ph Appiani
Mensile di approfondimento di Treviglio e Gera d’Adda
Anno 1 - n. 4 – Settembre 2016
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Novità del territorio: zone omogenee e riforma sanitaria I giovani tra scuola/lavoro e GMG 2016 In volo, ieri e oggi
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I
l numero di settembre è sempre un’edizione importante per le riviste: dopo la pausa estiva nascono nuovi progetti, nuove collaborazioni, si fa il punto della situazione per poter ripartire con una carica ancora maggiore e un rinnovato entusiasmo. È questa l’aria che si respira anche nella redazione di Tribuna magazine. Lo sguardo più ampio del nostro giornale – una tendenza già intrapresa negli ultimi numeri con l’attenzione sempre maggiore rivolta ai paesi che gravitano intorno a Treviglio – è qui rappresentato simbolicamente dalla stupenda fotografia di Enrico Appiani che vedete in copertina: la vista, sulle luci e sulle case, che ci appare dal campanile di Treviglio, ci regala non solo una bella foto, ma anche un orizzonte più allargato e un’angolazione diversa del paesaggio. Grazie a questo scatto ci siamo resi conto di quanta bellezza abbiamo intorno e di quanto poco basti per accorgersene: ma bisogna osare e cambiare prospettiva. Ed è proprio quello che cerchiamo di fare anche con i nostri servizi: approfondimento sì, ma soprattutto lo sforzo di vedere le cose da più punti di vista. In questo numero potete trovare argomenti che saranno di grande attualità
nei prossimi mesi, non solo a livello locale, ma anche regionale, nazionale e sovranazionale; per esempio la riforma della sanità lombarda, cui tutti guardano come sperimentazione per una futura organizzazione sanitaria dell’Italia intera; l’organizzazione delle zone omogenee, che si riallaccia alla questione referendum, al ruolo delle province e dei comuni; ma anche la Brexit, che ha avuto dei “precedenti” nella storia, e che oggi propone numerosi quesiti che investono non solo le nostre aziende, ma anche tanti giovani, i quali hanno sempre visto l’Inghilterra come un’opportunità di studio e lavoro. A proposito di giovani: il numero che state sfogliando è ricco delle loro testimonianze, non solo riguardo alla Gran Bretagna, ma anche alla partecipazione di molti di loro alla Giornata Mondiale della Gioventù, svoltasi lo scorso luglio a Cracovia; o le loro prime impressioni sull’alternanza scuola/lavoro, applicazione concreta della riforma detta della “Buona Scuola”. In questa edizione di settembre troverete anche due nuove rubriche di intrattenimento e svago: il cinema e la cucina. Il primo grazie a Gabriele, un giovanissimo collaboratore appassionato di cinema; la seconda grazie alle ricette salutari di Erika,
splendida mamma che ci propone cose buone per il palato ma soprattutto per la nostra salute. Seguitele e il vostro cuoricino vi ringrazierà. Trovate le nostre consuete rubriche (personaggi, aziende, associazioni, sport) e un accenno alle vacanze appena trascorse, con il racconto tragicomico di un viaggio. E certo non poteva mancare il rapporto conclusivo su Treviglio Vintage 2016, con tante belle foto e il racconto di quella tre giorni densa di spettacoli e di allegria. Come sempre però, il nostro sguardo volge al futuro e già stiamo lavorando per essere media partner, con il nostro giornale e il nostro portale web, di due importanti eventi che si svolgono a Treviglio nel week end del 10 settembre: Treviglio Libri e Treviglio in Gioco, due appuntamenti che promettono ancora tanto divertimento per grandi e piccoli. Ed infine permetteteci di fare ancora una volta gli auguri a Trento Longaretti, che compie 100 anni proprio nel mese di settembre, con l’omaggio di Bruno Manenti e il bell’articolo della prof.ssa Francesca Possenti su una delle sue opere più apprezzate: “Madre rosso vivo”. Auguri Professore! Il direttore Settembre 2016 •
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Da fare 4 • tribuna magazine • Settembre 2016
Sommario Euro 2,50
Mensile di approfondimento di Treviglio e Gera d’Adda
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6 La riforma sanitaria lombarda
Anno 1 - n. 4 – Settembre 2016
copertina bozza
(Daniela Invernizzi)
8 Valicare i confini per
una prospettiva comune (Daria Locatelli)
10 Sport e svago di nuovo a Casirate ph Appiani
La Bergamina a senso unico
Novità del territorio: zone omogenee e riforma sanitaria I giovani tra scuola/lavoro e GMG 2016 In volo, ieri e oggi
(Cristina Signorelli)
11 Non finiscono i guai per BreBeMi (Cristina Signorelli)
13 Paniere sociale nelle farmacie (Daniela Invernizzi)
14 Dettagli di successo (Daniela Regonesi)
magazine Autorizzazione Tribunale di Bergamo n. 6/16 del 19/04/2016 Anno 1° N. 4 - Settembre 2016 Editore Tribuna srl Viale del Partigiano, 14 - Treviglio (BG) www.tribuna.srl info@tribuna.srl Contatti di redazione tel. 0363.1971553 redazione@tribuna.srl Amministratore Unico Marco Daniele Ferri REDAZIONE Direttore Responsabile Daniela Invernizzi Coordinamento Daniela Regonesi Redazione Daria Locatelli, Daniela Regonesi, Ivan Scelsa, Cristina Signorelli Social Media Manager Daria Locatelli Fotografie e contributi Enrico Appiani Hanno collaborato a questo numero Maria Gabriella Bassi, Duilio Bellomo, Juri Brollini, Michele Ciarliero, Angela Cinelli, Pinuccia D’Agostino, Diego Defendini, Andrea Donghi, Marco Falchetti, Franco Galli, Gabriele Lingiardi, Bruno Manenti, Silvia Martelli, Elio Massimino, Francesca Possenti, Erika Resmini, William Stornati, Alfredo Venturini Impaginazione e Grafica Pubblicitaria Antonio Solivari UFFICIO COMMERCIALE Roberta Mozzali tel. 0363.1971553 - cell. 338.1377858 commerciale@tribuna.srl Altre collaborazioni Giulio Ferri Stampa Laboratorio Grafico via dell’Artigianato, 48 - Pagazzano (BG) Tel. 0363 814652
15 La banca che aiuta gli allevatori (Cristina Signorelli)
16 Germogli di speranza (Daniela Regonesi)
18 Provare a lavorare
(a cura di Daniela Invernizzi)
21 Quando tempo e solidarietà
fanno parte della cura (Daria Locatelli)
22 Settembre, è tempo
di “Treviglio Libri” (Daniela Invernizzi)
23 Treviglio in Gioco:
di nuovo bambini (Silvia Martelli)
24 Care Maestre
(Daniela Regonesi)
26 Vacanze fai-da-te
Minorca
(Maria Gabriella Bassi)
28 L’arte in scena (Gabriele Lingiardi)
31 Speciale Treviglio Vintage
Che spettacolo! (Ivan Scelsa)
32 Viaggio nel tempo con le note (Daria Locatelli)
33 Musica per le orecchie
e per gli occhi
(Daniela Invernizzi)
45 Guida semiseria ai film
di settembre
(Gabriele Lingiardi)
46 Il primo volo aereo su Treviglio (Marco Falchetti)
49 Un anno vissuto intensamente (Franco Galli)
50 Alpini, gli Italiani di domani (Ivan Scelsa)
53 Speakers’ Corner: un angolo
di Gran Bretagna a Caravaggio 54 I volti dei Visconti (Diego Defendini)
55 Madre rosso vivo (Francesca Possenti)
34 Auto d’epoca: che passione!
56 Penelope stanca
36 Biciclette in bella mostra
57 Noter di Arzago
(Ivan Scelsa)
(Cristina Signorelli)
37 Piccoli, ma grandi (Daniela Regonesi)
38 Street Food, Vetrine e
Mercatini a tutto Vintage (Cristina Signorelli)
39 MatitaLibera di Bruno Manenti 40 Quando i Comuni Lombardi
lasciarono l’Europa (Elio Massimino)
42 Ciao Italia
(Silvia Martelli)
43 Amici d’Oltremanica (Pinuccia D’Agostino)
(Angela Cinelli)
(Alfredo Venturini)
59 Arcene, la 37ª edizione
della Mostra del Fungo (Ivan Scelsa)
60 La scherma come filosofia di vita (Ivan Scelsa)
62 Le ricette di Erika Resmini 64 Un’altra crepa aperta in Europa (a cura di Fineco Bank)
La parola ai lettori 65 Gli studi di settore, cosa sono? (a cura di Giovanni Ferrari)
66 La vignetta di Juri Brollini Settembre 2016 •
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ph Appiani
Sanità
La riforma sanitaria lombarda di Daniela Invernizzi
Dal primo gennaio è entrata in vigore la riforma sanitaria lombarda: abbiamo fatto il punto della situazione con le dirigenti dell’ASST Bergamo Ovest Fabbrini e Mangiacavalli
C
on l’approvazione della legge regionale 23 dell’11 agosto 2015, riguardante la riforma della sanità lombarda, è iniziato un percorso nuovo che porterà a importanti cambiamenti nel servizio socio sanitario della nostra regione. Tra i primi atti della riforma, entrata in vigore il primo gennaio di quest’anno, la riorganizzazione territoriale e la nomina dei nuovi dirigenti. Sembra che questo nuovo approccio al sistema sanitario sia stato ben accolto almeno dalla politica, se è vero che sia il presidente di Regione Roberto Maroni che il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, hanno salutato questa riforma come un passo avanti e una sperimentazione che, se darà frutti auspicati, potrebbe essere un esempio da seguire per tutte le altre regioni. Ma quale direzione sta prendendo la riforma e cosa cambierà per i cittadini? A sei mesi di distanza dalla sua entrata in vigore e dalla nomina dei nuovi dirigenti, abbiamo incontrato la dott.ssa Elisabetta Fabbrini, Direttore generale dell’ASST Bergamo Ovest e la dott.ssa Barbara Mangiacavalli, nuovo Direttore socio-sanitario. «Questa riforma – introduce Fabbrini – rappresenta un’evoluzione del nostro sistema, da sanitario a socio-sanitario,
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dove alla cura dell’acuzie (in medicina il momento in cui un fenomeno morboso si manifesta in maniera più acuta, ndr) si accompagna una funzione di accompagnamento post acuzie. Rendere questo servizio un tutt’uno, evitando sprechi e doppioni è la mission di questa legge, arrivando a fare in modo che la famiglia del malato si senta accompagnata in tutte le fasi della cura. In questa prima applicazione della legge la preoccupazione è stata dunque quella di garantire al cittadino i servizi in vigore al 31/12/15; quindi è solo un bene se l’utente ancora non si è accorto di nulla: vuol dire che non abbiamo fatto sentire il disagio dovuto al cambiamento, alla riorganizzazione e ai passaggi di consegne». Il territorio socio sanitario della bergamasca ha subìto una modificazione: tre le Aziende Socio Sanitarie Territoriali che dipendono dall’ATS (Agenzia Territoriale Sanitaria) Bergamo: ASST Bergamo Ovest, ASST Papa Giovanni, ASST Bergamo Est. L’Agenzia svolge il ruolo di programmazione e regia, i tre distretti erogano le prestazioni. Attraverso una serie di protocolli è stato inoltre costituito un collegio, costituito dai tre direttori di ASST più quello di ATS, allo scopo di avviare incontri periodici per la realizzazione dei
progetti: «Sono tavoli tecnici di miglioramento, che hanno già portato a importanti procedure, da quella per l’accertamento dell’alunno disabile, alle procedure generali per le misure di reddito, a tutto il sistema dei voucher; mentre sono in corso i tavoli di miglioramento per i Sert e uno sui consultori» spiega Mangiacavalli. La riorganizzazione non implica necessariamente la chiusura di un servizio, chiarisce Fabbrini: «Se invece l’ esistenza dello stesso non ha più senso e i soldi impiegati per esso potrebbero essere usati per un altro servizio più utile al cittadino, allora potrebbe essere soppresso in nome di una più efficiente organizzazione e una rispondenza maggiore ai bisogni del territorio. Ad esempio, un centro prelievi al posto della scelta/revoca del medico, che può essere fatta on line, o presso un ufficio del comune o anche presso una farmacia. Una scelta di tal genere è stata fatta per esempio a Curno, dove è stato tolto l’ufficio scelta/revoca, perché ne esistono altri vicini; ma in compenso a settembre apriremo un punto prelievi. In questi mesi comunque abbiamo proceduto soprattutto al passaggio di consegne e all’istituzione dei tavoli tecnici di miglioramento».
ph Appiani
È dunque una fase in cui le cose stanno cambiando più per gli operatori che per gli utenti. Dopo la nomina dei nuovi direttori generali, c’è la riconfigurazione dei rapporti giuridici e dei contratti esistenti. I quattro presidi ospedalieri ereditati dalla vecchia Asl sono finiti sotto ASST differenti (Treviglio e Romano alla ASST Bergamo Ovest, Calcinate e San Giovanni Bianco cedute a ASST Bergamo Est e Papa Giovanni): ciò vuol dire riorganizzazione dei dipartimenti e dei rapporti con le direzioni generali, con gli uffici tecnici, sezioni di approvvigionamento diverse e via dicendo. Una novità importante però già esiste, ed è la trasformazione dell’ospedale di Calcinate in POT, ovvero Presidio Ospedaliero Territoriale, una delle novità della riforma: ovvero un ospedale della comunità, gestito da infermieri, per l’erogazione di una serie di servizi che vanno dal post acuto, alla lunga degenza, alla riabilitazione. Cambiando la sua destinazione, l’ospedale ha dovuto rivedere priorità e necessità, con tutta una serie di situazioni critiche, non solo organizzative, ma anche di gestione del personale. «Per capirci, noi siamo un’azienda territoriale – spiega il direttore generale – se, per fare un esempio, il Niguarda è un’a-
zienda essenzialmente ospedaliera, noi invece, con due ospedali medio grande (Treviglio) e piccolo (Romano) siamo molto più radicati sul territorio; per cui è chiaro che il mio piano di riorganizzazione risentirà molto di queste caratteristiche. Perciò noi più di altri dobbiamo lavorare sull’integrazione tra i vari soggetti che operano in ambito socio sanitario sul nostro territorio». «La sfida della legge 23 è l’innovazione – ribadisce il direttore socio-sanitario – nonostante la Lombardia sia un’eccellenza nella sanità, ha comunque il problema di aver separato fino ad ora la fase acuta da tutto quello che non lo era, sviluppando una miriade di soggetti che sono una ricchezza ma che vanno riorganizzati». La parte innovativa del testo normativo è proprio il fatto che la ASST si prende in carico tutto quello che c’è sul territorio fuori dall’ospedale e chiede di ripensare in termini di efficienza tutti i modelli erogativi, avendo sempre presente il paziente e la prossimità del servizio. La rete territoriale è fatta da strutture della ex Asl e dal privato accreditato, entrambi enti erogatori; e poi c’è tutto il terzo settore, quello del volontariato: «Sul quale – dice Fabbrini – dobbiamo ancora trovarci per definire, con le
varie associazioni, i rispettivi ruoli; per la legge 23 il volontariato non deve sostituire la ASST nell’erogazione di un servizio, ma essere complementare. Poi c’è anche tutto l’ambito del sociale, con il quale abbiamo iniziato un discorso per sviluppare futuro progetti». Sembra però che tutti questi soggetti, chiamati a fare la loro parte per procedere unitariamente verso il miglioramento del servizio socio sanitario lombardo, stiano facendo sentire la loro voce, temendo di sparire o perdere posizioni acquisite. «Si tratta di far capire loro che lo stare insieme è un valore aggiunto, non una perdita – spiega Mangiacavalli – solo in questo modo il sistema sanitario può reggere, evitando doppioni e sprechi. Nello spirito della legge, razionalizzare non vuol dire tagliare, ma usare bene le risorse che abbiamo, portando il servizio là dove ce n’è bisogno». «Purtroppo passa solo il messaggio che la Fabbrini vuole tagliare – dice ancora la dirigente – ma non è vero; è la logica dell’ognuno per sé che deve essere superata. Ciò vale anche e soprattutto per gli ospedali: ogni ospedale vorrebbe “il suo”, la sua sala operatoria, il suo punto nascite, i suoi medici, la sua terapia intensiva, la sua Farmacia e via così. Invece noi dobbiamo unire e coordinare i saperi. Per esempio, ora non esistono più i medici di Romano e quelli di Treviglio: esiste un pool di medici, con un solo responsabile, che posso impiegare a seconda delle necessità». Tutto bene, quindi? Ancora presto per dirlo, anche se in effetti qualche malumore relativo a tagli e riorganizzazione si percepisce fra gli addetti ai lavori, e il mese di settembre pare sarà ricco di novità su questo fronte. Il fatto che molti medici se ne stiano andando non è un buon segno: si tratta di capire quali sono le reali motivazioni di questo allontanamento. Nessuno però, almeno per il momento, vuole parlare; ma siamo sicuri che dovremo presto riprendere in mano l’argomento. Settembre 2016 •
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Territorio
Valicare i confini per una prospettiva comune di Daria Locatelli
Come è cambiato il rapporto tra gli enti locali e nazionali e quali ripercussioni e prospettive vengono delineate nei nostri territori dall’attuazione della “Legge Delrio”? Il testo di legge I confini e le competenze delle amministrazioni locali sono stati ridisegnati dall’8 aprile 2014, data di entrata in vigore della Legge n. 56 “Disposizioni sulle città metropolitane, sulle province, sulle unioni e fusioni di comuni”, altrimenti detta “Legge Delrio”, la cui ratio è di delineare “una Repubblica delle autonomie fondata su due soli livelli territoriali di diretta rappresentanza dalle rispettive comunità: le regioni e i comuni. A questi si accompagna un livello di governo di area vasta, chiaramente collocato in una visione funzionale più ad una razionale e coerente organizzazione dei comuni insistenti sul territorio che non ad un livello di democrazia locale espressione della comunità metropolitana”. Che ruolo viene affidato, in questo nuovo assetto, alle Province così come storicamente definite? Confermate quali “enti territoriali di area vasta” (art. 1, comma 3), le Province vengono riconosciute titolari prevalentemente di funzioni di programmazione e coordinamento – in settori tradizionalmente già affidati loro – cosiddette “fondamentali” (ad esempio: pianificazione territoriale provinciale di coordinamento, tutela e valorizzazione dell’ambiente, costruzione e gestione delle strade provinciali, gestione dell’edilizia e della programmazione scolastica), oltre che di ulteriori funzioni eventualmente attribuite dallo Stato e dalle Regioni. “Enti territoriali di area vasta” è la terminologia cui si riferiscono non solo le Province, ma anche le “Città metropolitane” – subentrate dal 1 gennaio 2015 alle Province di
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Torino, Milano, Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Bari, Napoli e Reggio Calabria – che non si limitano a svolgere funzioni di coordinamento, ma perseguono proprie finalità istituzionali (come la cura dello sviluppo strategico del territorio metropolitano, la promozione e la gestione integrata dei servizi, delle infrastrutture e delle reti di comunicazione). Il paradigma dell’organizzazione territoriale, che avrà piena attuazione a seguito della riforma costituzionale in corso, risulta, perciò, ampiamente sconvolto rispetto all’impostazione tradizionale, con la trasformazione delle Province in enti di secondo livello e i Comuni, che, legittimati dalla democrazia locale, dovranno governare prevedendo una maggiore “cooperazione sovracomunale” e sintesi dei rispettivi interessi ed istanze. Questa nuova prospettiva ha fatto emergere la necessità di coordinamento tra i vari enti locali e ha gettato le basi per la definizione di un ente istituzionale, prima sconosciuto: le “Zone Omogenee”.
L’approccio bergamasco Il 25 marzo scorso è stato firmato dal Presidente della Provincia, Matteo Rossi, il decreto che articola il territorio dell’Area vasta di Bergamo in undici raggruppamenti di Comuni: Area Urbana, Laghi Bergamaschi, Valle Seriana, Val
di Scalve, Valle Brembana, Val Imagna, Isola, Hinterland Sud, Pianura Est, Pianura Ovest, Seriatese-Grumellese. “La nuova Provincia sarà soprattutto un’agenzia di sviluppo territoriale governata dagli enti locali” – ha dichiarato il Presidente Rossi. “Crediamo in questo progetto e pensiamo che possa essere veramente utile al rilancio del territorio. È qui, nella costruzione di un nuovo sviluppo, che ci giochiamo la capacità di essere centrali. Ogni territorio sarà chiamato a costruire la propria idea di sviluppo, a mettersi in relazione con le altre zone, ma anche a rafforzare le proprie relazioni con le altre province. Questo lavoro necessiterà di una regia politica forte, e questo sarà il ruolo della nuova area vasta, sempre meno ente amministrativo e sempre più agenzia di servizio e di sviluppo governata dagli enti locali capace a sua volta di mettersi in rete con altre realtà”. L’organismo di coordinamento di ciascuna zona omogenea sarà l’Assemblea dei sindaci dei Comuni che ne fanno parte, e verrà presieduto dal primo cittadino del munici-
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pio con maggior popolazione legale; oppure dal presidente della Comunità montana o dell’Associazione di Comuni (laddove la superficie della zona omogenea coincida in toto, ovvero in modo prevalente, con il territorio della stessa Comunità montana o Associazione di Comuni). In occasione dell’Assemblea dei Sindaci tenutasi il 14 luglio scorso presso il Kilometro Rosso, durante la quale è stato approvato il Regolamento di funzionamento della stessa, il presidente Matteo Rossi ha illustrato il lavoro e gli sforzi fatti per trasformare la Provincia nella nuova Casa dei Comuni. Il neo sindaco di Caravaggio, Claudio Bolandrini, ha commentato positivamente l’incontro: “Abbiamo elaborato una strategia condivisa per reperire a livello europeo le risorse necessarie a sostenere il commercio, le attività produttive ed il turismo”. Il sindaco di Ciserano, Enea Bagini, ha ribadito la necessità di lavorare in rete fra Comuni. “È importante non isolarsi, ma fare progettualità insieme. Sono fiducioso, visto che la sospensione del patto di stabilità ha consentito lo sblocco delle risorse”. La cooperazione tra Comuni e territori, nell’ottica di uno sviluppo condiviso, è il principio guida che ha visto due città dell’area omogenea Pianura Ovest unite per presentare la candidatura alla presidenza del sistema bibliotecario integrato. Juri Imeri, sindaco di Treviglio, ha dichiarato: “Si tratta di un primo segnale di dialogo tra due amministrazioni che, pur essendo di colore diverso, devono fare rete e fare sistema. In un settore come quello delle biblioteche, non ci può essere una definizione politica, ma ci deve essere una leadership forte e un territorio che vuole far sentire la sua voce”. Aggiunge Claudio Bolandrini: “Treviglio e Caravaggio rappresentano un bacino d’utenza che sfiora le 50.000 unità; hanno un patrimonio storico, artistico, culturale e librario che deve essere promosso in termini di servizi, di fruizione e penso che, mai come in questo caso, l’unione possa fare la forza e la differenza” (servizio completo su www.tribunatv.tv). Un esempio reale, quindi, di come la condivisione e la ricerca di opportunità possano far valicare i confini territoriali e attuarsi in azioni concrete che investono il quotidiano di ciascuno di noi, indipendentemente dalla propria città di residenza.
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Inaugurazioni
Sport e svago di nuovo a Casirate di Cristina Signorelli
Rinnovato e reso più sicuro, riapre il centro ricreativo sportivo di Casirate d’Adda
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opo essere stato chiuso per circa un anno, a settembre riapre il Centro Ricreativo Sportivo di Casirate, completamente rinnovato. L’inaugurazione ufficiale è prevista per domenica 18 settembre e coinvolgerà, oltre ai Casiratesi, tutte le Associazioni interessate. «Si era determinata la necessità di chiudere la struttura, e conseguentemente di creare in un certo modo un disservizio privando i cittadini di un importante luogo di ritrovo, per consentire che fossero portati a termine tutti i lavori necessari a renderla a norma di legge». Così il Sindaco Mauro Faccà, che prosegue: «La nostra priorità, come Amministratori, è però la sicurezza di tutti e non era dunque più pensabile ri-
mandare gli interventi richiesti». Casirate Gas, società partecipata del Comune, ha curato la ristrutturazione, incaricandone l’ing. Gianangelo Pessina, suo amministratore unico, e ha inoltre sostenuto direttamente i costi con i propri utili di gestione, che pertanto non avranno ricadute sul bilancio del Comune, né comporteranno un aumento nelle bollette degli utenti. La struttura offre campi all’aperto di tennis e calcetto, con relativi spogliatoi. Entrambi sono già in uso dal mese di luglio, inoltre il campo in sintetico prevede la possibilità di essere coperto con un pallone pressostatico riscaldato, per consentirne l’utilizzo anche nei mesi invernali. La palestra interna viene utilizzata dall’I-
stituto Comprensivo per le ore di educazione fisica, dalla polisportiva Libertas Casiratese per gli allenamenti di calcio, dalla Pallavolo Oratorio Casirate; può essere ovviamente affittata anche da privati e associazioni, casiratesi e non. Il campo da calcio in terra è attualmente utilizzato dalla Polisportiva, ma non è escluso che in un futuro possa essere oggetto di un intervento che lo renda fruibile a tutti. Il parco esterno e diverse sale, che possono essere prenotate per riunioni o corsi, e dove vi è la possibilità di organizzare concerti e spettacoli, completano la struttura, che tornerà ad essere un luogo di incontro e ritrovo per tutti i cittadini. L’Amministrazione Comunale ha affidato la gestione degli impianti sportivi alla società Casirate Gas, con la quale opera in piena collaborazione. Come esemplifica l’Assessore ai Lavori Pubblici ed Edilizia, nonché Vicesindaco, Manuel Calvi: «L’introduzione e l’utilizzo del web e delle nuove tecnologie ci è stato proposto dall’ing. Pessina e ci ha trovati subito d’accordo: ci è sembrato un buon modo per avvicinare gli utenti anche più giovani alla struttura e rendere il tutto più immediato, condiviso e condivisibile e per dare l’idea di un Centro davvero sempre vicino e a disposizione della cittadinanza».
