Tribuna magazine 2016 10 web pagine singole

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ph Appiani

Mensile di approfondimento di Treviglio e Gera d’Adda

Anno 1 - n. 5 – Ottobre 2016

Euro 2,50

Verso il referendum Nuovi progetti e vecchie tradizioni Quando la solidarietà è concreta


Da fare 2 • tribuna magazine • Ottobre 2016


ph Appiani

D

i questa estate 2016 ricorderò soprattutto la telefonata improvvisa che alle sei del mattino mi ha buttato giù dal letto e catapultato in radio, in diretta con Amatrice, nel giro di pochi minuti. In quel preciso istante la mia vacanza/lavoro in Sardegna, al seguito dell’emittente radiofonica per la quale lavoro, è praticamente finita. Dolore e sconforto hanno preso il sopravvento su allegria e leggerezza, che fino a quel momento avevano caratterizzato le giornate con i colleghi e i programmi alla radio. I numeri dei morti e delle scosse che continuavano a salire, i commenti angosciati dei giornalisti lì sul posto, le domande inevitabili e assurde che ci venivano dalla pancia ancor prima che dalla testa, hanno sostituito canti, balli e serate in compagnia. Nulla di strano per chi fa un mestiere come il mio; ma la cosa che più mi ha sorpreso è stato quello che è venuto dopo. Un’Italia solidale e generosa si è attivata immediatamente, dando vita a una catena di cene a base di amatriciana, simbolo purtroppo di questo terremoto, che ha raccolto fondi da destinare alle popolazioni colpite. Anche noi non siamo stati da meno. Bergamo ha richiamato sul Sentierone oltre 18.000 persone; e la Gera d’Adda ha fatto la sua parte con le iniziative

di Treviglio, Calvenzano, Brignano e Castel Cerreto: un bel riassunto lo trovate proprio in questo numero. Ancora una volta, e questa volta ancora più velocemente, l’Italia ha dato il meglio di sé. Sappiamo farlo bene nei momenti di difficoltà, forse perché entra in campo quello spirito di solidarietà che spesso alberga in noi, che il più delle volte sonnecchia, ma che costituisce senza dubbio la parte migliore dell’Italia, quella che non si piange addosso, si rimbocca le maniche e soprattutto non pensa al suo tornaconto ma a quello di tutta la comunità. Nel nostro piccolo, lo abbiamo fatto anche noi, destinando parte delle entrate del numero di settembre al C.O.M., il Centro Operativo Multifunzionale della Bassa Bergamasca che si occupa della raccolta fondi: e per questo ringraziamo di cuore tutti i nostri lettori. Lettori che speriamo di aver soddisfatto anche con questo numero autunnale, grazie al contributo di tanti collaboratori, nuovi e storici, a partire da Enrico Appiani e le sue belle fotografie (quella che vedete qui sopra è stata scelta per rappresentare la vita, che vince sempre, anche dopo fatti tragici come quello di Amatrice); ma soprattutto con temi importanti che vogliamo sviluppare a approfondire con voi (a proposito, aspettiamo le

Ringraziamo il nostro fotografo, Enrico Appiani, e le famiglie dei 22 gemellini che vedete qui ritratti, per questo gioioso inno alla vita

vostre lettere, riflessioni, commenti e naturalmente anche obiezioni al nostro indirizzo di posta). C’è il referendum, probabilmente il più importante mai avuto in Italia, perché incide profondamente sulla nostra Carta costituzionale; è importante, come sempre del resto, ma stavolta ancora di più, andare a votare consapevoli. Non si può dire che manchino le occasioni per informarsi su questo argomento; noi abbiamo cercato di farvi un riassunto chiaro e super partes. C’è l’omaggio a tante realtà del nostro territorio, che si spendono costantemente per il bene comune e per aiutare chi è più debole; ci sono le nostre interviste a personaggi che, ognuno nel suo campo, svolgono un ruolo significativo nella nostra società. E poi ci sono le nostre consuete rubriche, dalla storia alla cucina, passando per il cinema. C’è ancora tanto dire sul nostro territorio, e noi cerchiamo di farlo al meglio, convinti che valga ancora la pena “perdere del tempo” a leggere fino in fondo un articolo di giornale, quando questo è scritto chiaro e bene. Buona lettura! Il direttore Ottobre 2016 •

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Pasticceria

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Sommario Mensile di approfondimento di Treviglio e Gera d’Adda

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6 La riforma costituzionale: è tempo di conoscerla Perché SI

ph Appiani

Euro 2,50

Anno 1 - n. 5 – Ottobre 2016

copertina bozza

(Cristina Signorelli)

ph Appiani

9 Le ragioni del NO

Verso il referendum Nuovi progetti e vecchie tradizioni Quando la solidarietà è concreta

(Cristina Signorelli)

10 Treviglio Libri e Treviglio in Gioco Street Food Market 2016 13 MOKKA X: la nuova generazione del Suv secondo Opel 14 Non chiamateli sport minori (Ivan Scelsa)

magazine Autorizzazione Tribunale di Bergamo n. 6/16 del 19/04/2016 Anno 1° N. 5 - Ottobre 2016 Editore Tribuna srl Viale del Partigiano, 14 - Treviglio (BG) www.tribuna.srl info@tribuna.srl Contatti di redazione tel. 0363.1971553 redazione@tribuna.srl Amministratore Unico Marco Daniele Ferri REDAZIONE Direttore Responsabile Daniela Invernizzi Coordinamento Daniela Regonesi Redazione Daria Locatelli, Daniela Regonesi, Ivan Scelsa, Cristina Signorelli Fotografie e contributi Enrico Appiani Hanno collaborato a questo numero Maria Gabriella Bassi, Silvia Bianchera Bettinelli, Juri Brollini, Pinuccia D’Agostino, Diego Defendini, Marco Falchetti, Franco Galli, Stefano Gatti, Francesca Ghisletti, Gabriele Lingiardi, Bruno Manenti, Silvia Martelli, Elio Massimino, Francesca Possenti, Erika Resmini, Brigida Simone Impaginazione e Grafica Pubblicitaria Antonio Solivari UFFICIO COMMERCIALE Roberta Mozzali tel. 0363.1971553 - cell. 338.1377858 commerciale@tribuna.srl Altre collaborazioni Giulio Ferri Stampa Laboratorio Grafico via dell’Artigianato, 48 - Pagazzano (BG) Tel. 0363 814652

15 Eco-Logica story (Diego Defendini)

43 Quando la poesia si veste di musica (Daria Locatelli)

17 MatitaLibera di Bruno Manenti 18 Gli angeli di San Giuliano

44 Il gioco delle Gioconde

19 La rete dei soccorsi

45 Il lago misterioso

20 “Insieme per tutelare l’economia sana e legale” Alcuni dati sull’operatività del Comando

46 “Kak pa russky?”, ovvero: “Come si dice in russo”?

(Maria Gabriella Bassi) (Ivan Scelsa)

(Daniela Regonesi)

22 L’eredità più preziosa (Daniela Invernizzi)

(Pinuccia D’Agostino) (Ivan Scelsa)

(Francesca Ghisletti)

47 Accogliere (Franco Galli)

48 “E.T. Extra Teatro” ad Arcene (a cura di Daria Locatelli)

24 È strana la vita Alcune cifre

49 Com’era Com’è

25 Sfatiamo i falsi miti

50 Studio Dentistico Azzola: da 1 a 10 51 iPhone 7

(Daniela Regonesi) (Daniela Regonesi)

27 Un passo dopo l’altro verso una città più sostenibile (Daria Locatelli)

E Treviglio… (Brigida Simone)

(a cura di Diego Defendini e Stefano Gatti)

(Diego Defendini)

52 Calcio e mi diverto (Daniela Invernizzi)

53 In sala ad ottobre (Gabriele Lingiardi)

28 La guerra di AGA È bello vivere senza

54 Quando c’era il campanaro

30 In un Mondo Nuovo

56 Andrea Verga, tra Lombroso e Freud

(Daniela Invernizzi) (Franco Galli)

33 Il festival di Venezia visto da una persona comune (Gabriele Lingiardi)

34 Ballando sul Mondo (Silvia Martelli)

36 Atipicateatrale, auguri! (Daniela Invernizzi)

38 L’energia si rinnova con Dabatech (Daria Locatelli)

39 Paesaggio alpestre (Francesca Possenti)

40 Un eccezionale ragazzo normale: Francesco De Ponti (Silvia Bianchera Bettinelli)

(Marco Falchetti)

(Elio Massimino)

57 Aneurisma aorta toracica ascendente: quando e come intervenire?

(a cura della Dott.ssa Alessandra di Mauro)

59 Le ricette di Erika Resmini 60 Europa: silenzio inquietante nel dopo Brexit! (a cura di Fineco Bank)

La parola ai lettori Ricorrenza 61 Il nuovo regime forfetario (a cura di Giovanni Ferrari)

62 La vignetta di Juri Brollini Ottobre 2016 •

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Referendum

La riforma costituzionale: è tempo di conoscerla di Cristina Signorelli

l referendum costituzionale avrà luogo in autunno. Sarà l’occasione per ogni cittadino di esprimersi sulla riforma, attraverso il voto

A

l momento in cui scriviamo (settembre 2016 ndr) vi sono ancora diverse incognite – la data di svolgimento, il parere della consulta sulla legge elettorale Italicum – che rendono incerto il quadro di riferimento, ciononostante è ormai tempo di capire quali sono i temi centrali e i possibili impatti della consultazione referendaria, alla quale saremo chiamati a rispondere nei prossimi mesi. Il quesito referendario chiederà di approvare o no il testo di legge costituzionale che modificherà alcuni degli articoli della Carta Costituzionale.

Il quesito referendario

La Costituzione si modifica?

Gli articoli 55, 57, 58 e 59 riguardano le funzioni delle due Camere e la composizione ed elezione del Senato. Il superamento del bicameralismo perfetto – entrambe le camere legiferano con uguali poteri e sulle stesse materie, compresa la fiducia al Governo – viene discusso ormai da molto tempo e invocato quasi all’unanimità. Nel DDL si prevede un nuovo Senato, composto di “95 senatori rappresentativi delle istituzioni territoriali e cinque senatori che possono essere nominati dal Presidente della Repubblica… I Consigli regionali e i Consigli delle province autonome di Trento e Bolzano eleg-

Innanzitutto la Costituzione, approvata dall’Assemblea Costituente nel 1947, pone le fondamenta sulle quali si basa la Repubblica Italiana, e sancisce i principi fondamentali dei diritti e doveri dei cittadini e dell’ordinamento della Repubblica. Lo sforzo dei Padri costituenti fu teso a predisporre un testo valido a tutelare ogni cittadino, fissando i principi cardine della convivenza civile e democratica, preoccupandosi di salvaguardare le istituzioni da derive autoritarie come quella dalla quale emergeva un paese distrutto dalla guerra, e volti a garantire autonomia e indipendenza ai poteri: legislativo, esecutivo e giudiziario. D’altra parte l’Assemblea Costituente aveva previsto che nel tempo la carta potesse necessitare di manutenzione, per meglio adeguarsi ai cambiamenti sociali, pur mantenendone intatto ed inalterato lo spirito fondante. In questo senso l’art. 138 che prevede “Le leggi di revisione della Costituzione e le altre leggi costituzionali sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni … Le leggi sono sottoposte a referendum popolare quando entro tre mesi dalla loro pubblicazione ne facciano domanda un quinto dei membri di una Camera o cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali.” Il referendum, infatti, è stato richiesto da un quinto dei Parlamentari.

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In autunno saremo chiamati a decidere con il nostro voto se promulgare il testo del DDL costituzionale, composto di 41 articoli, come è stato approvato in seconda votazione dalla Camera dei Deputati il 12 aprile 2016. Si tratta di un ampio intervento di revisione, che riguarda 47 articoli della Carta sui 139 complessivi che la compongono. Vediamo brevemente quali sono gli articoli della Costituzione che verranno rivisitati.

Modifiche e revisioni

gono con metodo proporzionale i senatori tra i propri componenti nella misura di uno per ciascuno, tra i sindaci dei comuni dei rispettivi territori”. Anche gli articoli 67, 68 e 69 (vincolo di mandato, immunità ed indennità parlamentare) subiscono una revisione in forza dello status assunto dai nuovi senatori. Le modifiche all’articolo 64 introducono espressamente un richiamo a minoranze ed opposizioni: “i regolamenti delle Camere garantiscono i diritti delle minoranze parlamentari. Il regolamento della Camera dei Deputati disciplina lo statuto delle opposizioni”. Il fulcro della riforma è determinato dalla diversa partecipazione delle due Camere alla funzione legislativa, finora attuata su base paritaria. Infatti, l’articolo 70 tratta del nuovo procedimento legislativo, definendo che restano immutate le competenze dei due rami del Parlamento solo per alcune determinate categorie di leggi, come espressamente indicate dalla Costituzione, per le quali è prevista l’approvazione bicamerale. Tutte le altre leggi sono promulgate dalla sola Camera dei deputati, con un procedimento legislativo La scheda del prossimo referendum costituzionale

FAC-SIMILE


monocamerale. Il Senato, che “concorre, nei casi e secondo le modalità stabilite dalla Costituzione, alla funzione legislativa” potrà formulare proposte di modifiche, che saranno poi esaminate dalla Camera. Inoltre, i senatori mantengono inalterato il loro potere di iniziativa legislativa, per le materie di competenza. Anche l’art. 72 introduce una novità nell’ambito legislativo. Si tratta del “voto a data certa” che il Governo ha il potere di richiedere alla Camera su disegni di legge di particolare priorità per l’azione di governo del Paese. Così come l’art. 73 prevede un nuovo ricorso alla Consulta per le leggi elettorali. Gli articoli 71 e 75 che regolano la partecipazione popolare vengono revisionati innalzando il numero di firme necessarie a presentare una legge di iniziativa popolare e modificando il quorum richiesto in caso di referendum abrogativo. Anche gli articoli 78, 83, 92 e 135 che attengono all’elezione dei giudici della Corte Costituzionale, l’elezione e le prerogative del Presidente della Repubblica e la deliberazione dello stato di guerra, subiscono necessariamente delle modifiche in forza del nuovo assetto che si determina con il nuovo Senato. Il richiamo a più voci di una riforma costituzionale al quale abbiamo più volte accennato, viene fatto oltre che per il superamento del bicameralismo perfetto, anche per un riassetto degli organi amministrativi territoriali – province e regioni -con l’obiettivo di un efficientamento della macchina statale e un contestuale risparmio di denaro pubblico. In questo verso si procede all’abolizione delle province, quali “enti costitutivi della Repubblica” (art. 114) e si modifica il Titolo V della Costituzione che tratta delle Regioni per la parte che attiene alle regioni a statuto ordinario. In sintesi possiamo dire che viene profondamente rivisto il riparto di competenza legislativa e regolamentare tra Stato e regioni. Inoltre, è introdotta la c.d. “clausola di supremazia”, in base alla quale la legge statale può intervenire, in alcuni specifici casi, in materie non riservate alla legislazione esclusiva, su specifica richiesta del Governo. Nel contempo si modifica il cosiddetto regionalismo differenziato, ridefinendo l’ambito delle materie nelle quali possono essere attribuite particolari forme di autonomia alle regioni ordinarie.

Perché SI

I

l referendum costituzionale nasce da un’iniziativa del Governo presieduto da Matteo Renzi – che attualmente ricopre anche la carica di segretario del Partito Democratico – il quale, con un errore tattico a detta di sostenitori e no, ha personalizzato da subito il giudizio che verrà espresso dai cittadini in merito alla Riforma. È valsa a poco la retromarcia che Renzi ha fatto in seguito: molta ostilità al DDL costituzionale, e il conseguente NO al referendum delle opposizioni, esprime il malcontento verso il Governo in carica e le sue politiche. Sebbene, come abbiamo già segnalato (vedi pagina a lato ndr), si sono formati, e probabilmente altri se ne formeranno nei prossimi mesi, molti Comitati per il NO su iniziativa dei partiti d’opposizione, di associazioni di cittadini e istituzioni varie, che con diverse gradazioni e intensità argomentano più dell’inadeguatezza della riforma costituzionale, che del dissenso al Presidente del Consiglio. Appare invece molto più omogenea la parte sostenitrice del SI, che si identifica in gran parte con la attuale maggioranza di Governo, il Partito Democratico, seppur per dovere di cronaca è giusto segnalare che molte personalità del mondo della cultura, della società civile, nonché importanti costituzionalisti, che nulla hanno a che fare con la Sinistra, si siano espressi a favore di questa riforma. In sintesi possiamo dire che i Comitati del SI – Basta un sì – sono organizzati dal PD, seppure: «chiunque può costituire un comitato, le modalità con le quali accreditarsi sono molto semplici e si trovano facilmente online» come ci dice Erik Molteni, già candidato sindaco per il PD alle ultime elezioni comunali di Treviglio, e attualmente membro del Comitato Nazionale per il SI. Palazzo Madama

Le ragioni del SI stanno nella sostanza stessa di questa riforma: il superamento del bicameralismo perfetto, minori costi della politica, una maggiore stabilità di governo e maggiore partecipazione popolare, la riorganizzazione delle competenze tra Regioni e Stato centrale. «Seppure non mi consideri renziano – prosegue Molteni – e come è noto la minoranza antirenziana del PD è accesa sostenitrice del NO alla riforma, voterò SI al referendum con grande convinzione, perché ritengo che questa riforma, sia pur con delle imperfezioni, sarà il segnale tangibile del cambiamento del quale l’Italia ha bisogno». Un nuovo Senato formato da 100 senatori anziché 315, eletti tra Governatori delle Regioni e Sindaci, costituisce la nuova rappresentanza delle istituzioni territoriali, con competenze e funzioni distinte rispetto alla Camera dei Deputati. In tale nuovo assetto i sostenitori della riforma ravvisano una semplificazione nell’iter legislativo, demandato quasi esclusivamente alla Camera – la quale avrà anche esclusiva competenza sulla legge di bilancio e la fiducia al Governo – che porterà ad un accorciamento dei tempi di approvazione delle leggi, oltre ai risparmi monetari conseguiti. Stabilità e governabilità sono le parole chiave di questa riforma che, anche nella revisione dei rapporti tra Stato e Regioni, insieme all’abolizione delle Province, si prefigge l’ambizioso obiettivo di razionalizzare le funzioni degli organi amministrativi locali per ottenere miglior efficienza nel governo del territorio. «Considero questa riforma – conclude Molteni – una grande opportunità di dare vita davvero al cambiamento di cui l’Italia ha bisogno per rimettersi in moto. Speriamo che il referendum non la trasformi in un’occasione mancata». C.S.

Andiamo a votare Insomma una riforma che per ampiezza e complessità modificherà profondamente l’assetto costituzionale della Repubblica. Fin da subito sono stati espressi pareri a favore e contrari che animano il dibattito politico e coinvolgono i cittadini, che auspichiamo si esprimano in gran numero con il loro voto partecipando attivamente alle scelte democratiche che il referendum sancirà. Ottobre 2016 •

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Da fare 8 • tribuna magazine • Ottobre 2016


Referendum

Le ragioni del NO di Cristina Signorelli

O

gni schieramento politico ha costituito un suo Comitato per il No ma le motivazioni che respingono la riforma hanno molto in comune tra loro Fin dalla sua prima stesura, modificata poi durante l’iter di approvazione delle Camere, il Disegno di Legge di riforma costituzionale ha suscitato un acceso dibattito. Confinato all’inizio prevalentemente tra giuristi, costituzionalisti e politici si è presto allargato ad una più vasta platea: società civile e istituzioni democratiche hanno organizzato comitati che si esprimono in merito al quesito referendario. Certamente la scelta iniziale – poi ripensata – del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, di legare strettamente l’esito referendario alla vita del suo Governo, ha indotto a tradurre in termini politici e di consenso, prima ancora che di merito, le valutazioni della riforma. Oggi comunque le ragioni dei Comitati per il NO, di qualunque schieramento politico, hanno motivazioni che riguardano la sostanza del DDL. Eccone alcune tra quelle che risultano comuni a tutti i sostenitori del NO alla Riforma. Una prima importante obiezione riguarda la legittimità del Parlamento attualmente in carica: si tratta infatti di Montecitorio

eletti con la legge elettorale sopranominata Porcellum, già dichiarata incostituzionale dalla Alta Corte. In virtù di tale illegittimità si ritiene che queste Camere non possano legiferare su materia sensibile come è la modifica alla Costituzione, come sottolinea Gianni Tosi, coordinatore provinciale del Comitato per il NO, (Comitato di Treviglio e dintorni): «Alessandro Pace, Presidente nazionale del Comitato, ha argomentato con forza che, prima di ogni altro rilievo, questa riforma è inconcepibile poiché il soggetto proponente non è legittimato a svolgere tale funzione». I fautori del NO considerano un vulnus procedurale anche il fatto che il Governo abbia preso direttamente l’iniziativa sulla legge. Si critica anche che il disegno di legge costituzionale comprende troppi temi, e troppo diversi tra loro, chiedendo una univoca risposta: prendere o lasciare. Il testo, inoltre, si dice, è scritto in forma poco comprensibile, così da essere poco accessibile ai cittadini. Un argomento che i sostenitori del NO ritengono molto forte attiene alla composizione e attività del nuovo Senato. L’elezione dei nuovi cento senatori, scelti in seconda elezione tra i Governatori regionali e i Sindaci di grandi città, oltre a quelli nominati dal Presidente della Repubblica, appare di per sé piuttosto macchinosa, insieme ai problemi di

rappresentanza territoriale, il vincolo di mandato, il ruolo part-time, le competenze legislative che si sovrappongono. Sono alcune delle obiezioni portate a prova di un sostanziale fallimento della riforma rispetto all’obiettivo di superare il bicameralismo perfetto. Maria Flora Renzo, portavoce di Fratelli d’Italia, schierati per il NO dice: «Sulle ragioni del NO, il nostro partito avrebbe voluto l’abolizione totale del Senato e una riforma in senso presidenzialista dell’assetto istituzionale. Riteniamo che siano doverose delle vere riforme, in particolare introducendo l’elezione diretta del presidente del Consiglio, ma anche in tema di tassazione e di politica interazionale. Vogliamo passare dal bicameralismo al più efficiente monocameralismo perfetto». Emanuele Calvi, del Comitato per il No coordinato dal Movimento 5 Stelle aggiunge: «Se dovessi scegliere un tema a sostegno del NO, tra tutti opterei per la modifica dell’art. 70 e la complessità introdotta nel sistema legislativo. Da un dettato di poche chiare lettere si passa ad oltre 10 confusi procedimenti legislativi». I fautori dei Comitati del NO ritengono unanimemente che anche le modifiche apportate al titolo V in materia di Regioni e l’abolizione delle province, rafforzi il potere centrale anziché finalmente riordinare il ruolo delle amministrazioni locali. Questo, in combinata con la nuova legge elettorale Italicum (attualmente all’esame della Corte Costituzionale) si ritiene che stravolga nella sostanza il sistema di governo del nostro Paese.

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ph Appiani

Eventi

Treviglio Libri e Treviglio in Gioco

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n fine settimana intenso, gioioso e partecipato, all’insegna della cultura e del divertimento, quello del 10 e 11 settembre: Treviglio Libri e Treviglio in gioco hanno richiamato un ampio pubblico nel centro cittadino. Per chi era presente, ma anche per chi se lo fosse perso, vi proponiamo la nostra carrellata fotografica e la possibilità, scansionando i QR CODE, di accedere alle sezioni di tribunatv dedicate ai due eventi: clip video, interviste e filmati vi riporteranno tra le vie di Treviglio, dove presentazioni, tornei, mostre e dibattiti hanno dimostrato, ancora una volta, che la città è bella perché è viva.

