PIAZZA SETTI: CONFRONTO CON I PROGETTISTI
ARRIVA “TRIBUNA TV” N° 2 - 1 Febbraio 2016 - Euro 2,50
Rivista mensile di approfondimento di Treviglio e Gera d’Adda fondata nel 1975 - Seconda edizione
Emergenza condomini: mezza Treviglio da ristrutturare
Foto by Enrico Appiani
Tutti pazzi per Blu Basket
Arriva la “Festa de Sant’Ustì”
Ospedale: nuova squadra, nuove idee
TRE POLITICI A CONFRONTO
Emanuele Calvi, Beppe D’Acchioli e Gianluca Pignatelli rispondono a “la tribuna” 1 Febbraio 2016 - la tribuna - 1
RESIDENZA RADAELLI VIA LOCATELLI - TREVIGLIO
0 12 0 24
www.residenzaradaelli.it
e
on
balc
0 12 0 24
80 0 14
80 0 24
ne
ezio proi
80 0 24
so fis
q 0m
2.0
0 14 0 24
edo arr
80 0 14
0 24 0 24
11
cm 16 a=
A.b
1
.3.2 ezza
80 0 21
gh lar
225 117x
0 14 0 24
0 12 0 24
90 0 21
80 0 14
80 0 24
.3.3
so o fis
80 0 21
.5 78 0 24
q 7m
3.2
80 0 24
80 0 24
95 50
0 12 0 24
0 14 0 24
80 0 14
0
80 0 14
0 14 0 24
0 10 0 24
v. H da 0 19
ed arr
v. H da 0 19
C.
0
A.b
AS
16
90 0 20
80 0 21
ICO TR ET EL B: CA 00 M DI X 13 480 Kg 0 A: n°6 95 AT E: 5 RT ON PO RS no 17 PE va à dit on prof
vano
19
0 15 50
0 12 0 24
90 0 21
cm vuoto
parap
o in ett
vetro
b
30 p=
0 14 0 24
9 8
12
0 14 0 24
0 12 0 24
0 10 0 24 frigo
e afort
r da
edo arr
so fis
q 9m
80 0 14
2.6
70
11
80 0 21
cass
9
80 0 21
12
0 10 0 24
0 14 0 24
1
0 14 0 24
30 p=
90 0 21
.2 .a.3
0 14 0 24
0 14 0 24
5 17 no ICO à va TR dit ET on B: EL prof C. CA 00 Kg M AS DI 0 X 13 480 6 95 ATA: E: n° RT ON PO PERS
90 0 20
80 0 24
mq
80 0 21
so fis edo arr
0 14 0 24
A
.1 .c.3
5
90 0 21
117x
225
.5 78 0 24
.5 78 0 24
. lar
80 0 14
0
gh
90 0 20
16
ICO TR ET B: CA 00 M DI X 13 0 Kg 00 70 13 A: n°9 AT 0 E: RT 21 ON PO no RS à va PE dit on prof
EL
vano
vano
C.
ezza
AS
80 0 24 gh lar
180
0 24 0 24
22 117x
A
0 12 0 24
vetro o in ett
cm
vuoto
16 a=
19
cm
0 14 0 24
0 10 0 24
parap
a
8
80 0 21
80 0 21
1. 40
80 0 14
21
cm
30 p=
vuoto
parap
0 10 0 24
16 a=
1
19
o in ett
80 0 24
80 0 21
.3.3 A.c
0 14 0 24
edo arr
so fis
1.9
90 0 21
vetro
0 14 0 24
q 3m
80 0 24
cm
Una casa di qualità in una zona di pregio 0 24 0 24
c
80 0 21
80 0 21
8
12
9
0 12 0 24
80 0 24
80 0 21
80 0 24
80 0 14
80 0 24
0 12 0 24
80 0 24
11
80 0 24
e
117x
180
A.d
0 15 50
90 0 21
.3.1
balc
0 14 0 24
90 0 20
ne
ezio proi
19
lar
gh
.
vano
0 12 0 24
0 10 0 24
.5 78 0 24
225
80 0 24
v. H da 0 19
0 21 no à va dit ICO on TR prof ET EL B: C. AS CA 00 M DI X 13 0 K g 00 70 13 A: n°9 AT E: RT ON PO RS PE
v. H da 0 19
0 14 0 24
80 0 14
80 0 24
0 15 50
0 12 0 24
0 14 0 24
on
80 0 24
• Disponibilità di trilocali - quadrilocali - attici - negozi boxes • Prezzi a partire da €/m2 2.850,00 • Qualità globale (Arch/Involucro/Tecnologico) • Domotica • Climatizzazione integrale • Ventilazione ricambio d’aria (VMC) • Geotermia e fotovoltaico • Finiture di elevato pregio o in ett
0 14 0 24
vuoto
30 p=
12
d
cm
16 a=
parap
cm
.3.3 A.d .2 .3 A.d
90 0 21
90 0 21
vetro
1
0 10 0 24
8
11
80 0 24
9
0 24 0 24
0 12 0 24
80 0 14
80 0 24
80 0 24
0 24 0 24
0 14 0 24
VI ASPETTIAMO A VISITARE I NOSTRI APPARTAMENTI ARREDATI!
Per informazioni tel. 035460668
2 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
&
l’Editoriale
Il Pd sceglie Erik Molteni, ma rimane il nodo Forza Italia
C NO
PIA
N
PIA TA
O RZ TE
on questo numero “la tribuna” inizia a parlare di politica un po’ più diffusamente, cercando però di mantenere quanto promesso ai lettori e quanto a noi sta a cuore: evitare di accodarsi al teatrino manovrato da personaggi che usano i partiti per mero potere personale o vuote ambizioni. Infatti, tranne che per una minoranza, lo Spirito di Servizio in politica è merce rara, confuso com’è con il caramelloso e ambiguo “Bene Comune”, abito che veste a pennello ad ogni interesse. Per essere chiari, a noi de “la tribuna” non è mai interessato molto delle sorti personali dei politici, neppure quando erano in gioco quelle dei congiunti e degli amici. Infatti, continuiamo a pensare che Spirito di Servizio significhi preoccuparsi di risolvere i problemi della collettività, avendo però una visione d’insieme e una prospettiva che deve andare oltre le scadenze elettorali, oltre le nostre generazioni. In questa logica abbiamo invitato alcuni esponenti politici a rispondere a delle domande su problemi di grande respiro: 1) il collegamento stradale Treviglio-Bergamo; 2) come decongestionare il traffico in Treviglio; 3) quali destinazione urbanistica per l’area a Sud della Ferrovia detta la “Mezza Luna”; 4) come affrontare l’emergenza vecchi condomini, la loro ristrutturazione; 5) così l’emergenza degli oltre 1000 nuovi appartamenti invenduti in buona parte sofferenze bancarie; 6) come promuovere Treviglio e i suoi eventi fuori città per creare attrattiva nel raggio di 30 km.
Sopra a sinistra Matteo Rossi con Pierluigi Bersani e Erik Molteni a destra
Da pag. 6 a pag. 9 leggerete le risposte di tre candidati sindaci: Emanuele Calvi del M5S, Giuseppe D’Acchioli indipendente e Gianluca Pignatelli di Forza Italia. Gli altri invitati (tutti del Pd), per vari motivi, hanno declinato l’invito. Ci auguriamo che a nome di tutti risponda Erik Molteni, ora ufficialmente candidato sindaco del Partito Democratico. Scelta questa arrivata dopo una battaglia sofferta e durata mesi, che Sabato 23 Gennaio 2016 ha visto l’adesione di tutto il partito, tranne quella di Ariella Borghi, che pure aveva imposto nel 2012 Erik Molteni segretario. Un segnale della contraddizione di fondo di questa nomina, fatta da un “direttivo” fermo al periodo bersaniano, quando il Pd, sia tra i militanti che tra l’elettorato, è oggi un monolite renziano. Altra contraddizione dell’elezione arriva dagli stessi renziani guidati da Laura Rossoni che hanno imposto nel documento dell’accordo tra le correnti una clausola che vieta alleanze o contaminazioni con Forza Italia. Questo quando Matteo Rossi (Pd) è stato eletto e governa la Provincia con i voti dei consiglieri fedeli ad Alessandro Sorte, giovane disinvolto brignanese, Assessore Regionale alle Infrastrutture e padrone di Forza Italia in provincia. Posizione che gli ha permesso di distribuire posti di sottogoverno e risorse ai suoi discepoli, ma anche bloccare completamente un’opera viaria pensata e sostenuta da tutte le giunte regionali del Centro-Destra. Parliamo della bretella autostradale Teviglio-Bergamo, contestata dalle sezioni del Pd di Verdello e Dalmine, alle quali Matteo Rossi si è pedissequamente accodato. Sarà dunque interessante osservare che accadrà nei prossimi mesi, se le cene tra Erik Molteni e Alessandro Sorte si diraderanno o se, com’è probabile, s’intesseranno i fitti rapporti per sacrificare sull’altare delle ambizioni dei vari boss quelle di Gianluca Pignatelli, portando quanto rimane della sua manciata di voti al Pd. Il centro-destra intanto tace, fa solo sapere che la maggioranza del dimissionario Beppe Pezzoni rimane unita e si presenterà alle elezioni. Affermazione del leghista Juri Imeri che garantisce anche una presenza dell’ex sindaco all’interno della maggioranza. In che ruolo? Roberto Fabbrucci
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 3
Foto di Enrico Appiani
il Sommario
“la nuova tribuna”
Autorizzazione Tribunale di Bergamo
n° 23 dell’8 Agosto 2003
Anno 2 - n° 2 - 1 Febbraio 2016
APERTURE E COMMENTI 6 - “Domande a politici che rispondono” (Roberto Fabbrucci e Daniela Regonesi) 10 - “Politica: elogio alla lottizzazione, buona” (Beppe Facchetti); “Ecco i nuovi dirigenti della nostra Sanità” (Daniela Invernizzi) 12 - “Se il cittadino non è abbastanza informato” (Roberto Fabbrucci) 13 - “Perché riqualificare gli immobili?” (Raffaele Marrazzo) 14 - “Schietto confronto tra gli architetti” (Daniela Invernizzi) GERA D’ADDA/NOVITA’ EDITORIALI 15 - “Saremo anche Tv con i video de la tribuna” (Roberto Fabbrucci) TRA STORIA, SATIRA E CELEBRAZIONI 16 - “Fera de Sant’Ustì, Treviglio in attesa” (Luciano Pescali) 17 - “Il Rotor, le autopiste e il gelataio Cadorini” (Roberto Fabbrucci) 18 - “Quei giovani burloni del ventennio” (Daniela Invernizzi) 20 - “Quando la Tribuna sfidò ‘l Biligot” (Roberto Fabbrucci); “Lo Zigo Zago e il golpe d’Egitto” (Roberto Fabbrucci) 22 - “Quel prezioso labaro della maestra Bussi” (Carmen Taborelli) 23 - “Concerto per la Madonna delle Lacrime” (Daniela Invernizzi) CULTURA, ARTE, ASSOCIAZIONI, EVENTI 24 - “Il Concerto di San Valentino” (Giorgio Vailati); “L’addio a Silvia Infascelli” (Hana Budisova Colombo) 25 - “Un ascolto nuovo con La Belle Epoque” (Daria Locatelli) 26 - Patrizia Salvini suonerà per il Rotary Club di Treviglio” (Giorgio Vailati) 26 - “Nel ricordo di Clementina Borghi” (Daniela Invernizzi) 28 - “Un avvincente giallo sui Visconti” (Diego Defendini) 29 - “Alice nel paese dei fumetti” (Nial Ferri) 30 - “Bernardino Zenale e Leonardo” (Elio Massimino) 31 - “La Madonna con bambino”, “Un Tè al museo di Febbraio” (Associazione amici
4 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
del Chiostro) 32 - “Per me la pittura entrò in ospedale” (Silvia Bianchera Bettinelli) 34 - “Noi siamo quello che mangiamo” (Cristina Signorelli) 36 - “Radici, ali, bagagli e via per il Mondo” (Daniela Regonesi) SERVIZI SOCIALI 40 - Gera d’Adda: accogliere un minore” (Ivan Scelsa); “L’aspetto legale dell’affido” (Maria Flora Renzo) TREVIGLIO/PERSONAGGI 42 - “Arrivò da clandestino dal porto di Durazzo” (Daniela Invernizzi) 43 - “Maria accolse Ivan come fosse un figlio” (Daniela Invernizzi) 44 - “L’industriale che arrivò dalla miniera” (Lucietta Zanda) TREVIGLIO/LA STORIA E LE STORIE 46 - “Il Primo Maggio alla Montecatini” (Roberto Fabbrucci) 48 - “Le lettere della lontananza” (Carmen Taborelli) 56 - Coro Icat: “Dall’apogeo al quarto epilogo” (Tienno Pini) 58 - Un libro nel cassetto: “La sanguinosa battaglia di Dogali”, “Dogali e il Colonialismo” (Carmen Taborelli) TREVIGLIO/SPORT 50 - “Il basket bergamasco è di casa a Treviglio” (Daniela Regonesi) 51 - “Ecco come nacquero i Rangers Treì” (Daniela Regonesi) 52 - “Dall’oratorio al grande basket” (Domenico Durante) 53 - “Gialloazzurri verso il 30°” (pat) 55 - “Caspani, ‘l Damì, globetrotter in bici” (Ezio Zanenga) LETTERE E RUBRICHE 60 - Lettere al Direttore 61 - “Sani perché siamo felici o felici perché siamo sani?” (Angelo Sghirlanzoni) 62 - “Calvenzano: la scomparsa di Bradamante Dimonte” (Lista per Calvenzano - il Paese che vogliamo, Cooperativa Lombardi e Circolo Donizetti)
Editore: “Tribuna srl” via Roggia Vignola, 9 (Pip 2) 24047 Treviglio info@lanuovatribuna.it Tel. 0363 1970511 Amministratore Unico Marco Daniele Ferri amministrazione@lanuovatribuna.it REDAZIONE
Direttore Responsabile Roberto Fabbrucci direzione@lanuovatribuna.it Redazione Daniela Invernizzi, Daria Locatelli, Daniela Regonesi, Ivan Scelsa, Cristina Signorelli, Carmen Taborelli, Lucietta Zanda Coordinamento redazione Daniela Invernizzi, Daniela Regonesi Collaborano Ezio Bordoni, Silvia Bianchera Bettinelli, Hana Budišová, Marco Carminati, Diego Defendini, Domenico Durante, Fabio Erri, Beppe Facchetti, Maria Flora Renzo, Niall Ferri, Federico Fumagalli, Paolo Furia, Daria Locatelli, Gabriella Locatelli Serio, Silvia Martelli, Elio Massimino, Maria Palchetti Mazza, Luciano Pescali, Chiara Severgnini, Stefano Pini, Tienno Pini, Leonardo Ravazzi, Angelo Sghirlanzoni, Giorgio Vailati, Ezio Zanenga Ufficio commerciale Roberta Mozzali commerciale@lanuovatribuna.it Tel. 0363 1970511 - Cell. 338.1377858 Fotografie e contributi: Enrico Appiani Luca Cesni (Foto Attualità), Tino Belloli, Virginio Monzio Compagnoni Altre collaborazioni: Laura Borghi, Giulio Ferri, Ugo Monzio Compagnoni, Paola Picetti, Antonio Solivari, Franca Tarantino, Romano Zacchetti Stampa: Laboratorio Grafico - via dell’Artigianato 48 Pagazzano (BG) - 0363 814652
Cercaci su Facebook e sfoglia i vecchi numeri dal sito lanuovatribuna.it
TREVIGLIO | RESIDENZA MARCONI Classe B ULTIME DISPONIBILITÀ!!! PREZZI SCONTATISSIMI!!
Vic. Centro Storico. A pochi passi dal centro e dalla stazione centrale, raggiungibili a piedi. Ultimi appartamenti prestigiosi di varie tipologie, dal QUADRILOCALE doppi servizi all’ATTICO su unico piano o su 2 livelli, con ampie terrazze vivibili. Tutti gli appartamenti sono venduti con doppio box e dispongono di riscaldamento e raffrescamento a pavimento, controllo dell’umidità dell’aria, tapparelle elettriche e rifiniture interne di ottima qualità completamente personalizzabili.
FERRARA € 158.000
€ 130.000 TREVIGLIO (B13) | Ideale per giovani coppie. Bellissimo e particolare bilocale al piano alto disposto su 2 livelli con 2 bagni e terrazzo. Ampio box e cantina. Prezzo affare. CLASSE C - i.p.e. 65,67 kwh/m2a
TREVIGLIO (T26) | Zona nord. Ampio appartamento 3 locali + servizi con cucina abitabile e 2 ampie camere. Tutto parquet, climatizzato, termoautonomo. Completo di box e cantina. Ottimo prezzo. CLASSE E – i.p.e. 134,05 kwh/m2a
€ 1.990/mq TREVIGLIO | RESIDENZA SALLUSTIO – Classe A
Quartiere “Il Bollone”. In contesto di piccola palazzina servita da ascensore ULTIMO ATTICO di ampia metratura su 2 livelli con grandi terrazze. Consegna luglio 2016. ESENTE MEDIAZIONE
€ 178.000 BRIGNANO (TL65) | Appartamento in villa. Bellissimo 3 locali con cucina abitabile, doppi servizi, giardino ed ingresso indipendente. Completo di taverna, cantina e box. CLASSE D – i.p.e. 91,41 kwh/m2a
Ultime 2 disponibilità!!
€ 1.950/mq
TREVIGLIO | RESIDENZA CATULLO – Classe A
Quartiere “Il Bollone”. Bellissimi appartamenti con giardino privato. TRILOCALE con cucina abitabile e doppi servizi. QUADRILOCALE con doppi servizi. Entrambi completamente rifiniti con materiali e tecnologie di alto livello. In pronta consegna. ESENTE MEDIAZIONE
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 5
Treviglio/In vista delle elezioni amministrative
Domande a politici che rispondono a cura di Roberto Fabbrucci e Daniela Regonesi
Tra pochi mesi Treviglio sarà chiamata ad eleggere Sindaco e Consiglio Comunale, abbiamo chiesto ai politici di rispondere a quesiti che “la tribuna” ritiene importanti per lo sviluppo del territorio. Chi ha risposto e chi no
I
n vista della consultazione amministrativa della prossima primavera abbiamo iniziato ad aprire lo spazio alla politica chiedendo di intervenire ad alcuni politici. Potevamo chiedere quali fossero le loro priorità per Treviglio, abbiamo invece preferito indirizzarli su temi a noi cari e importanti. Siamo certi che le mancate risposte non sono derivate da difficoltà nel rispondere, quindi rimaniamo in attesa. Domande che sono ora a disposizione anche di altri cittadini pronti a spendersi come amministratori pubblici. Hanno risposto ai nostri quesiti: Emanuele Calvi (M5S), Giuseppe D’Acchioli (Indipendente di sinistra) e Gianluca Pignatelli (Fi). Personaggi scelti tra oppositori o estranei all’Amministazione Comunale uscente (che non ha espresso ancora candidati), ma aspiranti alla carica di primo cittadino, o potenzialmente tali, come nel caso di Giuseppe D’Acchioli e Luigi Minuti. Laura Rossoni e Luigi Minuti, troppo impegnati per trovare il tempo di rispondere, hanno chiesto di essere esonerati, mentre Erik Molteni non ha voluto rispondere perchè la sua candidatura non è ancora ufficiale. Aspettiamo. Di seguito due premesse inviate assieme alle risposte. Il Direttore
6 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
Emanuele Calvi «Colgo l’occasione, avendo letto un articolo di analisi politica della scena trevigliese su “la tribuna”, di fare alcune precisazioni sulla mia passata militanza politica. Riaffermo che non sono mai stato tesserato in alcun partito, quantomeno in Rifondazione Comunista. Le posso dichiarare tranquillamente che in passato ho votato a sinistra, ma un percorso critico personale mi ha portato ad aderire al progetto del Movimento Cinque Stelle». Giuseppe D’Acchioli «Ritengo per le problematiche poste che sia molto riduttivo parlare esclusivamente di Treviglio. Oggi bisogna fare squadra con tutti i comuni limitrofi a Treviglio e Caravaggio per dare risposte più coerenti al bisogno del territorio. Avere una squadra con diversi protagonisti che indipendentemente dal numero e colore di maglia hanno l’obiettivo di vincere il campionato della soluzione dei problemi. Spero che nel prossimo futuro ci possa essere occasione per dibattere queste necessità». Foto by Enrico Appiani
Il collegamento veloce Treviglio-Bergamo
Treviglio ha necessità del collegamento stradale veloce con Bergamo, l’A4 e la Pedemontana? Se sì, che tipo di collegamento? Se no, esponete i motivi dell’opposizione. Emanuele Calvi e Gianluca Pignatelli pongono entrambi l’accento sullo spreco di terreno, ma con accezioni differenti. Il primo ritiene il progetto della superstrada Treviglio-Bergamo uno sperpero di suolo «Senza la garanzia che sposti davvero il traffico. Con un minore costo e un impatto ambientale contenuto la tangenziale di Verdello agevolerebbe il traffico veloce. Utile sarebbe l’incremento delle corse ferroviarie con fermata alla stazione Ovest della tratta ferroviaria Treviglio-Bergamo, cosa che favorirebbe una movimentazione intermodale di persone e merci». Il secondo definisce il collegamento «Anacronistico. È necessario ridurre i tempi di percorrenza, evitando però un consumo ingiustificato di territorio; una viabilità a scorrimento veloce può essere la soluzione. Sulle vie di comunicazione, ricordiamolo, viaggiano non solo le persone, ma anche il lavoro, le merci e, quindi, il benessere di una comunità. Bisogna che la nuova viabilità porti beneficio a Treviglio e che, quindi, non crei un’emorragia di persone o di posti di lavoro. Una nuova viabilità deve accompagnarsi necessariamente ad un lavoro intenso per ridare un ruolo a Treviglio che negli ultimi anni ha perso l’Università e il Tribunale, servizi e posti di lavoro. Non voglio una Città dormitorio. L’impegno deve essere totale per il rilancio di Treviglio e della sua centralità, che non può essere solo quella geografica, ma deve essere anche politica, sociale, culturale ed economica. In questo quadro, quindi, serve una nuova viabilità». Giuseppe D’Acchioli ritiene «Inderogabile ed urgente la realizzazione (ad opera di privato-pubblico o solo pubblico) dell’asse verticale “Bergamo A4-Pedemontana con
Foto di Enrico Appiani A sinistra Emanuele Calvi (M5S), sopra Giuseppe D’Acchioli (Indipendente di sinistra), a destra Gianluca Pignatelli (Fi)
Treviglio A35”. Inoltre progettare da subito la continuazione da Treviglio A35 - Crema - Cremona A21, in quanto non è possibile per merci e viaggiatori su gomma impiegare, da Treviglio a Bergamo, circa 60’, sia da Verdello che da Dalmine Lallio, per Crema 35’ e Cremona 70’. Con la realizzazione di queste arterie si otterrebbe anche una diminuzione di polveri sottili ed inquinamento».
L’attraversamento di Treviglio e la tangenziale
Come migliorare l’attraversamento di Treviglio per decongestionare il traffico nell’anello esterno della città? Emanuele Calvi pensa che «Con la rimozione dei semafori sulla SS11 e l’apertura della BreBeMi più a sud, il traffico pesante che transitava a Treviglio sia diminuito sensibilmente. Il problema resta soprattutto fra viale Montegrappa e viale Piave: si tratta per la maggiore parte di traffico locale. Bisogna incentivare la mobilità dolce con percorsi sicuri e canalizzazione del traffico nei punti critici degli incroci con la stazione Centrale e via Redipuglia». Secondo Giuseppe D’Acchioli «Per decongestionare Treviglio dal traffico ci sono due soluzioni, che fra l’altro dovevano già essere state adottate assunte e realizzate: a) la bretellina di collegamento Statale Padana/Treviglio/Caravaggio dall’altezza dell’ospedale, con congiungimento in via Calvenzano all’altezza di via Redipuglia e rettifica della stessa fino alla rotonda PIP; b) un collegamento fra la via Bergamo, se non già previsto dall’asse verticale, all’altezza della Bianchi, fino alla statale Padana per Milano all’altezza della rotonda di collegamento con la A35. Con queste soluzioni, Treviglio avrebbe solo il traffico locale e sarebbe decongestionata quasi definitivamente dagli attraversamenti». Gianluca Pignatelli sostiene che «La
grande viabilità autostradale che ha interessato il nostro territorio, pur necessaria, non ha risolto il problema degli attraversamenti est-ovest e nord-sud, che erano e rimangono un’emergenza. Subito la tangenziale sud (cassata dalla Giunta di Beppe Pezzoni) e il collegamento veloce TreviglioBergamo, per decongestionare la Città».
Il futuro della zona Sud definita la Mezza Luna
Nel completamento del Pgt (Piano di Governo del Territorio), quale destinazione alla cosiddetta “Mezza Luna” e perché? Gianluca Pignatelli sostiene che «La mezzaluna può ospitare servizi (Cittadella dello sport, sedi delle associazioni sportive e di categoria), verde e aree agricole». In ogni caso esclude «sia la sede adatta per lo sviluppo demografico della Città. Serve edilizia di qualità, non zone ghetto. Treviglio non deve diventare la periferia di Milano. Dobbiamo conservare ad ogni costo la qualità della vita dei Trevigliesi. Anzi, migliorarla. Senza cedere mai alle speculazioni». Per Emanuele Calvi «La realizzazione della nuova fiera comporterà un evidente consumo di suolo e drenerà quantità enormi di denaro pubblico, rischiando di realizzare una cattedrale nel deserto, vista la vicinanza delle fiere di Bergamo e Milano. La zona va prima di tutto bonificata dai residui di attività produttive precedenti. Sarebbe possibile riqualificare tali spazi incentivando, in seguito, l’installazione di imprese innovative che saranno il volano per la creazione di posti di lavoro specializzati che attireranno nuovi residenti». Giuseppe D’Acchioli sottolinea che «La nuova legge regionale 31/2014 vieta il consumo di suolo agricolo ai fini edificatori, quindi previsioni di nuove espansioni non sono attuabili. Il Pgt vigente prevede alcuni nuovi ambiti edificabili ai margini dei Pip 1 e 2, limitrofi alle aree già edificate anche a sud dell’ospedale. Nell’attesa che vengano adeguati gli strumenti urbanistici - Piano Territoriale Regionale (Ptr) e Piano Terri-
toriale di Coordinamento Provinciale (Ptcp - si può pensare a come meglio utilizzare ciò che è già previsto a Sud. La provincia ha destinato la Mezza Luna a polo produttivo di interesse sovracomunale con tanto di interporto; bisognerà verificare l’adeguamento del Ptcp alla nuova legge sopra citata (consumo del suolo) e immediatamente andare a studiare un nuovo mix funzionale (con i comuni limitrofi), anche alla luce del forte impatto ambientale generato da BreBeMi e Tav. Magari un parco con servizi, che faccia anche da zona di mitigazione».
Condomini da riqualificare, emergenza da affrontare
La gran parte dei condomini trevigliesi sono stati costruiti tra gli anni ’70 e ’90, quindi hanno necessità di manutenzione o riqualificazione. Se foste sindaco, che fareste per affrontare questo tema? Giuseppe D’Acchioli, rilevando come la legge 31/2014 incentivi il recupero del patrimonio edilizio esistente, ipotizza che «Forse anche la città consolidata ha bisogno di studiare nuovi meccanismi di incentivo, ulteriori rispetto a quelli previsti dai vari piani case o finanziari; alcuni quartieri possono essere migliorati dal punto di vista delle aree pubbliche, delle attività commerciali. In concreto occorre che gli attori in campo (proprietari di appartamenti, amministratori di condominio o loro rappresentanti, banche, Comune, ecc) facciano il quadro della situazione, del numero degli appartamenti che abbisognano di interventi di riclassificazione e delle necessità economiche conseguenti. Dopo questa analisi si deve andare a sostenere i condomìni o i singoli condòmini con interventi o finanziamenti ad hoc, incentivi di legge e comunali, con lo scopo di mantenere il patrimonio e non facendolo degradare. Infine, il costruito è il luogo dove intervenire, magari anche demolendo e ricostruendo qualcosa di diverso». Emanuele Calvi sostiene che «È indispensabile una riconversione, soprattutto dal punto di vista della performance ener-
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 7
Studio Ballotta & Sghirlanzoni e Associati Caravaggio (BG) - Via Monte di Pietà, 2 - T. 0363 419243 Codogno (LO) - Via Contardi, 18 - T. 0377 435389 www.bsassociati.com - info@bsassociati.com
BS LAB srl Milano (MI) - Piazzale Libia, 2 - T. 02 84241270 www.bsassociati.com - bslab@pec.it
8 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
Non ci occupiamo di tutto. Ci occupiamo di consulenza del lavoro e cerchiamo di farlo al meglio; investendo nella formazione costante del nostro personale, immaginando nuovi servizi ad alto contenuto tecnologico, avviando collaborazioni con Studi esteri per essere pronti ad affiancare i nostri Clienti nei processi di sviluppo internazionale.
Per completare l’offerta dei nostri servizi, abbiamo creato BS LAB srl, società specializzata nel supportare gli uffici HR con un’offerta integrata di servizi per la gestione del personale, quali: Gestione presenze. Gestione piano ferie. Gestione note spese e trasferte. Gestione comunicazioni. Gestione turni. Gestione monitoraggio orari.
Foto di Enrico Appiani
Treviglio/In vista delle elezioni amministrative
getica, degli edifici costruiti in pieno boom edilizio, che sono un “colabrodo” termico con pesanti conseguenze economiche e ambientali. Servono interventi strutturali a sostegno dei condomini con interventi attivi e passivi, secondo modalità finanziarie praticabili. Le risorse e i finanziamenti ci sono, coperti anche dai fondi europei. Basta saperli intercettare». Per Gianluca Pignatelli «Si deve favorire la riqualificazione, anche estetica, degli edifici per rendere più bella Treviglio, ma anche meno inquinata, tramite interventi sugli impianti di riscaldamento. Il Comune deve fare la sua parte, introducendo sgravi fiscali per chi interviene ristrutturando gli edifici o recuperando le aree dismesse». Auspica «Un Pgt “a consumo zero del verde”, volto al recupero degli edifici e al completamento delle aree dismesse, cercando di conservare il territorio. Regione Lombardia, del resto, ha legiferato proprio in questo senso. Tra l’altro un Pgt che non consuma verde fa crescere il valore degli edifici esistenti e ne favorisce, di conseguenza, la riconversione o l’ammodernamento».
Appartamenti invenduti, il problema è di tutti
Treviglio ha oltre mille appartamenti nuovi invenduti. Ritenete che sia un problema dei proprietari o potrebbe avere delle ricadute sulla città? Come sindaco riterreste utile affrontare il problema a livello politico-amministrativo? Se sì come? Secondo Giuseppe D’Acchioli «L’ente Comune di Treviglio può senz’altro essere parte attiva con i proprietari di immobili invenduti o in vendita, con un duplice scopo: a) calmierare i prezzi funzionali alla loro vendita, mettendo a disposizione degli acquirenti i propri servizi di qualità (servizi sanitari e socio assistenziali, ambiente, scuole superiori, infrastrutture e mobilità, la sicurezza della città attraverso i presidi delle forze dell’ordine, il buon tessuto sociale); b) attraverso la promozione della vendita di questi immobili sfitti, si può tran-
quillamente andare ad una verifica di consolidamento del Pgt all’interno della legge 31/2014, finalizzandola effettivamente alla salvaguardia del territorio». Giuseppe D’Acchioli sottolinea che «Il grande numero di appartamenti invenduti non è solo conseguenza della crisi economica, ma anche degli errori di programmazione urbanistica che ha autorizzato ad edificare più del necessario. Il problema deve essere risolto, favorendo l’utilizzo del costruito o la sua riconversione. Un Pgt “a consumo zero del verde” valorizza l’edificato e consente di ridare decoro alla Città, e al tempo stesso favorisce i lavori di manutenzione e di ristrutturazione, spingendo l’edilizia locale, grande volano per l’economia. Abbiamo bisogno di far lavorare le nostre imprese edìli locali, che generano ricchezza sul territorio. Grandi interventi messi in cantieri da gruppi che vengono da fuori non fanno girare l’economia locale». Anche Emanuele Calvi concorda, mettendo in evidenza che «Tanti immobili vuoti sono la dimostrazione della miopia amministrativa degli anni precedenti, quando i bilanci dei comuni si basavano sugli introiti derivanti dagli oneri di urbanizzazione. Tuttavia, se i punti precedenti fossero attuati, a Treviglio il problema apparirebbe di facile soluzione. Una città che ha migliorato l’ambiente residenziale in termini di qualità di vita ha più valore, interesse, mercato. Tutto senza ulteriore espansione a discapito del consumo di suolo. Il valore immobiliare è contestuale al panorama urbano, l’alternativa è una perdita di valore delle proprietà».