La Bergamina a senso unico
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ttenuto il benestare della Provincia, ultimo atto dell’iter burocratico, l’Amministrazione Comunale di Casirate ha predisposto nel mese di agosto le modifiche alla viabilità, come erano state ampiamente illustrate nell’Assemblea pubblica di luglio. In tale circostanza il Sindaco, Mauro Faccà, aveva motivato alla cittadinanza le ragioni del progetto, che prevede il senso unico, sia su Via G.B. Menclozzi e Via Tommaso Grossi, sia sulla porzione di Via J.F. Kennedy che parte dallo svincolo di Via Albignano. La pericolosità della ex Statale che attraversa il paese è, oggettivamente, un problema che negli anni si è ingigantito, arrivando al suo apice proprio con la nuova autostrada BreBeMi. «La nostra Amministrazione – dice Faccà – si è fatta carico (anche sollevando malumori da parte di alcuni cittadini) di risolvere l’annosa questione e mettere finalmen-
te in sicurezza il transito dei pedoni, delle biciclette, delle mamme con passeggini e delle persone più fragili». Le modifiche alla viabilità sono da valutare nell’ottica territoriale e connesse alla realizzazione della variante che collega BreBeMi a Sud. Dopo un lungo iter, i primi cantieri sono ora operativi e i lavori dovrebbero concludersi entro la fine del prossimo anno. Il progetto, accolto dalla Provincia, prevede che il traffico della ex statale 472, oggi strada provinciale, venga in parte, se non totalmente, deviato da Casirate. «È inoltre previsto – aggiunge il Sindaco – quando si concluderanno i lavori di realizzazione della variante, il declassamento della strada Bergamina a strada comunale; a quel punto saranno possibili lavori di riqualificazione e arredo urbano che la mia Amministrazione sta già progettando».
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C.S.
Infrastrutture
Non finiscono i guai per BreBeMi di Cristina Signorelli
Aiuti di Stato, pedaggi scarsi, risultato negativo, soci che abbandonano. Alcuni dei problemi che Autostrade Lombarde deve affrontare
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on trova pace la BreBeMi, autostrada di collegamento tra Brescia, Bergamo e Milano via Treviglio, sostitutiva del tracciato della storica A4 che collega le tre province passando da Bergamo. Infatti, è stata confermata da parte dell’Unione Europea l’apertura di una procedura d’ispezione per presunti aiuti di Stato, denunciati a novembre 2015 da Monica Frassoni, copresidente del Partito Verde Europeo, e Anna Donati di Green Italia. La BreBeMi, più volte acclamata “l’autostrada pagata interamente dai privati”, realizzata in project financing, a oggi, fallimentare per i risultati economici, in realtà beneficia di uno stanziamento pubblico deliberato dal Cipe di 320 milioni di euro,
dei quali 260 verranno versati direttamente dallo Stato, in rate annuali di 20 milioni ciascuna, e i restanti 60 verranno integrati dalla Regione Lombardia. Da qui si è ravvisata la necessità da parte della Commissaria per la Concorrenza, Margrethe Vestager, di vederci chiaro approfondendo anche la proroga – fornita dal Cipe – della concessione statale dagli iniziali 19 anni a 25 anni, unitamente al costo del subentro previsto in 1,2 miliardi di euro. Sugli stessi temi il Movimento Cinque Stelle ha presentato un esposto alla Corte dei Conti di Milano, con richiesta che venga ritirata la concessione attuale “per evitare ulteriori drenaggi di denaro pubblico”. BreBeMi ha festeggiato il suo secondo compleanno in rosso: una perdita di 68 mi-
lioni per il 2015, quasi il doppio rispetto alla perdita dell’anno precedente di oltre 34 milioni di euro. Risultato negativo dato principalmente dallo scarso flusso di traffico che, pur nella guerra delle cifre – circa 13.000 pedaggi giornalieri per Aiscat, oltre 35.000 secondo la società Autostrade Lombarde – non raggiunge le 60.000 presenze considerate necessarie a garantire l’equilibrio economico finanziario dell’impresa. Questo uno dei motivi che hanno indotto il Comune di Brescia, la Città metropolitana di Milano e la Provincia di Bergamo a fare un passo indietro e dismettere le rispettive quote di partecipazione. I soggetti pubblici interessati, che rappresentano complessivamente una parte irrilevante del capitale, hanno manifestato la volontà di cedere le loro quote, dopo aver partecipato alla start up e raggiunta ormai una fase stabile di gestione, per impiegare tali capitali in servizi oggi più utili alla cittadinanza, come per esempio le scuole. Richiesta non accolta dalla Società autostradale che ha subito presentato ricorso. Anche Intesa Sanpaolo, socio di maggioranza e maggior creditore di Autostrade Lombarde spa, ha confermato che nel 2017 dismetterà le quote in portafoglio, in tal caso però si predisporrà un’opportuna exit strategy, probabilmente con l’ingresso di un nuovo socio forte, magari straniero. Insomma, fino ad oggi, un guaio dietro l’altro per l’autostrada orgoglio dell’intrapresa privata.
Settembre 2016 •
tribuna magazine • 11
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ph Appiani
Novità
Paniere sociale nelle farmacie di Daniela Invernizzi
Una bella iniziativa di Ygea per venire incontro ad alcune categorie in difficoltà
P
aniere sociale è un’importante iniziativa di Ygea, la società controllata del comune di Treviglio che gestisce le tre farmacie comunali, per venire incontro alle fasce sociali più deboli: alcune categorie di prodotti, relativi alla cura della persona, saranno d’ora in poi venduti nelle farmacie comunali a prezzi superscontati, fino all’80 per cento, per tutti coloro che potranno usufruirne. Pannolini, creme, integratori, paste fissanti, dispositivi per aerosol, filtri solari e molti altri prodotti, necessari alle famiglie nei diversi periodi della vita, avranno d’ora in poi prezzi bloccati e accessibili; i destinatari dell’agevolazione sono anziani
sopra i 65 anni, bambini sotto i tre anni e donne in gravidanza. Un segnale di attenzione nei confronti della cittadinanza, nell’ottica di una farmacia comunale che vada oltre la sua dimensione commerciale e offra servizio e supporto ai cittadini. Ce lo spiega il dott. Antonio Manfredi, da due anni alla direzione di Ygea che, oltre a gestire le farmacie comunali, si occupa anche del centro diurno per anziani e del centro di riabilitazione Idrokin (dove, in una vasca per la idrokinesiterapia e annessa palestra, è possibile svolgere terapie fisiche di prevenzione e riabilitazione motoria); ma anche dell’assistenza scolastica ai ragazzi disabili (solo l’anno scorso qua-
si 900 ore di assistenza per 59 ragazzi): «Ygea e le farmacie comunali hanno deciso di rinunciare al guadagno su alcuni prodotti specifici e di uso comune, proprio per rispondere a taluni bisogni della popolazione e svolgere quella funzione, anche sociale, che è propria dell’azienda. Sono un medico e a maggior ragione mi preme svolgere questa importante funzione, che poi è rispondente al programma dell’amministrazione comunale. Già da tempo stavamo pensando al paniere sociale, fin dal precedente mandato amministrativo, ed oggi finalmente il progetto si realizza». Si tratta in effetti di una novità su tutti i fronti, se si pensa che non solo in Lombardia, ma in tutta Italia, non esistono iniziative di questo genere, se non a livello puramente promozionale e per brevi periodi. I prodotti, tutti di alta qualità, possono variare a seconda delle stagioni (ad esempio, l’aerosol d’inverno, il filtro solare d’estate) ma si tratta sempre di beni necessari e di largo consumo, che le categorie interessate potranno d’ora in poi trovare nelle tre farmacie comunali di Treviglio: Farmacia Comunale 1, in viale Montegrappa 31 (all’interno del centro commerciale); Farmacia Comunale 2, in via Pontirolo 23 e Farmacia Comunale 3, in viale Piave 45.
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tribuna magazine • 13
Imprese
Dettagli di successo di Daniela Regonesi
Scopriamo gli ingredienti del successo mondiale di Nightmarket.it, brand nato in una boutique trevigliese
S
aper indovinare i possibili desideri dei clienti ed offrire loro quel che non sapevano di desiderare... Può sembrare una contorta formula presa in prestito da qualche mago, ma in fondo, a volte, il successo è una piccola alchimia, fatta di coincidenze, determinazione e casualità. Nightmarket.it nasce così, circa cinque anni fa, quasi per caso, dalla complicità di due sorelle, Flavia e Laura Avanzi, milanesi trasferite a Treviglio, che cominciano a creare alcuni gioielli per completare gli outfit proposti nelle loro boutique. Mi racconta Flavia: «Nightmarket.it nasce dall’idea di un prodotto che volevamo per noi, per nostre esigenze commerciali; è un progetto che si sviluppa a partire da diverse idee, stilisti e creativi nel mondo. Abbiamo iniziato con le collane, che sono la mia passione, proseguendo con giacche etniche e borse, e con tutto quello che diventa interessante stagionalmente. Ci basiamo sul periodo e i trend del momento». E così, interpretando e completando le tendenze della moda femminile, le sorelle Avanzi, accomunate dalla passione per la moda, la creatività e l’innovazione, propongono piccole capsule collection monoprodotto, come i bomber ricamati: «sono vintage, quindi “speciali” perché non prodotti in serie e non trovabili sul mercato, e vengono reinterpretati da me e da mia sorella». Il brand nasce in Italia, ma è parzialmente realizzato all’estero, anche grazie alla collaborazione con Pat Chaipukdee, designer di Bangkok, e con l’etichetta tailandese WonderAnatomie (creatura del giovane stilista Pop, al secolo Chalermkiat Khatikasemlert,
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che vi lavora con i suoi due fratelli). Con il primo è stata realizzata una collezione capace di mixare due mondi contrastanti: il sapore vintage, dei parka color verde oliva, con le preziose pellicce colorate che ne adornano l’interno; la seconda ha arricchito le giacche old con una ventata di natura, data la sua predilezione per i temi floreale e faunistico, ispirazioni che prendono vita sia nelle stampe che in decorazioni 3D. L’utilizzo di materie prime vintage regala ai capi un nuova, seconda vita: in un contrappasso positivo la giacca militare diventa “gentile” e aggraziata, con applicazioni di perle, patch floreali, piccole baguette, ricami, pizzi, uccelli tropicali. Una parte, poi, è prodotta in serie limitatissima, con l’applicazione di tessuti e antiche passamanerie afghane originali, preziosi e ormai quasi introvabili. «L’idea di personalizzare questi capi – spiega Flavia – nasce proprio curiosando in un laboratorio di vecchie passamanerie e ricami. La lavorazione è interamente fatta a mano, e ogni giacca, trattandosi di pezzi vintage, é diversa per taglia e modello, quindi totalmente unica al mondo». Non è stata programmata nessuna sfilata, per ora, ma sono diverse le serate o giornate a tema, organizzate nei negozi di Treviglio e Monza dove, per l’occasione, si espongono esclusivamente capi del brand. «Abbiamo circa 40 clienti in Italia e altrettanti all’estero, grazie allo showroom di Riccardo Grassi, che ha fatto un ottimo lavoro, soprattutto nei mercati cinese, coreano e giapponese». Non mancano le celebrities, immortalate con indosso capi delle collezioni, ma il fatto che nei negozi si trovino anche anelli,
orecchini, e accessori dal prezzo facilmente abbordabile, rende il marchio trasversale: «Se alcuni vip indossano delle nostre creazioni lo fanno per libera scelta, perché sono piaciute. I nostri prodotti hanno un sell out positivo, buona fruibilità, raggiungono una fetta di pubblico larga». I clienti hanno compreso e fatto loro il messaggio del brand, come nel caso delle collane, da cui tutto ha avuto inizio: «L’ispirazione viene dalla materia prima e da ciò che si trova di vintage, sono pezzi unici. Ad esempio alcuni antichi sigilli afgani, decorati con turchesi e coralli, hanno dato il via a gioielli in queste nuance di colore. La collana riesce a rendere speciale un abito semplice, a seconda dei diversi momenti della giornata, e rende omogeneo un outfit». Il nome del brand è evocativo di una certa atmosfera, rimanda ai tipici mercati notturni ed esprime un legame affettivo: l’amore di Flavia per i viaggi in Asia. «È l’idea di trovare qualcosa di sconosciuto e prezioso, non in termini economici ma di stile». Forse parte degli ingredienti di questa alchimia di successo è proprio l’amore – per la moda, i dettagli e l’Oriente – alla base di un marchio definito come “una suggestiva combinazione di elementi vintage e contemporanei, una miscela tra gusto europeo e tradizioni orientali, una pura espressione di gioiosa diversità di culture differenti”.
ph Appiani
Economia
La banca che aiuta gli allevatori di Cristina Signorelli
BCC Treviglio ha aderito per prima, nella provincia di Bergamo, alla moratoria sui mutui bancari delle aziende zootecniche
U
na moratoria sui mutui per un piccolo sospiro di sollievo per gli allevatori. Così può essere interpretato il protocollo d’intesa firmato negli scorsi mesi dal Ministero delle Politiche agricole (Mipaaf) e dall’ABI (Associazione Bancaria Italiana), che prevede la sospensione, per trenta mesi, delle rate dei mutui a carico delle imprese del settore zootecnico. In questi anni si è sviluppata una delle più gravi crisi strutturali del settore lattierocaseario – che rappresenta una importante realtà del nostro territorio – che rischia di accentuarsi ulteriormente nel nuovo scenario di mercato libero. Infatti, la mancata definizione di accordi sul prezzo del latte nel panorama europeo, una scarsa tutela del prodotto e dei suoi derivati, spesso lamentata dagli operatori economici del settore, e una pesante contrazione dei consumi, concorrono a definire un quadro di prospettive quasi catastrofico. Non c’è allevatore, piccolo o grande che sia, che oggi non lamenti le remunerazioni ridicolmente basse del latte, il cui prezzo medio europeo non paga i costi di produzione. Tra gli strumenti predisposti dal Mipaaf per attivare politiche di sostegno del settore agricolo, è significativo il “Fondo latte”. Con una dotazione di 50 milioni di euro, esso è finalizzato a interventi operativi orientati principalmente a favorire la ripresa economica delle imprese del settore,
attraverso operazioni finanziarie orientate agli investimenti, al consolidamento delle passività e dei debiti commerciali in essere. La moratoria dei debiti bancari – che riguarda sia passività a breve scadute, che finanziamenti a medio lungo termine – definita dall’accordo tra Mipaaf e ABI, prevede il meccanismo di sospensione del pagamento dei mutui sottoscritti dagli allevatori attraverso le misure del “Fondo latte” e l’Accordo per il Credito 2015. Prima banca nella provincia di Bergamo ad aderire all’accordo è stata la Banca di Credito Cooperativo di Treviglio. Il Presidente, Giovanni Grazioli, ha sottolineato la necessità di agire con urgenza a sostegno del comparto agricolo, che costituisce una forza produttiva importante per tutto il territorio della Bassa Bergamasca, soprattutto in questa nuova fase nella quale gli allevatori devono rafforzare la capacità di competere sia sul mercato interno, che su quello estero. Ha inoltre ricordato la lunga tradizione che lega la BCC agli agricoltori, che furono i primi soci a dar vita alla Banca, così come la formazione cooperativa della stessa impone di essere presenti e propositivi nelle misure di intervento e sostegno a favore dei soci.
Quasi il 20% degli impieghi attuali della Banca di Credito Cooperativo di Treviglio è destinato al settore agricolo, al quale si rivolge con attenzione e professionalità adeguate. Il Servizio Agricoltura, infatti, del quale è responsabile Stefano Pirrone, dislocato in un’apposita sede, fornisce quotidianamente supporto e consulenze specifiche al settore in ambito economicofinanziario. Come egli ci illustra, il Servizio Agricoltura è impegnato azienda per azienda, per favorirne l’efficienza e la competizione su un mercato ad oggi poco tutelato per quanto riguarda la produzione locale. A tal fine BCC Treviglio ha attivato servizi specifici quali: una linea di conversione al biologico ed una linea per la vendita diretta, che qualifica la filiera di produzione dei prodotti caseari, inserendo nel marchio i luoghi di produzione e lavorazione del formaggio, a garanzia e tutela delle produzioni territoriali. Tutto ciò finalizzato ad accompagnare i produttori in un percorso di innovazione che possa agevolare le aziende del settore nel riposizionarsi sul mercato in modo più competitivo e orientato alle nuove esigenze dei consumatori. In quest’ottica, sottolinea Pirrone, questa nuova agevolazione, più che per il reale sostegno finanziario – la sospensione delle rate di pagamento dei mutui in essere e la possibilità di rateizzare in un lungo periodo i debiti verso i fornitori – costituisce un ulteriore aiuto che si vuole fornire agli agricoltori per produrre e vendere adeguatamente su di un mercato sempre più complesso e competitivo. Speriamo che la tempestiva decisione del Comitato Esecutivo di BCC Treviglio di deliberare l’adesione alla moratoria sui debiti bancari degli allevatori, con esecuzione immediata, porti una boccata d’ossigeno in un comparto produttivo così importante per la nostra economia, eppur oggi così sofferente. Settembre 2016 •
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Giovani
Germogli di speranza di Daniela Regonesi
Testimonianze dalla GMG 2016
E
sattamente trent’anni fa Giovanni Paolo II – con la lettera “Sempre pronti a testimoniare la speranza che è in voi” – dava appuntamento ai giovani a Buenos Aires, dando vita alla prima Giornata Mondiale per la Gioventù in terra non italiana. Da allora molte cose sono cambiate: muri crollati e regimi abbattuti, dialoghi interreligiosi faticosamente imbastiti, l’avvicendarsi di altri due successori di San Pietro e l’avanzata del terrorismo islamico. La GMG ha superato la cortina di ferro, è arrivata in tutti i continenti, eppure i ragazzi, che nel 1986 non erano neppure nati, rispondono ancora con entusiasmo al suo richiamo; come hanno fatto a fine luglio, giunti in migliaia nella terra di Karol Wojtyla. In tanti anche dalla Gera d’Adda che, pur divisa in tre diocesi diverse, li vede uniti a testimoniare la loro speranza. Quattro di loro ci raccontano quali incontri e parole li hanno toccati, di quale immagine ed esperienza hanno fatto tesoro, spiegandoci se la GMG per loro continua, eventualmente anche fino all’appuntamento a Panama nel 2019.
Condivisione fragorosa e silenziosa È stata sicuramente un’avventura con più o meno imprevisti che stranamente sono stati accolti con una serenità inaspettata. Il clima di condivisione e di fraternità che si respirava cambiava e cambia il modo di vedere le cose. Entusiasmante è stato vedere quanti giovani come me, con all’interno di sé domande, si siano messi in viaggio da posti più o meno lontani per vivere questa giornata. Camminando per le strade di Cracovia, ho percepito la gioia e la voglia di essere presenti e protagonisti. Sicuramente un’immagine che mi rimane è la folla, in cammino per raggiungere uno dei qualsiasi posti di ritrovo, che chiacchiera, che anche se schiacciata in un tram inizia una “sfida” a suon di canti in varie lingue. È la gioia di condividere ogni momento, di scambiare esperienze. Ancora di più mi ha colpito il silenzio, l’attenzione nei momenti di preghiera, l’atmosfera carica di energia che si calmava. Gli stessi giovani chiassosi che avevo incontrato per strada condividevano con me la voglia di andare in profondità, di ascoltare, di lasciarsi toccare da ciò che stavamo vivendo. Forte è quindi la consapevolezza che tanti stanno percorrendo la mia stessa strada anche se da provenienze diverse.
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Una parola che ho sentito rivolta a me è sicuramente l’invito espresso in vari modi dal Papa a “vivere e non vivacchiare”, come direbbe il beato Frassati, perché nella frenesia degli impegni e della vita non ci si fermi su cose futili ma, nell’impegno che si mette in quello che si fa, si trovi la gioia e la passione per vivere in pienezza. Proprio per questo la GMG non è finita con il ritornare a casa, ma sprona a impegnarmi, con una nuova forza e ricaricata, a essere protagonista della mia vita. Panama forse sarà difficile da raggiungere fisicamente ma di certo dopo aver vissuto una GMG, non rimarrò indifferente al messaggio e alla ricarica che darà anche se non sarò presente. Irene Limonta, Treviglio
Amorevole accoglienza Ero alla mia seconda GMG, dopo Madrid 2011, ed è andata molto bene. È stato molto bello vedere l’accoglienza delle persone: “Vi aspettavamo da due anni”, ci hanno detto. Nulla è stato lasciato al caso, ci hanno accolti con corone di fiori, le persone emozionate ci salutavano dalle finestre. Tra i tanti incontri di queste giornate, conservo soprattutto il ricordo della famiglia che ci ha ospitato la prima settimana: ha aperto la porta di casa a due sconosciute, facendoci sentire a casa, aspettandoci fino all’una di notte pur di cenare tutti insieme; davvero un’accoglienza aperta e amorevole, come se fossimo la settima e l’ottava figlia, dopo i loro sei. La stessa cosa è capitata agli altri ragazzi, tutti trattati benissimo. Non so se sarei in grado di fare altrettanto. Tra le parole che ci ha rivolto il Papa durante l’omelia ho sentito particolarmente rivolto a me il monito a non essere un giovane-divano, perché quando rientro a casa
mi metto subito a guardare la TV. Ma se c’è da fare qualcosa mi metto in moto per farlo succedere, soprattutto se la ritengo giusta. Insomma, se usato con parsimonia, il divano non è pericoloso... L’immagine più forte è stata durante la veglia: il silenzio della preghiera e della meditazione; tutto intorno c’erano i ragazzi del mio paese, dietro di me quelli del Brasile. È bello vedere ciò che unisce, rispetto a quanto spesso evidenziato da TV e telegiornali, ossia quanto divide. È bello vedere cosa riesce a fare la fede. Ora è un’esperienza troppo fresca per capire quale impronta abbia lasciato in me. Come ci hanno ripetuto i don e il Vescovo, il lavoro continua a casa, per capire cosa questa meravigliosa esperienza ci ha lasciato. La GMG non è finita, anche perché eravamo un bel gruppo, che ha condiviso un percorso di preparazione da un anno: sicuramente non lasceremo cadere il discorso. Quanto a Panama spero proprio di sì, di riuscire ad andarci. Claudia Conti, Brignano Gera D’Adda
Beati i misericordiosi Il mio viaggio è cominciato qualche giorno prima, quando con 500 giovani del movimento ecclesiale Rinnovamento nello Spirito Santo italiano abbiamo partecipato al Festival YAI (Youth Arise International) presso la cittadina di Zory. L’accoglienza è stato il primo elemento da cui sono stata molto colpita. Persone sconosciute che ci hanno ospitati in casa propria come se fossimo loro figli da sempre, un’emozione indescrivibile. Ho sperimentato proprio l’universalità dell’amore, dove non serve parlare la stessa lingua per capirsi, ma sono sufficienti sorrisi, gesti e sguardi sinceri. L’atmosfera di festa e il clima di preghiera che si respiravano mi hanno introdotta, pian piano, nell’evento tanto atteso: la GMG. Sento ancora addosso i milioni di volti e sorrisi che ho incontrato. Se chiudo gli occhi ora e ripenso a quei giorni li rivedo in maniera nitida, sento persino i cori e le urla di gioia che riempivano le strade di Cracovia. Non ho mai visto nulla di simile, lo dico sinceramente e con ancora molto stupore. Tantissimi giovani da diverse parti del mondo arrivati lì con storie diverse, ma tutti con un obbiettivo comune: lasciare un segno indelebile di speranza nella storia.
