Il Vicenza sett2021

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SETTEMBRE 2021

Periodico d’informazione locale - Anno I n.7

Regione p. 47

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AFGHANISTAN

Il gen. Sperotto da Fara a Herat per ricostruire

MONUMENTO DEGLI ALPINI ARRIVA IL “NO” ANCHE DA ITALIA NOSTRA

ARTIGIANI DOCENTI

E la scuola diventa impresa

E De Marzi lapidario: “Spero che non si faccia”

L’ADDIO ALLE CORSE

servizio a pag 6

C’È UN “TRIELLO” SU PALAZZO THIENE PRESTO UN REGOLAMENTO DI CONTI

Lino Dainese “Vi racconto Valentino Rossi” IL SERIAL SU CANALE 5

La “Luce” di Anna Valle per Vicenza IL CASO LETTERARIO

L’11 settembre differente di Marinelli GUSTI INCONSUETI

La cucina modenese a km. 200

Gestione e futuri inquilini sono i temi che dividono

servizi alle pagg 8-9

Fuochititolo d’artificio Antonio Nicola Di Lorenzo Stievano >antonio.dilorenzo@givemotions.it >direttore@givemotions.it< <

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Siamo a

Vicenza in Contrà Porta Padova n. 96 ALL’INTERNO DEL GIORNALE LO SPECIALE DI 4 PAGINE

a tradizione vicentina riservava a settembre due La p avvenimenti a contorno della “festa dei Oto”: la basilica illuminata, tradizione iniziata nel 1924, e lo spettacolo di fuochi d’artificio. Erano divertimenti popolari, sia per l’apprezzamento generalizzato sia per la semplicità delle iniziative. Sono molti anni che dello spettacolo pirotecnico non si parla più, ed è difficile che si riprenda perché nel frattempo la sensibilità è cambiata, e da molto più tempo, almeno mezzo secolo, il santuario è mestamente al buio. segue a pag 5 segue a pag 5

Padova Urbs picta

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ma non sono come una KIA.

IMMAGINI, COMMENTI E INFORMAZIONI UTILI


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Facciamo il punto

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5 Fuochi d’artificio Antonio Di Lorenzo >redazione@givemotions.it<

Bike sharing ok con qualche dubbio C

he il bike sharing in avvio questo settembre sia una scelta ok, perché viene incontro alle richieste del mondo dei ciclisti, è appurato. Ma funzionerà? Alla stessa conferenza stampa di presentazione, il responsabile dell’azienda Ridemovi che ha vinto l’appalto ha messo le mani avanti per tranquillizzare su un aspetto: i prezzi. Magari avrà ragione, non diciamo di no. Però… Vicenza è davvero una città a misura di bicicletta. Ricordate a giugno il “premio tartaruga” di Velocittà? Vinse la bicicletta su auto e bus, dimostrandosi più veloce per gli spostamenti urbani. Il bike sharing è sicuramente una bella iniziativa utile per invogliare all’utilizzo della bicicletta. Si tratta di mezzi gestiti da un’azienda che controlla tutto il parco bici con sim e gps, e soprattutto sulla bicicletta muscolare il gioco vale la candela: un euro ogni 20 minuti (meno con gli abbonamenti) ti permette di arrivare in città da un quartiere periferico al centro storico con un costo inferiore a quello del bus, e senza il pericolo di furto della bici di proprietà. Più cara l’e-bike: 25 cent al minuto (contro i 20 cent del servizio che esiste da anni a Milano), ma anche in questo caso esistono degli abbonamenti molto convenienti. Speriamo che fuori dalle mura le bici non vengano disseminate ovunque, e che funzioni lo sconto in premio per coloro che le porteranno nei parcheggi arancioni. Infine la scommessa sarà quella della manutenzione sul lungo termine. Un consiglio finale all’amministrazione: a Treviso per incoraggiare l’utilizzo del servizio la prima mezz’ora di bici muscolare è sempre gratis. (f.b.)

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I problemi riguardano i prezzi e la manutenzione

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È un periodico formato da 21 edizioni locali mensilmente recapitato a 408.187 famiglie del Veneto. Questa edizione raggiunge la città di Vicenza per un numero complessivo di 43.000 copie. Iscrizione testata al Tribunale di Vicenza n. 4194/2020 V.G. del 23.11.2020; R.S. 17/2020; numero iscrizione ROC 32199

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Chiuso in redazione il 13 settembre 2021

Ma è la politica che in questo settembre riserva a Vicenza i fuochi d’artificio sui grandi temi, con un dibattito serrato tra maggioranza e opposizione. Il fronte più spinoso è quello di palazzo Thiene. Sul fatto di acquistarlo erano tutti d’accordo, anche se per Vicenza dover riacquistare un bene che era proprio è stata una dolorosa beffa del destino. Su come utilizzarlo e, soprattutto, come gestirlo, le idee invece sono radicalmente diverse, al punto che nei pezzi che leggerete di Francesco Brasco evochiamo il celebre “triello” di Sergio Leone. Gestione comunale o allargata? E chi occuperà gli uffici, che rappresentano qualcosa come 3000 metri quadrati? Le ipotesi sono varie. È vicino il tempo del confronto decisivo tra chi governa e chi sta all’opposizione: l’abbiamo chiamato un “regolamento di conti” per restare nella metafora western. Non è esagerato, si tratta di scelte importanti, anzi decisive. E delicate. Il palazzo è entrato nel circuito dei musei cittadini che nell’ambito del centro storico sono tanti, qualcuno dice troppi, nel raggio di duecento metri. Bisogna essere all’altezza di questa sfida. Per non farsi mancare nulla, c’è anche una lite giudiziaria da affrontare su palazzo Thiene, a proposito delle opere contenute, con l’amministrazione che pensa addirittura di acquistare i pezzi delle collezioni, che sono 1200. È facile prevedere che anche questa scelta diventerà incendiaria per la politica vicentina, che intanto vive altre fiammate. Lo dimostra la polemica sulla fusione Aim-Agsm lanciata dall’opposizione a proposito della trasparenza e delle retribuzioni dei vertici della maxi municipalizzata. Oppure la discussione in corso sul futuro dell’ex macello, che ha imboccato la lunga strada della ristrutturazione dopo decenni di tentativi falliti: tutti d’accordo a levare le auto davanti al museo, ma è meglio portarle nell’edificio di viale Giuriolo o farci un mercato coperto? La prima idea ha prevalso, ma altre scintille sono scoccate, che neanche il fabbro Vulcano ne produceva altrettante. Diceva il saggio: “Se non ci si confronta con nessuno, restiamo quello che siamo”. A Vicenza non è il caso. Meglio i fuochi d’artificio della discussione, perfino della polemica che restare fermi come ci è toccato per molti (troppi) anni.

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Redazione: Direttore responsabile Nicola Stievano >direttore@givemotions.it< Antonio Di Lorenzo >antonio.dilorenzo@givemotions.it<

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Il dibattito sul progetto. Il presidente della Sezione di Vicenza, Sandro Piermatteo, solleva obiezioni di merito e metodo

Arriva un “no” al monumento degli alpini anche da Italia Nostra: “Ripensateci” “È una realizzazione che vedo male inserita in quel punto. Il centro storico e Campo Marzo hanno una fisionomia che si è sviluppata nella storia e che va preservata. Il criterio del contesto e della bellezza deve essere dirimente”

Il presidente di Italia Nostra, Sandro Piermatteo, e un’immagine del progettato monumento degli alpini davanti alla stazione, con una penna alta sei metri

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n monumento che rischia di rimetterci le penne, anzi, l’unica penna nera che ha: è quello che dovrebbe celebrare l’indiscutibile e perenne generosità degli alpini, con un’opera intitolata “Penna con il mondo”, alta almeno sei metri da posizionare nella rotatoria di fronte alla stazione dei treni di Vicenza. Una proposta che è andata subito di traverso ad alcuni consiglieri comunali di opposizione, che hanno espresso al sindaco le loro perplessità sulle dimensioni e sulla posizione, ma anche al mondo culturale, con una lettera di Bepi De Marzi alla presidenza dell’Ana e una lunga presa di posizione su questo giornale da parte del pittore Silvio Lacasella Neanche ad Italia Nostra l’iniziativa piace, come annuncia il presidente della sezione vicentina Sandro Piermatteo che ha già raccolto molte critiche che saranno discusse e vagliate al prossimo consiglio direttivo. “Vicenza ha un problema: ha troppe rotatorie, e si continua a farne delle altre, e poi ci si arrovella su che cosa metterci sopra. Dopo il caso estremo del coccodrillo, ora arriva una penna nera. Niente contro la meritoria Associazione alpini e la sua proposta, ma non può essere regola quella che, siccome all’amministrazione comunale (forse) non costa nulla, allora sulle rotatorie ci mettiamo quello che ci regalano. Il criterio del contesto e della bellezza deve essere dirimente: il centro storico e Campo Marzo hanno una fisionomia che si sviluppa nella storia e che va preservata. E tremo all’idea di che cosa si sta preparando per quell’area leggendo i progetti e guardando i

rendering della Tav”. Il pensiero del presidente di Italia Nostra va anche al fatto che non si sa bene quale iter sia stato seguito, in quanto “la penna” non è stata né presentata - sottolinea - nè discussa in pubblico, ma calata dall’alto, sebbene vada ad incidere in maniera significativa sull’arredo urbano di una città che aspira ad essere incoronata Capitale della cultura. “Compito di chi amministra la cosa pubblica è avere una visione d’insieme e complessiva del proprio territorio, fin nei dettagli e negli aspetti che contribuiscono a definire il suo aspetto generale. Una realizzazione di queste proporzioni la vedo male inserita in quel punto del centro storico, per cui auspicherei un ripensamento sulla decisione. Ma forse ci penserà la Tav a scompaginare tanti progetti relativi all’assetto urbanistico della città del Palladio dei prossimi secoli, compreso quello dei bravi alpini”.

Lacasella cita il poeta Giudici: “Non dire talvolta è non essere” Silvio Lacasella aveva consegnato a “Il Vicenza” di agosto tutte le sue riserve e obiezioni, a partire dal contesto in cui sarà collocata l’opera degli alpini. Non solo, ma Lacasella non usava mezzi termini dicendo che “se ti candidi a città della cultura, devi dare l’esempio, ma se approvi un progetto del genere, cosa vuoi capire di Tintoretto o di Jacopo Bassano? Se vado in un luogo sacro e sputo per terra, se faccio pic nic all’interno dell’ossario vuol dire che non ho capito il valore del luogo. Quindi, se realizzo un monumento del genere, non ho capito neanche Palladio. Interpellato in questi giorni, Lacasella ha risposto di non aver altro da aggiungere se non questi versi di Giovanni Giudici, grande poeta e amico di Fernando Bandini: “L’essere è più del dire, siamo d’accordo / ma non dire è talvolta anche non essere”.

De Marzi ricorda Stern “I monumenti danno tristezza” Ad agosto Lacasella si chiedeva che cosa direbbe Mario Rigoni Stern di quel manufatto inserito in quel punto della città. Abbiamo girato il quesito a Bepi De Marzi che ha frequentato per lunghi e intensi anni il sergente dell’Altipiano (lui preferiva chiamarlo così, con la ‘i’). Pressato da tante domande sull’argomento, ricordando che Mario Rigoni Stern gli ripeteva spesso, “Bepi, stai attento che non mi facciano dire ciò che non ho mai detto”, sulla questione del monumento preferisce una risposta lapidaria: “Spero che non lo facciano”. Il poeta e musicista arzignanese, la naia come alpino paracadutista, ha segnalato personalmente le proprie valutazioni, per tempo e con il dovuto tatto, al presidente Ana Luciano Cherobin. Sulla questione, per rispetto e correttezza non aggiunge altro. Ma vale la pena ricordare che Rigoni Stern, a proposito di eventi o di opere celebrative, non aveva timore a confidare che “i monumenti comunicano soprattutto tristezza: suscitano quasi sempre sentimenti opposti a quelli di chi li ha voluti”.

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Il futuro dell’immobile palladiano/1. L’opposizione contesta l’immobilismo e l’orientamento a fare tutto “in casa”

Sulla gestione del nuovo museo presto un regolamento di conti Parla Sandro Pupillo: “Il Comune da solo non ce la fa. Serve una collaborazione esterna e partecipata: gli attori che si sono resi disponibili sono di alto livello, dalla Fondazione Roi al Centro di architettura Palladio sino a una realtà di respiro nazionale come il Fai” una specie di regolamento di conti quello che andrà in scena alla Commissione cultura tra maggioranza e opposizione sul caso di palazzo Thiene, più esattamente sulla gestione. Si cercherà di tirare le somme di un lavoro di ascolto delle varie forze culturali della città, iniziato in primavera e proseguito sino a oggi. Ma gli esiti politici di questa consultazione a largo raggio non soddisfano l’opposizione, perché sulla gestione del nuovo museo di Vicenza le idee restano distanti. Sandro Pupillo, di “Da adesso in poi”, spiega perché. “Dopo la votazione favorevole all’acquisto del palazzo abbiamo chiesto l’istituzione di un percorso dedicato della Commissione

cultura finalizzato alla compilazione di un documento di indirizzo per la Giunta comunale. Tra maggio e giugno noi consiglieri con la presidente Soprana abbiamo incontrato esponenti degli enti e delle realtà interessate eventualemente a una cogestione: dal direttore dei musei civici, Mauro Passarin, al prof. Gaetano Thiene dell’ Accademia olimpica), dall’arch Guido Beltramini (Cisa) alla presidente della Fondazione Roi Paola Marini, dalla presidente del Fai Giovanna Rossi Di Schio al presidente della Fondazione studi universitari, Carraro”. E poi? È calato il sipario delle ferie estive. E quando abbiamo chie-

La celebre scena del “triello” de “Il buono, il brutto e il cattivo” rimanda al regolamento di conti in arrivo sullo spinoso tema della gestione di palazzo Thiene

sto che venisse convocata una riunione di commissione a luglio ci è stato detto “ci rivediamo a settembre inoltrato”. Siamo convocati al 20 settembre”. Stupito della decisione della presidente? “Sì perché nel frattempo è spuntata una bozza di progetto di gestione “in house”: il sindaco dice che potrebbe essere solo sino a fine anno, per verificare

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poi se la strada della gestione interna è praticabile. Ho la netta impressione che Rucco preferisca questa via la preferisca”. E gli altri soggetti culturali? “Fondazione Roi e Cisa hanno espresso la loro volontà di studiare un progetto di gestione del palazzo in capo ad un ente “specializzato” che goda di una certa credibilità credibilità, anche internazionale, come il Fai”.

Voi cosa preferisreste? “Una gestione esterna e partecipata: gli attori che si sono resi disponibili sono di alto livello, Roi, Cisa e Fai. Poi c’è il tema del personale”. Perché? “Per la gestione dei musei civici esiste una palese carenza di personale. Si tratta di un tema critico per le amministrazioni comunali”. (f.b.)

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Il futuro dell’immobile palladiano/2. Un duello, anzi un “triello” come nel celebre film. E c’è anche una lite giudiziaria

Palazzo Thiene, mobilitazione… Generali Ma spuntano anche altri due concorrenti

Per i 3000 metri quadrati degli uffici da occupare ci sono diverse correnti di pensiero. Potrebbe arrivare il colosso assicurativo, oppure la Cassa Depositi e Prestiti, ma potrebbe rispuntare anche la Mediolanum sfrattata a maggio. Intanto le oselle restano sotto chiave per problemi… assicurativi

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volerla leggere in termini militari, è una mobilitazione… Generali. A volerla raccontare con il cinema è un duello, anzi un triello, come la scena finale de “Il buono, il brutto e il cattivo”. Chi riuscirà a portare i suoi uffici all’interno del palazzo palladiano? Le correnti di pensiero nella maggioranza al governo di Vicenza sono diverse: c’è chi pensa alle assicurazioni Generali, chi vorrebbe la Cassa Depositi e Prestiti. Intanto nei corridoi di palazzo Trissino circola l’indiscrezione che anche la corrente Mediolanum, attiva all’inizio del caso, sarebbe pronta a rifarsi viva. Rientrerebbe dalla finestra quello che è uscito dalla porta. Intanto, anche se il palazzo sarà aperto per le visite guidate, la formidabile collezione delle oselle non sarà visibile: questioni di sicurezza e anche assicurative. Viene da chiedersi: se magari le Generali entrano nel palazzo, si potrà sciogliere anche questo nodo? Magari. E poi ad aggrovigliare la matassa c’è anche una questione giudiziaria. Le opere delle collezioni della banca, 1200 pezzi tra quadri, sculture, ceramiche oggetti numismatici, sono vincolate, cioè non possono lasciare il palazzo, ma il liquidatore (Lca) le sta provando tutte nell’interesse dei creditori del fallimen-

to della Popolare per far abolire il vincolo, venderle e ricavare qualcosa. Dopo il ricorso al Tar (respinto) ora è davanti al Consiglio di Stato. Il sindaco Rucco ha dato mandato ad un legale per la costituzione di parte civile: perché i vicentini, sostiene, hanno invece interesse a mantenere le opere dove sono. Le questioni aperte, intanto, sono due. La prima riguarda la gestione del museo. Il sindaco tiene aperte sia la possibilità di gestione in house, sia quella di una gestione compartecipata con altri enti, rimandando la palla all’incontro con la commissione cultura di fine settembre e ad un’indagine approfondita dei costi. Da conti realizzati sul modello degli altri musei cittadini a palazzo Trissino ritengono che la gestione annuale del museo di palazzo Thiene possa ammontare a 150mila euro. All’assessorato alla cultura si sta lavorando in modo esplicito per la gestione in house: l’assessore Simona Siotto propende per questa via. L’altra questione riguarda gli sportelli e gli uffici della ex popolare: sono circa 3mila metri quadri. Anche su questo versante il primo cittadino tiene aperte tutte le strade: dal trasferimento di uffici comunali (da piazza biade?) all’affitto a un’importante realtà, in grado di

La giunta schierata nel cortile di palazzo Thiene, assieme al notaio, il giorno della presa di possesso dello storico edificio

sborsare una cifra sui 220mila euro l’anno di canone. La seconda sembra l’ipotesi più accreditata. Si tratterebbe di un modo per finanziare di fatto la gestione del museo di palazzo Thiene. Chi sarà l’inquilino degli uffici della ex Popolare? Lunedì 6 settembre all’apertura del portone e alla passeggiata del sindaco nel cortile erano presenti dei funzionari di di Cassa Depositi e Prestiti. Un caso? Chissà. Certo assistevano l’amministrazione per l’impegnativo mutuo acceso per l’acquisto, ma la loro presenza si è fatta notare. La Cdp ha una sede nel Veneto, a Verona: probabilmente ha interesse ad avere uffici di rappresentanza anche nel Veneto centrale. Poi un altro player di primaria importanza è il gruppo Generali, un colosso che – stando ai bene informati – è già in contatto con palazzo Trissino. Qualche frase d’interesse è rimbalzata dall’interno della giunta municipale. Infine attenzione perché, come si dice, non c’è due senza tre: il terzo (in) comodo è Banca Mediolanum, che si era fatta avanti per acquisire per intero il palazzo di Palladio. Francesco Brasco

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La polemica. Affondo delle opposizioni di Vicenza e Verona contro l’operazione: “Siamo allo sperpero dei denari dei cittadini”

La fusione di Aim e Agsm è servita solo a creare un “poltronificio” per gli amici L

a fusione di Aim con Agsm è servita a creare solo un “poltronificio”: e nemmeno trasparente. È l’accusa rivolta dai gruppi consiliari di minoranza a Vicenza e Verona che hanno lanciato una campagna comune contro la mega-municipalizzata. Per Vicenza erano presenti alla conferenza stampa Sandro Pupillo, Raffaele Colombara, Alessandro Marchetti, Gianni Rolando ma idealmente hanno partecipato anche Ennio Tosetto e Ciro Asproso. “Le promesse iniziali dei Sindaci Sboarina e Rucco di creare dalla fusione di Agsm e Aim un moderno polo industriale guidato da competenza, professionalità e trasparenza hanno lasciato presto il posto ad una realtà ben diversa”, inizia il documento diffuso. “La gestione del nuovo gruppo si sta infatti caratterizzando per una opacità senza precedenti, a partire dalla mancata pubblicazione delle informazioni sociali principali, come gli stipendi del presidente, del consigliere delegato e del resto del Cda”.

“Sin dall’inizio è stata esclusa ogni rappresentanza delle minoranze, nemmeno nel consiglio sindacale. Il risultato è un’azienda partecipata gestita da una governance interamente nominata dalla maggioranza di centrodestra e pressoché priva di titoli, competenze ed esperienza specifiche nel governo di grandi aziende”. “Non è un’operazione politica, ma un’operazione industriale” dicevano Rucco e Sboarina, ma l’unico curriculum richiesto è l’adesione a Lega, Fratelli

© Collezione Peggy Guggenheim. Foto Matteo De Fina.

