Mag 52 luglio agosto 2013

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Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,20 + Mag € 0,30)

N. 52 LUGLIO/AGOSTO 2013

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M AGA Z I N E

D E

PASSIONI COMASCHE

Allo STADIO con Gigi Meroni e le notti in DISCOTECA

Le aziende in rete che vincono la crisi

Scegliere la scuola pensando al futuro

Le due passioni di Mr. Mitchumm

di M. G. Della Vecchia

di Sergio Bacillieri

di Ricky Monti







L’editoriale di Diego Minonzio

Antiche passioni e nuove sfide Ogni giornale ha la propria vocazione. E se per caso la perde, o non la coltiva, è un guaio vero: non c’è più comunicazione con i propri lettori, affinità elettiva, chimica a pelle, identità di pensiero e di sentimenti. Non c’è più niente. La nostra vocazione, la vocazione di un giornale come La Provincia, è il territorio e proprio per questo abbiamo deciso di delegare al nostro Mag il compito di scovare e raccontare le storie più intriganti e i personaggi più curiosi, così come di tenere sempre vivo e annodato il filo della memoria. L’estate è per sua natura il momento del ricordo: ci sono le vacanze, si ha più tempo per sé, per lo svago, per il riposo e per il collage mentale, magari sdraiati su un lettino in riva al lago, di tutti i pezzi e i pezzetti di cui è composta la propria vita. Il proprio passato. Da qui la decisione di dedicare la copertina del nostro mensile di luglio a due eventi, anzi, a due passioni tutte comasche: gli anni di Gigi Meroni e quelli del “2001 Music Club”. Due argomenti leggeri, ma non futili o banali. Attraverso le testimonianze di dieci comaschi, abbiamo cercato di ricostruire il mito della farfalla granata partendo non tanto dalle prodezze sportive e dalle mattane istrionesche già note agli appassionati della storia del calcio italiano, quanto da come quella presenza spuntata fuori come un miracolo dall’oratorio di San Bartolomeo abbia cambiato la vita dei suoi compagni di gioco, che oggi lo ricordano con un affetto e una tenerezza infinite. Allo stesso modo, il servizio, corredato da una serie di foto davvero da antologia, dedicato alla celebre discoteca di Erba, ricostruisce uno spaccato ancora vivissimo di quella che è stata la vera movida comasca tra gli anni Settanta e gli anni Ottanta. Fa impressione rileggere adesso quella interminabile carrellata di star della canzone e dello spettacolo che è transitata da quel locale notturno e quanto quel mondo ormai scomparso - con tutti i suoi lustrini, i suoi eccessi e le sue contraddizioni - sia patrimonio visivo di migliaia di comaschi, che proveranno di certo una forte emozione nel riandare a quei giorni andati della loro giovinezza. Chi invece voglia continuare a cercare ricette per sconfiggere la crisi non solo economica ma anche psicologica che ci perseguita da anni, potrà trovare motivo di speranza e di insegnamento dalla nostra inchiesta sulla cinquantina di aziende del territorio che hanno deciso di mettersi in rete per tentare l’avventura sui mercati esteri. La ricetta è sempre quella: talento, intelligenza, lavoro di staff, sano rischio di impresa, coscienza del valore unico del made in Italy, che solo una politica distratta e inadeguata non è capace di supportare con decisioni rapide e incisive. E non è vero che per farcela bisogna essere stati selezionati alla Normale di Pisa: oggi, per esempio, vi proponiamo quattro storie di ragazzi comaschi che hanno fatto la propria scelta vincente partendo da istituti professionali. Ognuno di noi ha un talento, anche se piccolo o ben nascosto. Il segreto sta tutto nel saperlo scovare… Buona lettura.

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Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,20 + Mag € 0,30)

N. 52 LUGLIO/AGOSTO 2013

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PASSIONI COMASCHE

Allo STADIO con Gigi Meroni e le notti in DISCOTECA

Le aziende in rete che vincono la crisi

Scegliere la scuola pensando al futuro

Le due passioni di Mr. Mitchumm

di M. G. Della Vecchia

di Sergio Bacillieri

di Ricky Monti

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MAG - LUGLIO/AGOSTO 2013

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L’EDITORIALE di Diego Minonzio

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DIECI BELLE NOTIZIE di Maria Castelli

LE OPINIONI 19

«Pubbliche virtù» di Giorgio Rinaldi

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«Occhi sul mondo»

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32 LA SCELTA VINCENTE Dalle professionali al successo d’impresa

51 QUEL GIOVANILE SUONO ANTICO Il giovane organista Pietro Guberti

di Sergio Bacillieri

di Mario Chiodetti

39 SCOMMESSA SULL’ARTE All’Accademia Galli studenti con un sogno di Sara della Torre

59 TI PORTO SUL LAGO I 120 anni del Tasèll di Serena Brivio

di Umberto Montin

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«Donna di picche» di Veronica Airoldi

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«La borsa & la vita» di Moritz Mantero

44 MR. MITCHUMM E DUE PASSIONI Storia di Alex Tino, le moto e la moda di Ricky Monti

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64 STENDHAL AL SOCIALE Il racconto dell’arrivo al teatro di Como di Mattia Mantovani

LA RETE CHE SCONFIGGE LA CRISI di Maria Giovanna Della Vecchia I nomi sono fra i più fantasiosi: da “Blue Ocean Composites”, a “Team Zero”, a “Cementoinnovazioni”. Nomi che appartengono ad alcuni dei 24 contratti di rete in cui sono coinvolte 52 imprese comasche del manifatturiero (60%), dei servizi (19%), delle costruzioni (19%) e per il resto di altri settori. Ci si unisce per fare massa critica, per superare la piccola dimensione d’impresa e osare sui mercati esteri.

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80 I L M AGA Z I N E D E

DIRETTORE RESPONSABILE

Diego Minonzio

72 72 IL NOSTRO GIGI MERONI Le testimonianze dei comaschi

RESPONSABILE di REDAZIONE

Giuseppe Guin

tel. 031.582342 - 335.7550315 fax 031.582421 g.guin@laprovincia.it redmag@laprovincia.it

105 Colpo di spugna

di Graziano Brenna

di Elisabetta Broli

107 Le parole che non tornano

80 QUELLE NOTTI IN DISCOTECA Così è nato Il 2001 club

di Emilio Magni

109 Eventi 113 (S)fashion

di Giuseppe Fusi

di Serena Brivio

88 PAROLARIO E I PERCHE’ Le testimonianze

114 Navigazioni Lariane di Luca Meneghel

115 Scaffale

di Sergio Gaddi e Chiara Milani

di Carla Colmegna

117 Grande schermo

di Bernardino Marinoni

94 UN CAVALLO PER VOLARE Lo sport acrobatico di Eliana Arcioni

119 Animali

di Marinella Meroni

120 I consigli dello chef

di Stefania Briccola

di Patrizia e Antonio Sironi

122 Il bello della Salute

99 UN CAPPELLO PER OBAMA La strana storia di Filippo Borella

di Eugenio Gandolfi di Franco Brenna di Tiziano Testori

126 L’oroscopo

di Annalisa Testa

128 Gli aforismi del mese di Federico Roncoroni

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130 Last minute

di Francesco Angelini

OPINIONI Giorgio Rinaldii, Umberto Montin, Veronica Airoldi, Moritz Mantero SERVIZI Maria Giovanna Della Vecchia. Sergio Bacillieri, Ricky Monti, Mario Chiodetti, Mattia Mantovani, Sara Della Torre, Graziano Brenna, Sergio Gaddi, Chiara Milani, Annalisa Testa, Stefania Briccola, RUBRICHE Maria Castelli, Elisabetta Broli, Marinella Meroni, Eugenio Gandolfi, Emilio Magni, Bernardino Marinoni. Franco Brenna, Federico Roncoroni, Francesco Angelini, Tiziano Testori, Luca Meneghel, Serena Brivio, Patrizia e Antonio Sironi TENDENZE E MODA Serena Brivio FOTOSERVIZI Carlo Pozzoni, Andrea Butti

REALIZZAZIONE GRAFICA

DIREZIONE CREATIVA Monica Seminati IMPAGINAZIONE Barbara Grena PUBBLICITÀ Sesaab servizi - Divisione Spm Tel. 031.582211 STAMPA Litostampa - Bergamo Numero chiuso in tipografia il 3 luglio

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Dieci belle notizie di Maria Castelli

MEGLIO DI COSÌ NON SI POTEVA «Meglio di così non si poteva cominciare»: è la soddisfazione del professor Giulio Casati, uno dei padri del Centro Volta, di cui è direttore scientifico e tra i promotori dell’Università a Como. Si riferisce all’inaugurazione della Lake Como School of Advanced studies che, a Villa del Grumello, ha richiamato 65 studiosi da tutto il mondo, impegnati in ricerche pluridisciplinari che porteranno a svolte per l’umanità. E tra queste, nuovi vaccini. Scienze ed eccellenze mondiali si uniscono proprio a Como per risolvere problemi complessi. «La comunità scientifica internazionale ha urgenza di discutere e condividere - ha detto Marco Cosentino Lagomarsino, ricercatore ed organizzatore del workshop - poterlo fare in un posto magnifico come Villa del Grumello è una vera fortuna».

IL CUORE DI UN PAESE Il parroco di Casnate con Bernate, Don Claudio Madasi, è stato colpito di nuovo dalla leucemia, malattia che l’aveva già provato nel 2010 quando era missionario in Brasile. Ha bisogno di un trapianto di midollo e in paese s’è scatenata una gara di solidarietà: in tanti si sono detti disposti ad una donazione per il parroco. Toccante la risposta di Don Claudio: «Ho visto che molti hanno pregato e pregano per me e mi hanno mandato messaggi in ospedale con vari mezzi di comunicazione, mentre altri si sono detti disponibili per la donazione di midollo osseo», ha scritto via mail. «Ringrazio tutti prosegue il messaggio - e invito i primi a continuare a pregare non solo per me, facendomi sentire un grande sostegno spirituale, ma soprattutto per quanti sono malati e non hanno tutta l’assistenza medica ed amicale che ho io. Anche quanti vorrebbero donare il midollo hanno tutto il mio ringraziamento». E sottolinea l’importanza della donazione «non solo per me, ma per tutti i bisognosi in Italia e nel mondo».

ARRIVA L’ACQUA AD ERBONNE

L’emergenza idrica sta per finire ad Erbonne, frazione di San Fedele Intelvi dalla bellezza struggente e dalle caratteristiche uniche al mondo. Il Comune guidato da Sergio Lanfranconi è riuscito a trovare 55mila euro, in parte con l’aiuto del Bim, bacino imbrifero montano di Gravedona, per rifare la sorgente di captazione dell’acqua potabile. L’acqua non mancherà più. L’anno scorso, Erbonne aveva fatto fronte alla carenza idrica con il trasporto nel bacino d’accumulo di 200mila litri d’acqua in due mesi. Il via vai di autobotti della protezione civile della Comunità Montana Lario Intelvese e di una ditta privata sarà un ricordo e anche lo storico funtanin darà ancora acqua.

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I NONNI PROFESSORI A Monte Olimpino, nonni e genitori si sono trasformati in professori in occasione del Grest: ai bambini, hanno dato lezioni di artigianato e di vecchi mestieri e soprattutto con il traforo, hanno insegnato a ricavare dal legno oggetti, decorazioni ed utensili. Tra gli specialisti del traforo, i “prof.” Luciano Turconi, Graziano Trombetta ed Eugenio Grisoni. Gli oggetti saranno venduti e i proventi copriranno le spese del Grest. Per venire incontro alle famiglie, infatti, sono state tenute basse le quote di partecipazione dei bambini. E un contributo importante deriverà dalla sottoscrizione a premi, realizzata grazie alla collaborazione dei commercianti del quartiere. Particolare non trascurabile: i nonni sanno anche stare ai fornelli e preparare la cena per tutti.

IL FUTURO È GIOVANE

GRETA SCRIVE

Gli under 35 vogliono essere i protagonisti della crescita e del cambiamento di Como e sono in cerca di istituzioni e sponsor privati che lancino bandi e concorsi d’idee dedicati ai giovani: questi sono il pensiero e il percorso dell’associazione “Laltro” che ha riunito più di 300 persone al Liceo Volta per parlare di «Novum Comum: come la cultura dev’essere motore di sviluppo del territorio». Quattro i temi proposti: scuola e ricerca: comunicazione e sviluppo digitale; arti visive e design, architettura ed urbanistica e all’interno di ciascuno, le iniziative concrete e possibili. «L’attività dell’associazione Laltro porterà ad importanti risultati», ha detto Paolo De Santis, presidente della Camera di Commercio, l’ente partner dell’iniziativa con Accademia Galli, La Provincia e Domenica - Sole 24Ore.

«Sono Greta e sono arrivata con quasi un mese di anticipo il 13/6/2013. Volevo ringraziare tutto il personale del reparto di ostetricia dell’ospedale Sant’Anna per la disponibilità, professionalità e gentilezza; in particolar modo grazie all’ostetrica Ilaria che ha aiutato e supportato la mia mamma quando sono nata. Grazie anche a tutte le zie del reparto nido che sono sempre state disponibili e che con le loro cure mi hanno coccolata tanto. Anche mamma Roberta e papà Roberto ringraziano tutti di gran cuore». La lettera è stata pubblicata sul quotidiano “La Provincia” con il commento: «La buona sanità che esiste…eccome».

IL BUONGIORNO SI VEDE DAL MATTINO Alla mensa di solidarietà di via Cimarosa a Cantù, i 230 volontari si alterneranno anche per servire la prima colazione. La mancanza di caffelatte e biscotti al risveglio è un problema sentito da chi è senza fissa dimora e disporli significa offrire ristoro fisico, ma anche possibilità di socializzare ed è il proposito principale dell’Associazione Incontri che gestisce la mensa. Un’Associazione che continua a perfezionare i servizi: doterà di docce i locali di via Cimarosa. E per la copertura totale delle spese, ha trovato la generosità che cercava.

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UNA PAGINA DA LIBRO CUORE

GIUSTIZIA PER FRANCISCO

Silvana Bordone, 80 anni, è caduta in via Borsieri; due sconosciuti l’hanno aiutata e confortata e la pensionata ha lanciato un appello per trovarli e ringraziarli. «Se Edmondo De Amicis fosse ancora vivo - ha aggiunto - avrebbe dedicato a questa storia qualche pagina del suo libro Cuore. Sono gesti per nulla scontati ed io sono stata fortunata». Eccoli: sono Mario ed Andrea Lombardi, padre e figlio e non è la prima volta che soccorrono il prossimo, invece di girar la testa dall’altra parte. «Non abbiamo fatto niente di speciale - hanno replicato - l’abbiamo solo aiutata a rialzarsi. L’avremmo anche accompagnata a casa in auto, ma lei ha insistito per andarci a piedi». L’hanno però seguita con lo sguardo finchè l’hanno vista al sicuro. «Non deve sentirsi in debito per così poco - ha proseguito Andrea - È la signora che ha fatto un piacere al papà. Gli ha dato vent’anni di meno e adesso si sente più giovane».

Francisco Martinez, migrante dal Salvador a Como, è riuscito a vedere il lato positivo di una vicenda critica: è stato trovato in stato d’ebbrezza alla guida, avrebbe dovuto pagare una multa salata, ma non aveva i soldi. Ha accettato di convertire la pena in lavori socialmente utili e s’è ritrovato a smistare rifiuti nel centro di raccolta di Maslianico con i volontari dell’Associazione “L’ambienteinvita” Onlus. L’esperienza gli è piaciuta così tanto e s’è trovato così bene con i volontari che ha deciso di restare nell’Associazione e di dedicarvi il proprio tempo libero. “L’ambienteinvita” fa parte del progetto Coinvolgi, al quale aderiscono numerose associazioni che accolgono persone sottoposte a provvedimenti dell’autorità giudiziaria. Nel comasco, ora c’è anche questo modo per far del bene.

IL GENIO DEL PARCHEGGIO Uno studente di ingegneria informatica al Politecnico, Antonio Umberto Aramini, 21 anni, è stato premiato per un’invenzione che renderà più facile la vita a chi è in cerca di parcheggio. È un’applicazione per i telefoni smartphone: sensori e telecamere suggeriscono al programma i parcheggi liberi, catturando immagini e trasmettendole al sistema che le elabora in modo continuativo nel tempo. «Nell’anno della maturità - racconta il futuro ingegnere - io ed altri sei compagni della Magistri Cumacini abbiamo partecipato ad un concorso indetto dalla Camera di Commercio e abbiamo sviluppato la nostra idea». Univercomo ha premiato il progetto attraverso le borse di studio dedicate alla memoria di Angelo Colombo e di Emilio e Maria Fumagalli. L’Università di Yverdon Les Bains in Svizzera ha offerto l’opportunità del primo passo per testare l’invenzione.

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Pubbliche virtù di Giorgio Rinaldi Delegato provinciale Associazione italiana Sommelier

Il vino questo sconosciuto «Non è altro che un liquore che si fa con il frutto della vite»: così definiva il nettare degli Dei Brillant-Savarin nella sua “Fisiologia del gusto”. Era il 1825 e il concetto di qualità nel mondo del vino era ancora sconosciuto, non solo in Europa. Ma quale può essere il concetto di qualità in questo mondo? Un vino di qualità non può che nascere da un’uva di qualità, rinunciando alle alte produzioni per pianta e impiegando varietà adatte a quello specifico luogo, a quel microclima, con quel tipo di impianto e di potatura, con quella esposizione del vigneto, a quella determinata altitudine e latitudine, su quel tipo di terreno che ha una sua ricchezza di proprietà e di microelementi. Sono questi ultimi che, soprattutto in alcune aree europee, fanno la vera differenza tra un luogo e l’altro, differenza che spesso troviamo non solo tra zone geografiche diverse ma anche a distanza di poche decine di metri. Ecco, è anche per la diversità apportata dai differenti territori che sarebbero nati i vini a denominazione di origine: vini che vantano uno specifico legame con il territorio, identificati come D.O.C.G e D.O.C, oggi D.O.P e I.G.T. a seguito di un regolamento CE del 2008, al momento non ancora utilizzato da tutti. Ma i vini legati al loro territorio non sono solamente «buoni» (termine peraltro molto soggettivo); questi vini devono avere tra loro le differenze date dall’utilizzo di varietà diverse (Cabernet, Merlot, Nebbiolo...), ma devono anche trasmettere al consumatore quelle differenze uniche e irripetibili che derivano da ogni singolo appezzamento di terreno. Alla filosofia di produzione viene lasciato quel valore aggiunto che fa risaltare ancora di più queste differenze senza occultarle, facendo sì che vini di varietà e zone diverse non diventino, come spesso accade, troppo simili gli uni agli altri.

La varietà Nebbiolo coltivata nelle Langhe darà un vino abbastanza simile ma con sfumature diverse rispetto allo stesso vino da uva Nebbiolo coltivata però in Valtellina. Anche all’interno della stessa zona poi dovremmo ottenere vini con caratteri diversi da vigneto a vigneto. Ritornando all’esempio delle Langhe, il Barolo di Serralunga ha sfumature dissimili dal Barolo di La Morra o di Castiglione Falletto o di altri comuni del Barolo. Così come in Valtellina la zona di Maroggia infonderà ai suoi prodotti sfumature diverse da quelle date dalla zona di Sassella, Inferno, Grumello o Valgella. Quanto detto vale ovviamente per tutte le macro e micro aree viticole europee e soprattutto italiane. È bello pensare a quanta storia e a quanta cultura una bottiglia di “semplice” vino potrebbe comunicare a chi fosse in grado di ascoltarla. Questa è per me la qualità. Spesso, troppo spesso, ciò non accade: frequentemente mi capita di degustare vini di zone e vitigni diversi che invece sono molto simili tra loro, buoni, ma senza carattere. In questi casi ha avuto il sopravvento una filosofia di produzione magari spiccia, con alla base una scarsa cultura e poco costosa, che lascia così al consumatore solo la possibilità di dire “Mi piace” o “Non mi piace”. Nient’altro. Perchè nient’altro questi vini consentono di dire.

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Occhi sul mondo di Umberto Montin

Tutti plasticamente uguali «È la globalizzazione, bellezza!». O nella rivisitazione della famosa frase di Humphrey Bogart c’è piuttosto una virgola di troppo, perché siamo alla globalizzazione della bellezza. Gli edonistici e superficiali anni Ottanta sono quasi storia, il decennio dell’Anno Zero ha parlato soprattutto in termini di crisi, periodi in cui si recuperano valori reali e ci si affida alle cose concrete. Eppure la bellezza conta, e quanto conta. Un bell’aspetto fisico per le donne, ma anche per gli uomini, aiuta nel trovare un posto di lavoro, dà una mano nel trovare il compagno migliore, apre tante porte altrimenti bloccate. Secondo Fedor Dostoevskij “la bellezza salverà il mondo”, per Aristotele è la miglior lettera di raccomandazione, affermazioni di ieri che hanno ancora maggior peso oggi. Con una piccola aggiunta, però: la globalizzazione che fa della bellezza un fattore unico, uguale a ogni latitudine. Come è possibile? Semplice, c’è la chirurgia estetica. Una conferma quasi inquietante arriva dal concorso di Miss Corea del Sud 2013. Le foto delle venti finaliste sono state raccolte e messe una accanto all’altra da un sito giapponese e da un social network che sottolineano la particolarità fin troppo evidente: le ragazze, giovani e carine, sono tutte uguali, il profilo è lo stesso, a distinguerle solo l’acconciatura e, naturalmente l’abito. Il concorso altro non è che il trionfo della Bellezza Unica per raggiungere la quale non si esita a forzare, addomesticare la Natura a colpi di bisturi. In Occidente, ma oggi ancora più a Oriente. La Corea del Sud ha il più alto tasso di chirurgia plastica per abitante al mondo, una donna su cinque si è sottoposta a qualche intervento. Il modello di riferimento sono quelle 20 miss, anzi quella miss che secondo il Korean Plastic Surgey Tumbir incarna il volto ideale, il migliore: occhi grandi (un po’ all’occidentale), mento appuntito e naso stretto. E allora tutti a inseguire quella faccia non da regina di bellezza, ma da bella perfetta, in linea con i dettami comuni e codificati. Una ragazza di Singapore ha scritto sul blog: «Non ho fatto l’intervento perché ero brutta, la gente non mi diceva che ero brutta. Ho fatto l’intervento solo per me, voglio avere un naso più bello. Alla maggior parte della gente può bastare il trucco. Ma io voglio essere semplicemente ancora più bella». Bella e uguale, ovunque. In Corea come in America dove la chirurgia plastica detta le sue scelte, ad esempio, attraverso le modelle d’intimo di Victoria Secret caratterizzate da occhi grandi, naso stretto, mento sottile, le medesime caratteristiche delle loro colleghe orientali. In Paesi dove sempre più etnie diverse cercano d’integrarsi e accettarsi, la chirurgia ha deciso i tratti ideali almeno per il bel mondo. È la via plastica all’essere felice e assimilati.

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Donna di Picche di Veronica Airoldi

Responsabile settore urbanistica Associazione Nazionale Costruttori Edili di Como

La sfida per ridisegnare le città Il Piano di Governo del Territorio è un atto complesso, che richiede analisi e valutazioni approfondite non solo degli aspetti urbanistici, ma anche delle dinamiche sociali, demografiche ed economiche di un territorio, del quale è indispensabile non solo conoscere le caratteristiche di evoluzione nel passato, ma prevedere gli sviluppi futuri, al fine di essere in grado di dare risposte in termini edilizi, infrastrutturali, sociali, economici e di servizi. Per questo motivo la legge istitutiva - la legge regionale lombarda n. 12/2005 - ha previsto che tutto l’iter di approvazione del Piano venga scandito da momenti di confronto con la cittadinanza e con le parti economiche, affinché l’apporto e le idee di quei soggetti che nei problemi concreti sono immerse ogni giorno, offrano spunti di riflessioni, soluzioni e proposte non “di forma”, ma da recepire e concretizzare nello strumento urbanistico. È evidente che in una congiuntura di grande crisi economica come quella attuale, sarà difficile che i PGT possano ipotizzare grandi progetti di intervento ma appare nell’interesse dell’intera comunità non deprimere ulteriormente il già depresso tessuto economico locale e quindi evitare scelte che alla fine possano rivelarsi controproducenti per il presente e penalizzanti il futuro. Questo significa che, nella condivisione e nel rispetto di principi fondamentali quali il contenimento del consumo di suolo, la salvaguardia dei valori paesaggistici, il rispetto dell’ambiente, la sostenibilità dello sviluppo territoriale devono però essere evitati approcci massimalisti, intransigenti o dettati dall’emotività. Quello che la legge regionale 12/2005 offre, infatti, è uno strumento in grado di consentire un ridisegno globale delle città, in grado di identificare e definire la vocazione di un territorio per potenziarlo e renderlo attrattivo all’esterno, per favorirne lo sviluppo economico, sociale e culturale. Per farlo bisogna però dimenticare l’approccio quantita22

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tivo e dirigistico che ha contraddistinto l’elaborazione dei vecchi PRG ed adottare una nuova mentalità, nella quale il dialogo tra pubblico e privato venga valorizzato e concepito non come un limite ma come un valore aggiunto, nel rispetto di quella sussidiarietà individuata tra i criteri ispiratori della legge. Gli strumenti urbanistici dovrebbero quindi essere valutati non conteggiando la riduzione degli abitanti teorici, degli indici edificatori o degli ambiti di trasformazione previsti, bensì valutando il grado di sviluppo che sono in grado di promuovere, in termini di risposte alle esigenze economiche, sociali, di servizi e di infrastrutture non solo dei cittadini che in quel territorio vivono ma anche di coloro che lo frequentano per motivi di lavoro o di studio o per altre necessità. La città chiusa su se stessa non ha futuro, così come non ne ha quel territorio incapace di guardare oltre il quinquennio di durata della vita di un’amministrazione comunale. L’esigenza di ridurre il consumo di suolo non deve diventare l’alibi attraverso il quale imporre la cristallizzazione della situazione in essere o, peggio ancora, la sua de-urbanizzazione. Contenere il consumo di suolo significa anche prevedere un incremento di indici ed altezze per consentire alla città di svilupparsi in altezza liberando ampie superfici da destinare a verde, servizi e attività di pubblica utilità, significa introdurre sistemi perequativi e compensativi che consentano ai proprietari di terreni privati delle esistenti capacità edificatorie di vedersi riconosciuti i propri diritti, significa introdurre una normativa che favorisca il recupero dell’esistente attraverso misure di incentivazione, agevolazione o semplificazione che li rendano percorribili, anche economicamente. La sfida è aperta, sta ai Comuni raccoglierla e trasformarla in opportunità di crescita.


