Mag 61 giugno 2014

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N. 61 GIUGNO 2014

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Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,30 + Mag € 0,20)

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È VIETATO SCENDERE Un lago turistico senza attracchi per sbarcare di Gisella Roncoroni

IL DIVANO COMASCO CHE PIACE A BELEN

ORTI IN CITTÀ STILE DI VITA

DAI CANALI RADIO A “CIAOCOMO”

di Amalia Di Bartolo

di Simone Casiraghi

di Francesca Guido







di Diego Minonzio

LA BELLA ADDORMENTATA E IL VIVERE DI RENDITA Andiamo avanti così, facciamoci del male. Come a dar ragione a quei tanti che dicono che questo è il lago delle occasioni perse, dei talenti nascosti in cantina e delle magie di cui non si accorge nessuno, nelle se imane scorse abbiamo scoperto una cosa da lasciare senza parole. Una notizia, già sviluppata ampiamente sulle pagine della “Provincia”, che, se non fosse vera e ben verificata dai nostri cronisti, sembrerebbe inventata di sana pianta per ge are discredito su una delle realtà turistiche più nobili e ricercate d’Europa. Bene, il lago di Como, il lago scintillante, il lago delle star e dei poeti, il lago più bello che c’è - e si alzi qualcuno a sostenere il contrario - non ha a racchi. Non perme e, se non a fatica e a costo di innumerevoli garbugli e ghirigori, di scendere da una barca o salirvi sopra. Su centose anta chilometri di coste ci sono soltanto trentase e attracchi temporanei gratuiti e addiri ura tredici a pagamento. Bellagio, ad esempio, vera perla del Lario conosciuta in ogni angolo del mondo, ne è priva, mentre Como e il suo celebre lungolago - prima in un senso e da qualche anno in un altro - ne ha soltanto qua ro, tu i nella zona di sant’Agostino e tu i difficili da vedere, naturalmente quasi sempre già occupati e pure inaccessibili quando il livello è basso. Anche a voi sembrano le comiche, oppure siamo noi che esageriamo? Il problema è davvero clamoroso, sopra u o durante i mesi estivi, e se da una parte l’associazione dei barcaioli ha chiesto più volte la realizzazione di nuovi pontili, al momento si cerca di diminuire

il disagio utilizzando gli a racchi dei ristoranti. Ma questo non risolve di certo il problema, che viene analizzato con grande a enzione dall’ottima Gisella Roncoroni nel servizio di apertura del nostro Mag di giugno, anche perché la vera questione da me ere a tema è sempre la solita. E cioè, come sia possibile che questa ci à, e con lei le sue istituzioni pubbliche e private, non abbia quel minimo di lungimiranza che faccia capire quanto sia centrale la capacità di investire a lungo termine e curando tu i i de agli su quei se ori tessile, design e arredo, turismo di alta gamma - che fanno la differenza tra il nostro territorio e gli altri. Ma come si fa a non capire che se il lago deve essere una risorsa non si può tralasciare alcun aspe o della sua fruibilità e che non avere a racchi sull’acqua è l’esa o equivalente di non avere posteggi in ci à? Ma a che cosa pensano i nostri amministratori? Perché ogni volta in questo benede o posto dobbiamo sempre ripeterci l’eterna tiritera sulla bella addormentata troppo ricca, fascinosa, snob e annoiata per me ersi al passo con i tempi che non camminano, non corrono ma, invece, ormai galoppano a cento all’ora per reggere l’urto della crisi? E invece niente. Le domande si accumulano, le risposte latitano. Come sempre. Basta poco per venire emarginati dal mercato e non si può pensare di andare ancora avanti a vivere di rendita. Questo è il lago di Como, non il lago dei bamboccioni, cercate di ricordarvelo. Anzi, cerchiamo di ricordarcelo tu i quanti.

Editoriale| Mag Giugno 2014 | 7



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MAG Giugno

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Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,30 + Mag € 0,20)

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N. 61 GIUGNO 2014

È VIETATO SCENDERE Un lago turistico senza attracchi per sbarcare di Gisella Roncoroni

IL DIVANO COMASCO CHE PIACE A BELEN

ORTI IN CITTÀ STILE DI VITA

DAI CANALI RADIO A “CIAOCOMO”

di Amalia Di Bartolo

di Simone Casiraghi

di Francesca Guido

7 L’EDITORIALE di Diego Minonzio 13 DIECI BELLE NOTIZIE di Maria Castelli LE OPINIONI 21 «Occhi sul mondo» di Umberto Montin 23 «Donna di Picche» di Laura Castelvetri

Fotografia di copertina di Andrea Butti

36 IL DIVANO COMASCO CHE PIACE A BELEN Storia e innovazione dell’azienda Baxter di Amalia B. Di Bortolo

55 L’ORTO DI CASA MIA Dilaga la passione del coltivare la terra di Simone Casiraghi

42 QUI NASCE DALÌ Dentro la fonderia che conia le statue di Sara Della Torre

62 “CIAOCOMO” DAI CANALI RADIO Storia e aneddoti di una radio libera di Francesca Guido

49 PEDALANDO NELLA NATURA Sui monti lariani in Mountain bike di Ricky Monti

69 NON SONO BIDONI Musica e ritmo con materiali di scarto di Stefania Briccola

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22 VIETATO SCENDERE di Gisella Roncoroni

L’assurdità di un lago turistico senza a racchi per sbarcare. Su 170 chilometri di coste ci sono appena 37 ormeggi temporanei gratuiti e 13 a pagamento. E non c’è nemmeno un attracco a Bellagio, la perla del Lario, e a Como in teoria i posti sono 4 a Sant’Agostino, ma oltre che difficili da individuare sono spesso inaccessibili per il lago basso o perché occupati. E tra i barcaioli del lago, quando si parla di a racchi, l’aneddoto è sempre lo stesso: «Si parla del problema quando qualche star si lamenta perché non riesce a sbarcare, si fa la figuraccia planetaria e poi basta». Titolo articolo | Mag Giugno 2014 | 9


74 PIANO REGOLATORE CHE ABBATTE COMO Uno studio del ‘37 che ridisegnava la ci à di Francesco Angelini I L M AGA Z I N E D E

79 IL RISCATTO DELLE DONNE Il ricamificio in India che piace agli stilisti di Serena Brivio 85 VINCENZO BELLINI QUESTO SCONOSCIUTO L’a ività e i proge i del circolo Bellini di Stefania Briccola

DIRETTORE RESPONSABILE

Diego Minonzio

79 RESPONSABILE di REDAZIONE

Giuseppe Guin tel. 031.582342 - 335.7550315 fax 031.582421 g.guin@laprovincia.it redmag@laprovincia.it

87 90

90 LA VITA OLTRE LA SPERANZA I dieci anni di Hospice e dei volontari di Accanto di Laura D’Incalci

119

Le parole che non tornano

Animali

di Emilio Magni

di Marinella Meroni

99

121

di Paola Mascolo

Il bello della Salute

Eventi

di Eugenio Gandolfi di Franco Brenna di Tiziano Testori di Pietro Cantone

116

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Idee (S)fashion

SERVIZI Gisella Roncoroni, Sara Della Torre, Laura D’Incalci, Stefania Briccola. Simone Casiraghi, Francesca Guido Amalia Barbara Di Bartolo,

RUBRICHE

97

Tu o d’un tra o

OPINIONI Umberto Montin, Laura Castelvetri

L’Oroscopo

di Serena Brivio

di Alessandra Uboldi

117

129

Navigazioni Lariane

L’aforisma del mese

di Luca Meneghel

di Federico Roncoroni

118

130

Grande schermo

Last minute

di Bernardino Marinoni

di Francesco Angelini

Maria Castelli,Marinella Meroni, Eugenio Gandolfi, Emilio Magni, Bernardino Marinoni. Franco Brenna, Pietro Cantone Francesco Angelini, Tiziano Testori, Luca Meneghel, Alessandra Uboldi Paola Mascolo, Federico Roncoroni TENDENZE E MODA Serena Brivio

FOTOSERVIZI Carlo Pozzoni, Andrea Butti, Ricki Monti

REALIZZAZIONE GRAFICA

DIREZIONE CREATIVA Monica Seminati IMPAGINAZIONE Barbara Grena PUBBLICITÀ Sesaab servizi - Divisione Spm Tel. 031.582211 STAMPA Litostampa - Bergamo Numero chiuso in tipografia il 2 Giugno

10 | Mag Giugno 2014 | Sommario




Belle notizie

di Maria Castelli

Belle storie quotidiane «La quotidianità è piena di queste storie»belle storie: è il commento ad una lettera scritta da Filippo Speranza al giornale “La Provincia” e dedicata all’eroismo di tutti i giorni. Uno stralcio: «Braccia, cuore e coraggio di donne e uomini, per lavoro o per volontariato, pronti a rispondere ad un grido di aiuto, sono stati capaci di salvare una vita. Una volta, si chiamavano eroi. Ma noi vogliamo chiamare ancora così Antonio Pomoni, volontario della XIX delegazione del Soccorso Alpino (Lecco) e il personale del 118 che hanno salvato la vita

al nostro Riccardo durante un’escursione sulla Grigna. Dal nostro cuore, scaturisce l’immensa gratitudine per loro che si sono prodigati per dare una mano a Riccardo, a rischio della propria vita. Se la quotidianità e gli egoismi non oscurano al punto da far svanire e distruggere l’Essenza di cui siamo fatti, è grazie anche alla luce che nasce ogni giorno da tutti coloro che sono in grado di superare lo stretto dovuto, grazie al loro impegno e al loro valore, nel lavoro, nella politica, nella famiglia, nei gruppi sociali e in molti altri ambiti e in molti luoghi del nostro Paese…».

