Il Vicenza - Maggio 2023

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IL MUNICIPIO È IN CERCA DI UN INQUILINO: LE STRATEGIE E I CANDIDATI

Il 14 e 15 maggio primo turno delle amministrative in città: sette aspiranti sindaci in lizza

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Andrea Toldo è un legale ma ha anche una grande passione da diventare guida turistica

Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it<

Steven Hawking, lo scienziato inglese che scoprì i buchi neri, raccomandava di leggere all’indietro la storia per comprenderne le dinamiche. È quello che aveva fatto lui, studiando all’indietro la vita della galassia per arrivare a comprenderne una delle dimensioni fondamentali, i buchi neri appunto. Sessant’anni dopo ci ha pensato Carlo Rovelli a spiegare che anche il buco nero ha un epilogo positivo, perché termina con un buco bianco dal quale la materia esce, ma nel futuro.

segue a pag 5

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UNIVERSITÀ La campionessa di nuoto indaga sul cibo 6 ECONOMIA Taiwan, crisi che ci tocca molto da vicino 15 GIUSTINO MEZZALIRA Il clima si salva già in stalla 17 VICENZA CALCIO Da centrocampo in giù, tutto da rifare 25 ARTE Dipinge i fiori come Canaletto 24 GASTRONOMIA Da Zamboni cucina classica con brio 37
Alvise Ferronato alle pagg. 8, 9 e 10
COME SPIEGA L’AVVOCATO LA NOSTRA
AI
NEANCHE
Luca Matteazzi a pag. 12
ARTE
“FORESTI“
SGARBI
MAGGIO 2023 Periodico d’informazione localeAnno XXIX n. 5
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Vicenza città dei festival

Sonig Thackerian: le sue “Settimane musicali al teatro Olimpico” sono giunte alla 32ª edizione

Amaggio Vicenza diventa la città dei festival.

Ce ne sono ben tre, cadenzati durante il mese, che mostrano altrettante sfaccettature della musica. S’è appena concluso “Omaggio a Palladio” con Andras Schiff, il grande pianista e direttore che ha celebrato i 25 anni di presenza a Vicenza. Cinque lustri sono tanti e va dato atto a Piergiorgio Meneghini di aver avuto questa intuizione. Sicuramente quello di Schiff è un nome che proietta la città in una dimensione culturale internazionale, perché, com’è noto, gli appassionati vengono ad ascoltarlo da molti Stati d’Europa. Un’altra sottolineatura importante è che il festival riesce a mettere insieme energie pubbliche (il Comune) ma soprattutto quelle private, della Società del Quartetto che l’ha ideato ai vari sponsor, tra i quali va segnalata Caroline Marzotto, vedova di Paolo.

Sta invece per iniziare un altro festival, che è quello del jazz. Siamo ormai alla 27ª edizione di un’intuizione nata da Riccardo Brazzale: l’iniziativa pubblica può contare da sempre sull’appoggio di un importante sponsor come Luca Trivellato. Quest’anno il festival è dedicato alle donne nel jazz e dal 10 al 20 maggio ne ascolteremo molte. Il giorno dopo, domenica 21 , iniziano le “Settimane musicali al teatro Olimpico”, di cui la violinista Sonig Thackerian ha la direzione artistica. Anche in questo caso è un’iniziativa che arriva da lontano: questa è la 32ª edizione e gli artisti che saliranno sul palcoscenico (non solo dell’Olimpico) sono illustri: tra questi, vanno citati il sassofonista Piero Tonolo, il violoncellista Mario Brunello, l’attore Paolo Kessisoglu che interpreterà l’immaginaria visita a Beethoven come la scrisse Richard Wagner.

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Capire Vicenza

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Il riferimento serve a spiegare perché, in una campagna elettorale tesa e spigolosa, spesso giocata sui personalismi, è utile andare indietro nel tempo a cercare nella storia recente di Vicenza qualche altro caso di elezioni dalle caratteristiche, e spesso anche dagli esiti, particolari. Partiamo dall’orizzonte degli eventi della Prima Repubblica, quando tutto si svolgeva nelle stanze dei partiti e nelle segreterie. L’episodio più indicativo è quello delle amministrative del 1975. Anche a Vicenza soffia quel vento che porta il Pci nazionale al 34%, a solo quattro punti dalla Dc. Il Pci berico arriva al 18%, i suoi consiglieri passano da quattro a nove, con l’assemblea che sale a 50 membri e la Dc che ne ha “appena” 25. Servono cento giorni, diconsi cento, per uscire da un empasse che bloccs tutto. Il candidato sindaco in pectore, Lorenzo Pellizzari, trionfatore alle elezioni, è messo da parte: la sinistra del partito, capeggiata da Francesco Giuliari, non lo vuole: troppo legato a Rumor e al “vecchio”. Si eleggerà sindaco Giovanni Chiesa, che vivrà anni difficilissimi, fino al 1981, governando quattro giunte e altrettante maggioranze.

Dalla musica classica al jazz, ce ne sono tre solo a maggio di livello internazionale

L’altra vicenda è ancora più significativa: me la raccontò Bortolo Brogliato, vicentino di grande passione e di molti meriti civici, venticinque anni fa. Riguarda le elezioni politiche del 1958 tra l’addio amaro a palazzo Trissino del sindaco Giuseppe Zampieri e l’avvento di Antonio Dal Sasso. Sia chiaro: il ribaltone non è politico ma generazionale, tutto interno allo scudocrociato. Siamo negli anni in cui la Dc era largamente maggioranza. Candidare al Senato il sindaco della ricostruzione di Vicenza aveva avuto il sapore, soprattutto per lui, di un pensionamento per lasciare spazio a un giovane, per modo di dire, di 51 anni, di quattordici più giovane. Era la segreteria politica in mano ai trentenni a volere questa rivoluzione. Zampieri non la prese bene se, dal Senato, su carta intestata, spedì una lettera di educata protesta a Brogliato, lunga di sessanta pagine.

Come dimostrano anche queste due storie, Vicenza è una città complicata. Capirla è un impegno, certo, ma rispetto ad altre città qui è due volte più faticoso. Si rischia sempre di finire in un buco nero di gelosie e invidie. Però, noi puntiamo ai buchi bianchi di Rovelli, a un futuro luminoso che comunque la città merita.

Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199

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in redazione il 3 maggio 2023
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Il personaggio. Lisa Maccatrozzo è presidente del corso in sicurezza alimentare che ha raggiunto i 1000 laureati

La campionessa di nuoto indaga sul cibo

Padovana come Novella Calligaris, la piscina è la sua grande passione. Il corso Sia ha dimezzato gli studenti per fornire migliori condizioni a tutti. Mediamente, il 60% dei laureati trova lavoro in un anno.

L’obiettivo: “Corsi on line di qualità e farci conoscere di più”

Se le ricordate che è una campionessa di nuoto, lei si schermisce. D’accordo, non è andata alle olimpiadi come la concittadina Novella Calligaris, ma il suo tempo sui 100 dorso nel 2016, categoria master, è nell’albo d’oro della Fin pubblicato su Internet. Quarantanove anni, padovana, Lisa Maccatrozzo insegna al corso di sicurezza e igiene degli alimenti a Vicenza dal 2002, praticamente dalla sua fondazione. Laureata in biologia nel 1998, assegnista all’università di Padova nel 2001, ricercatrice nel 2005 è diventata professoressa associata nel 2015. Ha circa 120 studi scientifici alle spalle, 49 articoli e una settantina di contributi scientifici a covegni. Dal 2021 è presidente del corso di laurea del Sia, come è indicato nel gergo universitario.

È succeduta alla collega Francesca Capolongo e, risalendo il corso del tempo, come Steven Hawking raccomanda sempre di fare per capirne lo svolgimento, prima di loro sono stati presidenti Enrico Novelli e Igino Adrighetto, vicentino di Polegge che questo corso l’ha fondato assieme alla Fsu ventidue anni fa.

Secondo i dati Almalaurea, mediamente il 60% dei laureati Sia ha un lavoro entro un anno, ma le punte possono essere anche del 70 per cento.

“La verità – ammette la presidente – è che ci conoscono ancora poco. Questa figura

di laureato è un ponte fra chi opera nelle aziende e il mondo dei veterinari. Ma ci impegneremo a divulgare di più quello che siamo”.

Il corso Sia, comunque, ha un 20-25% di studenti che prosegue con la magistrale e ha 1000 aziende che orbitano attorno da tutto il Nordest, grazie al lavoro della Fondazione oggi presieduta da Adamo

Dalla Fontana e in precedenza da Mario Carraro e Silvio Fortuna. Dopo la pandemia s’è dovuto dimezzare gli iscritti, da 200 a 100, per dare a tutti la possibilità di studiare meglio. Intanto, di recente, il corso ha tagliato il traguardo del millesimo laureato. E si guarda avanti.

“Arrivano molti studenti anche dall’alberghiero – spiega la prof. Maccatrozzo – Il corso ha una forte componente di attività di laboratorio, mentre lo stage obbligatorio durante il secondo semestre del terzo anno garantisce un primo ma fondamentale momento di contatto con il mondo del lavoro”.

C’è molta fame di queste professionalità nel Vicentino proprio per la peculiarità della filiera alimentare locale molto sviluppata, che quindi richiede grande attenzione circa le tematiche della contaminazione degli alimenti e investimenti rilevanti nel campo della sicurezza alimentare, finalizzati ad evitare richiami di prodotti non conformi, con

conseguenti danni economici e dell’immagine del produttore.

Non vanno poi dimenticate le ricadute che produce questo corso sul tessuto economico locale in termini di conoscenze diffuse, in particolare per le collaborazioni con le imprese del territorio. Oltre all’attività di formazione che a loro volta i laureati svolgono come consulenti per le aziende, in vent’anni di attività sono stati condotti numerosi progetti di ricerca e sviluppo su nuove strumentazioni destinate alla produzione, come pure quelli sul valore nutrizionale degli alimenti di produzione locale fino allo studio della sicurezza al consumo dei prodotti alimentari ottenuti con tecnologie innovative.

Naturalmente, ogni anno accademico porta con sé anche qualche piccola novità in particolare dopo gli sconvolgimenti generati dalla pandemia che ha devastato tutti i progetti e le programmazioni tradizionali. Ma che ha anche fatto scoprire e fatto impratichire molti, docenti in primis, sui molti modi di tenere le lezioni a distanza.

“Abbiamo in animo di avviare una serie di accorgimenti per agevolare gli studenti nel seguire le lezioni per far sì che possano studiare con sempre maggior profitto – conclude la prof. Maccatrozzo –. Per questo motivo, considerando

che il 79% degli iscritti è composto da studenti lavoratori, e che molti sono pendolari, dal prossimo anno accademico inseriremo nel piano di studi una parte di didattica online per il 10% del monte

ore complessivo, mettendo così in pratica quella didattica innovativa sulla quale l’ateneo di Padova ha fatto notevoli investimenti”.

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L’università
Lisa Maccatrozzo, presidente del corso di laurea aperto a Vicenza 22 anni fa

Elezioni/1. Cristina Balbi del Pd giudica negativamente la giunta Rucco e indica gli obiettivi:

e mobilità emergenze per Vicenza”

“In questi anni è mancato un disegno complessivo per la città e anche i grandi progetti ereditati, cone il parco della Pace, sono stati messi in pausa. A Vicenza si devono anche eliminare gli “spazi bui”, come all’ex centrale del latte: il cantiere va avanti ma non si è discusso su come utilizzarla”.

“Possamai sa fare squadra”

Cristina Balbi, 48 anni, avvocata, sposata, due figli, esponente del Partito democratico, già assessore nella giunta Variati e consigliere di minoranza uscente, fa il punto della situazione politica in vista delle elezioni.

Che giudizio dà della giunta Rucco?

Ho visto le dinamiche dall’opposizione, il sindaco ha lavorato con uno scarso sostegno da parte della sua squadra, per giunta senza avere una visione complessiva di quello che avrebbe dovuto fare nei cinque anni di mandato, un po’ come se si fosse trovato sindaco per caso. Si è trovato a dover rincorrere le sue stesse promesse fatte in campagna elettorale.

Cos’è mancato, secondo lei? Un’idea complessiva che unisse tutti i settori e che potesse caratterizzare in maniera organica un’azione amministrativa. Rucco si è mosso in maniera molto frammentata, un po’ per rispondere alle esigenze immediate e un po’ per governare l’ordinario, senza avere uno schema preciso.

Su quali temi punta il Pd per la Vicenza dei prossimi cinque anni?

Prima di tutto l’ambiente, in primis il tema della salubrità dell’aria, e quindi interventi sulla mobilità sostenibile, anche con una incentivazione all’uso della bicicletta per andare al lavoro, progetti per piantare alberi, la riqualificazione energetica degli edifici pubblici e di quelli privati. Mi sta molto a cuore anche il tema della riqualificazione degli spazi che non sono utilizzati in città, “spazi bui” che vanno invece aperti e resi vivibili, come ad esempio San Biagio.

Cosa sono gli spazi bui?

Pensiamo alla ex centrale del latte, un progetto lasciato in eredità a Rucco dalla giunta precedente e su cui non è mai stato affrontato il tema di che funzioni metterci; dopo cinque anni forse finalmente i lavori finiranno ma ancora non sappiamo che cosa ci sarà lì dentro, non c’è più stato nessun dialogo con il quartiere a tal proposito. Stesso discorso per il parco della pace. C’è stata una pausa e l’incapacità di gestire questi cantieri ereditati. Di contro non ho visto cantieri nuovi che avessero una origine in un pensiero del sindaco, fatto salvo i lavori su viale Roma, di cui non riesco a cogliere il senso. Penso ai fon-

di del Pnrr, che sono stati portati a casa su progetti semplici che covavano nei cassetti da anni.

