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Salute
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Garden
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on-line: Raggiungi i tuoi potenziali Clienti con le nostre 20 Edizioni Locali e oltre 371.000 Famiglie raggiunte in Veneto
APRILE 2021
Periodico d’informazione locale - Anno I n.2
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S. CORONA, NUOVO PARK “GREEN” Stefano Soprana per Confesercenti propone di realizzare un parcheggio in legno: un piano in più per le auto e una piazza per i pedoni servizio a pag 6
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RECOVERY PLAN
A confronto sindaco e opposizione sui soldi per Vicenza CONFINDUSTRIA
E dei candidati presidenti ne resterà solo uno VICENZA EST
Ecco come sarà il megacentro di Amazon IL TRAGUARDO 2024
Capitale della cultura Decine le città contro Vicenza SCIENZA E DONNE
L’ingegnera Alessi è anche concertista di alto livello ENOGASTRONOMIA
Il vignaiolo giovane e indomito ma senza cantina
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Le sfide di Vicenza Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it<
Da Marzo ogni Mese nelle case di oltre 43.000 Famiglie di Vicenza
È
una primavera ricca di sfide per Vicenza, in un incrocio di opportunità e difficoltà davvero inconsueto perché si estende in molti campi. Iniziamo dal più pressante degli argomenti, quel Recovery plan che dovrà nascere sulla base dei denari del Recovery fund. Secondo le stime dell’Anci, per tutto il Vicentino sono a disposizione 500 milioni, vale a dire mezzo miliardo di euro. Che cosa si può – o meglio si deve – realizzare con questa montagna di quattrini? Il dibattito è iniziato. segue a pag 5
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Facciamo il punto
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Le sfide di Vicenza Antonio Di Lorenzo >redazione@givemotions.it<
Lo scherzo palladiano di Domus L
’autorevole rivista di architettura “Domus” ha giocato un autentico “scherzo palladiano” a Vicenza e all’Italia nel suo numero digitale del 1° aprile. Ha annunciato, infatti, il ritrovamento nella soffitta di una casa di Vicenza del “Quinto libro di architettura” di Andrea Palladio. Fosse vera, sarebbe una notizia capace di rovinare i sonni a legioni di storici dell’arte, visto che il celebre Andrea libri ne ha scritti solo quattro. Sarebbe come ritrovare le braccia della Venere di Milo o svelare il mistero della Maschera di Ferro. Il libro – spiega l’articolo – testimonia la decisione di Palladio di andare a lavorare a Milano. Purtroppo, morì nel 1580 prima di attuarla: il libro, infatti, contiene molti progetti di architetture pensate per tre famiglie milanesi. Per accreditare la genuinità del ritrovamento, due vere storiche dell’arte, Chiara Velicogna e Francesca Garibotto, si profondono in puntute osservazioni nell’articolo. In realtà è solo un “pesce d’aprile”, pensato e realizzato da due giovani architetti: Fabrizio Esposito, che si firma come Alvar Aaltissimo, e Giovanni Comoglio, torinese, 34 anni, collaboratore di Domus. Esposito ha avuto l’idea e ha realizzato i progetti, autenticamente falsi, con la collaborazone di Niki Tubi; Comoglio ha organizzato la pubblicazione su “Domus” e ha chiamato in causa le storiche dell’arte, che si sono prestate. È la prima volta che la città di Vicenza è coinvolta in uno scherzo a raggio nazionale, peraltro realizzato in modo così efficace, che ha richiesto parecchia energia e intelligenza. A testimoniarlo, pubblichiamo la falsa copertina di questo “Quinto libro” ricordando, fra l’altro, che il 27 di aprile cade la giornata internazionale del disegno. E meglio di così non si poteva celebrare. (a.d.l.)
La scoperta di un apocrifo quinto libro ha acceso uno spot nazionale (divertente) su Vicenza
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È un periodico formato da 20 edizioni locali mensilmente recapitato a 373.576 famiglie del Veneto.
è un marchio proprietà di
Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199
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Chiuso in redazione il 14 aprile 2021
Ne diamo conto anche noi, con uno speciale che trovate fra due sfogli di pagina. Il sindaco ha una sua lista di priorità, l’opposizione un’altra. Normale. Nessuno vuole il male della città. La preoccupazione di tutti, a iniziare da chi scrive, è che si faccia presto a discutere, possibilmente poco, e a presentare progetti, possibilmente efficaci, senza estrarre sogni dal cassetto. Vicenza è una città che ha sempre avuto una grande difficoltà a realizzare e un’infinita voglia di dibattere, discettare, discutere e perdere tempo. Ma ora non può farlo. Sono davvero tempi in cui non si possono sprecare occasioni dato che i progetti dovranno seguire, oltretutto, le indicazioni del governo, perché altrimenti i quattrini non arriveranno. Un altro fronte è quello che riguarda la candidatura di Vicenza capitale della cultura 2024. Obiettivo ambizioso e significativo, che può mettere in moto energie e avere ritorni d’immagine e di entrate significativi. Tutti sono d’accordo nel giocare la partita. Ma a parte le decine di città avversarie che Vicenza si troverà di fronte, anche in questo caso il Comune dovrà scegliere le intelligenze giuste e redigere un dossier decisivo, perché solo persone di qualità (e relazioni) e solo con un programma che abbini fascino e realizzabilità si potrà vincere la scommessa. La terza sfida riguarda l’economia non solo di Vicenza ma di tutta la provincia. E dovrà affrontarla il nuovo presidente di Confindustria che uscirà da un’elezione complicata, nella quale per la prima volta si sono affrontati quattro candidati. Il nuovo inquilino di palazzo Bonin Longare avrà di fronte uno scenario delicato come mai prima, con un’economia in grande difficoltà e un blocco dei licenziamenti ancora una volta rinviato, ma che, quando finirà, rischierà di aprire ferite economiche e sociali profonde. Il nuovo presidente dovrà avere la capacità di guardare lontano e innescare quel rinnovamento (fatto di tecnologia e cuore, di digitalizzazione ma anche di valorizzazione del capitale umano) che le imprese vicentine sapranno sicuramente vivere in prima persona per riversarne i benefici sulla collettività. Che, già piegata e piagata dal covid, vuole rinascere.
Direzione, Amministrazione e Concessionaria di Pubblicità Locale: via Lisbona, 10 · 35127 Padova tel. 049 8704884 · fax 049 6988054 >redazione@givemotions.it< >www.ilvicenza.com<
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CENTRO STAMPA QUOTIDIANI S.p.A. Via dell'Industria, 52 - 25030 Erbusco (BS) Tel: +39.030.7725594 Periodico fondato nel 1994 da Giuseppe Bergantin
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Attualità
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La proposta di Stefano Soprana. Il nuovo responsabile della Mobilità per Confesercenti ha un progetto complessivo per la zona
Santa Corona, parcheggio in legno Tre piani per auto, piazza per pedoni U
n’immagine di un parcheggio realizzato in legno come si usa in Svizzera e Austria: potrebbe essere questo il futuro del parcheggio di Santa Corona in centro. Nell’altra foto, lo spazio dell’attuale parcheggio che potrebbe essere trasformato in una nuova piazza per cittadini e turisti “La strada non è un garage”. Ed è proprio da questo concetto che si fonda la visione urbanistica di Stefano Soprana, fresco acquisto di Confesercenti e responsabile per l’associazione del settore mobilità, sostenibilità e commercio. Di recente il noto commerciante e personaggio pubblico vicentino (è stato consigliere comunale e attualmente è presidente anche dell’Associazione Pigafetta 500) è passato all’associazione di categoria presieduta da Flavio Convento e si è subito rimboccato le maniche mettendo in campo la sua pluriennale esperienza in consiglio comunale, prima con il Movimento del Nordest di Cacciari e poi con Vicenza Capoluogo. Sul tema dei parcheggi la sua disamina è precisa: in città su 4650 posti sosta, i residenti abbonati sono 2250: “Un’enormità – commenta – Significa che queste persone-famiglie utilizzano gli stalli blu o gialli come garage - afferma Soprana - Ma la strada non può essere considerata un’autorimessa, ne va della bellezza del centro storico, dell’attenzione per i turisti. Questa situazione spesso contrasta con le esigenze del mondo del lavoro e in particolare con quello del commercio”. Per non parlare dei garage realiz-
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Un’immagine del parcheggio in legno che, a imitazione di quelli esistenti in Svizzera e Austria, Stefano Soprana (qui sopra) vuole realizzare a Vicenza
L’ipotesi prevede due nuovi ingressi e uno scavo per interrare i piani del parcheggio che diventeranno tre. Si vuole ricavare una nuova piazza all’altezza dei chiostri
zati al posto dei negozi. Soprana e Convento hanno siglato un documento articolato sul tema “Vicenza 2030, Piano Urbano della Mobilità Sostenibile”. “Per rilanciare la città - prosegue Soprana - abbiamo bisogno di liberare le piazze dalle auto, per farle tornare luogo di incontro tra persone e di attività economiche, culturali e lavorative. Le auto vanno spostate dalle strade e dalle piazze in garage multipiano o sotterranei come avviene in tutte le città europee”. Ecco allora che ci svela le idee elaborate per i parcheggi: costruire un secondo piano per il parcheggio Fogazzaro, triplicare i piani di park Canove e liberare piazza Matteotti, realiz-
zando il parcheggio dell’ex Macello, ma anche uno sotterraneo che vada da viale Giuriolo all’attuale park Matteotti. “La piazza davanti a palazzo Chiericati deve essere completamente libera prosegue - e ponte degli Angeli va triplicato collegandolo a Largo Goethe e contrà Torretti per creare una piazza-ponte con la zona Trastevere del centro storico per rilanciare i quartieri tra Santa Lucia, San Pietro e Porta Padova”. Semplice, logico e sostenibile il progetto ideato da Soprana per il nuovo park Canove: realizzare un’entrata da contrà Santa Corona passando tra l’ex Tribunale e l’ex sede del Gip. Nel parcheggio interno dell’ex tribunale rea-
lizzare due piani per 60-70 posti per residenti. Collegarsi poi verso l’attuale parcheggio che va abbassato di mezzo piano sfruttando entrata e uscita da contrà Canove Nuove (lato est dell’ex tribunale). Portare il piano superiore a livello dell’arena del chiostro di Santa Corona realizzando una piazza. E sotto due piani di parcheggio costruiti con una bella struttura innovativa ed economica in legno lamellare (come i parcheggi svizzeri e austriaci) sfruttando il più possibile gli spazi laterali ora poco utilizzati. “Sarebbe anche un progetto sostenibile economicamente”, conclude Soprana. Francesco Brasco
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Economia
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Il Recovery fund e Vicenza /1. L’opposizione striglia la maggioranza perché è in ritardo: “Si perde un’occasione storica”
“Alla città serve una nuova mobilità E spazio a scuola, cultura e periferie” D
al Recovery plan al Piano nazionale di rinascita e resilienza: per l’Italia ci sono 209 miliardi, di cui 43 arriveranno ai Comuni. Si stima che in provincia di Vicenza solo per gli enti locali ci possa essere a disposizione almeno mezzo miliardo. Le opposizioni in consiglio comunale lanciano l’allarme: il Comune di Vicenza è impreparato e in ritardo. Lo afferma Otello Dalla Rosa (Pd) già sfidante di Rucco tre anni fa per la carica di sindaco. Rincara la dose Raffaele Colombara di Quartieri al Centro: “Il sindaco prende tempo, ma città a noi vicine come Treviso e Verona hanno già fatto accordi sui loro territori per la progettazione finalizzata ai fondi del Recovery”. E sottolinea: “Il tema vero è che questo tipo di progetti si devono costruire in rete e si devono mettere assieme innumerevoli competenze che a
Vicenza non abbiamo: insomma bisogna creare una struttura sovracomunale per la progettazione”. “Ma purtroppo - continua Colombara - il bilancio di previsione approvato dalla maggioranza
Tre consiglieri d’opposizione in Comune a Vicenza: Otello Dalla Rosa, Raffaele Colombara e Sandro Pupillo
Tra le priorità che i consiglieri di minoranza individuano la necessità di interventi per una migliore “qualità della vita” nei quartieri a fine marzo non prevede nulla su questo tema: è gravissimo, siamo sotto zero!” Sandro Pupillo di Adesso in Poi sottolinea che non ha senso lavorare a compartimenti stagni perché gli input del Pnrr sono trasversali: innovazione, digitalizzazione, economia green. E allora che fare? “La prima
cosa - afferma Dalla Rosa - è avere una visione di sviluppo di Vicenza e dell’hinterland, un territorio che supera i 250 mila abitanti: va ristrutturata la mobilità pubblica, realizzata la “ciclopolitana”, rinnovato il parco mezzi pubblico con una conversione all’elettrico”. “Altro asset è il rafforzamen-
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to della realtà universitaria vicentina e degli Its: dagli alloggi per gli studenti, alle aule studio, per arrivare (mettendo assieme più soggetti pubblico privati) al centro per l’innovazione e il trasferimento tecnologico”. Il terzo asset per Dalla Rosa riguarda il risanamento e l’efficientamento dell’edilizia pubblica: dalle
scuole alle abitazioni sociali. Sull’abitare, Colombara insiste su incentivi atti a revisionare in chiave “pulita” tutta l’impiantistica delle abitazioni e delle aziende private. E poi “a livello urbanistico dobbiamo rendere belle, verdi e funzionali le nostre periferie. Va migliorata la qualità della vita nei quartieri”. A stanno a cuore la cultura e il turismo: va risolto il problema di palazzo Thiene e poi vanno rilanciate le ville venete e uk paesaggio, che significa cultura e turismo assieme. “Ma il segreto - conclude Pupillo - è saper osare e impiegare per la progettazione competenze di alto livello”. (f.b.)
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Economia
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Il Recovery fund e Vicenza /2. Il sindaco indica le priorità: “Proteggere i cittadini dalle conseguenze della crisi economica”
Rucco: “Alta velocità, emergenze sociali, casa e personale i filoni da finanziare” A
rriveranno molte risorse anche per la città di Vicenza dai fondi europei per la ripresa (Recovery fund) dopo la crisi dovuta alla pandemia. Cosa deve attendersi Vicenza? Signor sindaco cosa la preoccupa di più ora per la ripresa? “Senza dubbio – risponde Francesco Rucco, sindaco di Vicenza – i pensieri e le preoccupazioni vanno a tutte le conseguenze negative che derivano e deriveranno dalla crisi economica con il forte rischio del taglio di posti di lavoro. Questo significa mettere in crisi le famiglie e l’equilibrio sociale”. Condivide l’insistenza dell’Anci sul personale? Ovvero che gli enti locali debbano assumere altro personale formato per la “caccia” di fondi europei e nazionali? “Assolutamente sì, perché purtroppo i Comuni hanno forti carenze di personale in questo momento, mentre servono professionalità di alto profilo che ci aiutino a reperire fondi. Le strutture esistenti non sempre sono in grado, numericamente ma non solo, di agire con efficacia in questo senso”. Quali sono i principali filoni di finanziamento che interessano al Comune di Vicenza? “Vista la situazione di crisi e incertezza che pervade i cittadini ormai da molto tempo, la questione sociale è sicuramente al primo posto. È necessario pro-
“Il taglio dei posti di lavoro potrà avere ripercussioni pesanti sulle famiglie. E all’ente locale servono funzionari per cercare risorse”
seguire con una spinta ulteriore verso un aiuto concreto alle fasce più deboli e alle famiglie, attraverso progetti di inclusione sociale e lavorativa”. In pratica, quali sono i progetti fondamentali che vuole sviluppare la sua amministrazione con il “recovery fund”? “Anche la questione casa (Erp, o abitazioni di proprietà pubblica, ndr.) dovrà essere una priorità, in particolare per quanto riguarda le ristrutturazioni in modo da dare risposte a una sempre più crescente emergenza abitativa. Tra le opere concrete una delle esigenze più sentite è il tratto che attraversa la città e che prosegue ad est dell’alta velocità, che attualmente risulta scoperto”. Con tutte queste risorse che arrivano (circa 500 milioni di euro per la provincia di Vicenza) ce la dobbiamo fare. Giusto signor sindaco?