Il bosco dei ragazzi Un nuovo bosco ha messo radici a Cantù: in un’area comunale di mille metri quadrati, cinquanta piantine di quercia, carpino ed olmo sono state messe a dimora dagli studenti del liceo scientifico Enrico Fermi, a conclusione del mese intitolato a “ViviAmo il verde”. Il bosco che verrà non assume solo un valore ambientale, bensì anche simbolico: parlerà dell’attività educativa della scuola, come ha sottolineato la dirigente scolastica, Erminia Colombo. Un’insegnante, Annalisa Lavizzari, ha seguito il progetto con gli studenti. L’iniziativa si è sviluppata in collaborazione con l’Associazione culturale bergamasca “Un punto macrobiotico” che promuove progetti per i boschi in città, primi contatti intrapresi da uno studente, Riccardo Fumagalli e sarà il sodalizio ad occuparsi per i prossimi due anni della manutenzione delle piante, messe a disposizione dall’Ersaf , l’ente regionale per i servizi all’agricoltura e alle foreste. E chissà che diventi realtà, negli anni, l’obiettivo profilato durante la piantumazione: 60 alberi per ogni cittadino.

La luce si stampa La luce utilizzata in un sistema di stampa dei tessuti: è il progetto messo a punto da Maria Serena Badessa, 25 anni, erbese, primo premio della categoria “Fashion Design” al Lucky Strike Talented Designer Award. Rappresenta il talento di tanti giovani, protagonisti di creatività e di innovazione. «La possibilità di cambiare faccia al tessuto e la possibilità di creare ogni volta qualcosa di nuovo e di inaspettato mi affascinano da sempre», ha dichiarato la dottoressa, appassionata di musica e di fotografia che ha ideato una collezione sfruttando le proprietà della luce. Ha ottenuto cromatismi senza usare pigmenti colorati. È un processo che trae origine da tecniche fotografiche antiche e conferisce «un’aura di mito al prodotto», ha detto Maria Serena Badessa. E non si ferma: continuerà a sperimentare. Dieci belle notizie | Mag Giugno 2014 | 13



Belle notizie

La sfida del latte di Como Finora è una scommessa, ma è un buon segno: dodici allevatori si sono riuniti nella Cooperativa “Fattorie Lariane”, si sono appoggiati ad una centrale di lavorazione e di confezionamento di Varese ed hanno riportato sugli scaffali di supermercati e negozi il latte made in Como. È un prodotto locale di alta qualità, a chilometro zero; le prime 400 bottiglie sono destinate a moltiplicarsi, poiché gli allevatori associati sono in grado di produrre 200 quintali di latte ogni giorno. Hanno intenzione di procedere con la lavorazione e la trasformazione in formaggi e latticini in genere. «Vogliamo arrestare la deriva che ha vissuto il settore in questa provincia ed invertire la tendenza con la vicinanza al territorio - ha detto il presidente della Cooperativa, Domenico Scali - Il nostro lavoro genera ricadute fondamentali per il tessuto locale: le aziende agricole mantengono in vita l’ambiente e creano ricchezza».

Mamme contro la crisi

Tecnologie antifurti

A San Fedele Intelvi, l’Associazione “Asso di mamme” si propone di offrire servizi alle famiglie nei momenti di difficoltà. In autunno, aprirà una struttura polifunzionale: oltre al nido, presenterà consulenze e mediazione familiari, progetti di sostegno, gruppi di mutuo aiuto e flessibilità nel pagamento delle rette, convertibili in prestazione di lavoro, ritiro ed accompagnamento dei bambini, doposcuola, laboratori didattici, spazio giochi, luoghi di incontro interpersonali. E tutto questo in un clima di famiglia, nel quale l’accoglienza è il requisito predominante. L’Associazione non ha fini di lucro e si finanzia con quote associative, donazioni e varie attività. Per l’estate del 2014, ha predisposto il campus estivo, per venire incontro alle esigenze familiari e sociali.

Le nuove tecnologie aiutano i carabinieri a scovare i ladri e si trasformano in un boomerang per chi ne vuol fare cattivo uso. Ne sanno qualcosa due fratelli di 35 e di 46 anni che tenevano in casa un computer portatile ed un I- Pad, proventi di furto e proprio quel tipo di refurtiva tecnologica ha lasciato una traccia seguita dai carabinieri per recuperare il maltolto. La vicenda: vetro infranto e una borsa rubata da un’auto parcheggiata a Bulgarograsso. La vittima ha sporto denuncia e i carabinieri di Fino Mornasco hanno saputo che la borsa conteneva un tablet dotato di Gps, dispositivo di localizzazione e così hanno individuato l’oggetto, in una località corrispondente ad una stradina di Cassina Rizzardi. Lungo la stradina, una casa dove stava un uomo agli arresti per reati contro il patrimonio. Con lui, per analoghi precedenti, il fratello in affidamento in prova. Sono finiti entrambi in carcere e la borsa con il contenuto è stata restituita al derubato.

Nonna coraggio Una nonna s’è tuffata nelle acque gelide del laghetto artificiale di Lurate Caccivio ed ha messo in salvo il piccolo amico di un nipote. Il bambino, due anni, era caduto nel laghetto e stava per annegare: la nonna l’ha recuperato, l’ha portato a riva quand’era ormai cianotico, gli ha praticato manovre per fargli espellere l’acqua e gli ha fatto riprendere i sensi. Un’autoambulanza l’ha poi portato all’ospedale dove è stato trattenuto qualche ora per accertamenti e dimesso in serata. Alcuni pensionati hanno visto il bambino in acqua, hanno gridato ed hanno così richiamato l’attenzione della donna che aveva accompagnato il nipotino e il suo amico nel parco comunale e poi si era distesa al sole nel canneto. Le grida l’hanno richiamata: quando si è accorta di quello che stava succedendo, si è tuffata ed ha preso il bambino. Dieci belle notizie | Mag Giugno 2014 | 15



Belle notizie

Indimenticabili maestre

La barca va La Navigazione Lago di Como a gestione governativa ha iniziato in anticipo l’orario estivo e fino ad ottobre schiera tutta la flotta disponibile, battelli, aliscafi, traghetti, strategica per il turismo e per l’economia. Nonostante l’aumento del costo del gasolio, la Navigazione non alza le tariffe e non taglia i servizi, né limita gli approdi. Amplia il numero delle biglietterie che accettano le carte di credito e conferma sia il numero delle crociere, sia le tratte più brevi e la collaborazione con le Ferrovie Nord per il “Girolario”, formula fondata sull’interscambio treno- battello per ammirare in tranquillità un paesaggio in cui terra ed acqua si integrano. Tariffe immutate anche per il servizio al ristorante. Personale sempre più poliglotta, ma una tradizione resta invariata: il saluto rivolto ai viaggiatori dagli addetti all’imbarco.

Ad Uggiate Trevano, passano gli anni e ne sono passati tanti, ma gli scolari di ieri non hanno mai dimenticato la loro maestra Rosanna Bergna, che ha insegnato loro a leggere, a scrivere e a stare al mondo. Per questo, i coscritti della classe 1963 hanno voluto chiudere con la maestra Rosanna le celebrazioni per i 50 anni, nella festa che ha segnato il passaggio della Stecca al 1964: tutti insieme, quarant’anni dopo il congedo dalla scuola elementare, in un incontro “caloroso, che ha rinverdito tanti ricordi e tante belle cose”, come lo descrivono le cronache. Commossa la maestra, pure assessore comunale negli anni ’80 e ‘90 e commossi i suoi ex scolari che hanno ricevuto gli apprezzamenti dell’amministrazione comunale perché la loro classe è una testimonianza di solidarietà verso le associazioni del paese. Per seminare il bene.

Una vita per i bambini Maria Laura Melidonis lascia la Fondazione Asilo Infantile di Casnate con Bernate. Per 33 anni, l’ha presieduta gratuitamente, solo per dedizione al paese, ai bambini e all’istituzione, già ente di beneficenza. «Ai bambini di Casnate con Bernate ho dedicato tutta una vita - ha detto - con una passione che è sempre rimasta viva». L’amministrazione comunale ha espresso apprezzamento e gratitudine per l’impegno e l’abnegazione di Maria Laura Melidonis che lascia un’eredità importante ed ha conseguito grandi risultati. «È una decisione che meditavo da tempo - ha spiegato - e ci sono arrivata con la testa e con il cuore. È giusto che nella gestione di una struttura come la scuola materna si affaccino persone nuove, con idee fresche, che si occupino di mandare avanti un’organizzazione complessa, cresciuta negli anni fino a diventare un punto di riferimento per tutti i genitori». Dieci belle notizie | Mag Giugno 2014 | 17



di Laura Castelvetri Professore Ordinario di Diritto del lavoro Direttore del Dipartimento di Diritto, Economia e Culture - DiDEC Università degli Studi dell’Insubria