Il suo partito esprime il principale candidato alternativo a Rucco, Giacomo Possamai. Possamai è del Partito Democratico e questo è chiaro a tutti, ma neanche Rucco può dirsi civico, sappiamo bene che ha provenienze partitiche da quando era molto giovane, e in questi anni è sempre stato soggiogato dalle indicazioni dei partiti di centrodestra più grossi, dalla Lega all’inizio a Fratelli d’Italia. Il metodo usato da Possamai rispecchia la sua personalità: sa fare squadra, anche con chi ha delle visioni con sfumature diverse dalla sua, e ascolta. (al.fe.)

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Politica e amministrazione
“Prima di tutto, l’ambiente”
“Aria
Cristina Balbi, consigliera uscente, e Giacomo Possamai

Elezioni/2.

noi è rinato l’orgoglio dei vicentini”

Il centrosinistra vi accusa di immobilismo, di essere l’amministrazione del non fare. Cosa risponde l’assessore all’ambiente e alla cultura Simona Siotto?

Credo che abbiamo fatto molto più dell’amministrazione precedente. Al di là dei confronti, è un’amministrazione che si è occupata della città a tutto tondo, dalle piccole alle grandi cose.

Per esempio?

Penso ai progetti nelle scuole o all’illuminazione pubblica, fino ad arrivare ai progetti per la biblioteca Bertoliana, anche se al momento è una incompiuta, o per Campo Marzo, fino a quanto fatto in ambito culturale, per esempio con l’acquisizione di palazzo Thiene: mai nessuna amministrazione si era avventurata nell’acquistare un palazzo che rimanesse come patrimonio comunale e che riportasse l’orgoglio dei vicentini in città. Più in generale in ambito culturale siamo stati in grado di ridare una identità alla città, cosa che prima mancava.

In che senso?

L’assessorato alla cultura che ho ereditato dalla precedente amministrazione era completamente privo di relazioni con il territorio e con le associazioni. Oggi invece rivendica la rete museale, la Vicenza card che mette in rete tutti i musei, rivendica l’aver creato un dialogo, ed i risultati ci danno ragione.

Cosa rimane da fare invece?

Rimane tanto da fare, penso dal punto di vista urbanistico e del recupero architettonico, ad esempio. Va terminato il progetto della biblioteca Bertoliana, che diventi un polo per i giovani insieme al museo naturalistico archeologico che va completamente ripensato. Mancano ancora in città un museo dedicato all’arte contemporanea e uno dedicato all’infanzia, un posto dove i bambini facciano esperienze sia di tipo culturale che scientifico. E manca un progetto culturale in lingua dedicato ai turisti stranieri che vengono a conoscere Vicenza, soprattutto in inglese e francese.

Che voto dà a questi cinque anni di amministrazione

Rucco?

A Rucco do dieci per l’entusiasmo e la trasparenza, al mandato amministrativo in generale do un otto e mezzo; penso che più di così con il covid non si potesse fare, e che molte cose meritano di essere viste alla fine.

Un punto debole ed un punto forte del Rucco candidato sindaco

Punti deboli non ne vedo, a me piace il suo modo di porsi, perché non parla per slogan, al contrario di Possamai. Un suo punto forte è che l’amministrazione è riuscita ad aggiudicarsi moltissimi bandi, penso a quelli del Pnrr, i cui effetti si vedranno tra poco, e dai quali risulta tangibile una visione della città.

Non teme che i transfughi del centrodestra possano rappresentare un problema per voi alle elezioni?

Sicuro che fossero del centrodestra? Sono tutte figure che per varie ragioni si sono messe ai margini del gruppo, non penso che possano essere di ostacolo alla nostra coalizione. Perché si ricandida?

Ero civica nel 2018 e lo rimango anche oggi.

Riconosce qualche punto di forza al centrosinistra?

Ogni campagna elettorale va affrontata con molto pragma-

“L’esempio è palazzo Thiene: mai nessuno aveva acquistato un bene che restasse patrimonio della città. Ci siamo occupati di Vicenza a tutto tondo. Ci siamo aggiudicati anche moltissimi bandi, i cui effetti si vedranno fra poco: abbiamo dimostrato di avere un’idea chiara della città”

QUA LA ZAMPA!

tismo, e alla fine a decidere per fortuna saranno i vicentini. Nestamente nel centrosinistra vedo troppi candidati, tantissimi dei quali privi di esperienza amministrativa, mentre amministrare richiede una certa competenza. Piuttosto sono stata infastidita da alcune candidature, come quella dell’ex amministratore di Aim, perché non credo che chi ha ricoperto un ruolo del genere debba avere un marchio politico, e quelle di altri nomi legati a delle associazioni culturali, per la stessa identica ragione. Vedere schierate delle associazioni mi fa temere per il futuro culturale di questa città, perché la cultura dev’essere libera, senza precedenze basate sulla politica.

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L’assessore alla cultura e all’ambiente Simona Siotto traccia un bilancio dei cinque anni dell’amministrazione
“Con
Simona Siotto, assessore alla cultura e Francesco Rucco sindaco in cerca di riconferma

Elezioni/3. Nel 2013 furono dieci i candidati a concorrere, nel 2008 si presentarono addirittura in 12 e in 10 nel 2003

Se sette candidati vi sembrano tanti…

Accanto a Rucco e Possamai, ci sono Edoardo Bortolotto per i Cinque Stelle, Claudio Cicero con la sua “Impegno a 360°”, Annarita Simone per “La Comune” di De Magistris e Rifondazione, Lucio Zoppello con “Rigeneriamo Vicenza” e Stefano Crescioli per “ContiamoCi” espressione dei “No green pass”

Sembrano tanti sette candidati sindaci a Vicenza in corsa per le vicine elezioni. Succede perché la nostra memoria è corta e non ci ricordiamo che quindici anni fa, alle elezioni del 2008, quando Achille Variati vinse al ballottaggio con Lia Sartori per 527 voti (l’1% secco) a presentarsi al primo turno furono 12 candidati sindaci. È tuttora il record imbattuto da quando l’elezione diretta fu introdotta per la prima volta, nel 1995. In quell’occasione, accanto a Quaresimin e Breganze, portabandiera rispettivamente di centrosinistra e centrodestra, c’erano altri quattro candidati in lizza: Maria Giacobbo per la civica “Progetto per Vicenza” di cui era regista Roberto Mingardi, Giuseppe Magnabosco per la Lega, che correva da sola, Germano Raniero per Rifondazione comunista e il pilota di aerei Silvano Giometto con una sua civica. Alla fine la spuntò (inatteso) Quaresimin per 1.244 voti, esattamente 34.245 contro 33.0001, vale a dire l’1.8%. Per completare il quadro storico, va ricordato che furono 9 i candidati sindaci nel 1998, quando vinse Enrico Hüllweck su Giorgio Sala; dieci i candidati nel 2003 quando rivinse Hüllweck contro Vicenzo Riboni. Dieci i candidati nel 2013, quando fu confermato Variati con quasi il 54%, il doppio dei voti che raccolse Manuela Dal Lago per il centrodestra. Questa volta, accanto a Possamai e Rucco, che sono indubbiamente i maggiori aggregatori di consensi, ci sono altri cinque candidati. Neanche tanti, quindi, rispetto al passato. Prima di tutto va ricordato l’avvocato Edoardo Bortolotto per i Cinque Stelle, che ha

già ricevuto la benedizione di Giuseppe Conte, ex presidente del Consiglio giunto apposta a Vicenza. Alle politiche il gruppo ha ottenuto il 7%.

Uscito a sorpresa all’ultimo momento è Stefano Crescioli, 67 anni, Il movimento

“ContiamoCi”, che è portavoce delle idee “No green pass”, ha trovato nel medico vicentino il suo candidato. Attorno a lui e attorno a un’idea radicale di libertà si sono ritrovati 26 candidati al Consiglio comunale. Segue Claudio Cicero con la sua civica “Impegno a 360°”, che ricorda anche nel simbolo l’innovazione di cui l’ex assessore di tre sindaci in 25 anni (Hüllweck, Variati e lo stesso Rucco) è maggiormente ricordato: le rotatorie. Ha fatto scalpore, recentemente, la proposta di Cicero – a suo dire fattibilissima anche sotto il profilo economico – di una funicolare che colleghi la stazione a Monte Berico. L’ultima consultazione, risalente al 201 3, ha visto assegnare a Cicero il 2.7%.

Annarita Simone, unica donna candidata, è l’esponente de “La Comune”, una sigla che raggruppa l’Unione popolare di De Magistris, già magistrato e già sindaco di Napoli, e le forze di Rifondazione comunista. A sostenerla c’è infatti un volto conosciuto come quello del segretario Enrico Zogli. Per il gruppo comunista un 1.5% alle ultime consultazioni.

Lucio Zoppello e la sua “Rigeneriamo Vicenza” è uno dei quattro ex assessori di Rucco che si presentano alla corsa. Zoppello è molto conosciuto nella parrocchia della Stanga. Della sua lista fa parte anche un altro ex assessore di Rucco, vale a dire Marco Lunardi e un ex candidato sindaco del 2018, ossia Andrea Maroso, animatore di una lista venetista.

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Edoardo Bortolotto, Claudio Cicero, Annarita Simone, Lucio Zoppello, Stefano Crescioli

Il personaggio. Andrea Toldo ha una grande passione per l’arte. È anche una guida turistica: gira dal Veneto alla Toscana

L’avvocato vive tra codice civile e Tiepolo

“Con l’arte ci si immerge nella bellezza e nell’armonia, mentre con l’avvocatura devi trovare soluzioni a situazioni problematiche, in cui sei a contatto con la sofferenza delle persone.

L’avvocatura è affascinante, ma anche logorante: l’arte non lo è mai”

In ufficio con completo d’ordinanza e codice civile a portata di mano. Poi, tra una causa e l’altra, a raccontare le emozioni dei capolavori dell’arte: “A volte sembro un po’ dottor Jekyll e Mr. Hyde”. Andrea Toldo, 54 anni, sposato, studio a Costabissara, è il primo a scherzarci su, ma la battuta fotografa bene la sua situazione: di professione avvocato, con una attività consolidata nel ramo civilistico – diritto di famiglia, successioni, diritto commerciale – da sempre porta avanti in parallelo la passione per la storia dell’arte. E non si lascia sfuggire l’occasione di indossare i panni della guida turistica per accompagnare associazioni culturali o gruppi di visitatori alla scoperta delle meraviglie artistiche italiane.

“In effetti la storia dell’arte è sempre stata la mia vera passione - conferma – Avevo cominciato negli anni in cui il Centro turistico giovanile era molto attivo, ho preso l’abilitazione come guida turistica, e il lavoro di guida mi ha aiutato a finanziarmi gli studi. E anche se a livello professionale ho poi scelto giurisprudenza e la carriera forense, la passione rimane”.

Legge e arte, dunque, che per un po’ sono andate di pari passo. A fine anni Novanta

Toldo si laurea con una tesi, per l’epoca innovativa, sulla legislazione relativa al recupero e alla restituzione delle opere d’arte trafugate in modo

illegale. Entrando in contatto con il Nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri

(“Che emozione entrare nel loro deposito, con centinaia e centinaia di opere recuperate” ricorda), e si occupò, tra le altre, di opere come la Venere di Morgantina e il Vaso di Eufronio, che qualche anno dopo sarebbero state effettivamente restituite all’Italia. “Avevo cercato un punto di incontro tra questi due mondi, lavorando su come la parte legale possa contribuire a salvaguardare il patrimonio culturale e artistico – racconta Toldo – Tra l’altro, anche se in pochi lo sanno, il mercato clandestino di opere d’arte è una delle principali fonti di entrate per la malavita organizzata, subito dopo il traffico di droga e armi”.

Poi i binari si sono divisi. E le visite a ville e musei hanno dovuto ritagliarsi spazio tra un’udienza e l’altra. Ma senza cessare: una volta il Rinascimento toscano e le ville medicee, un’altra i luoghi del Lazio legati alla famiglia Farnese, in mezzo qualche puntatina a Venezia e nei saloni affrescati da Tiepolo. “Ho collaborato con alcune associazioni, ad esempio Italia Nostra, oppure con gruppi di turisti che mi chiamano per visitare qualche monumento o qualche museo. Ma per me rimane una passione, non un lavoro: esattamente come per altri potrebbero essere la vela o la pittura”.

Il punto è che, per quanto apparentemente lontane, le due attività permettono di sviluppare aspetti tra loro complementari. E in qualche modo si bilanciano: “La relazione con gli altri è fondamentale sia nel lavoro legale che nel raccontare un’opera d’arte – conclude Toldo – ma l’arte permette di dare quel tocco di calore che la legge non sempre consente. Nelle questioni legali devi sempre mantenere un certo distacco, un po’ come il chirurgo che non deve lasciarsi coinvolgere dalle emozioni mentre opera. Mentre racconti un’opera d’arte, è il contrario: l’emozione e il coinvolgimento fanno

parte di quell’esperienza. Con l’arte, inoltre, ci si immerge nella bellezza e nell’armonia, mentre con l’avvocatura devi trovare soluzioni a situazioni problematiche, in cui sei

a contatto con la sofferenza delle persone. L’avvocatura è affascinante, ma anche logorante: l’arte non lo è mai”.

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Attualità
L’avvocato Andrea Toldo, il palazzo di Giustizia a Vicenza e un affresco di Tiepolo a Villa Valmarana ai nani

L’evento. Nicla Signorelli e il marito Marco Fiorese promuovono lo stile

di vita dell’autore di “The Cina

study”

Sono i due profeti vicentini di Campbell

La loro associazione Be4Eat festeggia gli undici anni di vita mentre loro hanno pubblicato un libro che s’intitola “La salute è nelle tue mani” per divulgare la filosofia del professore americano. “Oggi c’è meno timore ad avvicinarsi al cambiamento alimentare”

Nicla Signorelli, scrittrice e giornalista laureata in filosofia della scienza con master in giornalismo scientifico e il marito Marco Fiorese, imprenditore e fondatore di Be4Eat, hanno cambiato la loro vita dopo con l’incontro, nel 2012, con T. Colin Campbell biochimico, nutrizionista e professore emerito alla Cornell University noto per il suo saggio “The China Study”. Nel testo Campbell mette a confronto le abitudini alimentari cinesi con quelle occidentali, evidenziando il ruolo delle proteine animali nello sviluppo di malattie come il cancro, il diabete e le malattie cardiache. Il suo testo, molto discusso anche in ambito accademico, è alla base di “La salute è nelle tue mani”, il nuovo libro con cui Nicla Signorelli e Marco Fiorese ricostruiscono il percorso umano e professionale di Campbell, presentando le ricerche e i risultati a cui è giunto al pubblico italiano. Quando e come vi siete avvicinati agli studi di Campbell?