Da Marzo ogni mese nelle case di oltre 43.000 Famiglie di Vicenza Il sindaco Francesco Rucco
“Da parte dell’amministrazione comunale ci sarà tutta la disponibilità per cercare di creare tutte le condizioni, anche attraverso la collaborazione con altri enti, per realizzare progetti e interventi concreti e non perdere questa importante occasione e portare a casa contributi a favore del territorio e dei cittadini”. Francesco Brasco
• Vicenza com’era
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Una foto di parecchi decenni fa con le donne della politica a Vicenza. Da sinistra Laura Fincato (Psi), Manuela Dal Lago (Pli), Lalla Trupia (Pci), Marina Benedetti (Pri), Lucia Peronato (Dc), Vittoria Rossi (Pri). Marina Benedetti era vicesindaco
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Economia
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L’elezione del vertice di Confindustria Vicenza. I “saggi” hanno ridotto i pretendenti. Il 21 si vota in Consiglio generale
Assindustria, i candidati presidente ora sono tre: ma ne resterà solo uno P
er usare un’immagine da film, il percorso che porta all’elezione del nuovo presidente di Confindustria Vicenza si può riassumere con una frase: “Alla fine ne resterà solo uno”. Di candidati, s’intende. E la metafora con Highlander finisce qui. Niente duelli all’ultimo sangue, per carità, anche se la competizione in questa gara elettorale vissuta tutta sotterranea senza (quasi) articoli sui giornali è serrata. Al punto che i bene informati raccontano che anche gli occhi di Confindustria nazionale sono puntati sulla successione a Luciano Vescovi. Erano partiti in quattro all’inizio di dicembre scorso: Alberto Luca, 55 anni, Remo Pedon, 64, Laura Dalla Vecchia, 51, Mauro Frigo, 50. Alla prima fase, svoltasi a febbraio attraverso confronti on line (non tutti partecipatissimi) hanno fatto seguito le consultazioni dei tre “saggi” che hanno ammesso a quella successiva Dalla Vecchia, Luca e Pedon, indicati qui in ordine alfabetico. I tre che guidano le operazioni – Alessandro Bocchese, Bernardo Finco e Francesco Battistella – hanno escluso Mauro Frigo perché non ha raggiunto il 20% dei consensi. I saggi hanno interpellato almeno un centinaio di imprenditori, numero quasi doppio rispetto al passato, rappresentativi dell’associazione, ai quali è stato chiesto di pronunciarsi. E hanno stabilito una percentuale minima di consensi da raggiungere per andare avanti. La seconda e la terza fase avverranno in un’altra sede e con un altro elettorato. Non si farà un secondo giro d’orizzonte con una rappresentanza, sia pure vasta, di imprenditori ma il 21 si andrà in Consiglio generale, organo che affianca il presidente ed è formato da 49 imprenditori rappresentativi di sezioni, raggruppamenti e assemblea. Toccherà a loro scremare i candidati, che da tre scenderanno a due e poi a uno solo. Come si intuisce si può vincere o perdere, specie al primo spoglio, per pochissimi voti. Alla fine, il candidato che prevarrà sarà presentato all’assemblea generale che – come di prammatica – lo eleggerà ufficialmente, anche se in effetti è una ratifica. L’assemblea generale dei 1600 iscritti a questo punto non si terrà prima di maggio inoltrato. Quanti voti hanno ottenuto i candidati? Ufficialmente non si
Christopher Lambert, protagonista di Highlander e i candidati Alberto Luca, Laura Dalla Vecchia, Remo Pedon
sa, ma ufficiosamente le voci si rincorrono. Di sicuro nessuno dei tre vuole mollare, ritenendo di avere numeri sufficienti per vincere. E nessuno vuole stringere alleanze di desistenza. Ma di loro tre, come Christopher Lambert insegna, ne resterà uno solo.
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Ecco chi sono i 49 che voteranno Tutto si deciderà per pochi voti Il Consiglio generale di Confindustria Vicenza è composto da 49 membri: Luciano Vescovi (presidente), Mario Roberto Carraro (vicepresidente, Mecc Alte, Creazzo), Laura Dalla Vecchia (vicepresidente, Polidoro, Schio), Gateano Marangoni (vicepresidente, Coima, Camisano), Remo Pedon (vicepresidente, Pedon, Colceresa), Claudia Piaserico (vicepresidente, Misis, Vicenza), Alberto Luca (tesoriere, Lucaprint, Marostica), Michele Bocchese (Maglificio Miles, Vicenza), Gianni Dal Pozzo (Considi, Grisignano), Luigi Giovanni De Tomi (Sacme, Malo), Rodolfo Mariotto (Mariotto, Torri di Quartesolo), Rino Mastrotto (Mastrotto group, Trissino), Loris Mattei (Legnopan, Piovene Rocchette), Angelo Nardini (Nardini, Bassano), Enrico Peruffo (Fratelli Bovo, Trissino), Stefano Rasotto (Rasotto group, Dueville), Luigi Schiavo (Dado, Schio), Nicole Raffaella Tassotti (Grafiche Tassotti, Bassano), Marco Vaccari (Vaccati, Montecchio Maggiore), Stefano Zuliani (Hubergroup, Bolzano Vicentino), Gianni Albertinoli (Viatek, Torri di Quartesolo), Giuseppe Fortuna (Valfer, Cornedo), Pietro Sottoriva (Sottoriva, Marano), Andrea Visentin (Mevis, Rosà), Mirko Bragagnolo (Mach-Trade, Bassano), Giulia Faresin (Faresin Industries, Breganze), Giuseppe Zigliotto (Zetas, Longare), Alessandro Ferrari (Fis, Montecchio Maggiore), Paolo Bettinardi (Better Silver, Bressanvido), Roberto Consonni (Zambon, Bresso), Davide Favrin (Marzotto, Valdagno), Filippo Miola (Array sistem, Grisignano), Mattia Pedon (Pedon, Colceresa), Renato Stefano Zelcher (Crocco, Cornedo), Luciano Cielo (Villa degli Olmi, Altavilla), Alberto Favero (Baxi, Bassano), Livio Gemmo (Gemmo, Thiene), Silvano Guarda (Ronda, Zané), Alessandro Muccinelli (Phtre, Vicenza), Giuseppe Valter Peretti (Conceria Cristina, Montebello), Marco Paolo Rossi (Zaitex, Dueville), Stefano Ruaro (Sertech, Malo), Roberto Spezzapria (Forgital, Velo d’Astico), Silvano Spiller (Cmp, Vigodarzere), Andrea Tovo (Mut, Montecchio Maggiore), Federico Visentin (Mevis, Rosà), Paolo Xoccato (Xacus, San Vito di Leguzzano), Stefano Zanetti (Zanetti moda, Grumolo), Lara Bisin (Sepran, Isola).
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Attualità
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Già iniziati i lavori in viale Serenissima. Lotta contro il tempo per terminare il complesso entro il “Black Friday” di novembre
Il nuovo centro Amazon sarà alto 14 metri e grande quasi come un campo da calcio S
ono già iniziati i lavori della nuova sede di Amazon nel Veneto, che sorgerà su viale della Serenissima al posto di Verde Più, azienda florovivaistica chiusa da tempo. E si sta correndo, perché Amazon vorrebbe inaugurarlo per il Black Friday di fine novembre. Il colosso internazionale dell’e-commerce, fondato dall’imprenditore statunitense Jeff Bezos, dopo Rovigo, Padova, Verona e mentre si discute su Roncade nel Trevigiano, realizzerà a Vicenza sul lotto di quasi 40mila metri quadri, più di quattro campi da calcio, una struttura di ottomila metri quadrati alta 14 metri, cioè circa cinque piani. Ospiterà 230 postazioni di carico per le auto-van (a regime tutte a trazione elettrica) pronte per partire verso le case dei vicentini. I magazzini che saranno edificati sono pensati per quella che in gergo si chiama la “logistica dell’ultimo miglio”: capannoni da dove partono i corrieri che poi suonano alle nostre porte di casa. IL PROGETTISTA. Il progetto e la cura del cantiere è di Ipt project, azienda di progettazione di Padova. Da inizio aprile sono in atto il movimento terra e i primi scavi per le fondazioni. L’iter per realizzare un intervento di così importante impatto non è stato semplice: Mirko Volpe, di Ipt, spiega che ci sono voluti 23 pareri diversi per ottenere tutte le autorizzazioni necessarie per arrivare al “permesso a costruire”. E per fortuna che a Vicenza in municipio esiste lo sportello unico in grado di semplificare il lavoro dei tecnici dei committen-
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ti privati. Fatto che ha permesso al team di progettazione di arrivare dal progetto su carta al cantiere a tempo di record. L’edificio finito dovrebbe essere consegnato alla fine del 2021. Con Volpe hanno lavorato l’architetto Elena Gomiero e l’avvocato Marta Tognon. RENDERING. Della struttura abbiamo in mano un rendering generale. Sull’area, grande come quattro campi dal calcio, sarà realizzato un grande piazzale con entrata e uscita da viale Serenissima e una strada di collegamento con via Ceccato con un’unica grande cubatura. Avrà una superficie coperta di 8mila metri quadrati, cioè poco meno di un campo di calcio, su un’area di 9.700. Sarà un complesso dall’anima green – spiegano i progettisti – dotato di pannelli solari e di 400 colonnine per la ricarica elettrica dei veicoli. Si stima l’assunzione di un centinaio di persone. Sull’investimento generale per il polo di Vicenza l’ufficio comunicazione di Amazon non ha rilasciato dichiarazioni. Il Comune dall’operazione, queste le valutazioni a palazzo Trissino, introita fra i 200 e i 250mila euro dagli oneri di urbanizzazione. IPT PROJECT. Quello di Vicenza è l’ultimo progetto realizzato da Ipt project, società di ingegneria e architettura fondata nel 2018 dopo la fusione di due realtà di cui facevano parte gli attuali soci Davide Ferro, Luigi Tommasi e Mirko Volpe. La Ipt fattura un milione di euro l’anno. Ha realizzato finora poli logistici in tutto
I rendering che illustrano come sarà il nuovo complesso Amazon che si spera di completare entro la fine di novembre: sorgerà in viale Serenissima, vicino al casello di Vicenza est, in alto Mirko Volpe
Su un’area complessiva che è ampia quattro campi da calcio un intervento edilizio molto “green”, come spiegano i progettisti della Itp di Padova. L’introito per il Comune stimato fra i 200mila e 250mila euro il Veneto: da Mogliano a Bussolengo passando per Bassano del Grappa e Altavilla Vicentina. A Padova ha seguito i lavori della ristrutturazione del Policlinico e del Pala-indoor dell’atletica. Francesco Brasco
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La candidatura al traguardo cultura del 2024. Ora è spuntata Chioggia, ma negli anni scorsi s’è arrivati anche a 43 città in lizza
Vicenza capitale ha già otto avversarie Ma diventeranno parecchie decine V
icenza si candida a capitale della cultura per il 2024. L’annuncio del sindaco Rucco ha prodotto subito due effetti: una piccola polemica sulla primogenitura dell’idea, rivendicata dal centrosinistra, e l’inizio della conta degli avversari. Sulla candidatura, hanno fatto sapere dai banchi dell’opposizione, lo stesso sindaco era scettico tre anni fa, perché reputava costasse molto in energie e quattrini. Evidentemente s’è ricreduto, se adesso è diventato lui il portabandiera dell’iniziativa. Anzi, ha precisato: “Sono due anni che ci stiamo lavorando”. Il plurale sta a indicare, oltre a lui e al suo staff, anche la presidente della Commissione cultura, Caterina Soprana, capogruppo di “Idea Vicenza”, la lista personale di Rucco. Soprana sta da tempo coccolando il progetto battezzato “Vicenza città bellissima” e sarà proprio questo il titolo della sfida per Vicenza capitale 2024. A dire la verità, sarebbe stato preferibile un “claim” più immediato, tipo “Vicenza città del Palladio” di maggiore capacità attrattiva per i non vicentini o veneti. Comunque è certo che la presidente Soprana sarà un riferimento ineludibile del Comitato per promuovere la candidatura, i cui componenti il sindaco ha promesso di rendere noti a fine maggio. COMITATO, INTELLIGENZE E DOSSIER. Polemichette stracittadine a parte, è molto più interessante capire quali sono le città avversarie di Vicenza e quali sono le strategie che si intendono perseguire, che per ora sono conosciu-
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A fianco in alto Caterina Soprana, presidente della Commissione cultura del Comune, sotto Simona Siotto, assessore alla Cultura del Comune. Nell’immagine grande La Rotonda palladiana in una efficace fotografia del maestro Marc Buhrow
te dai pochissimi che attorniano il sindaco. Si dovrà elaborare un dossier che sarà poi inviato al ministero a Roma per essere vagliato. E nel dossier dovranno essere elencate tutte le idee da concretizzare nel 2024. Ma strategia vuol dire avere chiaro tre punti: prima di tutto elaborare un programma, che deve coinvolgere tutte le energie del territorio. Ha spiegato il ministro Franceschini: “In tutte le sue edizioni la Capitale della cultura ha innescato meccanismi virtuosi tra le realtà economiche e sociali dei territori. Non è un concorso di bellezza. Viene premiata la città che riesce a sviluppare il progetto culturale più coinvolgente, più aperto, innovativo e trasversale”. A questo programma di iniziative il ministero concederà un milione
Gli obiettivi da centrare: formare un Comitato che raccolga intelligenze ed energie anche dal territorio. Elaborare il dossier da inviare a Roma. Il ministero verserà 1 milione al vincitore di euro per realizzarlo. Secondo imperativo: la strategia dovrà basarsi anche sugli uomini, cioè bisognerà scegliere con cura le intelligenze che si vogliono mettere in campo per guidare il processo. È indubbio che, per riuscire a spuntarla, Vicenza deve affidarsi a persone competenti che abbiano sguardo strategico e capacità di contatti ad ampio raggio: servono manager della cultura,
insomma, più che storici dell’arte, anche se siamo la città di Palladio. Infine, ma è quasi superfluo ribadirlo, è necessario un lavoro di coinvolgimento della città su questa ipotesi, per non calare dall’alto le decisioni e vedersele snobbate specie in una città come Vicenza sempre ultrasensibile agli sgarbi. CHIOGGIA E LE ALTRE OTTO AVVERSARIE. Per ora le città avversarie di Vicenza sono otto, ma, stando a quello che è accaduto nel caso più recente, il numero è destinato a lievitare parecchio. L’ultima volta a candidarsi sono state 28 città. L’anno precedente furono addirittura 43. Per il 2021 il titolo è stato prorogato a Parma visto che la pandemia aveva bloccato ogni attività. Lo stesso decreto ha assegnato d’ufficio il ruolo di
capitale per 2022 a Brescia e Bergamo, come omaggio alle vittime del covid. Per il 2023 toccherà a Procida. Attualmente, a concorrere al titolo per il 2024 sono nove città, compresa Vicenza. L’ultima arrivata è Chioggia, fresca fresca per iniziativa della consigliera regionale Erka Baldin, ma nell’elenco ci sono anche Rimini, in nome del regista Federico Fellini, che è impegnata in un quasi derby con la vicina Pesaro-Urbino, che gioca la carta di Gioacchino Rossini. Nelle Marche, però, c’è anche Ascoli che ha questa ambizione. Non mancano candidature che spuntano dal Tirreno: sia Lucca che Viareggio, infatti, hanno avuto la stessa idea, entrambe in nome di Pietro Mascagni. Più che un derby, in questo caso, appare una lotta fratricida. Anche la piemontese Saluzzo punta al titolo del 2024: vuole presentarsi come capitale internazionale del Monviso, in un afflato che coinvolge anche le francesi Queyras e Ubaye oltreché “la provincia granda”, com’è denominata Cuneo. Infine, tra le altre candidature, da segnalare quella dell’isola di Capri che è stata annunciata in prima persona dallo stesso sindaco. Il parterre, dunque, è già nutrito e lo sarà ancora di più. Alberta De Marchi
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Scienza
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Il personaggio. Alessia Gloder, 28 anni, dal multiforme ingegno, coniuga l’amore per lo spazio con quello per la musica
L’ingegnera spaziale esperta di motori è una concertista laureata in clarinetto C
ercando su un dizionario l’aggettivo poliedrico, si trova come spiegazione: “che ha aspetti vari e molteplici, talvolta anche in contrasto tra loro”. Definizione appropriata per spiegare la personalità e le esperienze di Alessia Gloder, che è stata in grado di coniugare due passioni apparentemente molto lontane tra loro, lo spazio e la musica, e di esprimersi ai massimi livelli in entrambi i campi. Ascendenti dell’Altopiano, come si intuisce dal cognome cimbro, ma vicentina di Dueville, 28 anni, Alessia dopo gli studi linguistici al liceo Corradini di Thiene ha ottenuto la laurea magistrale in ingegneria aerospaziale all’università di Padova, ottenendone un’altra in propulsione (naturalmente spaziale) all’università di Cranfield, in Inghilterra. La tensione scientifica è sempre stata affiancata da quella artistica: Alessia ama la musica, in particolare il clarinetto, tanto che ha ottenuto e la laurea triennale al conservatorio “Pedrollo” di Vicenza. Ha insegnato in varie scuole di musica e ha svolto numerosi concerti in Italia e anche all’estero. È una passione innata, la sua: “Ricordo che da piccola, a tre-quattro anni, mi nascondevo ad ascoltare le lezioni di pianoforte di mia sorella maggiore. Poi alle elementari ho incontrato il clarinetto, ed è stato amore a prima vista”. Sono mondi solo in apparenza molto distanti: “Non è vero che l’ingegneria è solo cervello e la musica è solo espressione – spiega – anzi è possibile affrontare la musica con approccio scientifico e la scienza, specie quella dello spazio, con approccio creativo. Nello studio della musica bisogna lavorare molto su se stessi, ripetere fino alla perfezione