Treviglio Libri

Treviglio in Gioco

Street Food Market 2016

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entre tribuna magazine era in stampa, dal 23 al 25 settembre a Treviglio, è tornato lo Street Food Market, evento organizzato da Anva Confesercenti in collaborazione con l’Amministrazione comunale e il Distretto del Commercio Trevigliese. Queste le novità della seconda edizione, il cui obiettivo primario era ripetere lo straordinario successo di pubblico del 2015: stand posizionati in modo da creare un

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percorso da piazza Garibaldi fino in via Matteotti, per non perdersi nessuna possibilità di assaggio, in una sorta di viaggio dove erano ben 11 le nazioni presenti con le loro bontà tipiche, e la presenza di uno stand dedicato alla cucina messicana. Lo scorso anno la città ha dimostrato di apprezzare davvero moltissimo lo Street Food, e siamo certi che in questa edizione avrà chiesto il bis. D.R.

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Le Aziende informano Lancio ufficiale 15/16 ottobre

MOKKA X: la nuova generazione del Suv secondo Opel

L’

automobile. Non più un mezzo di locomozione, ma una “area living” in cui vivere la propria vita e le proprie emozioni. E in questa visione il Suv, elegante, dinamico e dotato di ogni comfort non ha rivali. Parliamo del nuovissimo Mokka X, ultimo nato in casa Opel e che, dopo la sua presentazione in Germania, finalmente arriva sul mercato italiano. Sin dal momento del suo lancio nel 2012, il successo del modello è stato davvero notevole grazie a dimensioni ideali (con una lunghezza di lunga 4,28 metri), al suo design sportivo e alla seduta rialzata che lo hanno reso tra i più popolari del segmento, circa roloC-bcon asro C 500mila unità vendute in tutta Europa. La nuova Opel Mokka X, ne siamo certi, rafforzerà questi risultati.aIldnuovo modello – svelato in anteprima mondiale al Salone Internazionale dell’Automobile di Ginevra – sarà disponibile già dal prossimo 15 ottobre con una carrozzeria rinnovata, nuovi interni e sistemi di infotainment di nuova generazione, che la renderanno uno degli off-road più connessi e multimediali attualmente presenti sul mercato. Accanto al motore di nuova generazione di tipo “whisper diesel” 1.6 (il propulsore è un 1598 cc. CDTI da 110 cavalli capace di un’accelerazione da 0-100 km/h in soli 11,9 secondi, con consumi nel misto che si attestano sui 4.0 lt./100 km) il nuovo Mokka X verrà equipaggiato anche con un nuovo motore benzina

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che donano alla vettura un aspetto più largo e robusto; lo stesso design che ritroviamo al posteriore, dove compare nuovamente la doppia ala (questa volta nei gruppi ottici, disponibili su richiesta anche a Led). Stessa cura per i rinnovati interni dove spicca il nuovissimo cruscotto, l’aggiornato quadro strumenti e la consolle centrale con i nuovi touch screen da 7 o 8 pollici che, nel complesso, donano all’abitacolo un aspetto elegante e ben rifinito, sicuramente riconducibile a modelli di segmento superiore. Da non sottovalutare la tecnologia in ausilio al conducente, con la capacità della vettura di rilevare i segnali stradali, grazie alla seconda generazione della specifica funzione che, oltre ai limiti di velocità e al divieto di sorpasso, è ora in grado di riconoscere anche ulteriori indicazioni. La certezza del cliente di trovare presso la concessionaria Tomasini Auto di Treviglio la vettura che meglio si addice alle proprie esigenze è poi quello che fa la differenza. Rivenditore ufficiale che si occupa di veicoli Opel Turbo 1.4 a iniezione diretta di nuova dal 1963, giunge alla terza generazione generazione di 152 cavalli, capace di in cui la famiglia Tomasini ha saputo un’accelerazione da 0-100 km/h in soli mantenere salda tradizione e competen9,7 secondi e consumi nel ciclo misto za, offrendo alla clientela veicoli nuovi di 6,5 lt./100 km (offerto con cambio ed usati, commerciali e per la famiglia, automatico a sei rapporti, Start & Stop e anche grazie alla professionalità dei suoi trazione integrale 4X4). venditori sempre disponibili a supporQueste motorizzazioni si affianchetare il cliente nella scelta della propria ranno alle altre, con una gamma che vettura. Anche il servizio post vendita offrirà una scelta di potenza compresa è pronto a far fronte ad ogni tipo di .ariparazione rocna egrazie csipad utuns iintervento t asroCquaiggO tra gli 81 kW (110 cavalli) e i 112 kW (152 cavalli) in varianti benzina, diesel lificato degli addetti in costante aggior.eires id è oilgenamento m li ,reoalun oCfornitissimo -b enoismagazzino rev al noC e GPL. Ancora più aggressiva l’immagiricambi dei marchi Opel e Chevrolet, lortinnolinea c esicon urCla• più amilC •ai servizi di revisione, DEL a iraF • ne, con un frontale che si affiancano i v i t r o p s i l i d e S • e d o M y t i C o z r e t S • a g e l ni ihcreC • recente filosofia Opel, ottenuto grazie cambio e deposito degli pneumatici. ® ad una griglia Tomasini icirttanteriore ele itteihorizzontale ccepS • a kcaP kcAuto alB •assicura htilomassimo oteulB oidaR • forma di ala e alleycluci avidi rpmarcia irteV •diurna elimpegno lep ni etndiatutti loV •i collaboratori aibper benidneF • a Led, caratterizzanti esteticamente meritare la fiducia di chi ha scelto o tanto quanto i nuovi elementi metallici sceglierà la sua organizzazione.

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Progetti

Non chiamateli sport minori di Ivan Scelsa

Dopo il rugby e l’atletica leggera, l’attenzione dell’amministrazione comunale per il motocross: nasce il primo campo scuola provinciale di disciplina

È

di solo pochi giorni fa la notizia dell’assegnazione di un’area inutilizzata di proprietà comunale in via Rossaro, in zona industriale PIP 1 di Treviglio, a favore dell’associazione Moto Club Moto Race Treviglio ASD. Il terreno interessato dal progetto – situato alle spalle della ditta Globus e della palestra Action Club, ed in parte corrispondente all’area verde inutilizzata tra essi ubicata, in cui sono presenti i tralicci dell’alta tensione – ha pressoché una forma triangolare, con una lunghezza di circa 150 metri, e sarà affidato per tre anni (almeno all’inizio) a canone agricolo di duecento euro annui. Il progetto, perché di questo si tratta, è la realizzazione di un campo scuola, di circa mille metri quadrati di superficie, su cui l’associazione farà crescere nella disciplina sportiva i bambini e i giovani appassionati di motociclismo fuori strada. Dopo l’annuncio del sindaco Juri Imeri, il 14 settembre scorso a margine di una riunione di giunta, l’ufficializzazione è giunta due giorni dopo con la firma della convenzione allegata alla delibera che, di fatto, sancisce la nascita di un’area da adibire – a solo scopo didattico – agli sport motoristici dedicati all’off road. Un’iniziativa questa che porterà Treviglio ad essere il primo comune della provincia in cui verrà realizzato uno spazio dedicato a questa disciplina sportiva ritenuta, erroneamente, di nicchia. «A Treviglio – dice Imeri – non ci sono sport minori e tutti meritano attenzione e spazio. Dopo il rifacimento dei campi di calcio in via Bergamo e quelli per il rug-

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by, prossimamente sarà la volta del rifacimento della pista di atletica leggera, i cui lavori avranno inizio entro la fine dell’anno e termineranno entro settembre 2017. Nello specifico, l’assegnazione dell’area al Moto Club Moto Race Treviglio ASD rappresenta un’opportunità per i giovani che vogliono avvicinarsi allo sport e che avranno presto anche un campo di allenamento per le discipline motoristiche fuoristrada». L’assegnazione avviene anche in virtù dei pregressi, importanti successi sportivi ottenuti dalla squadra sportiva di cui facevano parte e che, nel 2009 e 2010, li ha portati a conquistare il titolo di Campione d’Europa e nel 2013 quello di Campione del Mondo di enduro a squadre nell’edizione tenutasi ad Olbia, in Sardegna. Il Vice Presidente dell’associazione e Tecnico federale-Responsabile del settore giovanile della FMI, Alessandro Comotti, sottolinea l’importanza dell’assegnazione non sbilanciandosi sulle tempistiche che, ovviamente, dovranno tener conto della necessità di pulire e livellare il terreno. «Dopo i risultati sportivi conseguiti come club nel mondo dell’enduro, e dopo aver sviluppato il progetto della Federazione Motociclistica Italiana (la Scuola avviamento enduro, nella quale, con il Presidente Barbara Cometti, abbiamo introdotto al motociclismo nell’arco di dodici anni circa 15.000 bambini in tutta Italia e in piena sicurezza), abbiamo deciso di portare questa nostra esperienza in una nuova associazione dalle finalità quasi esclusivamente didattiche. Nel frattempo – prosegue Comotti – ab-

In senso orario: Alcuni bambini partecipanti ad una gara di biciclette da enduro senza pedali Alessandro Comotti e la Scuola avviamento enduro Barbara Cometti, Presidente del Moto Club

biamo interessato anche la Federazione Motociclistica Italiana, in modo tale che l’area su cui sorgerà il primo campo scuola enduristico della bergamasca possa avvalersi anche di tecnici. Mi preme sottolineare come l’area individuata e messa a disposizione dalle Autorità sarà esclusivamente utilizzata come campo scuola e non vi avranno luogo competizioni, anche perché lo spazio a disposizione non basterebbe a coprire un campo di gara regolamentare. È comunque essenziale evidenziare come l’amministrazione comunale ci abbia dato esattamente quanto abbiamo richiesto, ovvero un’area recintata (seppure la stessa vada ripresa e migliorata) in cui i bambini abbiano uno spazio ben delimitato per esercitarsi in tutta sicurezza ed apprendere tecnica e nozioni della disciplina. Nasceranno una pista propedeutica per i più piccoli ed una più grande in cui saranno presenti ostacoli naturali come passaggi su tronchi o su pneumatici e, probabilmente un greto appositamente ricreato».


Ambiente

Eco-Logica story di Diego Defendini

Finisce nel modo migliore la storia infinita dell’impianto di recupero

L’

impianto di Eco-Logica non s’ha da fare. Quale modo migliore per riassumere la vicenda, quasi manzoniana, dell’impianto di recupero di materiali speciali, pericolosi e non pericolosi, che sarebbe dovuto sorgere a Pontirolo Nuovo e infine non è mai nato? Una serie infinita di polemiche, querelle, e litigi tra parti politiche, comuni e cittadini che per anni ha animato la vita politica pontirolese fino al suo recente epilogo. Partiamo dagli inizi, Pontirolo dispone di un’area su cui sorgeva la discarica appartenente alla ditta “Logica”, luogo ormai in disuso e inutilizzato da tempo. Nel lontano 2011 l’azienda Eco-Logica srl presenta all’amministrazione cittadina la proposta per la creazione di un impianto di trattamento di materiali pericolosi e non, che dovrebbe nascere proprio in quella zona dismessa. Questo centro di trattamento, denominato propriamente “Desorbimento termico”, serviva per ricavare materiali da riutilizzare in ambito edile partendo dagli scarti di demolizione, bonifica di terreni e scorie provenienti da impianti siderurgici, tramite un processo ad alte temperature che separa i materiali da riutilizzare dalle scorie nocive, le quali vengono prima volatilizzate, poi eventualmente trattate e infine disperse nell’aria. La proposta viene letta e valutata dalla Giunta comunale, ma non riceve immediatamente una risposta e

rimane in stand-by, mentre vengono fatte le opportune valutazioni in merito. Nel 2014, in piena campagna elettorale, ecco che la questione riemerge e iniziano le prime polemiche. La minoranza insorge asserendo che si tratta di un progetto dannoso e inquinante, che potrebbe causare anche gravi danni ai cittadini del comune e dei paesi limitrofi. Eco-Logica srl, da parte sua, aveva dato mandato in precedenza all’Istituto Mario Negri di Milano di effettuare rilevazioni preliminari, per valutare l’eventuale impatto che avrebbe avuto questo tipo di impianto nella zona. I dati raccolti non sono però sufficienti per avere un dato certo ed esaustivo e viene consigliata quindi una analisi decisamente più approfondita, soprattutto per quanto riguarda la dispersione degli inquinanti. A seguito del polverone alzatosi dalle polemiche e dalle preoccupazioni sugli effetti che un simile impianto avrebbe portato alla salute dei cittadini, i sette comuni limitrofi (Treviglio, Castel Rozzone, Arcene, Canonica d’Adda, Boltiere, Fara Gera d’Adda e Ciserano), oltre che a votare e approvare in Consiglio comunale una mozione contraria all’installazione dell’impianto, inviano una richiesta ufficiale alla Provincia per poter parlare di questo deposito e dei rischi che comporta la sua installazione. Ad aprile 2014 ennesimo colpo di scena: dopo ben due Conferenze di servizi si arriva allo

stop, da parte della Provincia, dell’iter burocratico per l’approvazione del progetto. Gli studi e le analisi non risultano infatti convincenti e si decide di bloccare il processo per effettuare nuove rilevazioni. Viene installata quindi una centralina nel Comune di Pontirolo, che serve a rilevare la qualità dell’aria nella zona, per poter dare il via libera al progetto. I dati, nuovamente elaborati dall’istituto Negri, vengono alla fine consegnati nelle mani degli organi comunali per fare le opportune valutazioni. Da qui un tira e molla durato parecchio tempo, con opposizione e enti limitrofi che chiedono a gran voce di conoscere il responso delle analisi e l’amministrazione che tiene una posizione attendista senza esprimersi in merito. Mesi e mesi di querelle e litigi politici, culminati con le dimissioni dell’esponente della minoranza Diego Barchitta che, in segno di protesta, dopo l’ennesimo “no” all’invito di esprimere un parere definitivo ricevuto dalla maggioranza, abbandona il Consiglio comunale sbattendo la porta e rassegnando in maniera irrevocabile le sue dimissioni. Finalmente a metà 2016 la svolta: l’amministrazione dopo continue pressioni finalmente scioglie le riserve e si esprime sui dati; i quali riportano come la creazione di un tale complesso porti inevitabilmente problemi di natura ambientale dovuti principalmente alle caratteristiche tossicologiche di benzene, arsenico e delle polveri PM 2,5. A questo punto, constatato il concreto e reale pericolo per la salute dei cittadini, la maggioranza pontirolese decide di convocare un Consiglio comunale, nel quale chiedere ufficialmente al Sindaco Gigliola Breviario di rispondere un secco “no” all’approvazione della proposta lanciata da Eco-Logica durante la Conferenza dei servizi, stabilita per il 25 maggio, mettendo quindi la parola fine all’intera vicenda dell’impianto. Si conclude in questo modo una storia lunga cinque anni, che tra litigi e accuse ha caratterizzato la vita politica del paese. Ad oggi sono diversi i progetti alternativi proposti per riqualificare quell’area, ma una decisione ufficiale in merito non è stata ancora presa. Resta comunque la sensazione generale che alla fine abbia vinto il buonsenso, evitando di andare a realizzare un impianto che, dati alla mano, avrebbe potuto danneggiare ambiente e cittadini negli anni a venire. Ottobre 2016 •

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MatitaLibera di Bruno Manenti

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Gli angeli di San Giuliano di Maria Gabriella Bassi

Ricordiamo con speranza le vittime del terremoto in Molise

L

e tragiche vicende del terremoto che ha distrutto Amatrice e gli altri centri vicini hanno richiamato alla mia memoria un altro terribile terremoto: quello di San Giuliano di Puglia, del 2002. Durante le mie attività professionali di docente formatrice fui contattata, nell’estate del 2007, dal Comune di Termoli che mi affidò, per conto di un Ente Formatore, un progetto di informazione didattica basato sull’informatica. Ormai già in pensione, mi dedicavo volentieri a questa nuova attività. Potevo muovermi liberamente da una regione all’altra con tutta la libertà di una freelance. Sapevo che la zona del Molise nei pressi di Campobasso era stata devastata da un terremoto, ma certo non mi aspettavo che sarei dovuta andare proprio a San Giuliano. Il borgo aveva origini medioevali, fu costruito dai Normanni su un’altura con una vista mozzafiato. Dopo il terremoto iniziò la costruzione di un villaggio temporaneo a poca distanza da San Giuliano, nella località Piana Quadrata, mi sembra di ricordare. La zona è un colle che si affaccia sulla valle di un fiume, e degrada dolcemente aprendosi ad un ampio panorama sulla vallata, che si circonda di colli e monti in lontananza. Uno spettacolo. L’edificio scolastico era un prefabbricato, colorato e soleggiato. Manteneva il nome della scuola crollata “Francesco Jovine” e raccoglieva la scuola Materna, Elementare e Media. I docenti, per lo più donne, sembravano motivati e desiderosi di imparare.

Mi dissero quasi subito che fra di loro vi erano madri e padri che avevano perduto i loro bambini, alunni, sepolti nella loro classe insieme alla loro maestra. Nell’atrio della scuola vi erano grandi quadri raffiguranti bambini. Allegri, festosi, con i grembiulini e le cartelle. Uno di questi si chiamava “Serenità”, un altro raffigurava i bambini con le ali, come angeli. Gli angeli di San Giuliano. La cronaca racconta che in quel maledetto 31ottobre del 2002 crollò l’intero edificio che ospitava la scuola elementare. In quel momento nell’Istituto c’erano quattro insegnanti, due bidelli e 58 bambini. Sotto la scuola “Francesco Jovine” si registrò il tributo di vite umane più pesante: 27 bambini ed un’insegnante morti. Quei bimbi erano tutti del 1996: da allora San Giuliano di Puglia non ha più la leva del ‘96. Al momento del mio corso vidi su un pannello appeso al muro l’elenco delle classi della scuola Media: vi figurava la seconda e la terza. La prima media non c’era. Non c’erano più i bambini. Ricordo lo sgomento che provai nel fare le mie lezioni: mi sentivo fuori luogo, assurda, grottesca. Che importanza potevano avere mai le mappe concettuali, il rapporto fra informatica ed educazione linguistica, i miei test di logica? Ma i docenti erano lì, seduti nei banchi, davanti ai PC, prendevano appunti, commentavano, mi si rivolgevano gentilmente per fare domande. Guardavo i loro occhi, gli sguardi, i sorrisi. I bambini alle pareti si tenevano per mano in girotondo. Ed io in quel momento provai un’emozione profonda e indimenticabile: era la forza della vita e dell’amore. Quella non si può distruggere. Mai.


ph Appiani

Attualità

La rete dei soccorsi L’efficienza del Centro Operativo Multifunzionale Bassa Bergamasca è l’esempio della capacità del territorio di far rete. Uno spunto di riflessione per l’ampliamento delle sue competenze

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opo il drammatico sisma che ha coinvolto il centro della penisola sul finire del mese di agosto, tutta la nazione si è unita in un forte, solidale abbraccio a favore delle popolazioni colpite dalla calamità naturale. E come spesso avviene in questi casi, l’Italia dà il meglio di sé. In molti hanno scoperto la presenza sul territorio di associazioni, organizzazioni ed Enti istituiti e preposti a supportare e coordinare anche attività di questo tipo. È il caso del C.O.M., il Centro Operativo Multifunzionale Bassa Bergamasca, nato alcuni anni fa come “Associazione di coordinamento delle attività di Protezione Civile da attuare con spirito di solidarietà a favore dei Comuni di Arzago d’Adda, Bariano, Brignano Gera d’Adda, Calvenzano, Canonica d’Adda, Casirate d’Adda, Castel Rozzone, Cologno al Serio, Fara Gera d’Adda, Fornovo San Giovanni, Lurano, Misano Gera d’Adda, Morengo, Mozzanica, Pagazzano, Pognano, Pontirolo Nuovo, Spirano, Treviglio e Urgnano” e che, in questo caso, ha avuto un ruolo parzialmente diverso, supportando l’attività di raccolta fondi e beni di prima necessità, individuate come priorita-

rie dal Dipartimento della Protezione Civile nazionale, e che, con il nostro territorio, poco o nulla avevano a che fare. Una incessante presenza nelle strade e nelle piazze, in più punti di raccolta allestiti per diversi giorni nei comuni aderenti; una raccolta di fondi confluita su un unico conto corrente attraverso donazioni in denaro di privati, associazioni ed aziende, versate direttamente sul conto corrente del C.O.M. e destinate ad uno specifico progetto in fase di individuazione in collaborazione direttamente con il Sindaco di Amatrice e le Autorità dei territori colpiti dal sisma. Il ringraziamento per questo successo, ovviamente, va anche ai tanti volontari che hanno fatto rete per garantire la presenza presso i punti di raccolta e la loro gestione e che, senza spirito di protagonismo, hanno reso possibile l’organizzazione ed il coordinamento di tutte le attività. Ci sono state poi le cene solidali, divenute anche importanti momenti capaci di unire in un grande abbraccio migliaia di percopertina bozza sone: a tal proposito ricordiamo l’enorme successo 1 della pizzata sotto le stelle che ha avuto luogo il 27 agosto a Castel Cerreto, e la cena “Un’AMAtriciana per il terremoto” promossa lo scorso 9 settembre dall’Associazione Commercianti trevigliesi, grazie alla quaNovità del territorio: zone omogenee e riforma sanitaria le, modificando la viabiliI giovani tra scuola/lavoro e GMG 2016 tà di viale Cesare Battisti In volo, ieri e oggi si è riusciti a dare ancora più spazio alla partecipaEuro 2,50

Mensile di approfondimento di Treviglio e Gera d’Adda

ph Appiani

di Ivan Scelsa

Anno 1 - n. 4 – Settembre 2016

zione popolare, con una capacità ricettiva di duemila posti a sedere. Iniziative analoghe hanno animato Brignano Gera d’Adda (il 17 settembre) e Calvenzano (l’8 settembre), con una sincera e partecipata attestazione di solidarietà. L’incasso degli eventi benefici verrà interamente versato sul conto corrente del C.O.M. e devoluto alla causa. A queste iniziative di piazza se ne sono unite molte altre. Nel mondo dello sport, ad esempio, la Remer Blu Basket, ha donato le offerte libere raccolte durante tutte le amichevoli in cui è stata impegnata nel periodo di preparazione (ad esempio 1.295 euro della partita con l’Angelico Biella). Il risultato ottenuto è importante: al di là delle singole iniziative promosse, l’attività svolta mostra chiaramente la capacità di “far rete” del nostro territorio ed il concretizzarsi della possibilità di collaborare per un progetto comune: sostanzialmente un assaggio di quanto potrebbe dare l’estensione di alcuni servizi ed iniziative ad una gestione sovracomunale. La partecipazione spontanea e sincera di alcuni Sindaci ed Assessori alle iniziative promosse nei comuni limitrofi è il segno di un cambiamento di passo, di un infittirsi di rapporti di collaborazione e gratuito altruismo per il bene comune. E tutto questo in silenzio, lontano dai riflettori del periodo pre-elettorale. Un importante cambiamento di passo che, in poco più di un mese dal terremoto, ha consentito di raccogliere oltre 65mila euro da devolvere alla causa.

tribuna magazine ringrazia i propri lettori che, acquistando il numero di settembre, hanno permesso di contribuire alla raccolta fondi del COM per il “Terremoto Centro Italia”. Devolvendo 50 centesimi dal prezzo di copertina delle copie vendute è stato raggiunto un importo pari a € 1.125,00. Grazie!