Marco: “Sono venuto a conoscenza del libro di Campbell mentre ero in Inghilterra durante una business mastery. Da ingegnere sono rimasto colpito dalla precisione scientifica e matematica con cui lo scienziato riporta i dati raccolti e ho iniziato a pormi degli interrogativi sia su come l’alimentazione influenzi il nostro stile di vita, sia sulla formazione delle malattie che avevano causato la morte dei miei genitori: diabete e cancro”.

Nicla: “Ricordo ancora quando a fine 2011 mio marito, varcando la soglia di casa con in mano la traduzione italiana del “The China Study”, mi promise che in quelle pagine avremmo trovato la soluzione a tutte le preoccupazioni riguardo la salute dei nostri cari e soprattutto, in quel periodo, quella del nostro figlio più piccolo, il quarto, che allora aveva solo 10 mesi”.

Da allora come è cambiata la vostra vita?

Nicla: “La spinta personale nata dalla lettura del libro ci ha portato a richiedere informazioni allo stesso Campbell”.

Marco: “Iniziammo a sognare di realizzare un evento per far sapere all’Italia ciò che Campbell raccontava nel suo libro e ci riuscimmo il 21 settembre

2012, ospitandolo a Vicenza. Da allora far conoscere a più persone possibili i suoi studi scientifici è divenuta la nostra missione. Così è nata l’associazione “Be4Eat”. Quali ostacoli avete incontrato nella divulgazione del suo pensiero in Italia, paese della dieta Mediterranea?

Marco: “La difficoltà sta nell’aspetto culturale, nel paradigma alimentare radicato nel nostro Paese, anche se in Italia siamo avvantaggiati perché la vera dieta mediterranea che più si avvicina alle ricerche di Campbell, è quella che mangiavano gli antichi e i nostri bisnonni composta dal consumo abituale di cereali integrali come il miglio o l’avena”. Che differenza c’è tra il regime alimentare di Campbell e quello vegano?

Nicla: “La dieta di Campbell comprende verdura, cereali integrali, legumi, noci e semi, erbe e spezie minimamente lavorati ed esclude prodotti di origine animale, carne rossa, pollame, pesce. Il veganesimo è una scelta etica, mentre la dieta di Campbell si riferisce solo a scelte alimentari non escludendo del tutto la possibilità di mangiare uova o latticini, purché a filiera corta e nel rispetto degli animali. Di fatto si tratta di un regime alimentare a basso contenuto di grassi e ricco di fibre”.

Cosa vi chiedono le persone quando si avvicinano alla dieta di Campbell?

Nicla: “Le persone sono più attente alla loro salute, arrivano con molte teorie e ci chiedono certezze. Rispetto agli anni scorsi c’è meno timore ad avvicinarsi al cambiamento del regime alimentare. Resta invariata la forza di volontà e la voglia di avviare un percorso di consapevolezza verso il cibo e il benessere personale”.

Prossimi progetti?

Marco: “Per festeggiare l’undicesimo anno di Be4Eat stiamo organizzando un evento che si terrà in settembre a Vicenza”.

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Attualità
Nicla Signorelli e Marco Fiorese
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Il caso. Il piccolo Stato è il maggior produttore di semiconduttori, essenziali in ogni tecnologia, e dei vitali microchip

La crisi di Taiwan ci interessa da vicino

Il mercato delle tecnologie di Taiwan vale, secondo Bloomberg, 500 miliardi di dollari. Le aziende del Paese sono considerate strategiche in questo settore a livello mondiale. L’Europa è in attesa silenziosa

Difficilmente è possibile comprendere quanto sta accadendo oggi in estremo Oriente se non si considera su cosa verta, in realtà, il confronto che vede contrapposti Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese circa l’isola di Taiwan.

Nata nel 1949 in opposizione alla Repubblica Popolare Cinese (PRC) quale ultima enclave dei nazionalisti cinesi di Chiang Kiai-hek, Taiwan (ovvero la Repubblica di Cina) è da sempre rivendicata dalla Cina Popolare quale proprio territorio e ogni questione relativa ad essa viene considerata da Pechino una questione strettamente interna.

L’attuale crisi, esacerbata prima dalla visita della speaker della Camera statunitense Nancy Pelosi (agosto 2022) e rinfocolata poi dall’incontro tra la presidente Taiwanese Tsai Ing-wen con il nuo-

vo speaker americano Kevin McCharty del 5 aprile scorso, non è solo politica e di contrapposizione geo-strategica, anche se l’enorme arsenale bellico cinese costituisce di per sé un elemento di grande preoccupazione per Paesi quali Giappone e Korea del Sud, ma anche e soprattutto economica.

La Repubblica di Cina (Taiwan) non solo detiene un Pil nazionale che la colloca al 21°posto nel mondo (841.209 milioni di dollari), ma è anche il più grande produttore globale di semiconduttori e di microchip (con il 60% dell’intero mercato, seguita a lunga distanza dalla Sud Korea con il 19%); un mercato che vale, secondo Bloomberg, oltre 500 miliardi di dollari.

Il ruolo economico delle aziende taiwanesi è considerato strategico nella catena di approvvigionamento dei

semiconduttori, elementi essenziali per ogni dispositivo elettronico.

Taiwan è un’isola piccola, a soli 180 chilometri dalla costa cinese e sembrerebbe destinata, se non vi fosse l’impegno Usa a difenderne l’integrità, a soccombere in un confronto diretto con la Repubblica Popolare Cinese. Lo stretto che separa l’isola dal continente, spesso definito “la giugulare dell’elettronica”, vede oggi aumentata a dismisura la presenza militare cinese e americana; una dimostrazione muscolare che, da parte occidentale, vuol sottolineare l’impegno a che la massima industria elettronica del mondo non passi in mani cinesi.

L’Europa? Sta silente in attesa e quando parla (come dimostrano le ambigue dichiarazioni di Emanuel Macron al suo ritorno dal viaggio in

Cina) lo fa in modo illogico. Il richiamo del presidente francese all’Europa, perché non s’immischi in una “crisi non sua” dimostra che la pugnace determinazione esternata nei confronti dell’aggressore russo non varrebbe (o varrebbe di meno) nel caso in cui l’aggressore fosse cinese e l’aggredito fosse molto lontano dai nostri confini.

L’insostituibilità economica

del partner cinese, con le relative dannose inferenze per gli affari europei legate ad eventuali sanzioni, rende vistosa lo strabismo europeo in ambito securitario; in un mondo globalizzato ogni evento, anche il più lontano, impatta sul nostro futuro e sempre più la politica stenta a prendere atto di tale dato di fatto.

Giuseppe de Concini

www.ilvicenza.com 15 Dona il 5x1000 Women For Freedom ONLUS Codice Fiscale 91040450248 Aiutaci a proteggere e a liberare donne e bambini dalla violenza e dallo sfruttamento sessuale. PH: marcosartoriphoto.net Raggiungi i tuoi potenziali clienti con noi. Stampa, Web, Mobile, App. Dentro il territorio nel cuore della gente! Oltre UN MILIONE utenti/mese. Oltre 2.550.000 pagine visualizzate/mese. Economia
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Ambiente

Il

Il cambiamento climatico si salva in stalla

A Vicenza e provincia mancano cento milioni di metri cubi d’acqua. La siccità incombe, la temperatura si alza. Servono energie pulite e rinnovabili. L’agricoltura può contrubuire a tutelare le risorse idriche

Alle nostre generose risorgive mancano cento milioni di metri cubi d’acqua. Lo ha accertato Viacqua, attribuendone la causa allo sfruttamento scriteriato e progressivo degli ultimi quarant’anni. A questo prelievo sistematico si aggiunge il mutamento climatico: la temperatura che s’è alzata in 40 anni di un grado e passa.

Gli scienziati ci stanno avvertendo da anni che il conto alla rovescia non accenna a fermarsi e che la catastrofe globale si avvicina inesorabilmente. Tra i grandi esperti vicentini, appassionato promotore della causa della tutela dell’ambiente, c’è anche Giustino Mezzalira. Direttore della sezione ricerca e gestioni agroforestali di Veneto Agricoltura, è laureato in scienze forestali e ha 40 anni di attività professionale, sia come funzionario pubblico sia come libero professionista. Molti gli ambiti in cui è esperto: ricerche faunistiche, vivaistica forestale, rinascita delle foreste di pianura, utilizzo delle biomasse legnose a fini energetici. È accademico olimpico e vicepresidente della Biblioteca “La Vigna”. “A pensarci bene – spiega Mezzalira – non c’è nulla di nuovo in quanto sta accadendo: da quando gli uomini hanno iniziato ad incidere in modo significativo sull’ambiente (prima con la

caccia, poi con l’agricoltura ed infine con l’industrializzazione) hanno dovuto continuare ad adattarsi alle nuove condizioni da essi stessi create”. Per Mezzalira, che ne ha parlato anche di recente alla rassegna Risorgive organizzata da Viacqua a Dueville, la novità è la velocità del cambiamento generato dall’uomo a partire dalla rivoluzione industriale e dal suo crescente utilizzo di fonti fossili di energia, prima col carbone, poi con il petrolio ed infine col gas naturale. Come i nani di Tolkien, avverte Mezzalira, abbiamo liberato dalle viscere della terra troppo carbonio, una forza immensa che ora non riusciamo a controllare e che ci impone di reagire per difendere il nostro mondo: abbiamo riportato in atmosfera, nel volgere di pochi decenni, quanto le era stato sottratto in centinaia di milioni di anni attraverso la fotosintesi di piante ed erba, ed era stato sotterrato attra-

verso processi geologici. Se vogliamo dare una svolta all’autodistruzione, dobbiamo togliere anidride carbonica dall’atmosfera, restituire ai terreni la capacità di catturare il carbonio libero attraverso la fotosintesi delle piante e stoccarlo nuovamente nei terreni. Ecco, dunque, che nelle politiche di mitigazione climatica, l’agricoltura e le foreste possono giocare un ruolo fondamentale attraverso una profonda ma fattibile modifica delle tecniche agronomiche e una protezione ed espansione del manto verde e forestale. È la strategia su cui insiste anche la politica europea, in linea con il “Green Deal” (obiettivo: entro il 2050 fine delle emissioni nette di gas a effetto serra) che chiede di trasformare i metodi di produzione agricola, usando tra l’altro meno agrofarmaci e fertilizzanti di sintesi, aumentare le superfici protette e piantando più alberi.

La corriera è lo specchio del mondo nei racconti di Franca Porto

Ci vuole occhio allenato a cogliere le sfumature dei caratteri e o spirito giusto per raccontarli con ironia. Franca Porto, già segretaria provinciale e regionale della Cisl (che vuol dire massimo dirigente e non semplice assistente del capo) lo ha fatto sfruttando un’ora e un quarto di viaggio da Valdagno a Vicenza. Due volte al giorno. Ha prodotto questo quaderno dei “Racconti della corriera” che raccoglie i suoi scritti pubblica-

ti, con grande successo va detto, sul suo profilo Facebook.

Quando Franca ha smesso di lavorare nel sindacato ed è andata in pensione ha deciso di smettere anche di guidare. Ha scelto la corriera, quella che da Valdagno la porta a Vicenza, centrando vari obiettivi: ha azzerato l’ansia, ha abbassato l’inquinamento e soprattutto ha conosciuto le persone.

Lei, che per lavoro perso-

ne ne ha incontrate tante, riesce a tracciare con vivacità e brillantezza caratteri e situazioni. Basta leggerlo per rendersene conto. Dovrebbero nominarla testimonial della Svt.

Il libro ha anche uno scopo benefico. Il ricavato sarà devoluto alla “Casa estudiantil” fondata in Bolivia nel 2000 da Anna Maria Bertoldo, già sindacalista Cisl, per fare studiare le ragazze del luogo. La casa si trova a Colomi, a 50 km. da Co-

Una semplice quanto efficace procedura per favorire la cattura dell’anidride carbonica attraverso l’agricoltura, Giustino Mezzalira la indica in una visione strategica proposta dal Consorzio italiano biogas che punta a utilizzare i sottoprodotti della stalla per ottenere biogas da cui ricavare energia pulita. Come un tempo il letamaio era il centro dell’azienda agricola tradizionale, osserva Mezzalira, così oggi il digestore può rappresentare lo snodo attraverso il quale passano i processi che

chiudono i cicli della materia e dell’energia, che permettono quindi di creare valore economico, stoccare carbonio nel suolo, proteggere le risorse idriche, conservare la biodiversità. È il ciclo della natura che si chiude.

L’agricoltura, dunque, con questa strategia definita “Farming for future” (FFF) può diventare parte attiva delle soluzioni contro il cambiamento climatico, generando nuove opportunità.

chabamba, terza città per grandezza. Ha già ricevuto dalla Cisl una donazione

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per ricordare Bruno Oboe, l’indimenticato timoniere del sindacato cattolico.
personaggio. Giustino Mezzalira spiega quanto sia prezioso il biogas ottenuto dai rifiuti organici negli allevamenti
Giustino Mezzalira e un impianto di biogas in un allevamento Franca Porto, da sindacalista a scrittrice Fotografa il QR code e ascolta l’ultimo Notiziario

Il concorso

La scoperta. L’ho trovata sul Novegno e sono arrivato alla conclusione che si tratta di un dinosauro

dei mari

Eccoli i vincitori del contest di Carnevale de LaPiazza!