Spettacoli: elemento attrattivo per Treviglio
C’è chi ritiene che a Treviglio si organizzino troppe manifestazioni culturali rivolte alla città piuttosto che al suo esterno. Cosa fareste per rendere Treviglio attrattiva nel raggio di 30 km, quindi farla conoscere per attrarre imprese e nuovi residenti? Gianluca Pignatelli rileva che «La mancanza di un assessorato alla cultura ha por-
tato anche a questo». Pertanto una delle sue priorità «Sarà la creazione di un assessorato ad hoc. In questi ultimi anni è solo grazie alle iniziative delle associazioni di categoria del mondo associativo e del volontariato che a Treviglio c’è stata vivacità culturale. I privati sono molto più efficienti e devono essere, quindi, ulteriormente incentivati. Treviglio dovrà essere catalizzatore e punto di riferimento per il suo bacino territoriale di riferimento. Altrimenti le grandi vie di comunicazione porteranno i trevigliesi (e non solo) a Milano o a Brescia, invece che attrarre persone (e consumatori) sul nostro territorio». Secondo Giuseppe D’Acchioli «Le manifestazioni aventi per oggetto la cultura non sono mai troppe, è opportuno però che le proposte offerte siano di qualità e riconoscibili; diventa uno sforzo inutile farle tanto per dimostrare di esserci. È fondamentale qualificare un’offerta che possa essere di qualità e riconoscibile nel territorio. Mettere insieme una squadra di territorio capace di produrre un Logo, un Brand che possa raggruppare cultura, spettacolo, immagine e valorizzazione delle peculiarità del territorio, proporzionato all’area e riconoscibile fra le varie offerte. Un investimento di territorio e non più di comune: in questo modo potrebbe avere un’ottima ricaduta attraendo nuove imprese e residenti». Anche per Emanuele Calvi è indispensabile «Creare un sistema turistico locale, mettendo insieme tutte le risorse del territorio: beni ambientali, culturali, artistici, eventi, prodotti tipici, tradizioni, ecc. attraverso la collaborazione tra comuni, enti pubblici, camere di commercio, operatori del settore turistico e commercianti». Suggerisce poi l’opportunità di «Stimolare e coadiuvare, soprattutto i giovani, a realizzare progetti artistici multidisciplinari (anche con l’intervento del Fus, Fondo Unico per lo Spettacolo) atti ad incentivare compagnie stabili e alla promozione di festival e rassegne di interesse nazionale e internazionale che concorrano allo sviluppo dello spettacolo dal vivo a carattere innovativo».
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 9
Treviglio/Opinioni & Commenti La direzione strategica della Asst, la nuova Azienda Ospedaliera. Da sinistra, Flavia Bernin (Direttrice Amministrativa), Elisabetta Fabbrini (Direttore Generale), Barbara Mangiacavalli (Integrazione tra Azienda Ospedaliera ed ex Asl), Santino Silva (Direttore Sanitario) (Luca Cesni - Foto Attualità)
Politica: elogio alla lottizzazione, buona di Beppe Facchetti
A Treviglio abbiamo avuto tutto, nel bene e nel male, dalle eccellenze di Andrea Mentasti, allo scadente risultato di Cesare Ercole, quello dell’auto blu quotidiana. La morale è che abbaiare alla lottizzazione fa bene solo se sei all’opposizione
C
’era una volta una politica descritta come avida e cattiva perchè lottizzava qualsiasi cosa, pur di accaparrarsi poltrone e prebende. Poi, arrivò la Lega “pura e dura”, per affermare la superiorità etica, e purtroppo anche etnica, della razza padana, quella stessa in verità che all’epoca si distingueva a Milano per “Mani pulite”. Pazienza per quel piccolo neo, era Roma ad essere comunque ladrona. Poi la Lega è diventata di Governo e il bilancio è un po’ cambiato. Matteo Salvini cerca di farlo dimenticare, ma altro che lottizzazione, ci sono stati di mezzo i diamanti di Francesco Belsito e le lauree false in Albania. Ora tocca ai “5Stelle” il ruolo dei puri e duri. Per ora se la prendono con gli emolumenti non “restituiti” dai loro stessi aderenti, come fossero appropriazione indebita e non ad esempio la (modesta) remunerazione di un Sindaco che a Gela nessuno può invidiare per la difficoltà del suo compito. Solo a Ciserano, forse, è più complicata. Esattamente la stessa demagogia di vent’anni fa quando la Lega imponeva ai suoi deputati di cenare e dormire tutti insieme, per non farsi contaminare dai vizi romani, ma l’era delle discoteche alla moda sarebbe arrivata presto per i bellimbusti della Val Seriana... Eppure, se non si fosse tanto ipocriti, basterebbe riconoscere che nei ruoli più importanti, definiti di sottogoverno ma di grande rilievo strategico, è anche giusto in linea di principio
10 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
che chi ha responsabilità, metta persone di cui si fida. Roberto Formigoni e CL hanno occupato per oltre quindici anni la sanità lombarda
e dopo di loro - insieme a loro - è arrivato Roberto Maroni a fare lo stesso con i suoi leghisti. Ma, onestamente, che dovevano fare? Mettere alla guida degli Ospedali i militanti di Sel, o estrarre a sorte gli amministratori ASL dall’elenco del telefono, come vorrebbe la “rete” grillina? E che razza di coerente politica della sanità - da verificare comunque col voto, non con un articolo di Sergio Rizzo - si può mai fare se non c’è un rapporto tra chi ha responsabilità di indirizzo e chi le applica? Il tema, insomma, è ben più serio di quanto faccia credere la demagogia corrente. Il più autorevole docente di comunicazione pubblica delle Università italiane, Paolo Mancini, che conosco bene come Preside del corso che ho tenuto per tre anni all’università di Perugia, ha scritto un libro di successo intitolato “Elogio della lottizzazione” (edizioni Laterza, 2009), in cui la provocazione sta nella distinzione tra le ragioni di fondo della lottizzazione - di per sè fenomeno fisiologico di una democrazia pluralista - e le degenerazioni di certe arroganti applicazioni pratiche. Che avrebbero detto gli elettori sognanti e perennemente indignati della Lega degli anni ‘80, fustigatori di socialisti e socialdemocratici, se avessero saputo che negli Ospedali il leghismo di governo avrebbe poi mandato tanti ex deputati trombati, amici degli amici, persino orchestrali della band di Maroni? Il problema sta tutto qui: far buon uso del potere che la democrazia ti ha assegnato protempore. Ed esercitarlo come se dovesse finire il giorno dopo, non per l’eternità, altrimenti fai la fine di Roberto Formigoni. A Treviglio, abbiamo avuto tutto questo
Ecco i nuovi dirigenti della nostra Sanità
D
a circa un mese presso l’ospedale di Treviglio si è insediata la direzione strategica del nuovo ente ASST Bergamo Ovest, che per i prossimi tre anni avrà il compito di realizzare le linee guida della legge regionale 23/2015, volta in particolare a una forte riorganizzazione del sistema sanitario. La dottoressa Elisabetta Fabbrini, nuovo direttore generale, nella conferenza stampa di presentazione ha posto l’accento sull’importanza del bacino dell’ASST Bergamo Ovest e sulla necessità di procedere a una più razionale gestione delle risorse, per rispondere ad un’utenza che cambia e che va verso la cronicità e l’esigenza di un’assistenza continua sul territorio: il che significa andare oltre il momento “acuto” del ricovero in ospedale e seguire il paziente anche oltre, potenzian-
do la rete territoriale di cura e assistenza. Per fare questo la nuova dirigente ha voluto procedere fin da subito alla nomina della squadra, al lavoro fin dai primissimi giorni di gennaio. Ne fanno parte Flavia Bernini che focalizzerà il suo mandato sulla parte amministrativo-contabile, nell’obiettivo di razionalizzare e riorganizzare al meglio le procedure e l’acquisizione delle risorse a disposizione dell’Azienda; Barbara Man-
2016-02 bozza 1
sotto gli occhi, nel bene e nel male. Dopo vent’anni leghisti, da gennaio è arrivata a comandare sulla nuova Azienda sanitaria (mezzo milione di utenti), una signora con un buon curriculum, che sembra sappia il fatto suo, e non ci interessa più di tanto che i giornali abbiano scritto tra parentesi, dopo il suo nome, l’appartenenza a Forza Italia. È se mai solo il segno dei tempi, e cioè del declino leghista in una terra in cui il Carroccio ha sempre profittato dello spazio lasciatogli Centro Acustico Bergamasco da una Forza Italia pasticciona che solo ora, a Brignano Gera d’Adda, ha trovato un leader che forse esagera un po’, perchè sogna di comandare anche nel PD trevigliese, ma che sa pragmaticamente far corrispondere consenso e potere. Il Leghismo sanitario ha conosciuto l’alfa e Il Centro Acustico Bergamasco, presente sul territorio da più di 30 anni, svolge la propria a l’omega del successo prima con quel Andrea con l'obiettivo un servizio completo, capace di soddisfare le più diverse esige Mentasti, che si è dimostrato tanto bravo da In occasionedidelfornire Santo Natale e per tutto il mese di In occasione deldicembre Santo Natale e per tutto il mese di dicembr campo audioprotesico. scalare meritatamente la graduatoria del cenil CENTRO ACUSTICO BERGAMASCO è lietoACUSTICO di offrirle BERGAMASCO è lieto di offrirle il CENTRO trodestra lombardo, e poi con lo scadente riunaACUSTICO seriedel dicon vantaggi da non perdere. Struttura convenzionata A.S.L. ed INAIL come obiettivo fondamentale In occasione Santo Natale e per tutto una ilha mese serie didicembre vantaggi da non perdere. il contrib Il CENTRO BERGAMASCO èdilieto di offrirle sultato di Cesare Ercole, quello dell’auto blu miglioramento della salute della collettività e di conseguenza della qualità della vita il CENTRO ACUSTICO BERGAMASCO è lieto di offrirle una serie di divantaggi danon non perdere. quotidiana, con autista e cane lupo, da casa una seriedel vantaggi da perdere. attraverso la qualificazione proprio personale ed il supporto alle nuove tecnologie; i In occasione del Santo eSCONTO per tutto meseildimese dicembre sua nel pavese a Treviglio, sempre con tanti In occasione delNatale Santo Natale e periltutto di dicembre SCONTO nell’ottica di fornire un servizio affidabile, scientificamente evoluto, accurato, rapido ed ef il CENTRO ACUSTICO BERGAMASCO è lieto di offrirle saluti alla beata innocenza del leghismo della il CENTRO ACUSTICO BERGAMASCO è lieto di offrirle Revisione a tutti i propri clienti. Revisione prima ora. una serie di vantaggi da non perdere. una serie di vantaggi da non perdere. PILE SCONTO Esame PILE del suo gratuita del suo Grazie alle metodiche utilizzate, allaEsame tipologia dei acustiche controlli eseguiti e Prove per la competenza d Ercole è stato bocciato dai test chegratuita sono seracustich apparecchio gratuito apparecchio gratuito gratuite viti a Maroni per far fuori quasi metà dei suoiRevisione personale, rappresenta punto di riferimento qualificato per la lotta contro la so un acustico Esame acustico € 3,00PILE SCONTO gratuita del suo dell’udito SCONTO dell’udito lottizzati. Prove€ 3,00 acustiche apparecchio gratuito Un esamino neppure tanto difficile, che gratuite Vi aspettiamo nel nostro studio a Revisione Revisione dell’udito €SU3,00 lo ha relegato al penultimo posto indeltutta laacustico PILE PILE SU TUTTI GLI Esame TUTTI GLI gratuitagratuita suo del suo Esame ProveGRATUITO ControlloProve dell’udito APPARECCHI ACUSTICI acustiche Lombardia: dopo le crocette apparecchio messeapparecchio a caso acustiche APPARECCHI ACUSTICI gratuito gratuito TREVIGLIO gratuite DI NUOVA GENERAZIONE gratuite sulle domande bloccate, scena muta su acustico quelle DI NUOVA GENERAZIONE acustico SU TUTTI GLI € 3,00 dell’udito Centro dell’udito Acustico Bergamasco € 3,00 “aperte”, e questo con quasi un decennio di Applicazione protesi acustiche APPARECCHI ACUSTICI Non si lasci sfuggire l’ o ccasione e venga a trovarci a TREVIGLIO in Via Matteotti 14/A -aTel. 0363 48098 in Via Matteotti 14/ esperienza, si fa per dire, manageriale. Non lasci14/A sfuggire l’occasione e venga a trovarci TREVIGLIO inSaràVia Matteotti DIsiNUOVA GENERAZIONE nostro piacere offrirle anche un gradito omaggio Sarà nostro piacere offrirle anche un gradito omaggio SU TUTTI GLI Insomma, la morale é semplice: abbaiare SU TUTTI GLI Convenzioni ASL - INAIL - CGIL Tel. 0363 48098 APPARECCHI ACUSTICI APPARECCHI ACUSTICI contro la lottizzazione porta voti quando sei NonNon si lascisi sfuggire ccasione e venga a trovarci a TREVIGLIO in Via Matteotti 14/A - Tel. 0363 48098 lascil’oDI sfuggire l’ o ccasione e venga a trovarci a TREVIGLIO. NUOVA GENERAZIONE DI nostro NUOVA GENERAZIONE Sarà piacere offrirle anche un gradito omaggio “contro”, ma lottizzare malamente può far Sarà nostro piacere offrirle anche un gradito omaggio. Protesi acustiche gratis agli avent male, diciamo così, alla salute e soprattutto al Dal martedì al sabato Non si lasci sfuggire l’ o ccasione e venga a trovarci a TREVIGLIO in Via Matteotti 14/A Tel. 0363 48098 buon nome dei tanti che, all’Ospedale di Tre- Non si lasci sfuggire l’occasione e venga a trovarci a TREVIGLIO in Via Matteotti 14/A - Tel. 0363 48098 Sarà nostro unanche gradito Saràpiacere nostrooffrirle piacereanche offrirle unomaggio gradito omaggio Vendita pile ed accessori viglio, meritano l’apprezzamento dei malati. dalle Vi aspettiamo nel9.00 nostroalle studio12.00 a • Controllo dell’udito GRATUITO Assistenza e riparazione di tutte le TREVIGLIO e dalle 14.30 alle 18.30 giacavalli, chiamata a svolgere un ruolo • Applicazione protesi acustiche Pagamenti rateali senza interessi strategico nell’integrazione fra l’ospedale e Centro Acustico il territorio; e Santino Silva, già direttore SABATO SOLO AL MATTINO Bergamasco • Convenzioni ASL - INAIL - CGIL - CISL sanitario dell’azienda ospedaliera di Treviglio, che oltre ad assicurare la continuità in Via Matteotti 14/A • Protesi acustiche gratis agli aventi diritto dell’offerta si trova davanti il difficile comTel. 0363 48098 pito di «Far rinnamorare i trevigliesi del Siamo presenti anche a Romano di Lombardia presso: loro ospedale, attraverso una gestione che • Vendita pile ed accessori Fondazione Opere Pie Riun Dal martedìAVALON al sabato punta ad evitare la frammentazione e lo spreco, ridurre le attese, potenziare il ruolo Giovan Rubini “EX COL Poliambulatorio medico specialistico • Assistenza e riparazione di Battista tutte le protesi dalle 9.00 alle 12.00 dei medici di base, delle altre strutture Via Comelli Rubini 9 Via Rinaldo Pigola 1 sanitarie e dei volontari, al fine di garantie dalle 14.30 18.30 Tutti i mercoledì Tuttialle i venerdì • Pagamenti rateali senza interessi re al paziente non solo un’immediata cura dalle 15.00 alle 18.00 dalle 15.00 alle 18.00 SABATO SOLO AL MATTINO nel momento acuto del bisogno, ma anche
IL NOSTRO LAVOR Farvi sentire megl
Febbraio
Mese della prevenzione dell’udito
20% 20% 20% 20%
una veloce dimissione e un continuum della cura e dell’assistenza a casa. La nostra volontà è fare di questa struttura un ospedale generalista sì, ma in grado di offrire servizi essenziali di buon livello», sottolinea Silva. Le sfide sono tante e le risorse sempre più poche, ma sembra che questa nuova dirigenza sia animata da sincero entusiasmo: appuntamento dunque allo scadere dei 100 giorni, come ha ribadito Elisabetta Fabbrini, per un primo bilancio. Daniela Invernizzi
20%
Siamo presenti anche a Romano di Lombardia presso: AVALON Poliambulatorio medico specialistico Via Rinaldo Pigola 1 Tutti i venerdì dalle 15.00 alle 18.00
FONDAZIONE OPERE PIE RIUNITE Giovan Battista Rubini “EX COLLEGIO” Via Comelli Rubini 9 Tutti i mercoledì dalle 15.00 alle 18.00
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 11
Emergenze/Condomini da riqualificare
Se il cittadino non è abbastanza informato di Roberto Fabbrucci
Centinaia i condomini che devono affrontare lavori di riqualificazione e manutenzione, non farlo significa rischiare di far precipitare la città nel disagio. Il nodo delle assemblee condominiali e la scarsa informazione sui finanziamenti
D
opo il confronto sull’economia locale tra il presidente della Bcc di Treviglio Giovanni Grazioli e il suo omologo bergamasco della Bpb-Ubi Marco Palazzolo, apparso su “la tribuna” lo scorso Aprile, abbiamo voluto dare corpo al dibattito sull’emergenza condomini. Un’emergenza totalmente diversa da quella del nuovo invenduto, che non è fatta d’insolvenze o sofferenze bancarie, tuttavia ancora più drammatica perché interessa ben più appartamenti e una massa enorme di cittadini su con gli anni. Il conto è presto fatto: gli appartamenti nuovi invenduti sono tra i 1.000 e i 1400, quelli costruiti tra la metà degli anni ’60 e la metà degli anni ’90 tra i sei e i settemila, e tutti da sistemare. Chi gli intonaci esterni e l’imbiancatura, il tetto e le grondaie, oppure i balconi e gli infissi, poi c’è chi deve andare ben oltre e rifare l’isolamento termico, il lastricato dei terrazzi, gli impianti, cambiare le caldaie, ecc. Se a Treviglio questi appartamenti in condominio da sistemare fossero anche solo 5000/6000, significherebbe che 250/300 assemblee condominiali stanno discutendo come trovare 15/20 mila euro a famiglia per salvare dal degrado il loro palazzo e la perdita di valore del loro appartamento. In mancanza di dati ufficiali ci accontentiamo di un’analisi approssimativa, che evidenzia un dramma iniziato da qualche lustro e che esploderà, se non affrontato, in una manciata di anni. Un semplice dato: chi ha comprato la casa negli anni ’70 oggi è una persona in pensione, spesso da tempo. L’arch. Raffaele Marrazzo della Harley & Dikkinson Finance spiega nell’articolo che segue i vantaggi evidenti di una riqualificazione di un immobile, noi de “la tribuna” vorremmo però inquadrare questi vantaggi nel loro contesto, mostrando al lettore quali problemi sorgono quando il tema viene affrontato dalle assemblee condominiali, ma soprattutto evidenziare che significa non farlo. Tema difficile e complesso, che non può esaurirsi in due pagine, ma che va affrontato giorno per giorno e per i prossimi mesi, con la città intera e assieme alle istituzioni. Infatti, il problema principale riguarda la
12 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
mancanza di elementi in possesso dei cittadini che giungono in un’assemblea dove in un paio di ore sono chiamati ad analizzare mezza dozzina di preventivi (che riguardano facciata, balconi, camini, tetti e caldaie), quindi approvare, dopo una discussione concitata e a volte isterica, la spesa di 15 o 20 mila euro a famiglia e da pagare in qualche mese. Questo è il problema più grave, perché più delicato, che può essere affrontato dalla gran parte dei nuclei famigliari solo con l’aiuto di un finanziamento a medio termine. Da sprovveduto quale sono, immagino che chi vuole vedersi approvati i preventivi, deve saper dare ai condomini una informazione essenziale: «I vostri 15/25 mila euro a famiglia li pagherete dilazionati in 3/5 anni e a un tasso bassissimo, forse zero. Se qualcuno avrà momentanea difficoltà nei pagamenti, attingeremo da un piccolo fondo di solidarietà che attiveremo in parallelo al finanziamento». Invece sembra così non sia, ogni assemblea è una storia a sé, che però ha una conclusione comune: non decide e rimanda il tutto ad una nuova riunione che sposterà la decisione in un’altra riunione straordinaria. Poi durante l’anno un appartamento del condominio capita che si svuoti perché il proprietario è passato a miglior vita e i
figli, che la casa di proprietà già l’hanno, si trovano un debito. Così, non potendo permettersi di caricare sullo stipendio Imu, spese condominiali di gestione e tantomeno 15/20 mila euro di spese straordinarie, devono mettersi nelle mani di un’agenzia e venderlo a prezzi ben lontani da quelli pensabili cinque anni fa. Un processo che inserisce nella proprietà condominiale chi ha soldi - tanti e in contanti - ma non ha scrupoli, così in assenza di controlli non affitta l’appartamento, ma un giaciglio a 200 euro al mese, condizione che nel giro di un anno innesca la fuga dei proprietari degli appartamenti attigui, avviando tensioni nell’intero condominio. Tutto inizia di solito a causa del mancato pagamento delle spese comuni, che già si sommano all’uso improprio dei balconi, del vano scale e dell’androne, del portico e dei giardini. Circolo vizioso che porta al cambiamento di tutti i proprietari nell’arco di due o tre anni e al trasferimento del disagio sociale dei ghetti della periferia metropolitana a Treviglio e nella Gera d’Adda. Parole eccessive e argomenti che creano disagio al lettore benpensante, politicamente corretto e radical chic? Probabilmente, ma è la verità, cioè la sintesi di un percorso devastante già accennato nei precedenti numeri de “la tribuna”, al quale è necessario dare una risposta che non può essere solo giornalistica. C’è la necessità che banche, associazioni professionali d’impresa, quartieri, ma soprattutto le istituzioni, inizino a lavorare insieme per affrontare il problema e non lasciare i cittadini in balia del caso e della fortuna. Infatti, dobbiamo convincerci che i sacrifici fatti per lasciare ai nostri figli ciò che non riuscirono a fare i nostri genitori, oggi potrebbero essere per loro un debito. La decisione da prendere è questa: ci aiutiamo oggi per aiutare i nostri figli domani, o lasciamo che il degrado ricada su di loro e sulle generazioni future?
Perché riqualificare gli immobili? di Raffaele Marrazzo (*)
S
econdo dati Nomisma la manutenzione straordinaria residenziale oggi rappresenta circa 45 miliardi di euro, mentre la nuova realizzazione meno di 20 miliardi di euro. Ciò dimostra che l’orientamento del settore immobiliare dei prossimi anni sarà quello della riqualificazione del patrimonio edilizio esistente. Il mercato, in tal senso, offre diversi stimoli, come una legislazione orientata all’efficienza energetica, una maggiore attenzione da parte degli utenti ai costi dell’energia, una richiesta di una migliore qualità dell’intervento edile, un sistema di incentivazione fiscale favorevole e dei tassi bancari ai minimi storici. Nel 2015 gli investimenti impiegati nella riqualificazione dell’esistente sono stati tre volte quelli del nuovo, tendenza che sarà sempre più evidente nei prossimi anni centrando obiettivi importanti, quali: - il contenimento dei consumi energetici degli edifici; - la riduzione dell’inquinamento atmosferico delle città; - il mantenimento del valore patrimoniale degli edifici; - il rispetto di norme e direttive europee adottate dal nostro paese negli ultimi anni. In Italia sono presenti 14,5 milioni di edifici, di cui 12,2 milioni residenziali rappresentati da 1,1 milioni di condomini e 6,3 milioni di villette uni-bifamiliari, per un totale di 31,2 milioni di unità abitative. Edifici costruiti per l’85% prima del 1990 e per il 53,7 % prima del 1970, anni in cui non esisteva una norma sul contenimento energetico (la prima introdotta in Italia è stata quella del 1976). È dunque un patrimonio obsoleto dove solo una parte residuale è realizzata in epoca recente, rispondente a requisiti di efficienza e sostenibilità. Edifici che non solo non sono in grado di proteggere dal caldo e dal freddo, ma non riescono neanche a conservare la temperatura ideale raggiunta con i tradizionali sistemi di riscaldamento e raffrescamento; motivo per cui richiedono un elevato consumo energetico sia in inverno che in estate, senza riuscire a garantire un adeguato comfort abitativo. Non è raro, dunque, riscontrare condense superficiali e muffe che possono generare irritazioni cutanee, emicrania, affaticamento, allergie e disturbi immunitari. Per efficientare un edificio, migliorando il comfort abitativo, sono pertanto necessari alcuni interventi, come: - la coibentazione termica dei solai e delle pareti perimetrali;
- la sostituzione dei serramenti; - l’installazione di idonei sistemi di schermatura solare. Interventi sull’involucro che permettono di risolvere i ponti termici e di ridurre le dispersioni termiche dei solai e delle pareti perimetrali e quindi, di ridurre il fabbisogno energetico dell’unità abitativa. Avendo una ridotta richiesta di calore sarà possibile intervenire sull’impianto di climatizzazione invernale sostituendo non solo componenti obsoleti, ma istallando generatori di calori di potenze inferiori, con eventuale utilizzo di energia solare per la produzione di energia elettrica (pannelli fotovoltaici) e termica (collettori solari) e con l’introduzione di sistemi di contabilizzazione individuale dell’energia che, per i condomini, aiutano a ridurre i consumi. Dall’analisi del rapporto ENEA 2013 relativo alle “detrazioni fiscali per la riqualificazione energetica del patrimonio edilizio” emerge che il costo medio per una costruzione isolata (villetta uni-bifamiliare) è di circa 100.000 - 150.000 €, mentre per le abitazioni condominiali, che rappresentano in Italia l’85% del residenziale, è di circa 15.000 25.000 €. L’investimento, grazie alle detrazioni fiscali ed alla riduzione delle bollette energetiche, ha in media un tempo di rientro di sei-sette anni, con un valore aggiunto determinato dal comfort termo-igrometrico e da quello abitativo mai sperimentati pri-
Treviglio e la Gera d’Adda hanno necessità di riqualificare il patrimonio edilizio esistente, in particolare i condomini costruiti tra gli anni ‘60 e ‘90. Un architetto specializzato spiega perchè è importante farlo
ma dall’utente e dalla migliore vendibilità dell’unità abitativa ad un valore di mercato superiore. Il condominio oggi rappresenta la vera chiave di volta del processo di riqualificazione, dove sono possibili i maggiori risparmi energetici e dove è possibile fare architettura, rendendo l’edificio più bello ed attraente. Potremmo essere all’inizio di una nuova era nel mondo dell’edilizia, ad un nuovo rinascimento italiano: riqualificando i condomini si potrà attuare la rigenerazione urbana, ripensando le nostre città e le nostre periferie, in alcuni casi degradate. Figura preziosa in questo processo è l’amministratore di condominio, un professionista in grado di innescare tale processo informando il condomino della reale opportunità e facendo redigere delle diagnosi energetiche in grado di individuare gli interventi migliorativi. La diagnosi energetica ha appunto lo scopo di analizzare i consumi reali e di valutare la prestazione energetica del sistema edificio-impianto. In questo studio il tecnico specializzato analizza il potenziale di risparmio energetico suggerendo gli interventi migliorativi secondo una priorità di costi/benefici. Interventi di manutenzione straordinaria e di efficientamento energetico, grazie a strumenti finanziari ad hoc, possono essere pagati dal condominio a partire dalla fine dei lavori con rate mensili posticipate ad interessi zero o quasi zero. Il mercato della riqualificazione ha già realizzato in Italia ed in Europa interessanti esperienze (come quelle della Harley&Dikkinson Finance) che, con l’intervento pubblico ed in particolare con regolamenti urbanistici ad hoc, hanno consentito di costruire nuove unità abitative in copertura (e non solo in sostituzione dei sottotetti termici) ed hanno costruito spazi d’uso per le abitazioni trasformando balconi, terrazzi e logge in serre solari, giardini d’inverno e nuove camere a servizio della famiglia. Questa opportunità per Treviglio consentirebbe di trasformare edifici “energivori” di classe G in edifici efficienti di classe A, con un concetto dell’abitare del tutto nuovo in grado di mettere al centro l’uomo e la famiglia. (*) Architetto - Harley&Dikkinson Finance
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 13
Treviglio/Il parcheggio di piazza Setti
Schietto confronto tra gli architetti di Daniela Invernizzi
Un gruppo di professionisti trevigliesi ha discusso con i progettisti del parcheggio di piazza Setti e delle modifiche al progetto iniziale. L’incontro è stato organizzato da “la tribuna” in collaborazione con l’associazione architetti Lat
I
n un appuntamento organizzato dal nostro giornale, abbiamo incontrato rappresentanti della Libera Associazione Architetti Trevigliesi, per un confronto con i progettisti Gianpaolo Gritti e Marco Bozzola, vincitori dell’appalto per piazza Setti. L’incontro si è tenuto lo scorso 13 gennaio presso la sede della Qcom (dove ha sede anche il nostro giornale) e ha portato a un confronto aperto e interessante su alcuni aspetti legati al contestatissimo progetto della piazza. Con una breve ma esaustiva presentazione attraverso slide e filmati, i due professionisti hanno messo in evidenza le migliorie apportate dal loro progetto rispetto a quello preliminare, sulle quali hanno ricevuto l’unanime consenso e i complimenti dei colleghi. In
14 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
effetti, anche ad un occhio non esperto come quello di chi scrive, i miglioramenti sono ben visibili: l’essere riusciti, per esempio, ad integrare al meglio la piazza con un manufatto imponente come la grande gradinata a emiciclo, che nel progetto preliminare impattava alla vista con il suo bianco accecante e le sue forti murature, mentre nel progetto finale, da elemento “a sé” diventa “dialogante” con la piazza, un tutt’uno con essa, grazie alla presenza del verde e ad una pavimentazione più moderna, in grado di sposarsi con i colori del vicino centro storico. Un dislivello più dolce e più verde verso viale Partigiano e una fontana più grande, ma anche omogenea per pavimentazione con la piazza stessa, nonché la presenza di sedute e zone verdi, completano l’opera di “fusione” della piazza con le vie
del centro vicine e con la circonvallazione. E se la piazza tende a fondersi con la città, per apparire più elegante e all’altezza del nostro bel centro storico, al contrario il “sotto”, cioè il parcheggio, risponde senza dubbio ad altre esigenze. Qui le migliorie sono state sostanziali, sia dal punto di vista della sicurezza (eliminando alcune criticità legate alla circolazione nei due parcheggi interrati) sia dal punto di vista dell’utilizzo, attraverso l’uso dei colori netti per agevolare l’orientamento, stalli a doppia linea che facilitano la salita/discesa dall’auto, e il parchimetro in punti comodi e strategici. Completa l’opera di agevolazione della godibilità del parcheggio la presenza, lungo tutta la circonvallazione interna, di cartelli segnalatori di posti liberi in piazza Setti. Tra le preoccupazioni espresse durante l’incontro, che poi sono anche quelle della cittadinanza, ci sono senza dubbio quelle legate all’impatto ambientale del cantiere. Sul punto i due architetti hanno evidenziato come, nel progetto definitivo, sia prevista una riduzione considerevole dei fattori inquinanti grazie al cambiamento del sistema costruttivo, che non ha bisogno di autogru (lasciando così libera via Toti, seppur a senso unico) e all’utilizzo di betoniere con trasporto del carico a copertura ermetica per evitare la dispersione di polveri. Inoltre il cantiere sarà dotato di pannelli fonoassorbenti e di un monitoraggio continuo dell’inquinamento acustico. Considerata però la presenza vicina delle scuole, il cantiere rimarrà fermo durante l’uscita/
Gera d’Adda/Novità editoriali
entrata dei bambini dagli edifici scolastici. Un modo per venire incontro ai cittadini, anche attraverso “open day” e la possibilità di visitare il cantiere aperto, che farà la gioia degli appassionati dei “lavori in corso”. Si è pensato anche al risparmio energetico, con un miglioramento dell’efficienza energetica dell’illuminazione. Tutti i professionisti presenti hanno poi convenuto sul fatto che ormai è prassi dover lavorare su progetti già in fase avanzata, cosa che limita di molto la creatività dell’architetto, ma soprattutto nega la possibilità di apportare migliorie davvero significative, tali da rivoluzionare il progetto stesso (cosa che, nel caso di specie, sarebbe piaciuto a molti fare, soprattutto in relazione alla contestata gradinata e all’opportunità stessa della piazza, considerata troppo grande). Al termine, l’architetto Loris Scaravaggi ha proposto una riflessione della categoria sulle problematiche che la riguardano, anche in virtù della constatazione della mancata partecipazione alla gara da parte degli architetti trevigliesi. Infine il direttore del “la tribuna”, Roberto Fabbrucci, ha chiesto se sarà possibile un uso parziale del parcheggio, prima del termine dei lavori, man mano che verranno realizzati i vari piani, questo al fine di agevolare l’utenza. I due progettisti hanno risposto che non sono stati fatti studi in tal senso, anche per il problema della sicurezza; ma che in corso d’opera siamo aperti a uno studio di fattibilità.