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Personaggi

ph Appiani

Circoscrizione del Reparto Competenza territoriale: 52 comuni

“Insieme per tutelare l’economia sana e legale” di Daniela Regonesi

Il capitano Maria Luisa Ciancia ci spiega ruolo e operato della GdF, in un territorio di competenza che comprende ben 52 comuni

A

poco più di un anno di distanza dal suo insediamento presso il Comando della Compagnia di Treviglio, incontriamo il Capitano Maria Luisa Ciancia, per parlare di legalità ed operatività della Guardia di Finanza nel nostro territorio. Il sito ufficiale della Guardia di Finanza si apre con lo slogan “Insieme per la legalità”: cos’è la legalità e perché va perseguita insieme? «La frase riprende il nome di un concorso che fa parte del progetto “Educazione alla legalità economica” proposto alle scuole primarie e secondarie bergamasche dalla GdF - Comando Provinciale di Bergamo e dall’Ufficio Scolastico Territoriale di Bergamo, sulla base del protocollo d’intesa nazionale fra Guardia di Finanza e Ministero dell’Istruzione. La legalità è un valore oggettivo che per essere compreso deve essere condiviso, fatto proprio: il concorso è stato indetto proprio per sensibilizzare i più giovani sul significato civile ed educativo della legalità economica e del rispetto delle regole. Se tutti pagano le tasse lo Stato non deve rivalersi sugli onesti, la cosa pubblica funziona come si deve e tutti pagano meno tributi. Uno degli aspetti che cerchiamo di far capire è che c’è sì un lato entrate – lo stato richiede il pagamento delle tasse – ma c’è anche un lato uscite, in cui eroga i servizi; il nostro compito è operare da entrambi i lati, vigilando anche sulla corretta destinazione delle risorse e contrastando i comportamenti illeciti. È possibile partire dal piccolo per contribuire a creare un mondo migliore, per questo abbiamo collaborato, in coordinamento con il Comando provinciale, con

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l’Istituto Comprensivo di Ciserano (scuola primaria di Boltiere), l’ISIS Archimede di Treviglio (secondaria di secondo grado), e l’Istituto Comprensivo di Casirate (secondaria di primo grado). Ogni scuola può candidarsi e conoscere il corpo della GdF». Come si è trovata in questo primo anno a Treviglio? «Bene: è un periodo passato troppo in fretta, sono contenta e soddisfatta di questa tappa compiuta con i miei 42 militari del Comando. Abbiamo intrapreso attività importanti che porteremo avanti. Quello che mi aspetto è di riuscire ad incrementare gli interventi volti all’aggressione dei patrimoni illecitamente acquisiti, con particolare riferimento ai sequestri preventivi

finalizzati alla confisca per equivalente. Si tratta di una misura ablativa di carattere patrimoniale estesa al settore tributario, che permette di privare il colpevole di un qualunque beneficio economico derivante dall’attività criminosa, non soltanto privandolo di beni direttamente riferibili al fatto illecito, ma anche di proprietà che, pur non avendo alcun collegamento diretto con il singolo reato, corrispondono al controvalore del suo profitto, ovvero al risparmio d’imposta». Il territorio di vostra competenza è vasto, comprende ben 52 comuni: con quali delle sue caratteristiche vi misurate più spesso? «È un’area economicamente importante, con circa 32.000 partite Iva attive (ad agosto 2016), posta sul confine con Brescia e Milano, approdo per diverse imprese anche in virtù degli ottimi collegamenti garantiti da A4 e A35. Il territorio ricomprende al suo interno anche l’area di Zingonia, di competenza di cinque comuni (Verdello, Verdellino, Osio Sotto, Boltiere e Ciserano), ed il Distretto Industriale “Bergamasca - Val Cavallina Oglio”, per la produzione tessile e di mobili e accessori, di cui fanno parte Calcinate, Cavernago, Ghisalba, Mornico al Serio e Urgnano.

Alcuni dati sull’operatività del Comando (periodo 08/2015 – 08/2016) • 56 Reati fiscali accertati; • scoperti 24 evasori totali e 7 paratotali (ovvero soggetti che hanno dichiarato meno della metà dei redditi effettivamente conseguiti); • constatati: - 78 milioni di elementi positivi di reddito non dichiarati; - 6 milioni di elementi negativi di reddito indebitamente dedotti; - IVA evasa per 15 milioni; • 22 lavoratori in nero e/o irregolari scoperti; • eseguiti provvedimenti di sequestro preventivo finalizzati alla confisca per equivalente per quasi 6 milioni

di euro (importo parametrato alle imposte non versate); • sequestrati circa 10.000 prodotti contraffatti e/o non sicuri (non conformi alle prescrizioni dettate dal codice del consumo); • effettuati oltre 1.000 Controlli strumentali volti alla verifica del corretto rilascio dello scontrino o della ricevuta fiscale: circa 400 sono risultati irregolari; • indagini varie di polizia giudiziaria su delega delle Procure della Repubblica di Bergamo e Milano (reati tributari, fallimentari, reati contro la P.A. ecc.).


Centro Acustico Bergamasco

I settori prevalenti sono quello edile e bar/altri sevizi, che si concentrano maggiormente a Treviglio, Romano di Lombardia e Caravaggio. Vi sono molte partite Iva e anche numerose cooperative, operanti soprattutto nel campo del facchinaggio e della logistica, dove si concentra gran parte dell’evasione ma anche del lavoro sommerso e irregolare: nell’ultimo anno, ad esempio, abbiamo scoperto 22 lavoratori in nero. Operiamo verifiche trasversali nelle aziende: controlliamo sia la regolarità fiscale che quella lavorativa, che spesso rivela anche situazioni di clandestinità. Pressoché quotidianamente la pattuglia perlustra il territorio e lo presidia, anche per infondere nei cittadini il segnale che la Guardia di Finanza è presente e si impegna per tutelare l’economia sana e legale». Il cittadino come può aiutarvi? «Il privato può aiutarci segnalando comportamenti scorretti, richiedendo, ad esempio, lo scontrino laddove non venga rilasciato; è attivo, presso il Comando, il Servizio Ricezione Esposti, cui si affianca il servizio telefonico 117, attivo 24 ore su 24. Abbiamo una buona risposta dalla gente: la sensibilità della comunità è cresciuta, in un momento storico in cui ci si sente direttamente “toccati” dai comportamenti illeciti, e molte segnalazioni sono sviluppate in indagini. Sono molto utili e costituiscono un elemento in più di conferma per focalizzare l’attenzione su determinati soggetti». Per quanto riguarda la collaborazione con altri Corpi? «La collaborazione con le altre forze dell’ordine è assolutamente positiva. Ad esempio a Zingonia operiamo sempre in team con i Carabinieri, e proficui sono i rapporti con le polizie locali: ognuno opera per le proprie competenze, non c’è sovrapposizione, ma cooperazione». La mafia è lontana o interessa anche il nostro territorio? «La mafia attecchisce dove c’è ricchezza, dove gira l’economia e c’è possibilità di infiltrarsi e riciclare denaro. Qui l’economia funziona, ma non c’è bisogno di creare allarmismo: anche se non si può negarne la presenza non abbiamo una situazione conclamata. Vigiliamo in collaborazione con gli altri corpi e reparti».

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Personaggi

L’eredità più preziosa di Daniela Invernizzi

Intervista con Gianfelice Facchetti

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ui è il primo figlio maschio di Giacinto, storico capitano e presidente dell’Inter, un’icona del calcio e probabilmente il cittadino più amato di Treviglio. Gianfelice Facchetti, eclettico, raffinato, garbato come suo padre, non ne ha seguito le orme, ma si è dedicato con successo al teatro, e basta leggere gli articoli a lui dedicati per capire quanta strada ha già fatto questo ragazzo che, chi scrive, vedeva arrivare da piccolino in visita ai parenti quasi tutte le settimane. Gianfelice non abita a Treviglio, ma con questa città ha un rapporto tutto speciale, che lo porta spesso qui, come è accaduto recentemente per la ricorrenza dei 10 anni della morte del padre. La città non dimentica il “suo” terzino gentiluomo, cui è stato dedicato il palazzetto dello sport; e lo ricordano anche i libri, ultimo dei quali un fumetto dal titolo “Giacinto Facchetti: il rumore non fa gol”. Nel fumetto sono presenti alcuni stralci dei diari originali di Facchetti, messi a disposizione della famiglia, e naturalmente anche la testimonianza di Gianfelice. In questa intervista parliamo con lui del padre, ma soprattutto della sua attività teatrale che non guarda nessuno dall’alto in basso, e di un attore e drammaturgo ormai affermato che non disdegna di passare il suo tempo con un gruppo di studenti dell’Enfapi di Treviglio. A questi ragazzi ha trasmesso la passione per il teatro, attraverso un laboratorio di diverse settimane che li ha portati, nel maggio 2015, a un spettacolo finale, da lui scritto: “L’operaio da tre soldi”. Gianfelice, tu sei attore, drammatur-

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go, regista: come è nata la tua passione per il teatro? «È nata per curiosità. Avevo smesso di giocare a calcio da un anno e in un momento di confusione mia mamma mi suggerì di provare a frequentare un corso di teatro. “Magari ti chiarisci le idee!”, disse: è andato tutto oltre la mia immaginazione». Pur essendo giovane, hai sperimentato molto (vedi Teatro al buio); ti piace coinvolgere realtà sociali differenti, dai carcerati ai giovani... Non hai paura a metterti in gioco, ad affrontare anche tematiche difficili. Ci parli di qualcuna di queste esperienze e che cosa ti hanno lasciato?

«Più che coinvolgere gli altri spesso sono io a lasciarmi calamitare dalle persone o dalle cose che mi incuriosiscono: mi avvicino a mondi che non conosco per ascoltare le storie che custodiscono. È andata così sia con il carcere che con l’esperienza del teatro al buio. Dietro le sbarre ho incontrato soprattutto la dignità in persone che hanno sbagliato, semplicemente perché nascendo in certe condizioni materiali e culturali non hanno potuto scegliere chi e cosa essere nella vita. Collaborando con l’Istituto dei Ciechi di Milano invece, ho scoperto il buio, la sua potenza evocativa e creativa, unita al coraggio di chi lo vive come condizione quotidiana da sempre». Da piccolo ti hanno messo a giocare a calcio e probabilmente tutti si aspettavano da te una carriera calcistica; quando hai capito che non sarebbe stato così e come l’ha presa tuo padre? «Ho giocato fino a ventidue anni e ogni tanto mi chiedevo quanto fosse forte la mia


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Gianfelice con il padre Giacinto

passione. Quando il piacere di divertirmi è stato superato dal fastidio per alcune situazioni marginali al campo ho chiuso in fretta, senza rimpianti né miei né di papà». Nonostante tu abbia preso altre strade, il mondo del calcio ti interpella spesso, specie quando si parla di Inter. Cosa rappresenta per te questo mondo? «Il calcio è parte della nostra vita, ha rappresentato tante cose ma soprattutto il sogno di un bambino partito dalla strada, diventato poi bandiera della squadra per cui tifava da piccolo e capitano della sua nazionale. Per questo nonostante i cambiamenti, mi ostino a cercare nel pallone ciò che di buono e poetico resiste, piuttosto che maledire la fine di un calcio romantico che non c’è più da un pezzo». Tuo padre è scomparso dieci anni fa. Cosa ti manca di più di lui? «Manca il padre e l’amico con le parole dette al momento giusto, manca il capitano con la sua presenza preziosa quando ti guardi dietro le spalle. La sua assenza però, è stata popolata da tante persone che lo amavano e stimavano: dopo dieci anni tutto questo affetto ancora ci sorprende È la sua eredità più preziosa». Treviglio ha un legame indissolubile con tuo padre. Cosa rappresenta, invece per te, la nostra città? «Parte delle mie radici, penso ai luoghi della memoria... Le case popolari dove papà era cresciuto, l’oratorio dei suoi primi calci, la stazione Ovest dei treni dove lavorava il nonno. Quand’ero piccolo ogni sabato c’era il rito di questo giro a ritroso nel tempo!». Torniamo al teatro, a cosa stai lavorando? «Stiamo per riprendere uno spettacolo al buio tratto da un racconto di Buzzati e un nuovo racconto teatrale che vedrà la luce in inverno, una storia di sport della stagione 1943/44 quando l’Italia era spaccata in due».

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Salute

È strana la vita di Daniela Regonesi

L’importanza della prevenzione e della diagnosi precoce, il ruolo del tempo e degli affetti: breve viaggio nel mondo del tumore al seno, con tre guide speciali

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l mese di ottobre, da 24 anni a questa parte, vede la Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori (LILT) impegnata nella Campagna Nazionale Nastro Rosa, dedicata alla prevenzione del tumore al seno. Tribuna magazine vuole dare il suo piccolo contributo attraverso tre testimonianze speciali: la Dottoressa Silvana Lia (Responsabile di struttura semplice dei Centri di Senologia di Caravaggio e Romano di Lombardia) ci ha aiutato a sfatare i falsi miti che circolano attorno al tumore mammario (vedi box a lato), mentre Maria Gabriella Bassi e Cristina Ronchi hanno accettato di condividere la loro esperienza. Abbiamo scelto loro, tra tante persone, per la loro forza e sensibilità, perché il cammino di ognuno è unico ma in qualche modo simile, perché sono donne normali e speciali, come ognuna di noi. Ci incontriamo in una di quelle piovose mattine che preludono all’arrivo dell’autunno, e che contrasta fortemente con la solarità delle mie “guide”. Non si conoscono, è la prima volta che si vedono, ma il ghiaccio è presto rotto. È Maria Gabriella, fresca del suo quarto intervento, che comincia a ricostruire gli albori delle campagne preventive: «nel ’92-’93 si è manifestata per la prima volta la malattia, con due tumori in contemporanea. All’epoca fece scalpore il mio approccio con molto “spirito”: mi presentai all’intervento indossando un paio di slip rossi, “sexy fino all’ultimo”. Delia Borelli e Patrizia Silliprandi si diedero da fare con un gran battage affinché passasse il concetto fondamentale di screening, e io fui incaricata di essere una sorta di testimonial nelle scuole; poi aderirono gli ospedalieri: Forloni, Olivieri, Cremonesi… Un bel gruppo di medici che si scontrava con l’apparato dirigente, che tergiversava. Ma poi lo screening è diventato obbligatorio, per cui è stato un successo». Rossi, come l’intimo indossato da Maria Gabriella, erano i sandali a tacco alto che ha

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calzato Cristina, per recarsi ad informare i propri cari del percorso che andava iniziando: «A 42 anni per te il cancro non esiste, accade agli altri, quella cosa lì non ti appartiene. A 27 anni avevo eseguito il mio primo controllo presso l’Istituto Nazionale dei Tumori; tre anni fa, all’epoca della diagnosi, mi ero già sottoposta a mammografia e avevo programmato il successivo appuntamento a febbraio 2014. È stato un caso che io l’abbia scoperto: accompagnavo mia madre ad una visita di controllo ed ha insistito perché mi facessi visitare, dato che si era liberato un posto. Il mio tumore non si sentiva, è stato individuato solo con la mammografia, il secondo con l’ecografia e il terzo con la risonanza magnetica. La prevenzione – prosegue – dovrebbe essere una buona regola. Non una cosa una tantum che piove dall’alto, né un’ossessione. Occorre maggiore coscienza di sé e del proprio corpo, e delle opportunità del sistema sanitario. Non dico che deve essere routinaria, ma diventare una pratica di vita intelligente, una coscienza che accompagna». Gabry concorda, ma sottolinea anche come spesso, purtroppo sia «la visibilità che ti fa correre dal medico, dimenticando che certi tumori non si vedono. Se si fa un confronto col passato siamo un po’ “viziate”: nasciamo

Alcune cifre • In Italia, ogni anno,1 donna ogni 8 è colpita da cancro alla mammella (47.000 nuovi casi/anno). • Nei Centri di Senologia di Romano di Lombardia e Caravaggio nel 2015 sono stati diagnosticati 182 carcinomi mammari; da gennaio a luglio 2016 ne sono stati diagnosticati 104.

La Dottoressa Silvana Lia, Maria Gabriella Bassi e Cristina Ronchi

sane e pensiamo di rimanere sane, rispetto alle generazioni precedenti, che avevano un rapporto stretto con la malattia e per le quali la morte era quasi quotidiana. Siamo impreparate davanti al giocattolo rotto. Il rapporto col dolore è cambiato, ti coglie alla sprovvista. Eppure tra le mie amiche conto sulle dita di una mano quelle che non sono malate». Cris annuisce, affermando «La prevenzione è lasciata alla coscienza». Ecco perché opportunità come quelle offerte da LILT non vanno sprecate: la campagna Nastro Rosa è rivolta alle donne che per età non rientrano nel programma di screening mammografico dell’Agenzia di Tutela della Salute di Bergamo, alle quali viene offerta la possibilità di effettuare una visita senologica gratuita presso le Unità Operative di Senologia in Strutture Pubbliche e Private convenzionate, e negli ambulatori LILT Onlus di Trescore Balneario e Verdello. L’obiettivo è sensibilizzare un numero sempre più ampio di donne sull’importanza vitale della prevenzione e della diagnosi precoce dei tumori della mammella, informando anche sugli stili di vita correttamente sani da adottare e sui controlli diagnostici da effettuare. Maria Gabriella ribadisce: «La sensibilità delle donne è importante. Lo screening permette il controllo, ma è tardi cominciare a 50 anni. A pensarci bene la mammografia costa 100 €, quanto un bel golfino…». Entrambe concordano sul fatto che la variabile principale è il tempo, e quello conquistato è un lusso: «Vivi in modo diverso – spiega Cristina – rivivi le tue priorità con più distacco. Vivo paradossalmente meglio adesso: sono meno ansiosa e accondiscendente rispetto a quello che gli altri si aspettano da me. Scel• Il tumore al seno colpisce: - per il 36% sotto i 45 anni - per il 39% dai 45 ai 64 anni - per il 22,3% oltre i 65 anni • Livelli di sopravvivenza: - 85% a 5 anni dalla diagnosi - donne dai 50 ai 69 anni 89,7% - dai 40 ai 49 anni 91% • L’elevata sopravvivenza è dovuta all’anticipazione della diagnosi e all’efficacia dei protocolli terapeutici, sia chirurgici sia medici.


Sfatiamo i falsi miti La Mammografia è dolorosa FALSO: è fastidiosa, il dolore è soggettivo in base alla soglia individuale. La compressione della mammella dura pochi secondi e nei Centri di Senologia l’esame viene eseguito da personale tecnico dedicato, qualificato e preparato per seguire al meglio le pazienti.

L’esame Mammografico aumenta il rischio di carcinoma al seno FALSO: con i nuovi Mammografi digitali la dose di radiazioni è contenuta, ed è ingiustificato avere paura. I vantaggi di una diagnosi precoce superano il rischio radiologico. Se non sento nulla al seno posso stare tranquilla FALSO: è fondamentale la diagnosi precoce per scoprire il carcinoma quando non è palpabile (<10mm) ed è curabile con buone possibilità di guarigione. È previsto uno Screening organizzato gratuito, dai 50 ai 69 anni, con invito mediante lettera dell’ATS di Bergamo. Dai 40 ai 50anni è possibile sottoporsi ad una Mammografia annuale con prescrizione medica (dai 45 ai 50 anni è gratuita ogni due anni). Il tumore al seno non colpisce le donne giovani FALSO: da numerosi studi è emerso che un buon 25% delle donne malate ha meno di 50 anni. Il carcinoma al seno è una malattia tipica dell’età mediogo di circondarmi di cose che mi fanno stare bene». «Apprezzi di più le piccole cose, con entusiasmo legato alla vita», sintetizza Maria Gabriella. Propongo loro di riflettere su altre due parole, oltre a prevenzione e tempo: paura e speranza. Mi guardano cortesemente perplesse: «La paura non c’è, se non quando vado in macchina con mio marito» risponde Gabry. Cristina conferma: «Niente paura, nemmeno quando scendevo in sala, piuttosto lo stupore e la curiosità scientifica nei confronti di un’esperienza nuova. Mi muovevo su un terreno conosciuto, su una strada tracciata». Mi spiega: «Rischi la pelle, ed è una cosa che umanamente ti scardina dentro, ma devi tenere il timone ben saldo. Non avere il malanimo di sentirti abbandonata, perché rischi di entrare in una spirale controproducente: non è colpa tua se sei malata. Non devi nasconderti. Però non tutte le persone che assistono a quello che ti sta accadendo sono in grado di affrontarlo. Devi fronteggiare la malattia, non puoi permetterti di essere delusa dal comportamento degli altri. La socialità è fondamentale, per questo, col tempo, ho creato il salotto

avanzata, ma non esclusiva. Soprattutto se c’è familiarità (nonna o mamma che hanno sofferto di tumore alla mammella), fin dai 25 anni è opportuno effettuare un’ecografia e sottoporsi ad una visita senologica. L’autopalpazione può essere eseguita in qualunque momento, il più spesso possibile FALSO: è sufficiente una volta al mese, durante o appena dopo il mestruo. Nelle donne in menopausa in qualsiasi momento. Il carcinoma mammario si presenta sempre e solo con una “massa anomala” FALSO: è vero che una massa anomala può essere un segno tipico del carcinoma, ma sono campanelli d’allarme anche: - consistenza aumentata di un seno o di una parte di esso; - retrazione cutanea; - introflessione fissa, arrossamento, desquamazione del capezzolo - secrezione spontanea, ematica o trasparente, dal capezzolo. Se la Mammografia è negativa non c’è motivo di preoccuparsi FALSO: la Mammografia non è un esame infallibile, capace di identificare qualsiasi anomalia al seno; la sua sensibilità, cioè la capacità di individuare il

con le signore del venerdì (giornata della chemio), in contrasto con l’ambiente di solitudine. La forza dell’esempio è contagiosa, e si può dare una modalità diversa ad un percorso che potrebbe essere più drammatico». «È vero – interviene Maria Gabriella – è uno spaccato sociale, tanta gente non sa nemmeno cosa dirti. Ma è importante far vivere serenamente anche gli altri, normalizzare la malattia. Il carattere positivo è una chiave di volta, perché la depressione è dietro l’angolo. Il mio primo intervento è stato effettuato il 19 marzo, ad aprile ero regolarmente a scuola ad insegnare. Per sentirmi sana. Non ho fatto niente di eroico, la reazione comunque è personale, può anche schiacciare, non tutti comprendono». Cristina concorda, ricordando come ci abbia tenuto a presentarsi con trucco e rossetto rosso d’ordinanza dopo l’intervento. Anche la parola speranza non fa parte del vocabolario della loro esperienza: «Speranza? – mi risponde Gabry – No, possibilità. Io vivo da sana, non mi è mai venuta in mente». Le fa eco la seconda: «Nemmeno a me. Piuttosto l’accettazione dell’imperfezione del proprio corpo, l’assimilazione. Di

tumore, è del 75-80%. Alcune mammelle (dense), necessitano di altri esami di approfondimento, come l’ecografia, su indicazione del medico radiologo senologo specialista. Le donne con un seno piccolo sono meno a rischio FALSO: non esiste correlazione tra la grandezza delle mammelle e il pericolo di ammalarsi di cancro mammario. Gli uomini non si ammalano di cancro al seno FALSO: il tumore alla mammella colpisce anche loro, più raramente: in Italia 1 soggetto ogni 520 (nel 2012 400 nuovi casi). Le indagini diagnostiche sono l’unica prevenzione possibile FALSO: è fondamentale seguire un’alimentazione corretta, non fumare, fare attività fisica, in caso di maternità allattare (se possibile), evitare eccessivi aumenti di peso soprattutto in post menopausa. E “imparare a conoscere ed ascoltare il proprio corpo”. Mi hanno diagnosticato un tumore al seno, equivale a una condanna a morte FALSO: la guarigione è legata alla diagnosi precoce e all’efficacia delle nuove terapie chirurgiche e medicooncologiche. Vademecum realizzato con la collaborazione e consulenza scientifica della Dott. sa Silvana Lia (Responsabile di struttura semplice dei Centri di Senologia di Caravaggio e Romano di Lombardia)

sicuro non la rassegnazione e la negazione. La vita è una giungla. Bisogna accettarla anche se imperfetta, segnata da un evento naturale che ti fa vivere l’ineluttabilità degli eventi. Incanalarvi tutte le energie, consapevole della tua fragilità. Ma la rassegnazione è un buco nero che ti porta in una spirale improduttiva: si può essere malati, affrontare percorsi lunghi, ma preservare sé stessi». Aggiunge la controparte: «Non è una leggerezza da incoscienti, ma un carpe diem. È strana la vita: c’è chi è sano e non lo sa e chi è malato e dice “embè?”». Ognuno, mi spiegano, deve vivere la sua vita, non azzerare tutto. Loro sono riuscite ad affrontare anche il senso di colpa, la paura di angosciare la famiglia, che ha saputo dare un segno forte di affetto, facendole sentire circondate da un grande amore: «Perché se non hai gli affetti, cos’hai nella vita?». E ripartendo dagli affetti, e dal bene che bisogna volersi in prima persona, mi sono fatta un regalo: ho prenotato una visita senologica gratuita, grazie alla campagna di prevenzione LILT Bergamo. Perché la vita è strana, ma un nastro rosa ci offre un valido appiglio. Ottobre 2016 •