La borsa o la vita di Moritz Mantero

Senza emozioni non c’è business La storia industriale del nostro territorio è fortemente legata al tessuto, di seta in particolare e, fondamentalmente, stampato. Dagli inizi del ‘900 questa attività ha visto nascere e crescere centinaia di piccole, medie e grandi aziende e con esse migliaia di micro imprese artigiane che partecipavano alla gioiosa filiera del tessile. Dopo un secolo, la situazione è fortemente cambiata: le aziende sono ridimensionate nel numero e nelle dimensioni. I motivi? Certamente l’adesione al WTO (World Trade Organisation) della Cina Popolare, un Paese produttore di seta, “dal bozzolo al capo confezionato” ha rappresentato una svolta decisiva e, forse, la più importante. In assenza di barriere anti-dumping, osteggiata fortemente dai Paesi Nord-Europei storicamente importatori per la Grande Distribuzione Organizzata, per anni, la diga più solida e resistente è stata sostenuta dalla creatività della filiera serica italiana che, a Como vede, a titolo di esempio, la più alta concentrazione di studi di disegni al mondo. I disegnatori hanno svolto il ruolo fondamentale di saper “vedere” in anteprima; hanno saputo interpretare le emozioni che i trasformatori tessili avrebbero provato nell’aprire le loro cartelle di disegni, spesso creati a mano, come solo gli artisti sanno fare. Quella stessa emozione che, dopo il passaggio tra le mani di un abile e capace incisore, scelte le basi di tessuto e gli accostamenti di colore, avrebbero provato, a loro volta, le aziende trasformatrici che ne avrebbero realizzato abiti, camicie, camicette e accessori da uomo e da donna. Poi è arrivato lo strumento digitale, per la disegnatura e, addirittura per la stampa, via, via sostituendo la tecnica della serigrafia, quella stessa utilizzata, nei secoli, dagli artisti, per la riproduzione numerata delle loro opere. Così come il vinile ha lasciato il posto ai CD e la pellicola fotografica alle foto in digitale, addirittura scattabili dal

telefono! E l’emozione dov’è rimasta? Ha lasciato il posto alla comodità che, con la scusa di dover fare in fretta, spesso, è sinonimo di pigrizia. Non voglio peccare di nostalgia, ma, guardando a ritroso (e io, ahimè, lo posso fare…) mi chiedo se quell’emozione di appoggiare la puntina del grammofono su un LP appena acquistato o quella che si provava andando a ritirare le foto sviluppate dal fotografo o, ancora, quella che si provava dopo il “vaporizzo” della tirelle stampate a mano con i colori dosati con esperienza, la proviamo ancora. Non credo, anzi, credo che lo sviluppo tecnologico, in certi casi, abbia portato appiattimento del gusto e delle sensibilità e, con esso, una perdita di emozioni e una perdita di competenze, nonché di posti di lavoro sul territorio.

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di Maria Giovanna Della Vecchia

COSÌ 52 AZIENDE COMASCHE SI SONO UNITE PER SUPERARE LA PICCOLA DIMENSIONE D’IMPRESA E OSARE SUI MERCATI ESTERI

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LA RETE CHE SCONFIGGE LA CRISI mag

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nomi sono fra i più fantasiosi: da “Blue Ocean Composites”, gruppo che unisce aziende della chimica, a “Retestero” per trovare nuovi mercati, a “Team Zero”, per citare una rete comasca fra le più innovative dell’edilizia, a “Cementoinnovazioni”. Nomi che appartengono ad alcuni dei 24 contratti di rete in cui sono coinvolte 52 imprese comasche del manifatturiero (60%), dei servizi (19%), delle costruzioni (19%) e per il resto di altri settori, secondo i dati di una ricerca dettagliata sullo stato delle reti d’impresa in Lombardia realizzata dal Intesa Sanpaolo e Mediocredito Italiano, la società del gruppo specializzata nel finanziamento alle Pmi. Percentuali che però si sciolgono in numero assoluto ancora molto ridotto anche se, ci dice il direttore per la Lombardia di Intesa Sanpaolo, Pier Aldo Bauchiero, «a Como qualcosa

inizia a cambiare nella volontà di fare rete. I numeri sono bassi ma la tendenza cresce». Una tendenza che interessa gli istituti di credito soprattutto se le reti si costituiscono per esplorare nuovi mercati esteri con azioni da finanziare e assistere sul posto. Cafil (la rete dei consorzi agrari della Lombardia Ovest), Team Zero che vede coinvolto anche il costruttore comasco Mauro Meraviglia, Re.Ser. (rete delle società di servizio provinciali di Confartigianato Lombardia), Creazioni Como, la rete comasca per l’internazionalizzazione del tessuto per arredo e dei complementi sono i principali contratti di rete affiancate da Intesa. La banca è inoltre impegnata in un accordo di partnership anche in Lake Como Net, rete fra gli hotel di charme comaschi per rilanciare il turismo congressuale che vede insieme Villa Erba Spa, Villa d’Este Spa e il

ECCELLENZE LOMBARDE APRIREMO INSIEME NEGOZI MULTIMARCA Le medie aziende hanno risorse per girare il mondo, fare investimenti, muoversi con forza propria. Ma si sono rese conto rapidamente che anche da posizioni di forza ci si può unire per migliorare i risultati. Come ha fatto Attilio Briccola, che con l’azienda di famiglia, Bric’s Spa, di cui è responsabile commerciale, guida uno dei marchi più noti dell’export comasco. Bric’s e un produttore monzese di calze di lusso in cachemire hanno trovato, in contratto di rete con una terza azienda del Mantovano di un settore ancor più distante com’è quello della refrigerazione, un canale comune per sviluppare diverse collaborazioni commerciali. Nel contratto sotto l’insegna di «Eccellenze lombarde in rete per lo sviluppo» la sinergia più intensa è, ci spiega Briccola, fra Bric’s e il Calzificio Italiano srl, ora parecchio impegnate nel migliorare la distribuzione in Spagna. «Insieme ci siamo accorti - dice l’imprenditore - che sul mercato spagnolo per molti clienti il buyer è lo stesso sia per la valigeria che per le calze. A quel punto ci siamo organizzati utilizzando sul posto una stessa persona che cura le vendite per entrambi seguendo direttamente il rapporto con la centrale d’acquisti del marchio di grande distribuzione El Corte Inglés». A muoversi, per due-tre volte l’anno, è dunque il grande buyer ma il resto dell’operazione non è né semplice né poco impegnativa perchè, nel mezzo, c’è tutto i lavoro di formazione dei rivenditori da organizzare, diretta sia ai commessi che vendono le valigie sia per il settore delle calze. Una fatica che sta dando risultati: «I grandi vantaggi - spiega Briccola stanno nelle economie di scala che evidentemente paghiamo insieme. Ma c’è anche, non ultimo, un vantaggio più psicologico dato dal buyer che in una sola volta può decidere di fare un ordine contemporaneo di calze e di valigie». La Spagna, ci spiega, è un’area test che in poco più di un anno ha dato buoni risultati, tanto che Briccola e il suo partner sono pronti a replicare in altre nazioni. Briccola, che è anche responsabile dell’internazionalizzazione in Camera di Commercio a Como, è pronto a fare anche ciò che per tanti imprenditori locali è impensabile, cioè mettersi in rete insieme alla concorrenza: «Stiamo discutendo - dice - con altri concorrenti non italiani per riuscire a mettere in piedi in diversi Paesi negozi multimarca insieme. Lo so - dice - può sembrare cosa stravolgente visto che in uno stesso settore magari ci si fa un po’ la guerra. Ma ci siamo incontrati e ci sentivamo un po’ come un ‘governissimo’, obbligati a trovare nuove strade contro la crisi. Ma concorrere significa correre insieme, non farsi le scarpe».

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“RETESTERO”, I BANDI REGIONALI E I CONTRIBUTI EUROPEI

consorzio “Como imprenditori Alberghieri srl”. Ci si unisce per fare massa critica, per superare la piccola dimensione d’impresa e osare sui mercati esteri, per presentarsi, ora che, dal 14 giugno scorso, il contratto di rete dà personalità giuridica a un gruppo d’imprese, davanti a potenziali clienti e banche in un modo ben definito per poter fatturare o chiedere finanziamenti. E anche per accedere ai >>

Si può essere piccoli ed essere comunque in grado di lavorare quasi solo per l’estero dove continuare a cercare nuovi mercati inserendosi in una rete, come “Retestero” sotto il coordinamento di Co.Export, di per sé un’immensa rete a sostegno dell’internazionalizzazione d’impresa che fa capo alla Compagnia delle Opere. A raccontarci la sua esperienza è Edmondo Matarazzo, alla guida di Texma srl di Fino Mornasco, 10 lavoratori compresi i soci e l’85% del fatturato realizzato all’estero. L’azienda è specializzata in realizzazione e vendita di macchinari per l’industria tessile ma ha aperto anche a macchine industriali per altri settori. «Siamo determinati - dice l’imprenditore - a incrementare la nostra rete di vendita sul mercato brasiliano dove vendiamo già da quattro anni e dove abbiamo costituito una nostra società che ci è utile sia come base commerciale sia per la costruzione di macchine per il mercato locale. Abbiamo ritenuto che entrare in Retestero fosse la strada giusta alla per abbattere dei costi, tramite i contributi regionali dei bandi Ergon, e creare nuove collaborazioni». La decisione di cambiare, con la società brasiliana, il tipo di produzione, è stata rapida: «negli ultimi due anni - dice - il tessile brasiliano ha rallentato a causa della concorrenza cinese. Ma su tutti i settori il Brasile è un grande mercato, perciò abbiamo deciso di servire l’automazione andando oltre il nostro settore tradizionale». Retestero, costituita da 12 aziende, 6 lecchesi e 6 comasche, è utile per aderire ai bandi regionali per ottenere contributi anche europei su progetti comuni e, spiega Matarazzo, «l’obiettivo è cercare una collaborazione fra i soggetti che partecipano alla rete, per studiare sinergie e vantaggi sia produttivi che commerciali, non ultimo quel settore che dà vantaggi a tutti quale è il marketing con la creazione di una rete di agenzie per entrare in un maggior numero di mercati».

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“LE OFFICINE” UNA RETE CHE UNISCE UNDICIMILA ISCRITTI IN 170 PAESI All’inizio era (ed è ancora) “Know net”, società comasca di consulenza d’impresa fondata e guidata da Pietro Bazzoni. Poi, qualche anno fa, con la diff usione dei tablet fra gli imprenditori, da “Know Net” nascono online le “Officine Italiane Innovazione”: era un esperimento inedito, un portale nato con l’obiettivo un po’ visionario, senza confi ni, di mettere in collegamento solo imprenditori per scambiarsi informazioni e opportunità di business da ogni parte d’Italia e del mondo. I contatti sono cresciuti e man mano l’architettura del social network per imprenditori si è fatta più articolata: nascono, sotto l’occhio vigile del team di gestione, blog tematici, forum, gruppi d’interesse specifico, una sezione frequentatissima di annunci cerco/off ro, gruppi per fare business in Paesi specifici e anche un area “Premium”. Una piazza virtuale frequentata a ogni ora da chi non ha tempo da perdere e cerca opportunità concrete per informarsi su prodotti, servizi, progetti e per concludere aff ari. Oggi “Le Officine” sono una rete che conta 11.000 iscritti in 170 Paesi e sicuramente fanno gola a qualcuno dei grandi marchi informatici di settore sempre a caccia di acquisizioni. Il portale è in continua espansione e ormai coinvolge Bazzoni e il suo team in un lavoro che di virtuale ha ben poco. Lo raggiungiamo al telefono, di ritorno dal Brasile, dov’è stato per mettere a punto accordi con associazioni industriali brasiliane che, vista la diff usione dell’utilizzo delle “Officine” fra gli imprenditori del posto, ora vogliono entrare in rete coi loro portali. E non è tutto: l’imprenditore ci spiega che a settembre sarà la volta della Cina in un piano di internazionalizzazione che porterà dentro, entro fi ne anno, i collegamenti con associazioni d’impresa anche di Polonia e India. Bazzoni ha iniziato col fare incontrare su un portale imprenditori di tutto il mondo e ora fa il globe trotter per internazionalizzare la sua creatura. “Gli accordi in Brasile sono a buon punto – dice – e il disegno è quello di portare sul livello internazionale l’esperimento fatto in Italia. A settembre faremo una missione in Cina per chiudere i contatti con alcune associazioni industriali del luogo. E’ un lavoro impegnativo, si tratta di connettere centinaia di siti, le Offi cine sono diventate un classico oggetto da Silicon Valley, visto molto positivamente in giro”. Per il Brasile la parte infrastrutturale è già fi nita, ma anche per il resto la parte tecnologica avrà un progettazione totalmente made in Como. Non ultimo, Know Net è entrata in due contratti di rete: Pinter Pmi, una rete internazionale di supporto con altre aziende dei servizi per fornire servizi integrati alle aziende che si vogliono internazionalizzare, e “Innovative Reti Territoriali per l’eccellenza” più legata al servizio alle imprese comasche.

bandi regionali ed europei, come Ergon, studiati apposta per finanziare i progetti fatti in contratto di rete. Complice la crisi, le aziende comasche muovono i primi passi cercando di superare il freno di sempre, quello dell’individualismo e di una collaborazione che obbliga a cedere qualcosa di sé mettendo in circolo idee e informazioni per perseguire vantaggi comuni. Ma proprio a Como incontriamo storie di coraggio e collaborazione spinta che abbattono sia le inibizioni legate alla piccola dimensione sia i timori di collaborazione fra “concorrenti”.

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di Annalisa Testa LA MARZOTTO GROUP, SETERIE RATTI, ALL’APPUNTAMENTO DI PITTI UOMO LANCIA UN PROGETTO CHE COINVOLGE GIOVANI TALENTI DEL FASHION DESIGN

SUL FILO DI LINO Una trama antica. Un tessuto prodotto ancora per l’85 per cento in Europa. Una texture eco-chic che in occasione dell’84° edizione di Pitti Uomo, la fiera internazionale della moda maschile a Firenze, è stata protagonista di un progetto creativo che coinvolge giovani talenti del fashion design. Si tratta del lino. Il progetto presentato nello Spazio Belfiore, all’interno delle mura della Fortezza da Basso, si chiama Linen Yarn, che significa appunto Filo di Lino, ed è stato promosso da Marzotto Group con il contributo di Linificio e Canapificio Nazionale. Tre grandi scuole internazionali, la Central Saint Martins di Londra, l’Università Iuav di Ve-

nezia e la Polimoda di Firenze hanno fatto sfilare le proprie interpretazioni del lino nel menswear. Silhouette destrutturate ispirate al British heritage, versioni eleganti ispirati ai codici dell’eveningwear maschile, nuove tecniche di stampa, nuovi volumi e decorazioni ispirate alle diverse etnie europee. La Linen Yarn Greenhouse è un vero e proprio luogo di incubazione per giovani talenti che per la prima volta salgono sul palcoscenico della moda, un trampolino di lancio per nuove idee creative sponsorizzato dal Gruppo Marzotto, che comprende le Seterie Ratti. Le nuove idee si sono raccolte in tre grosse capsule collection, ogni scuola ha presentato >>

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dieci outifit selezionati per sfilare in una special exhibition realizzata in collaborazione con Bonaveri. Enorme l’interesse da parte dei fondatori del progetto nelle ricerca di nuovi talenti: gà nel 2011 il Gruppo Marzotto ha dimostrato la sua partecipazione promuovendo Weave the Future punto di contatto tra tradizione sartoriale, cultura manifatturiera e nuove generazioni che propongono innovative tecniche di sartoria. Ma il lino non è stato protagonista solo di sfilate e progetti di moda. In contemporanea a Linen Yarn si è svolto un percorso espositivo che ha coinvolto il pubblico, non solo quello modaiolo della Fortezza da basso, nella storia e nella produzione del lino. LINcredibile Raccolto, questo il nome dell’esposizione, ha vestito di lino l’intera Piazza Santa Maria Novella trasformata in un’enorme filiera che invitava a toccare, soppesare e confrontare più di trecento diversi filati, dal voile al batista ultraleggera ai tessuti d’arredamento che possono pesare anche un chilo e mezzo al metro quadro. Ad accompagnare il tutto un’esposizione di foto di più di 40 inediti di Sébastien Randé che Grande interesse da parte mostrano l’umanità di tutta la dei fondatori del progetto filiera che ricorda la nostra vicinanza a questa coltivazione, nella ricerca di giovani talenti, dalla sua localizzazione e alla le nuove generazioni propongono sua identità europea. Inutile specificare che il lino sarà un innovative tecniche di sartoria must have nel guardaroba maschile della prossima primavera-estate 2014.



di Sergio Bacillieri L’ESEMPIO DI CHI HA AVUTO SUCCESSO ARRIVANDO DA SCUOLE PROFESSIONALI: MAURO CLERICI, ANIMA DI “NERO SU NERO” ORAZIO SPEZZANI, SEGRETARIO DEL COLLEGIO DEI PERITI EDMONDO CASPANI, RESPONSABILE LOGISTICA DELLA PORRO MARUSCA NAVA, TITOLARE DELLA SCUOLA ESTETISTI CIAS

Scegliere quale scuola frequentare significa scegliere la strada da percorrere nella propria vita. È una scelta difficile, una scelta che gli alunni di oggi devono prendere con il calcolo della crisi economica, senza per questo farsi prendere dal panico. Non tutti siamo destinati a diventare chirurghi, rettori, magistrati. Città come Como e Cantù hanno fatto la loro fortuna con artigiani, grandi geni del legno e della tessitura. Le scuole professionali vengono troppo spesso bistrattate, ma possono essere la soluzione per realizzare i propri sogni e al contempo riuscire ad inserirsi nel mondo del lavoro in un periodo storico che rischia di emarginare i giovani. Orazio Spezzani è il segretario del collegio dei periti per il settore edile, la sua posizione è una grande conquista, ha una grande responsabilità. Ma non ha studiato a Yale o a all’università di Harvard. La strada che ha intrapreso Spezzani è tutta comasca: «Mi sono diplomato nel 1981 alla Magistri Cumacini, come perito edile e ho iniziato subito a lavorare. Anzi, mentre ancora stavo seduto sui banchi di scuola, durante gli ultimi due anni, già passavo con i miei compagni i pomeriggi da professionisti e studi privati per fare pratica». Oggi si chiamano stage, ai tempi erano lavoretti fai da te, racconta ancora il perito: «Una spinta in più che ha la scuola di oggi sono gli stage, la possibilità di visitare le aziende, di fare pratica. In questo chi esce dalla Magistri ha qualche punto più degli altri. Noi stessi, come collegio dei periti, ospitiamo studenti dell’istituto». Studenti nelle aziende e professionisti nelle scuole, spiega Spezzani: «Una grande fortuna che ho avuto a scuola è avere la possibilità di ascoltare dei professionisti. Salivano in cattedra al posto dei professori e hanno saputo trasmetterci la passione per il loro lavoro, ci hanno fatto capire cosa sarebbe successo dopo la fine della scuola». Edili, informatici, elettrotecnici avvisati, le specializzazioni a seconda delle necessità del territorio sono ventisei per i periti, c’è ampia scelta. Oltre alla varietà delle esperienze possibili nei percorsi sco-

Scegliere la scuola significa scegliere la strada da percorrere nella vita e disegnare il proprio futuro nella professione lastici professionali c’è anche la possibilità di non negarsi avventure oltre confine, posti di lavoro con buone prospettive. Scegliere uno di questi indirizzi di studio negli anni del boom è stato erroneamente confuso come rinchiudersi in una bottega vita natural durante. Le possibilità di carriera ci sono, Mauro Clerici è una testimonianza come lui stesso racconta: «Ho iniziato a lavorare il giorno dopo aver finito il Setificio Carcano. Ho trascorso tre anni in azienda come venditore, sempre nel settore tessile


SCUOLA LA SCELTA VINCENTE sono diventato dirigente commerciale. La svolta è arrivata nel 1988 quando una ditta di tessuti, la Molteni, mi ha chiesto di aprire una sezione abbigliamento». Nasce così un anno dopo Nero su nero, innovativa azienda di cui Clerici è la vera anima: «Negli anni d’oro abbiamo provato a fatturare 38 milioni all’anno, abbiamo avuto 120 dipendenti. Ora con la crisi ci siamo ricollocati, ma con il gruppo Limonta i dipendenti sono più di mille». Non solo chi ha frequentato illustri atenei può gestire un simile carico di responsabilità. Ora Clerici passa il suo tempo tra Como, Pechino, cura i rapporti con le filiali in Cina, capita di passaggio in America, il suo mezzo di trasporto più usato è l’aereo. Così ragiona il manager: «Io credo che una scuola come il Setificio dia

un’ottima formazione generale. In più per un settore come il tessile, dove serve sapere cos’è una trama e cosa un ordito, è il meglio. Un tempo sfornando duecento diplomati all’anno tutti trovavano subito lavoro. Certo oggi i conti sono diversi, ma chi esce dal Setificio ha la possibilità di spendersi subito e bene». Come padre fa un paragone con sua figlia: «Io vedo mia figlia che oggi lavora con noi, lei ha fatto un liceo e credo abbia perso del tempo. È stata formata ottimamente, ma per entrare nel mondo del lavoro le mancava ancora qualche passo». Questo non significa che, usciti da una scuola performante come il Setificio, si debba correre al lavoro e non allargare i propri orizzonti, dice ancora Clerici: «È bene >>



VINCENTI

Dall’alto in senso orario: Edmondo Caspani Responsabile Porro Montesolaro; Mauro Clerici, fondatore di “Nero su nero”; Maruska Nava Rappresentante estetiste Confartigianato; Orazio Spezzani, segretario del Collegio dei Periti.

fare esperienza, all’interno dell’azienda ci sono opportunità di viaggiare e farsi le ossa. Per esempio per rimediare alla carenza nelle lingue, l’inglese e il tedesco sono fondamentali, troppo spesso la preparazione scolastica non è sufficiente». Le nuove leve di Como non si sentano obbligate a diventare tutte masse operaie, con gli indirizzi professionali è possibile apprendere funzioni specifiche e fare carriera, promuovere all’interno delle aziende un ricambio generazionale che è ormai necessario per questioni di età ed energie anche a Como, usciti da queste scuole si può dare il proprio apporto di idee in qualità di nuova classe dirigente. Anche Cias e Cfp non sono istituti di serie b, lo dice Marusca Nava rappresentate di categoria per le estetiste di Confartigianato: «Mi arrabbio terribilmente quando i ragazzi vengono iscritti ai professionali perché non sanno cosa fare o perché temono di non riuscire a fare altro. Queste non sono scelte di ripiego, per fare questi mestieri ci vuole passione, motivazione». Nava dopo le medie ha scelto subito una scuola per estetisti, a Milano perché ancora a Como non c’erano indirizzi simili. Poi non ha aspettato che la fortuna cadesse dal cielo, così racconta: «Nel frattempo ho fatto quattro anni di esperienza come dipendente, a Erba, da amici ora colleghi. Ma a soli 19 anni mi sono buttata e mi sono messa in proprio». Ora il suo centro è uno dei più storici della provincia, festeggia proprio quest’anno i trent’anni di carriera. A Como c’è ancora spazio per novelle brillanti

estetiste, racconta Nava: «La crisi c’è e non ci ha lasciato indenni, le ripercussioni sono state forti anche nel nostro settore. Ma è ancora possibile emergere, riuscire, occorre però essere brillanti. Mi capita spesso di ricevere chiamate da centri che cercano giovani di talento da inserire, ma non è semplice trovare ragazzi motivati, che credono davvero nel lavoro che fanno». La scuola allora bisogna sceglierla non per paura, ma per convinzione, racconta ancora l’estetista: «Serve più orientamento dentro alle scuole e dentro alle aziende. Noi abbiamo ospitato tante ragazze, quest’anno con il progetto “Orientamento in movimento” un bus ha portato classi di alunni in visita nei posti di lavoro. Per il nostro settore stiamo cercando di potenziare questo indirizzo e di portare da quattro a cinque gli anni di frequentazione. Così costruiremo una scuola che prepara di più al lavoro, poi spetta al genio delle persone osare». Dopo il diploma serve avere già tutte le carte in regola per iniziare a lavorare con il piede giusto, senza imbarcarsi in lunghe e spesso inconcludenti carriere universitarie. Così ha fatto Edmondo Caspani all’Enaip: «Io nasco geometra, poi però mi sono iscritto all’università, ad architettura. Sarà per forza di volontà, sarà perché costa molto, ma mi >>


sono ritirato quasi subito. Non era la mia strada, così ho deciso di iscrivermi ad un corso professionale dell’Enaip. Questa scuola non offre solo normali diplomi, ma anche lezioni post diploma, io ho frequentato uno dei primi corsi supportati dai fondi europei. Il settore era mobili e legno». Oggi Caspani, 41 anni di Mariano Comense, è una colonna dell’azienda in cui lavora, la Porro di Montesolaro. Così racconta: «L’esperienza all’Enaip è stata una salvezza, mi hanno insegnato programmi informatici come Cad che una volta erano rivoluzionari per il settore. Ma lo è anche oggi: le imprese che ancora investono in macchinari e tecnologia hanno bisogno di tecnici informatici che le facciano funzionare». Urge imparare a diventare più che un dipendente, dice Caspani: «Oggi quello di cui le aziende hanno bisogno non è il semplice operaio, ma un tecnico specializzato. Questo serve alla modernità: chi ha competenze strutturare nell’informatica, nella tecnologia. Non si pensi che tutto sia ridotto a lavoro d’ufficio però, bisogna sporcarsi le mani, io per esempio trascorro tanto tempo in mezzo ai reparti». Pian piano Caspani è diventato il responsabile della logistica e di tutte le decisioni che gravitano attorno all’organizzazione dell’azienda. Oggi non è tempo di raccontare favole, il lavoro scarseggia, ma non bisogna arrendersi, anzi bisogna correre più in fretta, dice Caspani: «Certo che la crisi c’è, fino a ieri una azienda come la nostra e come molte altre poteva permettersi di incamerare e assumere giovani perché tanto prima o poi sarebbero cresciuti e sarebbero tornati utili. Oggi no, serve oculatezza e il personale è per numeri sufficiente. Ma tramite gli stage per esempio possiamo accorgerci di giovani molto brillanti, le aziende gareggiano per acciuffare i più talentuosi». Frequentare una scuola oppure un’altra è come decidere dove spendere il proprio talento, serve realismo e consapevolezza di se stessi. Nicolò Roberto, 47 anni, è il titolare di una ditta artigiana di impianti elettrici, civili, industriali, impianti di condizionamento compresi. Roberto racconta di avere sempre avuto una certezza, ovvero investire il suo talento all’Enfapi: «Andavo a scuola a tempo pieno, con entusiasmo. E pensare che da anticipatario mi hanno bocciato alle elementari. Dopo l’Enfapi ho fatto esperienza, ho lavorato nel 36

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comasco un anno e poi quattro da dipendente in Svizzera. Io ho sempre saputo che avrei voluto fare l’elettricista». Certo non tutti hanno la fortuna di sapere quale mestiere fare da grandi, un consiglio però ai novelli studenti si può dare, dice Roberto: «Serve passione, senza non si impara niente. Sarà retorica, ma non bisogna aspettare la pappa pronta, vivere nella bambagia, serve la voglia di lottare, specie in anni di crisi come questi. Sono errori di cui un ragazzo può non accorgersi, ma di cui ci si pente amaramente dopo i venti. La differenza si vede, su tantissimi studenti ospitati negli stage quelli bravi si riconoscono: hanno voglia di fare». Talento, passione, voglia di emergere e lavorare. Anche scegliere la scuola giusta è fondamentale nella ricetta per trovare la propria strada, in barba alla crisi. La stagnazione nel bel paese ha fatto registrare tra gli under 25 un tasso di disoccupazione che sfiora il 39%. Per non dover fuggire, emigrare come fanno sempre più comaschi, per non restare con le mani in mano, senza però rinunciare a realizzare se stessi, anche gli indirizzi professionali possono essere una scelta giusta per la nostra gioventù.