Saremo anche Tv con i video de “la tribuna”
P
arafrasando la battuta di un ministro riguardo al pagamento dell’appartamento “a sua insaputa”, sarei tentato di dire altrettanto di “tribunatv. tv”, ma non posso. La realtà è più bella, si sono incrociate curiosità, passioni ed esperienze consolidate che alla fine mi hanno coinvolto e hanno portato all’idea di far nascere una Tv tutta nostra, ma non solo per Treviglio. Mentre sfogliate la rivista avrete già visto nostri video su Facebook o in rete, ma è solo il primo approccio, presto partiremo con un Tg quotidiano, mentre in seguito l’idea è di organizzare alcuni talk show, il tutto sotto la regia di Marco Ferri, nuovo Amministratore Unico della Tribuna srl. Dicevo che “tribunatv.tv” nasce da una convergenza di curiosità, esperienze ed esigenze del territorio, ben espresse dai soci: Fiorenzo Erri, Marco Ferri e chi vi parla. Fiorenzo Erri è il presidente della Qcom, importante operatore italiano della telefonia, quindi del veicolo dell’informazione, anche video, mentre Marco Ferri ed io veniamo da decenni di esperienze di conduzione televisiva, riprese e montaggi video, organizzazione di eventi, inchieste. La mia presenza, come conviene a un Direttore Responsabile, sarà garbata, distaccata ma attenta, anche per consentire a “la tribuna” cartacea di continuare a crescere, magari sfruttando le sinergie del video e del web. Direttore che dorme però su due cuscini visto il gruppo operativo di cui dispone: l’uomo di spettacolo Marco Ferri, la giornalista professionista Daniela Invernizzi, esperta tutto tondo della comunicazione Tv, Radio e cartacea; poi due giovani aspiranti giornalisti, ma già operatori Tv con molta voglia di lavorare
e tanta passione: sono Diego Defendini e Niall Ferri. Gli strumenti di diffusione saranno un portale web costruito ad hoc (tribunatv.tv), poi le pagine e il gruppo in Facebook “la tribuna”, mentre l’area di copertura inizialmente sarà la Gera d’Adda. Non è escluso che si possano trovare a breve sinergie con emittenti Tv regionali, quindi entrare nelle case della Lombardia attraverso la televisione e non solo con Pc, smartphone e tablet, ma diamo tempo al tempo. Ne riparleremo. Roberto Fabbrucci
A Destra il logo di Tribuna Tv, sopra Marco Ferri conduttore televisivo. In alto all’interno di Radio Zeta - dopo la chiusura - Daniela Invernizzi intervista in esclusiva Angelo Zibetti
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 15
Foto tratte da “Treviglio Amarcord”
La festa della Madonna delle Lacrime
Fera de Sant’Ustì, Treviglio in attesa di Luciano Pescali
Le “giostre” sono già in funzione, così Treviglio e la Gera d’Adda stanno vivendo un clima prefestivo. Iniziamo così un viaggio a ritroso alla riscoperta delle vecchie attrazioni e delle bancherelle degli anni del dopoguerra
I
l 28 Febbraio per noi trevigliesi significa “Madonna delle Lacrime” e “Fera de Sant’Ustì”, che pur nel suo peregrinare tra un sito e l’altro - piazza Insurrezione, piazza Mentana, Area ex GIL, Foro Boario e in attesa della nuova collocazione nel futuro polo fieristico - è vissuta ed amata da sempre. Pur perdendo nel tempo molto della sua specificità di fiera paesana legata al Santuario, resta sempre qualcosa di unico per noi trevigliesi.
16 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
Certo le persone sono cambiate, noi siamo cambiati, le attrazioni non sono più quelle ingenue della nostra infanzia, i giochi, anche i più semplici, sono inquinati dalla tecnologia, tant’è che sono scomparsi tanti di quei divertimenti. Chi si ricorda delle gabbie a spinta su cui noi baldi giovani cercavamo di fare colpo sulle ragazzine? O il baracchino per il tiro con le palle ai barattoli, o ai pupazzi con le facce degli attori (Totò era un classico). C’erano
pure baracconi dove si esibivano personaggi improbabili o inquietanti: l’uomo forzuto che rompeva catene come fossero di carta, o il fachiro, o la penosa esibizione della donna ragno e dell’uomo serpente. Questi ultimi nient’altro che povere creature malformate e sfruttate per queste esibizioni. Queste “distrazioni” incidevano sul mio profitto scolastico del secondo trimestre (allora l’anno scolastico era suddiviso in tre trimestri): c’era un calo di attenzione a scapito della resa scolastica. Era poi dura recuperare negli ultimi tre mesi! Inoltre ci si metteva d’accordo tra di noi, fingendo di andare a studiare a casa dell’uno o dell’altro amico, ma si deviava sul “calcinculo” o sull’autoscontro. Tanto non esisteva il cellulare e noi ci si copriva a vicenda… Allora abitavo in via Fratelli Galliari, nel cortile della Tipografia Saccardo, dove veniva stampato il “Biligot”. Ricordo l’andare e venire dei ragazzi che ritiravano le copie da vendere nelle vie. Il loro richiamo “Biligot, Biligot!” risuonava già dalle prime ore del mattino ed era il refrain di quel giorno speciale. Il nostro portone d’ingresso al cortile era la base, il deposito per le bancarelle lì dislocate, che si snodavano verso la fiera quando era in
Il Rotor, le autopiste e il gelataio Cadorini di Roberto Fabbrucci
L’evoluzione dei Luna Park degli ultimi sessant’anni visti con gli occhi dei bambini di allora, che si incantavano con poco. Bastava una giornata tiepida di fine febbraio e un tricicolo del gelataio Cadorini per tuffarsi nella primavera
Sopra piazza Insurrezione e via Matteotti negli anni ‘50. A sinistra della foto si intravede il Rotor e il pubblico che “spia” dall’alto. Al centro Massimo Fabbrucci nel 1958 tra le braccia di Rina Manenti al Luna Park
centro. Di alcuni di questi venditori ho ricordi che mi sono rimasti impressi: quello che proponeva pomate o unguenti miracolosi, buoni per tutti gli acciacchi, e che per attirare l’attenzione esibiva rettili e rane in barattoli sotto spirito. Oppure chi proponeva il pantografo per riprodurre i disegni, oppure (e questo mi affascinava sempre) chi vendeva il giroscopio facendolo girare vorticosamente in equilibrio su un filo teso. Ricordo poi un ometto che azionando una manovella metteva in movimento tutta una serie di personaggi meccanici accompagnati da trilli e campanelli. Insomma un universo a volte ingenuo ma che riusciva a incuriosire bambini e adulti che, con alle spalle il ricordo fresco del grigiore della guerra, ci aiutavano a sognare un mondo a colori. Sotto una vignetta di Carmelo Silva disegnata sulla fotografia di piazza Mercato, negli anni ‘50 sede del Luna Park. A sinistra il Biligot’ del 1952 e il “cancinculo”, a destra il gelataio Mario Bortolot del “Cadorini”
C
ome riporta in queste pagine Luciano Pescali, mio coetaneo, “la fera de Treì” negli ultimi settant’anni ebbe varie sedi: via Matteotti e piazza Insurrezione, in piazza Mentana, negli spazi del mercato del sabato e poi nell’area ex Gil (Gioventù Italiana Littorio) oggi Poste, liceo Simone Wail e Istituto Zenale e Butinone, per finire al Foro Boario. Romano Zacchetti, altro coetaneo e collaboratore de “la tribuna”, ricorda la collocazione della “fera” in piazza Mentana. «Ricordo benissimo una giostrina sulla quale salii, un tirassegno e mio padre, con mio zio Battista Greggia, entrare in una “gabbia” (quelle col contrappeso). E dai e ridai, fare il giro verticale a 360 gradi. C’erano anche le autopiste e il nostro trucco per far sbalzare i passeggeri dell’altra automobilina, era dare anche il colpo d’anca per aumentare l’impatto dello scontro. In piazza Insurrezione, invece, ricordo anche una pista con pavimento in ferro sulla quale correvano delle automobiline biposto con respingenti anch’essi in ferro; non era un autoscontro e ricordava certi anelli a otto dei circuiti automobilistici». Quando il Luna Park era in piazza Insurrezione, dai due lati del monumento erano posizionate le due autopiste, tutto attorno bancarelle e giochi di vario tipo, dal tiro a segno al lancio delle palle di pezza, che continuavano in via Matteotti nello spazio lasciato dopo la demolizione di quella parte del centro storico, considerata dal fascismo malsana, ma noi ragazzini, che della storia di Treviglio sapevamo poco, pensavamo fossero ruderi conseguenti a dei bombardamenti di una decina di anni prima. Nella piazzetta di fronte alla Mutua, a ridosso del macellaio e del Bar Impero, di solito disponevano il “Rotor”, un cilindro di legno largo sei o sette metri, e alto poco meno, che ospitava qualche decina di persone all’interno. Il “divertimento” consisteva nel ruotare vertiginosamente il grande cilindro con il pavimento di legno mentre le persone, a causa della forza centrifuga, rimanevano incollate alle pareti nelle posizioni più strane e grottesche, e nel contempo il pavimento veniva fatto abbassare di almeno un metro lasciando le vittime “incollate” più in alto. Sopra questa sorta di arena rotante c’era il pubblico che osservava nella “fossa” sghignazzante e urlan-
te. Un altro trucco per far divertire consisteva di dare un premio a chi riusciva a raggiungere il centro del Rotor mentre prendeva velocità. Così qualcuno impavidamente si staccava dalla parete, che ruotava lentamente, tentando di avvicinarsi verso il centro ma, subendo la forza centrifuga, veniva risospinto verso l’esterno; qualcuno invece – sdraiandosi sul pavimento – tentava di strisciare verso il centro puntando mani e unghie sulle assi del pavimento. Ovviamente ne succedevano di tutti i colori, con urla e imprecazioni e gran divertimento per gli spettatori. Le autopiste, invece, erano usate per tentare l’approccio con le ragazzine, scherzando con loro e tentando di creare violenti “incidenti” per farle sobbalzare sui sedili della piccola vettura. Inutile dire che il corteggiamento fatto in questo modo non avesse un gran successo. Tra le curiosità di quegli anni, se la stagione era fortunata grazie al sole che si affacciava tiepidamente, c’era la possibilità di poter mangiare per la prima volta il gelato, dopo il rigido inverno. Ciò grazie a triciclo Cadorini, con tutta probabilità condotto da Mario Bortolot, nonno di Maria Elena Cologno (che ci ha fornito la foto), la cui famiglia era originaria di Zoppè di Cadore e arrivata a Treviglio passando prima da Saronno. Una storia da raccontare e che ci auguriamo di fare presto.
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 17
La festa di Treviglio e la satira
Quei giovani burloni del ventennio di Daniela Invernizzi
Breve storia del giornale che dal 1928 iniziò a pizzicare la politica e da allora ogni anno diverte i trevigliesi per la “festa de Sant’ Ustì”
T
reviglio - ‘l Biligot è un giornale satirico che nasce a Treviglio, in terra bergamasca, il 29 febbraio 1928. Da allora, con una continuità interrotta solo dalla Seconda guerra mondiale, è l’appuntamento annuale che tutti i trevigliesi aspettano con curiosità e una punta di timore. Come sappiamo, il giornale vede la luce una sola volta all’anno, in occasione della festa della Madonna delle lacrime, e prende di mira amministratori locali, personaggi noti e cittadini comuni. Il fatto che dopo ottantotto anni goda ancora di ottima salute è merito soprattutto di coloro che, nel passato come oggi, prestano la loro attività in redazione per puro spirito goliardico. ‘l Biligot nasce infatti per scherzo, ad opera di un gruppetto di studenti universitari con la voglia di burlarsi del potente di turno. Rindo Villa, Ildebrando Santagiuliana e il tipografo Ferdinando Saccardo sono così entrati nella storia trevigliese. Il contesto storico non è certo dei migliori per quanto riguarda la satira – siamo in piena dittatura fascista - tuttavia la piccola città di Treviglio è una realtà culturale in pieno fermento, con una attività teatrale effervescente (si producono anche commedie dialettali) e un clima goliardico fra gli studenti dell’epoca, che non si limitano alle parole, ma
18 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
spesso passano ai fatti. Per fare l’esempio più eclatante basterà ricordare la burla della guerra Treviglio-Caravaggio, che nel 1953 trasse in inganno persino la stampa estera. Dopo il furto da parte di alcuni buontemponi caravaggini del bassorilievo della Gatta (che ancora oggi fa bella mostra di sé nella piazza centrale di Treviglio), un gruppo di “vendicativi trevigliesi” pensò bene di affittare un piccolo aereo da turismo e bombardare la città rivale con uova marce e addirittura galline! Dopo un parapiglia generale e l’intervento delle forze dell’ordine, la “guerra” finì con la restituzione del maltolto. La storia ebbe una certa eco sulla stampa locale e nazionale (la pubblicarono, per esempio, “Grand Hotel” e “Il Tempo” di Milano), tanto che alcune testate estere la presero sul serio e la passarono come una specie di piccola guerra civile, ottenendo il risultato di finire sul Biligot, oggetto di pubblico ludibrio. Ma perché “Biligot”? Il termine è una storpiatura della parola dialettale “biligocc”, che significa “castagne”. I primi numeri compaiono infatti con questa dicitura. Con la ripresa
Da sinistra: il compositore tipografico Francesco Gulani, donna ignota, Carmelo Silva, Mario Rossi, Eli Somenzi e uno sconosciuto (foto anni ‘60). Sopra nonno Ferdinando Saccardo in via Galliari, vignettato da Silva, così le copertine del Biligot’. Sotto a destra la copertina del 2015 disegnata da Juri Brollini
delle pubblicazioni, dopo la guerra, la testata diventa ‘l Biligot. Nessuno oggi è in grado di spiegare perché proprio questo termine per il nome del giornale. Forse la scelta ha qualche attinenza con la metafora “cogliere in castagna”, cogliere in flagrante, per ribadire che nulla sfugge all’occhio attento dei suoi redattori. Oppure, semplicemente, perché le castagne sono uno dei simboli della festa della Madonna delle Lacrime. ‘l Biligot è nato senza grandi pretese come giornale umoristico: ricco di vignette e caricature, ovviamente in bianco e nero, non aveva, ai suoi esordi, pretese culturali. Il dialetto trevigliese, parlato dalla stragrande maggioranza dei cittadini, spesso come unica lingua, era utilizzato per rendere più efficace la battuta e nulla più. I redattori preferivano l’italiano, forse per dare più autorevolezza alle loro stoccate. Il dialetto era lasciato ai trevigliesi che volevano ridere di loro stessi attraverso la rubrica “Streacade” (stupidaggini). I cittadini facevano pervenire alla redazione piccole frasi sentite in giro, al lavoro, in famiglia, vere e proprie chicche di umane idiozie rigorosamente vere. Ancora oggi la rubrica riscuote un enorme successo ed è probabilmente la prima ad essere letta subito dopo l’acquisto del giornale. L’utilizzo del dialetto è senz’altro più importante oggi, perché segno di una cultura che si sta perdendo e che si vuole salvare. Così l’idioma locale si inserisce in un progetto culturale ben preciso, che diventa, sulle pagine del giornale, un racconto, una poesia, una testimonianza. Un lavoro sempre più difficile, poiché va perdendosi fra i giovani l’abitudine a parlare, tanto più a scrivere, il dialetto. Grazie quindi alla parlata locale dialetto, oggi il giornale trevigliese assume una veste culturale che agli inizi non aveva. Anche per questo motivo continua a riscuotere un enorme successo. Cinquemila copie stampate e praticamente nessun reso, su una popolazione di circa 30.000 persone, è la
dimostrazione che i trevigliesi sono davvero affezionati a questo giornale. La stampa è effettuata la notte fra il 27 e il 28 febbraio. Un discorso a parte nella storia del giornale meritano le vignette e le caricature. Non è immaginabile un numero del Biligot senza di esse. Negli ultimi anni hanno fatto il loro ingresso le fotografie, ma soltanto per denunciare, ad esempio, lo stato di una strada, o un mostro edilizio. Per i personaggi oggetto di burla resta d’obbligo la caricatura. Ai disegni hanno collaborato anche personaggi illustri, come Carmelo Silva, che negli anni Sessanta e Settanta si occupava delle vignette sportive del Corriere della sera. Oggi Juri Brollini, autore di tutti i disegni degli ultimi numeri, non fa rimpiangere i suoi più illustri antenati. Nonostante sia un giornale satirico, che regolarmente punzecchia l’amministrazione comunale, di qualunque colore sia, negli anni ‘l Biligot ha collezionato “soltanto” sei querele, mai finite in tribunale tranne che in un caso, poi risolto con l’assoluzione dei querelati. La dimostrazione che il giornale sa essere pungente senza mai cadere di stile.
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 19
La festa di Treviglio e la satira
Quando la Tribuna sfidò ‘l Biligot
Lo Zigo Zago e il golpe d’Egitto
di Roberto Fabbrucci
Nel 1953 la squadra composta da Alpheo Pagin, Giulio Carminati, Amanzio Possenti e i suoi fratelli pensò di far rinascere il concorrente del Biligot
Anche la redazione de “la tribuna” pubblicò dei numeri unici satirici per la “Festa de Sant’ Ustì”, Sinsiga, ‘l Bigulot e lo Zigo Zago
N
el corso della vita de “la tribuna”, iniziata nel febbraio del 1975, abbiamo sperimentato tre iniziative satiriche fuori dalle pagine del nostro periodico: “Sinsiga”, “Bigulot” e “Zigo Zago”. Il Sinsiga fu pensato e realizzato essenzialmente da collaboratori esterni diretti da Gabriele Bellagente e Marco Airoldi (detto Santagiuliana). Pochi fogli di carta riciclata, numero unico, contenuti di satira politica molto schierata a sinistra e che risentiva delle posizioni politiche dei due animatori: anarchico Marco, del partito comunista del “Manifesto” Bellagente. Memorabili, invece, le esperienze successive, quelle del Bigulot e dello Zigo Zago, esperienza del 1984 e unica la prima, dal 1987 al 1994 la seconda. Carmelo Silva frequentava “la tribuna” dall’autunno del 1979, così si dilettò a disegnare qualche vignetta che gli commissionavamo per la rivista. Poi quando si avvicinava il periodo della Festa della Madonna delle Lacrime, venivamo di forza coinvolti nella costruzione di qualche “acàda” da far pubblicare sul giornale satirico ‘l Biligot. Rivista umoristica dove Carmelo era un po’, oltre che vignettista e supporto editoriale, anche il personaggio cui la redazione de ‘l Biligot affidava i contatti con i clienti. Tutto filò alla meglio fino all’inizio dell’84, quando Carmelo arrivò in redazione furente. Aveva bisticciato con i suoi più cari amici, Brandino Santagiuliana e Rindo Villa, fondatori e caporedattori de ‘l Biligot, che avevano comunicato di aver deciso di affidare ad altri, non più a lui, la raccolta pubblicitaria e quindi le provvigioni, il 5%, che Silva considerava una piccola compensazione al suo lavoro commerciale, grafico e giornalistico. «Ma ‘l fà sö nóter al Biligot» mi dice prima di spiegarmi il perché, poi mi convince a produrre per la “Madona de Sant’Ustì” un’imitazione che doveva
20 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
chiamarsi ‘l Bigulot. Persuaso di dover avere un ruolo meramente professionale e imprenditoriale, mi lasciai convincere ad allestire graficamente la rivista satirica, mentre Carmelo disegnava, vagliava i testi che arrivavano in redazione spontaneamente dai trevigliesi e via dicendo. Preparai la pubblicità con dei manifesti e locandine (vedi vignetta), poi arrivò il giorno della diffusione, il 28 Febbraio del 1984. Fu una bomba, ma atomica. Il giornale andò a ruba, divenne l’argomento cittadino per settimane e la redazione fu assalita dalle telefonate di chi si complimentava, ma anche da quanti si sentivano presi in giro o messi alla berlina per vicende private. Storie incomprensibili a me e ai più, ma comprensibilissime e note nell’ambito dell’ufficio o della piccola cerchia di amici, che su quei comportamenti spettegolavano, “delatori” che avevano inviato scritti criptici alla redazione. Io stesso mi trovai ad affrontare nella sede de “la tribuna” un’aggressione verbale violentissima di un uomo pubblico citato, se pure con il solo nome di battesimo, assieme ad una sua collega di lavoro in una rubrica intitolata “Telefilm”. Una cosa che a me appariva tenera, senza capire chi fossero gli innamorati, in realtà velenosa e causa successiva di pesanti reazioni in famiglia. Così, per alcuni anni, a Treviglio non venni più indicato come il direttore de “la tribuna”, ma come “Chel che l’ha facc’ al Bigulot”. Già, io e non Carmelo Silva, che si salvò totalmente dalle polemiche, trovando in me il parafulmine, e anche se qualcuno mi tolse il saluto, tutto finì serenamente, persino con un bilancio economico di tutto rispetto e nessuna querela. Sopra il manifesto del Bigulot, a sinistra Carmelo Silva nell’autoritratto “sberleffo”. A destra Muhammad Naguib
D
elle origini dello “Zigo Zago” chiediamo lumi al giornalista Amanzio Possenti (direttore del Popolo Cattolico), che assieme ai fratelli maggiori Manlio e Renato, con il brillante contributo di Alpheo Pagin e la matita straordinaria di Giulio Carminati, decisero di rieditare la testata satirica nata durante il periodo fascista in contrapposizione a ‘l Biligot. Amanzio non ricorda chi fossero i primi inventori dello “Zigo Zago”, ma ha ben presente quale fu lo “scoop” della loro prima edizione del 28 Febbraio del 1953 e che vide in qualche modo protagonista il capo dell’esercito che aveva deposto l’estate precedente Re Farouk d’Egitto. «L’uomo dell’anno, non solo in Italia, era Muhammad Naguib», il generale che aveva spodestato - con Gamal Abdal Nasser – il re d’Egitto. Così la pensata dei ventenni trevigliesi fu di inviargli una lettera. «L’anima di queste pensate era Pagin - continua Possenti - scrivemmo la lettera dicendo che avremmo pubblicato volentieri un suo intervento sulla nostra testata. Incredibilmente Naguib rispose e noi uscimmo con lo “Zigo Zago” e lo “scoop». Non fu però la sola “pensata” del quartetto, in quegli anni s’inventarono il bombardamento su Caravaggio ad opera di un aereo pilotato da trevigliesi (vedi articolo pag. 18 di Daniela Invernizzi). La leggenda dice che
COME LAVORIAMO
furono scaricati sulla città dei “purselì”, salumi e vettovaglie varie, così la notizia - ma qui siamo alla cronaca e non alla leggenda - finì sulla stampa di tutto il mondo, in particolare su quella argentina. «Dopo lo “Zigo Zago” riesumammo un’altra testata trevigliese satirica, la “Trebacula”, ma non ebbe lunga vita».
STUDIO
Lo Zigo Zago e Radassao
Dopo tre anni di pausa dopo l’uscita del Bigulot, “la tribuna” ritenta la strada del numero unico della “Madòna de Sant’Ustì”, recuperando la vecchia testata che ebbe vita breve nel dopoguerra ad opera di Amanzio Possenti e suoi amici, lo “Zigo Zago”. La cosa fu impegnativa ma non difficile, infatti sulla nostra rivista sia Carmelo Silva che altri disegnatori si sbizzarrivano con vignette e rubriche satiriche, così il 28 Febbraio del 1987 lanciammo nuovamente la sfida al Biligot. Ripetemmo l’esperienza più volte, fino al 1993, poi la crisi economica del dopo “Mani Pulite” iniziò a mordere e bloccammo definitivamente l’esperienza. Da ricordare però la copertina del 1988, l’anno del commissariamento prefettizio del Comune da parte di Angelo Radassao, che arrivò in città con clamore e accompagnato dalla giovane e bella moglie. Era l’anno di “Quelli della Notte”, di Renzo Arbore e della sua comitiva, delle Ragazze Coccodè e del Cacao Meravigliao. Così a qualcuno in redazione, parlando dei consiglieri comunali Dc che non erano riusciti ad eleggere il sindaco, quindi lo scioglimento del Consiglio Comunale e il suo commissariamento, li definì “barabao” (sciocchi). Aggettivo che fa rima con il Cacao Meravigliao ma anche con Radassao, così la copertina divenne uno slogan che sopravvisse allo “Zigo Zago” per anni: “Mei Radassao che trenta barabao” (vedi sopra). Un innamoramento per Radassao durato lo spazio di un anno, tanto che poi chiesi a Carmelo di fare una copertina diversa: “Mei trenta barabao che Radassao”. r. f.
PROGETTAZIONE
RENDERING
CONSEGNA
POST-VENDITA
www.maxinterniedesign.it 1 Febbraio 2016 - la tribuna - 21
La festa di Treviglio e la storia
Quel prezioso labaro della maestra Bussi di Carmen Taborelli
Ricamato nel 1848 e portato in prima linea, durante le cinque giornate di Milano, dai trevigliesi guidati dal patriota Bicetti dè Buttinoni
N
el Palazzo Municipale di Treviglio è conservato un piccolo labaro di cm. 50x65 (qui riprodotto da Tino Belloli), raffigurante l’immagine miracolosa della Madonna delle Lacrime, che, nel 1522, salvò l’antico borgo di Trevì dalla distruzione minacciata dal generale francese Lautrec (Odet di Foix, visconte di Lautrec). A eseguire il capolavoro, montato su velluto verde scuro, fu la maestra trevigliese Maria Teresa Bussi (1828-1901) per dare il proprio contributo alla causa dell’irredentismo. Cucì e ricamò su seta lo stendardo, che i volontari trevigliesi, guidati da Bicetti dè Buttinoni, portarono in prima linea durante le Cinque Giornate di Milano (18-22 marzo 1848). Conclusi i moti insurrezionali, il labaro venne riportato a Treviglio. Per alcuni anni fu custodito dal cartolaio di via Zeduro Zoppi, che, in seguito, lo cedette alla famiglia Mola. Quest’ultima lo donò al Comune perché custodisse, nel tempo, questa antica testimonianza d’arte e di storia.
Uno sguardo al ricamo
Volto e mani della Vergine e il corpo del
22 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
Bambino sono dipinti a tempera. L’abito dorato della Madonna brilla sotto il manto con ricco panneggio, trattenuto da una perlina e ricamato in bianco/ azzurro/blu, a punto raso. L’aureola è in fili d’oro a punto lanciato; ben realizzata e armoniosa è la capigliatura a boccoli. Lo schienale della seggiola ha due tonalità: oro antico rossastro al centro, oro giallo all’esterno. Lo spazio attorno all’immagine, in seta bianca, è arricchito dal tricolore e da armi (fucili, spade, alabarde e cannoni); il tutto è ricamato in oro brillante a punto piatto e a punto pieno risparmiato. In basso, tra i festoni, la scritta “W Pio IX” (il pontefice di allora) è ricamata con filo d’oro. Ornano e delimitano il labaro, su tre lati, le frange dorate e, in alto, una cimasa in seta rossa, in cui è inserito un bastoncino.
Chi era la patriota ricamatrice?
Maria Teresa Bussi nacque a Treviglio il 28 luglio 1828 in via di Porta Zeduro (l’attuale via Roma), figlia di Stefano e di Maddalena Manzoni. Considerate le modeste condizioni economiche dei suoi genitori, fu aiutata a studiare dalla famiglia Rainoni, presso cui la madre Maddalena prestava servizio come domestica. Maria Teresa conseguì il titolo di maestra elementare presso un istituto religioso, ove imparò anche l’arte del ricamo. Insegnò nelle nostre scuole per un quarantennio fino all’8 ottobre 1888, data in cui il Consiglio Comunale la collocò a riposo, corrispondendole una pensione annua di 187,50 lire, elevata poi a lire 250. Non si sposò; condusse una vita molto semplice, alternando l’insegnamento all’attività privata di ricamatrice. Morì il 12 novembre 1901.
Una curiosità
Nel maggio 2013, ritenendo di fare cosa gradita, ho mandato in omaggio l’imma-
La festa e l’evento musicale
gine del labaro, ricamato nel 1848, dalla trevigliese Maria Teresa Bussi, alla torinese Maria Teresa Bussi di Moncalieri, evidenziando la curiosità dell’omonimia. Questa la sua risposta: «Gentile Sig.ra Taborelli Carmen Rovati, ho ricevuto la Sua lettera ed il bellissimo pensiero ad essa allegato. Sono rimasta piacevolmente colpita dalle Sue parole e dal Suo pensiero, soprattutto in un periodo in cui la fretta ci impedisce di mantenere relazioni con altre persone. Tra l’altro Lei ha una scrittura molto simile a quella della mia cara Nonna che anche Lei, come me, si chiamava Maria Teresa. La ringrazio vivamente. Conserverò con molta cura quanto da Lei inviatomi. Spero di avere l’occasione di venire a Treviglio per poter vedere di persona il Labaro di Maria Teresa Bussi. Un caro saluto. Mariateresa Bussi».
Concerto per la Madonna delle Lacrime di Daniela Invernizzi
Grande attesa per l’appuntamento del 12 Febbraio con l’orchestra “I Musici del Teatro” diretta dal maestro Paolo Belloli
C
’è grande attesa per il tradizionale concerto per la Madonna delle Lacrime, con l’Orchestra “I Musici del Teatro”, che si tiene venerdì 12 febbraio alle 20.45, presso la Basilica di San Martino, a ingresso libero. Il concerto, reso possibile dall’aiuto delle due banche cittadine, BCC e Banca Popolare di Bergamo, è il quarto concerto della Stagione di Musica 2016. Sotto la direzione del maestro Paolo Belloli assisteremo a un concerto di ampio respiro, con musiche di Mendelsshon e Beethoven. Del primo ascolteremo l’Ouverture Le Ebridi Op.26 “La grotta di Fingal”, una delle creazioni più famose del compositore, per il fascino che esercita il suo richiamo alla forza del mare e della natura. Del secondo, la Sinfonia n.5 Op. 67, “Allegro con brio”, una delle pagine più celebri del repertorio classico, con il tema del destino che bussa alla porta, a rappresentare la sordità crescente che colpisce Beethoven in giovane età; e “Concerto per Violino Op. 612”, una delle pagine più alte del genio musicale del grande compositore. Per il suo particolare fascino e la sua grande brillantezza, questo concerto figura nel repertorio dei maggiori violinisti del mondo. Per
questo motivo, si esibirà il violino solista Alessandro Ceravolo, giovane musicista che ha già al suo attivo un’intensa attività e prestigiosi riconoscimenti. L’Orchestra I Musici del Teatro nasce a Treviglio agli inizi del 2015, da un’idea di Paolo Belloli e Elisabetta Magri, rispettivamente direttore del Centro Studi musicali e dell’Accademia musicale di Treviglio. Se il nome può far pensare a un’orchestra che si va ad aggiungere a quelle che già operano in campo musicale, il progetto vuole invece racchiudere una più ampia valenza: la creazione di un laboratorio dove giovani musicisti, neo diplomati o diplomandi, possono affinare le loro capacità ed il loro talento lavorando stabilmente al fianco di musicisti affermati. L’Orchestra I Musici del Teatro è in grado di affrontare un repertorio che spazia dal classico tradizionale alla musica del ‘900. Pur essendo nata da poco, ha già al suo attivo numerosi concerti di grande successo. Presidente dell’Associazione è Alda Sonzogni. Il prossimo concerto della Stagione di Musica sarà domenica 21 febbraio alle 16 presso il TNT, con il violino Lina Uinskyte e il pianoforte Mauro Dilema.
