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Per costruire insieme un’Europa plurale OPINIONI

“Sentinella, quanto resta della notte?” / Francesco Lauria

IDEE FEDERALISTE

Per un nuovo “Manifesto Per L’europa” / Lanfranco Nosi La Rivoluzione federalista, madre di tutte le rivoluzioni / David Soldini

Per un Welfare Municipale/ Simone Zerbini

FEDERALISMO E ANARCHIA/2

Il Federalismo Anarchico in Italia dal Risorgimento alla Repubblica / Luigi Di Lembo

OSSERVATORIO / SPECIALE PARTITO DEMOCRATICO

Verso il Partito Democratico. La rivoluzione responsabile / Francesco Lauria – Nicola Oliva

Ritorno a Prato...dopo l'incontro del 10 giugno / Nicola Oliva Tiriamo fuori davvero “il coraggio di stupire” / Osea Giuntella Il Partito Democratico e l’Europa / Simone Vannuccini Laicità e Globalizzazione / Laura Puricello Brevi appunti per una laicità responsabile / Mattia Ferrero

LETTURE FEDERALISTE

Gli Stati Uniti d’Europa. Manifesto per una nuova Europa / Guy Verhofstadt (Federico Manzoni)

Città / Aluisi Tosolini (Francesco Lauria) Mediterraneo. Un dialogo tra due sponde / Horchani – Zolo (Franco Cassano)

L’Europa oggi ha bisogno di nuove idee e nuove prospettive. Il processo di integrazione, così come lo si è conosciuto, ha esaurito la sua spinta propulsiva e la sua capacità di mobilitare il cuore e la mente dei cittadini europei.

Europa Plurale – Movimento per un Federalismo Globale, partendo dal patrimonio morale ed ideale

del Federalismo Integrale, vuole essere non solo un laboratorio di idee nuove, ma un soggetto in grado di porre sul campo proposte realmente alternative per la costruzione dell’Europa del futuro.

Renditi protagonista di questo progetto: partecipa alla costruzione dell’Europa plurale! Per informazioni europa@europaplurale.org


Europa Plurale – 3/2006

Europa Plurale – 3/2006

una società moderna; e ancor più la degenerazione privilegiaria e clientelare

Opinioni

dello stato sociale (tradito); la necessità di una lotta sincera e non simulata alla

“SENTINELLA, QUANTO RESTA DELLA NOTTE?”* Era questa la domanda che Giuseppe Dossetti, ricordando la figura di Lazzati, ci poneva già nel

maggio del 1994 per metterci in guardia contro il pericolo di un sovvertimento costituzionale che si stava preannunciando contemporaneamente con il

criminalità organizzata; e infine l’emergenza e la necessità di adeguata valorizzazione di una nuova classe operosa di piccoli e medi imprenditori. Si può aggiungere l’esigenza di uno sveltimento della produzione legislativa, e

Francesco Lauria

perciò la riforma dell’attuale bicameralismo; e soprattutto un’applicazione più

Presidente Europa Plurale Movimento per un Federalismo Globale

effettiva e più penetrante delle autonomie locali, da perseguirsi, però, al di fuori di ogni mito che tenda a stabilire distinzioni aprioristiche nel seno del popolo italiano e che perciò tenda a scomporre l’unità inviolabile della Repubblica. Se tutto questo sarà fatto, nel rispetto della legalità e senza spirito di

Primo Governo Berlusconi.

sopraffazione e di rapina, nell’osservanza formale e sostanziale delle modalità

Il pericolo che stiamo correndo è enorme così come il silenzio e la disinformazione che ci

costituzionali, non ci può essere nessun pregiudizio negativo, anzi ci deve

sta circondando in questi giorni che precedono il referendum dei prossimi 25 e 26

essere un auspicio favorevole.

giugno.

Ma c’è una soglia che deve essere rispettata in modo assoluto. Certo

Nell’opinione pubblica sta passando l’affermazione che la posta in gioco sia quella di

oltrepasserebbe questa soglia una disarticolazione federalista come è stata più

affidare alcuni poteri in più alle Regioni (devolution) e al massimo ridurre il numero dei

volte prospettata dalla Lega. E ancora oltrepasserebbe questa soglia qualunque

parlamentari e rendere più “efficiente” l’azione di governo.

modificazione che si volesse apportare ai diritti inviolabili civili, politici, sociali

Pochi, davvero pochi si rendono conto che quello che questa riforma, sbagliata nel

Nell’opinione pubblica sta passando l’affermazione che la posta in gioco sia quella di affidare alcuni poteri in più alle Regioni (devolution) e al massimo ridurre il numero dei parlamentari e rendere più “efficiente” l’azione di governo

soluzione che intaccasse il principio della divisione e dell’equilibrio dei poteri

reazionario di massa” in cui il Primo Ministro diviene una

fondamentali, legislativo, esecutivo e giudiziario, cioè per ogni avvio, che

specie di “Sovrano del Popolo”, dotato di tutti i poteri,

potrebbe essere irreversibile, di un potenziamento dell’esecutivo ai danni del

(incluso lo scioglimento del Parlamento) e svincolato da ogni

legislativo, ancorché fosse realizzato con forme di referendum, che potrebbero

limite e controllo, compresa la sua stessa maggioranza.

trasformarsi in forme di plebiscito.

L’altro aspetto preoccupante come già affermavo prima è

Questi oltrepassamenti possono essere già più che impliciti nell’attuale governo:

dettato dal tentativo di far passare questa riforma come una

per il modo della sua formazione, per la sua composizione, per il suo

sorta di strumento per l’efficienza legislativa (sic!) e di

programma e per la conflittualità latente ma non del tutto occultata con il Capo

governo e gli oppositori a questo pasticcio eversivo come

dello Stato.” (…)

dei reazionari pallidi e gerontocratici. Lo stesso Dossetti, affermava nel 1994:

Il messaggio a pochi giorni dal voto non può quindi che essere un grido che rompa il

“Non si vuol dire, con questo, che nel caso nostro non ci siano cose da cambiare, in corrispondenza delle

grosse modificazioni intervenute nella nostra società negli ultimi decenni. E’ molto avvertita, per esempio, una diffusa e pervasiva alterazione patologica dei rapporti tra privati, partiti e pubblica amministrazione; come pure la pletoricità e macchinosità di un sistema amministrativo che non si adatta più alle dinamiche di

*

previsti dall’attuale Costituzione. E così pure va ripetuto per una qualunque

metodo e nel merito ci prospetta, sia una sorta di “regime

Intervento tenuto in occasione dell‘incontro tenutosi il 20 giugno presso l’Università degli Studi di

Parma dal titolo “La Costituzione del 1948, il simbolo dell’Italia Repubblicana”

3

Il messaggio a pochi giorni dal voto non può quindi che essere un grido che rompa il silenzio e la malainformazione di fronte a questo gravissimo pericolo 4

silenzio e la malainformazione di fronte a questo gravissimo pericolo. Detto questo io vorrei sottolineare anche un altro aspetto, rilevante e significativo. Per questo scomodo un altro importante protagonista dell’Assemblea Costituente, questa

volta un laico, tra i

fondatori del Partito d’Azione: Piero Calamandrei. Calamandrei

ricordava

in

un

“Discorso

agli

Studenti

Milanesi”, nel 1955 come: “La Costituzione non è una macchina che una volta


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messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio

Ora io ho poco altro da dirvi. In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra

combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di

gioie (…)”

cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il

storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre

mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla

Rispetto a questo io ritengo sia necessario riappropriarci della nostra Carta Costituzionale

politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo. «La politica è una

e collocare certe derive presidenzialiste, autoritarie, nazionaliste e xenofobe nel giusto

brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Quando sento fare questo

contesto.

discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di

Che è il contesto dello “stato di eccezione” e della “fine dello Stato di Diritto”.

voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su

In sostanza ci si vuole convincere che la “limitazione” delle nostre libertà, magari

un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro

ricambiata da un maggior grado di efficienza (tutta poi da dimostrare) governativa e dalla

altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito

globalizzazione (vedi Padania) e che nulla hanno a che vedere con un vero federalismo,

domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua

siano una sorta di dazio necessario.

questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda».

Il processo di riforma costituzionale promosso dal Governo Berlusconi ha radici antiche,

Allora lui corre nella stiva a svegiare il compagno. Dice: «Beppe, Beppe, Beppe,

che noi ritroviamo diffusamente nel Piano di Rinascita Nazionale della P2 di Licio Gelli (e

se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne

dello stesso Berlusconi).

importa? Unn’è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica.

Ma si salda in quel contesto internazionale che, dopo l’11 settembre 2001, ha visto

È così bello, è così comodo! è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in

sempre più l’occasione di un rovesciamento (o di una relativizzazione) del diritto negli

anche io, ci sono... Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da

Il Patrioct Act infatti e le leggi antiterrorismo costituiscono un attacco alle libertà

vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una

fondamentali che venivano garantite dallo Stato di Diritto.

piacevole cosa.

Generalizzando le procedure d’eccezione e neutralizzando le garanzie costituzionali

Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a

queste

stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde

costruzione di micropatrie immaginarie e fittizie che ci rasserenano di fronte alla

regime di libertà. C’è altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so

mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a

creare voi le condizioni perché questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica... Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra; metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica; rendersi conto (questa è

una delle gioie della vita), rendersi conto che nessuno di noi nel mondo non è solo, non è solo che siamo in più, che siamo parte, parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo.

Stati Uniti ed in Europa.

Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai

leggi

organizzano

La lotta al terrorismo mette in crisi le garanzie costituzionali la guerra al terrorismo mina alla base il nostro articolo 11, riducendo falsamente la guerra a semplice atto di polizia contro i cosidetti “Stati Canaglia” 5

6

una

sorveglianza

globale

delle

popolazioni

e

una

“neutralizzazione” stessa della democrazia. Scrive Jean Claude Paye “La lotta al terrorismo è una lotta di lunga durata contro un nemico virtuale, continuamente ridefinito; essa ha lo scopo di ridisegnare l’organizzazione della società. In questo processo, il diritto penale acquista

un ruolo costituente, è un atto di autorità suprema”. “(La fine dello Stato di Diritto, 2004, Manifesto Libri) Così come la lotta al terrorismo mette in crisi le garanzie

costituzionali la guerra al terrorismo mina alla base il nostro

articolo 11, riducendo falsamente la guerra a semplice atto di polizia contro i cosidetti “Stati Canaglia”.

Lo stato di eccezione assume delle valenze giuridico costituzionali

quando

diviene

permanente

e

favorisce

provvedimenti giuridici che non possono essere compresi sul piano del diritto e lo stato di eccezione si presenta come

la “forma legale di ciò che non può avere forma legale” (Agamben, Stato di Eccezione, 2003, Bollati Boringheri).


Europa Plurale – 3/2006

Europa Plurale – 3/2006

Se lo stato di eccezione diviene un paradigma di governo lo stato esercita una “forza

dei lager nazisti. Se ci riferiamo alle loro condizioni strettamente materiali, la correlazione

tutela costituzionale siano pericolosamente delegittimati e depotenziati come avviene

non prestare

nella riforma del centrodestra, così come venga esaltato il ruolo predominante del potere

banalizzare

esecutivo su quelli legislativi e giudiziari.

mera esistenza dei reclusi, indegne di una qualsivoglia civiltà, bensì le coordinate

Agamben ci avverte che quando lo stato di eccezione tende a confondersi con la regola le

giuridiche ed ontologiche che definiscono il clandestino e che ne legittimano la reclusione

istituzioni e gli equilibri delle costituzioni democratiche non possono più funzionare e lo

in uno spazio d’eccezione in cui viene spogliato di ogni status e di ogni diritto.

stesso confine tra democrazia e assolutismo sembra cancellarsi.

Marco Rovelli, con la forza di una narrazione che trapassa ogni possibile indifferenza o

Muovendosi nella terra di nessuno fra la politica e il diritto, fra l’ordine giuridico e la vita

attenuazione di convenienza e con una lucida, appassionata riflessione politico-filosofica

violenta” perciò è ancor più grave in questo contesto che tutti gli organismi di controllo e

si crea un nuovo filo tra violenza e diritto, un filo che dobbiamo osservare e spezzare con

coscienza storica: da Hitler a Guantanamo, passando per i nostri Centri di Permanenza

è improponibile ed è lo stesso autore a segnalarcelo nel suo acuto saggio conclusivo per il fianco ad eventuali critiche capziose che mirassero strumentalmente a l’intero discorso. Il merito non è quello delle pur ignobili condizioni della

nel solco dei fondamentali studi di Hannah Arendt e di Giorgio Agamben, dimostra che i CPT sono dei lager veri e propri e che il ventre che partorisce

questo obbrobrio, è il

Temporanea.

ventre pasciuto della nostra società occidentale.

Come scrive Moni Ovadia, nella postfazione al libro da poco uscito “Lager Italiani” (Marco

Io credo che Essere “Sentinelle nella Notte” significhi difendere la nostra Costituzione.

Rovelli, Bur 2006) nei CPT assistiamo a: “Storie di abusi ordinari, racconti di vite migranti

Da questa riforma e dagli stravolgimenti che il clima della paura e della sospensione del

passate per la detenzione dei CPT, i Centri di Permanenza Temporanea, i campi dove

diritto sta creando in maniera silenziosamente pericolosa ad ogni livello, nazionale,

vengono trattenuti gli immigrati in attesa di espulsione, o di identificazione. Una

europeo e soprattutto globale.

detenzione ‘amministrativa’: chi viene recluso in quei centri non ha commesso alcun reato penale, ma è lì solo per la sua condizione di migrante irregolare. Questi centri - spesso

confusi con i centri di accoglienza, e che invece sono centri di dura detenzione - sono i terminali di una politica migratoria che non è basata sull’integrazione, ma sulla chiusura della fortezza Europa e sulla precarizzazione dei diritti dei migranti. Perché Lager italiani? La parola lager, in tedesco, significa campo. Essa designa, da un punto di vista storico e giuridico, un luogo in cui tutti i diritti sono sospesi. Il migrante detenuto in tali strutture non ha alcuna garanzia giuridica. Per la legge, chi viene trattenuto in un CPT non ha nemmeno il diritto di essere considerato un detenuto: egli è semplicemente un ospite.

Il migrante rinchiuso in un CPT è perciò strutturalmente esposto all’abuso. E gli abusi raccontati nelle storie di questo libro sono tanti. Ma ancor prima dei pestaggi e delle violenze delle forze di polizia, l’abuso più grande è il fatto stesso della sospensione del diritto, che comporta anche la sospensione della stessa esistenza del migrante. Il quale è consegnato al nulla, deprivato di senso, schiacciato nelle gabbie dei CPT senza aver commesso un reato, ma solo per una condizione esistenziale. Un vuoto interminato, senza passato né futuro: questo il sentimento comune a chi

finisce nei CPT, che si chiede continuamente “perché”, ed è un perché che non potrà trovare risposta. I clandestini rinchiusi nei CPT, non vivono come gli internati

Agamben ci avverte che quando lo stato di eccezione tende a confondersi con la regola le istituzioni e gli equilibri delle costituzioni democratiche non possono più funzionare e lo stesso confine tra democrazia e assolutismo sembra cancellarsi 7

Vorrei concludere con un passo de "Le città invisibili" di Italo Calvino.

Io credo che Essere “Sentinelle nella Notte” significhi difendere la nostra Costituzione. Da questa riforma e dagli stravolgimenti che il clima della paura e della sospensione del diritto sta creando in maniera silenziosamente pericolosa ad ogni livello, nazionale, europeo e soprattutto globale 8

“Chi arriva a Tecla, poco vede della città, dietro gli steccati di tavole, i ripari di tela di sacco, le impalcature, le armature metalliche, i ponti di legno sospesi a funi o sostenuti da cavalletti, le scale a pioli, i tralicci. Alla domanda: - Perchè la costruzione di Tecla continua così a lungo? - gli abitanti senza smettere d'issare secchi, di calare fili a piombo, di muovere in su e in giù lunghi pennelli, - Perchè non cominci la distruzione - rispondono. E richiesti se temono che appena tolte le impalcature la città

cominci a sgretolarsi e a andare in pezzi, soggiungono in fretta, sottovoce: - Non soltanto la città -. Se, insoddisfatto delle risposte, qualcuno applica l'occhio alla fessura d'una staccionata, vede gru che tirano su altre gru, incastellature che rivestono altre incastellature, travi che puntellano altre travi. - Che senso ha il vostro costruire? - domanda. - Qual è il fine d'una città in costruzione se non una città? Dov'è il piano che seguite, il progetto?-

- Te lo mostreremo appena termina la giornata; ora non possiamo interrompere - rispondono. Il lavoro cessa al tramonto. Scende la notte sul cantiere.


Europa Plurale – 3/2006

E' una notte stellata. - Ecco il progetto - dicono.”

Idee Federaliste - 1

PER UN NUOVO “MANIFESTO PER L’EUROPA”

Ecco, difendere la libertà è una notte stellata. Teniamolo presente il 25 e 26 giugno, ma anche dopo.

Il processo di integrazione europea, così come lo

E soprattutto.

Lanfranco Nosi

abbiamo conosciuto, sta dimostrando tutti i suoi

Ricordiamoci che dopo la notte arriva il mattino e poi ancora la notte.

limiti

Sta a noi renderla “stellata”.

e

le

sue

criticità,

in

Coordinatore Nazionale Europa Plurale Movimento per un Federalismo Globale

particolare

nell’affrontare sfide sempre più urgenti sia nel contesto

globale,

dalla

“globalizzazione

economica” alla crisi internazionali sempre più frequenti, sia “internamente”, dalla definizione dei propri confini all’individuazione di un “modello sociale” in grado di dare risposte alle ansie e alle paure legittime dei popoli europei: la percezione di questa “crisi” è diffusa, e, nonostante tutto, non si intravedono all’orizzonte progetti politici in grado di superare questa impasse. Questo ha la sua causa prima nell’esaurirsi, nelle sue fondamenta, del “sogno europeo” che, nell’immediato dopoguerra (ma anche negli anni precedenti) animò politici, intellettuali e persone comuni. Hanno progressivamente perso forza, in altri termini,

quelle (diverse) idee di Europa che contribuirono a fare di quel periodo una sorta di “età dell’oro” dell’europeismo, e di riflesso del federalismo europeo. Questo, nell’attuale contesto di dibattito/confronto/scontro su come e se il processo di integrazione debba andare avanti, soprattutto nel campo dei “sostenitori” si palesa in un eccesso di pessima retorica europeista, che rimastica il detto e ridetto di almeno

9

Avere il coraggio di rimettere in discussione “certezze” e “conquiste”, intraprendendo un sentiero non facile, ma l’unico che può veramente portare a ri-definire un sogno europeo che sia in grado, di nuovo, di coinvolgere, provocare, scandalizzare

cinquanta anni di integrazione, ed “allarmista” (di volta in volta verso il “populismo”, il “nazionalismo”, etc. ), che non offre però risposte alle domande fondamentali: Perché l’Europa? Quale Europa?

Ecco allora che porsi seriamente queste domande significa avere il coraggio di rimettere in discussione “certezze” e “conquiste”, intraprendendo un sentiero non facile, ma l’unico che può veramente portare a ri-definire un sogno europeo che sia in grado, di nuovo, di coinvolgere, provocare, scandalizzare: una vera visione d’Europa che possa essere declinata in un nuovo progetto politico e culturale, capace di “parlare” ai cittadini e ai popoli europei, ormai fortemente disillusi.

L’appello che voglio rivolgere, quindi, è quello per la stesura di un Manifesto per l’Europa che, pur sulla base di nuove prospettive, abbia la profondità e la “potenza” del Manifesto di

Ventotene

o

dei

documenti

dei

primi

movimenti

federalisti. In tale prospettiva, diventa essenziale l’apporto dei giovani europei, così come furono le “giovani generazioni” degli


Europa Plurale – 3/2006

anni Trenta del secolo scorso a farsi lievito dei movimenti per l’unità europea: è necessario che, al di là delle spesso pretestuose polemiche generazionali, ci sia la forza e il coraggio di partecipare alla costruzione del proprio futuro! Il sasso è lanciato: chi ha il coraggio di raccoglierlo? Il tempo a disposizione, purtroppo, è sempre meno.

Europa Plurale – 3/2006

Idee Federaliste - 2 LA

RIVOLUZIONE

RIVOLUZIONI

FEDERALISTA,

MADRE

DI

Mistica della Rivoluzione diciannovesimo

secolo,

dibattere

LE

David Soldini

Era normale, nella discussione politica socialista del

TUTTE

sul

proseguimento della Rivoluzione francese. La

madre di tutte le rivoluzioni era lo sconvolgimento copernicano operato dai Convenzionali francesi. Questa rivoluzione non era considerata come finita, compiuta, ed aveva per vocazione di continuare e quelli che difendevano il progresso sociale erano i discendenti dei grandi uomini del 1789, le loro idee dovevano essere la prosecuzione naturale di quelle che avevano guidato i primi rivoluzionari. Questa mistica della Rivoluzione ha permesso ai repubblicani, ai socialisti, ai libertari, di continuare la loro lotta con la coscienza di partecipare ad un'opera che li superava e che serviva il genere umano, universalmente.

Non bisogna disprezzare questo sforzo intellettuale adducendo il pretesto che avrebbe

La rivoluzione federalista mira alla modifica radicale del sistema di governo, ad un riassetto del concetto di autorità e della sua conciliazione col concetto di libertà. Il suo primo nemico è lo stato nazionale perché rappresenta la forma più perfetta di dominio del principio di autorità su quello di libertà 11

12

servito delle cause che oggi giudichiamo nefaste, né che abbia contribuito ad una rilettura storica oggi contestabile. Il senso di questa interpretazione era di mostrare che è possibile dare un senso al progresso, mirava a rinnegare il recupero reazionario e borghese (e storicamente talvolta esatto) della Rivoluzione. Questo sforzo aveva un senso politico e filosofico. Politico perché mirava a riunire i progressisti sotto un unico gonfalone, quella Rivoluzionario, filosofico,

perché

partiva

dalla

constatazione

che

il

progresso dell'umanità è uno ed indivisibile, che non può essere frammentato, a profitto di una classe, di una razza o di un gruppo politico o culturale. Se la rivoluzione del 1789 aveva servito l'interesse dei borghesi, degli uomini liberi del diciannovesimo

secolo,

il

suo

inseguimento

doveva

condurre alla liberazione di tutti gli uomini, ed in particolare quelli che all'epoca lo erano ancor meno: i proletari.