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un singolo passaggio dell’esecuzione, che è un po’ come ripetere una simulazione nell’attività di ricerca scientifica. Nell’ingegneria aerospaziale, viceversa, può capitare di studiare qualcosa che magari non si toccherà mai con mano, pensiamo a un satellite. Quindi, l’immaginazione diventa molto importante. Da questo punto di vista, la musica è quasi più concreta”. Nel 2016 assieme ad altri quattro studenti dell’università di Padova ha partecipato al progetto Star nell’ambito del programma “Drop your thesis!” bandito dall’Esa, l’Agenzia Spaziale Europea: un progetto che ha permesso di testare in assenza di gravità il rilascio ed il riavvolgimento da un satellite madre di un meccanismo a filo, una sorta di “canna da pesca” spaziale, che potrebbe trovare molte applicazioni, ad esempio, nel recupero dei sempre più numerosi detriti spaziali che girano in orbita attorno alla Terra. Quelli grandi almeno 10 centimetri sono almeno 9000, secondo l’Esa, e sono un grande pericolo perché viaggiano a velocità elevatissime: 36mila chilometri all’ora. A quella velocità è come se un oggetto di un grammo equivalesse a un’automobile lanciata in corsa. Fate un po’ i conti. Per questa diventa importante anche ripulire l’orbita terrestre da questi ingombranti e pericolosi oggetti. Attualmente, Alessia Gloder è assegnista di ricerca all’università tecnica di Dresda, in Germania, nell’ambito del programma Ascension, finanziato dalla Commissione Europea, che punta a rafforzare l’accesso europeo allo spazio con un occhio alla sostenibilità economica ed ecologica, ad esempio studiando
La giovane ingegnera Alessia Gloder in un’immagine da concertista: oltre alle due lauree in ignegneria ne ha anche una al conservatorio in clarinetto
All’università di Dresda lavora ai combustibili green e studia la retropropulsione, in modo da poter riutilizzare i vettori spaziali una volta rientrati sulla Terra. Ma ha approfondito anche il problema dei detriti spaziali
l’impiego di propellenti green o sistemi di retropropulsione per poter riutilizzare i razzi una volta rientrati sulla Terra. È attiva anche nel campo della parità di genere in ambito aerospaziale: la presenza femminile, specie nei vertici delle aziende del settore, è ancora minoritaria, ma negli ultimi anni è aumentata la sensibilità sul tema, grazie anche ad alcune campagne promosse da gruppi come Women in Aerospace - Europe, con la quale collabora attivamente. In fatto di musica è onnivora: “Ascolto Benny Goodman (che è un clarinettista) ad altri clarinettisti moderni come Martin Fröst. In fatto di compositori mi piacciono ad esempio Debussy, Satie, Ravel, Saint-Saens e amo molto Stravinsky. Poi Ennio Morricone, i Beatles, Cocciante, ACDC, De André, Hans
Zimmer, fino ad arrivare a cose più commerciali e moderne come Ed Sheeran, Coldplay, Pharrell Williams, Maroon 5”. Giostrarsi tra queste due attività non è stato affatto semplice, il fattore tempo le ha richiesto molti sacrifici: “Nell’ultimo periodo ho dovuto smettere di insegnare musica, ma per fortuna ho sempre incontrato delle persone che mi hanno spronato nelle mie attività. Ed è in loro, nelle persone che incontro tutti i giorni nel mio lavoro o nella mia attività musicale, e nei miei genitori che trovo le mie fonti di ispirazione, più che in personaggi famosi. Ognuno di noi ha il proprio percorso, paragonarsi sempre a qualcuno non fa mai bene, preferisco avere degli spunti da persone a me più vicine e seguire la mia caparbietà e il mio cuore”. Alvise Ferronato
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Attualità
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La riflessione. Lauro Paoletto, direttore de “La Voce dei Berici”, ha pubblicato un libro con molte interessanti meditazioni
Come usciremo da questa pandemia? “È l’occasione per riscoprire i valori” È
la domanda attorno alla quale ci stiamo arrovellando da un anno: come ne usciremo? Dalla pandemia, s’intende. E non tanto sotto il profilo sanitario ma dal punto di vista dell’anima e della comunità. Lauro Paoletto, giornalista e direttore della Voce dei Berici, ha pubblicato un libro che già dal titolo interpella le coscienze: “Come saremo? - Oltre la pandemia tra memoria e ricerca di senso”, 124 pagine, Proget edizioni. È molto più di una raccolta di meditazioni – molte pubblicate ma tante sono inedite – su quanto sta accadendo attorno a noi. Come scrive nella prefazione Giuseppe Riggio, caporedattore di Aggiornamenti sociali, prelibata rivista di meditazione dei gesuiti, il suo libro “è un diario pubblico della pandemia, un prezioso contributo perché presente e futuro non si possono costruire senza la memoria del passato”: “La lettura di questo libro – aggiunge – ci aiuta a ricordare (cioè a riportare al cuore) quanto abbiamo vissuto, dando valore ai passi compiuti e, speriamo, apprendendo dagli errori commessi”. Il libro è diviso in tre ambiti: individuo, società e Chiesa. L’INDIVIDUO. Curiosamente, e non credo casualmente, la risposta all’interrogativo del titolo, Lauro Paoletto l’ha messa già in copertina, con quei giovani imbavagliati (e non mascherati) che rappresentano la metafora del nodo che non riusciamo a sciogliere: quale futuro stiamo consegnando a questi ragazzi? Il problema è delicato e nevralgico perché alla fine ci stiamo giocando la formazione di una generazione: “È uno scandalo la non-priorità data alla scuola” sferza Paoletto. “Se l’Italia si dimentica dei suoi figli” è il titolo di un capitoletto, in cui scrive: “Questi mesi di crisi hanno messo in discussione molti riferimenti che sembravano solidissimi. Ma le giovani generazioni continuano a non essere considerate davvero”. LA SOCIETÀ. Paoletto indica due figure centrali di questo primo anno del covidico, la nuova era che è nata da questa pandemia: papa Francesco e il Presidente Mattarella. L’uno e l’altro non saranno mai lodati abbastanza per l’equilibrio, la lungimiranza e la profondità che hanno dimostrato e la speranza che hanno infuso agli italiani. Tant’è
Lauro Paoletto, direttore del settimanale diocesano e la copertina del suo libro
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che nel libro sono riportati due loro interventi: l’omelia del 27 marzo, vnenrdì santo, quando il papa solo sul sagrato di San Pietro commosse il mondo; e il discorso di fine anno del Presidente dell Repubblica, quando Sergio Mattarella indicò la strada: “Cambiamo quello che va cambiato, rimettendoci coraggiosamente in gioco. Lo dobbiamo a noi stessi, lo dobbiamo alle nuove generazioni”. Paoletto si confessa ottimista anche riguardo al destino della nostra democrazia. Cita Ilvo Diamanti quando spiega che “gli italiani hanno scoperto che non hanno bisogno dell’uomo della Provvidenza ma dell’uomo dell’emergenza”. È già molto, dopo venticinque anni alla ricerca della nuova Repubblica, vissuti spesso dagli elettori tra le fascinazioni berlusconiane e il populismo salviniano. “Di fronte a un Paese intontito e smarrito, il papa e il Presidente hanno inviato lo stesso messaggio: hanno insistito sul “noi”, che è l’unico modo per difenderci, perché siamo tutti sulla stessa barca. Imparare a vivere la corresponsabilità, in quanto la mia salute dipende anche dal tuo comportamento è un passo in avanti per la società italiana”. LA CHIESA. Anche la Chiesa, se farà tesoro della lezione della pandemia, ne uscirà migliore. “In questi mesi sono emersi segnali interessanti – sottolinea il direttore della Voce dei Berici – ma anche preoccupanti. La pandemia ha fatto emergere differenze molto forti. C’è uno scontro in atto. Nella Chiesa sta emergendo il pluralismo che questo papa ha fatto emergere ma anche le resistenze a questo cambiamento”. Una Chiesa nuova servirebbe molto a costruire una comunità laica nuova, secondo Paoletto. E ha ragione: “Stanno cambiando i parametri sociali, sta cambiando anche il modello di sviluppo, che prende a riferimento altri parametri. Anche l’Onu sta rivedendo i criteri del Pil”. Paoletto avverte che questo è stato (e lo sarà ancora, perché purtroppo non è esaurito) un tempo di cambiamento. L’autore offre lenti bifocali che mettono a fuoco l’oggi e il futuro. Applicando quanto scrisse proprio Rienzo Colla con poche parole a proposito di un libro di Luigi Accattoli di cui aveva letto le bozze, anche questo di Paoletto “è un libro fatto bene e che fa bene”. Antonio Di Lorenzo
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Cultura
Il personaggio. Padovana come tutta la famiglia, con la pandemia ha visto un risveglio dell’interesse dei vicentini per i libri
Traverso, la libraia è una biologa “Il libro di carta non morirà mai” “I
l libro di carta non morirà mai, ma evolverà insieme alle nuove tecnologie”. Ad esserne sicura è Valentina Traverso, 53 anni, padovana, città dove ha sempre abitato e vive tuttora. Gestisce insieme alla sua famiglia la storica libreria Traverso in corso a Palladio. Assieme a lei lavorano la mamma Francesca, i fratelli Sara e Giovanni e naturalmente il papà Giuseppe. Quella libreria vicino all’Odeon è un luogo che, nonostante i tempi difficili, ha saputo reinventarsi e rimanere, oggi come in passato, un punto di riferimento per scrittori e appassionati. Cresciuta fra gli scaffali del negozio avviato nel 1976 dai genitori, Valentina ha inseguito i suoi sogni, laureandosi in biologia marina prima di affiancare i genitori nell’attività di famiglia e cercando sempre nuove idee per diffondere l’amore per la lettura a Vicenza. Una scelta di vita e una missione quotidiana che persegue con grande entusiasmo, attenzione e cura nella scelta di titoli e edizioni da consigliare. Oggi più che mai. Cosa rappresenta per lei la libreria? “Non solo è la seconda casa della mia famiglia, ma un luogo per sognatori e creativi alla ricerca di nuove storie. Da quando ho iniziato a lavorarci, è diventata una proiezione di me, del mio carattere. A partire da piccole cose, come la vetrina o la disposizione dei libri sugli scaffali, ho cercato di dare alla tradizione di famiglia un mio tocco personale. Volevo rendere la libreria una cosa viva”. Come avete reinventato l’attività di famiglia in questo periodo? “Se i lettori non possono venire in libreria, vado io da loro portandogli i libri a casa. Ogni giorno faccio le consegne in auto: è un bel modo per scoprire i quartieri di Vicenza. Oltre a questo da fine marzo ho avviato la rassegna Guardare il mondo con nuovi occhi, incontri online per promuovere la lettura di libri di divulgazione scientifica con l’associazione Earth Gardeners, Messaggerie Sarde e il patrocinio di Ali, l’associazione dei librai. Si terranno fino a giugno”. Lei è padovana, come le sembra Vicenza rispetto a Padova? “Vicenza soffre di un terribile complesso di inferiorità con Padova, pur senza averne un reale motivo. La vivacità culturale, e non solo, di Padova, dipende anche dall’università da sempre inserita nel suo centro storico, mentre Vicenza l’ha emarginata. A Padova, di conseguenza, la lettura si apre maggiormente ai giovani”. I lettori vicentini come sono? Quali libri le richiedono? “Con la pandemia hanno riscoperto il piacere della lettura. In questo periodo mi chiedono soprattutto gialli, saghe famigliari, volumi di narrativa italiana e straniera, libri leggeri per distrarsi ma anche qualche curiosità: c’è stato chi mi ha domandato se vendevo gabbie per uccelli”. Cosa si augura per i prossimi mesi?
“S’è riscoperta la lettura in questi mesi di clausura forzata”. “La libreria è un luogo per sognatori”. “Vicenza sbaglia a sentirsi inferiore a Padova”
Da Marzo ogni mese nelle case di oltre 43.000 Famiglie di Vicenza “Vorrei vedere rinascere la cultura in città. Sin da piccola, grazie a mia madre, ho sempre respirato la vita culturale di Vicenza fatta di incontri con scrittori importanti: come Folco Quilici che per me, appassionata del mare, è stato una grande fonte di ispirazione insieme al nostro Virgilio Scapin. Erano eventi in cui ci si poteva confrontare a tu per tu con gli scrittori”. Cosa ricorda di quel periodo? Un incontro leggendario con Michele Prisco, autore de Il pellicano di pietra: mi avvicinai con il romanzo in mano e gli dissi “Ho letto il suo libro, ma non l’ho capito”, lui mi guardò prese la penna e me lo autografò così: “Non preoccuparti, quando lo capirai chiamami”. La libreria è tutt’oggi un luogo di riferimento per gli scrittori locali “La porta è sempre aperta: a volte ci vengono a trovare autori come Maria Pia Veladiano, altre volte persone con idee e suggerimenti che sono pronta a cogliere per creare nuove iniziative”. Le nuove tecnologie stanno aiutando la ripresa della cultura e della lettura? “Anche se le storie stanno trovando nuovi modi tecnologici per essere raccontate come e-book e audiolibri, il libro cartaceo è la prova tangibile del lavoro dello scrittore e un tesoro prezioso per gli appassionati. Per me la carta stampata non morirà mai”. Se dovesse consigliare un libro, il suo preferito, quale suggerirebbe? “Il mio libro preferito da alcuni anni è “Una vita come tante” di Hanya Yanagihara.” Le piacerebbe diventare scrittrice? “Mai dire mai”. Sara Panizzon
Valentina Traverso lavora nella libreria di famiglia in corso Palladio, vicino al cinema Odeon. E’ laureata in biologia marina. E’ convinta che il libro di carta non morirà, ma evolverà assieme alle nuove tecnologie
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Stili di vita
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La vita quotidiana presa con humor. Alberto Graziani spiega l’ultimo fenomeno che sta contagiando i vicentini durante la pandemia
Tutto andrà bene? Lo speriamo proprio Di sicuro adesso tutti vanno a piedi U
no dei segni più evidenti di quest’anno di pandemia, a parte l’aumento dell’aggressività sociale e del consumo di alcolici, è la gente che cammina per ogni dove e ogni quando. Che vi troviate un lunedì alle sette e trenta del mattino in via Cul de Ola o un giovedì alle sedici meno un quarto sul sentiero amazzonico che dalla Fontega di Torri di Arcugnano sale verso l’hotel Michelangelo, siate certi che non mancherete di incrociare o di accompagnarvi a qualcuno come voi, visibilmente non del posto e come voi visibilmente contrariato per dover coprirsi subito con il solito bavaglio. E così tra strade e stradine, piste ciclabili, parchi gioco, bretelle e tangenziali, argini e canali, la gente pullula. A questo popolo rimessosi in cammino verso la terra e il vaccino promessi, il camminatore di lungo corso non può che guardare con plauso e simpa-
Una volta sulla ciclabile dalle Scalette a Debba non si incontrava nessuno. Adesso il popolo sembra di nuovo in cammino verso la terra e il vaccino promessi tia, considerando gli ovvi benefici alla salute collettiva e la generale riscoperta del territorio, e quindi della necessità della sua tutela, quanto meno di quel che ne rimane dopo decenni di cemento e capannoni. Fino a qualche anno fa, a camminare in città e dintorni eravamo io, Vitaliano Trevisan, qualche extracomunitario (allora si chiamavano così e fa quasi tenerezza) e altri dromomaniaci più o meno spinti dal proprio demone personale. A parte quelli che facevano jogging, mai e poi mai annoverabili tra i camminatori, tutto il resto del mondo si muoveva in automobile e per sgranchirsi le gambe andava in palestra, a fare fitness, aerobica, macchine, pedane, bilancieri e quella roba lì.
Ricordo scarpinate chilometriche dall’arco delle Scalette a Debba per la pista ciclabile senza incrociare anima viva, salite a Monte Berico da Gogna per la jungla della colonia Bedin perfetta solo per Sandokan e Tremal-Naik o la discesa da Villa Guiccioli alla valletta del Silenzio, calcata solo dagli anfibi militari americani. Oggi si è ovunque in compagnia: la mattina i portici di
Monte Berico sono affollati come il Grande Raccordo Anulare, il pomeriggio la ciclabile da Laghetto a Polegge pare la maratona di Boston, a tutte le ore gli argini del parco fluviale ai Ferrovieri sono percorse da schiere di peripatetici cui perfino i timidi aironi e i timidissimi cormorani hanno fatto l’abitudine.
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Alberto Graziani
Occhio al “camminatore marsupiale”, è il peggio vestito Mette insieme il look di Michele Strogoff e dei Bee Gees
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Si fanno le vasche su e giù perfino lungo la Stradella del Diavolo, un tempo accesso Telepass a Monte Berico riservato ai soli mendicanti professionisti. In questa massa di neo-deambulanti dove i veri camminatori, come già detto, sono pochi e segnalati ai servizi sociali, spiccano invece nuove categorie come i Camminatori a Drappello che non concepiscono il camminare se non in vocianti gruppetti di cinque persone, di solito un vedovo, una vedova, una coppia rissosa e una capra; poi ci sono le Coppie Camminanti, coniugi che portano all’aperto il silenzio che regna dentro casa; il Camminatore Marsupiale, il peggio vestito tra tutti, un mix tra Michele Strogoff e uno dei Bee Gees, con calzamaglia e ampia felpa stretta alla vita da un marsupio con dentro chili di chiavi di casa, il cellulare, un arricciacapelli e un contatore geiger perché non si sa mai. E infine c’è la categoriaincubo del Camminatore NWTR, il Nord Walker Texas Ranger, il cui caratteristico picchiare metallico dei bastoncini sull’asfalto è causa di numerosi svenimenti e crisi nervose tra i normali camminatori NNWTR (No Nord Walking Texas Ranger). In breve siamo passati dai movimenti di massa alle masse in movimento: se tutto questo finirà al finire dell’emergenza sanitaria, non ci è dato di sapere, come altrettanto se andrà veramente tutto bene. Di sicuro sta andando e andrà tutto a piedi. (a.g.)