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 23
Il soprano Gabriella Locatelli Serio
Treviglio/Musica, concerti, appuntamenti
il Concerto di San Valentino di Giorgio Valiati
Il 13 Febbraio presso Tnt, due grandi interpreti e programma di tutto rispetto e gradevoli sorprese
È
un concerto dedicato all’Amore ed alle sue sensazioni più coinvolgenti quello che si svolgerà il prossimo 13 febbraio alle ore 17.00 presso il TNT di Treviglio. Un concerto evento per San Valentino, in quella che è oggi la sala da concerto più bella e temuta della nostra città. Temuta per l’acustica eccezionale, nel contempo severa, che nulla perdona a chi vi canta e suona. La serata sarà un’alternanza vivace e gioiosa degli slanci amorosi in tutte le sue sfumature, grazie anche ad una sala da concerto, un meraviglioso gioiello di acustica e tecnologia che verrà presentato nelle sue peculiarità dall’ing. Paolo Gianola, responsabile della progettazione acustica. Sala di eleganza e pregio acustico in cui il soprano Gabriella Locatelli Serio e la pianista Mariagrazia Gazzola eseguiranno brani di ampio respiro tratti dal repertorio cameristico e lirico che includerà autori italiani a tutti noti, come il Bergamasco Gaetano Donizetti, Giuseppe Verdi, Vincenzo Bellini, Luigi Arditi ed altri stranieri come Robert Schumann, Franz Listz e Marc-Antoine Charpentier. Le interpreti vantano curricula d’eccezione: Maria Grazia Gazzola e Gabriella Locatelli Serio si esibiscono ormai stabilmente dal 2008, il loro duo musicale vanta
24 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
un repertorio che spazia dai classici autori operistici, valorizzando riscoperte storiche ed inedite, finanche a sperimentare le nuove visioni musicali contemporanee. La Maestra Gazzola, dopo essersi imposta come “enfant prodige” del pianoforte, è oggi un’affermata pianista che riflette la propria migliore dimensione nel repertorio contemporaneo. Si è formata musicalmente a Bergamo sotto la direzione del M° Carlo Pestalozza ed in seguito ha approfondito la sua ricerca musicale a Vienna e Salisburgo. Risulta ben presto vincitrice di concorsi nazionali ed internazionali. È attualmente titolare della cattedra di “musica da camera” presso il conservatorio “Luca Maren-
zio” di Brescia, dopo essere stata per anni riferimento concreto al conservatorio “Giulio Cantelli” di Novara. Gabriella Locatelli Serio, invece, ha iniziato gli studi musicali a 18 anni, presso il conservatorio Donizetti di Bergamo sotto la guida della ma Silvia Bianchera. Diplomata col massimo dei voti e la lode, vince concorsi nazionali e ruoli in diversi allestimenti lirici in Italia e all’estero, risiede a nel comune di Brignano Gera d’Adda. Collabora continuativamente con l’accademia del Teatro alla Scala, il Teatro alla Scala, il Teatro Donizetti e varie realtà europee (Theatre du Capitole di Toulouse, Koblenz Theater, Victoria Hall de
L’addio a Silvia Infascelli di Hana Budišová Colombo
I
l 14 dicembre 2015 il mondo musicale è stato sconvolto dalla morte della cantante jazz Silvia Infascelli. Cantava, con la stessa grinta e passione, fino a tre settimane prima di andarsene, quando una lunga e difficile malattia le ha tolto le ultime forze rimaste. Con lei non se n’è andata solamente un’eccezionale cantante e musicista, ma anche una persona dolce e solare, che ricorderanno con grande affetto tutti quelli che l’hanno conosciuta non solo nell’ambito musicale. Silvia Infascelli, originaria di Bergamo, è stata una cantante jazz, maestra d’improvvisazione, autrice di testi, compositrice e una grande didatta. Ha completato la sua preparazione artistica presso grandi scuole come il Conservatorio di Bergamo, la Scuola di Musica Fiesole, la Scuola Jazz Aimra Lione in Francia e la GMF School KRK in Croazia, perfezionandosi con grandi maestri come Jay Clayton, Elisa-
beth, Mark Murphy, Paolo Zedda, Gabriella Ravazzi, Steve Lacy, Giuseppe Costi, Oskar Boldre, Tran Quang Hai, Bob Stoloff e tanti altri. Si esibiva ai vari festivals nazionali e internazionali, ha collaborato con Giorgio Gaslini, Paolo Fresu, Luigi Trovesi, Tino Tracanna, Enrico Rava e altri di grosso calibro. Dal 1989 la vediamo
La pianista Mariagrazia Gazzola
Genenve...). La sua vocalità lirica e solare la portano ad esibirsi con consensi di critica e pubblico con l’orchestra OSN di Torino. Il programma del 13 febbraio sarà un’alternanza vivace e gioiosa degli slanci amorosi in tutte le sue sfumature. Il concerto sarà gratuito, d’Amore e di Gioia e, come confidano gli organizzatori, non privo di piacevoli sorprese. L’evento è stato reso possibile grazie alla collaborazione del Comune di Treviglio e dell’Assessorato alla Cultura, al patrocinio dell’Associazione Malala e al sostegno della società Qcom, prestigiosa azienda nazionale di telefonia e connettività di Treviglio. docente di canto jazz, tecnica e improvvisazione vocale presso i jazz workshops tenuti presso Conservatorio di Bergamo ed Eurojazz Festival. Nel 2014 ha iniziato a lavorare sul suo ultimo progetto “PrimaVera” che descrisse così: «Ti racconto un po’ come è nato PrimaVera… come nel ciclo delle stagioni, ho attinto alle radici per trovare nuova creatività. E’ un viaggio fra le mie passioni musicali dell’adolescenza (da Peter Hammill, ai Beatles, gli Oregon…) e l’ispirazione di grandi artiste (Joni Mitchell, Abbey Lincoln, Carole King); ma ci sono anche le mie prime composizioni inedite e le più recenti, fino all’omaggio a mio padre, con una canzone di cui ho composto la musica, ispirandomi a una sua poesia. PrimaVera per me racchiude anima, voce, emozione, creatività di vent’anni di musica, e il bisogno di chiudere il cerchio, per andare oltre. Un sogno, rimasto a lungo nel cassetto, che finalmente ha preso forma». Leggendo queste parole sembra di leggere il suo testamento con il quale Silvia ci trasmette tutta se stessa e la musica del suo ultimo cd, che per pochi giorni non ha visto uscire, ne è testimone. La sua anima musicale rimarrà per sempre nei nostri cuori. Addio, Silvia.
Un ascolto nuovo con ‘La Belle Epoque’ di Daria Locatelli
“Il Mare di Dirac”: l’alternative rock della band trevigliese trasforma la musica in occhi dallo sguardo nuovo
I
l 13 novembre 2015 è la data di uscita de “Il Mare di Dirac”, esordio della band trevigliese “La Belle Epoque” (labelleepoqueband.it), composta da Luca Boschiroli (chitarra e voce), Dario Sorano (seconda voce, chitarra e tastiere), Daniele Pizzigoni (basso) e Paolo Dadda (batteria). Nato a fine 2009 e consolidatosi nel 2012 con la formazione attuale, il gruppo alternative rock ha dedicato un anno e mezzo alla scrittura e agli arrangiamenti delle otto tracce che compongono il nuovo disco autoprodotto, registrato sotto la guida di Jean Charles Carbone, ingegnere del suono, produttore e polistrumentista, in uno degli studi di registrazione più grandi d’Europa, il Teatro delle Voci di Treviso. Quando ci si avvicina al mondo di questa band si percepisce fin da subito il grande valore che viene attribuito alle parole, siano queste il nome del gruppo, il titolo dell’album o le canzoni stesse. “La Belle Epoque” richiama un periodo storico, culturale ed artistico che nostalgicamente contrasta con quello attuale, ma che viene sapientemente richiamato dalle note e dai versi della band al fine di spronare chi ascolta ad una riflessione critica sul presente. Il titolo del disco già di per sé incuriosisce e stimola la ricerca di quel filo conduttore
che unisce gli otto brani, legame che si cristallizza perfettamente con le teorie del fisico britannico, tra le quali si colloca quella del “Mare di Dirac”, un “modello teorico del vuoto visto come un mare infinito di particelle di energia negativa”. Come è possibile che un’equazione della fisica possa esemplificare un lavoro artistico e musicale? La risposta sta nell’invito comune a guardare oltre l’ovvio, abbandonare lo sguardo disincantato che fa da padrone per osservare elementi reali, ma silenti, e che attendono solo di essere notati e rientrare a far parte del visibile. Lo stimolo alla riflessione è affidato a un intreccio di contrapposizioni, di richiami in note e miscele sonore a quella capacità di ascolto e osservazione che sembra assopita nel periodo attuale. Ecco che il contrasto diviene uno strumento positivo, un mettere a confronto situazioni e dinamiche opposte che diventa una leva per suscitare quelle domande fatte tacere dalla quotidianità imperante. Nel video di “Cracovia”, primo singolo del disco, la contrapposizione è affidata alle immagini e alla musica che le accompagna, ossia scorci di una positività familiare proposti in ritmi sostenuti, diversamente da flash di progresso in strofe dalle note più pacate. L’inaspettato porta con sé il compito di risvegliare l’osservazione nell’ascoltatore, il riuscire a riappropriarsi di tutto ciò che è conosciuto da sempre e in modo naturale, ma che tende a non esistere più, se perso di vista. Un “nuovo” riscoperto nel “solito”, scenari impensati che si aprono all’interno di un panorama già esistente mediante la miscela di elementi che in superficie non possono essere amalgamati. Ne “Il Mare di Dirac” voci e intrecci di strumenti raccontano vita reale, rapporti umani, eventi più o meno inaspettati e cose che sfuggono in modo inedito, richiamando l’attenzione mediante una chitarra diversamente modulata o l’incursione non casuale di un piano o di una tastiera. “La Belle Epoque” è lo spazio in cui le differenze trovano alchimia, le contrapposizioni si tramutano in strumenti per far emergere “Il Mare di Dirac” e l’ascolto diventa cambiamento.
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 25
Cultura/Associazioni, eventi e personaggi
Patrizia Salvini suonerà per il Rotary Club di Treviglio
Un contributo della pianista per la costruzione dell’Ospedale di un villaggio del Madagascar
R
otary Club di Treviglio - Pianura Bergamasca e Change Onlus, stanno costruendo a AmpefyAndasibe, piccolo villaggio nel cuore del Madagascar, l’Ospedale Saint Paul, dotato di sala operatoria, un laboratorio di analisi, una sala parto, ambulatori di neonatologia, radiologia e oculistica e persino un’attrezzata sala odontoiatrica, a cui sarà aggiunto un centro nutrizionale. Il finanziamento di questo progetto è completamente supportato da volontari italiani con il contributo della Rotary Foundation e si avvale di mote iniziative per la raccolta fondi. La prima struttura di questo ospedale fu inaugurata ad Aprile del 2014, ma purtroppo un uragano ha devastato il tetto distruggendo sia l’impianto fotovoltaico che quello solare termico. I volontari si sono già rimboccati le maniche per affrontare questa ricostruzione, tanto che ad inizio marzo partiranno dall’Italia i materiali per la ricostruzione, parte dei quali forniti dal Rotary di Treviglio. Per contribuire a sostenere questo impegno del Rotary, Patrizia Salvini, pianista di grande spessore e cittadina adottiva di Treviglio, offrirà alla città di Treviglio ed al Rotary un concerto che si terrà al teatro Filodrammatici il 9 marzo 2016 alle 21:00. L’ingresso sarà libero e durante la serata, chi vorrà, potrà offrire un contributo per il progetto dell’Ospedale. Sarà anche l’occasione per ringraziare le donne per il loro impegno nel Rotary e per le attività sociali svolte. Sarà impegno de “la tribuna” riprendere l’argomento. g. v.
26 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
Nel ricordo di Clementina Borghi di Daniela Invernizzi
Intervista con Maria Palchetti Mazza, presidente e cofondatrice dell’associazione culturale più attiva del territorio trevigliese
È
una delle associazioni culturali più longeve e attive del territorio. La “Clementina Borghi” è nata infatti il 21 giugno 1997, dopo un precedente non riuscito nel 1992. Dieci i soci fondatori, tra i quali l’attuale, inossidabile presidente, Maria Palchetti Mazza, artefice di molte iniziative dell’associazione e alla quale ha dato molto, a partire dal nome. Appunto, il nome. Chi era Clementina Borghi? «Era una preside della scuola media Tommaso Grossi alla quale sono giunta dopo la laurea – mi racconta - Se ne stava tutte le mattine in cima alle scale, dalle 7.30 alle 8, con un fischietto d’oro al collo che usava spesso e volentieri; e siccome io ero sempre leggermente in ritardo (avevo due bambine piccole) mi riprendeva sempre così, gridando: ‘Mazza, muoviti!!’ e io correvo trafelata. Mi sgridava anche per altre cose, per esempio l’abbigliamento: a quell’epoca noi insegnanti portavamo il grembiule, che io ho sempre odiato; così lo tenevo sbottonato, magari con qualche scollatura, diciamo un po’ più azzardata delle altre (erano gli anni Sessanta). Lei mi fermava sempre, intimandomi di abbottonarmi; insomma, mi riprendeva in continuazione, però credo che in fondo le fossi simpatica. Quando è morta e ho fondato l’associazione ho pensato …di vendicarmi, chiamandola con il suo nome!». Ridiamo insieme, poi Maria riprende seriamente: «Era una donna sola, aveva molti difetti, ma il suo più grande pregio era che amava gli studenti e nella maniera giusta: li controllava, li correggeva, ma li amava anche profondamente; e questa è una qualità che vince su tutte le altre e annulla il resto». Così Maria intitola a questa preside indimenticata un’associazione culturale che, fin da subito, mette i ragazzi al centro dei suoi interessi. Anche il Concorso Letterario, giunto ormai alla sua XVII edizione nel 2015, ha da sempre una sezione dedicata ai più giovani. «Sono persone ‘in fieri’ e dobbiamo aiutarli, non scontrarci con loro, come spesso accade fra generazioni diverse - continua Maria (e quando parla dei ragazzi le si illuminano gli occhi) - A volte anche noi insegnanti siamo troppo esigenti. Li sommergiamo di
lavori scolastici eccessivi, li riempiamo di severità, di responsabilità, come se fosse questa la finalità dello studio, che invece dovrebbe essere gioia di conoscere, imparare. Io ho frequentato uno dei licei classici più prestigiosi di Firenze e francamente non ricordo tutto questo studio matto che vedo oggi. L’associazione comincia la sua attività con l’organizzazione di corsi monografici (letteratura italiana, lingue, psicologia, pittura, musica…), presso i locali della scuola Grossi. Poi nel ‘98 nasce il concorso di poesia e prosa; nel corso degli anni le attività si diversificano sempre di più: un concorso fotografico internazionale, uno pianistico internazionale, corsi di scrittura creativa, seminari di approfondimento di viaggi, letteratura e salute, aperitivi letterari, ospiti vari, tra cui, recentemente, scrittori come Cazzullo, Bignardi, Scianna…» (tutte le iniziative sul sito www.clementinaborghi.it). C’è un progetto che le sta a cuore e che ancora non si è realizzato? «Recentemente abbiamo organizzato, per gli studenti del Weil, alcuni incontri con uno psicologo, il prof. Boienti, che sono piaciuti molto ai ragazzi. Su questa scia sto pensando da un po’ di tempo di organizzare, sempre con la collaborazione del prof. Boienti, corsi sulla genitorialità. Ne avevo parlato anche
Un’immagine scattata durante una recente manifestazione dell’Associazione Clementina Borghi: al microfono il presidente Bcc Giovanni Grazioli, alla sua destra Maria Palchetti Mazza, Giuseppina D’Agostino e Maria Gabriella Bassi. Sotto Clementina Borghi
con l’assessore Pinuccia Zoccoli, poi la cosa è caduta in seguito alle vicissitudini politiche. Ma è un discorso che intendo continuare, perché ritengo che sia il punto nodale di tutte le problematiche che riguardano oggi i ragazzi». In che senso? «Ho avuto modo di leggere alcuni temi degli studenti della scuola superiore e da essi traspare una solitudine paurosa. I genitori sembrano non esistere, e laddove ci sono, sono buoni solo a rimproverare. Ma quali canali muovere? Come invogliare i genitori a partecipare, senza sembrare i maestrini che vogliono insegnare il difficile mestiere del genitore? Non so come fare, anzi, chiedo aiuto da qui, lancio un appello, perché credo che di questi incontri molti genitori avrebbero davvero bisogno, e sarebbe un modo per avvicinarsi ai propri figli». Quali sono i problemi che incontra un’associazione come la vostra? «A parte la difficoltà costante di reperire fondi (e per questo ringrazio la BCC che ci ha sempre sostenuto, ma anche altre banche per la realizzazione di progetti specifici; poi il Comune di Treviglio e alcuni privati, primo fra tutti il presidente della Colombo Filippetti, Pier Colombo - recentemente scomparso - che ci sostenne alla nascita), oggi la difficoltà maggiore sta nel raccogliere l’utenza intorno ai progetti; non credo per mancanza di interesse, perché Treviglio è una città culturalmente molto viva; forse è la mancanza di un coordinamento fra le varie iniziative, che le possa valorizzare al massimo una a una, senza penalizzarne nessuna. Da tempo vado dicendo che sarebbe utile una sorta di Pof territoriale (il Pof è il piano dell’offerta formativa di una scuola, ndr) per favorire la collaborazione fra le varie associazioni, ma non se ne fa mai niente. Ognuno guarda al proprio orticello, anzi, c’è una lotta armata l’una contro l’altra. Ma perché, poi, che alla fine perdiamo tutti?».
I viaggimigliori partonoda noi Bonanza Viaggi Via Zara 1 24047 Treviglio (BG) Tel. 0363-303900
bonanzaviaggi.it
Bonanza Viaggi Srl
#ioviaggioconbonanza
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 27
Editoria/La Gera d’Adda e giovani di successo
Un avvincente giallo sui Visconti
Francesca Ghisletti, animatrice con il marito della Pro Loco di Brignano Gera d’Adda, insegnante e per passione scrittrice, ha ricevuto la prestigiosa segnalazione d’onore dalla giuria del “XXXIII Premio Firenze”
A
lla fine dello scorso anno presso il “Salone del cinquecento” di Palazzo Vecchio a Firenze la professoressa di lettere Francesca Ghisletti ha ricevuto in merito al suo nuovo libro “Eugenio Visconti - I volti del potere” la prestigiosa “Segnalazione d’onore” dalla giuria del XXXIII Premio Firenze con la seguente motivazione: “Un romanzo storico avvincente, un giallo thriller molto coinvolgente e storicamente ineccepibile, dove si muovono personaggi che abbiamo conosciuto incartati nei libri di Storia, come Maria Antonietta, i due Visconti, il Signore di Milano e il Nunzio, Carlo III e molti altri, ma che qui divengono sanguigni, viventi e tenebrosi nelle loro trame. Un libro che sarebbe piaciuto molto ad Alessandro Dumas, antesignano del romanzo storico”. Un grandissimo risultato per l’insegnante brignanese che vive a Caravaggio, dove insegna Lettere alla Scuola media, come per la Pro Loco di Brignano Gera D’adda in cui opera con passione, in perfetta sintonia con il marito Claudio Bolandrini, presidente della Pro Loco stessa. Coniugi impegnati da anni nella valorizzazione del Palazzo Visconti e della sua storia. La Pro Loco, infatti, da parecchio tempo organizza visite e spettacoli che si svolgono a cadenza annuale all’interno del palazzo e per le vie del Comune attorno, traendone da lì lo spunto per i suoi soggetti letterari. Grazie al contributo determinante degli altri membri dell’associazione è stato possibile mettere in scena negli anni diversi spettacoli in costume molto apprezzati. Sono proprio le gesta
28 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
Sopra Francesca Ghisletti a Firenze, a sinistra la copertina del libro, sotto Palazzo Visconti in un dipinto a olio. Accanto gli attori della Pro Loco di Brignano al termine di una rappresentazione viscontea. La seconda da destra è Francesca Ghisletti
di queste dame, cavalieri, bravi e nobildonne che hanno dato vita ai romanzi di Francesca. “Barnabò Maria Visconti. Lo spirito del Dragone”, ambientato alla fine del Seicento durante le guerre combattute tra gli eserciti degli Asburgo e quelli Turchi, è stato il suo primo romanzo pubblicato, seguito successivamente da “Annibale Visconti. Lunga vita ai grandi di Spagna” che ripercorre le gesta del capitano dei Dragoni durante la guerra di successione spagnola. Infine, a concludere la sua personale “trilogia” sulle gesta visconte, il suo ultimo libro
il cui protagonista è Eugenio, figlio di Annibale Visconti e nunzio apostolico di stanza a Brignano Gera d’Adda, residente nel palazzo visconteo. In questa dimora si succederanno una serie di delitti e colpi di scena che faranno da sottofondo agli eventi di preludio alla rivoluzione francese. «Insegno lettere nella Scuola media: la storia e le storie, scusate il gioco di parole, sono la mia quotidianità, i miti e le leggende la mia formazione» afferma la nostra autrice. «Ho approfondito la storia locale tramite numerose ricerche su pubblicazioni riguardanti il nostro territorio, oltre a molte altre inerenti alla storia generale. Tutti i miei romanzi hanno fondamenti storici, ma ciò che mi diverte molto è colorarli usando la fantasia. La segnalazione del Premio Firenze mi ha fatto molto piacere, la giuria l’ha motivata sottolineando la professionalità, la scelta e questo significa che “Eugenio” è stato letto con attenzione ed entusiasmo». Nonostante quest’onorificenza e il grande successo dei suoi libri, Francesca rimane però con i piedi per terra e non si definisce scrittrice, ma un’artigiana delle parole: «L’essenziale è mettersi in ascolto e aspettare, prima o poi una voce inizia a parlare alla tua mente e al cuore e da echi lontani la storia diventa chiara e dipana le sue trame...». Diego Defendini
Alice nel paese dei fumetti di Nial Ferri
Alice Facheris ha creato le tavole del nuovo libro per bambini realizzato dal nostro redattore Ivan Scelsa e Lorenzo Ardizio. Protagonista: l’Alfa Romeo!
D
opo esser stata tra gli artisti che hanno dato un volto nuovo alla stazione del Portello, sulla linea Lilla della metropolitana milanese, Alice Facheris, 26 anni, realizza un progetto importante, uno di quelli che fanno la differenza nella carriera di una giovane artista. Dai corsi dell’Accademia di Belle Arti Brera di Milano, intrecciando gli elementi illustrativi tipici dei fumetti ai canoni estetici più classici dell’arte, la disegnatrice trevigliese segue un suo personalissimo stile che mette in risalto le sue capacità dalla straripante vena fumettistica.
All’esposizione delle sue opere nelle due edizioni consecutive di “Pittori e Scultori di via Sangalli” - dove, tra l’altro, le sue tele sono andate a ruba - ottiene uno spazio tutto suo alla fermata della metropolitana milanese del Portello, conquistando la giuria con un soggetto dedicato a Romeo e Giulietta, proprio lì dove nacque l’Alfa Romeo. Ed è lo stesso soggetto che colpisce e conquista le simpatie di un altro trevigliese, Ivan Scelsa, autore di importanti testi automobilistici, presidente di Associazione CinemAlfa e redattore de “la tribuna”. «Ho trovato l’arte di Alice particolarmente indicata per il progetto che avevamo in mente di realizzare – dice Scelsa - Il tratto fumettistico abbinato ad una naturale capacità di personalizzazione del soggetto ci è stato sottoposto proprio quando è nata l’idea di realizzare questo libro. Indicandole soltanto il tema delle tavole non abbiamo voluto vincolare la sua fantasia. Così è nato un libro automobilistico per bambini da 0 a 100 anni, in cui la protagonista è l’Alfa Romeo. Giulia racconta la sua storia e quella della sua famiglia: l’Alfa Romeo. Tra le sue antenate, infatti, ci sono grandi campionesse delle sport, reginette dei concorsi d’eleganza, automobili velocissime, affascinanti ed indimenticabili star del cinema. Un libro colorato, con tante tavole illustrative, immagini inedite che appassioneranno bambini e tutti coloro che piccoli vogliono sentirsi, sempre!». Davvero importante, poi, il supporto fornito da Lorenzo Ardizio - noto autore ed
La pittrice Alice Facheris, 26 anni, conquista il sogno di realizzare un libro di fumetti di successo
attuale curatore del Museo Alfa Romeo con cui Scelsa aveva già avuto modo di collaborare per altri importanti progetti ed in particolare nella realizzazione del testo “Alfa Romeo Amarcord”, un’edizione del Registro Italiano Alfa Romeo dedicata al ruolo del Marchio visconteo nella cinematografia. Appena arrivato in libreria, il libro sviscera i 105 anni di storia con un linguaggio semplice e mirato alla comprensione dei più piccoli a cui si legano 14 splendide tavole, tante curiosità e pubblicità d’epoca della Casa con una scelta grafica vivace e coinvolgente. Inutile far finta che non sia così: dopo la conquista dell’allestimento milanese ed il sogno realizzato di pubblicare il suo primo libro, la pittrice trevigliese entra prepotentemente nell’ambiente fumettistico-automobilistico. Ma lo fa con una naturale semplicità. «Ringrazio innanzitutto la mia famiglia che ha supportato e appoggiato il mio cammino sin da subito. Il mondo dell’arte è difficile - dice Alice - c’è molta concorrenza ma al tempo stesso c’è sempre qualcosa da fare. Devi metterti in gioco e fare della tua passione un lavoro, ed è molto soddisfacente». Con “…chiamami Giulia!”, accanto ai nomi di Scelsa ed Ardizio, quello di Alice Facheris raggiunge la ribalta nazionale e si appresta a raggiungere gli appassionati di tutto il mondo. D’altronde, con un titolo così ammaliante, sarebbe stato difficile pensare il contrario.
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 29
Arte/Opinioni & Commenti
L’evoluzione artistica dello Zenale dopo l’incontro con Leonardo da Vinci e la provocazione del critico d’arte Vittorio Sgarbi su “la tribuna”. Secondo Elio Massimino si tratterebbe di una “leggenda metropolitana”
C
aro Direttore, il popolare polemista televisivo e critico d’arte Vittorio Sgarbi si è guadagnato la copertina del numero di dicembre de “la tribuna” perché ti ha dato la notizia che «Leonardo venne a Treviglio, più volte ad ammirare e studiare il polittico di Zenale e Butinone», per poi aggiungere «probabilmente gli artisti si sono incontrati più volte». E quando tu gli hai chiesto (forse ricordando un mio recente articolo) «...è vero che nello Zenale sono evidenti segni della ‘scuola leonardesca’», lui ha replicato secco: «No, al contrario, fu Leonardo ad essere influenzato dallo Zenale e Butinone». Vediamo di mettere ordine in questa raffica di asserzioni. Intanto confermo di non essere a conoscenza di visite di Leonardo a Treviglio e, del resto, non ne parlano nemmeno don Piero Perego e Tullio Santagiuliana nella loro accurata “Storia di Treviglio”. Sarebbe quindi interessante se il prof. Sgarbi ci rivelasse la sua fonte. Comunque sia, soprattutto mi sembra insostenibile la tesi che Leonardo da Vinci sia stato influenzato da Zenale e Buttinone. Leonardo non ha mai seguito nessuno, nemmeno il Verrocchio, nella cui bottega mosse i primi
30 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
passi. A quei tempi accadeva che un maestro chiamasse gli allievi a completare un suo quadro e a lui, appena ventenne, toccò di fare l’angelo inginocchiato all’estrema sinistra nel “Battesimo di Cristo” del Verrocchio (1470 ca.). Ebbene, in questa figura già si riconosce una mano assolutamente originale anzi, racconta il maestro Giorgio Vasari «mai più volle toccare colori sdegnato che un fanciullo ne sapesse più di lui». Vorrei ricordare che nel corso del ‘400 lo stile gotico è stato gradualmente soppiantato da quello rinascimentale. La rivoluzione iniziò a Firenze nei primissimi decenni del secolo con i vari Masaccio, Brunelleschi, Beato Angelico, Botticelli e altri, per affermarsi nella seconda metà del secolo anche in Veneto e Lombardia, grazie a “migrazioni” dal Centro Italia, e non solo, di grandi artisti come Donatello a Padova dal 1443, Bramante in Lombardia dal 1477, Leonardo da Vinci alla corte di Ludovico il Moro dal 1481 e Antonello da Messina a Venezia nel 1474. Il Polittico di Zenale e Buttinone, che è circa del 1485/1492, è straordinario anche perché appartiene al momento di transizione in Lombardia tra il tardo gotico e il nuovo stile rinascimentale. Vi si possono infatti leggere elementi rinascimentali come gli archi nelle tre tavole del piano inferiore, che non sono più a “sesto acuto” (a punta), ma a “tutto sesto” (semicircolari) e presentano un riuscito tentativo di prospettiva, a me sembra, di ispirazione bramantesca. Rimane, però, gotico l’impianto complessivo dell’opera, l’ampia profusione di colori e oro, una certa figurazione irrealistica e la caratterizzazione aristocratica dei personaggi, a cominciare dalla Madonna in gloria (in trono). Lo stesso San Martino non ha nulla di un soldato romano, piuttosto è rappresentato come un “giovin signore” del ‘400 a passeggio a cavallo che con compunzione tiene tra due dita un lembo del suo mantello, mentre lo taglia. Era tutto questo il tardo gotico. La prima opera di Leonardo a Milano fu “La vergine
Foto by Tino Belloli
Bernardino Zenale e Leonardo
Treviglio/Arte, marketing e sviluppo economico
Sgarbi: il Polittico influenzò Leonardo di Roberto Fabbrucci
«Leonardo arrivò più volte a Treviglio per ammirare il Polittico», afferma il critico d’Arte. «Non furono Zenale e Buttinone ad essere influenzati dall’allora giovane genio che conobbero a Milano, ma in qualche modolo lo fu Leonardo»
L
’articolo che avevo scritto riguardo all’arte a Treviglio e il Polittico sul primo numero de “la nuova tribuna”, iniziava così: «Entrando nella Basilica di San Martino, oppure nel Santuario, quello che colpisce uno “straniero” è la luce, che non c’è. Eppure appese appena sotto queste grandi volte, lassù in alto, s’intravedono opere pittoriche gigantesche di grandi artisti, ma il buio e forse la necessità di una pulizia ai dipinti, non le rendono evidenti. Persino il Polittico, che pure ha una sua illuminazione a pagamento e a tempo, pochi possono immaginare che in origine spiccava in mezzo all’altare, illuminando con la sua bellezza tutta la chiesa». Questo scrivevo per sollecitare le autorità civili e religiose a pensare ai nostri tesori d’arte come attrazione e il Polittico come brand della città, così come Castelfranco Veneto, ricca di monumenti, fa con la Pala del Giorgione. Per essere rappresentata, per costruire attorno all’opera d’arte il marchio e con ciò promuovere tutta la città, le sue opere, i suoi monumenti e le sue qualità in generale. Non accadde nulla, la richiesta di migliore accessibilità alla Basilica e l’illuminazione non fecero battere un ciglio nell’ambiente parrocchiale, mentre provocarono una semplice pacca sulla spalla negli ambienti
12 - la nuova tribuna - Dicembre 2015
istituzionali ed economici: “Brao, brao, va innacc”. Così, grazie all’amico Mario Gandolfi, ex sindaco di Fontanella, mi trovai un tardo pomeriggio dell’autunno del 2014 ad incontrare Vittorio Sgarbi a Mantova presso lo stupendo Palazzo Te. L’idea era di parlargli di Treviglio e di creare una campagna per promuoverla coinvolgendolo, ovviamente riguardo all’arte e in particolare il Polittico. L’impresa non fu facile: prima Sgarbi doveva finire una riunione della fondazione di Palazzo Te, poi doveva visitare tutte le sale e tutte le mostre, addirittura con il faretto dei nostri smartphone, questo quando – alle 21,00 - l’automatismo di sicurezza tolse l’elettricità nel palazzo intero. Esperienza straordinaria comunque, oltre che curiosa, perché trovarsi Sgarbi come guida personale, per me, Gandolfi e un paio di collaboratrici del critico, e per oltre due ore, ha indubbiamente emozionato, aperto la mente e aiutato a capire l’arte moderna in quelle sale rappresentata. Finito il giro, parlammo di Treviglio, del Polittico e delle mie idee apparse sul Corriere della Sera e La Repubblica, quelle che parlavano di questo progetto di marketing: lesse gli articoli, mi mise amichevolmente le mani sulle spalle guardandomi negli occhi e mi disse: «L’idea mi piace, appena siete pronti ci sentiamo». Passato oltre un anno, deluso dalla mia città e dall’assenza di sensibilità verso un tema che giudico prioritario per Treviglio e la sua promozione, risento al telefono Vittorio. È a Urbino e la prima cosa che mi chiede riguarda il progetto di marketing. Spiego che sto tentando di rilanciarlo sulla nostra rivista, anche per questo l’avevo cercato, perché avevo bisogno che mi aiutasse rilasciandomi una breve intervista. Sgarbi non si fa pregare, anche
Foto by Tino Belloli
Sopra le pagine de “la tribuna” di dicembre, sotto Madonna con il Bambino e angeli, di Bernardino Zenale (1502 ca.) dal “Polittico di Cantù”. A sinistra, Vergine delle Rocce (1483-86) di Leonardo da Vinci, Museo del Louvre, Parigi
delle rocce” (1483 ca.), oggi al Louvre, che con quelle che seguirono (la dama con l’ermellino, ecc.) segnò il Rinascimento in Lombardia e fece subito scuola. Non vedo come si possano individuare in questi lavori e in quelli successivi, elementi di una presunta influenza dei due pittori trevigliesi, che muovevano i primi passi nel Rinascimento. Bernardino Zenale, più tardi, avrebbe realizzato a sua volta una sua splendida “La vergine
Museo/Un quadro al mese Dal Giappone per vedere il Polittico
E A sinistra dettaglo del Polittico dei trevigliesi Zenale e Butinone, sotto l’intera opera- Accanto Vittorio Sgrabi e sopra un autoritratto giovanile di Leonardo Da Vinci
perché da sempre si domanda come mai Treviglio non faccia nulla per sfruttare un’opera straordinaria come questa. «Zenale e Butinone sono tra coloro che hanno dato una svolta alla pittura nella loro epoca, influenzato il Rinascimento Lombardo, contaminati in qualche modo dall’ambiente e dalla pittura padovano-ferrarese, soprattutto dalle opere del Mantegna». Ne approfitto e chiedo se è vero che nello Zenale sono evidenti influenze della scuola leonardesca. «No, assolutamente. Al contrario, fu Leonardo Da Vinci ad essere influenzato dallo Zenale e dal Butinone. D’altronde era anche più giovane e a quell’epoca trovandosi a Milano e in Lombardia (a Vaprio d’Adda ndr) probabilmente gli artisti si sono incontrati più volte. Comunque Leonardo conosceva il Polittico ed è indubbio che più volte è arrivato a Treviglio, appositamente, ad ammirarlo e studiarlo. Insomma, non dovrebbero esserci dubbi sul fatto che fu Leonardo Da Vinci a essere influenzato da Zenale e Butinone e dal Polittico di Treviglio». Affronto l’argomento della struttura lignea che contiene i dipinti. «In effetti la stessa struttura lignea del Polittico è uno straordinario complesso monumentale, pensato dallo Zenale, che fu, fra l’altro, architetto del Duomo di Milano. Ed anche questa struttura rappresentò una svolta nella storia dell’arte: un grande edificio dal quale si affacciano i Santi». La conversazione telefonica è un po’ disturbata, riesco comunque a fare un’ultima domanda: possiamo incontrarci, quando sei in zona, per parlare di Treviglio, della sua arte e della promozione culturale? «Certamente, magari quando sono a Milano per esempio. Questa settimana sono al Teatro Carcano per una rappresentazione sul Caravaggio, comunque sovente capito, sentiamoci».
cco cosa scriveva André Chastel in “La grande officina” (Feltrinelli 1966): «Riprendendo l’edicola a pilastri della pala di San Zeno del Mantegna e suddividendola in scomparti con griglie ed ornamenti dorati, lo Zenale ed il Butinone sono giunti, nel Polittico di Treviglio, ad una versione trionfale di questo schema: il Polittico sembra esporre la facciata di un edificio immaginario, in un teatro soprannaturale, adorno di Santi e di Sante al balcone». Ma ancora oggi quest’opera è meno nota di quello che dovrebbe, anche in Lombardia. Quando si va a Treviglio per vederla, si sa dov’è qualche chilometro prima: il campanile che s’innalza sopra la città è quello della chiesa di Santa Maria Assunta e di San Martino, dove l’opera è conservata e per cui è stata realizzata. Due piani: a quello superiore la Madonna e il Bambino, affiancata, a sinistra, da Santa Lucia, Santa Caterina di Alessandria e Santa Maria Maddalena, a destra da San Giovanni Battista, Santo Stefano e San Giovanni Evangelista; nel piano inferiore sono San Martino e il povero al centro, a sinistra San Zeno, San Maurizio e San Pietro, a destra San Sebastiano, Sant’ Antonio da Padova, San Paolo. Nella predella Storie di Cristo (Natività, Crocifissione, Resurrezione) alternate ai Santi Girolamo, Gregorio Papa, Ambrogio e Agostino. Nel timpano l’Ecce Homo. Dorature dovunque, ed una grandiosa cornice lignea di tipo bramantesco. I santi, come usava, li scelsero fra quelli più venerati a Treviglio, e la città col campanile compare nel paesaggio di sfondo di un riquadro. Inserisco una immagine completa del polittico, solo per dare l’idea della organizzazione degli spazi (la visione prospettica è unitaria), della distribuzione delle figure e della decorazione. Il polittico è conservato nella navata destra, vicino al presbiterio. Originariamente era al posto d’onore sopra l’altare maggiore, ma fu spostato nella seconda metà del ‘700, per far posto ad una pala più à la page. Oggi è protetto nella parte inferiore da una vetrata che comunque non ne impedisce una buona visione se si utilizza l’impianto di illuminazione, visto che la chiesa è in penombra. I due artisti erano piuttosto noti, non erano soltanto due “enfants du pays”. Butinone, nato attorno al 1450, è all’inizio affascinato dallo stile aspro dei ferraresi, il Tura in particolare, ma anche dalle sottigliezze dei fiamminghi, mentre Zenale, nato circa dieci anni dopo, ha forme più larghe, di tipo bramantesco, e poi anche leonardesco. Di Butinone si hanno notizie sino al 1528, ed è indubbio un suo influsso sul Bramantino, probabilmente suo allievo.