“Non c’è alcuna trasparenza, dobbiamo accontentarci delle veline. Non si sa nemmeno quanto guadagnino il presidente, il vicepresidente Vivian e il resto del vertice, tutti selezionati secondo rigorosi criteri politici. Noi vogliamo preservare il patrimonio dell’azienda e non farlo dilapidare”

Nelle foto, il vicepresidente Gianfranco Vivian e i consiglieri d’opposizione Alessandro Marchetti e Ciro Asproso

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d’Italia, Verona Domani o Idea Vicenza, a partire proprio dal presidente Stefano Casali, che nel nuovo gruppo ha trovato un approdo sicuro dopo aver mancato l’elezione in Regione”. “Mentre sul sito istituzionale delle altre grandi multiutility del Nord Italia, in ossequio alle direttive della Consob, è sempre possibile reperire informazioni precise sulla politica retributiva delle principali cariche aziendali e dei dirigenti “strategici”, a Verona e a Vicenza ci dovremmo accontentare delle veline dell’ufficio stampa. Secondo la maggioranza i cittadini non hanno diritto di sapere quante migliaia di euro annui percepiscono il Presidente del gruppo, il suo vice Gianfranco Vivian, il consigliere delegato Stefano Quaglino e i componenti del consiglio di amministrazione Francesca Vanzo, Fabio Sebastiano e Anna Massaro, tutti selezionati secondo rigorosi criteri politici”. “Non si tratta soltanto di una battaglia per la trasparenza, ma anche di mettere in sicurezza un patrimonio aziendale che, al di là dei successi sbandierati da Sboarina, Rucco e Casali, rischia di essere bruciato se la nostra principale partecipata continuerà a essere gestita secondo logiche puramente politiche, e non invece come un’azienda di mercato che investe e scommette il proprio futuro su competenze, professionalità e strategie di qualità. La nascita di un “poltronificio” per assumere come dirigenti o consulenti compagni di partito preoccupa per lo sperpero di denaro dei cittadini, ma anche e soprattutto perché rischia, a lungo andare, di logorare Agsm-Aim come tristemente accaduto già in altre aziende partecipate”.


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Il personaggio. Vicentino di Fara, a Herat con un centinaio di specialisti ha contribuito alla ricostruzione

Il generale Sperotto: “In Afghanistan abbiamo costruito 13 scuole e 20 pozzi” “Abbiamo anche realizzato un Pronto soccorso per la popolazione e un ponte. Quando ho visto in tv quello che è successo ad agosto ho provato una grande tristezza e amarezza per le distruzioni. È stato sbagliato momento e periodo del ritiro. Ma l’Afghanistan saprà reagire e uscire da questa situazione”

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icentino di Fara, il generale di corpo d’armata Amedeo Sperotto, 64 anni, oggi in pensione, sa bene di che cosa si stia parlando quando si tocca l’argomento Afghanistan, terra piombata in un baratro di incertezze e anche di (in)immaginabili violenze. Per sei mesi, nella seconda metà del 2005, Sperotto è stato chiamato, assieme ad una task force di un centinaio di specialisti, molti i civili, a cercare di ricostruire una parte di quel martoriato Paese: si trovava a Herat, oltre 800 chilometri ad occidente di Kabul. Il compito era di rimettere in sesto i servizi e le infrastrutture basilari per offrire una condizione dignitosa di vita alla popolazione locale. “Il nostro approccio – ricorda il generale Sperotto – era sempre improntato a un atteggiamento di ascolto e di coinvolgimento dei responsabili locali, con i quali avevamo tessuto relazioni più che ottimali. I lavori li affidavamo a ditte locali individuate con regolari gare d’appalto, che erano pagate sulla base dell’avanzamento dei lavori, sempre secondo gli accordi e le usanze locali. Noi eravamo in un’area popolosa, con circa 7 mila famiglie, circa 30 mila abitanti a cui abbiamo consegnato 13 scuole, 20 pozzi, un pronto soccorso e un ponte”. Qual è la sua chiave di lettura sul modo disastroso in cui gli occidentali hanno lasciato l’Afganistan? “È complicato e forse ancora prematuro dare un giudizio su come si è mosso il governo americano e, di conseguenza, tutti i loro alleati. Certamente è stato sbagliato il periodo, sia come

arco temporale che come momento. Se le partenze fossero state programmate in inverno, con i passi di montagna bloccati dalla neve, probabilmente diventava più facile governare e rallentare l’arrivo dei talebani nella capitale”. Ha colpito l’arrendevolezza dell’esercito regolare: a che cosa la dobbiamo attribuire? “Ho conosciuto e lavorato con profitto al fianco di ufficiali e semplici soldati afgani, e mi hanno sempre dato l’impressione di brave persone, forgiate da anni di guerra, abituate ad affrontare con coraggio molti sacrifici per il loro paese. È difficile decifrare lo scoramento che ha assalito questi professionisti, probabilmente colti anche loro di sorpresa dal soverchiante impulso militare dei talebani. Per quanto riguarda la polizia, non dobbiamo dimenticare che è personale molto più legato al territorio, che ha la famiglia vicina e conosciuta. Per prudenza ma anche per premura verso di loro, molti hanno preferito non esporsi”. Quali sentimenti ha provato assistendo in tv alle tragiche scene dell’aeroporto? “Mi ha assalito una grande tristezza, un’infinita amarezza per le distruzioni cui sta andando incontro quel Paese, alle sofferenze che la popolazione più indifesa sarà certamente costretta a subire. E mi ha fortemente colpito la scena di quelle madri che affidavano ai soldati, persone a loro sconosciute, i propri figli oltre i reticolati. È stata la conferma che quella divisa, nella più totale disperazione, rappresentava una

Alcune immagini che ritraggono il generale Amedeo Sperotto durante la missione in Afghanistan, con alcuni personaggi locali e con i bambini. La sua missione per la ricostruzione a Herat è stata portata a termine con efficacia

speranza, perché negli anni ci avevano visto operare e quindi conoscevano il nostro animo e le nostre intenzioni”. Siamo alla vigilia del ritorno a uno stato islamico radicale, reazionario e violento? “Non direi. Sono invece convinto, come ha più volte ripetuto anche il nostro ordinario militare mons. Marcianò, che un seme sia stato gettato, importante, nuovo e che fa ben sperare per quelle popolazioni. Forse non germoglierà subito, ma già ha messo radici, lavora sottotraccia e si rivelerà più avanti. I talebani di oggi non sono quelli di 20 anni fa, in buona parte anziani se non ormai morti, visto che la vita media si aggira sui 50 anni. Questi soldati sono cresciuti in un’altra realtà, sono giovani

che girano il mondo attraverso internet, molti hanno studiato all’estero, e sanno che cosa succede laddove si lascia crescere la democrazia. Non potranno ignorare quello che hanno visto e di cui sono intimamente convinti”. Ne uscirà, l’Afghanistan, da questa situazione tremenda? “Ne uscirà senz’altro, l’importante che si lasci loro la libertà di scegliersi il come, facendo leva sulla loro forza interiore, perché trovino da soli la loro strada nel rispetto delle loro tradizioni. Un anziano del villaggio dove abbiamo lavorato mi diceva: voi occidentali avete l’orologio, noi abbiamo il tempo. Come dire, noi sappiamo governare il nostro futuro! Glielo auguriamo di cuore tutti”. Silvio Scacco

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Il personaggio. La femmina di pastore tedesco di quattro anni, in servizio alla polizia locale, è diventata famosa a Vicenza

È il commissario Rex alla vicentina “Aria vigilerà anche davanti alle scuole” Assieme al suo “conduttore”, l’agente Roberto Medolago, ha messo a segno molti successi specie nell’antidroga: “Quando la vedono che li punta, gli spacciatori consegnano spontaneamente le dosi”. Ecco come vive e come si addestra. Per lei è tutto un gioco

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il commissario Rex alla vicentina. Certo, non è celebre come il collega austriaco ma nel nostro piccolo, a Vicenza, è un personaggio. Lavora con la polizia municipale e, anche se non ha un grado, e del resto neanche Rin Tin Tin lo aveva benché vivesse in un reggimento, proprio come il pastore tedesco del caporale Rusty nei telefilm risolve molte situazioni. La cronaca ha registrato i suoi brillanti interventi a Campo Marzo e in altre zone verdi della città contro lo spaccio di droga. Ecco l’identikit di Aria, femmina di pastore tedesco di quattro anni, che dall’ottobre 2020 presta servizio al comando di polizia locale di Vicenza. A fianco dell’agente scelto Roberto Medolago, che qui illustra la loro vita, perché poliziotto e cane vivono assieme, Aria forma la prima unità cinofila antidroga in servizio nel capoluogo berico. Presente all’incontro anche il consigliere delegato alla sicurezza Nicolò Naclerio. Come si selezionano i cani poliziotto? “La principale caratteristica che si richiede per poter iniziare l’addestramento è l’attitudine alla ricerca”. E come si addestrano? “Attraverso una progressione di esercizi che portano il cane ad essere sempre più autonomo nella ricerca di sostanze stupefacenti”. Aria con chi vive? “Con me che sono il suo conduttore”.

Un primo piano di Aria, la femmina di pastore tedesco della polizia locale di Vicenza, e del suo conduttore, Roberto Medolago. Non solo lavorano, ma vivono anche assieme. Nell’altra foto, Aria e gli agenti al lavoro durante un controllo in un parco

E qual è la sua giornata tipo? “Al di là dell’addestramento quotidiano, ogni giorno è diverso e varia a seconda delle situazioni in cui è richiesto il nostro intervento”. Ogni quanto viene impiegata per le azioni? “Il cane segue i turni di servizio del suo conduttore. Più in generale è impiegata ogni volta sia necessario il nostro intervento”. Durante gli interventi qual è il suo compito? “Aria fiuta il soggetto che le si indica”. Quindi non è previsto che Aria immobilizzi o aggredisca? “No. Il cane interviene solo quando il soggetto è già stato fer-

mato dai colleghi”. Non c’è il rischio che il cane venga assuefatto dalle sostanze che fiuta? “No, non è drogato. Il cane è addestrato a fiutare gli odori, non a sniffare le sostanze. Per insegnare questo al cane durante l’addestramento vengono utilizzati dei tamponi pregni di sostanze non stupefacenti ma che replicano perfettamente l’odore di quest’ultime”. E come vi avvisa nel caso in cui fiuti qualcosa? “Dipende da dove trova: se è in basso si siede o si mette a terra, se in alto allora punta in alto”. E che effetto fa Aria ai soggetti fermati per un controllo?

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“Spesso, quando Aria è pronta all’intervento, il soggetto, solo vedendola, consegna spontaneamente tutte le sostanze in suo possesso. Non la fai sotto al naso di Aria, letteralmente”. Aria è in grado di distinguere il servizio operativo dall’esercizio? “No. Aria intende il suo compito come un gioco; che si tratti di esercitazioni o di azioni reali. Anche per questo motivo la si fa intervenire solo in situazioni di totale sicurezza: le serve tranquillità”. In che zone viene richiesto il vostro intervento? “Al momento siamo frequentemente impegnati nell’area di Campo Marzo. Inoltre, con la ri-

apertura delle scuole, Aria verrà impiegata anche negli istituti superiori nell’ambito del progetto “scuole sicure”. Quanto dura la carriera di un cane poliziotto? “Non si può determinare con precisione. Tutto dipende principalmente dall’invecchiamento del cane”. E cosa prevede la loro pensione? “È stabilito che a fine carriera un cane rimanga presso il proprio conduttore o venga affidato a qualcuno in grado di garantire all’animale una vita dignitosa così come lo è stata durante gli anni di servizio”. Roberto Meneghini

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Economia

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Il progetto Accademy. Organizzato dalla Confartigianato, ha girato la boa dei vent’anni e punta a legare scuola e impresa

Busato: “Far respirare agli studenti il profumo della bottega artigiana” V

“Questa promozione valida solo nei Famila che espongono questa campagna pubblicitaria e solo sui prodotti segnalati nel punto vendita”

ent’anni fa si chiamava “Educare alla manualità”. Poi ha cambiato nome ed è diventato “Dire, fare, pensare”. Adesso, nel regno telematico della velocità, il nome s’è contratto in una parola sola, “Academy”. L’obiettivo però non è mutato: legare imprese e scuola. Per raggiungerlo è stata elaborata una proposta organizzata in corsi e laboratori diretti a studenti e docenti. È un’iniziativa unica nel Veneto, promossa dalla Confartigianato di Vicenza che l’anno scorso ha coinvolto 2500 studenti, 300 docenti e 40 scuole sulle 115 che esistono in provincia di Vicenza. Sono 19 gli argomenti dei corsi/ laboratori organizzati per gli studenti, naturalmente replicabili. Ogni corso è anche un laboratorio perché la teoria è sempre applicata alla prassi. È quello che gli specialisti chiamano “thinkering”, vale a dire “imparare facendo”. E, naturalmente, nessuno meglio di un artigiano può dimostrare quanto sia vera questa filosofia e nessuno

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come loro la può insegnare. Per i docenti, invece, i corsi organizzati sono una decina. I più importanti sono quelli pensati assieme all’università di Trento, sull’alfabetizzazione economica e quelli relativi alla parte psicopedagogica di cui si occupa la prof. Daniela Lucangeli, ordinaria di psicologia dello sviluppo dell’università di Padova. Due corsi sulle Life skills saranno tenuti da Marcella Serra ed Elena Brentan. Come si vede, si tratta di partner importanti, ma non sono da meno gli altri. Spiega Sandra Fontana, funzionaria dell’ufficio scuola di Confartigianato: “Abbiamo rivisitato 20 anni di esperienza, pensando l’offerta per la generazione Zeta, quella degli adolescenti di oggi”. Aggiunge il provveditore Carlo Alberto Formaggio: “La parola d’ordine non è più conoscenza, ma competenza. E le competenze da maturare oggi sono di tre tipi: saper lavorare in gruppo; migliorare le competenze di base essenziali, vale a dire informatica e lingua in-

A sinistra lo stampatore d’arte Giancarlo Busato

spiega Omar Venuda, di cimentarsi nel team building per imparare a raccontare utilizzando la realtà virtuale e aumentata. Non c’è spazio solo per il futuro, ma anche per i laboratori che recuperano il passato, come i laboratori artistici animati da Laura Vaingerl (restauro), Giancarlo Busato (incisione d’arte) e poi quilling, cioè filigrana di carta, con Elena Marconato, infine moda con Cecilia Zarantonello, che si occuperà della progettazione modellistica attingendo alle competenze di geometria e disegno tecnico.

Sottolinea Busato, terza generazione della famiglia che gestisce la stamperia di contrà Santa Lucia: “Da vent’anni, come i miei colleghi, ho creduto a questa iniziativa. Ho voluto trasmettere la passione dell’artigiano ma soprattutto ho voluto far respirare ai ragazzi, talvolta solo bambini, l’aria della bottega. Il messaggio è arrivato e lo testimoniano i disegni che mi hanno portato come risultato dei nostri incontri. Sono esperienze che restano nell’anima. E io credo in questo investimento nel nostro sapere”.

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glese; assorbire le competenze che derivano dal know how aziendale. Ecco perché la collaborazione con le associazioni di settore sono fondamentali”. Il programma dell’Academy è diretto a tutti gli ordini di scuola, dalle elementari alle superiori. Ed è sostenuto da prim’attori delle discipline. Per esempio, gli “Alumni” della Scuola Galileiana di Padova (mica scherzi: la Galileiana è paragonabile nelle scienze matematiche alla Normale di Pisa…) offriranno agli studenti delle medie laboratori di fisica sull’energia sostenibile, sul ciclo del carbonio, sulla meccanica sostenibile, la transizione ecologica e sui cambiamenti climatici. Dal canto proprio, la Confartigianato mette in campo le energie del Digital innovation hub per dare spazio alla robotica, informatica, linguaggi di programmazione, modellazione 3D. La creatività è sviluppata anche dal laboratorio di storytelling e collaborativo realizzato dalla Fiber che consentirà agli studenti, come

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Economia & costume

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Un comparto che cambia pelle. Sono 130 i microbirrifici del Veneto e hanno un fatturato da 100 milioni

La birra artigianale riscopre la lattina: tributi a Paolo Rossi e al micio vicentino Perfino i sommelier dell’Ais fotografano un mutamento di gusti e stringono l’alleanza tra vino e birra. Le nuove ricette dei produttori vicentini Ofelia, La Villana e Lucky brews. I sapori si orientano verso i gusti più amari, influenzati dalle Ipa americane. La scelta delle Iga: uniscono il vino al mosto di birra

I

l mondo della birra è diventato importante nell’economia del Veneto. E sta mutando pelle sotto vari punti di vista. Lo dimostra l’analisi di Veneto Agricoltura, che alle birre, in particolare ai microbirrifici, ha dedicato di recente un focus di approfondimento. Ma stanno cambiando anche le modalità di produzione e di imbottigliamento, con una novità che prende sempre più piede: lattine al posto delle bottiglie. A fine 2020 – stima Veneto Agricoltura - erano ben 128 le imprese attive in questo settore nel Veneto. Per il 37% si tratta di birrifici, mentre i brew pub, cioè locali che producono e vendono direttamente la birra, e i beer firm, cioè aziende che producono birra a proprio marchio ma che usano impianti di terzi, rappresentano in entrambi i casi il 12%. Un dato sorprendente riguarda gli agribirrifici, cioè quei produttori di birra che sono anche imprenditori agricoli in quanto si autoproducono una parte delle materie prime utilizzate. Questo gruppo rappresenta quasi il 39% delle realtà attive nel Veneto; si tratta di una percentuale davvero sorprendente, considerato che questi imprenditori realizzano oltre il 60% della produzione artigianale di birra a livello veneto. Sulla base dei dati raccolti dall’Agenzia regionale, si stima che complessivamente la partita dei micro birrifici veneti valga circa 100mila ettolitri di birra, per un fatturato complessivo di 100 milioni di euro, con buone prospettive di un ulteriore sviluppo e incremento. Che il mondo della birra stia cambiando, lo dimostra anche l’interesse dei sommelier Ais. Se perfino loro, che si occupano di vino per statuto, dedicano tutto l’ultimo numero della loro rivista, “Vinetia Magazine”, alla birra, è evidente che si tratta di un mondo in evoluzione. Al punto che proprio i sommelier Ais, guidati nel Veneto da Marco Aldegheri, accanto ai consueti corsi sul vino hanno organizzato anche il primo corso sulla birra. Come stia cambiando questo mondo lo spiega Davide Cocco, critico del settore e responsabile della guida delle birre di Slow Food per il Veneto assieme ad Andrea Monico. “La birra non è più nemica del vino – spiega Cocco – La mentalità si sta aprendo. Nel mondo della birra c’è un forte dinamismo, inventiva, desiderio di comunicare. Le birre artigianali coprono il 4.5% del mercato e puntano ad arrivare al 5. Si sta lavorando su ingredienti particolari e anche su nuovi

Nelle immagini, la copertina dell’ultima rivista dei sommelier Ais, “Vinetia magazine”, tutta dedicata alla birra. Davide Cocco, critico del settore e autore della guida Slow Food. Andrea Signorini e la nuova birra “Magnagati”. Marco Simonetto e Ilaria Meneghetti creatori delle birre dedicate alla memoria di Paolo Rossi

contenitori”. Questo è uno degli aspetti più interessanti, perché l’idea della birra artigianale è molto legata alla bottiglia. Tant’è vero che anche la copertina della rivista dell’Ais riporta l’immagine di una birra in bottiglia: “C’è un ritorno alle lattine per la birra artigianale – precisa Cocco – per vari motivi. La lattina è più leggera, costa meno il trasporto, è più resistente, protegge la birra dalla luce, anzi dal “colpo di luce” che è esiziale. Infine la lattina preserva la freschezza della birra molto più della bottiglia”. A riprova di quanto afferma, ci sono le esperienze dei birrifici. Il birrificio Ofelia di Sovizzo, aperto dal 2007 da Andrea Signorini e dalla moglie Lisa Freschi, ha appena lanciato due birre in lattina: una Ipa e una Pils, che ha battezzato Magnagati con tanto di micio sull’etichetta. Il nome lo spiega Lisa Freschi: “È una italian pils, nuovo stile nascente in Italia, e abbiamo usato orzo interamente vicentino e luppolo da filiera agricola italiana, in parte anche vicentino del luppoleto di Peschiera dei Muzzi. Volevamo fare una birra di facile approccio con materie prime locali. Ho sempre adorato essere una magnagati, perchè ha uno storytelling interessante”. Il birrificio “Ofelia” da sempre raccoglie importanti premi. Ha una capacità

di produzione di 12 ettolitri e conta una ventina di etichette, spesso dal nome curioso: come “La La Blend”, o la “Signorina Silvani” oppure “Nevermild - il Nirvana del malto”. Un’altra loro birra, la Amitabh, una english ipa, è stata premiata con il primo posto nella sua categoria al Cibus di Parma, dove ha ottenuto una medagli di bronzo anche la loro “Piazza delle Erbe” con la medaglia di bronzo. La Amitabh è una birra di grande eleganza, il cui nome è ispirato all’attore di Bollywood Amitabh Bachchan. C’è invece chi, ed è il birrificio La Villana, nato a Grantorto e adesso sbarcato a Vicenza, ha messo sulla lattina l’immagine di Paolo Rossi in tre versioni, con le tre maglie delle sue squadre: quella biancorossa del Vicenza, quella bianconera della Juventus e quella azzurra della nazionale. L’idea e la produzione (in edizione limitata) sono di Marco Simonetto e Ilaria Meneghetti, marito e moglie nella vita ma anche soci e fondatori de “La Villana”. Le tre birre richiamano il campione scomparso nel dicembre 2020 anche nei nomi. Prima di tutto c’è Pablipa, bionda d’ispirazione americana; la Pablitter è invece una rossa d’ispirazione inglese, mentre la Pablita, che appare azzurra sulla lattina con l’immagine di Paolo Rossi mundial con le braccia alzate, è una birra bionda

a bassa fermentazione in stile Pils. La produzione dichiarata da “La Villana” può arrivare a 1000 ettolitri l’anno. Le varietà di malto utilizzate sono sedici, quelle di luppolo 23. Sono 12 gli stili di birra prodotti. Dal 2020 gli impianti di produzione sono stati trasferiti a Vicenza, in un ampio spazio in via Massaria indicato come “Il birrificio”: ricavata da una ex fabbrica, l’impianto permetterà in futuro – spiegano i titolari – un ulteriore sviluppo dell’attività. Ma non cambiano solo le confezioni, mutano anche i gusti: “Si nota una tendenza all’american Ipa – spiega Cocco – caratterizzata da un luppolo intenso e soprattutto una forte tendenza generalizzata ai gusti amari, provocata appunto dalla Ipa. C’è anche uno stile italiano che si sta diffondendo, ed è il punto d’incontro tra la birra artigianale e il vino: è battezzata come Iga, Italian grape ale, e si caratterizza per l’aggiunta di uva al mosto di birra”. In questa direzione guarda Luckybrews, birrificio a Ponte Alto di Vicenza, che aggiunge il 12% di mosto di garganega de La biancara di Angiolino Maule, profeta dei vini naturali in tutta Italia e cantina a Gambellara. Nasce così la Garganauta 2020, che attraverso un gioco di parole rimanda al vigneto ma anche alla capacità della birra di attraversare i generi tradizionali. (a.d.l.)