Vivere la mia prima GMG in un luogo come la Polonia, nell’anno santo della misericordia è stato veramente un grandissimo Dono che custodirò per sempre. Come abbiamo sentito dirci spesso, siamo chiamati ad essere protagonisti nella storia, noi siamo la GMG, che di fatto non è finita! Fin dai prossimi mesi ci metteremo all’opera per rendere possibile, a tutti i giovani che lo desiderano fortemente, vivere la GMG 2019 a Panama, incoraggiando e motivando tutti quanti vogliono essere Giovani Speranzosi che guardano al futuro senza rassegnazione alcuna, ma con tanta speranza, sognando grandi cose. Non ha senso infatti sognare se non lo si fa in grande. Nel citare Ligabue, direi che “vivere è un atto di fede” e noi fin da oggi vogliamo dire “questo è il nostro atto di fede”! Ilaria Pace, Fara Gera d’Adda
Festante arcobaleno Arrivare al parco di Cracovia è stata una bella sudata, ma è stato fantastico! Tantissimi giovani in cammino per lo stesso obiettivo, cantanti e giubilanti, un arcobaleno di colori di cui non si vedeva l’inizio e la fine: uno spettacolo a cielo aperto! Giunti al campo, immersi in questo mare colorato, abbiamo conosciuto tantissimi nostri coetanei provenienti da ogni parte del mondo, ci siamo scambiati testimonianze, fotografie e tanti abbracci! L’arrivo del Papa, la veglia serale e la messa sono stati momenti emozionanti: vivere in diretta, con gli amici, quello che eri abituato a vedere alla tv, sentire così vicino a te il Santo Padre è indescrivibile! Mi ha colpito il momento dell’inno ufficiale della GMG: due milioni di persone felici di essere insieme, a festeggiare con il Papa! Ho compreso quanto grande sia la famiglia cristiana e quanto sia bello vivere al suo interno! Francesco ci chiede di ampliare i nostri confini, questa esperienza mi ha dato tanta carica, ricordandomi quanto sia entusiasmante trasmettere al nostro prossimo la gioia che Dio ci ha donato gratuitamente! Tra i tanti incontri, ricordo il gruppo di ragazzi polacchi con cui abbiamo condiviso il cielo e il prato di Cracovia al termine della veglia: gli spazi scarseggiavano, ci siamo stretti e abbiamo trovato il modo per stare insieme. Il loro popolo, del resto, è stato davvero accogliente nei nostri confronti. “Innamorati della vita e dillo agli altri”, mi ha detto un missionario italiano: credo che testimoniare con grinta e ottimismo la bellezza della vita sia una gran bella avventura. Il Papa, durante l’omelia, ci ha ricordato che “la GMG comincia oggi e continua domani”. Le grandi emozioni vissute non resteranno solo nei nostri ricordi, ma saranno uno slancio per vivere bene nelle nostre comunità, da fratelli e da amici! Insieme è più bello! Panama non è proprio dietro l’angolo, ma non credo che l’Oceano Atlantico possa separare tanti giovani italiani da questo grande evento: appuntamento a Panama! Mattia Cozzini, Castel Rozzone
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Scuola
Provare a lavorare a cura di Daniela Invernizzi
Ha preso il via quest’anno l’alternanza scuola lavoro: ecco le prime impressioni di alcuni ragazzi che hanno lavorato in azienda L’alternanza scuola-lavoro, resa obbligatoria dalla legge n.107/2015 a partire dalle classi terze delle scuole secondarie di secondo grado e iniziata tra mille difficoltà, non solo organizzative, ha concluso il primo anno di avvio e sembra andare nella giusta direzione. La legge sulla “Buona scuola” infatti, pur se criticata da più parti, ha introdotto questa importante innovazione: l’obbligo di “provare a lavorare” direttamente nelle aziende, sperimentando una professione che, anche se non sarà quella del proprio futuro, insegna agli studenti a muoversi nel mondo del lavoro. “È la prima volta che la tanto vituperata scuola italiana si trova a fare qualcosa di concreto e di non avulso dalla realtà di tutti i giorni” ha scritto un genitore a un quotidiano. Perciò, anche se iniziare questa collaborazione scuola/impresa implica fatica, riteniamo che sia una svolta importante e concreta, e ci dà ragione vedere i risultati positivi conseguiti da altri Paesi europei (vedi per esempio la Germania). In attesa di conoscere i report ufficiali delle scuole e quelli delle aziende che hanno collaborato, abbiamo chiesto ai diretti interessati, gli studenti, quali sono state le loro prime impressioni. Eccole.
Q
uest’anno ho deciso di svolgere un’attività di alternanza scuola lavoro nel periodo estivo. Come sede del mio stage estivo ho scelto assieme al professore l’azienda GPE S.r.l. di Treviglio, specializzata nella progettazione e costruzione di macchine
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per stampa serigrafica. Dopo un primo colloquio con il proprietario verso la fine dell’anno, le aspettative che avevo riposto in questa esperienza erano molte, poiché nonostante l’azienda fosse di ridotte dimensione, aveva all’interno del suo organico tutte le mansioni e figure professionali che si ritrovano poi nelle multinazionali: dall’ufficio tecnico ai progettisti, dal capo officina ai tornitori, dall’ingegnere gestionale al magazziniere, senza dimenticarsi poi del settore commerciale e del settore di logistica spedizione. Insomma era una piccola grande azienda. La mia grande aspettativa era proprio la possibilità di vedere nel complesso tutto il processo che un prodotto deve subire, partendo dal contatto con il cliente fino alla sua spedizione. Inoltre ciò mi avrebbe offerto la possibilità di ampliare le mie conoscenze, trascendendo dal semplice settore meccanico ed esplorando anche il settore elettrico e commerciale, permettendomi di avere una base anche su argomenti non inerenti al mio corso di studi. All’inizio dello stage sono stato affiancato all’ingegnere gestionale dell’azienda, che mi ha spiegato in linea generale la vita di un loro prodotto, soffermandosi particolarmente sul suo campo, ossia la monetizzazione del lavoro svolto dagli operai sul macchinario, e un controllo sui tempi di produzione sul complesso macchina. Successivamente sono stato affiancato, dapprima, alla squadra dei progettisti elettrici e dei cablatori e, poi, alla squadra dei progettisti meccanici e montatori. Con loro ho visto l’effettiva pro-
gettazione della macchina, ossia il passaggio dalle richieste del cliente messe su carta alla realizzazione del prodotto finito. Ho approfondito le mie conoscenze in ambito di disegno meccanico, con l’utilizzo in maniera più completa di software presenti anche a scuola, ma anche con l’apprendimento di nuove nozioni nel settore elettrotecnico, con l’uso di nuovi software per il disegno di schemi elettrici. Sono soddisfatto di questa esperienza perché mi ha arricchito molto di nozioni e conoscenze che probabilmente non avrei imparato a scuola, ma che ho ritenuto interessanti ed essenziali per una buona preparazione sia al mondo del lavoro che al mondo dell’università. E desidero esprimere la mia gratitudine a tutti coloro che mi hanno affiancato, dedicandomi tempo e condividendo con me le loro conoscenze. Davide (IV° anno di meccanica e meccatronica, I.I.S. Archimede, Treviglio)
C
redevo inizialmente di non avere particolari pressioni. Lavoravo come traduttore presso la Carpenteria Consolandi di Antegnate. “Mi faranno tradurre cose datate, provenienti da archivi già quasi dimenticati” dicevo, sicuro che quella settimana fosse, per il datore di lavoro, solo uno spreco di tempo. Con mia grande sorpresa ho trovato alcuni moduli per una costruzione recente, non ancora effettuata. Non si avvicinava neanche lontanamente all’idea che mi ero fatto nei giorni precedenti. Quel documento rappresentava, oltre che a un forte carico di pressione, anche una grande prova di fiducia. Tutto questo mi ha fatto impegnare e sudare: non è il massimo stare otto ore davanti a uno schermo, ma l’ho apprezzato. Sono stati costretto a cercare eventuali traduzioni su internet, sfortunatamente il dizionario che avevo portato (patrimonio di famiglia, risalente penso agli anni ‘70 e usato per tentare di far imparare qualche parola a mia mamma, tentativo miseramente fallito) non possedeva tutte le traduzioni tecniche necessarie.
Si è creato anche un buon rapporto con Ferdinando, il mio collega d’ufficio. È un chitarrista nel tempo libero, suona ad alcune fiere di paese. È raro vedere un uomo rispettabile in giacca trasformarsi in quella rockstar che ho visto nelle foto mentre suonava. Comunque, alla fine di quella settimana ho potuto ritenermi soddisfatto di tutto il lavoro svolto. Sono stato messo alla prova e ho reagito bene, come detto anche da colui che ha esaminato i lavori, il tutor interno. Questa esperienza mi è stata utile per capire e comprendere meglio le abitudini, la vita e i ritmi di un lavoratore. Mattia (III° anno Liceo scientifico Galileo Galilei, Caravaggio)
L
a mia avventura è iniziata in un pomeriggio di maggio, quando ho accompagnato un mio amico turco, ospite in Italia con Intercultura, a fare un’intervista presso la sede di Tribuna srl. Appena sono entrata sono rimasta affascinata dal lavoro che svolgeva Diego con professionalità; così decisi di fargli delle domande relative al suo impiego e alle sue mansioni. Lui, vedendomi molto interessata all’ambito giornalistico, mi ha proposto di fare
uno Stage estivo di due mesi lì da loro. Ero molto emozionata e contenta all’idea di incominciare una nuova esperienza che mi avrebbe fatto capire quale sarebbe stata la mia strada futura. Dopo aver fatto una breve chiacchierata con Daniela e Marco, abbiamo stabilito il giorno in cui avrei dovuto iniziare; e così, la mattina del 13 giugno mi sono presentata in redazione. Mi sono sentita subito accolta dai miei “colleghi”, i quali mi hanno spiegato quale sarebbe dovuto essere il mio compito. La mia esperienza è stata molto positiva e costruttiva, perché le mansioni da me svolte sono state sempre differenti e interessanti: per esempio catalogare i giornali, consultare gli Albo dei paesi limitrofi a Treviglio, controllare la posta, partecipare agli eventi, assistere alle interviste. Questo stage mi ha permesso di capire le realtà di un giornale e di una web-tv locali, con i loro alti e bassi, e che è molto importante il lavoro di squadra, affinché il prodotto sia piacevole e variegato. Rifarei senza dubbio la mia esperienza a Tribuna srl, perché credo sia stato uno Stage per me molto formativo. Simona (IV° anno, I.S.I.S. Guglielmo Oberdan, Treviglio)
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uando all’inizio dell’anno scolastico i docenti accennarono per la prima volta agli studenti il contenuto della nuova legge sull’alternanza scuola lavoro, non ero particolarmente entusiasta all’idea di metterla in pratica. Quasi nessuno all’interno della mia classe aveva avuto esperienze in ambito lavorativo e quindi non sapevamo ciò cui saremmo andati incontro. Con l’avvicinarsi del periodo dedicato allo stage, la maggior parte degli studenti si era affrettato a cercare aziende in cui poter lavorare; a coloro che non avevano trovato un posto, come me, aveva pensato la scuola. Così, dal 9 al 17 giugno, sono andata a lavorare nella ditta ProForm a Caravaggio. Lì ho trovato un ambiente simpatico e dinamico: lo staff è costituito da persone giovani che mi hanno fatto sentire a mio agio e mi hanno aiutato ad inserirmi nell’ambiente lavorativo. Annika, la mia tutor, è stata molto gentile con me e mi ha sempre aiutata quando il lavoro affidatomi si rivelava difficile. Lei e Mauro, che lavorano nella segreteria, sono stati molto disponibili, così come gli altri colleghi. Il lavoro che mi è stato affidato consisteva sia nel compilare offerte di vendita, sia nel compilare profili di aziende tedesche, sia in lavoro di archiviazione. Mi è stato anche richiesto di tradurre una mail dal tedesco all’italiano, e ho capito che la conoscenza di questa lingua straniera è molto utile ed apprezzata in ambito lavorativo. Grazie all’alternanza scuola-lavoro ora ho un’idea più concreta del mondo del lavoro e, quindi, è stata senza dubbio un’esperienza molto utile per capire cosa mi aspetterà una volta terminati gli studi. Anche se all’inizio ero titubante, devo ammettere che è stata un’esperienza molto positiva che rifarei senza dubbio. Tullia (III° anno, Liceo scientifico Galileo Galilei, Caravaggio)
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Associazioni
Quando tempo e solidarietà fanno parte della cura di Daria Locatelli
Compagnia, sorrisi, aiuto, sostegno: i preziosi doni offerti dal “Volontariato Istituzionale in Ospedale” ai più fragili
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ssere in attesa per un esame diagnostico o una visita, mangiare durante il ricovero, destreggiarsi tra corsie e reparti, trascorrere il tempo di degenza possono sembrare operazioni soltanto adombrate da quel velo di noia che accompagna, solitamente, chi è costretto a varcare le soglia di un ospedale per un breve o più lungo periodo. Per taluni, però, al tedio si aggiunge anche il macigno della solitudine e della difficoltà a rendere questi gesti addirittura insormontabili: anziani, pazienti affetti da disabilità croniche o soltanto temporanee, chi non gode della vicinanza di amici e parenti. Lungo i corridoi, tra le fila dell’accettazione, nelle stanze, si osservano delle persone con il camice, ma non sono né medici né infermieri: sono i volontari. Li si vede impegnati mentre aiutano i pazienti con pranzo e cena, o guidarli nel tragitto dal reparto agli ambulatori, o ancora tenere loro compagnia con chiacchiere e sorrisi. Ecco allora che la fatica nell’affrontare la permanenza nel nosocomio, che sia questione di ore o di giorni, diventa più lieve, se ci si lascia sorreggere da chi mette a disposizione il proprio tempo per coloro ai quali esso pare infinito o avverso. Sono numerose le associazioni che da anni operano nei reparti dell’Ospedale di Treviglio-Caravaggio seguendo da vicino specifiche tipologie di pazienti: “ABIO” collabora, per esempio, in Pediatria, “Amici di Gabri” assicura la presenza dei propri volontari in Oncologia, “Cuore e Vita” in
Cardiologia e “AILAR” presso l’Unità di Otorinolaringoiatria. Dal 2004 le fila dei gruppi territoriali e nazionali in forza presso la struttura sono state arricchite da “Volontariato Istituzionale in Ospedale” (www.asst-bgovest.it), nato da un’intuizione di Don Piero Perego, l’allora cappellano che per primo seppe intercettare le esigenze dei ricoverati ed elaborare una risposta concreta di supporto, che fosse rivolta a tutti coloro che manifestavano una difficoltà. Ammontano a trenta le persone che, ad oggi, mettono quotidianamente a disposizione dei bisognosi il proprio tempo e sostegno; un aiuto che, per essere funzionale, necessita di coordinamento e organizzazione, affidati alla Dott.ssa Maria Luisa Bonetti, psicologa di Oncologia, alla segretaria Patrizia Vertova e ad Aldo Galli, fin dagli esordi punto di riferimento per pazienti, personale dei reparti e gli altri membri dell’associazione. Ogni giorno, infatti, le richieste provenienti dalle unità dell’ospedale vengono convogliate in specifici interventi, assicurando e diversificando il servizio fornito a seconda della particolare esigenza che i ricoverati manifestano. Alcuni volontari, per esempio, assistono i malati durante pranzo e cena; altri forniscono loro compagnia e ascolto, rendendo più lievi i momenti di solitudine che spesso accompagnano la loro permanenza nella struttura sanitaria; i pazienti in attesa di visite ed esami diagnostici, infine, possono ricevere accoglienza e aiuto dai volontari del gruppo Epatologia e Oncologia.
Alcuni membri di “Volontariato Istituzionale in Ospedale” con la Dott.ssa Maria Luisa Bonetti Aldo Galli, coordinatore del gruppo, in compagnia di Maria Fontana, storica volontaria di Caravaggio
Essere membro di “Volontariato Istituzionale in Ospedale” equivale ad intraprendere un percorso ponderato per la persona che decide di mettersi al servizio di chi è più fragile, una strada di solidarietà che inizia con un colloquio preliminare con la Dott.ssa Bonetti – che valuta le reali motivazioni che spingono ogni aspirante volontario – e che prosegue con un affiancamento con le figure “senior”, per poi tradursi in attività quotidiane soggette a corsi di formazione e aggiornamento periodici, sia psicologici che infermieristici. L’impegno dei volontari, così organizzato, risulta essere un prezioso supporto sia per i degenti che per il personale e gli operatori sanitari, con i quali i membri del gruppo lavorano in sinergia per rendere la permanenza dei malati in ospedale più sopportabile e accompagnata da sostegno e sorrisi. «Il nostro intento – illustra la Dott.ssa Barbara Mangiacavalli, nuovo Direttore socio-sanitario dell’ASST Bergamo Ovest – è quello di valorizzare questo grande esempio di solidarietà, un’esperienza in cui i volontari mettono a disposizione degli altri la propria umanità. Per questa ragione, stiamo attivando la “Consulta del Volontariato”, una cabina di regia delle attività del terzo settore, una centrale di servizi e continuità, con lo scopo di rendere pieno merito alla complementarietà del volontariato nell’ambito ospedaliero e di rispondere ai bisogni espressi dai cittadini, anche sulla scorta di quanto le nuove normative sanitarie ci richiedono». Si tratta, quindi, di un aiuto proteso verso chi, spesso, non chiede nulla e non fa rumore, ma il cui silenzio può essere spezzato dal calore di una mano che ne sorregge una più debole, da un sorriso e da una chiacchierata, lasciando così il posto all’ascolto e alla compagnia. Perché, in fondo, bisogna “non dimenticare che dare gioia dà anche gioia” (Friedrich Nietzsche). Settembre 2016 •
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Eventi
Settembre, è tempo di “Treviglio Libri” di Daniela Invernizzi
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ettembre ricco di appuntamenti per la città di Treviglio, che si appresta ad accogliere, per il quarto anno consecutivo, “Treviglio Libri” la manifestazione che raduna i piccoli editori da diverse parti d’Italia e raccoglie, sotto i portici di via Matteotti, lettori di tutte le generazioni alla ricerca di novità e piccoli tesori. A fare da padrona di casa,
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come sempre, la casa editrice trevigliese Zephyro edizioni (www.zephyro.it), che fin dal suo esordio in città ha organizzato e animato questo importante appuntamento culturale, in particolare selezionando i libri da presentare ed invitando scrittori ed editori. Molto nutrito anche il programma di quest’anno (vedi sotto) che raccoglie trenta editori provenienti da Lombardia,
Valle d’Aosta, Piemonte, Toscana e Sicilia. La manifestazione si svolge il 10 e 11 settembre, con bancarelle, letture, incontri con gli autori. Molte le novità di quest’anno: la collaborazione con la libreria “Lo stato dell’Arte” di via Verga, che ospiterà la presentazione di libri e autori; la partecipazione di Treviglio Poesia, che sarà presente con un proprio stand e tutti i libri pubblicati in questi anni di Festival, grazie all’interessamento di Gianni Barcella, uno dei suoi creatori; l’attenzione ai più piccoli con la Pulce curiosa, che offrirà ai piccoli lettori presentazioni di libri, animazioni e molte novità, anche in e-book. Non ultima la partecipazione di TribunaTv, media partner dell’evento, che seguirà tutte le fasi più salienti della manifestazione.
Treviglio in Gioco: di nuovo bambini di Silvia Martelli
Tavoli da gioco, tornei, esposizione di giochi per grandi e piccini: il 10 e l’11 settembre in piazza Garibaldi, per accontentare tutti gli appassionati
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a seconda edizione di Treviglio in Gioco (TinG 2016), una manifestazione culturale dedicata al settore ludico e senza fini di lucro, si terrà il 10 e l’11 settembre nel centro storico di Treviglio. Coordinata dall’Associazione Culturale TinG LAB, con sede in Città, la manifestazione ha l’obiettivo di promuovere il gioco sano e giocato in buona compagnia. TinG sarà, infatti, un’occasione di incontro e di condivisione per tutti coloro che sono affascinati dal mondo del gioco “nelle sue diverse declinazioni”, dai più vecchi soldatini Atlantic ai più moderni giochi di ruolo. Sabato 10 avrà per protagonisti gli Under 14, proponendo vari laboratori tra cui quello dei gessetti, dei cani e delle bolle, mentre domenica 11 sarà dedicata al mondo ludico aperto a tutti i gusti ed età.
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Durante la manifestazione verranno allestite isole ludiche (dove il pubblico potrà partecipare a sessioni di gioco quali il wargame, giochi di ruolo e giochi da tavolo), tavoli commerciali (aree di vendita), tavoli di autori (aree dimostrative di giochi presenti alla manifestazione), ed infine aree torneo (dove sarà necessario versare una quota di partecipazione e saranno erogati premi). In totale, saranno dunque presenti: otto gazebo collocati in diverse aree del centro città, in cui si alterneranno varie attività di gioco; venti tavoli commerciali (tra cui Elysium, Rifugio del Ramingo, Ga-
me’s Kingdom, 3D Garage); trentacinque tavoli gestiti dalle associazioni ludiche (tra cui Game’s Rebels, Ludus in Fabula, Terre Ludiche); e quattro tornei dedicati a Warzone, Ashes: la rinascita di Phoenix, Il Trono di Spade (GdC), Magic the Gathering (GdCC). A TinG, si terranno inoltre due concorsi di pittura, uno tradizionale di miniature per wargame, organizzato da Legends Lounge, e uno speed painting curato da Elysium. Tra le novità ci sarà una battaglia di cuscini, dove sabato alle 17 “piccoli e grandi potranno sfidarsi all’ultima piuma”, preferibilmente indossando un pigiama. Con il contributo dell’associazione Mattoncini del Garda verrà organizzato TinG Briks (30 tavoli e 10 espositori), inoltre, Arci Fuorirotta organizzerà la seconda edizione di “Viaggio al Termine della notte”. Verrà infine allestito il cosiddetto “Bring and Buy”, un banco di vendita tra privati, gestito dallo staff dell’associazione culturale TinG LAB e aperto a qualsiasi partecipante alla manifestazione. Tra le novità di quest’anno vi segnaliamo anche la presenza durante la manifestazione di TribunaTv, media partner di Ting: verranno realizzati video e interviste dei momenti più vivaci ed entusiasmanti dei vari giochi che potrete rivedere sul nostro portale tribunatv.tv e sulla pagina Facebook. Il secondo weekend di settembre sarà dunque un’ottima opportunità per grandi e piccini per divertirsi e far divertire, mettendosi alla prova in una manifestazione che trasformerà il centro di Treviglio in un grande tavolo da gioco. Settembre 2016 •
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Personaggi
Care maestre di Daniela Regonesi
Alla vigilia di un nuovo anno scolastico incontriamo Betta e Nicoletta, tra bei ricordi e auspici per il mondo della scuola
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a loro prima campanella da insegnanti è suonata nel 1973, l’anno scolastico 2016/17 sarà il primo della loro pensione: ne approfittiamo per incontrare due “storiche” maestre trevigliesi e farci raccontare in soggettiva il loro mestiere, bello e difficile. «Ho cominciato alla Scuola Integrata alla Geromina – ricorda Betta Ferrari – le prime sperimentazioni con attività pomeridiane gestite dal Patronato Scolastico. Eravamo cinque maestre che si suddividevano gli spazi educativi e si inserivano con gli insegnanti titolari al mattino: io facevo animazione teatrale». Mentre Nicoletta Leoni ha cominciato «con un anno di supplenze nel 2° Circolo di Treviglio, che allora comprendeva anche Fara Gera d’Adda, Calvenzano, Casirate... Dopodiché ho avuto l’incarico di un anno a Bonate Sopra, e poi sono entrata di ruolo a Verdello, dove c’era il tempo pieno sperimentale, e vi sono rimasta per cinque anni». Altro punto in comune la partenza, il lasciare Treviglio: Betta nel ‘75 per l’Arabia Saudita, dove il suo futuro marito si era trasferito per lavoro, e dove ha insegnato presso la Scuola dell’Ambasciata Italiana; Nicoletta alla volta di Dorga, frazione di Castione della Presolana, per ben 18 anni. La prima tornerà in patria per tante sup-
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plenze, fino al primo anno di ruolo a Foresto Sparso, e si “stabilirà” alla De Amicis nel ‘91; la Mozzi accoglierà la seconda nel ‘98. Lì hanno lavorato con grinta ed entusiasmo fino al giugno scorso. Concordano che, negli anni, la scuola elementare (l’odierna primaria) è stata investita da mutamenti enormi dal punto di vista legislativo e normativo, con i vari passaggi «dal tempo pieno sperimentale – spiega Nicoletta – all’insegnante unica; dai moduli, dove erano possibili tante compresenze perché due insegnanti gravitavano su tre classi, fino alla riduzione delle compresenze e alla copertura delle ore frontali». «C’è stata la novità di registro elettronico e supporti multimediali (inizialmente vissuti con un po’ di preoccupazione) – prosegue Betta – e quella dell’inserimento dei disabili, che prima dovevano accedere solo alla Scuola Speciale presso la Cesare Battisti, in viale Piave». «Certi cambiamenti non li ho proprio apprezzati – ammette la prima – come la reintroduzione dei voti: meglio la valutazione e le schede che permettevano di precisare le competenze acquisite dal bambino. Il voto non ha senso in una fase di apprendimento come la scuola elementare, fa perdere di vista cose importanti che naufragano al suo interno. Non aiuta». Per fortuna, nonostante i cambiamen-
Betta Ferrari
ti «certe cose sono rimaste sempre belle, come la soddisfazione del ragionamento, il veder crescere i bambini e diventare autonomi». Le fa eco la collega: «È bello vedere i propri alunni diventare genitori, diventare adulti, soprattutto i maschi: non più timidi ma affettuosi ed espansivi. Ci sono le “tépe”, che ti fanno dannare, e ti rimangono dentro, perché fanno un percorso più significativo di chi non ha difficoltà, è bello vederli aver raggiunto dei traguardi. È una sorta di conquista per loro, hanno dentro tanto». I bambini possono insegnare, persino alle maestre: a Nicoletta hanno confermato che il suo atteggiamento nei loro confronti era corretto, mentre Betta sottolinea come abbia imparato da loro ad «accettare gli altri per quello che sono, non criticare né prendere posizione prima di conoscere». Le due insegnanti hanno mantenuto dei punti fermi, nel loro lavoro: «Per me è sempre stato fondamentale potere, in qualsiasi momento, motivare le mie scelte – spiega Betta – sapere perché facevo una determinata cosa e saperlo spiegare. È vero che a volte si improvvisa, ma anche un cambiamento in corso d’opera va motivato». Anche Nicoletta sottolinea come «vanno creati degli input positivi, far riflettere i bambini su cosa devono migliorare, coinvolgendoli nel loro apprendimento per farli trovare a loro agio. I bambini imparano se ci sono tre presupposti: hanno un interesse; chi insegna loro ha passione e crede in quel che fa; sviluppano autonomia, cioè capiscono cosa devono fare». Entrambe concordano sull’importanza della collaborazione dei genitori, con i quali è fondamentale instaurare un rapporto di rispetto e fiducia reciproca, facendo capire loro che si è dalla parte del bambino. Tutte e due sono convinte che per lo sviluppo degli alunni e l’acquisizione di fiducia in loro stessi giocano un ruolo importantissimo la creatività, l’abilità manuale, il lasciarli “pasticciare” con burattini, cartapesta, teatro, ecc.