Foto by Tino Belloli
di Primo Casalini
Malgrado queste differenze, Butinone e Zenale fecero ditta insieme per diversi anni, e non solo per il polittico di Treviglio: anche per Santa Maria delle Grazie di Milano (dal 1481) e per gli affreschi della cappella Grifi di San Pietro in Gessate, che è pure a Milano vicino al Palazzo di Giustizia. Zenale poi operò come architetto nel Duomo di Milano dal 1513 al 1526, e nel 1522 fu anche nominato direttore della Fabbrica del Duomo. Credo sia interessante osservare come sono diversi i due artisti quando ognuno dei due opera per conto suo: ecco una Adorazione dei pastori del Butinone (nella National Gallery di Londra) ed una Madonna col bambino ed angeli di Zenale (nel Museo Getty a Malibu), con uno sfondo che si ispira alla Vergine delle Rocce di Leonardo, allora a Milano. Una città ed una committenza generosa e paziente (vent’anni, dovette aspettare), due artisti del luogo che sapevano che quella era l’opera della vita e che quindi si presero tutto il tempo necessario per la pittura ed ancor più per le decorazioni e la doratura, un progetto vicino al gusto lombardo (ancora, alla fine del ‘400, si avverte il fascino del gotico internazionale), ma a suo modo innovativo, come ha bene colto André Chastel: l’insieme di queste condizioni favorevoli ha determinato un’opera unica. Ma va aggiunta anche la capacità e la fortuna dei trevigliesi nel difendere la loro opera-simbolo attraverso i secoli, facendola giungere intatta a noi. Difatti, quando visitiamo un museo, spesso non vediamo le opere d’arte come erano state fatte: i polittici in particolare sono stati smembrati, ancor più quelli ricchi di dorature. L’ignoranza e la venalità hanno operato fino a pochi decenni fa. Inoltre, l’emozione che dà un’opera vista nel luogo per cui è stata realizzata è ben diversa da quella che si prova in un museo. Anche la capacità di concentrazione: tutto aiuta, dal cominciare a vedere il campanile della chiesa a chilometri di distanza al cercare informazioni e documentazione attorno alla chiesa. Ed ho scoperto che a Treviglio, per il polittico di Butinone e Zenale, sono cominciati ad arrivare i giapponesi. È ora che lo facciano anche i lombardi. Dicembre 2015 - la nuova tribuna -
13
delle rocce” (polittico di Cantù), oggi al Getty Museum di Los Angeles, in cui mi sembra evidente la lezione leonardesca e rinascimentale. Vorrei anche ricordare che il Museo Poldi Pezzoli di Milano, nel 1982 ha ospitato una mostra intitolata “Zenale e Leonardo” (Catalogo Electa), pensata per celebrare l’importanza dello Zenale e studiare le suggestioni leonardesche di alcuni suoi lavori. Dice Sgarbi che «probabilmente gli artisti si sono incontrati più volte». Invece, non “probabilmente” ma certamente, lo Zenale ha frequentato Leonardo a Milano, dove soggiornava chiamato da Ludovico il Moro per decorare la sala della Balla, nel Castello. Quando poteva seguiva il maestro mentre lavorava al Cenacolo e il Vasari racconta che un giorno Leonardo, incerto sull’espressione da dare a un personaggio, addirittura ascoltò un suggerimento di Bernardino. In conclusione, hai ragione quando sottolinei quanto poco sia valorizzato il nostro polittico, a cominciare dalla sua inadeguata illuminazione. Trovo anche interessante la proposta di Beppe Facchetti di una nuova collocazione in Duomo nella Cappella Gotica, ma lasciamo cadere questa “provocazione” di Sgarbi. L’opera di Bernardo Butinone e Bernardino Zenale è comunque un capolavoro e non ha bisogno di “leggende metropolitane” per essere apprezzata. Per farla conoscere meglio dobbiamo fare cultura e, così, noi dell’Associazione Culturale Malala abbiamo deciso di organizzare un convegno su Zenale e Butinone che si terrà nel 2017, dopo quello su Tommaso Grossi, altra gloria trevigliese, che avrà luogo nel prossimo mese di maggio. Elio Massimino
La Madonna con bambino del XV secolo a cura dell’Assoc. Amici del Chiostro
U
na delle opere di maggiore fascino del museo civico Ernesto e Teresa della Torre è indubbiamente la Madonna con il bambino di autore ignoto risalente al XV secolo. Il dipinto, una tempera su tavola, era stato acquistato da Pier Luigi della Torre come opera di Michele Giambono, pittore veneziano in attività tra il 1420 e il 1462. Studi successivi hanno però confutato tale attribuzione, anche se alcuni elementi lo legano indissolubilmente all’area veneta. Gli abiti indossati dalla Vergine e dal Bambino sono infatti all’ultima moda occidentale e si ritrovano in molti dipinti di quest’area risalenti al primo quarto del Quattrocento: Gesù sfoggia un abitino rosso di broccato con decori dorati, scollo arrotondato e mezze maniche, sotto le quali spunta una camiciola trasparente; l’abito scuro della Vergine è abbondantemente decorato da elementi fitomorfi dorati che non seguono il reale andamento delle pieghe del vestito, ma conferiscono un effetto bidimensionale di grande lusso. Anche il velo che si appoggia mollemente intorno al capo della Madonna si era diffuso in area veneta dopo il soggiorno di Gentile da Fabriano. I due soggetti, dipinti su fondo oro, vengono rappresentati con una delicatezza tale da rimandare ad una lontana ascendenza bizantina: la Madonna regge il bimbo sul braccio sinistro e ha il capo leggermente
inclinato verso di lui, mentre il bambino, a braccia conserte e gambe accavallate, osserva la madre con dolcezza. La rappresentazione dei volti e il panneggio abbondante ricordano lo stile di Jacobello da Fiore (Venezia, circa 1370-1439), che costituì un importante precedente per la pittura di Michele Giambono. La fissità della posa e degli sguardi e l’insicurezza nel dipingere alcuni dettagli anatomici impediscono però una sicura attribuzione al Giambono, facendo orientare la critica verso un abile seguace del maestro. Il contrasto tra la rappresentazione della mano destra, delicata e affusolata, e la mano sinistra, più grossolana, e tra i due piedi del bimbo, uno gonfio e dalla posa innaturale, l’altro più armonioso, fanno pensare ad un rimaneggiamento successivo, forse dovuto alla caduta del colore originale. La tavola era infatti in pessime condizioni quando è giunta al museo e il restauro del 1987 ha evidenziato precedenti interventi.
Il tè al museo di Febbraio
P
er chi desidera conoscere il museo civico Ernesto e Teresa della Torre o chi lo ha già visitato ma desidera ritornare, una volta al mese l’associazione Amici del Chiostro organizza, in collaborazione con l’ufficio Cultura del Comune di Treviglio, “Un tè al museo”. Si tratta di una serie di brevi conferenze su tematiche legate all’arte, al cui termine i volontari dell’Associazione offrono ai presenti tè caldo e pasticcini. Nel mese di Febbraio gli Amici del Chiostro ospiteranno Matteo Nicodemo, che con la sua Venezia quasi teatrale, alla ricerca di Iosiph Brodskji, seguendo la trama del libro “Fondamenta degli Incurabili”, porterà il pubblico presente in una città incantata, fatta delle isole abbandonate
della laguna, della storia d’amore tra Ezra Pound e Olga Rudge, delle ricette della tradizione lagunare e di molto altro ancora. L’appuntamento è Martedì 16 Febbraio a partire dalle ore 16.
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 31
Treviglio/I ritratti di Patrizia
Per me la pittura entrò in ospedale di Silvia Bianchera Bettinelli
COLAZIONI PRANZO • Pizza cotta su pietra refrattaria • Piatti freddi con ingredienti freschi
APERITIVI TREVIGLIO Via P. Nenni, 12 0363-302167
Dal 1975 una rivista che fa discutere, che racconta la vita di tutti i giorni, così come recupera la storia dimenticata. Una rivista che rimane nel tempo, ben oltre le nostre aspettative e assieme alla tua comunicazione Ufficio commerciale Roberta Mozzali commerciale@lanuovatribuna.it Tel. 0363 1970511 - Cell. 338.1377858
32 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
Patrizia Monzio Compagnoni scopre la pittura tra medici e infermiere, diventando la migliore delle medicine
N
on mi stanco di guardare il viso di Patrizia Monzio Compagnoni mentre racconta di sé, degli inizi pittorici di “ragazza di bottega”, del suo papà sapiente creatore di mobili pregiati, ma soprattutto è bello osservarla mentre parla del lungo e drammatico periodo della sua vita, quando una crudele malattia, spesso letale, le aveva lasciato ben poche speranze. Il suo sguardo color fiordaliso riflette con quieti bagliori il duro significato delle parole, trasmettendomi un profondo senso di spiritualità che diventa, man mano procede il suo racconto, sempre più coinvolgente ed emozionante. «La pittura, grazie all’affettuosa umanità di medici e infermiere, era entrata anche nella mia camera d’ospedale, e quando le forze me lo permettevano, diventava senza dubbio la migliore delle medicine. “Letto-cavalletto, letto-cavalletto”: questo era diventato il ritornello che mi martellava nel capo, con ritmo assordante». “Con la pittura quindi riuscivi a isolarti?” Chiedo. «Sì, proprio così. La necessità di un minimo di concentrazione mi aiutava ad allontanarmi dalla realtà, a sentirmi viva, forte». “Parliamo ora dei tuoi amori artistici. Penso che ogni pittore si senta più o meno vicino ad altri che lo hanno preceduto nel tempo”. «È vero, due pittrici innanzitutto, Artemisia Gentileschi e Frida Kalo, vissute in epoche diverse, ma entrambe, pur du-
ramente provate da esperienze devastanti, sono riuscite a trasfigurare i loro drammi personali in capolavori sulla tela, densi di vigore e grande carattere. Poi ovviamente ci sono stati pittori che mi hanno fatto da guida nello studio, come Giulio Ottaviani e Carlo Monzani, ma anche dall’esperienza di grandi fotografi come Andrea Scabini, Pierluigi Pagani, Roberto Pazzi ho potuto trarre grande insegnamento. Con le loro immagini scattate nei luoghi più remoti della Terra io potevo viaggiare con la fantasia: così ho de-
«Con la pittura riuscivo ad isolarmi, la concentrazione mi aiutava ad allontanarmi dalla realtà e sentirmi più forte» dicato e continuo a dedicare ai visi di donne tailandesi, a madri africane, a uomini maori a bambini di lontane tribù il mio talento e il mio amore. È strano vero?». Poi Patrizia sottolinea: «Strano che sentiamo così curiosamente vicine creature che vivono così lontano». Mi viene in mente una frase del pittore Mario Cavaradossi, nella Tosca di Giacomo Puccini: “L’arte, nel suo mistero, le diverse bellezze insieme confonde...”. È sufficiente scorrere alcuni dei ritratti dipinti da Patrizia per scorgere la sua natura
Sotto due dipinti di Patrizia Monzio Compagnoni, a sinistra Silvana Giacobini, volto noto della Rai, mostra il ritratto di Malala Yousafzai, premio Nobel per la pace, realizzato dalla stessa Compagnoni
ardente, il vigore della pennellata, il gusto del colore. La “realtà” dei visi si trasforma nell’immaginario pittorico dell’autrice in qualcosa di lirico e armonico insieme, gli occhi dei piccoli africani trafiggono i nostri con incantevole e dolce severità. “Senti Patrizia - le dico - ci siamo conosciute mentre lavoravi al grande olio dal titolo ‘Teresa’ che è l’immagine-simbolo del Concorso Pianistico Internazionale Bruno Bettinelli di Treviglio, le cui riproduzioni hanno fatto il giro del mondo”. «Oh sì ricordo - mi dice sorridendo - non fu un lavoro facile perché oltre ad offrire l’immagine di una pianista era necessario inserire un simbolo trevigliese, ma il risultato mi pare sia stato buono». Chiedo a Patrizia: “So che lavori anche a riprodurre su tavola piccoli ritratti della giovane pakistana Malala Yousafzai, premio Nobel per la pace, ritratti che vengono consegnati agli illustri ospiti dell’Associazione trevigliese che è stata intitolata a lei”. «Sì, è un vero piacere dipingerli, ma ancor più mi sento onorata di aver potuto donare a persone speciali come Carla Fracci, Giulio Giorello, Flavio Caroli, Silvana Giacobini e a molti altri, un’immagine della giovane pakistana cercando sempre di non autolimitarmi, sarebbe noioso e banale». È arrivato il momento di congedarmi. Patrizia si acconcia il cappello-turbante. “Sembri uscita da uno dei tuoi quadri” le dico. «È vero, adoro questi tipi di copricapo, soprattutto quelli di foggia esotica e quando è possibile, lo faccio indossare alle mie creature sulla tela. Anzi, ti faccio una confidenza, sono io stessa a proporre alle mie clienti che mi chiedono un ritratto di posare indossandone uno che si adatti ai loro lineamenti». Prima di salutarci Patrizia mi mostra un pastello che ritrae il musetto dispettoso di un cucciolo di barboncino. È magnifico, veramente magnifico. Le dico: “Ricordo che il celebre critico d’arte Sergio Rebora diceva: ‘I cani e i gatti che appaiono nei quadri non sono mai soggetti ben riusciti’. Mi piacerebbe vedesse questo lavoro di Patrizia, ne sarebbe entusiasta”.
橘子树
L’albero del mandarino
la nuova scuola di lingua e cultura cinese
offre corsi progettati con un metodo didattico facile da seguire, vivace e leggero.
il corso è l’ideale per chi studia, lavora, viaggia o per chi desidera arricchire il proprio bagaglio culturale. migliorerà le vostre competenze, permettendovi di ambire ad impieghi più appaganti o remunerativi, di viaggiare in libertà nel mondo del grande oriente e di comprendere a fondo una cultura ultramillenaria. i livelli dei nostri corsi basic (50 ore in 3/4 mesi) per comprendere e parlare il cinese per diletto e turismo
vita+ per comprendere, parlare e scrivere in cinese per vivere o studiare in cina
business per intrattenere rapporti di affari in o per la cina.
offriamo anche corsi speciali e personalizzati per i più piccoli o per le aziende e teniamo lezioni di conversazione e di preparazione agli esami internazionali hsk.
Via dei facchetti 17, treviglio (BG) 3487060819 www.ioimparoilcinese.it
info@ioimparoilcinese.it
SOLO PESCE FRESCO DI GIORNATA
TREVIGLIO - Via Mazzini, 11 - 0363 1843746 info@osteriadazionino.com www.osteriadazionino.com Chiuso domenica sera e lunedì
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 33
02 1
Treviglio/Associazioni enogastronomiche info@studioazzola.it
Azzola studio dentistico • PREVENZIONE • CURA DELLA CARIE • PARODONTOLOGIA • IMPLANTOLOGIA • ORTODONZIA
dal 1953
oltre 60 anni al servizio della vostra salute
Via Matteotti 11, Treviglio tel: 0363 49846 www.studioazzola.it
LAZZARINI Diagnosi elettronica e riparazione auto di qualsiasi marca
ELETTRAUTO MECCANICO GOMMISTA TAGLIANDI RICARICA CONDIZIONATORI RIMAPPATURE CENTRALINE TREVIGLIO - Via dei Mille, 18 Tel. e Fax 0363.48888 officina.lazzarini@gmail.com www.officinalazzarini.it
34 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
Noi siamo quelli che mangiamo di Cristina Signorelli
«Slow Food significa mangiar bene e in modo salubre». Ne parliamo con Chicco Crippa, Segretario della Condotta della Bassa Bergamasca
T
reviglio - “Siamo quello che mangiamo” la famosa espressione del filosofo tedesco Ludwig Feuerbach, che ne sintetizzava un po’ brutalmente la visione filosofica del rapporto dell’uomo con il cibo, è oggi più che mai attuale. Infatti l’educazione alimentare e le regole di una dieta corretta e misurata stanno sempre più penetrando nel comune tessuto sociale, così come i temi della malnutrizione e della fame che affliggono grandi aree del pianeta richiedono un’attenzione sempre maggiore da parte delle cosiddette popolazioni ricche. Slow Food, associazione no-profit fondata nel 1986 da Carlo Petrini ed oggi presente in oltre centocinquanta Paesi nel mondo, non ha l’ambizione di risolvere da sola queste gravi contraddizioni del nostro tempo, ma può contribuire ad educare le persone ad un’alimentazione sana e consapevole, come ci spiega Chicco Crippa: «Operiamo con lo scopo di ridare il giusto valore al cibo, sia nel rispetto di chi lo produce, che della Terra che ci fornisce il sostentamento. Slow Food lavora quotidianamente per promuovere un’alimentazione buona, pulita e giusta in Italia e nel mondo». Chicco Crippa, da sempre sensibile alla tutela dell’ambiente e alla conservazione del territorio, è ormai da tempo impegnato attivamente in Slow Food, attualmente Segretario della Condotta della Bassa Bergamasca, l’organizzazione locale dell’area di Treviglio e limitrofi, circa la quale precisa: «Le Condotte Slow Food sono i coordinamenti territoriali che per dimensioni e vicinanza al territorio sono in grado di costruire le relazioni fondamentali tra produttori e consumatori. Nella Bassa vi sono molte produzioni di alta qualità, spesso realizzate con la lavorazione tradizionale che meritano tutta la nostra attenzione». La Condotta della Bassa Bergamasca, di cui attuale Fiduciaria è Barbara Schiavino, è relativamente giovane - nasce formalmente nel maggio 2011 - ma conta oltre un centinaio di soci e si è fatta promotrice di molte
iniziative. «La filosofia di Slow Food sta nella riscoperta del piacere del cibo – continua Crippa – così promuoviamo un nuovo modello alimentare che presuppone un’agricoltura dove la sostenibilità ambientale e sociale è imprescindibile, educando al gusto dei prodotti ottenuti nel rispetto di tutti i fattori di produzione. Come Condotta della Bassa Bergamasca organizziamo laboratori del gusto per educare i consumatori a riconoscere i cibi migliori oltre che conferenze ed eventi che, anche coinvolgendo altre realtà, fanno conoscere il valore dei prodotti di qualità, che non significa prodotti più cari, bensì ben fatti e ad un giusto prezzo». Un importante compito che la Condotta sta svolgendo è la mappatura dei prodotti del territorio per costruire la “Comunità del cibo buono pulito e giusto della Bassa” e contemporaneamente contribuire alla creazione di un Mercato della Terra, in sintonia con il progetto mondiale Terra Madre.
2016-01
A Treviglio se ne ha un piccolo esempio nel mercato del mercoledì, durante il quale i produttori locali vendono direttamente il frutto del loro lavoro. «Attualmente come Condotta della Bassa Bergamasca – aggiunge Crippa – siamo impegnati ad ottenere per il melone retato di Calvenzano il “Presidio Slow Food”. I Presidi sono interventi mirati a sostenere alcune piccole produzioni tradizionali altrimenti a rischio di scomparsa e vengono attuati solo dopo rigidi controlli sul prodotto in esame per appurare che abbia i requisiti necessari e venga realizzato nel rispetto delle tecniche di lavorazione della tradizione». Perché il consumatore di domani sia consapevole e preparato a scegliere i prodotti migliori, perché sani e giusti, la Condotta collabora con le scuole del territorio trevigliese per attivare progetti didattici sul cibo e l’alimentazione, portando i giovani a conoscere direttamente i prodotti della terra, come per esempio prevede il nuovo progetto di realizzare un orto didattico in una scuola materna. Un ausilio più immediato per chi ha già l’età per fare la spesa è dato dalla più recente proposta di Slow Food Editore “Fare la Spesa”, una guida ragionata ed esaustiva di indirizzi utili a chi vuole nutrirsi nel rispetto del sano e giusto, oltreché a soddisfare il palato con i gusti migliori. «È una guida per coproduttori – sottolinea Chicco Crippa – termine coniato da Petrini per definire il consumatore come soggetto attivo del processo produttivo. Poiché la nostra scelta d’acquisto condiziona ed indirizza tutte le fasi di lavorazione che la precedono, è fondamentale essere premianti dei prodotti ottenuti nel rispetto dell’ambiente e delle tradizioni. La nostra guida fornisce uno strumento utile a scoprire tesori alimentari del nostro territorio che ancora non conosciamo».
Nel cuore di Treviglio la tradizione sposa l’eleganza delle forme in una nuova concezione di panetteria per fornire un servizio efficiente e raffinato
Dolci Colazioni Pranzi Veloci Aperitivi
Via Verga 16 • Treviglio • 0363 562328 • www.viaverga16.it 1 Febbraio 2016 - la tribuna - 35
Giovani Trevigliesi nei Paesi poveri
Radici, ali, bagagli e via per il Mondo di Daniela Regonesi
Enrico Pietroboni e Fiammetta Cappellini ci raccontano le loro esperienze di collaborazione allo sviluppo nei Paesi poveri, tra orizzonti ampi, radici bergamasche e insegnamenti da esportare
O
rizzonti aperti e possibilità di essere utili agli altri. Si potrebbero sintetizzare in questi due aspetti le motivazioni che hanno spinto due ragazzi trevigliesi a lasciarsi alle spalle casa, famiglia e amici per partire alla volta del mondo. Ma sarebbe troppo semplice e riduttivo, per questo vorrei raccontarvi le loro storie, per certi aspetti molto vicine e per altri molto distanti tra loro.
Enrico Pietroboni
Certe esperienze, così come determinati e determinanti incontri, non si progettano né pianificano. Accadono e ti colpiscono, come nei più classici colpi di fulmine. È quel che è successo ad Enrico Pietroboni, che ha colto l’occasione nel 2001: per quell’estate non aveva ancora programmato le vacanze e ha perciò deciso di partire per un campo di lavoro ad Haiti, organizzato da don Angelo, allora parroco di San Pietro Apostolo a Treviglio. «Mi si è aperto un mondo. Non ero mai stato fuori Europa, né in un paese povero. È scattata la scintilla e ho cominciato a pormi delle domande. È stata una bella esperienza, positiva, tanto che mi sarebbe piaciuto riprovare a farla per capire se la sua positività fosse legata al bel gruppo formatosi o all’e-
36 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
sperienza in sé. Nel 2003 decido di partire per il Brasile, sempre con l’organizzazione di don Angelo, che nel frattempo era stato trasferito a Vimodrone, cosicché non ci sarebbero stati con me gli amici della parrocchia. È andata molto bene, perché mettere l’altro al centro del mio lavoro e della mia vita mi faceva stare bene». Enrico decide quindi che quella è la strada che vuole seguire e si rivolge al Pime (Pontificio Istituto Missioni Estere) di Milano. Segue due anni di preparazione con l’Alp (Associazione Laici Pime), al termine dei quali, pressato dai suoi preparatori affinché finisse l’università - cosa che non è nelle sue intenzioni - cambia direzione e comincia a lavorare. Finché nel settembre del 2009 si rende conto che, pur non essendo infelice della sua vita, gli manca quell’esperienza. Richiama l’Alp, spiega loro di aver lasciato l’università e viene convocato ad un colloquio. Il dicembre successivo viene avvisato che c’è posto in Guinea Bissau: «non sapevo nemmeno dove fosse; non volevo l’Africa, volevo andare in Asia! Ma mi sono detto che se questa era la strada dovevo andare avanti a percorrerla. Mi licenzio dal mio impiego a tempo indeterminato e il 10 novembre parto
A sinistra Enrico Pietroboni in un villaggio africano, a destra un’immagine del dopo terremoto ad Haiti nel 2010 e Fiammetta Cappellini con una famiglia haitiana
per la Guinea Bissau. Vi rimango tre anni, con un unico rientro per ferie in Italia a metà del periodo. Lavoro al Centro di Formazione per Adulti della Caritas in progetti legati ad orti, animali ed alberi da frutta, per insegnare alla popolazione tecniche per migliorare la qualità della vita in un paese nel quale non c’è praticamente niente. Il mio essere laico mi rende più vicino alla popolazione, a differenza dei religiosi. Non sono lì per fare del catechismo, do una testimonianza di fede semplicemente vivendo al loro fianco giorno dopo giorno. Ciò ha fatto nascere delle domande, ma non ho certo convertito nessuno. Sono tornato perché è giusto così, so dall’inizio che la missione è a tempo. Ho bisogno di riportare qua quanto vissuto là e di rielaborarlo. Se mi fossi fermato altri due anni - è possibile farlo - avrei perso la visione totale: arrivi a pensare che il mondo si restringe a lì. Scegliere di rimanere in Guinea Bissau sarebbe stato più facile». Ma Enrico non si è fermato e ha scelto di partire con l’Ong Consorzio Associazioni con il Mozambico (Cam) alla volta del Paese africano: «In Guinea non c’è acqua, né elettricità o internet; paragonato a ciò in Mozambico si vive “bene”: c’è tutto, scuole e supermercati». Lì coordina l’area rurale e la formazione-rafforzamento dei lavoratori del luogo. Ma la legge, in Mozambico, stabilisce che le Ong debbano avvalersi solo di personale locale, Enrico si trova là a lavorare con un visto turistico temporaneo e nel giugno scorso, durante un controllo dell’ispettorato del lavoro, viene espulso, anticipando di sei mesi il suo rientro. Non ne fa una tragedia, anzi: «Dopo tutto ciò mi ha permesso di non essere licenziato, ma di poter continuare a lavorare per la Ong via Skype. È stato in qualche modo un rientro morbido, dolce. Ora, dopo cinque anni, è giusto rimettersi in gioco in Italia. Ciò non implica che non partirò mai più, ma è giusto prendersi del tempo per mettere a fuoco le cose. Non è una scelta di comodo, né la soluzione più semplice. Ho
messo al centro l’altro, il rapporto umano, ma è stata una centralità temporanea. Non ho il mal d’Africa, solo un po’ di difficoltà a re-inserirmi nei ritmi, soprattutto lavorativi, e nelle gerarchie». Ora Enrico si è dato tempo un anno, se non trova lavoro qui, nel 2017 ripartirà con la prospettiva di non tornare più.
Fiammetta Cappellini
Ciò che ha dato il la a Fiammetta Cappellini per partire era il desiderio di condivisione, di allargare gli orizzonti e avere un senso di fede e di umanità più ampio, che non si limitasse alla sua esperienza e al suo punto di vista. Come per Enrico, le sue prime partenze sono state nell’ambito del volontariato missionario, con brevi viaggi di alcune settimane o alcuni mesi, con il Pime prima e poi con il Gruppo Missionario della stessa parrocchia. «Con gli anni queste esperienze periodiche hanno assunto un significato diverso. Mi rendevo conto che il mondo era molto più complesso e con molte più sfumature di ciò che sembrava a me, desideravo andare al di là della condivisione e della comprensione, desideravo mettere la mia - eventuale - professionalità al servizio di una causa più importante, del tentativo di contribuire a un mondo più giusto e più equo. Era una idea molto vaga e ai tempi le mie competenze professionali non erano adeguate né utili. Poi una serie di percorsi personali mi hanno dato l’occasione di crescere professionalmente nella direzione che cercavo, e mi hanno fatto incontrare quello che oggi è mio marito, una persona che ha scelto di restare a vivere in un Paese difficile come Haiti, per avere la possibilità di dare il suo contributo al suo popolo. Questo incontro è stato fondamentale non solo per la mia vita personale, ma anche per le mie scelte professionali e mi ha fatto decidere per un contratto all’estero nel settore della cooperazione allo sviluppo». Fiammetta comincia il suo lavoro come Capo Progetto di un intervento socio-educativo, in una bidonville di Port-au-Prince, la capitale haitiana: due anni di servizio molto difficili, in una comunità estremamente conflittuale, con gravissimi fenomeni di guerriglia urbana e totale assenza dello stato com-
petente, «ma anche due anni che mi hanno insegnato la complessità del mandato della cooperazione allo sviluppo, l’importanza di accompagnare i governi ad agire su due piani in parallelo: rispondere con immediatezza ai bisogni della popolazione vulnerabile e lavorare alla costruzione di politiche sociali e di un quadro legale adeguato, nonché al rafforzamento della società civile». A partire dal 2008, sempre nell’isola caraibica, assume il ruolo di capomissione di Avsi (Ong di cooperazione allo sviluppo), compito che si è rivelato particolarmente impegnativo soprattutto dal 12 gennaio 2010, quando la catastrofe del terremoto ha messo in ginocchio il Paese. «Di quei giorni e di quel periodo ricordo soprattutto il grande dolore per tutte le persone che abbiamo perso e per la dimensione della catastrofe, i ritmi di lavoro e di vita quasi insostenibili, ma soprattutto il grande insegnamento di coraggio e di speranza della popolazione haitiana, che nonostante tutto ha ripreso a vivere e ha ricostruito il proprio paese. È stato un esempio incredibile, che ancora oggi muove il nostro agire e il nostro lavoro. È da poco trascorso il sesto anniversario del terremoto e Haiti continua ad essere un
Paese molto povero e molto poco sviluppato, con enormi problemi endogeni di governabilità e di stabilità. E oggi più che mai sento che il nostro lavoro è importante, è fondamentale e sono onorata di continuare a farlo». Fiammetta è chiara, la sua è una scelta che conferma giorno per giorno: «Quando sono partita la motivazione più importante era il lavoro, gli effetti positivi di ciò che facciamo, il legame con gli interventi e i loro beneficiari. Oggi lavoro per la Fondazione Avsi, con la posizione di Manager regionale per Haiti e i Caraibi, ho certamente trovato ciò che cercavo e penso che questo sia - davvero! - il più bel lavoro al mondo. Certo difficile e, a volte, durissimo. Ma un lavoro e una esperienza umana ogni giorno incredibile. Forse potrei convincere mio marito ad andarsene, ma non ne vedo il motivo. Come cooperanti ogni due o tre anni abbiamo la possibilità di cambiare Paese (sono luoghi logoranti, c’è bisogno di cambiare orizzonte). Ma voglio restare lì per essere utile, dare un impatto positivo, cambiare in meglio la vita delle persone. Lavori meglio, con maggior risultati, conoscendo la gente e il contesto. La mia casa è là. Certo, quando i mesi si fanno difficili dico “voglio tornare a casa”, cioè in Italia, ma la mia casa ormai è Haiti».