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Attualità

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Il progetto. Hanno realizzato una mostra temporanea ma intendono trovare una soluzione stabile per le loro collezioni

Sei personaggi in cerca di un museo che ospiti la raccolta di bici storiche Il Vicentino ha un patrimonio di rilievo, di carattere culturale e tecnico, in fatto di biciclette. Serve una sede che possa dare spazio alle molte tipologie di mezzi che hanno fatto la storia delle nostre comunità: dalla bici del parroco a quella del lattaio

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asterebbe un nome, quello di Tullio Campagnolo, che inventò il cambio moderno, per far capire il ruolo di Vicenza nel ciclismo. “Ma non è l’unico esempio di figura importante nel Vicentino legata alle due ruote: pensiamo ad esempio alla famiglia Paulon e alle bici col marchio tutto vicentino Berga”. Lo sottolinea Michele Villis, 66 anni, architetto e insegnante, nato a Manerbio e trasferitosi con la famiglia a Vicenza all’età di 12 anni. Villis che fa parte degli Amici della Bicicletta (Fiab) di Vicenza ed è stato in passato anche presidente del Veloce Club (nel 2002 organizzò la mostra dei cento anni in sala Borsa) e ha curato una bella esposizione di bici storiche nel museo di Santa Corona, grazie anche al patrocinio dell’assessore all’ambiente e alla cultura Simona Siotto. Lui che si è sempre occupato di disegno industriale e di ricerca sui materiali nella progettazione di caschi da moto e cicli, ha messo insieme un interessante gruppo di collezionisti: tra loro l’architetto Enrico Paulon nipote dei fondatori della fabbrica di Porta Monte (era nell’edificio dove oggi hanno sede i carabinieri forestali), che sta recuperando e restaurando un campionario di bici prodotte col marchio Berga. E poi Vinicio Comberlato con la collezione delle bici dedicate alle professioni: barbiere, prete, arrotino, lattaio, falegname, vignaiolo. A Villaverla in una ex stalla ha raccolto molti pezzi interessanti: un luogo che su prenotazione si può visitare. “Ma è un po’ fuori mano - afferma Villis - Un museo della bici si deve realizzare in città o in un’area di archeologia industriale facile da raggiungere per tutti e collegato ai circuiti turistici”.

Nel gruppo di collezionisti vi sono anche Fabio Sartori, Stefano Rigon e Loris Pasquale di Sarcedo. Per parafrasare Pirandello, sono sei personaggi in cerca di costruire un museo vicentino della bicicletta. “Ci sono anche altri collezionisti - afferma Villis - come Luigino Cenzi di Noventa Vicentina che ha dei pezzi veramente interessanti e storici”. “Per il museo l’idea è quella di realizzare una sede permanente dedicata alla bicicletta - prosegue Villis - ma di fatto si tratterebbe di un’esposizione della tecnica e della meccanica che ben si sposa con le tradizioni industriali del territorio vicentino; perché sulla tecnologia della bicicletta si basa tutto lo sviluppo tecnologico successivo legato ai mezzi motorizzati, alla motocicletta e all’automobile”. Michele Villis lancia un appello: “Chiediamo all’amministrazione locale e ad eventuali mecenati di appoggiarci per mettere in piedi un progetto credibile. Serve però individuare un’area o un edificio che si presti allo scopo. Sulla base del progetto poi si recuperano i finanziamenti, ma è evidente che non basteranno quelli pubblici”. “La mia idea è di realizzare all’interno di una struttura permanente delle mostre temporanee stagionali su aspetti particolari, periodi storici o elementi meccanici. Per esempio sui telai delle biciclette e sulla loro evoluzione, e poi la sella, i cambi, l’evoluzione della ciclistica”. Insomma i collezionisti ci sono, materiale ce n’è, eventuali aziende della filiera del ciclismo che potrebbero sostenere l’iniziativa anche. Basta darsi da fare a palazzo. Francesco Brasco

Foto di gruppo alla recente mostra delle bici storiche al museo di Santa Corona: Enrico Paulon, Michele Villis, l’assessore Simona Siotto, Paolo Zancan e Enrico Bisogno


Religione

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Il personaggio. Paolo Mantese, 47 anni, ha scelto una vita di meditazione e preghiera ed è diventato “Fratel Amedeo”

Così l’ingegnere chimico vicentino è diventato un monaco in Piemonte Nell’abbazia dei cistercensi a Pra ‘d Mill a Bagnolo Piemonte, vicino a Saluzzo, ha ricevuto l’ordinazione presbiterale. Tre vescovi si sono dati appuntamento per la cerimonia. La vita a Valdagno, gli studi a Padova e poi la scelta. Oggi, nel tempo libero dagli obblighi spirituali, realizza anche bonsai

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l passo non è stato breve. In tutti i sensi, da quello geografico a quello, assai più importante, personale. Arrivare da laico nel Vicentino a monaco e sacerdote a Bagnolo Piemonte è stato un viaggio lungo. Ma da poche settimane il valdagnese fratel Amedeo, al secolo Paolo Mantese, ha ricevuto l’ordinazione presbiterale. È un monaco benedettino cistercense. Ha preso i voti davanti alla comunità del suo monastero, con tre vescovi, riuniti per l’occasione: mons. Bernard Nicolas Aubertin, arcivescovo emerito di Tours e abate emerito dell’abbazia di Lérins; mons. Cristiano Bodo, vescovo di Saluzzo e mons. Giuseppe Guerrini, vescovo emerito sempre di Saluzzo, nella cui diocesi si trova l’abbazia benedettina. Quarantasette anni, fratel Amedeo ha alle spalle una laurea in ingegneria chimica. Dopo l’infanzia a Valdagno e il diploma come perito chimico, si iscrive all’università di Padova e diventa ingegnere. Un anno di lavoro e i dubbi di anni vengono a galla: “Qual è il mio posto nel mondo?” si domanda. Chiede così aiuto a quello che oggi è fratel Bruno, altro monaco vicentino, che da qualche anno si è trasferito all’abbazia di Notre Dame d’Orval in Belgio, ma che è stato cappellano nella parrocchia di San Clemente di Valdagno. Fratel Bruno gli consiglia un periodo di riflessione al piccolo monastero Dominus Tecum, nato da poco in Piemonte a Pra ‘d Mill, località a 850 metri di altitudine di Bagnolo Piemonte. Scherzo del destino, il monastero si trova in valle Infernotto, ma il nome non ostacola la meditazione e la scelta. Per l’ingegnere, la chiamata di Dio gli è finalmente chiara: la vita monastica è quella che meglio si addice al suo carattere un po’ schivo, quasi timido. Essere monaco gli permette quel silenzio e quelle pause di riflessione che gli fanno bene, ma al contempo lo fanno sentire parte di una comunità che lo sup-

porta e che lui può aiutare con le sue preghiere e con il suo lavoro, come prevede la regola di San Benedetto. “Sono stati momenti intensi - racconta - di grande rifles-

sione e preghiera, ma in cuor mio sapevo che la via era segnata”. E finisce con un sorriso: “Hanno provato a farmi desistere i fratelli del monastero, ma io ho tenuPaolo Mantese, 47 anni, ha cambiato vita ed è diventato Fratel Amedeo. Ora vive in un monastero cistercense

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to duro”. Quattro anni di studio nell’abbazia di Lerins in Francia, esattamente in Provenza, da cui al tempo Pra ‘d Mill dipendeva, per poi fare ritorno in Piemonte per la professione di fede come monaco il 1° luglio 2006. Inizia così il suo percorso: lavora nel laboratorio delle marmellate del monastero ma ha cambiato impiego almeno un paio di volte, da responsabile dei novizi fino alla gestione dell’accoglienza dei fedeli. Nel tempo lasciato libero dallo studio e dalle sette preghiere giornaliere suona la Kora (strumento a corde africano) e realizza bonsai. Nel 2015 l’allora priore padre Cesare vede in lui potenzialità inespresse e gli chiede di diventare prete, ma a lui aveva dubbi e gli serviva tempo. “Non mi sentivo all’altezza. Poi ho capito. Padre Cesare aveva ragione: sentivo che mi mancava qualcosa”. Adesso, con l’ordinazione, ha colmato quel vuoto. Il monastero di Pra ‘d Mill si trova a Bagnolo Piemonte, in provincia di Cuneo. Sorge su un terreno donato dalla famiglia dei Baroni d’Isola ai monaci cistercensi di Lerins. La presenza regolare dei monaci inizia nel 1995, ma la carta ufficiale di fondazione risale al 1998. Oggi il monastero, grazie a lavori di ampliamento e restauro, ospita una comunità stabile di 14 monaci. Produce confetture, miele e icone sacre, tutto acquistabile sul posto, ma anche sul sito del monastero. Offre inoltre, a chi cerca un tempo di preghiera, silenzio, riposo. Tutte le celebrazioni sono aperte ai fedeli.


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Attualità

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Il personaggio. Dura mezz’ora, è stato girato una decina di anni fa, ed è conservato negli archivi dell’azienda di protezioni

Un film inedito di Ermanno Olmi su Dainese e Valentino Rossi L’imprenditore delle protezioni racconta la lunga amicizia con il “dottore”: “Lo conosco da ragazzo perché suo padre Graziano era uno dei miei piloti. Valentino era talmente magro che dovevo mettere delle sottotute per irrobustirlo. Valentino ha contribuito a collaudare l’airbag per moto. Lui si divertiva a gareggiare, non bada al tempo. Agostini s’è ritirato a 33 anni, Rossi a 42”

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rovate a immaginare Ermanno Olmi che intervista Valentino Rossi e gli chiede: “Hai pensato a diventare padre? E quando sarà?”. Sembra difficile da credere, eppure l’incontro tra questi due personaggi, differenti ma a loro modo grandi, s’è svolto davvero. La domanda di Olmi dieci anni dopo trova una risposta, perché Valentino Rossi s’è ritirato dalle gare (non dal mondo delle corse) proprio perché sta per diventare papà. L’incontro tra il regista e il campione di moto s’è svolto una decina di anni fa. L’idea è stata di Lino Dainese, imprenditore della sicurezza, celebre nel mondo per le protezioni create di primo acchito per i motociclisti e poi migrate a proteggere molte altre categorie, perfino i militari sui carri armati. Da tempo Dainese, che è persona assai interessata all’arte, specie alla pittura, conosceva Olmi del quale aveva apprezzato anche il film “Il mestiere delle armi” su Giovanni dalle bande nere, tutto un clangore di spade, lance e corazze. Ma in fondo, s’è detto, che cos’era un’armatura se non una protezione per il corpo? Certo, nel medioevo non esistevano moto rombanti, ma il concetto si poteva far viaggiare nel tempo. Se Olmi aveva interpretato il medioevo delle battaglie avrebbe potuto raccontare, da par suo, anche le armature moderne di chi va in moto. Detto, fatto. Dainese ha chiamato il regista e gli ha lanciato l’idea di un film sul proprio mondo, le protezioni (non chiamate-

le “tute”, è svilente) e sui personaggi che lo animano. Il più importante non poteva che essere Valentino Rossi, classe 1979, che Lino Dainese conosce da quando era ragazzo, perché è figlio di Graziano Rossi, uno dei piloti di Dainese già negli anni Settanta. Dall’incontro fra i due nacque anche la domanda oggi diventata d’attualità. Per il resto, il film di Olmi – mezz’ora la sua durata – è rimasto inedito ed è conservato da Dainese. Chissà se un giorno emergerà dagli archivi dell’azienda: sarebbe davvero curioso vedere come un poeta, qual era Olmi, è riuscito a raccontare la tecnologia e le armature moderne. Quando racconta di Valentino, Lino Dainese parte da lontano: “L’ho conosciuto da adolescente, quando era talmente magro che gli dovevamo mettere delle sottotute per irrobustirne la figura. L’abbiamo seguito in tutti questi anni, nella sua lunghissima e invidiabile carriera. È l’unico pilota di quelli che ho avuto che mi faceva saltare sul divano”. Prosegue Dainese: “L’aspetto particolare che mi ha sempre colpito è la leggerezza con cui prende la vita. Quando vinceva faceva scenette. Mi ricordo quando s’è messo di traverso sul serbatoio dopo aver tagliato il traguardo, quasi volesse dire: ho vinto, e allora? È normale…”. “Un’altra volta, in Spagna, dopo la vittoria al gran premio ha consegnato la moto ai meccanici e lui è scappato. Sparito per molti minuti. Tutti sono ammutoliti. Era semplice-

Un’immagine del 2005 di Lino Dainese con Valentino Rossi, suo testimonial per la sicurezza, scattata nella sua azienda a Vicenza. Nell’altra foto l’airbag Dainese in funzione a un gran premio. Ermanno Olmi, grande regista, che ha girato il film ancora inedito

mente andato in bagno”. Continua Dainese: “Altri arrivano con il fiatone ai risultati, lui sembrava che giocasse. Si divertiva. Anch’io qualche volta mi sono chiesto: perché non si ritira? A cosa serve arrivare nono o decimo? La verità è che lui si divertiva, giocava, evidentemente gli bastava questo”. Valentino Rossi è sempre rimasto

legato a Dainese in questi vent’anni: è stato suo testimonial per la sicurezza, collaudatore che ha collaborato a creare l’airbag delle moto, invenzione di Dainese che ha cambiato la vita dei campioni nei gran premi, certo, ma anche di tutti i motociclisti. Dainese inanella un ricordo: “Pochi lo ricordano, ma Giacomo Agostini s’è ritirato a 33 anni, mentre Valentino ne ha 42. Proprio Agostini mi spiegava un concetto molto semplice e molto vero: noi corriamo in moto, ma il tempo corre più veloce di te. Non è stato semplice per lui ritirarsi, come non lo sarà neanche per Valentino. Ma non lo è per nessuno lasciare un lavoro: sorgono dubbi, sensi di frustrazione. Valentino era il “dottore” sulla moto, scherzava a farsi chiamare così. Pensando a questo nome, ho sorriso vedendo la sua foto con lo stetoscopio poggiato sul pancione per sentire il bambino. Vedete com’è lui? Prende la vita come un artista”. (a.d.l.)

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L’iniziativa. Tommaso e Andrea Cevese per l’associazione “Cammini veneti” progettano un itinerario dalla pianura ad Asiago

Tra natura e paesaggio 80 chilometri attraverso i luoghi di Rigoni Stern N

el centenario della nascita, prende corpo l’idea di un cammino dedicato a Mario Rigoni Stern, alla scoperta dei suoi luoghi e delle bellezze naturali (ma non solo) del territorio vicentino. Il progetto lo promuove l’associazione Cammini Veneti, sulla scorta di quanto già realizzato nel 2015 con il cammino Fogazzaro-Roi: un itinerario, diviso in diverse tappe, che conduca chi lo percorre ad esplorare alcuni dei posti più belli del nostro territorio, idealmente in compagnia di Rigoni Stern. Tommaso Cevese, docente di filosofia al liceo Quadri ma anche fotografo di vaglia, sta curando per conto dell’associazione la guida del cammino, oltre che il materiale fotografico: “Il percorso che abbiamo delineato ha un’impronta molto più naturalistica rispetto al cammino Fogazzaro-Roi; d’altronde, con un cantore della natura e dei nostri paesaggi come è stato Rigoni Stern, altro non si poteva fare. Il cammino attraversa diciotto Comuni della nostra provincia ed è diviso in quattro tappe: la prima prende avvio dal teatro Olimpico (Rigoni Stern era membro dell’Accademia Olimpica) per giungere a Bolzano Vicentino; la seconda da Bolzano Vicentino a Fara; la terza da Fara a Cogollo del Cengio; la quarta ed ultima da Cogollo del Cengio alla casa dello scrittore ad Asiago”. “È un percorso lungo circa ottanta chilometri, con mille metri di dislivello, che si delinea per gran parte seguendo gli argini dei fiumi presenti: dal Bacchiglione al Tribolo, dal Tesina fino all’Astico. Nell’itinerario sono inserite anche tappe prettamente storiche e culturali, come villa Piovene Porto Godi e villa Godi-Maliverni con il suo museo dei fossili, entrambe a Lugo di Vicenza. L’intento è di permettere a chi lo percorre, sia a piedi che in mountain bike, da un lato di recuperare il contatto con la natura in una zona dove è stata stravolta da un’industrializzazione incontrollata, dall’altro di riscoprire una parte di noi, della nostra storia, come ad esempio dei crocevia di passaggio, un tempo fondamentali per le nostre genti, come la vecchia strada del Costo o il vecchio percorso della ferrovia che saliva ad Asiago, che Rigoni Stern descrive tante volte nei suoi libri, inserito nell’ultima tappa del cammino”. “Il bosco, la natura – conclude Tommaso Cevese – potrebbero essere considerati da noi come una seconda casa, con tutto ciò che ne deriva. Se, come sostiene Heidegger, “il tratto fondamentale dell’abitare è aver cura”, ciò significa che possiamo “abitare” anche i boschi, anche la natura”. Andrea Cevese, fratello di Tommaso, è presidente dell’associazione Cammini Veneti: “L’idea del cammino nasce per celebrare i cento anni dalla nascita di Ri-

Dopo quello Fogazzaro-Roi, sta nascendo un nuovo cammino intitolato al grande scrittore asiaghese. Articolato in quattro tappe, parte dal teatro Olimpico e si conclude in Altopiano davanti alla casa dell’autore. Mille metri di dislivello. Si sta preparando la guida, ricca di immagini

CO M M ER C I A L I ST I E CO N S U L EN T I D EL L AVO R O

Un’immagine di Tommaso Cevese, docente di filosofia al liceo “Quadri” e fotografo di vaglia. Suoi gli altri scatti di alcuni luoghi che attraversa il cammino che si sta progettando

goni Stern, che cadono il prossimo novembre. Purtroppo per una serie di lungaggini burocratiche, ad oggi non siamo in grado di dire se il percorso si riuscirà ad inaugurare entro l’anno o se dovremo slittare all’anno prossimo. Al momento mancano anche gli sponsor che possano darci una mano nella sostenibilità del progetto. Siamo convinti che le potenzialità siano notevoli: quella di Rigoni Stern è un’opera estremamente conosciuta, e per il cammino puntiamo ad attrarre una platea molto vasta, in primis ovviamente locale, ma allargandola anche fuori regione e all’estero. Certamente il nostro territorio non ha nulla da invidiare ad altri in termini di paesaggi e di bellezze naturalistiche. Una vera sfida di organizzazione e comunicativa, che richiederà un lavoro di squadra con i numerosi enti territoriali coinvolti per promuovere il progetto”. Alvise Ferronato

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L’iniziativa. Dal 18 al 26 settembre si svolge la rassegna, diretta da Luca Dal Molin, che ha trovato qui la sua sede

Il “corto” ha una biennale vicentina Trecento film e ospiti illustri sul palco Saranno premiati il musicista Danilo Rea e lo sceneggiatore Umberto Contarello (“La grande bellezza”). Numerose anche le mostre, le interviste, registi e attori presenti per otto giorni ricchi di proposte