QUESTA COMO È UNA CITTÀ CHE AMO

Questo è un messaggio d’amore alla ci à e all’ateneo, dove, da vent’anni vivo la fase più sorprendentemente felice della mia carriera. Era il ’94 quando dal mio Istituto di Diri o del lavoro all’Università di Milano venni a Como, nel Corso di laurea in Giurisprudenza gemmato dalla omologa Facoltà di Milano “Statale”. Da allora il mondo universitario è stato investito da una riforma che ne ha trasformato ordinamenti dida ici, procedure di reclutamento e di valutazione degli atenei, dei corsi di laurea e dei docenti. Alle Facoltà sono subentrati i Dipartimenti, con competenze più ampie. Gli obblighi amministrativi sono così opprimenti da imbestialire l’individualismo di noi professori, senza riuscire, però, a piegarne impegno di creatività e ada amento alle sfide del legislatore tanto che, in un futuro molto prossimo, potremo offrire ai nostri studenti un nuovo Corso di laurea magistrale in Lingue moderne per la cooperazione internazionale. Il ventennio comasco ha profondamente plasmato la mia stessa fisionomia non solo professionale. Fui subito impressionata dall’accoglienza dei miei nuovi studenti, così educati e civili rispe o alla barbara babilonia della “208”, in Statale, dove, per raggiungere la ca edra, dovevi scavalcare, nell’indifferenza generale, ammucchiate di zaini, giubbo i e studenti in amore. Dove, già alla prima lezione, perdevi la voce e, se eri giovane e novellino, anche una fe a di autostima. A Como, il confronto con lo studente è più dire o e personale, appaga la vocazione dida ica, consentendo sperimentazioni impensabili altrove e, alla

fine, favorisce persino la ricerca personale, con risultati insospe ati sul piano scientifico: sarà anche per merito del contesto e degli studenti se la classifica del Censis colloca da anni il Corso di laurea in Giurisprudenza di Como al di sopra degli analoghi Corsi della Lombardia. Poi, la ci à: incantevole, silenziosa, romantica, elegantemente sobria nei suoi cortili nascosti, pieni di fiori e di ga i. Si dice che ogni tanto piova, ma a me sembra una ci à di sole e di verde. Dall’aula Casartelli di via Cavallo i, dei primi anni, al nitore metafisico del Chiostro di Sant’Abbondio, dove dirigo il Dipartimento di Diri o, Economia e Culture subentrato alla Facoltà di Giurisprudenza, ho sempre provato un incantamento sottile, un gusto fisico e intelle uale per la bellezza dei luoghi, che trasudano storia, arte e cultura. Il Monastero, la Basilica, la Manica lunga, sono una delizia estetica; gli studenti amano il Chiostro, subiscono il fascino surreale delle archite ure, di memorie e misteri evocati amorevolmente dal loro indimenticato maestro di vita, Giorgio Luraschi. Per Luigi Lombardi Vallauri, che qui ha insegnato Filosofia del diritto, l’enigmatica bellezza di Sant’Abbondio, come centro universitario, non ha eguali in Italia, forse al mondo, paradossalmente acuita dalle vedute moderniste sulle vestigia dell’industria tessile comense. Dirigere il Dipartimento dalla stanza dell’Abate, consolando con parchi spuntini di lavoro colleghi, studenti e collaboratori francamente indispensabili, è un privilegio che merita una formale dichiarazione di affe o.

A Como il confronto con lo studente è molto più diretto e personale. Questo permette sperimentazioni impensabili altrove

Donna di Picche | Mag Giugno 2014 | 19



di Umberto Montin

NOEMI E I “COYOTE” Ha passato le ultime cinque se imane della sua vita tra estranei, stranieri , persone poco raccomandabili, disperati e “coyote”. Laddove per “coyote” s’intendono uomini che trafficano con i corpi di altri uomini e da questo commercio ricavano decine, centinaia di migliaia di dollari. Noemi Alvarez Quillay aveva solo 12 anni e un giorno di febbraio è partita da El Tambo, un centro nel sud dell’Ecuador, dire a a più di 10 mila chilometri di distanza, a New York. Là l’aspe avano i suoi genitori, emigrati una decina di anni prima con altri fratelli e moltissimi ragazzi e ragazze come loro. Gli adulti, spinti dalla crisi e dal sogno di una vita migliore, partono, i loro figli restano con i nonni. Loro, i padri e le madri, passati i confini illegalmente, finiscono per trovare un’occupazione che perme e di inviare, scarpe, vestiti 100, dollari al mese, a volte di più, a casa. A prezzo di sacrifici mandano anche il denaro che può aiutare a costruirsi una casa. Così i piccoli crescono con qualche “agio” ma senza i genitori. Così è accaduto anche a Noemi, fino a quando i genitori hanno voluto riaverla con loro. Ma perché ciò accadesse, la bambina doveva attraversare le frontiere da clandestina e per questo mamma e papà, da lassù a New York, hanno pagato i “coyote”. «Succede sempre più spesso, i migranti oggi sono in gran parte bambini», ha spiegato Choglio Zambrano, consigliere per l’orientamento di un liceo regionale, la quale ha ricordato che il 60 per cento degli allievi è figlio di genitori emigrati nell’America del Nord.

Dopo i genitori, ora tocca a loro ingrossare la marea umana che cerca di andarsene. Il numero degli adolescenti che entro la fine di se embre entreranno - o cercheranno di entrare - negli Stati Uniti sarà a orno ai 60 mila, con un incremento esponenziale rispe o ai 6.500 del 2011. Noemi era una di questi. Timida e studiosa, Noemi è stata accompagnata con la sua piccola valigia dal nonno al bus dire o a Quito. Non voleva, Cipriano Quillay, che la nipotina se ne andasse. Lui e la moglie Marìa Jesùs Guamàn hanno ripetuto che studiava bene anche lì, ma i genitori erano convinti che a New York l’istruzione sarebbe stata migliore e hanno stre o l’accordo con i “coyote”. Anche Noemi in un primo momento non voleva andare, aveva pianto a lungo, poi si era fa a convincere. Non era la prima volta che partiva, l’aveva fa o anche nel maggio di un anno fa. Poi, come ha raccontato su un diario a scuola, dopo aver passato due mesi in Nicaragua, era tornata a casa dai nonni. Ora ci riprovava. Un mese dopo la polizia messicana ha raccolto Noemi sul furgone di un “coyote” a Ciudad Juarez. Portata in un centro di ricovero per i bambini è scoppiata in un pianto inconsolabile davanti al procuratore che l’interrogava. «Era terrorizzata» ha ricordato il medico che l’ha visitata. Qualche giorno dopo l’hanno trovata impiccata con la tenda della doccia. Non sono state rinvenute tracce di abusi, ma l’autopsia ha rivelato che non si è tra ato di suicidio. Noemi a New York non arriverà mai più, ma a migliaia continueranno a provarci.

Spinti dalla crisi e dal sogno di una vita migliore, gli adulti partono. I loro figli restano e così crescono senza genitori

Occhi sul mondo | Mag Giugno 2014 | 21


È VIETATO SCENDERE di Gisella Roncoroni, Foto Andrea Bu i /Pozzoni

22 | Mag Giugno 2014 | È vietato scendere


L’assurdità di un lago senza attracchi per sbarcare. Su 170 chilometri di coste ci sono soltanto 37 ormeggi temporanei gratuiti e 13 a pagamento. Nemmeno un attracco a Bellagio, la perla del Lario. A Como i posti sono 4, a Sant’Agostino, ma sono difficili da individuare, sono spesso occupati e quando il lago è basso diventano inaccessibili

È vietato scendere | Mag Giugno 2014 | 23


È VIETATO SCENDERE

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ivieto di fermata. Per i turisti che affi ano una barca (senza autista) e per i comaschi che la barche a ce l’hanno. E pure George Clooney, che di pontili a Villa Oleandra ne ha ben due (l’ultimo nuovissimo gli consente di essere nel giardino della villa in pochissimi passi, limitando così l’assedio dei paparazzi) se decidesse di fare una gita in solitaria con il suo motoscafo non potrebbe fare altro che andare e tornare senza sosta. E tra i barcaioli del lago, quando si parla di a racchi, l’aneddoto è sempre lo stesso: «Si parla del problema quando qualche star si lamenta perché non riesce a sbarcare, si fa la figuraccia planetaria e poi basta». Certo, negli ultimi anni qualcosa si è mosso e il Consorzio dei Laghi (ora Autorità di bacino) programma qualche intervento ogni anno, ma la strada è ancora lunga. Lo dicono i racconti di chi il lago lo vive, lo dicono i numeri. Quelli del Portolano del lago di Como

I turisti chiedono di poter scendere, ma è quasi sempre impossibile sono chiari: su 170 chilometri di coste ci sono appena 37 ormeggi temporanei gratuiti e 13 a pagamento (ad esempio a Gera Lario). E non c’è nemmeno un attracco a Bellagio, la perla del Lario, e a Como in teoria i posti sono 4 a Sant’Agostino, ma oltre che difficili da individuare sono spesso inaccessibili per il lago basso o perché occupati. Insomma vietato parcheggiare la barca, scendere per fare un giro della ci à e ripartire verso Menaggio o l’alto lago. Ad Argegno c’è spazio per 4 barche, ma devono essere di piccole dimensioni,

24 | Mag Giugno 2014 | È vietato scendere

a Como, come de o, 4 posti virtuali a Sant’Agostino, a Moltrasio è tu o legato alla disponibilità, a Pognana c’è un posto, 2 a Sala Comacina. A Cremia ci sono 8 posti, ma si può lasciare la barca per un massimo di due ore. A Faggeto la stessa cosa, ma tra i due pontili c’è talmente tanta distanza che sbarcare lasciando in sosta la barca è consentito solo a chi ha enorme agilità. A Domaso, sempre spulciando il portolano, ci sono due posti al circolo della Vela. E proprio in alto lago si vedono molto

di più gli investimenti in a racchi, pontili e aree di sosta temporanea. Infa i a Gera Lario ci sono 10 ormeggi in transito a pagamento e 3 gratuiti. A Gravedona sono ben 12. E uno a Musso. «Glia racchi? La parte dolente del lago», amme e Gianni Grammatica Taséll, del’azienda di noleggio motoscafi a ivada 121 anni. E Luca Valsecchi, presidente della neonata “Associazione barcaioli lariani” (raggruppa alcune società come Non solo barche di Cernobbio, Mostes di Faggeto, Ponzini di Bellagio