Rivoluzione federalista, rivoluzione necessaria

È in questo senso, che la rivoluzione federalista che tutti noi ci

auguriamo,

pure

osservando

già

le

sue

prime

realizzazioni , deve essere considerata come la madre delle


Europa Plurale – 3/2006

altre rivoluzioni che sembrano oggi essere altrettanto necessarie. Rivoluzione dei metodi

di produzione, rivoluzione della ripartizione delle ricchezze, rivoluzione dei modelli di consumo, rivoluzione dei metodi di regolamentazione dei conflitti sociali e soprattutto internazionali, rivoluzione energetica, rivoluzione ecologica, rivoluzione terzo-mondista, rivoluzione sessuale, rivoluzione femminista o egualitaria. La rivoluzione federalista mira alla modifica radicale del sistema di governo, ad un riassetto del concetto di autorità e della sua conciliazione col concetto di libertà. Il suo primo nemico è lo stato nazionale perché rappresenta la forma più perfetta di dominio del principio di autorità su quello di libertà, in un mondo organizzato globalmente e non più

Idee Federaliste - 3

PER UN WELFARE MUNICIPALE* L'idea di Welfare municipale rappresenta quanto di più vicino ci possa essere ad una società messa in grado di rispondere da sola ai suoi stessi problemi. Seguiranno una serie di proposte concrete a

nazionalmente. La concentrazione del potere al solo livello nazionale ha per conseguenza

questa brevissima introduzione: lo

collettiva pur permettendo ad un'oligarchia di prosperare e di dominare.

strade attraverso cui vi si è arrivati, in modo che chiunque possa aggiungere le proprie

la sua incapacità ad assolvere il ruolo tradizionale delle strutture di organizzazione L'obiettivo della politica federalista non è lo sradicamento di questa oligarchia,

immancabilmente sostituita da un'altra, ma bensì la distruzione delle strutture collettive che permettono il dominio dei sistemi oligarchici. La distruzione di questo sistema non significa la distruzione delle strutture collettive esistenti ma essenzialmente un riassetto delle loro funzioni nel processo di decisione politica. Così i differenti livelli di governo che

scopo

Samuele Zerbini

Responsabile Nazionale Giovani Amministratori Giovani della Margherita

di

quest'introduzione è quella d'indicare il perchè di una riforma municipale al Welfare, e le idee, e costruire una proposta concreta, solida, realizzabile per la nostra città. Parte dal concetto di dinamizzare la società Civile, permetterle di compiere il proprio ruolo, il proprio essere sé stessa. Questo perchè ordinatamente viene prima la Persona della Società, e prima la Società dello Stato.

conosciamo oggi, Stato, regione, città, Europa, Mondo, devono agire, ciascuno al suo

Lo scopo è quello di rendere lo Stato responsabile nei confronti della Società -lo Stato

democraticità e di efficacia, e dunque essere fondato su una ripartizione delle competenze

responsabile nei confronti della Persona.

livello, per regolare l'attività umana. Questa regolazione deve rispondere ai criteri di (o piuttosto del potere) atta a permetter loro di compiere al meglio la loro missione (o piuttosto le missioni che vogliono assegnar loro i cittadini). Parimenti l'articolazione tra strutture di regolazione private e pubbliche deve essere ripensata. Il dominio eccessivo della sfera detta "politica" sulla determinazione dei processi di regolazione trascina lei anche la perseveranza di un'oligarchia incompatibile con la nozione di liberazione. La divisione del potere, e dunque della capacità di creare dei processi regolatori, deve essere anche verticale.

Questa rivoluzione è necessaria al perseguimento delle altre rivoluzioni perché l'unica che permette di ridare agli uomini la capacità di agire collettivamente. Finché gli Stati e le

altre

strutture

di

regolazione

collettiva

saranno

nell'incapacità di agire, mancando l'accettazione della riorganizzazione

federale,

l'abbandono di ogni idea

e

quindi,

in

primo

luogo,

di sovranità assoluta, ogni

prospettiva di evoluzione progressista sarà nell'ordine

Questa rivoluzione è necessaria al perseguimento delle altre rivoluzioni perché l'unica che permette di ridare agli uomini la capacità di agire collettivamente

dell'utopia. E l'umanità continuerà il suo lungo purgatorio.

13

attraverso il Municipio, il Comune, il luogo più vicino al cittadino-, e la Società L'idea che costruisce il nostro pensiero attorno ad un Welfare Municipale è qui: dalla politica, dal Comune le risorse e gli sforzi devono essere spinti perchè possano essere moltiplicati, ingigantiti, resi efficienti e centuplicati dallo sforzo condiviso e naturale della

Dalla politica, dal Comune le risorse e gli sforzi devono essere spinti perchè possano essere moltiplicati, ingigantiti, resi efficienti e centuplicati dallo sforzo condiviso e naturale della società stessa *

società stessa. Assecondare

le

naturali

strutture

ed

inclinazioni,

correggerne il tiro attraverso controlli, incentivi, premi:

guidare, non gestire. Scegliere le strade, difendere la libertà di scelta, la responsabilità delle persone come guida, costruire una società decente.

Infatti non è sufficiente

tendere

società

a

realizzare

una

giusta.

Come

opportunamente osserva Margalit, quel che in più si deve volere è una “società decente”, una società cioè che non umilia i suoi membri, distribuendo loro benefici e aiuti ma negando al tempo stesso la loro identità.

Dalla nascita, alla crescita, dalle strutture di partecipazione, il lavoro, la casa, la possibilità di costruire una nuova famiglia,

invecchiare

serenamente.

Tutto

questo

ci

interroga, ci chiede risposte urgenti e che sappiano uscire da vaghezza e affermazioni di principio. Sta a noi separare il

Riportiamo in queste pagine il contributo presentato in occasione di un incontro dei Giovani

Amministratori della Margherita – DL.


Europa Plurale – 3/2006

Europa Plurale – 3/2006

grano dalla pula, e persino nella più nera oscurità di giudizio scegliere, e squarciare così

Questo è il momento della condivisione: chiedo a tutti i Giovani della Margherita -e

funzione di di assistenza allo sviluppo, la corretta crescita, la socializzazione dei giovani,

l'oscurità

Costruire la rete degli enti educativi (oratori, sport organizzato amatoriale,

associazionismo) per permettere un coordinamento maggiore ed aiutarli nella loro

segnatamente a chi è vicino allo sforzo dei Giovani Amministratori- di partecipare e di

con particolare attenzione alle zone più disagiate. Attraverso questa rete sostenere anche

condividere questo sforzo.

la società contribuendo a far fronte a particolari e impreviste necessità (malattia, tasse e

A Settembre lanceremo questo documento -arricchito dal contributo di tutti- in ogni città

libri scolastici, perdita del lavoro). Attivare quindi i Forum degli Enti Educativi, dotarlo di

d'Italia, come contributo al rilancio della nostra Italia, come segno di una società viva che

fondi per progetti comuni, diffonderlo sul territorio.

trova nel nostro impegno risposta e sostegno, vita e speranza di cambiamento.

Io credo che le nostre città, la nostra Italia, meriti quest'attenzione, e non più politici che

studi e avviare piccole attività non solo per i disoccupati, ma anche per i lavoratori atipici

camminano con la testa voltata all'indietro. Che scambiano l'arretratezza per tradizione,

ad autonomi

la testardaggine per coerenza, ma nemmeno la distruzione per innovazione, la

Terzo mese di Gravidanza, che siano alimentati da risorse private e pubbliche di concerto

scomposizione per ricostruzione, la cancellazione per risoluzione, l'irrisione dell'altro per

con il sistema delle fondazioni locali e del sistema bancario locale, e che maturi negli anni

coraggio.

rendendo disponibile un capitale per attività di formazione e di avvio di attività

l'ignavia per saggezza, l'immobilismo per meditazione, la paura del nuovo per prudenza,

sostegno al finanziamento e all’accesso al prestito d’onore, per completare gli

Introduzione di conti vincolati che siano intestati ad ogni nuovo nato –sin dal

economiche, che possa essere restituito gradualmente ed a tasso zero dalle famiglie.

Servire alla Famiglia

Per chi desideri fare il quarto anno delle superiori all'Estero, partecipare all'anno

Per sostenere le famiglie nel compito quotidiano, nel restare uniti, nell'occuparsi dei figli,

di Erasmus, rendere disponibili, attraverso un accordo con le Banche locali, un fondo di

dei bambini e degli anziani, per non lasciarla sola, e costruire un sistema complessivo di

7.000 Euro per persona, da restituire a tasso zero a rata fissa e bassa dopo cinque anni (a

risorse, sostegni,aiuti.

progressivo incremento delle risorse economiche per le esenzioni tributarie

28 anni).

Incentivare gli asili nido, puntando sulla qualità e permettendo ai genitori -grazie

(introdotte nel 2006) introducendo il calcolo della quota famigliare sin dal terzo mese di

all'aumento dell'offerta privata e pubblica- di poter entrare in primis, e di poter scegliere il

gravidanza, con particolare attenzione alle famiglie numerose.

posto più adatto per la crescita del bambino ed il posto più vicino casa. Partendo dalla

rafforzamento del Fondo comunale

considerazione che in un asilo pubblico un bambino costa circa 1000-1200 Euro al mese,

aggiuntivo sull'affitto- che permetta alle famiglie in grande difficoltà di ridurre al 30%

aprire alcune sezioni virtuali dando un contributo di 400 Euro al mese alla famiglia in lista

l’incidenza tra canone di locazione e reddito tenendo conto anche della quota famigliare

(che così possono scegliere fra contributo o nido), in ragione di 3 contributi per ogni

creazione, mantenimento ed eventuale

sin dal terzo mese di gravidanza •

sostegno

alle

Associazioni

delle

famiglie

ed

al

Volontariato

famigliare,

riconoscendone la rappresentanza e promuovendone i progetti nel Forum della Famiglia, che può essere costituito anche a livello di Quartiere. •

Promuovere

anche

l’auto-aiuto

fra

le

stesse

famiglie, promuovendo Cooperative di Consumo, Banche del Tempo, contatti con i Servizi proposti dagli Enti noprofit, Gruppi d’Acquisto Solidali. Questa rete di servizi può trovare nelle strutture dei Quartieri nelle città in cui il Tuel li prevede, che sono diffuse sul territorio, il luogo dove avere sede e i servizi necessari per la gestione. •

Sostegno

genitoriale

e

sostegno

ai

rapporti

coniugali, costruendo strumenti (assistenza psicologica e di coppia,

preparazione,

campagne

di

educazione)

sostenere la coppia in maniera responsabile.

per

Io credo che le nostre città, la nostra Italia, meriti quest'attenzione, e non più politici che camminano con la testa voltata all'indietro 15

Promuovere anche l’auto-aiuto fra le stesse famiglie, promuovendo Cooperative di Consumo, Banche del Tempo, contatti con i Servizi proposti dagli Enti no-profit, Gruppi d’Acquisto Solidali 16

posto non attivato. Così si riesce a rispondere alla domanda complessiva, ed al tempo stesso a calmierare e a sviluppare

i posti nel mercato privato. E soprattutto, con i costi di una sola sezione da 30 bambini è possibile dare risposta a 90 famiglie. •

incentivo e sostegno all’offerta proveniente dai nidi

privati,

compresi

gli

‘asili

nido

aziendali’,

attraverso

convenzioni mirate che garantiscano la massima qualità del servizio. •

rafforzamento

sperimentati:

spazi

educatrice domiciliare

di

quei

bambini,

Una Casa per ogni famiglia

servizi

spazi

integrativi

bambini-

già

genitori,

Sono due le facce del problema: da un lato c'è l'affitto,


Europa Plurale – 3/2006

dall'altro la proprietà, e ciascuno ha diverse necessità e ha bisogno di risposte diverse Sulla casa in proprietà: –

favorire

esperienze

significative

di

Autocostruzione

in

direzione

Europa Plurale – 3/2006

Le politiche per il Lavoro locali devono essere aggressive, mirate a risolvere problemi concreti (ne cito tre: stabilizzazione del lavoro per i giovani, reinserimento per chi a delle

cinquant'anni ha perduto il lavoro, qualificazione ed inserimento della manodopera di

Cooperative di base. L'Autocostruzione è un sistema in base al quale, offrendo il

immigrati), e soprattutto con risorse chiare, ed obiettivi numerici di risultato, e quindi

proprietario alla cooperativa una quota del suo lavoro, ed attraverso tecniche particolari,

verificabili. Ecco le proposte:

ed una grande attenzione alle tematiche del risparmio energetico, si riesce a risparmiare

fino al 50-60% del costo di una casa rispetto al mercato.

in cassa integrazione o in mobilità a seguito di crisi aziendali o di fallimenti. Si può

avviare una concreta politica di sostegno al reddito a favore dei lavoratori messi

Riaprire aree Peep, nelle quali privilegiare gli interventi delle piccole cooperative

pensare all’erogazione di una sorta di ‘reddito sociale’ collegato direttamente alla ricerca

e non quelle dei grandi investitori, in modo da favorire la proprietà diffusa e all'interno di

di un nuovo lavoro ed alla formazione necessaria, ricavato da agevolazioni tariffarie,

queste puntare alla qualità del costruito, degli standard e dei servizi.

sostegno all’affitto, pacchetti di servizi gratuiti.

privilegi la qualità, il verde, i servizi e una qualità superiore nelle nuove costruzioni.per la

sviluppo di imprese no-profit per la fornitura di servizi differenziati e la rappresentanza

casa in affitto:

dei nuovi lavoratori atipici e precari, anche collegandosi con l’associazionismo

studentesco ed organizzato.

Lavorare assieme alle categorie per diffondere una cultura architettonica che

agire sul mercato promuovendo con maggiore efficacia i canoni concertati

Aiutare la costituzione di nuove forme di mutualismo auto-organizzato per lo

(possibili , che permettono un risparmio del 15-20% rispetto al mercato ed una serie di

detrazioni fiscali. Applicare esenzioni progressive anche in misura del numero dei

destinazione d’uso a fini speculativi

famigliari.

Recupero e riutilizzo del già costruito,permettendo a chi possiede capannoni o

e risorse concrete, al fine della stabilizzazione del lavoro per i giovani, reinserimento per

capannone in mezzo alle case) di poterli trasformare in appartamenti, a patto di affittarli

di immigrati. Attorno ad un tavolo Associazionismo (Acli, Caritas, Arci, Agesci...), parti

beni immobili inutilizzati da qualche anno in aree urbanistiche disomogenee (es: un per 15-20 anni ad affitto concordato (es. 450 Euro mese). Inoltre, altri interventi più in generale: –

Concordare con le aziende la costruzioni di appartamenti e mini-appartamenti

per i propri dipendenti con risorse miste (parte azienda, parte pubbliche), su terreni dell'azienda stessa, a patto di darli ai dipendendi con un costo minimo –

Nelle città Universitarie (aumentate da dieci anni a

questa parte a dismisura, causa le varie riforme) una delle cause della crescita del costo della casa è dovuto agli studenti. Per questo è necessaria la costruzione di uno studentato di dimensioni adeguate (o riconversione a tal fine di altro edificio) per alleggerire la pressione sulle abitazioni da parte degli studenti con difficoltà economiche. Le risorse si ricavano dalle rette degli stessi studenti, che pagano un mutuo contratto da parte del Comune presso la

Cassa Depositi e Prestiti Statale, o con una Banca che faccia condizioni più favorevoli.

Favorire esperienze significative di Autocostruzione in direzione delle Cooperative di base. L'Autocostruzione è un sistema in base al quale, offrendo il proprietario alla cooperativa una quota del suo lavoro

Un patto per il Lavoro e la Società 17

disincentivi urbanistici alle aziende che chiudono i battenti, negando cambi di Costruzione di un “Patto per il Lavoro e la Società”, che preveda obiettivi numerici

chi a cinquant'anni ha perduto il lavoro, qualificazione ed inserimento della manodopera

Le politiche per il Lavoro locali devono essere aggressive, mirate a risolvere problemi concreti, quali ad esempio la stabilizzazione del lavoro per i giovani, il reinserimento per chi a cinquant'anni ha perduto il lavoro, la qualificazione ed inserimento della manodopera di immigrati 18

sociali

(Sindacati,

(Comune,

Cna,

Provincia),

Confindustria...),

Enti

di

Enti

formazione

Pubblici

(Università,

Formazione Professionale, Scuola). Con questi enti dividersi i compiti, definire le risorse e gli obiettivi (es: diminuire di due punti percentuali l'incidenza di contratti atipici, ed alzare del 20%le retribuzioni medie degli stessi contratti flessibili), darsi dei tempi precisi e verificare i risultati via via ottenuti. –

Attraverso

la

stessa

formazione

cercare

sul

mercato locale, nazionale ed internazionale aziende che vogliano investire sul territorio locale costruire un percorso che formi le persone, collabori con l'Università e metta a disposizione terreni per portare aziende e posti di lavoro (progetti di spin-off). –

Creazione

o

rafforzamento

di

stanziamenti

comunali previsti per le Cooperative di Garanzia e i Consorzi Fidi, che servano ad incentivare l'accesso al credito, pagando una parte degli interessi. IN questa operazione è necessario distinguere l'aiuto per le aziende in generale e per quelle di tipo sensibile, creando a parte un fondo ad hoc


Europa Plurale – 3/2006

Europa Plurale – 3/2006

per imprese di immigrati o fortemente a rischio con contestuale sostegno sia del Sistema

di investire sulle luci in modo da ottimizzarla e risparmiare energia. Attraverso il risparmio

della Formazione, sia del sistema associativo e bancario

di energia e la maggior durata delle lampadine, o dei led al posto dei semafori a luce,

azioni specifiche di sostegno rivolte all’imprenditoria femminile, alla giovane

ques'azienda finanzia gli investimenti nell'illuminazione e trova il suo guadagno,

impresa, alle imprese create da immigrati, attraverso agevolazioni e esenzioni tributarie o

raggiungendo il duplice obiettivo di un sistema migliore e di un risparmio di denaro per il

creazione di fondi specifici

pubblico ed energia per la collettività.

Una regolamentazione del Commercio, degli orari e dell'utilizzo dei dipendenti

Lavorare per la certificazione energetica degli edifici, offrendo incentivi a chi

per evitare la deregolamentazione attuale, con dipendenti e commesse obbligati ad orari

crea forme di risparmio.

continui e defatiganti, ed uno scontro senza regole fra diversi tipi di distribuzione

commerciale.

artigianali ed industriali affinchè possano applicare buone pratiche nella loro attività.

Diffondere manuali ed incentivi di vario genere per le aziende agricole,

Infatti la gran parte del consumo di energia e materie prime avviene nelle aziende, e non

Innovare per l'Ambiente

nel privato.

Pensare ad una politica ambientale significa dover innovare processi, strutture ed

abitudini locali. Per poterlo fare è necessario trovare anche strumenti nuovi, e unire gli

unendo l'associazionismo locale, il non-profit e utilizzando piattaforme internet e

sforzi tra pubblico e privato.

logistiche avanzate per la distribuzione anche autoorganizzata (tipo Gas), in modo da

incentivare la produzione responsabile locale.

Incentivi sul solare termico, prevedendo da parte dell'Amministrazione incentivi

che abbassino il tasso d'interesse e quindi il rientro dell'investimento più rapido. Il solare termico è più facilmente avvicinabile da un'amministrazione comunale: un'impianto completo di lavoro può costare attorno ai 4000 Euro, contro i 40.000 di un fotovoltaico, per il quale sono previsti piani nazionali e regionali. –

Dove possibile (nuovi insediamenti, ristrutturazioni...) inserire impianti di

fitodepurazione, che permettono una depurazione più lenta ma più approfondita e compatibile con l'ambiente. –

Sulla qualità dell'aria: piano a fondo perduto per la conversione delle auto a

benzina in GPL o metano, da affiancare agli incentivi governativi. Inoltre lavorare affinchè sul territorio e presso l'autostrada aprano almeno altri distributori di metano. Questo anche tramite politiche di rottamazione delle auto con data di immatricolazione anteriore al 1996, che possano prevedere incentivi per chi compra il nuovo e magari con due alimentazioni (benzina e metano). Per motori a diesel promuovere l’installazione di filtri ottenendo finanziamenti regionali. –

Rivedere il regolamento edilizio cittadino alla luce delle direttive Europee, ed

aumentare gli incentivi per chi costruisce in maniera ecologica, alzando in generale gli standard obbligatori. –

Incentivazione per il fotovoltaico sulle nuove costruzioni, permettendo anche

metri quadri aggiuntivi a parità d'ingombro di terreno, per portare il tempo di ammortamento da 25 a 10 anni. –

Sull'inquinamento elettromagnetico, aumentare il numero delle antenne della

rete cellulare per ridistribuire il segnale e abbassare l’intensità di emissione, rendere sotterranee le linee di alta tensione di futura costruzione. –

Per l'inquinamento luminoso ed il risparmio energetico far gestire l'illuminazione

pubblica ad un'ESCO, ovvero un'azienda che, presa in carico l'illuminazione, si preoccupa 19

20

Costruire un sistema integrato di gestione dei produttori responsabili locali,


Europa Plurale – 3/2006

FEDERALISMO ED ANARCHISMO

21


Europa Plurale – 3/2006

Federalismo ed Anarchismo

l’interpretazione consiliarista. In campo socialista, il leader emergente, Nenni, tralascia di

IL FEDERALISMO ANARCHICO IN ITALIA DAL RISORGIMENTO

approfondire gli spunti di “Quarto Stato” e mette tutte le sue energie nella riunificazione

ALLA REPUBBLICA*

ricreare un Partito Socialista Italiano che abbia voce in capitolo nella nuova Internazionale Socialista e presso la Socialemocrazia tedesca. Lo stesso Partito Repubblicano, con Zuccarini bloccato in Italia, viene ricostituito in Francia piu’ che altro dalle componenti che

X- Il fuoriuscitismo Nel corso del 1926, i vertici dei partiti, ormai messi fuori legge nella penisola, e gli esponenti antifascisti di maggior spicco, riparano in Francia, come ai tempi

Luigi Di Lembo

non condividevano la linea federalista. Sono le correnti di Bergamo e quelle intransigenti

Università degli Studi di Firenze

della presa del fascismo,finisce per paralizzare un po’ tutti su quanto era stato perso

delle insurrezioni antiaustriache o come quelli piu’ recenti della reazione umbertina di fine secolo. Vi raggiungono le migliaia di militanti della sinistra che erano stati costretti all’esilio ben prima di loro. Non e’ una fuga, e’ la

necessita’di trovare spazio e tempo per riorganizzare le proprie fila. In Francia si ricostituiscono i due partiti socialisti, quello repubblicano ed una segreteria della CGdL, ad opera di Bruno Buozzi. Trovano un ambiente gia’ preparato dalla Lega dei Diritti dell’Uomo (LIDU). Una organizzazione di difesa creata sul modella della preesistente lega francese e basata sull’asse massonico profondamente radicato nella cultura di tutta la sinistra francese. Un asse che, nell’ambito italiano collegava elementi del socialismo di ascendenza radicale,alla Luigi Campolonghi, rifugiato in Francia dai tempi di Crispi, fino ad esponenti del sindacalismo rivoluzionario come Alceste De Ambris, che in Francia avevano riparato dopo Fiume. Alla fine del ’27 questi raggruppamenti si coordinano nella “Concentrazione

d’Azione

Antifascista”

con

un

proprio

organo

settimanale:

“La

Liberta’”,diretto da Treves. Ne rimane fuori il PCdI, che si appiattisce sulla linea del Comintern di lotta al “socialfascismo” e che continua a sostenere di avere in Italia, all’”interno”, la propria direzione clandestina. Ne rimane fuori il movimento anarchico, malgrado gli inviti dei socialisti massimalisti. Gli anarchici per forza di cose,avevano

Nel corso del 1926, i vertici dei partiti, ormai messi fuori legge nella penisola, e gli esponenti antifascisti di maggior spicco, riparano in Francia

dei due tronconi, massimalista e riformista. Il suo obiettivo e’ quello pragmatico di

riorganizzato i propri gruppi in Francia ben prima della Concentrazione. Erano impegnati, come vedremo,in un

ampio dibattito internazionale che sconsigliava piu’ che mai alleanze precostituite. Manca il Partito Popolare e quello liberale che non si ricostituiscono all’estero, schiacciati dall’ormai manifesto sostegno della Corona e del Vaticano a Mussolini e “traditi” dalla fragilita’ della loro impostazione democratica. Il fuoriuscitismo dimostro’ tenacia e fede, ma certo, dal punto di vista del dibattito “autonomistico”, cosi’ promettente negli anni ’22-26, l’esilio fa da spartiacque. Piero Gobetti e’ morto. Il PCdI seppellisce nello stalinismo

di Pacciardi e Reale. In questo ambiente il trauma del crollo delle ultime garanzie liberali e piuttosto che su quanto era da ricostruire da capo. Bisognera’ aspettare la fine del 1932 perche’ la Concentrazione si azzardi a parlare di una “ Repubblica dei lavoratori” e questo

quando, come vedremo, al suo interno e al suo esterno agisce il nuovo movimento di “Giustizia e Liberta’”.