PIZZERIA È

giunta alla terza edizione la Biennale del Cortometraggio di Vicenza ideata da Luca Dal Molin, 53 anni di Treviso, e curata dall’associazione culturale IsArt assieme a dei partner istituzionali come Rai Cinema e Rai Movie, il patrocinio del Comune di Vicenza (assessorato alla Cultura) e sponsor come l’azienda Idealed, Rigoni e Franceschetti, Bper, Agsm-Aim, Latteria Soligo, Mediolanum, e Fondazione Coppola, Bar Borsa, IGold. Tutte realtà che permettono la realizzazione e la visione gratuita dei film. Saranno ben 300 i cortometraggi proiettati all’Astra di Vicenza tutti i pomeriggi dalle 16. Inaugurazione sabato sera 18 con l’anteprima nazionale del film Gotico Padano dei registi vicentini Gabriele Grotto e Roberto Leggio (omaggio a “La casa delle finestre che ridono” di Pupi Avati) con la presenza del noto regista e direttore della fotografia Daniele Ciprì (che con Maresco realizzò la celebre “Cinico Tv”). Perché una Biennale del Cortometraggio? “Perché desidero realizzare una grande rassegna per cercare di far capire e avvicinare sempre di più il pubblico al cortometraggio. A inizio carriera molti registi sono partiti dal “corto”. Sono film brevi incisivi, con suspense e finali a sorpresa. Più corto è, più ti emoziona”. Come è organizzata? “Proiezioni per il pubblico a entrata libera dalle 16, dal lunedì al sabato, e quindi serate a tema. L’apertura è prevista la sera del 18 all’Astra, dalle ore 18, e apertura della mostra in sala degli Zavatteri

di Nathalie Djurberg e Hans Berg, e al Qu.Bi. Gallery con Enrico De Paris, tutta videoarte. Al mattino invece gli incontri con le scuole. Poi vi saranno diverse iniziative come la presentazione del libro di Davide Vigore (Fuori gioco) e la presentazione del corto Dream (19.30 di mercoledì). Venerdì 24 Mario Sesti presenterà alle 20 il vincitore del Festival di Roma “Video Essai”. Sabato 25 settembre sarà la volta dei Manetti bros che si raccontano (a dicembre esce Diabolik) con l’attrice Daniela Piperno e al pomeriggio i film di animazione per i bambini all’Astra”. A Vicenza vi saranno molti protagonisti della scena del cinema italiano? “Avremo Barbara Taricone (giornalista cinematografica di Sky) guest star della nostra Biennale: terrà una rassegna delle donne e il cinema con Lorenza Indovina, Elisabetta Pellini, Andrea Roncato e Michela Andreozzi, al mattino, dedicata soprattutto alle scuole durante tutta la settimana”. Ci saranno i fratelli De Serio, Massimiliano e Gianluca, che saranno con noi lunedì sera 20 settembre, all’Astra con Spaccapietre, un film lungo presentato alla settimana della critica l’anno scorso, una chicca da non perdere. Ospite della Biennale anche Gianfelice Imparato”. Non ci saranno solo nuovi lavori? “Alla biennale di quest’anno rivedremo dei film corti di grandi registi, delle chicche difficili da reperire ad oggi. Ad esempio “Gisele e Kerosene” (la storia di tre streghe

Niente fila NO ASSEMBRAMENTI Chiamaci allo 041 554 0550 - (dalle 16.00) che girano per la Defense con le scope) un corto degli anni ’80 di Jan Kounen (regista del famosissimo Doberman con Vincent Cassel e Monica Bellucci). Oppure un altro film spettacolare di un giovane Roman Polanski “Le gros et le maigré” dove lo stesso Polanski interpreta il servitore di un ricco signore. Vi sarà anche una retrospettiva dedicata alla grande regista francese da poco scomparsa Agnès Varda. Alla biennale del corto non si premiano i film, ma consegnate dei riconoscimenti: quest’anno a chi? “Giovedì 23 premieremo il miglior sceneggiatore italiano e il miglior musicista italiano (per la musica da film, s’intende) in attività: sono Umberto Contarello (“La Grande Bellezza”) e Danilo Rea (musicista nato a Vicenza che ha realizzato molte colonne sonore del cinema italiano)”. Francesco Brasco

Lun - Ven: 16.30 - 02.00 Sab - Dom: 11.00 - 02.00

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Stili di vita

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La quotidianità presa con buonumore. Sulla strada si incrociano automobilisti che sarebbe meglio non guidassero

Sulle strisce c’è il pericoloso Mr. Magoo ma anche l’indeciso pedone cha-cha-cha Le strisce pedonali rappresentano uno scontro di filosofie di vita e (non sempre) di civiltà. Molti i tipi curiosi che le affrontano: dall’over 80 alla guida con il cappello alla ragazza multitasking indaffarata a tutto fuorché a guidare

È

ormai dimostrato anche dalla scienza quantica (il famoso teorema di Parabrezza) che in Italia le strisce pedonali sono quello spazio fisico dove gli automobilisti prendono la mira sui pedoni, spesso con grande successo. Se da un lato questo spiega perché molti bipedi attraversino la strada fuori dalle strisce anche se sono comode a pochi metri, dall’altro giustifica l’usanza nostrana di ringraziare l’automobilista, non tanto per la munifica concessione del passaggio quanto per averci risparmiato la vita. Inutile dire che dalla Francia al Portogallo, dall’Inghilterra all’Estonia, dall’Austria all’Australia, le zebre sono il luogo sacro dove si celebra il rito dell’attraversamento ed è comune vedere le auto rallentare e fermarsi a quaranta metri dal santissimo pedone in procinto di. Da noi, nel baillamme del traffico misto elettrico, ibrido, fossile e animale che si traduce in una guerra tra bande di ciclisti e monopattisti, bikeristi e fuoristradisti, skateristi e diportisti, il pedone resta l’ultimo anello della catena alimentare e il primo a saltare per aria. Perché è lento, perché è un impiccio, un ostacolo da evitare, un paletto da slalom da sfiorare, un impedimento alla generale circolazione sancita una volta per tutte dalle rotatorie, che danno ulteriore spinta orbitale ai veicoli vaganti nell’universo mondo. Pedoni e automobilisti: nell’impossibilità di conoscersi per evitarsi, può essere di qualche utilità una breve profilazione dei tre nemici più letali gli uni per gli altri. Nella categoria auto, al primo posto troviamo l’Anziano Overottanta, ovvero l’uomo con il cappello, alias Mister Magoo. Il suo tempo di reazione tra occhio-che-vedepedone, cervello-che-realizzapericolo e piede-che preme-pedale-freno è intorno al minuto e trenta. Se ha bevuto un paio di ombre, si rende conto di aver investito qualcuno il giorno dopo l’evento. Al secondo posto la Ragazza Ventottenne Multitasking, una figura nuova ma riproponente

Strisce pedonali a forma di zebra: un progetto dell’architetto vicentino Paolo Stella. Ne ha realizzate anche a forma di gatto

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il vecchio adagio delle gioie e dei motori. Guida come un mal di denti, gesticola come il più volgare dei carrettieri, ha un occhio sul cellulare, una mano nella borsa e l’altra sulla manopola della radio. Se ci fai un tamponamento, più che i vigili meglio chiamare un esorcista. Al terzo l’Automobilista Antonomasico: furioso, furente, iperteso, tendente all’apoplessia, no tax, no vax, no tav, prima gli italiani, prima i veneti, prima i vicentini, prima i vicentini del centro storico, prima i vicentini del centro storico zona Nord, prima i vicentini del centro storico zona Nord corso Fogazzaro, prima i vicentini del centro storico zona Nord corso Fogazzaro dai civici 134 a 243, prima i vicentini del centro storico zona Nord corso Fogazzaro civico 243 terzo piano, prima i vicentini del centro storico zona Nord corso Fogazzaro al civico 243 terzo piano interno 6. Ma il citofono è guasto. Come l’AA abbia potuto superare l’esame teorico-pratico per conseguire la patente è un enigma risolto di recente dal dottor Servo Sterzo dell’Università 2 di Tor Vergata: guida senza patente. Per contro, il nemico pubblico numero uno dell’automobilista è il Pedone Cha Cha Cha, ovvero quello indeciso che fa due passi avanti e uno indietro, ondeggia leggermente e poi ne fa due in obliquo, come l’orso meccanico nei vecchi tirassegno. Non meno pericoloso è il Suipedone o Camminokaze, quello che appena è sulle strisce già le attraversa, a prescindere che l’auto in arrivo sia a trenta metri o trenta centimetri. È anche quello più incazzoso, ma di solito finisce al nosocomio in condizione gravi ma stabili. Il terzo profilo pedonale, il più irritante, è il PFI, il Pedone Finto Attraversatore che si piazza immobile davanti alle zebre senza mai attraversare. C’è chi pensa che siano pensionati pagati dal Comune per costringere gli automobilisti ad andare piano ed io che adoro le teorie complottiste, sono pienamente d’accordo. Alberto Graziani


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Spettacoli

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Il serial di Canale 5. Ambientato e girato nella nostra città, ha come protagonista la celebre attrice che da tempo abita qui

La “Luce” di Anna Valle illumina Vicenza “Luce dei tuoi occhi” è un thriller melò ambientato in un’accademia di danza. Assieme a Valle, Giuseppe Zeno è il protagonista maschile. Dalla Basilica al teatro Olimpico, Vicenza offre molte scenografie

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otete incontrarla in farmacia in viale Trieste, oppure al bar in corso Fogazzaro, vicino alla scuola dei bimbi. Farete fatica a riconoscerla. Perché Anna Valle, miss Italia 1995, ha una presenza discreta e di basso profilo nella vita quotidiana. Vicenza è diventata la sua città da quando s’è sposata con l‘avvocato Ulisse Lendaro, suo manager che però ha anche una propria vita artistica, in quanto è attore, regista e produttore. Questa volta, ed è il primo caso, Anna Valle recita nella sua città nel serial in onda su Canale 5 per sei prime serate, la “Luce dei tuoi occhi”: è un thriller melò ambientato a Vicenza in un’affascinante accademia di danza. Anna Valle è la protagonista. Nella scorsa stagione è stata apprezzata nelle “Vite in fuga” e ne “La compagnia del Cigno”, entrambe su Rai 1. Qui è nel ruolo di Emma Conti, famosa étoile internazionale che vive a New York da quando da giovane ha deciso di lasciare Vicenza per provare a dimenticare la morte di Alice, la bambina avuta da Davide (Bernardo Casertano, la fiction “Nero a metà” e il film “Sulla mia pelle”), il grande amore della sua giovinezza. Sebbene Emma non si sia mai più guardata indietro, il passato ritorna a bussare alla sua porta. Stando ad una lettera anonima, la figlia che lei ha creduto morta alla nascita potrebbe essere ancora viva. Non finisce qui: la ragazza si troverebbe a Vicenza e sarebbe una ballerina dell’Accademia di danza dove Emma studiò da ragazza. Per Emma è arrivato il momento di tornare a casa e cercare la verità tra le allieve della sua vecchia scuola di danza. Nel ruolo di insegnante, Conti impara a conoscerle per trovare in una di loro qualcosa che le somigli, finendo per entrare nella vita di ognuna e imparando ad amarle tutte.

Valentina, Anita, Miranda, Sofia, Alessia, Martina: una di loro può essere davvero Alice? Negli occhi pieni di entusiasmo delle giovani ballerine, Emma finirà per ritrovare i frammenti della ragazza che è stata un tempo, la stessa che ha amato Davide e che oggi, dopo averlo ritrovato, si ritroverà a fare i conti con il tempo che passa, con la forza sorprendente dei sentimenti e con la possibilità di un nuovo amore, il professor Enrico Leoni (Giuseppe Zeno, amato protagonista di fiction quali “Come una madre, ”Imma Tataranni” e “Mina Settembre”). Nel luglio dello scorso anno, “Luce dei tuoi occhi” fu tra le prime serie televisive a tornare sul set a seguito dell’allentarsi delle misure di contenimento causate dalla pandemia. Le riprese hanno inizialmente avuto luogo a Roma, e poi, successivamente, a Vicenza secondo i protocolli di sicurezza covid. Così Massimo Del Frate, Head of Drama, Banijay Studios Italy, racconta la serie in onda su Canale 5: “Anna Valle e Giuseppe Zeno interpretano due personaggi accattivanti, protagonisti di una storia dai toni molto contemporanei, dal fascino universale e rivolta a pubblici di tutte le età”. Durante le riprese Anna Valle ha vissuto un momento critico, come ha raccontato lo scorso luglio al Giffoni Film Festival dove ha presentato la serie. “Durante una pausa mi sono addormentata e mi sono svegliata con la febbre a 38 e mezzo”, ha raccontato Valle, che ha aggiunto: “Ho gettato il set nel panico, ma in quel momento non sapevamo proprio che fare, avrebbe potuto fermarsi tutti. Per fortuna non era covid ma semplice influenza, quindi poi ci abbiamo riso sopra”. Paolo Di Lorenzo

Il poster del serial televisivo in onda su Canale 5: Vicenza fa da quinta e ambientazione della vicenda che vede protagonisti Anna Valle e Giuseppe Zeno

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La rassegna. Tutti gli spettacoli sono da tempo “sold out” con lunghe liste d’attesa per sfruttare eventuali rinunce

Che successo per i classici all’Olimpico!

Il poster dello spettacolo inaugurale, Histoire du soldat. In primo piano la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, in secondo piano Drusilla Foer e Andrè de la Roche

Il 74° ciclo di spettacoli classici sarà inaugurato dalla “Histoire du soldat” per i 50 anni della morte di Stravinskij. Tra gli altri titoli “Antigone” con Ivana Monti, “Fedra”, “Ester” di Racine tradotto da Giacomo Zanella. Marinelli: “Merito della squadra che crede nel progetto e nel lavoro che stiamo realizzando”

D

eve ancora iniziare ed è già un successo il 74° ciclo di spettacoli classici. Tutte le rappresentazioni sono sold out. E non c’entra il fatto che i posti a sedere sono contingentati: lo dimostrano le lunghe liste di attesa di appassionati che sperano di trovare un posto all’ultimo momento. Del resto, per “Antigone” con Ivana Monti in tre giorni sono finiti i biglietti. Qual è il segreto di questo successo? Risponde Giancarlo Marinelli, direttore artistico da tre anni dei classici all’Olimpico: “Tu puoi avere il direttore migliore del mondo, ma se non c’è lo spirito della squadra che ti sostiene, come nel calcio, i risultati non arrivano”. Il manager, però, come l’allenatore nel calcio qualche merito lo deve avere, se no le cose non girano: “L’unico merito che mi assegno – risponde Marinelli – è di avere valorizzato al massimo le persone di alta qualità che lavorano all’Olimpico e al teatro comunale. Non solo mi sono fidato di loro, ma credo di aver tirato fuori delle cose che loro non sapevano di avere. Per il resto sono il terminale di una squadra straordinaria”. Aggiunge il regista-scrittore: “Anche se ho un modo di fare che sembra dire il contrario, io ho una qualità: so stare al mondo. È una frase che va spiegata con un ragionamento: ovunque tu vai, il mondo cambia e tu devi sempre ricordare che quel mondo c’era prima di te. E tu hai il dovere, se vuoi farne parte, di ascoltarlo, di capirlo e di migliorarlo non secondo quello che sei tu ma secondo quello che tu pensi sia meglio per loro. Questo deve fare un direttore dell’Olimpico, che è il teatro più bello del mondo. Non deve dire: per me l’Olimpico è questo, che è la tentazione che hanno molti. Intendiamoci, l’ho avuta anch’io. È anche comprensibile: un regista arriva nel teatro più bello del mondo ed è come un bambino. Se prendi un bam-

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bino, lo porti a Disneyland e gli dici: ecco, è tutto tuo, fai quello che vuoi, il bambino si entusiasma ma tre giorni dopo esce morto per indigestione e sovraeccitazione, se non ha qualcuno che lo calma. Io ho capito una cosa. A Disneyland, per restare nella metafora, la prima cosa che devi fare non è salire in giostra, ma parlare con i giostrai che ti spiegano come funziona quella giostra. Io ho fatto così. Non a caso il primo anno non ho fatto regìe, proprio perché ho voluto conoscere e capire”. Il ciclo dei classici comprende sette titoli, di cui cinque in prima nazionale. Andrà in scena dal 23 settembre al 23 ottobre, per un totale di 28 repliche. Offrirà anche tre concerti nel giardino dell’Olimpico, quattro incontri sui classici, tre appuntamenti del “filò olimpico” con Antonio Stefani, un evento speciale e un incontro-conversazione sul teatro. I sette i titoli comprendono fra l’altro “Histoire du soldat” di Stravinskij, “Antigone”, “Fedra”, “Ester” di Racine tradotto da Giacomo Zanella. “Nemesi, ogni viso avrà diritto alle carezze” è il titolo dell’edizione creato da Marinelli. La nemesi è ispirata al tema della giustizia e alle molteplici incarnazioni della nemesi nel mito; ma è il sottotitolo (Ogni viso avrà diritto alle carezze), mutuato da un celebre verso di Paul Eluard, a mitigare l’angoscioso presentimento e a ribaltare il ruolo della dea, “capace di prendere la vendetta e farla diventare riscatto”. Le carezze raccontano infatti il desiderio, ricompensato, di tenerezza e il suo proiettarsi, dopo tanta sofferenza, alla ricerca di nuove visioni (Sorelle di Speranza, come la raccolta in versi del poeta francese cui il titolo dei classici rimanda); visioni non banalmente consolatorie, ma portatrici di nuove energie e prospettive di ripresa, nel segno forte della giovinezza e dell’eterno femminino: Nemesi, Giustizia, Carezza, Giovinezza, Speranza. Come Vicenza. Ogni nome è un nome di donna. Come sottolinea Giancarlo Marinelli, il teatro Olimpico si trasformerà nel “Tribunale delle carezze”.


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FARE PREVENZIONE E’ UN ATTO D’AMORE VERSO NOI STESSI E LA NOSTRA VITA

Prevenire è vivere: questo è il motto che anima la Lilt - Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori -Fare prevenzione è un atto d’amore verso noi stessi e la nostra vita. Tutti i volontari e medici della Lilt lavorano per arrivare prima del male e del dolore, ma per fare questo hanno bisogno del sostegno dei cittadini. La Lilt a Vicenza è nata circa quarant’anni fa per iniziativa di un gruppo di persone sensibili sia ai problemi sanitari della nostra popolazione sia ai problemi sociali. Ha trovato una sede più che idonea, frutto di una donazione, dove è riuscita a collocare una serie di servizi importanti per tutto il territorio vicentino. Questo permette alla Onlus vicentina di dare servizi con grande professionalità e logisticamente confortevoli. Una delle prerogative di tutta la struttura di Vicenza è la grande organizzazione della segreteria e le sette delegazioni esterne in provincia per cui il servizio che si riesce a dare è molto distribuito nel territorio. Questo vuol dire che uffici periferici, ambulatori, medici, infermieri e molti volontarie che prestano la loro opera con senso del servizio ed abnegazione. Una delle cose che differenzia la Lilt da altre strutture ospedaliere è che essendoci una frequenza di pazienti, l’empatia delle volontarie nel ricevere questi è totalmente diversa. Si accettano con il sorriso chiamandole per nome e mettendo tutte a loro perfetto agio senza l’ansia delle

strutture sanitarie convenzionali. Questa forse è la chiave del nostro successo. Abbiamo fatto diversi investimenti in strumenti per visite specialistiche in nuovi ambulatori per la ginecologia e per la dermatologia. Sono ambienti totalmente nuovi con apparecchiature d’avanguardia: dovremo fare altri ambulatori specialistici sia per la fisioterapia post interventi chirurgici, sia per rinnovare il circuito linfatico Continuiamo a fare la mammografia abbinata all’ecografia, abbiamo introdotto le visite ginecologiche, le ecografie transvaginali, le visite senologiche specialistiche e il pap- test con la ricerca dell’HPV. Stiamo partendo con le nuove ecografie: collo, tiroide, addome completo, addome inferiore e superiore e ne stiamo predisponendo delle altri.