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Società

Un passo dopo l’altro verso una città più sostenibile di Daria Locatelli

Al via l’undicesimo anno di attività del Piedibus a Caravaggio

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i grandi a godere appieno del territorio, con l’adozione di stili di vita e comportamentali non solo favorevoli all’ambiente, ma anche educativi e salutari». Grazie ad oltre venti volontari, trai quali anche alcuni genitori, l’autobus umano assicura ogni giorno un passo in avanti verso il raggiungimento di svariati e valevoli obiettivi. Il Piedibus consente ai bambini di socializzare con nuovi amici durante il percorso, aumenta la loro autonomia e disciplina, permette loro di familiarizzare e conoscere da vicino, divertendosi, la città in cui risiedono e di apprendere le regole sull’educazione stradale. Grande attenzione anche all’ambiente, con la riduzione di traffico e inquinamento «che noi calcoliamo ogni giorno – aggiunge la Sig.ra Adriana – sul diario di bordo di ciascun bimbo». Sull’attestato di meri-

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Caravaggio il suono della campanella della Scuola Michelangelo Merisi non equivale solo all’inizio delle lezioni, ma decreta anche l’arrivo al capolinea di un autobus molto particolare, un gruppo costituito da bambini e accompagnatori adulti che ogni mattina, sia che risplenda il sole che sotto la pioggia, percorre a piedi il tratto da casa ai banchi di studio: ecco il Piedibus. Sono più di un centinaio i piccoli studenti che quotidianamente, passo dopo passo e dotati di specifiche pettorine, attraversano la città lungo le sette linee che coprono i tragitti dai vari quartieri all’istituto scolastico, contraddistinte da relativa segnaletica e supervisionate da due o tre accompagnatori dedicati a ciascuna di esse. Piedibus Caravaggio, iniziativa patrocinata dall’amministrazione comunale e sostenuta fortemente dalla Scuola Merisi, inaugura questo mese la propria attività per l’anno scolastico 2016/2017 con un bagaglio decennale di esperienza alle spalle, migliaia e migliaia di chilometri percorsi a partire dal 2006, quando alcuni volontari provenienti da diverse associazioni territoriali – come il gruppo ambientalista locale, Caravaggio Femminile Plurale, Alpini, podisti AVIS, associazione Caravaggio Viva e Banca del Tempo – hanno ideato un progetto di mobilità sostenibile e di valorizzazione dell’ambiente e della città. «L’iniziativa – illustra Adriana Castelli, referente del Comitato Promotore Piedibus (tel. 0363/51112) – è nata innanzitutto da un confronto tra noi volontari e amici sul vissuto quotidiano dei cittadini. Caravaggio, sebbene nel suo piccolo, ha insite tutte le caratteristiche di una grande città, potendo generare ansie e timori sulla mancanza di sicurezza e vivibilità che gli adulti possono trasmettere anche ai propri figli. In concomitanza con l’invito della Provincia e dell’Unione Europea a riflettere sui temi della mobilità sostenibile, abbiamo elaborato quello che per noi è un modo per stimolare sia i piccoli che

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E Treviglio... di Brigida Simone

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iedibus muove i suoi primi passi a Treviglio (in Geromina) nel 2001. Diventa una solida realtà nel 2006 con l’avvio di ben 11 linee – aggiuntesi negli anni – che coinvolgono tutte le scuole elementari pubbliche della città. Nel complesso, in quegli anni, ha “movimentato” circa un centinaio di alunni: quindi, grazie a loro, meno auto intorno alle scuole e più allegre uscite di gruppo (ricordiamo anche le feste in piazza, le mostre, i concorsi, il comitato, ecc.). Per potenziarne lo sviluppo, per la sua efficace dimensione educativa per bambini e adulti e come segnale alla città, poiché un traffico sostenibile si può realizzare, si sono mosse a sostegno l’allora amministrazione comu-

to, consegnato ai partecipanti al termine dello scorso anno scolastico, per esempio, viene riportato: “Quest’anno Piedibus Caravaggio ha percorso 7.089 km con un risparmio di emissioni di CO2 di circa 1.489 kg, pari al lavoro di 50 alberi”. «Il nostro gruppo – conclude – è molto soddisfatto dell’esperienza che si è consolidata in questi anni e abbiamo l’obiettivo di allargare l’iniziativa a un numero crescente sia di volontari che di bambini. Il Piedibus non deve essere visto soltanto come un mezzo di trasporto alternativo a quelli tradizionali, ma come un nuovo stile di vita educativo per grandi e piccini. Auspichiamo anche che sia l’amministrazione comunale che la comunità investano sempre più in questo progetto, portatore di molteplici proposte e stimoli per rendere Caravaggio ancora più vivibile e familiare». Ogni giorno le strade della città vengono percorse, passo dopo passo, dai cittadini di domani verso l’educazione e il rispetto dell’ambiente e degli altri.

nale (giunta Borghi), la locale BCC, Legambiente e l’Ufficio Scolastico Regionale. Numerosi anche gli adultiaccompagnatori delle linee: genitori, nonni, maestre, amici. L’iniziativa ha “resistito” per una decina di anni, ma, purtroppo, nonostante l’entusiasmo di chi vi ha partecipato, non ha sfondato nella mentalità dei cittadini trevigliesi che, nella stragrande maggioranza, preferisce accompagnare a scuola i propri pargoli in auto… Fino alle superiori! Oggi, un manipolo di coraggiosi genitori sta tentando di far ripartire Piedibus alle scuole primarie De Amicis e Bicetti (qui hanno raccolto iscrizioni per circa 20 bambini e 4 accompagnatori, in attesa della messa in sicurezza di alcuni attraversamenti e di un incontro col Sindaco): è un’esperienza semplice, ma – se si recuperasse – arrecherebbe solo benefici ai nostri bambini e sarebbe, per tutti, un bell’esempio di educazione civica. Ottobre 2016 •

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Associazioni

La guerra di AGA di Daniela Invernizzi

L’associazione genitori antidroga in prima linea sul territorio contro le dipendenze

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rendi la strada di campagna che si snoda fra Pontirolo e Treviglio e all’improvviso te la trovi davanti, bella, lunga e ordinata, colorata di giallo. Stiamo parlando della sede della comunità di recupero per tossicodipendenti gestita dall’AGA, Associazione Genitori Antidroga. Nata nel 1982, riesce, dodici anni dopo, nella grande impresa di

aprire la comunità di recupero a Pontirolo Nuovo, che attualmente ospita 45 persone accreditate con il servizio sanitario nazionale; ma negli anni ne ha curate migliaia, mentre molte attendono di potervi accedere, poiché, ahinoi, la lista d’attesa è bella lunga. Mi accoglie nel suo studio il responsabile, Enrico Coppola, che non fa mistero

della gravità della situazione: «Nel 2015 lo SMI (Servizio Multidisciplinare Integrato, che da un anno lavora sul territorio insieme all’AGA) ha avuto in carico 780 persone; se pensiamo che lo SMI è solo uno dei soggetti attivi (poi c‘è il SER.T), e che la richiesta è sempre alta, possiamo dire che l’emergenza non ha mai fine». E in effetti i dati fanno impressione, se si considera che a questa struttura si rivolgono molti giovanissimi (su 700, 200 sono under 22); che lo SMI di Treviglio è al terzo posto per importanza, rispetto all’utenza in carico, dopo il SER.T di Bergamo e quello di Ponte San Pietro; e che l’equipe di professionisti che se ne occupa deve fare i conti con tossicodipendenze, alcoldipendenze ed ora anche con le ludopatie, nuova piaga sociale. Cosa è cambiato rispetto a vent’anni fa, quando la comunità ha aper-

È bello vivere senza

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e storie dei ragazzi che accedono alla comunità sono tutte uguali e tutte diverse. Come quella di Nicola, trent’anni che sembrano venti, da quattro mesi ospite a Pontirolo; Nicolas, 24 anni, qui da 14 mesi; e Francisco, 26 anni, in comunità da due. Alla domanda “Come va?” rispondono uguale: «Tutti i giorni è una battaglia, però bene». Nicola mi racconta la sua storia di ragazzo “nella norma” fino a un anno fa, quando l’incontro con LA SOSTANZA gli ha cambiato per sempre la vita: «Lavoravo la mattina e il pomeriggio ero libero. Girando a zonzo ho conosciuto la gente sbagliata. Ho provato per curiosità. Eroina. E poi non sono stato più lo stesso. In poco tempo ho perso lavoro e amici». Nicola: «Ho cominciato presto, a 14 anni, anche a spacciare, così avevo pure i soldi in tasca. Poi la droga ha preso il soprav-

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vento, e mi sono fatto terra bruciata intorno. Sono rimasto completamente solo. Sono venuto qui perché non riuscivo più a stare là fuori»; Francisco: «Ho cominciato a 14 anni con la cocaina, poi anche eroina. A 19 anni sono entrato in comunità, ma non ha funzionato. La seconda nemmeno. Adesso sono qui». Perché non ha funzionato? «Forse perché non ci credevo veramente. Lo facevo per i miei genitori. Invece stavolta lo faccio per me». Come ti senti adesso? «È bello vivere senza sostanze»;

interviene Nicola: «Oggi sto meglio, ho ripreso il contatto con la realtà, non ho più bisogno della sostanza per affrontare la giornata. Ora vivo ogni attimo. È bellissimo non dover più raccontare palle su palle…»; Nicolas: «Ho capito che il tutto e subito non è possibile, le cose si


Leonardo ed Enrica - Occhiali to i battenti, è presto detto: la cocaina ha preso il sopravvento ed è la nuova droga popolare, tanto praticata che se ne trova in quantità nelle acque di scarico (uno studio dell’istituto Mario Negri effettuato lo scorso anno ha rivelato che su un bacino di 100.000 abitanti sono emerse 3.700 dosi di sostanze consumate al giorno, di cui 550 di cocaina e 200 di eroina); l’alcol e le droghe in generale non sono più considerate una piaga sociale, poiché spesso se ne fa un uso saltuario, e si è convinti che questo possa preservare dalla dipendenza; il consumatore di droghe non è più – solo – l’emarginato, ma anche la persona perfettamente inserita e apparentemente senza problemi. «In realtà, alla base del consumo di droghe o dell’abuso di alcol c’è sempre un disagio interiore – spiega Coppola – ma l’uso occasionale e la per-

Il Lusso...

Qualità e innovazione

conquistano con la fatica». Chi ti ha portato qui? «Io. Quando ho capito che da solo non ce l’avrei mai fatta. Mi guardavo allo specchio e mi facevo schifo da solo» racconta Nicola; Francisco: «Sono convinto che questa volta funzionerà, perché qui si lavora molto sulla persona, si parla tanto, non c’è solo il lavoro fisico. È il valore aggiunto di questa comunità». «Vorrei cancellare tutto con un colpo di spugna – dice Nicolas – ma so che non è possibile. Sto cercando di riparare a un rapporto con i miei ormai compromesso, ferito. Ma so che ci vuole tempo». Cosa speri per il tuo futuro? «Smettere con le cazzate, riprendere in mano la mia vita, ritrovare il mio lavoro, fare una vita normale» rispondono in coro. E unanime è anche la risposta all’ultima domanda: di cosa hai paura? «Di ricascarci. Non ho paura del lavoro, delle difficoltà, della solitudine, degli altri: solo di me stesso». Ottobre 2016 •

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Associazioni cezione di non esserne schiavo fa considerare la questione un “non problema”. In realtà tutte le droghe, cocaina compresa, creano dipendenza e scompensi psichiatrici pericolosissimi. La stessa cannabis nei giovani può fare danni irreparabili, poiché il cervello dei minorenni non è ancora completato: la droga agisce sul sistema nervoso, imponendo una sorta di imprinting che rende il giovane sempre più bisognoso della sostanza per funzionare a pieno regime. Inoltre sta tornando in auge l’eroina, specie fra i più giovani, pericolosissima, poiché essi non hanno assistito alla strage che questa droga ha fatto nei decenni scorsi. Anche l’alcol è molto diffuso fra i giovanissimi. Alla prima festa delle superiori vieni bollato come sfigato, se non ti ubriachi». Per tutti questi motivi è ancora più allarmante il fatto che recentemente l’AGA abbia dovuto chiudere la comunità diurna per minori che gestiva in via Veneto, a causa della mancanza di fondi: «È prematuro cantare vittoria, ma considero molto positiva la reazione degli amministratori del territorio, che hanno promesso di interessarsene – precisa il responsabile – quindi contiamo di riattivare il servizio il più presto possibile». C’è poi il settore ludopatie, di cui l’AGA e lo SMI si occupano attraverso prestazioni ambulatoriali con operatori qualificati e gruppi di auto aiuto: «È una dipendenza senza sostanza, ma comunque una dipendenza – dice Coppola – il gioco diventa fine a sé stesso e la “coazione a ripetere” dà una sensazione di malessere anche fisico. Ne soffrono molti pensionati e casalinghe, che arrivano da noi portati dai famigliari, ormai sull’orlo della disperazione». Vere e proprie piaghe sociali di cui non si parla mai abbastanza: ecco perché l’informazione e la prevenzione, soprattutto nelle scuole, assumono un ruolo determinante. L’AGA le fa portando l’esperienza dei suoi professionisti e la testimonianza dei suoi ragazzi nelle scuole del territorio, soprattutto alle medie, perché è importante arrivare presto, in anticipo sulla maggiore libertà e sulla prima festicciola delle superiori. Non solo prevenzione, ma anche reinserimento nella società dei ragazzi presi in carico, dando loro la possibilità di operare con le associazioni del territorio per piccoli lavori, per esempio prestando il proprio tempo al servizio degli anziani: «Lavoriamo molto bene con la Fondazione Anni Sereni – racconta Coppola – per i ragazzi si tratta di un’esperienza umanamente importante: gli anziani, anche se provati dalla vecchiaia e dalla malattia, trasmettono valori e sentimenti altissimi». I servizi dell’AGA si avvalgono di personale specializzato e professionisti del settore: per accedervi ci si può rivolgere direttamente alla comunità di Pontirolo Nuovo, via Lombardia, 9 (tel. 0363/330602) oppure al Servizio multidisciplinare integrato, in via Vittorio Veneto 44 a Treviglio (tel. 036388894).

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In un Mondo Nuovo di Franco Galli

Frammenti dal diario degli scout del Noviziato di Treviglio, che hanno trascorso il loro campo estivo in una comunità per il recupero dei tossicodipendenti

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iamo alla comunità Mondo Nuovo, per il recupero tossicodipendenti, in località Spinicci di Tarquinia (Civitavecchia) in “Villa Paradiso”. L’ambiente rimanda alle comunità rurali del secolo scorso; un mondo antico che per gli ospiti (è bello chiamarli cosi) è il sentiero per andare oltre. Di quel tempo passato si sono recuperati il rapporto con la terra, la fatica ed il sacrificio, i ritmi lenti ma serrati e le regole non scritte: la solidarietà e il dialogo, la preghiera e il silenzio. Qui, vivere e crescere è una ricerca quotidiana, volta al recupero di un mondo nuovo nel quale il bene comune, e non solo il proprio, torni a trovare posto nella vita di ogni ospite, ritrovando la stima per sé stessi, capendo che anche la propria vita è un valore e che ha senso riscoprirla, fatica imprescindibile per il proprio riscatto. In estrema sintesi questo è quel che si vive nella comunità Mondo Nuovo, in cui si recuperano alla vita i tossicodipendenti e gli alcolisti. Essa è costituita da 6 centri (4 nel comprensorio di Civitavecchia, uno a Teramo, uno ad Agnadello ed uno in Croazia) oltre alla casa madre di Villa Paradiso. È qui che noi scout del Noviziato di Treviglio abbiamo trascorso il nostro campo estivo, condividendo il lavoro nei campi e con gli animali, vivendo insieme il momento dei pasti e delle riunioni di auto-aiuto e i momenti di raccoglimento spirituale. Ecco alcuni frammenti del nostro diario:

Sabato 20 Agosto Treviglio, Stazione Centrale, ore 5.40: appuntamento all’alba. Il viaggio è relativamente lungo ma alle 13.30 siamo a Tarquinia, dove Sandro ci at-

tende. Ci accoglie con un caloroso abbraccio, uno per ciascuno. Da 37 anni (epoca in cui fondò la Comunità di recupero) Sandro accoglie nella sua vita chiunque lo incontri e lo fa sempre con un forte abbraccio. Poi, ecco l’abbraccio della Comunità nella S. Messa celebrata dal Vescovo di Civitavecchia (loro amico), affiancato da Sandro stesso che è Diacono. La preghiera scandisce questa prima giornata e come ogni sera la conclude; ai piedi della Madonnina si ringrazia, si chiede perdono e si rende lode.

Domenica 21 Agosto Oggi è festa, quindi ci si sveglia più tardi: alle 7 anziché alle 6. Maurizio, ospite e responsabile dei rapporti umani, e Rocco, in comunità da 3 mesi, ci accompagnano a Poggio Martino dove sorge un altro nucleo della Comunità. Camminando abbiamo parlato molto e apertamente, come se ci conoscessimo da sempre; ci hanno raccontato la loro storia, come la droga li abbia rovinati e come ora siano pronti a ritrovarsi come uomini. Ci accorgiamo che il tempo è un bene troppo prezioso per non condividerlo con altri, intendendo condivisione non solo fare le cose insieme, ma soprattutto avere tempo per ascoltare, per correggere, per ammonire, per esortare, per accogliere, per far emergere tutto il buono che ciascuno ha dentro; per colmare quella insicurezza che li ha devastati mettendoli all’angolo, incapaci di compiere scelte elementari come decidere in che modo disporre i nuovi arrivati a tavola. Persuadersi che qualcosa di buono ancora esista è uno dei passi più difficili che ciascun ospite deve compiere. «Il lavoro nobilita l’uomo»: è attraverso il sacrifi-


cio e la fatica che i ragazzi ricostruiscono la propria auto stima annientata dalla dipendenza. I frutti del lavoro svolto alimentano la soddisfazione e creano motivazione, poiché l’operato del singolo è di fondamentale importanza per la comunità; ciascuno torna a sentirsi utile, a sentire di avere un peso, a non essere indifferente al prossimo: torna ad esistere!

Lunedì 22 Agosto Giornata intensa, ritmi serrati, turbinio di emozioni. Noi, scout maschi, siamo poco avvezzi al lavoro nei campi, se la cavano meglio le ragazze in stireria, ma siamo un bel gruppo, affiatato, vario ma unito. Tra noi capi c’è sintonia e anche Betta, che si è unita a noi per l’occasione, è entrata appieno nel gioco. Al solito si lavora molto e dopo pranzo alle 15 c’è il momento di autoaiuto, nel quale ci si mette a nudo e si disvelano, non senza dolore, fatica e vergogna, le miserie di una vita fatta a pezzi, piena di tragici vissuti, famiglie sfasciate, fallimenti personali, debolezze e superficialità. Ciascuno ha la propria storia ma alla fine il cumulo di cocci è il medesimo per tutti. Oggi, Michele compie gli anni, grande festa. Il laboratorio di pasticceria dà prova della sua abilità con una mega torta buonissima. Qui non si lavora solo nei campi e nel frutteto, si accudiscono le bestie, si allevano le api, si cucinano i dolci, si apprendono competenze per porsi al servizio e per crearsi un curriculum spendibile nel mondo del lavoro. In comunità ci si sta 3 anni più uno volontario, poi ritorni nel mondo o prosegui nel servizio alla Comunità. Eccetto gli psicologi, che quotidianamente incontrano gli ospiti e moderano i momenti di auto aiuto, la comunità vive e cresce da 37 anni, grazie ai suoi ex ospiti ora responsabili, formatori od operatori, ed agli ospiti stessi.

Martedì 23 Agosto Siamo a metà campo, io ho imparato il nome di tutti i 18 ospiti, e tutti ormai conoscono i nostri. Conversando con Sandro mi accorgo di quanto noi e le istituzioni siamo lontani da questa realtà. Parlavamo

in merito alla proposta di legge per la legalizzazione, regolamentata, del possesso ed uso personale della marijuana per i maggiorenni, al fine di sottrarre risorse alla malavita organizzata. Un fallimento, secondo Sandro, poiché all’uso di droghe leggere ci si avvicina ben prima dei 18 anni (stando alle ultime statistiche, intorno ai 12 anni) e quindi gli adolescenti e i preadolescenti continuerebbero ad alimentare le borse dell’illegalità e ad approcciarsi a questo mondo pericoloso senza alcuna tutela. Inoltre, la marijuana crea dipendenza tanto quanto gli altri stupefacenti: dipendenza e assuefazione in un crescendo di sostanze e dosi, con un finale non difficile da immaginare. Per Sandro, la prevenzione sta tutta nell’educazione amorevole e nell’informazione capillare, non altrove.

concluso il nostro campo di servizio, liberando il campo di asparagi dalle erbacce cresciute nell’incuria dei mesi precedenti, abbiamo raggiunto l’obiettivo che ci eravamo posti all’inizio. Poca cosa? Affatto! Nel cammino di recupero, dalla tossicodipendenza e dalla dipendenza da alcool, il porsi un obbiettivo e il raggiungerlo è un grande successo, poiché rappresenta un tassello per un altro obbiettivo, e così via senza arrendersi. Abbiamo conosciuto anche chi, proprio durante il nostro soggiorno, si è arreso ed ha lasciato Villa Paradiso. Noi stessi ci siamo messi in gioco, in misura variabile, ognuno con i suoi tempi. La fragilità umana dei nostri nuovi amici ci ha posto a confronto con la nostra. Anche noi ci nascondiamo dietro a maschere: l’egoismo, la superbia, l’avidità, l’invidia, il conformismo, l’indifferenza. Ogni tanto anche noi dovremmo vivere per un po’ in una comunità vera, in modo da riscoprire l’essenza del con-dividere e del fare comunione. Alla sera ci siamo salutati con il nostro tradizionale “cerchio della gioia” intorno ad un bel falò. Con la semplicità di giochi, danze e canti siamo ritornati tutti bambini, con la spensieratezza e la gioia di vivere che ognuno di noi ha, seppur talvolta troppo nascosta. È bello che la vita ci riservi occasioni per riscoprirla, e noi dobbiamo essere pronti a vivere questi momenti senza paure e con la spensieratezza dei bambini.

