Rifiuto capitale

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storie

rifiuto capitale A tre mesi dalla dismissione di Malagrotta a Roma incalza il toto discariche. Il prefetto Sottile indica il sito di Monti dell’Ortaccio. Ma la differenziata resta al palo di Rocco Bellantone

S

i prospetta un autunno caldo per lo smaltimento dei rifiuti di Roma. A novanta giorni dalla dismissione definitiva di Malagrotta, la discarica più grande d’Europa, da trent’anni polmone nero dell’hinterland capitolino, il toto-sito incalza. Le proteste dei cittadini dell’area non si placano, mentre rimane confinata all’angolo l’alternativa della differenziata. Nel momento in cui questo numero va in stampa, non sono ancora noti gli esiti della conferenza dei servizi indetta per il 24 settembre dal commissario per l’emergenza rifiuti, Goffredo Sottile, che per il dopo-Malagrotta ha deciso di puntare dritto sulla soluzione provvisoria di Monti dell’Ortaccio. Si tratta di un sito di proprietà del patron del consorzio Colari, Manlio Cerroni, l’imprenditore che con il placet della politica locale da quarant’anni domina il mercato dei rifiuti della Capitale. Il suo piano è di realizzare qui una nuova discarica che funzioni fino al 2015, quando Roma, a suo dire, avrà raggiunto la soglia del 55 % della raccolta differenziata. La proposta non soddisfa il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, che per questa fase provvisoria ipotizza un periodo non superiore

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La nuova ecologia / ottobre 2012

In alto, il sito di Monti dell’Ortaccio, sotto cittadini manifestano contro la discarica. Qui sopra, Sergio Apollonio, presidente del Comitato Malagrotta

ai 18 mesi e non convince affatto i residenti e gli ambientalisti. «Abbiamo detto sin dall’inizio che Monti dell’Ortaccio non poteva essere il sito per il dopo Malagrotta – spiega Cristiana Avenali, direttrice di Legambiente Lazio – E ciò, anzitutto, perché si continua a non tener conto dei criteri per la localizzazione degli impianti, affidandosi ancora una volta a un privato piuttosto che seguire una procedura di evidenza pubblica».

PROFITTO AI PRIVATI

Il sito, infatti, non solo è adiacente a Malagrotta, ma è anche considerato zona ad alto rischio (classificato “Seveso 2”) a ridosso di un inceneritore dei rifiuti ospedalieri, una raffineria, un gassificatore e un deposito di gas liquido, e poco più lontano le acque del Rio Galeria, uno dei fiumi più inquinati d’Italia. Insomma, un territorio che di rifiuti non ne può più, dalle cui viscere emergono in maniera sempre più preoccupante rischi di malattie respiratorie e cardiovascolari e diverse for-

me tumorali per i cittadini della Valle Galeria, come evidenziano gli ultimi studi realizzati dal Dipartimento di Epidemiologia della Regione Lazio e dall’Arpa Lazio. «Di fronte a questa situazione – prosegue Cristiana Avenali – non può essere nemmeno concepibile l’invio all’estero dei nostri rifiuti». La ricetta per uscirne e ripartire comunque c’è, e comprende l’allargamento della capacità dell’impianto di compostaggio di Maccarese, l’abbandono dell’idea di un nuovo gassificatore ad Albano e, soprattutto, l’immediata conversione dei quattro impianti di Tmb (trattamento meccanico-bilogico) attualmente operativi al 30%. «Questi impianti – spiega Sergio Apollonio, presidente del Comitato Malagrotta, da anni in lotta per la salvaguardia di questo territorio – sono in grado di trattare fino a circa 3mila tonnellate di rifiuti indifferenziati al giorno sul totale di 4.500-5mila. Se vengono portati a pieno regime e adattati senza nessun costo al recupero di materia, il resto può farlo la raccolta diffe-


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