Siamo certi che di volontari che si dedicano al prossimo ce ne sarà sempre bisogno, pertanto la Lilt o organismi simili devono sopravvivere alle intemperie delle varie evoluzioni. Nel nostro statuto siano un’organizzazione che desidera prevenire e non curare. Sono diversi i progetti in via di realizzazione in Lilt Uno è “Clicca il Neo” e lo stiamo realizzando con il reparto di dermatologia del nostro ospedale. Il paziente fotografa con un telefonino macchie o nei e poi con una App trasmette la foto ad un gruppo di dermatologi che la analizzano e danno dei consigli. Finalmente stiamo ripartendo con gli incontri in presenza: lo facciamo con il Tour della Prevenzione con gli Alpini dell’Alto Vicentino. Parleremo di

prevenzione sia maschile che femminile partendo da Valdagno dove il 24 giugno alle ore 20.30 presso il Palazzo Festari ci sara’ l’incontro aperto a tutta la cittadinanza “Donna e Uomo al traguardo dei 50 anni. Il 13 luglio saremo all’Ex – Lanificio Conte di Schio. Tocchera’ poi a Thiene, a Bassano del Grappa e speriamo di arrivare anche dagli Alpini di Marostica. Stiamo attivando anche una collaborazione con il Centro Tennis di Vicenza per fare uno o piu’ incontri dedicati alla Prevenzione urologica maschile nel mese di novembre. Tanti progetti, nessun sostegno dallo Stato, solo la grande generosita’ della gente, delle aziende e degli amici che pensano alla ns Associazione e ci fanno portare avanti la nostra missione di prevenzione

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Padova

Urbs picta

NUMERI DA RECORD PER IL PATRIMONIO UNESCO I CICLI AFFRESCATI ATTRAGGONO IL TURISMO

C

i sono grande entusiasmo e altrettanto fermento attorno all’eccezionale valore artistico e storico dei capolavori della “Padova Urbs picta”, sui quali il 24 luglio scorso l’UNESCO ha posto il proprio sigillo, riconoscendoli alla fine di un percorso lunghissimo e corale, durato venticinque anni, Patrimonio Mondiale dell’Umanità. Entusiasmo confermato dai numeri dei visitatori, mai così elevati in nessuno degli otto luoghi che compongono il “sito seriale”. Nei mesi di giugno, luglio e agosto la Cappella degli Scrovegni (dove nel periodo di Ferragosto c’era il tutto esaurito) ha registrato circa 27.000 ingressi, una media di novemila al mese. Quattromila visite al mese per il Palazzo della Ragione. Un successo, se si considera che gli ingressi sono sottoposti alle rigide regole dell’emergenza sanitaria. Moltissimi gli stranieri, tanti dei quali soggiornano in città. “Ma il nostro grande obiettivo è di rafforzare l’offerta e di arrivare a 35mila ingressi all’anno per ogni luogo”, dichiara l’assessore alle Cultura del Comune di Padova Andrea Colasio. Piani di implementazione che, subito dopo l’iscrizione, sono diventati il nuovo obiettivo del Comitato di Candidatura, tramutato in Comitato di Pilotaggio del sito. Alla fine di agosto la giunta del Comune di Padova ha approvato un articolato progetto del valore di un milione di euro per il Museo degli Eremitani, che sarà presentato al Ministero dei Beni Culturali per concorrere all’assegnazione dei Fondi Cultura stanziati per la tutela, la conservazione, il restauro, la valorizzazione e la digitalizzazione del patrimonio culturale. L’obiettivo è valorizzare il complesso artistico, raggiungendo un’offerta culturale e complessiva, con strumenti sempre aggiornati ed efficaci di monitoraggio, finalizzati alla conservazione preventiva. Ma anche con nuovi strumenti di comunicazione e valorizzazione tecnologicamente avanzati. Proprio a questo scopo è in preparazione il bando di gara per l’assegnazione della campagna

di comunicazione e promozione turistica di “Padova Urbs picta”, i cui costi saranno coperti con una tranche del finanziamento da due milioni di euro concesso dal Ministero dei Beni Culturali al Comune di Padova. Il Comitato di Pilotaggio, inoltre, ha aperto dei tavoli di lavoro con l’Orto Botanico – sito UNESCO dal 1997 – per avviare, così come richiesto dal Ministero e dal Centro del Patrimonio Mondiale, una stretta collaborazione per la costruzione di azioni sinergiche di promozione e comunicazione a livello locale e non solo. Altro obiettivo è la creazione di un dialogo con la cittadinanza sul tema della cultura e dell’arte padovana che possa essere declinato nelle diverse forme di benessere della comunità. Una delle prime attività – legate ai tavoli delle Idee, costituiti durante l’iter di candidatura e fulcro del dialogo fra Comitato, associazioni del territorio e cittadini – è “Padova Urbs picta – ROADMAP nei Quartieri”: un ciclo di incontri dedicati al racconto del sito UNESCO nelle varie sale civiche della città. Essere Patrimonio Mondiale significa anche saper creare nuove connessioni con enti e luoghi omologhi, che comunque abbiano una simile vocazione culturale e turistica. Ecco allora che il Comune di Padova è pronto alla firma di un protocollo di intesa fra la Regione del Veneto, l’Ufficio scolastico regionale per il Veneto e gli enti che rappresentano i siti e gli elementi UNESCO, allo scopo di favorire la diffusione della conoscenza e la valorizzazione del Patrimonio presente nel territorio in tutte le scuole. Anche l’attività di conservazione prosegue, con i lavori di restauro in corso alla Cappella di Santa Caterina – conosciuta anche come Cappella delle Benedizioni – nella Basilica del Santo. I lavori, voluti dalla Pontificia Basilica Antoniana, sono diretti dalla professoressa Giovanna Valenzano, prorettore al patrimonio artistico, musei e biblioteche dell’Università degli Studi di Padova e sono resi possibili da un co-finanziamento di CariPaRo e Comune di Padova.


Padova Urbs picta

UN RISULTATO STORICO FRUTTO DI UN’ALLEANZA VIRTUOSA FRA ENTI PUBBLICI, PRIVATI E RELIGIOSI A SOSTEGNO DI UN PROGETTO PER LA CITTÁ IL VESCOVO "CAPOLAVORI DI VITA E DI FEDE"

F U I L C O M I TAT O PER LA C A N D I D AT U R A A DECIDERE CHE GLI OTTO SITI DOVESSERO ESSERE C O N S I D E R AT I UN UNICUM INSCINDIBILE

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ulla nasce per caso. L’inserimento della “Padova Urbs picta” nella World Heritage List ha avuto nel Comitato per la Candidatura UNESCO un sostegno fondamentale e prezioso. Costituito formalmente nel 2016, il Comitato ha alle spalle una collaborazione fra i partner già avviata da alcuni anni. Capofila, il Comune di Padova. Membri, gli enti proprietari degli edifici e dei complessi monumentali che conservano i cicli affrescati: l’Accademia Galileiana di Scienze Lettere e Arti, la Basilica e il Convento di Sant’Antonio, la Delegazione Pontificia e Veneranda Arca del Santo, la Diocesi di Padova. A cui vanno aggiunte la Regione del Veneto e la consulenza scientifica del Ministero della Cultura attraverso l’Ufficio UNESCO, la Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia, le province di Belluno Padova e Treviso, oltre naturalmente all’Università degli Studi di Padova. Il 19 aprile 2018 nel corso di una cerimonia a Palazzo della Ragione gli enti pubblici, privati e religiosi protagonisti di questa

alleanza virtuosa sottoscrissero un protocollo di intesa per la definizione del piano di gestione degli otto luoghi. Proprio perché sono considerati un unicum inscindibile per la stretta relazione che c’è fra le opere realizzate, la decisione fu che i siti dovessero essere gestiti unitariamente e in modo coordinato e sinergico fra i vari attori. Dopo anni di collaborazione con il Comune di Padova – che è proprietario della Cappella degli Scrovegni, di Palazzo della Ragione e dell’Oratorio di San Michele – e con il Ministero della Cultura per definire nel modo migliore il documento di candidatura, la soddisfazione del risultato storico raggiunto è stata immensa da parte di tutti.

IL SUPPORTO SCIENTIFICO DELL’UNIVERSITÁ Nella lunga fase di messa a punto della candidatura, il Comitato è stato affiancato per la parte scientifica dall’Università di Padova. “Gioisco come cittadino”, ha dichiarato il rettore Rosario Rizzuto quando ha appreso la notizia della proclamazione UNESCO, lo scorso 24 luglio. “Vedere inserita la Padova Urbs picta nella World Heritage List è una soddisfazione anche per l’ateneo e per tutto il mondo accademico che con entusiasmo ha dato il suo contributo al successo della proposta. L’idea, innovativa nel suo campo, di proporre un sito seriale per la candidatura si è rivelata vincente e – spiega il rettore – restituisce al meglio l’idea di una città, qual è Padova, nella quale arte e cultura sono diffuse capillarmente, capaci di innervare tutto il territorio”. Per Rizzuto “l’Urbs Picta si affianca, nei patrimoni UNESCO della città, all’Orto Botanico dell’Università di Padova, in un’efficace sinergia con l’obiettivo di valorizzare sempre più la nostra splendida città”. L’Orto Botanico di Padova, il più antico orto botanico del mondo, venne istituito nel 1545 per la coltivazione delle piante medicinali, che allora costituivano la grande maggioranza dei “semplici”, medicamenti che provenivano direttamente dalla natura. Nei secoli è stato al centro di una fitta rete di relazioni internazionali, esercitando una profonda influenza nell’ambiente della ricerca e svolgendo un ruolo preminente nello scambio di idee, di conoscenze, di piante e di materiale scientifico. Per questo nel 1997 è diventato Patrimonio Mondiale UNESCO come bene culturale, testimoniando uno scambio di influenze considerevoli nelle scienze botaniche e costituendo una testimonianza eccezionale di tradizione culturale.

“Siamo molto felici di questo importante riconoscimento che porta la città e una parte significativa del suo patrimonio artistico, culturale ma anche religioso a un’appartenenza mondiale dell’umanità, riconoscendone il valore universale. Essere patrimonio – dichiara monsignor Claudio Cipolla, vescovo di Padova – indica non solo la preziosità del bene ma anche il suo grande essere generativo di altri beni per l’oggi e per il futuro, qualcosa da tutelare, custodire e tramandare”. La Diocesi di Padova è proprietaria di due dei complessi monumentali del “sito seriale”: lo splendido Battistero del Duomo, capolavoro di Giusto de’ Menabuoi, e la Chiesa dei Santi Filippo e Giacomo agli Eremitani, a due passi dalla Cappella degli Scrovegni. “Beni che danno lustro alla città, ma che rendono merito anche alla sua storia e alla sua cultura, così pregne di testimonianze di fede. Tutti i siti del circuito – afferma il vescovo – raccontano una Padova del Trecento in cui vita e fede, concretezza e spiritualità, ambito civile e religioso si intrecciano fortemente. Se pensiamo al Battistero, siamo di fronte all’intera storia della salvezza, un gioiello artistico che ancora oggi è aperto al culto per vivere in particolare il sacramento del battesimo, punto d’inizio della vita cristiana. Altro luogo di culto è la Chiesa degli Eremitani, che porta il segno e la memoria di ulteriori storie: la ferita dei bombardamenti e l’impegno del recupero. Chi visiterà questi ambienti potrà ammirare la bellezza artistica nel contesto di una vita religiosa tutt’ora presente e praticata. C’è l’augurio che queste realtà siano colte dal visitatore anche nel loro valore di testimonianza di fede”.


Padova Urbs picta

I LUOGHI DELLA PADOVA DEL TRECENTO DALLA BASILICA E DAL CONVENTO DEL SANTO AGLI SPLENDORI DELLA REGGIA CARRARESE LA PROCLAMAZIONE A PAT R I M O N I O U N E S C O È U N R I N N O VAT O IMPEGNO A CUSTODIRE E DIFFONDERE U N PAT R I M O N I O D ’A RT E UN I C O A L M O N D O

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no degli straordinari complessi monumentali del sito seriale dei cicli affrescati del Trecento patavino è rappresentato dalla Basilica e dal Convento di Sant’Antonio, con il limitrofo Oratorio di San Giorgio. Per padre Oliviero Svanera, da pochi giorni ex rettore della Basilica, essere in prima fila con i propri tre siti nella proclamazione UNESCO “diventa motivo non solo di un rinnovato impegno nel custodire e diffondere un patrimonio d’arte unico al mondo”. È di più. “Per noi Chiesa – spiega – diventa un’opportunità per rinnovare una proposta di incontro con la fede che ha originato queste opere”. Attraverso gli affreschi presenti nella Basilica, infatti, “va ricordato anche l’immenso patrimonio d’arte rappresentato dalle sculture della tomba del Santo, piuttosto che del Donatello del presbiterio. Vogliamo far emergere – afferma padre Svanera – oltre agli aspetti turistici o tecnici o culturali di sguardo sulla bellezza di queste opere, la possibilità di incontro con colui che in queste opere è significato, Cristo Salvatore. È la via del Vangelo, della evangelizzazione attraverso la via pulchritudinis di cui parla papa Francesco in ‘Evangelii gaudium’. La via della bellezza che, a partire dall’esperienza dell’incontro con l’arte che suscita stupore, può aprire la strada della ricerca di Dio e disporre il cuore e la mente all’incontro col Cristo, bellezza incarnata offerta da Dio agli uomini per la loro salvezza”. Altro luogo straordinario, la Reggia Carrarese

con la splendida Cappella affrescata da Guariento. Reggia che è di proprietà dell’Accademia Galileiana di Scienze Lettere e Arti e che, come spiega il suo presidente Antonio Daniele, ha condiviso attivamente il progetto di candidatura e sviluppato la collaborazione con gli altri soggetti coinvolti. “Ci auguriamo – afferma Daniele – che ci siano nuove simpatie e solidarietà, interesse dei pubblici poteri e mecenatismo attivo tali da metterci nella condizione di rafforzare l’opera di conservazione, tutela e valorizzazione del complesso monumentale della Reggia Carrarese. L’Accademia, grazie al contributo e alla competenza dei suoi soci, non mancherà di offrire il suo apporto costante in termini di approfondimenti scientifici e ampie occasioni divulgative, tali da far progredire la consapevolezza collettiva e specialistica rispetto a un bene architettonico e pittorico che merita senz’altro la definizione di patrimonio universale dell’umanità”.

APP E BIGLIETTO UNICO PER I VISITATORI “Padova Urbs picta” è l’applicazione ufficiale per smartphone per immergersi nella città del Trecento: interazione di immagini, testi, mappe, racconti e musica, uno strumento di arricchimento e guida, con la possibilità di visualizzare e ascoltare la narrazione dei contenuti di approfondimento sui vari siti. La app è stata creata per il Comune di Padova dalla startup Meeple dell’ateneo patavino con il contributo della Regione del Veneto e di DoIT Viaggi. Con la “Padova Urbs picta Card” i visitatori avranno a disposizione un biglietto unico per tutti i luoghi del sito. Per i turisti la card potrà avere validità 48 o 72 ore – al costo rispettivamente di 28 e 35 euro – e include nel prezzo l’utilizzo dei mezzi pubblici. Per i residenti della provincia di Padova è disponibile una card della durata di 6 mesi al costo di 25 euro (l’utilizzo dei mezzi pubblici non è compreso). Questo biglietto unico può essere acquistato sia in formato fisico che digitale e viene venduto alla biglietteria dei Musei Civici, attraverso il sito web della Cappella degli Scrovegni www.cappelladegliscrovegni.it, tramite il Contact Center +39 049 2010020 e ai punti IAT della città.


Padova Urbs picta

CURIOSITÁ DEL “SITO SERIALE” UNESCO IL SITO IN CIFRE 4 componenti – Scrovegni ed Eremitani; Cittadella antoniana; Palazzo della Ragione, Reggia, Battistero e le loro piazze; San Michele. 8 luoghi – Cappella degli Scrovegni; Chiesa dei santi Filippo e Giacomo agli Eremitani; Palazzo della Ragione; Battistero della Cattedrale; Cappella della Reggia Carrarese; Basilica e Convento del Santo; Oratorio di San Giorgio; Oratorio di San Michele. 19,96 – sono gli ettari di zona dei siti. 530 – sono gli ettari di zona di protezione dei siti. 3.694 – sono i metri quadrati di pareti affrescate. 6 artisti – Giotto, Guariento, Giusto de’ Menabuoi, Altichiero da Zevio, Jacopo Avanzi, Jacopo da Verona. 9 partner del progetto – Comune di Padova, Accademia Galileiana di Scienze Lettere e Arti, Basilica e Convento di Sant’Antonio – Delegazione Pontificia, Veneranda Arca del Santo, Diocesi di Padova, Università degli Studi di Padova, Soprintendenza, Ministero della Cultura, Regione del Veneto. 100 – le associazioni e i privati cittadini coinvolti nel percorso di partecipazione “Tavoli delle idee”. 95 – gli anni di storia dell’arte condensati in un unico percorso.

IL REALISMO E LA SCIENZA C’è un’immagine che stride con l’immaginario iconografico del Medioevo nella narrazione dell’Adorazione dei Magi nella Cappella degli Scrovegni. È la stella cometa che accompagna i tre saggi verso la capanna in cui è nato Gesù, rappresentata da Giotto come una palla infuocata che illumina il cielo notturno. Contravvenendo alla tradizione della stella a più punte, secondo gli storici Giotto avrebbe infatti rappresentato la stella cometa di Halley, che nel 1301 aveva solcato i cieli di Padova. L’artista avrebbe assistito a quel passaggio e deciso di rappresentare la cometa in maniera realistica, proprio così come l’aveva vista.

Giotto, "Adorazione dei Magi" Cappella degli Scrovegni

GIOTTO, LA RESA DELLE EMOZIONI

Giotto, "Le madri" Cappella degli Scrovegni

La ricerca dell’espressività dei personaggi rappresentati costituisce uno degli elementi della “rivoluzione giottesca”, proseguita dai suoi seguaci. Sono tante le figure della vita laica e della tradizione religiosa nella narrativa di Giotto che nel sito dei cicli affrescati della Padova del Trecento esprimono emozioni, sofferenze, gioie e paure attraverso espressioni dei volti, posizioni dei corpi, gestualità rappresentate. C’è un particolare venuto alla luce nella Cappella degli Scrovegni solo nel corso della campagna di restauri del 2000: nella scena che rappresenta la Strage degli Innocenti, caratterizzata da un’atmosfera di grande dolore, si vedono le lacrime delle madri disperate per l’uccisione dei loro piccoli.

LA PROSPETTIVA PRIMA DELLA PROSPETTIVA A rendere unici al mondo gli affreschi inseriti nella World Heritage List dell’UNESCO c’è l’uso della prospettiva prima della prospettiva. Nella storia dell’arte questa tecnica di rappresentazione dello spazio viene teorizzata da Leon Battista Alberti nel Quattrocento, ma si riscontra in tutta la pittura giottesca. La ricerca innovativa e all’avanguardia intuita da Giotto trova la sua massima espressione nei due affreschi ai lati dell’arco trionfale della Cappella degli Scrovegni: due finti spazi architettonici che costituiscono una novità assoluta, mai dipinta in precedenza. Sono i cosiddetti “coretti”, due stanze vuote e senza figure che consentono al maestro toscano di dimostrare la propria abilità nella resa dello spazio, con una prospettiva ancora empirica e intuitiva, che Giotto concepisce pienamente solo a Padova.

Giotto, "Coretto" Cappella degli Scrovegni

IL PRIMO BACIO DELLA STORIA DELL’ARTE Giotto, "Incontro di Gioacchino ed Anna alla Por ta Aurea" Cappella degli Scrovegni

Fra le scene della Vita di Maria e della Vita di Cristo dipinte da Giotto nella Cappella degli Scrovegni c’è un episodio che meraviglia e illanguidisce l’occhio attento: è la rappresentazione del bacio tra Anna e Gioacchino, genitori di Maria e nonni di Gesù. In un Vangelo apocrifo si racconta che Gioacchino fosse stato mandato in esilio perché incapace di generare figli. Lontano dalla sua amata sposa, vive un’esistenza di solitudine ma, grazie all’intervento divino, giunge un angelo a dargli la lieta novella: Anna aspetta un figlio e lui può essere riammesso alla vita della comunità. Giotto dipinge la scena del ricongiungimento dei sue sposi, che suggellano la ritrovata unione con un bacio di vero amore.

LA COMMITTENZA FEMMINILE Una delle caratteristiche peculiari del sito è che una buona parte delle committenze agli artisti erano fornite da cittadini e personaggi laici della comunità patavina. Spiccano i nomi di due personaggi femminili, potenti e noti all’epoca. Agli Eremitani si distingue la committenza femminile della nobildonna Traversina Cortellieri a Giusto de’ Menabuoi per la decorazione della cappella dedicata al figlio Tebaldo. Nel Battistero della Cattedrale è palese quella di Fina Buzzaccarini, che incaricò lo stesso de’ Menabuoi, che rese sentimenti ed espressività secondo una sensibilità femminile pur mantenendo sempre vivo l’intento celebrativo delle pitture. Nella “Storia della Salvezza” risalta il nuovo interesse rivolto alle donne: oltre a Fina, presente in diverse scene nel suo abito rosso, sono raffigurate le sue tre figlie e la sorella suor Anna accanto a personalità della corte dei Carraresi, come il Petrarca.