V I LL A OL MO QU E STA DI M E N T IC ATA «La mancanza di attracchi è la parte deludente del lago. Ogni Comune rivierasco dovrebbe munirsi di un attracco pubblico perché oltre al battello ci deve essere la possibilità per tutti di fermarsi, anche per questioni di emergenza. Può succedere una frana, si può bloccare la strada». Parola di Gianni Grammatica, conosciuto da tutti come il Taséll. L’attività di noleggio motoscafi e di tour turistici va avanti ormai da 121 anni. E dal suo ufficio di piazza Cavour, ma soprattutto navigando sul lago, ne ha viste tante. A Tremezzo, Bellagio e Cernobbio ha costruito i suoi pontili, dove attraccano anche i colleghi di altre compagnie. «Paghiamo il canone, facciamo la manutenzione, ma li usano tutti> ammette rimarcando che «servono pontili e attracchi». Ma vede anche, seppur qualcosa si è fatto, la mancanza di attracchi resta il problema numero uno per un lago che nel turismo sta affidando il suo futuro. Soprattutto nella parte compresa tra Como e Bellagio perché in alto lago già da tempo si sono mossi. A Como ci sono quattro posti a Sant’Agostino, ma sono spesso inutilizzabili a causa dei dislivelli del lago e, quando è basso, è impossibile attraccare lì. Adesso, tra l’altro il vecchio accesso con lo scivolo è da anni bloccato con il cantiere delle paratie. Un’anomalia secondo il Taséll, che sulle sue barche porta vip e star di Hollywood (dai tempi di Hitchcock a Silvester Stallone fino agli affezionati della vacanza a Como come Robert De Niro e Bruce Springsteen) ne ha viste passare tantissime, riguarda Villa Olmo. «Là - racconta -50, 60 anni fa c’era un attracco. Adesso non c’è più, eppure con le mostre e gli eventi che si possono organizzare in quella villa, un posto per arrivare in barca sarebbe utilissimo».

IN CERCA DI ATTRACCHI A sinistra Aldo Farano a bordo del taxi del Cantiere Mostes di Fagget Lario: “Spesso i turisti ci chiedono di poter sbarcare per visitare i paesi, ma non sempre è possibile”.

È vietato scendere | Mag Giugno 2014 | 25


È VIETATO SCENDERE

e Pinche i di Menaggio per un totale di 17 imbarcazioni con conducente e altrettante senza conducente) ha appena inviato una le era al Comune di Bellagio, proprio per la questione pontili e a racchi. Sulla difficoltà nella sosta dice: «Ci sono sempre più imbarcazioni sul lago, ma siamo carenti di pontili e i

Il lago di Como con sempre più imbarcazioni e meno pontili pochi che ci sono, quando vengono danneggiati richiedono tempi biblici per la sistemazione». «I turisti chiedono sempre di scendere, ma non è così facile» amme e Aldo Farano, autista di una delle limousine del lago. E Maurizio Mostes che oltre al cantiere da un po’ di tempo ha iniziato un’a ività di noleggio

26 | Mag Giugno 2014 | È vietato scendere



È VIETATO SCENDERE

barche e taxi boat aggiunge: «I problemi della mancanza di attracchi sono notevoli. Ci si affida in larga parte a quelli dei ristoratori e agli operatori che hanno i pontili e ci consentono di usarli». Il lago lo conosce bene Armando Valli, noto a tu i come il Mandell, è di Lezzeno, il paese più lungo del lago ed è stato per un mandato senatore per la Lega. «Purtroppo - spiega - nei due comuni turistici per eccellenza, come Como e Bellagio, il problema degli a racchi c’è. Da quando c’è l’Autorità di Bacino le cose sono migliorate e si sta lavorando nella direzione di creare pontili e ormeggi temporanei. Il guaio è che anche quando i privati cercano di muoversi in questo senso sono ostacolati dalla burocrazia. Solo per l’autorizzazione può passare anche un anno. A Lezzeno, dove si sta iniziando

28 | Mag Giugno 2014 | È vietato scendere

a sviluppare il turismo, ci sarà a breve il ripristino degli a racchi con l’Autorità di bacino. Ci saranno 5-6 posti di cui uno per carico e scarico. Per Expo 2015 la Regione si deve a ivare e tenere in considerazione il lago di Como, che potrebbe essere sfruttato molto di

I pontili spesso sono chiusi e per scendere ci si affida a quelli dei ristoranti più a livello turistico ed economico, sopra u o in una situazione di crisi. Non dimentichiamo che turismo significa anche posti di lavoro».

Tu i problemi che chi sul lago ci vive o semplicemente lo usa per rilassarsi nei weekend e nei giorni d’estate, conosce. Tu t t i s a n n o b e n e d o v e s o n o i (pochissimi) punti di rifornimento carburante (l’ex sindaco Stefano Bruni puntava a realizzarne uno nel Porto Marina, ma l’idea non si è mai concretizzata) e sanno altrettanto bene dove (non) ci sono gli a racchi. Nel capoluogo qualcosa, però, dovrebbe cambiare a breve. Oggi a Como ci sono 433 posti suddivisi tra porto Marina 1 (195 posti), porto Marina 2 (104 posti), Sant’ Agostino (85 posti, di cui 36 sulle gradinate), porto di Tavernola (34 posti), Villa Olmo ( 9 posti), San Giorgio (utilizzato dai mezzi di soccorso e scuole nautiche). «Nella nuova proposta di regolamento che verrà approvata entro fine giugno spiega l’assessore al Patrimonio


COMO E BE LL AGIO S ONO LE P EGGIOR I Le maglie nere sono Como e Bellagio, i due comuni più turistici. Ma nel resto del Lario qualche intervento è stato fatto. A dirlo è Luigi Lusardi, presidente dell’ex Consorzio dei laghi ora Autorità di bacino. «Nell’arco di nove anni di gestione - spiega - fin da subito ci eravamo posti il problema degli attracchi e abbiamo messo a bilancio, e continuiamo a farlo, le spese per 2-3-4 interventi partendo dai comuni più importanti per consentire di attraccare liberamente. Pontili e attracchi sono stati realizzati a Domaso, Varenna, Menaggio, Lenno, Oliveto, Gravedona. Tranne Menaggio, che è più grande, sono consentiti attracchi per 2, 3, 4 ore. Abbiamo iniziato a investire su questo proprio perché c’erano problemi ed è stato uno dei primi punti di quando è nato il consorzio. Abbiamo avuto 2/3 anni di problemi a causa della vicenda del muro di Como, che ha portato a una stretta delle autorizzazioni da parte della Soprintendenza). Quest’anno ci saranno interventi a Torno, Dervio, Oliveto». Lusardi si scaglia poi con Bellagio:

«I Comuni che non fanno parte del Consorzio sono quelli che hanno più problemi. La cosa vergognosa è che un paese turistico come Bellagio non abbia attracchi. Quando il Comune era nel Consorzio erano stati stanziati anche fondi per intervenire, ma non mi hanno dato un luogo per costruirlo. Poi sono usciti dal Consorzio e non hanno fatto nulla. Anche Como, il capoluogo, è vergognoso. La nostra idea per le concessioni in scadenza è quella di non vincolarle più in modo esclusivo: tutti dovranno avere la possibilità di accedere al nostro territorio dal lago. E, nel frattempo, andremo avanti con i pontili». Lusardi definisce «un assurdo» la situazione di Como e Bellagio, ma anche del primo bacino (ad esempio Moltrasio, Brienno, Sala) perché, dice, «fanno fare brutta figura a tutti. Passano attori e attrici e non riescono ad attraccare e così si crea lo scandalo, come è già successo, che danneggia l’intero territorio». Cernobbio per avere l’area potenziata e conclusa dovrà aspettare l’anno prossimo.


30 | Mag Giugno 2014 | Ăˆ vietato scendere


È VIETATO SCENDERE SBARCHI VIETATI Torno, uno dei più bei paesi del primo bacino del lago ha un unico pontile per lo sbarco ma è chiuso da un cancello.

del Comune di Como Marcello Iantorno - propedeutica alla pubblicazione dei bandi per assegnare i posti entro i successivi due-tre mesi ma con decorrenza dal 1 gennaio 2015, le novità sono diverse e tra queste c’è la durata di cinque anni delle concessioni al posto dei tre anni a uali, per dare agli assegnatari un lasso di tempo di maggiore godimento dell’imbarcazione e di minor disagio in caso di successiva non assegnazione

del posto, data la ogge iva difficoltà di ormeggiare la barca fuori dai porti di Como. Ma sono previste anche modalità di assegnazione dei posti più trasparenti e con regole più precise e corrette oltre all’incremento dei posti barca a favore delle categorie

L’associazione dei barcaioli, nata di recente, ha come obiettivo la creazione di nuovi pontili

svantaggiate: dai 3 attuali a 8 e il raddoppio dagli attuali 6 a 12 dei posti barca a pagamento per la sosta breve per agevolare e favorire il turismo nautico e l’approdo di questa categoria di natanti nei porti della ci à di Como». Iantorno aggiunge: «Attualmente i p o s t i p e r l a s o s t a b r e ve s o n o situati a Sant’Agostino ma, considerato il maggior numero, si pensa di concentrare i 12 posti per la sosta breve per i turisti in una zona di migliore accesso, visibilità e centralità. In generale, in tu o il lago di Como i posti destinati alla sosta breve sono scarsi ma il Comune con il raddoppio ha inteso favorire l’approdo turistico».