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Spettacoli
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Il film del regista Dennis Dellai. Una nuova affermazione a livello internazionale, questa volta alla rassegna di Boca Raton
Dopo Hollywood e Parigi, per “Oscar” l’invito al festival del cinema in Florida D
opo Los Angeles e Parigi, adesso la Florida. È la terza rassegna internazionale di cinema che invita Dennis Dellai, giornalista e regista di Thiene, e il suo film “Oscar” a partecipare. L’anno scorso fu il prestigioso Los Angeles Italia film festival, presieduto da Gabriele Salvatores, a chiamarlo: “Un’emozione impossibile da dimenticare – commenta oggi il regista – vedendo il nostro film proiettato al Chinese Theater sulla Walk of Fame la sera prima della consegna degli Oscar 2020”. In febbraio è stata la volta del Paris international film festival, che s’è svolto on-line a causa della pandemia. E adesso la nuova vita di “Oscar” l’ha portato in Florida, al Boca Raton Jewish film festival, uno dei più importanti festival cinematografici degli Stati Uniti. È un momento di soddisfazione per Dellai, che sta procendendo con il suo nuovo film, intitolato “800” e ispirato al rapimento di Carlo Celadon. Dellai ha sempre con eleganza ammesso che “Oscar” è stato realizzato “con una sbrancà de straccaganasse”. “Confesso – ha commentato – che ho avuto paura prima della proiezione a Los Angeles. Tanta. Ho fatto il mio discor-
so in inglese con il cuore in gola e una sicurezza imbarazzante (sulla grammatica sorvoliamo). Ma quello che è successo alla fine ci ha ripagati. Pubblico commosso e il due volte premio Oscar Nick Vallelonga (sceneggiatore di “Green book”) con gli occhi lucidi che viene a stringermi la mano dicendomi “Great film Dennis”. Ora posso condividere la gioia con tutti coloro che hanno permesso tutto questo”. Il film si ispira alla storia di Oscar Klein, giovane ebreo austriaco che vive al confino nell’Alto Vicentino assieme ai suoi familiari. Si conquista la simpatia della piccola comunità in cui è costretto a vivere, contagiando tutti con la passione del jazz, musica proibita dal regime fascista. Il suo talento abbatte ogni steccato e gli consente di stringere una grande amicizia con i due figli del podestà e di entrare a far parte con successo della banda del paese. Dopo l’8 settembre 1943 e la conseguente occupazione tedesca, Oscar e i suoi sono costretti a fuggire in Svizzera. Il vero Oscar Klein (1930-2006) fu principalmente un trombettista jazz che sapeva suonare anche il clarinetto, l’armonica e la
Il regista spiega scherzando che il film è stato realizzato “con una sbrancà de straganasse”. In realtà è frutto di un lavoro collettivo di alto livello chitarra swing. Suonò, dopo la guerra, con Lionel Hampton, Joe Zawinul dei Weather Report e Romano Mussolini. Nel 1996 fu premiato dal presidente della Repubblica austriaca. Il film “Oscar”, realizzato da “Progetto Cinema” con il sostegno della “Vicenza film commission” è disponibile anche su Prime Amazon.
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Un’immagine del regista Dennis Dellai a Los Angeles e sopra la locandina del film “Oscar”
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Mondo
Il personaggio. Già primario del Pronto soccorso a Vicenza, Vincenzo Riboni da oltre 40 anni gira l’Africa a nome dei medici Cuamm
“La mia vita da medico nel Sud Sudan il Paese del nuovo vescovo vicentino” “Da parte delle istituzioni s’è affievolita la sensibilità di contribuire alla crescita di questi Stati poverissimi. Ma è incoraggiante vedere molti giovani mossi da ideali di giustizia e cooperazione”
V
incenzo Riboni non fa caso alle sue 70 primavere, trenta delle quali vissute come primario del pronto soccorso di Vicenza. L’Africa la gira dal ’77: fresco di laurea in medicina, trascorre i due anni di servizio civile come obiettore di coscienza in Kenya con i Medici con l’Africa Cuamm. Dopo il Kenya, una cascata di altre mete ed esperienze: le principali? “Nel 1999 sono stato inviato in Albania dall’allora ministro Rosy Bindi per rimettere in piedi la sanità di alcune aree del Paese. Poi c’è stata la ricostruzione, nel 2001, dell’ospedale di zona nel nordovest del Kossovo, con un progetto affidato dal ministero degli esteri alla Regione Veneto, che ho seguito da gennaio a maggio in un territorio di guerra. Mi piace ricordare anche una bella parentesi in quegli anni in Guatemala, con i preti di san Gaetano”. E l’Africa? “Dopo il servizio civile sono ritornato ogni anno in Kenya per poi passare al Ciad dall’86 al ’90, e negli anni successivi in Angola e in Sierra Leone, al tempo in cui l’ebola ha mietuto oltre 5 mila morti, per riaprire un ospedale. Si trattava di permanenze fisicamente sempre molto impegnative, della durata di 2-3 mesi, che mettevo insieme sfruttando ferie, permessi e recupero straordinari”. Poi arriva il Sud Sudan: paese poverissimo e fragile. “È un paese allo stremo, politicamente indipendente da appena 10 anni, dove è tutto da costruire, dalle infrastrutture al senso di appartenenza di popolo attraverso una cultura, un sistema giudiziario, scolastico e sanitario. In vent’anni ha raddoppiato la popolazione, oggi di oltre 12 milioni. Ci sono arrivato ancora nel 2008, con un viaggio rocambolesco, e in questi anni (l’ultima permanenza l’ho conclusa appena tre mesi fa) mi sono occupato della ricostruzione di ospedali e di centri sanitari nelle zone dello Stato dei Laghi, in località come Yirol, Cueibet, Rumbeck e Lui. Situazioni estreme e delicate”. E proprio a Rumbek c’è un altro vicentino, ora celebre: il neo vescovo padre Christian Carlassare, 43 anni da Piovene. Il più giovane vescovo della Chiesa nel mondo. “Gli ho scritto e mi ha risposto che appena possibile ci incontreremo. Ho avuto modo di frequentare il suo predecessore, altro comboniano, il vescovo mons. Cesare Mazzolari, generoso e instancabile, morto 10 anni fa. Da allora non si era riusciti ad individuare un suo successore all’altezza della situazione così aggrovigliata, come molte a quella latitudine. Padre Carlassare rappresenta il volto di una Chiesa che sa dialogare e rispettare il mondo africano, che combatte l’approccio di conquista che hanno molti Stati industrializzati e molte sette che, attraverso la religione, puntano a manovrare le incerte strutture statali piegandole ai propri spregiudicati interessi. La testimonianza di molti laici, cattolici e anche protestanti in Sud Sudan sarà determinante per far crescere un popolo nuovo, libero da rancori e vendette tribali, ma soprattutto responsabilizzato verso la propria gente e il proprio futuro. In questo senso sono testimone di molti splendidi ambasciatori, in particolare di quelli più giovani come Attanasio, che hanno un atteggiamento di grande rispetto e di generosa attenzione per queste popolazioni”.
Sopra il dottor Vincenzo Riboni in un ospedale del Sud Sudan dove opera da anni. A fianco Padre Christian Carlassare nuovo vescovo nel Sud Sudan. Ha 43 anni, è di Piovene, ed è il più giovane vescovo della Chiesa nel mondo
È cambiata dalle nostre parti, e come, la sensibilità verso questi temi da quando lei era neo laureato? “Sì e no. Si è affievolita nelle istituzioni e nel mondo economico e politico, la percezione della necessità di contribuire all’emancipazione di queste aree del continente africano. Non avverto più la consapevolezza che, come dice papa Francesco, non ci salviamo da soli dalla fame e dalle malattie. Trovo invece incoraggiante vedere e incontrare molti giovani sinceramente mossi da ideali di giustizia e di voglia di cooperare, attraverso progetti di formazione in Italia e all’estero”. Cosa prova quando vede tanti africani disperati girare per Vicenza? “Pietà. Mi verrebbe da consigliar loro di ritornare nei loro Paesi e di trovare là il loro posto, di prendere in mano la loro vita e il loro futuro nel loro paese. Le migrazioni ci saranno sempre, ma l’Africa deve mettere ordine da sola alle proprie contraddizioni. E l’Europa deve seriamente e finalmente smetterla di guardare all’Africa con intenti di rapina, rispettandone tempi e libertà”. Dottore, lei ha il mal d’Africa? “Se per mal d’Africa si intende un amore viscerale, inspiegabile, incalzante per questo meraviglioso continente, sì, sono malato d’Africa!” Silvio Scacco
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Sport
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La scelta di vita. Giocatrice di calcio, Annika Fabbian è diventata dorotea senza perdere la passione sportiva: è assistente del Csi
Suor Annika, dal calcio al convento “Testimonio il vangelo con il pallone” S
i chiama come l’amica di Pippi Calzelunghe, perché alla mamma piacevano tanto le avventure della celebre eronina creata dalla scrittrice svedese Astrid Lindgren. Ha una laurea in storia delle arti e conservazione dei beni artistici, con curriculum medievale e bizantino, e a 24 anni, dal 2013, ha deciso di entrare nell’Ordine delle Suore Maestre di Santa Dorotea figlie dei Sacri Cuore. La sintesi del curriculum di suor Annika (pensavate stessimo scherzando sul nome?) Fabbian è degna di un romanzo, in cui c’è spazio anche per capitoli che non ti aspetteresti. “A 4 anni durante un Grest delle scuole a San Lazzaro, Tv A mi ha intervistato e mi ha chiesto cosa avrei voluto fare da grande. La mia risposta è stata secca e precisa: “Disegno e gioco a pallone!”. E, così, dopo 13 anni di danza classica, Annika, che trascorre tutti i weekend sui campetti del quartiere e della parrocchia (prima san Lazzaro, poi S.Agostino) molla tutù e scarpette a punta per la divisa del Vicenza Calcio femminile, per poi passare al calcio a 5, sempre nel Vicenza, poi a Marano e, infine, a Thiene. Si può testimoniare il vangelo anche attraverso il calcio? “Certamente! Un po’ perché nel mio piccolo lo facevo anche al campetto della mia parrocchia a Sant’Agostino e oggi perché vedo che, senza valori forti, i giovani si perdono, ingoiati dalla realtà virtuale. Ringrazio il vescovo Pizziol e la mia congregazione per avermi dato la possibilità di entrare a far parte del Csi di Vicenza come consulente ecclesiastico assieme a don Davide Gasparotto. Vangelo e Sport possono dialogare ed educare alla buona vita, alla conoscenza di sé e di chi ci sta accanto, nel rispetto delle unicità di ciascuno”. La decisione di entrare nelle suore dorotee, invece, quando è arrivata? “È stato un discernimento di alcuni anni. Quando ho capito che la mia strada poteva essere quella di consacrarmi al Signore sono “scappata”, avevo altri progetti! Durante questa “bufera interiore” ho conosciuto le suore maestre di S. Dorotea figlie dei Sacri Cuori. Mi sono chiesta che senso avesse sfuggire al Signore, mi sono seriamente messa in ascolto e ho iniziato un’esperienza di vita religiosa, allo stesso tem-
“Vangelo e sport possono dialogare ed educare alla vita e ai valori”. Ha una laurea in conservazione dei beni artistici e si occupa di restauro. È molto attiva sui social
Annika Fabbian ai tempi in cui giocava a calcio e oggi, impegnata anche nel restauro della statua del fondatore delle dorotee, san Giovanni Farina. Nella foto sopra, suor Annika assieme a don Davide Gasparotto: sono entrambi assistenti diocesani del Csi. Annika è tifosa dell’Inter in una famiglia di milanisti
po ho continuato a lavorare come collaboratore restauratore a Verona. Poi, nel 2013, ho deciso di lasciare tutto e mettermi alla sequela di Gesù. L’11 febbraio 2017 ho fatto la prima professione e ora gioco nella sua squadra”. A proposito di squadre, si dice che, in una famiglia di milanisti, lei tifi Inter… “E che ci posso fare! Ho sempre tifato Inter anche se mio papà ogni tanto cercava di farmi cambiare idea. Sono rimasta sempre fedele all’Inter nelle gioie e nelle difficoltà. Pazza Inter, amala!”. E’ vero che l’hanno convocata a far parte della Seleçao Sisters Calcio?
“Sì, il progetto della Seleçao Sister Calcio nasce per la riqualificazione degli oratori ed è in divenire. Siamo già una decina da tutta Italia, ma puntiamo a coinvolgere altre religiose. Il progetto pilota è capitanato da Moreno Buccianti, già mister e presidente della Seleçao Sacerdoti Calcio”. Suora, calciatrice, docente e pure artista - ha realizzato, insieme a suor Ludovica Lantieri le icone che correderanno le 12 teche, che saranno allestite lungo la Via dei Carri iniziativa promossa in occasione del centenario della morte di Santa Bertilla Boscardin -, suor Annika è personaggio noto e molto attivo sui social.
Cos’è il progetto ‘Anche i religiosi ridono’? “Si tratta di un’iniziativa nata un anno fa, a pochi giorni dall’inizio del lockdown, e che ha portato alla realizzazione di un convegno sul tema della vita consacrata, con il coinvolgimento di molte comunità religiose maschili e femminili della diocesi di Vicenza. L’équipe, che ha portato avanti il progetto e di cui faccio parte, è formata da sei giovani religiosi di differenti congregazioni e ordini della diocesi di Vicenza. A settembre, abbiamo iniziato anche un percorso social: l’idea è di testimoniare che la nostra gioia viene da un incontro particolare con Gesù”. Elisa Santucci
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L’anniversario. Nasceva nell’aprile di 125 anni fa il grande quotidiano sportivo. Ecco chi sono i giornalisti vicentini che vi hanno scritto
Le penne vicentine della “Gazzetta” Nelle foto, in alto da sinistra: Alberta Mantovani con Paolo Rossi, sotto da sinistra Primo Piovesan, Nevio Furegon Gianmauro Anni e Andrea Ceroni. Accanto, la prima pagina della Gazzetta dello Sport del 3 aprile 1896: non era rosa, ma verde
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a 125 anni la Gazzetta dello Sport è il vangelo degli sportivi italiani. Giusto nell’aprile del 1896, appunto 125 anni fa, usciva con il primo numero, che non era rosa ma verde. Anche autorevoli giornalisti vicentini hanno contribuito al suo successo. La lista inizia con Primo Piovesan, che a Vicenza è più noto per essere un grande autore di teatro (sua è la celebre commedia Vicentini magnagati) ma già prima della Grande Guerra era un giornalista sportivo della Provincia di Vicenza, testata madre dell’attuale Giornale di Vicenza. Nicola Piovesan, nipote di Primo, farmacista a San Felice e scrittore, racconta che il padre Luciano ha ancora preciso il ricordo delle telefonate di Primo alla Gazzetta, quando nei primi anni Quaranta dettava gli articoli sul Vicenza calcio ai colleghi milanesi. Negli anni Cinquanta e Sessanta fu Nevio Furegon, indimenticato giornalista del Gazzettino e scrittore di vari libri sulla storia vicentina, il corrispondente da Vicenza. “Scrivi, Gazzetta, scrivi!” così si rivolgevano a lui i vicini in tribuna quando c’era da protestare sulle decisioni
dell’arbitro o arrivava la gioia del gol liberatorio. Furegon fu anche l’inventore del soprannome di “filosofo” per il quale Manlio Scopigno diventò noto in tutta Italia. Accadde che durante un’intervista, Scopigno, che allenò il Vicenza prima della stagione dello scudetto a Cagliari, gli confessò la sua passione per gli studi filosofici abbandonati. Nevio colse subito la notizia e coniò il soprannome che calzava a pennello al flemmatico allenatore. Gli anni Settanta videro Gianmauro Anni scrivere da Vicenza per la Gazzetta. Al tempo era caporedattore de Il Giornale di Vicenza, sotto la direzione prima di Jacopo Appiani e quindi di Giuseppe Brugnoli. Al tempo a curare le pagine della Gazzetta per il Nordest era Mino Allione, che diventerà celebre a Vicenza come direttore dal 1984. Erano gli anni del Real Vicenza, di Paolo Rossi che nel 1978 dopo il mondiale in Argentina diventò Pablito per tutto il mondo: il soprannome lo inventò Giorgio Lago, capo dello Sport al Gazzettino a Venezia. Come secondo che lo sostituiva, Anni faceva affidamento sul giovane Andrea Libondi, desti-
nato a diventare anche lui una penna sapiente dello sport vicentino al Gdv. Gli anni Ottanta hanno visto sorgere la stella di Alberta Mantovani, cronista di sport al GdV, che è rimasta corrispondente della Gazzetta per 35 anni. Il suo primo pezzo lo scrisse per celebrare la vittoria di Giovanni Battaglin al Giro d’Italia del 1981. Ricorda bene i difficili esordi: una donna che scrivesse di calcio era quasi inammissibile al tempo, tant’è che David Messina e Franco Mentana (papà di Enrico) ossia le firme più prestigiose della Gazzetta le consigliarono di nascondersi dietro la sigla “a.m.” per far credere che a scrivere fosse un uomo. L’escamotage funzionò, ma quando si presentò davanti al direttore Candido Cannavò non fu possibile fingere: “Cannavò, grande uomo e grande direttore, pure sorpreso, ruppe l’ipocrisia e mi accolse ufficialmente nel giornale”. Ad Alberta non riuscì un’altra rivoluzione: entrare negli spogliatoi nel dopo-partita, cosa che era invece consentita ai colleghi maschi. Il motivo? I giocatori giravano nudi. Neanche il fatto che fosse figlia del vicepresidente del Lanerossi, Marcello, le servì per rompere il muro di perbenismo. A sostituire Alberta quando era impossibilitata era Massimo Manduzio, altra penna raffinata, per 25 anni nello sport del Gdv, di cui è stato anche a lungo responsabile. Da un anno e mezzo è corrispondente della Gazzetta Andrea Ceroni, giornalista di Tv A Vicenza. Confessa che per lui s’è avverato un sogno: “Ancora oggi quando vedo la firma sul giornale mi emoziono. È un po’ come l’università più prestigiosa. Il fascino di questo giornale rosa mi colpiva anche da piccolo. La soddisfazione più grande è che abbino l’esercizio della professione al massimo livello con la passione più grande, il Vicenza”. Antonio Di Lorenzo
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Le prospettive. Il Consiglio Regionale ha votato anche due risoluzioni sul tema
Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza “Ora il Veneto vuole poter dire la sua” “V
ogliamo dire la nostra sul Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, porteremo a Roma le proposte del Veneto e le necessità del nostro territorio”: Francesco Calzavara, assessore regionale al bilancio, rivendica il ruolo delle regioni nei giorni in cui il confronto si fa più intenso in vista del 30 aprile, data entro la quale il Piano dovrà essere presentato alla Commissione Europea. Il Consiglio Regionale del Veneto ha dibattuto a lungo e votato due risoluzioni. “In questo piano, - osserva Calzavara - le Regioni non sono state coinvolte. Nell’ambito della leale collaborazione istituzionale è stata completamente dimenticata la fase ascendente; l’impostazione centralistica finora seguita è destinata a portare pochi frutti e non tiene conto dei reali bisogni espressi dai territori. Le Regioni, invece, devono essere parte attiva nell’utilizzo delle risorse europee, che vedono quali priorità la digitalizzazione, l’innovazione, la transizione verde ed ecologica, l’inclusione sociale e la salute”. L’assessore aggiunge che il Veneto ha comunque cercato di raccogliere le principali priorità facendo sintesi di una serie di progetti necessari per la crescita del nostro territorio, confezionando un Piano regionale per la ripresa e la resilienza che si articola in 13 macro- progetti (crescita e valorizzazione del capitale umano; energia sostenibile; inclusione sociale; infrastrutture per la competitività e per l’attrattività turistica e culturale; innovazione; mitigazione del rischio idrogeologico; olimpiadi invernali Milano Cortina 2026; rafforzamento, innovazione e digitalizzazione delle istituzioni pubbliche; recupero e risanamento ambientale; resilienza sanitaria; gestione delle risorse
idriche; conversione eco-sostenibile del sistema della mobilità), in 155 schedeprogetto, per un valore complessivo di 25 miliardi. “Un piano, peraltro, coerente con il programma di governo illustrato dal Presidente della Regione Luca Zaia, per un Veneto più sicuro, più equo, che cresce sotto l’aspetto della digitalizzazione, creando vere e proprie autostrade digitali per le nostre imprese e famiglie. Investiremo molto anche sulle infrastrutture viarie. Auspico quindi una nuova stesura del Piano – conclude Francesco Calzavara - che dovrà per forza essere arricchito dai contributi che provengono dalle Regioni. E desidero ricordare il grande lavoro svolto nelle ultime settimane dalle diverse commissioni consiliari, nelle materie di rispettiva competenza, e il numero dei soggetti portatori di interesse ascoltati e coinvolti”. Due le risoluzioni approvate dal Consiglio su questo tema. La prima, proposta da Alberto Villanova e Giuseppe Pan chiede di coinvolgere maggiormente le Regioni e le Autonomie Locali per consentire una governance efficace dei processi decisionali, una maggiore attenzione e un puntuale monitoraggio di tutte le azioni a sostegno della ripresa e della lotta alla pandemia. “Dobbiamo utilizzare la transizione ecologica per far ripartire la nostra economia- spiega Alberto Villanova – Le Regioni devono contare di più ed essere pienamente coinvolte nell’utilizzo dei più importanti Fondi europei. dare una mano alle nostre aziende in difficoltà, ai nostri artigiani e liberi professionisti, in modo da distribuire la ricchezza sul territorio. La transizione ecologica rappresenta infatti un fondamentale pilastro, ma non va ridotta a una
Francesco Calzavara
plastic tax, ovvero non deve bloccare la crescita, bensì rappresentare una concreta possibilità di sviluppo per i nostri territori”. Elisa Venturini (Forza Italia) sottolinea che ora il vero problema è il coordinamento delle diverse azioni e il rispetto delle tempistiche indicate per l’impiego delle risorse”. Approvata anche la risoluzione sottoscritta dal Capogruppo Dem Giacomo Possamai, e da Vanessa Camani, Anna Maria Bigon, Andrea Zanoni e Francesca Zottis. “Il Veneto del futuro dovrà essere più digitale, più green, più inclusivo. Siamo di fronte a una straordinaria opportunità per progettare un futuro diverso per la nostra regione, in linea con quanto prevede il Recovery Fund e nel rispetto
L’assessore Calzavara: “Facciamo sentire la nostra voce a Roma, presentando i nostri progetti, le Regioni non sono state coinvolte eppure esprimono i reali bisogni dei nostri territori” delle sue linee portanti: transizione ambientale, digitalizzazione, innovazione e inclusione sociale. Va sfruttata la filiera dell’idrogeno”. La Risoluzione “impegna il Presidente e la Giunta regionale, in particolare, a promuovere e sottoscrivere un “Patto per il Veneto del 2030”.