Giusto de' Menabuoi, "La rinascita di san Giovanni Battista" Battistero del Duomo


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Innovazione. Nasce Tech4Life, la rete che mette a sistema le maggiori realtà regionali

La tecnologia robotica a servizio della medicina P

assa attraverso il grande tema della salute una delle sfide oggi più alte per il mondo dell’innovazione e, pure, delle amministrazioni pubbliche. A esserne convinto Roberto Marcato, assessore regionale allo Sviluppo economico e all’Innovazione, anima e motore di Tech4Life, la rete innovativa del biomedicale, la ventunesima istituita in Veneto, interamente dedicata alla realizzazione di progetti nel campo della ricerca industriale di nuove tecnologie robotiche in ambito sanitario e per lo sviluppo di dispositivi medici che abbiano come obiettivo il miglioramento di salute e benessere delle persone. Un progetto fortemente voluto dalla Regione, in prima linea proprio Marcato, che ha chiamato a raccolta Università venete e imprese attraverso Confindustria. “Sono 58 i protagonisti della nuova rete che mette a sistema le maggiori realtà regionali attive nell’innovazione tecnologica legata al benessere e alla salute – spiega l’assessore –: 38 piccole e medie aziende e 10 grandi imprese dell’industria biotecnologica, 7 Dipartimenti universitari degli atenei di Verona, Padova, Venezia (Ca’ Foscari), una Digital Innovation Hub e un’ associazione di categoria, Confindustria. La Regione ci mette le risorse, la rete d’imprese svilupperà gli strumenti. Abbiamo messo in campo il meglio per affrontare una sfida che nessuno si

sarebbe mai aspettato e alla quale non potevamo certo sottrarci. In tre anni abbiamo investito 97 milioni di euro per reti innovative, la pandemia ci ha imposto un salto di qualità con l’avvio di un nuovo network. Tech4Life è la risposta tutto questo, vale a dire all’imperativo di dare riposte immediate e di assoluta eccellenza a un cambiamento che chiede di essere, piaccia o no, governato”. Di cosa si occuperà, nel concreto, la nuova rete nata su iniziativa di Confindustria Verona, Veneto Centro e regionale? “Promuoverà la realizzazione di progetti nel campo della ricerca industriale di nuove tecnologie

Sono 58 i protagonisti tra imprese e dipartimenti universitari. Marcato: “In tre anni abbiamo investito 97 milioni, la pandemia ci ha imposto un salto di qualità” robotiche in ambito sanitario e per lo sviluppo di dispositivi medici rivolti al miglioramento del benessere della persona – illustra Marcato –. Entrando nel dettaglio, particolare attenzione sarà rivolta agli ambienti di cura pubblici e privati con riferimento al monitoraggio da remoto di casi cronici e ai temi legati alla telemedicina, la valutazione rapida delle condizioni del paziente, l’accesso semplificato

alle prestazioni sanitarie oltre all’efficientamento delle piattaforme per l’identità digitale del paziente come chiave di accesso alla digitalizzazione delle interfacce di comunicazione degli istituti ospedalieri pubblici e privati con gli utenti. Svilupperà i temi dell’assistenza, per una vita indipendente e migliorata, sfruttando le potenzialità tecniche della medicina rigenerativa, predittiva e personalizzata”. La Regione sta lavorando già dalla precedente programmazione 20142020 per supportare il tessuto imprenditoriale nell’affrontare le sfide che l’Europa aveva fatto proprie in epoca pre Covid. Tra queste: rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologi-

L’intervento Giacomo Possamai chiede un cambio di rotta

“Consumo di suolo, mettiamo un freno al cemento” “Nonostante la Regione Veneto nel 2017 abbia approvato la legge n.14 per il “contenimento del consumo di suolo”, continuiamo ad essere tra le regioni peggiori d’Italia”. Così Giacomo Possamai, consigliere regionale del Partito Democratico, di fronte ai dati del recente rapporto Ispra. Con 217.744 ettari totali sottratti alla campagna, di cui 682 solo nel 2020, il Veneto si piazza subito dopo la Lombardia, un dato che sta facendo discutere. “Segno che quella legge davvero non funziona - aggiunge Possamai - e che non basta. E segno, soprattutto, che è necessario un cambio di mentalità prima e di rotta poi, che dimostri una volta per tutte che la Regione ha a cuore

il tema e non si volta dall’altra parte di fronte ad un problema enorme”. Il consigliere ricorda che la lotta alla cementificazione è fra le priorità e si inserisce nel più ampio contesto della tutela dell’ambiente e del contrasto ai cambiamenti climatici, le vere sfide del presente e futuro. Ricorda anche le proteste degli agricoltori, visto che nel conto del terreno consumato c’è anche tanto suolo agricolo, compreso quello occupato per impianti fotovoltaici a terra. E ancora: i sempre più frequenti fenomeni di grave maltempo che colpiscono il territorio trovano gioco facile nel provocare danni se la terra è oggetto di una cementificazione senza freni. Non da ultimo,

le opportunità legate alla rigenerazione degli edifici, dagli ingenti contributi statali rivolti agli enti locali ai bonus nel settore dell’edilizia destinati ai privati, offrono un’occasione straordinaria per restituire vita alle tantissime costruzioni vetuste. “Sorge spontaneo chiedersi come mai in Veneto si continui a divorare suolo ogni anno continua Possamai - quando vi sono sparsi sul territorio migliaia di capannoni abbandonati ed intere aree industriali dismesse che potrebbero essere tranquillamente riqualificati e resi nuovamente utilizzabili, anche per accogliere, quei pannelli fotovoltaici che si moltiplicano inspiegabilmente su suolo coltivato”.

co e l’innovazione. Oggi il supporto continua attraverso una nuova programmazione 2021-2027 che punta a guidare il mondo produttivo verso un’ economia innovativa, intelligente e verde. “Nel triennio, per le 20 reti riconosciute dalla giunta regionale tra 2016 e 2020, abbiamo messo in campo 56 milioni di euro, quindi 8,5 milioni di euro dalle Università e 32,4 dalle imprese. Ciò significa che, in totale – conclude l’assessore Marcato –, il Veneto ha investito 97 milioni di euro in tre anni per sostenere ricerca e innovazione delle nostre aziende che, come sappiamo bene, sono in prevalenza piccole e medie imprese”. Nicoletta Masetto


Regione

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Turismo. Confortanti i primi dati su arrivi e presenze in Veneto, il punto al G20 delle spiagge a Jesolo

“Ad agosto tutto esaurito al mare, milioni di presenze sulle coste”

L’assessore Caner: “fondi raddoppiati con la nuova programmazione”. Calzavara fa il punto sulle concessioni demaniali e coinvolge le destinazioni turistiche

E

ra nazionale, in ambito turistico, dopo il blocco della pandemia, che ci consente di fare delle riflessioni importanti sul mondo del turismo – continua Caner -. Il Covid ha evidenziato alcune criticità nel modello di sviluppo delle destinazioni balneari e, di conseguenza, ha accelerato alcune riflessioni. Ragionamenti che saranno al centro del nuovo piano strategico del turismo regionale”. L’innovazione di prodotto, tema che continua ad essere centrale per superare determinati paradigmi di maturazione delle destinazioni, ma anche la valorizzazione dell’accoglienza e del capitale umano e una spinta dell’offerta sul digitale, diventano oggi le chiavi di lettura per ritornare a essere competitivi a livello internazionale. “Grazie alla comunicazione e alla promozione dobbiamo essere capaci di trasferire questi valori nell’offerta turistica regionale per rigenerare l’incoming nelle nostre destinazioni”, conclude l’assessore al turismo. Altro tema toccato dal G20 è quello, delicatissimo e controverso, della gestione delle spiagge, patrimonio demaniale, al centro

’ il turismo balneare a trascinare la ripresa del settore in buona parte del Veneto. La conferma arriva dalla quarta edizione del G20 delle spiagge, il summit delle destinazioni balneari italiane con almeno 1 milione di presenze turistiche annue, ospitato quest’anno a Jesolo. “Oggi, nella seconda estate ai tempi del Covid, gli arrivi e le presenze ci lasciano ben sperare. – afferma l’assessore al Turismo Federico Caner - Sulla costa veneta, in montagna ma anche al lago abbiamo raggiunto percentuali importanti (con tassi di occupazione che hanno sfiorato il 97% nel periodo di ferragosto) che segnano la ripresa del comparto. Oggi le presenze domestiche rappresentano una percentuale importante nella bilancia turistica Veneta, con un livello di soddisfazione percepita che supera l’88% rispetto ai dati del 2020. Il primo semestre 2021, periodo che non tiene dunque conto del boom dei mesi clou dell’estate e con un giugno ancora in parte interessato dalle limitazioni imposte dalla pandemia, si chiude con 2,8 milioni di arrivi

e più di 10,5 milioni di presenze. Flussi che garantiscono una boccata di ossigeno a tutti i comprensori turistici. Fino a giugno, nei 120 km di costa Veneta abbiamo raggiunto i 4 milioni di presenze e credo che, grazie anche a questo momento di confronto con le altre destinazioni balneari, oggi più che mai, sia necessario guardare con ottimismo a questa ripartenza, puntando anche sul tema della sicurezza. Dobbiamo essere bravi a reagire e, insieme, cercare di andare il più lontano possibile per gettare le basi del futuro delle nostre realtà turistiche”. L’assessore ha anche indicato le linee strategiche che il Veneto intende perseguire per definire il futuro della politica turistica regionale: “Blu economy, utilizzo dei fondi Next Generation EU e nuova programmazione comunitaria, con fondi raddoppiati rispetto al passato per un importo complessivo pari al miliardo di euro da utilizzare anche nel comparto turistico, per investimenti nel ricettivo e valorizzare il capitale umano”. “Questo summit rappresenta di fatto il primo evento di caratu-

“Otto infermieri che si turnano ogni 100 ospiti, la cui età media è di 85 anni, attrezzature sanitarie spesso inadeguate. Sono solo la punta dell’iceberg di una miriade di criticità riscontrate nelle 355 Rsa venete e che la pandemia non ha fatto altro che acuire”. Il Portavoce dell’Opposizione in Consiglio regionale, Arturo Lorenzoni, chiede “senza spirito polemico, ma in maniera costruttiva” la ripresa di un confronto in Regione sulla riforma delle Ipab, ferma addi-

Autonomia. La richiesta di Arturo Lorenzoni, portavoce dell’opposizione in Consiglio Regionale

Francesco Calzavara e Federico Caner

della discussa direttiva europea Bolkestein. Il demanio, nella prima regione italiana per numero di arrivi e presenze, rappresenta una leva strategica all’interno dell’offerta turistica Veneta. “Gli elementi di incertezza che stiamo vivendo da 17 anni, -sottolinea l’asessore regionale al Demanio Francesco Calzavara - e che interessano direttamente le concessioni balneari della costa Veneta, devono suggerire alle pubbliche amministrazioni e agli imprenditori dei percorsi per ripensare alla spiaggia non più solo come luogo di balneazione ma come prodotto turistico integrato nel territorio”. Nella speranza che la normativa italiana abbia forza rispetto alle richieste di chiarimento da parte della Comunità Europea, è comunque auspicabi-

“Riprendiamo il confronto sulla riforma delle Ipab” rittura dal 2000. “È prevista da una legge dello Stato di due decenni fa – commenta – il ritardo dell’amministrazione regionale al riguardo è incommensurabile”. Peraltro, aggiunge lo stesso Lorenzoni, non basta il mero accreditamento, “ma delle iniziative finalizzate a controlli costanti all’interno di queste

strutture, cui i famigliari degli assistiti ripongono massima fiducia”. Oggi, di fatto, le Rsa ospitano quasi esclusivamente anziani non autosufficienti e con patologie invalidanti; ragion per cui sono sensibilmente aumentate le attività e le prestazioni di carattere sanitario. “Tale evoluzione non è sempre

stata accompagnata da interventi concreti ed efficaci finalizzati a migliorare le procedure, le normative e i servizi”. Ecco perché è urgentissima la ripresa di un confronto: “L’attuale contesto ci impone di avere uno sguardo lungimirante. A questo riguardo le Ipab sono destinate a venire trasformate in Centri

le intraprendere percorsi virtuosi, che non siano solo a macchia di leopardo. Calzavara ritiene che “le sedici Organizzazioni di Gestione della Destinazione previste dalla nostra legge turistica, possano in futuro giocare un ruolo chiave nella definizione dell’evoluzione corretta della destinazione balneare come realtà turistica e molti progetti che stiamo portando avanti cvanno proprio in questa direzione-. Come il concetto allargato di destinazione, che si potrà estendere all’insieme delle località balneari venete, ma anche a quelle del Friuli Venezia Giulia e dell’Emilia Romagna. Un’idea di modello di sviluppo turistico sostenibile dell’Alto Adriatico (Obere Adria) che sta già evolvendo rispetto ai decenni precedenti”.

servizi organicamente inseriti nella filiera dei servizi sociosanitari e socio-assistenziali a livello territoriale. Fra le misure concrete, ad esempio, dovrebbe essere presente un medico h24”. Nell’ambito della riforma, infine, “potrebbero rientrare una serie di interventi relativi all’assistenza domiciliare, reale alternativa alle medesime strutture residenziali. Noi, come gruppi di opposizione, ci stiamo ad un dialogo senza pregiudizi”.


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Regione

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Politica. Parla Alberto Stefani, coordinatore regionale in Veneto

“La Lega continua a crescere sul territorio e a raccogliere consensi fra gli amministratori”

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n Veneto ben quattordici sindaci, una media di due al mese, e quaranta amministratori locali hanno deciso di iscriversi alla Lega nel 2021. Il nostro è un partito in salute, cresciamo giorno per giorno ovunque, dalle grandi città fino alle realtà periferiche che ci stanno regalando soddisfazioni inaspettate in termini di risultati”. È un bilancio positivo quello tracciato da Alberto Stefani, coordinatore regionale della Lega del Veneto (la nomina a Natale 2020, l’insediamento effettivo a gennaio di quest’anno). Parlamentare e sindaco di Borgoricco, Stefani è partito, giovanissimo militante, dalla base per arrivare ai vertici. “Non è un caso che dal territorio sia iniziato anche il mio lavoro di coordinatore regionale della Lega in Veneto – spiega –. La base è la nostra “anima” autentica, quella più vera. Il territorio è il nostro primo, prezioso e insostituibile interlocutore. Tutte le settimane incontro militanti, sindaci, amministratori e tanti cittadini che sempre più si riconoscono nel nostro partito, nei nostri ideali, nel nostro modo di operare. La prima uscita? In Polesine. L’ultima, solo qualche giorno fa, nel Bellunese”. Un “viaggio” nelle sezioni, poco meno di

quattrocento, che ha portato Stefani in tutte le province del Veneto. “Il contatto con le persone, le relazioni, il confronto, la conoscenza dei territori e delle problematiche che i nostri sindaci e amministratori si trovano ad affrontare sono la “cifra” del nostro partito, il tratto distintivo, quello per il quale le persone ci scelgono e ci danno fiducia – aggiunge il coordinatore –. L’altro marchio, riconosciuto sul campo, è la buona amministrazione. Quando siamo al governo, di realtà importanti come di piccole realtà, non ci batte nessuno. La Lega è il contenitore naturale della buona amministrazione”. Il coordinatore ha visitato più della metà delle quasi quattrocento sezioni della Lega in Veneto, le rimanenti nei prossimi mesi. “La politica non si fa nelle stanze dei bottoni, bensì fuori, in mezzo alla gente – prosegue –. Se vuoi capire come e cosa sta cambiando devi uscire, ascoltare e dare riposte. È quello che stiamo facendo, ad esempio, con i nostri gazebo presenti in maniera capillare sul territorio grazie ai nostri militanti e, in queste settimane, nelle sfide elettorali”. In Veneto sono oltre 140 i sindaci leghisti e numerose le amministrazioni in cui la Lega

è in maggioranza. La prossima sfida si giocherà ora nei circa 80 Comuni (una decina sopra i 15 mila abitanti) in cui si andrà al voto a ottobre. “Una presenza che, a partire dalle prossime amministrative, vorremmo incrementare – auspica Stefani –. Dalla nostra, un trend che ci fa guardare al futuro con entusiasmo e sempre maggiore energia e passione: in questi mesi, in Veneto, è in vertiginosa crescita il numero di giovani che hanno aderito alla Lega o che comunque partecipano alle nostre iniziative. E se il buongiorno si vede dal mattino …”. Nel 2022 in calendario alcune tra le sfide elettorali più importanti: Padova, Verona, Belluno. “Siamo al lavoro per mettere insieme squadre che siano il volto migliore della città che rappresentano. Nomi, storie, esperienze di spessore e di valore, dal volontariato alle professioni, nelle quali la gente possa riconoscersi e alle quali affidare la buona amministrazione non del domani o del dopodomani, ma dei prossimi cinquant’anni. Prima dei nomi vengono i progetti, sia chiaro. È questo il senso del nostro impegno per Padova, città che merita di sognare in grande. Una visione capace finalmente di andare

oltre l’ordinaria amministrazione, pure questa spesso mancata”. Una battuta finale sulle divisioni interne al partito. “La Lega è sempre stata una, lo è anche ora. Noi guardiamo avanti, non abbiamo tempo per le chiacchiere o per chi vorrebbe dividere”. Nicoletta Masetto


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ESERCIZIO FISICO L’ ESERCIZIO FISICO NON DEVE ESSERE GENERALIZZATO, MA COSTRUITO SUL PAZIENTE IN BASE AD UNA VALUTAZIONE INIZIALE. L’obiettivo di questa valutazione è quello di creare una solida alleanza terapeutica con il paziente, infatti una comunicazione centrata sul paziente risulta fondamentale per l’ottenimento di un risultato positivo al termine del percorso.

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SETTEMBRE 2021

Salute Vaccini anti Covid

Un vademecum dell’Istituto superiore di sanità contro le fake news

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Vaccinazioni anti Covid, a Treviso un ambulatorio per rassicurare i genitori

Prosegue alla pag. seguente

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“Bufale” e vaccini, le risposte che fanno chiarezza

ufale” e vaccini, le risposte che fanno chiarezza. I vaccini anti Covid causano il contagio, sono sperimentali, non si conoscono ancora gli effetti a breve e lungo termine, modificano il nostro Dna… Sono molte le fake news che circolano sul tema, per questo motivo il Gruppo Vaccini dell’Istituto superiore di Sanità ha pubblicato sul proprio sito web un vademecum con le risposte alle “bufale” più diffuse che si sentono in giro e si trovano in rete, allo scopo di fare un po’ di chiarezza. “Non si conoscono gli effetti a breve e lungo termine, i vaccini sono stati prodotti troppo velocemente e le uniche informazioni vengono dalle aziende”. Il sistema di farmacovigilanza per i vaccini contro il SarsCov-2 è lo stesso di tutti gli altri farmaci e vaccini già approvati in precedenza. Dopo i risultati degli studi autorizzativi effettuati su decine di migliaia di individui di diversa età, che sono stati condotti anche in questo caso, vengono raccolte le segnalazioni dalle agenzie regolatorie nazionali e internazionali di possibili eventi avversi temporalmente correlate con la vaccinazione. In caso vengano evidenziati eventi avversi non manifestatisi durante gli studi autorizzativi, se dopo un’indagine approfondita viene sospettata o dimostrata una relazione causale con la vaccinazione, vengono aggiunti all’elenco delle reazioni avverse e che sono elencate nelle schede informative dei vari vaccini (farmacovigilanza post marketing).


Salute

52 Vaccinazioni anti Covid e giovanissimi Consulenza scientifica

A Treviso un ambulatorio per rassicurare i genitori C.D.V - Centro Diagnostico Veneto Via Sette, 56, Caldogno (VI) mail: info@cdvs.it web: www.cdvs.it Tel.: 0444 585577-585574

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Vaccinazioni anti Covid e giovanissimi

A Treviso un ambulatorio per rassicurare i genitori

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accinare i più giovani, quelli dai 12 ai 18 anni, quelli che rientrano a scuola, che tornano a praticare sport e che vogliono continuare ad incontrare gli amici. Sono molti i ragazzi che sono propensi a vaccinarsi ma che talvolta incontrano le resistenze dei genitori, timorosi sui possibili rischii della vaccinazione accinare più giovani, quellianti dai Covid. E spesso capita che gli 12 ai 18 anni, quelli chesiano rientrastessi ragazzi che a ricorrere dei no a scuola, tornanoall’aiuto a praticare sanitari per rassicurare genitori titusport e che vogliono continuare ad inbanti o addirittura peri timore contrare gli amici. contrari Sono molti ragazzi degli effetti collaterali. che sono propensi a vaccinarsi ma Pertalvolta fugareincontrano dunque i ledubbi dei che resistengenitori sulla vaccinazione contro il ze dei genitori, timorosi sui possibili Covid-19 nei bambini e nei ragazzi, rischi della vaccinazione anti Covid. l’Ulss 2 Marca E spesso capitaTrevigiana che sianohaglideciso stessi di attivare presso Operativa di ragazzi a ricorrerel’Unità all’aiuto dei saniPediatria dell’Ospedale Ca’ Foncello tari per rassicurare genitori titubanti di Treviso un contrari nuovo Ambulatorio deo addirittura per timore degli dicato. effetti collaterali. “L’Ambulatorio – spiega il primario Per fugare dunque i dubbi dei gedel reparto, Stefano Martelossi nitori sulla vaccinazione contro –il avrà l’obiettivo di fornireeinformazioni Covid-19 nei bambini nei ragazzi, el’Ulss consulenze riguardo alle ha vaccina2 Marca Trevigiana deciso zioni anti-Covid nell’età 12-18 anni.di di attivare presso l’Unità Operativa E’ attivo a partire dallo scorso 24 Pediatria dell’Ospedale Ca’ Foncello agosto e sarà operativo tutti i martedì di Treviso un nuovo Ambulatorio dedalle 16 alle 18”. dicato. A disposizione genitori, per ri“L’Ambulatorio dei – spiega il primario spondere ai quesiti, fugare possibili del reparto, Stefano Martelossi – avrà dubbi, valutare eventuali casi parti-e l’obiettivo di fornire informazioni colari, ci sarà il primario Martelossi: consulenze riguardo alle vaccinazioni l’accesso anti-Covidall’Ambulatorio nell’età 12-18 sarà anni.suborE’ atdinato alla prenotazione potrà tivo a partire dallo scorso che 24 agosto

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e sarà operativo tutti i martedì dalle L’Ulss 2 Marca 16 alle 18”. Trevigiana ha A disposizione dei genitori, per rispondere ai quesiti, fugare possibili attivato un servizio dubbi, valutare eventuali casi partia disposizione per colari, ci sarà il primario Martelossi: l’accesso all’Ambulatorio sarà suborrispondere a quesiti, dinato alla prenotazione che potrà fugare dubbi, essere richiesta alla segreteria della Pediatria, telefono 0422-322263, dalvalutare casi le 8.30-15.00. particolari “L’ambulatorio che è stato attivato al Ca’ Foncello dal primario MartelosL’Ulss 2 Marca Trevigiana ha attivato un si – sottolinea il direttore generale, Francesco Benazzi a - sarà un utile struservizio disposizione per rispondere a mento a disposizione delle famiglie quesiti, fugare dubbi, valutare casi particolari che hanno qualche dubbio circa l’importanza della vaccinazione dei propri essere richiesta segreteria della dei propri figli. Andrà ad affiancarsi figli. Andrà ad alla affiancarsi all’imporPediatria, telefono 0422-322263, daltante lavoro che, sul tema, stanno già all’importante lavoro che, sul tema, lefacendo 8.30-15.00. i pediatri di libera scelta sul stanno già facendo i pediatri di libera “L’ambulatorio che è stato per attivato territorio. Colgo l’occasione ricor- scelta sul territorio. Colgo l’occasione aldare Ca’ aiFoncello dal primario Marteragazzi e alle loro famiglie il per ricordare ai ragazzi e alle loro falossi – sottolinea il direttore ruolo della vaccinazione, sia ingenetermi- miglie il ruolo della vaccinazione, sia rale, Francesco Benazzi sarà ni di prevenzione della malattia eun del in termini di prevenzione della malatutile strumento a disposizione delle contagio, sia per permettere ai nostri tia e del contagio, sia per permettere famiglie hanno qualche dubbio ai nostri ragazzi il ritorno a scuola in ragazzi ilche ritorno a scuola in presenza circa l’importanza della vaccinazione presenza senza correre rischi”. senza correre rischi”.