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È VIETATO SCENDERE

TURISMO, L’INDUSTRIA CHE NON C’E’ di Gianfranco Bucher (Grand Hotel Villa Serbelloni - Bellagio)

S

to sfogliando un bel libro fotografico che parla dei nostri luoghi. S’intitola “Terre Lariane”. Il testo, in italiano, inglese e cinese racconta di una giovane cinese che viaggia da queste parti. L’intento è chiaro (e anche dichiarato): creare uno strumento che attiri l’emergente pubblico cinese verso il nostro lago. Ottima idea. Come è normale, vado subito a cercare immagini di Bellagio (dove vivo e lavoro) ma… non le trovo. Non si parla di Bellagio, la perla del lago? Possibile? Cerco foto di altri paesi che mi sono familiari come Tremezzo (CO), Menaggio (CO), Gravedona (CO)…. Niente. Eppure trovo Pescarenico, (LC), Varenna (LC), Valmadrera (LC) e altri nella provincia di Lecco. Allora capisco: il libro è stato fatto da/ per “quelli di Lecco” e parla solo di metà lago. Ai cinesi. Geniale! Cerco una cartina che mostri ai cinesi dove sono l’Italia e il nostro lago,

com’è fatto, dove sono i luoghi citati: non c’è. Mica male come visione d’insieme. Questo libro, così ricco di belle foto, è la metafora della nostra industria del turismo, basata sulla bellezza dei luoghi, afflitta da visioni individuali e nessun sistema (solo metà lago signori cinesi!) Il turismo, per numero di addetti (circa il 10% degli occupati) e per fatturato globale (circa 10% del PIL, all’incirca 150 miliardi), è la prima industria del Paese, porta miliardi di valuta estera, ma spesso viene trattato come un ingombro: una volta aggregato allo sport e agli affari regionali (perché?), un’altra alla cultura, un’altra allo sviluppo, con piani sterminati e propositi edificanti che spariscono ancor prima

di nascere. Ricordiamo il “Piano strategico” dell’ex ministro Gnudi. Doveva creare 500 mila posti di lavoro e 30 miliardi di PIL. Scomparso Gnudi, scomparso il piano. Nonostante questo il fatturato del turismo continua a crescere, ma solo perché il mercato si allarga e sono entrati in scena paesi come la Russia, la Cina, il Brasile che stanno facendo viaggiare milioni di persone. E perché tanti imprenditori si danno da fare, privatamente. Ma l’Italia continua a perdere quote di mercato. In Europa siamo terzi, dopo Francia e Spagna. Ma Francia e Spagna hanno un marketing unitario, coordinamento strategico e operativo, incentivi e sgravi agli operatori, eccetera. Tutto per far crescere il turismo, e ci riescono.

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È VIETATO SCENDERE

Il nostro paesaggio e il patrimonio artistico sono “il prodotto” che l’Italia vende soprattutto all’estero. Cosa facciamo per difenderlo, migliorarlo, renderlo competitivo? Tagli e sprechi. Due casi emblematici: Pompei, dove non hanno neppure gli occhi per piangere mentre sta venendo giù tutto. E Enit, che usa circa l’85% del budget per stipendi e sedi, che ha impiegato più di un anno per scattare 8 foto della campagna pubblicitaria che avrebbe dovuto rilanciare l’Italia, che ora ne può usare solo sette perché in una foto era ritratto un personaggio pubblico con moglie (da cui si è poi separato) e che non ha comunque più i soldi per comprare gli spazi. Io faccio l’imprenditore turistico, e come tutti gli albergatori sono il terminale della filiera industriale, il front line, quello a contatto con il cliente finale. Purtroppo non riceviamo un gran sostegno da parte delle istituzioni. Non riceviamo nemmeno notizie importanti in tempo utile per orientare i nostri investimenti, e promuovere la destinazione Italia a vantaggio di

tutti. Per esempio, i dati Istat sui flussi turistici, indispensabili per capire dove andare a cercare i clienti, sono ineccepibili ma… arrivano due anni dopo. Interessanti per i libri di storia, ma non per aiutarci a capire come indirizzare il nostro lavoro.

Per essere competitivi basta pensieri individualisti La magica parola d’ordine “fare sistema” la pronunciano tutti, ma il sistema non c’è. Il turismo italiano è ancora un insieme di volonterosi che si danno da fare come possono, e fanno miracoli. Ma un’industria è un’altra cosa. Un’industria è soprattutto organizzazione, coordinamento, sinergie, ottimizzazione, visione d’insieme e a lungo termine. E tutto questo può arrivare solo con un coordinamento dall’alto. Non esiste “fare sistema Italia” dal basso. Se mi metto d’accordo

col mio vicino per produrre insieme pomodori, questo non è creare un sistema industriale. Ma se sono da solo, e il mio vicino è da solo, non possiamo andare molto più in là. Adesso il ministro Franceschini sembra voler incoraggiare concretamente la nostra offerta turistica a diventare più moderna: speriamo… può essere un primo passo. Ma il sistema è un’altra cosa e deve coinvolgere tutta la filiera che contribuisce al successo di una promozione turistica, compresa la tutela del nostro patrimonio paesaggistico, i trasporti … Se vogliamo andare avanti e competere con gli altri Paesi, credo che il primo scoglio da superare sia il pensiero individualista che porta a sezionare il lago di Como per “venderne” solo metà ai cinesi. E il secondo sia il pensiero che comunque “belli come noi non c’è nessuno” per cui, anche se i servizi sono scadenti, i turisti continueranno ad arrivare. Se non cambiamo, altri Pesi più capaci di fare sistema ci ruberanno regolarmente il posto in graduatoria. Io sono a disposizione per una azione comune. Parliamone.

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I

vip scelgono il cuore della Brianza per arredare le loro case. Dalla bella showgirl Belen Rodriguez al calciatore Javier Zane i, sino a Renato Zero, Ezio Greggio, a star internazionali come Kanye West e Kim Kardashina. Tu i clienti Baxter, azienda di arredamento con sede a Lurago d’Erba, specializzata nella lavorazione delle pelli, fondata e guidata da Paolo Beste i, amministratore delegato soprannominato “Mr.Baxter”e dal presidente Luigi Beste i. Impresa apprezzata da molti volti noti del mondo dello spe acolo come Cristina Parodi, Claudio Amendola, Cristiana Capotondi ma anche il calciatore Andrea Pirlo. Ognuno di loro ha acquistato almeno un mobile o un divano Baxter. Un esempio dunque di quella eccellenza artigiana brianzola, che sa distinguersi nel mondo e che sta per approdare da Harrods. Il prossimo Baxter Shop infa i sarà inaugurato a Londra, nel famoso grande magazzino di Knightsbridge. Quanto alle star, Paolo Beste i ci confessa che alcune di loro sono esigenti: «Ezio Greggio è sicuramente molto esigente». E non sono mancate in questi anni richieste molto particolari da parte delle star: «Nel corso degli anni abbiamo avuto

parecchie richieste bizzarre, da vip e non. Anche in questi casi per noi è di fondamentale importanza che il proge o sia fortemente riconoscibile e identificabile, ma sopra u o di qualità. Cerchiamo sempre di assecondare le richieste a raverso consulenze sui proge i e consigli sui prodo i, il nostro ufficio stile svolge un lavoro ad hoc per la realizzazione di proge i personalizzati».

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IL DIVANO COMASCO CHE PIACE A BELEN

di Amalia Barbara Di Bartolo

Nel cuore della Brianza per arredare la casa. Dalla bella showgirl al calciatore Javier Zanetti, da Claudio Amendola a Cristiana Capotondi ma anche Andrea Pirlo fino a Renato Zero, Ezio Greggio, a star internazionali come Kanye West e Kim Kardashina Il divano comasco che piace a Belen | Mag Giugno 2014 | 37


Venticinque anni di attività 230 punti vendita in italia e trecento all’estero. Un’azienda da 70 dipendenti e 25 milioni di fatturato L’amministratore delegato tu avia spiega che «non esiste un proge o dedicato ai vip in particolare, in quanto l’a enzione riposta nel lavoro è sempre la stessa per ogni singolo proge o». E i vip del mondo dello sport, della moda e dello spe acolo sono spesso ospiti dei numerosi eventi che l’azienda organizza ogni anno: «Ci sono stati campioni olimpici, a ori e personaggi del mondo della moda - racconta Beste i -. Si tra a di persone legate al nostro mondo o di amici, penso che la presenza di personaggi famosi intesa in questo senso abbia più valore». Gli eventi di maggior richiamo, ai quali ogni anno viene destinato un investimento tra il 6% e il 7% del fa urato , oltre alle fiere sono le inaugurazioni dei monomarca, come quelle avvenute a Miami, New York, Bangkok, Sydney Baxter quest’anno compie 25 anni di a ività e al proprio a ivo conta 300 punti vendita all’estero e 230 in Italia. A maggio è stato inaugurato un nuovo punto vendita a Tel Aviv e tra i proge i futuri, oltre al posizionamento sui mercati asiatici, c’è la realizzazione di un Concept store a Milano. La famiglia Beste i può vantare anche importanti collaborazioni con designer di grido come Ma eo Thun,

38 | Mag Giugno 2014 | Il divano comasco che piace a Belen

Vincenzo De Cotiis e Paola Navone, altro elemento chiave del successo di un’azienda che ha saputo ritagliarsi un mercato di nicchia, puntando su un forte connotato di artigianalità ed elevata qualità dei prodo i. Un percorso in crescendo, dove il ruolo della famiglia Beste i è stato centrale. Ed è per questo che Paolo Beste i è soprannominato “Mr Baxter”: «È un piccolo de aglio ma per me molto significativo - dice - perché se al di fuori del nostro se ore, le persone ne parlano significa che l’azienda si sta muovendo nella giusta direzione. Ciò è fru o di un lavoro continuo che negli anni ha portato le persone a riconoscere il marchio e a identificarlo con i prodo i». Una family company dunque. Ma facciamo un passo indietro: «La storia di Baxter nasce nel 1989 da un grande sogno imprenditoriale, pensato da me e da mio zio Luigi - spiega Paolo Beste i che all’epoca lavorava nel negozio di famiglia a Milano, Beste i Home Project -. Nata come una sorta di “costola” di un’azienda più grande, Living Divani, di cui mio zio era ed è titolare. Baxter si è sviluppata ed è cresciuta nel tempo alimentata da un’infinita passione per ciò che è bello, fa o bene, pensato per trasme ere emozioni». I primi passi vengono mossi anche grazie ad un proge o


IL VALORE DEI DETTAGLI Alcuni momenti della lavorazione nell’azienda Baxter di Lurago d’Erba.

estero per la fiera di Parigi che prevedeva la realizzazione di imbo iti english styleed, ed è per questo motivo che il primo mercato di riferimento fu il Nord Europa. Per i Beste i, essendo l’azienda sorta da un’altra realtà imprenditoriale ben avviata, fu abbastanza semplice trovare le giuste soluzioni da un punto di vista organizzativo, in quanto esistevano già

validi strumenti e un know how specifico. «Successivamente - precisa l’amministratore delegato che ora sta concretizzando un altro sogno, una cantina vinicola in Sardegna, dove si riunisce con amici e famiglia - dall’idea puramente commerciale si è passati alla realizzazione del vero e proprio proge o industriale, cominciato da zero».