2016-02 bozza 1 Al mattino i consueti impegni lavora-

Mercoledì 24 Agosto

tivi e poi, dopo il momento di confronto, a mettersi a nudo non sono stati solo gli ospiti, ma anche noi del Noviziato: ci siamo infatti recati in riva al mare e qui, in cerchio, abbiamo ricreato le dinamiche di un gruppo di auto-aiuto all’interno della nostra comunità scout. Abbiamo sperimentato l’imbarazzo e la vergogna per le nostre fragilità, il coraggio della fiducia nel prossimo, la responsabilità ed il rispetto per la confidenza, l’empatia per il dolore e per l’incertezza di chi ci è accanto, e la fatica di chi, quel muro, non è ancora riuscito ad abbatterlo. Fare realmente comunità è una ricchezza, ma non è affatto semplice.

Giovedì 25 Agosto Siamo talmente integrati che ognuno di noi sa quel che c’è da fare, e lo facciamo con un ottimo spirito collaborativo. Tutto ci appare semplice e scivola via, regalandoci sensazioni positive, sollecitandoci alla riflessione che accresce il nostro carattere, formandoci e migliorandoci come uomini e donne.

Venerdì 26 Agosto Oggi è il nostro ultimo giorno vissuto qui a Spinicci, a Villa Paradiso. Abbiamo Ottobre 2016 •

tribuna magazine • 31


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Eventi

Il festival di Venezia visto da una persona comune di Gabriele Lingiardi

Diario dalla laguna: film e red carpet, ma non solo

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uest’anno ho avuto la possibilità di andare alla Mostra del Cinema di Venezia con un accredito giallo, quello che dà la possibilità di accedere anche ai luoghi più “blindati” del lido e vedere tutti i retroscena. È stata un’esperienza emozionante. La biennale di Venezia non è solo star e tappeti rossi, è anche un ambiente splendido in cui respirare aria internazionale e aprire la propria mente a culture diverse. Ciò che è successo nei giorni della mostra è stato ben coperto dai diversi operatori dell’informazione ma io voglio raccontarvelo da un punto di vista un po’ diverso. Ecco quindi come è la Mostra del cinema... Vista da una persona comune. Giorno uno: arrivo alla stazione già stanco, il che è un buon segno, perché se nella laguna non ti senti distrutto allora non stai vivendo bene ciò che ti accade intorno. In poco si ritrovano gli amici dispersi nel treno e corro subito a vedere il primo film. Il concorso si apre infatti con La La Land che è un film splendido, capace di strappare anche qualche lacrima. Penso che se sono già commosso al primo film sarà una lunga, dolce, permanenza. Poi arriva Lights Between the Oceans e capisco che il primo stereotipo sulla Mostra, fin troppo diffuso, non è per niente vero: a Venezia non passano solo bei film. Giorno due: è già qui e sembra di non avere dormito, il che è un buon segno, perché se riesci a chiudere occhio nei giorni al Lido allora stai battendo la fiacca. Si iniziano a vedere le prime star. Amy Adams e Jeremy Renner sfilano sul red carpet per presentare il loro bellissimo film Arrival e io capisco che anche il secondo stereotipo è

falso: il red carpet è una striscia rossa lunga una ventina di metri che porta alla sala grande, non un tappeto chilometrico in cui le star sembrano giganti. Del tappeto rosso stupiscono proprio le dimensioni: tutto è più piccolo rispetto a come sembra in TV e non è raro trovarsi a chiedere “chi è quel signore che sta camminando mano nella mano con la moglie? È un vecchietto! Non lo vedo bene, è lontano!”. Era John Landis. Non proprio un “vecchietto” qualsiasi. Giorno tre: inizia il problema di mangiare qualcosa che non inizi con la lettera P (pane, pasta, pizza) e allora opto per un gelatone taglia XXL. Una scelta che dà la forza di vedere quattro film a giornata correndo di sala in sala. Giorno quattro: ormai non ci si stupisce più di incontrare per strada attori americani come Jude Law, Sophie Turner (la Sansa Stark di Game of Thrones), Emma Stone o celebrità italiane come Marco Giallini e Silvio Orlando. Sono tutti vicino all’Hotel Excelsior che è un cinque stelle dove alloggiano le star e, informazione fondamentale per chiunque voglia visitare la mostra, i suoi bagni sono più accoglienti di quelli chimici disseminati per il lido. Giorno cinque e sei: è quasi passata una settimana e si inizia ad intuire che quest’anno i film presentati sono veramente notevoli. Oltre ai già citati brillano One More Time With Feeling, che è un intenso documentario su Nick Cave, Monte di Amir Naderi, che è un’esperienza di disperazione sia per lo spettatore che per il protagonista in lotta contro... Una montagna. Si è visto anche Tom Ford con il suo elegante e violentissimo film e uno spompatissimo Wim Wenders.

Giorno sette: stavo mangiando una pasta (lettera P...) quando si è seduto davanti a me il direttore del (famoso?) Festival del Cinema del Bangladesh. Cerchiamo di comunicare in inglese tra un boccone e l’altro. Mi dice che è in pieno Jet Lag e che deve assolutamente trovare un film brutto durante il quale dormire. Se ne va cantando “Felicità”. Imbarazzo. Giorno otto: Mel Gibson ha presentato il suo film Hacksaw Ridge. In sala conferenze, a pochi metri da noi, c’è Andrew Garfield (lo Spiderman moderno) che si rovescia la bottiglietta d’acqua addosso. Scoppia l’ilarità generale. I giornalisti più stanchi sobbalzano e si risvegliano. Giorno nove: Lav Diaz. La situazione paradossale consiste nel fatto che il regista dal nome più breve del festival (Lav Diaz, nome e cognome sono solo sette lettere) presenti il film più lungo. 226 minuti in bianco e nero, inquadrature lunghe a camera fissa, storia drammatica e disperata. Chi l’ha visto dice che è molto bello, tanto che è stato premiato anche con il Leone D’Oro, ma noi fuggitivi, che abbiamo preferito vedere altri due-tre film durante la sua durata, riteniamo sia una sorta di premio alla sopravvivenza o una scusa per vendere caffè. Ho pensato che l’avrei apprezzato meglio in Home Video, su un comodo divano, con la possibilità di premere pausa. Giorno dieci: il festival sta finendo, noi siamo ancora al Lido. Pur essendo a pochi metri di distanza da dove si stanno svolgendo le premiazioni, il modo migliore per sapere i risultati in tempo reale si rivela essere... Twitter. Estraggo il cellulare e vengo circondato da un gruppetto di signori che mi guardano come fossi un veggente. “Ma tramite il cellulare sai già chi ha vinto?” mi chiede, in un difficile inglese, un giapponese. Cerco di spiegare che anche le app funzionano in tempo reale e non precedono il normale scorrere del tempo. Non credo abbia capito. Il Festival è ormai finito e non mi resta che saltare sulla valigia per cercare di chiuderla. Eppure all’andata credevo fosse avanzato addirittura dello spazio! Non lo avrò riempito di souvenir, ma tornerò con un bagaglio straripante di ricordi. Ottobre 2016 •

tribuna magazine • 33


Danza

Ballando sul Mondo di Silvia Martelli

Un giovane ballerino, Marco Giombelli, racconta fatiche, speranze e sogni per arrivare a calcare i più importanti palcoscenici del mondo

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el 2000, alle porte del nuovo secolo, arriva nelle sale cinematografiche la storia di un ragazzino di undici anni, scosso dalla recente morte della mamma ed animato da una grande passione per la danza: Billy Elliot. Oltre che ad emozionare mi-

34 • tribuna magazine • Ottobre 2016

lioni di telespettatori, nel caso di Marco Giombelli, diciannovenne di Vaprio, è stato una vera e propria forza trainante verso il mondo della danza: «A sei anni i miei genitori mi hanno iscritto a calcio, come si fa con la maggioranza dei figli maschi» dice Marco. «Avendo un fratello

gemello, volevano trovare uno sport che potesse essere idoneo per tutti e due». Il calcio, però, a Marco non è mai piaciuto, accomunato a Billy dalla stessa necessità intrinseca di dare forma ai movimenti del proprio corpo. Dopo nemmeno un mese, aveva già salutato l’erba sintetica del campo da calcio a favore del lucido parquet della scuola di danza del paese, dove racconta di aver avuto l’immensa fortuna di trovare due “fantastiche insegnanti” che hanno saputo mostrargli la strada verso il successo, e che tutt’oggi lo accompagnano in questo suo viaggio a passo di danza. Quattro anni dopo, Marco viene ammesso all’Accademia del Teatro della Scala, “il tempio sacro della formazione classica per un ballerino italiano”, dove si innamora subito del palcoscenico. Dopo sei anni di formazione scaligera, circondato da «bellezza, arte e professionalità», il desiderio di conoscere nuove realtà accademiche europee si fa tuttavia sempre più insistente. L’incontro con il maestro Nicola Biasutti, fonte di grande ispirazione, rappresenta la svolta. Poco dopo, infatti, Marco decide di partire per la John Cranko Schule di Stoccarda, dove trascorrerà tre anni, diplomandosi lo scorso luglio, e unendosi alla compagnia dello Stuttgart Ballet. Il ballerino racconta come partire per la Germania sia stato il sacrificio più grande, dovendo salutare


tutti coloro che fino ad allora avevano costituito il suo «rifugio e valvola di sfogo», dai genitori agli amici. La partenza è stata anche uno spunto per raggiungere una maggiore consapevolezza sul ruolo della danza in Italia: «Nel nostro Paese possiamo vantare splendidi teatri come La Fenice, il San Carlo di Napoli e l’Opera di Roma, nonché alcuni corpi di ballo di alto livello. Tuttavia, la cultura è scomparsa progressivamente dalla quotidianità, considerata di secondaria importanza. All’estero, invece, c’è una percezione completamente diversa della cultura e della figura dell’artista, nonché un maggior scambio di esperienze ed idee». Attualmente, Marco si trova a Budapest e lavora per l’Hungarian National Ballet, una delle compagnie più grandi di Europa. «Siamo circa 120 ballerini, sono il più giovane e dovrò sicuramente faticare per farmi conoscere», racconta. Ed è così che, lottando per la fama, tra una lezione e l’altra racconta che si tratta molto di più di notorietà: «La danza è diventata parte di me: essendo molto riservato, rappresenta un veicolo di espressione immediata dei miei sentimenti. Ballare è sensibilità, è amore verso la vita ed è il coraggio di affrontare tutte le prove a cui siamo sottoposti». I risultati ottenuti fino ad oggi sono numerosi e sorprendenti, ed il sogno di

Marco di ricoprire un ruolo da solista lo accompagna nota dopo nota. Il giovane ballerino ha dovuto tuttavia dedicarsi letteralmente cuore ed anima alla danza, fin da quando era piccolo: «A dieci anni non è facile abbandonare tutto per inseguire un sogno, né alzarsi alle sei del mattino per andare alla Scala». Racconta dei primi tre anni trascorsi all’Accademia, con scuola al mattino e danza nel pomeriggio, tornando spesso a serata inoltrata per via delle prove degli spettacoli. Nei successivi tre anni, invece, ballava di giorno e seguiva il liceo serale. È così che Marco non ha avuto molto tempo per una classica adolescenza. «Spesso mi soffermavo ad osservare l’adolescenza dei ragazzi “normali” e mi chiedevo come sarei stato io se non avessi intrapreso questo percorso. Però, non ho mai pensato di mollare. Ho pianto, stretto i denti e sono andato avanti, dritto all’obiettivo». Durante tutto il suo percorso, era infatti perfettamente conscio della difficoltà e della competitività del campo della danza, in cui caratteristiche come «predisposizione mentale al sacrificio, al ragionamento, all’introspezione, alla determinazione e una grande volontà» sono elementi chiave. Marco conclude dicendo che quando balla il cuore batte all’unisono con l’anima, fondendosi con la musica in una perfetta sintonia.

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Teatro

Atipicateatrale, auguri! di Daniela Invernizzi

Raggiunta la maggiore età, la compagnia brignanese sta preparando una nuova commedia

L

a vedo calcare il palcoscenico fin da quando eravamo ragazze. Il ballo e la recitazione sono sempre stati il suo pane quotidiano. Oggi Sabrina Centemero è il presidente di Atipicateatrale, la compagnia di teatro brignanese che proprio quest’anno ha festeggiato la maggiore età, con una rassegna durante la quale, la sera dell’inaugurazione, Sabrina ha voluto dedicare a quanti, fra gli amici di Atipica, non erano più lì con loro, recitando un toccante monologo. Grazie a lei e all’impegno di circa 20 attori, nonché al sostegno di molti amici e simpatizzanti, questa attivissima compagnia teatrale annovera la cittadina di Brignano Gera d’Adda fra le più impegnate in attività

36 • tribuna magazine • Ottobre 2016

culturali e di spettacolo. Basta andare a vedere il sito www.atipicateatrale.org per rendersi conto della loro notevole produzione, fra teatro impegnato, commedie dialettali, spettacoli per bambini, teatro di strada, teatro sperimentale. «Il primo spettacolo fu il 31 gennaio 1998 – racconta Sabrina –con il “ funesto” MacBeth. Alla faccia di chi crede che porti sfortuna, per noi è stato solo l’inizio di una lunga e fortunata serie di spettacoli. Poi un giorno entrarono a far parte della compagnia un gruppetto di signore che venivano dal teatro dialettale. Grazie a loro abbiamo cominciato a sperimentare questa formula, che ci ha dato grandi soddisfazioni e gradimento da parte del pubblico».

Pensione Stella è il loro primo spettacolo dialettale, portato in scena a Brignano nel 2006 e da lì replicato in molti paesi del circondario. Riproposto nel 2014, è stato un grande successo, anche se Sabrina preferisce cimentarsi in cose sempre nuove: «Ogni anno a primavera proponiamo un nuovo spettacolo, durante la rassegna teatrale alla quale vengono invitate altre compagnie. Poi in autunno lo replichiamo a richiesta». Ed infatti sono già pronte le date della commedia 2016 “Sèmper de sé”: il 2 ottobre a Lurano, il 4 novembre a Calusco d’Adda, il 12 novembre a Mornico al Serio, il 19 novembre a Caravaggio. Chiedo quindi a Sabrina cosa intenda con “teatro sperimentale”: «Per esempio abbiamo proposto il teatro di improvvisazione con lo spettacolo “La corriera”: un gruppo di persone sale su un autobus e da lì Tutto può succedere. Le battute sono inventate al momento, ci vuole un grande feeling fra gli attori per sostenere la scena, non sai mai quanto dura, cosa succederà. Oppure spettacoli senza scenografia, monologhi scritti da me per un teatro più serio e incentrato su tematiche importanti:


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la maternità, la crisi di coppia al tempo di Internet, la fine dell’esistenza. Inoltre abbiamo sempre legato la rassegna teatrale ad un concorso fotografico, che è arrivato fino all’ottava edizione. Ma per la prossima vorremmo proporre qualcosa di nuovo, magari un’esposizione temporanea legata al tema del teatro». I prossimi progetti li vedono impegnati con la nuova commedia («già pronta, ma non abbiamo il tempo di provarla!!», mi dice). Ma molto bolle in pentola, e non soltanto per quanto riguarda la commedia dialettale. L’intento è di ritornare anche al teatro più impegnato, per sviluppare tematiche sociali importanti. Tanti impegni e poco tempo per questi attori che si esibiscono per pura passione e che, come se non bastasse, hanno voluto legare le loro già esigue entrate ad un’attività benefica, l’adozione a distanza: «Quest’anno abbiamo “lasciato” il nostro primo figlio Joyson, che ha compiuto 18 anni proprio come noi – dice Sabrina – e adesso abbiamo Altaf, ragazzino indiano. I nostri spettacoli, che sono ad offerta libera, contribuiscono al suo sostentamento scolastico».

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tribuna magazine • 37


Le Aziende informano

L’energia si rinnova con Dabatech di Daria Locatelli

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l cliente e le energie rinnovabili: ecco i soggetti attorno a cui ruotano le attività e i servizi di Dabatech (www.dabatech.it). La cooperativa, nata nel 1999 e con sede a Cisano Bergamasco, con il proprio staff di trenta persone, ha come mission quella di offrire le soluzioni migliori all’insegna del risparmio energetico e del rispetto dell’ambiente. L’azienda, specializzata nella realizzazione di impianti termici, fotovoltaici e solari, nonché pompe di calore e sistemi di accumulo con batterie, ha al proprio attivo più di 300 installazioni e focalizza il proprio core business nell’impiego delle energie rinnovabili. «Nonostante la crisi del settore degli impianti fotovoltaici e solari – afferma il Presidente Giancarlo Manzoni – e il crollo che è stato registrato dopo il termine degli incentivi che erano ad essi correlati, si registra negli ultimi due anni una ripresa nella richiesta di impianti fotovoltaici, dovuta non solo alla sensibilità verso l’ambiente e il risparmio energetico, tematiche sulle quali è permeata la vision di Dabatech, ma anche al calo significativo dei prezzi degli impianti stessi ed alla detrazione fiscale del 50% in 10 anni». Un servizio a 360° per coloro che si rivolgono all’azienda orobica che, con il Impianto fotovoltaico integrato con moduli policristallini

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proprio team, assicura l’accompagnamento del cliente durante tutte le fasi del processo di lavorazione dell’impianto, e un unico referente che accentra in una sola struttura organizzativa consulenza, progettazione, installazione, assistenza post-vendita e disbrigo delle pratiche burocratiche (ad esempio le procedure per l’ottenimento delle detrazioni fiscali) legate alla soluzione ottimale che meglio risponde alle esigenze specifiche riscontrate. La riduzione dello spreco e della dispersione di energia sono gli obiettivi degli interventi che la cooperativa consegue in tutte le installazioni civili e industriali che realizza, sia in zone tutelate da vincoli e parametri dettati dalla sovrintendenza ambientale che non. «La salvaguardia dell’ambiente deve essere alla base di stili di consumo più attenti e consapevoli – prosegue Manzoni – sia nel quotidiano di ciascuno di noi che nelle realtà produttive e civili. Partendo dall’installazione di impianti solari fotovoltaici e termici, e grazie al confronto e alle richieste dei nostri clienti, abbiamo capito come il risparmio energetico insieme all’efficienza non passino solo attraverso la produzione di energia dal sole: l’energia va anche gestita, trasportata, trasformata nel modo più adeguato, riducendo al minimo le dispersioni e gli sprechi involontari. Abbiamo imparato che termoidraulica, elettrotecnica ed elettronica costituiscono tecnologie, saperi e competenze che devono integrarsi, al fine di fornire un sempre più efficiente e confortevole uso dei “carichi” energetici domestici e produttivi». I progetti di Dabatech, azienda installatrice certificata dalle società Aleo Solar GmbH (produttrice di pannelli fotovoltaici) e Daikin/Rotex (sistemi di climatizzazione per riscaldamento

Sistemi di accumulo con batterie all’acqua e sale Impianto fotovoltaico integrato con moduli monocristallini Total Black (neri) Impianto fotovoltaico con moduli policristallini inclinati

e raffrescamento), sono al passo con l’evoluzione tecnologica del settore delle rinnovabili. L’energia prodotta dagli impianti fotovoltaici, ad esempio, può essere utilizzata quasi totalmente sfruttando energia elettrica o termica precedentemente accumulata, con sistemi di condizionamento a pompa di calore (es. climatizzatori split) oppure anche con generatori ibridi (che abbinano una caldaia a condensazione ad una pompa di calore): soluzioni adatte a tutti gli utilizzatori, sia privati che aziende. L’innovazione è alla base, inoltre, del recente impiego nelle installazioni, su impianti nuovi ed esistenti, di sistemi di accumulo di energia elettrica con batterie ecologiche agli ioni-acquosi importate dagli USA, blocchi modulari per sistemi di accumulo di energia pulita non più a base di piombo/ acido o litio, ma di acqua e sale e che, a differenza di quelle utilizzate usualmente, consentono un maggior livello di salvaguardia ambientale e aumentano inoltre la durata della garanzia passando da 2 a 8 anni. Grazie all’adozione dei sistemi offerti non solo viene garantito il rispetto dell’ambiente, ma l’impiego di sistemi green e d’avanguardia equivale anche a una minore spesa per gli utenti: il risparmio energetico assicurato in un impianto domestico fotovoltaico e solare è pari a circa il 50%, se paragonato ai consumi medi e con le batterie per l’accumulo sale ulteriormente all’80%, svincolando, altresì, l’utilizzo degli elettrodomestici alle fasce orarie normalmente legate ai costi delle installazioni tradizionali. Uno sguardo verso la salvaguardia di ciò che ci circonda, quindi, quello di Dabatech, una visione che è rivolta anche al di fuori del territorio italiano: «Le attività della cooperativa – conclude il Presidente – hanno un respiro anche verso l’estero. La squadra aziendale è già al lavoro per progetti destinati oltre i confini nazionali e che verranno realizzati nel medio termine».


Arte

Paesaggio alpestre di Francesca Possenti

Colore, luminosità e quiete: queste le caratteristiche trasmesse dall’opera di Segantini, custodita al Museo Civico di Treviglio, che proponiamo questo mese

L

ph Appiani

a piccola opera, che molto probabilmente è un ritaglio tratto da una composizione più grande, fa parte del legato di Pier Luigi Della Torre (1963). L’attribuzione a Giovanni Segantini è giustificata dalla presenza di un piccolo manoscritto, applicato sul retro del supporto in cartone, che riporta una dichiarazione che ne lascia intendere la provenienza e la paternità. Il fatto che Segantini sia l’autore è comunque confermato anche dalle caratteristiche compositive e stilistiche del dipinto, che rappresenta un paesaggio di montagna, costruito con ordine e regolarità mediante l’avvicendamento di linee orizzontali e verticali. Tali segni diventano obliqui e spigolosi sullo sfondo, laddove devono indicare la forma delle montagne, per ritornare nuovamente orizzontali quando devono rappresentare il cielo blu e profondo che

“chiude” in alto lo spazio, simile ad un mare calmo ed immenso. La prospettiva, costruita per piani paralleli, concorre ad allargare le dimensioni, creando un effetto di dilatazione e grandiosità. Caratteristica è la tecnica utilizzata: le pennellate sono materiche e dense, le linee si intrecciano e sovrappongono, creando dei nodi di colore nei quali si può percepire il segno dell’incisione realizzata con la punta del pennello. I colori sono luminosi e vibranti: domina il verde accompagnato dal giallo, dal rosso e dal blu: l’accostamento dei colori primari con i complementari genera un’abbagliante luminosità che corrisponde alla luce tipica dei paesaggi di alta montagna. Il tema montano è molto caro a Segantini: egli si si trasferì sui monti della Svizzera, in Engadina, proprio per godere in prima persona delle sue bellezze e per ri-

cavarne suggestioni utili alla sua poetica. Osservando il dipinto lo spettatore ha quasi la sensazione di percepire un assoluto silenzio, interrotto solo dal fischiare del vento che piega i fili d’erba ed accompagna l’andamento obliquo delle montagne sullo sfondo. Il cielo terso e sereno che si stende prepotentemente nella parte in alto e che si riflette nei tocchi di azzurro visibili in primo piano, collega il primo piano con lo sfondo, suggerendo un senso di infinito e di continuità. Emergono chiaramente anche i richiami al simbolismo, componente fondamentale della produzione dell’artista, che dipinge dal vero seguendo l’insegnamento sia di Courbet, quando raffigura un paesaggio semplice e reale caratterizzato da forme pure, sia di Millet, quando pone l’orizzonte alto per conferire maggior valore ai soggetti in primo piano. L’opera si inserisce nell’epoca matura dell’artista, in essa possiamo infatti ravvisare l’adesione ad una poetica divisionista più libera e personale e di pennellate dense, corpose, filamentose. Paesaggio alpestre presenta analogie molto evidenti con altre opere di Segantini, tra le quali ricordiamo in particolare: Mezzogiorno sulle Alpi, opera del 1891 conservata presso il Museo Segantini di St. Moritz e Donna alla fonte, opera del 1893-94 conservata presso il Museum Oskar Reinhart a Winterthur.