QUARANT’ANNI CREDENDOCI Nel lontano 1972 nasceva a Como il Centro di formazione professionale, quarant’anni dopo la scuola festeggia. All’inizio il Cfp si trovava in via Rosselli, solo nel 1986 Regione Lombardia acquistò l’attuale struttura in via Bellinzona, dedicata prima ad attività assistenziali per i sordomuti. Il centro di formazione professionale per cuochi ed estetiste nasce come costola dell’Enalc, ente che organizzava corsi per apprendisti, i garzoni di un tempo. Ma lo stesso ente contemporaneamente gestiva una scuola alberghiera nell’hotel Grande Bretagne di Bellagio. Questa connessione, scuola e cucina, unita all’impegno del primo direttore, Luigi Grisoni, ha fatto crescere il Cfp. Il direttore oggi è Sergio Zauli che racconta: «Ora entrambi i nostri indirizzi, benessere e ristorazione, hanno un eccesso di richiesta. Negli ultimi anni c’è stato un boom di iscrizioni, trainato anche dal binomio chef e mass media. Ma quello che conta per noi è che i nostri studenti finita la scuola vengono assorbiti al 90% nel mondo del lavoro». Per diventare cuochi c’è la coda al Cfp, la struttura non può accogliere così tanti alunni, tanto che si fa selezione sulle iscrizioni in base alle capacità e alla motivazione tramite dei test attitudinali. La svolta al centro è avvenuta poco più di un lustro fa, prima il centro non era affatto affollato, anzi era antiquato. Sei anni fa la provincia ha deciso di fondare una agenzia che si occupa di gestire la scuola, come racconta Zauli: «Abbiamo cercato di voltare faccia, recuperando tutta l’esperienza professionale di questo istituto, ma guardando al futuro». Lo smalto del Cfp è cambiato, ora ci sono laboratori nuovi, tecnologie sofisticate, cucine attrezzate, con bilanci sempre in attivo. Questa non è più una scuola di seconda classe, spiega il direttore: «Non mi spaventa un simile luogo comune, da sempre tante famiglie pensano alle scuole professionali come istituti di serie b. Ma questa oggi è una scuola con attrezzature che altre realtà si sognano, con personale qualificato, con ottime prospettive in uscita. Adesso è tutto il contrario: solo chi è davvero motivato può fare il Cfp». Con gli esuberi delle domande si

STORIA E PROGETTI DEL CENTRO DI FORMAZIONE PROFESSIONALE CFP. SERGIO ZAULI: «ABBIAMO CERCATO DI VOLTARE PAGINA, RECUPERANDO L’ESPERIENZA PASSATA, MA GUARDANDO AL FUTURO».

fa selezione, entra chi è portato e chi ha voglia, non è una scuola di ripiego per vivacchiare e guadagnare un diploma. Anche perché, senza sognare i reality sugli chef o i sorrisi di Antonella Clerici nella sua trasmissione, il cuoco come l’estetista è un lavoro duro. Dice Zauli: «Si lavora a Natale, quando gli amici sono in ferie, si spadella fino a mezzanotte e ogni domenica si insegue una sposa nuova. È dura, bisogna crederci». S.Bac.

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SCOMMETTERE SULL’ARTE

L’ESPERIENZA DEGLI STUDENTI DELL’ACCADEMIA GALLI, CON IL SOGNO DI DIVENTARE ARTISTI. SALVATORE AMURA: «LA CULTURA È BELLEZZA. BISOGNA AVERE IL CORAGGIO DI INVESTIRE SULL’ARTE»

di Sara Della Torre, foto Carlo Pozzoni mag

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’è chi vorrebbe diventare scultore, chi disegnatore un giovane artista le posizioni sono contrastanti. Si dividodi fumetti, chi fotografo. Scommettono sull’arte, no tra chi mette in guardia dalle difficoltà e chi ritiene di consapevoli che non sarà facile guadagnarsi da viintuire grandi trasformazioni e nuove occasioni di occupavere, ma certi di volerci, almeno, provare. All’Aczione. Le parole dell’assessore alla cultura del Comune di cademia Aldo Galli di Via Petrarca a Como, 170 studenti tra Como, Luigi Cavadini, smontano l’entusiasmo giovanile. i 19 e i 22 anni, hanno sogni che si toccano e un futuro che «Vivere d’arte, oggi, significa rischiare grosso. Le risorse parla di quadri, statue, sculture, sulla cultura sono ancora meno fotografie, tele. Vivere d’arte o di quanto dall’esterno del palazdiventare un’artista famoso è un zo si possa immaginare». Chi, al Luca ha coltivato la passione progetto che piace, per quella contrario, investe la propria eneridea di libertà che, da dentro, si gia sullo sviluppo della scuola, è per l’arte nel garage di casa, può respirare. Sono tanti i gioconvinto che si possa intervenire Giulia vuole fare la fotografa, vani aspiranti artisti. Pensano a sulla realtà con un’ottica nuova una sede di lavoro in continuo e creare ricchezza. «La cultura è Anna sogna i fumetti e la grafica cambiamento: da una mostra bellezza. Bisogna investire sull’are Giulio è pronto per l’estero. ad un museo, da una chiesa ad te preparando figure adeguate agli un giardino. Vivono il desiderio scenari futuri, sviluppando settori di affermare, attraverso un’idea che l’innovazione tecnologica può concreta, la propria visione della realtà e di se stessi, se, come aprire per permettere a tutti di avvicinarsi ad un museo, una scrisse il poeta Umberto Saba, “l’opera d’arte è sempre una mostra, una chiesa con maggiore facilità e competenza». confessione”. Il più delle volte, poi, “uno su mille ce la fa”. È l’opinione di Salvatore Amura, Presidente dell’AccadeUn successo si contrappone a numerosi sogni infranti conmia Galli, entrata dal 2010 nella sfera dello Ied l’Istituto tro gli scogli dei numeri: risicati posti di lavoro, mancati Europeo di Design, scuola internazionale con diverse sedi finanziamenti, risorse ridotte all’osso, famiglie incapaci di in Italia e all’estero. In questi anni Amura ha tessuto le fila sostenere le ambizioni dei figli. Sulla riuscita del futuro di per offrire ai giovani talenti della sua Accademia la possibi40

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VOGLIA D’ARTE

Studenti dell’Accaemia Galli durante una esposizione dei propri lavori.

lità di collaborare con le istituzioni, il mondo industriale e artigiano locali. I ragazzi possono orientarsi su tre strade: arti visive, restauro, fashion. «Sono indirizzi riconosciuti come corsi di laurea - spiega il prof. Silvio Curti di restauro -, che offrono diversi spazi di movimento. Il restauratore cercherà un contatto con gli enti preposti alla salvaguardia dei beni culturali, come la Soprintendenza. Scegliere arti visive, pittura, incisione, scultura, multimediale e design, video installazioni e computer art, significa avere contatti con enti pubblici come gli assessorati alla cultura. Studiare fashion vuol dire relazionarsi con le aziende tessili del territorio. Cerchiamo di proporre stage per inserirsi nel mondo del lavoro». Gli studenti arrivano in Accademia dalle provincia lariana e dalle zone limitrofe, Milano, Svizzera, Varese. Luca Raimondi, per esempio, ha 22 anni e proviene dal Liceo Artistico di Varese. Ha coltivato la sua passione per l’arte nel garage di casa. All’Accademia sta sperimentando la scultura attraverso l’uso di materiali innovativi come le resine, il silicone, le vetro resine. «Il mio obiettivo è allestire mostre - spiega Luca -. Il mondo del lavoro, però, non mi è sconosciuto perché ho già lavorato su commissione di architetti per decorare con le mie sculture giardini e le hall di hotel. >>

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Con le resine creo oggetti che si evolvono e cambiano. Grazie al lavoro in Accademia ho potuto fare alcune istallazioni per il Salone del Mobile di Milano». Luca Raimondi ha l’arte nel sangue: la mamma e il papà sono musicisti. Ma c’è anche chi non è figlio di artisti e spera di sfondare nel settore. Come Giulia Marzullo, 21 anni, di Saronno, che ama la storia dell’arte e vorrebbe fare la fotografa e Anna Meritoni, 19 anni di Eupilio che nel cassetto ha un sogno: fare la fumettista e la grafica. Dario Luzzani, di Pognana Lario, invece, è già musicista e vorrebbe diventare insegnante di storia dell’arte. Sono convinti che avranno più possibilità all’estero e si immaginano in America, in Francia e in Germania. «Il fumetto italiano non ha storia - racconta Giulio Bonadeo, 21 anni -. Per fare questo lavoro, sarà necessario andare oltre confine». Alessio Bonifacio, di Varese, Liceo Artistico, si sta dedican-

do alle installazioni contemporanee. «Voglio acquisire tante esperienze - racconta -. Penso che dovrò andare all’estero, ma già faccio piccoli lavori di decorazioni e di tele che mi vengono commissionate». Olga Arrigoni Neri, 21 anni, diplomata al liceo psicopedagogico di Lecco vorrebbe vivere di grafica. «Mi piace l’arte perché permette il confronto con gli altri. Sarà perché mio padre fa l’imbianchino. Ho sempre avuto passione per i colori». Non di tinte accese è il quadro tracciato da Cavadini sul futuro dei giovani artisti, ma a chi ha davvero passione, qualche consiglio lo dispensa. “Non c’è un settore che funziona più di un altro - avverte Cavadini - . Sembrava che i video, i famosi “corto”, fossero un successo, ma è già tramontato. Per provare a vivere d’arte, si può cercare di coltivare l’interesse nei ritagli di tempo e verificare se, in seguito, è possibile fare il contrario. L’estero è un sogno per molti,


ma non è detto che sia la strada migliore, perché il confronto è più ampio, la selezione maggiore. Como sta cercando di entrare in un circuito professionale internazionale. Un giovane deve sperare di farsi notare, magari attraverso concorsi pubblici. Vedo le donne molto più determinate e capaci di farsi strada”. Più aggressivo Salvatore Amura, che lancia progetti. «Musei interattivi, laboratori, video. Vogliamo creare a Como un polo d’attrattiva, un modello di business in grado di formare persone capaci di valorizzare il nostro know how - afferma il Presidente della Galli -. Vogliamo imparare a valorizzare il patrimonio che abbiamo, sfruttando le nuove potenzialità della tecnologia? Nonostante i soliti luoghi comuni, ho trovato a Como una grande collaborazione con le industrie e con le istituzioni. C’è una grande voglia di fare». E i giovani artisti puntano su chi li incoraggia. Perché, per loro, il lavoro, è, prima di tutto, passione.

Olga vuole fare la grafica. «Mio padre fa l’imbianchino e mi ha trasmesso la passione per i colori, mi piace l’arte come strumento di confronto» con gli altri SOGNO D’ARTISTI

All’Accademia Aldo Galli di Via Petrarca a Como, 170 studenti tra i 19 e i 22 anni, hanno sogni che si toccano e un futuro che parla di quadri, statue, sculture, fotografie, tele.

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MISTER MITCHUMM E LE SUE

PASSIONI di Ricki Monti LA STORIA DI ALEX TINO, CHE HA EREDITATO IL PRESTIGIOSO MARCHIO MITCHUMM UNA VECCHIA SUZUKI COMPRATA SU EBAY E IL RADUNO COMASCO DELLE HARLEY

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ulle rive del lago di Como incontriamo Alex Tino, ragazzo molto creativo che insieme al padre Daniele ha riscoperto il marchio Mitchumm. Alex oltre alla passione per la moda ha ereditato quella per le moto con la quale (la sua Suzuki GS750 del 1981 comprata su Ebay) gira tra le Alpi svizzere e il centro storico di Como. Alex la tua è una vita di grandi passioni... Sono della classe 1983, e una grande passione è la mia moto che è due anni più vecchia di me! Sono un instancabile curioso, mi piace tutto ciò che può creare stimoli nuovi, soprattutto nel mio lavoro. Adoro la tecnologia e sono appassionato del mondo vintage in genere… vinili, giradischi, mobili e auto americane d’epoca. Adoro le novità soprattutto quelle tecnologiche, mi affascina vedere come in meno di 30 anni, anzi 18 da quando giovavo con il Sega Master >>

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ALEX TINO

Il titolare del marchio Mitchumm in sella alla sua moto costruita pezzo per pezzo.

System, la tecnologia e il mondo siano cambiati, sempre in evoluzione. Sono un fan sfegatato delle cose inutili, soprattutto quei gadgets del mondo Apple. Adoro il rito del sigaro, Cubano ovviamente. Il brand Mitchumm ha una grande storia ma chi è l’uomo Mitchumm per te? Mitchumm nasce nel 1976 grazie a tre amici che amano la vita, i colori e la libertà. Mio padre porta avanti il marchio nei meravigliosi anni 80 e 90 e poi io ne ho eredita46

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to l’estro e la passione. Oggi Mitchumm Industries è presente in molti tra i più selezionati negozi multimarca in Italia, Europa, Usa e Oriente. L’uomo Mitchumm è italiano nello spirito, talvolta irriverente nei colori, e trova ispirazione nel gusto del gentleman inglese. Lascia parlare il suo stile attraverso la disinvoltura di un bow tie in lana pregiata annodato con cura, nelle tonalità vivaci di una cravatta, nella tradizione di pregiati cotoni italiani per le iconiche camicie, nel gioco di tessuti in denim stampati e nei particolari bottoni rigorosamente in legno. Qual è la filosofia del marchio? Chi veste Mitchumm deve sapere che sceglie un capo che ha una storia, una storia che unisce stile e funzionalità. Ci piace pensare che chi indossa il nostro stile si possa sentire impeccabile e a proprio agio dalle otto di mattina alle nove di sera, in qualunque contesto. La vestibilità dei nostri capi, il tono dei nostri accessori, alcuni dettagli come


una camicia dai colori “irriverenti”, una cravatta in maglia Ovviamente non è una moto da velocità ma ha una potenza stretta e stampata, tutto ciò che fa pensare che chi indossa notevole. Particolare il faro posteriore con la scritta FUCK Mitchumm fa una scelta di stile ma anche di personalità YOU o lo sportellino creato dietro il porta numero 76 con nella maggior parte dei casi tutt’altro che convenzionale. le misure per contenere una cravatte in perfetto stile james E allora camicie uniche, stampe, bowties, cravatte, gemelli, bond. Il rumore? Peccato non possiate sentirlo… dà tanta bottoni in legno, cotoni morbidi, lane pregiate, porta i soddisfazione. Pad, bretelle… una forza esplosiva di tessuti unici e irriQuale è il tuo sogno su due ruote? petibili. Probabilmente fare un viaggio lungo, verso il nord EuroCome ti sei avvicinato al mondo delle moto? pa e riscoprire territori che con altri mezzi non riuscirei a È nato tutto da papà Daniele, Harleysta doc, possessore di godermi. Ovviamente non escludo un viaggio negli States Harley Davidson dal 1984 una sportster 883 viola imporsulla famosa Route 66 da West a East... tata direttamente da Los AngeQuanto tempo passi sulla moto les dove avevamo l’ Headquarter durante l’anno? di Mitchumm. «Girerò in moto il Nord Europa La moto è appena stata “varata”, Ma la “tua” moto, così strana, la utilizzo da solo un mese. Preche moto è? per scoprire territori impossibili vedo di fare almeno 10.000 chiChe dire, a me piace un botto! da vedere con altri mezzi lometri nel 2014, tutti di puro Nasce da una vecchia Suzuki touring domenicale soprattutto GS750 del 1981, comprata su e poi non escludo la Route 66» sulle vicine Alpi Svizzere. Ebay e poi rifatta poco alla volta E la passione per le moto ti ha con pezzi presi un po’ dapperportato a organizzare il raduno tutto e homemade. Ci sono un delle Harley. sacco di piccoli dettagli come il doppio faro verticale e le Questa è un evento che organizza papà e ovviamente grafiche in stile vintage fatte fare da Cisko , noto pinstriper Mitchumm, si chiama Pit Stop the way to H.O.G. In praItaliano. Il motore gira molto bene ma la moto è davvero tica è un breve stop, un ritrovo di un paio d’ore nella ma- >> pesante con tutto quel ferro.

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gnifica Piazza Cavour, con una scenografia splendida con il nostro lago proprio davanti. Poi, tutti riuniti, giro di rito della città e poi tutta la carovana si sposta a Lugano, dove si terranno gli H.O.G Harley Days. Nel 2012 purtroppo abbiamo saltato ma fin dalla prima edizione abbiamo avuto un gran successo, ben 430 Harley nel 2010 e 600 circa nel 2011provenienti da tutti Italia e anche qualche vicino Croato e Sloveno. Non solo motori: hai anche la passione per la bicicletta? Sono ormai 14 anni che pratico questo sport a livello agonistico e naturalmente, per i followers che ci stanno leggendo, abbiamo creato nel 2007 il Mitchumm Cycling Team.

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Che musica ascolti? Di tutto, adoro il jazz, quello con sassofono e pianoforte è il mio preferito. Ma alla fine ascolto di tutto, basta che sia orecchiabile e che abbia un buon sound, detesto. Hai dei tattoo? Significato? Ne ho 5 tutti di media dimensione fatti fare qua e la in giro per il mondo. Il primo l’ho fatto nel 2008 a Como e sono le palme del logo Mitchumm fatte fare in stile vintage sul polpaccio destro, poi nel 2011 sono arrivati gli altri 4, una pin up mora indimenticabile fatta fare a Berlino (white Trash Fast food) insieme a mio fratello Tommy (altro rider ex pilota, ci ha provato, di supermotard), un mexican skull che rappresenta la Statua della Libertà, ricordo di un viaggio di lavoro con un amico a Luglio dell’anno scorso. Un cavallo con alloro, bombetta e papillon che rappresenta la mia prima presenza alla settimana della moda Parigina nel 2011 fatto fare ovviamente a Parigi. Infine una scritta sull’avambraccio destro… I have a dream… ma quello resta un segreto. Qualio sono i prossimi obiettivi per il futuro del brand Mitchumm? Provare ad espandersi soprattutto all’estero, proseguire con gli States e l’Asia mantenendo sempre un alto target di rivenditori con tanto gusto per le cose belle e fatte bene. L’Italia ha già dei fantastici negozi che rivendono Mitchumm con tanto stile!


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QUEL GIOVANILE

SUONO ANTICO di Mario Chiodetti, foto Carlo Pozzoni LA STORIA DEL GIOVANE ORGANISTA PIETRO GUBERTI, CONOSCITORE DI TUTTI GLI ORGANI STORICI DELLA DIOCESI DI COMO, DAL DUOMO, A SAN FEDEL,E ALLA CHIESA DEL GESÙ. «CIÒ CHE PIÙ MI AFFASCINA IN QUESTO UNIVERSO DI SUONI, È LA STORIA DELLO STRUMENTO»


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ncontriamo Pietro Guberti nell’oasi felice del Conservatorio di Como, in cui la musica pare traspirare dai muri e dalle finestre, e mescola vocalizzi di tenore a sonate mozartiane per pianoforte, prove d’orchestra e accordature di violini. Pietro ha 23 anni appena compiuti, figura atletica e bel piglio, solo gli occhiali, dalle leggere lenti rettangolari, tradiscono l’intellettuale, lo studioso formidabile (per la sua età) di una materia particolare che è anche la sua ragione di vita, l’arte organaria. Il giovane Guberti, infatti, nato a Milano il 13 maggio del 1990, ma fin da bambino valtellinese di Cosio, provincia di Sondrio, per studiare organo ha abbandonato la sua prima passione, il clarinetto, appreso alle medie grazie a un insegnante più unico che raro, che portava perfino gli allievi ai concerti. «Devo a lui la mia iniziazione musicale, in terza media già suonavo nella banda del paese, la Filarmonica di santa Cecilia. Ma, in seconda liceo scientifico, la folgorazione per l’organo, con una curiosità soprattutto tecnica, legata al funzionamento di queste meravigliose macchine da suono. Galeotta fu poi la lettura di una biografia di Johann Sebastian Bach, “La scienza della musica”, in cui l’autore, Christoph Wolff, scrive approfonditamente sulle composizioni organistiche del gigante tedesco. Così mi precipitai dal parroco di Cosio e gli chiesi di 52

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farmi suonare l’organo della chiesa». Pietro incomincia da autodidatta, poi l’organista del suo paese lo introduce ai primi segreti dello strumento, conosce Giovanni Pradella, uno dei più importanti costruttori e restauratori d’organi italiani, con laboratorio a Caiolo in Valtellina, che gli consiglia letture e ascolti. Pietro parte per Milano alla ricerca di cd da collezione, li scopre alla leggendaria Bottega Discantica di via Nirone, e da allora il suo destino è segnato, sarà organista. «Seguivo i concerti, conobbi il maestro Maurizio Mancino che mi incoraggiò allo studio, così in quarta liceo dissi addio al clarinetto e andai a lezione d’organo da Dino Gaggia e, data la maturità, mi iscrissi a musicologia a Cremona e lo scorso febbraio mi sono laureato, con una tesi sull’organaria nella Germania del Nord». Non perde tempo il Pietro, intanto che studia a Cremona segue anche master all’estero, con Montserrat Torrent, Michael Radulescu, Gerhard Gnann e Brine Brindorf, nomi di spicco tra gli organisti di oggi, perfezionando l’amato repertorio barocco, e con il suo insegnante, il maestro Enrico Viccardi, tra i migliori concertisti italiani, si prepara a entrare in conservatorio a Como, dove è iscritto al primo anno del corso di studio quinquennale in organo, composizione e basso continuo. Per non farsi mancare nulla, Pietro Guberti è organista al


STORICO

L’organo del Duomo di Como Il fiammingo Willelm Hermans, agli inizi del ‘600 costruì organi a Genova, in Toscana e anche nel nostro Duomo, ma purtroppo lo strumento non esiste più. Nella pagina accanto: Pietro Guberti.

Santuario di Tirano, dove suona uno strumento di origine seicentesca, incominciato dall’organaro Valvassori e terminato, dopo vari passaggi, dal Parietti a fine ‘800, che lo ampliò con una seconda tastiera. «L’organo ha materiale fonico del ‘600 ed è stato restaurato da non molto proprio da Pradella. Qui suono il repertorio italiano ottocentesco, ma anche autori del Rinascimento e del Barocco italiano e della Germania meridionale, come Georg Muffat. Anche in conservatorio abbiamo uno strumento con i fiocchi, uno dei migliori d’Italia, costruito da Francesco Zanin e inaugurato nel 2010, con 33 registri, tre manuali e pedale, ma soprattutto trasmissione meccanica, che permette un maggiore controllo sul suono e sul tocco. Su questo strumento è possibile affrontare qualsiasi repertorio, dal ‘400 ai >>

LIBRO E CD  GLI ANTICHI ORGANI DELLA VALLE INTELVI Le chiese della Valle Intelvi sono state oggetto di molti studi di carattere storico e artistico, legati anche alle numerose maestranze locali che vi hanno prestato opera e che, partite dalla loro terra, si sono rese celebri in tutta Europa. È uscito, edito da Attilio Sampietro Editore, un libro che aff ronta un fi lone artistico che fi no ad oggi non era stato ancora preso in considerazione: quello legato agli organi delle chiese vallintelvesi. Titolo: ORGANI Arte e Musica nelle antiche chiese della Valle Intelvi. La ricerca è stata effettuata da una storica del territorio, Rita Pellegrini, e da uno studente del Conservatorio di Como, Ismaele Gatti. L’opera compendia la storia degli strumenti presenti nelle chiese, attraverso lo studio dei documenti d’archivio che ne testimoniano la costruzione e l’impianto, con l’approfondimento delle loro caratteristiche tecniche e foniche, evidenziate anche attraverso un ricco dossier fotografico, curato dall’editore. Un cd allegato al libro consente di documentare le sonorità, ma anche l’attuale stato di conservazione, dgli organi inventariati. Gli strumenti sono presentati nella loro collocazione architettonica, attraverso una sintetica descrizione storicoartistica della chiesa che li ospita, ricostruita su base documentaria e corredata da apparato iconografico. Si spazia da organi di grandi dimensioni, Castiglione, Campione d’Italia, a piccoli strumenti, Blessagno e Pellio Superiore.

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«In Germania Olanda e Svezia si investono molte risorse per restaurare gli organi antichi. Non altrettanto si fa in Italia» contemporanei», spiega Guberti. Pietro è una vera enciclopedia organistica vivente, a giorno di quasi tutti gli strumenti presenti della Diocesi di Como e non solo. Molti li ha suonati, altri solo studiati. «A Como passò il fiammingo Willelm Hermans, che agli inizi del ‘600 costruì organi a Genova e in Toscana e anche nel nostro Duomo, ma purtroppo lo strumento non l’abbiamo più. Lasciò diversi allievi, come Carlo Prati, che fece conoscere le ance agli italiani, fino ad allora patrimonio di francesi e spagnoli e cambiò la collocazione dei registri. Suo è l’organo di Brenzio, restaurato da poco da Colzani di Villa Guardia. Un altro strumento di qualità è quello nella chiesa dei santi Eusebio e Vittore a Peglio, del 1608 e attribuito agli Antegnati, celebre famiglia di organari bresciani. In Duomo abbiamo un Balbiani Vegezzi - Bessi, del 1932, restaurato dai Mascioni di Cuvio, l’organo più grande della città, seguito da quello in san Fedele, un Mascioni del 1941 a trasmissione elettrica. Significativo è anche quello della chiesa del Gesù, con materiale fonico in parte risalente a Hermans e ampliato nel ‘900. Per rimanere in zona, segnalo il Prati di Vercana e, un po’ più lontano, il magnifico organo quattrocentesco di Ponte in Valtellina, il più antico d’Italia dopo quello di Lorenzo di Giacomo da Prato custodito in san Petronio a Bologna». Nella tranquillità della biblioteca del conservatorio, dove vigila Luigi Monti (vedi Mag ….) tra i più grandi esperti italiani

di operetta e “papà” musicale dei giovani leoni come Pietro, l’arte organaria mondiale con i suoi portavoce passa a volo d’uccello grazie al racconto dettagliato del giovane musicista. «I miei autori preferiti sono il giovane Bach e Dietrich Buxtehude (Bach ventenne andò a piedi da Arnstadt a Lubecca per ascoltarlo suonare, ndr.), poi Nicolas Bruhns, Jan Pieterszoon Sweelinck, Georg Muffat, e tra gli italiani Girolamo Frescobaldi, Giovanni Gabrieli, Michelangelo Rossi e Bernardo Pasquini. Non amo molto gli spagnoli, anche se riconosco molto talento in Cabezon, Cabanilles e nel portoghese Correa de Arauxo», dice Pietro, che si è esibito di recente nel festival “Percorsi d’organo in provincia di Como” e organizza ogni estate a Tirano una serie di quattro concerti organistici aperti a due maestri e altrettante giovani promesse. Anche adesso, l’allievo del conservatorio ascolta parecchie incisioni, di celebri virtuosi, come il suo insegnante Viccardi, Brine Brindorf, Luigi Ferdinando Tagliavini, Gustav LeonALESSANDRO PICCHI

Organista del Duomo di Como


hardt, Harald Vogel e Alessio Corti, e ammira talenti in ascesa come Manuel Torradin. «Ciò che più mi affascina in questo universo di suoni, è la storia dell’organo, la sua evoluzione nei diversi Paesi. In Italia, per esempio, l’organaria rimane più o meno stabile dal 1400 al ‘700, su questi strumenti si possono eseguire opere di Gabrieli e Frescobaldi come il repertorio barocco completo. Non è così in Germania e Francia, dove l’arte organaria evolve continuamente e influenza i nostri costruttori a partire più o meno dal 1720, quando arriva da oltralpe il registro “cornetta”. I più recettivi tra gli organari italiani sono quelli della scuola veneta e i lombardi Serassi, che usano ance simili a quelle francesi. Nell’Ottocento, i nostri organi si trasformeranno ancora, per assecondare il gusto imperante per la lirica, con molte trascrizioni da opere, tra cui spiccano quelle di padre Davide da Bergamo, un frate organista che si stabilì a Piacenza, dove nella chiesa di santa Maria di Campagna c’è ancora il suo Serassi», spiega Guberti, che segnala tra gli organi meglio “ambientati” in assoluto quello di san Sisto a Piacenza, un Facchetti del ‘500, che suona in un contesto acusticamente formidabile.

Lo studioso Pietro Guberti: «Non capisco chi giudica noioso un brano di musica classica, il preferito è il giovane Bach» «Poi due strumenti milanesi, l’Ahrend in san Simpliciano, del 1991, 40 registri su tre manuali e pedale, perfetto per Bach e Buxtehude, e il Tamburini della chiesa protestante, ma come terzo metterei quello del nostro conservatorio. Purtroppo ci sono anche moltissimi organi scadenti, costruiti specialmente negli anni ’70, con somieri in compensato anziché in legno massello, ance con leghe metalliche di scarsa qualità. Oggi, molti nostri organari recuperano i metodi tradizionali di lavorazione e costruiscono perfette copie di strumenti antichi, con scrupolosa attenzione ai materiali. L’organo è qualcosa in perenne evoluzione e, date le sue dimensioni, le variazioni sono ogni volta importanti». Dietro tutta questa dottrina, Pietro per fortuna, non dimentica i suoi 23 anni: «Anch’io il fine settimana vado a divertirmi, ma non capisco i miei coetanei che giudicano noiosa la musica classica, perché prima di tutto non la conoscono, quindi danno giudizi a priori. Come si fa a definire noioso Vivaldi? Purtroppo in Italia la musica, come le altre arti, è negletta e spesso mal insegnata, la cultura, a differenza di altri Paesi, vista come uno svago e non qualcosa che procura lavoro e occupazione», afferma mentre siede al clavicembalo (il nostro lo suona a meraviglia) per qualche scatto fotografico. «La stessa cosa avviene per esempio con il restauro degli organi storici: in Germania, Olanda e Svezia si spendono milioni per riportare gli strumenti d’epoca allo splendore originario, mentre il nostro molto spesso è un Paese senza memoria. Per poter suonare uno strumento in Italia devo chiedere mille permessi, le chiese sono spesso chiuse o non si trova chi può aprire la cantoria. Quando mi recai in Olanda a studiare, il primo giorno l’insegnante mi mise in mano le chiavi della chiesa dicendomi: “vai e suona quando e quanto vuoi”. Qui sarebbe utopia».