Ecco la vertebra del raro Grazianosaurus

Dividendo gli uomini in quelli che credono a quello che vedono e quelli che vedono quello che credono, penso di appartenere ai secondi, cioè ai cretini con una fervida immaginazione. Passo subito ad un esempio concreto, il ritrovamento sul Monte Novegno dell’oggetto qui in foto.

opo un’appassionante gara a colpi di costumi e trucco, ecco i vincitori del contest “Carnevale in Piazza” che ha infiammato i mesi di febbraio e marzo su laPiazzaweb.it. Sono venuti in sede de la Piazza proprio i primi classificati per ritirare i loro premi!

DPer chi come me, ha innata l’erronea opinione di essere destinato a grandi e rivoluzionarie scoperte, questi accadimenti sono irresistibili canti di sirene. Malgrado le tre ore di salita e la prospettiva di altre due di discesa, non ho potuto dunque fare a meno di ficcare nello zaino il pesantissimo pietrone affiorante dal terreno, presagendovi già la vertebra caudale di un Grazianosaurus Albertii, leggendario ittiosauro che solcava le lagune vulcaniche dell’Olofrenico Inferiore Sinistro.

Quella che doveva essere una spensierata gita in montagna, si è trasformata così nei mesi a seguire in un’indagine ossessiva e ossessionante. Estenuanti

ricerche su internet, raffronti morfologici, corsi on line tipo “Paleontologo anche tu in 25 minuti”, tutti avvicinamenti utili, ma non decisivi. Osservate il perfetto foro circolare che attraversa per intero l’oggetto e provate a chiedervi anche voi: è il canale del midollo spinale di una vertebra caudale oppure la foratura troncoconica di un’ascia martello di età eneolitica eseguita con la tecnica del tornio ligneo neanderthaliano? Questo chiedevo a mia moglie dopo averla svegliata in piena notte, ricevendone prontamente una letale e giusta manata sul naso. Speravo in una svolta con l’aiuto di Google Lens, un’app di riconoscimento delle immagini, ma se mi rivolgevo al Mago di Lambrate era meglio: secondo la demente applicazione, il mio pietrone poteva essere plausibilmente una lampada vintage, una scultura africana in osso o un peso di un’antica rete da pesca fenicia. Sul Monte Novegno?

Ad arrivare in cima al podio, al terzo posto i FOX. Nata nel 2005 e originaria di Legnaro, è una società di hockey in line composta da promettenti e giovani atleti. A ritirare il premio di 1 00 euro in buono spesa Despar, sono venuti i rappresentanti delle categorie U10, U12 e U14 Aryan, Filippo e Davide assieme alle loro due coordinatrici Marta e Anna. Bravi ragazzi e in bocca al lupo per le prossime competizioni!

Sul secondo gradino del podio invece è salita “Ocio al Mocio” ! La dolce e bellissima Angelica, di soli 1 2 anni, con il suo super e originale travestimento da “mocio” ha catturato l’attenzione dei votanti che l’hanno premiata con la medaglia d’argento. A lei va il premio di 150 euro in buono spesa Despar.

Nel pieno del delirio investigativo, ero riuscito a coinvolgere

Standing ovation per la più piccola, che a soli 1 0 mesi, è riuscita a battere gli altri partecipanti. Sofia, con la sua maschera da Minnie , ha rapito i cuori dei lettori de LaPiazzaweb.it che proprio non hanno saputo resisterle. A mamma Andree il ricco premio di 250 euro di buono Antenore Energia consegnato dal delegato Manuel Viola.

anche dei professori dell’università di Padova e di Siena, i quali cercando tra la collezione di ossa di mammiferi del Pleistocene, avevano alla fine confessato di non aver mai visto niente di simile. Giorno dopo giorno il mistero ingigantiva e come Tom Hanks naufrago in Cast Away con il pallone-feticcio Wilson, anch’io avevo ormai instaurato un dialogo quotidiano col mio vertebrone. In breve, era diventata tradizione che alla fine di ogni cena con ospiti, invece che il dessert arrivava il pietrone e giù tutti a fare illazioni fino a tardi. Sapevo che quella era l’unica strada che avrebbe portato alla soluzione, che presto o tardi sarebbe arrivato Lui, il Disvelatore. E infatti il mitico Davide, soccorritore alpino in tutti i sensi, non appena lo vide sentenziò: “Ma questo è un blocco di sale per mucche e animali da pascolo”. Il mistero del Grazianosaurus Albertii si era sciolto in pochi secondi come neve al sole, anzi al sale: solo un cilindro minerale modellato da

Dopo questa colorata competizione tocca ai nostri amici animali mettersi in gioco nel contest “Qua la zampa!” . Anche questa volta basta andare su laPiazzaweb.it e caricare una foto del proprio pet. C’è tempo fino al 30 giugno!

Per le 3 foto più votate ancora buoni Antenore e Despar, ma anche fino a 1 75 kg in alimenti per il tuo amico peloso! Tutto il regolamento sul sito. Rimettete le mani agli obiettivi, e che abbia inizio una nuova sfida!

te affetto. Se questa non è la

tragedia di un uomo ridicolo, Alberto Graziani

Eccoli i vincitori del contest di Carnevale de LaPiazza!

Dopo un’appassionante gara a colpi di costumi e trucco, ecco i vincitori del contest “Carnevale in Piazza” che ha infiammato i mesi di febbraio e marzo su laPiazzaweb.it

Sono venuti in sede de la Piazza proprio i primi classificati per ritirare i loro premi!

Ad arrivare in cima al podio, al terzo posto i FOX. Nata nel 2005 e originaria di Legnaro, è una società di hockey in line composta da promettenti e giovani atleti. A ritirare il premio di 100 euro in buono spesa Despar, sono venuti i rappresentanti delle categorie U10, U12 e U14 Aryan, Filippo e Davide as-

sieme alle loro due coordinatrici Marta e Anna. Bravi ragazzi e in bocca al lupo per le prossime competizioni!

Sul secondo gradino del podio invece è salita “Ocio al Mocio”! La dolce e bellissima Angelica, di soli 12 anni, con il suo super e originale travestimento da “mocio” ha catturato l’attenzione dei votanti che l’hanno premiata con la medaglia d’argento. A lei va il premio di 150 euro in buono spesa Despar.

Standing ovation per la più piccola, che a soli 10 mesi, è riuscita a battere gli altri partecipanti. Sofia, con la sua maschera da Minnie, ha rapito i cuori

dei lettori de LaPiazzaweb.it che proprio non hanno saputo resisterle. A mamma Andree il ricco premio di 250 euro di buono Antenore Energia consegnato dal delegato Manuel Viola.

Dopo questa colorata competizione tocca ai nostri amici animali mettersi in gioco nel contest “Qua la zampa!”. Anche questa volta basta andare su laPiazzaweb.it e caricare una foto del proprio pet.

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Partecipa al contest fotografico fino al 30.06 e vinci favolosi premi per i tuoi fedeli amici

www.ilvicenza.com 18 Umorismo
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Il personaggio. Guglielmo Zannini nel 1886 prima di partire lasciò una grossa somma per far costruire l’ospedale a Sandrigo

Il presagio del conte: “Morirò in Etiopia”

E così avvenne.

Aveva 29 anni, era conte e appassionato di viaggi. La spedizione del conte Porro di cui faceva parte fu trucidata dall’emiro locale. La sera prima di morire scrisse una lettera che si rivelò profetica

Vicenza, 26 aprile 1886: un quotidiano locale riportava in prima pagina, evidenziato in grassetto, il seguente testo: “Un telegramma del console italiano in Aden in data 25 ore 10 ant., reca questa terribile notizia. “Una barca montata da indigeni proveniente da Zeila portò qui ad Aden la notizia che il Sultano dell’Harrar fece trucidare tutti gli europei che erano nel suo regno e che presso a Gildessa assalì con duecento uomini la spedizione del co. Porro, uccidendo tutti i componenti di essa”.

Il breve dispaccio causò un vero e proprio shock ai lettori: fra gli otto membri della spedizione, vittime del cruento agguato, vi era infatti anche un ancor giovane ma già noto vicentino, Guglielmo Zannini, le cui avventure in terra africana avevano suscitato crescente interesse in città.

Nato a Sandrigo il 20 gennaio 1857, Zannini – dopo gli studi giuridici a Padova e Pisa –aveva subito manifestato una forte attrazione per i viaggi e l’avventura. Spinto da questa “sete vaga, intensa, indeterminata dell’ignoto” (come ricorderà Giacomo Zanella commemorandolo), aveva avanzato la propria candidatura al conte Gian Pietro Porro, presidente della Società di Esplorazione Commerciale in Africa e organizzatore di una delicata spedizione in Etiopia che – sotto le vesti di missione commerciale – nascondeva un intento squisitamente militare, volto a sondare una possibile conquista coloniale da parte dell’Italia del territorio esplorato.

Alla vigilia della partenza di Zannini, prevista da Napoli il 26 gennaio, i componenti della sezione Cai di Vicenza avevano offerto al loro consocio un banchetto di saluto, al quale presero parte, fra gli altri, Almerico Da Schio, il conte Colleoni e Ottone Bren-

tari. Un’infausta premonizione dovette far capolino nella testa del giovane esploratore che, il giorno seguente, decise di effettuare un generoso lascito al Comune di Sandrigo con la clausola “che lo stesso ente locale edificasse un ospedale e mantenesse l’oratorio che fungeva da sepolcreto della famiglia”.

Quest’ultimo era una sorta di tempietto a due piani, edificato nel giardino di casa Zannini su progetto di Antonio Caregaro Negrin e affrescato internamente da Giovanni Busato. Le notizie che nelle settimane a seguire giunsero dall’Africa furono da subito poco incoraggianti; a metà marzo Zannini scriveva ad Alessandro Cita, industriale e presidente del Cai: “Mio carissimo amico, la spedizione Porro come tutte le altre che la precedettero ha dovuto pagare il proprio tributo [...] Non puoi credere quanta abnegazione ci è voluta per non rinunziare all’impresa [...] Domani all’alba, senz’altro, noi partiremo per Zeila. Pensa che noi compiremo il viaggio in condizioni affatto anormali. All’Harar dove, in parte, arriveremo senza dubbio, bisognerà usare la massima circospezione per la pazzia dell’Emiro [...] E questo non basta, perché dovremo attraversare il territorio delle tribù somale che sono tutt’altro che tranquille”.

Parole che si dimostrarono un terribile presagio. L’agguato sanguinoso, infatti, si abbatté sulla spedizione la mattina del 9 aprile, causando la morte immediata di quasi tutti i suoi componenti.

Il solo conte Porro riuscì momentaneamente a scampare alla strage, prolungando un’agonia che terminò tuttavia solo qualche ora dopo.

La notizia della strage giunse 15 giorni dopo, provocando in tutta la nazione un forte sgomento. L’Italia, che in quel periodo era fortemente impegnata in una politica estera d’espansione coloniale, non volle tuttavia calcare emotivamente l’episodio. I resti dei pionieri italiani non furono mai più ritrovati; il sacello funebre dei Zannini, che accoglieva le spoglie di tutti gli altri familiari, non poté dunque offrire il riposo eterno allo sfortunato giovane la cui memoria, in virtù della sua lodevole generosità, rimane però ancor oggi vivida fra i suoi conterranei, dato che l’ospedale di Sandrigo si chiama con il suo nome associato a quello di Pietro Maraschin, parente per parte di madre.

www.ilvicenza.com 23 Vicentini illustri
Il conte Guglielmo Zannini morto a 29 anni. L’ospedale di Sandrigo porta ancora oggi il suo nome
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Orchidee più vere di quelle di Nero Wolfe

La sua precisione coniugata all’eleganza ricorda i quadri di Canaletto che trasmettono non solo la realtà ma anche l’anima di un mondo, come del resto fanno anche i veri fotografi

Chissà cosa avrebbe commentato Nero WolfeTino Buazzelli ammirando le sue orchidee, lui che di questi fiori si intendeva parecchio, al punto da sacrificare gli omicidi da risolvere per aver tempo di curare le orchidee. Magari avrebbe approvato, festeggiando con un nuovo piatto di Fritz, l’ossequiente maggiordomo cuoco.

E chissà cosa avrebbe detto Vincent Van Gogh di fronte ai suoi iris così leggiadri e non tormentati come lui invece li interpretava. Magari avrebbe preso spunto e avrebbe venduto finalmente un quadro, lui che in vita non vendette mai niente. Chi lo sa. Certo che la pittura botanica di Valeria Iseppi colpisce, lascia il segno per la sua precisione e brillantezza, cattura l’attenzione e l’anima di chi ammira i suoi disegni.

Sono frutto di un lungo lavoro, quelle tavole. Le servono settimane, anche mesi, per condurre a termine un quadro. Quelle mele che ha imparato a disegnare da Anna Paolettoindimenticata maestra del genere - l’hanno impegnata così nel profondo che le ha messe come copertina della sua mostra, di recente alla Libreria Galla. Poi, dopo aver completato il quadro, ha confessato che le ha mangiate, lodando il Trentino per quelle specie di mele così particolari e diver-

se - non solo nei colori - dalle delicious cui siamo abituati. Valeria Iseppi è prima di tutto una scienziata, laureata in biologia e già docente alle superiori. La sua fascinazione verso piante e fiori si trasforma in un’applicazione continua e determinata, come quella - appunto - che regola la vita di chi studia scienze. Ma il suo è anche un sincero amore per il mondo vegetale: i suoi non sono dipinti freddi, copie minuziose ma senz’anima. Tutt’altro. Lei va d’accordo con Stefano Mancuso, docente universitario di botanica e neurobiologo, che spiega quanto le piante siano intelligenti e come comunicano, al punto tale che - sostiene - hanno veri e propri diritti come le persone. La superiorità la dimostrano senza parlare: loro possono vivere senza di noi, mentre noi senza di loro no.

A Valeria le piante piacciono anche perché stanno ferme e in silenzio, a differenza di molti umani che magari parlano troppo e sopportano le cartacce gettate consapevolmente, ma brontolano per le foglie secche portate dal vento, quelle che lei invece riesce a rianimare nella pittura riempiendo di colore e linfa le loro nervature.