Nicoletta Leoni
Diversi, invece, sono i bisogni che riconoscono per la scuola: «Le persone che stanno “al di sopra” dovrebbero avere consapevolezza e conoscenza della scuola primaria – dice Betta – spesso si parla genericamente di “scuola”, ma ci si riferisce prevalentemente alle superiori o alle medie. Chi fa le regole dovrebbe inserirsi nel contesto reale, dove gli insegnanti a volte cambiano di continuo, e mancano quelli di sostegno, capire che gli insegnanti suppliscono in tante mancanze». Nicoletta si sofferma invece sulla necessità di «maestri intelligenti e con un buon carattere, e non troppe ingerenze dall’alto, perché se uno ha competenze e buon carattere è in grado di muoversi. Non è necessario essere geni, bisogna essere disponibili ad ascoltare e accompagnare i bambini come insegnanti (non sono amici, hanno un ruolo definito), in un percorso di apprendimento. Bisogna evitare le rigidità, il “bisogna fare così”; nei limiti del possibile bisogna accompagnare». In questo senso muove anche il suo augurio alla scuola: «Non dimentichiamoci mai che abbiamo a che fare con i bambini, ai quali vanno dati rispetto, aiuto e capacità di accompagnamento all’autonomia e allo sviluppo delle loro capacità. I genitori, dal canto loro, non demandino tutto alla scuola, ad esempio con i compiti diano aiuto, vicinanza e sostegno, facciano capire ai bambini che quello che fanno è importante e interessante». Betta invece si augura «che la scuola riesca davvero a diventare un punto di incontro, non solo luogo dell’imparare e dell’acquisire nozioni, ma dove incontrare altre persone e vivere momenti significativi, per genitori, insegnanti e bambini. Questi ultimi sono stupendi, anche se certo non è sempre tutto oro». Unanime la risposta, quando chiedo loro se sentiranno la mancanza della scuola: sì, soprattutto del viverla con i ragazzi, poter osservare la gioia di conoscere e imparare. In qualunque ruolo lo viviate, buon anno scolastico a tutti. Settembre 2016 •
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Souvenir
Vacanze fai-da-te di Maria Gabriella Bassi
Un esilarante racconto tragicomico delle sorprese che a volte, purtroppo, ci riservano le vacanze Le trappole dei voli low cost Sono ormai tre anni che per il mio compleanno ricevo da mio marito, come regalo, una breve vacanza: Santorini, Creta e quest’anno Minorca. Tanta voglia di sole, mare limpido, ristorantini all’aperto... “Quest’anno niente agenzie, organizzo tutto da solo. Usiamo internet, perbacco!” Se pensate che un marito sia di per sé una minaccia, provate l’ebbrezza di un marito tecnologico. “Tutto pronto, perfetto”. “Bene”. “Partiamo il 25 giugno da Malpensa alle 17.50. Scalo a Barcellona e arrivo in serata a Mahòn”. “Malpensa? Scalo a Barcellona? Ma c’è il diretto da Orio...” Obietto, ma senza esagerare, in fondo è il suo regalo. Arrivare a Malpensa richiede sempre una partenza con largo anticipo: “Non si sa mai, un incidente, restiamo imbottigliati...”. Sprizza ottimismo da tutti i pori, il consorte. Così alle 15 siamo già all’imbarco. Faccio fuori tutta la scorta delle parole crociate che mi ero portata per l’ombrellone, in attesa delle 17.50. Che arrivano, ma vengono posticipate: 18.30. Vabbè, pazienza. Poi ore 19. Tanto dovremmo aspettare a Barcellona, ci consoliamo. Nel frattempo provo il sudoku. Volo spostato alle 20.30. Mi cimento con i rebus. Cominciamo a temere di perdere la coincidenza a Barcellona, ma ci rassicurano: “Il volo ci aspetta, è della stessa compagnia, tranquilli, ci mancherebbe”. Così finalmente verso le nove e passa ci imbarchiamo. All’arrivo una solerte hostess ci mette premura per raggiungere il Gate dove l’aereo per Minorca ci sta aspettando. Dice lei. Insieme ad altri turisti, ci scherziamo su, pensiamo a quei
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poveretti che sull’aereo stanno aspettando noi, le risa. Stranamente la fretta della gentile operatrice svanisce nel nulla, lei compresa. Siamo all’imbarco da un bel po’ ma non si muove foglia. Ci rivolgiamo ad un’altra bella creatura in divisa, dietro al bancone, ma sorride, allarga le braccia, invita ad avere fede. Le virtù teologali non sono, però, il pezzo forte di mio marito, che comincia a dare qualche segnalino di impazienza. I bambini delle famigliole in attesa, stanchi di rincorrersi fra i turisti, strillano che hanno fame e sonno, le mamme tirano fuori dalle borse Marypoppins le ultime briciole dei panini già fatti fuori. Gli uomini imprecano in vari dialetti. Unica voce di madrelingua iberica, che sovrasta il rombo degli aerei in partenza,
In senso orario: Fila ad un check-in Sbarco dal volo mai decollato Cesare affranto La vicenda sulla stampa locale Ritiro bagagli mai imbarcati La stanza: buon viso a cattivo gioco
è quella di mio marito. Le signorine dietro al bancone non sorridono più, la polizia comincia a circondare il gruppo cercando di rassicurare tutti. Il volo non parte, per ora, ma partirà. Intanto tutti a telefonare agli alberghi, all’autonoleggio, agli amici: chi affranto, chi stanco, chi incavolato. Poi finalmente l’annuncio: l’aereo parte. Però prima bisogna fare il check in. Non si capisce il perché visto che il bagaglio è già imbarcato (secondo noi), ma nessuno si fa altre domande. E check in sia. Finalmente sull’aereo ci è tornato il buon umore, ritelefoniamo agli alberghi, ai B&B, agli autonoleggi, ecc.: “Arriviamo, arriviamo, un’oretta e siamo lì”. Ma un’oretta passa e non si parte, un’oretta e mezza e siamo ancora lì. La voce di mio marito si sente fino a Madrid: “Verguenzaaaa!”. Che poi vuol dire “vergogna” ma in spagnolo fa più cool. Dopo due ore esce dalla cabina di pilotaggio
Minorca
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inorca o Menorca in Catalano, è un’isola che fa parte delle Baleari. Molto piccola e facile da girare, è stata dichiarata dall’UNESCO riserva della biosfera, e conserva interessanti reperti archeologici. L’isola fu conquistata nel corso dei secoli da Cartaginesi, Romani, Vandali, Musulmani, Aragonesi, Inglesi, per essere poi annessa alla Spagna definitivamente nel 1802. Il capoluogo, Mahòn (in catalano Maó), dove si dice sia stata inventata la maionese, si estende su un bel porto dove attraccano traghetti e yacht. Altre città interessanti sono: Sant Lluis,
con l’antico villaggio di pescatori di Binibeca; Es Castell, con il suggestivo porticciolo; Alaior, con la famosa spiaggia bianca di Son Bou, molto affollata d’estate; Es Mercadal vicino a Fornells e alle stupende spiagge del nord come Cala Pregonda e Cala Cavalleria, note per la sabbia rossa. Verso ovest si incontra Ciutadella, il secondo centro dell’isola. M.G.B.
un barbuto comandante che prende il microfono e molto gentilmente “Lo siento mucho” ci invita a scendere. L’aereo non parte. “Y, por favor, retiren las maletas”. Un caos indescrivibile: le famiglie con bambini alla ricerca dei passeggini, gettati in terra sparsi, tutti alla ricerca delle valige. Che non sono su nessun tapis roulant (non erano mai state imbarcate) ma accatastate in mezzo ad altre centinaia, in fondo alla grande sala del ritiro bagagli. La presa in giro è ora evidente a tutti. L’imbarco finto serviva solo per non pagarci una sistemazione alberghiera. Stanchi, affamati, arrabbiati ci arrangiamo per passare la notte. I bambini si accatastano sulle poche poltroncine nei pressi dei gate, qualcuno si siede sui bagagli peggiorandone la resistenza, mio marito, dopo le ultime maldiciònes y imprecaciònes, si sdraia per terra, vinto. Ma la notte ci viene rallegrata da altre sorprese: prima di tutto un altro check-in per trovare un posto per il giorno dopo. Siamo circa 180 persone, mi viene il ragionevole dubbio che non lo troveremo su nessun aereo già previsto per il volo, infatti dal banco in cima alla fila si cominciano a sentire urla tipo “Come, domani sera? Come non c’è più posto?!”. Senza nemmeno provare a cercare di parlare in spagnolo, mi avvicino ad una della guardie che presidiano il gruppo e sibilo in perfetto livornese: “Popò di tr…! Ora ci siamo rotti, ora te bellino ti dai da fa’ e chiami qualche puzzone di dirigente della Compagnia e ci fai prepara’ un aereo per tutti domani mattina”. “Cuidado señora” Ci prova, minaccioso. “Cuidado un ca…! E señora due ca…”, bercio mandando in fumo anni di sofisticata educazione e di insegnamenti aristocratici della mia cara mamma nobildonna. Si inserisce mio marito che, svegliato dagli urli, sfodera tutto l’eroismo sudamericano e apre il petto alle eventuali pallottole. Alle quattro del mattino ci dicono che ci sarà un aereo apposta per noi alle 7.30. Però prima fare check-in, please.
La macchina a noleggio Allo sbarco a Mahon troviamo dei minibus che raccolgono i “Conductores”, cioè solo gli autisti, mollando le famiglie sui marciapiedi
sotto il sole. Para velocizar las praticas... Ormai il surreale è diventato dimensione normale. Con le buone maniere stile labronico, visto i risultati di Barcellona, acchiappo un autista di pulmini e digrignando i denti gli sibilo che ora tocca a noi, così raggiungiamo i nostri mariti, in un hangar dismesso poco distante, a completare le pratiche del noleggio auto. Anche questo incomprensibile, visto che avevamo già prenotato e pagato on line. Ma l’inghippo-frega-il-turista non tarda a svelarsi: “Non siete arrivati a ritirare la macchina ieri sera, quindi macchina persa. Soldi persi”. Amen. Mio marito mostra la sequenza delle telefonate e sms intercorsi fra lui e loro, la sera e la notte precedente, con un tono non precisamente pacato. E dopo aver minacciato di strozzare l’impiegato e richiesto l’intervento addirittura dei famigerati Mossos de Esquadra per essere arrestato perché in procinto di fare una strage, il personale ha cominciato a darsi una mossa e in pochi minuti abbiamo preso possesso dell’auto e, finalmente partiamo per Fornells.
Il Bed & Breakfast All’arrivo ci accoglie una giovane, Francisca detta Paca, che ci apre quello che pensavamo fosse un Bed & Breakfast. Bed: una pseudo stanza 3x2 senza finestra, con due lettucci a castello e un armadietto a un’anta senza grucce. Breakfast: rifornirsi al vicino supermarket, please. Niente spazio nel frigorifero, occupato dal cibo della Paca e di un’altra giovane inquilina. Bagno: eufemismo per un cesso da trincea, senza chiave e in comune con tutti, compreso un fidanzato. L’esperienza di anni di spartani campeggi liberi e, soprattutto, degli anni di lavoro in Somalia dove ci si abituava a vivere senza corrente e a bere acqua bollita, questa volta mi è stata utile. Bacio mio marito, mortificato per tutti i disguidi, e lo ringrazio lo stesso per il suo regalo. Ora mettiamoci in marcia: Son Bou, Cala en Porter, Es Castel, aspettateci. I turisti fai-da-te stanno arrivando. “Ma il prossimo anno all’Idroscalo, amore mio. Ok?”. Settembre 2016 •
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Associazioni
L’arte in scena di Gabriele Lingiardi
Consueto appuntamento dell’estate trevigliese, ma non solo: è Bangherang Fest, organizzato dall’omonima associazione
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rrivato alla terza edizione il Bangherang Fest è ormai un punto di riferimento nell’estate trevigliese. Il festival, organizzato da giovani e giovanissimi (l’età media è 21 anni) porta ogni anno una ventata di aria fresca in città, grazie ad un’offerta musicale insolita e ricercata. Abbiamo incontrato Lorenzo Crippa, uno dei fondatori dell’associazione. Spieghiamo innanzitutto cos’è Bangherang. «Bangherang è un’associazione nata tre anni fa, a Treviglio, con lo scopo di creare eventi culturali di vario tipo. Abbiamo dato vita ad un festival aperto, sia dalla prima edizione, non solo alla musica ma anche ad altre forme d’arte. Abbiamo ospitato esibizioni di danza, mostre ed eventi legati all’esperienza visiva e cinematografica, grazie alla collaborazione con Fuori il Cinema. Oltre al Bangherang Fest estivo abbiamo proposto, durante l’anno, un evento teatrale in occasione della giornata contro la violenza sulle donne e altri piccoli eventi come aperitivi culturali. La scelta di fondare l’associazione nasce dall’insoddisfazione verso la carenza di proposte culturali che la città offriva. Così, questo gruppo di persone ha deciso di mettersi in gioco in prima persona e provare a cambiare la situazione: Treviglio, soprattutto d’estate, è una città abbastanza viva, il problema era variare e innovare all’interno delle attività più “tradizionali”». Il nostro territorio è permeabile a questo tipo di iniziative? È facile introdurre da zero un elemento di forte novità?
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«Diciamo che bisogna usare la testa e fare scelte strategiche. Nei primi due anni di attività, ad esempio, abbiamo proposto il festival nelle piazze, con l’intento di farci conoscere coinvolgendo i passanti. In particolare volevamo portare a Treviglio molte persone dai paesi confinanti. Tutta l’attività di promozione è stata orientata in questo senso. Quest’anno abbiamo potuto organizzare il festival in un luogo più adatto alla musica, il chiostro della biblioteca comunale, anche se più marginale e nascosto per i semplici curiosi. Eppure, i numeri sono stati ottimi e, soprattutto, siamo entrati in contatto con un pubblico veramente partecipe, propositivo e interessato. Non erano persone che passavano per caso ma erano venute apposta per Bangherang. Siamo stati molto contenti».
Il cambio di location ad ogni edizione e ad ogni iniziativa parallela è una scelta strategica? «A dire il vero non proprio. Ogni anno ci dobbiamo adeguare alle strutture che il comune ci mette a disposizione, ma ci siamo sempre sforzati di legare le nostre iniziative al contesto in cui sono svolte per renderle sempre più una sorpresa. Ci piacerebbe però che la biblioteca diventi la location definitiva». Dammi un po’ di numeri. «3 edizioni, 12 band, 3 DJ set, 2 esibizioni delle scuole di danza, 1 marching band. Ogni anno contiamo circa 1.000 persone tra il pubblico». Quali sono le difficoltà che si affrontano nel mettere in piedi un festival del genere? «La prima difficoltà è sicuramente economica, ci sono spese notevoli. Noi, ovviamente, non operando a scopo di lucro dobbiamo autofinanziarci ma, essendo quasi tutti studenti, non è semplice. Per fortuna siamo riusciti ad ottenere il patrocinio del comune e molti sponsor hanno creduto fortemente al progetto dandoci un aiuto concreto». La cosa più positiva? «Collaborare con Fuori il Cinema. Servirebbe veramente un tavolo di lavoro tra
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associazioni. Con queste collaborazioni si possono condividere sia i costi, i mezzi, ma anche le idee e le competenze. È molto stimolante». La cultura ha bisogno di spazi, gli spazi hanno bisogno di qualcuno che li utilizzi. Quanto è sentito questo tema? «Da noi moltissimo. Treviglio ha un problema notevole di spazi: è difficile trovare il luogo adatto per organizzare grandi eventi. Le piazze non sono il massimo per i concerti, ad esempio, perché sono enormi, battute dal sole e spesso rischiano di essere dispersive o confusionarie». Dopo tre anni di attività sentite ancora quel bisogno di iniziative che vi ha spinti a creare la vostra associazione? «È un lungo percorso, stiamo camminando. Spero che Bangherang faccia bene alla città anche in questo senso, stimolando altri a fare lo stesso. La sensazione è che, ad oggi, l’esigenza di un festival estivo sia meno sentita a Treviglio che in altre zone. Nei mesi caldi ci sono infatti tante altre feste con identità diverse dalla nostra, ma storiche e ben radicate sul territorio. Il problema è l’inverno in cui, anche per la mancanza di spazi, si fa fatica a creare qualcosa di interessante per la città. Si può avere un sacco di buona volontà ma, se non si hanno i luoghi in cui portare le proprie idee, non si fa nulla. È un bel problema». Progetti futuri? «Sicuramente proseguiremo con il Bangherang Fest, ci piacerebbe continuare la collaborazione con Fuori il Cinema (molti hanno apprezzato le proiezioni durante i concerti). Ci piacerebbe dare vita ad un’iniziativa analoga, invernale. Magari dando la possibilità di esibirsi alle band più piccole, emergenti, eventualmente con un concorso». Da dove deriva il nome Bangherang? «È preso da “Hook – Capitan Uncino”, il film in cui Robin Williams interpreta Peter Pan, ed è il grido che i bambini sperduti utilizzano per incoraggiarsi e supportarsi reciprocamente. Ci sembrava un buon nome, un buon modo per darci la carica».
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Speciale
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EDIZIONE 201
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Che spettacolo! di Ivan Scelsa
Numeri importanti collocano l’evento tra i più rilevanti del genere nel nord Italia. Si lavora già alla prossima edizione
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ph Appiani
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50. 200. 30.000. A due mesi dal termine della terza edizione di Treviglio Vintage abbiamo deciso di snocciolare i numeri di quello che, in soli tre anni, è senza ombra di dubbio diventato l’evento più importante della città. Ben 150, infatti, le vetture d’epoca che hanno fatto bella mostra di sé tra cortili e scorci del centro storico, insieme alle quasi 200 motociclette e ciclomotori d’epoca viste animare vicoli e passeggiate. L’ultimo dato, forse il più importante, si riferisce al numero di visitatori nel fine settimana. Una cifra che da sola comunica il successo della kermesse. Al di là di ogni più rosea aspettativa, era difficile prevedere un tal afflusso di persone partecipare ad un evento capace di uscire dalla sua realtà locale e proiettarsi all’esterno, verso quel variegato mondo di appassionati provenienti dai paesi vicini così come da altri capoluoghi di Regione o addirittura da altre regioni d’Italia (Emilia Romagna, Piemonte, Veneto e Lazio). È stato un appuntamento a cui il Comitato Organizzatore ha lavorato duramente già dal settembre scorso e che, anche grazie al supporto logistico ed organizzativo di Enti, Associazioni e commercianti, ha raggiunto numeri di assoluto rilievo.
Il Vintage non rappresenta l’occasione per una rievocazione o una mostra da visitare ma...Un album dei ricordi, da sfogliare via per via, una storia del cuore, nata dall’idea un po’ folle di Ivan Blini – promotore della prima ora – a cui oggi si affiancano tanti instancabili organizzatori in piena sinergia con il Comune, il Distretto del Commercio e l’Associazione Commercianti Trevigliesi. Proprio i commercianti, sicuramente, sono tra i primi a beneficiare di questo clima di fiducia, vitalità e voglia di evadere e vivere il centro storico da parte di tutta la cittadinanza e, perché no, anche di turisti più o meno occasionali, ma tutti attratti dall’offerta e dai format proposti. Ma è la Città tutta che può essere orgogliosa di questo lodevole risultato che le ha
ridato anima e nuovo lustro, rendendola viva di una nuova iniziativa culturale nata sulla scia di un rinnovato entusiasmo che, da alcuni anni, sembra averne definitivamente cambiato il volto. Molti di voi avranno già vissuto le emozioni di queste giornate di luglio in piazza o sul sito di Tribuna TV, unico media partner dell’evento (www.tribunatv.tv); anche nelle prossime pagine potrete rivivere le atmosfere, leggere le interviste e ammirare le fotografie in cui, probabilmente, anche voi sarete stati immortalati. Dopo la dedica del tema annuale al mondo dello Spettacolo, quale sarà quello del prossimo anno? Riunitosi a consuntivo dell’evento, il Comitato sta già meditando la quarta edizione, che seguiremo con altrettanta professionalità, impegno e coinvolgimento.
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ph Donghi
ph Donghi
Musica
Viaggio nel tempo con le note di Daria Locatelli
I primi giorni di luglio la musica ha fatto da colonna sonora a Treviglio, la città che si è vestita del passato ph Bellomo
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ph Appiani
batterie e voci dei BB Shakers, Nuclears e I Gladioli. Passeggiando, poi, sotto i porticati di Piazza Manara non si poteva non ammirare la “sfilata” di chitarre di Venturini Village Guitars – strumenti che contano sui propri tasti numerosi compleanni e brani suonati in decenni di vita – ed essere coinvolti da Paolo Pini che, nella giornata di sabato, a suon di note, canzoni e persino karaoke, ha saputo far dimenticare agli avventori il maltempo che ha imperversato – fortunatamente per poco – sulla città vestita di passato. Arrivando in Piazza Garibaldi, infine, si veniva accolti dalla roulotte che, nelle tre giornate, è stata adibita a studio mobile di Radio Treviglio Vintage (vedi pagina accanto) che ha accompagnato musicalmente il pubblico per tutto il corso della manifestazione, accanto al grande palco sul quale si sono succedute a ritmo di rockabilly, funk e beat
ph Donghi
e piazze e i cortili di Treviglio sono state teatro di un tuffo nel passato sulle ali delle note musicali suonate nella tre giorni che ha vestito la città di una cornice “Vintage”. Esposizioni di auto e moto d’epoca, mostre, persone agghindate – con abiti, acconciature, trucchi e accessori di decenni passati – spettacoli, oggetti rispolverati in tutto il loro splendore per l’occasione: ecco gli ingredienti per la ricetta “Treviglio Vintage”, elenco al quale non poteva certo mancare la musica. Durante la manifestazione, percorrendo le strade della città, c’era un elemento che contribuiva, insieme a tutti gli altri, a ricreare l’atmosfera di quei tempi che si guardano, oggi, con occhi incuriositi e quel sottile velo di malinconia (per un’era storica per alcuni lontana e da tanti rimpianta): il potere delle note. Numerosi i gruppi che si sono succeduti nei live, differenti i generi musicali; tutti, però, con un comune denominatore: la voglia di far divertire i presenti scatenandone la memoria, un sorriso e i movimenti ritmati di mani e piedi. Un vero e proprio viaggio nel rock e nelle sue declinazioni attendeva chi percorreva le vie e le piazze di Treviglio i primi giorni di luglio. Iniziamo da piazzetta Santgiuliana che, grazie al Jammin’ Cafè, nel corso delle serate ha fatto da palco per chitarre, bassi,
le band: Howlin’ Lou and His Whip Lowers, JFM Band e Wind Live. La chiusura della tre giorni è stata affidata nel pomeriggio di domenica ai Fillmore East, i cui componenti hanno fatto fare ai presenti un viaggio nel rock con brani dei Led Zeppelin, Queen, Eric Clapton, The Doors, David Bowie, Jimi Hendrix, AC DC, The Kinks. La Band del Brasiliano è il nome del gruppo che ha avuto il compito di suggellare in bellezza il “Treviglio Vintage” nella serata del 3 luglio. Il gruppo è un ensemble di musicisti toscani, provenienti da realtà diverse tra loro, ma appositamente riunitisi per la composizione di alcuni brani della colonna sonora del film “La Banda del Brasiliano” del regista John Snellimberg, da cui deriva il nome della band che, dal 2011, calca i palchi nazionali. Fiati, chitarre, basso, batteria e tastiere accompagnano le voci di Serena Altavilla e Davide Artenoli, con una formazione di nove elementi che fanno immergere il pubblico nelle sonorità funk e beat, in una crossover di generi che delinea un percorso tra i brani anni ‘70 e la reinterpretazione delle colonne sonore di film a firma del Maestro Ennio Morricone, Cipriani e dei fratelli De Angelis. La Band del Brasiliano ha fatto ballare i presenti anche a ritmo di alcuni inediti dell’album “Vol.1”, datato 2013, cui seguirà a breve “Vol.2”, cui il team sta lavorando in studio di registrazione. Una prima trevigliese per la band di Prato che, con la commistione di musica e cinema, ha accompagnato la chiusura del sipario di “Treviglio Vintage 2016”. Un grande e coinvolgente abbraccio musicale, quindi, ha invaso armoniosamente cortili, piazze, vie della città, facendo risuonare brani datati ai decenni scorsi, ma che appartengono al bagaglio e alla memoria di tutti noi: basta solo lasciare che le note trasportino la mente nei ricordi, perché in fondo “La musica è una macchina per sopprimere il tempo” (Claude Lévi-Strauss).
