuisce con un ottimo testo a far conoscere meglio il percorso di questo intellettuale atipico del Novecento, senza cadere in sterili celebrazioni, ricostruendo in particolare gli anni della “formazione” di Marc,
nell’ambito di quel variegato movimento che verrà successivamente etichettato come “non conformismo”. E la panoramica che la Manganaro ci offre del Marc impegnato a costruire un fronte non conformista e federalista tra gli anni Trenta e gli inizi della Seconda Guerra Monidale, dai rapporti conflittuali con Mounier alla rivista Ordre Noveaux,consente al
lettore di inquadrare meglio la figura e di apprezzare la coerenza del percorso, sempre
segnato dalla costante elaborazione di una vera e propria filosofia del federalismo (senza mai peraltro abbandonarsi allo “spirito di sistema”, sempre avversato da Marc), che avrà fine solo con la sua morte nel 2000. E forse è proprio il focalizzare l’attenzione su questo periodo che costituisce il limite maggiore del libro: in effetti, la parte dedicata ai
successivi sviluppi del pensiero marciano (che comunque vengono evidenziati) risulta troppo sintetica, e in definitiva non rende merito alla complessità della produzione 99
controverse. E forse quella che ci presenta nel suo ultimo libro, edito da FrancoAngeli, è una di queste. Perchè Chiti Batelli
ci
presenta
non
solo
una
panoramica
estremamente interessante delle critiche alla democrazia rappresentativa, ma ce ne dimostra chiaramente e lucidamente le degenerazioni sia a livello nazionale, sia a livello europeo, e pone con
altrettanta lucidità una possibile soluzione, attraverso l'aggiornamento e l''applicazione del progetto di Ordine Politico delle Comunità che Adriano Olivetti formulò nell'immediato dopoguerra. Il libro risulta così essere qualcosa di più di un semplice atto di accusa nei confronti di un sistema che, a detta dell'autore, è ormai funzionale solo al mantenimento di determinate strutture di potere, e diventa l'articolazione di una vera e propria proposta politica, una proposta di riforma democratica della democrazia che ha come suo "pilastro" costitutivo la realizzazione di una unità politica europea su base federale. E su questo Chiti Batelli è molto chiaro: non si tratta di realizzare l'unione politica sulla base dell'attuale processo di integrazione, del quale ci mostra tutti i limiti, né di riproporre a
livello continentale strutture ed istituzioni già abbondantemente superate a livello nazionale, ma di riorientare tutto il processo su linee nuove ed autenticamente federaliste (o meglio, integralmente federaliste - v. pag. ). A questo proposito, l'autore si dimostra particolarmente severo nei confronti non tanto dell'europeismo "di maniera", che pure depreca, quanto nei confronti del federalismo rappresentato in Italia dal Movimento Federalista Europeo e in Europa dall'UEF, di matrice strettamente "hamiltoniana" (del quale è stato peraltro autorevole esponente): in più occasioni ne evidenzia infatti l'incapacità di leggere correttamente la crisi del sistema democratico e i nuovi fenomeni politico-sociali, 100
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tanto da mettersi "fuori dal tempo". Una critica severa, e condivisibile, che meriterebbe una seria riflessione negli ambienti federalisti, ma non osiamo sperare tanto.
In conclusione, è un testo che merita un'attenzione e un approfondimento ben maggiore di quello che possiamo dare in questo spazio ristretto: certo è che risulta essere uno dei testi piÚ interessanti nel panorama di quelli dedicatiai problemi della
democrazia, del
federalismo e dell'unificazione europea, e decisamente un testo di riferimento per tutti quelli che si richiamano al federalismo integrale. ( Lanfranco Nosi )
101
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Movimento per un Federalismo Globale prevede le seguenti forme di associazione:
DOMANDA DI ISCRIZIONE Il sottoscritto chiede di essere iscritto all’Associazione “Europa Plurale – Movimento per un Federalismo Globale” e si impegna a rispettarne lo Statuto. Cognome………………………………………… Nome ………...………………………………….….. Via……………………………………………………………………..n°………. CAP……… …………….. Città…………………………………………………………………………………………..Prov………..... Data di nascita ………………… Tel./Cell..……….…………….....................Fax……….…..…… E-mail…………… ………………………………………………………………….….
Numero 1/2007
Socio Ordinario Giovane (sotto i 30 anni)…………………………............ €
15,00
Socio Ordinario …………………………………………………..................... €
30,00
Socio Benemerito …………………………………………………...................€
100,00
Data,………………………………
Firma…………………………………….
LA MODALITA’ DI PAGAMENTO VERRA’ INDICATA IN SEGUITO AL RICEVIMENTO DEL MODULO D’ISCRIZIONE Restituire a: Europa Plurale – Movimento per un Federalismo Globale Casella Postale 595 – 59100 Prato Oppure inviare i proprio dati a
EUROPA PLURALE RIVISTA PER UN FEDERALISMO GLOBALE
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Pubblicazione dell’Associazione “Europa Plurale – Movimento per un Federalismo Globale” www.europaplurale.org Direttore Editoriale Francesco Lauria f.lauria@europaplurale.org Caporedattore Lanfranco Nosi toscana@europaplurale.org Redazione Silvia Marcuz, Luca Carapelli, Federico Manzoni europa@europaplurale.org