Valeria ha iniziato a dedicarsi alla pittura botanica da una quindicina d’anni, ma lei la

vive come un momento intimo. Si sente più che un artista un’artigiana e la sua frequentazione della Stamperia Busato ne è una prova. Ha eseguito anche incisioni della materia nera, che è solo una tecnica e non richiamo al lavoro per Dario Argento.

Fu una mostra alla Marciana della collezione di Shirley Sherwood ad accendere in Va-

leria la scintilla della passione per questa pittura, a torto ritenuta minore e invece semplicemente di nicchia. Così nei colori degli acquerelli sono tornate a rivivere le sue passeggiate nella campagna dei Berici, il giardino della nonna, la mamma eccelsa coltivatrice di piante. Insomma, Valeria nella sua pittura di piante, fiori e frutti - attenzione,

parliamo sempre di scienza, i dipinti devono osservare una scala di 1 a 1 - è come Canaletto: precisione maniacale e dettaglio perfetto servono a conferire solennità al quadro. La sola differenza fra i due è che Canaletto girava con una camera oscura portatile sulle spalle, fatica che lei può evitare visto che i soggetti sono più a portata di pennello.

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Il personaggio. Valeria Iseppi è una pittrice botanica. Dipinge i fiori con un’accuratezza scientifica
Arte
Valeria Iseppi e due suoi quadri: le orchidee e le peonie

Dal centrocampo in giù, tutto da rifare

Farsi superare all’ultima giornata del campionato dal redivivo Padova e perfino dalla Virtus Verona ha rappresentato una figuraccia per i biancorossi che in partenza avevano grandi ambizioni. È stata invece una grama stagione, con 14 sconfitte e 47 gol subiti: solo il Renate ha fatto peggio. Nei play off ci sono fior di avversarie e non bisogna escludere che emerga anche qualche sorpresa

Il Vicenza chiude il campionato classificandosi al settimo posto, un piazzamento che, all’inizio della stagione, era impensabile alla luce dei pronostici di stampa ed esperti. Vero è che la vittoria della Coppa Italia ha regalato un vigoroso (quanto antisportivo) by pass verso la fase nazionale dei play off e che, in conseguenza, i biancorossi non si sono battuti all’ultimo sangue nel match conclusivo a Piacenza, accontentandosi di entrare, grazie al doppio successo in finale con la Juve Next Gen, fra le sedici della seconda fase.

Vincendo sul campo dell’ultima in classifica avrebbero comunque ottenuto solo la quarta posizione saltando, così, solo il primo turno della fase di girone degli spareggi. Ma almeno si sarebbero risparmiati la figuraccia di farsi superare in extremis dal redivivo Padova e dalla Virtus Verona, quest’ultima addirittura per la miglior differenza reti negli scontri diretti.

Questa classifica finale fotografa la grama stagione regolare della squadra vicentina, caratterizzata, per quanto riguarda le statistiche, da ben 14 sconfitte (la peggiore delle prime nove) e da 47 gol incassati (fra le prime dieci, solo il Renate ha fatto peggio) e, sotto il profilo tecnico e agonistico, da una consolidata mancanza di continuità e da

una assenza di identità a cui non si è mai posto rimedio nonostante tre cambi di allenatore.

L’unica nota positiva della stagione regolare è quella dei gol segnati, che sono stati 64 (top del girone, il Pordenone ne ha fatti 11 di meno) ma non sono serviti a centrare il primo posto. È, questo, paradossalmente il fallimento di un progetto tecnico che prevedeva la supremazia della fase offensiva nel gioco biancorosso a scapito di quelle difensiva e di costruzione, e la dimostrazione che, almeno in serie C, i valori tecnici importanti e decisivi sono altri. Non è stato molto brillante pensare che, solo mettendo insieme una macchina da gol, si sarebbe andati in carrozza in B e, ancor più grave, è stato non por rimedio, quando ancora si poteva farlo, alle carenze di difesa e centrocampo. Ci si ritrova ora, alla prova dei play off, con una squadra disomogenea, che ha il suo punto di forza negli attaccanti e il punto debole da metà campo in giù, e con la necessità di creare, nel lungo intervallo fra l’ultima di campionato e la prima degli spareggi, una compattezza e una uniformità che siano sufficienti ad affrontare con successo l’andata-ritorno dei turni dei play off. In campionato si può cercare di rimediare nel medio-lungo ter-

mine ma, sul doppio turno, questo diventa impossibile. Può sperare di farcela una squadra che ha una identità che prescinde dalle individualità e può appoggiarsi alla qualità del gioco e del gruppo, soprattutto quando la partita si fa difficile e va gestita. Il Vicenza ha sì alcune buone individualità (il solo Ferrari, però, è determinante) ma un gioco di squadra è finora mancato come la continuità e non sembra così facile far fare l’upgrade necessario a una rosa che non è mai riuscita, in campionato, a centrare il salto di qualità. Nel lotto delle altre quindici con cui i biancorossi dovranno misurarsi nei play off ci sono fior di squadre e non bisogna sottovalutare la possibilità che, com’è avvenuto spesso in passato, venga fuori una sorpresa dai primi turni. È un percorso molto difficile e pieno di imprevisti quello che aspetta i biancorossi, che dovranno anche dotarsi di consistenti attributi (quelli più volte pretesi dai tifosi nei mesi scorsi) per meritare i passaggi di turno fino alla finale. Qualcuno si aspetta una squadra rigenerata dalla vittoria della Coppa Italia: francamente, non ci conterei più di tanto perché le due competizioni sono molto differenti.

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Il bilancio stagionale. Non basta aver segnato più di tutti per meritarsi la promozione. La squadra non ha mostrato identità
Franco Ferrari, sempre determinante con i suoi gol

La ferrovia. Oltre sessant’anni fa in stazione a

Quando l’alta velocità era il “Settebello”

C’era anche l’Arlecchino e poi nel 1967 arrivò la “Tartaruga” che correva a 200 chilometri all’ora. Oggi i “Frecciarossa” sono omologati per 396 chilometri all’ora, anche se non raggiungono quel limite. Pensato per l’alta velocità era il “Pendolino” giunto nel 1988: mentre discutiamo ancora di alta velocità, nel 2015 è andato fuori servizio. Un simbolo del lusso era il Tee (Trans Europe Express)

Il primo locomotore elettrico arrivò nella stazione di Vicenza negli anni Cinquanta. Era il tempo in cui anche il Capo dello Stato arriva in treno: fu il caso di Giovanni Gronchi, atteso in stazione da tutte le autorità vicentine. Da allora nella stazione ferroviaria si sono succedute macchine sempre più potenti, mentre via via le locomotive a vapore sono scomparse. Già negli anni Sessanta esisteva l’alta velocità, naturalmente da intendere secondo la mentalità e la tecnologia del tempo. Il lusso del viaggio in ferrovia era senz’altro il “Settebello”: era composto da sette carrozze, motrice compresa, e fu prodotto fra il 1952 e il 1959 dalla Breda di Milano. Caratterizzato dalla inconfondibile linea bombata, che ricordava quella dei jet dell’epoca, aveva allestimenti di sapore avveniristico per quegli anni: oltre alla carrozza bar e ristorante, i viaggiatori potevano trovare una postazione per il telefono e l’aria condizionata. E c’era anche, racconta la storia delle Ferrovie, anche personale che sapeva parlare lingue straniere. Raggiungeva i 160 chilometri all’ora. Va ricordato che oggi il Frecciarossa è omologato per i 396 chilometri all’ora.

Viaggiare sul Settebello (sulla

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fiancata c’era anche la carta che riproduceva il sette di denari) era un’esperienza davvero unica: grande attrazione suscitavano i due salottini di testa e coda forniti di vetrate panoramiche, lasciati liberi dalla sala macchinisti che era stata rialzata al piano superiore.

Il Settebello negli anni Settanta fu sostituito dal “Pendolino”, tecnicamente l’Etr 450, che poteva arrivare a 180 chilometri all’ora con punte di 200. Si pensava a questo treno, caratteristico per l’assetto variabile, che si piegava in curva, quando 35 anni fa si iniziò a parlare di alta velocità a Vicenza. Ne stiamo ancora discutendo e il “Pendolino” ha terminato il suo servizio da otto anni, nel 2015.

Il grande orgoglio degli anni Sessanta fu, però, la “Tartaruga”, chiamata ironicamente così perché invece poteva arrivare ai 200 chilometri all’ora, tant’è che aveva sul fianco il disegno di una tartaruga che correva. Il prototipo effettuò la prima corsa nel 1967, ed era il simbolo dell’Italia del miracolo economico.

Un altro grande orgoglio di 65 anni fa fu la partecipazione dell’Italia al consorzio europeo Tee, Trans Europe Express. I convogli, di color crema e bordaeux, erano sino-

nimo del lusso: avevano una trazione diesel che evitava problemi con le linee elettriche dei diversi Paesi; il treno era reversibile (non c’era bisogno di invertire il locomotore nelle stazioni di testa), i posti erano solo di prima classe e erano forniti di aria condizionata; infine il controllo doganale si svolgeva a bordo, senza costringere i passeggeri a scendere alla frontiera.

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Vicenza si fermavano treni che per quei tempi arano avveniristici
Memorie vicentine
Un “Settebello” fermo in stazione a Vicenza, il Tee, il “Pendolino” e la “Tartaruga”: in evidenza il suo simbolo

#Regione

Due miliardi per l’aeroporto Marco Polo

Un investimento di 2 miliardi di euro con l’obiettivo di arrivare a 20 milioni di passeggeri al 2037. Sono i dati del Masterplan 2023–2037 dell’aeroporto Marco Polo di Venezia, terzo gateway intercontinentale nazionale. Un piano che si fonda su quattro valori: concretezza, responsabilità, sostenibilità, fare rete, come sottolineato dal presidente del gruppo Save Enrico Marchi, che ha presentato il progetto in Regione Veneto, affiancato dal presidente Luca Zaia.

Sotto i riflettori lo strumento di programmazione degli interventi di sviluppo che interesseranno l’aeroporto nei prossimi anni, basato sulle previsioni dei progressivi incrementi del traffico. In particolare, le proiezioni di traffico al 2037 sono di 20,8 milioni di passeggeri, un dato che rende necessari gli interventi previsti, senza i quali lo scalo raggiungerebbe il livello di saturazione di 12,5 milioni di passeggeri già nel 2026. Quanto ai costi, l’85% dell’impegno economico totale è di competenza di SAVE, il restante 15% potrebbe essere a carico di imprese terze private. Dei 2 miliardi complessivi, 380 milioni andranno in opere legate alla sostenibilità ambientale.

I dettagli dell’intervento Nessuna seconda pista: il Masterplan2037 conferma lo schema con singola pista di volo. È comunque prevista l’estensione della pista di rullaggio esistente “affinché abbia lunghezza pari alla pista secondaria, con gli obiettivi di aumentare la capacità del sistema, migliorare l’operatività, collegare la nuova area destinata ai vettori courier prevista a nord-est del sedime aeroportuale” fa sapere Save: “La pista secondaria è usata

come via di rullaggio (taxiway) e solo in caso di chiusura della pista principale come pista di volo”.

Previsti due nuovi interventi di ampliamento laterale al terminal esistente, sia a nord (area Schengen) che a sud (area extra-Schengen) per un totale di circa 100.000 mq, che si aggiungeranno agli attuali 90.000 mq. “Gli ampliamenti del terminal e in generale tutti i nuovi edifici previsti nel Piano saranno realizzati secondo i più alti standard adottati a livello internazionale, che promuovono un approccio orientato alla sostenibilità a partire dal progetto e dalla scelta dell’ubicazione delle infrastrutture, e comprendono il risparmio energetico ed idrico, la riduzione delle emissioni di CO2, il miglioramento della qualità ecologica degli interni, i materiali e le risorse impiegati, il progetto e la scelta del sito” specifica Save.

Attenzione all’ambiente

E proprio sul fronte della sostenibilità ambientale sono diversi gli interventi, secondo macro filoni. Il primo, la transizione energetica, con l’obiettivo di azzerare entro il 2030 le emissioni nette di CO2 prodotte dall’attività dell’aeroporto e dismettere ogni

utilizzo di combustibili di origine fossile. Secondo, l’obiettivo principale di ridurre al minimo il consumo di acqua potabile, utilizzando le acque del nuovo depuratore inaugurato lo scorso marzo e le acque meteoriche. Terzo, economia circolare e gestione dei rifiuti. Infine, lo sviluppo dell’aeroporto in armonia con il contesto ambientale e il territorio circostante è una priorità. Tra i principali interventi in quest’ambito, vi sono la riqualificazione ambientale di aree come quelle a ridosso del fiume Dese, lo sviluppo di progetti che favoriscono la biodiversità, il costante monitoraggio e il ripristino dell’assetto morfologico di zone barenali. E ancora, la mobilità di accesso all’aeroporto cambierà radicalmente nei prossimi anni a favore di una drastica riduzione di emissioni di CO2, in particolare con la realizzazione del collegamento con il sistema ferroviario e la creazione di un nuovo polo di intermodalità dedicato agli autobus e ad altri sistemi di trasporto pubblico. È previsto, poi, lo sviluppo della nuova mobilità aerea avanzata, che prevede l’utilizzo di droni a propulsione elettrica per il trasporto di merci e persone, e che necessita di una rete di

Marchi e Zaia illustrano i dettagli dell’intervento: un quinto delle risorse andranno in opere legate alla sostenibilità ambientale

vertiporti, alla quale Save sta da tempo lavorando.