XI- Il Movimento anarchico in esilio contro il fascismo. Pure per il movimento anarchico e non solo italiano fu un momento molto delicato. Tra l’altro fu messo in discussione per la prima volta il principio del federalismo anche come metodo di organizzarsi interna. La anelata rivoluzione internazionale,alla quale gli

anarchici avevano partecipato con un ruolo di primo piano,c’era stata ovunque ma soltanto in Russia era stata vittoriosa e li’ aveva preso la forma del socialismo autoritario

La anelata rivoluzione internazionale,alla quale gli anarchici avevano partecipato con un ruolo di primo piano,c’era stata ovunque ma soltanto in Russia era stata vittoriosa e li’ aveva preso la forma del socialismo autoritario in versione bolscevica

in versione bolscevica. Non solo: il disintegrarsi del socialismo in filoliberale e filo­bolscevico aveva tolto ogni possibilita’di alleanze agli anarchici. Questi erano stati ormai da anni minoranze, ma minoranze agenti in un ambiente che per amore o per forza simpatizzava con loro. Allora invece per la prima volta si trovavano attaccati non

solo da destra, dalla borghesia e dal socialismo riformista ma da sinistra, dai nuovi “rivoluzionari di professione” del Komintern. A quel punto la prima esigenza comune fu di riorganizzarsi per proprio conto sia a livello internazionale che interno. I primi a muoversi in tal senso furono non a caso gli anarcosindacalisti. Nel dicembre del 1922 a Berlino si

riunirono

a

congresso

e

decisero

di

rompere

definitivamente con l’Internazionale del Lavoro proposta da Mosca e di crearne una propria che riprendeva la gloriosa sigla di AIT. Una decisione veramente coraggiosa data

l’influenza del mito russo sulle masse operaie e data la situazione

di

riflusso

generale

del

movimento

rivoluzionario. E’ probabile che in Spagna non ci sarebbe *

Riproduciamo in questo numero la seconda parte del saggio pubblicato nel numero 2/2006 di Europa

Plurale.

24


Europa Plurale – 3/2006

Europa Plurale – 3/2006

stata non solo la rivoluzione ma nemmeno la repubblica se la CNT non avesse scelto per

moto un grande lavoro di verifica e di sistemazione del pensiero anarchico. In questa sua

come alla FAUD tedesca che pote’ mantenere una sua identita’ senza farsi coinvolgere

fondazione di quest’ultima nel 1924 e della sua rivista trilingue: francese,spagnolo ed

nella suicida politica del socialfascismo portata avanti dai comunisti.

italiano,fu un avvenimento culturale e politico di primo piano per l’anarchismo

Per gli anarchici,da cinquant’anni legati in strutture organizzative molto elastiche quando

internazionale. I finanziamenti per una attivita’ cosi’ impegnativa li avevano portati dalla

non labili, il problema si presento’ molto piu’ complesso. Da una parte si sostenne che di

Spagna tre elementi che saranno presto leggendari: Buonaventura Durruti, Francisco

fronte alla reazione la sconfitta anarchica e la vittoria bolscevica erano dipese dalla

Ascaso, e Gregorio Jover. Li avevano “prelevati” dal Bando de Gijon. All’organizzazione

mancanza di una vera e propria organizzazione paragonabile a quella comunista. Questa

culturale e tecnica avevano pensato gli italiani Virgilio Gozzoli e Ugo Fedeli, il francese

mancanza di organizzazione era stata causata in sostanza dal tollerare nel movimento

Severino Ferrandel ed il russo Volin. Il problema di una organizzazione internazionale

anarchico elementi non collegati alla lotta di classe e quindi alle sue tradizioni

degli anarchici comunque rimaneva sul tappeto ed i sostenitori della soluzione di

parte la vera causa del fallimento venne individuata nella incapacita’ propositiva e

tutta Europa dei militanti che si erano battuti nelle rivoluzioni dell’immediato dopoguerra.

costruttiva del movimento nei momenti di crisi rivoluzionaria. Le conseguenze che ne

Tra questi numerosi gruppi russi che per ovvie ragioni erano i piu’ sensibili alla cocente

traeva questa linea erano che necessitava si una organizzazione ma non di tendenza

sconfitta di fronte ai bolscevichi ed erano i piu’ amareggiati dalla inconcludenza di molti

bensi’ di ”sintesi” che permettesse il piu’ ampio dibattito sulle soluzioni teoriche e

atteggiamenti tenuti allora dagli anarchici. Lo testimonia Ugo Fedeli che si era rifugiato in

pratiche che gli anarchici avrebbero potuto riproporre al momento del dunque. A mettere

Russia subito dopo il periodo rivoluzionario ed aveva constatato che era impossibile

in questi termini il problema era stato proprio Malatesta al convegno tenuto a Saint Imier

rimanere la’ indivualisti ed antiorganizzatori,come era lui al momento di lasciare l’Italia, di

nel 1922 per ricordare il cinquantenario della I Internazionale. Il vecchio Malatesta, unico

fronte a quelle esperienze. Nel febbraio del 1927 e’ proprio il russo Pietro Archinov,

l’AIT, cosi’come va dato atto al coraggio dell’USI allora alle prese con il fascismo dilagante

organizzative. Di qui’ la necessita’di una solida “organizzazione di tendenza”. Da una altra

sopravvisssuto tra i partecipanti di quello storico congresso, prese tutti di contropiede

esponendo non motivi celebrativi ma politici. Era d’accordo, disse,con l’opinione generale che la colpa maggiore della mancata rivoluzione in Italia ricadeva sui socialisti di tutte le gradazioni, ma domandava anche cosa di costruttivo avrebbero fatto gli anarchici se la rivoluzione ci fosse stata e soprattutto chiese: ”Cosa faremo noi nella rivoluzione che scoppiera’ domani?...La vita sociale non ammette interruzioni e la gente vuol vivere il giorno della rivoluzione il giorno dopo e sempre...Se i contadini ad esempio si rifiutano di fornire i generi che sono nelle loro mani senza ricavarne denaro...che cosa si fa? Obbligarli? Allora addio Anarchia ma addio ad ogni

rivolgi­mento per il meglio. La Russia insegni... Se queste sono questioni nuove, non e’da anarchici spaventarsi tanto del nuovo”. In verita’ non furono pochi a spaventarsi del nuovo a cominciare

da

Andre

Colomer,

leader

emergente

dell’anarchismo francese che per poco non dette al Malatesta di vecchio arteriosclerotico. Il fatto era che Colomer

rappresentava

dell’anarchismo

francese

la

nuova

spaventata

generazione e

umiliata

dall’avanzata del prestigio bolscevico nel mondo operaio.

Ma sulla linea, diciamo per comodo “malatestiana”, si pose tra i primi proprio un francese,il vecchio Sebastian Faure che con l’edizione della “Enciclopedia Anarchica” mette in

Si sostenne che di fronte alla reazione la sconfitta anarchica e la vittoria bolscevica erano dipese dalla mancanza di una vera e propria organizzazione paragonabile a quella comunista 25

impresa si appoggia alla nascente Opera Internazionale delle Edizioni Anarchiche. La

“tendenza” stavano prendendo sempre piu’ in Francia e la Francia era allora il rifugio da

Il problema di una organizzazione internazionale degli anarchici comunque rimaneva sul tappeto ed i sostenitori della soluzione di “tendenza” stavano prendendo sempre piu’ in Francia e la Francia era allora il rifugio da tutta Europa dei militanti che si erano battuti nelle rivoluzioni dell’immediato dopoguerra 26

appoggiato da Nestor Makno, il leggendario capo degli anarchici ucraini, a prendere l’iniziativa per una serie di

riunioni preparatorie alla convocazione di un congresso internazio­nale

che

fondasse

l’Unione

Generale

degli

Anarchici. Questo

sulla

base

di

una

piattaforma

organizzativa

elaborata collegialmente dal gruppo “Dielo Truda” e gia fatta’ circolare a lungo. Il loro sforzo era tutto in direzione di una organizzazione di tendenza portata alle estreme conseguenze. In essa la operativita’ sarebbe stata garantita dall’introduzione

del

principio

della

“responsabilita’

collettiva”, cioe’ di gruppo e non individuale. In pratica la versione “libertaria” del centralismo democratico leninista. I corollari di questa impostazione erano evidenti e pesanti su tutta l’articolatissima loro proposta. Al punto che a noi qui’interessa, L’anarchismo

quello ha

4

sul

sempre

Federalismo, negato

si

legge:

l’organizzazione

centralizzata,tanto nel campo della vita sociale delle masse

quanto in quello della sua azione politica ...Senonche’ molto spesso il princpio federalista venne deformato fra gli anarchici: lo si intendeva sovente come il diritto di affermare soprattutto il proprio “io” senza tener conto dei doveri verso


Europa Plurale – 3/2006

l’ORGANIZZAZIONE.

Appunto per cio’, la forma federalista dell’organizzazione anarchica,pur riconoscendo a ciascun

membro

dell’ASSOCIAZIONE

il

diritto

all’indipendenza,

alla

Europa Plurale – 3/2006

schema altamente federativo dell’UAI. La posizione ebbe l’ appoggio incondizionato di Malatesta che,relegato a Roma, appena riusci’ ad essere informato del progetto lo

libera

demoli’da cima a fondo. In Francia sarebbe stato Berneri a mettersi sulla via di una piena

opinione,all’iniziativa e alle liberta’individuali, LO INCARICA di determinati compiti

rivalutazione del federalismo non solo come modo di organizzarsi interno ma come

or­ganizzativi,esigendone la puntuale esecuzione,cosi’ come pretende l’esecuzione delle

proposta esterna di lottare per il comunalismo. Anche Berneri aveva scelto la Francia.

deliberazioni adottate in comune. Solo a questa condizione il principio federativo sara’

All’inizio come base di appoggio ai suoi progetti cospirativi. Ma pur non rinunciando a

vitale e l’ORGANIZZAZIONE ANARCHICA funzionera’ regolarmente puntando verso

quelli dovette adattarsi, come tutti, alla prospettiva di un ritorno in Italia in tempi lunghi.

l’o­biettivo definito... Ciascuna organizzazione aderente alla Unione rappresenta una

Accanto alla guerra guerreggiata a Mussolini, Berneri aveva presto ripreso a sviluppare le

cellula vitale che fa parte dell’organismo comune. CIASCUNA CELLULA AVRA’IL SUO

idee fondamentali su cui sperava di riorganizzare il movimento anarchico italiano. Nel

SEGRETARIO che seguira’ ed ORIENTERA’ IDEOLOGICAMENTE l’attivita’ politica e tecnica

1926, appena arrivato a Parigi, si era appuntato poche righe ma che saranno in sostanza il

dell’ORGANIZZAZIONE. Un organismo speciale sara’creato in vista della coordinazione

suo programma: “Il problema della nostra tattica rivoluzionaria e postrivoluzionaria e’mal

dell’attivita’ di tutte le organizzazioni aderenti all’Unione, esso sara’ il Comitato esecutivo

basato e peggio sviluppato. Socialmente siamo imprigionati nel dualismo proletariato-

dell’Unione stessa...L’Unione Generale degli Anarchici si appoggia in egual misura sulle

borghesia, mentre il proletariato tipico e’ minoranza, e’ fiacco e disorientato, e vi sono

classi fondamentali della societa’ attuale: gli operai e i contadini. ESSA CURERA’ in egual

vari ceti intermedi,ben piu’ importanti e combattivi. Non ne abbiamo tenuto conto ed

misura l’opera di emancipazione di queste due classi.”[le maiuscole sono mie] In pratica,al

abbiamo avuto il fascismo. Se non ne terremo conto avremo altri fascismi. Il calcolo di

di la’ degli omaggi formali al valore centrale dell’individuo,era l’abbandono della

ogni strategia e’un calcolo di forze. E’ triste che molti dei nostri continuino a vedere

tradizione organizzativa anarchica che non era solo forma ma sostanza.Si abbandonava

soltanto il popolo in­sorgere all’attacco della cassaforte, dell’officina, del campo. Mentre

quel nesso inscindibile tra fini e mezzi che è la difficoltà prima degli anarchici ma e’anche

quell’espropriazione non sara’ che una piccola parte della rivoluzione italiana. A meno che

organizzazione di a­narchici ma non un’organizzazione anarchica. Puo’sembrare strano

paradisi comunisti se ne parlera’ fra qualche secolo. Ora e’ roba da far ridere e piangere

ma l’atteggiamento totalitario prodotto dalla grande guerra,di cui il fascismo e il

insieme. L’anarchismo non ha, al di fuori di quello sindacale, che un terreno sul quale

bolscevismo erano so­lo gli aspetti piu’evidenti,aveva conquistato a tal punto le mentalita’

battersi proficuamente nella rivoluzione italiana: il comunalismo. Terreno: politico

che quella formula pote’ aver credito in parte dell’anarchismo internazionale. Alle riunioni

Funzione:liberaldemocratica

preparatorie che si tennero a partire da feb­braio del ’27 parteciparono praticamente tutti

amministrativi locali Mezzo: l’agitazione su basi realistiche di programmi minimi Il nostro

i gruppi presenti a Parigi e fu subito evidente che quella proposta spaccava praticamente

comunalismo e’ autonomista e federalista. Rito­nando a Proudhon, a Bakunin, a Pisacane,

tutti i gruppi nazionali. Soprattutto trai francesi Colomer sostenne a fondo la posizione di

come fonti ma aggiornando il loro pensiero, al lume delle enormi esperienze di questi

Archinov,ma quando “vinse” all’interno dell’organizzazione francese Faure se ne ando’con

anni di delusioni e sconfitte, potremmo adattarlo alle situazioni sociali e politiche di

quello bulgaro e polacco,creando per anni un clima di velenose discordie finche’Colomer e

indirizzo au­tonomista sul terreno sindacale e su quello comunale... La politica e’ calcolo e

Arschinov non riuscendo a creare la loro Grande Organizzazione passarono a quella

creazione di forze realizzanti un approssimarsi della realta’ al sistema ideale, mediante

stalinista.vv

formule di agitazione, di polarizzazione, e di sistemazione, atte ad essere agitanti,

Una scelta corretta visto che stalinisti erano sempre stati. In quel 1927 a reggere meglio, a

polarizzanti e sistematizzanti in un dato momento sociale e politico. Un anarchismo

parte gli spagnoli che era­no immersi nella organizzazione anarcosindacalista, erano stati

attualista consapevole delle proprie forze di combattivita’ e di costruzione, consapevole

gli italiani. Tra questi solo Giuseppe Bifolchi ed il suo gruppo di “Bandiera Nera” sostenne

delle forze avverse, romantico col cuore e realista col cervello, pieno di entusiasmo e

la piattaforma. Al fondo Bifolchi rimase sempre quel buon militare che era stato, come

capace di temporeggiare, generoso e abile nel condizionare il proprio appoggio, capace

dimostro’guidando i suoi compagni sul fronte di Spagna. Gli altri guidati da Fabbri,Fedeli

insomma di un’economia delle proprie forze, ecco il mio sogno e spero di non essere

“Dielo Truda” che pur apprezzando il suo sforzo per porre sul tappeto problemi reali,

subito.

questi non erano risolvibili con la scorciatoia della “responsabilita’collettiva” e che per gli

Alla fine del 1929 cosi’ descriveva in una lettera a Libero Battistelli, allora in Brasile, la sua

italiani,almeno per il momento,rimaneva piu’aderente alle esigenze del movimento lo

solitudine nel movimento e le sue diversita’da quello: “I dissensi vertono su questi punti:la

la loro vera forza e anzi la loro ragion d’essere. In altri termini si proponeva una

i suoi sbattendo la porta. Allo stesso modo si spacco’per primo il movimento russo e poi

e Berneri gia’ dopo le prime due riunioni preliminari avvertirono il gruppo promotore di

27

non vogliano che i rivoluzionari ed i lavoratori ne buschino di nuove ed ancor piu’sode. Di

Scopo:

la

liberta’dei

singoli

e

la

solidita’degli

enti

domani, quali possiamo prevederle possibili, se sapremo dare alla rivoluzione italiana un

solo” Per i primi anni invece Berneri si senti’ isolato, anche lui in fondo voleva tutto e

28


Europa Plurale – 3/2006

Europa Plurale – 3/2006

generalita’ degli anarchici e’ atea, io sono agnostico. e’ comunista e io sono liberalista

russi che avevano permesso il fagocitare dei soviet da parte dei bolscevichi perche’ essi

commercio individuali) e’ antiautoritaria in modo individualista ed io sono semplicemente

Durissima la presa di posizione dell’”Adunata dei Refrattari”;i soviet non avevano mai

autonomista federalista ( Cattaneo, completato da Salvemini e dal Soviettismo)... Quello

avuto possibilita’ di essere strumenti di autogestione, al di la’ della buona volonta’ o

che e’ certo e’ che sono un anarchico sui generis, tollerato dai compagni per la mia

meno degli anarchici in essi presenti. Del resto erano ormai solo strumenti governativi e

attivita’, ma seguito e capito da pochissimi.” Anche a Berneri accadeva nei momenti di

questo valeva piu’ di qualsiasi ipotesi di ruolo libertario che avrebbero potuto svolgere

depressione, di far torto a se stesso e ai suoi compagni, cosa che aveva irritato piu’ volte

nell’Italia della rivoluzione antifascista. A quell’epoca il peso dell’”Adunata” era veramente

lo stesso Malatesta. In realta’ Berneri, nel giro di pochi anni,pote’ portare alle sue idee una

notevole nell’anarchismo internazionale, eppure la redazione della rivista preferi’ troncare

gran parte del movimento libertario fuoriuscito. Questo non certo per la sua “attivita’”,che

quel dibattito che stava diventando una pericolosa polemica. Anche Berneri era ormai un

costo’ non poco ai suoi compagni in termini di sostegno politico, economico e di guai con

esponente da non sottovalutare non solo tra gli italiani ma in campo internazionale.

problemi che aveva creato al movimento, ma soprattutto perche’ l’analisi sistematica delle

XII- “Giustizia e Liberta’” dall’antifascismo all’autonomismo antistatale

(cioe’sono per la libera concorrenza tra lavoro e commercio cooperativi e tra lavoro e

la polizia francese. Lo ottenne grazie ad un comportamente piu’ che corretto di fronte ai delle idee forza e dei metodi dell’anarchismo come degli avversari di questo, che elaboro’

stessi avevano utilizzato i soviet come organismi politici e non di autoamministrazione.

instancabilmente, trovarono militanti disposti a discuterle piu’ di quanto credesse. Nei

In quei tre anni molte cose erano passate anche negli altri campi dell’antifascismo.

primi anni trenta poteva toccare obiettivi fino all’ora tabu’ come l’”Operaiolatria” del 1934,

Nell’estate del 1929, Salvemini, assieme al “radical” Alberto Cianca, al liberale Alberto

dove sosteneva che il fulcro della resistenza al fascismo erano state non le fabbriche ma le zone dove era rimasta la tradizione tra l‘urbano ed il contadino della gelosa custodia delle proprie autonomie. Due anni prima, in una serie di articoli pubblicati nel maggior organo dell’anarchismo all’estero “L’Adunata dei Refrattari” aveva

sostenuto ancora una volta che i soviet erano strumenti di autodemocrazia da non sottovalutare, al di la della distorzione che i bolscevichi avevano operato su di essi. Secondo Berneri, il soviettismo rimaneva un “ sistema che puo’

permettere

la

ripresa

della

vita

economica,

compromessa dal caos insurrezionale, e puo’servire di base alla formazione di un nuovo ordine sociale, costituendo inoltre

una

proficua

palestra

di

autoamministrazione

preparante il popolo a sistemi di maggiore autonomia.” Qui ritornano i problemi essenziali che Berneri aveva mutuato

dall’ ultimo Malatesta: 1) come garantire la vita quotidiana in una situazione rivo­luzionaria senza ricorrere all’autorita’ 2)

che

ruolo

possono

avere

gli

anarchici

in

quel

delicatissiomo periodo . Secondo Berneri, ammesso che si ricrei una situazione simile “ e’ compito degli anarchici in seno al soviettismo di cercare di conservare in esso il suo carattere spontaneo, autonomo, extra­statale, di cercare

che esso sia un sistema essenzialmente ammi­nistrativo e non diventi un organismo politico destinato in tal caso a

partorire uno stato accentrato”. Implicita, a distanza di sei anni, la critica alla piattaforma di Archinov e agli anarchici

Nei primi anni trenta Berberi poteva toccare obiettivi fino all’ora tabu’ come l’”Operaiolatria” del 1934, dove sosteneva che il fulcro della resistenza al fascismo erano state non le fabbriche ma le zone dove era rimasta la tradizione tra ‘urbano ed il contadino della gelosa custodia delle proprie autonomie 29

i soviet non avevano mai avuto possibilita’ di essere strumenti di autogestione, al di la’ della buona volonta’ o meno degli anarchici in essi presenti. Del resto erano ormai solo strumenti governativi e questo valeva piu’ di qualsiasi ipotesi di ruolo libertario che avrebbero potuto svolgere nell’Italia della rivoluzione antifascista 30

Tarchiani e al repubblicano Raffaele Rossetti, organizzano la fuga dall’isola di Lipari di Carlo Rosselli,che vi si tovava confinato per aver portato clandestinamente in Francia Filippo

Turati.