“Paesaggio alpestre” Giovanni Segantini (1895-1899 ca.). Olio su cartone, cm. 12,3 x 13,7 Ottobre 2016 •

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Musica

Un eccezionale ragazzo normale: Francesco De Ponti di Silvia Bianchera Bettinelli

Facciamo conoscenza con un giovane percussionista e timpanista dell’Accademia del Teatro alla Scala

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uello che vado ad incontrare oggi è il quarto giovane musicista trevigliese che mi viene richiesto di intervistare. Da un anno o poco più egli fa parte come percussionista e timpanista (sono due branche diverse) della prestigiosa Accademia del Teatro alla Scala ed è con grande curiosità che mi accingo a scambiare due chiacchiere con lui. Un diploma in ragioneria e qualche esame universitario non hanno distolto Francesco De Ponti dallo studio della musica iniziato da bambino, su incoraggiamento di mamma Pierangela, presso la Scuola Musicale di Treviglio. Non mi stupisco affatto che, anche per Francesco, la Scuola diretta da Paolo Belloli sia stata la sua fucina, nel difficile e delicato periodo dell’apprendistato musicale. È una Scuola, e i fatti lo dimostrano da anni, in cui i docenti svolgono il loro compito con dedizione, con la necessaria dose di pazienza e tanto, tanto amore per i ragazzi e per la musica. «Diciamo che dopo aver frequentato a lungo questa Scuola, oltre che tre anni di clarinetto col professor Filiberto Guerra, quando, per ovvie ragioni, ho dovuto proseguire il mio cammino musicale presso il Conservatorio di Stato, o anche quando ho frequentato stages e master, ho sempre potuto rendermi immediatamente conto quale poteva es-

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sere il docente che avrebbe potuto offrirmi nuovi stimoli o nuovi incentivi. Anzi, ti dirò – aggiunge ridendo – la Scuola Musicale di Treviglio non l’abbandono mai! Così come sono sempre in contatto, e talvolta lavoriamo insieme, con i Maestri Bruno Frumento, Antonio Scotillo e Cristiano Pirola: a tutti loro devo veramente molto!» Raccontami del tuo esame di ammissione in Scala. «Diciamo che ero molto sicuro e quasi le mani si muovevano da sole. Come timpanista sono stato il primo Idoneo. Poi il de-

Alcuni ritratti di Francesco De Ponti, in senso orario: durante il master presso la Scuola Civica Claudio Abbado; a Verona (secondo da destra) con il Gomalan Brass Quintett; in sala prove alla Scala; con tutta la famiglia.

butto! Prima a Bari e finalmente al grande Teatro alla Scala, in un concerto con in programma la Sinfonia dal Nuovo Mondo di Dvořák, molto stimolante e impegnativa per un timpanista, e uno splendido concerto in diretta streaming per la riapertura dell’albero della vita ad EXPO, in presenza del Presidenti della Regione Lombardia, Roberto Maroni, del sindaco di Milano Giuseppe Sala e del Sovrintendente del Teatro alla Scala Alexander Pereira. Prossimamente si andrà in Germania». Facciamo conoscere ai lettori il mondo degli strumenti a percussione? «È vero, è proprio un mondo a sé. Si contano a centinaia: dalla gigantesca “marimba” ai piccoli “legnetti” e poi esistono anche moltissimi strumenti di origine etnica, per cui si può dire che, con le loro potenzialità sonore ed espressive, le percussioni riescono a realizzare un’orchestra vera e propria, e cioè senza l’apporto dei fiati o degli archi. Impiego molti di questi strumenti per la neonata Clockbeatsorchestra di Brescia, la cui attività si apre su internet, mentre ho da poco concluso un importante lavoro di registrazione con il Gomalan Brass Quintet, quintetto d’ottoni di fama internazionale. Un’altra bella realtà, per la quale lavoro, è l’Orchestra a fiati della Valle Camonica, che ha vinto il recente Concorso Internazionale di Riva del Garda, nella Categoria Eccellenza. Ovviamente mi piace anche far parte di orchestre di antico prestigio: alla Verdi di Milano ai Pomeriggi Musicali fino all’ orchestra dell’accademia del Maggio Musicale Fiorentino e quella del Festival Pianistico di Brescia. Sono anche uno degli otto componenti dei Percussion Smap.» Francesco mi stai facendo girare la testa con tutte queste cose che fai…


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«Ma sai cosa mi piace fare moltissimo? Educare alla musica i ragazzi delle sette scuole per cui lavoro. Ho avuto tanto dai miei Maestri e penso che sia un mio dovere morale quello di donare parte di questa ricchezza ai bambini e ragazzi di oggi, per quanto ne sia capace». A questo punto, visto il tuo gran daffare, confidami come riesci a tenerti in forma. «Ho sempre fatto molto sport: calcio, nuoto. Ora invece mi dedico al Crossfit, una disciplina che alterna aerobica e anaerobica. Un’attività che impone un costante controllo di sé, sia fisico che mentale, in funzione delle proprie attività lavorative. Per un musicista, la cui tensione emotiva si propaga per ore, lo trovo assolutamente indispensabile: gli incidenti di percorso sono sempre in agguato e finché te ne accorgi tu o il Direttore d’orchestra passi, ma se lo sente il pubblico è la fine!». Mentre Francesco mi parla, un bellissimo gatto bianconero ci ascolta sonnacchioso. Mi guardo intorno nel bel soggiorno di casa De Ponti e penso a questo ragazzo trevigliese che guarda avanti nel suo futuro con grinta e determinazione. Lui pare leggermi nel pensiero e aggiunge: «Sì, lo so, sono stato fortunato, ho dei genitori, una sorella e una nonna veramente speciali, la mia fidanzata Alessandra mi appoggia e mi sostiene sempre nelle mie scelte, senza naturalmente dimenticare nonno Ernani che fu il mio primo appassionato fan!» aggiunge ridendo. Hai solo ventisette anni e sento in te una maturità e una saggezza… «Mah, sarà perché vedo intorno a me tanti giovani sprecare le loro giornate in un mondo illusorio fatto di Internet, iPad e consimili e si dimenticano di frequentare la vita reale». Nel salutarci gli chiedo: impegni futuri? «Dopodomani concludo il Master alla Civica Scuola di Musica di Milano con due brani in prima esecuzione assoluta in Italia». Giusto per non perdere tempo! Vero Francesco?

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Musica

Quando la poesia si veste di musica di Daria Locatelli

Il 21 ottobre verrà presentato al Teatro Filodrammatici di Treviglio “come fan le lumache”, il primo album del duo cantautorale “animodiriso”

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on voce, chitarra e organetto i trevigliesi Maria Rosa Criniti e Massimiliano Scabeni, in arte Marì LaRos e Massimiliano ilGrigio, portano in scena la poesia, donandole un vestito di note e colori. Il duo acustico cantautorale italiano porta il nome di “animodiriso”, espressione che già in sé denota la carica interpretativa che viene affidata alle parole, accompagnate da melodie che vengono loro cucite addosso, come un abito: «animodiriso – spiega Massimiliano – è stato scelto per il richiamo all’anima del riso, il tesoro prezioso che vi si nasconde all’interno. Il nostro pensiero è anche rivolto alla carta di riso, velata e trasparente, dotata di quella stessa delicatezza che è propria della musica e della poesia, che vanno ascoltate e vissute per essere scoperte anche nella loro parte più nascosta». Un progetto artistico iniziato sette anni fa e che nel corso del tempo si è evoluto in varie forme, passando dall’esecuzione di brani in lingua inglese, fino a rendere in musica e cantautorato le poesie scritte da Maria Rosa e Massimiliano. «A partire da ottobre 2015 – prosegue Scabeni – abbiamo voluto raccogliere le nostre esperienze vissute sui palchi, brani scritti da me e Maria Rosa, in un album tutto da vivere e fare proprio». Tredici sono le tracce che compongono il primo album a firma animodiriso e, ancora una

volta, le parole assumono una valenza di significati che dettano percorsi interpretativi per chi si lascia trasportare. “come fan le lumache”, citazione di una poesia dell’attrice teatrale Maria Rosa, dà il titolo alla raccolta: «La poesia da cui abbiamo tratto il titolo recita “Io cerco la mia casa così, come fan le lumache” – spiega Massimiliano – e ci piaceva richiamare l’idea di sentire casa tutto ciò che ci portiamo appresso, proprio come fanno le lumache». Il duo, dopo sei mesi di tour tra Liguria e Toscana e la realizzazione di un EP digitale con 2 videoclip a firma dell’etichetta indipendente La Clinica dei Dischi, premio vinto come finalista di un contest per band, si è dedicata alla creazione del primo album. «Per realizzare la raccolta – spiega Massimiliano – abbiamo utilizzato MusiRaiser, la piattaforma crowdfunding della musica, grazie alla quale abbiamo avuto il supporto di tantissime persone che hanno sposato e sostenuto il nostro progetto, ricevendo fondi oltre il 100% del budget richiesto». Ha preso così il via la lavorazione di “come fan le lumache”, con la collaborazione e co-produzione del trevigliese Alfredo

Grassi dell’associazione culturale Era della Musica, il quale ha guidato la registrazione dei brani in modalità live presso la località Il Gabbiano, location suggestiva sui colli piacentini. «Durante la realizzazione dell’album abbiamo voluto ricreare l’energia del concerto mediante la ricostruzione sonora dell’ambiente, con un sound pulito e senza effetti» aggiunge Scabeni. Il frutto di questo lavoro verrà presentato a Treviglio il 21 ottobre presso il Teatro Filodrammatici, in un evento a ingresso gratuito, organizzato da Era della Musica, che vedrà protagonista la cultura in forma poliedrica fatta di musica, arte e poesia, grazie alla presenza di numerosi ospiti, tra i quali i trevigliesi Cristian De Pascalis, cantautore che eseguirà brani tratti dal suo album recente “il sogno del barbiere” e Mariachiara Tirinzoni, illustratrice che esporrà una selezione di sue opere grafiche. Non resta, quindi, che lasciarsi trasportare da note e parole, seguendo le istruzioni che accompagnano l’album di animodiriso: “vai a casa, qualunque posto sia quello che tu consideri casa. Siediti. Indossa le cuffie. Chiudi gli occhi. Adesso fai partire la musica. Respira”. Buon ascolto e che la ricerca abbia inizio.

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Libri

Il gioco delle Gioconde di Pinuccia D’Agostino

È un romanzo l’opera prima del giovane scrittore farese Francesco Giuseppe Colombo

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er quanto riguarda Treviglio e i suoi dintorni, il caso letterario dell’estate è lui: Francesco Giuseppe Colombo che con la sua prima opera, “Il gioco delle Gioconde”, ha raccolto unanimi consensi nelle non poche località bergamasche e italiane dove il libro è stato presentato. Dotato di un nome importante e di tanta, davvero tanta, curiosità intellettuale, Francesco Colombo all’età di 21 anni ha scritto un romanzo abbastanza impegnativo che si rifà a diversi sottogeneri, come la spy story, il fantasy, il giallo e dà adito a diverse chiavi di lettura e, perché no, a non poche riflessioni. Non contento di aver portato a termine un’opera così impegnativa per la sua età (ricordate le parole di Eco, “Scrivere un romanzo è davvero una fatica boia”?) e di averla tradotta in un libro, Francesco ha preso le sue copie fresche di stampa e le ha portate in giro per tutta l’estate. Ovvero ha promosso il proprio libro, presentandolo sia a Treviglio che nei paesi del circondario, sia in montagna che al mare, toccando alcune località della Riviera Romagnola.

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Proprio come uno scrittore professionista, Colombo ha fatto conoscere il proprio romanzo a pubblico e critica, senza timore dei giudizi negativi, anzi richiedendo osservazioni che possano in qualche modo accrescere la sua capacità narrativa. “Il gioco delle Gioconde” tratta di un furto di quadri al Louvre (già teatro del Codice Da Vinci): il dipinto trafugato è la Gioconda di Leonardo, la cui ricerca si svolge in una Parigi sommersa dai toni affascinanti e misteriosi dei romanzi di Stendhal. La vicenda è ambientata nel 2077, ma non tratta di fantascienza, quanto piuttosto di una storia posticipata, forse, per voler accentuare le caratteristiche di una società che sta assaporando e usando le più inquietanti scoperte del nostro secolo. Come saremo, si chiede il narratore, quando tutto sarà toccato dalle nuove inquietanti scoperte scientifiche? In particolare il romanzo nasce dal dubbio che la riproduzione molecolare (quella che non ci darà più dei falsi ma dei cloni), incidendo sul dna, andrà a modificare la storia di ciascuno di noi, la storia di ciascuna società, sulla quale si basa la nostra cultura, il nostro essere uomini. Un argomento di importanza vitale per il giovane autore, un dubbio epistemologico che viene alleggerito nella trama di un romanzo: ha ancora valore assoluto il vero se lo si può riprodurre perfettamente? Nel romanzo entra in gioco tutta la formazione filosofico-scientifica dell’autore, che frequenta la Facoltà di filosofia dell’Università Vita e Salute del San Raffaele di Milano, ma questo è solo il substrato della vicenda. In realtà Francesco ha voluto scrivere un romanzo tenendo conto di tutti i canoni, le dimensioni e le chiavi di lettura del romanzo contemporaneo.

La scrittura è l’obiettivo di questo ragazzo. «Io potrò ritenermi davvero fortunato – afferma – se potrò dedicare tutta la mia vita a scrivere, se potrò diventare uno scrittore professionista». Intanto, si allena: dedica alla scrittura il suo tempo libero, quotidianamente si è imposto di scrivere dapprima cinquemila battute, che poi sono diventate diecimila. Ed oggi è un’attività di importanza vitale: «Può sembrare banale – spiega – ma ho usato la scrittura come terapia per buttar fuori tutte le somatizzazioni dell’esterno. Pensavo di essere io ad utilizzare la scrittura, invece questa mi ha preso rovesciando il rapporto di servo-padrone. E oggi non posso fare a meno di scrivere. È questo il tempo migliore che posso dedicare alla mia vita». Ed è grazie a questa costante esercitazione, che sta per uscire il secondo romanzo di questa giovane autore. Un’opera che parlerà di “cuori comunicanti”, ovvero del rapporto tra un malato di alzheimer ed un giovane tossicodipendente. Un’amicizia impossibile? «Niente affatto – dice Francesco – il primo ha bisogno di qualcuno che si dedichi a lui e il secondo ha bisogno di avere qualcuno a cui dedicarsi. Gli opposti coincidono». Nell’attesa del secondo romanzo, il giovane scrittore di Fara Gera d’Adda incontrerà il pubblico trevigliese al Centro Civico Culturale. L’iniziativa, organizzata dall’Associazione Clementina Borghi, avrà luogo nella terza decade di ottobre.


Il lago misterioso Fabio Conti corona nel suo libro anni di ricerca, per offrire al lettore ogni informazione sul Lago Gerundo di Ivan Scelsa

È

noto che nell’area geografica dell’antica Geradadda – a cavallo tra le attuali province di Bergamo, Milano, Cremona e Lodi – esistesse un lago chiamato Gerundo, il cui nome era legato indissolubilmente al territorio e la cui presenza si può scorgere ancora oggi nella conformazione di un territorio imprescindibilmente legato all’acqua e tutt’ora costellato di fiumi, canali e fontanili. La storia, ma anche l’alone di leggenda che necessariamente lo circonda, è raccontata nel libro Il lago Gerundo tra storia e leggenda del giornalista e scrittore trevigliese Fabio Conti, appassionato di storia locale. Edito da Meravigli Editore, storica casa editrice milanese, da fine settembre è disponibile in tutte le librerie della Lombardia. «La storia di questo lago mi ha sempre affascinato, fin da quando ero bambino – spiega l’autore – e per un motivo molto semplice: non esiste. Nella realtà non c’è, se per lago si intendono i classici specchi d’acqua come il Sebino. Dunque il Gerundo ha un suo fascino tutto particolare, che sta nel fatto che, per vederlo, è necessaria una buona dose di fantasia. Il libro è il risultato di un lavoro di ricerca durato in tutto quasi quattro anni. Credo di averci inserito, sotto forma di saggio ma comunque scritto come se fosse una sorta di reportage giornalistico, tutto quello che si potesse dire su questo misterioso lago, del quale abbiamo ancora oggi testimonianza nei toponimi della zona. Basti pensare alla stessa Gera d’Adda. Il Gerundo si estendeva fino a Lodi, che fu fondata su un promontorio che si affacciava sul lago, mentre Crema sorgeva su un’isola, detta Fulcheria, che stava proprio al centro del lago». E Treviglio? «Prima della fondazione del borgo – prosegue – le acque paludose del Gerundo coprivano anche quest’area. Tutti i paesi della nostra zona erano in qualche modo circondati dal lago che non era uno specchio d’acqua come gli attuali laghi lombardi, ma piuttosto un insieme di paludi alimentate dai fontanili, attivi già nella Preistoria. Col passare degli anni, il lago si prosciugò, in parte spontaneamente, in parte per l’intervento dell’uomo: i Romani furono i primi che compresero le potenzialità delle nostre terre e iniziarono una prima bonifica, poi abbandonata e ripresa dai monaci benedettini e cistercensi. Le acque vennero in qualche modo governate e il Gerundo andò pian piano scomparendo».

Oggi dell’antico lago restano le sponde: per esempio, a Pontirolo Nuovo e a Casirate d’Adda, entrambi affacciati, nella loro parte più alta, sulla sommità del Gerundo. Ma anche alcune piroghe monossili, custodite nel museo civico di Crema e in quello di Pizzighettone, per esempio. Il testo ripercorre tutta la storia del Gerundo, dall’antichità ai giorni nostri, in un territorio che ospitò anche epici scontri, come la battaglia di Agnadello. E poi c’è la leggenda, quella del mostro Tarantasio: «Era un drago (o un biscione) che infestava le acque del lago e per la cui uccisione le tradizioni ci rimandano alle storie più disparate, con ciascun territorio del Gerundo che voleva accaparrarsi il merito di aver ucciso il mostro. Il libro raccoglie tutte le leggende esistenti e tramandate fino a noi: da quella più conosciuta, ovvero la morte di Tarantasio avvenuta per mano del capostipite dei Visconti, che inserì poi il simbolo del Biscione nello stemma araldico della casata, fino all’ipotesi che

ad uccidere il drago sia stato il vescovo di Lodi Bernardo de Talenti. Per non parlare delle costole del drago, alcune giunte fino a noi e visibili ancora oggi». Il volume, 160 pagine a colori, con foto e mappe inedite, fa parte della collana “Scorti e memorie” di Meravigli. Alla presentazione ufficiale di sabato 8 ottobre, alle 16.30, al Museo Archeologico di Milano alla presenza dell’autore, ne seguiranno altre, tra le quali anche a Treviglio e nella Gera d’Adda.

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Società

“Kak pa russky?”, ovvero: “Come si dice in russo”? di Francesca Ghisletti

L’esperienza dell’accoglienza di bimbi bielorussi a Caravaggio e Mozzanica

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ono sbarcati a Orio lo scorso 30 agosto con un carico di simpatia, vivacità e un po’ di timore quindici bimbi bielorussi, dai 7 ai 9 anni di età, con due maestre al seguito. Ad aspettarli con trepidazione le famiglie di Caravaggio e Mozzanica che hanno aderito al progetto “Accoglienza 2016” e che per un mese li hanno ospitati nelle loro case. Non sono di certo nuovi a questa esperienza, i Comitati di Caravaggio e Mozzanica della Fondazione Aiutiamoli a vivere O.N.G., perché da oltre 15 anni si impegnano sul territorio per ospitare bambini bielorussi provenienti dalle zone colpite dal disastro di Chernobyl del 1986. Nel corso degli anni un centinaio di loro ha potuto beneficiare di vacanze te-

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rapeutiche: un’alimentazione più salutare e un’aria più salubre, rispetto a quelle contaminate dalle scorie radioattive, permettono di contenere i livelli di cesio nell’organismo dei piccoli e potrebbero aiutare anche a ridurre l’insorgenza di tumori. Senza contare che il divertimento è assicurato! Perché il mese di permanenza dei bambini è organizzato in attività che, pur includendo la scuola, permettono loro di vivere esperienze davvero coinvolgenti e interessanti. Qualche giorno di mare a Jesolo tra spruzzi, risate, castelli di sabbia e vagoni di gelato è stato proprio quello che ci voleva per creare amicizia e affiatamento tra le dodici splendide monelle e i tre vivacissimi “terremoti”, un’intera settimana presso la Scuderia Candiana di

Fornovo ha poi introdotto i bambini all’equitazione, alla cura e al rispetto degli animali e della natura. Ebbene sì, il 14 settembre alle 8 di mattina è suonata la campanella d’inizio del nuovo anno scolastico, e anche il gruppo dei bimbi bielorussi è tornato a leggere, scrivere e far di conto. Fortuna che le gite del mercoledì hanno movimentato le settimane di scuola: che strano vivere come gli uomini preistorici per un giorno all’Archeopark di Boario Terme! Provetti naturalisti sono andati a spasso per il Renova Park di Pontirolo e che spettacolo… Occhi sgranati per le bellezze faunistiche del Parco delle Cornelle di Valbrembo. Pura gioia è stata assaporata durante la giornata trascorsa a Leolandia, il parco divertimenti di Capriate San Gervasio, e un momento toccante è stata la celebrazione della messa di domenica 18 settembre presso la Chiesa di San Bernardino insieme a padre Sergio, sacerdote della Chiesa Russa Ortodossa di Milano, a cui ha fatto seguito nel pomeriggio una piccola esibizione canora dei bambini in largo Porta Nuova. Quasi in un soffio, tra tante emozioni, bei momenti vissuti insieme e piccole difficoltà superate è arrivato il 2 ottobre, giorno della partenza dei bambini. Qualche lacrima certo, ma i legami creati non si sciolgono perciò Dasvidania!