I commenti

“Siamo nel quadrante più vitale d’Europa: il Veneto nel 2022 ha raggiunto 65,9 milioni di presenze turistiche, - ha sottolineato Zaia - 18 milioni di arrivi, una terra fatta di 4mila strutture alberghiere e una straordinaria rete di ospitalità diffusa. Ma il Veneto è anche la Regione capace, sempre nel 2022, di crescere a livello economico di oltre il 4% di PIL rispetto all’anno precedente. Questo strumento di programmazione e sviluppo di un’infrastruttura fondamentale come l’aeroporto, non può che essere davvero un altro, fondamentale, asset di questo territorio. L’interconnessione fra Venezia, il Veneto ed il mondo deve poter crescere, per gestire – grazie a SAVE – l’importante incremento dei flussi turistici che hanno quasi del tutto raggiunto i livelli del pre-pandemia”.

“Il nuovo Masterplan – ha aggiungo Marchi - conferma il nostro impegno per lo sviluppo del Marco Polo, infrastruttura centrale per la mobilità, l’occupazione e l’economia della regione e dell’intero Paese. In untempo in costante trasformazione il Piano, nel-

la sua modularità, disegna il futuro del terzo scalo intercontinentale nazionale con la concretezza e la responsabilità proprie del nostro Gruppo, che ha saputo riunire in un unico sistema gli aeroporti del Nord Est, dimostrando l’efficacia di una gestione in rete, determinante anche nel far fronte alla crisi che ha duramente colpito l’intero settore aeroportuale”. “Puntiamo ai massimi livelli di sostenibilità e innovazione,-ha concluso Monica Scarpa, amministratore delegato di Save - integrando soluzioni ambientali e di riduzione delle emissioni di anidride carbonica con contenuti sociali e occupazionali. Le attività di ampliamento della rete di voli e il parallelo adeguamento delle infrastrutture, sono accompagnati da una progressiva modifica delle modalità di apporto energetico allo scalo, basate su fonti rinnovabili e autoproduzione di idrogeno, in un’ottica di economia circolare applicata in particolare al riutilizzo dell’acqua e alla gestione dei rifiuti. In questo quadro di sostenibilità ambientale, si inseriscono i progetti di collegamento con il sistema ferroviario e la nuova mobilità aerea avanzata con l’utilizzo di droni per il trasporto di merci e persone”.

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IL MASTERPLAN. Lo scalo veneziano punta a diventare il terzo in Italia
“Entro il 2037 venti milioni di passeggeri”
Luca Zaia con il presidente del gruppo Save, Enrico Marchi Monica Scarpa, amministratore delegato del gruppo Save

L’EVENTO. All’Arsenale di Venezia dal 31 maggio al 4 giugno nei 55mila mq di bacini

Salone Nautico nel segno della vela e dell’elettrico

Venezia capitale della navigazione con cinque giorni dedicati alla passione per la navigazione, tra yacht e superyacht, première italiane e mondiali, prove in acqua, convegni, esposizioni e regate. Torna all’Arsenale di Venezia, dal 31 maggio al 4 giugno, la quarta edizione del Salone Nautico Venezia, che rientra ormai a pieno titolo nel palinsesto dei maggiori eventi della città. Un punto di riferimento per l’Adriatico e tutta la lunga rotta che da Venezia porta a Istanbul lungo il Mediterraneo Orientale.

Venezia torna dunque ad essere protagonista della grande nautica con la quarta edizione del Salone Nautico, che abiterà gli spazi dello storico Arsenale, cuore ancora pulsante della marineria della Serenissima. Un’edizione, questa, concentrata in un numero inferiore di giorni rispetto al passato, in linea con i saloni nazionali e internazionali più importanti, e i cui numeri confermano la vocazione della città verso il mare. Un’edizione, inoltre, che vede un consistente incremento della presenza della vela e dell’elettrico. Il Salone è organizzato da Vela Spa per conto del Comune di Venezia e grazie alla collaborazione della Marina Militare Italiana.

L ’Arsenale è composto da bacini acquei di 55.000 mq, all’interno dei quali saranno installati oltre 1.100 metri lineari di pontili, e 30.000 mq di spazi espositivi esterni. Le grandi tese, che in passato hanno accolto la costruzione delle Galere, accoglieranno il meglio del design e dell’arre-

do nautico e la cantieristica artigianale veneziana per un totale di 5.000 metri quadrati.

In totale, saranno più di 220 gli espositori che porteranno a Venezia 300 imbarcazioni, di cui 250 in acqua per una lunghezza totale di 2,7 chilometri. H anno confermato la loro

Sui pontili e a terra troveranno posto 300 imbarcazioni di oltre 220 espositori

Nel segno della sostenibilità le propulsioni e gli allestimenti orientati verso un futuro più ecologico

Green Line 40, Alfastreet Marine, Fap (Falegnameria Artigianale Pesce) e Rand Boats. Tra le novità, invece Free Power, Green Dream Boats, Amperetta e Sea Bubble.

presenza i grandi gruppi leader della costruzione navale nazionale e internazionale.

Tornano Ferretti Group, Azimut Benetti, Sanlorenzo, Sunseeker, Beneteau, Absolute, FIM, Pardo, Sirena e Arcadia. Espongono per la prima volta a Venezia i cantieri Invictus,

Fountaine Pajot 67 a motore, Nautor Swan shadow, Solaris Power, Prestige e Sensesyacht. Significativa la tendenza, spiegano gli esperti, che si registra del ritorno della barca a vela, confermando un fenomeno che dopo il Covid vede un aumento dell’interesse verso l’acquisto di barche a vela, in un rapporto di eco sostenibilità con il mare. Tra le presenze riconfermate compaiono i cantieri Beneteau, Lagoon, Dufour, More, Jeaneau e Pegasus e Italia Yacht, mentre arrivano per la prima volta all’Arsenale Elan, Bavaria, Solaris, Neo Yacht, Nautor Swan con Nautor Swan 65 – l’ammiraglia a vela del Salone – Kufner e Hallberg-Rassy dalla Svezia. G rande crescita si evidenzia anche nel settore dell’elettrico. Un trend che risponde alla richiesta di avere barche sempre più evolute sia dal punto di vista della loro impronta ambientale, che deve essere sempre più ridotta con l’utilizzo di materiali ecosostenibili, sia da quello del maggiore comfort. Da qui la richiesta di spazi più ampi, senza in ogni caso rinunciare al lusso. All’Arsenale tornano X Shore, Candela,

Sempre sul filone della sostenibilità, che vede Venezia in prima linea anche per la sua candidatura a Capitale mondiale, al Salone Nautico Venezia saranno esposte anche le ultime novità nel campo della propulsione verso un futuro più ecologico. E ancora, torna la terza edizione della E-regatta con la scenografica parata sul Canale Grande e con le prove competitive all’interno del bacino dell’Arsenale e presso l’Idroscalo di Venezia. Come sempre trova spazio nel Salone la cantieristica tradizionale veneziana, con le barche che ogni giorno servono alla città per vivere, costruite nei cantieri della laguna con il loro profumo di tradizione ma anche di tecnologia.

I cinque giorni di manifestazione saranno anche l’occasione per dare spazio all’intrattenimento con regate e trofei, con programma molto ricco tra cui spiccano manifestazioni motonautiche come l’arrivo della Pavia Venezia, oltre a molte occasioni di relax per le famiglie e i bambini con attività, punti di ristorazione, voga e vela e riscoperta dei luoghi dell’Arsenale. Molti i convegni in programma, il cui focus sarà l’innovazione, i servizi, la formazione e la sostenibilità; appuntamenti che permetteranno il confronto degli addetti ai lavori sulle tante tematiche che coinvolgono un settore in costante crescita.

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Ambiente. Presentato il progetto “River Eye” in collaborazione con Plastic Free

Plastica nei fiumi scovata da occhi elettronici

Fiumi di plastica ogni giorno raggiungono il mare, un’emergenza ambientale ben nota anche nella nostra regione, un problema che va affrontato con decisione. “In Veneto la plastica ha le ore contate”, è la promessa dell’assessore all’ambiente Gianpaolo Bottacin nel presentare il progetto hi-tech per monitorare e contrastare la presenza della plastica nei fiumi. Tonnellate di rifiuti, in particolare di plastica, arrivano in mare attraverso i fiumi; la plastica, anche col passare del tempo, non sparisce del tutto, ma rimane presente nel nostro ambiente in microframmenti sempre più piccoli, fino a trasformarsi in microplastiche che rischiano di essere ingerite dai pesci e dai crostacei per poi arrivare sulle nostre tavole. La plastica è dannosissima sia per la salute dell’ambiente che per la nostra. Un’emergenza mondiale, che in Veneto viene affrontata con il progetto “River Eye”, in collaborazione con l’associazione Plastic Free, per monitorare i fiumi e quantificare i rifiuti. Intanto riguarderà quattro fiumi (Piave, Bacchiglione, Canalbianco, Po), i comuni di Eraclea,

Adria, Correzzola e Ficarolo (dove è già stato sperimentato il nuovo monitoraggio).

“River Eye” è stato ideato nel 2021 dalla start up Blue Eco Line “con lo scopo di contrastare i rifiuti plastici fluviali. - aggiunge Bottacin - È formato da un hardware (le centraline) e un software che acquisisce automaticamente le immagini dalla superficie dei fiumi, le elabora e le classifica in diverse categorie (rifiuti organici, plastica, ecc.). Prepara infine un database degli oggetti che vede. Le telecamere funzionano tra le sei alle dieci ore al giorno a seconda delle condizioni di visibilità. Successivamente al River Eye potrà

essere impiegato anche un’altra strumentazione altamente tecnologica e utile a completare il lavoro: si tratta di “River Cleaner”, un sistema ecosostenibile in grado di raccogliere i rifiuti flottanti per essere poi smaltiti o riciclati”.

“L’obiettivo è il monitoraggio scientifico propedeutico all’installazione di una barriera fluviale per l’intercettazione dei rifiuti galleggianti. – ha chiarito Paolo Monesi, responsabile Enti Locali Plastic Free Onlus - Si stima, infatti, che l’80 per cento delle plastiche viene riversato in mare da fonti terrestri e, pertanto, una appropriata gestione dei rifiuti e il monitoraggio della

loro presenza nei corsi d’acqua può ridurre drasticamente l’inquinamento, addirittura del 50 per cento. Nei prossimi mesi, siccità permettendo, potremo conoscere lo stato di salute di questi quattro fiumi veneti per permettere alla Giunta regionale di vagliare le misure più idonee.

In appena due anni, Plastic Free ha organizzato circa 600 appuntamenti sul territorio veneto, rimuovendo 165 tonnellate di plastica e rifiuti dall’ambiente grazie al contributo concreto di 5.744 volontari, sensibilizzando inoltre 13mila studenti con iniziative in 192 istituti”.

“Apprezzo l’iniziativa della Giunta regionale che per un anno metterà sotto monitoraggio attraverso centraline alcuni fiumi del Veneto con l’obiettivo di raccogliere dati sui detriti fluviali. In questo modo dimostra di aver compreso il problema gigantesco dei rifiuti galleggianti, come ho denunciato attraverso una recente mozione da me presentata e sottoscritta da tutti i consiglieri di opposizione. Ma quei 51 mila euro di stanziamento per questo monitoraggio sono davvero irrisori. Spero che questo

sia solo un primo passo”. A dirlo il consigliere regionale del Partito Democratico, Andrea Zanoni. “Ricordo –aggiunge il consigliere - che sul fronte dello smaltimento dei rifiuti galleggianti, la Giunta regionale ha stabilito che spetta ai Comuni farsene carico, soprattutto economicamente. Peccato però che debba ancora stabilire i criteri per l’accesso ai finanziamenti. Serve in ogni caso una pianificazione ed un coordinamento nazionale, fuori da ogni approccio sperimentale”.

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Regione
L’opposizione, Zanoni: “Apprezzo l’iniziativa, speriamo sia solo un primo passo” La presentazione del progetto con l’assessore regionale Bottacin

PROTAGONISTI A NORD EST

Storie di imprese ed imprenditori di successo - a cura di

Mobilità. L’azienda adriese Soladria punta a svilupparsi in tutto il Nord Est

“Soladria...e Ricarica” un circuito per la ricarica elettrica con cui si guadagna

Un circuito di sistemi di ricarica a basso costo posizionati nei parcheggi dei partner (attività, ristoranti, hotel…) che permettano non solo di avere un servizio per i propri clienti, ma di poter anche guadagnare

U n servizio integrato con cui si guadagna. È questa l’idea alla base del progetto “Soladria…e ricarica”, il contributo che Soladria vuole dare al mercato della mobilità elettrica. In Italia sono 1 5mila le aziende che si occupano della vendita e dell’installazione di colonnine di ricarica come un prodotto chiavi in mano, ma niente di più. Per Soladria questo approccio di vendita non bastava più, per questo ha scelto di proporre un servizio integrato che guarda al futuro, rivolgendosi a vari partner e mettendoli nella condizione di guadagnare dalla vendita dell’energia.

Il pacchetto proposto si fa carico di tutto: manutenzione, pagamenti, assicurazione per danni diretti e verso terzi, cambio gestore energia, aumento della potenza contrattuale del partner, domanda di connessione a un nuovo contatore di fornitura e comunicazione web.

Quattro i servizi proposti e declinati in base alla struttura partner: “Mangia…e ricarica” per ristoranti, agriturismi, pizzerie e bistrot; “Dormi… e ricarica” per hotel, b&b, centri

Dati e numero di

Oggi in Olanda ci sono 800 stazioni di ricarica ogni 100.000 abitanti

L’italia arriverà ad 800 su 100.000 fra 10 anni. Il mercato stimato è di circa 450.000 stazioni di cui 15% in Veneto, per un totale nella regione di 67.000 colonnine di ricarica

SOLO IN VENETO dunque si prevede l’installazione di 6.750 stazioni pubbliche all’anno fino al 2033.