Con

lui

vengono

fatti

evadere

Emilio

Lussu,leader del Partito Sardo d’Azione e Fausto Nitti, altro noto esponente liberale ed imparentato con l’ex presidente del Consiglio Saverio Nitti. Il gruppo,una volta raggiunta Parigi, con una rocambolesca fuga via mare che delizio’ la stampa dell’epoca, vi fondava il movimeto di “Giustizia e liberta’”. Obbiettivo immediato, destabilizzare il regime fascista fino a farlo crollare,contando soprattutto sulla rete di antifascisti organizzata fin dal ’24 in Italia. Su questo obbiettivo

proponeva

a

tutte

le

forze

in

campo

di

abbandonare pregiudiziali ideologiche e comportamenti di parte. In pratica portava all’estero le esigenze di chi, all’interno,non aveva spazio per distinguere i propri alleati di fronte a quel “gas asfissiante -come Fabbri definiva il fascismo- che pervadeva tutta la vita civile ed individuale, cercando di fare di ogni uomo una scimmia”. GL, grazie all’audacia delle sue imprese e alla concretezza dei legami che aveva con l’”interno” ebbe una grande risonanza. Nel primo anno l’attenzione di Rosselli per tovare alleati, si

rivolse quasi naturalmente verso il campo libertario, al quale lo accumunava, oltre la personale conoscenza con Berneri, la fiducia nell’azione diretta, anche individuale. E quello per


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Europa Plurale – 3/2006

Rosselli era tempo di azioni. La disastrosa fine di un progetto di attentato alla Societa’

rivoluzione che, sia pure con sviluppi assai lenti, avanza verso i suoi obbiettivi es­senziali;

delle Nazioni a Ginevra, elaborato da Berneri ma con l’appoggio attivo di GL, e le pressioni

qui’una rivoluzione fallita. Fallita nel 1918 non nel 1932. Nel 1918, quando il terrore

dei gruppi interni che sconsigliavano ulteriori spettacolari azioni di fatto, spinsero poi

provocato

Rosselli e GL ad abbandonare i libertari per trovare un alleanza con il PSI, ormai riunificato

socialdemocrazia maggioritaria a rinunciare ad ogni trasformazione sostanziale per

dal “vecchio” compagno Nenni, ed infine ad entrare nella Concentrazione. Quella

fermarsi a Weimar, sul vuoto di una democrazia formale... Sommersi nella massa delle

collaborazione si dimostro’ fin dall’inizio non facile. Se Nenni aveva evitato di

notizie contraddittorie, presi dal corpo a corpo antifascista, riesce sempre piu’difficile per

approfondire le tematiche abbozzate in “Quarto Stato”, per Rosselli queste rimanevano

noi antifascisti pervenire ad un panorama d’insieme. Dove va l’Europa, dove va il mondo?

ben operanti. Quando GL entra nella Concentrazione, Rosselli pubblica il saggio

Mezzo continente europeo sottoposto ad una esperienza comunista dittatoriale, il centro

“Socialismo liberale” dove ribadisce il valore del volontarismo ed il rifiuto della democrazia

ed il sud Europa preda delle reazioni fasciste e militariste, l’Asia in ebollizione

formale e dell’economicismo del movimento operaio, o meglio socialista, prefascista.

nazionalista, la crisi economica piu’dura della storia che colpisce l’America e l’intero

Fattori questi che, malgrado gli aggiornamenti, erano rimasti alla base del modo di

dall’estremismo

e

il

dottrinarismo

in

materia

agraria

indussero

la

mondo civile,l’Inghilterra ai conservatori protezionisti. Il piu’ grave si e’che dovunque si

pensare politico della Concentrazione. Lo scontro tra GL e la Concentrazione sarebbestato

volga lo sguardo si trova che la classe operaia e i movimenti progressisti versano in ista­to

prima o poi inevitabile e comincia a delinearsi seriamente quando la situazione europea

di impotenza e di letargo. ..Viene fatto domandarsi se la scientifica organizzazione delle

prende a deteriorarsi rapidamente.

masse,coi suoi quadri pesanti e gerarchici, non abbia distrutto ogni spontaneita’d’impulsi,

La crisi economica della fine del 1929 stava scuotendo dalle fondamenta le economie ed i

ogni vivacita’d’iniziativa,ponendole alla merce’di snelli nuclei combattivi della reazione...

sistemi occidentali.Inoltre,mentre in Germania gia’ nel ’32 era evidente la crisi della

Perche’ le parti tornino ad invertirsi non puo’ormai piu’ ba­stare un colpo di fortuna:

socialdemocrazia tedesca, fino ad allora faro e puntello delle impostazioni democratiche

occorrera’

di sinistra, lo sfasciso economico. non sembrava intaccare il regime in Italia, Viceversa nel

(politiche,sindacali,culturali) preceduta e accompagnata da una revisione senza pieta’ e

parafa­scista di Primo de Rivera, la Repubblica, percorsa da fermenti aunomisti, sembrava

questa ottica GL si dotava anche di una rivista teorica e di dibattito: “Quaderni di Giustizia

1931 nella “arretrata” Spagna, dove era crollata la monarchia assieme al regime avviarsi a profondi rinnovamenti sociali. Il peso di quegli avvenimenti su GL si puo’ avvertire appieno in quanto scrive Rosselli nel settembre del ’32: La rivoluzione sonnecchiante in Spagna ha fatto un decisivo passo innanzi, spezzando le sottili combinazioni dei politicanti: l’iniziativa e’trasferita alle forze popolari... La rivoluzione si fa piu’virile: dopo la lunga parentesi puramente politica, pare si disponga ad operare

a

fondo

espropriazione

degli

sul

terreno

sociale.

aristocratici

La

responsabili

rapida della

sedizione appare come la premessa di una grande riforma agraria... Il problema che oggi la rivoluzione spagnola deve affrontare e’quello che ad un certo punto del loro sviluppo si pone a tutte le rivoluzioni: creare la massa dei difensori della rivoluzione, dei conservatori dell’ordine nuovo, di coloro cioe’che avendo ricevuto dalla rivoluzione il pane e la dignita’di vivere sono pronti per essa a battersi e morire.

Il che tradotto nei termini di immediata riforma politica significa in Spagna, terra ai contadini ed armi ad una milizia del

popolo.

La

situazione

tedesca

e’la

conferma,

a

contraris,del precedente giudizio sui fatti di Spagna. La’una

Quando GL entra nella Concentrazione, Rosselli pubblica il saggio “Socialismo liberale” dove ribadisce il valore del volontarismo ed il rifiuto della democrazia formale e dell’economicismo del movimento operaio, o meglio socialista, prefascista 31

una

riorganizzazione

profonda

delle

forze

di

sinistra

senza opportunismi delle nostre dottrine. L’ORA DI TUTTE LE ERESIE E’ SUONATA.” In e Liberta’”. Il primo numero dei “Quaderni” appare nel gennaio del 1932 e presenta un vero e proprio “ Programma” rivoluzionario. Enunciava una serie di obbiettivi tali da

“L’organizzazione del nuovo Stato - si leggeva nel programma di Giustizia e Libertàdovra’ basarsi sulle piu’ampie autonomie. Le funzioni del governo centrale dovranno limitarsi alle sole materie che interessano la vita nazionale” 32

smantellare gli equilibri sociali, politici ed istituzionali, che avevano permesso la distruzio­ne delle liberta’ ed il consolidarsi del fascismo, ed assieme tali da sostituire quegli quilibri con altri del tutto nuovi nei quali il concetto chiave era quello della autonomia. “L’organizzazione del

nuovo Stato - vi si leggeva - dovra’ basarsi sulle piu’ampie autonomie. Le funzioni del governo centrale dovranno limitarsi alle sole materie che interessano la vita nazionale. Il principio dell’autonomia e’uno dei principi direttivi del movimento rivoluzionario “Giustizia e Liberta’”. Il Programma venne immediatamente attaccato dai comunisti e dai socialisti, come

piccolo

borghese,

e

dai

repubblicani

come

avventurista ed anarcoide. Nel numero di settembre dei “Quaderni”, Leone Ginsburg dall’interno rispondeva alle

critiche precisando ampiamente come, dal suo punto di vista ( ben vicino a quello che stava elaborando Rosselli) era inteso “Il Concetto di Autonomia nel programma di GL”:


Europa Plurale – 3/2006

Europa Plurale – 3/2006

“Parlare di autonomia nel puro senso della parola e’ affermare il valore morale della

lo e’dell’unita’nazionale ... In questo senso si potra’ parlare di “unita’” soltanto quando

rinnovamento di civilta’. La politica non e’ sempre attivita’ cosi’essenziale (almeno la

sull’autonomismo,non aveva potuto fare a meno di trovarsi di fronte l’anarchismo. Con

politica di governo). Essa puo’ realmente “delegarsi” quando, per il coesistere di istituzioni

una conoscenza molto superficiale di questa corrente, aveva messo onestamente sul

autonome, non rappresenti piu’ che una tecnica, una gestione di affari. Ma queste

tappeto la contraddizione di fondo di quelli che, come lui, erano costretti ad auspicare

istituzioni sono il risultato di una lotta che ha trovato un suo equilibrio e hanno

soluzioni libertarie ma non riuscivano a immaginare soluzioni coerentemente antistatali:

possibilita’di trasformazione interna. Certi problemi perdono (come nella morale

“dobbiamo creare lo stato coi mezzi dell’anarchia”! E in fondo sara’ questa la

individuale) la loro importanza e diventano pura amministrazione quando in realta’ sono

contraddizione che Rosselli cerchera’ di gestire e superare negli anni successivi. Certo e’

risolti; se la liberta’e’diventata un patrimonio comune e abituale, questa o quella

che il saggio di Ginsburg non solo apriva la strada a posizioni decisamente federalistiche

posizione governativa puo’realmente essere indifferente. Ci si libera dalla politica

ma addirittura ad un ripensamento sul patrimonio culturale del movimento libertario come

Percio’ogni politica e’oggi affermazione di autonomia... Opponendoci al fascismo e

quella che si considerava una nuova sinsitra. Non credo che sia del tutto fortuito che su

affermando concretamente la “religione della liberta’” nessuno pensa di fare o preparare

questa linea si fosse gia’mosso il fratello di Carlo Rosselli, Nello.Uno storico di razza che

una azione di governo, ma ciascuno e’consapevole di appartenere e di contribuire a

gia’nel 1927 aveva pubblicato il primo studio sulle implicazioni per l’Italia post’unitaria

formare quello che conta assai piu’di un governo; un “costume”. ...Noi crediamo che vi sia

dell’aspro scontro tra “Mazzini e Bakunin”. Proprio in quel 1932 dava alle stampe un al­tro

un modo piu’concreto di dar vita alle tradizionali liberta’che non sia il porle soltanto come

studio fondamentale in materia: “Carlo Pisacane nel Risorgi­mento italiano”. Carlo Rosselli

richieste: con l’organizzazione clandestina affermiamo la liberta’ di associazione, con i

nel secondo numero dei “Quaderni”(marzo 1932), sosteneva infine una ideale linea diretta

Quaderni,gli opuscoli,i manifesti, la liberta’ di stampa, col Programma, la liberta’ di

tra la sua “Giustizia e Liberta’” e la libertaria “Liberta’e Giustizia”. “Ci riferiamo ad una

liberta’;ma richiede una massima specificazione. Accordo di forze i cui scopi diversi

cioe’all’associazione “Liberta’e Giustizia” fondata da Bakunin a Napoli nell’estate del 1865

cooperano a un fine,tanto piu’ comune piu’ quelli sono particolari. Alleanza dunque e non

e che era la manifestazione in forma pubblica della segreta e famosa “Fratellanza”

Concentrazione... Il problema morale [ ad un certo momento] si identifica con quello

dell’agitatore russo... Tuttavia il programma di “Liberta’ e Giustizia” in un punto diremmo

giuridico: la liberta’deve trovare le sue istituzioni storiche. Quali devono essere gli istituti

che quasi si identifichi col nostro perche’ concerne il problema che il popolo italiano non

politica: intendere che la lotta politica deve essere in Italia lo strumento di un

attraverso la politica. Da noi invece il disinteresse e’incapacita’ di autogoverno.

pensiero. Il principio di autonomia non esclude nessuna posizione che sia posizione di

dell’autonomia? Il problema in Italia e’particolarmente arduo: problema di rivoluzione in un paese senza eredita’politiche...Noi dobbiamo creare assieme e forma e contenuto e ci troviamo dinanzi a un vuoto attuale, e staccati con un salto da ogni passato... Contro il fascismo dobbiamo suscitare lo

spirito libertario e nel medesimo tempo negarlo dandogli una

forma:

dobbiamo

creare

uno

stato

coi

mezzi

dell’anarchia. Una soluzione di continuita’ esiste...tra noi e gli

istituti

fascismo,degli

che

avevano stati

di

parlamenti,partiti,organizzazioni

rappresentato,prima equilibrio operaie

del

provvisorio: ecc.

...

Certamente si potra’parlare di “Parlamenti” in Italia solo se essi non rappresenteranno piu’l’unico modo di espressione politica;se la compagine sociale sara’differenziata nei piu’vari modi di rappresentanza diretta; se si saranno creati gli istituti della autonomia,sia come differenziazione sociale che come divisione locale. La centralizzazione corrisponde al totalitarismo e come questo e’nemico della liberta’,l’altro

“Parlare di autonomia nel puro senso della parola e’ affermare il valore morale della politica: intendere che la lotta politica deve essere in Italia lo strumento di un rinnovamento di civilta’” 33

saranno sorti e fioriti organismi locali indipendenti.” Ginsburg,nella sua riflessione

patrimonio generale della sinistra storica italiana,tutto da riscoprire e da rielaborare in

antenata ideale - scriveva con qualche piu’che perdonabile inesattezza storica - e

“La centralizzazione corrisponde al totalitarismo e come questo e’nemico della liberta’,l’altro lo e’dell’unita’nazionale ... In questo senso si potra’ parlare di “unita’” soltanto quando saranno sorti e fioriti organismi locali indipendenti.”

34

risolse mai neppure provvisoriamente e che il fascismo,il quale in parte e’effetto della sua mancata soluzione, ha esasperato fino all’iperbole: il problema della distruzione dello “Stato centralista,burocratico e militare”, ossia il

problema autonomico... Percio’ci e’piaciuto ricordare “Liberta’e Giustizia” e ...Bakunin”. Sebbene il Programma pubblicato sui “Quaderni” fosse il frutto di un gia’lungo dibattito tra i gruppi di GL in Francia e quelli clandestini in Italia, le precisazioni sui vari punti riaccesero le molte e sostanziali differenziazioni interne. Aspre le critiche di Lussu e di altri gruppi; eppure, mal­grado queste opposizioni, la linea vincente fu’ quella di Rosselli e di Ginzburg. Una linea che sbocco’ inevitabilmente nella

frattura con la Concentrazione e nell’incontro con i libertari. E questo non solo sul piano del dibattito ideologico ma su quello degli accordi politici.


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XIII-Verso l’intesa tra anarchici e giellisti

attribuisco tenebrose manovre ma non considero il vostro movimento abbastanza

La Concentrazione non pote’ che sciogliersi nella primavera del 1934. Allora il PSI ritrovo’,

rinunciare a riserve at­tuali e a preoccuparmi per l’avvenire. Non sono per esempio certo

dopo piu’ di dieci anni di lotta senza quartiere, un terreno d’intesa col PCdI, che dal canto

che siate federalisti e propendo a considerarvi degli autonomisti unitari a colorazione

suo, fu costretto alla riconciliazione dalla nuova politica di Mosca dei “fronti popolari”. Ne’

federalista legalitaria... Il giellismo teoricamente equidistante dall’autonomismo unitario e

omogeneo nella sua formazione ed abbastanza elaborato nel suo programma per

il PSI avrebbe avuto molte altre scelte. Abituato, come era, a non muoversi esclusivamente

dal federalismo libertario, mi pare destinato ad essere...Federalista di fronte all’unitarismo

con

della

“giacobino” [in questo caso socialcomunista] qualora questi si sia reso o stia per rendersi

socialdemocrazia tedesca. La presa del potere di Hitler a Berlino aveva scosso Stalin a tal

padrone dello Stato o...autonomista unitario se la rivoluzione l’abbia portato ad un ruolo

punto da fargli recuperare improvvisamente la dimensione “pacifista e progressista” delle

governativo. Nel primo caso ci incontreremo; nel secondo ci incontreremo egualmente, ma

democrazie liberali influenzate dalla socialdemocrazia occidentale. La politica staliniana e’

come

le

proprie

gambe,

aveva

ricevuto

un

colpo

tremendo

dalla

caduta

quella di trovare un terreno di incontro con tutte le forze statali e “democratiche”

avversari.

Il

giellismo

non..[agira’in

un

modo

o

nell’altro]...per

volgare

camaleontismo,bensi’perche’a condizionare il suo atteggia­mento saranno le diverse

antinaziste e di circoscrivere ed eliminare quelle “eretiche”di una sinistra da lui

situazioni politiche...” Infine Berneri arrivava al nocciolo delle diffidenze sue, come dei piu’

incontrallabile e peggio possibile preda di Troski. In questa situazione GL,ormai isolata

esperti elementi dell’anarchismo,verso l’improvvisa conversione libertaria di GL: “Soltanto

nell’area marxista,si muove per trovare consensi negli ambienti libertari e nelle frangie

una aprioristica volonta’di astensione dal ruolo governativo ed una radicata concezione

rivoluzionarie repubblicane. Ad un certo punto la propaganda di GL, o meglio di Rosselli

della rivoluzione permanente potrebbero far escludere la previ­sione di un opportunismo

e’ talmente pressante sugli anarchici che Berneri, alla fine del ’35, crede venuto il momento di puntualizzare gli elementi di convergenza e quelli di frizione: “Caro Rosselli, L’antitesi

[della

futura

rivoluzione]

che

mi

pare

non

presumibile,come

tu

dici,bensi’inevitabile, sara’: comunismo dispotico centralizzatore o socialismo federalista

liberale. Dal 1919 in poi non mi sono stancato di agitare in seno al movimento anarchico il problema di conciliare l’integralismo educativo e il possibilismo politico...mi pare [quindi] che

la

discussione

possa

essere

impostata

non

dell’anarchismo,bensi’ su quanto di vivo,ossia di razionale e attuale,voi vedete nell’anarchismo contemporaneo. Noi e voi abbiamo di fronte il problema di come imprimere alla rivoluzione italiana un indirizzo autonomista in politica e socialista liberista in economia. Per il momento mi limito alla prima questione per chiedervi di formulare in modo

chiaro il senso della ..”repubblica democratica organizzata sulla

base

delle

piu’ampie

autonomie

locali

e

sulle

istituzioni autonome della classe lavoratrice”. Non ti nascondo che dopo il soviettismo leninista si e’trasformato nello

stato

bolscevico

che

ha

negato

il

primo

completamente, attribuisco ai programmi un valore molto relativo... Il sinistrismo del programma fascista del ’19 ha ingannato molti, ma non era deliberatamente ingannatore.

Il giellismo che attualmente, in molte sue formule e in molti suoi

atteggiamenti,

allontanarsene

in

una

e’

vicino situazione

all’anarchismo di

puo’

compromesso

a

sui

residui

tradizionalisti

La presa del potere di Hitler a Berlino aveva scosso Stalin a tal punto da fargli recuperare improvvisamente la dimensione “pacifista e progressista” delle democrazie liberali influenzate dalla socialdemocrazia occidentale

dispetto dei suoi dirigenti e di parte dei suoi quadri. Non vi 35

“Berneri conferma autorevolmente la nostra interpretazione dell’anarchismo collettivista come “socialismo federalista liberale” e riconosce la necessita’che gli anarchici abbiano a prendere posizione domani in una concreta situazione rivoluzionaria, per far trionfare soluzioni di liberta’su soluzioni di dittatura.” 36

giellista nel corso della rivoluzione italiana” Una valutazione alla

quale

Rosselli

inequivocabile.

Una

rispose,

a

risposta

alla

suo

avviso,

quale

in

gli

modo

anarchici

pensarono di dare il credito dovuto a qualsiasi tentativo

libertario. “Berneri conferma autorevolmente la nostra interpretazione

dell’anarchismo

collettivista

come

“socialismo federalista liberale” e riconosce la necessita’che gli anarchici abbiano a prendere posizione domani in una concreta

situazione

rivoluzionaria,

per

far

trionfare

soluzioni di liberta’su soluzioni di dittatura. E’un primo punto,ma e’il punto decisivo. I socialisti ed i comunisti anarchici, in Italia sono numerosi, contano nei loro gruppi forti individualita’; e se sapranno domani accettare le

responsabilita’ non solo dell’azione (il che e’certo) ma anche della

ricostruzione,

potranno

esercitare

una

notevole

influenza contribuendo anche a correggere le deviazioni di altri movimenti a loro affini...Berneri ha pieno diritto di esigere chiarimenti sul nostro federalismo e autonomismo... Telegraficamente direi (uso il condizionale,alcune di queste idee essendo personali): 1) che per GL il federalismo politico territoriale e’ un aspetto e una implicazione del piu’

generale concetto di “autonomia” a cui il nostro movimento si

richiama:

singoli

e

cioe’ gruppi,

liberta’positivamente in

una

affermata,

concezione

per

pluralistica

dell’organizzazione sociale. 2) che la regione storica, utile ai


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fini politici amministrativi, puo’diventare mortifera a fini economici e culturali, la regione

trovarono a convegno a Saurtroville, una delle periferie di Parigi. Il” Primo Convegno di

industria ad industria e quasi sempre supe­rando i confini dello stesso stato Federale.

sfumature dopo piu’ di dieci anni. Un convegno organizzato minuziosamente sia a livello

Percio’anche in materia di regioni: pluralismo,elasticita’. 3) che,specie dopo il fascismo,

politico che programmatico,le relazioni investivano tutti i problemi in campo. Il succo

anziche’ rivalutare la patria regione, bisognera’ sforzarci di superare o allargare la patria

delle decisioni allora prese si puo riassumere in questi termini: Ritorno e armato al primo

nazionale, in cui si asfissia, facendola coincidere con la nozione di patria umana o di

segnale di crisi del regime. Una volta tornati nel paese, 1) Ritardare il piu’ possibile

umanita’, espressione di valori essenziali, comuni a tutti gli uomini, indipendentemente

soluzioni anche parziali di governi “democratici” 2) Assumersi tutte le responsabilita’ del

dal sangue, dal territorio, dalla lingua, dalla storia. 4) che gli organi vivi dell’autonomia

caso nei vari Comuni liberati, nella Fabbriche ecc, dovunque fosse possibile, senza curarsi

non sono gli organi burocratici,indiretti in cui l’elemento coattivo prevale, ma gli organi di

se altrove la situazione non era altrettanto favorevole. 3) Nemico primo il fascismo ma al

primo grado, diretti, liberi o con un alto grado di spontaneita’,alla vita dei quali l’individuo

pari il comunismo bolscevico col quale non era possibile alcuna intesa. Intese circoscritte

territoriale,che in Italia ha salde radici e funzioni. Il Consiglio di Fabbrica e di Azienda

primis GL. Il Convegno nominava un Comitato d’Azione Anarchica allo scopo proprio di

Agricola, organo o uno degli organi dei produttori associati, la Cooperativa,organo dei

tenere i contatti con gli altri elementi vicini oltre quello di cominciare a rifornirsi di armi.

consumatori, le Camere del Lavoro, i Sindacati, le Leghe, organi di protezione e di cultura

La guerra in Etiopia fini’ velocemente e con l’inaspettata vittoria fascista, ma le basi per un

professionale, i Partiti,i Gruppi, i Giornali, organi di vita politica, La Scuola, la Famiglia, i

accordo tra anarchici e GL erano ormai gettate e trovarono prestissimo un collaudo

Gruppi Sportivi, i Centri di Cultura, e le innumere­voli altre forme di libera associazione,

operativo negli avvenimenti di Spagna, che ancora una volta dopo le sinto­nie

organi di vita civile. 5) che e’ partendo da queste istituzioni nuove o rinnovate, legate fra

ottocentesche, tornavano a coinvolgere profondamente la sinistra italiana.

agricola non coincidendo con la regione storica, la regione indu­striale variando da

partecipa direttamente o e’ in grado di controllare. Quindi il Comune, organo

loro da una complessa serie di rapporti,e la cui esistenza dovra’ essere presidiata dalle piu’ larghe liberta’di associazione,di stampa,di riunione,di lingua, di cultura,che si arrivera’ a costruire uno stato federativo orientato nel senso della liberta’, cioe’una societa’ socialista federalista liberale. 6) che il concetto di autonomia deve valere non solo per domani ma anche per l’oggi; non solo per la ricostruzione ma per la lot­ta che dovra’ condursi secondo questi criteri: Autonomia alla base, cioe’ iniziativa dei gruppi locali in Italia e all’estero, e Federazione

al

centro:

cioe’

Alleanza

Rivoluzionaria.