Accogliere di Franco Galli

L’esperienza del noviziato: bastano due giorni per costruire un “ponte”

I

ncontro. Ancora una volta questa semplice parola ci si ripropone davanti agli occhi. Più volte durante quest’anno scout abbiamo trattato tale tema e abbiamo vissuto in prima persona esperienze di incontro, un incontro che questa volta abbiamo avuto modo di vivere a contatto con la realtà dell’immigrazione. Come altri clan e noviziati della zona Bergamo infatti, anche noi del noviziato Treviglio-Cassano, nelle date di 30-31 luglio, ci siamo recati presso la base Agesci di Corna Imagna (BG), dove soggiornavano già da una settimana alcuni ragazzi della comunità di accoglienza per minori non accompagnati “S. Francesco” di Milano, con i quali abbiamo trascorso il fine settimana. Abbiamo conosciuto ragazzi tra i 17 e i 18 anni, di diverse nazionalità, provenienti da Egitto, Marocco, Guinea, Albania. Appena arrivati non ci è voluto molto perché cominciassimo a presentarci e per rompere il ghiaccio iniziale abbiamo proposto alcuni giochi così da conoscerci meglio e iniziare a imparare i nomi gli uni degli altri. Parlavamo lingue diverse ma giocando non è stato difficile capirsi. Verso sera abbiamo cominciato a preparare la cena, o meglio, un’allegra grigliata a cielo aperto. Ognuno di noi si è dato da fare, chi andando a cercare la legna per il fuoco, chi tagliando le verdure e la carne, per poi mangiare in cerchio alla luce del tramonto. Dopo cena ci siamo riuniti intorno al fuoco e ognuno ha proposto giochi e canti tipici del proprio Paese d’origine, dai quali tutti ci siamo lasciati travolgere con grande entusiasmo. A sorprenderci il mattino successivo, dopo la giornata di sole, la pioggia, che in ogni caso non ha impedito che ci divertissimo: abbiamo trascorso la mattinata giocando e scherzando per poi cimentarci

nella preparazione del pranzo che, tra un imprevisto e l’altro, è giunto comunque a buon fine. Per finire un ultimo gioco e una foto tutti insieme prima di salutarci. Nei due giorni trascorsi insieme abbiamo condiviso chiacchiere, scherzi, risate, battute, momenti di assoluta allegria e semplicità, ma anche di grande collaborazione e impegno, nei quali ci siamo scoperti contemporaneamente simili e diversi; momenti che ci hanno raccontato una parte di quella realtà che tante volte si nasconde dietro i pregiudizi, e che ha come protagonisti non soltanto dei “minori non accompagnati”, con un difficile passato alle spalle, ma dei ragazzi che, nonostante le difficoltà affrontate e quelle

che continuano ad affrontare, hanno voglia di mettersi in gioco, di impegnarsi, di costruirsi un proprio presente e un proprio futuro, di realizzare i propri sogni, come tutti. Prima di partire per questo campo parlavamo di accoglienza e di incontro. Beh, sono stati due soli giorni, nei quali non abbiamo fatto nulla di eccezionale o straordinario, eppure abbiamo accolto e soprattutto siamo stati accolti, poiché forse accoglienza non è altro che trascorrere del tempo insieme, semplicemente parlando e divertendosi, interessandosi all’altro con curiosità ma senza invadenza, instaurando una sorta di scambio, di legame, di ponte. Non è forse questo il vero incontro?

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Teatro

“E.T. Extra Teatro” ad Arcene a cura di Daria Locatelli IO” ANA E GR EN “IL i ARC d

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uattro serate per pensare e vivere insieme il teatro attendono Arcene nei mesi di ottobre, novembre e dicembre con la rassegna E.T. Extra Teatro. 30 SETTEMBRE - 9 DICEMBRE 2016 Qui e Ora ResidenARCENE (BG) za Teatrale invita la cittadinanza a una serie di spettacoli che spaziano dalla nuova drammaturgia alle performing arts, un teatro fatto da artisti giovani ed emergenti. Gli appuntamenti, connessi a un progetto di residenze artistiche, intendono far vivere il teatro come un’esperienza di incontro fra artisti e territorio, fra storie della tradizione e linguaggi della multidisciplinarietà.

STUDIO

Domenica 2 Ottobre 2016 - ore 21.00 “MOBY DICK” Pleiadi Art Productions Un Moby Dick contemporaneo, nel quale l’alternanza tra profondità individuale ed azione collettiva definisce il ritmo e la forma dello spettacolo.

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Venerdì 21 Ottobre 2016 - ore 21.00 “ESODO” La Confraternita del Chianti Una storia rocambolesca fatta di bombe, di zanzare, di barche e di speranza. Tra partigiani e nazisti, veri amici e traditori, giochi infantili e drammi spietati. Venerdì 25 Novembre 2016 - ore 21.00 “IL PARADISO DEGLI IDIOTI” La Ballata dei Lenna Il paradiso degli idioti è una scatola di polaroid mosse, scattate a caso nella vita di una famiglia. O di quello che di una famiglia rimane.

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Venerdì 9 Dicembre 2016 - ore 21.00 “R.OSA Esercizi di danza per nuovi virtuosismi #CAPITOLO1” Silvia Gribaudi R.OSA è una performance che si inserisce nel filone poetico di Silvia Gribaudi, coreografa che con ironia dissacrante porta in scena l’espressione del corpo, della donna e del ruolo sociale che esso occupa con un linguaggio “informale” nella relazione con il pubblico. Gli spettacoli in programma si svolgeranno presso la Sala Polivalente situata in Piazza Civiltà Contadina (accanto alla Biblioteca Comunale Giancarlo Ferrari) di Arcene. Ingresso unico: € 3. Per info e prenotazioni: tel. +39 345/2185321 quieora.organizzazione@gmail.com www.quieoraresidenzateatrale.it


a cura di Diego Defendini e Stefano Gatti

Com’era - Com’è

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I professionisti informano

Studio Dentistico Azzola: da 1 a 10

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na famiglia, 3 generazioni di dentisti, uno staff che, partendo dal capostipite Dott. Gaetano, che ha iniziato lavorando da solo, oggi annovera tra professionisti e addetti ben 10 persone: “da 1 a 10” sono i numeri che ben sintetizzano 63 anni di attività al servizio del sorriso e della salute orale, in cui famiglia, Studio e professione crescono e mutano in modo coordinato. Ne parliamo con il Dottor Marco Azzola e il figlio Dottor Francesco. Lo Studio Azzola vanta una storia invidiabile… M: «Sì. Una lunga storia che inizia a Treviglio, in Vicolo Silva, grazie a mio padre, il Dott. Gaetano. Laureatosi in medicina e chirurgia a Pavia, avvia la propria attività nel 1953, continuando a svilupparla con la costanza dell’impegno professionale unito all’aggiornamento continuo – per anni è segretario culturale di ANDI Bergamo. Dopo la specializzazione in Odontoiatria nel 1963 trasferisce lo Studio al numero 11 di via Matteotti, nell’attuale storica sede, dove più tardi e per tanti anni è presente e operativa tutta la famiglia: mia madre Maria nell’attività di segreteria, mio fratello Franco come odontotecnico, e mia sorella Gloria come assistente alla poltrona. All’indomani della mia laurea in Odontoiatria, affianco mio padre e, nell’’88, divengo Direttore Sanitario della struttura. Nel 1997, all’età di settant’anni, il Dottor Gaetano si ritira dalla professione, e nel 2005 vengo a mia volta affiancato da mio figlio Francesco, neolaureato in Odontoiatria». Quanto è cambiata la professione in questi anni? F: «In un contesto in cui sono cresciute enormemente sia le aspettative dei pazienti che le opzioni terapeutiche, l’attività professionale è sempre più

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complessa e va ad articolarsi sviluppando branche come l’implantologia, la chirurgia paradontale, l’ortodonzia, ecc. Non troviamo più un solo dentista che si occupa di tutto, ma una serie di figure professionali specializzate, che ne affiancano una prevalente; nel nostro Studio, oltre alla costante presenza di mio padre, io mi occupo della chirurgia orale, il Dott. Federico Saverio si dedica alla terapia ortodontica, e l’igiene e prevenzione sono affidate alla Dott. ssa Cinzia Plebani. Il lavoro di equipe è reso possibile dall’attività di segreteria professionalmente guidata dalla signora Zaira Ferri, che con 30 anni di esperienza organizza, coordina e gestisce il paziente, accompagnandolo anche per quanto concerne finanziamenti e problematiche assicurative». Nel solco tracciato dal fondatore, continua anche la buona pratica di tenersi costantemente aggiornati? F: «Assolutamente sì. La salute degli assistiti non può prescindere dall’aggiornamento continuo, e in quest’ottica si inserisce il mio incarico di professore a contratto con l’Università di Milano (Scuola di specialità di chirurgia orale), nonché le consulenze svolte in implantologia e le diverse pubblicazioni scientifiche al mio attivo». Come spiegate il successo e la longevità della vostra attività?

M: «Punto fermo è un rapporto con i pazienti diretto e continuativo nel tempo: le terapie che mettiamo in atto oggi da noi verranno controllate e verificate domani; ciò è uno stimolo a ben operare e garantisce maggior qualità. Tutto ciò fa sì che, non di rado, in questo rapporto fiduciario medico-paziente a lungo termine, tutte e tre le nostre generazioni abbiano operato su uno stesso nucleo famigliare, se non addirittura sullo stesso paziente. Qual è il segreto? Professionalità e correttezza guidano le nostre scelte: non facciamo capo a un’impresa o un brand, non abbiamo target “commerciali” imposti. Operiamo con ragionevolezza ritenendo che, se possibile, per il paziente è sempre meglio conservare la dentatura naturale e, pur considerando l’implantologia (che pratichiamo da più di 25 anni) una grandissima opportunità, se possibile proponiamo al paziente più scelte terapeutiche». Siete comunque uno studio che guarda al futuro F: «Certamente. Per questo gli altri punti fondamentali del nostro lavoro sono la prevenzione e le visite di controllo: per ogni paziente è previsto un protocollo di richiami periodici, con radiografie specifiche e controlli per individuare precocemente carie e malattia paradontale, che sono le due cause principali della perdita dei denti. Le visite periodiche permettono anche di individuare, in tempo utile, tumori del cavo orale o lesioni potenzialmente cancerose. In questo percorso di evoluzione lo studio stesso non poteva certo non adeguarsi: già ampliato nel 1988, è stato oggetto di una radicale ristrutturazione nel 2009, per offrire una struttura tecnologica accogliente e sofisticata, capace di soddisfare elevati criteri di qualità». Dal trapano a pedale – che Gaetano ha fatto in tempo a vedere – al bisturi piezoelettrico, da un solo medico a dieci persone in staff, dopo aver festeggiato nel 2013 i suoi primi 60 anni, lo Studio Azzola prosegue il rapporto fiduciario plurigenerazionale con i propri assistiti.


Novità tecnologiche

iPhone 7 di Diego Defendini

Ecco il nuovo gioiellino di casa Apple, di cui non si sentiva assolutamente il bisogno

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pple è in affanno, inutile negarlo. I fasti dei primi iPhone, iPad e Mac ultra sottili sono ora un lontano ricordo. La verità è una e una sola: la casa di Cupertino si è adagiata, pesantemente, sugli allori e da anni ormai non riesce a sfornare un prodotto innovativo al pari della concorrenza, e l’ultimo “melafonino” è l’esempio più concreto e più vicino nel tempo. Un telefono dalla forma pressoché invariata, dalle prestazioni più potenti – specialmente in termini di qualità fotografica, soprattutto se si parla della versione 7 plus – ma per il resto identico al precedente modello. Sono state inserite alcune cose interessanti, come la resistenza all’acqua, peccato che competitor come Samsung abbiano già inserito questa feature da ben 3 generazioni di smartphone. Certo si potrà dire che la fotocamera è il top di gamma, soprattutto quella della versione plus, che è addirittura doppia, scatta immagini nitide e a livello semi professionale, ma occhio a farvi sentire da chi fotografo lo è per davvero, perché mai e poi mai, o almeno con l’attuale tecnologia, un telefonino seppur costoso quasi come uno stipendio, sostituirà la qualità di una reflex. Detto questo cosa ci rimane? Un ottimo telefono, certo: reattivo, scattante, performante, con una batteria finalmente estesa che non ci abbandona a metà giornata e con probabilmente il miglior sistema operativo installato – Android per sua natura qualche errorino a volte lo dà – ma in fin dei conti lo stesso identico telefono dell’anno precedente, con in più qualche novità che lascia dei dubbi, come l’assenza del jack audio delle cuffie, che andranno collegate direttamente al connettore universale che funge anche da porta di ricarica del device.

Ovviamente le classiche cuffie con jack da 3,5” saranno inutilizzabili, a meno che non vogliate comprare l’apposito adattatore, o passare direttamente a quelle con connettore apposito o addirittura Bluetooth, decisamente più costose e impegnative.

Unica nota realmente positiva il nuovo tasto Home non più fisico ma in versione touch, che finalmente andrà a sopperire il grattacapo dell’usura del pulsante che tanti problemi ha dato in passato a Apple. Per finire, mentre passo la mia serata a cercare di capire come un possessore di iPhone 7 possa riuscire ad ascoltare la sua musica in cuffia mentre il telefono è in carica, vi lascio con questo dubbio: vale la pena acquistare un telefono da minimo 800 euro che, al di là di qualche caratteristica interessante, è identico a quello di un anno fa? La risposta la avremo tra un anno, con i dati di vendita alla mano, nell’attesa di vedere il nuovo, si spera non identico, iPhone 8.

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Sport

Calcio e mi diverto di Daniela Invernizzi

Un apparato ben strutturato per insegnare ai ragazzi non solo uno sport, ma soprattutto correttezza e gioco di squadra

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ono ormai sedici anni che l’ASD Calvenzano fa giocare intere generazioni di ragazzi. Nato da un gruppo di amici nel 2000, il sodalizio si è ben consolidato negli anni ed oggi, sotto la guida del presidente Giacomo Gusmini, opera attivamente a diversi livelli di preparazione, dalla scuola calcio fino alla prima squadra. Ma non solo. Da molti anni è presente anche la pallavolo, anche se è soltanto da tre anni a questa parte che la realtà del volley si sta consolidando, con una squadra di esordienti e una di allieve; parliamo al femminile perché sono quasi tutte ragazzine, solo due maschietti infatti fanno parte della squadra. Per quanto riguarda il calcio, sono circa 25 i bambini che seguono attualmen-

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te la scuola calcio, ad oggi riferita alle leve 2009/11; segue l’attività di base (gli ex pulcini, 2007/8) con una squadra formata da circa 15/20 bambini; 15 nella classe 2006, 15/20 in quella del 2004/5, 15 anche nella classe 2003, 20 nella 2002, 23 nella classe 2000/1; mentre i juniores (classe 98-99) e la prima squadra non fanno più parte del settore giovanile. Ben strutturato l’apparato che si occupa di tutti questi ragazzi: un allenatore e un massaggiatore per ogni squadra, riconosciuti Coni, più figure specifiche come un preparatore laureato per la scuola calcio, un coordinatore per l’attività di base per i

ragazzi dagli 8 ai 12 anni, un coordinatore per l’attività agonistica dai 12 ai 16 anni: figure nuove che hanno come obiettivo il controllo del comportamento dei ragazzi, il rapporto con i genitori, la formazione delle squadre. È chiaro che in un contesto del genere parlare di gruppetto di amici che insegna ai ragazzi a tirare due calci al pallone è molto riduttivo. «Siamo un’azienda, ormai – mi racconta Emilio Brembati, allenatore dei giovanissimi 2002 – due allenamenti a settimana, la partita il sabato o la domenica, più una riunione per noi preparatori; direi che è un tantino impegnativo. Ma è la passione che ci muove. Quello che vogliamo, e a cui teniamo molto, è insegnare il gioco di squadra e il comportamento corretto sul campo». E stando a quello che raccontano i genitori, interpellati proprio “sul campo”, sembra che la voglia di divertimento e di sport di gruppo abbia ancora la prevalenza sui risultati e sullo spirito di competizione.


Cinema

In sala ad ottobre di Gabriele Lingiardi

Ritorna la rubrica con i consigli cinematografici (semiseri) del mese. Contro il logorio della vita moderna... Ecco in che sala buttarsi per vedere un film buono o, per lo meno, interessante

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e il mese di settembre era stato caratterizzato da una forte tendenza al rifacimento di classici (si veda Independence Day 2 o il remake de I Magnifici 7), ottobre apre ad una buona dose di freschezza cinematografica. Sarà che l’estate è ormai alle spalle o che stiamo per entrare nella stagione forte, quella che porta ai vari premi come Golden Globe o Oscar, ma nei prossimi 30 giorni sono in arrivo molte opere che, speriamo, possano divertire o fare pensare il pubblico. Per gli amanti dei film di tensione ecco Mine, una produzione Made in USA, con attori americani quali Armie Hammer e Annabelle Wallis, ma con dei ragazzi italianissimi al comando. I giovani Fabio Guaglione e Fabio Resinaro sono pronti a stupirci con la storia di un soldato che, tornando al campo base dopo una missione, poggia il piede su una mina antiuomo. Egli non può muoversi, pena l’esplosione della bomba. Il soldato dovrà sopravvivere ai pericoli del deserto e alla pressione psicologica dovuta alla situazione, aspettando l’arrivo degli artificieri. È una bella scommessa questo Mine, l’idea di trama è brillante ma a rischio “pasticccio”, eppure, in attesa di vederlo, non posso che consigliare di tenerlo d’occhio come film più curioso del mese! Pets-Vita da animali viaggia su altri binari e cerca di rispondere alla domanda: “cosa fanno i vostri animali quando siete fuori di casa?”. Una sorta di Toy Story con gli animali domestici insomma, che promette di regalare molte risate ai più piccoli puntando l’attenzione sugli incubi dei genitori. Dopo averlo visto non guarderete più nello stesso modo il vostro gatto. Ora parliamo di aspettative elevate: vi ricordate quel fenomeno globale, quella paranoia collettiva che ha addirittura provocato crisi mistiche a qualcuno e risatine a molti? Sto parlando de Il Codice Da Vinci, film del 2006, diretto da Ron Howard e, giustamente, presto dimenticato. Il 13 ottobre dovremo rispolverare un po’ di gusto per il mistero,

dal momento che arriverà nelle sale Inferno, tratto sempre dalle opere di Dan Brown e incentrato ancora una volta sulle avventure del simbolista Robert Langdon. Sarà un probabile successo al box office, preparatevi quindi alle file per prendere i biglietti. Per quanto riguarda gli italiani segnalo, a mio rischio e pericolo, Piuma di Roan Johnson. La commedia, che si propone essere leggera come una piuma, è stata amata e

odiata, discussa e fischiata alla Mostra del Cinema di Venezia. Il regista è giovane, il film sicuramente curioso, quindi perché non dargli una possibilità? Male che vada ci si può rifare con un autore che è anche una certezza, ovvero Ken Loach. Il regista arriverà in sala ad ottobre con il premiatissimo Io, Daniel Blake vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes 2016. La pellicola racconta di un falegname di Newcastle di 59 anni che, a seguito di una grave crisi cardiaca, è costretto a chiedere un sussidio statale. A causa di assurde incongruenze burocratiche egli si trova nella condizione di dovere cercare lavoro, pur non potendo svolgerlo, pena durissime sanzioni, mentre aspetta che venga approvata la sua indennità per malattia. Chi l’ha visto assicura che, dietro alle denunce sociali tipiche del regista, si trova anche un commovente racconto di una paradossale storia quotidiana che, sicuramente, farà parlare di sé. Sarà un grande ottobre, ovviamente al cinema!

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Amarcord

Quando c’era il campanaro di Marco Falchetti

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e attualmente vogliamo sapere quali eventi di qualsiasi natura, ordinari e straordinari, sono in programma o accadono in città, basta accendere lo smartphone su un social qualsiasi oppure collegarsi a internet con il computer e troviamo tutte le notizie in tempo reale. Quando però internet, telefoni, radio e tv non esistevano, per avere queste informazioni, i nostri avi si dovevano organizzare con i mezzi che allora avevano a disposizione. Uno di questi, forse il più potente in città, erano le campane. A Treviglio non potevano essere che quelle della torre civica, il nostro “campanile”, prospiciente la Basilica di San Martino, ma come tutti sappiamo “civico” appunto, quindi

comunale a tutti gli effetti. Grazie al “Regolamento pel Servizio Comunale del Campanaro della Torre Maggiore”, un libercolo di otto pagine edito dalla Tipografia Messaggi di Treviglio nel 1875, gentilmente messoci a disposizione dall’Amministrazione Comunale e dalla Parrocchia, che ringraziamo, abbiamo potuto ricostruire il ruolo che aveva questa figura e in cosa consisteva il suo importante lavoro. Il regolamento consta di 19 articoli dove si esplicitano in modo chiaro tutte le funzioni relative al campanaro, le sue competenze, come e in che modo doveva avvertire la popolazione attraverso i suoni delle campane. Scopriamo allora che questo dipendente comunale percepi-

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va 240 lire annue e non aveva diritto alla pensione; era sua esclusiva responsabilità e carico l’ausilio di un eventuale aiutante, la custodia dell’accesso alla torre, la segnalazione di guasti alla struttura campanaria e all’orologio, il cui “caricamento e registrazione sul tempo di Roma” doveva eseguirsi ogni giorno, “mantenendo le sfere dei quadranti esterni nel posto corrispondente all’ora in corso”. Il campanaro, “agli ordini del Sindaco o della giunta Municipale”, era sorvegliato dal “Commesso di Polizia Urbana o dalle Guardie Municipali” e nel caso di infrazione al regolamento doveva pagare una multa da 2 a 50 lire! Ma quali erano le operazioni campanarie e i segnali che era comandato ad eseguire? Diverse e le più disparate: - alla consueta ora del mattino e a quella di ciascun giorno non festivo o di vacanza doveva segnalare al pubblico l’apertura delle scuole comunali col suono della terza campana (art. 9); - per l’affissione degli avvisi ufficiali all’albo pretorio, per il servizio di vaccinazione e per le “visite di assento (leva) dei coscritti del Mandamento di Treviglio”, il segnale veniva dato “con pochi rintocchi della campana quinta” (art. 10); - il suono della campana serale veniva eseguito con la campana quattro per dieci minuti, alle 22 nel periodo primavera/ estate e alle 21 in autunno/inverno (art. 12); - in caso di incendio era la campana 6 a fare da padrona, col “suono a stormo per avvisare la popolazione perché si presti al soccorso” (art. 14); - in caso di aste pubbliche o private il segnale veniva eseguito “a mezzo di dieci volteggiature continuative della seconda campana con accompagnamento fra l’una e l’altra volteggiatura dei rintocchi della campana quinta” (art. 15). Il campanaro doveva inoltre annunciare a voce, “dall’alto della Torre” l’inizio del periodo di irrigazione del territorio comunale e, in occasione di festività commemorative, doveva “prestarsi al suono pel relativo servizio religioso tuttoché segnalato dalle campane di altra torre” (artt. 13 e 16). Ma l’articolo più attuale risulta il numero 11, che – è notizia di questi giorni in cui il nostro magazine va in stampa – l’Amministrazione in carica ha proposto ufficialmente di ripristinare in occasione delle periodiche riunioni del Consiglio Comunale. Esso recita testualmente: “Un’ora prima dell’adunanza stabilita dei Consiglieri comunali il Campanaro ne darà il preavviso col suono alternato della 2a, 3a e 4a campana, esclusa la così detta grida”. Se quindi tra poco, cari concittadini, vedremo una figura, magari con baffoni all’Umberto, appropinquarsi nelle vicinanze della “Torre Maggiore”, niente paura: sarà il nostro Campanaro che si appresterà a svolgere il proprio dovere!