Nella nostra regione sono presenti: 8.480 strutture alberghiere; 26.000 strutture enogastronomiche; 2.000 succursali bancarie.

vacanze e camping; “Svago… e ricarica” per centri commerciali, negozi, attività varie, aree di servizio pompe bianche, bar, parcheggi di società private e infine “Business… e ricarica” per aziende, aziende di trasporto e pubbliche amministrazioni. Al centro del progetto c’è il guidatore, che non deve essere ostaggio della stazione più costosa solo perché più veloce. Grazie a “Soladria… e ricarica” e alla sua capillarità, infatti, il driver elettrico non dovrà più raggiungere la propria destinazione programmando il percorso in base alla distribuzione delle ricariche, ma potrà scegliere il percorso e programmare le tappe con maggiore attenzione alle proprie esigenze e al proprio piacere. Non sarà più, dunque, la ricarica a comandare il viaggio. Dal canto suo il partner, una volta scelto di entrare nella rete “Soladria…e ricarica”, avrà zero pensieri e zero spese: tutto gli sarà infatti messo in conto sulla vendita dell'energia, quindi se vende poco o tanto comunque le spese saranno sostenute da Soladria.

Titolare di Solaria

“Tra i primi in Italia a offrire molto di più di un servizio chiavi in mano”

"Aoffrire questo tipo di servizio in Italia sono unicamente tre o quattro realtà, tra cui Soladria – sottolinea soddisfatto il titolare di Soladria Nicola Gennari -.

Infatti, se la logica standard è la sola vendita o installazione del prodotto chiavi in mano con la possibilità per l’acquirente di gestire i pagamenti, il problema sono tutte le cose di cui è necessario occuparsi, primo fra tutti il monitoraggio del costo dell’energia.

Aderendo a “Soladria…e ricarica”, Soladria permette ai partner di acquistare energia a basso costo grazie ad accordi con alcuni fornitori di energia, permettendo di ottenere una marginalità sull'energia che vendono”.

“Un altro servizio per cui Soladria si distingue è l’assicurazione delle colonnine – prosegue Gennari -: se si verifica uno sbalzo di corrente e un’auto viene danneggiata ci pensa Soladria. Il servizio non ha nemmeno franchigia perché le franchigie, nel caso di danno alla macchina, le paga Soladria.

Ecco quindi la proposta: fatturazione all’80 per cento e margine certo. Se, ad esempio, in un mese un partner vende mille euro di energia, Soladria lo inviterà a fatturarne 800; quando a questi si tolgono i quattrocento euro spesi in energia (lo spread è sempre vantaggioso) rimangono 400 euro di margine. Insomma, Soladria propone un servizio integrato in cui oltre ad avere un vantaggio per sé si può anche guadagnare”.

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installazioni Soladria - Veneto Soladria s.r.l. Viale Risorgimento, n°40E/F - Adria (RO) - Tel. 0426 22784 - info@soladria.it - soladriaericarica.it Imprese & imprenditori Imprese & imprenditori

Le buone pratiche per vivere in salute

I quattro cardini del benessere

Attività fisica, sana alimentazione, riposo e meditazione sono il “segreto” per stare bene con sé stessi

Vivere in modo sano e stare bene con sé stessi, un obiettivo sulla carta condiviso da tutti ma non sempre, complice uno stile di vita frenetico, preso nella giusta considerazione all’interno della routine quotidiana.

Eppure, è estremamente importante una buona “salute per tutti”, tanto da dedicare una Giornata mondiale su questo tema - lo scorso 7 aprile è stata la 75esima - per sensibilizzare l’opinione pubblica e informare sulle buone pratiche che aiutano a vivere meglio.

Come? Praticando attività fisica, con un’alimentazione sana e bilanciata, non trascurando il riposo e ritagliandosi uno spazio di tempo per un po’ di meditazione.

Il benessere come priorità è un traguardo che si raggiunge innanzitutto praticando una corretta attività fisica. La costanza, infatti, comporta molteplici benefici non solo a livello fisico ma anche mentale. L’attività fisica, infatti, non aiuta solo a mantenerci in forma, a tenere sotto controllo il peso corporeo e a ridurre il rischio di malattie cardiovascolari e circolatorie, ma produce benefici effetti anche a livello psicologico.

L’Organizzazione mondiale della Sanità definisce attività fisica “qualsiasi movimento corporeo prodotto dai muscoli scheletrici che richiede un dispendio energetico”.

Prosegue alla pag. seguente

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MAGGIO 2023

Salute

La campagna di prevenzione dell’Ulss 5 Polesana

di alcol

I quattro cardini del benessere

“Per attività fisica, s’intende - sono le indicazioni dell’Ulss 6 Euganea - tutto il movimento che viene svolto durante la giornata (gli spostamenti a piedi o in bicicletta, le attività svolte nel tempo libero al lavoro, lo sport, le faccende domestiche il giardinaggio). La cosa migliore però è praticare attività fisica moderata e vigorosa”.

Un altro fattore importante è il tempo in una settimana dedicato all’attività fisica.

“Evidenze scientifiche - si legge dalla pagina Facebook dell’azienda sanitaria padovana - dimostrano che praticare attività fisica moderata e vigorosa per almeno due ore e mezza alla settimana produce effetti benefici sulla riduzione del rischio di sviluppare il tumore mammario, cervico-uterino e del colon retto.

L’effetto benefico dell’attività fisica dipende dall’innesco di meccanismi biologici come l’aumento della sensibilità dei tessuti all’insulina che riduce il livello di glucosio, l’attivazione del metabolismo dei grassi, la riduzione dei livelli di ormoni sessuali, la stimolazione del sistema immunitario, la riduzione del marker dell’infiammazione”.

Non meno importante è il beneficio sulla sfera psicofisica: migliore percezione di sé e delle proprie capacità, stimolo alla socializzazione e alla condivisione. Per stare bene è altrettanto importante un’alimentazione equilibrata, sana e bilanciata.

Sichiama “binge drinking” la pratica assai diffusa tra i giovani di “tracannare” alcolici fino a stordirsi. Un tema su cui l’Ulss 5 Polesana invita a riflettere in occasione del mese di aprile, dedicato alla prevenzione alcologica. Il consumo di alcol, infatti, è purtroppo sempre più diffuso tra i giovani. Ma spesso si ignorano le conseguenze negative dei ricorrenti episodi di ubriachezza e relative al consumo di alcolici in età giovanile. Bere e ubriacarsi fin dall’adolescenza danneggia le cellule di molti organi, tra cui fegato e sistema nervoso centrale: in particolare, tra i 12 e i 25 anni il cervello subisce danni irreversibili per l’incapacità di metabolizzare l’alcol. Inoltre, è un fattore di rischio alla guida: in Italia sono circa 6000 gli incidenti stradali al-

In Italia sono circa 6000 gli incidenti stradali alcol-correlati, prima causa di morte per i giovani italiani tra i 15 ed i 24 anni

col-correlati, prima causa di morte per i giovani italiani tra i 1 5 ed i 24 anni. In più, predispone a comportamenti violenti e autolesionisti, è associato al rischio di gravidanze non desiderate e di malattie a trasmissione sessuale. Infine, porta a disturbi dell’apprendimento, incidendo sul rendimento scolastico.

Nel lungo termine, poi, favorisce l’insorgere di varie malattie croniche come cancro, diabete, malattie cardiovascolari e disturbi psichici, senza contare il fatto che rende più inclini a sviluppare una dipendenza da alcol in età adulta.

La corretta informazione sugli effetti provocati dal consumo di alcolici per i più giovani, ma anche per gli adulti, rappresenta dunque la prima forma di prevenzione.

“L’organismo ha bisogno di tutti i tipi di nutrienti per funzionare correttamente e rendere possibili i processi fisiologici. Alcuni nutrienti infatti sono essenziali per provvedere alla richiesta di energia, per alimentare il ricambio cellulare, altri invece hanno funzioni protettive” sono le indicazioni del Ministero della Salute che in dieci punti elenca le buone abitudini per mangiare sano. 1) É consigliato seguire un’alimentazione varia ed equilibrata sia sul piano qualitativo che quantitativo. 2) Non va mai trascurata la prima colazione che fornisce una buona energia per affrontare gli impegni della giornata. 3) L’Organizzazione Mondiale della Sanità raccomanda di consumare almeno 5 porzioni tra frutta e verdura, al giorno dalle quali trarre le quantità di vitamine necessarie di cui il nostro corpo ha bisogno. 4) É buona abitudine bere almeno un litro e mezzo di acqua al giorno, anche senza aspettare di avere sete. 5) É importante cucinare con fantasia, variando gli alimenti anche nei colori. 6) Bisogna sempre fare attenzione alle modalità di preparazione degli alimenti e non eccedere nei condimenti. 7) Limitare il consumo del sale e preferire quello iodato. Non consumare troppi dolci e bevande zuccherate. Aumentare in casa la scelta di frutta e verdura limitando la disponibilità di alimenti e snack troppo calorici. 8) Limitare il consumo di bevande alcoliche, evitandolo in gravidanza. 9) Coinvolgere i bambini nella preparazione dei diversi alimenti giocando con i colori e le differenti consistenze, impareranno a conoscerli. 10) Leggere l’etichetta prima di acquistare un alimento per conoscere cosa contiene e per essere informato sul contenuto di energia e nutrienti.

Un ulteriore elemento a cui bisogna prestare attenzione è la qualità del nostro sonno. Gli esperti consigliano di dormire dalle 7 alle 9 ore a notte; dormire bene è importante per essere vigili e attivi durante la giornata, ma è anche essenziale per il corretto funzionamento della memoria e delle cellule del corpo.

La meditazione è il quarto pilastro del vivere in salute. Di recente è cresciuto l’interesse e la sensibilità verso questo tema.

La meditazione è una pratica che consente di concentrarsi su un unico pensiero, allontanando qualsiasi forma di negatività che può derivare dall’ambiente esterno.

Gli ormoni rilasciati durante la meditazione consentono di essere più rilassati, aiutano a controllare gli stati d’ansia e a sviluppare una maggiore fiducia in sé stessi.

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“Non berti la vita!”, i danni causati dall’abuso
Sempre più ragazzi consumano alcolici e si ubriacano per stordirsi con il “binge drinking”
Giovani e salute
Salute

Spettacoli

I classici. Giancarlo Marinelli presenta otto titoli con temi di alto significato: grandi autori, registi e interpreti

Come brilla questa “Stella meravigliosa”

Otto spettacoli in cartellone dal 21 settembre al 21 ottobre, di cui cinque prime nazionali.

Giancarlo Marinelli si ispira nel titolo a un romanzo di Mishima del 1962 che sottolinea il contrasto.

Grandi nomi affronteranno testi di alto valore: Beppe Pambieri, Viola Graziosi, Drusilla Foer (che torna con la “Histoire du soldat”)

Gabriele Vacis con i “Sette a Tebe” mentre Luciano Violante presenta “Circe”

Quante stelle brillano all’Olimpico. La prima è, giustamente, il teatro stesso. La seconda è il ciclo di spettacoli classici, giunto alla 76ª edizione, ricco di idee e personaggi di primo piano, da Beppe Pambieri a Viola Graziosi, da Drusilla Foer a Gabriele Vacis. Non a caso questa edizione è stata battezzata “Stella meravigliosa”. Un’altra stella è lo stesso direttore artistico, Giancarlo Marinelli, che dimostra mano felice nel dosare molti ingredienti, fra storie antiche e linguaggi moderni, per confezionare spettacoli che sanno parlare agli spettatori di oggi e sono cuciti addosso al teatro palladiano.

Va detto subito che il titolo “Stella Meravigliosa” Marinelli è andato a pescarlo nel del 1962 dello scrittore giapponese Yukio Mishima: è un testo che incarna il dilemma atroce e dilaniante tra conservazione e annientamento, creazione e distruzione, indicando la necessità irrevocabile di una scelta.

Il ciclo inizierà giovedì 21 settembre alle 21 con la prima nazionale di “Sette a Tebe”, spettacolo ispirato alla tragedia di Eschilo, drammaturgia di Gabriele Vacis (che cura anche la regia) e PEM - Potenziali Evocati Multimediali, con il contributo di Roberto Tarasco, per scenofonia, luminismi e stile. Protagonisti

saranno i giovani attori diplomati alla Scuola del Teatro Stabile di Torino, il gruppo

PEM: è una produzione a.ArtistiAssociati, Gorizia. È un felice ritorno a Vicenza per Gabriele Vacis dopo il “Prometeo” dell’anno scorso.

Gli spettacoli del ciclo sono otto, di cui cinque in prima nazionale, e saranno in scena fino al 21 ottobre. Saranno arricchiti negli approfondimenti de “L’Olimpico incontra il pubblico”, una serie di incontri che si svolgono in diversi luoghi con studiosi, critici e artisti.

I reading poetici, inaugurati l’anno scorso con i versi di Dylan Thomas, saranno ripresi quest’anno con le parole struggenti di Ernest Hemingway in “Di là dal fiume e tra gli alberi”, in programma domenica 24 settembre alle 19.30 e alle 20.30, interpretate nei luoghi della città da Primo Reggiani, Lella Costa e Sebastiano Somma. Illuminazioni di Francesco Lopergolo.

Venerdì 29, sabato 30 settembre e domenica 1 ° ottobre all’Olimpico con inizio alle 21 andrà in scena a grande richiesta “Histoire du Soldat”, musica di Igor Stravinskij, libretto di Charles Ferdinand Ramuz, nella versione di Giancarlo Marinelli. Torna al teatro Drusilla Foer, con Andrè De La Roche nei panni del

Diavolo (e come coreografo) e Beatrice Venezi direttrice d’orchestra.

Una performance di forte impatto per il quarto titolo dei classici – inserito nella sezione Olimpico Off, ovvero “Still Novo – Cancellare, correggere, disseppellire”, un’opera interattiva che porta la firma di Daniele Bartolini come concept e regia, mentre la dramnaturgia è curata da Stefania Vitull. In scena la compagnia italo-canadese DLT, programmato per venerdì 29, sabato 30 settembre e domenica 1° ottobre, con partenza dall’Olimpico dalle 18 alle 20.

“Circe” di Luciano Violante, interpretato da Viola Graziosi, con la regia e le scene di Giuseppe Dipasquale, è in programma il 5, 6 e 7 ottobre all’Olimpico, una produzione Teatro di Roma - Teatro Nazionale. Dopo Clitemnestra e Medea, Luciano Violante –magistrato ed ex presidente della Camera - torna ad interrogarsi sulla figura mitologica per chiudere la sua trilogia delle donne di sangue e giustizia.

