primopiano
Una storia sbagliata
Dall’esecuzione in Somalia al dossier di Greenpeace. Sedici anni in attesa di giustizia
FOTO: © agf
Quali sono gli altri due omicidi?
il filo di ilaria Che cosa lega il caso Alpi, gli omicidi di Rostagno e del maresciallo Li Causi e le stragi di mafia? Ne abbiamo parlato con Luciano Scalettari, autore di “1994” di Vanessa Postacchini
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e n’è andato senza poter ottenere giustizia per sua figlia Ilaria, la giornalista uccisa a Mogadiscio nel 1994 insieme all’operatore Miran Hrovatin. Giorgio Alpi è morto lo scorso luglio ma la battaglia per la verità che ha condotto per sedici lunghi anni insieme a sua moglie Luciana continua, con l’impegno del Premio e dall’associazione intitolati alla reporter del Tg3. Soprattutto ora che nuovi elementi stanno per riaccendere i riflettori sul caso. In attesa che a novembre si apra il processo per calunnia del sedicente testimone del duplice omicidio, il 16 settembre è in uscita un nuovo libro: 1994, scritto a quattro mani da Luciano Scalettari e Luigi Grimaldi per
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La nuova ecologia / settembre 2010
Chiarelettere. Fatti e numeri alla mano, gli autori dimostrano come Ilaria fosse divenuta troppo scomoda, vittima di un «omicidio politico» per metterla a tacere, ribadendo così quella verità del delitto su commissione solo parzialmente riconosciuta nei tribunali. «Il libro parte da due sorprese – spiega Luciano Scalettari – che il periodo dal 1988 al ‘94 è caratterizzato da tre omicidi irrisolti, fra cui quello di Ilaria, con una serie di elementi in comune: le vittime erano coinvolte in un’indagine su traffico di armi e rifiuti tossici, tutte si trovano a muoversi fra Trapani, Mogadiscio e Roma. Inoltre, indagando su di essi si incappa in altre vicende legate alla Sicilia, ai fatti di mafia, alla Somalia... ».
identikit Luciano Scalettari, giornalista di “Famiglia Cristiana”, ha fatto parte della commissione d’inchiesta sul caso Alpi. È coautore di “Ilaria Alpi. Un omicidio al crocevia dei traffici” (Baldini Castoldi, 2002)
Come l’imprenditore Giancarlo Marocchino?
Colui che per primo soccorre Ilaria subito dopo l’agguato è anche uno dei tre firmatari della lettera segreta siglata nel giugno ‘92 per smaltimare i rifiuti nel Corno d’Africa in cambio di armi. Il cosiddetto progetto Urano, legato al Fondo aiuti italiano, messo in piedi dal Psi di Craxi nell’ambito delle vicende di malacooperazione degli anni ‘80 e ‘90. Nel libro proviamo anche l’esistenza di una figura di collegamento fra le vicende italo-somale, in cui si è trovata coinvolta Ilaria, e l’allora nascente Forza Italia. Un altro collegamento è quello con la tragedia del Moby Prince, affondato il 10 aprile 1991 a due miglia dal porto di Livorno…
Esistono prove certe che quella sera sul posto era in corso un traffico di armi. Si tratta di una vicenda che non solo riconduce al caso Alpi ma anche alle bombe di mafia del 1992-93. Nella primavera del ‘91 era attraccato al porto di Livorno il “21 ottobre II”, una delle navi della flotta Shifco di proprietà dell’ingegnere italo-somalo Omar Said Mugne, la stessa su cui inda-
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Quelli del giornalista Mauro Rostagno e del maresciallo Vincenzo Li Causi. Il primo fu ucciso a Trapani nel 1988 dopo aver ripreso presso la pista del centro Gladio denominato Scorpione un aereo militare diretto in Somalia che stava caricando armi. Il secondo, prima a capo dello stesso centro Scorpione, poi responsabile del Sismi in Somalia, fu vittima nel ‘93 di un agguato a Mogadiscio. A quanto pare Ilaria conosceva Li Causi, come hanno dichiarato diversi testimoni. Alcuni hanno parlano di scambio di informazioni tra i due. Dietro questi misteri sembra esserci una mano comune, figure ed elementi che compaiono più volte e risbucano in vicende diverse.
‘Dietro questi misteri sembra esserci una mano comune, fatti e figure che compaiono più volte’ gava Ilaria prima di essere uccisa. Un documento Onu del 2003, finora inedito in Italia, certifica per la prima volta l’uso di navi Shifco all’inizio degli anni ‘90 per un’operazione di traffico d’armi verso la Somalia a beneficio del signore della guerra Ali Mahdi, gestita dalla società polacca Cernex in collaborazione con Monzer Al Kassar. Il faccendiere è anche il trait d’union con le tracce di esplosivo scoperti a bordo della Moby Prince, fra cui il T4, di origine militare e prodotto fuori Italia, per cui è stata riscontrata una perfetta identità con le bombe delle stragi di mafia. È stato appurato che in quegli anni fu lo stesso Al Kassar a mettere in circolazione una grossa quantità di un esplosivo identico a quello utilizzato da Cosa nostra È inoltre stato accertato dalla Dia che Al Kassar era in rapporti col clan dei Santapaola. Le ultime vicende giudiziarie fanno sperare nella riapertura delle indagini?