Venturini e Bozza: “Bene i vaccini nelle farmacie, ora diventino centri di stoccaggio per i medici di base” “Raggiunta l’intesa con le farmacie come Hub vaccinali, occorre organizzarsi e farsi trovare pronti sul piano operativo a livello regionale e territoriale. Auspichiamo si possa procedere in maniera univoca nei Distretti sanitari provinciali, perché più si agirà uniti in tutta la Regione, prima si riuscirà a debellare questo virus”. Lo affermano i consiglieri regionali di Forza Italia, Elisa Venturi-
ni e Alberto Bozza, i quali ricordano di aver posto il problema come gruppo consiliare di Forza Italia: “fin dall’inizio del nostro mandato ci siamo spesi per il coinvolgimento anche delle Strutture private e delle farmacie per sostenere e integrare il Sistema Sanitario pubblico, dapprima nei tamponi e poi nella campagna vaccinale”. Ora, aggiungono, le farmacie possono diventare anche cen-
tri di stoccaggio e fornitura dei vaccini per i Medici di base, compatibilmente con le modalità di somministrazione e le caratteristiche del vaccino medici di base e farmacie, infatti, possono collaborare nella gestione degli aspetti logicisti e pratici della campagna vaccinale. “Ribadiamo come sia prioritario, - continuano Venturini e Bozza - che gli stessi farmacisti vengano inseriti tra
le categorie prioritarie per ricevere la profilassi, al pari di quanto è stato giustamente fatto per medici e operatori sanitari. Ma ciò che più conta è che sul piano politico finalmente si sia riuscito a raggiungere un’intesa tra Governo e farmacie, che possono fungere anche da presidio territoriale dove prenotare le vaccinazioni attraverso il portale di Azienda Zero”.
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L’intervista. L’analisi di Giacomo Possamai, capogruppo PD in Consiglio Regionale
Recovery Fund, occasione da non perdere: investire per un Veneto digitale, green e inclusivo “L
e risorse del Recovery Fund sono un’occasione straordinaria da mettere al servizio di un progetto di rilancio e sviluppo del Veneto, per una Regione digitale, green e inclusiva, i tre indirizzi dati dalla Commissione Europea per il Piano nazionale per la ripresa e la resilienza”. Così Giacomo Possamai, Capogruppo per il PD in Consiglio regionale, evidenzia il contenuto della proposta presentata al Consiglio, il ‘Patto per il Veneto 2030’. “Chiediamo alla Giunta di promuovere fin da adesso questo patto, coinvolgendo tutti i soggetti protagonisti di questa partita: enti locali, associazioni di categoria, e ambientaliste, sindacati, Camere di commercio, Università, Ufficio scolastico regionale, realtà del Terzo settore e del volontariato e banche. Il Patto deve contenere obiettivi chiari, come la neutralità carbonica entro il 2050, e l’uso esclusivo di rinnovabili entro il 2035, come ha messo nero su bianco già l’Emilia Romagna”. Ad esempio, secondo Possamai è importante puntare sulla filiera dell’idrogeno: “Gli ultimi due Governi vogliono investire fortemente su questa fonte rinnovabile per eccellenza. Il Veneto ha tutto per ospitare hub per ricerca e produzione, mettendo in rete atenei, categorie economiche e mondo dell’impresa. Ma finora dalla Regione nessuno detto niente. Sulla digitalizzazione le direttrici sono soprattutto due, pubblica amministrazione e scuola. Per quanto riguarda la prima, servono investimenti finalizzati a semplificare i rapporti con le imprese,
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A fianco Giacomo Possamai, capogruppo Pd in Consiglio Regionale
“Chiediamo alla Giunta di promuovere fin da adesso il Patto per il Veneto 2030, coinvolgendo tutti i soggetti protagonisti di questa partita, fissando obiettivi chiari, come la neutralità carbonica entro il 2050, l’uso esclusivo di rinnovabili entro il 2035, le infrastrutture digitali, la sanità, la sicurezza del territorio”
aiutandole ad essere competitive. Se per sbrigare una pratica impiego lo stesso tempo online o recandomi di persona in ufficio non serve a niente. Per la scuola, invece, siamo di fronte ad una grande sfida: le chiusure rigettano nell’angoscia le famiglie venete. Con la didattica a distanza abbiamo sperimentato come la scuola non in presenza acuisca le diseguaglianze. Ciò che serve, al contrario, è un grande progetto di innovazione digitale in cui le famiglie costrette alla Dad abbiano una possibilità in più, e non una penalizzazione”. In questo contesto rientra anche la necessità di potenziare la banda larga e le infrastrutture digitali anche
nelle zone periferiche della regione, come quelle montane, che vanno preservate da un possibile spopolamento derivante proprio dalla difficoltà ad accedere ai servizi essenziali, come il medico di base o l’ufficio postale. “Sul fronte della sanità pubblica dobbiamo avere degli obiettivi per il futuro – prosegue Possamai -. Bisogna investire non solo per ristrutturare gli ospedali, ma anche per ammodernarli, realizzando camere singole che permettano l’isolamento per la riduzione dei rischi da infezione. E potenziare in tutta la regione la medicina di territorio e la strumentazione tecnologica per i distretti, in modo che la sani-
tà pubblica faccia ciò che deve fare: diagnosi precoce, screening gratuiti e vaccinazioni. Anche in questo campo va rafforzata la digitalizzazione, così da assicurare la connessione con i sistemi di assistenza medica, infermieristica e terapeutica ambulatoriale per garantire ai pazienti un’assistenza coordinata e continuativa”. Da associazioni di categoria, consorzi e non solo, emerge forte la necessità di mettere in sicurezza il territorio e di avviare con urgenza il Piano invasi con opere che, finalmente, dopo anni di progettazione, vengano realizzate. “Sono interventi strategici che permettono, da un lato, un risparmio della risorsa idrica favorendo la competitività delle imprese agricole e, dall’altro, di ridurre il rischio di alluvioni e frane: abbiamo visto negli ultimi anni le conseguenze dei cambiamenti climatici, con eventi non più sporadici – conclude Giacomo Possamai -. Crediamo, inoltre, che il sistema agricolo dovrebbe essere maggiormente valorizzato, specialmente per quanto riguarda ricerca e sviluppo, e le numerose aziende giovani che non riescono a trovare dalla Regione sufficiente supporto alle loro progettualità. Si tratta di sostenere le piccole realtà con produzioni locali, che hanno bisogno di essere messe in rete per riuscire a competere con il sistema della grande distribuzione”. Eva Franceschini
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Regione
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L’intervista. Michele Ghezzo, presidente del Consorzio Promozione Sviluppo Delta del Po
“Al lavoro per un’estate sicura” M
ichele Ghezzo, presidente del Consorzio Promozione Sviluppo Delta del Po, racconta quelle che sono le speranze, in ottica estiva, quando ancora tutta l’Italia si trova a dover fare i conti con numerose ristrettezze dovute alla pandemia in atto. Presidente, quali sono le prospettive per l’imminente stagione estiva? “In un periodo così particolare è difficile fare previsioni. Gli ospiti veneti stanno apprezzando ogni anno di più la nostra località, e anche per questa estate le prenotazioni continuano ad arrivare, soprattutto per i mesi di luglio e agosto. Per quello che riguarda giugno molto dipenderà dalle limitazioni e restrizioni. Una vera e grande sorpresa è rappresentata dal mese di settembre, che è sempre stata appannaggio del mercato tedesco, ma che negli ultimi anni ha avuto un maggiore apprezzamento anche per il mercato italiano”. Come stanno preparando-
si gli operatori balneari delle spiagge del Delta del Po? “Tutte le attività stanno facendo del loro meglio per poter accogliere gli ospiti nel modo migliore per la prossima estate, forti degli insegnamenti avuti l’estate scorsa. Posso dire con certezza che saremo in grado di garantire misure e condizioni adeguate alle necessità di tutti i turisti”.
“Anche per questa estate le prenotazioni continuano ad arrivare, soprattutto per i mesi di luglio e agosto” Al riguardo, come vi state attrezzando? “Siamo impegnati in percorsi di formazione e abbiamo attivato una rete di collaborazione tra gli operatori, per poter creare una filiera che possa garantire un servizio migliore, con standard condivisi in tutte le località marittime deltizie. Inoltre, stia-
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Nell’immagine Michele Ghezzo (foto di repertorio pre emergenza Covid)
mo facendo un percorso con i portatori di interesse e le amministrazioni comunali, che ci porterà ad avere una reale percezione di un’unica destinazione, da poter fare su tutto il vasto territorio del Delta del Po”. Che cosa vi aspettate di diverso, rispetto all’anno scorso? “Ci aspettiamo più consapevolezza, da parte degli operatori e degli ospiti, circa il difficile momento che stiamo vivendo. Siamo consapevoli di svolgere il lavoro più bello del mondo, ossia l’accoglienza, che sia sotto l’ombrellone, o nel servire un piatto al ristorante oppure nell’ospitare un cliente in hotel. Per questo, tutti quanti, ci stiamo impegnando per offrire una vacanza serena e in totale sicurezza”. Marco Scarazzatti
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on-line:
APRILE 2021
Salute Salute Vaccinarsi in gravidanza
Il messaggio di speranza di due mamme
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Anna e Valentina, le bambine nate già con gli anticorpi contro il Covid Io mi vaccino, la campagna di informazione della Regione Veneto a pag 38
Lo studio che “scagiona” la scuola in presenza a pag 39
osso fare il vaccino contro il Covid 19 in gravidanza? E’ una delle domande che in modo ricorrente si sono poste molte donne in attesa. E fra queste anche Anna Parolo, 36 anni, e Valeria Bernardi, 37 anni, due professioniste sanitarie, la prima immunologa dell’Ulss 6 Euganea, la seconda ginecologa, che lo scorso dicembre, quando è partita la campagna vaccinale, si sono trovate di fronte a questa scelta, anche perché rientravano fra le categorie a rischio, essendo entrambe professioniste sanitarie. E loro hanno deciso, fra le prime donne in gravidanza, di sottoporsi alla vaccinazione. Anna e Valeria hanno discusso con gli esperti dell’équipe del servizio di Medicina Prenatale dell’Ulss 6, fra cui il dottor Gianfranco Juric Jorizzo, responsabile dell’équipe e la dottoressa Kimta Ngaradoumbe Nanhornguè, sull’opportunità della vaccinazione in relazione al loro rischio lavorativo, personale e della salute fetale. Prosegue alla pag. seguente
Ginocchio: Malattia genetica Lesione neurologica. A Padova del legamento il primo screeninganteriore crociato neonatale a pag 40
IL GINOCCHIO
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VICENZA Str.lla Cappuccini, 49 - Tel. 0444 320333
CALDOGNO (VI) Via Sette, 56 angolo Via Leopardi - Tel. 0444 585577-585574
CREAZZO (VI) L.go Tiepolo, 31/33 - Tel. 0444 522748
Direttore Sanitario: Dr.ssa Chiara Ganzaroli, spec. in Medicina Interna
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CAVAZZALE (VI) Via Europa, 12 - Tel. 0444 597889 MAROSTICA (VI) Via Fermi, 1 - Tel. 0424 480077 Direttori Sanitari: Dr.ssa Francesca Zanetti, spec. in Biochimica Clinica - Dr. Antonio Rebecchi, spec. in Medicina dello Sport Dr. Andrea Marangon, spec. in Radiologia - Dr. Umberto Scalabrin, spec. in Radiologia
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VICENZA C.trà P.ta Santa Croce, 45/49 - Tel. 0444 324967 THIENE (VI) Via Primo Maggio, 3 - Tel. 0445 372514 CAMISANO VICENTINO (VI) Via A. Fogazzaro, 44 - Tel. 0444 411232
CAMISANO VICENTINO (VI) Via A. Fogazzaro, 44 - Tel. 0444 611606 Direttore Sanitario: Dr. Giuseppe Trevisan spec. in Malattie Cardiovascolari e Medicina dello Sport
Direttori Sanitari: Dr. Giorgio Bruni, spec. in Medicina Fisica e Riabilitazione Dr.ssa Elena Chemello, spec. in Medicina Fisica e Riabilitazione Dr.ssa Grazia Massa, spec. in Medicina Fisica e Riabilitazione
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Salute
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Io mi vaccino, la campagna di informazione della Regione Veneto
L
e domande sui vaccini sono molte e non sempre le risposte sono chiare o attendibili. Per andare incontro all’esigenza di informazioni autorevoli e chiarificatrici la Regione Veneto ha dato il via lo scorso 26 marzo alla campagna informativa “Io mi vaccino”. Una campagna a sostegno della lotta al Covid 19 tramite il vaccino, con l’obiettivo di supportare il cittadino nella scelta, con informazioni che provengono da fonti sicure e persone autorevoli, cercando di chiarire dubbi e perplessità. Un Supereroe, un gigante buono è il “testimonial” della campagna di vaccinazione contro il Covid19. Raffigura il vaccino, dall’aspetto benevolo e protettivo che spiega e protegge, che si destreggia attraverso le tante e spesso confuse informazioni, mettendo in risalto quelle corrette per allontanare dubbi e comunicare in modo semplice, lineare e sintetico l’importanza di un atto così semplice e protettivo. E’ nato dalla matita di Maria Gianola, disegnatrice veneziana che ha messo a disposizione la sua creatività per supportare l’iniziativa. Il primo protagonista, interpellato per fare luce su dubbi e timori, è il professor Palù, presidente Aifa, Agenzia Italiana del farmaco, che risponde a delle semplici domande. Di seguito le più frequenti. Che garanzia di efficacia offrono i vaccini? “I vaccini – è la risposta del professor Palù - sono molto efficaci, fino al 95 per cento, quindi non abbiamo mai avuto vaccini così efficaci. L’efficacia si misura sulla prevenzione della malattia, sappiamo che vaccini così efficaci possono prevenire anche l’infezione”. Dopo quanto tempo il vaccino ha effetto? “Solitamente per indurre un’immunità protettiva in grado di neutralizzare il virus devono passare almeno 21 giorni. C’è, per quasi tutti i vaccini, bisogno di una seconda dose che si fa a distanza, di solito, di tre o quattro settimane e, quindi, bisogna mettere in contro altri dieci giorni per avere un’immunità completa, protettiva e neutralizzante”. Se ho avuto il Covid devo comunque fare il vaccino?