Sarebbe opportuno che su questi problemi vitali il dialogo a due si trasformasse in discussione generale”. A quel momento infatti sul tappeto non c’era solo un dibattito teorico. C’era il problema di concretizzare quell’Alleanza Rivoluzionaria che tanto premeva a Rosselli e renderla immediatamente operativa. Siamo alla fine del 1935, Mussolini sembra impantanato in Etiopia. Una sconfitta in Africa,come la storia si sperava confortasse,avrebbe

aperto

la

crisi

del

regime

ed

i

fuoriusciti giellisti ed anarchici volevano essere pronti a

rientrare,armi alla mano e con idee chiare sul che fare e su chi allearsi. Ed a questo erano dovuti gli interventi espliciti di Berneri e di Rosselli. Nel novembre gli anarchici si

Siamo alla fine del 1935, Mussolini sembra impantanato in Etiopia. Una sconfitta in Africa,come la storia si sperava confortasse,avrebbe aperto la crisi del regime ed i fuoriusciti giellisti ed anarchici volevano essere pronti a rientrare,armi alla mano e con idee chiare sul che fare e su chi allearsi 37

Intesa degli Anarchici Emigrati in Europa” che vedesse presenti tutte le tendenze e le

con altri ragguppamenti politici che avessero tendenze federali­ste e comunaliste, in

XIV- Rivoluzione libertaria e guerra antifascista

In Spagna Il 19 luglio del 1936, il generale Francisco Franco attaccava la esangue Repubblica Spagnola. A bloccarlo non e’ l’esercito repubblicano di cui Franco e’un generale, sono gli anarcosindacalisti della Catalogna, del Paese Valenziano, dell’Aragona 38

In Spagna Il 19 luglio del 1936, il generale Francisco Franco attaccava la esangue Repubblica Spagnola. A bloccarlo non e’ l’esercito repubblicano di cui Franco e’un generale, sono gli anarcosindacalisti della Catalogna, del Paese Valenziano, dell’Aragona. Gia’ il 20 Barcellona e’ nelle mani degli anarchici e con loro inizia la rivoluzione libertaria ed autonomista. Le fabbriche,le ferrovie,la centrale telefonica,le amministrazioni locali ed i servizi vengono autogestiti.

Abolita la moneta e sostituita con un complesso quanto efficace sistema di compensazioni. L’esercito di popolo viene organizzato in colonne, dirette emanazioni delle strutture produttive e civili federatesi. E’ la rivoluzione contro il fascismo ed il suo centralismo impersonati da Franco, ma implicitamente e’ anche la rivoluzione contro la democrazia

formale

ed

il

nuovo

centralismo

di

questa,impersonato dall’inetto e repressivo governo del Fronte Popolare di Madrid. In sostanza e’ la rivoluzione autogestionaria e federalista sognata da piu’ di mezzo secolo che si e’ fatta realta’. Il 1 maggio precedente si era riunito a Saragozza il IV Congresso nazionale della CNT. In


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quindici giorni i delegati di quasi seicentomila iscritti, avevano elaborato un programma

stessi spagnoli che non si sentono piu’ soli. La colonna italiana era allora composta da

preparando per il il giorno dopo. Del resto non ci voleva tanto a capirlo che era alle

repubblicani ed irregolari del socialismo e del comunismo. Comandante militare il

porte:il governo emanava leggi impotenti, la vita sociale era gia’ nelle mani dei lavoratori,

repubblicano Mario Angeloni, che pero’ moriva proprio a Monte pelato, vice comandante

l’esercito preparava impunemente il colpo di stato. E’ in questo clima che il congresso

Rosselli,Commisario Politico: Berneri. A ben guardare era l’intera area dell’autonomismo

aveva approvato, tra gli altri, questi documenti: “Finito il primo aspetto violento della

federalista, mentre quella statalista dei socialisti e dei comunisti, aspettera’ che Mosca

rivoluzione [data come certa] si dichiareranno aboliti: la proprieta’ privata, lo Stato, il

appoggi il governo parlamentaristico di Madrid per muoversi formando le Brigate

principio di autorita’ e di conseguenza, le classi che dividono gli uomini in sfruttatori e

Internazionali. Allora, in quella Spagna divorata dalla guerra civile, si manifesto’come non

sfruttati, oppressori ed op­pressi... L’espressione politica della nostra rivoluzione puo’

mai la contraddizione di fondo tra il federalismo e l’autogestione di impostazione

essere riassunta in questa trilogia: L’INDIVIDUO, LA COMUNE, LA FEDERAZIONE...

anarchica da una parte e quelli puramente libertari dall’altra per non parlare dello scontro

amministrativa.

rivelarono come modi di lotta al fascismo assolutamente inconciliabili tanto da spezzare

per la rivoluzione, non quella che sarebbe arrivata chissa’ quando, ma quella che stavano

In conclusione proponiamo: La creazione della comune come entita’ politica ed confederata

La

alle

comune altre

sara’

comuni.Le

autonoma

e

comuni

si

confedereranno localmente e regionalmente, fissando a loro piacimento i propri confini geografici, quando sia conveniente riunire in una sola comune, piccoli paesi, borgate e villaggi. L’insieme di queste comuni costituira’ una Confederazione iberica di comuni

autonome libertarie.” Ed era su questi obbiettivi che i lavoratori spagnoli si e­rano mossi nelle giornate di luglio. Ma cosi’anche gli obbiettivi dell’antifascismo degli anarchici italiani e di quello libertario di Rosselli perdono la consistenza della carta stampata per assu­mere la concretezza di una rivoluzione in atto. Altro che rassegnazione a vedere chi sa quando una rivoluzione anarchica, come aveva ipotizzato Berneri dieci anni prima. In quell’estate l’entusiasmo è alle stelle. Gia’ il 29 luglio proprio Berneri, su mandato

degli anarchici italiani raggiunge Barcellona. Rosselli per proprio conto ha fatto la stessa scelta e vi arriva pochi giorni dopo. L’accordo tra i due movimenti era ormai nella natura delle cose. Il 19 agosto la prima Colonna Italiana, inquadrata nella colonna anarchica Ascaso, esce in parata da Barcellona diretta al fronte di Huesca. Il 28 ha il battesimo del fuoco; a Monte Pelato riesce

a

respingere

i

reparti

franchisti,

che

le

muovevano addos­so con l’appoggio di mezzi blindati.

Malgrado lo scontro costi sei morti e una diecina di feriti,

grande

e’l’entusiasmo

degli

italiani

che

finalmente possono battersi armi alla mano e degli

“In conclusione proponiamo: La creazione della comune come entita’ politica ed amministrativa. La comune sara’ autonoma e confederata alle altre comuni.Le comuni si confedereranno localmente e regionalmente, fissando a loro piacimento i propri confini geografici, quando sia conveniente riunire in una sola comune, piccoli paesi, borgate e villaggi. L’insieme di queste comuni costituira’ una Confederazione iberica di comuni autonome libertarie.” 39

circa 120 uomini, di cui un’ottantina di anarchici,una ventina di giellisti ed il resto

con l’autonomismo unitario ed il centralismo democratico. Quelle impostazioni si in due l’anarchismo spagnolo e distruggere l’alleanza tra giellisti ed anarchici italiani. I primi sintomi della crisi furono gia’ in settembre quando il governo di Madrid comincio’a parlare di militarizzare le colonne e, malgrado la sua debolezza, incontro’ scarsa opposizione da parte della stampa della CNT. Il 4 novembre, di fronte all’offensiva franchista sulla capitale, i vertici della CNT e della FAI, dopo aver rifiutato la proposta di Durruti di sbaraccare definitivamente il governo di Madrid e di prendere in mano l’intera

situazione, non trovano di meglio che partecipare al nuovo gabinetto costituito da Largo Ca­ballero,non a caso esponente della sinistra radicale del socialismo spagnolo,” il Lenin di Spagna”. Quei vertici davano cosi’al governo repubblicano la prima legittimazione popolare da quando Franco si era sollevato. Le organizzazioni confederali di base seppero di essere,loro malgrado, “al governo” dalla stampa e questo nel momento meno indicato.

A ben guardare era l’intera area dell’autonomismo federalista, mentre quella statalista dei socialisti e dei comunisti, aspettera’ che Mosca appoggi il governo parlamentaristico di Madrid per muoversi formando le Brigate Internazionali 40

Due giorni dopo,infatti, il nuovo governo abbandonava la capitale. Solo per la presenza dei rappresentanti Confederali non venne fucilato per tradimento dagli anarchici catalani della “Columna de Hierro” schierati a difesa di Valenzia. La

scelta ministeriale dei vertici della CNT e della FAI, seppure condizionata dalla grave situazione militare ed arrivata improvvisa e dirompente,veniva comunque da lontano. All’interno della CNT erano sempre convissute, e non in mo­do sempre pacifico, due anime: quella sindacalista e quella anarchica. Anche e soprattutto il Congresso di Saragozza aveva preso atto di questa situazione: “Tutte le delegazioni che assistono a questo Congresso, sanno bene che nel seno della CNT si agitano, con notevole dinami­smo,

due maniere di interpretare il senso della vita e la base strutturale

dell’economia

postrivoluzionaria...Questa

commissio­ne,con la serenita’ e la coscienza necessarie per esaminare ed assumere la responsabilita’ storica di questo


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importante momento, ha dovuto cercare la formula che raccolga lo spirito e le idee delle

Ascaso,Garcia Oliver. Dieci anni passati nelle Americhe e in Europa tra una espropriazione

che: Primo: nel porre la pietra angolare dell’architettura della rivoluzione, abbiamo cercato

culturali. Ma anche al loro interno, nell’imminenza della rivoluzione, erano venute a galla

di costruire con austero senso d’armonia, questi due pilastri: individuo e sindacato,

due anime:in questo caso, quella anarchica e quella, piu’ o meno inconsapevolmente,

lasciando spazio allo svolgimento parallelo delle due correnti e concezioni. Secondo: per

”bolscevica”. Le differenti linee vennero ben espresse nella preparazione del Congresso di

garantire autenticamente questa intesa, noi riconosciamo la sovranita’ individuale. Con

Saragozza quando Garcia Oliver sostenne la necessita’ di creare una vera e propria

essa, che difende la liberta’ al di sopra di qualsiasi dottrina limitante, dovranno

organizzazione militare nell’imminenza dello scontro, mentre Durruti sostenne la

armonizzarsi

cio’che

necessi­ta’ di organizzarsi per la guerriglia. E non era un problema tecnico, come

e’necessario,stabilendo conformemente il proprio indirizzo... E’cosi’che l’individuo sara’,

sottolineo’ Durruti: “Certo che la teoria di Garcia Oliver e’piu’ efficace, dal punto di vista

nella nuova societa’, cellula con personalita’ giuridica ed entita’base delle successive

dell’organizzazione militare, della guerriglia che io sostengo. Ma sono sicuro che codesta

Rivoluzione non puo’ reggersi ne’ sul muutuo appoggio, ne’ sulla solidarieta’

all’insuccesso della rivoluzione, perche’questo organismo comincera’ ad imporsi, sempre

ne’sull’argomento consunto della carita’. In tutti i casi queste tre formule...devono

in nome dell’efficenza, esercitera’ una sua autorita’ e finira’ per imporre il suo potere sulla

rifondersi e puntualizzarsi in nuove norme di convivenza sociale che trovano la piu’chiara

rivoluzione. In nome dell’efficenza i bolscevichi assasinarono la rivoluzione russa,cosa che

interpretazione nel comunismo libertario: dare a ciascun essere umano cio’che gli

sicuramente non volevano,ma era fatale che così finisse. Lasciamo che la nostra

necessita secondo le sue esigenze, senza altra limitazione a quella necessita’ se non

rivoluzione di sviluppi per le sue strade”.

quelle imposte dalla nuova economia creata.” Su questo sforzo di armonizzare le esigenze

Il sindacato al quale Oliver e Durruti appartevano e al quale si rivolgevano nel loro

anarchiche,e quelle libertarie - sindacaliste , al Congresso di Saragozza la CNT articola un

dibattito approvo’ a larga maggioranza la posizione di Oliver con questa mozione:”I

suo segretario generale Horacio Prieto che si era dimesso proprio perche’contrario a quel

nazionale di difesa che partendo dal gruppo, formera’ la centuria, unita’ base dell’Esercito

programma. Prieto non crede ad una rivoluzione proletaria cosi’radicale e non ne fa

proletario”. Quella mozione venne battuta al Congresso di Saragozza che sul problema

mistero. Per lui al massimo e’possibile una rivoluzione direi quasi liberalpopolare, dove le

della “difesa della Rivoluzione” si pronuncio’ in questi termini: Ogni Comune tenga il suo

istituzioni,sotto al spinta proletaria si sarebbero democratizzate al massimo esprimendo

armamento ed i suoi elementi di difesa... Questa mobilitazione generale comprendera’

anche l’ansia di rinnovamento di una parte della borghesia, e dove il mondo del lavoro,

tutte le persone di ambo i sessi idonee alla lotta e che vi si appresteranno addestrandosi

ormai entrato a pieno diritto nella gestione politica nazionale, avrebbe avuto un enorme e

alle molteplici tecniche e mansioni che comporta il combattimento”. Il congresso dunque

nuovo peso, attraverso i suoi istituti autogestionari ma

aveva scelto diversamente dalle impostazioni di Oliver ma ha ragione Abel Paz che ne

due correnti, articolando con cio’ i fondamenti della nuova vita. Per questo dichiariamo

le

diverse

istituzioni

che

nella

vita

devono

determinare

articolazioni create dalla libera potesta’ della Federazione...[d’altronde si ammoniva] la

radicalissimo programma di rivoluzione sociale,ma allo stesso tempo riconferma come

soprattutto attraverso la CNT che era il suo storico modo di

organizzarsi. In altri termini,durante la rivoluzione la CNT ha come segretario generale un esponente che alla rivoluzione pienamente libertaria non crede. Anche quando ormai l’avra’ sotto gli occhi, continuera’ a vederla in termini di

nuovi

equilibri

“nazionali”,

tra

Confederazione

ed

Istituzioni, tra Spagna ed il resto degli Stati europei. Non solo,gia’ nel 1927 gli anarchici, fino ad allora parte integrante

della

CNT,

avevano

sentito

l’esigenza

di

costituirsi in gruppo specifico, la FAIberica, proprio per

contrastare le impostazioni esclusivamente sindacaliste, sulle base delle quali l’allora segretario della CNT, Angel Pestana, poteva civettare con il dittatore Primo de Rivera. Gli animatori della FAI erano stati Durruti, Francisco

“E’cosi’che l’individuo sara’, nella nuova societa’, cellula con personalita’ giuridica ed entita’base delle successive articolazioni create dalla libera potesta’ della Federazione” 41

e l’altra, tra un tentativo di eliminare il monarca spagnolo e di organizzare grandi imprese

organizzazione paramilitare,giustamente e in nome della sua efficenza, portera’

gruppi di azione della CNT e i gruppi anarchici costituiranno una organizzazione

sottolinea l’importanza perche’ ”prefigura l’organizzazione che le milizie cerche­ranno di darsi quando si arrivò allo stallo della guerra civile”. In realta’ sia all’interno della FAI che

della CNT le due linee erano andate per la loro strada fin dal primo momento della rivoluzione. Allora nelle zone repubblicane il potere reale fu subito nelle mani dei lavoratori organizzati ma i centri di governo,pur ormai impotenti,non vennero aboliti. Durruti partiva per Saragozza colla sua colonna ma a Barcellona rimaneva Oliver che organizzava le milizie secondo schemi militari. Le officine erano espropriate ed autogestite al pari delle amministrazioni ma rimaneva la “Guardia Civil” e Prieto guardava a Madrid. Il tutto in un equilibrio che non poteva durare a lungo. Quando la linea “realista” del segretario della CNT si incon­tro’con quella “efficentista” di Oliver,con la benedizione

di intellettuali o di figure storiche molto amati dai lavoratori, come la Montseny e Juan

Peiro’,fu nella logica delle cose che cercasse di prevalere. Il risultato era stato l’annuncio alle 22 e 30 del 4 novembre 1936 del nuovo Governo Caballero con la partecipazione

42


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degli anarchici! Oliver alla Giustizia,Peiro’ all’Industria, Lopez Sanchez al Commercio e

prendono l’offensiva in Aragona. Concludo come ho cominciato: la Catalogna tiene in

Montseny alla Sanita’.

mano i destini della Spagna e della rivoluzione. In un mese potra’ armare 300.000 uomini e vincere. Perche’non l’ha gia’ fatto? Perche’e’stata se non boicottata, trascurata. Il socialismo madrileno,accerchiato, ha continuato ad inseguire il suo centralismo unitario,

XV- I nodi tornano al pettine: la rottura tra GL e gli anarchici italiani

mentre a Barcellona non arrivavano che le briciole. Il socialismo, il comunismo internazionale guardavano con preoccupazione questa creatura eterodossa. Ora per

Il 6 novembre Rosselli scriveva con “Catalogna,baluardo della rivoluzione” il suo articolo

fortuna tutto cio’sta per mutare. Garcia Oliver, arrestato

piu’ elogiativo dell’anarcosindacalismo catalano e proprio per la sua scelta governativa: “Il

Repubblica,oggi fa parte del governo di Madrid, insieme ad altri tre compagni della CNT.

pessimismo che domina in molti ambienti amici mi sembra ingiustificato o esagerato. Se

Si potranno perdere ancora battaglie, ma si vincera’la guerra”. Di tutt’altro avviso furono

Madrid e’accerchiata, se il Sud e’in buona parte in mano ai ribelli, tutto il litorale

subito gli anarchici italiani. Altro che spontaneismo, la difesa di Barcellona era stata

sola significa il 24 per cento della popolazione, la meta’ della ricchezza, i tre quarti

se clandestine, formatesi e mantenutesi in anni e anni di lotta. Erano state queste che

dell’industria e del commercio spagnuoli. (purtroppo la Catalogna difetta di industria

,sotto la guida al momen­to ancora concorde di Durruti,di Francisco Ascaso e di Oliver, a

pesante e di munizioni). Sul fronte aragonese a 350 km dal mare attacca un importante

permettere la vittoria su Goded e ad aprire la via alla rivolu­zione anarchica. La morte di

esercito catalano che ogni giorno migliora in disciplina ed efficenza. Franco e’a 20 km da

Ascaso nell’assalto di Barcellona era stata la prima perdita irreparabile date le sue

Madrid ma Durruti a 15 km da Saragozza, la piu’importante piazzaforte spagnola... La

capacita’ di mediazione e sintesi. Ben conoscendo questa realta’e le tendenze interne al

Catalogna e’il paese dove tutte le forze rivoluzionarie si sono unite su un concreto

mondo lbertario spagnolo,gli anarchici italiani si erano opposti subito a qualsiasi sintomo

programma

dei

di svolta statalista a cominciare dalla ventilata militarizzazione delle milizie. Per loro la

programma reca la firma della CNT - la potente organiz­zazione sindacalista anarchica - e

colonne, era un problema squisitamente politico,anzi il problema sostanziale. Si tornava a

della UGT, l’organizzazione socialista. E’ stato adottato dalla “Esquerra catalana”. E’un

Pisacane; “nazione” armata oppure esercito statale con tutto quello che le due

programma di governo. Perche’questo e’importante; alla direzione della nuova Catalogna

impostazioni

si trovano oggi anche gli anarchici. Il sindacalismo anarchico,diffamato,misconosciuto, sta

burocratica,della reintroduzione di un soldo e per di piu’differeziato, voleva dire tagliare il

ri­velando grandi virtu’costruttive... Rivoluzionari dottrinari,riformisti della lettera,uomini

rapporto organico dei miliaziani con le realta’ sociali; quartieri,fabbriche,sindacato,di cui

della II e III internazionale,governanti di Madrid che storcete la bocca quando si parla

le colonne erano diretta emanazione e che li armavano e sostenevano. Voleva dire porre

dell’anarchismo catalano, ricordatevi il 19-20 luglio a Barcellona: uno dei migliori generali

fine alla rivoluzione sociale ed autonomista per passare alla logica della guerra di stato,

della Spagna,Goded,aveva preparato scientificamente l’assassinio della Catalogna. 40 mila

alla logica dei fronti popolari dall’alto. Gli anarchici della colonna quasi costrinsero Berneri

teoricamente caduta. Ma Barcellona e’ la CNT. Sono migliaia

a simili tendenze. Berneri torno’ a Barcellona. Di fronte alle possibilità in atto dell’anarchia

mediterraneo, tutta la Catalogna sono entusiasticamente repubblicani. La Catalogna da

socialista

sindacale:

socializzazione

delle

grandi

industrie

e

latifondi...rispetto delle piccole proprieta’e delle piccole imprese, controllo operaio. Il

uomini della guarnigione occupano di sorpresa i punti strategici. Barcellona e’ gli operai rivoluzionari,di capi giovani e volitivi ai quali si e’insegnato che la rivoluzione non e’opera ne’ della Storia, ne’ dell’Economia, ne’ del Partito, ne’ del Comitato; e’ opera del singolo, che porta in se’ tutte le possibilita’e le responsabilita’dell’avvenire. In un attimo questi operai,questi uomini,ammaestrati dalla lezione dell’aprile ’31 e soprattutto dell’ottobre ’34,si

gettano nella mischia; attaccano le mitragliatrici,i cannoni con misere rivoltelle,coltelli,camions. In poche ore il fascismo feudale e’spazzato. Tutta la Catalogna e’ libera. E dopo una settimana le prime colonne di popolani armati

Rosselli scriveva con “Catalogna,baluardo della rivoluzione” il suo articolo piu’ elogiativo dell’anarcosindacalis mo catalano e proprio per la sua scelta governativa 43

e torturato sotto la

programmata,organizzata e sostenuta da una solidissima rete di auto­nomie reali anche

militarizzazione, presentata appunto come problema tecnico di rendere piu’efficaci, le

comportavano.

Al

di

la’dell’ottusa

restaurazione

di

una

gerarchia

a lasciare il fronte per Barcellona con il compito di far sentire la opposizione degli italiani abbandona ogni “efficientismo” libertario. Gia’ il 9 ottobre riusciva a pubblicare il primo

numero di “Guerra di classe” come organo dell’USI. E vi comincio’ una lucida battaglia contro la militarizzazione non solo delle milizie ma dell’intero scontro sociale e contro le serpeggianti tentazioni “ministerialiste”. Secondo Berneri, tra le innegabili carenze delle colonne

e

la

dell’economia,tra

militarizzazione,tra la

la

frammentazione

dispersione

produttiva

amministrativa

ed

un

e

la

governo

statizzazione centrale

a

partecipazione anarchica,c’erano altre possibili soluzioni.