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L’amministratore delegato ricorda ancora il primo divano realizzato all’inizio di questa avventura imprenditoriale: «Ricordo bene il visibile apprezzamento per il prodo o e la soddisfazione. Fu realizzato per un cliente di New York». È in questo periodo che è nata la linea “vintage”, dall’aspe o vissuto e autentico. Venticinque anni fa Baxter realizzava imbo iti classici dal mood inglese, dove i punti di forza erano i de agli e le cuciture: «Venivano realizzati mediante macchine utilizzate nell’ambito della moda per la realizzazione di scarpe, debitamente modificate per ada arle alle esigenze dell’arredamento e allo stesso tempo l’impiego di conce particolari per i cuoi». Nel 2003 è iniziata l’ascesa dei punti vendita, con l’apertura del primo Baxter Shop a San Marino, mentre Amsterdan è stata la prima capitale estera dove sono sbarcati. Sino ad oggi: 530 punti vendita tra Milano, Roma, Londra e Sydney.

E ancora: Bangkok, Tokyo, New York, Dallas, Vancouver, Seoul, Kiev, Budapest, Vienna, Guangdong (Cina), Il Cairo, Limassol, Beirut, Safat e Miami. E proprio a Miami si è tenuto un evento particolare : «Una cena a cui sono stati invitati trenta designer e archite i che lavorano con noi, dove una lunga tavola imbandita faceva da protagonista nelle vetrine del nostro negozio di Miami». Dal 2007 l’azienda di Lurago d’Erba si è evoluta verso un design dalle linee morbide, avvalendosi negli anni, come de o, di designer e archite i di rilievo: da Ma eo Thun & Antonio Rodriguez a Vincenzo De Cotiis, da Paola Navone a Massimiliano e Doriana Fuksas, Piero Lissoni, Roberto Lazzeroni, Draga e Aurel. «Tu e le collaborazioni con i designer con cui lavoriamo sono nate da un forte interesse verso il lavoro di quel determinato designer. Ad esempio, sfogliando le riviste restavo colpito dai proge i di Vincenzo De Cotiis. La prima collezione di imbo iti disegnata da lui per Baxter, che esalta le proprietà sensoriali della pelle, è stata presentata al Salone del mobile di Milano 2014». Mentre Ma eo Thun e Antonio Rodriguez hanno realizzato per Baxter, Godard, una collezione di divani, poltrone e pouf, cara erizzata da materiali pregiati e de agli ricercati. Fin dall’inizio della sua a ività Baxter si è avvalsa della collaborazione di maestri conciai, conferendo il taglio sartoriale ai prodotti: «Ogni singolo prodotto Baxter è immediatamente riconoscibile dall’altissima qualità del pellame - spiega Beste i -. Il must fondamentale è l’a enta

«La Baxter nasce nel 1989 dal sogno imprenditoriale di Paolo e Luigi Bestetti. Abbiamo una infinita passione per ciò che è bello e fatto bene» 40 | Mag Giugno 2014 | Il divano comasco che piace a Belen


PROTAGONISTI Sotto: Paolo Bestetti con Doriana Fuksas. A sinistra: il designer VIncenzo De Cotiis. Nella pagina accanto: Matteo Taun e Antonio Rodriguez.

e scrupolosa ricerca sulle pelli che nascono da un processo di concia cara erizzato da antiche rice e che preservano tu a la naturalezza del pellame. Inoltre grande a enzione è dedicata alla provenienza delle pelli, abbiamo infa i diverse concerie, ognuna delle quali è specializzata in un determinato campo». Nel corso di questi anni Baxter ha anche arredato alberghi prestigiosi quali Sheraton Diana Majestic di Milano, Westin Excelsior Doney a Roma, Chalet Dolce Vita di Madonna Di Campiglio e il Vigilius Mountain Resort di Lana. Ma qual è stato il momento più felice? «Siamo sempre alla ricerca del prossimo momento felice!», risponde Beste i che ci confida anche che non sa se la figlia nel futuro seguirà la sua stessa strada. Oggi l’azienda, che conta su 70 dipendenti, vive un momento florido, ha chiuso il fa urato 2012 a quota 25.350.000 euro, con un incremento del 10,75% e registrato un ulteriore crescita nel fa urato anche per il 2013. L’export vale sulla produzione per il 70%. Tra gli investimenti più importanti, l’ampliamento della sede di Lurago D’Erba, il cui completamento è previsto per quest’anno e che raggiunge i 14.530 mq. Nel futuro, oltre all’apertura di Londra, c’è la realizzazione di una collezione di lusso, pezzi unici che saranno distribuiti in cinque showroom nel mondo, una sorta di “haute couture di Baxter”, destinata a clienti sofisticati. Resta solo da indovinare quale vip li acquisterà.

Il divano comasco cheTitolo piace articolo a Belen | Mag Giugno 2014 | 41


di Sara Della Torre

La fonderia dove vengono fuse le opere dell’artista surrealista Salvador Dalì

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QUI NASCE DALÌ ervono cinque uomini per travasare il bronzo allo stato liquido, contenuto in un crogiuolo incandescente, e versarlo negli stampi di terracotta. Un lavoro manuale che, da quattromila anni, si pratica con le stesse modalità, dentro una fabbrica dove la fornace

S

è accesa per giorni e gli operai lavorano di cesello. È la tecnica della “fusione a cera persa”, usata con straordinaria maestria da greci e romani per creare oggetti artistici e descritta nei trattati storici sull’arte (nel Rinascimento è dettagliata dal “Trattato della scultura”

di Benvenuto Cellini). Lo sanno bene alla fonderia “Perseo Sa” di Mendrisio, dove gran parte del bronzo fuso diventa forma d’arte. Perché è in questo capannone ticinese, a pochi chilometri dal comasco, che nascono le sculture dell’artista surrealista Salvador Dalì.

Qui nasce Dalì | Mag Giugno 2014 | 43


Da qui le sculture del genio catalano, forgiate a “tiratura limitata”, viaggiano verso le galleria più rinomate, i musei più visitati e approdano nelle mani di collezionisti privati, disposti a pagare cifre importanti pur di ampliare il proprio tesoro. Da 1200 gradi di temperatura, il colore luminescente del bronzo torna ad essere scuro e si propaga in un calco studiato scrupolosamente, per diventare una grande statua, (si arriva anche a un elefante di sette metri d’altezza), o un piccolo oggetto soprammobile. «Lavoriamo ad una scultura - spiega Andrea Ziino, direttore della fonderia artistica, attività che ha da poco compiuto 60 anni di vita - per qualche settimana o fino a quattro mesi, dipende dalle caratteristiche della creazione. Utilizziamo, però, diverse tecniche di fusione: a cera persa, microfusione sottovuoto e sistema ceramico. Questo ci permette di affrontare qualsiasi tipo di lavoro». Infatti, la fonderia ticinese è meta di parecchi artisti, chi già affermato,

44 | Mag Giugno 2014 | Qui nasce Dalì

chi desideroso di entrare nel mondo dell’arte e di distinguersi con un’opera unica. Tra i nomi più celebri anche il figlio dell’attore Anthony Quinn, Lorenzo, artista e grande appassionato del pittore catalano. Il 50% della produzione della Perseo Sa di Mendrisio è rivolta alla creazione delle sculture di Dalì. Il resto