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“Sì, basta una sola dose come dimostrano studi molto recenti”. Si può contrarre il virus tra prima e seconda dose? “E’ possibile perché la copertura immunitaria, cioè gli anticorpi neutralizzanti, si forma nel tempo, quindi c’è una finestra in cui siamo ancora infettabili”. Quando comunicare malattie o allergie? “Nel momento in cui ci si vaccina c’è un medico che fa un’anamnesi. Quello è il momento in cui si indicano tutte le condizioni patologiche pregresse, le allergie e altro” Quali sono gli effetti collaterali dei vaccini? “Gli effetti collaterali sono quelli di tutti i vaccini. I primi nella sede locale: dolore, rigonfiamento, arrossamento, nel giro di poche ore o al massimo nell’arco di una giornata. Ci possono essere nel 30, 40 forse anche 50 per cento dei casi sistemici molto banali, come astenia, dolorabilità muscolare, dolore articolare e febbre che si risolvono di solito molto precocemente”.
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Vaccinarsi in gravidanza
Il messaggio di speranza di due mamme
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sostenerle in questa scelta anche i loro compagni, entrambi professionisti sanitari. Preziosa anche la collaborazione con il dottor Roberto Rigoli, direttore della Microbiologia dell’Ospedale Ca’ Foncello di Treviso, e del professor Fausto Baldanti, direttore della Virologia molecolare del Policlinico San Matteo di Pavia. E quindi entrambe le professioniste sanitarie, che non erano mai state contagiate dal virus, si sono sottoposte, nel corso del terzo trimestre di gravidanza, volontariamente a inizio gennaio alla prima dose di vaccino e, a distanza di tre settimane, alla seconda. Il decorso è stato regolare per entrambe le gravidanze: le due donne non hanno segnalato effetti collaterali dopo l’inoculazione del vaccino. Anna (la figlia di Valeria) è nata il 9 marzo scorso e Valentina (la bimba di Anna) il 16 marzo; entrambe alla nascita pesavano circa 3 chili, entrambe stanno bene e sono state allattate al seno. Ma c’è di più: le bambine presentano gli anticorpi contro il Covid 19. “Con la vaccinazione è stata protetta l’ultima parte della mia gravidanza – racconta l’immunologa Anna Parolo – che è quella più rischiosa in caso di infezione da Covid. Sono doppiamente contenta di sapere che anche la mia bambina ha gli anticorpi perché mi fa sperare che sia ben protetta. Consiglio di approcciarsi molto serenamente alla vaccinazione”. “Un’infezione alle vie respiratorie a termine della gravidanza potrebbe rivelarsi anche molto grave – sostiene la ginecologa Valeria Bernardi – Gli studi sottolineano come l’infezione da Coronavirus nei bambini molto Mamme in attesa piccoli possa essere molto seria e professioniste e avere conseguenze importanti. Sono questi i motivi che mi hanno sanitarie, hanno spinto a vaccinarmi, tenendo conto deciso di vaccinarsi del fatto che i rischi di un vaccino sono sicuramente minimi. La mia nell’ultimo trimestre esperienza è stata positiva”. della gravidanza “Le due bambine sono le prime in Italia nelle quali sono stati isolati gli anticorpi su sangue neonatale alla nascita – sottolinea il dottor Gianfranco Juric Jorizzo, responsabile dell’équipe del servizio di Medicina Prenatale dell’Ulss 6 – infatti gli studi internazionali, ad oggi, si sono basati solamente sugli anticorpi del cordone ombelicale”. “Gli studi sono limitati – rileva ancora il dottor Jorizzo – ma concordi nel suggerire che non ci sono effetti collaterali sulla mamma e sul feto. La vaccinazione quindi potrebbe essere indicata, anche in gravidanza, nelle situazioni con fattori di rischio, come suggerito dalle Società di Ginecologia Italiane”. “L’esperienza di queste mamme è rassicurante perché sono riuscite a sottoporsi ad entrambe le dosi e a partorire a 5,6 settimane dall’ultima dose di vaccino, l’allattamento non è stato compromesso. Il messaggio che vogliamo trasmettere è di fiducia” aggiunge la dottoressa Kimta Ngaradoumbe Nanhornguè. “Sarà interessante in futuro capire – sostiene - se il passaggio di questi anticorpi a seguito della vaccinazione materna contro il Sars-CoV-2 possa proteggere il neonato come avviene in seguito alla vaccinazioni contro difterite, tetano e pertosse. In tal caso bisognerebbe definire se esiste una fase ideale della gravidanza per la vaccinazione”. E’ quindi importante offrire anche alle future mamme e alle mamme in allattamento il vaccino anti Covid, - concludono Jorizzo e Ngaradoumbe - se appartengono a categorie a rischio.
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Covid 19 e diffusione tra i banchi
Lo studio che “scagiona” la scuola in presenza
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siste realmente una relazione tra diffusione del Covid 19 e la scuola in presenza? La scuola può essere un potenziale luogo che amplifica il contagio? L’argomento è delicato e complesso e se n’è dibattuto a lungo, con le due posizioni, e relative scuole di pensiero, - chi sostiene che vi sia un rischio concreto e chi invece ritiene che non sia così – a confronto quotidiano sulla questione. Un recente studio, tuttavia, nel fare un po’ di chiarezza sul ruolo di bambini e ragazzi in età scolare e delle scuole nella diffusione di SARS-CoV-2, “scagiona” la scuola e i bambini dall’ “accusa” di essere “amplificatori” della pandemia. Lo studio è stato coordinato dal professor Luca Scorrano del Dipartimento di Biologia dell’Università di Padova e dell’Istituto Veneto di Medicina Molecolare e dalla professoressa Sara Gandini, epidemiologa dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, in collaborazione con l’Aulss 9 Scaligera di Verona, il Dipartimento di Biologia dell’Università di Roma Tor Vergata e AbaNovus di Sanremo. Questo studio, “A cross-selectional and prospective color study of the role of schools in the SARS-CoV-2 second wave in Italy”pubblicato sulla prestigiosa rivista “The Lancet Regional Health – Europe”, indica che l’impennata dell’epidemia osservata tra ottobre e novembre 2020 non può essere imputata all’apertura delle scuole e come la loro chiusura totale o parziale, in particolare in due regioni italiane, non abbia influito sulla diminuzione dell’indice Rt. “Abbiamo pertanto confrontato l’incidenza del Covid 19 tra gli studenti e tra il personale scolastico (docente e non) con quella popolazione generale, dello stesso range di età nel caso del personale scolastico - spiega il professor Scorrano - Abbiamo valutato se in concomitanza con l’apertura della scuola l’incidenza del Covid19 aumentasse prima tra le persone in età scolare che nella popolazione generale, se gli studenti o il personale scolastico positivi al Covid-19 provocassero focolai nelle scuole, se i focolai in contesti scolastici fossero causati principalmente da
Da una ricerca pubblicata su “The Lancelot Regional Health – Europa” sull’impennata della pandemia in Italia tra ottobre e novembre 2020 emerge che gli studenti non sarebbero “amplificatori” delle infezioni da SARS-CoV-2
Ragazzi “influencer” per promuovere una sana alimentazione
Da sinistra: il professor Luca Scorrano e di seguito l’epidemiologa Sara Gandini
studenti, e infine se a livello delle diverse regioni italiane l’aumento dell’indice Rt seguisse le date di apertura della scuola (diverse da regione a regione) a un intervallo di tempo costante. Un intervallo di tempo costante tra apertura delle scuole e aumento dell’indice Rt sarebbe infatti un importante indicatore di correlazione tra scuole in presenza e circolazione virale nella popolazione generale”. Il nostro studio mostra come l’incidenza di Covid 19 tra gli studenti sia stata inferiore rispetto alla popolazione generale – dice la professoressa Sara Gandini. - Le infezioni secondarie a scuola erano Le infezioni secondarie a scuola erano inferiori all’1% e i focolai si sono verificati nel 5-7% delle scuole analizzate. L’incidenza tra gli insegnanti era paragonabile a quella registra tata nella popolazione di età comparabile a quella degli insegnanti. Le infezioni secondarie tra gli insegnanti erano rare e si verificavano più frequentemente quando il caso indice era un insegnante rispetto a uno studente. Nel periodo che ha di poco preceduto l’apertura delle scuole in Veneto e in concomitanza con l’apertura stessa, l’incidenza di Covid 19 è cresciuta massimamente non
tra gli studenti ma negli individui di 2029 e 45-49 anni. Lo sfasamento tra le diverse date di apertura delle scuole nelle regioni italiane e l’aumento dell’indice Rt regionale non è stato uniforme. Infine le chiusure in due regioni dove sono state attuate prima di altre misure restrittive non hanno influenzato la diminuzione di Rt che era già in atto”. “Nel loro complesso, queste evidenze non supportano un ruolo degli individui in età scolare e delle aperture scolastiche come “motore” della seconda ondata di Covid-19” osserva il professor Scorrano. “Il nostro lavoro si aggiunge alle molteplici evidenze accumulate nel corso di quest’ultimo anno che nel loro complesso hanno “scagionato” la scuola in presenza. In salute pubblica – conclude la professoressa Gandini dobbiamo sempre bilanciare rischi e benefici. Alla luce della mancanza di solide evidenze che la scuola in presenza contribuisca significativamente alla diffusione della pandemia, ci sembra che il beneficio non sia chiaro e che il rischio qui sia soprattutto quello delle gravi ripercussioni causate della chiusura delle scuole sulla salute di bambini ed adolescenti”.
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ragazzi e 13 istituti alberghieri coinvolti nel progetto “La salute nel Piatto” Ragazzi “influencer” per promuovere una corretta e sana alimentazione, perché la salute si trova anche nel piatto. E proprio “La salute nel piatto” è il nome del progetto che ha il patrocinio della Regione Veneto e dell’Istituto Oncologico Veneto e che vede coinvolti gli studenti e le studentesse di 13 istituti alberghieri di tutto il territorio regionale. In tutto 375 ragazzi chiamati a realizzare delle ricette seguendo le indicazioni dei nutrizionisti della Lilt; potranno scegliere al massimo due ingredienti tra quelli indicati dall’équipe di nutrizionisti e creare una ricetta sul tema della corretta alimentazione, specificandone le proprietà nutrizionali e le accortezze da adottare in cottura per ridurre al minimo le alterazioni di tali proprietà e la formazione di possibili composti dannosi. In questo contesto i ragazzi sono chiamati a parlare ai loro coetanei, con un linguaggio vicino alla loro sensibilità, svolgendo un ruolo attivo di “influencer” nel diffondere questo messaggio attraverso i social più praticati dai giovani. L’iniziativa è stata presentata in occasione della Settimana nazionale per la Prevenzione Oncologica dal Coordinamento Lilt del Veneto e che ha visto la partecipazione di Dino Tabacci, coordinatore Lilt Veneto e Presidente Lilt di Pado-
va, che ha fatto gli onori di casa, il Consigliere e membro della Giunta dell’Associazione Nazionale Città dell’Olio, Orio Mocellin – simbolo della sana alimentazione è stato individuato l’olio extra vergine di oliva, principe della dieta mediterranea e considerato elisir di lunga vita - l’astrochef ed esperto in sana alimentazione, nonché testimonial del progetto, Stefano Polato. Il progetto ha riscosso grandi manifestazioni di approvazione anche da paerte dell’assessore regionale alla Scuola Elena Donazzan. “Trovo particolarmente apprezzabile ed efficace – ha osservato in occasione della presentazione - che si sia scelto di puntare sul linguaggio e sulle piattaforme social preferite dai più giovani: la consapevolezza deve partire infatti dalla scuola, perché i nostri ragazzi saranno presto chiamati ad essere i professionisti della ristorazione, un mondo che spazia dal bar sotto casa al ristorante stellato, magari puntando a quella vetta rappresentata dal testimonial di questa iniziativa, l’astrochef Stefano Polato”. I 375 ragazzi si sono divisi in 37 gruppi e si sfideranno nella realizzazione di Piatti della salute, sani, replicabili a casa, in grado di valorizzare ingredienti del territorio e di ottenere una buona visibilità sui social. A fine maggio il miglior piatto della salute verrà premiato dalla Commissione di esperti Lilt.
Salute
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Ginocchio: Lesione del legamento crociato anteriore A
ll’interno del ginocchio ci sono due legamenti che uniscono tibia e femore. Sono denominati legamenti crociati perché si incrociano al centro dell’articolazione e sono distinti in legamento crociato anteriore (LCA) e legamento crociato posteriore (LCP) Tali legamenti hanno la funzione di limitare il movimento della tibia rispetto al femore e formano il cosiddetto “pivot centrale” (centro di rotazione) del ginocchio, struttura fondamentale nel garantire la stabilità dell’articolazione. Come si rompe il legamento crociato anteriore? La lesione del LCA è dovuta ad una distorsione importante del ginocchio, molto frequente specie in chi pratica sport di contatto come il calcio, lo sci, il volley e il basket. È di comune riscontro anche nella traumatologia stradale, specialmente tra i motociclisti (traumi da caduta). Sintomi e diagnosi I sintomi possono variare in modo significativo da paziente a paziente; il quadro tipico è caratterizzato da dolore intenso, gonfiore marcato che insorge rapidamente e sensazione di cedimento/instabilità con importante limitazione funzionale. La diagnosi si basa sul sull’esame clinico che si avvale di opportuni test per valutare la stabilità passiva del ginocchio. Il più delle volte si richiede
una risonanza magnetica (RMN) per valutare anche eventuali lesioni associate a carico dei menischi, dei legamenti collaterali e della cartilagine. Terapia: ricostruzione chirurgica di LCA La scelta sul tipo di terapia da seguire (conservativa o chirurgica) è complessa e deve tener conto di numerosi elementi: età del paziente, grado di instabilità, presenza o meno di lesioni associate (lesione del menisco, della cartilagine o di altri legamenti) e livello di attività sportiva. La lesione di LCA nei giovani e negli sportivi pone in genere una indicazione alla terapia chirurgica. Nel caso in cui non si proceda alla ricostruzione, si consiglia al paziente l’astensione dalle attività sportive o di attività lavorative/ricreative pesanti, che facendo accumulare nuovi traumi posso portare il ginocchio a sviluppare artrosi. Le tecniche chirurgiche utilizzate più frequentemente sono sostanzialmente 3: - Ricostruzione con tendini del semitendinoso (ST) e gracile (GR) autologo; - Ricostruzione con tendine rotuleo autologo; - Ricostruzione con allograft (tendine da donatore). Nella maggior parte dei casi si procede a un prelievo tendineo “autologo” (cioè dal paziente stesso). La ricostruzione con ST e GR è
ormai la più diffusa, prevede l’utilizzo dei tendini di due muscoli della coscia che vengono poi fatti passare attraverso un tunnel osseo in articolazione. La ricostruzione con allograft viene utilizzata solitamente in caso di interventi di revisione o in caso di ricostruzione di più legamenti allo stesso tempo. L’intervento è effettuato in artroscopia che è una tecnica chirurgica mini-invasiva che consente di operare a cielo chiuso senza “aprire” le articolazioni. Questo significa minore invasività, minori percentuali di complicanze, recupero post-operatorio più veloce rispetto agli interventi tradizionali a cielo aperto Anestesia, post-operatorio, riabilitazione e dettagli utili sull’intervento È possibile procedere alla ricostruzione di LCA in anestesia spinale, in anestesia loco regionale (impiegando il blocco nervoso periferico dei nervi dell’arto inferiore) o in anestesia generale. La scelta del tipo di anestesia è indifferente dal punto di vista chirurgico e in genere viene fatta dall’anestesista di sala operatoria, tenendo conto, per quanto possibile, delle richieste e delle preferenze del paziente. A seconda del tipo di tecnica utilizzata e della possibile associazione di altre procedure (sutura meniscale, trapianto meniscale, riparazione della cartilagine, ricostruzione di
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altri legamenti) alla ricostruzione di LCA viene consigliato o meno un tutore nel post-operatorio. Quasi sempre l’uso di stampelle viene protratto per circa 4 settimane. Il tempo medio di degenza in ospedale è 1-2 giorni. Un lavoro sedentario può essere ripreso dopo 7-10 giorni, un’attività lavorativa pesante necessita dai 2 ai 3 mesi. I punti di sutura sono rimossi 12-14 giorni dopo l’intervento. In generale la cicatrice è più corta se si ricostruisce il legamento crociato anteriore con i tendini ST e GR rispetto alla cicatrice anteriore che prevede l’utilizzo del tendine rotuleo. In generale si riprende la guida dopo 30-45 giorni dall’intervento. La riabilitazione inizia già in seconda giornata in ospedale o a domicilio, mentre si protrae mediamente per 6-8 mesi, alternando palestra, piscina e, quando arriva il momento, campo sportivo.