Odisseo ritorna anche nel sesto spettacolo proposto nel programma, anche questo in prima nazionale: si tratta di “Odisseo, colui che corse al di là del mare” presentato nell’ambito de “La Tragedia Innocente”, con Giuseppe

Pambieri e i giovani attori di Tema Cultura Academy, testo e regia di Giovanna Cordova, coreografie di Silvia Bennett, scenofonia di Eleonora Biasin, disegno luci di Gianluca Cioccolini, in calendario venerdì 1 3 e sabato 14 ottobre alle 21 e domenica 15 ottobre alle 18.30 al teatro Olimpico.

Dal flusso di coscienza alla “Bellezza Imperfetta”: è questo il titolo del settimo spettacolo dei classici all’Olimpico, un’originalissima performance in prima nazionale, di e con Diego Dalla Palma e Nancy Brilli giovedì 1 9 ottobre, Luciana Savignano venerdì 20, Cecilia Gasdia sabato 21 ottobre, sempre alle 21 all’Olimpico.

Progetto scenico e regia di Ferdinando Ceriani, musiche dal vivo di Cesare Picco, costumi di Diego Dalla Palma e Laura Milan, una produzione Enfi Teatro.

Ottavo e ultimo titolo è un

lavoro che attraversa il Novecento, ancora una prima nazionale: è un reading teatrale con musica dal vivo ispirato a “Gli Americani a Vicenza ed altre storie” di Goffredo Parise”: è presentato sabato 21 ottobre alle 16 e alle 19 nel Soldiers’ Theatre della Caserma Ederle. Auotre e interprete è Antonio Stefani, con i giovani attori di Tema Cultura Academy, in collaborazione con l’Associazione musicale Francesco Manzato di Treviso, regia di Giovanna Cordova.

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Nelle foto Giancarlo Marinelli, Drusilla Foer, Luciano Violante e Beppe Pambieri

Il locale. I fratelli Lucia, Oreste, Giuseppe e Giorgio propongono piatti classici in un’atmosfera di amabilità ricca di sorrisi

Zamboni, cucina di valore sui Colli Berici

Aperta da oltre mezzo secolo, è un’autentica trattoria che a Lapio di Arcugnano arricchisce con un’accoglienza amabile i piatti classici della gastronomia locale, dal baccalà alle carni. In questo periodo, i suoi “risi e bisi” sono imperdibili

Hanno raccolto l’eredità dell’indimenticato cugino Severino Trentin, mancato nel 2010 e profeta della gastronomia locale, “padre” del broccolo fiolaro di Creazzo e portano avanti il suo insegnamento con linearità e passione. I fratelli Zamboni sono al timone del locale di Lapio di Arcugnano, offrendo una cucina di valore. Non si sbaglia a fare tappa a Lapio di Arcugnano, sui Colli Berici, perché l’amabilità e l’affetto –rappresentato dal sorriso di Lucia che assieme ad Oreste governa la sala – sono la loro cifra distintiva che è arricchisce le loro proposte gastronomiche. Nel locale

lavorano anche la moglie di Oreste, Susi, e il loro figlio Mirko contribuendo a comporre una squadra affiatata. Basta assaggiare i loro “risi e bisi” e pancetta croccante, naturalmente preparati con riso di Grumolo, per convincersi di essere di fronte a piatti classici interpretati con gusto e intelligenza. Altre prove di capacità arrivano da proposte primaverili come lo sformatino di bruscandoli con fonduta di Asiago o i tortelli di “checheto”, cioé ripieni di carne di pollo giovane. Molto interessante è anche il cervo, abbinato a una composta di albicocche, purea e cipolle al forno.

La cucina è guidata con mano sicura da Giuseppe, mentre il fratello più giovane Giorgio è specializzato nella pasticceria, come dimostra – fra l’altro – la sua millefoglie caramellata con crema ai baccelli di vaniglia Bourbon e fragole. Oreste, invece, è sommelier di riconosciuto valore, che sa scegliere etichette di pregio a largo raggio. Sempre valorizzata da Slow Food che la inserisce con una “chiocciola” distintiva nella sua “Guida alle osterie d’Italia”, la trattoria Zamboni è stata di recente premiata dalla rivista “Con i piedi per terra”, che - pur interessandosi principalmente del Basso Veneto - ha allargato i propri orizzonti e ha voluto sottolineare a raggio veneto le capacità di questo locale del Vicentino, raccogliendo un suggerimento del giornalista e critico Renato Malaman.

Il personaggio. Intervista a Leo Mercantini, titolare della famosa Pizzeria Da Leo a Sottomarina

Non una semplice pizzeria ma un’istituzione

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izzeria da Leo a Sottomarina di Chioggia non è un semplice “pizzeria”; ma una vera istituzione del Clodiense; un’attività che esce dall’ordinario. Sarà per questa ragione che anche l’intervista che avevamo pensato di sottoporre al suo fondatore, Leo Mercantini, si è trasformata in una lunga e piacevole chiacchierata. La pas sione e l’entusiasmo profusi per decenni tra i forni della bottega di Piazza Italia traspaiono infatti anche dai suoi racconti; e non si può fare altro che ascoltare.

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Dentro il territorio nel cuore della gente!

sacchi di farina. Pensi alle dif ficoltà dei primi tempi, capivo poco di quel dialetto!”.

“Ho iniziato a fare questo lavo ro a 18 anni a Roma, negli anni 60, quando era davvero dura la vita” ci racconta Leo, con un filo di emozione.

“C’erano poche possibilità e io stesso ho mangiato tanta pizza per tirare avanti. Ricordo il mio primo Datore di Lavoro, una persona molto dura. Per fortuna poi cambiai e trovai una seconda occupazione in zona Torvaianica. Poi la svolta: un giorno mi chiesero se me la sentivo di salire su a Verona. Ricordo che siamo partiti con centinaia di

Fu quella una buona esperienza che porterà Leo a tentare for tuna anche nella zona del Lago di Garda. “Quello invece fu un vero buco nell’acqua! Lì era pie no di stranieri, passeggiavano in paese ma poi pranzavano e cenavano presso le strutture al Ed è proprio in questo momen to di difficoltà che Leo conosce un compaesano (diventato poi amico) che lo spinge a cercare fortuna a Sottomarina. “Ricordo il mio primo arrivo in paese –ci racconta con il sorriso – era una mattina di febbraio e soffiava la bora. Lì per lì pensai: ma dove mi hanno portato?! Mi

potuto iniziare la mia attività e firmammo subito il contratto. Ecco come sono partito qui. Fu

Le domande preparate sono perlo nel suo racconto solo per qualche curiosità.

La concorrenza nel corso degli anni è comunque aumentata; tuttavia la sua pizza è riuscita sempre a distinguersi. Come se lo spiega?

“Sono le materie prime quelle che fanno la differenza. Oltre chiaramente all’esperienza. Le farine, tanto per citare un esempio: ce ne sono decine e decine, quelle migliori sicuramente costano di più. Lo stesso vale per il pomodoro e tutti gli altri in -

gredienti. Io ho sempre scelto di puntare sulla qualità. Aggiungo che non ci si può inventare di aprire una attività senza avere fatto prima un poco di gavetta, senza conoscere il mestiere”. Parlare del legame di Leo con Sottomarina e Chioggia ci porta anche ad una riflessione su come è cambiata la società in questi oltre cinquanta anni. “Non me ne voglia nessuno, ma forse era migliore la società di una volta. Qualcosa è cambiato a partire dagli anni ‘90, soprattutto in riferimento alla gioventù. Ho visto ragazzi più “allo sbaraglio”. Si figuri che io da giovane, per farmi conoscere, giravo per le spiagge tra gli ombrelloni offrendo pacchetti di pizza”. Lo interrompiamo an-

Oltre UN MILIONE utenti/mese.

Oltre 2.550.000 pagine visualizzate/mese.

Quali sono stati i momenti più emozionati di questi oltre 50 anni di attività?

“Devo dire che quando ho fatto le due feste in piazza Italia (in occasione dei 40 e 50 anni di attività, ndr), nel momento in cui sono salito sul palco è iniziato un applauso che non

finiva più. La piazza era piena. Tutto questo, la gente soprattutto, mi ha emozionato”. Chiaro che i ricordi sono tanti. Leo ci strappa un altro grosso sorriso quando racconta della figlia di una cliente clodiense, trasferitasi in Germania, che presa dalla nostalgia di Chioggia chiese alla madre che le venisse portata proprio una confezione di pizza da Leo. Affascina constatare come quello di Leo è un legame indissolubile con la città mantenuto con garbo, educazione e rispetto. E poi c’è la famiglia. “Uno dei valori che ho sempre portato avanti è quello della famiglia, del volersi bene, lo stare insieme” ci confida. Non è un caso se moglie, figli e nipoti si sono succeduti (e continueranno a farlo) nel portare avanti questa bella storia di successo. La storia di un ragazzino nato a poche centinaia di metri dalle Cascate delle Marmore (vicino Terni), che si è fatto volere bene da Chioggia e da ogni turista che abbia messo piede in città.

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Leo Mercantini e una foto dell’esterno della bottega in Piazza Italia a Chioggia
Gastronomia
Antonio Di Lorenzo I fratelli Lucia e Giuseppe Zamboni e il loro piatto di “risi e bisi”

“L’etica tacita di tutti i maghi è quella di non rivelare i segreti” dice David Copperfield (l’illusionista, non il personaggio di Dickens). Il presupposto dell’incanto sta nell’implicito accordo tra il pubblico - che sospende l’incredulità - e il mago, il quale ha il compito di rendere l’incredibile plausibile.

Questo è anche il problema de “La regina Carlotta”, prequel di “Bridgerton” dedicata alla sovrana – realmente esistita – e alla sua gioventù prima degli eventi della serie originale. Racconta i dilemmi della sovrana, tra l’amore per il marito re Giorgio - che fu costretta a prendere in sposo - e il cuore che batte per un’altra persona. Composta da sei episodi, questa serie spin-off si addentra a fornire una lunga, e - secondo il parere di chi scrive - non necessaria spiegazione sull’antefatto della società che vediamo in “Bridgerton”, ovvero quella di una Londra nell’età della reggenza in cui la nobiltà si compone anche di persone non bianche.

Dilugandosi sul “Grande Esperimento” - l’incidente scatenante che consentì alla società del mondo di “Bridgerton” di abolire le barriere razziali - “La regina Carlotta” finisce per contravvenire alla più grande innovazione della serie originale.

Al suo debutto, avvenuto ormai quasi tre anni fa, “Bridgerton” presentò un mondo Ottocentesco in cui neri e bianchi appartenevano ad ogni rango sociale, e lo fece senza presentare giustificazioni. Era così e basta, a sottolineare che la nostra percezione della storia - etnocentrica - è un fatto culturale, e non uno antropologico.

India Ria Amarteifio è particolarmente deliziosa nel ruolo della giovane regina, ma è Golda Rosheuvel - interprete di Carlotta da adulta - a persuaderci ad essere più clementi con questo prequel.

Firma la serie Shonda Rhimes in persona, che - come nel caso di “Inventing Anna”, sempre per Netflix con la quale Rhimes ha un accordo pluriennale esclusivo - si diverte così tanto ad essere uscita dalle rigide griglie della televisione generalista che a volte perde un po’ quella incisività narrativa che l’ha resa una delle autrici televisive più influenti di oggi.

Trame, protagonisti e volti nuovi, anticipazioni e commenti

Citadel non è una serie tv, ma una corazzata. È stata creata dai fratelli Anthony e Joe Russo, i registi dei film “Avengers: Infinity War” e “Avengers: Endgame” per Marvel, che hanno totalizzato quasi 5 miliardi di dollari al botteghino globale: La serie nasce dalla volontà di Jennifer Salke, capa di Prime Video e di Amazon Studios, di creare una serie madre che potesse essere declinata in diverse versioni locali. Più che un processo creativo, quello di “Citadel” è un mandato pubblicitario.

La premessa non è niente di inaudito. Si basa su due spie internazionali, interpretate da Priyanka Chopra Jonas (già agente segreto in “Quantico”) e Richard Madden (l’attore scozzese eternamente in odore di 007). A loro è stata cancellata la memoria dopo il crollo dell’agenzia per cui lavoravano, la Citadel che dà il titolo alla serie. Otto anni dopo, il loro collega - che ha il volto di Stanley Tucci - riesce a rimettersi in contatto per metterli in guardia sulla minaccia rappresentata da Manticore, l’agenzia antagonista cui fa capo l’ambasciatrice inglese negli Stati Uniti: è Lesley Manville, vista di recente nei panni della principessa Margaret in “The Crown”. Insieme, le tre spie cercheranno di salvare il mondo - volteggiando tra le Alpi italiane, il Marocco, l’Oregon e la Slovenia - per impedire ai cattivi di prendere il sopravvento.

Nonostante il budget faraonico - 300 milioni di dollari - Citadel non riesce a offrire uno spettacolo innovativo, restando nella comfort zone di una mediocrità quantomeno suggestiva. Dalle scene di azione che omaggiano Nolan e 007 ai dialoghi alquanto puerili (il protagonista ad un certo punto, con fare serioso, dice: “Io una spia? Ma se alleno la squadra di calcio di mia figlia”), la serie tradisce la sua ambizione, o meglio quella di chi l’ha commissionata, cioè Prime Video: conquistare il mondo seriale con un investimento cui pochi rivali potrebbero tener testa.

In arrivo - oltre alla seconda stagione - ci sono anche la versione italiana di “Citadel” - con Matilda De Angelis protagonista - e quella indiana, con Varun Dhawan e Samantha Ruth Prabhu.

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Film e serie tv visti da vicino
Con la regina Carlotta il trucco c’è (e si vede)
“Citadel” fa il passo più lungo della gamba
Rubrica a cura di Paolo Di Lorenzo

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