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Speciale
di Daniela Invernizzi
La mostra dei picture discs e la radio analogica ci hanno offerto i musicisti e la musica migliore degli Anni Settanta
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ella sala Crociera del centro civico culturale la mostra Picture discs ha avuto un notevole successo di pubblico, con appassionati e semplici curiosi che, attirati dai colori e dalle forme strane di questi dischi, si sono fatti raccontare la storia della fantastica collezione di Lorenzo Gallini, ex commerciante (è stato il titolare, per anni, dello storico negozio di dischi 747 di Crema) ed appassionato di picture discs, tanto da collezionarne circa 2.500. I picture discs sono Lp o 45 giri in vinile, tondi o dalle forme più strane, colorati o dipinti, perfettamente ascoltabili su entrambi i lati, in voga soprattutto negli anni Settanta e Ottanta, quando nacquero per pubblicizzare l’uscita dei normali dischi neri in vinile degli artisti. Se ne stampavano poche copie, e i collezionisti se li accaparravano immediatamente. Lorenzo era – ed è – uno di questi. «Importavamo dischi da tutto il mondo e quando vidi i primi picture disc me ne innamorai, così cominciai la mia collezione, circa 35 anni fa». Qual è stato il primo che ha acquistato? «Non me lo ricordo, ma il più importante di tutti è questo (me lo mostra, ndr): è l’album Curved air’s Airconditioning, del gruppo rock inglese Curved Air e disegnato da Marc Hanau, che ha vinto il premio speciale per
il miglior album art nel 1971; è il primo in vinile, mentre in precedenza gli altri erano cartonati con sopra delle fotografie. Su questo disco, di cui esistono solo duemila copie, ci sono alcune leggende, tra cui quella che alcune frasi delle canzoni siano in realtà state scritte da Bob Dylan e “sottratte” dalla cantante dei Curved Air, con la quale Dylan aveva avuto una relazione». In esposizione ci sono solo 750 dei 2.500 dischi della sua collezione. Con che criterio sono stati scelti? «È stato molto difficile e abbiamo fatto anche scelte sbagliate, ad esempio mostrando un solo Lp di cantanti importanti (Bob Dylan!). Ho scelto i più rari e importanti, come per esempio i quattro picture disc dei Kiss a 45 giri, raffiguranti le loro famose facce truccate, o i quattro di Michael Jackson che messi insieme formano un poster. Questi esemplari sono rari e molto fragili. Ce ne sono anche di italiani, ma ne hanno stampati pochi, soprattutto perché particolarmente costosi e delicati». Alla mostra abbiamo visto di tutto, dai grandi della musica fino ad insospettabili pubblicazioni, curiose anche se fossero state su vinile nero: come un angelus di Papa Francesco, ma anche un Berlusconi che canta l’inno del Milan; «C’è anche Maradona, che come cantante non le dico – sorride Lorenzo – Abbiamo voluto scherzare un po’. Ma è stato soprattutto il mondo del rock a creare i picture discs migliori e a farne maggior uso». Se uno volesse acquistare un picture disc oggi riuscirebbe? «Certo, in internet si possono acquistare, ma se ne trovano sempre meno, la moda è scemata e solo i collezionisti veri e propri continuano a cercarli». Lorenzo Gallini accanto ad alcuni picture discs
Speciale
ph Appiani
Musica per le orecchie e per gli occhi
Radio Liberty Eros Prati, Chicco Cornelli e Gaetano DJ Visciglio. Dietro Massimo di Pienne radio
Dal disco da ammirare a quello da far suonare. Per tre giorni “vecchi” e nuovi DJ si sono ritrovati a Treviglio Vintage per “fare la radio” come negli anni Settanta; con i dischi “da mettere”, i microfoni e i mixer completamente analogici, e soprattutto con la libertà di quegli anni: di parlare per dieci minuti, di non parlare affatto, di invitare al microfono chiunque. Grazie alla passione di un gruppo di appassionati, tra cui Eros Prati e Angelo Bertolini (fondatori di Radio England ), si è realizzato l’impossibile: una vera radio “on air” per tre giorni, ripetuta da Pienne Radio (piccola emittente di Pontirolo Nuovo) e che ha suonato e parlato ininterrottamente a bordo di una vecchia roulotte allestita per l’occasione, un vero e proprio studio radiofonico analogico. «Ci abbiamo lavorato per mesi – mi racconta Eros Prati – e speso anche una notevole cifra, ma ne è valsa la pena. La nostra roulotte di “Radio Vintage” è un vero bijoux, pronta ad uscire anche dai confini trevigliesi per andare dove il vintage chiama». A bordo della roulotte, a temperatura costante di 39°, si sono alternati Chicco Cornelli e Roby dj (ex radio England), Alvin e Gaetano (ex radio Orion) e molti ospiti estemporanei, che hanno tenuto compagnia a tutta la piazza con la migliore musica degli anni 70-80. Poco distante anche lo stand di Radio Pianeta, con Alberto Vavassori, Ivan Bacis, Night Jay, Matteo Savoldi, Sandro Pico e Flavia. In via Sangalli invece è stato ricostruito, a cura di Radiomaniacs, lo studio originale di Radio Liberty, altra mitica emittente trevigliese, nata agli albori della radiofonia libera. Anche qui, a microfoni aperti, Ruggero, Antonio, Lionello, Sandro, Jo, insieme ad una mostra di fotografie che hanno ripercorso la storia di quegli anni e i loro protagonisti. Insomma la radio, vero fenomeno di successo negli anni Settanta in Italia, quando si liberalizzarono le frequenze, è tornata ad essere quello che era all’epoca: pura e semplice passione. «È stato stancante, ma ci siamo divertiti – mi dice, alla fine Eros Prati – persino mia figlia, a un certo punto, mi ha detto: “Sembri uno di 20 anni”; e io: “Perché, quanti ne ho?”».
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Motori
Auto d'epoca: che passione! di Ivan Scelsa
Colorato, fragoroso e coinvolgente. Il centro storico rivive gli anni della Dolce Vita, del poliziottesco, della motorizzazione di inizio Novecento. Un’invasione di auto e moto d’epoca, con pezzi davvero di pregio
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mente precedenti, il Comitato organizzatore si è fatto promotore di un’iniziativa senza precedenti per la città: la chiusura di piazza Insurrezione e la parziale modifica alla viabilità nella circonvallazione interna. E questo al fine di accogliere in via Matteotti e nella piazza stessa, decine e decine di vetture d’epoca provenienti anche da fuori regione, coordinandone afflusso e deflusso dall’area senza particolare disagio alla circolazione.
ph Ciarliero
bbiamo avuto modo di sottolineare i numeri dell’evento nell’articolo di apertura di questo speciale. In particolare va dato merito agli organizzatori di essere riusciti a riunire un impressionante afflusso di appassionati di autovetture e motocicli d’epoca. Fortunatamente, sulla scorta del successo delle passate edizioni e sull’attesa palpabile di cui Treviglio Vintage era pervasa già nei mesi immediata-
Importante sottolineare come tali interventi siano stati resi possibili grazie all’impegno delle Autorità comunali competenti che, fatta propria la portata della manifestazione, hanno studiato un piano ad hoc per la circolazione, in particolar modo per la giornata di domenica, in cui ha avuto luogo il “Red Carpet Classic Car” promosso da Club Automoto Storiche Treviglio ed Associazione CinemAlfa – da tempo impegnate nel progetto – a cui hanno poi aderito anche altri sodalizi. Il fine settimana trevigliese è cominciato con il raduno automobilistico dei Maggiolini e furgoni Volkswagen del Bérghem Bug, che venerdì sera hanno colorato la centralissima piazza Garibaldi. Analogo il successo per le British car che, come da tradizione anglosassone, si sono ritrovate per un thè pomeridiano. Un appuntamento questo a cura del sodalizio ABC. Quasi in contemporanea, i cortili di via Galliari si animavano di ambientazioni cinematografiche: dall’Alfa Romeo 2000 Spider Touring e la Vespa, iconici e romantici simboli della dolce vita , a quelli più cruenti del poliziottesco, con l’immancabile Alfa Romeo Giulia verde dei Carabinieri e
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Speciale
ph Appiani
l’Alfetta blu, per l’occasione collocate sul set del “luogo del delitto”. Passando poi ad Herbie, il maggiolino tutto matto ed alla DeLorean di Ritorno al futuro: due pellicole cult del cinema anni Ottanta, quello forse più influenzato dal mondo televisivo, l’elettrodomestico di fine secolo che ha rivoluzionato la società. E ancora: il Vespa Meeting e l’esposizione celebrativa per il 70° anniversario del modello, con le serie più significative prodotte dalla nota casa di Pontedera. Un vivacissimo cortile in cui tutti avranno sicuramente ritrovato un ricordo della propria gioventù. Nel giardino al Belvedere, poi, le autovetture di pregio: vetture dei primi anni del Novecento, quelle che, per intenderci, vediamo solo nei più rinomati concorsi d’eleganza e che rimandano la memoria agli anni d’oro del motorismo, in cui il prodotto nazionale rappresentava l’avanguardia. Da sinistra a destra: Sosta delle auto inglesi per un tè pomeridiano I cortili, piccoli scrigni aperti ai visitatori La Giulia dei Carabinieri Sapore di dolce vita Tante le moto d’epoca per le vie del centro storico
Speciale
Grazie a Muscle Car, poi, non sono mancate le affascinanti auto americane, così distanti concettualmente da quella visione motoristica europea poc’anzi citata e proposte in American Graffiti, il sabato sera di Treviglio Vintage. Ampio anche lo spazio riservato alle moto, con via Verga protagonista ne I diari della motocicletta e ancora via Fratelli Galliari, con un’altra mostra curata dal Club 6.5 dedicata all’Aprilia Motò, una due ruote moderna da subito divenuta icona di stile internazionale. In via Sangalli, invece, le moto del film Easy Rider, oltre all’esposizione di Lambrette e cafè racer de Sei con i Mods o con i Rockers? Tornando alle auto, immancabili poi in via San Martino le 500 e derivate, con un’esposizione curata dagli Amici delle 500 Bergamo, le Citroen storiche in via Roma ed i veicoli del Registro Puch in via Verga. La conferma della bontà del format scelto dagli organizzatori è evidente. È dimostrato anche dalla partecipazione alle votazioni al concorso per eleggere la vettura e la motocicletta preferite, con centinaia di voti pervenuti nelle urne predisposte la domenica in via Matteotti. Voti che hanno assegnato
Da sinistra a destra: Le vetture di pregio nel cortile Belvedere di via Galliari Alcune 500 partecipanti al raduno Le Vespa in mostra per festeggiare 70 anni del mito
primo e secondo posto della giuria popolare ad un Maggiolino e ad un’Alfa Romeo 2000, guarda caso due simboli automobilistici anche nel cinema. Premi anche per le Vespa e le 500, così come per le motociclette, con la vittoria di un bellissimo e singolarissimo motocarro Guzzi Ercole proveniente per l’occasione da Milano. Va poi citata l’Alfa Romeo 1750 Zagato “Quattroruote” del 1964 a cui la giuria tecnica, all’unanimità, ha voluto assegnare la vittoria per la particolarità e rarità dell’esemplare, nonché per la qualità del restauro. Quante emozioni...Tutte uniche e coinvolgenti, nate spontaneamente e da rivivere, ancora una volta, attraverso le immagini più significative. Ringraziando i collezionisti e gli appassionati che hanno voluto condividere con tutti noi la loro passione, il plauso allo staff ed i volontari che hanno reso possibile questo grande, ennesimo successo Vintage.
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ph Donghi
ph Appiani
Due ruote
Biciclette in bella mostra di Cristina Signorelli
In piazza Manara, Bianchi e Roby Bike hanno esposto alcuni esemplari vintage di grande interesse
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le, Cycleurope di proprietà della Grimaldi Group, vuole essere presente e attiva sia nel contesto produttivo che di svago». L’azienda ha prodotto biciclette che hanno fatto la storia del ciclismo sia professionale sia amatoriale. Quest’anno ha presentato nel suo stand il velomotore “Aquilotto ‘50” quello che potremmo definire il bisavolo delle bici elettriche, che ormai da qualche anno a questa parte sono diventate di gran moda. È stato il primo modello motorizzato prodotto dalla Bianchi negli anni ‘50, quando ancora lo stabilimento si trovava a Milano in viale Abruzzi, prima del trasferimento definitivo in bergamasca. Un altro pezzo da collezione messo in mostra è “Bianchi Spot”, prodotto a fine anni ‘60, con la peculiarità di avere una ruota più grande davanti (28 pollici) e più piccola dietro (24 pollici). Il terzo esemplare
ph Donghi
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e durante la ricca kermesse del Vintage, Treviglio si è riempita di auto e moto d’epoca che hanno invaso vecchi cortili e vie cittadine, non da meno importante è stata la presenza delle biciclette che per fogge e colori hanno testimoniato una parte importante della nostra storia più recente. La voglia di ricostruire nel Dopoguerra si muoveva prevalentemente su due ruote, portando veloce l’Italia verso quello che è stato il boom economico, dove si è poi diffuso il possesso di auto e moto; eppure la bicicletta ha mantenuto un suo posto distinto nella vita di molti, trasformandosi da mezzo di trasporto povero a vero e proprio status symbol di una gioventù benestante. Come, per esempio, è stata la famosa Graziella, primo modello pieghevole prodotto in Italia dalla Carnielli, che imperversava durante gli anni Settanta. La Circonvallazione di Treviglio, durante i caldi pomeriggi estivi, brulicava di queste biciclette sulle quali i giovani si spostavano in coppia: uno seduto sul sellino a pedalare e l’altro in piedi sul portapacchi posteriore appoggiato alle spalle dell’amico. Non potevano quindi mancare in questa importante manifestazione, dedicata agli oggetti che appartengono al nostro recente passato, uno spazio dedicato alle due ruote. La Bianchi, azienda leader in Italia e nel mondo, quest’anno per la prima volta ha deciso di partecipare a Treviglio Vintage, come spiega Federica de Carli, un’entusiasta addetta al marketing, che ci ha accolto nello stand aziendale: «La Bianchi produce a Treviglio fin dal lontano 1967. Proprio su questo territorio ha visto crescere le sue fortune e il suo prestigio. Anche oggi che pure è parte di un grande gruppo multinaziona-
che abbiamo potuto ammirare è una copia fedele della bicicletta dell’indimenticabile campione Fausto Coppi. L’esatta riproduzione di questa celebre bici da corsa è stata prodotta nel 1995, in occasione della realizzazione del film dedicato alla vita e ai grandi successi del famoso ciclista. La Bianchi oggi è una grande realtà produttiva in costante crescita – a Treviglio vengono prodotti oltre 22.000 pezzi l’anno del segmento di alta gamma – eppure non dimentica il glorioso passato di cui è particolarmente orgogliosa, come testimoniano le molte immagini dei vecchi cataloghi, che hanno fatto bella mostra di sé nell’allestimento predisposto in questa occasione. Un’interessante esposizione di pezzi d’epoca è offerta da Roby Bike, specializzatissimo negozio di biciclette a Treviglio in via Terni. Il proprietario Roberto Reseghetti, che garantisce la sua presenza ogni anno a Treviglio Vintage, è un vero e proprio appassionato di due ruote, alle quali si dedica, oltre che per lavoro, per hobby. Infatti, ripara e riporta a nuova vita vecchi esemplari di biciclette e, qualche volta anche moto, scovando i pezzi originali per reintegrare fedelmente quelle parti che usura o incuria hanno irreparabilmente danneggiato. «Ho una discreta collezione – ha detto – che mi piace a rotazione esporre nel mio negozio così da poterle ammirare e farle ammirare ai miei clienti». Quest’anno oltre ai numerosi esemplari vintage sono state esposte dei modelli da bambino degli anni settanta: le famose bici da cross, molto in voga allora, che i ragazzini usavano per scorrazzare nei prati. Roberto si è occupato anche di organizzare “la pedalata”, un giro in bicicletta, rigorosamente d’epoca, percorso attraverso il centro cittadino per riproporre quello che era il “circuito degli assi” che si correva nei tempi andati lungo le circonvallazioni trevigliesi. Il corteo – aperto da una moto dei Vigili Urbani, originale degli anni settanta – era formato dai ciclisti che, in abbigliamento vintage, hanno sfrecciano per le vie del centro, riportandoci indietro con la memoria di qualche decennio. Dal recente passato al presente le due ruote a pedali non sembrano proprio invecchiare, come ha detto Roberto: «Forse complice la crisi economica insieme ad un maggior attenzione per l’ambiente, oggi molti miei clienti usano abitualmente la bici per muoversi in città».
Speciale
Spettacoli
Piccoli, ma grandi di Daniela Regonesi
Meritato successo per Cortomobile e Circo Sterza
L’
edizione 2016 di Treviglio Vintage ha donato al proprio pubblico due soste preziose, dedicate ad una coppia di pilastri dell’intrattenimento: il cinema ed il circo. E non poteva farlo se non in maniera speciale, ospitandone le versioni “più piccole del mondo”, ma non per questo meno spettacolari.
Cortomobile
Circo Sterza «Il nostro è un piccolo circo di provincia che ha origini molto umili – si presenta Liliano Sterza, in scena con il figlio Neil – è nato da un’idea del nostro bisnonno, che ha iniziato a portare in giro uno spettacolo di clown; poi piano piano le generazioni si sono susseguite. Siamo giocolieri, clown, e musicisti». Ma non solo: truccatori, macchinisti, presentatori, elettricisti, scenografi, costumisti, trovarobe... Come un piccolo e perfetto ingranaggio, il Circo Sterza offre un grande spettacolo, la cui forza è proprio la purezza e la semplicità. I giocolieri si destreggiano con palline e clave infuocate, ci sono buffi giochi di prestigio, il numero dei piatti oscillanti,
il mangiafuoco ed il lanciatori di coltelli, in un’atmosfera di meraviglia, stupore e risate. Cose semplici, profumo di popcorn, che danno ragione a Liliano quando afferma «Siamo dell’idea che piccolo è bello». E la bellezza del loro spettacolo sta anche nell’affiatamento che li lega e nel grande lavoro che Patrizia Caroli, moglie e mamma dei due artisti, svolge dietro le quinte: «la gente si meraviglia, si chiede “come fate?”. Noi rispondiamo che il vero spettacolo è dietro la scena, dove tutto è sincronizzato». Le esibizioni pomeridiane e serali proposte in piazza Mentana hanno riscosso un notevole successo e, nonostante il bruttissimo episodio del furto dell’incasso, la famiglia Sterza conserva un ricordo positivo della sosta trevigliese: «Siamo felici di essere stati a Treviglio, abbiamo trovato un bel pubblico, intelligente, bambini attenti; non è difficile farli ridere, noi cerchiamo di farlo con garbo e umiltà. Il nostro intento è divertire i bimbi, se poi riusciamo a far divertire anche gli adulti...». Sulla loro pagina Facebook si legge: “portiamo avanti una utopia in un mondo che va di fretta, noi cerchiamo di fermare un sorriso sul volto della gente”. Questo obiettivo, nel circo più piccolo del mondo – dove il pubblico è chiamato ad interagire, a far parte dello spettacolo, e la genuinità è garanzia di successo – è raggiunto a pieno.
ph Appiani
Buio in “sala” e proiettore dietro le spalle dello spettatore: «le regole del cinema sono rispettate – conferma Francesco Azzini, l’inventore di Cortomobile – ma la proiezione avviene all’interno di un’auto, di cui si fa un utilizzo sociale, non un uso privato, per se stessi o la propria famiglia. È una vettura in movimento dentro e fuori». L’idea nasce nel luglio 2006, mentre Francesco, a bordo della sua Alfa 2000 del 1974, sta andando ad un festival di cortometraggi in compagnia di un amico videomaker, e si chiede come fare per distribuire i cortometraggi in modo alternativo, senza passare attraverso le grandi case dove i corti difficilmente trovano posto: «Studio per decidere come fare, dedico due mesi alla progettazione e, superati inevitabili problemi tecnici, facciamo la prima uscita ufficiale alla 63^ Mostra del Cinema di Venezia». In quello che è un vero e proprio spettacolo viaggiante, ci si accomoda e si può scegliere cosa assaggiare dal “cortomenù”, che conta più di 100 titoli, suddivisi tra antipasti, primi, secondi e cinedessert. Spiega Francesco: «Prima di scegliere cosa gustare si parla,
ci si relaziona. La cosa positiva, bella, è l’incontrare, in una sera, tante persone, che vengono messe a conoscenza di un autore che ci ha regalato un suo corto». L’auto, presente ai festival del cinema e degli artisti di strada, in dieci anni ha accolto più di 25.000 persone, oltre un centinaio nei due giorni di sosta trevigliese. Tanti anche i nomi celebri le cui opere sono state caricate nel proiettore, posizionato sul cofano posteriore: ad esempio Adriano Valerio, Cristiana Capotondi, Gabriele Mainetti (regista e produttore del pluripremiato Lo chiamavano Jeeg Robot). «Sono un “one man band” – scherza Francesco – ma Cortomobile è un’esperienza unica, di cui si porta il ricordo per tutta la vita». E gli spettatori che hanno avuto la fortuna di accomodarsi sui suoi sedili di pelle color biscotto concordano con lui.
Speciale
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ph Appiani
Allestimenti
Street Food, Vetrine e Mercatini a tutto Vintage di Cristina Signorelli
O
nelle vetrine dei negozi, che in una mostra predisposta ad hoc. Concentrate in prossimità di piazza Manara si trovavano le postazioni mobili di cibo e bevande: un vecchio furgoncino Volkswagen, decoratissimo, per bibite e panini, l’ApeBar dove si spillava birra a volontà, e il romantico carretto dei gelati di Matteo Manzotti.
ph Donghi
ltre 30.000 persone che hanno visitato l’edizione 2016 di Treviglio Vintage, passeggiando per le vie del centro cittadino hanno curiosato tra le mostre dei collezionisti, dalle auto alle moto, agli oggetti di modernariato ovunque c’era qualcosa che attirasse l’attenzione. Davvero curiosa le due postazioni del barbiere, che faceva accomodare su di una vecchia poltrona per un servizio completo di barba e baffi agli uomini, mentre le donne venivano acconciate con pettinature a tutta cotonatura. Un piccolo mercatino nel quale facevano bella mostra abiti vintage, qualche accessorio e piccoli oggetti d’arredamento, ma soprattutto un’intera bancarella di dischi in vinile, da far perdere la testa agli appassionati. E poi tantissime vetrine dei negozi del centro allestite a tema anni sessanta e settanta, dove, tra stravaganze e no, i visitatori potevano ammirare anche i vecchi telefoni della ricca collezione del Gruppo Meucci di Treviglio, che è stata esposta al pubblico sia
ph Appiani
Strade, cortili, vetrine e locali: gusto retrò per ogni angolo del centro storico
Chi invece desiderava gustare una cena più corposa poteva recarsi in via Verga, dove sono stati appositamente allestiti lunghi tavoli. Paola Riva, proprietaria del panificio-caffetteria “Via Verga 16”, insieme agli amici e colleghi: Laura Galli di Haru Sushi, Luca Brambilla della Nuova Pescheria Brambilla ed Elisabetta di Hamburger & Co, avevano deciso, l’anno scorso, di associarsi tra loro per partecipare alla manifestazione di Treviglio Vintage, che tutti insieme considerano una risorsa da valorizzare. A questo attivissimo gruppo di lavoro, «una macchina perfetta che si muove con la collaborazione di tutti in perfetto sincrono», come la definisce Paola, si è unito un amico, Giorgio Cornelli, di professione assicuratore ma per passione eccellente cuoco di paella, il quale ha integrato, con questo piatto tipico valenciano, l’offerta già ampia che comprendeva: hamburger, pizze e focacce, sushi preparato a vista, pesce fritto e patatine e ostriche. Chi invece voleva sorseggiare un buon boccale di birra artigianale, gustando ad esempio wurstel grigliati, poteva recarsi in piazzetta Santagiuliana, dove in una cornice resa davvero suggestiva dalle luci, Emi e Samuele del Jammin Cafè avevano allestito un grande gazebo con cucina all’aperto e buona musica, garantita dai concerti in programma nella piazza. Via Sangalli, infine, era animata e ingolosita da BBQuindici, nota steakhouse di Castel Rozzone, che ha organizzato un allestimento di tavoli ai quali si potevano consumare le preparazioni a base di carne.