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di Serena Brivio

TI PORTO SUL LAGO

I 120 ANNI DELLA FAMIGLIA GRAMMATICA E DEI SUOI MOTOSCAFI PER TURISTI E STAR. IL RACCONTO DEL GIANNI TASÈLL QUANDO IMBARCÒ IL GRANDE ALFRED HITCHCOCK. E POI VENNE CATHERINE ZETA JONES: «COSÌ BELLA DA TOGLIERE IL RESPIRO». POI SILVESTER STALLONE «NON MI SEMBRAVA VERO DI STAR VICINO A RAMBO. NON FACEVA ALTRO CHE RIPETERMI “ADORO IL PARMEGGIANO”». MA QUANDO ARRIVÒ SILVIO BERLUSCONI: «NON L’HO NEMMENO RICONOSCUTO». mag

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entinella del lago. Gianni Grammatica ne conosce ogni «Non parlavo che ero già al timone - racconta Gianni - La approdo, le coordinate geografiche e la meteorologia. passione per questo mestiere l’ho ereditata da mio padre e mio Meglio conosciuto come Tasèll, da oltre cinquant’anni zio. Quando studiavo ragioneria al Caio Plinio, non vedevo guarda i suoi scafi pieni di turisti che partono e arrival’ora che suonasse la campanella per correre ad aiutarli. Andano al pontile di piazza Cavour. Sette giorni su sette. D’estate re a lavorare con loro è stata una scelta naturale». e d’inverno. Il business cresce in parallelo con lo sviluppo turistico. Grazie Per tutto questo tempo ha fotografato quasi con passione alla qualità del servizio, i Tasèl diventano fornitori di Villa cronistica i personaggi e i cambiamenti della città. Le beld’Este, un pezzo di Eden per presidenti, uomini d’affari, stellezze e gli orrori. Soffre vedendo le del cinema. Gianni comincia a il degrado della riva: «Quando la conoscere personaggi famosi. Il guardo così come è oggi, con il primo servizio con una celebrità La lunga storia dei Tasèll muro della vergogna, mi viene da se lo ricorda ancora. abbe inizio nel lontano 1830 piangere». «Avevo 21 anni quando imbarLa considera una casa, anzi la casa cai il grande Alfred Hitchcock in quando il nonno falegname della sua famiglia. Dove è nata vacanza al Grand Hotel di Cerl’attività che ha appena compiuto nobbio. Mi chiese di mostrargli sbarcò a Como per amore il giro di boa del 120esimo comgli angoli più impervi e segreti. pleanno. Lo portai allora nei luoghi legati Tutto ebbe inizio nel 1830. Con il nonno, un falegname della alle leggende popolari, alla Villa Pliniana immersa in un siBrianza trasferitosi a Como per amore. Costretto a inventarsi lenzio rotto soltanto dal richiamo dei gabbiani. Gli raccontai un nuovo mestiere, comprò due barche a remi per far scoprire dell’Orrido di Bellano. Alla fine disse “Ma questo è il lago dei ai turisti il fascino del Lario. Era l’epoca delle ville abitate dalla misteri, il set perfetto per un thriller». nobiltà e dalla ricca borghesia industriale. Si potrebbe scrivere un libro con gli aneddoti che, per discreCome da un vecchio album fotografico, immagini in bianco zione, non vengono raccontati. Quello che rimane vivo, e e nero prorompono in un fiume di ricordi. Quelli di un bamtutto da scrivere, è il legame con Gianni Versace. bino cresciuto sull’acqua. «Non potrò mai dimenticare quel 31 dicembre dell ‘85, quan60

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FOTO DI FAMIGLIA

Armanda Romagnoli e Gianni Grammatica con i figli Edoardo e Silvio. Sotto: L’inaugurazione del primo idropulman negli anni ‘50.

do mi chiamò da Villa Fontanelle per uscire in motoscafo. Era una giornata piena di sole, senza vento. All’ora di pranzo, volle fermarsi da Paolino a Bellagio, uno dei suoi ristoranti preferiti. Pensavo di aspettarlo al molo, invece mi invitò a tavola con i suoi ospiti. Non solo. Mi aiutò ad ormeggiare per entrare insieme al ristorante». Questa immagine segna un punto di cesura rispetto al passato. Oggi Gianni vuol guardare al futuro, rappresentato dai figli Edoardo e Silvio. Non deve essere facile lavorare con un genitore ancora sul ponte di comando, attento a tutto. «È vero, papà è molto presente - commentano - ma qui c’è

rispetto e spirito di squadra». Anche con i collaboratori, i più anziani li hanno visti crescere. «Fin da piccolo se vedevo una barca facevo i capricci per salirci - spiega Edoardo- Finito il servizio militare in Marina, sono entrato subito in ditta». Anche lui obbedisce alla regola della privacy, eppure ne ha avvicinata di gente famosa. Chi lo ha emozionato di più? «Catherine Zeta Jones, così bella da togliere il respiro. Quando, salutandomi, mi ha baciato, pensavo di morire. Non mi sono lavato la faccia per una settimana». E tra i volti maschili? «Silvester Stallone. Non mi sembrava vero di star vicino a Rambo, un mito che aveva popolato i miei sogni. Invece, era >>

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I NONNI

Angelina Mazzei e Secondo Grammatica. Sotto: Silvio Grammatica con il pilota Ben Spies.

lì accanto a me, spensierato come un ragazzino in gita scolastica. Non faceva altro che ripetermi “Adoro il parmeggiano”». E quella volta con Berlusconi? «Non l’avevo nemmeno riconosciuto. Parlo di tanto tempo fa, quando non era ancora sceso in politica. Si è presentato in tuta come un villeggiante qualsiasi, chiedendo dei battelli della Navigazione. Vedendolo indeciso, gli abbiamo proposto un motoscafo. Sembrava convinto, ma poi ci ha ripensato e se ne è andato via». La seconda volta, l’incontro ha una valenza storica. «Era con il figlio e aspettava i risultati della prima campagna elettorale. Cercava di distrarsi, ma gli si leggeva in viso la tensione. Di fonte a Villa Pizzo gli arrivò la telefonata che aveva vinto. Mi abbracciò commosso esclamando “Oggi è un grande giorno». Travolto dall’emozione, il neo premier si scordò persino di lasciare la mancia. “Cosa che succede spesso” commenta Silvio, entrando nella conversazione del fratello. Impossibile sapere quanto ha lasciato Robert De Niro, l’ultimo dei suoi illustri passeggeri. «È meno ruvido di quel che si pensi. Non assomiglia davvero ai personaggi violenti che ha interpretato sullo schermo. Bastano pochi minuti per capirlo». Il giudizio più lusinghiero tira in ballo Bruce Spreengsteen

«Eccezionale Bruce Springsteen lontano da ogni stereotipo tipico dei personaggi famosi un uomo dal calore spontaneo»

«Un uomo eccezionale nel calore spontaneo dei gesti, lontano da ogni stereotipo dei famosi che ovunque li porti sono sempre insoddisfatti. Una personalità che sovrasta in tutti i sensi, non solo sul palcoscenico”. Silvio sognava di sfrecciare sull’acqua con la Formula 1. “Ho provato le barche di Guido Cappellini, sarei andato avanti se i miei mi avessero costretto a rinunciare alla velocità». Non all’amore per i motori, alimentato da piccoli offshore radiocomandati: una passione che si è sviluppata anche nella progettazione delle ultime, lussuose imbarcazioni entrate in servizio. Silvio mostra con orgoglio i cinque taxi limousine, costruiti in collaborazione con il cantiere Comitti. «Arrivati alla soglia della quarta generazione, rappresentano l’impegno mio e di mio fratello di tener alta la bandiera del turismo lariano, che deve investire per stare al passo coi tempi. Eppure non ci si pensa, o troppo poco». Magari, per colpa dei testimonial di fama. A loro, dicono i Grammatica, bastano i doni di Dio: la magia del Lario che sembra contenere tutti i segreti dell’arte e della natura. 62

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di Mattia Mantovani COSÌ STENDHAL DESCRIVE IL SOCIALE: ARCHITTURA SPLENDIDA E SEMPLICE UN PORTICATO ENORME SORRETTO DA SEI GRANDI COLONNE CORINZIE CON CAPITELLI DI BRONZO CHE OFFRE UN COMODO RIPARO SOTTO IL QUALE LA GENTE CHE VIENE A TEATRO PUÒ SCENDERE IN CARROZZA. SI UNISCE COSÌ L’UTILE AL BELLO TANTO NECESSARIO IN ARCHITETTURA. QUESTO PORTICATO SI TROVA IN UNA PIAZZETTA CON LA CATTEDRALE IN STILE GOTICO TEMPERATO

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ladimir Nabokov diceva giustamente che nell’epoca delle macchine e nella civiltà dell’informazione globale la parola «realtà» può essere scritta e intesa soltanto tra virgolette, come un concetto molto vago ed effuso che allude a qualcosa di non meglio definito. Questa consapevolezza è comune a tutta la grande cultura che a partire dai primi decenni del Novecento ha vissuto la crisi dei valori tradizionali e l’ha declinata in infinite variazioni, giungendo appunto alla conclusione che la «realtà» è il prodotto meramente additivo di tante «realtà» parziali che a loro volta hanno contorni estremamente vaghi e sfumano nell’irrealtà. Ma il vero e proprio progenitore di questo dubbio che sta alla base della coscienza moderna si situa in un periodo nel quale l’epoca delle macchine era appena agli esordi e della civiltà dell’informazione esistevano soltanto alcuni vaghi accenni. «Sarò famoso intorno al 1900», diceva di sé, e aveva perfettamente ragione, perché la sua sensibilità era in effetti troppo avanzata e per così dire troppo novecentesca per essere compresa e apprezzata dai suoi contemporanei. Ecco tra l’altro il motivo per cui uno dei suoi più attenti e affezionati lettori, Leonardo Sciascia, lo definiva semplicemente «adorabile», intendendo per «adorabile» la sua straordinaria e davvero impareggiabile capacità di reinventare la realtà (o presunta tale) trasformandola in grande letteratura. Questo adorabile reinventore della realtà, nato nel 1783 e morto nel 1842, risponde al nome di Henry Beyle, alias >> 64

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QUANDO STENDHAL REINVENTÒ UNA SERATA AL SOCIALE DI COMO

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Stendhal, e questo suo prodigioso talento fa della sua opera letteraria un patrimonio umano e culturale davvero imprescindibile. Tanto più imprescindibile, se si pensa che l’opera letteraria dello scrittore Stendhal è in pratica un’unica e grande reinvenzione della vicenda umana della persona Henry Beyle, non solo nei grandi romanzi come La Certosa di Parma e Il rosso e il nero, non solo nella reinvenzione scopertamente autobiografica dei Ricordi di egotismo e della Vita di Henry Brulard, ma anche e forse soprattutto nelle innumerevoli pagine di diario, negli scritti solo apparentemente minori quali ad esempio le biografie di Napoleone, Mozart, Haydn e Metastasio e in quella canagliesca e insieme origi-

Stendhal: il sole già scottava e furono subito preparate barche a vela per quelli di noi che volevano fare il bagno 66

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nalissima scopiazzatura che rimane la Storia della pittura in Italia. Non si esagera, insomma, se si dice che l’espressione «Stendhal», più che un grandissimo scrittore, esprime una vera e propria visione del mondo, un approccio particolarissimo alla «realtà» intesa come qualcosa di plasmabile da parte dell’intelletto, del sentimento e della memoria. La reinvenzione della realtà da parte di Stendhal coinvolge anche Como e il suo territorio, col quale Henry Beyle intrattenne un rapporto privilegiato fin dal primo soggiorno in Italia nel 1800. Como e il suo lago compaiono come noto ne La Certosa di Parma, in molte pagine dei diari e della corrispondenza e in alcuni capitoli del libello L’Italia nel 1818. Non bisogna inoltre dimenticare il delizioso Viaggio in Brianza del 1818, incantevole nella sua leggerezza, che nel suo piccolo rimane un altro grande esempio di realtà minima e quotidiana trasformata e riplasmata in grande letteratura. Ma l’episodio più eclatante di reinvenzione della realtà applicata al territorio lariano è probabilmente contenuta in alcune pagine della Vita di Rossini, pubblicata nel 1823, e più nello specifico nel capitolo nono, dedicato all’opera intitolata Aureliano in Palmira. Stendhal dovrebbe e vorrebbe parlare dell’opera in questione, ma fin dalle prime righe confessa che non dirà molto per la semplice ragione che non l’ha mai vi- >>



PRESIDENTE

Barbara Minghetti presidente e anima del Teatro Sociale.

sta. Tuttavia per Stendhal ogni pretesto è più che sufficiente per reinventare e rimodellare la realtà. Parla infatti di un’altra opera, Demetrio e Polibio, e dice di averla vista una sola volta, nel 1814. Una calda sera di giugno, nel giardino di una dimora signorile di Brescia, Stendhal ascolta una «dama della buona società che cantava a mezza voce un’aria che sembrò piacevole». L’aria in questione è l’aria Questo cor ti giura affetto del Demetrio e Polibio, che proprio il giorno seguente va in scena a Como. «Perché non andate a Como?», dice la padrona di casa. E tutti gli ospiti, Stendhal compreso, accettano l’invito. Il viaggio si compie «sulla strada di Como, che passa per Bergamo». E qui Stendhal comincia con l’opera di reinvenzione, quella stessa reinvenzione che in un celeberrimo passo della Certosa di Parma lo porterà a dire che la zona del centro lago, insieme al golfo di Napoli, è il posto più bello del mondo. Reinvenzione, nello specifico, significa esagerazione, realtà rivista e rimodellata nella proiezione immaginativa e per così dire nelle fughe prospettiche del sentimento e dei moti del cuore (quelli che un altro grande reinventore di realtà, Giacomo Leopardi, definiva «stati d’affezione»). Realtà af-

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fettiva, insomma, volutamente outrée, non meno reale della cosiddetta e presunta realtà effettiva. «La strada di Como», osserva Stendhal, «si snoda lungo le più belle colline che vi siano forse in Europa. L’alternarsi di laghi e di montagne ricoperte di enormi castagni, di aranci e di ulivi che va da Bassano a Domodossola è forse il più bello spettacolo naturale che esista al mondo». La piccola ritrattazione che segue non fa altro che sottolineare la reinvenzione: «Poiché nessun viaggiatore ha mai esaltato questo paesaggio, esso è rimasto pressoché sconosciuto, ma non sarò io a parlarne, per tema di sembrare esagerato. Temo già fin troppo che mi si rivolga questo rimprovero per tutti i bellissimi effetti che attribuisco alla musica». La descrizione dell’arrivo e della giornata trascorsa a Como («una città di diecimila abitanti dove l’erba cresce nella maggior parte delle strade») sembra improntata al realismo. Qui, all’apparenza, non c’è alcuna realtà da reinventare, e lo stesso discorso vale per la serata a teatro: «Arrivammo a Como alle nove del mattino - continua Stendhal -. Il sole già scottava. Furono subito preparate barche a vela per quelli di noi che volevano fare il bagno, e finalmente, alle otto di sera, ci ri-

C’era una folla immensa La gente era qui convenuta dai monti della Brianza da Varese, da Bellagio, da Lecco e da tutte le rive del lago trovammo freschi e riposati nella nuova sala di Como, aperta al pubblico quel giorno per la prima volta. C’era una folla immensa. La gente era qui convenuta dai monti di Brianza, da Varese, da Bellagio, da Lecco, da Chiavenna, dalla Tremezzina, da tutte le rive del lago a trenta miglia di distanza». Anche la descrizione del teatro è precisa e realistica: «L’architettura è splendida e semplicissima. Un porticato enorme sorretto da sei grandi colonne corinzie con capitelli di bronzo offre un comodo riparo sotto il quale la gente che viene a >>

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STORICA MASCHERA

Romano Pozzana la storica “Maschera del Teatro Sociale di Como.

teatro può scendere in carrozza: si ottiene così l’utile, tanto necessario in architettura al bello. Questo porticato si trova in una bella piazzetta dietro alla magnifica cattedrale in stile gotico temperato. A sinistra di questa piazza sorge la collina alberata che, a sud, forma la sponda del lago di Como. L’interno del teatro poi rispondeva, per l’ardimento e la semplicità delle linee, alla maschia bellezza della facciata». In realtà, anche se l’espressione in questo caso è più che mai fuori luogo, queste righe non corrispondono ad alcuna realtà reale. Nel giugno 1814, come testimoniano i suoi diari, Stendhal si trovava a Parigi. È vero che era stato a Como ad assistere al Demetrio e Polibio, ma era il 18 settembre 1813. E inoltre non si trattava dell’inaugurazione del teatro, che era già stato inaugurato il 28 agosto con l’Adriano in Siria su libretto del Metastasio. Eppure questa sua reinvenzione lariana - che di fatto è quasi un’invenzione tout court - possiede ancora oggi una connotazione reale sconosciuta a tante cronache più recenti e molto più minuziose. I grandi scettici che, molti decenni dopo Stendhal, diranno che la realtà non si può descrivere ma solo inventare, non faranno che confermare e avvalorare questa sua geniale, impareggiabile e assolutamente rivoluzionaria intuizione.

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PASSIONI COMASCHE

di Graziano Brenna

DIECI COMASCHI RACCONTANO IL MITO DELLA FARFALLA GRANATA, NATO ALL’ORATORIO DI SAN BARTOLOMEO. LA GALLINA AL GUINZAGLIO E L’INGAGGIO NEL CALCIO COMO PER 200 MILA LIRE. LE RISATE DEL LUNEDÌ AL COOBAR E IL COFANO DELLA GIULIETTA SPIDER VOLATO VIA IN AUTOSTRADA. IL BRAVO RAGAZZO CHE NON SI È MAI MONTATO LA TESTA E IL RIBELLE SBRUFFONE RACCONTATO DAI GIORNALI.

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l ragazzo già da piccolo era molto vivace, tanto vivace da essere più volte ripreso dai vicini per lo schiamazzo provocato dalle interminabili partite giocate nel cortile di casa sua in via Milano. Solo l’amico Livio Prada lo osservava con occhi attenti senza fiatare e quando lo portò ad indossare la maglia della Libertas, quella giusta, quella bianca e verde di San Bartolomeo, capì di non essersi sbagliato. E anche don Giorgio Ratti, fratello del grande imprenditore tessile che portò il nome di Como nel mondo, quando lo vide scorazzare nel campetto dell’oratorio capì che il piccolo giocatore aveva qualcosa di speciale. E non solo speciale per come trattava il pallone, ma anche per le sue doti di bravo ragazzo, educato e generoso, tanto da amarlo come un padre. Diventato un ometto passò al Como e debuttò in serie B a soli 17 anni, per essere poi trasferito dopo 3 anni al Genoa in serie A. I tifosi genoani che si aspettavano un grande acquisto, storsero il naso alla notizia del suo arrivo: ma quando, qualche mese dopo, videro a Marassi quel ciuffo di capelli fare ammattire i più grandi terzini del campionato, se ne innamorarono al punto che i portuali inscenarono manifestazioni di protesta nel momento del suo trasferimento al Torino. E lui, a quei tempi, il calciatore italiano più pagato, dopo ogni partita se ne tornava a Como e ogni lunedì al Coo Bar, >> 72

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IL NOSTRO

GIGI MERONI

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a fianco del suo oratorio, trascorreva la serata con gli amici di sempre inscenando interminabili partite a boccette condite da lunghissime discussioni. Vive la sua gioventù negli anni 60 e famose sono alcune sue esternazioni quali un abbigliamento stravagante, il guinzaglio con la gallina, la Balilla: esternazioni di un giovane libero da condizionamenti che purtroppo con il passare degli anni sono state mitizzate e trasformate in favole poco aderenti alla realtà. Nei fatti il bravo ragazzo non si era per niente montato la testa ma visse quel periodo ridicolizzando i detrattori e la stampa che tentavano di fare di Meroni l’immagine di un ribelle sbruffone. Luigino non fumava, non beveva e, coccolato da mamma Rosa, dalla sorella Maria e dal fratello Celestino non si allontanò mai dal piccoletto che giocava nel cortile di via Milano. Attaccatissimo alla famiglia, destinò i primi soldi guada-

di Ezio Costanzo pre. I CELE L’AMICOl’aD e resta con te per semtel lo mico vero, quello ch e il fra

Celestino era ando capì ch cò e timo ca lciatore qu Pu r essendo un ot ta lento stava per decolla re, si sacrifi de an gr o irsene. graz ie al su era sen za m ai pent era sacrificò la su a ca rri mente la fa m igl ia, il pa dr e in fat ti raica do om an on di ec stu e e nn o giorn So ste mo, lavorando di nd a m ancato giova ni ssi nne uno dei pu nt i di forza dell’a zie ave ns Di po a. res ser de la an gr ria ne di gio hi ric oprendo inca ric da i con lu i a vedere Nessi e M aiocc hi ica che an en m do a osi un do or bi lit à. M i ric giocatori molto fam Genoa m ilitavano o…. el N l. pa a-S no Ge zz si e ett a, Be an, Da Po come Bicic li, Och amo ad as pe tta rlo fuor i da M ar as n av er asi no ta qu i os tif i ni Fi nita la pa rti pio quest i gr andi ca m qu ando uscirono an. so fi nimondo e con gr ci fec ero ca igino che scoppiò il a auto….e a Celestino Lu cì us do an qu Fu o a sa lire su lla nostr de fat ica riu sci m m gioia ne gli oc ch i. di e scorsero lacrim

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gnati permettendo al fratello Celestino di realizzare il suo più grande desiderio cioè quello di iscriversi agli studi universitari. Quando venne ceduto al Torino dichiarò senza troppi peli sulla lingua : «Meno male …. Sono finito sulla sponda giusta del Po’», inimicandosi per sempre la società più ricca d’Italia, quella della famiglia Agnelli. Famiglia Agnelli che qualche anno dopo cercò, con la potenza del dio denaro di strapparlo al Toro, in difficoltà economica a causa del tracollo finanziario del suo presidente Orfeo Pianelli. Fu allora che la tifoseria granata insorse e assediò la sede della Juventus provocando quei disordini che convinsero l’Avvocato a rinunciare. Luigino nel ’66 vola in Inghilterra per i campionati Mondiali e uno sciagurato Fabbri lo mette in campo contro i giganteschi calciatori russi estromettendolo poi contro i >>

di Giampiero Della

IL MECCANIC

Torre

O DI FIDUCIA Qua ndò com inciò ad pa ssione di Lu igi no avere in tasca qu alc he soldo esplos e la Un bel giorno m i per le automobili spor tive. disse: “Giampiero, ho comperato la Au Mar tin di Lido Vi eri stin Vieri era il suo am ”. icone, grandi ssi m o portiere di un gr Toro. Lu igi no, gli an di m ac ch ina per te. E ssi, ha i comperato una ca rretta non de è la lu i, che su queste pre, la vendette su cose m i ascoltava sembito e ac qu istò un a Al fa Romeo Giul spyder di colore az iet ta zu Un giorno in auto rro. str ad a nei pressi di Torino il cofano vo Novar a di ritor no lò mò su bito. Più ch via e Lu igino, spaventat issimo mi da ch iae il gr os so ris ch io str ut ta la su a gran de preoccupazione corso e l’auto sem id iera non voleva as solut amente che rac cont dettata da l fat to che fratel li Celestino e as si l’acc aduto ai su Mar ia. oi Prom isi a Lu igi no di m antenere il seg tendo la pa rola da ta al m io ca ro am icoreto e solo og gi di sat.