Questione di prospettiva
Due storie differenti e in evoluzione, in modi diversi. In chiusura dei nostri incontri ho chiesto ad entrambi se si fossero portati, tra i “bagagli”, qualcosa di Treviglio e dell’essere trevigliesi, e anche, tra le tantissime cose apprese nelle loro esperienze dall’altra parte del mondo, varrebbe la pena “esportare” qui. E di nuovo le loro risposte, pur essendo differenti, rimandano all’orizzonte, alla prospettiva con cui si possono leggere le situazioni. Fiammetta è innanzitutto molto grata alla sua terra natale: «Le mie prime esperienze missionarie, i primi passi verso il quadro di vita nel quale ora vivo, sono nate in un ambito molto molto trevigliese». Anche Enrico esprime un sentimento di gratitudine: «Quando ero in Guinea Bissau sono stato positivamente sorpreso dalla solidarietà dei
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 37
38 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
Giovani Trevigliesi
Pronti,via! Ripartire senza rimpianti, al passo con i tempi.
Fare i conti con la realtà. Prendere decisioni, anche se sofferte. Fiammetta Cappellini all’aeroporto di Orio al Serio - al rientro da Haiti dopo il terremoto del 2010 - risponde alle domande dei giornalisti bergamaschi
miei concittadini, poiché quando abbiamo deciso di organizzare un cargo per la raccolta e l’invio di materiale didattico, la loro generosa risposta è stata per me inaspettata». Orgoglio trevigliese che è emerso ed è stato riscoperto anche nella sua esperienza in Mozambico, dove lavorare per una Ong di Trento, con personale trentino finanziato dalla provincia autonoma, creava una forte identificazione. E puoi riscoprirti orobico anche ad Haiti, se molti colleghi commentano il tuo stile di lavoro dicendo che è molto “bergamasco”, riferendosi ai ritmi serrati e alla volontà di arrivare al risultato in fretta e bene, senza perdere tempo. Insomma, c’è un legame molto forte con il posto dal quale provieni, ma le radici non impediscono di stendere le ali e spiccare il volo, di cambiare punto di osservazione. Come mi spiega Enrico «è più facile vedere il progetto che il Signore ha su di te. La bellezza di questi cinque anni è il dire che tornando indietro rifarei tutto. Ci sono stati momenti di solitudine e sofferenza, passati i quali vedi il positivo. Non accade subito, ma se sai leggere certi segnali ne cogli il significato. In Africa è più facile perché c’è sempre tempo, per chi arriva, per pensare. Il focus è sui bisogni primari, c’è più spiritualità per ogni religione e, questo dovremmo impararlo, c’è anche più integrazione: ad esempio un padre è di religione tradizionale, la mamma è cristiana, un figlio è musulmano e un altro è un cattolico radicale, ma vivono tranquillamente insieme, nel rispetto reciproco». Anche per Fiammetta l’insegnamento principale di questi anni ha a che fare con lo sguardo: «è l’importanza di guardare al futuro, di saper vedere le cose in prospettiva e di non rinchiudersi in orizzonti chiusi». A volte basterebbe solo cambiare punto di osservazione, anche rimanendo nella bassa pianura. d. r.
Rinnovarsi con una mentalità più aperta al cambiamento, sostenuta da idee nuove. Evitare di ripetere errori. Tanta buona volontà e gran coraggio. Un consiglio da amico Ettore Ferrara
Via dei Mille, 5 - 24047 Treviglio BG - 0363 40274 - www.studioferrara.it
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 39
Servizi sociali/Un impegno del territorio
L’aspetto legale dell’affido di Maria Flora Renzo
La potestà genitoriale e l’affido temporaneo. La tutela del minore e i possibili soggetti affidatari. Un sintetico vademecum per capirne di più
Gera d’Adda: accogliere un minore di Ivan Scelsa
L’affido temporaneo, un gesto importante e cosciente. Ne parliamo con la dottoressa Maria Piera Di Vita
L
’impossibilità di adempiere al mandato naturale di “essere una famiglia” rappresenta per due adulti un momento di forte disagio che rischia di diventare vincolante nella crescita di un minore. Sul numero di ottobre avevamo trattato questo aspetto parlando del progetto “Mi fido di te” promosso nell’ambito dell’Azienda Speciale Consortile della Gera d’Adda di Treviglio in collaborazione con l’associazione culturale “La vecchia sirena” e due volti noti del mondo dello spettacolo, i cabarettisti Gianluca De Angelis e Marta Zoboli. Ma a parte queste iniziative che nascono e ruotano intorno alla sensibilizzazione sulla problematica, dobbiamo necessariamente ricordare che quello dell’affido è un momento in cui si alternano sentimenti contrastanti al centro dei quali vi è sempre un minore. Ne abbiamo parlato con Maria Piera Di Vita, Responsabile dei Servizi Sociali del Comune di Fara Gera d’Adda, da sempre impegnata nel sociale. Al di là dell’impegno dell’Azienda Speciale Consortile della Gera d’Adda (che ricordiamo comprende ben 18 Comuni dell’area trevigliese), gli Enti locali svolgono un’intensa attività a sostegno dei minori stranieri non accompagnati o in affido a parenti. «Per i casi in carico ai servizi sociali – ci dice la dottoressa Di Vita - gran parte del lavoro svolto è per la famiglia d’origine, con
40 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
il sostegno al recupero delle capacità genitoriali e quindi del minore. Nel contempo, i Servizi Sociali sostengono anche la famiglia affidataria cercando di inserirla in un contesto relazionale utile ad entrambi. Ma non sempre l’affido rivela un percorso semplice e collaborativo da parte dei genitori naturali che rischiano di minare l’attività svolta con ritorsioni, ripicche e comportamenti inidonei e, talvolta, minacciosi e minatori del lavoro svolto. Ancor più difficile se l’affido è disposto da un Tribunale: in tal caso la vigilanza dei Servizi Sociali assume un ruolo fondamentale. Essenziale, poi, il sostegno psicologico, l’assistenza domiciliare ed il percorso pedagogico con gli educatori professionali e l’assistente sociale incaricato che rappresentano una risorsa imprescindibile nella crescita del minore». Dallo scorso anno il Servizio Affidi ha proposto una campagna volta alla sensibilizzazione sull’argomento, con incontri mirati e colloqui con le famiglie candidatesi all’affido la cui disponibilità, ricordiamolo, può variare dal tempo pieno, all’affido diurno, nel fine settimana o per le ferie estive. «In tal senso – riprende Maria Piera Di Vita - la scelta della disponibilità spetta alla famiglia, liberamente, in base alle proprie disponibilità e capacità. Stesso discorso vale per l’accoglienza di un minore portatore di handicap o con problematiche psicologiche o di adattamento più complesse. Spetta poi al Servizio scegliere quale minore abbinare alla famiglia, proprio in base ai requisiti dell’affidatario e della famiglia che lo accoglierà. È comunque importante sottolineare come questo istituto giuridico sia un intervento temporaneo che cessa dopo il periodo di criticità della famiglia naturale. È importante non confondere l’affido con l’adozione: la famiglia affidataria non deve assolutamente sottovalutare la difficoltà emotiva derivante dal distacco con il minore. Il coinvolgimento affettivo, soprattutto se l’affido si è protratto per più anni (è questo il caso dell’affido sine die), ha un ruolo determinante anche nella vita della coppia che accoglie in casa il minore, soprattutto se è la prima volta o se la coppia non ha altri figli».
Q
uasi come un’equazione, più il Prodotto Interno Lordo è in diminuzione, più aumentano i disagi nelle famiglie che si ritrovano a non avere risorse economiche o psicologiche per poter accudire i propri figli. Quando la famiglia di origine non è in grado di provvedere alla crescita e all’educazione del figlio minore, il figlio può essere affidato ad altri, sia parenti che esterni alla famiglia o a volte, comunità familiari. Parliamo di misure di sostegno per genitori in difficoltà che non riescono, seppur temporaneamente, a prestare cura ed assistenza morale e materiale ai propri figli. L’affidamento è uno strumento introdotto a tutela di quel minore che solo temporaneamente risulti privo di un ambiente familiare idoneo alla propria crescita e stabilisce che possa essere dato in affidamento solo un minore di età, anche straniero se si trova in Italia. Dalla norma è previsto un limite temporale di 24 mesi per la durata dell’affidamento che, tuttavia, può essere prorogato dal Tribunale.
I soggetti affidatari possono essere: - una famiglia (possibilmente con altri figli minori); - una persona singola (il cosiddetto single); - una comunità di tipo familiare, caratterizzata da un’organizzazione e da rapporti interpersonali analoghi a quelli di una famiglia; - un istituto di assistenza pubblica o privata che abbia sede preferibilmente nel luogo più vicino a quello in cui risiede stabilmente il nucleo familiare di provenienza. Tale elencazione non ha un ordine casuale, ma è l’ordine di preferenza che la legge ha stabilito ogni qual volta ci si trovi a dover decidere a chi debba essere affidato un minore. Un’eccezione è prevista per i minori di 6 anni per i quali non è possibile l’affidamento presso un istituto, ma soltanto presso una comunità familiare. L’affidamento temporaneo può essere disposto dal servizio sociale locale con il consenso dei genitori o del Tutore, oppure dal Tribunale per i minori quando lo stesso manca. Giova precisare che, qualora ci si trovi in presenza di un minore con più di 12 anni, questi va necessariamente sentito. Il giudice tutelare del luogo ove si trova il minore (è un magistrato che ha il compito di sovrintendere alle tutele) con un decreto dispone l’affidamento temporaneo emesso dal servizio sociale. L’affidamento temporaneo ha termine con un provvedimento della stessa Autorità che lo ha disposto quando è venuta meno la situazione di difficoltà temporanea della famiglia di origine, ovvero quando la prosecuzione dell’affidamento reca pregiudizio al minore o non abbia avuto un esito positivo (in tal caso, normalmente si procede alla scelta di altro affidatario). Nell’ipotesi in cui, trascorso il periodo di durata previsto per l’affidamento e le cause che l’avevano originato divengano irreversibili, il Tribunale può emettere altri provvedimenti a tutela del minore (come lo stato di adottabilità): in tal caso l’affidamento temporaneo diviene preadottivo.
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 41
Personaggi/Quel ragazzo albanese del Ristorante Cavallino
Arrivò da clandestino dal porto di Durazzo di Daniela Invernizzi
«Sono arrivato il 9 settembre 1997 con un gommone, dopo sette tentativi andati a vuoto». Così inizia l’intervista a Ivan Cela, chef del Ristorante Cavallino, oggi felicemente sposato e padre di famiglia, che attende la cittadinanza italiana
I
van Cela lo conoscono tutti. La maggioranza dei trevigliesi ha assaggiato almeno una volta le sue pizze e i suoi prelibati piatti di pesce, che prepara da molti anni nella pizzeria “Ristorante il Cavallino” di via Tasso. Eppure non tutti conoscono la sua storia, per certi versi straordinaria. Ivan è arrivato con un gommone, partito da Durazzo, quasi vent’anni fa, clandestino fra i tanti che negli anni Novanta, dalle coste dell’Albania, hanno preso d’assalto l’Italia. Lui è uno di quelli che ce l’hanno fatta. Oggi vive con moglie e figlia a Vidalengo, parla un perfetto italiano, ha un buon lavoro, tanti amici e dice solo bene di noialtri, gli italiani. Ci incontriamo in un momento di pausa del ristorante. «Sono arrivato il 9 settembre 1997 con un gommone, dopo sette tentativi andati a vuoto. A metà strada infatti, la Guardia costiera italiana ci obbligava a tornare indietro. Poi a un certo punto ce l’abbiamo fatta. Siamo arrivati a Lecce in sei ore e siamo sbarcati alle quattro del mattino. Non c’era nessuno. Eravamo in 23. Abbiamo pagato l’equivalente di 1.500 euro attuali a testa. Avevo 18 anni». Appena sbarcato, il giovane Ivan, nonostante non sappia una parola di italiano, trova subito accoglienza positiva grazie a uno scambio di cortesie: «Alla stazione ho dato una mano a due signori anziani con le valigie pesanti e loro, molto gentilmente, mi hanno accolto nella loro carrozza, mi hanno dato da mangiare. Ero stanco e affamato, mi sono addormentato subito e mi sono risvegliato a Milano». A Milano viene a prenderlo un cugino che abita a Brignano, e lì vive per mesi, cercando di fare qualche lavoretto, «ma non essendo in regola, avevo paura ad andare in giro, a bighellonare senza fare niente. Per sei anni sono stato clandestino. A un certo punto ho trovato lavoro come lavapiatti al “Ristorante 2001”. E dopo sei mesi è arrivata Maria». Maria Perego lavora con Ivan al “2001” per nove anni; nel frattempo la sua famiglia lo accoglie in casa come un figlio. Gli insegna l’italiano, quello che è giusto e quel che non è, le nostre leggi, il nostro modo di vivere e comportarsi con gli altri: «ero un ragazzino, non sapevo nulla, e venivo comunque da un modello culturale molto diverso dal vostro. Maria e la sua famiglia sono stati fondamentali per me, per la mia integrazione».
42 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
A sinistra Ivan Cela con Maria Perego, la persona che lo ha accolto in Italia e lo ha guidato come una madre. Sopra una foto simbolica degli sbarchi di albanesi a Brindisi o Bari negli anni ‘90. Sotto un’immagine di un Ivan molto giovane. Nella pagina accanto Maria Perego
Dopo nove anni il “Ristorante 2001” chiude per rifacimento locali e Maria decide di mettersi in proprio. Su chi deve essere il cuoco non ha dubbi: sarà Ivan lo chef del Cavallino, che da albergo/ristorante diventa anche pizzeria, grazie all’esperienza di entrambi sviluppatasi nel ristorazione in tutti questi anni al 2001. Nel frattempo, «grazie ai miei datori di lavoro», sottolinea Ivan, arriva il permesso di soggiorno. Tutto sembra filare liscio, Maria ha realizzato il suo sogno e Ivan pure. Il ristorante è aperto da un anno soltanto quando arriva il
fulmine a ciel sereno. È il 2007. Maria si ammala improvvisamente e muore. La famiglia e Ivan stesso cadono nello sconforto più totale. Il ristorante passa alle sorelle, che però non hanno molta esperienza ed oltre a gestire un grave lutto come questo si ritrovano sulle spalle un’attività appena iniziata. «Ne abbiamo parlato a lungo, ma alla fine abbiamo deciso insieme che il sogno di Maria non doveva finire, che dovevamo continuare» racconta Ivan. «All’inizio è stata dura, ma ce l’abbiamo fatta». Parlami di lei «Maria era come una mamma per me, nonostante fosse molto giovane quando la conobbi (aveva 32 anni, ndr). Era molto disponibile, ma anche un colonnello. Avevo più soggezione di lei che dei miei genitori. Aveva un carattere molto forte e dolce nello stesso tempo. Una persona assolutamente senza pregiudizi e che sapeva donarti il cuore. Mi ha accolto in casa sua, mi ha praticamente “imposto” agli altri, mi ha insegnato tutto, la lingua, come comportarmi, mi portava in giro rischiando essa stessa di essere incriminata per favoreggiamento. Mi ha dato totale fiducia». Facciamo un passo indietro. Perché sei venuto in Italia? «Per migliorare la mia vita. Come tanti albanesi, vedevo l’Italia alla televisione e ci sembrava il Bengodi. Poi quando sono arrivato qui mi sono reso conto che non era proprio così. Però ho capito subito che l’Italia poteva offrirmi tante possibilità, se solo mi fossi pienamente integrato, se avessi lavorato e rispettato le sue leggi. E così è successo, Forse sono stato più fortunato di altri, non so, …però io ho incontrato solo brave persone, che mi hanno aiutato, fin da quel primo giorno sul treno. E poi Maria, la sua
famiglia, gli stessi clienti del ristorante. Non mi sono mai sentito penalizzato per il fatto di essere albanese. È capitato, al ristorante, di sentire discorsi generici di stampo razzista, da clienti che non sapevano di avere a che fare con uno straniero, …ma con me, personalmente, si sono comportati sempre molto bene, anche dopo aver saputo che non ero italiano. Basta conoscersi, in fondo, e comportarsi correttamente e i pregiudizi si superano». Ivan non si sente un immigrato, ma un cittadino italiano a tutti gli effetti, anche se la cittadinanza ancora non è arrivata: «l’immigrato è uno che viene qui a lavorare per un po’, fa qualche soldo e poi torna al suo paese. Io sono venuto per restare. L’ho sempre pensato, e per questo ho fatto di tutto per integrarmi pienamente. L’Italia è un bellissimo paese e offre tante possibilità, anche se spesso si dice il contrario. Certo, ho fatto fatica all’inizio, specie ad adeguarmi alla vostra mentalità, che è un po’ diversa dalla nostra». In cosa è diversa? Ride e mi dice sicuro: «Beh, per esempio non mi sono ancora abituato del tutto al fatto che qui comandino le donne!».
Maria accolse Ivan come fosse un figlio
L
a storia di Ivan è legata indissolubilmente a quella di Maria Perego. Classe 1966, seconda di cinque fratelli, è colei che ha creato il ristorante che oggi conosciamo e dato un mestiere alle persone che vi lavorano. Ancora oggi la sua prematura scomparsa, avvenuta nel 2007 a soli 41 anni, scatena emozioni forti e un dolore mai completamente sopito. Me ne parlano le sorelle Rosy e Rachele: «È sempre stata molto legata alla famiglia, un punto di riferimento per tutti noi, specie per mia madre, quando è venuto a mancare papà - raccontano - e quando se n’è andata anche lei, è stato il buio totale. Una gravissima perdita, non solo per l’attività appena iniziata, ma soprattutto a livello umano. Anche se poi proprio l’attività è stata la nostra àncora di salvezza, un modo per non pensare troppo, per non ripiegarci sul nostro dolore». Che tipo era? «Una tosta, che ha sempre lavorato, fin da quando aveva dodici anni. Al ristorante 2001 era praticamente il factotum, una persona di fiducia, alle quale dare tranquillamente soldi, chiavi. Di lei ti potevi fidare ciecamente, non solo a livello lavorativo. Anche a livello personale eri in banca, con lei. Quando poi ha deciso di mettersi in proprio, era davvero felice. Era il suo sogno. Ricordo il primo giorno di apertura racconta ancora Rachele - ci aveva detto: ‘Venite a mangiare, così fate numero, non ci sarà nessuno’. Invece si ritrovò i clienti del 2001 che l’avevano conosciuta quando lavorava lì. Nessuno, più dei clienti stessi, l’ha sostenuta in manie-
ra così convincente. Anche quando è morta, qualcuno per un po’ non è più venuto, non per il locale in sé, ma perché sembrava di mancarle di rispetto. Era in gamba, sapeva fare tutto, aggiustare tutto. Conosceva tanta gente, è stata una madre per Ivan, ha fatto del bene a tanti e ce ne siamo accorti dalla folla al funerale». Cosa le è capitato? «All’improvviso le è venuto un forte mal di testa. La notte mia madre si è accorta che respirava male. L’abbiamo portata in ospedale a Treviglio, poi a Bergamo per ulteriori accertamenti. La risonanza ha evidenziato un aneurisma, da operare. Lei era sveglia e consapevole di quello che le stava accadendo. Ma durante l’intervento ha avuto una nuova forte emorragia, è andata in coma e dopo due giorni è spirata. Abbiamo autorizzato l’espianto degli organi. Ha fatto del bene anche da morta». Cosa è successo poi? «L’abbiamo presa malissimo, anche perché ci è sembrata un’ingiustizia; proprio quando aveva realizzato il suo sogno, se n’è dovuta andare così all’improvviso. Anche se forse lei inconsciamente, …non so, sembrava che se lo sentisse. Quell’anno aveva distribuito in anticipo i regali di Natale, cosa che non aveva mai fatto. E al suo compleanno, che cadeva in dicembre, il suo compagno le ha regalato la moto che sognava da tempo. Era al settimo cielo. ‘Non ho mai avuto una festa così bella’ mi disse quella volta, il giorno del suo 41° compleanno. È stato l’ultimo». (d. i.)
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 43
Personaggi/Gli uomini e le imprese del ‘900
L’industriale che arrivò dalla miniera di Lucietta Zanda
La storia avventurosa di Eugenio Minini, da Castiglione delle Stiviere a Treviglio, dopo le miniere di Collio e rischi di fucilazione. L’incontro con Esterina, lo sgombero delle “Muntagnète Rùse”, quindi socio della Colombo & Filippetti
C
he stravagante nesso ci può essere tra un piccolo negozio di formaggi aperto nella nostra via XV Aprile nel lontano 1954 e tuttora presente, le montagnette rosse di pirite dalle parti di via Curletti negli anni ’50 e la grande azienda Colombo Filippetti di Casirate? Abbastanza facile arrivarci per chi come me è nato intorno agli anni ’50 e di quegli anni ancora non ha rimosso quel poco di sopravvissuto e imperdibile che resta. Eugenio Minini, ecco qual è il collegamento. Quest’uomo ora scomparso, di semplici origini ma molto intelligente, era infatti il marito di Esterina Ferrandi - prima titolare di quello storico negozio di formaggi cui accennavo - e anche socio per ben 25 anni della Colombo Filippetti, la grande azienda oggi produttrice leader di meccanismi a camme per l’automazione meccanica. Mi parlano di lui la moglie Esterina - ancora vivace e partecipativa nonostante gli anni - e il figlio Fausto, il minore dei quattro avuti dalla coppia, che ricorda con tenerezza e precisione tutti i risvolti della vita del padre. La storia di Eugenio Minini si dipana dal lontano 1923 - anno in cui nasce a Castiglione delle Stiviere in provincia di Mantova - attraverso una serie di eventi fortuiti e a volte un po’ rocamboleschi che lo porteranno qui a Treviglio nel ‘44. La sua è la classica vicenda umana che ancora una volta attesta come
44 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
l’uomo possa, con la propria forza unitamente ad una singolare inventiva, raggiungere dal niente ragguardevoli posizioni sociali. Il piccolo Eugenio impara infatti presto a darsi da fare. Già a otto anni infatti, dopo i compiti della scuola veniva portato dal padre - che nel frattempo si era trasferito a Brescia
A sinistra Eugenio Minini con la moglie Esterina Ferrandi, in posa nella foto in basso. Sopra foto di gruppo dei titolari e dipendenti della Colombo & Filippetti (1969). Minini è riconoscibile in alto a sinistra
con la famiglia - non a giocare a pallone come magari avrebbe preferito, ma in giro come suo aiutante idraulico. A quei tempi era così, nelle famiglie poco abbienti, tutti dovevano dare una mano appena possibile. A 15 anni, subito dopo le secondarie, entra nelle officine Cantoni che producono calze, prima come operaio e poi in veste di disegnatore tecnico. Questo passaggio è molto importante e decisivo per la sua attitudine alla meccanica e ai suoi diversi campi applicativi che porteranno Eugenio a sviluppare il suo notevole talento in futuro. Il disegno infatti è per lui l’inizio di una creazione; nella sua spiccata lungimiranza egli è in grado di vedere oltre il progetto esecutivo attraverso il quale quei pezzi disegnati prendono vita ed escono già realizzati da quel cappello a cilindro che è la sua mente geniale. Dopo un paio d’anni si mette in proprio col padre e col fratello per scavare la terra rossa da cui successivamente la fonderia avrebbe estratto la pirite in vari terreni affittati a Romano, Treviglio e Acqualunga, che venivano poi riconsegnati in ordine ai proprietari e pronti per le culture. Arriva la guerra ed Eugenio - aviere a Roma - pur di essere esonerato dall’obbligo militare, accetta il trasferimento a Collio in provincia di Brescia per lavorare in una miniera di ferro; il lavoro in miniera era infatti considerato dal Governo importantissimo perché il ferro serviva agli armamenti bellici di quel periodo. La vita in miniera è una feroce prova fisica e il sole è lo struggente elemento che più gli manca; vive lì dividendo la stanza con altri compagni, e a casa ci torna una volta la settimana. Sono cinquanta chilometri in bicicletta che lui percorre regolarmente anche se quella zona è soggetta ai continui rastrellamenti tedeschi punitivi contro la resistenza che lì è forte. Sa di rischiare grosso, ma lui pensa solo a lavorare e riesce a farla franca anche quando un paio di volte viene scam-
A destra la famiglia Minini prima della nascita dell’ultimogenito Fausto: da sinistra Ernestina con il figlio Fabio e il marito Eugenio, accanto Franco ed Enrica. Sotto Minini nell’appezzamento in Toscana
biato per partigiano, messo al muro e salvato in extremis dalla fucilazione. Nel frattempo i bombardamenti subiti da Brescia costringeranno la famiglia di Eugenio a sfollare a Treviglio dove hanno dei parenti, e qui - sfruttando le sue abili doti di disegnatore tecnico - fa domanda alla SPICA, azienda tessile che aveva sede in un grande stabile tra via Abate Crippa e via Cesare Battisti. Viene assunto e per i successivi due anni disegnerà macchine destinate a fare i telai per i tessuti, nutrendo e ampliando così di nuove prospettive tecniche la sua esperienza lavorativa. Tale è il suo livello di preparazione che insegna anche disegno meccanico alle scuole serali. A quei tempi, in via XXV Aprile sull’angolo con piazza Garibaldi dove adesso c’è un negozio di abbigliamento, aveva sede il mitico Caffè Sport gestito dai genitori di Rina Ferrandi che qui vi lavorava con la sorella.
Rina ed Eugenio si incontrano per caso nel 1944 ad una festa privata. Entrambi molto belli, vivaci e volitivi si sentono immediatamente attratti e si innamorano. Nel ’47 la SPICA però chiude i battenti, offrendo ad Eugenio di trasferirsi alla nuova sede di Genova. Rina, che pensa a quella lontananza, ne è talmente rattristata che lui, per amore, decide di licenziarsi nonostante lo stipendio remunerativo lo spingesse a non farlo. Rimasto così senza lavoro, intraprende il commercio di trasportatore di bauxite e di pirite raccolte verso le fonderie di lavorazione, raccolta anche dagli alti mucchi ammassati in via Redipuglia tra i quali i bambini spesso giocavano, le cosiddette “Mùntagnète rùse”. Nel ’48 si sposano. Rina mi racconta con grande nostalgia di quest’uomo caparbio e sempre in fermento, anche se spesso la sua esuberanza lo portava ad essere troppo predominante nelle relazioni. Molto affiatati come coppia, lei sapeva tenergli testa usando forza e dolcezza pur «restando sempre però prudentemente – come sottolinea - ad un passo dietro di lui». Dotato di senso dell’umorismo Eugenio era sempre in battuta - ricorda Fausto - e usava la sua ironia anche per sdrammatizzare gli eventi di una vita che lo aveva sempre messo alla prova. Insieme ritirano il bar dai genitori di Rina, lo rivendono più tardi e Rina nel 1954 apre un piccolo negozio di formaggi vicino al suo vecchio bar. Ed Eugenio, …beh lui non è molto soddisfatto di quel suo lavoro coi camion di pirite così monotono e non adatto alla sua mente che aveva un continuo bisogno di elaborare. Nel ’57 mentre è agli sportelli della Cassa Rurale, gli fanno sapere che la Colombo Filippetti sta cercando un socio. L’azienda allora si occupava sostanzialmente di stampi per stivali di gomma. Attirato dall’occasione propizia ne parla con Rina che lo sostiene, fiduciosa nel rapporto di grande rispetto reciproco col marito, e lui, entusiasta del ritorno al mondo della meccanica che aveva nel sangue, accetta. Entra nella ditta come terzo socio insieme a Giancarlo Sonzogni e Marcello Colom-
bo; il contributo della sua esperienza tecnica, unitamente a quella commerciale e al senso spiccato per gli affari, sarà significativo per quel team di menti geniali che realizzerà in breve il traforo elettrico per l’intarsio del legno che diventerà il cavallo di battaglia della Colombo Filippetti fino agli anni ’80. A quei tempi infatti il legno veniva intarsiato a mano solo con l’aiuto del traforo ad archetto. L’introduzione, inoltre, delle camme costituirà l’innovativa tecnologia meccanica che applicata agli alberi motore permette i movimenti automatici e ripetuti nel tempo delle macchine industriali, portando così l’azienda ad una ulteriore espansione sui mercati. Gira per tutta Italia e anche in Europa propugnando alle diverse industrie del settore la nuova tecnologia elettrica al posto di quella a mano ed è contento del proprio lavoro perché riesce a realizzare il progetto iniziale, esattamente come quell’idea che aveva in mente. È il momento del boom commerciale per la Colombo Filippetti. Dopo venticinque anni di questa significativa presenza nella Società, Eugenio capisce però anche quando arriva il momento di lasciare ed iniziare un nuovo corso, aprire una nuova sfida. Nel 1979, in seguito all’avvento in azienda di nuove forze rappresentate dai figli dei soci e attratto come sempre da altri progetti, si trasferisce in Toscana a Talamone. Qui ha comprato un appezzamento di terreno brullo, impervio, sassoso e ostico da dissodare che entrambi i coniugi vogliono però trasformare nella generosa produttiva tenuta che da sempre sognano. I due dopo tanta fatica ancora una volta ce la fanno e dopo pochi anni quel fondo arido risorge in un giardino bellissimo e in una casa con uno splendido terrazzo che guarda sull’isola del Giglio. E lì vivranno ancora insieme per venticinque anni producendo olio e uno squisito vino da regalare agli amici e ai parenti. Quel terrazzo da cui Eugenio vedeva il mare e forse ancora tanti orizzonti pronti a schiudersi per lui. Dopotutto, bastava solo volerlo.
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 45
Treviglio/Storie minime del ‘900
Il primo Maggio alla Montecatini di Roberto Fabbrucci
Oltre il passaggio a livello per Calvenzano c’era il quartierino della fabbrica di concimi e colla, un posto affascinante per un bimbo che studiava il camion a “gasogeno”, la jeap di papà e i treni che passavano
P
ensando agli anni dell’infanzia rivedo uno strano trabiccolo ricavato da un camion dei tempi della Grande Guerra e utilizzato per trascinare i vagoni carichi di colla o di concime fino alla Stazione Centrale di Treviglio. Mi pare che gli operai l’avessero battezzato Carlotta. Immaginate un reperto da museo, quelli con quel muso piatto e con una cabina dalla forma ancora non compiuta di camion; immaginate che al posto della vettura di una diligenza a cavalli, ci fosse un pianale sul quale era stato montato un serbatoio dal diametro di un metro e mezzo, e sopra un camino alto un metro. Al posto delle gomme le ruote di un vagone ferroviario, insomma, approssimativamente questa era la locomotrice che aveva sostituito i cavalli per il traino dei vagoni ferroviari, ma che nessuno mai pensò di fotografare. Il costruttore di questa strana cosa era stato il Curletti, un ingegnere casiratese (uno dei nipoti dei fondatori della fabbrica prima dell’acquisto da parte della Montecatini) che in mancanza di benzina, durante la guerra e come un po’ tutti, aveva assemblato l’auto a gasogeno, un sistema per estrarre metano dalla legna o dal carbone. La procedura era questa: si gettava carbone o legna nell’apposita caldaia, si faceva raggiungere una certa pressione al gas che si
46 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
accumulava nel serbatoio, quindi s’inseriva la manovella d’avviamento, si faceva girare, e voilà, la macchina partiva. Un metodo in uso da quando la “Società della Nazioni” impose sanzioni all’Italia fascista, da ciò la difficoltà dell’approvvigionamento del petrolio. Passato il periodo del traino dei cavalli ed anche quello di quella strana macchina a gas, arrivò una jeep militare tanto potente da trascinare alcuni vagoni fino al deposito ferroviario; ma la jeep non serviva solo per il traino dei vagoni ferroviari, era il mezzo di trasporto della Montecatini. Dai primi anni ’50 papà smise di essere il solo ad avere la patente auto in fabbrica, così poté dividere l’incombenza con Alfonso Bilardo, un eclettico meccanico super attivo e pieno d’inventiva che finì - dopo aver trattato compravendita di qualsiasi cosa e dimessosi dalla Montecatini - per aprire una scuola guida a Romano di Lombardia. Su quella Jeep ebbi l’occasione di essere ospitato da mio padre, un’estate. Doveva andare a ritirare del materiale di ricambio a Rivolta d’Adda, così decise di accontentarmi, ma non ricordo molto di quell’escursione, se non l’emozione di sentire il vento tra i capelli e una chiesetta votiva - che divenne per me familiare decenni dopo - sulla strada parallela al fiume da Cassano d’Adda per
Rivolta, davanti alla quale ci fermammo alcuni minuti per osservarla meglio. La Montecatini, che allora occupava tutta la zona industriale tra la via Calvenzano, la ferrovia per Venezia e quella per Cremona (la zona artigianale oltre il sottopasso ferroviario e a sinistra), aveva quattro reparti: concimi e fosfati, ossa e colla, ricerca biochimica, manutenzione. L’edificio era enorme, ma gli unici ingressi erano su via Calvenzano e quello quasi all’angolo con il sottopasso, serviva esclusivamente al trasporto ferroviario, tanto che i binari - visibili fino a fine secolo nella zona degli orti che fiancheggia le tre villette e la villa dell’ultimo direttore, Meris Erbetta - vi entravano in profondità proseguendo fino alla stazione Centrale di Treviglio. All’interno della fabbrica gli operai, con l’aiuto dei nastri trasportatori, caricavano sacchi di colla per falegnami e concimi sui vagoni per avviarli a destinazione.