Svegliandomi ogni mattina provo il piacere di essere Salvator Dalì e ne sono estasiato è lavoro di tanti professionisti del mondo artistico, che si recano di persona per controllare la creazione dello stampo e intervengono sulle finiture. «Ci vuole passione e pazienza per riuscire a diventare un artista. Non è facile oggi per i giovani ricavarsi

un posto in questo mondo. È certo che il mercato del settore non risente della crisi - ammette Stefano Pesce, responsabile marketing della “I.A.R. Art Resources Ltd”, società specializzata nella creazione di mostre nei musei e nella gestione di una delle più grandi collezioni di opere d’arte di Dalí. Le opere dell’artista catalano, sono vendute da un prezzo di 8000 euro a un milione e mezzo, tanto per dare qualche cifra». Il percorso di creazione di una scultura è laborioso, costellato di diversi passaggi. Si parte da una prima ricopertura in plastilina, poi ad uno strato in gesso. Trascorsa una giornata la forma in gesso viene aperta, la plastilina rimossa, sottoposta ad un trattamento isolante e richiusa intorno al modello. All’interno della forma viene versato il silicone, che riproduce l’opera in negativo. Ricoperto al suo interno con diversi strati di cera rossa, rinforzata tramite un trattamento con la “pece greca”, che costituiranno lo spessore del metallo, all’interno della forma viene


versata una miscela di gesso cotto e materiale refrattario, che prende il nome di “anima”. Aprendo la forma si otterrà un positivo in cera del modello che al suo interno risulterà essere pieno di materiale refrattario. «Un’altra operazione importante spiega il direttore Ziino - è il lavoro di costruzione della canalizzazione. Canali in plastica, che vanno ad unirsi in alto in una bocca di polistirolo, vie seguite dal bronzo fuso per defluire in tutte le parti della forma». Una volta ultimato il sistema di canali di fusione, la cera viene ricoperta con materiale refrattario, il quale ne prenderà nuovamente l’impronta . «Durante la cottura nella fornace continua Ziino -, la cera si scioglie lasciando all’interno della forma uno spazio vuoto che verrà poi occupato dal bronzo, in un secondo tempo». L’ultimo passaggio si chiama “patinatura”: con il calore del fuoco, i prodotti chimici e gli acidi, il bronzo reagisce andando a creare sfumature ricche di colori in base alle spe-

cifiche artistiche. «Il vero problema del bronzo è l’ossidazione - ammette ancora il direttore - per il resto il materiale è eterno. Basti pensare al ritrovamento intatto dei bronzi di Riace…». Il genio sregolato e vivace di Salvador Dalì piace e negli ultimi due anni la “I.A.R. Art Resources Ltd” ha organizzato varie mostre in Italia e all’estero. «Firenze, Sorrento, Venezia e Taiwan sono state le mete gettonate delle nostre mostre - spiega Stefano Pesce -.

PROFESSIONALITÀ E ARTE Alcuni momenti della lavorazione all’interno dell’azienda di Mendrisio.

Qui nasce Dalì | Mag Giugno 2014 | 45



Anche Como è tra i nostri programmi, come luogo di esposizione, magari il prossimo anno. Nel cuore di Montmartre, a Parigi, invece, c’è l’“Espace Dalí”, unica mostra permanente in Francia interamente dedicata al Maestro del Surrealismo, in particolar modo al suo lavoro scultoreo e grafico». Dietro l’organizzazione svizzera c’è il nome di Beniamino Levi, collezionista e Presidente della “Fondazione Ambrosiana per l’arte e la cultura” che ha conosciuto personalmente l’eccentrico maestro, incontrandolo, fin dagli anni Sessanta nelle sue residenze di Parigi, New York e in Spagna e che oggi possiede una parte di diritti sulle opere. Dagli “orologi molli” agli elefanti, ai cassetti: le sculture in bronzo di Dalì forgiate a Mendrisio restituiscono al poliedrico autore un’immagine immortale di grande intensità, trasmessa anche da alcune frasi, espressione vera della sua forza. «Ogni mattina svegliandomi, provo un meraviglioso piacere: quello di essere Salvador Dalì, e mi chiedo estasiato, cosa mai compirà oggi, questo Salvador Dalì».

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PEDALANDO LA NATURA di Ricky Monti

Diario di una domenica in mountain bike sui monti comaschi da Como alla baita Bondella. L’attività dell’Associazione Bike&Co

L

a mountain bike è uno sport come dice la parola stessa da praticare in montagna, o almeno in zone collinari, e noi comaschi siamo fortunati perchè possiamo raggiungere molti percorsi in poco tempo. Io non immaginavo che a pochi minuti dalla ci à ci fosse la possibilità di immergersi nel verde dei boschi e delle colline. Ho voluto provare e il programma prevedeva la partenza da Como per arrivare fino alla baita Bondella a 1.110 metri. Sono riuscito a organizzare un gruppe o di appassionati a raverso un mio caro amico Luca Piffare i, noto filmer sportivo e grande amante di mtb. Ritrovo in piazza De Gasperi per conoscere i compagni di avventura: Paolo, 55 anni, il più maturo del gruppo ma

con uno spirito da ragazzino, Francesco ed Elena, 31 e 27 anni, una coppia appassionata di mtb, Marco, 31 anni, il presidente dell’associazione Bike&CO di Cavallasca, Luca, 39 anni, e Davide, 27 anni, proprietario del negozio Gravity Bike a Como. Pronti per salire a Brunate veniamo a conoscenza della notizia che la funicolare è chiusa per lavori di manutenzione fino al 20 Giugno. «Non è possibile chiudere la funicolare proprio in questo periodo che arrivano tu i i turisti!» dichiara Paolo con un tono di sconforto. Pedalare fino a Brunate per me sarebbe stato impossibile senza un adeguato allenamento quindi optiamo di partire da Solzago.

Salire pedalando | Mag Giugno 2014 | 49


LA SALITA Durante il trasferimento a Solzago riesco a parlare con Davide circa lo scenario Mtb nel comasco «La mia clientela media è tra i 30-35 anni però tra i sentieri ultimamente incontro spesso ragazzi più giovani ed è sicuramente un fa o positivo per Como. Non siamo al livello del Piemonte e della Liguria come stru ure e organizzazioni, ma piano piano stiamo crescendo». Arrivati a Brunate è d’obbligo far visita al Faro per riprendersi dalla fatica, ma principalmente per godere di un panorama che non stanca mai. Durante la salita e nella piazze a di fronte alla chiesa di San Maurizio incontriamo diversi appassionati di Mtb, chi con abbigliamento adeguato e passo svelto, chi come me con passo lento ma tanta passione. Non avendo una mountain bike adeguata Davide mi ha prestato una bici di nuova generazione, coi nuovi cerchi da 29” e non classici da 26”, che facilitano la pedalata e diminuiscono lo sforzo. Tu o il gruppo usa delle bici da enduro, una specialità della Mtb con sospensioni anteriori maggiorate, ammortizzatore centrale, freni a disco maggiorati ma un o imo peso (13-14 kg) per affrontare ogni situazione.

Forse il mercato della mountain bike negli ultimi anni si è sviluppato molto grazie a questo tipo di bici come conferma Davide. «Prima c’era solo la bici da Downhill con sospensioni pesanti e non potevi fare dei tra i pedalabili e la classica mountain bike da cross-country leggera ma con forcelle non ada e a discese più impegnative. Da qualche anno hanno costruito un mix tra downhill e cross-country creando il modello enduro che si è dimostrato vincente». Da San Maurizio saliamo per la strada asfaltata Via alle Colme dove ci sono diverse ville poco abitate per poi raggiungere Via alle Baite. Parlo con Elena che mi racconta la sua passione per la bici «usavo la bici solo ai tempi delle elementari poi quasi tre anni fa sono stata al Mo olino di Livigno e mi sono appassionata subito, comprando una bici da enduro. È veramente bello stare all’aria aperta, fare a ività sportiva,che non guasta mai, e divertirsi in comapagnia. All’inizio non c’erano molte ragazze tra i sentieri invece ora a volte effe uo delle uscite anche solo con ragazze». Per raggiungere la Baita Bondella, nostro punto di inizio discesa verso Tavernerio, ci sono alcune salite carrabili abbastanza impegnative immerse in boschi di abeti e faggi.

Arrivati alla Baita costruita inizi ‘900 come ristoro per gli appassionati di camminate tra i sentieri della zona, ritrovo tu i quei ciclisti che avevo visto sfrecciare durante la salita da Solzago e da San Maurizio fermi, chi per una pausa caffè, fru a, barre e energetiche e chi come noi per indossare le protezioni adeguate per una discesa sicura. Le giuste protezioni come il casco, ginocchiere e gomitiere sono fondamentali per riportare a casa la propria pellaccia senza fra ure. Sulla terrazza della Baita i tavoli sono pieni di turisti seduti a pranzo affascinati dal panorama e nelle giornate di cielo sereno si vedono Milano, il Monviso e addiri ura la catenza degli Appennni.

50 | Mag Giugno 2014 | Salire pedalando


LA DISCESA Il tempo di riprendere fiato e l’avventura continua lungo il sentiero preso pochi metri prima della Baita, salendo a destra, non si può sbagliare. Se avessimo avuto ancora le gambe buone avremmo potuto continuare lungo la strada delle baite arrivando fino alla Baita Boletto però poi la discesa sarebbe diventata molto ripida e tecnica, forse inappropriata per la prima gita. Da questo sentiero immerso nei boschi di faggio incomincia una rete di percorsi a scendere verso valle dove Marco e la sua associazione gestisce la manutenzone «Noi dell’associazione Bike&Co, dove ricopro la figura di presidente, con 80 iscri i da Como, Varese, Milano, gestiamo in accordo dal 2013 con la Comunita Montana del Triangolo Lariano

la manutenzione e la pulizia dei sentieri. Da circa sei mesi ogni sabato i ragazzi con me oggi e pochi altri sacrificano la propria giornata libera per lavorare sui sentieri e per perme ere a tu i di poter percorrere con la bici e