PASSIONI COMASCHE

di Roberto Molteni

IL PROVINO

Ero emozionato ed AL SINIGAGLIA all dava nt i al ca nc ello o stesso tempo preoccupato quel gio de rn S. Ba rtolomeo, m l Sin iga glia. La m ia società, la Libe o i rta Como e io stavo asp avev a or ga ni zz ato un prov ino al ca s lcio ettando che qualcun so le 17 vedo arriv o mi chiamasse. Ve are un giova ne in rbicicl e ric onosco il giova ni ssi mo Meroni ch ett a a tutta velocità della 1° squadra. e già orbit ava nel giro Fi na lmente m i ch iam ano e m i fan no tendo me su una entra re in ca mpo lin m te opposta . E li av ea latera le e proprio Lu igi no da lla etanti e indietro pe r una buona mez z’opa rsca mbia rci la pa lla ra attenti dell’a llenato con il de stro e il sin ist ro sotto gli oc a ch i per capire che impr re. Appena ter m inato scr ut ai il suo viso essione avessi lascia m i lasciò con tutta to ma lui, impa ssibil la e, Fu allor a che Lu igi m ia preocc upaz ione. no m i ve nn e vic ino e, mettendom m ano su lla spalla, i un a m i di sse con una do com muove: “Stai tra nqui llo Roberto lce zz a che ancora m i Fu i inga gg iato da … ”. l Ca lcio Como!

di Battista Ghioldi (Tita )

IL PORTIERE DELLA LIBERTAS S. BA

RTOLOMEO Sia mo nel 1956. Lu igino ha 16 ann i e si dec Ezio Costa nzo di conced ide con gli am ici Ca rlo Fasola e erc Par ten za all’alba in treno i una vac anz a al ma re. des Poc hi bag agl i ed un a ten tinazione Ma rina di Raven na. da ven gono car icati sul ma giu nti al campeg gio con nes suno è in gra do di mo vog lio tenda. For tun ata mente il gestore del campeg gio nta re la disposizione un piccolo sca ci me tte a la not te. Qu ando fi nal me ntinato dove trovia mo rifugio nelnte nostro alloggio l’un ico pos riu scim mo a mettere in piedi il più solegg iat a del cam to rim asto era situ ato nel la par te peg gio e anc he di not te dor mi re fu un grosso problema . Quell’anno Lu igino mi insegnò a giocare a car te, qua le lui era già maest ro. arte nel la E infatt i vinceva sempre , guadag nandosi gratis la del mattino, dove lui div orava qua ntità notevoli del colazione prefer ito, i bomboloni. suo dolce Fu una vac anz a merav igli osa e irripet ibi le.

occhi di Giampiero Mai

O IO COMser EL CALC D E ito T N in E ere IG ess r IR pe D IL società ist ato da lla nostra

Lu igi no fu ac qu le. Ba rnel set tore giova ni fratel lo Celestino nella Liberta s S. il n co o ut e. sci lir Era cre 0.0 00 do to la belle zz a di 20 tolomeo e fu pa ga en za le sue qu alità : m i ric ordo qu anniid va ev gio in eo ise rn m to o o im bit Su oso e importa nt iss ul io pa rtecipam mo al famera . Ch iesi al di ret tore spor tivo Gi ne l izz Sv era già e ch ni ero le di Biasca in M e per l’o cc asion ne, Ca pe lli di pres ta rci dra. Capelli, dopo qu alc he esita zio un ua n sq co a im eo pr rn giro della m mo il to sen so e noi vince kers m i died e il su o as Lu igino nella fi na lissima cont ro i Ki ità di lar al po go po di mo i ssi in ter m grandi es a di Lu igi no in ge stì di Stoc ca rd a. L’a sc ando il Genoa ci cont attò Capelli qu e a id rap o olt m fu ee o tra sferimento. l’opera zione del su bene che Capelli era un gran fu rbon ti o an ev i di rigen a ern nt La A Genova sap lla de nto odò nella cit tà qu ando Lu igi appr e al po sto de l ca lci atore da loro ta en ch io tam bb etu du l rip lig ur i, ne i Meroni nto il m ag giore de per os ser va re la su a o, in seg uito fosse giu iam avano Celestin i di Lu igi Meroni ne te a sorpres a lo ch na dei tifosi genoan rtu fo r rea zione. Pe o. esi ste va no solo un

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PASSIONI COMASCHE di Enrico

Levrini

L A ME

Lu ig ino MORIA ST e sc o e a ss sord isc e nel C om ORICA oluta men pa rt it a C te non p o in serie B in m Ba ld in i a omo -Verona pers re v isto il 14 m a g odo roc a mboleg io del ’6 l’a la de st llenatore ed e x c a 2 -1. 1 nella a lciatore ra titola re in for tu n d io ne ll a C a rlo Dell ’Omo el C omo ri m a st m att in ata g iova nissi o sen z a d a rme, b g iova n il i. mo att ac c a nte ch d i domen ic a , si loc c atosi per u n impe g na In socie tà lo in e spe sso a nd ava a ric ord a d i que l fo to d I telefon in u n torneo in rm a no c he Mero osser va re nelle in i a que te ni è a L o rn a z io l tempo n na le. d ato u n c a rno ta nuti pri m x i c he riport a a on e si ste va no e v ie C a n o e mo Lu ig E qu i M del c a lcio d i in ino appe a llora ma ne iz na poch i matt inata ron i, st a nc o per io. m iil du ri ss a L oc a rno u n’in il v ia g g io e per a imo te r z tera pa rt v e ino c he it a, rie sc e r d isputato in mente e lo ri av versa ri u sc endo a d e v it c ontroll av a sa lt a fa r a m matt ire o a In iz ia c o c erc ava d i moll re a nc he i c a lc io a ndolo re g ola ra sì n i c he l’e trac cia in la c a rr iera d i u rg li. sp er to n c a mpio delebile n n el pa nora ma c a lcis e vero c he la sc erà tic o na z io u na na le.

di Livio Prada

L’ACCOMPAGNATORE DI UNA VITA

minuscoli coreani, andandosi così a cercare una debacle che ancora oggi tutti ricordano. Il 1967 fu per me un anno di disperazione: se ne andarono a febbraio il mio artista preferito Luigi Tenco, a maggio il mio giovanissimo fratello Roberto e a ottobre anche Luigino volò in cielo. È il 15 ottobre e al Comunale sono in curva ad osservare le diavolerie del mio concittadino: è una di quelle partite dove lui vuole dribblare anche l’arbitro e il pubblico impazzisce. Si vince 4 a 2 contro la Sampdoria e qualche ora dopo finisce la vita di Luigi Meroni e inizia quella della Farfalla Granata. Settantamila spettatori ancora increduli assistono alla spettacolare vittoria del derby della domenica successiva quando il nostro centravanti, l’indio Nestor Combin nonostante la febbre a 39 volle assolutamente scendere in campo per onorare una promessa fatta al suo amico e sparò 3 cannonate incredibili nella porta dei gobbi. Verso la fine la mitica maglia numero 7 indossata da un giovanissimo Carelli completò quell’incredibile 4-0 che trascinò tutta la curva Maratona in un pianto inarrestabile. E quando la maglia numero 7 volò in cielo agganciata ad un grappolo di palloncini sullo stadio scese un silenzio assordante che precedette l’applauso più fragoroso che mai più >>

Lamanna, allenatore argentino del Como, quando vide il giovanissimo Meroni restò di stucco. Lui voleva solo giocatori sopra gli 80 kg e che non fossero sotto gli 1,80 di altezza. Mi chiamò e mi impose di portare ogni giorno quel minuscolo calciatore dalla signora Palma al ristorante Lario di S.Agostino. Obbediente all’ordine per mesi rispettai la consegna. Luigino divorò una quantità incredibile di spaghetti al pomodoro e di cotolette alla milanese. Il fi sico ne guadagnò, ma più ancora furono la sua grande serietà e la sua determinazione a favorirne la crescita e la defi nitiva consacrazione di grande campione.

di Am di Amb bro b rogio i M Mo olllte ten nii

IL SUO ANGELO CU

STODE Nel la realtà il mio amico del cuore era suo fratello Celestino. Luigino a quei tempi essendo di mascotte ma qua ndo cominci 3 ann i minore, era la nostra òa calcistic he ven ne agg regato alla far intravedere le sue qua lità Picc olo e mingherlino com’era nostra squ adra. sato da terz ini che sia come ven iva perennemente tart asfi sico che come età erano più gra ndi di lui. Allora qua si sem pre pre nde rne le dife se. Il rag azz mi tocc ava interven ire per o all’oratorio coc colato da tutt era mo lto tim ido e creb be i noi, ma sopratt utto da Do n Sandro e da Don Giorgio. La sua asce sa calcistic a fu molto rapida, anc he se io per la veri tà avrei giu rato su una gra nde carr iera di suo fratello Celesti no, gra nde centroc ampista e capitano della squ adra De Ma rtino del forte Calcio Como. Ma tant’è e Luigino com inci ò pre stis simo a calc are i cam pi della serie A, unitamente all’a ltro nostro coetaneo e concittad ino Em ilia no Ma scet ti che si fece onore nel Verona e nel Tor ino. Meroni, nato e cresciuto com e noi all’oratorio, come noi gioendo delle picc ole e semplic i cos e, fu per la nos tra generazione il simbolo del suc cesso, quello rag giu nto con gra nde determ ina zione anc he a costo di gra ndi sacr ifici. mag ma ag

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PASSIONI COMASCHE mi capitò di ascoltare. Sono passati quasi 50 anni da allora e Como pare essersi dimenticata di questo suo figlio. È proprio oggi invece che in mancanza di solidi punti di riferimento e di virtuosi esempi, la breve vita di Luigi Meroni andrebbe riletta come esempio dai nostri giovani. Esempio non solo di pur eccezionali virtù calcistiche, ma soprattutto di moralità ineccepibile, di attaccamento ai valori dell’amicizia, di amore profondo per le proprie radici, di limpida correttezza dentro e fuori dal campo di gioco.

di Carlo Pozzoni di Pierangelo Batoc

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IL MASSAGGIAT ORE BOBO Ge stivo il CooB

ar e fantastic he. Lu igi a quei tempi le ser ate del lu nedì era no di att ra zione: as sie non m ancava m ai ed era il nostro no po m inter m inabili ch iac e ag li am ici di via M ila no si apriv lo ano ch ierate e si orga ni ribili . Q ue lla ser a zz Lu igi no di ritor no avano ra ga zz ate teranda rsi a sedere in da Torino, de cis e di qu alità di allenato squadra di Sa n Ba re rtolomeo che dove su lla pa nc hi na della va gioca re la sem ifi al torneo di Masl ian na Più di m ille perso ico, uno dei più importa nt i del perio le ne era no as siepate attor no al ca mpo do. Lu igi no e Giul io Co e con Io ero il m as sa gg rg hi orga ni zz am mo lo scherz one. iat pa nni dell’a llenato ore e su lla pa nc hi na Lu igi no ve sti re. va i gh i si ac ca sciò fi ng Ad un segna le preord inato Giulio Co en Lu igi no ci precipi do un doloroso strappo mu scolare. rtam mo in ca mpo Io e co asciu ga m an i ch in andoci su ll’ in fortu n sec ch io dell’acqua e nato che stava beno Io m i ria lza i e ca ric messo l’a sciug aman ai su lle m ie sp all e Lu ig ino che si ne. i tra spor tai fuor i da in testa fi ngendosi lu i l’infor tu nato er a l e lo Qua ndo gli spett atoter reno di gioco. giro pr im a ru mor ri si resero conto di essere stati presi eg m a ta nt’è. Lo sch gia rono e poi fi sch iarono sonora m in erz en mento di grandi ssi o era perfe tta mente riu scito e fu ar te m go stro am ico ca mpio e risate del lu nedì al CooBar con il ne. no 78

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R REPORTE n ho av uto IIL FOTOto igi no e qu indi no Lu di ni an gli di Nando

les si il libro Non ho vis su ia . Qua lche an no fa modo di conoscerlo i aff as cin ato da l pe rsona gg io. Andachi D all a ch ies a e re sta aria che pa rla ndo, mi raccontò pa rec on M de siderio di approf conoscere la sorella un do dent ro di me il aneddoti au mentan ssi che m i sa rebbe piaciuto rea liz za re di Vi di re e qu ando le di cu menti ined iti, l’ent usiasmo che e do libro fat to di foto nv in se e m i m isi subito al lavoro. ni, e co nei suoi oc ch i m i sa rà comple tat a e spero che i giova o est ra qu pe o l’o nd o fo a nn tu re au sce In bi lit à di cono ssi po gio la lla no de bia o ab m lo l’atti non solo, na gg io che vis se so an ni str aord in ar io perso di an ni i ca mbi amenti che ne gli rio ve nt ù antic ip ando cont am in ato l’i nt er a so cie tà . Prop ze ro succ es siv i av rebbe fu co stretto a subi re giudi zi e senten ia ’ar per questo Lu igi no bblic a opin ione che non capì quest go pu lar n lla co de i, rte lu e pa a ch e di un e ale gg iava nell’a ria di ca mbiamento ch rrere nelle vene. sco ca lcò i ca mpi di anticipo, sentiva dibi le modern ità a e sp or tiv ità . cre in a un di io gg rre tte zz Persona de es empio di co da lgio co e fu un gr an let tere che ric eveva era amatissi mo o le lor il no n tra co o os m nd di ipa e m tic Co vero idolo an un ro ero be fec reb ne av e i ch e siv succ es le ra ga zz che poi ne gli an ni entu sia smo qu ello rock della mu sic a. e la riversato su gli idoli 50 an ni m i ha emoz ionato riv isitar io gg di a na nz rso sta pe rd in ar io E og gi a di vit a di qu es to str ao ca di breve m a inten sa re ridut tivo att ribuire la sola qu ali fi pa ale qu al o comasc llone. abile ar tista del pa grande e ineg ua gli


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COMO

COMO zona S.Agostino, in palazzo d’epoca dotato di ascensore, proponiamo la vendita di grande appartamento sito al piano alto completamente ristrutturato, composto da doppio ingresso, soggiorno ampio, cucina abitabile, cinque camere, tripli servizi, locale lavanderia, ampia balconata. Termoautonomo. Stupenda vista lago e Duomo. Unità già predisposta per ricavare bilocale indipendente. Classe G - IPE 294,09. Euro 670.000,00

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VILLA GUARDIA, in stupenda villa d’epoca dotata di ascensore, integralmente ristrutturata, frazionata in sole cinque unità, circondata da uno splendido parco, proponiamo, al piano alto, appartamento di ampia metratura dotato di grande terrazzo. Termoautonomo. Tre boxes e due posti auto completano la prestigiosa offerta. Spese condominiali estremamente contenute. Classe G – IPE 274,48. Euro 530.000,00.

BLEVIO

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QUELLE NOTTI

IN DISCOTECA

di Giuseppe pp Fusi IL “2001 MUSIC CLUB” DI ERBA NATO SU UN CAMPO DI GRANO DIVENNNE BEN PRESTO L’ATTRAZIONE DEI GIOVANI COMASCHI. L’INTUIZIONE FU DI ROBERTO CURTIS, FIGLIO DI UN MILITARE AMERICANO DI STANZA IN CAMPANIA DURANTE LA GUERRA I PRIMI SUCCESSI FURONO DECRETATI DALLE STAR DEGLI ANNI ‘70 ALL’INAUGURAZIONE CANTÒ MINA, POI VANONI, PATTY PRAVO, I POOH BOBBY SOLO, FRED BONGUSTO, GINO PAOLI, I CAMALEONTI...


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e lo ricordo il giorno dell’inaugurazio9 anni. La passione per la musica e la disco era tanta, quando ne. Era maggio del ’72. Avevamo scelto ne ho parlato con Vittorio il sogno si è realizzato». Vittorio Milva come madrina. Soltanto che fino Sindone è il medico milanese che ha creduto in Roberto e nela poche ore prima non eravamo sicuri di la sua creatura, finanziando il progetto. «Allora via Milano era aprire. Vado dal sindaco, mi inginocchio davanti a lui mentutta un campo coltivato. Quando l’impresa Padula di Erba ha tre sta lavando l’auto. Alla fine si è convinto e da lì tutto è iniziato a costruire il capannone quasi mi dispiaceva. Tutto partito…». quel grano raso al suolo…». La discoteca nasce ufficialmente Ne ha fatta di strada, Roberto Curtis. Figlio di un militare come laboratorio di pasticceria, ma fin da subito l’intenzioamericano di stanza in Campane dei proprietari è chiara: si fa nia durante la guerra, a 14 anni la prima, grande discoteca della Ogni tanto, soprattutto all’inizio, zona. Il nome? «Allora si leggeva lascia Napoli per la Brianza, al seguito della famiglia. Per lui i “Ciao 2001”, la rivista simbolo. qulche prete non era d’accordo primi anni sono difficili come L’avrei voluta chiamare così, ma con questo nuovo locale per molti altri giovanissimi, in non si poteva. Mi accontentai di cerca di quella fortuna che tro“2001 music club”, e fu subito e ci avevano addirittura verà da lì a qualche anno, con un successo». l’apertura della prima grande L’esibizione di Milva fu soltandefinito: “la casa del diavolo” discoteca lariana, il “2001 music to la prima di una lunga serie club”. «Al Nord non ci volevo nell’arco dei trent’anni di attivenire, a Napoli stavo bene. Ma vità. qui, per me e gli otto fratelli c’era lavoro. Prima alla Framor, Poco dopo ci fu una seconda serata inaugurale, dopo che in via Trieste, a fare le pinze. Poi il pasticciere da Corti, gli alianche gli ultimi aspetti burocratici furono sistemati. «Fu la mentari in scatola da Biffi, alla Cedit ceramiche di Lurago per volta di Mia Martini, dicevano che portasse sfortuna. A me 82

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PASSIONI COMASCHE

ROBERTO CURTIS

Il fondatore della discoteca erbese che negli anni ha portato nel locale le più rinomate star del mondo musicale e teatrale. Dall’alto: Brigitte Nielsen,Eros Ramazzotti e i Camaleonti.

sinceramente ha portato buono». Sul palco del 2001, in ordine sparso e nel giro di qualche anno s’alterneranno, tra gli altri, la Vanoni, Patty Pravo, Marcella, Bruno Lauzi, Bobby Solo, Fred Bongusto, i Pooh, Orietta Berti, Gino Paoli, i Camaleonti e Dan Harrow. «Allora non avevamo un camerino vero e proprio per gli artisti. Li ospitavo in casa, sopra la discoteca, tra gli alloggi dei camerieri. Nessuno s’è mai lamentato, tutta gente onesta e professionale. Soltanto Patty Pravo mi ha fregato, mandando il certificato medico per non fare una seconda serata, dopo aver incassato l’acconto del cachet. Ricordo Amanda Lear, era appena esplosa e ancora non si sapeva bene se fosse uomo o donna. La volevo a tutti i costi sul palco, riuscii a battere sul tempo anche i locali milanesi più affermati, fu una sorta di esclusiva». Il mito 2001 cresceva attorno a questi “colpacci” dell’indomabile Roberto, capace di mettersi contro anche ai poteri forti, pur di non lasciarsi scappare l’artista del momento. «La Carrà in Tv disse che ad Erba si sarebbero esibite le Oba Oba. Le voleva anche il Casinò di Lugano, avevano anche ventilato problemi di ordine pubblico, perché sarebbe venuta troppa gente ad Erba. M’impuntai: battemmo sul tempo il casinò, la serata si svolse regolarmente. Solo che il giorno dopo ci fecero chiudere per una settimana, forse avevamo disturbato qualcuno agganciato agli interessi della casa da gioco». Cominciavano gli anni ottanta, il 2001 era diventato un punto di riferimento per i giovani di tutta la Brianza. Tra i moncler variopinti delle serate “paninare”, le esibizioni di Tracy Spencer, Matia Bazar, Gianna Nannini, Anna Oxa, Eros Ramazzotti, Alan Sorrenti, Scialpi, Mango, la Bertè, Sabrina Salerno. Cominciavano anche le serate di cabaret, con gli spettacoli di gente semi sconosciuta come Ezio Greggio, Giorgio Faletti, Zuzzurro e Gaspare, Francesco Salvi alternati a nomi già affermati come Massimo Boldi e Teo Teocoli, Gianfranco D’Angelo, Musazzi e i suoi Legnanesi, le sorelle Bandiera, Claudio Bisio. Le bellezze d’allora: Pamela Prati, Ramona dell’Abate, Paola Perego, Nadia Cassini, Alba Parietti, Brigitte Nielsen. Tra un concorso di bellezza e l’altro si fa largo la programmazione alternativa alla discoteca vera e propria. Serate a tema per tutti i giorni della settimana, c’era anche quella del ballo liscio. E poi il Carnevale: al giovedi pomeriggio per i bimbi, la sera del sabato grasso uno sfavillio di costumi. Per Roberto non mancavano i momenti della beneficienza: «devo ringraziare i brianzoli che fin da subito >>


PASSIONI COMASCHE LA “MOVIDA” TERMOMETRO DELLA CITTA’ di Guido Capizzi

PROTAGONISTI

Amanda Lear e Maurizia Paradiso.

mi hanno ben accolto e capito. Ho sempre avuto un buon rapporto con tutti, non sono mancate le occasioni per fare del bene». Lo dimostra l’incontro con don Bassano Pirovano del Tetto fraterno e con il medico Aldo Lo Curto, gli addobbi floreali nelle chiese del circondario durante le feste natalizie, le serate per la raccolta fondi. Memorabile quella organizzata a favore di una suora missionaria con tanto di modelle a seno nudo per le prime timide performance di tatuaggio artistico. «Ogni tanto, soprattutto agli inizi, qualche prete dal pulpito non si dimostrava molto d’accordo. Ci avevano addirittura definito la casa del diavolo, invitando i genitori a non mandare i propri figli». Le porte del 2001 si aprivano verso le 21, ma già mezzora prima c’era la fila per entrare. «Musica e divertimento fino alla una, non oltre, poi tutti a nanna. Adesso gli orari sono un po’ cambiati, in discoteca ci arrivano anche ragazzi già ubriachi dopo il giro serale nei bar, non so quanto tutto questo sia giusto». Non c’era bisogno di iniziare la serata al pub per concluderla in disco alle prime luci dell’alba. «Già allora allestivamo il bancone degli aperitivi, quando nessuno lo faceva. La serata >> 84

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Esistono vari criteri per calcolare il livello di modernità e civiltà di una città. Tra essi c’è chi misura anche l’organizzazione della “movida”. Se ben governato il fenomeno del divertimento può diventare opportunità di socializzazione - in cui sono coinvolti i cittadini residenti e i turisti – e di rivitalizzazione culturale ed economica per il entro abitato. Se, invece, mal governata, la movida può diventare fonte di degenerazione comportamentale, disturbo della quiete pubblica e addirittura pericolo per gli abitanti. Nella natura dell’essere umano, ci raccontano gli esperti, c’è il desiderio di condividere in compagnia il proprio tempo libero alla fi ne di una giornata. La “movida”, in altre parole, richiama i temi della socializzazione, della qualità della vita, del turismo, della cultura, della fruizione dei centri storici e, infi ne, genera economia e produzione di reddito. Occorre sia ben governata, dalla sinergia di tutti gli attori coinvolti (dall’ente pubblico agli organi di controllo, dagli esercenti ai cittadini). Spesso, e capita anche in piccole città, la movida può generare connotati negativi, perché mal governata. E’ fondamentale, allora, avere un quadro chiaro e dettagliato della città e delle sue zone da gestire, ognuna con le proprie peculiarità ed esigenze. In Italia sono quasi trentamilioni i cittadini che saltuariamente escono la sera e venti milioni di essi quando escono frequentano i luoghi della “movida”. Il dato presuppone che non può essere gestito il fenomeno allo stesso modo da Nord a Sud, da Est a Ovest, nei piccoli o nei grandi centri. E’ bene anche che si abbia la giusta percezione di ciò che si definisce “mala movida”, che degenera nel cattivo rapporto di troppi giovani con gli alcolici (e riconosciamo il ruolo della famiglia in questo triste fenomeno). Regole e ordinanze - e il caso di Como nel 2011-2012 è emblematico (ricorso al TAR e al Consiglio di Stato da parte di Confcommercio che ha vinto il contenzioso con il Comune) - rincorrono il problema senza trovarne soluzione e questo perché non si defi niscono con la collaborazione di quanti sono coinvolti nel fenomeno.


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PROTAGONISTI

La cantante Giovanna e Michel Platini.

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si consumava lì, dall’inizio alla fine». Durante l’austerity degli anni settanta Roberto organizzò anche un servizio di bus navetta da e per la Brianza milanese. Quattro pullman pieni che, nel fine settimana, portavano ad Erba centinaia di discotecari. Un’iniziativa ripetuta poi negli anni ottanta con il pubblico più giovane della domenica pomeriggio, dalla stazione di Erba fino a via Milano. Un capitolo a parte riguarda i tanti collaboratori che si sono alternati a fianco di Roberto. In primo luogo i DJ: «Ricordo Franco La Notte, Chicco Secci, i primi in assoluto. Ci sono passati anche Gerry Scotti, Beppe Fiorello, Toni Cognetta, Andrea Cappelletti e Claudio Cecchetto, magari per una o poche serate. E poi Stefano Secchi, di Radio 105: all’inizio non mi convinceva, veniva al pomeriggio per la discoteca dei ragazzi. Poi , grazie a Cecchetto, è diventato quello che sappiamo». Con lui anche i vari Molella, Vito Andrea de Sabato, Max Baffa, Tony Carrasco, più di recente Francesco Colombo e Miro. Roberto si avventura anche in un lungo elenco di ringraziamenti rischiando di dimenticare qualcuno. Dice che non può perdere questa occasione per dire grazie a chi gli è sempre stato vicino: «Federico Zappa, il nostro art director degli anni ottanta e novanta, Gianfranco Venturini cassiere e gestore del negozio di dischi. I baristi Donato, Settimo, Antonio, Amedeo, Armando, Maria e Michela, l’amico Daniele Rebora e, in cucina, mamma Vincenza, papà Amedeo, Anna la cuoca e Fortuna ai piatti. Mary, Enrica Nava, Evaristo Turatti, Claudio e Romano Gazzarini, i primi “buttafuori” Vittorio, Marco e Angelo, anche se chiamarli così non è bello. In amministrazione Nunzia, Anna e Rita. I luogotenenti dei Carabinieri, Gallorini e Dettori». Al 2001 furono anche inventate le se-


rate del calcio, con i primi schermi giganti per le partite dei Mondiali, grazie alla collaborazione di Cesare Diotti, Alfredo e Marco Mojoli. Roberto Curtis ha ceduto l’attività nel 2003. Trent’anni di amicizia e di allegria, un sogno che per Erba e la Brianza continua ora con il Modà disco club, negli stessi spazi allestiti fin dai primi anni settanta. Proprio su quei campi di grano che Roberto, giovane impresario napoletano trapiantato in Brianza, avrebbe risparmiato volentieri.

I brianzoli hanno subito capito e mi hanno ben accolto. Negli anni non sono mancate anche occasioni per fare del bene oltre che divertirsi fino a notte

UN MARCHIO PER LA NOTTE

Il logo della nuova discoteca “2001 club” di Erba e la campagna per promuovere le diverse serate erano dall’agenzia “PubbliCittà” di Federico Zappa e Franco Aquaro. Realizzazioni grafiche di Silvano Perego.