Montecatini 1958 - Ogni anno il Primo Maggio il direttore Carlo Biasia (poi Meris Erbetta) invitava tutti gli operai e le loro famiglie in fabbrica, distribuiva i premi di anzianità e offriva un rinfresco. Molti lettori ritroveranno volti noti, per esempio quello Carluccio Bonfanti
Le ossa erano la base della lavorazione della Montecatini, che in quell’area aveva uno spazio molto vasto sotto le cui tettoie erano accumulati enormi quantità di residui di macelleria. Arrivavano in buona parte con vagoni merci direttamente dalla stazione ferroviaria attraverso la linea privata di binari, quindi in fabbrica. A volte, ma non ne ho mai compreso il motivo, vista la presenza dei binari in azienda, arrivavano e partivano vagoni ferroviari fissati su di una piattaforma con ruote di gomma da camion, nel dopoguerra trainata da cavalli, poi da mezzi a motore. La società produceva fertilizzanti fosfatici
che contenevano l’azoto in forma organica; un’innovazione per il mondo dell’agricoltura e un successo economico per la società che a Treviglio aveva centocinquanta dipendenti. Una parte impegnata a sgrassare le ossa e trasformare questi residui in colla, l’altra parte a trattarle fino a trasformarle in farina: appunto i fosfati. Papà era il responsabile di questo polveroso reparto e i suoi bronchi ne risentirono, soprattutto gli ultimi anni della sua vita, condizionati da un enfisema che lo portò via qualche anno prima di quanto avremmo sperato. Anche le strade, ma soprattutto i pavimenti di casa, ne soffrivano, tanto che mamma era sempre presa a pulirli, passare lo straccio bagnato, quindi la cera e lo strofinaccio per lucidarli. Ogni tanto, invece, era necessario pennellare i mattoni del pavimento con un’apposita vernice per il cotto, rossa. Anche la cera era rossastra e il suo uso ci costringeva ad entrare in casa con le “pattine”, una sorta di ciabatte rettangolari con una fascia nella quale ci s’infilava il piede con tutta la scarpa e ci si trascinava per casa; in pratica si aiutava a tener lucidi i mattoni. Non era un vizio di mamma, era un modo generalizzato di tentare di rendere pulite e accoglienti povere case. Ripensando oggi a quel luogo, agli odori di putrefazione della carne che emanava la Montecatini, alla polvere dei fosfati, a quella nera del carbone accatastato a tonnellate, piuttosto che alla fuliggine nera che arrivava dalle ciminiere dei locomotori che passavano continuamente, mi meraviglio come tutto mi sembrasse normale, anzi divertente. Ci divertivamo soprattutto il primo Maggio, data in cui la Montecatini organizzava una festa in fabbrica, con tanto di consegna diplomi e medaglie di anzianità ai dipendenti più fedeli. Tutti, operai e impiegati, avevano l’abito della domenica, così come la parentela e noi bimbi. Il direttore di allora, l’ing. Carlo Biasia, e tutto il suo staff si posizionavano con le spalle alle vetrate degli uffici amministrativi. Accanto e a ridosso
Prototipo di camion a Gasogeno - immagine generica da web
delle pareti una serie di tavoli imbanditi: pasticcini, brioches, panini imbottiti, bibite, vino e spumante. Il direttore attendeva che la piccola folla si posizionasse nel cortile, quindi portava i saluti della direzione generale di Milano, poi consegnava le benemerenze mentre il fotografo immortalava l’evento. Noi bimbi, così come tutte le maestranze e i familiari, assistevamo alla cerimonia con le spalle a ridosso delle grandi tettoie, non quelle dei fosfati, ma dove giacevano i grandi cumuli di ossa. Questo senza nessun problema, tanto eravamo abituati all’odore della putrefazione e allo spettacolo di quegli enormi cumuli alti due o tre metri, totalmente coperti da una sorta di “telone” brulicante interamente “intessuto” di larve e di mosche. Quintali di questi vermicelli riuscivano a guadagnarsi pezzi di cortile, ogni tanto ricacciati sui cumuli grazie a solerti operai muniti di badili e grosse scope. C’era gente che usciva dalla Montecatini con vecchi barattoloni formicolanti da distribuire agli amici pescatori o per concimare l’orto. Un prelievo tollerato dalla Montecatini, ma che non ne sopportava altri, infatti, aveva la prassi di controllare a campione i lavoratori all’uscita dal turno. Il sistema era semplice: l’operaio entrava nella portineria e prima di timbrare il cartellino afferrava un’impugnatura legata ad una catenella, identica a quella degli antichi sciacquoni, e tirava. La catenella pendeva da uno scatolotto metallico contenente un meccanismo che determinava, casualmente, l’accensione di una lampadina rossa, chi ci capitava era perquisito. Umiliazione risparmiata a mio padre, perché dirigente, ma che in compenso non aveva orario, addirittura gli avevano installato in casa un telefono interno collegato con la portineria, il suo ufficio e i vari reparti della fabbrica: non aveva la rotella, ma piccoli tasti bianchi numerati, uno per ogni luogo da contattare. Cosa straordinaria per quegli anni, ma che non lasciava tregua a papà, sempre disponibile. (segue su prossimo numero)
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 47
Treviglio/Centenario della Grande Guerra (Prima puntata)
Le lettere della lontananza di Carmen Taborelli
I soldati scrivono dal fronte. Oltre ottocento lettere e cartoline per raccontare la guerra
T
reviglio - “Le lettere della lontananza” è il titolo del libro al quale attingo per curare la prima puntata di questa Rubrica, che si inserisce nelle celebrazioni del centenario della Grande Guerra. Il volume riporta il testo di oltre ottocento tra lettere e cartoline scritte dai soldati di Treviglio e del Circondario, durante la Prima Guerra Mondiale (1915-1918). Si va dalla semplice cartolina dal testo ripetitivo e spesso firmata in modo congiunto da più combattenti, alla lettera più personale, ricca di particolari, uscita dalla penna del militare più scolarizzato. Un paziente lavoro di ricerca ha permesso il recupero e la successiva trascrizione di queste testimonianze storiche, raccolte con cura e rispetto quasi fossero cose sacre. Sui testi non è stato operato alcun ritocco, nemmeno per correggere qualche compatibile sgrammaticatura. Poco importa se alcune lettere sono scritte in un italiano un po’ zoppicante, se gli errori di ortografia si mischiano a costruzioni lessicali di origine dialettale e se i tempi dei verbi sono un po’ ingarbugliati. Importa, invece, che i nostri soldati, perlopiù fanti, abbiano scritto per noi, senza intermediari e senza sovrastrutture, la guerra che loro hanno visto e vissuto. Gli scritti, dai toni ora vibranti ora malinconici, raccontano le fasi di un combattimento, la cronaca di una giornata, gli stenti
48 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
dei prigionieri, le preoccupazioni per i familiari, la forte nostalgia di casa. E ancora: il conforto al commilitone morente, la rabbia malcelata nei confronti degli imboscati e poi molte altre testimonianze di quanti vissero il distacco dagli affetti più cari per rispondere all’appello della Patria, andando incontro a un destino ignoto e provando l’angoscia di una partenza, che per molti fu senza ritorno. Dalla quasi totalità degli scritti traspare evidente la volontà di tranquillizzare, nonostante tutto, i familiari. “Godiamo ottima salute” è, infatti, la frase ricorrente, probabilmente suggerita da disposizioni impartite dall’alto. Una frase questa su cui è legittimo avanzare qualche riserva, se si tiene conto delle reali condizioni in cui vissero e operarono i nostri soldati, costretti ad affrontare patimenti e disagi d’ogni genere: tutto in nome e per la Patria, sul cui altare circa 650.000 italiani sacrificarono la vita. I trevigliesi Caduti furono 365. Grazie a queste testimonianze epistolari, vere finestre aperte sul passato, del quale prolungano tra l’altro la memoria, oggi giunge a noi la voce che viene dai luoghi
Due immagini dal fronte della Grande Guerra e una cartolina trevigliese di sostegno ai combattenti
dove il conflitto fu aspro e grande fu la sofferenza: le zone di guerra, il fronte, le trincee, i luoghi di prigionia, gli ospedali militari di riserva, i piccoli e anonimi ospedali da campo e i treni-ospedale che, nelle retrovie, facevano parte della quotidianità. Il Servizio postale - Durante guerra, per non congestionare il servizio postale ordinario, l’Italia ne organizzò uno suppletivo, rendendo in tal modo più celere la comunicazione tra i soldati e il resto della popolazione. Bologna divenne la sede dell’ufficio centrale per la distribuzione della posta militare. Questo servizio integrativo risultò più efficiente di quello civile, nonostante dovesse provvedere, ogni giorno, allo smistamento e alla consegna di circa un milione di documenti. Qualche ritardo nel recapito della corrispondenza lo causò la questione delle affrancature. Difficile per i soldati procurarsi i francobolli; applicarli poi sulle cartoline era, senza dubbio, l’ultima delle loro preoccupazioni. Il Governo regolamentò la questione, concedendo alcune esenzioni. Ai militari combattenti, ossia a quelli che operavano in zona di guerra, venne, infatti, concessa la franchigia sulle cartoline, purché recassero la dicitura “Posta militare da campo”. Godevano della stessa esenzione le cartoline spedite dai soldati degenti negli ospedali. Esenzione che, per l’errata interpretazione di una circolare ministeriale, l’Ufficio postale di Treviglio revocò, danneggiando il già magro borsellino dei soldati ricoverati nei sei ospedali di riserva, allora funzionanti in città. Il trevigliese on. Agostino Cameroni, informato della questione, si rivolse all’allora ministro delle Poste e Telegrafi Vincenzo Riccio, che rimosse l’inconveniente a decorrere dall’1 gennaio 1916, placando reclami e proteste. Si calcola che in Italia, tra il 1915 e il 1918, Copertina libro “Le lettere della lontananza”, sopra, Angelo Ghidotti scrive al maniscalco Carlo Longaretti
CENTRO FITNESS
furono movimentati quasi quattro miliardi di lettere e cartoline, di cui oltre due miliardi furono quelle indirizzate dal fronte al paese, circa un miliardo e mezzo quelle in senso inverso e le restanti da una parte all’altra del fronte. Quello di scrivere e di ricevere posta era un bisogno primario per mantenere i contatti con l’ambiente familiare e con i paesi d’origine, ed era così intenso che la mancanza di carta da scrivere veniva definita con la parola “carestia”. A consegnare materialmente la posta era di solito un sergente, il cosiddetto “vaguemestre”, il portalettere. Si trattava di una figura ancora più popolare del soldato ranciere, perché “portava la manna del cuore e dello spirito”. Portava negli accampamenti e sulla linea del fuoco i baci delle spose, la benedizione delle madri e i soffi d’aria delle terre natali dei combattenti. Passava di fuciliere in fuciliere, di artigliere in artigliere, e consegnava la posta. Qualche volta però non trovava il soldato cui dare la lettera; nessuno rispondeva al suo appello. Non gli restava che balbettare un requiem. La Sveglia – Durante tutto il conflitto, il settimanale cattolico trevigliese “La Sveglia” pubblicò regolarmente la corrispondenza che i soldati inviavano alla redazione, facilitando in tal modo la comunicazione tra i militari e le loro famiglie, e supplendo, in alcuni casi, all’analfabetismo a quel tempo ancora abbastanza diffuso. Lanciò anche una speciale campagnaabbonamenti per finanziare l’invio del settimanale nelle zone di guerra, appagando così il legittimo desiderio dei combattenti di avere sempre maggiori notizie dei loro cari e conoscere le iniziative attivate dal volontariato cittadino in risposta alle tante necessità causate dalla guerra. Dopo il primo biennio, si registrò un progressivo calo delle lettere; aumentò, invece, l’uso delle cartoline. L’orientamento verso una forma più concisa di comunicazione trovava giustificazione nel fatto oggettivo di una guerra che si stava rivelando più lunga e più dura del previsto. Nelle difficoltà si diventa più essenziali; lo si diventa a ogni livello, anche nel modo di comunicare e di scrivere.
PER LEI
Corsi di Pilates e Ginnastica Posturale
PER ENTRAMBI
Corso di Autodifesa (Krav-Maga)
PER LUI
Corsi di Muay Thai e Thai Box K1
INOLTRE, APERTURA DEL
NUOVO AMBULATORIO DI OSTEOPATIA
actionclubtreviglio@yahoo.it 0363/302842 ACTIONCLUB TREVIGLIO (BG), VIA BLANCANUCA 3 (ZONA PIP1)
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 49
Treviglio/La più importante realtà sportiva
Il basket bergamasco è di casa a Treviglio di Daniela Regonesi
Storia, glorie e futuro della pallacanestro trevigliese, nelle parole del suo Presidente Gianfranco Testa
I
l 2016 vede la squadra di pallacanestro trevigliese festeggiare 45 anni di età: era infatti il 1971 quando nasceva, nell’Oratorio Salesiano, con il nome di Or.Sa. Treviglio. Non sono ancora noti i programmi per il compleanno, ma come giustamente dice Gianfranco Testa (Presidente e Responsabile Comunicazione Blu Basket Treviglio) «di sicuro il miglior regalo se l’è fatto la squadra, con la presenza negli ultimi tre anni in A2». Il team, prosegue, «è una realtà importante: per la bassa provincia il basket è lo sport di riferimento, come l’Atalanta Calcio per Bergamo. Cresce il numero degli spettatori, di pari passo con i buoni risultati». Risultati che sono andati crescendo negli anni: nell’aprile 1980 l’Or.Sa. conquista la Serie C2, due anni più tardi la serie B, fino alla B d’Eccellenza raggiunta nella stagione 1993/4, dopo la disputa di quattro play off consecutivi con esito negativo (nel frattempo nel 1986 unisce le proprie forze con quelle dell’Osio Sotto, dando vita alla Bergamasca Country Basket Treviglio). Nella stagione 1999/2000 cambia nuovamente denominazione, per tornare a chiamarsi semplicemente Treviglio Basket «a seguito della volontà espressa da più parti - come si legge sul sito della squadra - per sottolineare
50 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
che la pallacanestro è di casa nel capoluogo della bassa bergamasca”. Non sono mancate le delusioni, come la promozione in Legadue sfiorata due volte, raggiungendo la semifinale play off, ma dovendo cedere prima contro Cento e poi contro Trapani. La finalissima per la Legadue viene raggiunta nella stagione 2005/6 arrendendosi solo alla corazzata SparScavolini Pesaro, dove giocava un certo Carlton Myers. Dal 2011 la società trevigliese partecipa al campionato di Divisione Nazionale A, terzo campionato italiano per importanza, mentre nella stagione 2012-2013 la Blu Basket Treviglio (denominazione assunta nel 2006) conquista il diritto di partecipare, per l’anno successivo, al campionato di Divisione Nazionale A Silver che, con la riforma dei campionati attuata lo scorso anno, è stato rinominato semplicemente Serie A2. Come mi spiega il Presidente «quello appena concluso è stato l’anno capolavoro: ci davano per spacciati e siamo finiti al quarto posto, giocandoci persino la promozione in A1. Abbiamo perso ai quarti di finale contro Biella». Il sogno si è infranto in gara 3 con due giocatori infortunati: forse l’unico rimpianto in una stagione nella quale nessuno, all’inizio, avrebbe mai scommesso un centesimo sulla squadra nostrana; da qui è nato il motto e hashtag #siamoultimi, che compare sul murales in viale Oriano (vedi il numero di settembre de “la tribuna”) e che alcuni giocatori si sono addirittura tatuati. Prosegue Testa: «Blu Basket è un patrimonio della provincia e una bella realtà che cerchiamo di preservare. È una società di soci, non ci sono padroni, la presidenza è eletta ogni tre anni». Risale infatti all’estate 2006 il cambiamento di ragione sociale, con la trasformazione in Società Dilettantistica a Responsabilità Limitata, dopo l’allargamento della compagine societaria ad altri imprenditori e l’elezione dell’attuale presidenza. Chiedo quindi quanto calore c’è intorno al basket a Treviglio, mi risponde che «c’è una buona struttura, il territorio ci segue, per questo sport si muovono risorse, in primis quelle del main sponsor Remer Rubinetterie S.p.A.,
A sinistra la formazione 2015/2016 della Blu Basket Treviglio, a destra il suo presidente Gianfranco Testa intervistato da Paolo Taddeo
che ci supporta da tre anni e ha appena confermato per altri due. Sono appassionati, i partner ideali: si fidano delle scelte della squadra. Ci accomuna la filosofia di essere una società dinamica in cui viene posta molta attenzione al far crescere i giovani. Per poter avere maggiori ambizioni ci vorrebbe un coinvolgimento più ampio, allargare la società ad altri soci tra le tante importanti realtà aziendali che nel territorio del trevigliese non mancano. Ma comunque, nonostante la crisi economica, ce la siamo cavata. C’è un comitato spontaneo che è nato da un’idea di Emi Pozzi e Alberto Mattioli e che si chiama “Golden Club”: raggruppa imprenditori che sostengono la società in termini economici e nella ricerca di ulteriori sponsor, per allargare la base del mondo Blu Basket. Facciamo anche diversi progetti con le scuole per avvicinare i ragazzi a questo sport. Questa politica sta pagando, il palazzetto è gremito». Come accennato da Testa il settore giovanile rappresenta da sempre il fiore all’occhiello della società. Basti pensare che da lì sono partiti, raggiungendo anche la serie A, Alberto Rossini (play-maker della Nazionale), Marco Sambugaro (campione d’Italia con Siena), Andrea Conti (campione europeo Cadetti), Luca Gamba (campione Mondiale Militare), Massimo Codevilla, Enrico Degli Agosti e Marco Guerci, solo per citarne alcuni. Il Presidente conferma che la tradizione si rinnova: «Lavoriamo molto bene con Bluorobica, dalla quale attingiamo giocatori per la prima squadra. Diego Flaccadori, per esempio, ha giocato da noi per poi andare in A1 a Trento. In questa stagione molto bravi sono Alessandro Spatti (1995) e Nicola Savoldelli (1997). Abbiamo molti giovani nei quali crediamo, sono riserve ma li facciamo crescere, non li lasciamo in panchina». Un ulteriore merito da aggiungere alla nutrita serie collezionata in questi primi 45 anni. Buon compleanno.
Ecco come nacquero i Rangers Treì Facciamo conoscenza con i tifosi che seguono e supportano con grinta e affetto la Blu Basket Treviglio
T
reviglio - “Un giorno all’improvviso, mi innamorai di te. Il cuore mi batteva, non chiedermi perchè...”. Anche se il il copyright della canzone intonata da pubblico e squadra trevigliesi non appartiene ai supporters della Blu Basket, ben calza su Franco Restelli, presidente dei “Rangers Treì”. Lo incontro con la moglie Cristina Piantoni, per gli addetti del tifo biancoblu semplicemente ed affettuosamente “la First Lady”, per
conoscere un po’ meglio il loro mondo. «Io ho iniziato per scherzo, non ero appassionato di basket, ma mi è piaciuto e si è creato un bel gruppo», mi spiega, e vedendolo imbracciare il megafono per incoraggiare i giocatori in campo, con cori e canti, si stenta a credergli. Eppure tant’è: «Le prime riunioni settimanali, che si tenevano sotto il Crocky, risalgono al 1994, poi ci siamo spostati presso altri locali. Ora ci troviamo il mercoledì a casa di uno dei soci per stabilire orari e prezzi delle trasferte, organizzare le coreografie. Dei fondatori sono rimasti solo quattro o cinque. Ma, nonostante ad oggi abbiamo alcune presenze in meno rispetto al gruppo storico (per vari motivi: età, salute, famiglia, ecc.), una trentina di fedelissimi non manca mai. Abbiamo tanti amici, siamo un buon gruppo. È stato un gran regalo che ho ricevuto trasferendomi qui nel ‘93». Il team ha un’età media di 40/60 anni, vi sono single, coppie e famiglie con figli piccoli al seguito, ma si lavora anche al ricambio generazionale: grazie al passaparola e ad alcuni ingressi omaggio, diversi ragazzi invogliati a venire a vedere le partite al Palazzetto sono stati contagiati al punto di creare un loro gruppo Facebook: “Rangers Boys Treì”. La tifoseria opera in base ad autofinanzia-
Sopra, da sinistra Tomas Kizlynk, Franco Restelli presidente dei Rangers Treì, il capitano Emanuele Rossi e la “First Lady” Cristina Piantoni. A sinistra uno scatto della squadra negli spogliatoi
mento (all’inizio della stagione è possibile acquistare una tessera di associazione, che garantisce gadget e sconti) e può contare sul positivo supporto dell’attuale sponsor, Remer Rubinetterie. Continua Franco: «Siamo circa 120 soci. Abbiamo girato palazzetti con molta meno gente e, soprattutto, ci divertiamo anche quando perdiamo» perché, come mi spiega Cristina, «le trasferte sono mangerecce», anzi, a volte organizzano «dei veri e propri week-end culturali/enogastronomici/sportivi». Prosegue lui: «In trasferta non abbiamo mai avuto problemi. Siamo in gita finché non inizia la partita, dopo siamo concentrati su quella. Andare ai match fuori casa in pullman, anche se magari sono vicino, garantisce più divertimento ma anche maggior sicurezza. Siamo una famiglia, ci si vede anche al di fuori del basket, e se le partite sono giocate troppo lontano ci organizziamo per seguirle in streaming internet insieme». E come in ogni famiglia che si rispetti ci sono i momenti A sinistra Gianni Vailati con la moglie Luisa, a destra la curva dei Rangers Treì
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 51
Treviglio/La più importante realtà sportiva
Un’azione di gioco della 15^ giornata di campionato (Treviglio-Legnano), la spettacolare schiacciata “reverse” del lituano Paulius Sorokas
di gioia e ci sono i dolori. Gli sguardi si abbassano e si fanno sfuggenti quando chiedo loro un ricordo di Gianmario Vailati - il tifoso settantaduenne mancato il 21 dicembre scorso, in seguito ad un malore che lo ha colpito proprio durante l’incontro casalingo contro Brescia - ma subito splende il sorriso della First Lady: «Gianni era tosto, senza peli sulla lingua, soprattutto se c’era qualcosa da dire agli arbitri urlava loro “Siemo!”, senza alcun bisogno del megafono. Ha fatto parte subito dei Rangers, seguiva la squadra fin dall’inizio. Era sempre a ridosso del campo, attaccato alle transenne. Ci ha fatto piacere ricevere messaggi di cordoglio da diverse squadre e abbiamo apprezzato gli striscioni esposti a Bergamo e Treviso». Tra riti scaramantici in casa e fuori, la famiglia dei Rangers dedica il sabato e la domenica alla pallacanestro, collezionando ricordi gloriosi, «Nella stagione ‘93/’94 in una partita a Modena eravamo in 500 contro i 50 tifosi di Campi Bisenzio» o buffi, «nel marzo scorso per un guasto al pullman siamo rimasti a piedi, giocando a ruba bandiera fino a mezzanotte nel parcheggio dell’Autogrill di Parma». Oppure alimentando amicizie che, con giocatori con i quali c’è particolare feeling, continuano anche se diventano avversari, mantenendo lo sguardo fisso alla stagione in corso: «Il campionato di quest’anno è difficile, l’obiettivo è la salvezza, lasciarsi dietro le ultime tre. Per puntare alla salvezza è fondamentale vincere tutte le partite casalinghe, ma “la palla è rotonda”. La speranza è che il nostro gruppo cresca, che aiuti a tifare la squadra diventando il vero sesto uomo nel palazzetto». I tifosi biancoblu sono sulla buona strada, perché quando Franco invita “tutto il palazzetto” sono tantissime le mani - di tutte le età - che battono al ritmo che scandisce e ben pochi non rispondono ai cori. Del resto, “Di tempo ne è passato, io sono ancora qua ed oggi come allora tifo la mia città...”. Daniela Regonesi
52 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
Dall’oratorio al grande basket di Domenico Durante
Raffaele Di Landro, un grande campione degli anni ‘70/’80 di cui Alberto Mattioli dice: «Senza di lui non saremmo mai arrivati in B»
R
‘82/’83, totalizzando quattro campionati di D1 di C2, uno di C1, sino alla promozione in B, seppur, come vedremo, in coincidenza con un momento difficile della sua vita. Debutta in prima squadra l’8 Giugno ‘75, giocando contro Piacenza. Una sconfitta, ma con Di Landro che si iscrive all’incontro con ben 12 punti. L’ultima presenza si registra il 27 Settembre 1983 a Desio, in una partita firmata da un solo punto, quasi a coronamento di un lungo e vittorioso percorso. Di Landro non partecipa ai play off per la conquista della serie B, fermato da una grave malattia da cui recupererà con grande determinazione e capacità di lotta, questo anche quando la malattia si ripresenta forte ed astuta, come una squadra che dopo aver evitato di subire un canestro, riparte veloce ed il canestro lo segna, oggi magari da tre punti.
affaele Di Landro entra in contatto con il Basket, passando per la porta dell’oratorio di Brignano, la modalità è sempre la stessa: si prende il pallone a spicchi in mano e si cerca, con ogni sforzo, di buttarlo nel canestro che, quando si è ancora piccoli, sembra alto quanto un watusso. Il guaio è che, quando faceva freddo, prima di giocare, bisognava cospargere il campo di sabbia per evitare rovinose cadute sul ghiaccio. Di Landro è un ragazzone bergamasco, con sangue calabrese nelle vene per via dei suoi genitori, con tanto carattere e determinazione, se ne accorge Gabriele Castelli (ex giocatore dell’Alpe Bg) che inizia a dargli una base tecnica adeguata. Sarà il suo primo allenatore. I progressi sono veloci e l’approdo a Treviglio arriva ben presto . Dirà Di Landro: «Mi accorsi subito che tutto stava cambiando, perché vicino non avevo più i soliti amici e poi gli allenamenti aumentavano di numero ed intensità». Ma in campo chi era Di Landro? Un dominatore delle aree, non sempre ineccepibile nei movimenti, funambolico a dispetto della sua mole. Ala pivot, classe 1959, quasi due metri, arriva a Treviglio nella stagione ‘76/’77 e vi rimane sino al campionato Raffaele Di Landro visto da Carmelo Silva per “la tribuna”
Sport/Ciclistica Trevigliese
A sinistra la formazione Serie D del 1979/1980 che vinse il campionato. Sopra Raffaeele Di Landro in azione di sottomano
Il 24 Novembre 1982 il momento brutto pare sia passato e Di Landro torna a referto contro Montebelluna, invocato a gran voce da tutto il pubblico dello Zanovello. In quella occasione Treviglio vince 96 a 82. Il 12 Dicembre 1982, torna anche a segnare contro Crema, un solo punto dal grande significato. La malattia, le sue conseguenze e gli impegni pressanti dello studio (oggi Di Landro è un affermato professionista) lo inducono a ridurre gli impegni di una serie nazionale importante, per chiudere la carriera su campi meno impegnativi. Oggi segue il basket americano con passione, tanto da aver già prenotato la sua presenza in importanti stadi in occasione del suo prossimo viaggio negli Stati Uniti. Di lui dice Alberto Mattioli: «Senza Di Landro non saremmo mai arrivati in B, ogni anno gli costruivamo la squadra attorno, tenendo conto delle sue caratteristiche tecniche, non a caso è stato uno dei nostri capitani. I suoi compagni di squadra gli hanno sempre voluto bene ed hanno riconosciuto il suo grande carisma. Al sabato mattina era ospite fisso al “convegno del basket” che si teneva nel retro del mio negozio, una grande occasione di confronto». Sono passati da Treviglio tanti giocatori, Di Landro per la sua disponibilità, per la sua umiltà rischia di essere ricordato di meno, pur essendo degno della “hall of fame” di via Roma a Treviglio. Ci dice quando a Treviglio arrivò Bob Lienhard: «Lo guardavo tutti i giorni in allenamento e cercavo di copiare alla lettera i suoi movimenti, poi in partita ero certo che dargli il pallone era garanzia di successo». Abbiamo già detto della stima del general manager Mattioli. Una stima ricambiata dal Raffaele, penso con l’aggiunta di tanto affetto. Una chicca, dice Di Landro: «Ricordo ancora che il suo vocione ci accompagnava per tutto il viaggio nelle trasferte per via del suo ragionare “ad alta voce” mentre giocava a carte. Per lui perdere o commettere errori tattici era inconcepibile, …anche a carte».