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Speciale
MatitaLibera di Bruno Manenti
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Storia
Quando i Comuni Lombardi lasciarono l’Europa di Elio Massimino
La Brexit ha avuto un precedente storico nel XIII secolo, in Lombardia
L
a scelta della Gran Bretagna di uscire dall’Unione Europea ha avuto un precedente storico otto secoli fa, quando i Comuni Lombardi riuscirono a sottrarsi al Sacro Romano Impero. Come è noto, dopo la frantumazione dell’Impero fondato da Carlo Magno, toccò agli imperatori svevi perseguire l’ideale di unificare l’Europa sulle sue radici romane e cristiane e, dunque, i Comuni Lombardi si scontrarono con Federico l (Barbarossa) e, dopo il breve regno del figlio Enrico VI, con il nipote Federico II. Il Regno Unito di oggi e i Comuni Lombardi di allora erano tra i soggetti più prosperi d’Europa, la prima però è uno Stato, mentre i secondi erano una serie di entità autonome che, in assenza di un’autorità imperiale, erano spesso in conflitto tra loro, come quando Milano, invidiosa del successo del mercato di Lodi, nel 1111 la distrusse e ne disperse i cittadini. Non è questa l’occasione per raccontare l’epopea del Barbarossa in Italia durata quasi trent’anni, ci basti sapere che i Comuni Lombardi erano divisi e, infatti, quando l’Imperatore a un certo punto sconfisse Milano, la distruzione della città fu eseguita con gioia dalle milizie di Lodi, Cremona, Pavia, Novara e Como, sue alleate. Il Comu-
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ne di Treviglio era uno di quelli che temevano Milano e “dovette essere sinceramente per il Barbarossa (...) ed anzi è più che probabile che con le sue truppe abbia contribuito a qualche azione di guerra come l’assedio di Fara (Perego e Santagiuliana, Storia di Treviglio). La pace di Costanza del 1183 (la battaglia di Legnano è del 1176) concluse almeno temporaneamente il conflitto con i Comuni. Questi si impegnarono a pagare i tributi, riconoscendo di dover ricorrere all’imperatore come supremo giudice e per l’approvazione delle varie cariche cittadine. L’impero a sua volta garantì pace e giustizia. Non si trattò quindi di indipendenza, concetto estraneo alla mentalità del tempo che del resto nemmeno Milano rivendicava, ma solo la concessione ai Comuni di una certa autonomia amministrativa e qualche agevolazione fiscale, ma sempre all’interno di un legame feudale. L’Exit dei Comuni Lombardi in realtà ha avuto luogo sotto il regno di Federico II di Svevia, anzi, dopo la sua morte. Erano trascorsi circa trent’anni dalla pace di Costanza quando Federico ha promulgato le “Costituzioni di Capua”, portando avanti l’orologio della storia di almeno trecento anni. È la rottura con la visione feudale dell’impero, nasce l’idea di uno stato di di-
La Battaglia di Legnano nel dipinto di Amos Cassioli Statua di Federico II all’ingresso del Palazzo Reale di Napoli
ritto, moderno e laico. Federico voleva che la Sicilia fosse invidia principum et norma regnorum (invidia dei principi e modello per ogni regno), con funzionari regi che secondo la legge amministrassero lo stato e la giustizia. L’idea di fondo era di unificare l’Italia su queste basi e saldarla all’Impero, cioè all’Europa. Federico aveva chiaro che nel continente si andavano formando stati e culture nazionali, e voleva che l’Italia assumesse una più precisa identità non solo politica ma anche culturale, a cominciare dalla lingua, e solo il volgare avrebbe potuto unificare il Paese, non il latino, ormai patrimonio del clero e delle classi colte. Venivano certo già prodotte opere letterarie in volgare, in quegli anni ad esempio Francesco d’Assisi scrisse il “Cantico delle creature” (1225), ma fu di Federico l’intuizione di far diventare il volgare una lingua di prestigio e nazionale. Egli stesso poeta, impose l’uso del volgare ai poeti di corte: nacque così la Scuola poetica siciliana. Dante Alighieri, più tardi, si collocò in quella grande tradizione e circa mezzo secolo dopo, nel “De vulgari eloquentia”, scrisse “avvenne che quanto i nostri predecessori composero in volgare, fosse chiamato siciliano”. Federico, da intellettuale formatosi in una Palermo multiculturale, era capace di dialogare con altri popoli. “Obbligato” in quanto imperatore a condurre una crociata, ottenne senza spargimento di sangue la restituzione di Gerusalemme, concedendo però ai musulmani libertà di culto. Tutto questo non gli evitò, anzi gli procurò, la scomunica del Papa che, tra l’altro, vedeva come il fumo negli occhi un’Italia unita e così Chiesa e Comuni Lombardi si trovarono dalla stes-
sa parte della barricata. Ancora una lunga epopea italiana dell’Imperatore, che vide a Cortenuova, a due passi dalla Gera D’Adda, lo scontro più importante, in cui le truppe imperiali sbaragliarono quelle della Lega. Il Carroccio fu catturato e dopo averlo fatto sfilare a Cremona con Pietro Tiepolo, podestà di Milano, legato all’asta dello stendardo, Federico per scherno lo spedì al Papa. Tutti sanno della battaglia di Legnano, molti però ignorano quella di Cortenuova, ma questo non deve sorprendere perché la storia la scrivono i vincitori... Infatti alla fine vinsero i Comuni e il Papa, ma solo perché Federico prematuramente morì nel 1250. Da allora iniziò il declino del Sud, il Papa avrebbe conservato il suo potere temporale per altri 600 anni, fino all’Unità d’Italia, e avremmo dovuto aspettare sempre 600 anni anche per cominciare a parlare un buon italiano, grazie al lombardo Alessandro Manzoni. I lavori per costruire l’Europa invece sono ancora in corso. Ma anche i Comuni ebbero vita breve, presto li fagocitarono le Signorie, le quali avrebbero avuto un paio di secoli di prosperità, ma poi sarebbe iniziato il loro declino economico (decisiva la scoperta dell’America del 1492) e sarebbero state facile preda dei grandi stati Europei: Francia, Spagna e Austria. Oggi i giganti sono Cina, Russia, USA e la stessa Unione Europea, ma per fortuna è difficile immaginare che a breve possano minacciare la Gran Bretagna... Ma di qui a duecento anni? Con la scoperta del Nuovo Mondo il baricentro dell’Europa si è spostato dal Sud Mediterraneo al CentroNord Atlantico, e l’Inghilterra se ne è avvantaggiata. Oggi il maggior volume di scambi non è più nell’Atlantico ma nel Pacifico, e il Regno Unito rischia di conoscere il declino delle nostre Repubbliche Marinare. Miniatura di Federico I il Barbarossa tra i suoi figli, Enrico e Federico
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Nel Galles, ormai prossimo a lasciare l’Unione Europea, sta per fare il suo ingresso la nostra collaboratrice, per iniziare l’università e aggiornarci su come si vive a Cardiff in tempi di Brexit
È
nelle giornate afose, in cui il termometro sembra un missile pronto a schizzare da quei meravigliosi 24 gradi mattutini ai tremendi 37 pomeridiani, che il clima di Cardiff, dove andrò a studiare per i prossimi tre anni, si fa estremamente allettante. Le sue sferzanti folate – perlopiù gelide – provenienti dall’Atlantico, che ti colpiscono come padellate in faccia, quell’insopportabile pioggerellina purtroppo non solo tipica di Londra, i nuvoloni che si accaniscono sulla città come fosse Fantozzi, si fanno infatti – paradossalmente – estremamente allettanti. Una magra consolazione ed un miraggio di frescura, per sopravvivere ad afa, sudore ed abbonamento illimitato al mitico “Autan-uccidi-zanzare”. Fra qualche mese, rileggendo questa introduzione, probabilmente riderò amaramente, sforzandomi di ricordare l’ultima volta che ho visto il sole (o più probabilmente intravisto) e maledicendomi per non aver optato per un’università alle Hawaii. O magari, per rimanere con i piedi più per terra, a Pisa. Quel che è certo è che, quando ho fatto la richiesta di ammissione a Cardiff University, immergendomi
in quello snervante processo di selezione degli studenti, non avevo considerato che, al momento della mia partenza, sarebbe quasi equivalso a trasferirmi alle Hawaii: pur sempre fuori dall’Unione Europea si trovano, ormai! La Brexit sarà infatti una nuova occasione per file sempre più lunghe agli aeroporti, necessità di richiesta di un visto studentesco, e, soprattutto, l’appellativo di “foreigner”, straniera, che mi verrà marchiato a pelle. Fortunatamente nella capitale gallese, dove vivono 90.000 studenti (un terzo della popolazione), il 60% ha votato no al referendum di uscita dall’Unione, ritenendo l’appartenenza all’Europa decisamente più importante di qualunque vantaggio economico e di contenimento dell’immigrazione possa derivare dall’uscita da essa. Membro o meno dell’Unione Europea, il Regno Unito rimane il coronamento di quegli immani sforzi degli ultimi anni (leggi liceo), e il mio trampolino di lancio verso quello che spero sarà un futuro brillante. Per adesso, grondante di sudore (metaforicamente e non), non posso far altro che salutare il mio Paese d’origine, la lontana terra che da Cardiff verrà ricordata come la piantagione di pasta e pizza (no, cari foreigners, la pasta e la pizza non crescono nei campi), ed occasionalmente di caffè e cappuccini. Ciao bella Italia!
Cultura
Amici d’Oltremanica di Pinuccia D’Agostino
Settembre, tempo di graditi ritorni, come quello degli Amici di Romsey, cittadina inglese gemellata con Treviglio
T
orneranno a Treviglio il prossimo 8 settembre e rimarranno fino a lunedì 12 gli Amici inglesi di Romsey, la città gemellata con il nostro comune. Sono dieci le persone che, accompagnate dal Presidente dell’Associazione Amici di Romsey, Mr. Mike Bull, e dalla segretaria Mrs. Jane Bull, saranno ospiti, come è consuetudine, dei trevigliesi iscritti all’Associazione: abiteranno nelle loro case e verranno accompagnati nella visita alla città o ai suoi dintorni. Non saranno presenti quest’anno John Parker e sua moglie Tessa, che hanno partecipato a tutte le visite precedenti: John che è anche socio fondatore degli Amici di Romsey è diventato Sindaco della città, ed è quindi impegnato nelle varie attività istituzionali. Vari gli incontri e le visite ufficiali o di gruppo che renderanno quanto mai intenso questo soggiorno lombardo. Nella mattina di venerdì 9 settembre ci sarà la visita al Museo Civico ed un incontro con il sindaco e le autorità cittadine, suggellando un gemellaggio iniziato formalmente tre anni fa e firmato dall’allora Sindaco, Giuseppe Pezzoni. Sabato gli ospiti verranno condotti da un nutrito gruppo di trevigliesi a visitare la Certosa di Pavia e Vigevano. Il giorno successivo sarà la volta di una gita sul Lago d’Iseo, mentre domenica l’occasione per i saluti sarà data dalla cena ufficiale con tutti gli iscritti al gruppo trevigliese (attualmente 35) prima di ripartire per la madrepatria. Se il gemellaggio è fatto recente, ben più lunga negli anni è l’amicizia che lega le associazioni delle due città, avviata quindici anni fa a seguito di uno scambio scolastico tra il Liceo Simon Weil e la Comprehensive
School di Romsey. «Già nel 2005 – afferma Gian Battista Scrivanti fondatore ed anima del gemellaggio – si cominciò ad operare per ratificare il gemellaggio. Ci fu una visita istituzionale a Romsey dell’allora sindaco Giorgio Zordan, e l’anno successivo venne a Treviglio la sua omologa inglese. Poi il gemellaggio subì una battuta d’arresto a livello istituzionale, ma non da parte dei cittadini che sollecitavano l’iniziativa». Si costituì così l’Associazione Amici di Romsey, composta da abitanti della cittadina inglese e da trevigliesi, che hanno contribuito a tenere vivi i contatti tra le due città attraverso una reciproca visita con scadenza biennale e con un programma simile che comprende visite libere, la coltivazione privata delle diverse amicizie, una gita di un giorno nei luoghi vicini o nei musei, visita e conoscenza delle risorse culturali delle due città.
Tenendo fede a quanto stabilito nello Statuto, l’Associazione ha contribuito e contribuisce agli scambi culturali: ha ospitato recentemente le ragazze del Coro di Romsey, che si sono esibite nella nostra Basilica, e lo scorso anno è stato organizzato un concerto che ha visto impegnati il nostro coro Calicantus e Handbag of Harmonies di Chester. Inoltre, è stato organizzato per anni un corso di inglese ed incontri sull’arte, cinema e musica del Regno Unito. Cambierà qualcosa ora che la Gran Bretagna non è più nell’Unione Europea? «Non credo proprio – afferma Scrivanti sorridendo – gli amici inglesi sono persone culturalmente aperte. Inoltre Romsey è già gemellata con Paimpol in Francia da 50 anni e con Battemberg in Germania da 25. Si tratta di una cittadina molto vivace che ha accolto sempre gli ospiti con grande cordialità». Per il futuro più prossimo, gli Amici di Romsey pensano ad un’apertura con altre associazioni trevigliesi, per dare più enfasi e più visibilità al gemellaggio ed anche per vivacizzare le attività culturali. Oltre ai corsi di inglese sono previsti incontri per la conversazione in lingua, è già in corso una collaborazione con il gruppo teatrale Tae ed altre iniziative che serviranno a far conoscere la cultura e le tradizioni del popolo anglosassone.
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Cinema
Guida semiseria ai film di settembre di Gabriele Lingiardi
Scopriamo insieme le nuove uscite del mese
C
ontrariamente agli Stati Uniti, per i quali l’estate è il momento di massimo fervore per i film di intrattenimento ad alto costo, in Italia il sole e il mare sembrano vincere sull’aria condizionata della sala. Nonostante qualche recente tentativo degli esercenti di portare qualche uscita importante in questo mese, agosto segna la conclusione della stagione cinematografica in corso. Spesso, perciò, vengono portati in sala titoli minori, con poco appeal per il grande pubblico. A settembre invece tutto cambia. Si riparte, nuova stagione, nuovi film. Ecco quindi una agile guida semiseria per capire come affrontare la fine delle vacanze grazie alle nuovissime uscite cinematografiche. Diciamolo subito: non siamo di fronte ad un mese particolarmente brillante sotto il profilo dell’originalità. Trionfano remake e sequel. Un esempio? Il più atteso da mamme e bambini, ma anche papà, è l’ormai ultra pubblicizzato Alla ricerca di Dory. Il nuovo film della Pixar potrebbe venire definito anche come “la pellicola di animazione che vi toglierà ogni dubbio su che regalo fare ai bambini a Natale”: c’è infatti da aspettarsi una pioggia di gadget e di pupazzetti con le sembianze dei protagonisti. Promette comunque di essere un film che riempirà i cuori a grandi e piccini, che piacerà a tutti, e ci farà tornare ad amare il cinema (sì, nonostante i pupazzi). Fate un esperimento: se avete un amico o un’amica cinefili provate a chiedere quale
sia il film più atteso di questo mese, la risposta è quasi scontata. Il quasi è d’obbligo perché la tenera e smemorata Dory avrà come rivali… Gli alieni in persona. Chiunque ha vissuto con intensità gli anni ’90 cinematografici si tenga forte: sta tornando Indipendence Day! In cabina di regia, come nel primo episodio, c’è Roland Emmerich, dalla mano decisamente pesante ma assai spettacolare. Nel suo curriculum egli si vanta di avere distrutto, nell’ordine: la Casa Bianca, un po’ di città a causa di Godzilla, e infine il mondo intero per ben due volte (la prima congelandolo in L’alba del giorno dopo e la seconda nell’apocalittico 2012). Indipendence Day: Rigenerazione si presenta, già dal trailer, come un film da vedere su uno schermo il più grande possibile, con una ciotola di pop corn più grande possibile e con le pretese di trovare una trama filosoficamente stimolante le più basse possibili. Se sarà intrattenimento ben fatto potrebbe però valere la pena. Mentre i lettori più spericolati andranno a combattere gli alieni assieme a Liam Hemsworth, i più raffinati potranno godersi Io prima di te. Il film è tratto da un ottimo libro di Jojo Moyes e racconta la storia di Louisa Clark, una giovane ventiseienne con molte energie, che si trova ad affrontare una difficile sfida lavorativa, che metterà a dura prova il suo intaccabile buon umore: assistere Will Traynor, un giovane e ricco banchiere costretto su una sedia a rotelle da un terribile incidente, cercando in tutti i modi di dimostrargli
che la vita vale ancora la pena di essere vissuta. Potrebbe essere un grande successo al botteghino grazie ad un tono che lo rende adatto a tutti i tipi di pubblico, con la promessa di grandi emozioni. Staremo a vedere, sicuramente sarà una alternativa ai blockbuster fracassoni come Jason Bourne. Matt Damon e Paul Greengrass sono ancora una volta assieme per continuare la saga dell’agente della CIA che non ricordava nulla del suo passato. I vari Bourne si sono distinti, in passato, da una grandissima capacità di mantenere l’azione costante, coreografata con grande sapienza. Questo nuovo episodio non sarà da meno: una corsa spericolata dalla durata di 123 minuti che lascerà a bocca aperta, prodotto più adatto agli adulti che ai ragazzi, data la complessità degli intrighi e lo stile meno colorato e ironico dei vari “supereroi” di questo decennio. Come dicevo, sembra che in questo settembre soffi un vento carico di nostalgia, voglia di revival e di incassi sicuri. Infatti, Bridget Jones’s Baby è qui! Il terzo capitolo, tanto atteso e tanto rimandato, è finalmente in uscita nelle sale. Sarà interessante capire se Renée Zellweger e Colin Firth sapranno reggere gli 11 anni trascorsi da Che pasticcio Bridget Jones. Ma non è finita qui, perché sulla scia di Tarantino e del ritorno del western contemporaneo potremo vedere in sala il remake de I magnifici sette. Il cast è incredibile: Denzel Washington, Chris Pratt, Ethan Hawke e Vincent D’Onofrio sono tra i nomi di spicco del nuovo film di Antoine Fuqua. Altre uscite interessanti da tenere d’occhio sono: Café Society di Woody Allen, Demolition di Jean-Marc Valleé (regista del toccante Dallas Buyers Club) e L’estate addosso del nostro Gabriele Muccino, soprattutto per i più giovani. Fateci sapere se avete visto qualcosa di interessante durante l’estate o se siete rimasti particolarmente colpiti da qualche film, recente o antico che sia. Lo recensiremo! Aspettiamo le vostre indicazioni a redazione@tribuna.srl Settembre 2016 •
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Amarcord
Il primo volo aereo su Treviglio di Marco Falchetti
Premessa Il 17 dicembre 1903 negli Stati Uniti, a Kitty Hawk, North Carolina, i fratelli Wright, con il loro prototipo “Flyer” effettuano il primo volo continuativo controllato, con motore, pilotato, con un mezzo più pesante dell’aria: era nato l’aeroplano. Il 25 luglio 1909, il francese Blèriot con il suo monoplano attraversa per primo la Manica. Dopo le esibizioni aviatorie di Lèon Delagrange nel 1908 a Roma, e i raduni aviatori di Milano e Brescia dell’anno seguente, l’entusiasmo per il volo a Bergamo e provincia è alle stelle e, nel febbraio 1910, nasce presso il ristorante Cappello d’Oro l’Aereo Club Bergamo, uno dei primi in Italia. Viene scelto di allestire il campo di aviazione a Osio Sotto, la cui candidatura – in gara con Osio Sotto, Grassobbio, Ghisalba,
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Seriate e Orio Al Serio – è sostenuta dal sindaco, ing. Colleoni, che stanzia £ 3.000, e ottiene le promesse di finanziamento anche da parte dei colleghi di Osio Sopra, Brembate Sotto, Boltiere, Trezzo sull’Adda, Mariano al Brembo e San Gervasio (allora comuni). Il Campo, cintato da filo di ferro, si trovava a ovest del fiume Brembo, ed era delimitato dalle due strade comunali di Osio Sopra e Osio Sotto che confluivano alla località Rasica, così chiamata perché in quel luogo sorgeva un’antica segheria di legname, poi trasformata in filanda (superato il ponte dell’autostrada Milano-Bergamo, in direzione Osio Sopra, la località è ancora visibile sulla destra). Una squadra di ottanta operai e una decina di artigiani lavora all’opera di livellamento per la pista di partenza e di atterraggio, alla costruzione degli hangar per tre velivoli, di una tribuna in legno per 600 persone,
Balilla Battagli ed il suo biplano “Farman”
e di una tribuna per le autorità e la stampa: senza perdere tempo, dopo un anno dalla sua costituzione, il club di aviazione di Bergamo può inaugurare l’aerodromo. L’evento, per il quale vengono scelti i giorni 16, 17 e 18 aprile, vede la partecipazione di tre noti piloti con i loro rispettivi velivoli: il francese Lèon Cheuret, nome di spicco nel mondo della prima aviazione; il romano, ma residente a Genova, Ciro Cirri e il genovese Balilla Battagli. Il programma comprende voli di altezza, velocità e distanza, con o senza passeggeri ed è articolato su tre prove raid di andata e ritorno: a Bergamo, con premio di £. 4000; a Treviglio, con in palio £.3000; e a Trezzo con premio di £. 2000. L’inaugurazione avviene in una bella giornata primaverile, il 16 aprile 1911, giorno di Pasqua, alla presenza delle massime autorità bergamasche civili e militari. Diversi scritti e telegrammi partono dalla sottoprefettura di Treviglio, competente per territorio, diretti al sindaco di Osio Sotto e agli organizzatori per affrontare problemi di ordine pubblico e sanitari: treni speciali, tram, camion-automobili, giardiniere e omnibus a cavalli vi trasportano migliaia Il monoplano “Bleriot” di Ciro Cirri
Léon Cheuret sta montando ad Osio il suo “Farman”
di persone. I prezzi di ingresso vanno dalle dieci lire per le tribune, alle tre lire per le sedie e a una lira per posti in piedi. Alla manifestazione presenziano famiglie di nobili, il sindaco di Osio Sotto, quello di Bergamo, il viceprefetto di Treviglio dott. Masi, il comandante ed alcuni allievi di una delle prime scuole aviatorie italiane, quella di Cameri vicino a Novara. Assente giustificato il senatore Agostino Cameroni, che in un telegramma letto dal sindaco padrone di casa, spiega di essere trattenuto a Milano da urgenti impegni.
Il volo su Treviglio Nella seconda giornata di voli l’inizio è fissato per le ore 14.30. I velivoli vengono spinti fuori dagli hangar, ma il vento forte fa rimandare i decolli. Finalmente verso 17.40 il vento cessa, e il pilota Ciro Cirri parte, sorvola Osio Sotto, poi seguendo la bianca strada provinciale punta verso Bergamo: la gente dal campo segue eccitata l’esibizione. L’aviatore vola sulla città acclamato dalla numerosa folla radunata sulle mura, poi si allontana, scende verso Borgo Palazzo e puntando su Stezzano, vola verso Treviglio. Dopo aver sorvolato i comuni di Verdello ed Arcene, vede dinnanzi a sé il maestoso
e altissimo campanile della città della Gera D’Adda, la sorvola, gira più volte attorno alla torre campanaria. I trevigliesi nell’attesa erano saliti anche sui tetti delle case per ammirare meglio l’esibizione: increduli e colmi di eccitazione guardano quella strana novità e applaudono stupiti, acclamando a gran voce e agitando fazzoletti, poi il velivolo si dirige verso Canonica, con destinazione Trezzo dove fa un giro intorno al campanile e al castello. Dal campo di Osio si attende il ritorno del pilota. Si scruta il cielo, non si sa dove sia, si mormora che sia caduto, che si sia perso, alcune automobili partono alla ricerca. Tutti i dubbi svaniscono quando ad un tratto all’orizzonte appare e atterra filando diritto verso gli hangar. Ha volato per tre quarti d’ora battendo tutti i record italiani fuori dai circuiti: d’altezza, di distanza, di tempo. Il suo trionfo è grande e la folla acclama fragorosamente. La banda intona la Marcia Reale, il sindaco di Bergamo, avv. Preda, abbraccia e bacia Ciro Cirri che, commosso, piange. Il direttore della scuola di volo di Cameri esclama: «è stato il più bel volo compiuto finora in Italia». Cirri è rimasto assente dal campo, sempre volando, per 48 minuti ad una velocità record di 95 km/h e percorrendo in una sola volta circa 90 chilometri.
I fortunati abitanti di Treviglio, assistono a uno tra i primi voli in Italia, un volo record! Le due principali testate del capoluogo di provincia, Il Giornale di Bergamo e L’Eco di Bergamo, danno molto risalto a questi voli con edizioni straordinarie e parecchi articoli, per giorni, prima durante e dopo il raid, con cronisti ed inviati speciali, con fotografie ed edizioni speciali. Nessuno dei tre giornali pubblicati al tempo a Treviglio (il quindicinale Il Santuario di Treviglio e i due settimanali La Sveglia e Il Campanile) dà notizia dei voli: nessun articolo, nessun accenno a quello straordinario evento; l’unica notizia la riporta La Sveglia in data 3 giugno 1911, in un articolo pieno di errori ed inesattezze: la morte in incidente aereo avvenuta il 27 maggio 1911 a Voghera, dell’eroe volante Ciro Cirri. Lo sfortunato pilota aveva solo 30 anni.
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Da fare 48 • tribuna magazine • Settembre 2016
Scout
Un anno vissuto intensamente di Franco Galli
Il positivo bilancio della stagione scout appena conclusa
S
couting for boys è il titolo del primo libro di Robert Baden Powell, fondatore del movimento scout, in cui espone tutti i fondamenti pedagogici della sua intuizione educativa che ancora oggi, a oltre 100 anni dalla sua proposizione, rimane accattivante e vincente. Noi del gruppo di Treviglio, ovviamente, l’abbiamo fatta nostra da più di 65 anni e anche in questo 2016 l’abbiamo ben vissuta. Concluse le tradizionali attività domenicali con il campo di chiusura di fine maggio, abbiamo atteso le magnifiche esperienze dei campi estivi. A onor del vero, la branca RS (i ragazzi più grandi) prima dei loro campi estivi hanno vissuto un’attività di due giorni in un servizio a Zogno, intrattenendo un gruppo di minori extracomunitari non accompagnati: un’esperienza che già dalle premesse è apparsa molto formativa. L’anno scout vissuto ha regalato buoni spunti educativi e ha soddisfatto tutti, abbiamo vissuto le numerose attività domenicali e, soprattutto, la Festa di Primavera dei Lupetti (il raduno provinciale) realizzatasi in città. Il campo di chiusura del nostro anno è stato effettuato a Spirano, nei giorni del 28 e 29 maggio, nella splendida cornice del parco San Rocco, luogo ben strutturato e congeniale per le nostre necessità; la due giorni è stata vissuta sulla traccia di San Francesco – patrono dei Lupetti – che attraverso giochi, animazioni e preghiere ha fatto giungere al nostro animo il suo messaggio di fratellanza e armonia con il creato, nonché quel senso di gratitudine verso Dio.