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OLTRE COMO PER SALVARSI di Sergio Gaddi IL RISCHIO SONO LE SABBIE MOBILI DELLA PROVINCIALITÀ

Ricordo la decisione di aver voluto e reso possibile, con il voto della giunta precedente, il trasferimento di Parolario a Villa Olmo nel 2011. In un momento molto delicato per la sopravvivenza della rassegna, venne accolta la richiesta di spostarsi da piazza Cavour verso la sede più prestigiosa della città. Questa necessaria premessa non è, come potrebbe apparire a prima vista, una rivendicazione fine a se stessa e un po’ guascona. In quella scelta c’era, ed è ancora perfettamente attuale, una precisa visione dello sviluppo di Parolario. E vengo al punto. Dopo anni di crescente e meritato successo di pubblico e di programmazione, il futuro della rassegna, non è purtroppo né scontato né automatico. E non mi riferisco alle difficoltà economiche, perché la litania della mancanza di risorse è oggi l’alibi preferito delle amministrazioni incapaci quando non sanno gestire la cultura come priorità. Il bilancio di un comune non si azzera da un anno all’altro, e le risorse pubbliche, seppur traballanti, per i progetti validi ci sono sempre. È una questione di scelte. Invece, gli ingredienti indispensabili per il vero salto di qua>> continua a pag.90

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NESSUNA BARRIERA ALLA CULTURA di Chiara Milani TESTIMONE DELL’INCONTRO DI OPINIONI DIVERSE Parolario è fatto di persone. Certamente dalle persone che lo hanno inventato, magari ispirandosi ad altri festival famosi, ma non importa, perché tutto è sempre differente e con gli anni ancor più diventa originale. Parolario è costruito dalle persone che lo organizzano e che collaborano in molti e diversi modi; da tutti coloro che hanno scommesso all’inizio e lo sostengono, da quelli che negli anni si sono aggiunti ad aiutare ma anche da coloro che si sono allontanati; è animato dagli autori ma soprattutto da tutto il pubblico, che è parte della rassegna, perché senza il pubblico Parolario non sarebbe. Parolario è democratico, per scelta: non si paga per ascoltare e per vedere. Questa ampia accessibilità è una socialità positiva: tutti sono accolti, nessuno viene respinto, ma soprattutto non vieni gratis e poi comunque sei condizionato; vieni gratis perché la cultura è senza prezzo, perché libro è libertà. Se Parolario fosse una persona, un autore ospite della rassegna, mi piace immaginare che si racconterebbe in questo modo: «Ho un bel nome e sono grato a chi lo ha inventato. Nel mio >> continua a pag.93

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OLTRE COMO PER SALVARSI >> continua da pag.88

lità di Parolario, sono l’internazionalità, la diffusione del brand, l’apertura culturale e il superamento degli asfissianti confini locali. Parolario ha tutte le carte in regola per diventare una manifestazione internazionale che possa dare un contributo al vero grande attrattore culturale di Como, Villa Olmo, l’unica struttura della città che ha il fascino e l’appeal necessari per competere con successo sul mercato internazionale degli eventi culturali. Se c’è un aspetto stimolante della crisi, è che una sana e decisa competizione forgia il merito, stimola la creatività e premia i migliori attori del sistema anche in campo culturale. Parolario è certamente uno dei principali, ma non può fare l’errore suicida di rivolgersi al solo bacino d’utenza comasco. Sembrerà un paradosso che forse scandalizzerà vestali e benpensanti vari, ma se davvero si vuole che Como diventi un riconosciuto centro culturale internazionale, allora ci vuole il coraggio di costruire progetti che non riguardino sempre e solo la realtà locale. Se si vuole valorizzare concretamente il patrimonio artistico e culturale comasco, allora questo dev’essere sempre complementare e mai al-

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ternativo a ciò che ha valore universale. Nel concreto, più gli ospiti e i temi di Parolario arrivano da lontano, maggiore è la diffusione della rassegna, più alto è il vantaggio per la città. Gli organizzatori devono difenderla da ogni tentativo di farla impaludare nelle sabbie mobili della provincialità. L’errore più grossolano ed autoreferenziale sarebbe quello di dimenticarsi che i progetti culturali di successo nascono dall’apertura, dal desiderio di grandezza, di eleganza e di stile, dal coraggio di puntare in alto, dall’orrore per il triangolo infernale di squallore, sobrietà e tristezza. In una manciata di mesi Lugano inaugurerà il Lac, grandioso centro di arte e cultura. La sfida è lanciata, e anche se negli ultimi anni con le grandi mostre abbiamo superato di gran lunga la città svizzera per visitatori, oggi senza una Villa Olmo forte sui grandi progetti e ambiziosa sui grandi numeri, anche il lodevole chilometro della conoscenza rischia di diventare il centimetro delle occasioni perdute. Parolario può aiutare ad allargare gli orizzonti, perché senza apertura mentale si resta al palo. E sarebbe un vero peccato. Sergio Gaddi


NESSUNA BARRIERA ALLA CULTURA >> continua da pag.89

nome c’è una terra che è anche un lago ma soprattutto c’è la parola. Senza la parola la memoria non si ricorderebbe, la storia e le storie non sarebbero scritte. La parola è anche di più, per alcune teologie è la radice della creazione, ha un significato ontologico. La parola è potenza evocativa. Sono cresciuto con fatica, guidato dalla passione di conoscere. Ma ho capito presto che la conoscenza senza il colloquio con gli altri non ha senso. Ho iniziato allora ad accogliere intorno a me persone che avevano scritto qualcosa, spronandomi a pensare e sognare, per scrivere altre pagine insieme. Mi sono edificato con umiltà, facendo di me un testimone dell’incontro di opinioni diverse, rispettandole tutte in ugual modo ma restando sempre fedele a me stesso. In cosa consiste questa fedeltà? Ho tracciato un confine, un confine morale ma agli argomenti e alle idee non ho messo barriere, né limiti. Anzi, ogni anno cerco di spostare i confini più in là, di fare in modo che campi diversi del sapere riflettano sui loro elementi di continuità e differenza con l’ambizione che mondi distanti entrino in contatto fra loro. Non ho mai ceduto alle lusinghe, alla volgarità. Qualche volta ho sbagliato, ma sugli errori si cresce, dagli inciampi ci si rialza. Così ho trovato una mia identità che so di dover rafforzare: ci devo lavorare, ancora. Ma mentre crescevo insieme con le persone, ho capito che la cultura opera grazie alla partecipazione che genera memoria collettiva, ricordo, invenzione. Così, di anno in anno, disegno e scrivo un alfabeto di sogno». Chiara Milani

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di Stefania Briccola

LO SPORT DI ELIANA ARCIONI, ACROBATA A CAVALLO. «NEL VOLTEGGIO LA POTENZA DI UN CAVALLO SOSTIENE LA LEGGEREZZA E L’ELEGANZA DI UNA O PIÙ GINNASTE - ACROBATE. QUELLO CHE PER GLI ALTRI È FOLLIA PER ME È PURA VOGLIA DI VIVERE. LA MIA FORZA È LA PASSIONE»

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ugano è alto, moro, con grandi macchie bianche che risaltano sul manto scuro. Come avrete capito non si tratta di una città, ma di un cavallo. E per Eliana Arcioni lui è molto di più di un cavallo: «Lugano è il mio migliore amico e quando siamo in gara diventa quasi una parte di me. Non è di razza perché se fosse così, sarebbe troppo delicato e capriccioso. È docile e buono, ma soprat-

tutto è davvero enorme. Non potrebbe essere altrimenti per reggere un carico massimo di tre persone che salgono su di lui». La diciassettenne cernobbiese è una campionessa nazionale ed europea, nella categoria junior, di volteggio a cavallo in squadra. Lo sport, poco diffuso in Italia, unisce la ginnastica artistica e l’equitazione. Si eseguono infatti varie figure sul cavallo, mentre va al passo o al galoppo, a tempo di musica. «Spesso le mie vittorie - dice la campionessa - e i risultati conseguiti in gara non interessavano ai giornali perché non pratico uno sport popolare anche se riconosciuto dalla Federazione italiana. Vado avanti con passione, molti sacrifici e con il solo sostegno della mia famiglia. L’aiuto di eventuali sponsor sarebbe fondamentale per arrivare più lontano e raggiungere dei traguardi ambiziosi anche nei campionati individuali». Con dei trascorsi agonistici di alto livello nella ginnastica artistica in Svizzera per Eliana Arcioni il volteggio è stato amore a prima vista e quasi un’evoluzione prevedibile. Lavorare su un cavallo in movimento significa potenziare il coordinamento dei movimenti e il senso del ritmo, senza dimenticare l’importanza della forza fisica, dell’equilibrio psicologico e del coraggio. Ci sono vari passaggi graduali da rispettare nell’allenamento. Il volteggiatore prova gli esercizi su un destriero finto, munito di maniglie, per passare in un secondo tempo a quello in carne ed ossa, prima al passo e poi al galoppo. L’atleta cernobbiese, una volta deciso di praticare questo sport (più conosciuto nell’Europa del nord che in Italia), si è affiliata alla società sportiva equestre La Camilla di Concorezzo distinguendosi nel ruolo di “portante principale” che dirige l’azione della “portante di sostegno” e della “volante”. «Individuare Lugano - spiega la campionessa - è stato determinante all’inizio dell’avventura agonistica. Cavallo e volteggiatore si scelgono a vicenda per cominciare un percorso di vita. C’è un rapporto molto stretto tra noi; gareggiamo e giochiamo insieme, a volte mi è capitato anche di piangere con lui. È strano crederlo, ma i cavalli avvertono la paura di chi gli sta sopra. Quando sono in sella non mi è mai capitato di avere timori. Parlo spesso con Lugano e lui mi ascolta >>

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Arcioni - pronunciate dalle componenti del team nazionale poco prima di entrare in gara quella domenica in Austria. Le ansie si sono fatte sentire. La squadra stava per affrontare l’ultima delle tre performance della categoria all’internazionale di Stadl Paura e l’obiettivo era il podio. L’irrefrenabile voglia di mettersi in gioco e dimostrare le proprie capacità si scontrava questa volta con la paura di sbagliare. Le ragazze erano in fila, pronte ad entrare in gara, quando qualcuno ha gridato: “tirate fuori la grinta della Camilla”. Non so se è stata questa incitazione a dare loro una scossa, ma so che qualcosa è successo. Il team si è risvegliato dal torpore e ha scacciato tutte le ansie e le paure che lo bloccavano. La grinta riacquistata ha infatti permesso al gruppo di ottenere

Eliana: lo sport è qualcosa che sta dentro ciascuno di noi. La potenza del cavallo sostiene la leggerezza e l’eleganza di una o più ginnaste-acrobate guardandomi e alzando le orecchie. Quando se lo merita, lo ricompenso con zuccherini, mele e merendine». Gioco di squadra, passione e lealtà stanno alla base del team di volteggio della Camilla formato da sei ragazze più il cavallo. La diciasettenne Eliana Arcioni ha un ruolo fondamentale e sorregge le altre atlete del blocco, al massimo tre in tutto in gara, che si alternano sul quadrupede in movimento. Accanto a lei ci sono Luna Cassanmagnago (13 anni), Laura Gavazzi (17 anni), Valeria Gavazzi (11 anni), Nina Gurgoglione (18 anni) e Giorgia Moscato (16 anni). Ad allenarle è la plurimedagliata Laura Carnabuci all’agriturismo La Camilla di Concorezzo vicino a Monza. L’insegnante è anche l’ideatrice degli splendidi costumi in lycra, rifiniti con cristalli Swarovski, e dei trucchi sfoggiati dalle ragazze che si ispirano di volta in volta a temi vari come “Il gobbo di Notre Dame” e le maschere veneziane. Ogni squadra nazionale deve fare alcune competizioni di livello nell’arco dell’anno e conseguire un risultato importante per qualificarsi ai campionati europei. Di recente al Concorso di volteggio di Stadl Paura in Austria le ragazze hanno portato a casa un bronzo mettendo a segno un recupero sorprendente. «“Ho paura!”, ”Mi fa male lo stomaco!”, ”Non mi reggo in piedi!”, ”Voglio il papà…”: queste sono le espressioni - ricorda Eliana 96

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il podio con un bel bronzo». Le ragazze il 23 giugno sono state in Germania per una gara ad Aachen dove hanno ottenuto un altro punteggio di tutto rispetto. Questo è un appuntamento importante, che riunisce atleti ai massimi livelli, vi si accede esclusivamente su invito ed è la migliore vetrina europea per il volteggio a cavallo. Eliana Arcioni porta avanti un percorso agonistico individuale oltre a quello in squadra. Già l’anno scorso aveva le qualifiche necessarie per i campionati europei, ma per una serie di motivi che esulano dalle sue capacità non è stata ammessa. Quest’anno invece un infortunio ha condizionato negativamente una gara individuale decisiva cambiando le previsioni a suo favore, ma lei non molla e va avanti a testa alta. «Lo sport - sottolinea Eliana - è qualcosa che sta dentro un individuo, nasce dal profondo e vuole dire cadere e rialzarsi. Nel volteggio la potenza di un cavallo sostiene la leggerezza e l’eleganza di una o più ginnaste- acrobate. Quello che per gli altri è follia per me è pura voglia di vivere. La mia forza è la passione». Eliana Arcioni oltre ad essere un punto di rifermento imprescindibile per la squadra è un’autentica cheerleader. Non smette mai di incoraggiare le sue compagne di gara e di rassicurarle. I legami tra le atlete che si allenano fianco a fianco quasi tutti i giorni sono fortissimi. «Quando cade una di noi - racconta la campionessa - è come se cadessimo tutte. A Pasqua gareggiando me la sono vista brutta, ma poteva andare peggio. Nel momento in cui mi hanno portata via con la barella le più piccole della squadra si sono precipitate come un fulmine vicino a me. Lugano quando sono caduta mi ha elegantemente schivata senza investirmi con il suo peso piuma. La cosa ha sorpreso tutti,

tranne me». Il lavoro in palestra si concentra sul potenziamento fisico, sulla scioltezza dei movimenti e sugli elementi acrobatici. Lo sviluppo della muscolatura delle gambe si rivela fondamentale poiché rappresenta un’ancora di salvezza che protegge dalle fratture. La giornata tipo della sportiva inizia presto con la colazione abbondante, la scuola e poi subito l’allenamento in palestra a Como dove si fanno esercizi di mantenimento e acrobatici o al maneggio a Monza dove si volteggia a cavallo. D’estate la squadra diventa una famiglia allargata che si sposta nelle rispettive case di turno. Praticare sport a livello agonistico lascia poco spazio all’evasione. «Adesso non ho tempo - confessa la campionessa - per il fidanzato. Ogni tanto al sabato sera vado con le mie compagne di squadra a ballare in discoteca». Eliana Arcioni frequenta la quarta liceo linguistico al centro studi Casnati di Como. I compagni di scuola la vedono come la sportiva della classe. Eppure chi lo avrebbe detto che, proprio lei, alle medie non primeggiava in educazione fisica. «Mia madre - ricorda l’atleta - si sentiva ripetere che non avevo potenza, ma avrei potuto raggiungere la sufficienza, se solo avessi voluto. L’insegnante non aveva tutti i torti. Oggi ho superato di molto le sue previsioni. Diciamo che ho dieci in educazione fisica».

IL SI DI MARIA DE FILIPPI Eliana Arcioni si è esibita a febbraio con la squadra azzurra nel programma Italia’s got Talent in onda su Canale 5 superando la prova con i fatidici tre sì dei giudici Maria De Filippi, Gerry Scotti e Rudy Zerbi. L’atleta cernobbiese ha fatto parte del Team Volteggio Italia con Ludovica Anania, Giovanni Bertolaso, Marta Bertolaso, Luna Cassanmagnago e Giulia Marchesan, che provengono da città diverse e per cinque mesi hanno fatto allenamento insieme. La registrazione è avvenuta a Roma e le prove sono state fatte a Pisa, a Verona e qualche volta a Monza. «Per rendere l’esibizione spettacolare - racconta l’atleta cernobbiese- i nostri genitori hanno brevettato un cavallo meccanico che simulava il galoppo poiché non era permesso portarne uno in carne ed ossa a Italia’s got Talent». La sua costruzione è stata realizzata in officina pezzo per pezzo da Luciano Lambardi, papà di Elettra che invece ha curato il look della squadra per l’esibizione concentrandosi sui costumi e sul trucco. Lo spettacolare esercizio del team è stato realizzato con Nelson Vidoni e Anna Cavallaro. «Quella volta – confessa Eliana Arcioni- ad Italia’s got Talent ho vissuto l’emozione del piccolo schermo da protagonista. Tutta quella gente che mi guardava e applaudiva mi ha permesso di vedere il mondo della televisione da un’altra prospettiva».

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UN CAPPELLO

per OBAMA di Annalisa Testa, foto Andrea Butti/Pozzoni IL COMASCO FILIPPO BORRELLA DIVENTATO TESTIMONIAL DEL PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI SENZA NEMMENO SAPERLO. LA SUA COLLEZIONE DI CAPPELLI E LE RIVISTE CHE LO INSEGUONO

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uo padre gli diceva “una volta che ti hanno messo spettatamente il viso di Filippo Borella compare su camsu il cappello non te lo togli più”. Aveva ragione. pagne pubblicitarie, volantini, brochure, libri e manifesti E Filippo Borella ha fatto del cappello un progetpolitici. Come la campagna per l’assicurazione scolastica del to artistico. Non economico, sia chiaro. Nel 2009 presidente Obama, uscita in 11 Stati degli Usa. « Non solo. decide di dedicarsi a To Be, una sequenza di 250 ritratti in C’è anche un’applicazione per gli smartphone divertente da cui il soggetto non è il volto impassibile di Borella, ma il usare. Si chiama Face Switch, ci sono diversi modelli e tipocappello. I cappelli, anzi. Filippo logie di viso. Io sono quello con posa sempre con la stessa espresla barba, puoi modificare le tue sione cambiando continuamente foto utilizzando le diverse caratDalla campagna in America copricapo. In una vita ne ha colteristiche che contraddistinguolezionati più di 150, comprati ai no ogni faccia». Scaricata, è vero. per l’assicurazione scolastica mercatini, regalati da amici che Filippo incarna perfettamente lo voluta dal presidente Obama, girano per il mondo, o riesumati stereotipo di uomo con barba da archivi storici della sua infanincolta e capelli lunghi e giocare ai cartoni del latte in Autralia, zia, che utilizza quando si travea modificare il volto è divertenall’applicazione per smartphone ste da clown per mettere in scena te. Ma dietro al progetto To Be uno dei suoi spettacoli. «L’idea c’è un vero e proprio messaggio nasce dal voler dimostrare che sociale: «Essere sé stessi non è si può rimanere sempre sé stessi anche se cambia l’abito, facile: l’essere umano muta continuamente il proprio sé al il cappello in questo caso. Ogni copricapo così mi ha dato fine di adattarsi ai diversi contesti. Per questo ho voluto dar un’identità. Giocoso, divertente ma anche serio con accenni prova del fatto che se l’abito cambia noi possiamo comunpolitici. Inizialmente io e un amico Alexandre Zveiger, il que rimanere uguali». E così il volto di Borella arriva anche fotografo che con me ha dato il via a questa avventura, abin Australia e gira stampato sui cartoni del latte del brand biamo deciso di mettere i ritratti on line. In poco più di due Harvey Fresh, uno dei maggiori produttori e distributori anni ne abbiamo vendute quasi duemila». Dove sono andati di latte, derivati e succhi di frutta del sud ovest australiano. a finire questi scatti? Anche dall’altra parte del mondo. InaA ogni gusto cambia l’immagine utilizzata: un cappello da

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PUBBLICITÀ

Il volto di Filippo Borrello finito persino sulle confezioni di latte in Australia.

aviatore per il latte al caffè, una parrucca con i capelli corti per il latte alla banana, un cappello da contadino per quello alla fragola e così via. « Io non ne spevo nulla. L’hanno scoperto per caso degli amici che viaggiavano in Australia. Erano in autostrada e di fianco alla loro auto è passato un camion con le foto dei cartoni del latte stampati sulle pareti, sono stati loro ad avvisarmi. È successa la stessa cosa per la cover di un magazine tedesco, Meier. Durante il periodo natalizio hanno messo in copertina una mia foto con il cappello da Babbo Natale, poi sono finito anche in Russia con un cappello dell’esercito sovietico come giocatore di poker che batte il campione mondiale». La cosa incredibile, e per alcuni incomprensibile è che Filippo non guadagna un centesimo su queste pubblicazioni. «A me non interessa il guadagno in questo settore, io mi voglio concentrare sul >>

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VOLTI MUTANTI

Così Filippo Borrella architetto modifica la propria immagine e diventa testimonial di prodotti commerciali senza nemmeno saperlo.

progetto. Ho avuto da poco una richiesta da parte di Borsalino, azienda storica nella produzione di cappelli, per una collaborazione a tema. Non solo, aziende italiane mi hanno contattato per avere informazioni, stiamo cercando di capire qual è il meccanismo che sta dietro alla scelta della mia immagine per pubblicizzare prodotti di uso quotidiano o altri utilizzi. Per me questo mondo è tutto nuovo. Sono un architetto, mi sono laureato all’Accademia delle Belle Arti di Brera e mi hanno conosciuto prima come “quello delle cerniere” poi come “quello di cappelli”». Già, perché Filippo Borella ha sviluppato su tela la tecnica della zip che consente di conciliare scultura e pittura. Già nel 1993 l’artista ispirandosi ai leggendari tagli di Lucio Fontana pensa di ricucirli applicando sulla tela il cursore di una chiusura lampo che rappresenta un’apertura. «Ho cercato di mettere in pratica il concetto spaziale di andare oltre la tela, di unire il 3D al piano statico della superficie piana». Sulle pareti di casa sua, che ricorda vagamente quella di Dalì, quadri con cerniere, fotografie, ritratti, premi e riconoscimenti ottenuti grazie ai suoi lavori e appesi al soffitto, ovviamente, un centinaio di cappelli.

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di ELISABETTA BROLI

COLPO DI SPUGNA

LE REGOLE DEL KITSCH E QUEI CONI-GELATO E per l’arredo cittadino non c’è un bar che abbia le sedie esterne del medesimo stile

Era da un paio d’anni (almeno) che volevo accomodarmi a gustare una coppetta fiordilatte, cioccolato e limone. Che altro si può ordinare seduti su uno degli enormi coni-gelato in plastica di una storica pasticceria del centro? Avevo dei dubbi, mi sbagliavo: in effetti sono abbastanza confortevoli; ma anche da lì non ho cambiato parere: erano e restano kitsch. Per carità, i coni-gelato taglia extra-extra-large sono in buona compagnia, perché lo stimato filosofo dell’estetica Gillo Dorfles nel suo saggio “Antologia del cattivo gusto” bolla come kitsch anche la “Gioconda con i baffi” realizzata da Marcel Duchamp nel 1919. Ma lì, almeno, c’era l’idea di spogliare un’opera d’arte della sua sacralità. Chi ha concepito i nostri coni voleva forse dissacrare la coppetta fiordilatte, cioccolate e limone? Sicuramente ne ho visti di peggio, di oggetti kitsch, come gli accendini a forma di water o a forma di parti intime maschili o femminili: come ci si fa ad accendere una sigaretta con quelle cose lì? E pure Lourdes (e lo dico, da cattolica, con un filo di costruttiva ironia) non si fa mancare nulla: all’esterno dell’aria dove fede e speranza hanno il sopravvento, trovi di tutto a forma di Madonna, caramelle comprese, anche se quella vera è poi l’unica a fare miracoli. Sicuramente i nostri coni non sono nella hit-parade del

cattivo gusto: a precederli, oltre agli accendini, ci sono le bambole che un tempo si vedevano sui letti, tra coperte ad uncinetto e pizzi, e la gondola veneziana con le luci. Mitica! Sono stata tentata di acquistarla, segno che nessuno è esente, per lo meno io non lo sono, dall’inciampare nel non buon gusto. Neppure noi italiani, che per lo stile del nostro guardaroba siamo riconoscibili dall’Alaska alla Malesia; e riconosciamo al primo colpo i tedeschi per i loro sandali con i pedalini (bianchi). Ecco, i coni-gelato, che non dico i grandi design ma neppure il signor Ikea si sognerebbero di proporre, farebbero meno effetto nella patria della cancelliera Angela Merkel, anche se lei un suo stile l’ha conquistato. Mi chiedo: ma il kitsch ha regole proprie, dei canoni come il bello, alle quali far riferimento? Vado orgogliosa di avere in soggiorno una statua in gesso alta 42 centimetri che rappresenta Gesù (l’ho trovata da un rigattiere di lusso) e sono sicura che più di un amico la giudica kitsch. Voi non avete niente, ma proprio niente, con questo “stile”? Comunque il mio Cristo non lo espongo in una strada di Como, alla vista di grandi e piccini! E almeno la tentazione di nasconderlo ce l’ho. Ma restiamo in tema e da via Bodoni camminiamo fino in piazza del Duomo: è possibile che non ci siano due bar - dico: due - con le sedie identiche? E’ vero, sono più o meno tutte verde-grigio scuro, però alcune con lo schienale quadrato, altre tondeggiante o quadrato ma con dei fori, e non mancano sedie in plastica, come quelle che si usano nei giardini privati. Già, non si può proprio dire che noi comaschi siamo privi di creatività!

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di EMILIO MAGNI

LE PAROLE CHE NON TORNANO

GLI ASABESI, FELICITÀ DEI BAMBINI PRIMA DELLA CICCA AMERICANA Una parola che pareva essere dialetto invece era italiano, anche se storpiato

Gli asabesi: ve li ricordate? Ho fatto, così un po’ alla buona, una rapida indagine tra i ragazzi di oggi per stabilire se sapessero cosa erano gli asabesi, ma alla domanda tutti mi hanno guardato con un fare come per dire: «Ma cosa sta chiedendo costui?». Rivoltomi a persone sulla trentina e più, il risultato è stato “un po’ meglio”, ma non di tanto. Solo uno mi ha detto: «Ah, sì! Mia nonna mi raccontava che quando era una bambina “andava matta” per gli asabesi». Quelli che, come me, hanno sulle spalle qualche “anta” degli asabesi invece si ricordano di sicuro. Erano quei dolcetti neri, piccoli, di forme disparate e fantasiose, dalla testa di un negretto, a un’ape, o a una scimmietta: la fantasia non aveva limiti. Ai bambini piacevano tanto gli asabesi perché, succhiandoli duravano molto, portando in bocca il fresco sapore della liquerizia. Mi ricordo mio padre, che, la domenica pomeriggio quando andavo all’oratorio, mi dava venti lire: quindici per il cinema, cinque per gli asabesi. Comperavo il “pacchettino” con quei dolcetti neri dal Michele, il mitico venditore ambulante, che collocava il suo carrettino vicino all’oratorio, la domenica, o in altre posizioni strategiche, come le scuole, nei giorni feriali. D’estate il pezzo forte del Michele era la granita, che noi chiamavamo “granatina” . D’inverno invece andavano mol-

to gli asabesi, i croccanti, le “stringhe” che erano fatte con la liquerizia e la gomma arabica come gli asabesi ma erano a forma di pencoli molto allungati e arrotolati a spirale. Nel centro presentavano confettini dai gusti più disparati. Io non potevo permettermi le “stringhe” perché costavano di più degli asabesi. “Asabesi”, una parola di quelle che certamente non tornano più, una parola che pareva essere dialetto invece era italiano anche se un po’ storpiato e abbreviato. Esisteva solo al plurale, infatti non si è mai sentito nessuno dire asabeso, o asabese. Non si andava, infatti, mai a comperarne uno solo: il minimo era una dozzina, altrimenti dove sarebbe stato il gusto? Da dove viene questo nome asabesi? Le teorie sono diverse. La più accredita è quella secondo la quale questo nome faccia riferimento al porto di Assab in Eritrea che nel 1881 fu conquistato dagli italiani nella famosa campagna abissina. Assab fu uno dei centri più importanti della colonia italiana. Verso la fine dell’Ottocento cominciarono così ad arrivare comunità di neri proveniente da Assab e che quindi vennero chiamati “assabesi”. Fu cosa naturale associare quegli abissini con quei dolcetti tutti neri come loro. Nel passaggio di questo nome alla versione popolare si è persa una “s” e si è giunti ad asabesi. Grande attrazione, per i bambini, ma non solo per loro, gli asabesi restarono sulla cresta dell’onda fino nel dopo guerra. Poi, come tante altre leccornie furono travolti dall’avvento della chewingum, la famosa “cicca mericana” che conquistò i palati dei giovani di tutto il mondo.

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EVENTI

A COITER IL PREMIO FEDELTÀ ASSOCIATIVA Dopo trentacinque anni di attività il riconoscimento di Confcommercio Durante la 68a Assemblea Annuale, Confcommercio Como ha consegnato al Gruppo Moda Coiter, la targa premio fedeltà associativa. Un riconoscimento importante che sottolinea i passi che sono stati fatti dal 1977, anno in cui Coiter nacque come negozio al dettaglio, ad oggi dove il gruppo si presenta al pubblico con 12 negozi di moda. Un lungo cammino di passione sinonimo di esperienza e di innovazione. Coiter è stato al passo con una moda che cambia, accogliendo nei suoi 4000 mq, ampi spazi dedicati all’abbigliamento ed accessori Donna, Uomo e Bambino. Non mancano negozi di calzature, sneakers e negozi di pelletteria e pellicceria. Oggi, Coiter è un vero Fashion Center con 12 negozi di moda in cui il cliente può trovare i migliori brand per il proprio look: da uno stile essenziale e versatile a un lifestyle simbolo

di libertà e semplicità, ma soprattutto di un modo di vestire globale e alla moda che Coiter ha simpaticamente chiamato “new look every week”. Nell’ultimo anno Coiter ha sviluppato una nuova strategia di marketing e di comunicazione indirizzata ad interagire con un target giovane e dinamico. Numerosi gli eventi-sfi lata che hanno visto la presenza di Coiter in rinomate discoteche del Comasco-Brianza. Un approccio friendly al mondo dei giovani sempre alla ricerca di un look cool e glam. Coiter, attraverso i Social Media, in particolare Facebook diventato il principale strumento di comunicazione online dell’azienda, propone novità e tendenze: ogni giorno, proposte di outfit e nuovi arrivi, consigli di stile e pillole dal mondo del Fashion e del Beauty.

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EVENTI

AUTO D’EPOCA DAL LAGO ALLE VALLI Successo del Giro Notturno del Lario organizzato dal Veteran Ca Club Como Successo di concorrenti e di pubblico per la ventiseiesima edizione della rievocazione storica del Giro Notturno del Lario, organizzata dal Veteran Car Club Como nel 35° anniversario di fondazione. Quarantadue i concorrenti partiti sabato 29 giugno da Piazza Cavour e che hanno affrontato sulle strade del lago e delle valli lariane una due giorni di prove di regolarità. Poi domenica 30 giugno sono arrivati tutti puntuali al traguardo dell’Aeroclub di Como, dove si sono svolte le premiazioni. Vincitore assoluto è risultato l’equipaggio mi-

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di GIANFRANCO CASNATI

lanese composto dal pilota plurimedagliato Fabio Colombo e dal giovane navigatore Giulio Caccialanza, a bordo di una Mini Cooper 1300 del 1973. Prime degli equipaggi femminili le comasche Roberta Crippa e Paola Bruno, a bordo della Giulietta Spider del 1960. Organizzazione splendida, come detto, da parte del club, coordinato dal presidente Adriano Monzio Compagnoni, dalla dinamica segretaria Carla Galli e da Beppe Dosi, gentleman driver e figura storica dell’automobilismo comasco.