Soluzioni che potevano, dovevano, mantenere il principio della trasmissione dal basso verso l’alto e quello dell’autogestione orizzontale. Era dovere storico degli anarchici, se necessario di inividuarne di nuove e di correggere ed ampliare quelle esistenti ma non di buttarle a mare in nome di una guerra che era ancora ben lontana da essere perduta. E’il 44


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momento che Berneri assume il ruolo di portavoce di quanto,in gran parte dietro il suo

Berneri non era stato con le mani in mano. Aveva cercato alleati in campo internazionale.

esilio. Sul versante spagnolo, ad aver ben capito la situazione era Durruri,ormai al culmine

fretta a Parigi il 15 e 16 novembre proprio per capire cosa succedeva in Spagna. Questa la

del suo prestigio. Al comando di una colonna forte di migliaia di miliziani,nel giro di un

bozza della risoluzione, veramente dura e lucida, che cerco’ di far passare a quel

mese, aveva liberato e socializzato mezza Aragona ed era alle porte di Saragozza. Proprio

congresso: “Il Congresso dell’AIT...constatato che la rivoluzione spagnola corre il rischio

per aver compreso il problema si sposto’con gran parte dei suoi su Madrid: una volta

di cadere sotto il controllo politico del governo di Madrid, della Genralidad di Catalogna,

ricacciato il nemico e saldamente presente nella capitale avrebbe potuto affrontare le

dei partiti marxisti e di Mosca; constatando d’altra parte che la collaborazione governativa

svolte in atto nel mondo libertario. Il 13 novembre entrava con la colonna in

della CNT e della FAI non costituendo una garanzia che possa compensare la scomparsa

Madrid,accolto come un liberatore al grido di “Viva Madrid senza governo”. Il giorno

del Comitato centrale delle Milizie e la non creazione del Comitato Nazionale di Difesa,

stesso da battaglia, ma il 19 cadeva ucciso da un colpo di cui ancora oggi non

compromette gravemente il ruolo della CNT e della FAI in Spagna e l’anarcosindacalismo

probabilmente irreparabile per la rivoluzione anarchica e autonomica. Mosca non trovava

Riforma del Consiglio d’Economia di Catalogna sul principio della rappresentanza

resistenza alle condizioni che poneva per aiutare Madrid: Consegna dell’intero e cospicuo

sindacale (CNT-UGT) e sull’esclusione dei rappresentanti governativi e politici. 2)

tesoro di stato come cauzione per le future forniture militari, revoca delle socializzazioni

Ricostituzione del Comitato centrale delle Milizie di Catalogna e istituzione di un Consiglio

fatte ed in fase di attuazione, centralizzazione del comando militare e della polizia

Nazionale di Difesa controllato dalla CNT e UGT. 3) Riforma della costituzione delle

politica,sotto la direzione di “specialisti”del Komintern. Negli stessi giorni la “Pravda”

municipalita’ catalane sul piano del comunalismo libertario. 4) Scioglimento (dissoluzione)

annunciava che:”In Catalogna e’ gia’ cominciata la pulizia dai trozkisti e dagli

della Guardia Civile e del corpo delle Guardie d’assalto 5) Destituzione del Corpo

anarcosindacalisti”. In vero la situazione in Spagna era ancora ben lontana da essere sotto

diplomatico e ricostituzione fatta dal Consiglio Nazionale di Difesa. 6) Demilitarizzazione

gettando le basi. Eppure nemmeno questo scuote Rosselli dal suo appoggio alla svolta

era logicamente mosso anche e sopratutto tra gli spagnoli. All’inizio aveva trovato un

statalista dei vertici della CNT. La frattura con gli anarchici italiani diventa inevitabile. A

atteggiamento quasi di sufficenza. Francisco Ascaso era morto sulle barricate di luglio,

fine novembre,dopo la sfortunata battaglia di Almudevar, gli anarchici della colonna si

Durruti era al fronte, a Barcellona operavano Oliver e De Santillan e molti erano convinti

stimolo ma coralmente, gli anarchici italiani erano andati elaborando i quindici anni di

e’conosciuta la provenienza. La perdita di un leader di tale capacita’e prestigio fu

il controllo di Stalin ma certo i suoi agenti, allora guidati da Togliatti e Vidali ne stavano

A questo scopo era interveuto appassionatamente al convegno dell’AIT, convocato di tutta

nel mondo intero, propone alla CNT questa piattaforma di rivendicazioni immediate: 1)

completa dell’esercito,che dovrebbe essere sostituito dalle Milizie sindacali....” Berneri si

riorganizzano in proprio ed espellono di fatto i giellisti. Fanno in pratica una scelta di

che il problema primo era sconfiggere Franco e poi forti della loro enorme presenza

fondo tra rivoluzione anarchica ed in quanto tale anche antifascista e guerra antifascista.

avrebbero sistemato tutto. L’atteggiamento era pero’cominciato a cambiare dopo la morte

Rosselli cerca allora di organizzare una propria formazione, la “Matteotti” ma senza

di Durruti e lo scivolone filomoscovita del Governo.

successo. Lui il sostenitore della Catalogna come baluardo della rivoluzione,fa confluire i

Mosca non trovava resistenza alle condizioni che poneva per aiutare Madrid: Consegna dell’intero e cospicuo tesoro di stato come cauzione per le future forniture militari, revoca delle socializzazioni fatte ed in fase di attuazione

suoi nelle Brigate In­ternazionali, le “giberne di Stalin” come le defini’ Berneri. a sostegno di Madrid,sempre piu’infeudata a Mosca. In questo quadro i dubbi espressi da Berneri alla fine del ’35, riguardo all’”opportunismo” dei giellisti, sembrano quasi profetici. L’entusiasmo dei giellisti per le creazioni sociali dal basso, per il federalismo, per il movimentismo,rimanevano in una costruzione intellettuale e liberale,non ancorata ad una “aprioristica volonta’ di astensione dal ruolo governativo” e a una “radicata concezione della rivoluzione permanente”. Ne’d’altronde gli anarchici italiani la potevano pretendere ne’la pretesero da GL,quando mezzo anarcosindacalismo spagnolo si era buttato sulla scorciatoia governativa. I limiti della vicinanza tra il federalismo e le autogestioni libertarie e quelle anarchiche era apparso in tutti i suoi aspetti.

XVI- La fine delle esperienze autonomistiche e federaliste

45

46

Allora le idee degli italiani avevano cominciato a trovare autorevole auditorio nelle crescenti inquietudini degli spagnoli. In seno alla FAI si era organizzato un gruppo dal

significativo nome di “Los amigos de Durruti” con un proprio periodico spietatamente critico sulla conduzione delle cose. Sempre su posizioni critiche stava emergendo con vitalita’autonoma la “Juventud Libertaria”. Berneri prende contatti politici con questi elementi e con il fratello di Francisco Ascaso, Domingo ,il comandante della colonna di Huesca. Nell’aprile del’37 la colonna italiana

rifiuta

la

militarizzazione,ormai

legge

della

Repubblica, si autoscioglie e torna a Barcellona. Qui ripiega anche la colonna Ascaso dopo nove mesi filati di lotta al fronte. Il 27 aprile i reduci italiani e spagnoli si

incontrano alla caserma Malatesta. Dalla animatissima


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discussione emerge la sensazione che in Catalogna si sia alla vigilia di un nuovo colpo di

italiano segnaliamo “il Grido del Popolo” di Parigi, organo ufficiale del PCI, che il 20

giusto. Il 14 aprile Berneri aveva pubblicato su “Guerra di Classe” una lunga ed articolata

Durruti, che, esautorato dalla direzione stessa della FAIberica, ha provocato il sanguinoso

“Lettera aperta alla compagna Montseny”. Non era stata una semplice lettera aperta ad una

sollevamento contro il governo del fronte popolare della Catalogna, e’stato giustiziato

compagna della FAI al governo,ritenuta particolarmente sensibile ai problemi della

dalla Rivoluzione democratica a cui nessun antifascista puo’negare il diritto della legittima

rivoluzione. Quella lettera era stata una vera e propria mozione di sfiducia ai vertici della

difesa”. Anche il “Nuovo Avanti!”,organo ufficiale del PSI guidato da Nenni, non e’molto da

CNT ed una proposta politica alternativa alla loro scelta governativa. Se non accettata, la

meno ed intitola: “Al Palo i Traditori”. Ma quello che a mio parere da il segno,almeno in

Catalogna avrebbe ripreso la sua strada. A rispondere non fu’ ne’ la Montseny ne’ gli altri

campo italiano, della impossibilita’ di comprensione, di fondo, tra gli anarchici ed i fautori

anarchici al governo ma il Komintern. Il 3 maggio 1937 le forze di polizia assoldate da

del sia pur minimo stato, al momento del dunque, e’ dato dall’atteggiamento di Rosselli e

Mosca cercano di occupare i punti chiave di Barcellona. Gli va male. Alla Telefonica,che e’il

di GL. “La notizia degli avvenimenti di Barcellona pose dei gravi problemi di coscienza a

sostegno dell’intera citta’. La seconda battaglia di Barcellona dura dal 3 al 6 maggio. Il 5 i

i legami con il sindacalismo catalano erano troppo cari e troppo recenti (e’ vero che un

mercemari del PC si trovano dovunque a mal partito.Allora intervengono i vertici della CNT

Garcia Oliver era intervenuto per mettere fine all’insurrezione; quindi a questa era stato

ed Oliver che,invece di permettere alle inferocite colonne che avevano seguito Durruti in

avverso) ma era chia­ro che la rivoluzione faceva posto alla guerra. In piu’ come primo

Aragona

stalinisti,

atto,l’antifascismo italiano si trovava dinanzi all’assasinio di Camillo Berneri,che poteva

mediano,mediano e mediano. I comunisti si sarebbero ritirati e la Catalogna avrebbe

aver avuto con GL gravi contrasti e la cui posizione negli ultimi tempi era parsa ai dirigenti

continuato a marciare con la Repubblica. L’importante era mantenere l’unita’al fronte,non

del movimento fondamentalmente e gravemente errata, ma che era non di meno un

bisognava far credere di sabotarlo. Alla sera del 6 riescono ad aver credito. Quella notte

i comunisti,a differenza dei vertici della CNT non ebbero remore a distogliere dal fronte alcune divisioni che, al comando del generale Lister, entrarono in Aragona per spazzare via le autogestioni libertarie. Fu quello l’ultimo atto della normalizzazione. Voluta dai comunisti e tollerata dai vertici della CNT-FAI

stato,questa volta da parte stalinista,contro gli organismi di autogestione. Avevano visto

ganglo vitale delle comunicazioni strategiche, gli anarchici le respingono e subito hanno il

di

convergere

su

Barcellona

per

far

piazza

pulita

degli

gli ultimi a lasciare le posizioni furono gli anarchici italiani ma con la rabbia in corpo. Una

rabbia che esplose ma impotente quando fu chiaro l’insensatezza degli accordi stipulati dai vertici della CNT. Il 7 maggio gli anarchici potevano contare le perdite,ancora piu’ pesanti delle giornate di luglio: circa 500 morti e 1400 feriti. E poi fu evidente che la battaglia era servita anche di co­pertura al Komintern per liquidare tutti gli esponenti dell’opposizione di sinistra. Ad un angolo delle Ramblas furono trovati,assassinati alle spalle, Berneri con Francesco Barbieri che gli faceva da guardia del corpo. Assassinato anche Domingo Ascaso e in

una fossa comune cadaveri a decine dei militanti della Juventud Libertaria. Nel frattempo migliaia dei mercenari di Mosca sbarcavano a Barcellona protetti dai cannoni della flotta repubblicana. Una flotta che finalmente serviva a qualche cosa visto che non aveva sparato un colpo contro le navi ed i sommergibili di Mussolini. Ed era solo l’inizio, i comunisti,a differenza dei vertici della CNT non ebbero remore a distogliere dal fronte alcune divisioni che, al

comando del generale Lister, entrarono in Aragona per spazzare via le autogestioni libertarie. Fu quello l’ultimo atto della normalizzazione. Voluta dai comunisti e tollerata dai vertici della CNT-FAI. Nel campo dell’antifascismo

Il 3 maggio 1937 le forze di polizia assoldate da Mosca cercano di occupare i punti chiave di Barcellona. Gli va male. Alla Telefonica,che e’il ganglo vitale delle comunicazioni strategiche, gli anarchici le respingono e subito hanno il sostegno dell’intera citta’ 47

maggio pubblicava testualmente: “ Camillo Berneri, uno dei dirigenti degli Amici di

Carlo Rosselli ed ai suoi.[ e’ l’agiografo di Carlo Rosselli, Aldo Garosci, a parlare] Non solo

48

antifascista caduto in un conflitto civile. Per gli anarchici Berneri e’ un martire; cio’che non e’per GL,essendo caduto in difesa non dell’antifascismo, ma di un ideale particolare, ma pur resta un assasinato e, anche in guerra civile, sono questi i fatti dinanzi ai quali la coscienza si adom­bra...La prima reazione di Rosselli di fronte ai fatti di Barcellona consiste nell’assieme nel tenersi aderente agli eventi, sen­za lasciarsi allontanare dalla guerra spagnola, ma anche senza consentire idealmente alla tesi della repressione. ...D’altra parte la vittoria contro l’insurrezione non diede ai comunisti il controllo della situazione “nel modo” che sarebbe stato

loro necessario per vincere la guerra. Certo,poco dopo re­pressa la rivolta di Barcellona, essi eliminarono Caballero e

i

ministri

anarchici.

La

loro

influenza

aumento’

grandemente in tutto lo stato spagnolo; fu assassinato Nyn, e processati i membri del POUM, che era stato sciolto. Ma si dovette

continuare

a

tollerare

l’esistenza

della

CNT,

perche’sopprimendola si sarebbero soppressi molti dei motivi essenziali della resistenza operaia di mezza Spagna; l’impressione

data

aggressivita’,

ma

maggio...segnarono

non

di

fu

di

maggior

maggiore

debolezza...

effettivamente

la

fine

solidita’ I

fatti

della

ed di

fase

piu’spontanea della rivoluzione spagnola, durante la quale


Europa Plurale – 3/2006

Europa Plurale – 3/2006

furono date le parole d’ordine piu’affascinanti,si realizzarono le piu’ importanti conquiste,

“Umanità nova”, 11 gennaio 1981. L. Di Lembo, “L’Europa tra guerra di Stato e guerra di

Valutazioni,anche solo da un punto di vista filologico, sconcertanti. Ne segnalo solo una:

G. Leval, “Nè Franco nè Stalin, le collettività anarchiche spa­gnole nella lotta contro Franco

Berneri non e’ un martire per GL perche’ non e’ morto per l’antifascismo ma per una sua

e la reazione staliniana”, con introd. di A. Caronaro, Milano, 1952. “Libertà e giustizia,

idea. Dove era finito l’autonomismo? Dove era finita l’”ora di tutte le eresie”?

edizione integrale”, a cura di M. Ralli, Salerno, 1977. F. Madrid Santos, “Camillo Berneri,

Rosselli aveva lasciato solo Berneri e gli anarchici italiani credendo di trovare impostazioni

un’anarchico italiano (1897-1937),rivoluzione e controrivoluzione in Europa (1917-

di piu’ ampio respiro nelle grandi forze operative dei ministerialisti che ben riassumevano

1937)”, Pi­stoia, 1985. E. Mlatesta, “Scritti 1919-1932”, Prefaz. di L. Fabbri, voll. I,II,III,

la sua idea ,libertaria ma non antistatale. Rimase anche lui solo, nella sua strategia politica

Carrara, 1975. M. Sartin, “Berneri in Spagna”, Cagliari, s.d. “Memoria antologica, saggi

aveva scelto la parte perdente. Se Berneri era stato assassinato dagli stalinisti, Rosselli gli

critici e appunti biografici in ricor­do di Camillo Berneri nel cinquantesimo della morte”,

sopravvivera’ ben poco. Il 15 giugno, in Normandia, veniva trucidato assieme al fratello

Pistoia, 1986. C. Molaschi, “Federalismo e libertà”, Pisa, 1991. S. Neri Serneri, “Democrazia

avvenuto se ormai non fosse stato piu’solo. Una concatenazione enigmatica ed insieme

M. Nettlau, “Bakunin e l’Internazionale in Italia, dal 1864 al 1872", prefaz. di E. Malatesta,

emblematica.Lo scontro antifascista e non solo in Spagna stava ormai passando sul piano

Roma, 1975. J. Peyrats, “la CNT nella rivoluzione spagnola”, vol. i, Milano, 1976. C.

degli equilibri internazionali,gestito dagli stati in quanto tali:macchine di guerra

Pisacane, “La rivoluzione”, con introduz. di F. Della Peruta, Torino, 1971. “Quaderni di

centralizzate e totalizzanti del vivere civile. Sembra quasi che per gli “irregolari” non ci

Giustizia e Libertà”, ristampa anastatica con intro­duz. di A. Tarchiani, Torino, 1975. V.

fosse piu’ posto. La Repubblica spagnola cadeva il 28 marzo 1939, cinque mesi dopo

Richards, “Insegnamenti della rivoluzione spagnola (1936-1939)”, Napoli, 1957. P. Riggio,

si

appassiono’il

proletariato

mondiale

e

si

ebbero

gli

afflussi

di

volontari.”

Nello, da un commando di fascisti francesi, ma personalmente non credo che cio’ sarebbe

iniziava la seconda guerra mondiale.

“L’aspetto libertario di Carlo Pisacane”, Genova Ner­vi, 1958. C. Rosselli, “Liberalismo

A. Paz, “Durruti, el proletariado en armas”, Barcellona, 1978. “AIT 1922-1932. Dieci anni di lotte dell’Associazione Internazio­nale dei Lavoratori”, Firenze, 1973. F. Andreucci - T. Detti, “Il movimento operaio italiano: Diziona­rio biografico”, Roma, 1975-76. “Atti del Convegno di studi su Camillo Berneri, Milano 9 ottobre 1977”, Carrara, 1979. M. Bakunin, “Opere complete”, vol. IV: La prima internazionale in Italia e il conflitto con Marx, a cura di A. Lehning,

Catania, 1989. M. Bakunin, “Ritratto dell’Italia borghese (1866-1871)”, a cura P.C. Masini, Bergamo, 1963. M. Bakunin, “Scritti napoletani (1866-1867)”, a cura di P.C. Ma­sini, Bergamo, 1961. C. Berneri, “Epistolario inedito”, voll. I e II, Pistoia, 1980-1984. C. Berneri, “Il federalismo libertario”, a cura di P. Mauti, Ra­gusa, 1992. C. Berneri, “Guerra di classe in Spagna (1936-1937)”, Pistoia, 1971. A. Borghi, “Mezzo secolo di anarchia (1898-1945)”, prefaz. di Salvenimi,

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Rosselli aveva lasciato solo Berneri e gli anarchici italiani credendo di trovare impostazioni di piu’ ampio respiro nelle grandi forze operative dei ministerialisti che ben riassumevano la sua idea ,libertaria ma non antistatale. Rimase anche lui solo, nella sua strategia politica aveva scelto la parte perdente 49

politici e autobiografici. Agli ordini del popolo di Spagna”, Pistoia, 1982. N. Rosselli, “Carlo

Pisacane nel risorgimento italiano”, con pre­faz. di W. Maturi. N. Rosselli, “Mazzini e Bakunine, dodici anni di movimento ope­raio in Italia (1860-1872)”, con prefaz. di L. Valiani, Torino, 1967.

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Nella politica italiana i fermenti più interessanti vengono da quei settori dei partiti e dei movimenti che in un modo o nell’altro si collocano all’interno dello schieramento di centro-sinistra e che si stanno impegnando nella definizione e nella costruzione di un nuovo soggetto politico comunemente noto come “Partito Democratico”. In questa fase fluida, capire cosa si sta muovendo e in quale direzione significa capire se se sta nascendo un nuovo, e forse migliore, interlocutore per un progetto politico centrato sul federalismo globale piuttosto che un mer aggregato elettoralistico. Abbiamo quindi deciso di dare spazio ad una delle tante iniziative spontanee, autoconvocate, che si sono succedute negli ultimi tempi: si tratta dell’incontro organizzato dagli animatori del blog “La Rete” lo scorso 10 giugno a Prato, pubblicando alcuni degli interventi che si sono succeduti.

OSSERVATORIO / PARTITO DEMOCRATICO

Europa Plurale


Europa Plurale – 3/2006

Osservatorio / Speciale Partito Democratico - 1

La sfida è quella di rivitalizzare i nostri mondi, le nostre città e così sperimentare nuove

VERSO IL PARTITO DEMOCRATICO. UNA RIVOLUZIONE

forme di partecipazione.

RESPONSABILE*

il ruolo di soggetti protagonisti a livello mondiale della speranza di pace e prestò la

Come Giorgio La Pira, formidabile anticipatore di una visione globale, che conferì alle città massima attenzione alla persona e al lavoro, affermandone il valore sociale, battendosi per i poveri del mondo.

Ci diamo appuntamento per discutere di progetti

Francesco Lauria Nicola Oliva

e di prospettive. È il tempo della politica che si fa interprete dei

La lezione di La Pira è un esempio di sensibilità e di coraggio, ma è anche l’invito a

passione e coraggio per misurarci coi mali di

recuperare una visione politica nella dimensione globale, una politica inclusiva che

questa Italia dimezzata, visto l’esito elettorale, in

sostituisca alla ipercompetizione tra Stati la cooperazione tra popoli.

cui si assiste alla crescente polarizzazione sociale e all’assenza di mobilità sociale.

Con il ‘900 molto ci siamo lasciati alle nostre spalle, si tratta di liberare nuove idee ed energie per il paese che cambia e di elaborare una nuova cultura politica e di partecipazione.

*

l’indipendente, può capitare che i diritti novecenteschi, in alcuni casi estremi, non siano nemmeno conosciuti.

sogni e del lavoro nella quotidianità e che chiede

A fronte dei cambiamenti sfumati di questo tempo, nell’eterna transizione italiana in cui non si capisce bene chi rappresenti che cosa, chi sia vero riformatore e chi invece conservatore, la sfida è quella di muovere, insieme, verso la domanda di cambiamento che è sentita e diffusa nel paese, soprattutto fra i giovani

Per quanti oggi vivono il disagio di un lavoro a mezza strada tra il dipendente e

A fronte dei cambiamenti sfumati di questo tempo, nell’eterna transizione italiana in cui non si capisce bene chi rappresenti che cosa, chi sia vero riformatore e chi invece conservatore, la sfida è quella di muovere, insieme, verso la domanda di cambiamento che è sentita e diffusa nel paese,

Incontriamoci, per scambiare e condividere le culture e le storie, in modo da delineare una solida base di valori. Per poi poggiare su quel solido terreno un nuovo strumento, il Partito Democratico, e così esplorare il nuovo, guardare oltre, in una prospettiva strategica. Sarà un processo che richiederà il tempo che merita. Prato è una tappa di un viaggio che immaginiamo dovrà svolgersi attraverso l’Italia.

Una grande mobilitazione nel Paese che parli con e alle giovani generazioni, agli interpreti del futuro.

soprattutto fra i giovani. Dobbiamo cominciare a ripensare la nostra identità ed il nostro agire politico per immaginare chi vogliamo essere nel futuro. È un’affascinante responsabilità: intraprendere un viaggio attraverso le nostre città, con la possibilità di discutere di quali forme dare loro attraverso i desideri, i progetti di vita e lo scambio di esperienze. Chi fra noi ha aderito ai Giovani della Margherita fin dalla loro nascita, ha cercato di lavorare per tessere una rete di

solidarietà e conoscenza, ed elaborare una visione comune e solidale. Ora, a partire dai limiti di questa esperienza, che non rinneghiamo, ma che vogliamo profondamente ripensare, ci rivolgiamo

verso

un

obiettivo

più

ampio,

verso

una

navigazione in mare aperto, che ci porti a nuovi incontri e a nuove sintesi. La rivoluzione che proponiamo si realizza ogni giorno a partire dai piccoli progetti.

Riproduciamo il documento, reperibile anche sul sito del La Rete – www.larete.ilcannochiale.it -

intorno al quale si è sviluppata l’iniziativa tenutasi il 10 giugno scorso a Prato.