La copiosa pioggia della domenica, non ha demoralizzato né ostacolato il regolare svolgersi delle attività programmate, anzi, ci ha reso ancor più consapevoli del motto che recita “non esiste buono o cattivo tempo, ma buono o cattivo equipaggiamento”, e la soddisfazione c’è stata per tutti, grandi e piccini. Archiviato il momento di chiusura, abbiamo anche già pensato al futuro, con il rinnovo quasi unanime, da parte dei capi, della propria disponibilità al servizio anche per l’anno a venire, riuscendo a confermare ancora una continuità verso i ragazzi che Campo S. Giorgio: clan e noviziato (16-20 anni) alla festa di primavera dei lupetti, raduno provinciale a Treviglio Due capi nella fase di smontaggio
Assisi, agosto 2014: campo estivo dei lupetti (8-12 anni) sulle orme del loro protettore S.Francesco Attività di cammino al Canto Alto (BG) con il noviziato (16 anni), febbraio 2016
abbiamo in Gruppo, e guardando con ottimismo le nuove leve che, fortunatamente, terminato il loro cammino formativo si mettono a disposizione come giovani capi per aiutare i veterani e un domani prendere il loro posto. Un doveroso cenno va fatto in merito ai nostri campi estivi: i lupetti nella settimana dopo ferragosto hanno vissuto la loro esperienza alla base scout di Piazzole, in provincia di Brescia, sul tema degli antichi greci; nello stesso periodo il noviziato ha svolto servizio in una comunità di recupero tossicodipendenti nel Lazio, a Tarquinia; il reparto (12/14 anni) è partito, insieme ai colleghi del Morengo e dello Zingonia, alla volta della base scout nautica di Pisogne, sul lago d’Iseo; infine, per i grandi del Clan, è stato organizzato un campo di servizio con la Caritas a Ventimiglia, in un campo profughi. Un ultimo pensiero e un grazie ai genitori che di noi si fidano e ci affidano i loro ragazzi e un personale ringraziamento a tutti i capi del Gruppo per la loro vocazione, disponibilità e competenza. Buona strada.
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Esperienze
Alpini, gli Italiani di domani di Ivan Scelsa
Sei giorni per insegnare il Valor di Patria ed il senso civico ai più giovani attraverso un corso di primo soccorso, servizio antincendio ed orientamento topografico
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educazione ed il senso civico non nascono dal nulla e le generazioni di domani, quelle che ci auguriamo prendano coscienza della necessità di un radicale cambio di passo nell’approccio con la società (da intendersi come comunità a cui si appartiene e in cui ci si deve prodigare), oggi più che mai, dopo l’abolizione del servizio militare obbligatorio e la crescente disaffezione al valor di Patria, necessitano di essere rinvigorite anche da iniziative associativo-volontaristiche dalle quali sgorghi nuova linfa formativa per il tessuto sociale delle nuove generazioni. E questo, occorre accada sin dalla giovane età dei protagonisti del nostro domani. Dal 5 al 10 luglio scorsi, la manifestazione Campo scuola Alpini di domani, gestita dal gruppo trevigliese degli Alpini all’interno del Parco del Roccolo di Treviglio, ha avuto lo scopo principale di far conoscere alle nuove generazioni l’Associazione Nazionale Alpini e le varie attività ad essa connesse. Dalle “giornate dell’alpino”, al “Tricolore nelle scuole” ed alla la consegna della costituzione agli studenti diciottenni, gli Alpini sono da sempre in prima linea nella tutela e promozione dei valori più alti e, visti gli ottimi risultati dei Trainig Day organizzati dalla circoscrizione regionale dell’UNUCI (ormai oltre un decennio orsono), alcuni Gruppi hanno deciso di seguirne la logica che, come recita il Protocollo d’Intesa siglato il 13 settembre 2007 tra l’Esercito Italiano e la Direzione Scuola della Lombardia, si
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propone di avvicinare in modo innovativo e coinvolgente il mondo scolastico alla Forze Armate, alla Protezione Civile, alla Croce Rossa ed ai gruppi volontari del soccorso. L’idea di far vivere alle nuove generazioni la realtà del volontariato ha portato alla nascita dei campi scuola, di cui forse l’esempio organizzativo migliore in zona è rappresentato da quello di Almenno San Bartolomeo dove, grazie alla presenza interna degli stessi Alpini nel nucleo di Protezione Civile, vi sono già tutte le risorse necessarie per l’organizzazione dell’iniziativa. Ma la realtà di Treviglio e della bassa bergamasca presenta una sostanziale differenza rispetto a quella degli altri campi, poiché, da noi, esistono realtà di protezione civile e volontariato che sono totalmente sganciate dal Gruppo Alpini. Di qui la necessità di coinvolgere attori esterni all’A.N.A. e l’idea di “arruolare” altre associazioni del territorio come Croce Rossa Italiana, Vigili del Fuoco Volontari, Protezione Civile, Club Alpino Italiano e Amici del Roccolo che hanno fornito le competenze e le strutture che mancavano, consentendo così l’ottimo allestimento del campus. I Gruppi alpini della zona – Caravaggio, Casirate d’Adda, Pagazzano, Misano Gera d’Adda e ovviamente quello di Treviglio – hanno poi garantito l’organizzazione ed il supporto logistico. Sarebbe sbagliato approcciarsi a questa iniziativa come all’ennesima promossa nel periodo estivo (notoriamente da molti vista
come un parcheggio per i figli nel periodo di chiusura dei plessi scolastici): il campo infatti mirava a perseguire obiettivi importanti, come far prendere coscienza di sé, dei propri bisogni e delle proprie qualità, aprirsi agli altri, imparare a comprenderli e ad interagire nel rispetto reciproco, ad assumersi le proprie responsabilità, a decidere, accettare e condividere le regole necessarie alla vita di comunità e a rispettare la natura. Non per ultimi – e oggi più che mai una necessità formativa – ad immettere nel fanciullo quei valori di Patria, cameratismo, fratellanza e conoscenza della storia del Corpo, unite ad alcune basilari nozioni di Protezione Civile, di primo soccorso, antincendio ed orientamento topografico. In questo l’area del Parco è risultata particolarmente idonea, avendo delle attrezzate strutture fisse: pagoda per zona mensa e di ritrovo, cucina con adeguata dotazione per 150 pasti/ora, servizi igienici, magazzini e depositi, illuminazione perimetrale ed interna. Gli organizzatori hanno poi provveduto ad approntare tende pneumatiche complete di brandine ed impianto di illuminazione per alloggiare nottetempo i cadetti, predisponendo tra le attività didattiche anche uso di strutture esterne come la palestra di roccia presso la scuola “A. Mozzi”, dove i partecipanti hanno utilizzato quotidianamente il servizio docce. Il “plotone dei cadetti”, suddiviso in due squadre miste per età e genere, avevano un caposquadra che coordinava le operazioni con istruttori messi a disposizione dalle
CENTRO INFERMIERISTICO e POLISPECIALISTICO
associazioni, ognuno secondo la propria specialità e seguendo un programma di istruzione suddiviso in più corsi, che hanno potuto così toccare diversi punti: dall’addestramento formale (attenti, riposo, marcia in gruppo, alzabandiera...) al corso di protezione civile, dall’antincendio al montaggio tende, dall’arrampicata su palestra di roccia al corso di corde e nodi. E ancora l’utilizzo di radiotrasmittenti e di topografia ed orientamento, fino al corso di botanica e alla dimostrazione di impiego di un cane antidroga. A proposito: come in caserma, tutti i comandi sono stati scanditi dal suono della tromba, sicuramente evocativa della vita militare ma forse più perentoria ed efficace di un ordine impartito ad alta voce. Nella giornata di chiusura, alla presenza dei genitori, i giovani partecipanti hanno poi dato dimostrazione pratica di quanto appreso, simulando un intervento coordinato di soccorso ad un ferito in ambiente potenzialmente pericoloso per la presenza di un incendio e di agenti chimici. Al termine, dopo i discorsi di rito e la consegna degli attestati di specializzazione, la manifestazione si è conclusa con un pranzo conviviale a cui anche alcune Autorità locali hanno preso parte, e a cui si è aggiunto il plauso delle famiglie, tutte entusiaste e partecipi all’iniziativa e convinte della bontà dell’impegno profusi dalle Associazioni, meritevoli e bisognose del riconoscimento e della vicinanza delle comunità per cui si prodigano.
Una persona che ha cura di un’altra rappresenta il più grande valore della vita.
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Speakers’ Corner: un angolo di Gran Bretagna a Caravaggio
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ltre al celebre Speakers’ Corner di Hyde Park, Londra, dove chiunque può improvvisare un comizio e condividere le proprie opinioni con i passanti, anche a Caravaggio c’è un omonimo angolo di Gran Bretagna, accogliente e colorato, dove per imparare la conversazione è fondamentale. Non una tradizionale “scuola” di lingua straniera, ma il frutto di una ricerca mirata ad offrire metodologie di apprendimento originali, coinvolgenti e, soprattutto, efficaci. Dinamicità e velocità sono, con “listen and speak” (ascolta e parla), le parole chiave dell’approccio impostato da Anna Maria Merisio, titolare dell’attività, mamma ed insegnante con solida esperienza. «Mi è capitato spesso di incontrare persone che avevano frequentato corsi di inglese, ma che, nonostante ciò – spiega – si sentivano bloccati al
momento di dover chiedere o rispondere in situazioni “reali”». La soluzione a questo problema è l’insegnamento attraverso il “push and pull”, letteralmente spingi e tira, ossia un incalzante alternarsi di domande e risposte – rigorosamente nella lingua di Sua Maestà – poste alla stessa velocità del parlato quotidiano, con immediate correzioni e rinforzi sistematici. È l’impostazione del Callan MethodTM (di cui Anna è insegnante certificata), grazie al quale è possibile imparare l’inglese in un quarto del tempo. «Non è grammatica né semplicemente conversazione – chiarisce la docente – è una costruzione consequenziale delle proprie competenze linguistiche, mattone dopo mattone, fino a portare lo studente a pensare in inglese». L’efficacia di questo approccio è data anche dal numero ristretto di studenti per corso (quattro o cinque al massimo, ma è possibile anche avere lezioni individuali), garanzia di attenzione e cura da parte dell’insegnante. Il metodo CallanTM è disponibile, in tutti i suoi dodici livelli, per gli adulti e i ragazzi fino ai 12 anni (il CallanTM for Kids è una novità di ottobre). Speakers’ Corner pensa anche ai più piccoli, attraverso la rivendita di libri in inglese della casa editrice Usborne e, soprattutto, offrendo loro non un semplice corso di inglese, ma un laboratorio creativo ed espressivo, dove attraverso i sensi si impara la lingua straniera e vengono sviluppate le abilità fisiche, socio-emotive, cognitive, e musicali. I bambini usano il tatto, l’olfatto ed il corpo intero per imparare nuovi concetti, e la lingua è presentata attraverso giochi, canzoni, balli, mimica e attività manuali. L’inglese è divertente, proprio come dice il nome del metodo English is Fun®, ideato da Tata Adriana (al secolo Adriana
A sinistra: Anna Maria Merisio, titolare di Speakers’ Corner, in compagnia di Tata Adriana
Cantisani), volto televisivo noto per le trasmissioni SOS Tata e English For Me. I corsi sono differenziati per fasce di età: si parte dai piccolissimi, da 1 a 3 anni, dove si fa uso di canzoni e attività sensoriali (Anna dal 2012 svolge laboratori di lingua inglese presso Asili Nido e, sebbene si possa pensare che i bimbi siano troppo piccoli, sono proprio gli anni dalla nascita all’età scolare i migliori per imparare una lingua straniera); per i bambini dai 3 agli 8 anni il lavoro parte da una fun box, passa attraverso canzoni, oggetti misteriosi, lavoretti e schede da colorare e/o completare); più strutturato il corso dedicato ai ragazzi tra gli 8 e i 12 anni, chiamati ad attività di ascolto, ricerca, giochi, traduzioni, produzioni artistiche. È un’immersione in un mondo tinto con i colori della Union Jack, dove l’uso della lingua madre è limitato il più possibile e dove i ragazzi sperimentano, creano e, senza accorgersi, apprendono l’inglese da un’insegnante certificata. Perché non è mi troppo presto, né troppo tardi, per imparare.
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Arte
I volti dei Visconti di Diego Defendini
In mostra, a Brignano Gera d’Adda, una singolare esposizione di maschere lignee
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a Gera d’Adda è da sempre terra di grande valore storico e culturale, e offre decine i luoghi da visitare che riportano ad antichi fasti dell’età romana e medievale. Tra questi tesori spicca sicuramente una perla di rara bellezza: Palazzo Visconti a Brignano Gera d’Adda. Nato attorno al decimo secolo come costruzione di difesa per fronteggiare i nemici nella tumultuosa epoca del medioevo, il castello ha via via perso la connotazione difensiva, caratterizzandosi sempre più come palazzo signorile, in cui nel corso dei secoli si sono susseguiti intrighi politici e non da parte della famiglia Visconti, proprietaria dell’edificio fino alla fine del milleottocento, quando Antonietta Visconti Sauli morì senza eredi. Da allora, il palazzo è passato sotto il controllo di diverse proprietà ed enti fino ad arrivare alla situazione odierna che lo vede suddiviso in due parti: una, detta Palazzo Vecchio, patrimonio pubblico, in cui è insediato il Municipio cittadino; l’altra, Palazzo Nuovo, appartiene a privati, non aperta al pubblico e attualmente in vendita. La struttura accoglie al suo interno numerose opere d’arte di valenza internazionale, tra cui le maschere lignee, vero e proprio gioiello artistico, tanto che si sono guadagnate una esposizione permanente allestita all’interno dell’edificio. Per oltre 400 anni queste opere d’arte sono rimaste appese sulle testate esterne delle travi del palazzo, accogliendo con il loro sguardo enigmatico i visitatori. Il tempo passa per tutti, anche
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per i capolavori, e quindi l’amministrazione ha deciso di rimuoverle dalla loro sede originaria e di porle in un luogo sicuro e protetto, permettendo comunque ai curiosi di poterle scoprire visitando la mostra. Le maschere sono in tutto 165: intagliate in legno di tiglio, di una grandezza compresa tra i 16 e i 24 cm di altezza e i 20 e i 29 cm di larghezza; pare che inizialmente fossero policrome e abbiano poi assunto l’attuale colore scuro in seguito ad un successivo restauro effettuato nel ‘700. Il museo che le ospita permette di scoprirle a rotazione, infatti sono trentasei le maschere esposte che verranno sostituite ciclicamente ogni tre anni, in modo da poter permettere la visione di tutte le effigi presenti nella collezione. I volti scolpiti sono uno diverso dall’altro e per la maggior parte di genere definito grottesco. Grandi nasi, vistose orecchie a sventola, baffoni che scendono su tutto il viso, enormi occhi incassati, grosse labbra dall’espressione imbronciata: sono queste le caratteristiche che accomunano gran parte di queste opere. Alcune, però. si dissociano da questa tipologia raffigurando invece volti dalle fattezze quasi animalesche, con grosse criniere che circondano l’intero viso e mascelle sporgenti. La creazione di questo museo è stata voluta fortemente dalla giunta comunale che, in rete con altre città del territorio – come Treviglio, Pagazzano e Romano di Lombardia – hanno ricevuto una importante sovvenzione per la realizzazione dei propri musei
cittadini. La pinacoteca e il palazzo strizzano comunque l’occhio anche al futuro: infatti, per l’occasione, sono state allestite alcune postazioni hi-tech ideate appositamente. Alcuni totem informativi sono stati posizionati sulle scale e nei saloni del palazzo, dove i visitatori armati di smartphone possono passare la fotocamera davanti al codice Q.R. e visualizzare sul proprio telefono le informazioni storiche legate all’edificio e alle opere d’arte presenti. Nella sala dei centauri, adibita all’esposizione delle maschere, è stato collocato invece un grosso schermo touch screen, con cui i più piccoli possono giocare e allo stesso tempo imparare nozioni importanti in merito alla storia delle sculture e del palazzo che le ospita. Un museo a 360 gradi quindi, che fonde l’antico con il moderno, dove gli appassionati di storia e non solo possono fare un tuffo nel passato, scoprendo queste fantastiche opere d’arte che per anni hanno scrutato dall’alto le terre della Gera d’Adda e che ora si sono guadagnate un meritato riposo nelle teche del museo. Ma, attenzione, di volti e di maschere l’edificio è pieno, non solo di quelle lignee ma anche di quelle dipinte, e non sarà difficile per i visitatori sentirsi osservati mentre affrontano le sale e i corridoi del palazzo: basta infatti alzare gli occhi per scoprire che decine di piccole figure li stanno scrutando in modo quasi solenne, perché dopo tutto noi siamo solo ospiti di tutto questo, mentre loro sono i gelosi custodi di una bellezza e di un’arte senza tempo.
Madre rosso vivo di Francesca Possenti
Omaggio a Trento Longaretti in occasione del suo centesimo compleanno
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a redazione di tribuna magazine coglie l’occasione di omaggiare il grande pittore trevigliese, nel mese del suo centesimo compleanno, illustrando una delle sue opere rappresentativa di un tema a lui assai caro: la maternità. L’opera, intitolata “Madre rosso vivo”, è un olio su tela (di cm 170 x 85), datato 1982-86, e conservato presso il Centro Civico Culturale di Treviglio, città natale del Professore. Il dipinto raffigura una madre con il figlio in braccio: la figura femminile è imponente, occupa quasi tutto lo spazio del dipinto e si inscrive in una forma piramidale. Il colore rosso attira lo sguardo dell’osservatore, mentre la tinta blu dello sfondo allontana il fondale mettendo ancora più in evidenza la maestosità della figura materna, che sembra quasi fuoriuscire dal dipinto grazie al panneggio reso con pennellate corpose e materiche. Il colore diventa protagonista assoluto dell’opera: suggerisce sensazioni, suscita emozioni, dà forma alle figure, che diventano così espressione dello stato d’animo dell’artista e motivo di riflessione e commozione per lo spettatore. La linea scura di contorno che avvolge con decisione la figura, dipinta con un tratto incerto e variabile, trasmette l’impressione di un tremito e di un lieve movimento della madre. Ne deriva un senso di precarietà e di attesa rispetto ad un destino già deciso; la figura materna, qui come in molte altre opere del Maestro, pare manifestare il suo timore per un futuro sconosciuto. I volti della mamma e del suo bambino sono dipinti con rapide pennellate che creano un’immagine di grande delicatezza e tenerezza; ricordano la testa del Bambino e il morbido inclinarsi della testa di Maria, dipinti con estrema grazia da Caravaggio in uno dei suoi capolavori, “Riposo nella Fuga in Egitto”. Madre e figlio sono inoltre raffigurati all’interno di un unico spazio, simbolo del profondo legame e della simbiosi esistente tra i due, proprio come li aveva realizzati il grande Michelangelo in alcune sue opere di scultura (ad esempio la “Pietà Rondanini”). La linea compositiva ha un andamento obliquo e lievemente curvo, che conferisce raffinatezza ed eleganza, generando contemporaneamente un lieve senso di dinamismo. Le figure, nonostante si presentino intenzionate a muoversi per raggiungere forse una meta lontana, appaiono tuttavia ancora ferme e legate al passato, raffigurato simbolicamente dal panneggio che sulla destra pare “proseguire” nello spazio esterno al dipinto. Tanti sono i richiami ai grandi nomi della storia dell’arte, oltre a Caravaggio e a Michelangelo, di cui già abbiamo parlato, è evidente il rimando a Klimt, nella raffinatezza delle figure, nelle mani ossute della madre e nelle decorazioni geometriche presenti sia sullo sfondo del quadro che nella capigliatura della giovane donna. L’opera è proprietà del Museo Civico di Treviglio, che l’ha ricevuta in dono proprio dal pittore stesso nel 1986, insieme ad altri dipinti e disegni destinati ad arricchire la collezione del Costituendo Museo Civico. Settembre 2016 •
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Libri
Penelope stanca di Angela Cinelli
COME LAVORIAMO
“Le poesie dell’attesa” delle donne nel libro di Mina D’Agostino
I STUDIO
PROGETTAZIONE
RENDERING
CONSEGNA
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l secondo volume di poesie di Mina D’Agostino, “Penelope stanca”, (stampato dal Gruppo Editoriale L’Espresso e posto in vendita da Feltrinelli) presenta l’attesa di una donna che rappresenta molte donne del passato e del presente: le mogli che aspettano mariti emigrati o in guerra, le madri che attendono figli che difficilmente faranno ritorno, le figlie che quasi non conoscono i padri partiti per chissà dove. L’attesa significa anche solitudine e riflessione, che fortificano le donne e le ancorano ai loro valori e destini immutabili. Per far capire l’universalità del problema l’autrice ricorre alla figura mitologica di Penelope, la cui vita si è consumata nell’attesa del ritorno del marito, nella crescita e nell’educazione del figlio, nel mantenimento di un regno continuamente assalito da altre forze. È l’eroina che fa e disfa una tela apparentemente inutile, ma che rappresenta tutta la sua vita. Tessendo, disfacendo, rifacendo il lavoro, fortifica i suoi pensieri e diventa forte e matura. Il libro presenta circa ottanta poesie, di cui alcune già pubblicate nel precedente volume, “La parola è il mio dono” (pubblicato da Editrice Urso), la cui figura di riferimento è Cassandra, nata per predire il futuro ma destinata a non essere mai creduta dagli uomini. Miti che rimandano ad un tempo lontano oltre la storia, ma che poi si esprimono con linguaggi e rime del tutto moderni. «Ho scelto le donne della mitologia – spiega l’autrice – per diversi motivi. In primo luogo mi viene naturale, quando penso al destino delle donne, riferirmi a queste figure che, proprio perché sono oltre il tempo e oltre la storia, hanno dei punti comuni con le donne di tutti tempi. Attendere ed essere un punto di riferimento per una famiglia sfasciata è cosa di sempre; dire cose intelligenti e non essere prese in considerazione perché donne, essere fatte schiave, violentate e punite: lo ritroviamo nella cronaca di tutti i giorni, anche nel femminicidio che è stato nei tempi ma che è ancora cosa attualissima». Le poesie, però, non hanno l’altisonanza della tragedia greca e non sembrano
Noter di Arzago di Alfredo Venturini
Gian Carlo Macchi ci parla del suo libro di poesie in dialetto arzaghese
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oter de Berghem de sota è un’interessante pubblicazione che raccoglie poesie scritte nella parlata di Arzago d’Adda, ma non solo: ce lo spiega il suo autore, Gian Carlo Macchi.
ricercare consensi, si presentano a volte con linguaggi quotidiani, quasi come ritornelli musicali che restano nell’orecchio, di cui si potrebbe perdere il senso. «Io non credo – prosegue – che le liriche debbano essere altisonanti, complesse o ermetiche. La complessità ha provocato l’agonia della poesia e la goduria dei critici. Io credo che si debba tornare a dire le cose come stanno, senza dimenticare che un verso non è una riga corta di prosa, ma risponde a sue proprie norme stilistiche e musicali. Al di là della prosa, della narrazione, la poesia deve affrontare dei problemi, far nascere il desiderio di capire e di conoscere. Non dico che deve toccare il cuore degli uomini perché questa è pura retorica, ma deve suscitare quella sensibilità che oggi, per diversi motivi, va morendo». Musicalità del verso, andamento ora statico ora mosso e ritmi che si alternano e si riprendono sono le caratteristiche di queste liriche, che non nascondono temi profondi come la precarietà della vita e dei sentimenti, al di spora dei quali resta comunque la persona. «Quello del tempo – spiega D’Agostino – è un problema quanto mai attualissimo. Tutta la poesia moderna, anche quella di Montale, è nel tempo costruito (come direbbe Alda Merini), fatto di anni, o nel cosiddetto tempo intuitivo o della memoria. Oggi invece scopriamo che il tempo non esiste, che il passato remoto coincide con l’attualità del presente, e riguardo al futuro non sappiamo più dove sia andato a finire. Oggi che il domani non è più programmabile nella vita di nessuno di noi, è molto difficile parlarne. Per questo mi attacco al presente, tendo a frantumarlo per prenderne coscienza».
Come le è venuta l’idea di questo libro? «Mio fratello Walter ha fondato e dirige dal 1982 la compagnia Gli Arzaghesi, che ha in repertorio numerosi lavori teatrali, molti dei quali nel dialetto di Arzago. Questi ultimi sono prevalentemente commedie inframmezzate da brani musicali cantati, originali o adattati da poesie o canzoni straniere. Da qui l’idea di raccogliere i testi di questi brani, alcuni dei quali si possono considerare vere e proprie poesie, in un volume». Oltre ai testi in dialetto, nel libro è presente anche la loro traduzione in italiano? «Sì, e non solo. Ciascuno dei ventitré testi è anche preceduto da una breve presentazione che lo inquadra, con note sul suo significato o aneddoti sulla sua composizione, sullo spettacolo in cui è inserito, sul motivo musicale su cui è cantato ecc. Sono inoltre presenti tre poesie in italiano, due capitoletti sul dialetto arzaghese, tre brevi scritti che descrivono Arzago com’era nell’800 e nove fotografie in bianco e nero». Come mai questo titolo? «Come ho scritto nella presentazione del volume, si tratta di un gioco di parole sulla falsariga del titolo della nota canzone Noter de Berghem, de Berghem de sura. Infatti noter, cioè noi arzaghesi, siamo de Berghem non perché abitiamo a Bergamo, ma in quanto bergamaschi; e siamo de sota non perché abitiamo a Bergamo di sotto, ma in quanto il nostro paese si trova nella bassa bergamasca, così bassa che più bassa non si può». Dove è disponibile il libro? «Su diversi siti Web che ven-
dono per corrispondenza, come ilmiolibro, lulu, amazon, ecc., facilmente reperibili con un motore di ricerca. Notizie su questo libro e sugli altri che ho scritto, oltre a un’anteprima di diverse pagine, si possono trovare anche sul sito, in parte ancora in costruzione, www.lingueetcetera.it, curato da mio figlio Andrea». Anche le altre opere hanno a che vedere col dialetto arzaghese? «Solo uno, che si intitola, appunto, Il dialetto arzaghese. E sono stati proprio i due capitoletti sul dialetto cui ho accennato sopra a suggerirmi l’idea di questa grammatica, che ho impiegato quasi tre anni a completare e nella quale ho fotografato la mia lingua madre così com’è ora (fonologia, ortografia, morfologia e sintassi). Gli altri libri sono due raccolte di filastrocche tradotte o adattate dall’inglese (uno è la versione italiana dell’Alfabeto dei vecchi amici, l’abbecedario del pittore Walter Crane, con le tavole originali a colori restaurate), un’edizione integrale annotata di Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno, completata con la “Continuazione e fine della storia di Cacasenno”, appositamente tradotta da un’edizione spagnola del 1864, e due traduzioni annotate del Dialogo di Salomone e Marcolfo e del Dizionario dei luoghi comuni di Flaubert». Ha altri libri in programma sul dialetto? «Il Vocabolario del dialetto arzaghese, che sto compilando. Però purtroppo finora sono arrivato solo alla lettera b». Le auguriamo di completare presto tutti i lemmi.