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IDEE (S) FASHION

di SERENA BRIVIO

RAGAZZE IN GAMBA Con l’arrivo dell’estate tornano gli shorts e per i colori vince la tinta unita o stampata È il momento delle ragazze …in gamba. I più caldi mesi estivi rilanciano gli shorts. Dilagano ovunque: in città, al mare, in montagna. Micro, macro, sfrangiati o con risvolto. In ogni tipo di materiale, dal più casual al più raffinato. Tinta unita o stampati. Basta guardare per strada o gettare un’occhiata alle vetrine delle boutiques per rendersi conto di come gli stilisti si siano sbizzarriti. I più trendy? Quelli in denim, fotografati addosso alle più copiate icone del mondo del cinema e della moda. Chi ama l’imprimé, potrà sfoggiare motivi maculati, ma anche romantici fiorellini, maxi righe marina ispirate ai più esclusivi lidi del Mediterraneo, piuttosto che geometrie pop. Quanto ai colori, questa stagione si va dal total black ai fluo, passando per le tonalità pastello. Avvertimento importante: l’uso dei pantaloncini è consigliato alla popolazione femminile che possiede gambe lunghe, snelle e prive di inestetismi. In caso contrario, meglio astenersi!

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NAVIGAZIONI LARIANE

di LUCA MENEGHEL

UN’ESTATE AI LIDI Tutte le offerte da Villa Olmo a Ossuccio da Moltrasio fino a Menaggio e Bellagio Passa dai lidi l’estate dei comaschi. Che si tratti di spiagge comunali o strutture private, il lago di Como offre da sempre un’ampia scelta a chi va in cerca di sole e divertimento. E per molti la scelta della meta passa proprio dal web, una vetrina per scoprire tutti i servizi offerti dai singoli centri. In questa rubrica abbiamo raccolto i siti migliori fra alcuni dei lidi più rinomati. Ma basta una rapida ricerca sul web per scoprire piccole spiagge sconosciute ai più, con le testimonianze - e magari le fotografie - di chi ci è già passato. Istituzione comasca è il lido di Villa Olmo (http://www. lidovillaolmo.it/). Stabilimento balneare della città sin dagli anni trenta, dopo un periodo di degrado negli anni settanta è stato recuperato il decennio successivo. Nella sezione “Il Lido” gli utenti troveranno elencati tutti i servizi offerti, dai corsi di nuoto all’area wellness, oltre alla storia quasi centenaria dello stabilimento. Tutte le tariffe - comprese quelle per i corsi di nuoto e il noleggio delle barche - sono disponibili nella sezione “Promozioni”. Non manca ovviamente una sezione fotografica: il lido è per altro alla ricerca di vecchie immagini e invita chiunque abbia dei documenti a spedire una mail all’indirizzo info@lidovillaolmo.it. Risalendo la Regina incontriamo il lido di Lenno (http://www.lidodilenno.com/). Uno stabilimento - con un sito Internet molto suggestivo - che negli anni ha affiancato alla spiaggia il ristorante, la musica e perfino l’organizzazione dei matrimoni. Il portale offre molte informazioni, dalla carta dei vini ai servizi disponibili sulla spiaggia. Ma il lido di Lenno è molto attivo anche sui social network: oltre ai classici Twitter e Facebook, una visita merita senza dubbio il profilo aperto su Instagram (http://instagram. com/lidodilenno), il nuovo social network dedicato agli amanti della fotografia. È invece una musica rilassante ad accogliere i visitatori sul portale del lido di Menaggio (http://www.lidomenaggio.it/), un altro luogo caratterizzato da sole e lago ma anche da cene romantiche, balli e feste serali. Interessante è la sezione dedicata alle birre artigianali che si possono assaggiare in loco, tutte legate - fin dai nomi - al nostro territorio: ci sono la bionda Lario, la rossa Volta e l’ambrata Lucia, ognuna con diverse caratteristiche organolettiche. Da segnalare è anche la suggestiva struttura razionalista del lido di Bellagio (http://www.lidodibellagio.com/), trasformata in una delle mete notturne più in voga del territorio lariano. Anche il 114 mag

sito del lido, nella sua semplicità, ha un qualcosa di razionalista: dalla home page è facile accedere immediatamente a tutte le informazioni, da prezzi e orari della spiaggia alle offerte pensate per le coppie in procinto di sposarsi. Al pari del lido di Lenno, anche il lido di Bellagio scommette molto sull’interazione con gli utenti: tutti i link alle pagine Facebook, Twitter e Instagram sono facilmente raggiungibili nella parte bassa dell’home page. Un piccolo paradiso è anche il lido di Ossuccio (http://www. lidodiossuccio.it/), un chiosco a piccolo sul lago rinomato per gli aperitivi e per i venerdì sera musicali; tutti gli appuntamenti in agenda sono disponibili nella sezione “Eventi”. Da non dimenticare, infine, il lido di Moltrasio: la struttura non ha un sito ufficiale, ma tutte le informazioni utili sono disponibili sul portale turistico del lago di Como (http://www.lakecomo.it/territorio/ spiagge_e_lidi/lido_di_moltrasio).

SEGNALAZIONI ASL COMO www.asl.como.it Nella sezione balneabilità del sito dell’azienda sanitaria ci sono tutti i dati aggiornati sulla pulizia delle nostre acque. LOCANDA DELL’ISOLA COMACINA www.comacina.it Il sito del ristorante offre diverse pagine dedicate alla storia e alle leggende dell’isola. NAVIGAZIONE LAGHI www.navigazionelaghi.it Tutti gli orari e le tariffe dei traghetti, per passare nella stessa giornata da una spiaggia all’altra. Hai un sito dedicato a Como, al Lario e al territorio circostante? Vuoi segnalare un blog ai lettori del MAG? Scrivi una mail all’indirizzo navigazionilariane@yahoo.it.


SCAFFALE

ALTRE STELLE URUGUAYANE Il nuovo roimanzo di Stefano Marelli

Stefano Marelli “Altre stelle uruguayane” Rubettino 234 pag., 4 euro

Freschissimo di stampa, dopo aver già fatto tappa al Salone di Torino, vincitore del primo premio del concorso per inediti “Parole nel vento” 2012, il libro di Stefano Marelli va davvero forte. Marelli, ora vive in Svizzera, a Sagno, ma le sue radici sono brianzole e la sua testa ha elaborato un romanzo che fila via liscio tra avventure, qualche divertente battuta ironica, il Sudamerica e Mussolini, il calcio e l’amicizia. Un testo che ha una trama che sembra un mix di tante cose, è lo è, ma il risultato (Marelli si è guadagnato anche il plauso del critico D’Orrico) è eccellente e il romanzo non si abbandona, se non per chiuderlo dopo averlo letto d’un fiato. C’è il regime fascista, c’è il dolore dell’essere orfani e molto ancora nella narrazione del brianzolo, che arriverà a inventarsi per il suo protagonista una vita straordinariamente appassionante a volte incredibile. La copertina promette già sogno e speranza, in una vicenda che all’inizio sembra non poterne avere.

QUELLA NOTTE SUL LAGO DI COMO Inutile dirlo, il giallo è un colore che si addice ai libri, specie quando si desidera passare qualche ora in compagnia di personaggi che un po’ racchiudono vizi e virtù comuni, un po’ si comportano come mai avremmo il coraggio di fare. Nella collana Giallo Dominioni, dell’omonimo editore comasco, vengono riproposti due romanzi di autori comaschi che ambientano storie di mistero e intrigo proprio sul lago di Como e nei territori lariani. I libri sono scritti da Marco Gatti e Giorgio Frigerio. Marco Gatti nella vita è giornalista e ha scritto un romanzo che parte da un fatto di cronaca nera, una mamma e tre bambini uccisi in un incidente stradale sulla strada Regina, causato dallo stesso protagonista. Sarà proprio questa tragedia a dare il via alla narrazione che non manca di volte e sorprese. Frigerio, erbese, ha invece scritto un giallo dove si mischiano fascino femminile e delitto. Giorgio Frigerio “Delitto a Passo Pinei” Giallo Dominioni, 160 pag., 13 euro Marco Gatti “Quella notte sul lago di Como” Giallo Dominioni, 160 pag., 13 euro

ERA IL TEMPO DELLA POESIA Sono poesie che intrecciano dolore e speranza in una visione d’amore profondo, sono componimenti che un’autrice siciliana d’origine, ma comasca d’adozione, ha voluto inserire nel suo libro. Un testo ricco di suggestioni, di rimandi familiari, non sempre gioiosi, ma veri e aderenti alla realtà, che non risparmiano nulla al lettore, non lesinano gioia e neppure sofferenza. Si tratta di poesie di affetti veri, per questo, a volte, anche sinceramente crudi. Su tutto però veleggia un affetto profondo. Cettina Lascia Cirinnà “Era il tempo della poesia (era il nostro tempo)” Libreria Editrice Urso 55 pag., 9,50 euro

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Informazione pubblicitaria

VINCENZO MONTANA Docente di Terapia Manuale, ideatore del metodo Nudorsfm1989 per eliminare il dolore cervicale-dorsale-lombare.

Guarire si può Il metodo NUDORSFM per alleviare il dolore, una tecnica di terapia manuale applicata a livello articolare “Guarire si può”. Questa è la filosofia che ispira il dottor Vincenzo Montana, ideatore del Metodo Nudorfsm. Un metodo che non si limita ad eliminare il dolore e i problemi, a livello locale, ma che lo risolve alla radice, eliminandolo per sempre. Il dottor Montana ha iniziato ad interessarsi di terapia manuale, quando era ancora bambino. Grazie a suo nonno che in Sicilia, era considerato un “aggiustaossa”. «Pur non avendo una vera conoscenza scientifica, era in grado di “sistemare” distorsioni, sub-lussazioni e blocchi articolari, utilizzando tecniche che venivano tramandate da padre in figlio – ricorda -. Era una forma di medicina a basso costo dove l'operatore si prestava gratuitamente al trattamento divenendo allo stesso tempo soggetto importante e fondamentale della comunità. A quei tempi non sapevo dare un nome ad ogni singolo disturbo, e il più delle volte le persone utilizzavano un linguaggio povero ma specifico, che permetteva di appurare come si era creato l'evento traumatico. Negli anni che seguirono appresi i rudimenti della manipolazione articolare divenendo man mano sempre più sicuro nella manualità». Il dottor Montana però non si fermò alla pratica e, trasferitosi a Como, iniziò a seguire un corso di massaggio zonale riflesso del piede, con il maestro Zamboni anch'esso manipolatore e dopo entrò alla scuola di fisioterapia dell’Istituto Ortopedico Galeazzi. Nel 1989, dopo varie esperienze nel campo della terapia manuale, della fisioterapia, e della medicina energetica, nasce il metodo di riequilibrio posturale Nudorfsm. «Una tecnica di terapia manuale che si sviluppa attraverso una serie di stimolazioni applicate eseguite direttamente a livello articolare e non muscolare – spiega -. Per una sindrome dolorosa della spalla il trattamento prevede la stimolazione della zona toracica anteriore e posteriore e delle zone inserzionali dell'omero della scapola, del gomito, polso, carpo e delle falangi della mano. Queste hanno lo scopo di fungere da stimolo per far si che si producano modificazioni sostanziali a livello articolare, capsulo-legamentoso, muscolare, scheletrico e tendineo. Per ottenere una risposta del sistema propriocettico, che si instaura attraverso le manualità eseguite che producono uno stimolo fasciale, connettivale, tendineo, muscolare, cutaneo e viscerale. Queste informazioni a loro volta favoriscono l'attivazione di recettori specifici sensoriali, esterocettori, propriocettori, enterorecettori, recettori vestibolari». Dopo l'elaborazione e l'attuazione delle tecniche utilizzate su pazienti con disturbi osteo-articolari, notando una certa efficacia e un buon numero di miglioramenti, il dottor Montana decise di iniziare a divulgare le tecniche con corsi di specializzazione rivolti ad operatori sanitari: medici, fisioterapisti, osteopati, massaggiatori ed operatori nel campo della medicina energetica. «Dopo molti anni di studio e di docenza nel campo delle terapie manuali e dopo aver collaborato con vari soggetti specialisti – aggiunge il dottor Montana - posso affermare, con criterio scientifico, che le manipolazioni che eseguiva mia nonno, che io reputo un chiropratico non laureato, erano del tutto uguali a quelle che in questi anni ho visto spiegare in ambito universitario e clinico». Il Nudorfsm è un metodo di cura che nasce dalla necessità di trattare in modo più completo le sindromi dolorose di origine osteo-articolari, muscolari e capsulo-legamentose. Chi subisce un trauma, è destinato a sviluppare nel tempo disturbi su l'intera struttura corporea indistintamente dalla zona interessata. Da questa convinzione nascono le basi del trattamento con il metodo Nudorfsm: un trattamento generale e non più una stimolazio-

ne segmentaria e frammentata del disturbo. Una tecnica terapeutica che considera la possibilità di trattamento di zone collegate direttamente o indirettamente fra loro, con la convinzione che queste possono essere causa o concausa dell'instaurarsi di squilibri posturali, spesso motivo di dolore articolare e muscolare. Esistono molte tecniche di cura basate sulla terapia manuale, che si prefiggono il raggiungimento del giusto equilibrio del corpo. «Per quanto possa risultare buona, a volte operare con un singolo metodo può essere poco produttivo, ai fini del risultato finale – dice Montana -. Non siamo solo noi a decidere il "modo" in cui lavorare e con quali tecniche: se volessimo ben riuscire dovremo accettare il fatto che il corpo, volta per volta, potrà chiederci soluzioni diverse a cui dovremmo adattarci per far fronte ad esigenze specifiche» .ll dottor Montana ha deciso di divulgare il suo metodo, con corsi che si tengono in Italia e nel Canton Ticino (presso il centro Natura Libellula a Mendrisio, dove riceve anche i pazienti). Questi corsi, oltre ad essere specifici per gli addetti ai lavori, sono anche aperti a tutti coloro che hanno intenzione di apprendere questa tecnica manuale. Per informazione sui seminari contattare il numero 366-2104210 oppure lo 0041 -764021960. L’ammissione ai corsi avviene attraverso la valutazione del percorso formativo dell’interessato e del curriculum professionale. Entro la fine dell’anno poi sarà pubblicato il libro Nudorsfmontana, dove il dottor Montana, oltre a rievocare le tappe importanti della sua vita, esporrà le principali informazioni sulla tecnica per eliminare il dolore cervicale, dorsale e lombare. “Guarire si può” con il metodo Nudorsf che considera il corpo umano nella sua completezza e che non si ferma, nell’analisi dei problemi, alla localizzazione del dolore, ma risale alla vera fonte del disagio. Partendo sempre da una valutazione posturale che permette al dottor Montana di risalire al principio del problema. Campi di applicazione del metodo Nudorsf: cervicalgie, cervicobrachialgie, sindromi dolorose della spalla, periartriti, cepicondiliti ed epitrocleiti, dorsalgie, lombalgie, lombosciatlgie, sindromi dolorose degli arti inferiori, anca, ginocchio e caviglia. Il metodo del dottor Montana è applicabile, con efficacia, anche nella medicina estetica pre e post chirurgica, nedicina dello sport e nella medicina naturale ed energetica. Esistono anche delle controindicazioni, come le cardiopatie, le malattie del sistema nervoso centrale, i disturbi circolatori di grave entità, le patologie oncologiche (solo con autorizzazione medico-specialistica), il morbo di Sudeck, le gravi forme di osteoporosi, l’astenia, la gravidanza accertata o presunta (dopo il terzo mese previo consulto ginecologico) e le patologie a carico del sistema respiratorio. Il metodo viene applicato attraverso una fase detta di valutazione posturale in cui l'operatore visione il paziente in posizione statica e dinamica. La seconda fase prevede una valutazione con il paziente supino in cui viene effettuata un esame palpatorio dei principali gruppi muscolari a cui fa seguito una valutazione kinesiologica dei muscoli chiamati indicatori di postura. Da queste diverse fasi di valutazione , che vengono registrate su una apposita scheda paziente, si raccolgono i dati che saranno elaborati per l'impostazione del trattamento.

Il dottor Vincenzo Montana riceve a Mendrisio in via Gismonda numero 6. Sito internet www.libellula.ch.


GRANDE SCHERMO

di BERNARDINO MARINONI

LE INCAUTE NOZZE E IL SOGGIORNO SUL LARIO Al Festival di Locarno approda “Angoscia” del regista George Cukor Nella retrospettiva che il mese prossimo, a Locarno, il Festival del film dedicherà al regista George Cukor (1899-1983) si vedrà “Gaslight”, in italiano “Angoscia”: Ingrid Bergman, Charles Boyer, l’esordiente Angela Lansbury, Joseph Cotten, un thriller psicologico prefetto di perfetta alla formula hollywoodiana. Da Oscar. La statuetta fu assegnata a Ingrid Bergman, interprete protagonista di un film che è il suo capolavoro americano d’attrice nella parte della giovane donna che un progetto delittuoso altrui spinge sull’orlo della follia nella Londra vittoriana evocata dagli scenografi Cedric Gibbons e William Ferrari, a loro volta premiati con l’Oscar. Riconoscimento tanto più rilevante se si considera che nella temperie bellica - anno 1944 - tutti gli esterni del film furono girati in teatro di posa a Hollywood, compresi quelli ambientati sul Lario. Perché è espressamente sul lago di Como, infatti, che ripara l’inconsapevole vittima di un ladro assassino prima di decidersi a incaute nozze. Il soggiorno lacustre diventa, è il caso di dire fatalmente, una luna di miele: un’eclettica villa, una darsena, una barca; bastano per l’ambientazione romantica. I personaggi di Ingrid Bergman e Charles Boyer si muovono su una sponda comasca di cartapesta, di quelle “che abitano la dimensione parallela del falso cinematografico”, con verosimiglianza che è molto più letteraria che paesaggistica. Idillio fatale su un lago che non è soltanto espressamente nominato, ma di cui con un po’ di attenzione si intravede l’insegna del capoluogo: infatti, l’arrivo di Paula-Ingrid Bergman allo scalo comasco è contrassegnato dall’insegna della stazione, lettere che seppure solo in parte disegnano a grandi caratteri la scritta Como. A Como infatti la giovane approda in treno, concludendo un viaggio che il caso rende tormentoso, anche se sulla banchina trova inopinatamente ad attenderla l’interessato spasimante. La stazione è nello stesso tempo precisa e immaginaria: un traffico di barocciai. Su un marciapiede

stretto e animato che fa da sfondo s’intuisce più che sentire, il clamore dell’arrivo del treno in stazione, ma lesta a scendervi è lei, la Bergman, anche per liberarsi di una querula compagna di viaggio. La destinazione cinematografica Como via Hollywood non è mai stata altrettanto rapida, né all’epoca sarebbe stato pensabile girare sul posto, anche se George Cukor raccontava che gi piaceva “moltissimo girare in esterni” dove “capitano cose che ti costringono a illuminare le scene in un modo diverso”. In “Angoscia” l’inquadratura del lago si riduce all’ormeggio di un barca – “Hotel del lago” scritto a poppa – mentre l’azione si concentra sul terrazzo dove la donna, innamorata, subisce il condizionamento psicologico che la farà tornare a Londra, nella casa sita in una piazzetta spesso immersa nella nebbia dove, bambina, aveva intraveduto il delitto impunito posto a monte della vicenda. Una luce corrusca di lago fa da presagio in un’ambientazione prodotta però esclusivamente dalla raffinata convenzione hollywoodiana. Ma doveva bastare il nome - Como - per rinnovare l’esotismo dei laghi.

LA COMASCA LAVINIA LONGHI E I GIORNI DELLA VENDEMMIA Un altro esordio dietro la macchina da presa - dopo quello ammirevole di Marco Righi, “I giorni della vendemmia” - è accompagnato dall’attrice comasca Lavinia Longhi che figura in primo piano in “Amaro amore” di Francesco Henderson Pepe. Nel film, presentato ai festival di Taormina e Mosca 2012, Lavinia Longhi è Lidia, una figura niente affatto secondaria in un racconto corale e di formazione sullo sfondo cristallino delle Eolie, meta, insieme alla segreta ricerca delle proprie origini, del viaggio d’estate di due fratelli francesi. Un viaggio che si trasforma presto in itinerario esistenziale, in un confronto con l’età adulta e con i pregiudizi verso ciò che è diverso, rompendo gli equilibri di un microcosmo che coincide con l’isola di Salina, che il regista considera alla stregua di un personaggio del film. Un personale legame del regista con Salina produce qualche ridondanza, forse anche perché realizzare il film è stato un lungo travaglio, con sette anni di gestazione della sceneggiatura per raccontare “un amore che si svolge in un luogo magico: volevo fare un film puro – l’intento dichiarato del regista – sui sentimenti”. Accurata di conseguenza la selezione degli interpreti, a maggiore onore di Lavinia Longhi, ancora su un’isola, sul grande schermo, come in quella dell’Egeo della fortunata commedia “Immaturi-Il viaggio” di Paolo Genovese.

mag 117



di MARINELLA MERONI

ANIMALI

MA CERTI PAPÀ FANNO LA MAMMA ANCHE MEGLIO Cavallucci marini che entrano in gravidanza e anche pesci maschi che depongono le uova A volte ci sono dei papà che superano le qualità normalmente attribuite alle madri. Non stiamo parlando di umani, ma di animali! Anzitutto è giusto porsi una domanda: negli animali esiste il concetto di padre? Si! Esempi commoventi ce lo dimostrano. Il “papà” di carpa giapponese, ama i suoi piccoli, è lui che li cura e controlla, ma è nel momento del pericolo che mostra tutto il suo affetto: corre verso gli avannotti (neonati), apre la bocca e i piccini vi entrano; poi a bocca chiusa cerca gli eventuali dispersi, per risucchiarli una volta trovati, nella bocca del padre i pesciolini sono al sicuro. A pericolo scampato apre le labbra ed i suoi “ bimbi” tornano in libertà. Da sottolineare che le carpe si nutrono di pesci, quindi lo sforzo per non ingoiarli è grande, ma riconosco la loro prole, come i figli il genitore. Altri pesci attaccati alla figliolanza sono i ciclidi americani e quelli africani. È il maschio che “cova” le uova nella sua bocca fino alla schiusa, una volta nati i piccoli passeranno anche le notti nelle fauci del padre, per essere protetti. Altra prova formidabile di paternità la scopriamo nel cavalluccio marino: ne esistono 35 tipi di dimensioni che vanno dai 2 ai 35cm, ma ognuno di loro svolge questo compito in maniere esemplare. E il maschio a portare avanti la gravidanza. La procreazione avviene così: la femmina stringe la propria pancia contro quella del compagno inserendo nella tasca addominale del futuro papà le uova, il quale oltre a fornire le sostanze nutritive ai futuri “poni” secerne la prolattina (ormone che produce il latte). Una volta nati i piccoli torneranno nella tasca marsupiale paterna per essere nutriti fino al loro completo svezzamento! Anche gli anfibi maschi non si risparmiano. In alcune specie del sud America, accertato anche da Darwin, sono i “ranocchi” ad incubare nella loro sacca vocale le uova che si schiuderanno nella sua bocca. Le “ranocchiette” una volta nate saranno protette dal genitore. E che dire dei piccioni? È il maschio che si occupa della prole, anche lui ha la capacità di produrre una specie di latte, tramite una ghiandola che si trova nel suo esofago, per nutrire i suoi “bimbi”. La credenza poi che questi animali siano stupidi è del tutto inesatta! E ancora i Casuari, della famiglia degli Emu simili agli struzzi: è il babbo che prepara il nido, fa la guardia alle uova, le cove, una volta nati i pulcini li nutre e rista con loro fino a 9 mesi. In Guatemala vive un piccolo volatile acquatico, l’Heliornis fulica, è il maschio che si occupa dei suoi piccoli: li tiene fino allo svezzamento nelle sue “tasche” sotto le ali, sia quando vola che quando entra in acqua alla ricerca di cibo. In sud America vivono delle minuscole creature dal cuore grande, le Callitrici e i Tamarindi, sono piccole scimmie. Pure in questo caso è il papà che si occupa della prole, li cura, si preoccupa del pranzo e cena, ma fatto curioso, non solo gestisce i suoi “ piccini” ma anche di quelli degli altri, perfino, secondo uno studio del Dr. Lucas, il maschio assisterebbe la “moglie” durante il parto aiutandola con le mani. Una cosa che in generale i papà fanno poco, è giocare con i loro figli, tranne i cani della prateria: hanno una pazienza ed allegria nei confronti dei loro bimbi perfino esagerata, sopportano eroicamente tutto. Potremmo elencare ancora una infinità di padri esemplari : pinguini, lupi, castori etc. A volte sono loro, le ”bestie” che ci dimostrano l’amore per i figli! Dovremmo davvero imparare a rispettare tutte le creature del mondo.

mag 119


I CONSIGLI DELLO CHEF di PATRIZIA E ANTONIO SIRONI titolari Riostorante “Grillo” - Capiago Intimiano

METTI UNA SERA AL GRILLO Dal 1983 trent’anni di gusto tra il verde nell’atmosfera dello storico cascinale Per un secolo locanda e trattoria, il Grillo è oggi una riconosciuta realtà gastronomica nel panorama Lariano. Nel corso degli anni ricerca e dedizione hanno permesso a Patrizia e Antonio Sironi di portare il locale a una continua evoluzione, i cui risultati sono oggi apprezzati da clienti e critici grazie alla cucina di qualità e all’atmosfera accogliente. Inserito nell’incantevole contesto di uno storico cascinale, immerso in un’oasi di verde, a Capiago Intimiano, il Ristorante Grillo si apprezza anche per l’antica cantina risalente al XVII secolo riportata all’originale bellezza da un accurato restauro. Le radici piemontesi di Patrizia intrecciate con l’eredità gastronomica emiliana di Antonio tracciano un percorso tra paste fresche, carni piemontesi ed eccellenze locali. La tradizione lariana è invece rappresentata dalla proposta di pesci di lago, e dai migliori formaggi e salumi dell’arco prealpino. Le cucina di Antonio è accompagnata da una vasta ed accurata selezione di vini tra le più importanti case vinicole italiane curata da Patrizia. Al Grillo le stagioni guidano la scelta delle materie prime, coniugate in grandi classici della cucina italiana reinterpretati nella continua ricerca di nuovi sapori. Audaci sperimentazioni hanno portato allo sviluppo della cucina dei fiori e delle erbe, che in primavera scandiscono nuovi percorsi culinari. Sin dagli inizi, in autunno, il ristorante Grillo propone serate a tema, oggi tradizione consolidata, dove trionfano i grandi piatti conviviali della cucina italiana: gran bollito e fritto misto piemontese, eccellenze come il tartufo bianco e molto ancora. Una tappa obbligata per affezionati clienti e gourmand! “Al Grillo con le mani in pasta”, è un ciclo di corsi di cucina per veri foodies, dove vengono esplorate esperienze sensoriali legate a prodotti quali: le paste fresche, i funghi, la zucca, il carciofo, l’asparago, il radicchio di Treviso e di Castelfranco, le erbe aromatiche e numerosi altri. Nei mesi estivi all’ombra del maestoso platano, il Grillo off re un menu intrigante dove gustare il curioso tonno di coniglio,

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TONNO DI CONIGLIO SU MISTICANZA E ACETO BALSAMICO TRADIZIONALE Un antipasto ideale per i mesi estivi. INGREDIENTI: 1 coniglio da 1,5 kg. (senza fegato, reni e testa) diviso in tre parti: anteriore, busto e cosce 2 carote, 2 cipolle, 2 gambe di sedano, 2 spicchi d’aglio Sale e pepe da macina qb. 1 mazzetto di erba salvia Aceto balsamico qb. Olio extra vergine d’oliva qb. Misticanza Tempo di preparazione: 1,45 ora. PROCEDIMENTO: Lavare le parti del coniglio ed immergere in acqua bollente con carote, cipolle e sedano. Non salare. Cuocere per c.ca 40 minuti (da quando riprende il bollore), lasciare poi intiepidire nel brodo di cottura: la pentola può essere immersa nel lavello in acqua corrente per accelerare il raffreddamento. Disossare il coniglio eliminando le verdure e le parti grasse e porre in frigorifero coperto per rassodare le carni. Tagliare i pezzi più grossi e condire con abbondante sale, pepe, salvia e aglio. Mischiare accuratamente ad aggiungere l’olio. Conservare il coniglio in frigorifero in una casseruola, coperto da un velo d’olio. Servire sul letto di misticanza e spruzzare con l’aceto balsamico. ABBINAMENTO: Freisa Braghè 2012, Claudio Mariotto

l’insalata di gallina ovaiola ruspante, il lavarello del lago marinato, la splendida tartare di manzo e le fragranti paste fresche. In attesa di darvi il benvenuto al Ristorante Grillo, Patrizia e Antonio sono lieti di off rirvi una ricetta per l’estate, semplice e gustosa.