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Osservatorio / Speciale Partito Democratico - 2

stazione SMN incontriamo ogni volta un uomo, con la barba lunga, con l'eterna sigaretta

RITORNO A PRATO...DOPO L'INCONTRO DEL 10 GIUGNO.

Palmerini, lui che ha avuto la fortuna di conoscere e frequentare Giorgio La Pira, ci ha parlato di questo disagio sociale, di handicap e droga, della necessità di di politiche forti

Il 10 giugno ci siamo incontrati, ho tentato di

Nicola Oliva

ripercorrere brevemente alcuni degli spunti emersi per fare il punto della giornata.

sul piano sociale. Eppoi quell'osservazione che la dice lunga sulla sensibilità di una certa politica a questi temi: l'abbinamento infelice delle deleghe agli assessori e ministri, tanto che si accorpavano, si accomunavano le

E per rilanciare l'invito a proseguire. Le Marche e Grazie a Stefania Benatti, consigliera della regione Marche. La voglio ringraziare per le cose che ha detto e per aver raccolto il nostro invito a proseguire in questo esperimento. Questo blog raccoglie già parte degli interventi della giornata, si tratta di avere la pazienza di andare a ricercarli scorrendo gli interventi...Più avanti provvederemo a raccoglierli... Non troverete cenni sul previsto intervento di apertura della giornata di Matteo Renzi, presidente della Provincia di Firenze, perchè era da poche ore diventato padre per la terza volta. Il senso della giornata era chiaramente spiegato da quel manifesto di invito che avevamo

lanciato via email. Agli ospiti abbiamo chiesto di intervenire per dare degli spunti di modo da rendere la discussione e il dibattito ricchi di stimoli. Riporto qua alcune delle cose dette, per ripercorrere con la memoria alcuni degli spunti che avevo colto negli interventi. L'On. Andrea Lulli ci ha parlato di Europa e di riscoperta del messaggio della solidarietà. Prato è una città particolare, è terza nel centro Italia per numero di abitanti ma è pure la città d’Europa con la più alta percentuale di cinesi. E' anche la città dove i cittadini si auto-organizzano (ha ricordato i pakistani che hanno trovato, da soli, spazi per giocare al il cricket). Il fatto

che ci passano i "Senior" è pesante, se non a tratti sconfortante... La politica deve ripartire iniziando a chiamare per nome le persone, dando del tu...

Don Andrea Bigalli, Consigliere N.le di Pax Christi / Libera Toscana - Associazione Contro Tutte le Mafie, collaboratore della Rivista Testimonianze, ha parlato e lo si ascoltava che era un piacere. In molti, ed io tra questi, eravamo proprio soddisfatti di come la giornata pratese stesse procedendo. E la bellezza delle cose dette nel corso degli interventi. Ridare senso all’agire politico: tornare all’idealità...e l'Utopia...E' un progetto che non esiste perché non può avere luogo e non ci sarà mai o non c'è perché aspetta che lo si costruisca, o almeno si cominci a sognarlo? Riflettevo proprio su questa insoddisfazione che ha spinto a darci appuntamento a Prato,

del senso di immobilizzazione della storia, degli eventi, dove si percepisce che questo è il tempo dell'ineluttabilità delle azioni, delle misure, delle risposte, dei titoli dei giornali, della giostra delle dichiarazioni dei politici, è proprio il ritorno all'idealità quello che serve per non rimanere ostaggi del presente che non ci piace per niente. Ci ha salutati con l'invito ad andare a visitare un posto non molto distante da Prato: l Parco Storico di Monte Sole a Marzabotto, che è sorto nei luoghi dove nell’autunno del 1944 si verificò l'eccidio nazifascista che portò all’uccisione di 770 persone, soprattutto inermi civili, e all’annientamento della locale brigata partigiana, la Stella Rossa. Dal 2002 lì opera la Fondazione Scuola di Pace di Monte Sole con lo scopo di mantenere viva la memoria e la diffusione di una cultura di pace, in particolare nei confronti delle giovani generazioni.

sorprendente è che in una città di queste misure, la vivacità dell'associazionismo è del tutto scononosciuto alla città: tutto avviene nell’anonimato, manca la condivisione.C'è un vuoto, un senso di sfilacciamento nella città. Quasi che convivessero nella città universi paralleli. E' il senso di comunità che è messo in discussione. Enrico

Palmerini,

Presidente

politiche giovanile con lo Sport!!! Adesso le

politiche giovanili sono accorpate con l'Università. E qui ha riconosciuto che il testimone

la Lombardia saranno i due prossimi appuntamenti verso il PD.

Riflettevo proprio su questa insoddisfazione che ha spinto a darci appuntamento a Prato, del senso di immobilizzazione della storia, degli eventi, dove si percepisce che questo è il tempo dell'ineluttabilità delle azioni, è proprio il ritorno all'idealità quello che serve per non rimanere ostaggi del presente che non ci piace per niente

accesa in mano, che sta lì, seduto per terra. E' vero: non conosciamo il suo nome... Enrico

dell'Associazione

Progetto

Arcobaleno di Firenze, ci ha portato per mano a parlare degli ultimi. Di quelle persone che incontriamo tutti i giorni per strada e di cui non sappiamo nemmeno il nome. Mi ha colpito e con qualche amico, confesso, ci siamo guardati negli occhi con imbarazzo. Ogni volta che arriviamo in treno a Firenze e imbocchiamo a piedi il sottopassaggio della

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Osservatorio / Speciale Partito Democratico - 3

vero come sottolinea Fitoussi non è tanto il capitalismo o la globalizzazione selvaggia, quanto la concezione della politica e della democrazia come ostacoli allo sviluppo,

TIRIAMO FUORI DAVVERO “IL CORAGGIO DI STUPIRE”

concezione che oggi appare radicata nelle menti di tutti, a destra come a sinistra. E forse ha ragione anche Christian Arnsperberger -professore di Economia a Lovanio- quando

Osea Giuntella

“I due vizi capitali del mondo economico in cui viviamo sono la mancanza di un impiego sicuro e la ripartizione del benessere e del reddito, arbitraria e priva di equità” J.M. Keynes (Teoria Generale, 1936)

scrive che la via d’uscita dalle perversioni del capitalismo è un cammino esistenziale prima che una ricetta economica. Per questo il compito della Politica è oggi quello di tornare riflettere su come il mercato condiziona le nostre esistenze, la qualita’ della nostra vita, rileggere i principi profondi che reggono la vita del sistema economico e fornire delle risposte coraggiose e non arrendevoli, che sappiano coniugare sviluppo economico,

Una delle priorità del nuovo partito democratico sarà la ridefinizione di un rapporto equilibrato tra democrazia e mercato, politica e capitalismo. Credo che a noi giovani spetti il compito di tener vivo il dibattito, di sondare e studiare tutte le vie percorribili per migliorare il rapporto tra equità ed efficienza del sistema, senza cedere nè alla rassegnazione del tanto “non vi sono alternative possibili” nè al rifiuto totale ed incondizionato della globalizzazione dei mercati e dei suoi vantaggi. Tutto questo è, però , possibile solo se si ha il coraggio di ridiscutere alcuni dei principi del sistema economico vigente e provare a progettare un futuro nuovo e migliore.Negli

ultimi anni milioni di cittadini con le loro battaglie, le loro scelte di consumo ed

Una delle priorità del nuovo partito democratico sarà la ridefinizione di un rapporto equilibrato tra democrazia e mercato, politica e capitalismo. Credo che a noi giovani spetti il compito di tener vivo il dibattito, di sondare e studiare tutte le vie percorribili per migliorare il rapporto tra equità ed efficienza del sistema

investimento hanno dato vita ad un movimento (commercio equo e solidale, new-global, banche etiche, fondi di investimento dall’interno

sociale) il

che

sistema,

ha

iniziato

penetrandone

a le

cambiare logiche

e

costringendo molte imprese a dover rivedere le loro scelte commerciali e a ricostruire un’etica del comportamento economico. Le stesse organizzazioni internazionali hanno dovuto tenere conto della crescente forza d’opinione dei movimenti e riscrivere almeno in parte la loro agenda. Si tratta certo di esperienze marginali e che sicuramente non risolvono le cause strutturali dell’ingiustizia sociale e le disuguaglianze

intrinseche

al

sistema

capitalista,

ma

indicano che un’alternativa concreta è possibile e coincide con la ricostruzione del primato democratico, con

il

risveglio dei consumatori che si riscoprono cittadini e

partecipano attivamente al gioco economico, costruendo gruppi di pressione e nicchie di altro-consumo. Il partito democratico non potrà non guardare con un’attenzione privilegiata a questi mondi e attingere da essi idee e proposte per tradurre in azione politica il desiderio di un mondo altro e possibilmente migliore. Il primato della politica passa però per l’affermazione della complementarietà tra democrazia e mercato.

Il problema

inclusione sociale, sostenibilita’ ambientale, qualita’ della vita, salvando davvero- per

citare Zingales e Rajan- il capitalismo da “cercatori di rendita” e furbetti vari. Restituendo alla politica il suo primato anche l’economia sarà meno triste e piu’ umana. E’ una sfida difficile, ma è una sfida cui non possiamo rinunciare in partenza. Viviamo in un paese divorato dalle rendite e dai privilegi. Incapace di tornare a pensare e progettare una crescita sostenibile. Un paese in cui- come dimostrano le statistiche presentate anche recentemente da De Cecco- crescono i profitti, ma non cresce la produzione. In cui si lavora meno che negli altri paesi, si lavora peggio e soprattutto si lavora in modo precario senza che questo si traduca in un aumento dei salari. Alla mobilità orizzontale del lavoro va accompagnata la mobilità verticale, sciogliendo i nodi

del privilegio costituito. Molte imprese poi, dietro lo scudo dell’ “inefficienza del settore pubblico”, si difendono dalla concorrenza alzando i prezzi, riducendo la produzione ,tagliando i costi del lavoro, coltivando e spartendosi cio’ che rimane dei tanti piccoli monopoli diffusi per il paese . Un paese in cui ci si divide in interni-esterni ai diversi sistemi di autodifesa corporativa, pubblici e privati che siano. Un paese che si lascia invecchiare senza il coraggio di investire nel suo futuro. Un paese, insomma, dove appare evidente la mancanza di un disegno progettuale che sappia guidare la transizione verso un nuovo modello di sviluppo. Capitale umano, Ambiente, Qualita’ della vita, Innovazione tecnologica: queste devono essere le parole chiave, gli attributi del ritorno

alla crescita. Bisogna veramente

mettersi al lavoro e fare rete con tutte quelle energie positive che, nonostante tutto continuano a lavorare, e sono all’avanguardia nel campo dell’innovazione e della sostenibilità. Mi viene in mente il caso della Novamont, gli inventori del MaterB, materiale biodegradabile utilizzato ad esempio per il packaging dei prodotti alimentari, la cosiddetta bio-plastica. Ma ve ne sono molte altre, piccoli laboratori di un’altra crescita. Occorre però tirar fuori

davvero il “coraggio di stupire” e anche a questo sara’ chiamato il partito democratico che vogliamo costruire.

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Capitale umano, Ambiente, Qualita’ della vita, Innovazione tecnologica: queste devono essere le parole chiave, gli attributi del ritorno alla crescita


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Osservatorio / Speciale Partito Democratico - 3

“La linea di demarcazione fra partiti progressisti e partiti reazionari cade perciò

IL PARTITO DEMOCRATICO E L’EUROPA Visto che ci troviamo qua per mettere insieme delle idee, o meglio delle fondamenta su cui potrà fondarsi il nuovo partito democratico, vorrei dare il mio apporto, legandolo alla mia funzione, e cioè quello di tenere sempre alto l’interesse per

ormai non lungo la linea formale della maggiore o minore democrazia, del maggiore o minore socialismo da istituire, ma lungo la sostanziale nuovissima linea che separa quelli che concepiscono come fine essenziale della lotta quello

Simone Vannuccini

antico, cioè la conquista del potere politico nazionale – e che faranno, sia pure

Segretario Gioventù Federalista Europea Toscana

involontariamente, il gioco delle forze reazionarie – e quelli che vedranno come compito

l’Europa.

essere risolti a livello nazionale, gli strumenti a disposizione non sono sufficienti. Perciò ribadisco che un futuro Partito Democratico dovrebbe avere tra i suoi pilastri l’Europeismo ed anzi, perché tutto ciò non rimanga solamente un’adesione di facciata ai

Non esiste innovazione politica oggi se non considera al suo interno l’Europa; i problemi globali, dal governo dell’economia, la migrazione, i diritti umani, la sostenibilità dell’impatto delle attività umane sull’ambiente non possono essere risolti a livello nazionale, gli strumenti a disposizione non sono sufficienti

valori dell’Unione, dovrebbe includere tra i suoi principi

un

solido

stato

internazionale,

che

diventare voce di rinnovamento della politica, italiana ed internazionale, non potrà esimersi dall’abbracciare il Sogno Europeo; altrimenti diventerà solamente, citando la critica che viene fatta al mainstream della teoria economica dominante, una grande e rigida fortezza, i cui cannoni sono però tutti puntati in direzioni irrilevanti.

con Altiero Spinelli sull’isola di Ventotene (nell’omonimo manifesto). Oggi questo sogno è prigioniero degli egoismi nazionali e della miopia della classe politica; devono perciò essere i giovani, la società civile, e tutto ciò che parte “dal basso” a rilanciarlo; ormai non si parla più di un progetto calato dall’alto, figlio di una visione illuminista forse non più adatta a spiegare le profonde contraddizioni del mondo in

cui viviamo, bensì dobbiamo lavorare per realizzare uno strumento che coniughi le due facce della globalizzazione, cioè il Globale e il Locale. E’ questo lo spirito del federalismo: dal basso, il famoso bottom-up, devono partire le idee, che possono però realizzarsi solamente ai livelli di governo più consoni… ecco allora che entra in gioco l’Europa. L’Europa, questo strano esperimento di integrazione (soprattutto economica) ha la maturità intellettuale, storica e politica per rispondere al richiamo del suo “Popolo Europeo” e la possibilità di garantire un futuro di pace, cooperazione con le periferie del mondo e, magari, maggiore sobrietà nel nostro modello di vita. Ventotene:

di

Perciò, per concludere, se il partito Democratico in via di formazione vuole veramente

fondanti il Federalismo Europeo, quel sogno cioè che nasce

Riprendendo quello che Spinelli scriveva nel Manifesto di

creazione

l’unità internazionale.”

considera al suo interno l’Europa; i problemi globali ai quali avete già accennato, dal arrivare a dire la decrescita) dell’impatto delle attività umane sull’ambiente non possono

la

nazionale, lo adopreranno in primissima linea come strumento per realizzare

Infatti il concetto che voglio far passare è che non esiste innovazione politica oggi se non governo dell’economia, la migrazione, i diritti umani, la sostenibilità (o potremmo persino

centrale

indirizzeranno verso questo scopo le forze popolari e, conquistato il potere

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Osservatorio / Speciale Partito Democratico - 4

con il modus della distinzione inclusiva. Il riconoscimento dell'alterità dell'altro è un tratto

fondamentale. "Se la cultura è concepita come circoscritta da confini territoriali, la

LAICITA’ E GLOBALIZZAZIONE

pluralità

non

può

che

portarci

nel

vicolo

cieco

di

una

falsa

alternativa

fra

mcdonaldizzazione (uniformazione), o incomprensione". Per quanto riguarda la società italiana è sotto gli occhi di tutti come questa presenti stili di

Le quattro tematiche che avete intenzione di

vita e costumi ampiamente secolarizzati. Non voglio entrare nel merito di tutte le

Laura Puricello

trattare sono tutte davvero molto interessanti, ma

discussioni sulla legge 40, sulla riproposizione delle radici cristiane in Europa, sul potere

credo che, essendo argomenti così vasti non ci

secolare della Chiesa, sull’8 per mille, sulla RU486, i PACS etc. Credo sia necessario

sarà il tempo necessario per un confronto serio ed

approfondito. Senza contare che forse dovreste concentrarvi sul tema dell’incontro che è il Partito democratico.

recuperare un concetto di laicità come spazio neutro equidistante da tutte le concezioni, e non laicità come sterile opposizione al clericalismo. Si tratta di recuperare una dimensione di positività etica e politica alla quale abbiamo rinunciato in nome di un criticismo solo

Mi permetto di proporvi alcune riflessioni sul quarto tema: laicità e globalizzazione. Bisogna, a mio modesto parere, ripartire dal concetto di laicità, una laicità che sappia definire i nuovi paradigmi della convivenza civile globale. Siamo di fronte alle

distruttivo e di sollevare le pratiche delle nuove forme di vita dall’ambito dell’etica individuale a quello più generale di un’etica collettiva che unisca saperi ed esperienze.

contraddizioni più evidenti della globalizzazione, quelle che, nella contrapposizione fra localismo e globalismo delle culture, possono dispiegare un terreno di conflitto, se non di scontro irreversibile.

Il pensiero laico non è affatto obsoleto e da dismettere, piuttosto credo che vada re-interpretato, alla luce delle nuove contraddizioni e delle contaminazioni della globalizzazione. Alla domanda chi sono, da dove vengo, non c'è più una sola risposta che rimane identica per tutta la vita. Diverse possono essere le appartenenze e le identità

Il pensiero laico non è affatto obsoleto e da dismettere, piuttosto credo che vada re-interpretato, alla luce delle nuove

contraddizioni

e

delle

contaminazioni

della

globalizzazione. Alla domanda chi sono, da dove vengo, non c'è più una sola risposta che rimane identica per tutta la vita. Diverse possono essere le appartenenze e le identità. Un importante spunto di riflessione ce lo offre il libro di Ulrich Beck La società cosmopolita. Beck ci mette in guardia dalla

costruzione

nazionalismi

di

introvertiti

identità che

neonazionaliste,

cercano

di

di

proteggersi

dall'invasione del mondo globale. Come nei quadri di Picasso o di Braque le immagini dell'appartenenza alle quali ci si aggrappa vanno in pezzi. Ma il quadro non deve essere rimosso, "né lo Stato né la nazione possono più controllare e ordinare come feticci di un tempo la vita delle persone". Un'altra globalizzazione è possibile nell'idea di un nuovo cosmopolitismo fuori dalla teoria-prigione dell'esistenza

umana vista nella sua dimensione nazionale, dei vincoli di sangue e di terra. Serve un nuovo sguardo sul mondo. Un nuovo pensiero. Fra crisi globali e pericoli generati dal progresso le vecchie distinzioni tra dentro e fuori, nazionale e internazione, noi e gli altri hanno perso il loro carattere vincolante. E allora la teoria territoriale dell'identità fondata sulle categorie "o questo o quello" è un errore fatale. Il modus della distinzione esclusiva insomma, va sostituito

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Europa Plurale – 3/2006

Osservatorio / Speciale Partito Democratico - 5

Un’ultima considerazione va fatta sulla presenza dei cattolici in politica e, più in generale, di coloro i quali si riconoscono in una sistema di pensiero organico, di matrice religiosa o

BREVI APPUNTI PER UNA LAICITÀ RESPONSABILE

filosofica. Questi, infatti, è naturale che cerchino nell’agone politico di indirizzare le scelte legislative e di governo verso posizioni il più possibile rispondenti al proprio sistema di

Il Partito democratico non può che essere a favore

Mattia Ferrero

della laicità dello Stato. Ma bisogna intendersi bene su ciò che significa Stato laico affinché

pensiero. E la Chiesa cattolica, come anche le altre confessioni religiose, ha tutto il diritto di pronunciarsi su queste questioni, affinché i propri appartenenti sappiano come è meglio agire. Ciò che non è possibile è che una maggioranza politica intenda limitare la

questa istanza politica risponda effettivamente

libertà altrui.

alle esigenze della nostra società.

Lo Stato laico è, anzitutto, lo Stato che garantisce a tutti (siano cittadini o meno) la libertà religiosa, cioè -per dirla con Francesco Ruffini- di credere a ciò che più piace o di non credere, se ciò più piace, a nulla. Nel momento in cui, quindi, si tratta di valutare se una legge o un provvedimento sono rispettosi della laicità dello Stato dobbiamo porci la domanda: in questo modo impediamo a qualcuno di vivere il proprio credo religioso? Due piccoli corollari vanno fatti a questa prima affermazione. Il primo è che la libertà

Ma è finita l’unità dei cattolici in politica e questi si trovano presenti in tutti i partiti per cui la sfida odierna di chi, cattolico, intende esercitare quella che Paolo VI ha definito la forma

più alta di carità, è quella di riuscire a giungere ad una soluzione di mediazione affinché i propri valori trovino, laicamente, una convergenza con quelli di chi la pensa diversamente. Perché, comunque, al centro della politica c’è la preoccupazione per l’uomo, per le sue gioie e le sue speranze, i suoi lutti ed i suoi dolori.

religiosa è tale solo se garantisce la piena esplicazione del credo religioso, anche nei suoi aspetti pubblici.

Il secondo è che devono essere posti limiti alla libertà religiosa solo se questa costituisce uno schermo dietro al quale si nascondono attività illecite. In questo caso, però, andrà sanzionata l’attività illecita, senza confondere questa con la confessione religiosa. La laicità della Repubblica Italiana, fortemente connotata dal dettato costituzionale, non si limita, poi, ad impedire che lo Stato faccia proprio un credo religioso o, piuttosto, che li avversi tutti né va intesa nel senso che lo Stato è neutrale, indifferente al fenomeno religioso. Gli articoli 2, 3, 7, 8 della Costituzione indicano la strada con cui lo stato sociale, che tende alla piena realizzazione della persona umana, specie all’interno delle formazioni sociali, agevola e favorisce il fenomeno religioso.

Qui si pone una questione delicata. Infatti, in questa funzione di promozione, lo Stato non

Lo Stato laico è, anzitutto, lo Stato che garantisce a tutti (siano cittadini o meno) la libertà religiosa, cioè -per dirla con Francesco Ruffini- di credere a ciò che più piace o di non credere, se ciò più piace, a nulla

è tenuto affatto a trattare allo stesso modo tutte le confessioni religiose. Così va letto l’art. 8 della Costituzione in

cui

si

afferma

che

le

confessioni

religiose

sono

“egualmente libere”, non eguali davanti alla legge. D’altro canto, il principio di uguaglianza sostanziale ci insegna che se è ingiusto trattare in maniera diseguale due situazioni eguali, è altrettanto ingiusto trattare in maniera eguale due situazioni distinte.

In tal senso, quindi, bisogna intendere la conformità alla laicità dello Stato di quelle disposizioni di favore nei confronti della religione cattolica, in ragione della rilevanza storica e culturale che questa ha avuto ed ha nelle vicende del Paese. Attenzione, però, che tali disposizioni di favore sono ammissibili solo nella misura in cui non vanno ad incidere sulla libertà religiosa altrui.

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Europa Plurale – 3/2006

Letture Federaliste - 1

Costituzione e dell’accettazione della Turchia come Stato-Membro è “stato un passo troppo grande agli occhi del cittadino”.