Nel dicembre 2007 il gip Cersosimo, sulla base delle carte ricevute dal pm Ionta, non solo ha respinto la richiesta di archiviazione ma ha sollecitato l’approfondimento di 26 punti, definendo quello di Ilaria un «omicidio su commissione». Le carte sono le stesse su cui ha lavorato la commissione guidata
da Carlo Taormina, concludendo in maniera scandalosa che Ilaria e Miran furono uccisi mentre erano in vacanza per un tentativo di rapimento finito male. L’apertura, il 26 novembre, del processo per calunnia nei confronti di Ali Rage Ahmed detto “Gelle” – il sedicente testimone oculare del duplice omicidio che ha fatto condannare Hashi Omar Hassan come parte del commando responsabile dell’agguato – potrebbe rappresentare la riapertura delle indagini. L’avvocato di quest’ultimo in un’intervista ha dichiarato che Gelle ha ammesso di essere stato pagato da un’autorità italiana per mentire. Se Gelle confermerà di essere stato pagato per accusare Hassan, ciò avvalorerà la nostra tesi sul fatto che quest’ultimo rappresenti il capro espiatorio dell’omicidio, per coprire un delitto su commissione, impedendo così a Ilaria di rivelare vicende destinate a restare oscure. n
il libro Esce il 7 ottobre per Chiarelettere l’inchiesta di Luigi Grimaldi e Luciano Scalettari sul passaggio tra Prima e Seconda Repubblica, col 1994 a fare da spartiacque. In mezzo tre omicidi, solo in apparenza distanti fra loro.
l 26 novembre apre a Roma il processo per calunnia ad Ali Rage Ahmed, il testimone dell’omicidio AlpiHrovatin che ha fatto condannare a 26 anni Hashi Omar Hassan. Mentre la mamma di Ilaria si costituirà parte civile, l’associazione omonima ha lanciato un appello per riaprire il caso. Ecco le tappe principali della vicenda: 20 MARZO 1994. Ilaria Alpi, inviata del Tg3, e l’operatore Miran Hrovatin vengono uccisi a Mogadiscio. Due giorni dopo la procura di Roma apre un’inchiesta. LUGLIO 1994. Giorgio Alpi parla di esecuzione, ricordando che la figlia prima di morire aveva intervistato il sultano di Bosaso sui traffici illeciti fra Italia e Somalia, ma che la documentazione raccolta è scomparsa. GIUGNO 1996. La perizia stabilisce che si trattò di un’esecuzione. NOVEMBRE 1996. La documentazione in possesso della procura di Asti, specializzata nel traffico di rifiuti, evidenzia numerose circostanze del caso legate a questi traffici. GENNAIO 1998. Viene arrestato per concorso nel duplice omicidio il somalo Hashi Omar Hassan. LUGLIO 2003. Istituita la commissione parlamentare sul duplice omicidio. A presiederla è Carlo Taormina. GENNAIO 2005. Francesco Neri, pm che a Reggio Calabria si occupa delle navi dei veleni, dichiara in commissione che il certificato di morte di Ilaria è stato ritrovato in casa del faccendiere Giorgio Comerio dal capitano Natale De Grazia, morto nel ‘95 in circostanze mai chiarite. I consulenti inviati a Reggio scoprono che il certificato e altri documenti sono scomparsi. AGOSTO 2005. Luciano Scalettari, insieme ad altri dell’associazione Ilaria Alpi, va in Somalia per raccogliere prove sulla probabile presenza di rifiuti tossici interrati lungo la strada Garowe-Bosaso. Seguirà un’altra missione nel 2007. FEBBRAIO 2006. La relazione finale della commissione bolla l’omicidio come rapimento finito male. Ilaria e Miran, secondo Taormina, erano in vacanza. LUGLIO 2007. Il pm Franco Ionta chiede l’archiviazione. DICEMBRE 2007. Il gip Emanuele Cersosimo boccia la richiesta di archiviazione, stabilendo che Ilaria e Miran sono stati uccisi su commissione. GIUGNO 2010. Greenpeace pubblica The toxic ships, contenente foto tratte dagli atti della procura di Asti che provano la tumulazione di container durante la costruzione del porto di El Man, a nord di Mogadiscio, ad opera di Giancarlo Marocchino. Nel dossier sono riportati anche stralci di verbali che certificano l’attuazione fra gli anni ‘80 e ‘90 del progetto Urano, accordo segreto italo-somalo per smaltire rifiuti in cambio di armi.
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