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Vaccini anti Covid

Un vademecum dell’Iss contro le fake news “I vaccini anti Covid sono sperimentali” Con il termine vaccini (o in generale farmaci) sperimentali ci si riferisce a farmaci non ancora autorizzati all’immissione in commercio. Questo non è il caso dei vaccini per Covid-19, il cui uso clinico è stato regolarmente autorizzato dall’Ema. Nel caso dei vaccini anti Covid-19 il processo di sviluppo ha subito un’accelerazione senza precedenti a livello globale, tuttavia come riporta la stessa Ema sul proprio sito “un’autorizzazione condizionata garantisce che il vaccino approvato soddisfi i rigorosi criteri Ue di sicurezza, efficacia e qualità e che sia prodotto e controllato in stabilimenti approvati e certificati in linea con gli standard farmaceutici compatibili con una commercializzazione su larga scala”. “I vaccini provocano l’infezione” I vaccini attualmente in uso in Italia usano la tecnologia a mRNA(Pfizer-Biontech e Moderna) e quella a vettore virale (Astrazeneca e Janssen). In entrambi i casi si introducono nell’organismo le “istruzioni” per produrre frammenti della proteina che il virus usa per “agganciare” la cellula. Quindi non viene utilizzato il SArs-CoV-2 vivo e infettante. Una eventuale malattia Covid-19 successiva alla vaccinazione può essere quindi causata solo da una infezione naturale del virus contratta indipendentemente dal vaccino. “I vaccinati sono contagiosi” Questo è possibile perché, come per tutti i vaccini esistenti, l’efficacia anche se molto alta non è del 100%, e ci possono essere quindi i cosiddetti “fallimenti vaccinali”. Inoltre anche un soggetto che risponde al vaccino si può ritenere immunizzato solo dopo almeno una settimana dal completamento del ciclo. Un livello di copertura della popolazione alto minimizza il rischio di trasmissione tra individui suscettibili all’infezione. I dati provenienti dai paesi con una campagna vaccinale avanzata, Italia compresa, hanno dimostrato che il vaccino protegge dalle conseguenze peggiori della malattia, dal ricovero al decesso, oltre 9 persone ogni 10 vaccinate. La vaccinazione riduce anche la capacità di infettare dei vaccinati. “Vengono nascosti effetti collaterali e decessi post vaccino” I dati della farmaco-vigilanza sono pubblici. In Italia l’Agenzia Italiana per il farmaco (Aifa) pubblica periodicamente il resoconto

e le segnalazioni di sospetti eventi avversi (https://www.aifa.gov.it/farmacovigilanzavaccini-covid-19), e lo stesso fa l’autorità europea Ema. “Il vaccino causa infertilità e aborti” Al momento non c’è nessuna evidenza scientifica di un effetto negativo dei vaccini sulla fertilità maschile o femminile. Per quanto riguarda la somministrazione del vaccino in gravidanza, le prime osservazioni, soprattutto dei dati Usa dove sono migliaia le donne immunizzate durante la gestazione, non hanno rilevato un aumento di rischio di effetti avversi per madri e neonati. “Il vaccino modifica il nostro DNA” I vaccini anti Covid-19 non cambiano e non interagiscono in alcun modo con il Dna. Sia i vaccini a mRNA che a vettore virale forniscono istruzioni alle nostre cellule utili ad attivare una risposta immunitaria così da proteggere contro il Sars-Cov-2. “Il vaccino causa trombosi e miocarditi” Tutti i farmaci e i vaccini possono avere effetti collaterali. Le Agenzie regolatorie riportano queste due patologie, che peraltro sono anche tra quelle causate dall’infezione, come rari effetti avversi della vaccinazione. Proprio per la loro estrema rarità questi effetti lasciano comunque il rapporto beneficirischi a favore dei primi, come rilevato da tutte le agenzie regolatorie internazionali. “Dai 19/20 anni in giù per i soggetti sani è impossibile morire per Covid e pure manifestare sintomi gravi” Anche se nelle fasce più giovani il rischio di sviluppare un’infezione sintomatica è minore rispetto agli adulti, è comunque presente. Dall’inizio della pandemia al 17 luglio ad esempio ci sono stati 28 decessi nella fascia di età 0-20 anni. In ogni caso lo scopo della vaccinazione anche nelle fasce di età più giovani è anche quello di limitare a livello di popolazione la circolazione del virus e permettere quindi di uscire dalla pandemia, oltre che di proteggere i soggetti più fragili. “Più vacciniamo più escono nuove varianti” Le varianti emergono perché il virus, replicandosi, tende a sviluppare nuove mutazioni. I vaccini, riducendo la circolazione, limitano quindi la possibilità che il virus muti. Le varianti in circolazione in questo momento inoltre, compresa la “Delta”, sono state osservate per la prima volta lo scorso dicembre, quando ancora le campagne vaccinali erano iniziate in pochissimi paesi.

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Dolore persistente ed esercizio I

l dolore persistente è definito come un “dolore alle ossa, articolazioni o tessuti molli del corpo che dura da più di tre mesi”. Questa presentazione clinica ha spesso associate paura del movimento, catastrofizzazione, ansia, stress, disturbi del sonno e sensibilizzazione centrale, che contribuiscono sia al manifestarsi del dolore che della disabilità funzionale. E’ a livello mondiale la maggiore causa riconosciuta di dolore e disabilità, colpendo il 20% della società occidentale adulta, ed è previsto un aumento fino al 50% per il 2050. Il dolore persistente include diverse patologie, alcune che colpiscono tessuti o strutture (artrosi, patologie alla colonna) e altre patologie sconosciute (fibromi algia, dolore persistente diffuso). E’ largamente riconosciuto dalla comunità scientifica che il trattamento deve essere fornito su una base biopsicosociale, infatti deve andare a colpire sia le componenti fisiche, che psicologiche e sociali che sottendono a questa problematica. In questo senso, è stato dimostrato scientificamente, che un aumento del livello di fitness porta ad una riduzione della sintomatologia dolorosa e della disabilità ad essa correlata. Tuttavia, l’esercizio non deve essere generalizzato, ma costruito sul paziente in base ad una valutazione iniziale. L’obiettivo di questa valutazione è quello di creare una solida alleanza terapeutica con il paziente, infatti una comunicazione centrata sul paziente risulta fondamentale per l’ottenimento di un risultato positivo al termine del percorso. Questa valutazione deve rispettare i tre punti

dell’approccio biopsicosociale: - Biologico: riguarda il dolore (intensità, diffusione, fattori aggravanti…) - Psicologico: riguarda la sfera psicologica del paziente (livello di stress, ansia, qualità del sonno) - Sociale: riguarda i pensieri del paziente e le sue credenze e comportamenti riguardo il dolore e l’attività fisica. Fondamentale è che il paziente sia consapevole di una base della fisiologia del dolore, e questo lo si può effettuare attraverso delle tecniche di educazione che hanno l’obiettivo di modificare il senso che i pazienti danno al dolore. Il cambiamento principale da ottenere è quello da “il dolore è un segno di danno strutturale o patologia” a “un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole associata a danno tissutale, in atto o potenziale”. Per aumentare l’aderenza del paziente all’esercizio è bene scegliere qualcosa di piacevole, che il paziente non trova noioso o stressante, perché è fondamentale che poi gli esercizi o l’attività fisica scelta, diventino parte della vita quotidiana, in modo da modificare in positivo lo stile di vita. Per esempio è stato dimostrato che un attività aerobica tra i 20 ed i 60 minuti svolta più di due volte la settimana per 6 settimane sia sufficiente ad avere un impatto positivo sui sintomi e sulla funzione, ma non solo, anche la sfera psicologica ne trae giovamento.

Bibliografia John Booth, G. L. (2017). Exercise for chronic musculoskeletal pain: A biopsychosocial approach. Musculoskeletal Care , 1-9.

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Salute

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Epidemiologia e sorveglianza sanitaria

Covid 19, possibile la diagnosi dai campioni di saliva lasciata sui rifiuti Il risultato di un recente studio condotto dalle Università di Perugia, Padova e Venezia insieme all’ISS su una popolazione di 650mila abitanti in un’area del Nord Italia durante il secondo picco della pandemia

Covid-19 e salute mentale. Sono aumentate le richieste di sostegno

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ltre alle diagnosi dirette (tamponi faringei, tamponi nasali, test sierologici), quelle ricavate dai campioni di saliva lasciati sui rifiuti. Secondo uno studio recentemente pubblicato nella prestigiosa rivista “Science of the Total Environment”, dal titolo “An innovative approach for the non-invasive surveillance of communities and early detection of SARS-CoV-2 via solid waste analysis”, condotto da ricercatori e tecnici delle Università di Perugia, Padova, Venezia e dell’Istituto Superiore di Sanità, è infatti possibile eseguire la sorveglianza sanitaria mediante campionamento indiretto di saliva lasciata sui rifiuti. La ricerca ha indagato la potenziale presenza di Rna di Sars-CoV-2 in 20 diversi siti in un’area del Nord Italia caratterizzata da una superficie di 570 kmq ed una popolazione di 650.000 abitanti durante il secondo picco di Covid-19 (in un periodo compresto tra il 9 gennaio e il 20 febbraio di quest’anno). In ciascun sito è stato campionato un numero da 50 a 100 unità di rifiuti che sono stati a contatto con la saliva umana (tazze da caffè in plastica, bicchieri di plastica, lattine per bevande e bottiglie di plastica) e trasportati in un laboratorio dove sono stati opportunatamente trattati per essere sottoposti ad analisi tramite tampone. Infine, tutti e venti i tamponi (uno per sito) sono stati analizzati presso i laboratori dell’Istituto Superiore di Sanità; in tre tamponi è stata rilevata la presenza di Rna di Sars-CoV-2. Con l’impatto che il Sars-CoV-2 ha avuto e che sta ancora avendo nella società, si stanno sempre più affermando nell’epidemiologia nuovi approcci multidisciplinari per il monitoraggio e contenimento della diffusione del virus. Fra questi risulta essere di particolare interesse la sorveglianza ambientale di matrici rappresentati dagli scarti urbani e definiti dal gruppo di ricerca “urban waste products”, quali i reflui urbani, i rifiuti solidi, gli aerosol, il particolato atmosferico Essa è caratterizzata da analisi e monitoraggi di tipo non intrusivo, a complemento della sorveglianza clinica, basata invece sulle diagnosi dirette. “I risultati della nostra ricerca – spiega il profes-

sor Alberto Pivato del Dipartimento di Ingegneria civile e ambientale dell’Università di Padova, uno degli autori dello studio – aprono nuovi orizzonti per l’applicazione di un approccio per la sorveglianza sanitaria-ambientale basato sul rilevamento di Rna di Sars-CoV-2 su rifiuti che sono stati a contatto con la saliva umana. Il vantaggio principale è quello di poter potenzialmente restituire in tempi rapidi informazioni utili a determinare la presenza del Sars-CoV-2 e/o di altri virus simili non nel singolo soggetto, ma in piccole comunità (come ad esempio scuole, mense, fabbriche, etc.) senza l’ausilio di personale medico specializzato. Tale approccio consentirebbe di rilevare con continuità ed in maniera economica e tempestiva la presenza di virus, consentendo interventi di contenimento più rapidi ed efficaci”.

I Sotto il professor Alberto Pivato

servizi di Salute mentale dell’Ulss 3 Serenissima segnalano, tra il 2020 e il 2021, un significativo aumwento degli accessi di persone che subiscono le conseguenze dell’epidemia “C’è tutta un’area molto importante dal punto di vista qualitativo e quantitativo – ha spiegato il Direttore del Dipartimento di Psichiatria dell’azienda sanitaria veneziana, il dottor Moreno De Rossi – che ha a che fare con il disagio psicologico prodotto dall’epidemia. Abbiamo voluto fare un’indagine presso i nostri Centri di Salute mentale, otto distribuiti in tutto il territorio, che sono i punti a cui principalmente si rivolgono le persone bisognose d’aiuto. Ebbene, abbiamo notato un incremento significativo di accessi: soprattutto alla fine del 2020 e nei primi mesi di questo 2021 abbiamo avuto circa un 25% di aumento delle richieste di aiuto e di cura”. L’Ulss 3 Serenissima ha verificato la diretta correlazione tra questo impennarsi degli accessi e il Covid-19. “Buona parte delle persone che ci hanno chiesto aiuto – ha sottolineato il Primario De Rossi – si rivolgevano a noi per la prima volta, tanto che questi “primi accessi” sono aumentati addirittura del 30%; si è trattato di persone che prevalentemente presentavano problemi d’ansia, stati depressivi, reazioni di adattamento difficile alla situazione determinata dall’epidemia; tra questi soggetti, numerosi sono quelli colpiti direttamente dalla pandemia: persone contagiate, o ricoverate, o che hanno subìto dei lutti in famiglia. Numerose anche le persone che hanno avuto un effetto diretto della pandemia sulla loro vita personale, soprattutto dal punto di vista economico e lavorativo, e che quindi pagano a livello psicologico i danni notevoli provocati dal Covid-19 nella loro situazione complessiva di vita”.


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SETTEMBRE 2021

Garden

Le bulbose da piantare a settembre Il periodo tra la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno è ideale per piantare bulbi di numerose piante stagionali che si svilupperanno in concomitanza con l’arrivo della primavera

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arcisi, Giacinti, Gigli, Crocchi o Tulipani. Sono le Bulbose, piante dotate di un organo ipogeo, che rappresenta una riserva di energia dalla quale si svilupperanno la parte aerea e l’infiorescenza della pianta. Sono piante fiorite che durante questo arco di tempo svilupperanno le loro radici, fondamentale per nutrire la piantina che nascerà. La caratteristica principale delle bulbose è che, una volta seminate, cresceranno e fioriranno sempre nello stesso periodo. Sono facili da coltivare, non richiedono troppa fatica e sanno regalare grandi soddisfazioni. Per un davanzale, un giardino ricco di colori vivaci e di profumi rilassanti ecco alcuni consigli utili per scegliere i bulbi da piantare in questa stagione. Ma come scegliere i bulbi? Tutto dipende dalla stagione. Infatti, esistono i bulbi autunnali che si piantano tra settembre e ottobre e fioriscono in primavera, e quelli primaverili che, invece, vengono piantati tra l’inverno e l’inizio della stagione calda e fioriscono in tarda primavera o inizio estate. Per quanto riguarda la coltivazione, queste piante vanno interrate prima dell’arrivo delle gelate; inoltre, è consigliabile preparare il terreno aggiungendo del compost in modo da renderlo più fertile. Per la pianificazione delle piantagioni in giardino, si possono suddividere in due grandi gruppi. Il primo comprende le

specie che si piantano nel prato o sotto i cespugli come anemoni, crochi, muscari, scilla, bucaneve, erantis, puschkinia, agli, tulipani botanici, tazzette e giunchiglie, e dente di cane. Il secondo gruppo annovera le specie che perdono con il tempo il loro splendore: vanno piantate in aiuole lavorate e, dopo la fioritura, vanno tolte dal terreno. È il caso di tulipani ibridi, narcisi ibridi e giacinti. Entrambi i gruppi si possono piantare anche in contenitore per davanzali, balconi e terrazzi. Se utilizziamo vasi o cassette bisogna tenere a mente che ogni bulbo deve avere a disposizione intorno a sé un diametro pari a una volta e mezzo il diametro del bulbo stesso. Interriamo i bulbi con la punta o la gemma rivolta verso l’alto, a una profondità pari a quella del bulbo stesso, che deve quindi essere coperto da appena un velo di terra, ben pressato. Annaffiamo senza eccedere e, dopo dieci minuti, svuotiamo e togliamo il sottovaso. Poniamo il contenitore in un punto soleggiato anche in inverno, o a mezz’ombra. Basterà annaffiare leggermente ogni 1520 giorni se non piove. Nonostante vi siano diverse tipologie in base alla stagione, ecco le tre migliori e più diffuse. Il tulipano, caratterizzato da un fogliame verde intenso con i fiori a forma di coppa grandi e colorati, dal rosso al viola, fino al giallo e bianco. È un bulbo

autunnale e si presta sia alla coltivazione nel terreno sia in vaso. Necessita di luce, ma predilige anche zone d’ombra. Come il tulipano, anche il narciso fiorisce in primavera. Si distingue per i fiori chiamati trombette dal colore giallo o bianco e per il profumo leggero e delicato. Amano la luce e le zone semi ombreggiate ma riparate dal vento. L’iris è il bulbo da fiore più comune della stagione primaverile. Cresce bene sia in zone con clima mite che in zone più fredde. Per avere delle belle fioriture i bulbi vanno piantati a gruppo oppure in file a poca distanza l’uno dall’altro, 8-10 cm circa. Si tratta di un bocciolo elegante, perfetto per decorare il giardino o il balcone.


Garden Garden

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Le agevolazioni. Prevista la detrazione Irpef del 36% per le spese sostenute

Bonus verde per giardino e terrazzo confermato per il 2021 Ristrutturare, abbellire giardini, balconi e terrazzi, ecco tutte le informazioni per usufruire della detrazione fiscale per chi cura il verde di casa

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ettembre è il mese migliore per ristrutturare, abbellire il giardino, i balconi o le terrazze. A volte però non vengono curati perché non sempre si ha a disposizione il budget necessario per la manutenzione. Ma grazie al Bonus Verde è possibile prendersi cura dell’esterno e dargli un nuovo look. Tra i bonus casa prorogati dalla Legge di Bilancio 2021, compare anche la detrazione Irpef del 36% sulle spese sostenute per la sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni, impianti di irrigazione e realizzazione pozzi e la realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili. Danno diritto alla detrazione anche le spese di progettazione e manutenzione se connesse all’esecuzione di questi interventi. L’agevolazione fiscale che si applica nella dichiarazione dei redditi deve essere ripartita in dieci quote annuali di pari importo e deve essere calcolata considerato un limite massimo di spesa pari a 5.000 Euro per ciascuna unità immobiliare avente uso abitativo. Quindi la detrazione massima che si potrà ottenere, è pari a 1.800 Euro, ovvero il 36% di 5.000 Euro. Per comprendere meglio quali siano gli interventi compresi dal Bonus verde 2021, è utile analizzare gli obiettivi fondamentali di questo incentivo: promuovere e incrementare la superficie verde delle città e dei comuni italiani e il riconoscimento che le spese per il

verde urbano sono un “investimento”, anche dal punto di vista economico. Infine, disincentivare i lavori svolti in economia – da proprietario o da personale non qualificato - che spesso causa danni al patrimonio verde italiano. Per questo motivo è facile come la detrazione abbraccia tutte le spese sostenute per la sistemazione a verde di aree scoperte di abitazioni già esistenti purché si tratti di un “radicale rinnovamento” o di una sistemazione a verde ex novo” e la realizzazione di recinzioni e impianti di irrigazione. Sono tutte categorie legate agli obiettivi fondamentali Rientrano quindi tra le spese ammesse in detrazione: gli impianti di irrigazione; la realizzazione di pozzi; la sistemazione a verde di aree scoperte private di edifici esistenti, unità immobiliari, pertinenze o recinzioni. E ancora grandi potature; riqualificazione prati; realizzazione di coperture a verde e di giardini pensili. Inoltre, sono ammesse le spese di progettazione purché relative a lavori successivamente effettuati. Sono invece escluse dalle detrazioni la manutenzione ordinaria di giardini già esistenti e con regolarità periodica; l’acquisto di attrezzature specifiche per la cura del giardino - pale, picconi, tagliaerba - e gli interventi lavorativi in economia da parte del proprietario. Ecco due esempi che possono aiutare a fare chiarezza: qualora acquistiate delle piante in un vivaio o garden cen-

ter, potrete agevolare la spesa solo nel caso in cui la loro messa a dimora sia ad opera di un giardiniere qualificato. Nel caso in cui decidiate di posizionarle personalmente o di affidarvi a lavoratori occasionali, la spesa non potrà essere detratta; allo stesso modo, in caso di semina del prato, l’acquisto della semenza e i lavori di manodopera potranno essere interessati dal bonus solo se effettuati da un professionista. I beneficiari della detrazione sono coloro che possiedono o detengono, sulla base di un titolo idoneo, l’immobile sul quale sono stati eseguiti gli interventi per i quali si sono sostenute le relative spese. Quindi possono usufruire del bonus il proprietario dell’immobile; il nudo proprietario; chi ha l’usufrutto; inquilino in affitto; la persona che ha l’immobile in comodato, un Ente pubblico o privato che corrisponde l’Ires e le case popolari. Il beneficio non è previsto per immobili aventi una destinazione diversa da quella abitativa, come negozi o uffici che restano pertanto esclusi. In caso di lavoro effettuati su immobili residenziali adibiti promiscuamente all’esercizio di una professione o un’attività commerciale,

la detrazione si riduce della metà. Lo stesso bonus può essere applicato per gli interventi realizzati su parti comuni di edifici condominiali. I condomini riceveranno il rimborso solo se avranno contribuito economicamente all’esecuzione dei lavori e in base ai limiti della loro quota millesimale, purché egli abbia contribuito economicamente all’esecuzione dei lavori. Per esempio, un giardino condominiale fruibile da tutti i condòmini, ha la necessità di inserire o di sostituire l’impianto d’irrigazione. Il progettista, dopo aver effettuato i rilievi, stabilisce un progetto d’impianto. Successivamente si rivolge a un Centro di Giardinaggio per l’acquisto di tutti i materiali necessari, regolarmente fatturati e, avendo il Centro di Giardinaggio anche il Servizio di manutenzione e realizzazione giardini, lo incarica della messa in opera dell’impianto. I lavori iniziano a novembre con emissione di fattura regolarmente pagata nel 2021 da tutti i condòmini secondo quote millesimali mediante bonifico bancario. Anche il progettista di giardini invia fattura al condominio, e l’Amministratore provvede a ripartire

l’importo secondo la quota millesimale di ciascun condomino, che paga di nuovo con bonifico bancario. Entro il mese di marzo 2022 l’Amministratore farà avere a tutti i condòmini l’importo che ciascuno potrà portare in detrazione nella dichiarazione dei redditi 2022 sui redditi 2021. Infine settembre è il mese migliore per realizzare un nuovo prato, sia ex novo dopo una ristrutturazione dell’edificio, sia dopo aver eliminato il vecchio tappeto erboso ormai rovinato. Utilizzare il Bonus Verde è conveniente, la rimozione del vecchio manto e la semina del nuovo lo è ancora di più. Sono tutte operazioni che richiedono professionalità e specializzazione. L’Azienda o il Centro eseguiranno tutti i lavori, anche in tempi rapidi e l’intervento regolarmente fatturato e saldato nel 2021 con pagamento tracciabile, verrà portato in detrazione nella dichiarazione dei redditi 2022, detraendo il 36% dell’importo. Il privato dovrà invece conservare la fattura dell’Azienda o Centro Giardinaggio e la ricevuta del pagamento tracciato e consegnarle al Caf o al commercialista.