Referente Medico Struttura: Dott. Stanislao Aloisi (Medico Chirurgo) Supervisore discipline non EBM: Dott. Michele Tumiati (Medico Chirurgo) Referente Discipline Integrate: Simona Ardemagni (Tecnico di laboratorio analisi / Naturopata) Convenzione tecnico-scientifica con l’ambulatorio di Medicina di Base: Dott. Armando Pecis

• Medicina Funzionale - Biochimica Clinica Medica • Nutrizione Metabolica Medico Nutrizionistica • Osteo-Fisioterapia - Massoterapia - Taping Neuromuscolare • Naturopatia D.B.N Regione Lombardia • Reflessologia Plantare D.B.N Regione Lombardia • Agopuntura Medica • Riflessologia auricolare funzionale F.A.S.T. Discipline Bio-Naturali • Detossicazione ionica plantare Iscritte ai Registri Ufficiali • Analisi di laboratorio con referto medico: - Mineralogramma / Indagine Gastrointestinale - Analisi dei Metalli Tossici / Tossicosi croniche - Intolleranze alimentari su sangue D.B.N Regione Lombardia - Check up Salute e Prevenzione La Nostra Mission: «Riconoscere il ruolo fondamentale della Medicina Ufficiale nell’ambito della salute, aprendo a nuove interpretazioni e reali possibilità di trattamento fornite dalle Discipline Bio-Naturali indicate nei registri della Regione Lombardia salvaguardando la valenza scientifica attraverso periodici case reports e meta-analisi caso correlate».

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Storia

Andrea Verga, tra Lombroso e Freud di Elio Massimino

Superò l’organicismo in psichiatria e giunse a un passo dalla scoperta dell’inconscio

A

ndrea Verga non si sposò e non ebbe figli, non risulta nemmeno che abbia partecipato alla lotta risorgimentale come Carlo Cameroni o Tommaso Grossi. I suoi veri interessi furono, in quest’ordine: la professione medica, la ricerca scientifica e i classici latini. Lo paragonerei a un Bicetti de’ Buttinoni – a sua volta medico, scienziato e letterato – il quale, senza curarsi dei rischi di contagio, si impegnò a vaccinare i trevigliesi contro il vaiolo, sia pure in maniera rudimentale, per poi fermarsi a un passo dalla definitiva sconfitta della malattia (il vaccino come è praticato ancora oggi arrivò pochi anni dopo la sua morte, grazie all’inglese Edward Jenner). A sua volta, Andrea Verga appena laureato si prodigò a Treviglio in occasione di un’epidemia di colera infettandosi un

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occhio che perse, per sfiorare più avanti alcune intuizioni che sarebbero state alla base delle teorie di un medico viennese, un certo Sigmund Freud. Ma andiamo con ordine. Andrea Verga nacque a Treviglio nel 1811 da Giosuè, di professione cocchiere, e da Donatilla Carcano, una popolana, e quindi per lui l’unica possibilità di studiare fu l’ingresso in seminario. Ma come l’altro “vivace” seminarista trevigliese, il poeta Tommaso Grossi, nemmeno lui era tagliato per fare il prete e così passò alla facoltà di medicina di Pavia, dove con grandi sacrifici suoi e della famiglia, riuscì a laurearsi a soli 21 anni. La sua lunga carriera fu un susseguirsi di successi. Dopo la laurea divenne subito assistente del grande anatomista Bartolomeo Panizza e si fece apprezzare scoprendo, tra l’altro, un particolare anatomico

del nostro cervello, poi chiamato “ventricolo del Verga”. Ma si perfezionò anche in psichiatria divenendo direttore nel 1848 della Senagra, il grande manicomio pubblico di Milano, e nel 1851 dell’Ospedale Maggiore di Milano. Fu membro delle più prestigiose accademie internazionali e a Parigi gli venne conferita la Legion d’Onore. Fu tra i fondatori della Società italiana di Frenologia e ne divenne presidente. Nel 1876 venne nominato senatore del Regno d’Italia. La lettura di una parte rappresentativa di sue opere (disponibili presso la Biblioteca di Treviglio) e di molti giudizi formulati alla sua morte, mi hanno rivelato un uomo amabile e generoso, oltre naturalmente a un grande scienziato. Dicevo che iniziò come anatomista per poi divenire psichiatra e così esercitò congiuntamente le due arti mediche, in particolare cercando attraverso le autopsie le cause organiche della pazzia. Era quella la stagione della psichiatria organicistica, ma Andrea Verga dette sempre molta importanza anche all’ambiente socio economico da cui provenivano i pazienti e alla loro storia personale. Era quindi capace di ascolto ed empatia, che sono alla base dei metodi psichiatrici dei nostri giorni. Seguendo l’ordine cronologico dei suoi scritti mi sono persuaso che piano piano abbia abbandonato la convinzione che dietro le malattie psichiche ci fossero sempre cause


i professionisti informano

fisiologiche e, infatti, nel 1886 (è la stagione in cui le teorie del Lombroso erano in auge) lui scriveva “l’esame del cranio potrà dunque guidarci a qualche induzione perciò non deve trascurarsi; ma di per sé di positivo, di sicuro, non ci rivelerà mai nulla”. Aveva una visione progressista della società: “deploro che la donna, di cui da tanto tempo si buccina l’emancipazione – scriveva nel 1886 – non sia ancora ammessa nella vecchia Europa allo studio e all’esercizio della medicina”. In Italia la prima laureata sarebbe stata una certa Ernestina Paper solo nel 1872 a Firenze. Era contrario alla pena di morte ed esultò alla sua abolizione il 17 novembre 1888: “la scienza legislativa e la civiltà in quella sera riportavano in senato uno splendido trionfo”. Studiò le fobie ma senza arrivare alla loro eziologia (bisognerà attendere Freud) ed ammise senza imbarazzo di soffrire di quella che chiamò acrofobia, senza però essere in grado di trattarla: “io che non ebbi mai timore di alcun contagio, neppure del colera, e per poco non ne fui vittima, non salgo senza batticuore i pioli di una scala”. Aveva attenzione alla condizione materiale dei ricoverati e più volte denunciò l’inadeguatezza della Senagra: “vi sono dormitori così bassi e soffocati da sentirsi l’afa al solo guardarli. Per questo e per l’abbondanza degli insetti pensi il lettore come vi si può stare nelle calde notti d’estate (...) altre parti all’incontrario sono così umide e fredde da non potere d’inverno soffermarvisi per la visita degli ammalati senza un buon tabarro sulle spalle”. Condizioni analoghe avrebbero presentato molti nostri manicomi ancora negli anni ‘60 del secolo scorso, e mi piace credere che Andrea Verga sarebbe stato d’accordo con Franco Basaglia sulla loro chiusura. Saltando molti contenuti interessanti del suo pensiero, in conclusione mi pare importante citare un suo studio del 1886 “Su la libertà umana”. Verga si interroga sul libero arbitrio e da cattolico ammette di avervi creduto in termini ortodossi, ma a 75 anni è ancora capace di andare oltre e scrive: “la libertà dell’uomo, che è una delle facoltà dell’encefalo, andrà soggetta a mille restrizioni, sarà una libertà limitata, relativa, condizionata, rispondente cioè alle condizioni dei due ambienti, a quelle del suo organismo, a quelle del paese e della società in cui egli si agita”. È un alto esempio di relativismo culturale, ma non solo, si avverte l’intuizione dell’esistenza di una regione non consapevole della psiche che influenza la vita di tutti noi, cioè l’inconscio, che sarà alla base delle teorie freudiane. Lo confermano questi suoi versi scherzosi: “Posso e non voglio/Voglio e non posso/Che brutto imbroglio!/Che paradosso!/Gli è che siam servi/Dei nostri nervi”. Morirà a Milano nel 1895, che per convenzione è considerato l’anno di nascita della psicoanalisi, perché fu allora che Freud interpretò il suo primo sogno.

La rubrica del cuore

Aneurisma aorta toracica ascendente: quando e come intervenire?

M.

G. è un paziente di 62 anni in terapia farmacologica per una lieve ipertensione arteriosa, senza ulteriori fattori di rischio, che si presenta in ambulatorio per un riscontro, del tutto occasionale, di un aneurisma dell’aorta ascendente di dimensioni pari a 48 mm di diametro. Dall’esame ecocardiografico eseguito non risultano ulteriori problematiche cardiache associate. Il medico di medicina generale, consultato dal paziente, ha suggerito controlli più ravvicinati ritenendo non necessario l’intervento chirurgico. Il paziente ha preferito rivolgersi allo specialista per avere un altro parere e rassicurazioni in merito alla tempistica di un eventuale approccio interventistico. L’aorta è un vaso sanguigno che si distingue anatomicamente in una porzione toracica ed una addominale. A sua volta quella toracica comprende la porzione ascendente, l’arco e la discendente, mentre l’aorta addominale è costituita dai tre diversi tratti: soprarenale, infrarenale e sottorenale. L’aorta ascendente è solitamente lunga circa 5 cm e può essere interessata da un’ampia gamma di alterazioni suddividibili in patologie dilatative (aneurismi) e dissezioni. Queste ultime portano all’intervento cardiochirurgico di sostituzione del tratto dissecato in regime d’emergenza. Gli aneurismi invece, devono essere valutati caso per caso sulla base del diametro dell’aorta, della storia naturale della dilatazione (se sono presenti precedenti esami di confronto) e dell’anamnesi personale e familiare del paziente. Secondo le linee guida internazionali più recenti l’indicazione all’intervento cardiochirurgico di sostituzione dell’aorta ascendente isolata è presente quando il diametro del vaso è ≥ 55 mm. Misure più basse (da 45 a 50 mm) vengono prese in considerazione in

caso di concomitante presenza di patologie del tessuto connettivale (es: sindrome di Marfan, Ehlers-Danlos), familiarità positiva per malattie dell’aorta ascendente, incremento diametro > 3 mm/anno (in presenza di TAC e/o ecocardiodoppler annuali), presenza di ipertensione mal controllata, bassa superficie corporea, concomitante necessaria procedura o valvolare o coronarica. Le tecniche chirurgiche, che consistono sostanzialmente nella sostituzione del tratto di aorta interessato dall’aneurisma, dipendono per complessità e strategia d’intervento dall’estensione della malattia lungo il decorso dell’aorta. Tornando al caso del sig M.G. visto in ambulatorio, il paziente presenta una superficie corporea che, correlata al diametro aortico misurato, lo pone in una classe di rischio di rottura dell’aorta ascendente estremamente bassa (1%/ anno). La raccolta anamnestica inoltre non depone per ulteriori fattori di rischio, familiarità compresa. Tuttavia l’associazione di aneurisma dell’aorta ascendente ed ipertensione arteriosa configura una situazione da tenere sotto controllo, per i rischi di evoluzione della dilatazione aneurismatica. Il consiglio fornito al paziente è stato quello di confermare il dato ecocardiografico con lo studio TAC (tomografia assiale computerizzata), preferibilmente torace/addome con mezzo di contrasto, che permette di esplorare il restante decorso del vaso all’interno del torace e dell’addome. Una successiva valutazione di tale accertamento ha confermato le misurazioni eseguite con lo studio ecocardiografico e l’assenza di ulteriori dilatazioni. L’indicazione fornita pertanto è stata quella di un rigoroso follow up strumentale ogni anno (da anticipare immediatamente in caso di comparsa di sintomatologia anginosa non strettamente correlata a sforzi) contestualmente ad un costante controllo dei valori pressori. Dott.ssa Alessandra Di Mauro Medico Specialista in Cardiochirurgia Istituto Clinico Sant’Ambrogio – Milano (02/331271) Centro Diagnostico – Treviglio (0363/300343 - 0363/599411) e- mail: alessandradimauro@yahoo.it

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Le ricette di Erika Resmini

Crespelle ai funghi Ingredienti (per 6 persone): Per le crespelle: • 3 uova • 100 ml latte • 2 cucchiai di farina 0 Per la besciamella: • 3 cucchiai di farina 0 • 200 ml di latte Per la farcia: • 500 g funghi misti • uno spicchio d’aglio • sale • olio extravergine d’oliva • 100 g fontina • Parmigiano q.b. • burro q.b.

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n una ciotola rompere le uova. Aggiungere il latte mescolando con una frusta, incorporare quindi la farina evitando che si formino grumi. Scaldare una padella antiaderente (diametro 24 cm), versare un mestolo del composto e far cuocere a fiamma bassa le crespelle. Proseguire sino ad esaurire il composto. Preparare la besciamella scaldando la farina in un tegame, aggiungere il latte continuando a mescolare, salare, cuocere sempre mescolando fino a raggiungere la densità preferita (volendo, aggiungere mezzo bicchiere d’acqua). Per la farcia: pulire i funghi, rosolarli in padella con olio e uno spicchio d’aglio, regolare di sale. Tenere da parte due cucchiai di besciamella per la copertura, aggiungere alla restante i funghi e la fontina tagliata a dadini.

Una volta pronti tutti gli ingredienti, adagiare le crespelle, mettervi la farcia al centro e richiudere a piacimento. Disporre le crespelle in una pirofila imburrata, versare la restante besciamella, spolverare con il parmigiano e gratinare in forno.

Spezzatino al latte con chiodini trifolati Ingredienti (per 4 persone): • 500 g spezzatino di manzo • farina 0 q.b. • 100 ml latte • 500g funghi chiodini • 1 bicchiere di vino bianco • 1 carota • 1 cipolla • 1 spicchio d’aglio • 2 foglie di salvia • olio extravergine d’oliva • sale q.b. • prezzemolo

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nfarinare la carne e adagiarla in un tegame unto d’olio, rosolare, sfumare con il vino. Quando sarà evaporato versare il latte, aggiungere la salvia, la carota e la cipolla mondate (intere, per insaporire), salare e cuocere per circa un’ora. Pulire e lavare i funghi, metterli a rosolare in una pentola con uno spicchio d’aglio e un cucchiaio d’olio, aggiungere un goccio d’acqua e salare. Impiattare lo spezzatino con i funghi guarnendo con del prezzemolo.

Torta soffice all’uva Ingredienti: • 300 g farina 0 • 100 g zucchero • 1 bustina di lievito • 3 uova • latte q.b. • due grappoli di uva fragolina • zucchero a velo

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n una ciotola unire la farina, lo zucchero e il lievito, aggiungere le uova ed il latte, mescolare fino ad avere un impasto omogeneo. Lavare l’uva e sgranarla, aggiungendone metà all’impasto. Imburrare e infarinare una teglia da torte. Versare l’impasto e adagiarvi la restante uva sulla superficie. Porre in forno (precedentemente scaldato a 180 °C) e cuocere la torta per circa 40 minuti. Sfornare e lasciare raffreddare, quindi togliere dalla teglia e spolverizzare di zucchero a velo.

Alla prossima... “Dolcetto o scherzetto?” sul numero di novembre! Ottobre 2016 •

tribuna magazine • 59


Le Aziende informano

La parola ai lettori

Europa: silenzio inquietante nel dopo Brexit!

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l voto sulla Brexit nel Regno Unito è stata una catastrofe annunciata, che non si è però materializzata. L’economia del Paese subirà un contraccolpo e i leader europei sono ancora traumatizzati dall’esito del referendum. Tuttavia “business as usual” per l’Unione Europea, nonostante nuove nubi minacciose siano all’orizzonte, come il prossimo referendum costituzionale in Italia. Due mesi dopo il risultato “shock” del referendum britannico è giunto il momento di esaminare quelle che sono state finora le conseguenze. Le indagini condotte tra i consumatori e le aziende indicano un netto calo della fiducia, che a sua volta preannuncia un rallentamento dell’attività economica. Altrettanto negative sono le prospettive sul fronte delle assunzioni e dei piani di investimento. D’altro canto le robuste vendite al dettaglio di luglio e i dati del mercato del lavoro contraddicono questo quadro a tinte fosche. Nonostante ciò, le numerose incognite legate all’uscita del Regno Unito dall’UE lasciano inalterate le previsioni di notevoli pressioni sull’e-

conomia britannica. Resta comunque il fatto che la decisione senza precedenti di un Paese di lasciare l’Unione non ha avuto finora un impatto di rilievo sull’economia mondiale. La sterlina è stata – come previsto – la principale vittima del voto pro-Brexit, avendo perso il 10% in termini ponderati per gli scambi. La Bank of England (BoE) ha tagliato i tassi di interesse e allo stesso tempo ampliato il suo programma di acquisto di obbligazioni. Ciò ha provocato un crollo dei rendimenti dei titoli di Stato britannici (Gilt) e un conseguente rialzo di altri titoli governativi. Dopo una correzione di breve durata, i mercati azionari e creditizi hanno registrato un rally con l’indice S&P 500 che ha toccato nuovi livelli record, si sono osservati massicci afflussi di capitali soprattutto nelle attività dei mercati emergenti. team.advisor.3v@gmail.com

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Una vita da tifoso (Remer Blu Basket Treviglio) Descrivere una vita da tifoso? In poche parole è difficile ma ci posso provare. La vita da tifoso é fatta di domeniche passate a battere mani e a cantare per sostenere la tua squadra. É fatta di trasferte su e giù per l’Italia, macinando chilometri sempre con il sorriso sulle labbra, che si vinca o che si perda. É fatta di pannolini cambiati ad ignari neonati nel baule della macchina, e di biberon scaldati nei bar dei palazzetti. É fatta di amici che diventano quasi la tua famiglia, anche se a volte con dispiacere ti capita di perderne qualcuno strada facendo. É fatta di compleanni, di matrimoni e di nascite festeggiati tutti insieme in curva. É fatta di lunedì senza voce, e a volte anche di martedì. É fatta di giorni a pensare alla coreografia o ai cori per la prossima partita. È fatta di “fai presto che dobbiamo andare al palazzetto ad attaccare i tamburi”. È fatta di tavolini

Ricorrenza

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l centro locale di Treviglio di Afs-Intercultura festeggia i dieci anni di attività con un evento nella giornata di domenica 23 ottobre. Sarà l’occasione per fare il punto della situazione, attraverso testimonianze, filmati, fotografie, i report dei ragazzi che hanno fatto l’esperienza di passare alcuni mesi all’estero; ma anche i dati del centro locale, i rapporti con le scuole, le esperienze delle famiglie ospitanti. Non mancheranno i momenti di spettacolo; ma soprattutto, all’interno di questo evento, ci sarà una rappresentanza del centro ricerche Ipsos, che riporterà i risultati di uno studio di diversi anni promosso dalla Fondazione Intercultura sull’internazionalizzazione delle scuole, che ha riguardato oltre 900 borsisti appartenenti a diverse gene-


i professionisti informano

Il tributarista in pillole

Il nuovo regime forfetario D improvvisati per la vendita di sciarpe, magliette, felpe e gadgets, e tu a casa ne hai cassetti pieni perché é bello andare al palazzetto con i colori della tua squadra. É fatta dell’adrenalina che sale quando vedi partire la bomba, e della gioia che esplode quando realizzi che ha bucato la retina. É fatta di “ma daaaaiiiiii, come si fa a tirare così!” perché a volte noi tifosi siamo anche criticoni. É fatta di emozioni, di lacrime (lo confesso qualche volta la lacrimuccia mi é scappata), di gioia per una vittoria e di sconcerto per una sconfitta inaspettata. É fatta di passione, la stessa passione che vedi negli occhi dei giocatori in campo. É fatta di abbracci quando si vince e anche quando si perde, perché domani é un altro giorno. La vita da tifoso é proprio così e se ti ho incuriosito, anche solo un pochino, ti invito a venire in curva la domenica pomeriggio a tifare Remer Blu Basket Treviglio insieme ai Rangers. Vedrai con i tuoi occhi e potrai constatare che sì, la vita da tifoso é proprio bella! Cristina “first lady”

razioni e i cui risultati sono già stati presentati a settembre in un convegno nazionale a Milano presso Assolombarda. Un momento importante per capire a che punto è la nostra scuola rispetto all’apertura verso il mondo, che poi è lo spirito di tutte le iniziative di Afs-Intercultura. L’appuntamento, rivolto a tutta la cittadinanza, ai ragazzi e alle famiglie interessate a conoscere più da vicino le attività di Intercultura, è per domenica 23 ottobre alle 17 presso il TNT, con ingresso libero.

al 2016 il regime forfetario resta l’unica alternativa al regime ordinario semplificato per le persone fisiche che svolgono o iniziano un’attività d’impresa, di arte/ professione, e che possiedono determinati requisiti. Il regime forfetario, infatti, ha sostituito i precedenti regimi agevolati. A questo particolare regime possono aderire le persone fisiche che esercitano o che iniziano un’attività d’impresa o arte o professione, purché nell’anno solare precedente presentino i seguenti requisiti: abbiano conseguito ricavi o compensi non superiori a determinate soglie che variano a seconda del codice ATECO specifico dell’attività svolta. Il limite deve essere ragguagliato all’anno, nel caso di attività iniziata in corso d’anno. Coloro che possiedono i requisiti per poter accedere al regime forfetario hanno la possibilità di non applicarlo o di fuoriuscirne, optando per il regime ordinario. L’opzione avviene tramite comportamento concludente, ed è valida per almeno un triennio, dopodiché si rinnova tacitamente per ciascun anno successivo, finché permane la concreta applicazione del regime ordinario semplificato. In deroga al vincolo triennale, coloro che nel 2015 hanno optato per il regime ordinario, possono revocare tale scelta e adottare dal 2016 il regime forfetario. Benché l’opzione avvenga tramite comportamento concludente, è necessario comunicarla all’Agenzia delle Entrate tramite il quadro VO della dichiarazione IVA, da presentare successivamente alla scelta operata. Ai fini delle imposte dirette, il reddito imponibile si ottiene applicando ai ricavi/compensi un coefficiente di redditività differenziato a seconda del codice ATECO che contraddistingue l’attività esercitata. Sul reddito determinato forfetariamente si applica l’imposta sostitutiva pari al 15%, sostitutiva dell’Irpef e delle relative addizionali, nonché dell’IRAP. Per le cosiddette start-up (soggetti che intraprendono una nuova attività) il legislatore ha previsto un’ulteriore agevolazione: la riduzione dell’aliquota al 5% per i primi 5 anni di attività. La riduzione dell’aliquota si applica

a partire dal 2016. In via transitoria è concesso a chi ha aperto l’attività nel 2015, di applicare l’aliquota ridotta del 5% alle ultime quattro annualità (dal 2016 al 2019). Per poter usufruire di questa ulteriore agevolazione, occorre essere in possesso dei seguenti requisiti: il contribuente non ha esercitato, nei 3 anni precedenti, un’attività d’impresa/ lavoro autonomo (per il calcolo dei 3 anni va fatto riferimento al calendario comune, non al periodo d’imposta né all’anno solare). I soggetti che adottano il regime forfetario in generale sono esonerati dal versamento dell’Iva, e di contro non hanno diritto alla relativa detrazione. Le fatture emesse, pertanto, non devono recare l’addebito di Iva. Sono inoltre esonerati dall’obbligo: di registrazione delle fatture emesse/ corrispettivi, di registrazione degli acquisti, nella tenuta e conservazione dei registri e dei documenti, ad eccezione per le fatture di acquisto e le bollette doganali, nella dichiarazione e comunicazione annuale IVA, nella comunicazione delle operazioni rilevanti Iva (cosiddetto spesometro), nella comunicazione black list; sono invece obbligati a: numerare e conservare le fatture d’acquisto e le bollette doganali, certificare e conservare i corrispettivi; sono esclusi dall’applicazione degli studi di settore e dei parametri. Giovanni Ferrari Tributarista Ottobre 2016 •

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La Vignetta di Juri Brollini

La “Bassa” è buona

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Da fare Ottobre 2016 •

tribuna magazine • 63


Da fare 64 • tribuna magazine • Ottobre 2016


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