>> DOTT ANTONIO VITELLA Il dott. Vitella Antonio (nato a Thiene il 07-09-1970) ha conseguito la laurea in Medicina e Chirurgia presso l’Università di Padova il 12 ottobre 1995. Il 14 dicembre 2000 ha conseguito la Specializzazione in Ortopedia e Traumatologia presso l’Università di Padova con votazione 70/70 e la lode. Si occupa di chirurgia di ginocchio, spalla, chirurgia artroscopica e protesica, primi impianti e chirurgia di revisione, traumatologia dello sport (tra cui lesioni legamentose semplici e complesse, instabilità di spalla). Gli ortopedici che visitano presso le nostre strutture come specialisti del ginocchio sono: Dr. Francesco Barcaro, Dr. Antonio Rigon, Dr. Riccardo Sinigaglia, Dr. Antonio Vitella, Dr. Gino Zecchinato
CEMES VICENZA - TEL. 0444.324967 THIENE (VI) - TEL. 0445.372514 CAMISANO (VI) - TEL. 0444.411232 C.D.V - Centro Diagnostico Veneto CALDOGNO (VI) - Tel. 0444 585577-585574 CAMISANO VICENTINO (VI) - Tel. 0444 611606
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APRILE 2021
Garden
L
a stagione calda è ormai alle porte e per i nostri giardini questo significa di certo il massimo dello splendore, ma non senza grandi cure ed attenzioni. A seconda della metratura che avete a disposizione e dell’ambizione che custodite per il vostro giardino, valutate se affidarvi ad un’azienda specializzata o ad un giardiniere professionista oppure se sfruttare appieno la “Garden Therapy”, puntando al vostro benessere personale e familiare. La primavera e l’estate sono quindi i periodi migliori del giardino, in cui esplodono, in tutta la loro bellezza, fiori e ortaggi. Per avere quest’effetto è necessario fare attenzione durante l’inizio della bella stagione ed eseguire una buona manutenzione. Nei mesi estivi la natura mostra il suo lato più colorato e rigoglioso, ma bisogna seguire alcuni piccoli consigli durante la primavera. Innanzitutto il giardino deve essere sempre ben pulito, per una questione estetica, ma anche per la salute del verde. Prima che inizi la fioritura, potiamo gli alberi e le siepi, recidendo i fiori appassiti per lasciare spazio alla crescita dei nuovi ed estirpando la vegetazio-
Preparare il giardino in primavera: consigli utili per un’estate nel verde! Nel pieno della bella stagione è tempo di prendersi cura del proprio angolo di natura, tra fiori e frutti
ne spontanea. Ripuliamo bene tutto il giardino dalle foglie e dai detriti. Tagliamo il prato e rigeneriamolo con le dovute attenzioni (cfr pag 2). La primavera è
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il momento ideale per piantare nuove piante, che fioriranno in estate, ma anche per decidere di destinare un’area del nostro giardino ai prodotti ortofrutticoli quali pomodori, fagiolini, melanzane e cetrioli ad esempio. Con l’arrivo del caldo le piante hanno maggiore bisogno di proprietà nutritive e dunque di acqua: rispetto all’inverno quindi, passia-
mo ad un’annaffiatura abbondante e possibilmente serale. Le piante da fiore e da frutto infatti per essere ben irrorate necessitano di tutta l’acqua possibile, senza incorrere nell’evaporazione tipica delle giornate afose. Attenzione sempre tuttavia alle esigenze specifiche di ciascuna pianta e ai consigli del vostro vivaista di fiducia. In primavera ed in estate infine è
Cos’è la Garden Therapy Da Marzo ogni Mese nelle case di oltre 43.000 Famiglie di Vicenza
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Altro non è che il prendersi cura del proprio spazio verde o semplicemente passarvi alcune ore. La Garden Therapy è diventata negli anni sempre più credibile, avendo in molti confermato i suoi effetti positivi su coloro che la praticano. La American Horticultural Therapy Association ha indicato i maggiori vantaggi per il benessere e la salute, perché in grado di contribuire a: migliorare la propria autostima, combattere la depressione, migliorare le abilità motorie, promuovere l’interazione sociale, stimolare la capacità di risoluzione dei problemi.
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necessario un costante monitoraggio delle eventuali infestazioni: il caldo e l’umidità aumentano infatti il rischio di attacco da parte di parassiti e funghi, che vanno prontamente eliminati prima che la situazione peggiori durante la stagione estiva. Si possono utilizzare prodotti specifici, a seconda del problema individuato, meglio ancora se naturali.
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L’orto fai da te con i consigli dei tutor Silvia Girotto e Marco Facchin
Coldiretti incontra i consumatori con il pollice verde O
ltre alla spesa a kmzero i cittadini hanno potuto conoscere i segreti della cura di piante e fiori guidati dai tutor dell’orto di Coldiretti che hanno verificato il pollice verde dei consumatori mentre facevano acquisti tra i banchi dei produttori. Una delle tante proposte offerte dagli operatori agricoli per assecondare la passione di giovani e anziani per la coltivazione della terra e la raccolta dei frutti che proprio a causa degli effetti della pandemia registra un boom determinato quest’anno dall’ esigenza di svago nel lungo lockdown in zona rossa ma anche in molti casi per aiutare i bilanci familiari provati dalla crescente crisi, proprio come avveniva in tempo di guerra. Il 33% degli italiani – spiega Coldiretti – ha deciso di esprimere la sua passione per l’agricoltura nel proprio giardino di casa, in terreni di famiglia ma anche in spazi pubblici o negli orti urbani messi a disposizione dalle pubbliche amministrazioni o a titolo gratuito o con affitti simbolici. Esiste poi una quota del 12% che sfoga l’amore per le piante su balconi e terrazzi, verande e davanzali con una vera e propria esplosione di piante e fiori che iniziano a punteggiare di verde e colori il grigio delle città. Il movimento degli hobby farmers, dai balconi ai terreni familiari rappresenta uno spaccato sociale importante che trova nella cura delle piante del verde un importante momento di sfogo contro ansia e stress generati dalla pandemia e dalle limitazioni agli spostamenti fuori casa. Il ritorno degli italiani in orti e
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Il 33% degli italianiha deciso di esprimere la sua passione per l’agricoltura nel proprio giardino di casa, in terreni di famiglia ma anche in spazi pubblici o negli orti urbani
Il decalogo per un orto (quasi) perfetto
giardini ha un alto valore sociale ed economico in uno dei momenti più difficili per il Paese con una passione che non richiede per forza grossi investimenti o grandi spazi con diverse opportunità e investimenti: dall’orto portatile da tenere con sé anche in ufficio a quello verticale per risparmiare spazio nelle case, dall’orto “ecologico” per riciclare materiali e non inquinare a quello rialzato per chi ha maggiori difficoltà a piegarsi. L’investimento per realizzare un orto tradizionale in giardino si può stimare – continua la Coldiretti – intorno ai 250 euro per 20 metri quadrati “chiavi in mano” per acquistare terriccio, vasi, concime, attrezzi, reti per delimitare le coltivazioni, sostegni vari, sementi e piantine. Individuare lo spazio giusto e, la stagionalità, conoscere la terra di cui si dispone, scegliere attentamente semi e piantine a seconda del ciclo e garantire la disponibilità di acqua sono – conclude la Coldiretti - alcune delle
regole fondamentali per ottenere buoni risultati. L’erba gatta si può coltivare in terrazza ed è utile per il micio di casa, la menta e l’origano abbelliscono i davanzali e servono anche in cucina, primule e pansè colorano di primavera vasi ornamentali e giardini. L’atteso equinozio del 21 marzo è stato festeggiato nei mercati di Campagna Amica con lezioni di giardinaggio e consigli utili per il green “fai da te”. Nel padovano le clip di Silvia Girotto dell’azienda Sle di Anguillara sono anche on line e seguite da molti followers coinvolti nei suggerimenti della giovane florovivaista che svela i segreti nascosti dei bouquet, il linguaggio e la stagione ideale di tanti fiori Made in Italy. Come lei anche Marco Facchin dell’azienda bio “Piccolo ortolano” di Saccolongo impegnato ad intrattenere il pubblico in azienda e nelle piazze istruendo le famiglie sulle fasi lunari e i misteri della semina dall’insalata alle piante aromatiche.
1. Spazio giusto: è necessario individuarlo. L’orto in piena terra è la soluzione migliore. Per chi non ha il giardino, il balcone o il terrazzo sono una buona alternativa. L’importante è che siano soleggiati e ventilati. 2. Stagionalità: occorre conoscerla. A ogni periodo dell’anno il suo prodotto. Per sapere quando e cosa coltivare è utile dotarsi di un calendario delle semine con indicate le fasi lunari. 3. Giusto tempo: gli orti, anche quelli di piccole dimensioni, necessitano di cure quotidiane. Se si ha poco tempo il consiglio della Coldiretti è di comprare le piantine già sviluppate e trapiantarle. 4. Buona terra: è garanzia di risultati. Per mantenere un buon livello di fertilità è meglio scegliere compost vegetale biologico o terriccio universale. 5. Semi e piantine: ci sono selezioni da fare e regole da rispettare a seconda che si lavorino ortaggi a ciclo lungo (fagioli, piselli, fave) o a ciclo corto (ravanelli, rucola o carota). 6. Trapianto: si realizza quando le dimensioni della piantina superano quelle del recipiente. E’ possibile cambiare più volte il vaso aumentandone man mano la grandezza. 7. Acqua: per un’adeguata crescita alle colture il terreno deve essere sempre umido, ma mai bagnato, secondo la Coldiretti. Le innaffiature vanno regolate a seconda della temperatura e dello sviluppo delle piante. 8. Temperatura: è importante fare attenzione all’andamento del tempo. A marzo e ad aprile il rischio di gelate notturne è ancora alto: è bene quindi proteggere le piantine con dei teli isolanti; 9. Parassiti: formiche, mosca degli orti, ragnetti rossi e bruchi sono i principali insetti che possono arrivare a creare seri problemi alla produzione. Per limitare questi attacchi, oltre a usare prodotti specifici, è bene scegliere ortaggi che si adattano meglio al clima e al territorio dove si vive. 10. Costi: realizzare un orto in giardino, secondo Coldiretti, ha una spesa contenuta. Tra terra, piantine o semi, concime e strumenti di lavoro, l’investimento si può stimare intorno ai 250 euro per uno spazio di 20 metri quadrati “chiavi in mano”.
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Garden
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Complementi d’arredo. Gettonati i colori vivaci, dal limone al cobalto , dal pistacchio al fucsia
Quali sono le nuove tendenze per l’arredo giardino 2021? Vasi da pavimento, tavolini da caffè, vasi da fiori, tele di tende da sole, ombrelloni: ognuno di questi elementi può aggiungere atmosfera all’esterno della casa e donare la sensazione di relax
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nnanzitutto, va specificato che non intendiamo solamente i giardini delle ville, ma anche balconi, logge, verande, terrazze e patio. Iniziamo dai colori, che devono essere vivaci. I colori neutri hanno dominato le tendenze degli ultimi anni, nel 2021 continueranno ad arredare gli eleganti spazi esterni. Ma per il 2021 è in arrivo un’ondata color limone. Ma tra i colori di tendenza del 2021 ci sono il cobalto, il rosso, il pistacchio, il fucsia. Si tratta di toni rilevanti non solo per i mobili per verande e cortili, ma anche per gli accessori. Nella progettazione di cortili e verande, l’armonia con la natura è di fondamentale importanza. Per questo motivo non si può fare a meno dei materiali che la stessa ha creato. Quest’anno vale la pena scommettere sulla diversità utilizzando complementi d’arredo realizzati con i tessuti di juta e cotone naturale, che creano un’atmosfera naturale e aggiungono compatibilità ambientale. I tappeti di iuta sono uno degli accessori più di tendenza nel 2021. La trama naturale sembra incredibilmente elegante e la combinazione con pavimenti in pietra o legno conferisce all’ambiente un tocco esotico. Che si abbia un giardino, un patio o un terrazzo non importa. Nel 2021 è categorico avere uno spazio nel quale concedersi momenti di piacevole riposo all’aria aperta. Può essere un comodo divano o una bellissima chaise longue in vimini. Oppure un dondolo o addirittura una struttura a baldacchino. L’importante è potersi ricavare uno spazio consacrato al relax ed immerso nella natura. E la modularità è il vero re-
quisito del 2021. I divani possono essere facilmente trasformati in due o tre poltrone, le poltrone possono essere unite in un divano o smontate in pouf, i tavoli, se necessario, fungono da bracieri. Se il tempo non permette di concedersi una giornata in pieno relax in giardino, questi elementi possono essere facilmente spostati da qualche parte in un garage o sotto una tettoia. Vasi da pavimento, tavolini da caffè, vasi da fiori, tele di tende da sole, ombrelloni: ognuno di questi elementi può diventare un complemento d’arredo espressivo in grado di aggiungere atmosfera all’esterno della casa e donare la sensazione di relax. Il nostro spazio esterno verrà sfruttato in particolar modo nel periodo estivo, ma si deve pensare ad un sistema di illuminazione ad hoc per il salotto esterno. Le lampade da terra rendono l’ambiente molto piacevole e creano zone di illuminazione dal sapore romantico, perfetto per le calde serate estive. In alternativa si possono scegliere delle candele da posizionare in bocce di vetro oppure delle lanterne. Il “giardino commestibile” è l’ultima tendenza dell’architettura del paesaggio in voga durante quest’anno. Quando si organizza l’arredo di un giardino, le piante, non possono mancare assolutamente. Fiori, erbe aromatiche e piccoli arbusti, piantati nel terreno o collocati in vasche e vasi da fiori, diventano una decorazione dello spazio esterno. Questa tendenza implica la progettazione di giardini e prati non solo con piante ornamentali ma anche con colture utili.
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Garden
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I consigli. Dalla scelta del vaso alla sua preparazione
Piante aromatiche, è arrivato il periodo giusto I
mesi giusti per seminare le piante aromatiche sono quelli che vanno da aprile a maggio. Iniziamo dal vaso, con una piccola precisazione. I vasi in terracotta sono molto più traspiranti, quindi in presenza di un clima secco le piante avranno bisogno di più acqua. Tutto qui. Perché per le piante aromatiche non c’è un’indicazione precisa, quindi, terracotta a parte, sbizzarriamoci con i colori ed i materiali che meglio si abbinano alla casa ed al giardino. Sul fondo del vaso deve esserci sempre dell’argilla, o della ghiaia, che serve a drenare per bene. Poi si aggiunge il terriccio ed alla fine la piantina aromatica acquistata. Ultimo strato di terriccio ed un consiglio: le piante aromatiche stanno molto bene l’una vicina all’altra. Non si tratta esclusivamente di una questione estetica, ma anche biologica. Le piante aromatiche traggono beneficio dalla presenza di altre piante aromatiche nelle vicinanze, perché vi-
cine sono in grado di creare una sorta di microclima che per la loro crescita è ottimale. Facendo tuttavia attenzione allo spazio, perché le piante aromatiche devono avere spazio libero tra di loro, senza ostacoli o intralci. Quando pensiamo alle erbe aromatiche ci viene in mente l’estate, la piccola aiuola profumata da realizzare in giardino o al massimo tanti vasi da collocare sul balcone. Ma attenzione alla temperatura! Queste piante hanno bisogno della classica temperatura presente dentro casa durante l’inverno. L’ideale è un ambiente che oscilla tra i 18 e i 22 gradi. E se di notte la temperatura scende anche a 15 gradi, poco importa, le piante aromatiche staranno bene lo stesso. Il basilico, la più gettonata delle piante aromatiche, ha bisogno di tanta luce ma non ha bisogno di tanta acqua: meglio bagnarlo poco ma spesso. La salvia, invece, è la pianta aromatica che si adatta meglio perché non ha bisogno di cure particolari. Anche
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l’origano non ha bisogno di particolari accorgimenti, solo la potatura dopo la fioritura. Il prezzemolo e la menta possono vivere bene anche all’ombra, mentre il rosmarino ha bisogno di molto spazio. Il timo invece resiste bene anche alle temperature più fredde.