IL BELLO DELLA SALUTE di TIZIANO TESTORI Tiziano Testori, Docente Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Università degli Studi di Milano www.tizianotestori.eu Giovanna Perrotti, Laureata in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Specialista in Ortognatodonzia www.giovannaperrotti.it

ALLINEARE I DENTI AI FIGLI SENZA I “FERRETTI” Diagnosi corretta per un’ortodonzia dolce ed efficace anche fra gli adolescenti La richiesta di trattamenti ortodontici è aumentata notevolmente negli ultimi venti anni con una maggiore richiesta che non tende a diminuire nonostante la crisi economica abbiamo parzialmente penalizzato il settore odontoiatrico. Questo atteggiamento è probabilmente da ricollegarsi alla percezione che ha il paziente verso il benessere della propria bocca e al fatto che il concetto di prevenzione delle malattie del cavo orale è maggiormente sentito fra la popolazione. L’ortodonzia è infatti percepita dai genitori come un investimento per i propri figli in termini di salute della bocca e in previsione di una riduzione di problemi in età adulta. Si ha maggiore coscienza del fatto che gli adolescenti trattati ortodonticamente in modo corretto, avranno bocche più sane, esteticamente più belle e il vantaggio va oltre in termini di maggiore fiducia in se stessi e perciò nello sviluppo di una crescita più equilibrata. Questo fatto lo si percepisce molto bene fra gli adolescenti che ogni giorno sviluppano un netto bisogno di verifica del loro “appeal” basti vedere il numero incredibile di autoscatti fotografici che essi utilizzano per marcare la propria immagine sui social networks. Da ortodontista verifico come la richiesta estetica di un bel sorriso da mostrare sia molto sviluppata anche fra i più giovani e non solo fra gli adulti. Certi allora con questa premessa di avere un bel sorriso che l’adolescente subisce passivamente la scelta del trattamento ortodontico multibandaggio con gli attacchi fissati su ogni elemento dentale e percorsi da fili metallici. Percorsi lunghi e spesso indaginosi ma che hanno tuttavia una loro ragione d’essere in tutti quei casi di malocclusioni complesse. Ma per fortuna molti ragazzi possono oggigiorno sottoporsi al trattamento ortodontico in un modo molto più piacevole e tolle122 mag

rabile visto l’obiettivo di questo agognato bel sorriso! È infatti da alcuni anni che orami molti trattamenti ortodontici anche negli adolescenti possono essere eseguiti con gli allineatori trasparenti cosiddetti “aligners” usando l’inglesismo dovuto perché il marchio di fabbrica originario è made in U.S.A. Questa metodica che sfrutta la possibilità di spostamento dentario con la spinta dolce e progressiva che la mascherina produce lungo la traiettoria che si è stabilito in precedenza, è altamente predicibile per una serie molto ampia di disordini dall’allineamento dentario. Si compone di una fase diagnostica e progettuale molto precisa e accurata che si avvale di tecnologie digitali avanzatissime che l’ortodontista esperto guida e applica le scelte terapeutiche più corrette per il paziente. C’è infatti una forte interazione fra l’ortodontista e il software che elabora la progettazione e secondariamente la messe in produzione delle mascherine. Quindi la tecnica è guidata dall’ortodontista e non viceversa. L’ortodontista consegna le mascherine al proprio paziente e seguirà il progress del trattamento in modo similare a quanto egli fa con i trattamenti tradizionali multibrackets. Avrà dalla sua parte un giovane paziente più sereno, meno angosciato di subire questo percorso e spesso altamente collaborativo perché avrà già potuto visualizzare sul monitor la ricostruzione 3D della sua bocca dall’inizio alla fine del trattamento. Gli allineatori trasparenti hanno dato un grande contributo allo sviluppo dei trattamenti ortodontici fra quei pazienti che difficilmente avrebbero accettato trattamenti tradizionali e infatti la maggior diff usione di questa metodica è proprio fra gli adulti. Ritengo però che anche fra gli adolescenti esista un numero notevole di casi di malocclusione che oggigiorno possono beneficiare in modo altamente produttivo di trattamenti con allineatori con tutti i benefici che questa metodica offre.

Le foto sono state eseguite ad una paziente che ha sottoscritto una deliberatoria per acconsentire ad essere fotografata per utilizzare le immagini a fini di pubblicazioni scientifiche.


IL BELLO DELLA SALUTE di FRANCO BRENNA Medico Chirurgo, Specialista in Odontostomatologia. Professore a Contratto presso l’Università degli Studi dell’Insubria. Libero Professionista in Como, francobrenna@frabre.it

DALLA PARTE DEI PIÙ DEBOLI NELLE SITUAZIONI PIÙ CRITICHE Quando Odontoiatria e Medicina si avvicinano a chi soffre ridonando speranza Avrei voluto, in questo mese che ci accompagna verso le agognate e forse meritate vacanze estive, spendere alcune parole sul come potersi comportare con le nostre sacre zanne, in caso di emergenze, quando saremo sotto l’ombrellone o in cima ad un sentiero di montagna. Voleva essere un pezzo “leggero”, da vacanza. Invece no. Cambio il tiro. Il pensiero mi corre non solo a coloro che le vacanze, per le ormai note e tristi ragioni economiche, non potranno permettersele o dovranno posticiparle all’anno prossimo ma a quei pazienti - e con loro le rispettive famiglie - costretti a vivere situazioni di disagio sanitario così invalidanti, così tremende che, non solo nei mesi estivi, ma per tutto l’arco dell’anno e dei giorni che restano loro da vivere sono obbligati, causa malattie “irrisolvibili”, spesso complicate da situazioni di totale immobilità e dipendenza da altri (medici, infermieri, badanti, famigliari) a relegarsi “inchiodati” ad un letto o ad una carrozzina attrezzata, in Case di Cura o Istituti dove l’attesa rimane forse l’unica e inesorabile speranza. Cito queste situazioni perché direttamente coinvolto, insieme ai miei assistenti, in operazioni odontoiatriche (e mediche) di assistenza a malati limitati, per lo più, alla totale immobilità, con l’unica colpa di aver subito chi un incidente stradale che li ha resi incoscienti e immobili, chi una patologia degenerativa del sistema nervoso centrale e periferico, chi una forma virale o sclerotica che, alla fi ne dei fatti, li ha ridotti, inermi e spesso incoscienti a qualsiasi stimolo, a volte addirittura a tutti gli stimoli, fuorché il dolore. Situazioni nelle quali, anche un “semplice” mal di denti può,

se intercettato e lenito, essere considerato un atto di assistenza sanitaria al quale è necessario prestare attenzioni e cure. La vita di questi pazienti all’interno di tali Istituti - nobili nella loro presenza attiva e capace - scorre in una lentezza inimmaginabile a noi abituati alla frenesia dell’oggi, violenta e infi ngarda. Ogni piccolo mutamento di qualsivoglia natura e genere risveglia, per chi ha ancora il cervello che trasmette segnali e stimoli (e questi sono i pazienti più sfortunati), interesse e attaccamento alla vita ai quali noi tutti, viziati dai soprusi o dalle amenità della vita quotidiana, non porgiamo che un minimo di attenzione. Godere dell’attesa che qualcuno si prenda cura della loro condizione, inumana e crudele fi no all’eccesso, è segno, per questi malati, di Speranza, forse addirittura di fede. L’atto medico che possiamo svolgere, anche solo attraverso un sorriso o una carezza o, come nel nostro caso, portando loro una semplice migliorata condizione dell’Igiene delle loro bocche e’atto non solo medico ma anche di speranza. Nel medesimo modo, anche nei confronti dei parenti degli stessi, che con reale Amore assistono quotidianamente le pene cadute sul malato non si sa ancora per quale ragione o motivo, è corretto far sentire la nostra vicinanza, la nostra assistenza il nostro voler essere latori di quella speranza. Doniamo del tempo, dedichiamo loro, nel possibile dei nostri mezzi e della nostra vita (quanto è alto questo termine quando quest’ultima non la riusciamo più a rinvenire negli ancora vivi!) tutta la nostra competenza, tutta la nostra disponibilità. Doniamo loro speranza. Buone Vacanze.

mag 123


IL BELLO DELLA SALUTE di EUGENIO GANDOLFI specialista in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica a Como e Lugano - www. eugeniogandolfi.com

ACADEMIA DAY CLINIC VIVERE PIÙ A LUNGO E IN BUONA SALUTE L’attività dell’ambulatorio di Medicina Rigenerativa, Preventiva ed Anti Aging.

Cari lettori di Mag,continua con questo numero la presentazione di Academia Day Clinic, la nuova struttura clinica di Chiasso in Svizzera dove, da qualche mese, insieme al collega Medico e Chirurgo Riccardo Forte, visito ed opero. Oggi vi presento l’attività dell’ambulatorio di Medicina Rigenerativa, Preventiva ed Anti Aging. La pratica della nostra medicina proviene dalle grandi sfide affrontate nel passato per trattare malattie acute, soprattutto infettive, sintomi e complicazioni di patologie tumorali e croniche. Si tratta quindi di una medicina della malattia e non già di una medicina che aiuti a prevenire ed evitare la malattia. Oggi, però, si fa molta più attenzione ,rispetto al passato, alla propria salute, al proprio aspetto, alla forma fisica ed all’alimentazione. La gente, in questi anni di crescita tecnologica e scientifica galoppante, richiede la riduzione dei rischi di malattia e l’aumento delle proprie aspettative di vita senza malattie e sofferenze. Di fronte a queste richieste la medicina che cura la malattia non è sempre pronta a dare risposte efficaci e cosi si è lasciato molto spazio, 124 mag

anche grazie all’ingenua cassa di risonanza dei Media, a pittoresche proposte prive di qualsiasi credito scientifico in ogni ambito salutistico ed Anti Aging. Per contro esistono già esami del sangue e test genetici efficaci nonché tecnologie mediche scientificamente credibili, per garantire la conoscenza delle nostre debolezze costituzionali che potranno sfociare un giorno in vere e proprie malattie .Molto spesso questi presidi preventivi soffrono, però, del fatto di non essere integrati in un approccio globale di cura e di non avere una figura medica di riferimento che li possa consigliare, controllare che faccia scaturire un consiglio di prevenzione individuale. Lo scopo dell’ambulatorio di Medicina Preventiva , Rigenerativa e Anti Aging che è stato attivato presso la Academia day Clinic è quello di mettere a disposizione dei pazienti esami e strumenti sempre aggiornati validati da stringenti criteri scientifici, di utilizzarli per “pesare” i rischi individuali di malattia o meglio di “invecchiamento non-in salute” così come nell’intercettare i segni iniziali di alterazione dei vari sistemi dell’organismo .In una frase: “curare la cellula prima che si ammalino gli organi”. Oggi sappiamo che nel nostro DNA è contemplata una vita ci circa 120 anni.Ma allora perché non viviamo così a lungo ? La risposta è semplice ,ma drammatica. Non conoscendo le nostre personali debolezze fisiche e genetiche trascuriamo di prevenirle e sottovalutiamo i sintomi non clinici della malattia, quindi diamo a quest’ultima tanto tempo per agire dentro di noi indisturbata. Tutt’ora vi sono proposte medicali, 20 anni fa certamente innovative, di cosiddetti “check up” (personali, aziendali etc.) addirittura chiamati “preventivi” ma che, alla luce delle moderne conoscenze, tutt’al più hanno un significato di diagnosi precoce della malattia già in atto, non preventivo e rigenerativo. Gli Stati Uniti, che pure hanno inventato questi approcci di check up, devono allo stato attuale dedicare molto più che 20 anni orsono (tra l’82% al 89%) le risorse sanitarie per il trattamento medico delle patologie croniche. Le conclusioni sono lampanti. Ma quali strumenti sono oggi disponibili e di pratica applicabilità per vivere più a lungo ed in buona salute? Il primo è la genomica (cioè i test del nostro DNA) che sempre più sta entrando nella medicina e chirurgia avanzate. Grazie ai progressi sullo studio del DNA è possibile avere maggiori informazioni sui fattori predisponenti e che sono, individuali ed unici per ognuno di noi. Un tempo, individuare possibili “debolezze” ereditarie era compito del medico di famiglia, attraverso


una conoscenza approfondita della storia medica familiare dei propri pazienti. Tuttavia le sue non potevano che rimanere al massimo, sensate congetture. Oggi la genomica può dare risposte più precise e, tramite test validati (noi collaboriamo con un laboratorio lussemburghese altamente certificato ed i cui test sono addirittura gli unici riconosciuti e rimborsati dal sistema sanitario di quel paese), abbiamo la possibilità di scoprire se stiamo trasportando ereditarietà potenzialmente a rischio. Se il medico sa che un certo rischio è scritto nei nostri geni può essere più preciso nel decidere quali norme di vita consigliare,quali controlli e terapie prescrivere, il tutto con una personalizzazione altissima ,altrimenti non raggiungibile. La genetica è una materia complessa che non è possibile interpretare come i normali esami del sangue (valore normale compreso da...a) senza conoscere altri dati importanti del nostro paziente. Il “peso” della genetica potrà incidere in circa il 30% nel determinismo delle nostre malattie e questo deve essere sempre associato ad una attenta valutazione clinica del paziente, della sua storia e della suo stile di vita. Accanto quindi ad una attenta anamnesi, sarà necessario eseguire alcuni specifici esami ematochimici e strumentali. In Academia Day Clinic disponiamo di sofisticate apparecchiature che sono in grado di valutare lo stress ossidativo delle nostre cellule (questo macchinario, che abbiamo in anteprima ha vinto il prestigioso premio americano di “innovazione tecnologica”) e che ci offrono una valutazione “dinamica” della composizione corporea nei suoi distretti insieme al potenziale di membrana, elemento fondamentale nella salute appunto, in primis, della cellula. Ma bastano i test? Sicuramente no, la cosa più importante è saperli interpretare alla luce delle più moderne acquisizioni scientifiche. Data la complessità della materia abbiamo affidato la direzione del centro di Medicina rigenerativa , preventiva anti aging ad un collega

internista di indubbia esperienza e fama internazionale il Dott. Francesco Marotta, PHD, già professore in prestigiose università negli stati Uniti, Giappone ,Cina e che per dieci anni ha collaborato con il premio Nobel Luc Montagner. Potete leggere il suo curriculum nel link in fondo a questo articolo. Il Dott Marotta coordina un affiatato team di specialisti insieme ai quali è in grado di fornirci una sorta di personale passaporto della nostra salute. Ma quali sono le terapie per non ammalarci ? Poiché se il 30% del rischio di ammalarci è scritto nel nostro DNA almeno il 70% risiede in una serie di fattori influenzabili e che fanno parte della vita di tutti . Uno stile di vita adeguato, alimentazione fatta sulla base delle conoscenza delle nostre subdole carenze nutrizionali, cura del sonno, supplementazione con integratori di alta qualità e preparati su misura da una farmacia specializzata per ogni paziente, armonia ormonale ed attività fisica “ragionata” alla luce delle nostro fisico e delle nostre abitudini di vita. Affidarsi al team di Academia Day Clinic significa “prendersi cura della propria salute” programmando un piano strategico che porti lontano negli anni assicurando l’ottimizzazione del nostro benessere (energia, vigore, detossificazione, studio e miglioramento dell’ecologia intestinale, alte performance mentali, efficace libido etc.) ma anche in caso di eventuali stati pre-patologici in atto (con strategie preventive diagnostico-terapeutiche rinforzate) o concomitanti patologie (miglioramento della risposta alla terapia classica in uso). In una frase per vivere più a lungo ed in buona salute.

•0039.031.303003 (dall’Italia) 0041916826262 (dalla Svizzera) •Per ogni informazione, contattatemi su www.eugeniogandolfi.com •Per approfondimenti e per leggere il curriculum del Dott. Francesco Marotta www.eugeniogandolfi.com/mag/luglio-agosto2013

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LE STELLE DI COMO ARIETE 21 MARZO  20 APRILE

Mercurio vi renderà irritabili per tutto il mese, ma la prima parte di luglio sarà la migliore, grazie all’influenza di Venere e Marte. Nella seconda metà, però, le dissonanze di Mercurio e Giove potranno dare origine a malintesi nelle coppie di lunga data, o generare qualche illusione romantica priva di solide basi: la cautela sarà d’obbligo. Non siate impulsivi: i transiti non depongono a favore della quiete, ma con un atteggiamento più cauto eviterete di finire in problemi irrisolvibili.

TORO 21 APRILE - 20 MAGGIO

Può darsi che luglio riporti a galla qualche problema circolatorio, digestivo o muscolare. Da metà mese, tuttavia, ritroverete la vostra stoica resistenza, con ottime opportunità di recuperare energie e interesse per uno stile di vita sano e dinamico. Mercurio sarà splendido per tutto il mese: scioltezza nelle relazioni e un pizzico di fortuna aiuteranno chi è in cerca di nuove e interessanti conoscenze. Il pianeta sarà un ottimo alleato anche per chi desidera partire e divertirsi con gli amici.

GEMELLI 21 MAGGIO - 21 GIUGNO

Vi aspetta un mese sereno, appagante, dinamico. Avrete voglia di fare tante cose: conoscere, partire, esplorare. In famiglia stranamente andrà tutto bene, e anche con gli amici non ci saranno grandi difficoltà. Sarete inoltre saggi amministratori delle vostre risorse e anche sul lavoro saprete far fruttare ogni tipo di iniziativa. Nella seconda metà del mese accuserete una certezza stanchezza e potrebbero affiorare alcune leggere tensioni, piccoli problemi che saprete affrontare con successo.

CANCRO 22 GIUGNO - 22 LUGLIO

Se nella prima parte del mese alcuni progetti non saranno ancora perfettamente a fuoco, poi non avrete più scusanti: osate, proponetevi per un avanzamento di carriera o per un progetto che vi sta a cuore. Avrete tutte le carte in regola, affinché possa andare in porto. Finalmente la ruota gira, potrete voltare le spalle ai problemi, alle tensioni e a quello che non funziona. Mercurio, Giove, Marte e Venere saranno dalla vostra parte: è proprio arrivato il momento di godervi ciò che vi piace.

LEONE 23 LUGLIO - 23 AGOSTO

Il caldo abbraccio di Venere rinfrancherà cuore e sensi, permettendovi di vivere le passioni al massimo dell’intensità. Grazie al vostro fascino splendente, farete breccia nel cuore di chi desiderate. La forma fisica ottimale sarà garantita dalla congiunzione di Venere che vi doterà di una dose extra di energia, che andrà ad accrescere il vostro naturale entusiasmo. Nel lavoro le parole chiave saranno: ascolto e ricettività; cercate di cogliere ispirazioni o spunti dall’ambiente circostante.

VERGINE 24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE

Fino a metà mese tenderete ad essere nervosi e poco flessibili, sia mentalmente che fisicamente: non forzatevi, rischiereste di agire senza motivazione. Nella seconda parte di luglio, al contrario, mente e corpo saranno in naturale e fluida sintonia. Sarà un mese soddisfacente anche dal punto di vista finanziario: rientrerete da spese precedenti, o potrete contare su o guadagni extra. Infine Giove inizia ad aprirvi nuove strade: momento perfetto per lasciarsi delle recenti delusioni alle spalle. 126 mag

BILANCIA 23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE

Mercurio vi renderà nervosi per tutto il mese: siate prudenti e smussate eventuali impulsività; se avete questioni in sospeso cercate di affrontarle e risolvere entro le prime settimane di luglio. Prevenite possibili conflitti con un superiore: le quadrature dei pianeti in Cancro potrebbero far emergere il vostro lato più intransigente; l’ostinazione sarà assolutamente controproducente. Luglio si presterà a qualche défaillance fisica: ritagliatevi ogni giorno una piccola oasi di pace e relax.

SCORPIONE 23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE

Venere minaccia qualche disaccordo a inizio luglio, ma avrete tutte le possibilità per affrontare e risolvere qualsiasi questione: le relazioni già avviate potranno contare su una ritrovata intesa. Siete tra i segni favoriti dei prossimi mesi e già da quello in corso inizierete a captare una leggera euforia che preannuncia uno stato di benessere sempre maggiore. Il mese sarà gratificante anche sul lavoro: impossibile non riuscire ad ottenere un avanzamento o un passo avanti in una trattativa.

SAGITTARIO 23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE

La concentrazione dei pianeti in Cancro probabilmente non consentirà di procedere con l’abituale entusiasmo: non siate precipitosi e valutate attentamente anche gli aspetti emotivi delle vostre relazioni. Per contro la fine dell’opposizione di Giove vi solleverà dalle incertezze degli ultimi mesi. Venere da parte sua vi supporterà per ciò che riguarda la forma e il benessere: dinamici ed energici avrete sempre più voglia di movimento all’aria aperta, che vi regalerà un aspetto sano e luminoso.

CAPRICORNO 22 DICEMBRE - 20 GENNAIO

Le relazioni saranno un vero e proprio banco di prova: con il verso giusto una situazione potrà fornire interessanti spunti di crescita, in caso contrario il rischio è quello di ingaggiare una battagli sfiancante con il partner. Luglio è il mese giusto per concedersi un po’ di riposo: concedetevi una vacanza e cercate di dosare le energie che vi serviranno per contrastare l’opposizione nella sfera lavorativa di Mercurio, Giove e Marte. Cercate di non pretendere troppo da voi stessi e dagli altri.

ACQUARIO 21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO

Questo mese dovrete mettere in conto una certa oscillazione dell’umore: Marte vi renderà agguerriti e determinati, mentre Venere potrebbe esasperare alcune insoddisfazioni; qualunque sia il problema cercate di affrontarlo con calma. Se riuscirete a moderare alcuni eccessi di ribellione incontrollata, potrete uscire a testa alta da eventuali dispute con un collega o un socio. I pianeti vi inciteranno ad essere più attenti ai dettagli organizzativi e all’atmosfera emotiva sul posto di lavoro.

PESCI 20 FEBBRAIO - 20 MARZO

Mercurio sarà in Cancro per tutto il mese, segno dove c’è anche Giove da fine giugno: un quadro astrale favoloso! In vista divertimento, viaggi, gite e nuove amicizie; l’amore inoltre riprenderà a volare, più sognante che mai. Da questo mese, preparatevi ad avanzamenti di carriera, improvvisi riconoscimenti al merito e repentini ribaltamenti di situazioni a vostro favore. Solo voi sapete quanta energia siete in grado di mettere in un progetto e di quanto spirito di sacrificio sappiate dar prova.




Gli aforismi del mese di Federico Roncoroni

IL NOSTRO PROSSIMO Prossimo (s.m.). Uno che ci è stato imposto di amare come noi stessi e che fa di tutto per farci disubbidire. Ambrose Bierce

Non si può piacere a tutti. Ma in questo non c’è niente di strano. Anche Zeus,k che mandi la pioggia o la neghi, non a tutti piace. Teognide

L’unica compagnia gradevole è quella che ci facciamo da soli. Oscar Wilde

Tutti abbiamo forza sufficiente per sopportare i mali altrui. François de La Rochefoucauld

Aspettati dagli altri quello che agli altri hai fatto. Publilio Siro

Qualche viaggio insieme su e giù nell’ascensore e la personalità viene fuori meglio che sul lettino di Freud Dino Basili

Non ci vuole grande abilità a ingannare il prossimo. Luc de Clapiers de Vauvenargues

Perché si sente continuamente parlare male del prossimo? Tutti credono di rimetterci qualcosa di proprio se riconoscono negli altri il minimo merito. Johann Wolfang Goethe

Fatti lupo se vuoi vivere coi lupi. Massima medioevale

Spesso chi tende insidie contro un altro costruisce trappole contro se stesso. Esopo Chi non è in grado di fare qualcosa per gli altri ha almeno il dovere di partecipare alle sofferenze altrui senza ulteriori commenti. Franz Fischer Tutti vogliono il vostro bene. Non fatevelo portar via. Stanislaw J. Lec

Siamo tanto abituati a camuffarci di fronte agli altri che finiamo per camuffarci anche di fronte a noi stessi. François de La Rochefoucauld

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LAST MINUTE

di FRANCESCO ANGELINI

A COMO IL PDL È GIÀ SPARITO La destra locale sembra aver anticipato le intenzioni di Berlusconi. Dopo la disfatta elettorale del 2012 del partito che dominava sul territorio sono rimaste solo flebili tracce “Per farla finita con la destra”. Si intitolava così un interessante saggio di Stenio Solinas pubblicato alcuni anni fa. A Como sembrano aver messo in pratica il concetto. La destra, intesa come Pdl, il principale partito della coalizione, è scomparsa dallo scenario politico. Il partito che il Cavaliere intende rottamare per tornare all’usato sicuro di Forza Italia, dalle nostre parte sembra aver anticipato l’idea del capo. Dopo la rovinosa sconfitta alle elezioni amministrative del 2012 (appena attenuata dall’affermazione erbese di Marcella Tili) infatti, dell’ex forza di maggioranza relativa si è sentito parlare poco e quasi solo per addii eccellenti o polemiche interne stimolate dall’esterno. Un po’ poco per un movimento che fino a poco più di un anno fa esprimeva il sindaco e gran parte degli assessori nel Comune capoluogo, due consiglieri regionali e il parlamentare locale di maggior esperienza, il senatore Alessio Butti. La scomparsa del Pdl sembra aver seguito proprio il destino di quest’ultimo, coordinatore provinciale del partito fino alle amministrative 2012, poi dimessosi e migrato verso Fratelli d’Italia, la nuova forza di centrodestra fondata da Guido Crosetto e Giorgia Meloni. La mancata elezione al Senato nelle politiche 2013 ha fatto di Butti un candidato alla partecipazione a “Chi l’ha visto?”. Dopo di lui il partito è passato nelle mani di Mario Alberto Taborelli, ex parlamentare messo da parte a causa delle lotte intestine. Della sua azione, però, si è saputo poco. Anche in Comune a Como si è assistito a una diaspora del Pdl con Marco Butti che ha seguito lo zio Alessio in Fratelli d’Italia e Laura Bordoli, candidata sindaco sconfitta da Mario Lucini che ha lasciato il partito senza una destinazione precisa. Paradossalmente ora a rappresentare il Pdl in Comune sono perlopiù coloro che lo avevano contrastato con una clamorosa scissione che aveva portato alla presentazione di una lista Forza Como alle elezioni comunali: gli ex assessori Sergio Gaddi e Anna Veronelli. Proprio loro, in particolare il primo, si dovrebbero trovare a loro agio nella nuova Forza Italia, non avendo mai legato più di tanto con gli ex An confluiti nel Pdl, in primis l’ex coordinatore Alessio Butti. Nell’attesa degli eventi, l’evoluzione del centrodestra prosegue in un silenzio assordante. Assordante perché prima della disfatta del 2012, il Comasco era definito “il Mugello del centrodestra” e, comunque, nel territorio, la prevalenza di un elettorato moderato rimane, al di là delle oscillazioni delle ultime tornate. Nel voto amministrativo del 2013 il Pdl ha perso un altro Comune, quello di Cernobbio, il cui sindaco uscente, Simona Saladini era uno dei pezzi forti del partito. A espugnare la cittadina in riva al Lario è stato uno dei dirigenti del Pd, Paolo Furgoni. Ad oggi il Pdl non ha un parlamentare locale, conta su un consigliere regionale ex An, Alessandro Fermi (un altro rappresentante locale del centrodestra a Milano è Francesco Dotti, già sindaco di Argegno passato a Fratelli d’Italia), e, nei centri più importanti del territorio, ha mantenuto solo un sindaco, Marcella Tili a Erba. Una rappresentanza istituzionale sicuramente sottodimensionata rispetto alle sensibilità politiche presenti nel Comasco. La riscossa arriverà con Forza Italia?

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130 mag




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