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Gli interventi. Un giro al vivaio di fiducia è necessario per poter recuperare l’attrezzatura

I lavori di settembre: in casa, in giardino, nell’orto e nel frutteto! L

a campanella non suona solo per i bimbi, che in questi giorni tornano tra i banchi di scuola, ma anche per tutti gli appassionati di giardinaggio, chiamati a riporre nel cassetto della memoria i ricordi delle vacanze e ad affrontare le necessarie attività di ripristino di balconi, giardini, orti e frutteti. Settembre è un mese strategico per pianificare tutte le attività botaniche casalinghe e per preparare i terreni per i mesi invernali. Dalla semina ai trapianti, dalla potatura alla concimazione, fino al controllo delle erbe infestanti e l’allestimento delle aiuole: sono davvero tante le attività con cui poter impiegare gli ancora dolci pomeriggi di questo mese. E se avete bisogno di qualche spunto, oltre alle innumerevole rubriche di approfondimento sul tema, segnaliamo anche la presenza di fiere e mostre di settore da poco riaperte al pubblico in presenza. La miglior fonte di ispirazione, però, resta madre natura: giardini e orti botanici offrono lo spettacolo incredibile delle ultime fioriture estive preannunciando il tripudio di colori offerto dal foliage autunnale Un giro al vivaio di fiducia è necessario per poter recuperare tutta l’attrezzatura necessaria per poter impostare il proprio giardino casalingo, si tratti qualche di metro di prato a disposizione dietro casa o di qualche vaso da balcone. Vanno, innanzitutto, reidratate le piante e il relativo terriccio. Il segreto delle nonne per ottenere un risultato ottimale è quello di coprire abbondantemente con acqua le piante: inserite i vasi in una grande bacinella coprendo le piante d’acqua fino al bordo del vaso e lasciatele immerse per circa mezz’ora. Scolate l’acqua in esubero. Per le piante messe a dimora in terra è importante ricordarsi di innaffiare al mattino presto o di sera dopo il tramonto, come di consuetudine. Anche per chi apprezza coltivare fiori, la stagione è perfetta per piantare nuovi bulbi e seminare le piante rustiche annuali come ad esempio il papavero, l’iberis o le calendule, ma anche tulipani e narcisi. Quanto alle viole, alle margheritine, alle bocche di leone o ai ciclamini, ricordatevi di seminarli in letto caldo. Come tutti i mesi di transizione, settembre

Per il prato è il momento di valutare un intervento di risemina o di diserbo selettivo. Qualsiasi azione eseguita in questi giorni farà sì che l’erba si rigeneri e si presenti ben sviluppata all’arrivo dell’inverno

è poi un periodo intenso e delicato anche per i lavori in giardino, a cominciare dalla semina dei tappeti erbosi. Qualora le condizioni del vostro prato si rivelassero particolarmente preoccupanti, potete anche valutare un intervento di risemina o di diserbo selettivo. Qualsiasi azione eseguita in questi giorni farà sì che l’erba si rigeneri e si presenti ben sviluppata all’arrivo dell’inverno. Lavorate il terreno delle vostre aiuole e pulitelo dalle foglie secche che cominceranno a cadere, soprattutto a partire dalla seconda metà del mese. Particolare attenzione anche alla cura dell’orto: non solo potete procedere alla raccolta degli ultimi ortaggi estivi e delle erbe aromatiche, ma avete la possibilità di preparare il terreno per la semina delle varietà che potranno essere raccolte ad autunno. Cavoli verza, lattughino, prezzemolo, radicchio, ravanelli, spinaci sono solo alcune delle varietà che non possono mancare. Per chi ha un frutteto, oltre alla raccolta (è tempo di mele, fichi, pere e melograni), c’è da pensare alle ordinarie attività di preparazione per le piantumazioni invernali, potatura, innesti e impianti. Settembre, infine, è il tempo privilegiato della vendemmia. Se siete tra i fortunati che possiedono qualche filare, questo è il mese in cui raccoglierete i frutti di un anno intero di cure, pazienza e lavoro.

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Libri

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Vent’anni dopo. Lo scrittore-regista cambia la prospettiva e racconta in modo inedito i personaggi dell’11 settembre

Torri gemelle, un Marinelli sorprendente Le foto di Kostantin Petrov forniscono all’autore una nuova chiave di lettura degli avvenimenti. I protagonisti sono uomini e donne, famosi o sconosciuti, dipinti al centro di vicende che sembrano incredibili, talvolta, per le circostanze che li legano alla tragedia

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’arte del narratore sta nella capacità di scorgere quello che è sotto gli occhi di tutti, ma che nessuno vede, così come di legare i fatti, trovare un filo logico e fornire una visione d’insieme, perché se il giornalista racconta una notizia lo scrittore invece celebra la vita. Il poeta, poi, che è un genio, racconta “tutte” le vite, con pochi versi. E Giancarlo Marinelli, uomo di teatro a Vicenza e nel Veneto che però nasce scrittore, cambiando prospettiva riesce a fornire una lettura dell’11 settembre inedita e profonda. Il suo “11” (La nave di Teseo, 320 pagine) sposta l’attenzione dal gigantesco – gli aerei che si infilano, le torri gemelle che crollano, la nevicata di cemento – al piccolo. E stupisce. Ci riesce perché è rimasto colpito dalla storia di Kostantin Petrov, un estone trentenne emigrato clandestino a New York: è dovuto fuggire dall’Estonia perché piratava i decoder per mostrare ai compatrioti le televisioni della Finlandia. E già questo fatto meriterebbe una storia a sè… A New York Petrov vive nella casa di un vecchio cieco, il quale lo ospita a patto che lui lo porti in giro, diventando i suoi occhi. Kostantin è un guardiano elettricista che lavora al 106esimo piano della torre nord e che nell’attacco suicida morirà. Ma il giorno prima, la notte prima, scatta una serie di foto degli ambienti, degli oggetti e del panorama attorno a lui: posta le foto in un Facebook primordiale, chiamato Fotki. Così sono giunte fino a noi. Questo è il cambio di prospettiva, che quando le ha scoperte ha intrigato molto Marinelli. Lo ha fatto tornare bambino: “Quando ero piccolo – spiega – mia madre perse nel bosco un orecchino cui era molto legata, opera di Gino Cortellazzo grande scultore estense e amico del papà. Mi ero impegnato a cercarlo, ma era come trovare il classico ago nel pagliaio. Per non ripassare due volte nello stesso luogo, presi la Polaroid e fotografai la zona che avevo già esplorato. Quando ho visto le foto di Petrov, ho avuto la stessa sensazione di allora: questo sta cercando qualcosa, mi sono detto”. Sì, inconsciamente cercava il senso della vita che di lì a

poco avrebbe perso. Le foto servono a Marinelli per introdurre e ritmare i capitoli del libro, ciascuno con il nome di un protagonista, che divisi in quattro sezioni. Si passa dalle immagini macro a quelle intime fino ai particolari, per scendere ancora più in giù, alle immagini nere scattate per sbaglio. Le sezioni sono Interiors (10 settembre), Still life (11 settembre), Shot in black (gli attentati), Altri giorni di settembre - Family snapshots. I capitoli sono brevi, incalzanti, raccontati con una scrittura asciutta, che non accarezza ma spesso frusta. I protagonisti dei racconti sono uomini e donne, famosi o sconosciuti, che intrecciano – non per caso – le loro vite nell’immane tragedia. C’è il presidente George W. Bush, una specie di Amleto che cerca di vedere oltre, alle prese con i fantasmi e i sensi di colpa della moglie Laura. C’è Alia Ghanem, la madre di Osama Bin Laden, in attesa del figlio in mezzo al deserto afghano. Ecco padre Mychal Judge, omosessuale dichiarato anche se mai praticante. Fu la prima vittima certificata a Ground Zero: era un prete devoto ai vigili del fuoco fino a seguirli dentro le Torri Gemelle. Ci sono Condoleezza Rice, segretario di Stato, e Judy Melinek, medico legale, che schedò ogni resto umano grande quanto un pollice perché poteva servire a svelare l’identità della vittima. Aveva un marito capo dei pompieri che entrò per primo nelle torri. C’è lo scrittore Harold Pinter che riceve, il giorno prima dell’attentato, la laurea honoris causa dall’università di Firenze con un discorso violentissimo, e premonitore, contro gli Stati Uniti. Fu talmente pesante che il rettore dell’università, Augusto Marinelli, fu costretto a scusarsi. Da quel giorno Pinter entrò in un baratro e scomparve. Sia chiaro: nel libro non troverete dietrologie o complotti. È una grande commedia umana nella quale la tragedia irrompe improvvisa, la mannaia cala senza annunciarsi. Ma se l’11 settembre è da vent’anni uno spartiacque della storia, fa pensare quello che è accaduto attorno

La copertina del libro di Giancarlo Marinelli e lo scrittore-regista (in una foto di Germana Cabrelle) che con questo libro ha dato un’ulteriore prova di un grande talento

a quella data e all’ombra di questi personaggi. Ha dell’incredibile. C’è la maga che da Oprah Winfrey commenta la risicata vittoria di Bush alle elezioni del 2000 con queste parole: “Deve essere contento di aver vinto, perché questo presidente dovrà affrontare la più grande sciagura d’America. E il prossimo presidente sarà nero”. Solo un’indovina fortunata? E che dire della sconfitta dello stesso Bush, poco prima dell’attacco, quando sulle cellule staminali fu sconfitto al Senato? Tutta colpa di James Jeff, anche lui presente nel romanzo, repubblicano che all’improvviso cambiò schieramento. Il fatto è che Bush, timidamente aperturista sulla ricerca con le staminali, aveva presentato un piano da 7 miliardi di dollari (una cifra enorme: va ricordato che la legge finanziaria italiana muove qualcosa come 25 miliardi) da accantonare in un fondo “per le imminenti pandemie da virus”. Dopo l’11 settembre, tutto fu cancellato: quei soldi furono dirottati a finanziare il prossimo conflitto. Vent’anni dopo, tutto s’è ribaltato: si cancella la guerra in Afghanistan perché i soldi servono a fronteggiare la pandemia. La storia non insegnerà ma è sorprendente.

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Ma in questi vent’anni cosa abbiamo imparato? Risponde Marinelli: “Questo libro, che rivendica in modo potente l’essere europeo, lava un senso di colpa, perché. non ho mai avuto un bel rapporto con gli americani. Detestavo Trump, che rappresenta tutto quello che odio, e ho un timido apprezzamento per Biden. Ma in questi vent’anni ero convinto che avessimo imparato qualcosa. Lo dimostra un sociologo che aveva studiato un particolare del comportamento americano. Dopo le torri gemelle, infatti, il traffico per molti anni s’era congestionato. Perché? Perché la gente andava al lavoro e poi tornava indietro perché s’era dimenticato di dire alla moglie “ti amo”. I messaggi di quel giorno delle persone che stavano precipitando erano tutti così. È una cosa molto americana, se volete. Questa tragedia per un gran periodo di tempo ha cambiato il nostro modo di pensare al domani”. Giancarlo Marinelli ha già vinto due volte il premio selezione Campiello: non c’è da meravigliarsi se, con questo libro, arriverà al terzo premio. Antonio Di Lorenzo


Enogastronomia

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Il locale inconsueto. “Fuori Modena” in pieno centro a Vicenza offre prodotti, piatti e vini tipici del capoluogo emiliano

Cucina del territorio… a chilometri 200 Claudio Roncaccioli fa rivivere le sue ascendenze modenesi in un ristorante che propone la pasta tirata come una corda di violino così come gli hanno insegnato le “rezdore”. Nella lista anche culatello, crescentine, gnocco fritto fino a un’autentica sinfonia di salumi. Da segnalare il lambrusco, perfino in versione metodo classico

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ll’ingresso sono appesi i ritratti dei quattro profeti: Enzo Ferrari, Massimo Bottura, Vasco Rossi e Luciano Pavarotti. Tanto per fare capire subito qual è la cultura di riferimento: un inno a Modena, alla sua storia (non solo gastronomica) e ai suoi protagonisti. Del resto, quando si hanno le radici della famiglia nel cuore, si cerca nella memoria più segreta, quella del gusto, per far riemergere e vivere la propria storia alla luce del sole. Così Claudio Roncaccioli, ascendenze modenesi, commercialista con La passione dell’enogastronomia, ha aperto un ristorante che propone una cucina del territorio, sì, ma a chilometri duecento. È questa la distanza tra Modena e Vicenza: qui, davvero a due passi da piazza dei Signori si possono trovare piatti e prodotti della cucina modenese eseguiti ad alti livelli. Il nome del ristorante, in pieno centro, è tutto un programma: Fuori Modena. Perché non siamo di fronte a una semplice ispirazione: ne sarebbero capaci tutti. Ricette e ingredienti vivono davvero nel sangue di Claudio e del figlio Lorenzo che, dopo

Claudio Roncaccioli e il figlio Lorenzo, che mostra una sfoglia di pasta. Nell’altra immagine uno gnocco fritto assieme al culatello, uno dei piatti modenesi classici serviti nel locale

aver a lungo cucinato, adesso governa la sala. La brigata è completata da Kimberly Barcaro, Leonardo Giacomello e Paul Otasowie. Cominciamo con la sfoglia: è tirata ogni giorno come una corda di violino, spiegano i titolari, che mettono in pratica la sapienza delle “rezdore”, dalle quali padre e figlio sono andati pazientemente a lezione. Il risultato? Quella sfoglia è l’anima di tortellacci, tortellini, maccheroncini al

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pettine, pappardelle, tagliolini che ammiccano tentatori dal menu. “Fuori Modena” è un’operazione geoenogastronomica raffinata: l’obiettivo è portare le materie prime, la tradizione, le ricette e la cultura di un territorio a Vicenza. Pertanto nel locale trionfano anche lo gnocco fritto, il pollo alla cacciatora, il culatello d Zibello, nonché una sinfonia di cotechini, zamponi, prosciutti e mortadelle. Qui potete rendervi conto del perché

tra Modena e Reggio nell’Emilia vivono più maiali che uomini. Senza dimenticare i formaggi, con il Parmigiano-Reggiano in cima alla lista e l’aceto balsamico tradizionale che sfrutta le sue gocce centellinate per moltiplicatore i sapori. I vini sono quelli emiliani, ma non solo, con una predilezione per il lambrusco, che trovate anche nella inconsueta versione metodo classico. Antonio Di Lorenzo

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Film e serie tv visti da vicino

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a cura di Paolo Di Lorenzo

Nine Perfect Strangers riesce a metà

Heels, le finte botte dei veri supereroi del ring

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ine Perfect Strangers è la miniserie basata sull’omonimo romanzo dell’autrice australiana Liane Moriarty (Big Little Lies). Nicole Kidman e Melissa McCarthy sono le protagoniste di questo adattamento affidato allo stesso team produttivo di Big Little Lies capeggiato da David E. Kelley, il quale torna a lavorare per la terza volta con Kidman dopo il recente successo di The Undoing. Girato la scorsa estate a Byron Bay, in Australia, il thriller psicologico è ambientato in un wellness resort californiano di lusso, la Tranquillum House. Estremamente selettiva con gli ospiti che decide di accogliere, la struttura promette loro un processo di guarigione e trasformazione nell’arco di soli dieci giorni. La mistica del luogo è irradiata dalla figura di Masha Dmitrichenko (Kidman), guru del benessere, nazionalità russa nonché direttrice del centro. La sua missione è quella di ritemprare le menti e i corpi dei visitatori. Ciò che i nove estranei non sanno, tuttavia, è che ad attenderli non è soltanto un percorso di benessere. Avvalendosi di un cast stellare - ad affiancare Kidman e McCarthy ci sono Tiffany Boone, Bobby Cannavale, Luke Evans, Michael Shannon, Regina Hall, Manny Jacinto, Melvin Gregg, Samara Weaving e Asher Keddie - la miniserie non può che infondere in chi guarda la sensazione di essere di fronte al pinnacolo della prestige television, termine usato per definire la serialità televisiva che si atteggia a cinema attraverso una certa patina di pretenziosità. Tuttavia è nei punti in cui Nine Perfect Strangers si adagia sugli allori che risultano ancora più visibili le crepe del suo impianto. Una Kidman poco utilizzata che non porta mai la sua Masha al punto di rottura fa da capobanda ad un gruppo di personaggi il cui sviluppo risulta troppo spesso didascalico. Nel momento in cui vogliamo scoprire di più sul conto di uno di loro, lo sguardo si posa sul successivo. Le risposte non tardano mai ad arrivare, e a risentirne è la tensione narrativa che fatica ad avvalersi di un crescendo. Il risultato complessivo è piuttosto discreto se si prende in considerazione il pedigree di questa miniserie che sembra essere troppo studiata a tavolino per risultare valida. Un cast di grandi nomi, la collaborazione di David E. Kelley e Liane Moriarty dopo il successo di Big Little Lies e la partecipazione di Nicole Kidman, qui coinvolta anche in veste di produttrice esecutiva, e Melissa McCarthy, non basta per dissuadere chi guarda dal pensare che questa serie sia stata congegnata per essere un successo assicurato, ed è proprio questa spavalderia che inibisce alcun tipo di empatia nei confronti della vicenda portata sullo schermo. Chissà se Masha avrebbe una cura anche per questo.

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Ph Credits Nine Perfect Strangers: Amazon Prime Video

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otte da orbi nella serie Heels su Starzplay. Scritta e creata dal produttore esecutivo Michael Waldron (sceneggiatore in ascesa ad Hollywood grazie al successo di Loki, la serie Marvel), Heels è la storia di un gruppo di uomini e donne che inseguono i loro sogni nel mondo del wrestling professionistico delle piccole città. Un drama sul wrestling - la più teatrale tra le commistioni di sport e spettacolo che gli Stati Uniti abbiano mai inventato, capace di arrivare al cuore di chi guarda - Heels zoppica nei primi episodi a causa di un ritmo talvolta impari nel racconto. Ambientato in una comunità affiatata della Georgia, la serie segue i tronfi e le sconfitte della Duffy Wrestling League (DWL), una federazione di wrestling a conduzione familiare contraddistinta da due anime. Quelle di Jack (Stephen Amell, al suo primo ruolo da protagonista dopo la fine di Arrow) e Ace (Alexander Ludwig, reduce da Vikings dove ha interpretato Bjorn “Fianco di Ferro”), due fratelli rivali che combattono per decretare chi dei due debba seguire le orme del defunto padre. Quando sono sul ring, Ace deve interpretare il bravo ragazzo e Jack la sua nemesi, il mascalzone (in inglese “heel”). Una volta tornati nel mondo reale, questi ruoli possono essere difficili da mantenere e talvolta finiscono per invertirsi. Quello che perde in incisività, tuttavia, la serie lo riguadagna grazie ad una scrittura convincente e ad un gruppo di personaggi radicati nella realtà e ben interpretati da un cast corale capace di fare gioco di squadra. La direzione narrativa è chiara, così come lo è il costante ricorso alla commedia, ingrediente imprescindibile del wrestling stesso, per raccontare le diverse sfaccettature dei personaggi. Nel caso di Heels, il mondo del wrestling professionistico diventa l’ambientazione e il motore primo di una grande soap opera familiare dove pathos, antagonismi e fragilità sono esasperati con grande sapienza e autoironia. Prima che i supereroi saturassero il piccolo e il grande schermo a partire dall’inizio degli anni Duemila, a farla da padrone erano gli eroi del wrestling come Eddie Guerrero, The Undertaker e Rey Mysterio. Per Stephen Amell, il quale ha passato quasi un decennio a indossare il costume di Oliver Queen in Arrow, i due generi sono più simili di quanto uno creda. “Heels è assolutamente una serie tv sui supereroi” ribadisce Amell. “Il mio personaggio, Jack, ha una personalità tutta sua quando non è sul ring” continua l’attore, che spiega: “Dopodiché cambia costume, indossa la calzamaglia, parte la musica, entra in scena e diventa una persona completamente diversa che non ha alcuna somiglianza con chi lui è nella vita di tutti i giorni. Cosa c’è di più supereroe di questo?”.


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