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laPiazza
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Croazia
Campanili d’Istria, sguardi antichi su Venezia Simili a quello di San Marco, svettano sui luoghi più belli della costa - Rovigno, Orsera, Parenzo, Cittanova, Umago, Pirano, Capodistria - e sono da secoli il simbolo di un legame culturale inscindibile fra le due sponde dell’Adriatico di Renato Malaman
I
campanili sembrano strizzarsi l’occhio da una sponda all’altra dell’Adriatico. Di qua il Veneto e di là l’Istria. Un legame mai reciso, nemmeno quando ci aveva provato la cortina di ferro a separare in modo lacerante questi due mondi così vicini e così affini da secoli. E nemmeno ora, con tutte limitazioni ‘di frontiera’ imposte dal coronavirus, questi mondi appaiono separabili. Campanili che sembrano tutte repliche di quello di San Marco a Venezia. L’Istria ne sfoggia tanti e tutti sorgono lungo la costa o in prossimità del mare, su piccole alture da cui il paesaggio istriano appare come una grande trapunta naturale, costellata di gemme. A cominciare da Rovigno, sul cui promontorio il campanile di Santa Eufemia è presenza simbolo della plurisecolare cultura veneta in Istria. Anticamente quell’imponente campanile era l’unica sicurezza per i naviganti. Lungo la costa, a guardar la penisola da sud, partendo dalla piazzaforte di Pola, dove ancora troneggiano l’Arena di epoca romana e i resti del tempio augusteo, svettano anche i campanili cari a San Marco di Fasana, Orsera, Parenzo, Cittanova d’Istria, Umago, Pirano, Isola, Capodistria… E accanto ai campanili svettano i fari. Fanno da vedette e scrutano la notte con i loro fasci, perimetrano con la luce un abbraccio di territori. Il più spettacolare è quello di Punta Salvore, vicino a Umago. Il 17 aprile di tre anni fa ha compiuto due secoli. Lo progettò l’ingegnere triestino Pietro Nobile per conto dell’Imperatore d’Austria Francesco I. Oggi la sua mole di pietra chiara è fonte di luce che unisce idealmente le varie sponde del grande golfo di Trieste: quella croata, quella slovena e quella italiana. Nel corso dei secoli un unico territorio, multietnico e multiculturale nelle sue sfumature (specie nell’entroterra), ma tenuto insieme dal collante forte e ricco di identità che è la cultura istro-veneta. Elemento sopravvissuto anche alle temperie della storia, comprese quelle del secondo dopoguerra culminate nell’occupazione militare jugoslava e nell’esodo della stragrande maggioranza della popolazione di lingua e tradizione italiana. L’Istria di oggi si propone come un luogo di incontro dallo spirito aperto che ben incarna
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il respiro libero del nuovo orizzonte politico europeo. Eppure l’anima è più che mai quella di un tempo, senza che questo diventi contraddizione o freno alla storia. Si pensi alla decisione della municipalità di Montona di ridare i vecchi nomi veneziani alle proprie vie. Montona, spettacolare borgo fortificato che sorge su un antico castelliere che domina la valle del Quieto e che ha dato i natali a Mario Andretti, esule negli Stati Uniti e campione del mondo di Formula Uno nel 1978. Andretti che, con il pugile Nino Benvenuti di Isola d’Istria, il marciatore Abdon Pamich di Fiume, il velista Agostino Straulino di Lussimpiccolo (tutti campioni olimpici) è il simbolo degli esuli nello sport. Da ricordare pure Ottavio Missoni (sì, lo stilista nato a Zara), finalista nei 400 ostacoli a Londra 1948. Montona, dunque, ha deciso di restituire alle vie del paese il loro nome di epoca veneziana, ovvero quello originale. I nomi erano cambiati quattro volte durante il secolo scorso, con il cambiare delle dominazioni: quella austriaca prima, poi quelle italiana (1918) e quella jugoslava (1947), prima del passaggio alla Croazia (1991). Ci sono borghi dell’Istria che sorprendono per la loro scenografia d’insieme, come Sanvincenti, nel cuore dell’Istria, circondata da un territorio agricolo di arcadica bellezza. La piazza di questo borgo – talmente simile ad un affresco che sembra costruita negli studi di Cinecittà - è da molti ritenuti la più bella dell’Istria. Ricorda i tempi dei Grimani, i patrizi veneziani che qui costruirono il castello (oggi in restauro) che completa questa originale quinta teatrale . Piazza dove brillano l’artistica cisterna con la vera da pozzo, i palazzi settecenteschi, la chiesa di stile sansoviniano. D’estate questa sorta di palcoscenico all’aperto ospita numerosi eventi, specie di danza. Poco lontano c’è Dignano, con il suo altissimo campanile che da secoli indica con chiarezza la rotta verso Pola. Intorno sorge un piccolo centro storico che riluce di facciate barocche. Il compositore Antonio Smareglia nel 1895 vi ambientò le sue ‘Nozze istriane’. Il duomo di San Biagio conserva i ‘corpi dei santi’, reliquie ben conservate la cui storia è un romanzo. Oggi Dignano è il luogo di produ-
Il campanile di Santa Eufemia a Rovigno. Sotto, da destra a sinistra: una vedute di Buie, un’altra veduta del campanile di Cittanova, la piazza di Sanvincenti, il promontorio di Rovigno, il faro di Punta Salvore il borgo di Grisignana
zione per eccellenza dell’olio istriano che per la sua qualità è uno dei più pregiati al mondo. Fra i migliori produttori spiccano cognomi di chiara tradizione istroveneta. La ‘capitale’ del vino istriano - altro prodotto simbolo di questa terra, pure protagonista di una grande crescita negli ultimi vent’anni - è invece Parenzo, la romana Parentium, famosa per la sua Basilica Eufrasiana e per i suoi straordinari mosaici di gusto bizantino. Parenzo ospita ogni anno Vinistra, rassegna che ha portato in luce sempre nuovi produttori, molti dei quali sono eredi di solide tradizioni familiari. Rovigno resta invece il centro culturale più importante dell’Istria. Lo è per il luogo, che ruba sospiri ad ogni angolo e per l’attività del Centro di Ricerche Storiche fondato da Giovanni Radossi (il ‘professore’, insignito di recente del Premio Masi) perno della rinascita culturale dell’identità istro-veneta. Un crocevia di ricerche e di documenti che è ineludibile se oggi si vuole raccontare con onestà la storia complessa di questa terra travagliata. Rovigno conserva intatta la bellezza del suo passato. Il promontorio dominato dal duomo un tempo era un’isola. I veneziani lo collegarono alla terraferma verso la metà del ‘700. La Grisa è la suggestiva via che si inerpica fino alla chiesa di Santa Eufemia, dal cui sagrato si gode un magnifico panorama sulle vicine isole e sulla costa istriana occidentale. Orsera, Cittanova, Umago, la più interna Portole, patria del tartufo bianco, Buie con i suoi due campanili, la fortificata Montona, Grisignana, borgo degli artisti. Più a sud la pittoresca Valle, Pisino, Gimino, Albona, Barbana. La parte croata dell’Istria risplende di testimonianze venete: palazzi, fondaci, Leoni di San Marco. Molti di questi elementi, preziosi anche sotto il profilo artistico, sono stati recuperati grazie anche ad interventi finanziati dalla Regione Veneto. Un modo per valorizzare l’anima più autentica di una terra che non ha mai smesso di sentirsi intimamente legata a Venezia e al suo mondo di relazioni commerciali, culturali e umane. Un idillio soave sventolato al mondo dalle cuspidi dei tanti campanili al di qua e al di là dell’Adriatico, grazie a un vento perennemente alimentato dalla storia.
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Film e serie tv visti da vicino
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a cura di Paolo Di Lorenzo
Vendere cara la (simil)pelle
E’ un Totti riuscito e non una caricatura
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entre Netflix è all’affannosa ricerca del suo prossimo successo mondiale, con La casa di carta che quest’anno saluterà il pubblico con la sua quinta e ultima parte, inizia Sky Rojo che ha tutte le carte in regola per attirare l’attenzione e non stancare il pubblico offrendo qualcosa di già visto. È mescolato al pulp di Quentin Tarantino con una buona dose di quel western contemporaneo a cui ci ha abituato Robert Rodriguez. La trama e i personaggi. Ci sono una spagnola, una cubana e un’argentina, ma non è una barzelletta. Le tre donne sono tenute prigioniere del Club Le Spose, bordello di Tenerife adornato della similpelle rossa che dà il titolo alla serie: “Eskai”, che per Netflix diventa il più internazionale “Sky”, in spagnolo significa pelle sintetica. Nell’arco dei primi cinque minuti, le tre protagoniste mettono al tappeto il loro carceriere e intraprendono una fuga che dura otto episodi e non accenna a concludersi. Il colosso dello streaming con sede a Los Gatos, in California, ha già confermato la serie per una seconda stagione che approderà in piattaforma il 23 luglio. Dopo White Lines, Sky Rojo è la seconda serie a scaturire dall’accordo che Álex Pina, autore spagnolo nato a Pamplona 53 anni fa, ha siglato con Netflix nel 2018. Per chi non lo conoscesse, Pina è il demiurgo de La casa di carta, che da mediocre successo del palinsesto dell’emittente Antena 3 è divenuta fenomeno globale quando Netflix la importò nel resto nel mondo alla fine del 2017. Come ne La casa di carta, anche in Sky Rojo è femminile la voce narrante. Non è Tokyo, la bandita che ha il volto di Úrsula Corberó, a consentire allo spettatore di entrare nella psiche delle protagoniste, bensì si spartiscono più equamente il ruolo di narratrice le protagoniste Coral, Gina e Wendy, interpretate rispettivamente da Verónica Sánchez, alla sua seconda collaborazione con Pina dopo Il molo rosso trasmessa lo scorso anno da Rai 2, Yany Prado e Lali Espósito. Sono al centro di una storia che è firmata anche da Esther Martínez Lobato, già autrice del popolarissimo Vis a Vis - Il prezzo del riscatto. Le tre eroine, in fuga da loro stesse e da un passato doloroso che le ha rese vittime di una autentica tratta, inizialmente sono alla ricerca di riscatto: vogliono riappropriarsi della loro identità dopo che lo sguardo maschile, subìto in mesi di prostituzione, le ha logorate. Nel corso degli episodi da 25 minuti, una benedizione in questi tempi di serialità troppo annacquata, Coral, Gina e Wendy invertono la rotta: non hanno bisogno di emanciparsi da un uomo per sentirsi padrone del loro destino. Passeranno dal sentirsi prede al diventare cacciatrici, ma la partita con Romeo e i suoi tirapiedi Moisés e Christian non è ancora conclusa. Sky Rojo conquista lo spettatore con una trama incalzante e un ritmo serrato che non ammette cali di attenzione. Per chi guarda con rammarico al dopo La casa di carta, il futuro non è roseo, ma rojo.
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Sky Rojo (foto Tamara Arranz/Netflix)
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Speravo de morì prima (foto Fabio Zayed/Sky)
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uel sabato 28 maggio 2017, allo stadio Olimpico di Roma, c’era un tifoso che avrebbe preferito non essere sulla Terra piuttosto di assistere al giorno dell’addio di Francesco Totti al calcio giocato. “Speravo de morì prima” recitava il suo striscione che campeggiava sulla curva sud. L’autoironia, veracemente romana, di quello che divenne poi un tormentone, è alla base della serie televisiva che Sky ha tratto da “Un Capitano”, l’autobiografia che Francesco Totti ha scritto con il giornalista Paolo Condò. Dalla casa di produzione Wildside fanno sapere che il tifoso è stato individuato e debitamente remunerato per la sua proprietà intellettuale divenuta il titolo del progetto. Nell’arco dei sei episodi ideati da Stefano Bises e Michele Astori e diretti da Luca Ribuoli, c’è il racconto sofferto dell’ultimo anno e mezzo della carriera di Francesco Totti, dopo trent’anni passati a giocare per l’AS Roma, praticamente da quando era bambino. “Checco”, come lo chiamano affettuosamente famigliari, amici e tifosi, ha il volto di Pietro Castellitto: la sua è un’interpretazione convincente e non caricaturale del campione. Non soltanto figlio d’arte, il giovane Castellitto, 29 anni, ha già dimostrato quanto vale: con il suo debutto alla regia de “I predatori” si è aggiudicato il premio Orizzonti per la migliore sceneggiatura della 77/a edizione della mostra del cinema di Venezia. Impossibile reggere il peso del confronto con la leggenda vivente che è Totti, in questa serie rappresentato come un mito costretto a fare i conti con la propria mortalità. Per questo motivo, l’imitazione cede il passo alla mimesi. Si intravede l’ironia per cui il campione è famoso, ma è qualcosa di diverso. Castellitto non è il solo ad offrire una propria versione del personaggio che porta in scena. Si distingue per la sua interpretazione Gianmarco Tognazzi, volto del mister Luciano Spalletti cui spetta l’inevitabile parte dell’antagonista di questa storia. “La storia di Totti e Spalletti andava raccontata” spiega Tognazzi, che ha voluto andare oltre la rivalità tra i due che vide la tifoseria prendere le parti, chi del Pupone e chi dell’allenatore. Completano il cast Greta Scarano nei panni di Ilary Blasi, Marco Rossetti nel ruolo di Daniele De Rossi e Gabriel Montesi nella parte di Antonio Cassano. Quest’ultimo non è tra i sostenitori dell’esperimento di Sky. “La serie mi è piaciuta molto poco: la realtà non supera il 5%, il resto è romanzato” ha detto a Valerio Staffelli mentre riceveva da lui il Tapiro D’oro. Poco male: le bocciature fanno parte del mestiere, quando si decide di portare sullo schermo persone e fatti ancora vividi nella memoria collettiva, specialmente in quella dei romanisti. Ciò che resterà di questa miniserie atipica, un gioioso balzo in avanti nell’ambito della commedia televisiva, è stata la capacità di adattare con successo l’epica calcistica in formato seriale. Ad anticipare, sotto questo aspetto, Speravo de morì prima ci ha pensato Apple con Ted Lasso, spassoso racconto del personaggio eponimo, un coach di football universitario del Kansas, scelto per allenare la squadra londinese fittizia AFC Richmond. La serie ideata da Bill Lawrence (già creatore di Scrubs) con protagonista il comico americano Jason Sudeikis, che per la sua interpretazione lo scorso mese ha vinto un Golden Globe, è già stata confermata per altre due stagioni.
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Enogastronomia
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Il personaggio Sconosciuto ai non addetti ai lavori, Simone Ambrosini ha 29 anni e una grande passione: i suoi sono vini naturali
Il vignaiolo giovane e senza cantina che produce otto etichette Indomite
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on andategli a chiedergli bottiglie: non ve le vende perché non ne ha praticamente più. Ne produce 10mila l’anno e le vende tutte, in massima parte all’estero. È il vignaiolo nomade, perché ha in affitto tre ettari che si affacciano sul lago di Fimon, ma non ha cantina. Vinifica un po’ qui e un po’ lì, a seconda di chi trova che gli affitta le vasche: ultimamente da Sauro Maule a San Germano dei Berici. Simone Ambrosini, a dire la verità, non ha neanche un negozio o un wine shop: utilizza il piccolo spazio del garage della sua abitazione a San Pio X. Con questo identikit si capisce perché ha battezzato i suoi vini “Indomiti”: il nome riflette il suo carattere e quello dei vini. È alla terza vendemmia personale, ma ne ha altre sei alle spalle nei suoi 29 anni di vita, eseguite come dipendente o responsabile della Cantina, per esempio quella della Fattoria sociale La Costa a Sarcedo. E pensare che al vino c’è arrivato dopo aver lungo peregrinato, in senso letterale. Dopo il diploma al liceo “Fogazzaro” è andato in giro per il mondo: in Australia, Nuova Zelanda e Thailandia. Ha prodotto tortellini a Brisbane, poi ha raccolto pomodori e peperoni assieme agli emigrati coreani nei
Simone Ambrosini e l’etichetta di un suo vino disegnata da Enrico Bernardelle
campi australiani. Infine, ha conosciuto il mondo del vino in un’altra azienda agricola in Nuova Zelanda. Quando è tornato aveva di fronte due strade: studiare antropologia o enologia. E siccome ha capito da solo quello che Gino Veronelli ha sempre sostenuto, cioè che il vino oltre all’uomo è l’unico capace di racconti, per capire gli umani s’è messo a studiare enologia e s’è
laureato a Trento. Quelli che produce sono vini naturali, come li definiscono gli appassionati del genere. In termini tecnici l’uva è trattata solo con rame e zolfo, raccolta naturalmente a mano in cassette, fermentazione spontanea, zero additivi chimici, una dose simbolica di solforosa e nessuna filtrazione. Doveva produrre due etichette, ne sono
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uscite otto, tutte dai nomi secchi: Opplà (frizzante), Arga, in onore della garganega, la regina delle uve che coltiva, e poi gli altri bianchi Mistica e Ramingo; Osai è il rosato da uve Tai rosso, e poi i rossi Lottai, Lottai più forte, Enigma (vino da un’uva quasi misteriosa) e la birra Eremita. Interessanti i vini, che vale la pena di assaggiare, ed efficaci le etichette, essenziali
e magnetiche come il vignaiolo. Si vede che Enrico Bernardelle di Brixten, che le realizza, lo ha saputo interpretare bene. A dare una mano a Simone c’è da qualche mese Camilla Balbo, giovane laureata in enologia che non ha paura di camminare nelle zolle e sporcarsi le mani di terra. L’uva è madre, il vino è (anche) donna. Antonio Di Lorenzo
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Oroscopo
Ariete Avete bisogno di dedicarvi un po’ più a voi stessi e alle vostre passioni. Rallentate il ritmo e ascoltate di più voi stessi.
Toro Toro: E’ un periodo di grande inventiva e di buoni propositi. Mettetevi in gioco, il momento è propizio.
Gemelli E’ il tempo dei colori e della creatività. Non arrendetevi: siate fantasiosi e tenaci, nella vita e nelle relazioni.
Aprile Il sole torna ad illuminare le nostre giornate e restituisce nuove energie e speranze Raggiungi i tuoi potenziali Clienti con le nostre 20 Edizioni Locali e oltre 371.000 Famiglie raggiunte in Veneto
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Bilancia Siete determinati verso il vostro obiettivo: ci avete lavorato tanto, è tempo di concretizzare gli sforzi fatti fin qui.
Scorpione Avete bisogno di aria nuova ma per ora dovrete desistere da nuove avventure per rimanere con i piedi ben saldi a terra.
Sagittario
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Avete voglia di riscatto. Il momento è buono per tentare di realizzare i vostri desideri, anche se non tutti.
Cancro
Capricorno
Novità in vista che toglieranno un po’ di “polvere” alla vostra vita e vi rimetteranno in moto.
Il vostro proverbiale autocontrollo vacillerà. Inizia un periodo di grande romanticismo, sarete distratti e sognatori.
Leone
Acquario
Vivete alla giornata e continuate con il vostro entusiasmo ad affrontare le sfide di ogni giorno. Avrete le giuste soddisfazioni.
La vostra curiosità vi porterà a conoscere persone nuove. Siete ben disposti verso gli altri. Periodo favorevole.
Vergine
Pesci
Alla fine gli affetti sicuri e il vostro giro di amicizie si rivelano essere indispensabili, non cercate altrove ciò che già avete.
Siete alla ricerca di nuovi stimoli e ritmi nuovi. Lasciatevi andare al cambiamento: il nuovo orizzonte vi stupirà
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