Gialloazzurri verso il 30° Marco Taddeo succede a Gigi Moriggi nella guida della Ciclistica Trevigliese
È
una Ciclistica Trevigliese che osserva il proprio passato, ne fa tesoro, pianifica il presente e lancia uno sguardo al futuro quella che si è presentata al TNT, nel centro di Treviglio, domenica 10 gennaio. Il consiglio gialloazzurro, puntando sulla continuità con il nucleo storico di dirigenti e soci, ha espresso da pochi mesi il nuovo presidente: e così Marco Taddeo, succeduto alla leggendaria presidenza di Gigi Moriggi - che ha “tirato la volata” per ben 28 stagioni, meritandosi il prestigioso Telaio d’Oro ideato da Gianni Del Prato annuncia il ritorno di due appuntamenti organizzativi di prim’ordine: la “Coppa Adriana” (cronosquadre in programma il 14 maggio valida come Campionato Regionale) e la “Treviglio-Bracca”, gara in linea sospesa che il 10 luglio si disputerà per la quarantesima volta. Gli atleti agli ordini del d.s. Emanuele Gamba (che può contare su un nutrito staff di validi collaboratori) si divideranno tra le categorie Juniores (13 ragazzi) ed Esordienti (3 corridori, tra i quali due “purosangue” trevigliesi). Per quanto riguarda gli obiettivi sportivi, mantenere gli standard delle ultime due annate d’oro 2014 e 2015 rappresenterebbe un successo: conquistare qualche titolo regionale o, addirittura, tricolore non è utopia! Al vernissage sono intervenuti anche i massimi dirigenti della Federciclismo, dal vicepresidente nazionale Michele Gamba,
Il Consiglio Direttivo della Ciclistica Trevigliese con il presidente Marco Taddeo (primo a sinistra), al suo fianco il vicepresidente nazionale della Federciclismo, Michele Gamba. Sotto la vignetta di Carmelo Silva che rappresenta la fondazione della Ciclistica Trevigliese nel 1986
al presidente lombardo Cordiano Dagnoni, al delegato provinciale Claudio Mologni, da sempre disponibili e vicini al sodalizio trevigliese, sorto nel 1986 sotto la presidenza di Ambrogio Mazza, grazie alla brillante intuizione di unire le due “anime rivali” del Pedale Sportivo e dell’Audax, rappresentati da Carlo Burini e Guerino Cornelli nella storica vignetta di Carmelo Silva. E proprio per celebrare il traguardo del trentesimo di attività, la Ciclistica Trevigliese ha presentato una simpatica e prestigiosa iniziativa, con la realizzazione di un calendario - stampato in tiratura limitata a 333
copie numerate - dedicato alle maglie, alle persone, alle vittorie, ai colori, insomma… a tutta la passione delle due ruote gialloazzurre. Quella stessa passione che ha coinvolto tante, tantissime persone, tra le quali Gianni Casati scomparso recentemente; tecnici e dirigenti della Ciclistica, insieme alla famiglia Casati, hanno voluto ricordarlo con l’istituzione del Memorial a lui dedicato con l’assegnazione di una splendida scultura dell’artista Franco Travi a Luciano Regazzoni d.s. del G.C. Almenno San Bartolomeo. pat
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 53
54 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
Storia/Pedalando nel tempo
Caspani, ‘l Damì, globetrotter in bici di Ezio Zanenga
Scrivo e pedalo, pedalo e scrivo. E’ la volta del “Damì”, un originale personaggio. Presidente fondatore del G.S. Città di Treviglio. Una vita in bici
A
ndrea Caspani - Casatenovo (Co) 1913, Treviglio 1989 - per tutti ‘l Damì, da Adamo suo padre e per la sua piccola statura, è tra i tanti personaggi trevigliesi legati al mondo del ciclismo che pur nella semplicità della loro vita hanno lasciato un segno. Famiglia, lavoro e…bicicletta. Panettiere di professione, inizia bambino, a Lissone, su una sgangherata bici con tanto di sporta a consegnare michette e filoncini appena sfornati. In gioventù gareggia nei dilettanti, prima tesserato al dopolavoro Pirelli di Milano, poi dal ‘36 al ‘38 con l’U.C. Bergamasca. Campione Sociale La sua prima bicicletta è una “Legnano” e per tutta la vita ’l Damì ha raccontato con orgoglio di un 7° posto su 600 partenti in una corsa di 130 Km con le salite sterrate del Ghisallo e dell’Onno e di un 3° posto in una apocalittica gara novembrina con neve e ghiaccio. Dulcis in fundo, la conquista del titolo di “Campione Sociale”. Ciclismo d’altura La guerra d’Africa lo richiama alle armi nel 1939 e in divisa kaki è ad Addis Abeba (m. 2200 slm), dove, precursore dei Merckx, dei Moser e delle moderne metodologie d’al-
lenamento, fa esperienza con il ciclismo d’altura. Ma agli inglesi non interessavano certe cose di ciclismo e viene schiaffato in Kenia prigioniero per cinque lunghi anni. Rimpatrio Nel 1946 ritorna a Treviglio più in forma che mai e si butta a capofitto nelle gare libere, allora molto in voga, cosiddette dei “Tri macc”. Nel 1949 vince a Treviglio (Coppa de l’Unità), a Verdello e a Vimercate. Nel ‘51 convola a nozze con Giuseppina che gli donerà due figli, Lisetta e Mino. Passano gli anni, nel ‘54 si tessera per il G.S. Azione Cattolica di Verdello e gareggia nella categoria “Veterani”, poi “Ciclosportivo”, “Gentleman”, “Supergentleman”. E’ di quei tempi, per lui, una vera e propria sciagura: gli rubano la bici, una “Umberto Dei”, ammirata da tutti e di cui si vantava non poco. Nel 1968 è al centro dell’attenzione in una crono-coppie con l’amico Giulio Riva “Giulièto Comodità”, protagonisti di curiosità e simpatia in occasione di un goliardico Campionato Trevigliese per Ciclosportivi. Presidente fondatore Nel 1975, Anno Santo, ‘l Damì parte dal Santuario di Treviglio e in tre giorni, in sella
alla sua “Guerciotti”, giunge in piazza San Pietro a Roma. Nel 1976 è co-fondatore e primo presidente del G.S. Città di Treviglio partecipando in prima persona a tutte le iniziative, gite sociali, cicloraduni, gran fondo, organizzate dal sodalizio. Molti ricordano le sue divertenti partecipazioni in tandem con Armando Gusmini, con lui il buon umore non manca di certo. L’incidente Per Andrea età e salute non costituiscono mai ostacolo alla sua attività, anzi la bicicletta è di grande stimolo per guarire e riprendersi in occasione di gravi infortuni o malattie. Come la caduta nei pressi di Castellania (paese di Fausto Coppi), dove si frattura il femore. Ricoverato all’Ospedale di Tortona, cercai di rincuoralo: “Sei fortunato Andrea, qui morì nientemeno che Coppi!”. Mi mandò a quel paese. L’anno successivo, nonostante una giornata di pioggia, ritorna a Castellania, in bicicletta naturalmente, accolto, nell’esatto punto della caduta, da tanti amici, con la strada ricoperta di petali di fiori e da un grande applauso. L’ultimo exploit Nell’ultimo anno della sua vita, a 75 anni suonati, porta a termine il ciclopellegrinaggio Treviglio-Colle don Bosco, percorrendo disinvoltamente i previsti 215 chilometri. Anche qui una battuta delle sue quando, pedalando con lui, mi portavo davanti: “Spostati, mi fai perdere il ritmo!”. Un fenomeno? No, ma sicuramente un uomo, anzi un galantuomo, estroso, originale, imprevedibile, ma pulito e disponibile. Con una passione immensa: è il ricordo ed il messaggio che ci ha lasciato. In alto a sinistra Andrea Caspani vincitore nella Coppa de “l’Unità” a Treviglio (1949). Nella foto accanto, del 1974, Andrea guida gli allievi audaxini in allenamento (alla sua ruota Spiranelli, Milani, Bresciani, Grassi). Qui accanto, ‘l Damì e Giulièto Comodità in occasione di una crono-coppie (1968)
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 55
Coro Icat/Una storia trevigliese (13 segue)
Dall’apogeo al quarto epilogo di Tienno Pini
I
l dopo Montreux - Il viaggio di ritorno da Montreux, reduci dai “25es Rencontres Chorales Internationales”, racchiude per i coristi due significati opposti: la delusione per un piazzamento ritenuto non consono e la soddisfazione per essere stati ad un passo da un traguardo prestigioso, con la convinzione ancora più marcata di aver intrapreso la giusta strada. A posteriori giungerà una partitura dalla Russia, a confermare la correttezza delle scelte interpretative del Direttore Marco Ghilardi, secondo a nessuno nella minuziosa e costosa ricerca musicale, con ininterrotti carteggi internazionali, nei tempi in cui internet nemmeno poteva essere immaginato. Seguono quindi nell’immediato alcuni concerti in Lombardia e nell’ottobre del 1989 è tempo della consueta Rassegna Corale cittadina (XIII edizione) con la partecipazione del Coro Vokalensemble di Lucerna. A pochissimi mesi dalla caduta del muro di Berlino giunge una bellissima notizia: l’Icat viene contattato per uno scambio culturale dalla Corale Lucnica di Bratislava. Ecco per i coristi trevigliesi un’altra prestigiosa tappa e un’ulteriore occasione per mettersi nuovamente alla prova in ambito internazionale dopo Tour, Varna e Montreux. L’occasione è delle più prestigiose e Marco pigia di nuovo a fondo il pedale della preparazione: il Coro si trasforma ed evolve giorno dopo giorno, emette suoni di un nuovo amalgama, timbri diversi, le voci non sono più le stesse. La tournée in Cecoslovacchia Il 25 aprile 1990 il Coro salpa in direzione Cecoslovacchia. Marco è fresco reduce da un intervento chirurgico, ma il desiderio di “musica corale”, la sua dedizione, l’amicizia
56 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
e la carica dei coristi gli fanno superare ogni ostacolo. Prima tappa Innsbruck, poi Salisburgo (la città di Mozart) e Vienna. Superata la frontiera, finalmente il Coro giunge a Bratislava, dove i coristi del Lucnica ci accolgono con una commozione che pervade tutti. La giornata seguente è dedicata alle prove, con la tensione crescente per il concerto serale che si terrà a Piestany, nella suggestiva cornice del Salone principale delle terme. L’esibizione sarà buona e come si legge da un articolo dell’epoca di Amilcare Borghi, corista da sempre, «La soddisfazione maggiore il nostro Direttore l’ha avuta dal Maestro Josef Raninec, insegnante agli Istituti Superiori di Musica e Canto Corale di Bratislava, quando a fine concerto ha quasi “preteso” copia delle partiture di alcuni brani cantati, da Messiaen, a Piatti, a Penderecki». Non è stata solo la musica in sé, ma il modo in cui il Coro l’ha proposta. È questo modo diverso di proporre una delle caratteristiche di Marco Ghilardi, e quindi del Coro, sempre alla ricerca di un suono e di una emissione originale, propria ed esclusiva, unitamente all’espressione che non è solo voluta, ma varia secondo le circostanze, le condizioni ambientali e altri aspetti legati al momento della performance. L’l’esecuzione successiva trasmette allo spettatore ed ai coristi, sensazioni ed emozioni continuamente nuove. Ed è quanto si è verificato a Praga, nel secondo concerto, dove l’ambiente (la Cappella degli Specchi, nel famoso complesso Clementinum, fatto costruire
nel 1600 dai Gesuiti) e tutta la città insieme hanno contribuito ad un ascolto diverso, sublimato. I brani eseguiti sono stati trasformati rispetto a precedenti esecuzioni, con gesti nuovi, nuovi arresti, silenzi prolungati ma sonori, con l’eco che si smorza e riprende nuova carica; merito anche del travolgente Direttore che, con uno strumento così vivo, così duttile, ha cesellato un’esecuzione memorabile, che l’anima del Coro, il Capo Gruppo Arnaldo Bellini, a posteriori chioserà come «La migliore esecuzione in senso assoluto che i coristi potranno ricordare». Il 30 aprile l’Icat saluta mestamente gli amici della Corale per il ritorno. A Spittal i coristi vivono un’ennesima emozione: durante la cena si presenta il borgomastro della splendida cittadina della Carinzia, nonché Direttore del Coro locale. Nascono un’immediata empatia e una proposta irrinunciabile: l’apertura straordinaria in notturna per l’Icat dello Schloss Porcia, uno dei più belli palazzi-castello di forme rinascimentali italiane in Austria, dove in cortile il Coro si esibisce in un piccolo esclusivo concerto. Conseguenza: un invito ufficiale a partecipare al concorso internazionale presieduto dal nuovo amico! Con un’ultima sosta a Udine e un pranzo col compianto concittadino Enzo Minonzio si conclude «Una settimana storica per il Coro Icat, sotto molti profili, da quello tecnico musicale (il più importante), a quello umano, associativo, culturale». Si conclude la grande parabola di Marco Ghilardi, quarto Direttore Mi piace pensare che la quarta “vita”
Referente Medico Struttura: Dott. Stanislao Aloisi (Medico Chirurgo) Supervisore discipline non EBM: Dott. Michele Tumiati (Medico Chirurgo) Referente Discipline Integrate: Simona Ardemagni (Tecnico di laboratorio analisi / Naturopata) Convenzione tecnico-scientifica con l’ambulatorio di Medicina di Base: Dott. Armando Pecis
Da sinistra: la Corale Lucnica accoglie l’Icat, le ultime raccomandazioni di Marco Ghilardi, le prove in albergo prima del concerto di Piestany
dell’Icat si concluda con questa esperienza meravigliosa. Successivamente il Coro affronta altri probanti impegni in concerti e rassegne, è nuovamente organizzatore di grandi eventi musicali come il “Requiem in do minore” di Cherubini e il “Requiem” di Brahms, entrambi diretti dall’amico e Maestro Mino Bordignon. Purtroppo nella prima metà del 1992, anche a causa di motivi di salute, Marco lascia la direzione e per una sua personale sensibilità per il suo modo di intendere il Coro non parteciperà più ad alcun evento dell’Icat. Anche il sottoscritto, dopo 25 anni di Coro, lascia il Gruppo, da cui ha ricevuto molto più di quanto abbia dato. Il “mio” Coro si conclude in pratica con la dipartita di Marco. Ai tanti compagni di viaggio, compreso chi non è più tra noi, un grazie sentito per la vicinanza e l’amicizia tuttora non sopite. All’Icat, ai coristi attuali e al Direttore Gianluca Sanna l’augurio di ogni bene e successo, con un auspicio: che non sia dimenticato quello che è stato, pur tra non poche difficoltà, lo spirito del vecchio Coro e dei suoi interpreti succedutisi nel tempo. Agli attuali componenti affido quindi il compito ed il piacere di continuare a ricordare su queste pagine la vita corale dal 1992 ai giorni nostri. Foto di gruppo e scatti a Spittal
• Medicina Funzionale - Biochimica Clinica Medica • Nutrizione Metabolica Medico Nutrizionistica • Osteo-Fisioterapia - Massoterapia - Taping Neuromuscolare • Naturopatia D.B.N Regione Lombardia • Reflessologia Plantare D.B.N Regione Lombardia • Agopuntura Medica • Riflessologia auricolare funzionale F.A.S.T. Discipline Bio-Naturali • Detossicazione ionica plantare Iscritte ai Registri Ufficiali • Analisi di laboratorio con referto medico: - Mineralogramma / Indagine Gastrointestinale - Analisi dei Metalli Tossici / Tossicosi croniche - Intolleranze alimentari su sangue D.B.N Regione Lombardia - Check up Salute e Prevenzione La Nostra Mission: «Riconoscere il ruolo fondamentale della Medicina Ufficiale nell’ambito della salute, aprendo a nuove interpretazioni e reali possibilità di trattamento fornite dalle Discipline Bio-Naturali indicate nei registri della Regione Lombardia salvaguardando la valenza scientifica attraverso periodici case reports e meta-analisi caso correlate».
Treviglio - Via Sangalli, 17 - Tel. 0363.1760007 Mail: spazio.richieste@virgilio.it Facebook: mater salute e prevenzione primaria 1 Febbraio 2016 - la tribuna - 57
Treviglio/Un libro rimasto nel cassetto
La sanguinosa battaglia di Dogali di Carmen Taborelli
Un saggio storico . Nel gennaio 1887 gli abissini uccisero 500 uomini dell’esercito italiano; 27 erano bergamaschi, 4 abitavano nel Mandamento di Treviglio
T
reviglio - “Guerre d’Africa, specie quella di Dogali” era un argomento che “interessava particolarmente” al Centro Studi Storici della Geradadda. In questi termini è, infatti, lo scritto che il compianto presidente Marcello Santagiuliana mi inviò il 7 settembre 2013, in risposta ad alcune mie proposte. Accertato l’interesse attorno all’argomento, l’avventura è partita. Un saggio non s’improvvisa; richiede tempo e lavoro di ricerca. Occorre consultare le fonti disponibili, cercare la documentazione necessaria. Cercarla ovunque: archivi, biblioteche pubbliche e private, bibliografia, internet, giornali, riviste, filmati, fotografie, testimonianze. Il materiale raccolto va, poi, vagliato, confrontato per capirne l’attendibilità e per cogliere le eventuali contraddizioni. Conclusa la ricerca, si passa all’organizzare il materiale ritenuto utile all’economia del progetto, così da definirne l’impianto. Dopo di che, si affronta l’ultima tappa, ossia la stesura del testo con l’inserimento di documenti e foto. La ricerca, sia del correttore della bozza sia dell’editore, conclude
58 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
l’iter della “fatica”. Nel caso in questione, ci sono voluti quasi due anni per portare a compimento il saggio “Gli eroi di Dogali”: in tutto 160 pagine per ricordare i soldati italiani uccisi dagli abissini, il 26 gennaio 1887, nella sanguinosa battaglia di Dogali, durante la guerra del Colonialismo, in Eritrea. Dei cinquecento uomini barbaramente annientati da Ras Alula, ventisette erano bergamaschi. I loro nomi sono incisi sulla lapide tutt’oggi conservata a Bergamo, nel cortile della Rocca. Della valorosa schiera facevano parte anche quattro militari residenti in quello che allora si chiamava “Mandamento di Treviglio”: Luigi Moriggi (di Pagazzano), Bortolomeo Reduzzi (di Calvenzano), Alessandro Bellini e Battista Ricci (entrambi di Treviglio). Tutti giovanissimi, d’età compresa tra i 21 e i 23 anni, appartenenti alla 9ª Compagnia del 41º Reggimento Fanteria “Modena”, comandato dal colonnello Tommaso De Cristoforis, morto in combattimento con i suoi soldati. Inizialmente pareva che i trevigliesi morti a Dogali non fossero due, ma tre. La Gazzetta Ufficiale e i giornali nazionali, riportando i nomi dei Caduti nel combattimento, includevano tra i morti anche il caporale Giuseppe Maccarini di Treviglio. La notizia fece ben presto il giro della città, sia perché con tale cognome vi erano parecchie famiglie, sia perché effettivamente nel 41° Reggimento Fanteria c’era un Maccarini di Treviglio. D’altra parte però dal Reggimento e nemmeno dalla sede napoletana del Deposito d’Africa erano giunte notizie sulla morte del caporale. Eppure c’era chi assicurava di conoscere la famiglia e di saperla addoloratissima e piangente. Il sindaco Francesco Cameroni volle vederci chiaro; telegrafò al Comando del Reggimento dal quale seppe che il caporale Giuseppe Maccarini non era di Treviglio, ma di Mariano al Brembo, Comune allora appartenente al Circondario di Treviglio. A Maccarini, come a tutti i militari morti a Dogali, Re Umberto conferì la medaglia
d’argento al valor militare “per la splendida prova di valore data nel combattimento del 26 gennaio 1887, a Dogali, rimanendo uccisi sul campo”. Una medaglia, appositamente coniata, andò anche alle tante madri i cui figli erano morti per le ambizioni coloniali dei governanti. Il Re nominò “Cavaliere” il cappellano don Nazzareno Cappucci, distintosi per la pietosa tumulazione delle salme a Dogali, sul luogo del combattimento. «Erano caduti in un mucchio - scriverà il poeta Giovanni Pascoli - erano stati scannati, stracciati, evirati. Il gentil sangue latino era diventato preda delle iene». A livello locale, il giornale “La Cronaca trevigliese” aprì una sottoscrizione, il cui ricavato fu equamente ripartito tra le quattro famiglie colpite dal lutto, come risulta dalle ricevute di riscossione, che, con altri
Dogali e il Colonialismo
L
a battaglia di Dogali si inserisce nel cosiddetto “Colonialismo”: la politica di dominio che l’Italia intraprese dopo la sua unificazione e al pari di altre potenze europee. Fu l’apertura del canale di Suez (17 novembre 1869) a segnare l’avvio di tale politica di dominio nei confronti di alcuni territori dell’Africa orientale. Il canale rese, infatti, possibile la navigazione dall’Europa all’Asia senza dover circumnavigare l’Africa. Il nuovo assetto geografico non tardò a risvegliare interessi economico-politici e mire espansionistiche. Nemmeno l’Italia, come detto, restò insensibile alla possibilità di facilitare il commercio, di sfruttare nuove ricchezze e di affermare potenza e prestigio a livello internazionale.
2016-02 bozza 1 TREVIGLIO Prestigioso ATTICO con TERRAZZE di 60 mq e doppi servizi. Possibilità scelta delle finiture. Nuova ed elegante realizzazione ad alto risparmio energetico. Euro 290.000 (Classe A+ – 11,86 Ipe Kwh/m2a)
A sinistra Ufficiali coloniali italiani 1885- acquerello di Quinto Cenni. Sopra, La battaglia di Dogali di Michele Cammarano - 1896. Sotto: Dogali, gruppo dello scultore Benedetto Civiletti (Palermo)
documenti, costituiscono parte integrante del saggio, che, prima di essere proposto, è stato sottoposto alla valutazione di un autorevole docente di storia. Il saggio che, nel 2013, “interessava particolarmente” al cultore di storia Marcello Santagiuliana, oggi viene messo nel cassetto. All’attuale Centro studi della Geradadda “non interessa”. La Cassa Rurale ha deliberato di “non dar corso alla pubblicazione di libri visto anche il momento contingente non favorevole”. La Fondazione “Cassa Rurale” nemmeno ha risposto. Morale: cambiano le persone, cambiano, di conseguenza e come è giusto che sia, le competenze, le sensibilità e gli interessi.
TREVIGLIO Recente BILOCALE ULTIMO PIANO con ascensore. TERMOAUTONOMO con BOX e cantina. Possibilità anche in AFFITTO A RISCATTO. Euro 127.000 (Classe C – 70,54 Ipe Kwh/m2a)
TREVIGLIO Nel cuore della zona nord ELEGANTE trilocale con TERRAZZO, doppi servizi e finiture extracapitolato. Box doppio e cantina compresi nel prezzo. Euro 208.000 (Classe C – 77,87 Ipe Kwh/m2a)
TREVIGLIO (Zona Teatro) Elegante appartamento RISTRUTTURATO nel 2011. Riscaldamento a PAVIMENTO, tapparelle elettriche e TAVERNA. Allarme, climatizzatore e box. Euro 242.000 (Classe D – 113,29 Ipe Kwh/m2a)
TREVIGLIO (Zona Salesiani) VILLA SINGOLA di metà anni ‘50 dotata di AMPIA metratura con GIARDINO privato posto sul retro. AUTORIMESSA e possibilità di recuperare il sottotetto. Euro 440.000 (Classe G – 285,8 Ipe Kwh/m2a)
La divisione del continente africano fu fatta senza tener conto delle caratteristiche storiche, culturali, antropologiche, economiche dei popoli che vi abitavano. La politica del colonialismo determinò di fatto la parziale e a volte anche totale distruzione di molte civiltà. c.t.
TECNOCASA Treviglio (Filiale Nord) Viale del Partigiano n°31 Treviglio 0363 48476 - bghd8@tecnocasa.it
http://agenzie.tecnocasa.it/lombardia/bergamo/treviglio/treviglio-nord
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 59
Lettere al direttore
Allevamento San Francesco
Allevamento - Pensione cani aperta tutto l’anno - Toelettatura Addestramento: corso base cuccioli, corso avanzato cani adulti
San Francesco: bivacco e deposito per gente incivile
Golden Retriever
Bolognese
Cocker Spaniel Inglese
Labrador Retriever
Pensione completa per cani a soli € 22,00
Comprende: vitto, alloggio, passeggiata quotidiana di un’ora fuori dal box e lavaggio del cane a fine soggiorno Nei periodi invernali possibilità di box riscaldati con aggiunta di € 4,00
CARAVAGGIO Via Cascina Fontanello, 11
Cell. 334.9296838
allevamentosanfrancesco.it info@allevamentosanfrancesco.it
60 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
Ho una segnalazione rivolta a chi è preposto alla pulizia e al decoro della nostra città. Nel giardinetto all’inizio di via Libertà, dove c’é la statua di San Francesco, s’incontra un piccolo giardino. Questo luogo, un po’ appartato, viene spesso utilizzato - sia di giorno che di sera - come bivacco con le ovvie conseguenze: cartacce, bottigliette, lattine ed avanzi di cibi sparsi ovunque. Questo nonostante nelle immediate vicinanze ci siano non pochi cestini; ma purtroppo la maleducazione e lo scarso senso civico (ma esiste ancora?) di non pochi lo riducono in condizioni penose. Ma non é solo questo. Ora é divenuto un deposito di transito (?) di borse, zaini e coperte di qualche disperato (?) che non ha evidentemente altro luogo dove sostare. Chiedo quindi qualche passaggio in più da parte degli addetti alle pulizie unitamente ad un controllo maggiore. Luciano Pescali
La vera gentilezza del personale della “Mutua”
Gent. direttore, sono una cittadina trevigliese che una volta tanto non deve lamentarsi di un servizio pubblico. Da anni usufruisco del Poliambulatorio di via Matteotti per prelievi e vorrei cogliere l’occasione per ringraziare tutto il personale medico, infermieristico e amministrativo, per la professionalità, efficienza e collaborazione. In particolare vorrei segnalare le impiegate agli sportelli, sempre pronte ad agevolarti quando è possibile. Come mi è accaduto anche di recente. Grazie. Laura Borghi
Errata corrige
L’anno di fondazione dell’Associazione “Cuore e Vita onlus” è il 2000, e non 2010, come erroneamente compare nell’articolo “Tante attività per farci stare bene”, a pagina 26 del numero di gennaio. Ci scusiamo con i soci ed i lettori per il refuso.
Medicina & Dintorni
Sani perché siamo felici o felici perché siamo sani? Ladri a Treviglio
Gent. direttore, seguo giornalmente con mio marito il sito Facebook “Ladri a Treviglio”, dove osservo che ogni giorno vengono segnalati furti e tentati furti, finti funzionari dell’Enel che con fare perentorio ti citofonano e dicono di “scendere subito con la bolletta pronta in mano”, soprattutto in Zona Nord, e via dicendo. Non mi pare però che nonostante i furti e gli imbroglioni siano aumentati del 1000% in dieci anni, si faccia molto. Per esempio, perché non organizzarsi in gruppi di vicinato di cui si parlava in “Ladri a Treviglio”, magari mettendo assieme i vicini di tre o quattro condomini (vedi foto del Comune di Magenta presa da Internet) dove addirittura è il Comune che ci pensa? Poi un’ultima osservazione: capisco che si chiuda un occhio sui “vù cumprà” e i mendicanti africani, ma perché dobbiamo subire al Pellicano, all’Unes e davanti ad ogni luogo, famiglie di nomadi da 0 anni a 40, che fanno quello di mestiere, assieme ai furti, dai tempi di Mosè? Lettera firmata
Il parcheggio tipo “gratta e vinci” non è meglio?
Caro direttore, visto che Treviglio sta rivoluzionando il sistema dei parcheggi, perché non adottare il sistema in uso a Cassano d’Adda e in altri comuni, quello della scheda parcheggio tipo “gratta e vinci”? Ti compri una o più schede dal tabaccaio o al bar, le metti nel portafoglio e quando parcheggi la usi, senza la necessità di avere moneta in tasca, andare alla ricerca di macchinette (soprattutto quando rotte), prendere inutile pioggia, oppure mettere in difficoltà chi ha bimbi o anziani malfermi appresso. Da tempo mi domando dove sia il problema, visto che - oltretutto - non si devono installare macchinette, organizzare la raccolta della moneta e fare costosa manutenzione. Lucia Colombo
Riassunto: la felicità non dà la salute, ma la malattia ruba la felicità. Si può però anche essere “infelici da morire!”. Il commento della dottoressa Sabrina Marelli
“Il mio amico è stato bene. Prendo anche io la sua medicina!” Fosse così facile risolvere i problemi di salute. Per esempio, se sei convinto che la felicità prolunghi la vita, ripensaci! Un’indagine dell’Università di Oxford è arrivata a una conclusione diversa interrogando 860.000 donne di età tra i 50 e i 69 anni e seguendole per 10 anni. Il tutto nell’ambito di uno studio riguardante i fattori di longevità in una popolazione di un milione di inglesi. La felicità non sembra proprio avere influenze dirette sulla mortalità [Lancet. 2015 S0140-6736(15)01087-9]. Piuttosto, la cattiva salute aumenta la mortalità e diminuisce la gioia di vivere. Alle donne coinvolte è stato chiesto se si sentivano felici. Circa l’83% ha risposto di sì. Il rimanente 17% si dichiarava invece infelice. Durante lo studio i decessi sono stati 30.000, più che sufficienti per un’analisi statistica attendibile. Togliendo quelle per malattia, le morti sono risultate equivalenti tra coloro che si ritenevano infelici e le persone che si dicevano felici. Alla fine, il risultato è che sono le malattie a renderti infelice ma, di per sé, l’infelicità non ti fa ammalare. Non è quindi l’infelicità che provoca la malattia, ma è la malattia che abbrevia la vita e causa infelicità. Infelici da morire! - Ha invece riscontro scientifico quello che la nostra tradizione rappresenta come: “morte da crepacuore”, “spavento da morire”. Quante volte si dice anche “gli si è fermato il cuore”, “gli si è spezzato il cuore” [N Engl J Med 2005;352:539]. Già negli anni ‘90 un ricercatore giapponese aveva capito che situazioni di for-
Sopra la sindrome conosciuta come “cardiomiopatia takotsubo”. A) movimento rientrante normale di tutti i segmenti del ventricolo sinistro nella fase sistolica. B) mancanza di contrazione dei settori della metà e dell’apice del cuore nella cardiomiopatia di “Tako-Tsubo”, nome che deriva dalla trappola giapponese per polipi (a destra)
te impegno emotivo, di grande dolore, la morte di un familiare, possono provocare arresto cardiaco. La sindrome è conosciuta dai cardiologi come “cardiomiopatia takotsubo” dall’aspetto del cuore che, in questa sindrome, assume una forma che ricorda una trappola per polipi: “Takotsubo”, in giapponese (v. figura). Non si conosce l’esatto meccanismo con cui ha luogo l’arresto cardiaco. Probabilmente tutto è dovuto a un grande aumento degli ormoni dello stress, come per esempio l’adrenalina, che può provocare una temporanea alterazione della conformazione cardiaca. Le donne di età superiore ai cinquant’anni ne soffrono più di frequente. Anche nel senso comune, sono loro, le donne, in particolare le madri che perdono un figlio, a morire di crepacuore. Commento - Dice la dottoressa Sabrina Marelli, psicologa al Policlinico San Marco di Zingonia: «Questi aspetti della nostra vita possono derivare dal fatto che sempre più la cultura occidentale propone concetti di felicità eventooggetto correlati; tuttavia vorrei ricordare l’importanza dell’interpretazione che si dà ad ogni singolo evento e l’importanza della capacità di vivere (nel senso di accogliere e metabolizzare) gli avvenimenti mantenendo una visione fondamentalmente positiva del mondo e delle relazioni, capacità che acquisiamo fortemente durante i primi anni di vita».
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 61
Rimembranze
Da oltre 15 anni punto di riferimento per tutti i danneggiati in Italia che necessitano di una consulenza professionale che risponda a criteri di eccellenza. L’esperienza di Studio Blu e la presenza sul mercato di 100 studi affiliati per guidare nel percorso intricato del risarcimento danni, in particolare nella gestione dei sinistri più gravi. • Incidenti stradali • Infortuni in genere • Danni coperti da polizze assicurative • Danni da responsabilità di terzi Per offrire un servizio completo, Studio Blu mette a tua disposizione i suoi collaboratori: • Carrozzerie e officine meccaniche • Medici specialisti • Poliambulatori e centri diagnostici • Specialisti della riabilitazione • Consulenti e medici legali k Chiedi una consulenza: è gratuita!
Studio Guido Devizi Viale De Gasperi 12B - Treviglio Tel. 0363.305060 - Fax 0363.1920212 Email devizi@infortunisticablu.com www.studioblutreviglio.com StudioBlu Infortunistica Stradale Treviglio
62 - la tribuna - 1 Febbraio 2016
Calvenzano: la scomparsa di Bradamante Dimonte
Lista per Calvenzano-il Paese che vogliamo, Cooperativa Lombardi e Circolo Donizetti esprimono profondo cordoglio ai familiari di Bradamente Dimonte scomparso improvvisamente, lasciando un grande vuoto in tutte le persone che l’hanno conosciuto e hanno avuto modo di apprezzarne le doti umane, l’amore per l’arte e il grande interesse per l’associazionismo e il mondo giovanile. Scultore, ceramista pittore e sensibile disegnatore, dopo la pensione ha potuto dedicarsi a tempo pieno alla sua passione artistica giovanile, partecipando a numerose mostre anche a livello nazionale, ottenendo importanti riconoscimenti. E’ sempre stato attento ai giovani insegnando nelle scuole medie di Treviglio scultura e ceramica e impegnandosi come allenatore di calcio in diverse squadre della bassa bergamasca. A Calvenzano lo ricordiamo per le preziose opere esposte in occasione della sagra e per la sua disponibilità artistica nei confronti delle associazioni locali e dell’ Amministrazione Comunale. Il suo desiderio, rimasto purtroppo incompiuto, era quello di promuovere nella nostra comunità l’insegnamento dell’arte ai giovani e valorizzare le risorse di quanti nel nostro paese dedicano all’arte il loro tempo libero. Negli ultimi anni Bradamente ha condiviso il nostro impegno politico e sociale facendosi apprezzare per la discrezione, la capacità di analisi politica e le sue proposte finalizzate sempre al bene comune. Grazie Bradamante per la tua amicizia e per il lavoro fatto insieme, nella certezza che il tuo insegnamento di vita ed artistico non andrà disperso. Lista per Calvenzano-il Paese che vogliamo, Cooperativa Lombardi e Circolo Donizetti
Ascoltare Cercare Sorprendere Viviamo in stretto legame con il mercato immobiliare e siamo un consolidato riferimento per il mercato locale. Preferiamo contatti diretti, immediati ed informali con l'obiettivo di costruire servizi su misura facendo incontrare, con forte capacità, la richiesta e l'offerta. La nostra struttura organizzativa è collaudata ed efficace, vanta esperienza e competenza nel settore sin dagli inizi degli anni '80. Il nostro punto di forza è l'attenzione riservata ai clienti creando un rapporto di fiducia costante e duratura. La Fumagalli immobili di Giancarlo Fumagalli è iscritta alla CCIAA ed alla FIAIP di Bergamo.
TREVIGLIO Q45 – QUADRILOCALE VICIONO ALLA STAZIONE CENTRALE Vicinanze Stazione Centrale FS - Ampio quadrilocale posto al secondo piano con ascensore. L'appartamento è composto da ingresso, ampio soggiorno con terrazzino, cucina abitabile, disimpegno, doppi servizi, camera matrimoniale con terrazzo e altre due camere da letto. Ottime finiture, tutto parquet, aria condizionata, riscaldamento autonomo. Box. (Classe D – I.P.E. 103,86kWh/m²a) € 350.000,00
TREVIGLIO – NUOVO CANTIERE CLASSE A In costruzione nuova palazzina di prestigio in Classe A a pochi passi dal centro storico e dai principali servizi; costruita secondo i migliori sistemi di risparmio energetico e di comfort abitativo. Disponibili tagli trilocali con terrazzo, quadrilocali con giardino o terrazzo e attici con terrazzo. I nuovi sistemi di costruzione, fanno si che negli appartamenti si abbia un altissimo comfort con un elevato risparmio energetico. Consegna Giugno 2017 (classe A – 20,15 kWh/m²a) a partire da € 299.000,00
TREVIGLIO – GEROMINA – B01 Nella frazione della Geromina proponiamo grazioso bilocale al piano terra con giardino in una recente palazzina. L'appartamento è composto da ingresso, soggiorno con angolo cottura ed uscita sul giardino privato, disimpegno, bagno e camera matrimoniale. Buone finiture, termoautonomo. Giardino privato. L'immobile viene venduto abbinato a box e cantina compresi nel prezzo.
TREVIGLIO – 3LOCALI IN CENTRO – T61 In zona molto centrale, a due passi dal centro e dalla Stazione Centrale proponiamo bellissimo ed ampio trilocale al secondo piano con ascensore. L'appartamento è composto da ingresso, ampio soggiorno con terrazzo, cucina abitabile con terrazzino, doppi servizi, due ampie camere da letto. Buone finiture, tutto parquet, termoautonomo, antifurto, ascensore. Box doppio e 2 ampie cantine comprese nel prezzo.
€ 115.000,00
€260.000,00
(classe D – 106,68 kWh/m²a)
(classe F – 147,24 kWh/m²a)
1 Febbraio 2016 - la tribuna - 63
64 - la tribuna - 1 Febbraio 2016