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Eventi
Arcene, la 37ª edizione della Mostra del Fungo di Ivan Scelsa
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nserito nell’evento Cittadinanza in Dialogo e giunta alla sua 37^ edizione, la Mostra del Fungo in programma dalle ore 10:00 alle 22.00 del 25 settembre, anche quest’anno è promossa dall’Associazione Micologica Bresadola - gruppo di Arcene, in collaborazione con l’Assessorato alla Cultura e Associazionismo del Comune di Arcene. È l’immancabile appuntamento di inizio autunno che avrà luogo in piazza Civiltà Contadina, proprio nei pressi del Municipio. Tra le iniziative proposte, anche
l’inserimento di alcuni stand espositivi di produttori agricoli bergamaschi e lombardi, attrazioni per i bambini e due associazioni operanti nel settore della pet therapy, che saranno presenti con insoliti animali da compagnia: gli asini e i pony. Angelo Mariani, Presidente dell’associazione promotrice, ci tiene a sottolineare quali siano le motivazioni che portano, anno dopo anno, il gruppo ad impegnarsi sempre con maggior dedizione: «È essenziale la passione per la micologia, tanto quanto l’attenzione per le problematiche ambientali, di cui il fungo è il perfetto ago della bilancia dell’ecosistema; in breve, i funghi fanno parte di un equilibrio molto sensibile della natura di cui non tutti sono a conoscenza. Organizzare questo evento richiede sempre molto impegno nella raccolta delle specie (ogni anno più di 300) e nella loro classificazione, per renderli fa-
ph Stornati
Una bella occasione per conoscere l’Associazione Micologica Bresadola e il mondo dei funghi cilmente riconoscibili ai visitatori. Questo anche grazie all’allestimento, con foto e manifesti che rendano possibile individuare ogni singola specie: un lavoro anche piacevole, perché cercare di avvicinare la gente a questo splendido mondo è uno dei nostri obiettivi principali». Ma i progetti in cantiere non si limitano alla sola Arcene: «Quest’anno – prosegue Mariani – saremo presenti anche a Bergamo Scienze, in Città Alta (una sorta di Expo organizzata dall’Orto Botanico di Bergamo), dove il tema principale sarà rappresentato dalla collocazione del fungo nella nostra vita. Oltre a questa ottima iniziativa appena intrapresa, poi, vorremmo portare la mostra anche a Treviglio e proporre un programma per gli alunni delle scuole elementari. Ci sembra doveroso far capire ai nostri bambini che il fungo è bello, ma non sempre è buono e che l’ambiente va rispettato».
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Sport
La scherma come filosofia di vita di Ivan Scelsa
Capace di rinnovarsi attraverso i secoli, anche a Treviglio la disciplina annovera molti iscritti. Scopriamo la Compagnia della scherma lombarda Asd
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o sport è forse l’unica lingua universale compresa in tutto il mondo e capace di muovere milioni di persone. Per molti è una filosofia di vita, ha il potere di risvegliare la speranza in chi l’ha perduta dandole un nuovo obiettivo da raggiungere. E in questo, ogni sport ha la capacità di aiutare chi lo pratica secondo gli specifici parametri prefissati. Nel nostro Paese i flussi di denaro che confluiscono nell’ambiente sportivo sono prevalentemente concentrati nel calcio, nel rugby, nel basket e nella pallavolo: tutti sport di squadra, capaci di muovere vari interessi. Agli sport individuali, invece – fatta eccezione forse per il solo mondo dell’atletica – gli organi centrali e gli enti locali riservano molta meno attenzione. I soli investimenti annoverabili rimandano all’interessamento di singoli privati, senza che vi sia una vera ed articolata progettualità espressa a più alto livello. È il caso della scherma, una delle discipline più affascinanti e complete praticabili non solo in giovane età. Ne abbiamo parlato con Fabrizio Orsini, docente all’Istituto di istruzione superiore ad indirizzo sportivo Pacioli di Crema, istruttore di scherma ed appassionato di storia dello sport, tanto che dal 2013 è membro della Società italiana Storici dello Sport, che raggruppa i migliori ricercatori nazionali del campo.
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Parlando con Orsini ti accorgi subito di quanto sia preparato, non solo sull’argomento: ricorda date ed avvenimenti, cita aneddoti ed episodi “politici” che hanno portato l’ambiente sportivo ad una scelta piuttosto che ad un’altra, portando alle stelle questo o quel personaggio. Ha girato l’Europa, conosce la pedana ed i suoi segreti e potenzialità... Le stesse che potrebbe far emergere dai sui allievi. Ha seguito atleti di 6 anni e allieve di 65, dalle gare regionali a quelle europee, in competizione o in allenamento, al fianco dei massimi esponenti della disciplina. Conosce la tradizione della storica scuola milanese Margiarotti e gli impianti di Iesi e di Foggia, a suo dire tra i più bei palazzetti d’Italia per queste discipline. Cos’è la scherma? «Qualcuno potrà pensare che vincere è sempre facile, ma non è così, la vittoria è molto difficile. Quando un giovane inizia a praticare questo sport ha molte aspettative, ma poi in realtà è molto più dura di quello che immagina. Tanta è la fatica che dovrà affrontare per rimanere d’innanzi all’avversario. Molti pediatri hanno iniziato a consigliare la scherma ai più piccoli, per l’aspetto psico-fisico della disciplina, per la sua capacità formativa. Si lavora sull’emozionalità dell’individuo, sul rapporto umano tra gli atleti e con il loro istruttore. Il genitore spesso non si accorge che, anche nei momenti di apparente pausa tra una
stoccata e l’altra, il proprio figlio non sta parlando con gli altri, ma sta socializzando. E questo è importantissimo perché il clima che si respira è fondamentale». Chi è lo schermidore della Compagnia della scherma lombarda Asd di Treviglio? «Spesso è una persona che vuole una rivincita. Mi è capitato di incontrare giovani atleti provenienti da delusioni sportive in altre discipline. In questo caso si cerca di costruire prima l’individuo che c’è dietro allo sportivo, portandolo a conoscere una realtà che probabilmente neanche immaginava. La scherma, la sciabola ed il fioretto sono discipline che consentono una maggior longevità agonistica, molto più che in altri sport, tant’è che fino all’età di 21 anni l’atleta è inquadrato nella categoria “giovani”. A seconda della sua età, comunque, le dinamiche di approccio con la pedana devono essere necessariamente differenti. Se è il primo contatto, con un bambino sicuramente adotteremo un metodo più orientato al gioco. Con l’adulto, invece, è già più semplice, un individuo formato caratterialmente sa già cosa ricercare in se stesso e nello sport. Ma l’approccio più stimolante, anche per l’istruttore, di solito è con gli adole-
Referente Medico Struttura: Dott. Stanislao Aloisi (Medico Chirurgo) Supervisore discipline non EBM: Dott. Michele Tumiati (Medico Chirurgo) Referente Discipline Integrate: Simona Ardemagni (Tecnico di laboratorio analisi / Naturopata) Convenzione tecnico-scientifica con l’ambulatorio di Medicina di Base: Dott. Armando Pecis
scenti. Con loro va instaurata una comunicatività diversa, più coinvolgente anche nel linguaggio, con una partecipazione attiva al gruppo... Anche attraverso l’uso di chat». Ma come è realmente il mondo della scherma? «È una disciplina verso la quale c’è sempre stata una sorta di diffidenza che, nell’immaginario collettivo, l’ha relegata ad essere uno sport d’élite, per pochi. Di fatto non è così. A differenza di altre arti marziali – soprattutto quelle orientali – è una disciplina che ha saputo rinnovarsi spogliandosi della sua immagine decontestualizzata e votandosi alla concretezza, assumendo cioè una posizione critica con se stessa. Ed in questo devo dire che un primo passo in avanti si era già avuto con l’Illuminismo ed il Rinascimento. Storicamente sono le scuole militari ad aver sempre recitato un ruolo di primaria importanza nella formazione di atleti ed istruttori. E così è stato fino al 1978. Successivamente la “scuola italiana”, lasciate le caserme, ha saputo rinnovarsi e proseguire la sua attività, anche con pregevoli risultati che, soprattutto nel fioretto, l’anno portata ad essere la tra le più vincenti d’Europa, seconda solo alla Francia». Quando inizieranno i corsi? «Già in questi giorni. E sulla scia dell’entusiasmo delle Olimpiadi in Brasile crediamo che il numero dei partecipanti – che per lo scorso anno sono stati 40 – possa essere ancora incrementato. I corsi – per i quali metteremo a disposizione l’attrezzatura necessaria per intraprendere questo cammino – anticipano l’inizio dell’anno scolastico e vedono i più piccoli impegnati due volte la settimana nella fascia oraria tra le 17.00 e le 18.30, mentre gli adulti dalle 18.30 alle 20.30. Ovviamente gli atleti più esperti, quelli che hanno già una loro attrezzatura, hanno già intrapreso la preparazione atletica in virtù della prima prova di “spada” in programma alle regionali del 23 settembre. Il costo, poi, è ben al di sotto di quanto possiate immaginare: provare, per credere!».
• Medicina Funzionale - Biochimica Clinica Medica • Nutrizione Metabolica Medico Nutrizionistica • Osteo-Fisioterapia - Massoterapia - Taping Neuromuscolare • Naturopatia D.B.N Regione Lombardia • Reflessologia Plantare D.B.N Regione Lombardia • Agopuntura Medica • Riflessologia auricolare funzionale F.A.S.T. Discipline Bio-Naturali • Detossicazione ionica plantare Iscritte ai Registri Ufficiali • Analisi di laboratorio con referto medico: - Mineralogramma / Indagine Gastrointestinale - Analisi dei Metalli Tossici / Tossicosi croniche - Intolleranze alimentari su sangue D.B.N Regione Lombardia - Check up Salute e Prevenzione La Nostra Mission: «Riconoscere il ruolo fondamentale della Medicina Ufficiale nell’ambito della salute, aprendo a nuove interpretazioni e reali possibilità di trattamento fornite dalle Discipline Bio-Naturali indicate nei registri della Regione Lombardia salvaguardando la valenza scientifica attraverso periodici case reports e meta-analisi caso correlate».
Treviglio - Via Sangalli, 17 - Tel. 0363.1760007 Mail: spazio.richieste@virgilio.it Facebook: mater salute e prevenzione primaria Settembre 2016 •
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Le ricette di Erika Resmini
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Tagliatelle al basilico
Nel cuore di Treviglio la tradizione sposa l’eleganza delle forme in una nuova concezione di panetteria per fornire un servizio efficiente e raffinato Ingredienti (per 4 persone): Per la pasta: • 3 uova • 400 g farina • semola q.b. • 2 mazzi basilico • un pizzico di sale
Dolci Colazioni Pranzi Veloci Aperitivi
Via Verga 16 • Treviglio • 0363 562328 • www.viaverga16.it 62 • tribuna magazine • Settembre 2016
Per il sugo: • una dozzina di pomodori datterini • aglio • olio extravergine d’oliva • basilico
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ondare e lavare il basilico. Frullarlo fino a ridurlo in crema. In una ciotola versare la farina, creare una conca centrale e porvi la crema di basilico e le uova. Salare e sbattere il tutto con una forchetta, finché la farina non avrà assorbito. Iniziare ad impastare a mano per 10/15 minuti, quindi dividere l’impasto in panetti e tirare la sfoglia (a mano o con il tirapasta). Cospargere le sfoglie di semola, in modo da non fare attaccare la pasta, arrotolarle e tagliarle in strisce di 5/6 mm di spessore. Stendere la pasta e spolverarla di semola. Porre sul fuoco una pentola di acqua, portare ad ebollizione e salare, quindi versare le tagliatelle. Nel frattempo rosolare in padella con un cucchiaio di olio uno spicchio d’aglio e qualche foglia di basilico. Aggiungere un mestolo di acqua di cottura. Dopo cinque minuti (o quando vengono a galla), scolare le tagliatelle e saltarle in padella con aglio e olio. A fuoco spento aggiungere i pomodori ridotti a cubetti. Impiattare e guarnire con basilico fresco.
Filetti di tonno in crosta su crema di ceci Ingredienti (per 4 persone): • 4 tranci di tonno alti circa 3/4 cm • 200 gr pistacchi • 200 gr nocciole • 4 barattoli di ceci precotti • 4 cipollotti • 20 pomodori datterini • olio extra vergine di oliva • prezzemolo • salsa tabasco • aceto balsamico
Leonardo ed Enrica - Occhiali
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assare nel mixer le nocciole e i pistacchi fino a ridurli in granella, salarli e utilizzarli per impanare i lati e i bordi dei tranci. Scaldare in padella quattro cucchiai d’olio e mettervi a rosolare i cipollotti affettati, aggiungere i ceci (con il loro liquido) e salare. In un tegame scaldare un cucchiaio d’olio e scottare il tonno (bastano due minuti di cottura per lato, deve restare rosa al centro). Lasciare intiepidire i ceci e frullarli fino ad ottenere una crema. Per chi ama il piccante aggiungere 8/10 gocce di tabasco: è un tocco speciale. Impiattare la crema adagiandovi sopra il tonno precedentemente affettato. Servire con i pomodori ridotti a dadini e conditi con una spruzzata di aceto balsamico e qualche foglia di prezzemolo affettato finemente. Cospargere la crema con la panure rimasta e... Buon appetito!
Il Lusso...
Qualità e innovazione
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Le Aziende informano
La parola ai lettori
Un‘altra crepa aperta in Europa
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icordate il golpe in Turchia di luglio? Anche se fallito e finito nel sangue, ha aggiunto una dose massiccia di destabilizzazione ai confini d’Europa. Perché è un’altra crepa? Perché dopo quella aperta nel Mercato Unico dalla Brexit se ne apre un’altra nella Nato, di cui la Turchia risulta faccia ancora parte. Probabilmente la crisi turca non avrà un impatto violento sui mercati, ma è una sirena d’allarme per la classe dirigente europea che deve trovare facce nuove, per riprendere in mano il governo dell’Unione e per far fronte alla nuova situazione, dal punto di vista economico, politico e anche della difesa militare. Per fortuna c’è Mario Draghi, ma purtroppo non fa politica: la prima riunione BCE dopo Brexit potrebbe essere l’occasione per dare la linea, e non solo in materia di tassi e banche. L’America è il posto dove bisogna guardare, è lì che succederanno le cose che daranno la direzione al mondo da qui a fine anno, ed è da lì che
potrebbe forse anche venire l’impulso per avviare in Europa un processo di rifondazione di cui ha sempre più bisogno. La competizione per la Casa Bianca sarà senza esclusione di colpi e dal risultato assolutamente non scontato. Probabilmente Wall Street continuerà a essere guidata dai fondamentali al momento molto forti. Ma, man mano che si avvicinerà novembre, le elezioni saranno sempre più un fattore determinante e il mercato comincerà a guardare da vicino i sondaggi e, soprattutto, i confronti diretti in tv. Azioni e soprattutto dollaro potrebbero dare i primi segnali al mercato, ma manca ancora troppo tempo, ne riparliamo a ottobre. team.advisor.3v@gmail.com
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A proposito della piscina comunale di Treviglio Caro direttore, sono una cliente della piscina comunale di Treviglio e le scrivo per porre alla sua attenzione alcuni aspetti relativi alla gestione della stessa. Innanzitutto non capisco perché esistano due tariffe differenziate, una per i residenti e una – più alta – per i non residenti. Io non abito a Treviglio ma ci lavoro, e sono tanti anni che frequento la piscina, sia per il nuoto libero che per i corsi. Li ho seguiti quasi tutti e devo dire che gli istruttori sono bravi e simpatici, un po’ meno invece chi ha in mano la gestione della piscina, soprattutto perché non viene incontro alle esigenze dei clienti (un minimo di elasticità non guasterebbe, invece sembra che siano lì solo per portare a casa più incasso possibile). Senza contare che si viene obbligati a portare un cardiogramma quando la legge non lo prevede, oppure a fare una visita medica con una struttura convenzionata, visita che sfiora il ridicolo e non vale la spesa. Non riesco a capire perché non sia possibile accedere a una piscina che si definisce comunale con un normale certificato medico, come del resto succede in altre piscine e palestre. Ultimo, ma non per importanza, la scarsa pulizia degli spogliatoi, soprattutto in certi orari. Sono costretta a ricordare con nostalgia la vecchia gestione, che si serviva di un gruppetto di agguerrite donne delle pulizie, le quali impedivano, magari non tanto simpaticamente, anche solo di appoggiare una ciabatta sulla panca. Posso capire che si sia dovuto procedere anche a un ridimensionamento del personale per questioni di budget, ma certo le tariffe non si sono ridimensionate e anzi continuano a crescere. Anche le vasche, mi creda, non brillano per pulizia: mentre si nuota pare di scorgere sul fondo un principio di vita marina. Cordialmente (lettera firmata) Cara lettrice, sono anche io un’utente della piscina comunale di Treviglio, che continuo a frequentare con entusiasmo, nonostante a volte io stessa mi sia posta qualche dubbio su alcuni aspetti, che lei stessa ha citato (l’obbligo del cardiogramma, per esempio). In ogni caso, visto che le problematiche sono diverse e che è giusto sentire anche la controparte, ci prendiamo l’impegno di approfondire la questione in uno dei prossimi numeri.
Il Liceo Weil nomade, frazionato e compresso: protestano anche i docenti FINECO CENTER TREVIGLIO (BG) - VIA DEI MILLE, 43/B - TEL. 0363 361660 FINECO CENTER TREZZO SULL’ADDA (MI) - VIA JACOPO DA TREZZO, 18 - TEL. 02 90929208 FINECO CENTER CASSANO D’ADDA (MI) - VIA MILANO, 35 - TEL. 0363 1902423
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Siamo insegnanti del liceo “Simone Weil” di Treviglio, membri del Consiglio di Istituto: siamo stanchi, amareggiati e indignati, ci sentiamo frustrati e impotenti,
i professionisti informano
ma amiamo la nostra scuola e non abbiamo mai smesso di credere nell’importanza della funzione culturale che il nostro liceo con i suoi tre indirizzi, classico, linguistico e artistico, esercita nel territorio della bassa bergamasca. Da una decina di anni tentiamo di resistere con crescente fatica a condizioni sempre più avverse, prevalentemente dovute a politiche miopi e improntate esclusivamente al risparmio economico: rotazione di classi in edifici diversi, traslochi, transumanza in pullman delle classi per recarsi in palestra, mancanza di spazi necessari ad una scuola che voglia chiamarsi ed essere tale […]. L’ultimo provvedimento della Provincia di Bergamo in materia di programmazione e gestione del patrimonio di edilizia scolastica prevede un’ulteriore riduzione e compressione degli spazi, disponendo che per il futuro anno scolastico il Liceo Weil rinunci a favore del confinante Istituto Oberdan ad almeno tre aule nell’edificio del Filandone, dove si trovano gli indirizzi classico e linguistico, e che nella sede di via Galvani, dove è ubicato l’indirizzo artistico, si adibiscano ad aule cinque spazi, tra cui la sala professori, uno dei due uffici di segreteria e il laboratorio di progettazione delle attività artistiche. Va precisato che ormai da anni il Weil, come una fisarmonica condannata solo a restringersi e mai a dilatarsi, perde spazi in funzione delle necessità dell’Oberdan, i cui studenti vedono garantiti i loro diritti a spese di quelli del Weil; […] A fronte di queste disposizioni, la logica suggerirebbe che il nostro liceo sia in contrazione; e invece è in espansione, con 60 studenti in più rispetto allo scorso anno scolastico […]. La Provincia, anzichè rispondere alla domanda generata dalla crescita del Liceo Weil con azioni di ampliamento, mette mano all’edificio di via Galvani solo per consentire la traslazione dal Filandone di classi del classico-linguistico, ancora una volta nomade e frazionato, imponendo a tutti notevoli disagi […]; si pone, inoltre, una preoccupante questione di sicurezza, con aule spesso sottodimensionate per classi di 27-30 studenti. […] L’Associazione Genitori Liceo Weil ha già manifestato la sua contrarietà in un articolo pubblicato sull’Eco di Bergamo il 24 luglio e la componente genitori del Consiglio di Istituto ha fatto pervenire alla Provincia un vibrante comunicato di protesta. […] La lungimiranza di pensiero e di azione dovrebbe essere la qualità fondante di un buon governo e di una conseguente “buona scuola”: noi ci sentiamo minacciati nella nostra stessa sopravvivenza, schiacciati e umiliati […]. Ecco un altro argomento che ci sta particolarmente a cuore. Ci scusiamo per aver tagliato parti della lettera per motivi di spazio e ci impegniamo fin da ora a seguire e approfondire la questione Weil, che si trascina ormai da troppo tempo.
Il tributarista in pillole
Gli studi di settore, cosa sono?
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utti gli addetti ai lavori ne sono coinvolti, chiunque abbia un’attività ne è coinvolto: sono gli Studi di Settore, introdotti nell’ordinamento giuridico italiano attraverso il D. L. 331/1993 convertito nella Legge 427/1993, oggi sono lo strumento di accertamento fiscale che viene utilizzato dall’Agenzia delle Entrate per ricostruire, attraverso un insieme di dati, il reddito prodotto dal contribuente. Gli studi di settore rappresentano quindi uno strumento di accertamento che il Fisco utilizza per rilevare i parametri fondamentali per ricostruire il reddito di professionisti e imprese. Con gli studi di settore viene raccolta un’ampia base di dati economico-contabili che consentono di verificare le capacità reddituali dell’azienda e/o del professionista. Ne sono coinvolti tutti quelli che svolgono un’attività d’impresa e professionale, che sia semplificata od ordinaria; poche le eccezioni, pochissimi quelli che hanno ancora come riferimento i Parametri Fiscali. Gli studi di settore sono suddivisi in quattro aree, cui corrispondono i settori principali del sistema economico italiano: Servizi, Commercio, Manifatture, Professionisti. Dal punto di vista procedimentale, gli studi di settore dividono le imprese in gruppi omogenei, i cosiddetti “cluster”, in base ad una pluralità di fattori quali l’organizzazione, l’area di mercato, il tipo di clientela, ecc. Sulla base dei dati derivanti da tale elaborazione, gli studi di settore consentono l’individuazione di una relazione matematica tra le caratteristiche dell’attività e il livello presunto di ricavi o compensi. Tutti i soggetti coinvolti hanno l’obbligo di presentare, contestualmente alla dichiarazione dei redditi, un modello con cui comunicare i dati contabili ed extracontabili utili ai fini degli studi di settore. Tali moduli si compilano e si trasmettono attraverso un software, che applica automaticamente lo studio di settore e consente di indicare: • cluster di appartenenza; • congruità e coerenza; ovvero rientrano nel cosiddetto “intervallo di confidenza parametrale”; • ricavi o compensi presunti previsti dagli studi di settore. Qualora l’Agenzia delle Entrate riscontrasse dei redditi dichiarati non corrispondenti alle risultanze degli studi
di settore, si attiverà il contraddittorio obbligatorio con il contribuente. Da questo punto di vista è importante sottolineare come il legislatore fiscale abbia esplicitamente escluso che l’Agenzia delle Entrate possa procedere con accertamenti di tipo automatico, ovvero basati esclusivamente sull’applicazione degli studi di settore. Al contribuente è anche data la possibilità di “adeguarsi” agli studi di settore, ovvero indicare in dichiarazione i maggiori ricavi risultanti dagli studi (rispetto alla dichiarazione dei redditi) e pagare una maggiorazione del 3%. Cos’è l’adeguamento? Molti contribuenti a fine anno devono adeguarsi agli studi di settore ma non sanno esattamente cosa significa: vuol dire alzare la propria soglia di ricavi o compensi, risultante dalla contabilità ufficiale per renderla congrua e coerente rispetto al risultato degli studi di settore medesimi. Ma ecco la vera novità: da ormai molto tempo si parla di una possibile abolizione degli studi di settore nei prossimi tempi. Allo studio del Governo Renzi, per ora, c’è solo l’ipotesi dell’abolizione degli studi di settore per i professionisti. Tuttavia, anche le imprese lamentano dei criteri di calcolo non più aderenti alla realtà del sistema economico italiano. La speranza di operatori professionali e contribuenti è che l’abolizione degli studi di settore arrivi presto, anche alla luce degli scarsi risultati registrati in termini di lotta all’evasione fiscale. Giovanni Ferrari Tributarista Settembre 2016 •
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La Vignetta di Juri Brollini
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Da fare Settembre 2016 •
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Da fare 68 • tribuna magazine • Settembre 2016