Guy Verhofstadt, Gli Stati Uniti d’Europa. Manifesto per una nuova Europa, Fazi Editore, Roma, 2006, € 8,5.

stallo

determinato

dalla

scialba

commissione Barroso1 - di un’utile dibattito sul futuro dell’Europa. Ciò anche accompagnato dal cambio al vertice dei governi tedesco, prima, e italiano, poi, con leaders autenticamente europeisti. Tra la profluvie di proposte e di dichiarazioni, merita sicuramente attenzione il Manifesto per una nuova Europa – significativamente intitolato ‘Gli Stati Uniti d’Europa’ – curato dal brillante primo ministro Belga, Guy Verhofstadt. Il Manifesto, edito nei primi mesi di quest’anno e attualmente disponibile anche in lingua italiana, si

caratterizza per la capacità di affrontare il tema in maniera discorsiva e

divulgativa, rivolto non (sol)tanto agli addetti ai lavori, ma al grande pubblico, che va rimotivato a riguardo del progetto europeo.

L’analisi della situazione, oltre che lucida, è anche per certi versi innovativa, considerata la cultura politica (liberale) dell’autore: lasciati da parte alcuni luoghi comuni (come quello, ad esempio, della concorrenza dell’idraulico polacco), nella ricerca delle cause dei No francesi e olandesi per Verhofstadt figura comunque il timore per un certo deficit sociale, che – per la verità – mi sembra sia qualche cosa di percepito più che di reale. La chiave di lettura del premier belga non è però scontata: il presunto deficit di Europa sociale, infatti, esiste non tanto perché siano stati i Trattati ad averlo creato, quanto perché spesso la classe politica europea per autolegittimarsi ha ritenuto necessario

interessarsi di materie, che – in fin dei conti – sono ancora di competenza nazionale, e l’ha fatto prevedendo – tra l’altro - formule risolutive di chiara impronta liberista. E’ il caso – a detta di Verhofstadt – di settori quali l’assistenza sanitaria, la previdenza sociale, l’istruzione, la gestione dei servizi pubblici. Ma la ragione più convincente che è addotta a riguardo dell’analisi del No riguarda il paventato ingresso della Turchia. Il premier tatticamente evita di pronunciarsi nel merito di tale prospettiva2, ma riconosce che la contestualità del processo di ratifica della

1

Primo presidente della Commissione europea, che, pur appartenendo al PPE, non fa riferimento alla

tendenza democratico-cristiana. 2

Anche se poi – nel prosieguo del ‘manifesto’ – indirettamente fornisce una soluzione generale anche

al problema particolare.

interno: sicuramente non univoche o semplicistiche, come si è per troppo tempo Certo è – e su questo lo stesso Verhofstdat non risulta convincente – che è stata una grave

europeo in Francia e in Olanda ha visto il riaccendersi – lo

dimostrare come le motivazioni del No siano molteplici, perfino contraddittorie al loro continuato a fare.

La vittoria dei no alla ratifica del trattato costituzionale nonostante

Il “No ad un’Europa che non si capisce”3 è probabilmente una formula azzeccata per

leggerezza comprendere l’ostilità all’ingresso della Turchia solo da un responso referendario, che peraltro verteva su una materia diversa. Per superare l’impasse, il premier belga evoca diverse strategie da perseguire. Innanzitutto

una

diversa

configurazione

di

status

all’interno

degli

Stati-Membri

dell’Unione: anche al fine di evitare i direttori (che non fanno altro che replicare quel metodo intergovernativo la cui logica è di per sé stessa ostile al progresso del processo di integrazione europea), viene ricuperata l’intuizione (per la verità rimasta sulla carta) di Romano Prodi in merito alla necessità che il nucleo federale condivida con gli altri Stati che desiderano associarsi all’Unione tutto tranne le istituzioni. Dunque anche mercato unico, abolizione delle barriere doganali, armonizzazione giuridica ed economica, perfino la moneta unica: ma non la presenza effettiva e paritaria in Parlamento, nella Commissione e tanto meno nel Consiglio europeo.

La proposta non fa altro che perseguire quanto sostenuto da anni dai cristianodemocratici tedeschi, che – anche al fine di una armonica soluzione del problema dell’ingresso della Turchia – propongono la creazione di uno status intermedio tra la mera associazione e l’adesione a pieno titolo alla Comunità. La seconda strategia riguarda un sensibile balzo in avanti nel bilancio comunitario, ossia nel conferimento all’Unione di tassi del PIL nazionale sicuramente più significativi degli attuali, appena poco superiori all’1 % annuo: Verhofstadt ricorda significativamente come gli Usa abbiano superato la crisi del ’29 passando, nel giro di una ventina d’anni, dall’1%

al 20% delle risorse conferite dagli Stati al livello federale. Questo dato, inoltre, rappresenta indirettamente anche una risposta chiara a quanti accusano le istituzioni europee di costi esorbitanti le competenze e di sprechi ingenti: i dati numerici in merito agli stanziamenti rispetto ai Pil nazionali parlano da soli e dovrebbero indurre i populismi nazionalisti a ricercare in altra sede la ragione degli squilibri tra costi sostenuti ed efficienza praticata. Verhofstadt elenca cinque compiti propri della ‘nuova Europa’: si tratta non solo di temi cruciali ma già noti, quali l’esercito europeo, la diplomazia europea e lo spazio europeo di giustizia e sicurezza, ma anche di proposte innovative, quali una ‘nuova ondata di tecnologia europea’ e una ‘governance e strategia europea in campo socioeconomico’.

3

Mi permetto di usare questa espressione, tratta dal titolo di un articolo di un precedente numero di

Europa Plurale.

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Europa Plurale – 3/2006

Europa Plurale – 3/2006

Il Manifesto si chiude con la proposta di indire un referendum europeo come chiave di

processo di integrazione europea è dovuta alla contestuale crisi della famiglia politica del

volta per superare l’impasse politico-istituzionale che attanaglia l’Europa. Si tratta di una

Ppe, il necessario rilancio su quale arco politico si dovrà fondare ? A quanto pare il

proposta di chiara impronta federalista4, ma oltremodo ambiziosa per come la si vorrebbe

secondo partito all’europarlamento non è d’aiuto, ma saranno sufficienti i leader dei Paesi

configurare concretamente: infatti, oggetto di tale referendum non sarebbe – come invece

piccoli e gli esponenti di partiti altrettanto piccoli (Verdi, Pde, liberali, anima

presumibile – il Trattato Costituzionale frutto della Convenzione Europea5, bensì il

democristiana del Ppe), ancorchè di nobile fede europeista ?

progetto delineato dallo stesso Verhofstadt nelle sue ottanta pagine.

Su questo anche il bel saggio di Verhofstadt – come del resto quello precedente di

La prospettiva è allettante, e sicuramente più evocativa di speranza di quanta ne possa

Romano Prodi10- non è d’aiuto: la risposta dunque va cercata altrove.

ragunare attorno a sé quella del Trattato Costituzionale, partito al ribasso in sede di Convenzione e poi ulteriormente rimaneggiato (in pejus) in sede di Conferenza

(Federico Manzoni)

Intergovernativa. Ma come si farà, però, a pensare di accantonare un testo che – tutto sommato – ha ottenuto la ratifica (talora, peraltro, in via referendaria6) in ormai più di 2/3 degli Stati-Membri ? In ogni caso, due considerazioni fanno propendere a favore di una scelta referendaria: in primo luogo, si porrebbe l’occasione per un coinvolgimento più attivo dell’opinione pubblica, la quale spesso (anche se ciò è stato sottolineato da taluni con eccessiva enfasi) si è vista costruire l’Europa dall’alto7. In secondo luogo, sarebbe più semplice definire l’entrata in vigore del testo approvato, superando le attuali resistenze di quegli Stati che oggi – contrari a essere coinvolti in più avanzate forme di integrazione europee – di fatto impediscono tale integrazione anche a quanti sono già disponibili.

In ogni caso è assai sconfortante pensare al ritardo tra queste intuizioni politiche e le concrete realizzazioni storiche: del resto l’idea di un referendum abbinato alle elezioni europee era già stata dapprima perseguita dall’Italia nel 19898 e poi proposta da larghi strati della classe politica federalista europea9 in occasione della Convenzione europea (con l’intenzione di svolgerlo contestualmente alle elezioni del 2004 per il Parlamento europeo). Nihil novi sub sole. La prefazione congiunta, a cura di Giuliano Amato e di Romano Prodi, è comunque corretta nel delineare in Guy Verhofstadt uno dei leader europei a cui tutti coloro che

credono nel processo di integrazione devono guardare. Aggiungerei a questo elenco, anche i nomi di Angela Merkel e di Jean-Claude Juncker, premier democratici-cristiani della Germanie e del Lussemburgo, oltre a Romano Prodi, neo-eletto in Italia. Sorge però a questo punto una domanda: e la sinistra euro-socialista chi e che cosa può offrire in questa battaglia ? Se è vero, come ritengo, che buona parte della crisi del

4

Anche per via della proposta di abbinamento di tale consultazione a quella delle elezioni europee del

2009. 5 6 7

Nemmeno con i rimaneggiamenti proposti dalla cancelliera tedesca Angela Merkel. E’ il caso della Spagna e del Lussemburgo.

Così contravvenendosi al metodo che Jean Monnet riteneva da perseguire.

8

Peraltro con un successo netto e inequivocabile.

9

Si pensi, per tutti, ad Alain Lamassoure, come dimostra la sua opera Historie secrète de la Convention

Européenne, Albin Michel, 2004.

10

67

Europa, il sogno, le scelte, Edizioni Governareper, 2003.

68


Europa Plurale – 3/2006

Letture Federaliste - 2

Si tratta di "città nella città" fortezze che proteggono dagli estranei. Tuttatavia, a ben

vedere, queste scelte urbanistiche e sociali creano il problema che pretenderebbero di risolvere: i costruttori di condomini sorvegliati, gli architetti degli spazi preclusi creano,

Aluisi Tosolini, Città, EMI 2006.

riproducono e intensificano il bisogno di sicurezza, e quindi la domanda, che invece sostengono di soddisfare.

E' certamente utile riflettere su questo passo del nuovo saggio di Aluisi Tosolini, "Città". Aluisi è un esperto dei problemi della multiculturalità, docente all'Università Cattolica di Piacenza, e un caro amico. (Francesco Lauria)

Inoltre, gli abitanti di questi auto-ghetti, incontrandosi solo tra simili disimparano a relazionarsi con l'alterità e la differenza creando, come in gioco di specchi, altri ghetti. Accade così che, non condividendo gli spazi, le persone non sappiano o non vogliano neppure più condividere esperienze di vita. E quindi senso e significato. Insomma, se da un lato si rimprovera alla città multiculturale la perdità della territorialità,

ovvero dell'identità e del comune senso di appartenenza, dall'altro la costruzione di gated communities, di percorsi di isolamento spaziale altro non fa che aumentare la sensazione

Città senza mura: la fine della territorialità (pp. 43-45) Nell'epoca

della

complessità,

dell'interdipendenza,

di paura e di assedio, rendendo impossibile il tentativo di costruire nuove identità delle

migrazioni

e

della

condivise per le città multiculturali.

multiculturalità, la città (ogni città) è divenuta un concentrato di mondo. Se un tempo la diversità e l'alterità iniziavano "fuori le mura", oggi invece le diversità sono dentro le città, e dentro le città si colloca in maniera esplosiva la guerra come forma di

soluzione del conflitto lungo percorsi diversi, ma resi comunque uguali dall'uso della violenza (pulizia etnica; guerra civile metropolitana improntata alla violenza molecolare e sprovvista di ogni supporto ideologico o progettuale, come sostiene Hans Magnus Enzesberger (in Prospettive sulla guerra civile, Einaudi, Torino 1994), liberismo utilitaristico improntato solo a profitto, efficienza e competitività; deregulation economica e sociale, che comporta l'inutilità, come scrive Dahrendorf, di milioni di persone; aumento della sperequazione tra ricchi e poveri inclusi ed esclusi iperoccupati e disoccupati, essenziali e marginali, alfabetizzati alle nuove tecnologie comunicative e analfabeti,

possessori di password e persone senza codici, tra l'esigua elite che detiene il potere e lo esercita

a

proprio

esclusivo

interesse

e

la

grande

maggioranza

esclusa

dalla

partecipazione politica...). In queste città, incapaci di segnare il confine tra dentro e fuori, il governo dell'interazione tra le alterità e le differenze non può più essere effettuato con gli antichi strumenti. Entrano così in scena un mix di nuove modalità relazionali. Tra queste la contrapposizione tra la mixofobia (paura di mescolarsi) e la mixofilia (desiderio e piacere dell'incontrarsi): termini che Zygmunt Baumann (Z. Baumann Fiducia e paura nella città Bruno Mondadori, 2005) utilizza per descrivere l'ambivalenza della vità in città.

Le due parole esprimono la paradossale situazione delle città multiculturali, sempre più attraversate dalla paura dello straniero. Nei confronti dell'altro-straniero la mixofobia si manifesta nel tentativo di costruire comunità di simili che concretamente si organizzano in quelle che sono chiamate gated communities, ovvero comunità chiuse, murate, inviolabili, impenetrabili a chi non ne possiede titolo e chiavi di accesso.

70


Europa Plurale – 3/2006

Letture Federaliste - 3

il nesso forte esistente tra i processi di globalizzazione e l'emergere del fondamentalismo.

Quest'ultimo, lungi dall'essere una difesa della tradizione, è, per Roy, intimamente legato ad una forma di esperienza religiosa tipica del mondo globalizzato, fondato sulla mobilità,

Ferhat Horchani - Danilo Zolo, Mediterraneo.

sull'individualismo e sulla perdita dei legami tradizionali. Tesi interessante, che però non

Un dialogo tra due sponde, Jouvence, Roma

spiega come mai perché l'islamismo politico, figlio del mondo globalizzato, abbia scelto la

2005.

via dell'opposizione frontale e della Jihad e non quella dell'inserimento al suo interno. Altra è la direzione in cui si muove il saggio di Paola Gandolfi, che studia i processi migratori, individuando nei migranti il veicolo di nuove forme di comunicazione tra le due

Un incontro alla pari*

sponde, un tramite prezioso per la crescita dell'autonomia della società civile dai governi, sia a nord che a sud del Mediterraneo.

Del Mediterraneo si può parlare in vari modi, e ormai da

Qualche considerazione va fatta sul saggio di Hamadi Redissi dedicato al rapporto tra

Braudel a Valery, da Morin a Matvejevic, lo scaffale sul

Islam e modernità. Si tratta, come è evidente, di un tema delicato e complesso, ma ci

quale allineare testi di grande qualità inizia ad essere

risulta difficile nascondere

affollato. Più rari sono i libri a più mani, quelli scritti da autori provenienti dai diversi paesi che circondano il nostro mare. Uno dei meriti del libro curato da Ferhat Horchani e Danilo Zolo, Mediterraneo. Un dialogo fra le due sponde, Jouvence, Roma 2005, è quello di presentare un confronto serio ed approfondito tra Europa e mondo islamico, attraverso gli interventi di cinque studiosi italiani (a Orsetta Giolo si deve la ricca bibliografia che chiude il volume) e quattro tunisini. Ovviamente da un lavoro così inedito e difficile non può emergere una risposta univoca e sicura, ma la polifonia delle voci raccolte nel libro non si risolve in una collezione dispersa di opinioni. Da una lettura approfondita emerge un utile inventario di problemi, che permette di mettere a fuoco sia alcuni punti di consenso sia i terreni sui quali la discussione va continuata. Alcuni saggi si occupano delle trasformazioni istituzionali intervenute nei paesi della sponda sud e alla delicata questione del riconoscimento dei diritti individuali. È il caso del lungo e documentato studio di Mohamed Bouguerra sulla storia dello statuto personale nella codificazione tunisina, e del breve excursus che Hafidha Chekir dedica ai diritti delle donne nei paesi musulmani.

Da

dall'arretramento

entrambi che

i

i

saggi

processi

emerge

un

riformatori

quadro

hanno

complesso,

subito

sotto

ma

segnato

l'onda

del

fondamentalismo. Se però si comparano le dinamiche dei sistemi punitivi di entrambe le sponde, come fa Emilio Santoro, emerge che tale riflusso non è una caratteristica esclusiva del mondo musulmano, perché anche in Occidente, a partire dagli anni Settanta, le politiche penali hanno subito un profondo arretramento, passando dai vecchi obiettivi rieducativi ad un'enfasi crescente sulla pericolosità delle categorie a rischio (in primo luogo migranti, emarginati, ecc.). Mettendo a confronto gli approcci teorici al tema della globalizzazione, Lucia Re illustra, accanto alle posizioni di Beck, Bauman e Bourdieu, quelle di Olivier Roy, che sottolineano Riproduciamo, per gentile concessione dell’Autore e del sito “Jura Gentium”, la recensione al volume pubblicata sullo stesso sito all’indirizzo http://www.tsd.unifi.it/juragentium/it/books/discuss/cassano.htm *

alcune nostre perplessità su un punto cruciale del

ragionamento. Pur essendo molto ricca di spunti, la riflessione di Redissi ci sembra infatti fondata su un'immagine della modernità priva di ombre, ben diversa dal quadro critico a cui noi siamo abituati. In tal modo per Redissi, e talvolta anche per Ferhat Horchani, la modernità, in quanto emancipazione da ogni tradizione, diventa un valore universale, un vero e proprio criterio di misura delle civiltà. 'L'occidente si è emancipato' afferma

Horchani 'perché si è svincolato dalle tradizioni e ha vinto la battaglia della modernità che ha unito dal basso le società europee'. La modernità però non è solo opposizione alla tradizione, ma anche continuità con essa. Come dimenticare le tesi di Weber sulle radici religiose della razionalizzazione della vita che caratterizza l'Occidente? Oppure come non ricordare il dibattito sulle origini della modernità tra le posizioni di Lôwith e quelle di Blumenberg? O, per venire ai nostri tempi, come non pensare alle tesi di Remi Brague sul modello romano, che sottolineano l'assoluta singolarità della tradizione europea? Se invece si assume la modernità come un criterio di misura neutro ed universale, il dialogo tra le due sponde diventa un monologo: uno parla, l'altro ascolta, uno insegna, l'altro apprende. Il rischio è che la cultura islamica venga ridotta a una serie di vincoli e di ritardi, a un fondale sul quale si proiettano le avventure della modernità occidentale. La parte finale del saggio di Horchani (oltre che l'introduzione, scritta a due mani con Zolo), in cui vengono analizzati gli effetti dell'occidentalizzazione forzata indotta dalla globalizzazione, ci sembra invece molto più convincente. Affiora qui una visione critica della modernità, la coscienza del nesso stretto esistente tra espansione della cultura occidentale e dominio. Un nesso che non è nato negli ultimi venti anni, perché tutta la storia dell'Occidente ha tenuto saldamente insieme modernità, universalismo ed espansione. Da sempre la storia della modernità è anche storia della globalizzazione e

dell'universalizzazione dell'Occidente. Quella che noi chiamiamo globalizzazione si muove all'interno di questo solco, di una lunga storia in cui l'Occidente ha costantemente cercato di farsi mondo e di rendere il mondo uguale a se stesso. 72


Europa Plurale – 3/2006

La sottolineatura di questo nesso è il cuore del saggio di Zolo e della sua polemica contro

la pretesa, contenuta in ogni universalismo, di fare di una cultura il criterio di misura delle

Europa Plurale – 3/2006

Tutti possono contribuire ad Europa Plurale

altre: non a caso Zolo parla di 'fondamentalismo della modernità'. L'unica premessa seria di un dialogo effettivo tra le culture è la critica di tutti i fondamentalismi. È qui il cuore del messaggio che viene dal Mediterraneo. Le culture possono dialogare solo se ognuna di esse abbandona la pretesa del possesso esclusivo della verità, se ogni interlocutore è convinto di avere qualcosa da insegnare, ma anche qualcosa da imparare dall'altro. Giustamente Horchani ricorda nel suo saggio l'umanesimo islamico e l'Islam liberatore: importanti sviluppi creativi che smentiscono l'idea di una tradizione immobile e sempre

Per rendere possibile ogni forma di collaborazione, Europa Plurale –

Movimento per un Federalismo Globale prevede le seguenti forme di

associazione:

uguale a se stessa. Ma per sconfiggere il fondamentalismo oggi è necessario un passaggio

DOMANDA DI ISCRIZIONE

capace di disegnare una 'terza via' tra il fondamentalismo e la subalternità. Si tratta di

Il sottoscritto chiede di essere iscritto all’Associazione “Europa Plurale – Movimento

più impegnativo, occorre puntare su una grande ripresa creativa della cultura islamica, dimostrare non solo che la cultura islamica è capace di rinnovarsi sotto gli stimoli della modernità occidentale, ma che essa riesce a mettere in circolo nel dibattito teorico temi e spunti autonomi, capaci di suscitare l'interesse degli altri, di correggere l'asimmetria oggi dominante nel dialogo. Un'indicazione in questa direzione può venire dal cosiddetto 'femminismo islamico', espressione che alla nostra

sensibilità appare quasi un ossimoro. Esso è una critica del potere patriarcale influenzata sicuramente dal femminismo occidentale, ma non riducibile ad esso, consapevole che le linee del dominio sono complesse e la loro decostruzione richiede non una banale pratica imitativa, ma un lavoro creativo. Si tratta non di abbandonare la propria tradizione, ma di metterla in movimento, di distinguere ad esempio, come fa Fatima Mernissi, tra il Corano, che riconosce l'uguaglianza di tutti i fedeli di fronte a Dio, e la marea di interpolazioni anti-femminili successive dovute agli interpreti. Ma non si tratta di un impulso unidirezionale. Da questo lavoro critico lo stesso Occidente

per un Federalismo Globale” e si impegna a rispettarne lo Statuto. Cognome………………………………………… Nome ………...………………………………….….. Via……………………………………………………………………..n°………. CAP……… …………….. Città…………………………………………………………………………………………..Prov………..... Data di nascita ………………… Tel./Cell..……….…………….....................Fax……….…..…… E-mail…………… ………………………………………………………………….…. Socio Ordinario Giovane (sotto i 30 anni)…………………………............ €

15,00

può apprendere qualcosa di sé che spesso preferisce rimuovere. Quando la Mernissi

Socio Ordinario …………………………………………………..................... €

30,00

Socio Benemerito …………………………………………………...................€

100,00

continui a governare, tramite il denaro e il successo, il corpo femminile.

Data,………………………………

critica la 'tirannia della taglia 42', ci rivela come anche in Occidente lo sguardo maschile

Il rinnovamento della tradizione non coincide con la sua estinzione, ma con la sua capacità di chiamare le altre tradizioni ad una discussione paritaria e creativa, di rivelare ad esse il proprio lato d'ombra. Da questo rapporto, nel quale ogni interlocutore insegna

Firma…………………………………….

LA MODALITA’ DI PAGAMENTO VERRA’ INDICATA IN SEGUITO AL RICEVIMENTO DEL MODULO D’ISCRIZIONE

all'altro a contemplare il lato di sé che non ama guardare, tutti hanno da guadagnare. È questa la strada maestra per arrivare a definire l'universale del futuro, che non sarà

Restituire a:

l'imposizione di una cultura alle altre, ma una costruzione a più mani.

Europa Plurale – Movimento per un Federalismo Globale

(Franco Cassano)

Casella Postale 595 – 59100 Prato Oppure inviare i proprio dati a

europa@europaplurale.org – toscana@europaplurale.org 73

74


EUROPA PLURALE RIVISTA PER UN FEDERALISMO GLOBALE Pubblicazione dell’Associazione “Europa Plurale – Movimento per un Federalismo Globale” www.europaplurale.org Direttore Editoriale Francesco Lauria f.lauria@europaplurale.org Redazione Lanfranco Nosi, Silvia Marcuz, Luca Carapelli, Federico Manzoni, Giampiero Granchelli europa@europaplurale.org


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