L’associazione Bike&Co conta ottanta iscritti e per passione si occupa della maniutenzione dei sentieri montani Salire pedalando | Mag Giugno 2014 | 51


a piedi zone prima abbandonate. Grazie alla forza di volontà e la passione di tu i siamo riusciti a organizzare una gara che si terrà il prossimo week-end, la prima tappa della EnduroCup Lombardia, proprio lungo gli stessi sentieri che faremo oggi con te. Nel Triangolo Lariano ci sono se e percorsi e tu i intrecciati tra loro». La discesa parte da un bosco piu osto fi o con sentieri stre i e leggermente sdrucciolevoli, e i più navigati mi consigliano di non farmi prendere dall’euforia, per poi raggiungere dei passaggi di roccia e dislivelli divertenti. Percorrendo pochi metri della prima discesa noto subito una grande differenza tecnica dalla mia ultima Mtb, una classica cross-country e inoltre non sono aggiornato sui prezzi delle Mtb da enduro e scopro che so o la mia sella c’è un valore di circa qua ro mila euro. Una cifra che penso in pochi in questo periodo si possa perme ere per una Mtb. Infa i Francesco conferma «Ormai la maggior parte degli appassionati compra Mtb usate perchè c’è un mercato molto vasto e puoi trovare delle belle occasioni, sia la mia

che quella della mia ragazza Elena le abbiamo prese usate a poco più di mille euro» e Paolo aggiunge «Ben venga chi compra le Mtb ultimo modello ogni anno e le svende a fine stagione per comprarsi il modello nuovo..così fa solo che aumentare il mercato dell’usato e per tu i noi è solo vantaggioso». Ovviamente essendo l’ultimo arrivato nel gruppo e non avendo un passo da discesista forsennato osservo da dietro tutti i miei nuovi amici di avventura, e i più spericolati sono stati sicuramente Davide e Luca. Luca è stato pilota motocross a livello regionale e sente una adrenalina forse maggiore scendendo e nei suoi occhi vedi proprio la passione per la discesa «Per motivi di costi, di tempo e di lavoro ho smesso con le moto, ed il freeride ed il downhill è una fra le discipline più affini al motocross. Una volta provata la bici da discesa, mi sono innamorato. Girare con la bici mi fa provare divertimento, il piacere di vivere la natura, staccarsi completamente dallo stress della quotidianità, libertà. Sinceramente non amo troppo pedalare in salita, ma la fatica per arrivare

«Andare in bicicletta sui monti è un grande divertimento è il piacere di vivere la natura staccandosi completamente dallo stress della quotidianità»

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alla ve a fa parte del gioco. Poi giunti in cima, si regolano le sospensioni, ci si me e casco e protezioni ed inizia lo spe acolo della discesa: adrenalina pura, ti senti vivo! È stata una giornata divertente, ho conosciuto delle persone semplici, vere, e con una grande passione in comune di divertirsi tra amici in sella a una mountain bike e come dice più volte Luca «è una community variegata: giovani, meno giovani, uomini, donne, ognuno con la propria storia, ma quando ci si trova con la bici non ci sono barriere, si è tu i uguali e si pensa solo a girare al meglio, in compagnia, divertendosi!». Spero di avervi trasmesso la voglia di pedalare e magari

il prossimo week-end, al posto di fare una passeggiata sul lungolago, procuratevi una mountain bike, nuova o usata non importa, conta ate qualche amico e passerete una giornata indimenticabile tra i sentieri lariani. Tu e le informazioni necessarie per i percorsi nel Triangolo Lariano sul sito della Associazione Bike&Co (h p://www. bikecoasd.it).

PASSIONE PER LA NATURA Momenti conviaviali durante l’escursione sui monti lariani.

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A

guardarli dall’alto, in un passaggio rapido a volo di uccello, sembra di passare sopra un mosaico perfe o, pezze i di puzzle di terra colorata, prima chiara, poi più scura, poi già macchiata di verde con qua e là qualche pennellata di rosso o di giallo. Ogni tassello si incastona perfino al millimetro. Re angoli, quadrati uno vicino all’altro geometricamente perfe i. Sicuramente nuove oasi di un’altra vita. Fanno venire in mente l’ultima protagonista del romanzo di Ernesto Ferrero, la signora Quirina, per la quale «l’orto, ad onta della sua ridotta dimensione, doveva essere l’emblema di una sorta di misura, di armonia cosmica, in cui ogni elemento trovava la ragione del suo esistere… E nel caos incomprensibile che era diventato il mondo, quello spazio era in grado di offrire un senso compiuto, l’equilibrio perduto». Già, l’equilibrio in un orto. È la nuova epopea di quel piccolo mondo ritrovato, ben definito, oggi sempre più apprezzato e sempre più meta di una nuova corsa in contrapposizione a una realtà fa a di sciagure, di crisi, di difficoltà

A Como ci sono 160 orti urbani con un aumento dei circa il 60% negli ultimi 2 anni. Prolificano anche quelli sui balconi condominiali e miseria. «C’è un fa o religioso nel coltivare l’orto, nell’abbassarsi fino a lavorare la terra». È il professor Giorgio Te amanti, 60 anni, a descrivere la spiritualità che sta dentro anche a una sola zolla. Lui, che insegna Greco e Latino al liceo Volta di Como, lo sente ancora di più e ci riporta «a quel senso della terra che abbiamo perso nel tempo – spiega,

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appoggiando la sua vanga alla spalla e alzando lo sguardo solo un istante dal basso -. L’orto, anche nel suo piccolo - dice -, ci tiene legati a principi fondamentali, a conce i di sacralità. E ogni volta che ce lo dimentichiamo, perdiamo un pezzo delle nostre radici, è come se ci dimenticassimo da dove arriviamo». La nuova corsa all’orto ha anche questo

significato, oggi. Dopo la bufera della grande crisi, l’impoverimento delle famiglie, la riduzione delle aspe ative, la terra sta aiutando a recuperare un nuovo stile di vita, a ridefinire un nuovo modello di consumi. Anche a Como. In coda ci sono pensionati, impiegati, professori, ex dirigenti o ex operai: il fenomeno degli orti urbani è il più efficace testimone di questo


L’ORTO DI CASA MIA di Simone Casiraghi, Foto Andrea Bu i /Pozzoni

Dopo la grande crisi e l’impoverimento delle famiglie, anche a Como la terra sta aiutando a recuperare un nuovo stile di vita e un nuovo modello di consumi. Il fenomeno degli orti urbani è il più efficace testimone di questo cambiamento e vengono curati come dei veri e propri giardini

cambiamento. Anche se relegarli solo a una necessità che aguzza l’ingegno è davvero ridu ivo. A Como oggi di orti urbani ne esistono quasi 160, sono aumentati del 40% negli ultimi due anni, quasi tu i entro i confini della ci à, una trentina lungo la cintura ci adina. Con lo stesso volo d’uccello se ne potrebbero scorgere altre anti, privati sui balconi o in angoli interni

ai cortili di palazzi. Orti che nascono davvero come funghi nei giardini di casa, sui terrazzi, in appezzamenti di terreno vicini all’ abitazione. C’è chi preferisce seminare e coltivare il proprio orto in vecchie casse e della fru a, chi ricorrendo al vintage lo coltiva nelle scatole di latta, chi coltiva ortaggi secondo un approccio hi-tech o con tecniche addiri ura sperimentali. Si

riesce a scorgere anche chi lo fa in un sacco, diplastica o di iuta con fori sui lati per infilarci le piantine di pomodoro o di fragole, piselli o zucchine. O chi ancora ricava lo spazio della sua coltivazione da terrazzo appendendo portaoggetti riempiti di terra sulle pareti del balcone. Una cosa è certa, nessuno sfugge più all’orto urbano. E tu o in un volo che va da

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«Si fa per il gusto di coltivare la verdura da portare in tavola, ma anche per rilassarsi» Breccia (con 30 orti) e arriva a Sagnino (una decina), fino a Tavernola (dietro al campo sportivo, ci sono oltre 60 orti) o Muggiò (con 15 appezzamenti). Il Comune fa fatica ad accontentare tu e le richieste. Ma a enzione. Gli orti urbani non sono più quelli che si vedevano vicino alle stazioni, lungo i binari della ferrovia: tristi, in squallide locazioni, costruiti con materiale di recupero, francamente bru i, popolati e gestiti da pensionati indigenti. Oggi gli orti urbani sono curati come dei veri e propri giardini. «Ogni anno ne vengono assegnati solo una decina, e in genere sono quelli che si liberano, con un ritmo di richieste che sta aumentando sensibilmente - racconta Elisabe a Lontani, responsabile per Palazzo Cernezzi dell’assegnazione degli appezzamenti -. C’è una graduatoria, in base alla data in cui è fa a la richiesta, si paga un canone di 45 euro l’anno, rinnovabile, ed esiste sopra u o un regolamento al quale a enersi, pena la revoca della concessione. Facciamo controlli e sopralluoghi, sulla tenuta dell’orto, per verificare che ci sia la giusta cura, che non sorgano pollai, disordine o colture improprie, per esempio, destinate alla commercializzazione, pratica assolutamente vietata. E devo dire - so olinea Lontani - che queste norme sollecitano al meglio un forte senso civico fra chi li gestisce». Già, perché se qualcosa non funziona o ci si comporta male violando il rispe o del buon vicinato, non si esita a segnarlo in Comune. Orti importanti, insomma, destinati a ben oltre quel “consumo frugale” che doveva garantire “l’orticello presidenziale”

di Michelle Obama. «L’orto impegna molto, per tempo e fatica - spiega ancora Lontani -, per cui quando qualcosa non va sca ano le lamentele, piccole vertenze fra vicini d’orto che la dice lunga sul senso di responsabilità con cui si gestiscono questi pezze i di terra». Re angoli di terra che a Como in media variano fra i 30 e i 50 metri quadrati, con punte a Muggiò che sfiorano anche i 120 metri quadrati. In genere, finora, li coltivavano pensionati. «Io

l’ho sempre fa o l’orto – racconta il signor Giovanni, 72 anni, piccolo orto proprio a Muggiò, nell’area dietro il Luna Park - sia per il gusto di coltivare verdure, insalata, rapanelli, pomodori da portare in tavola a casa mia, sia perché è sempre stata una mia passione. E a volte sono qua anche solo per un po’ svago». Oggi però qualcosa è cambiato. Si defila, ma ci racconta lo stesso. “Sono un ex operaio, in cassa integrazione fino alla fine dell’anno. Ecco, l’orto mi consente di fare

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I L P ROF E SS OR E E I L SE NS O DE LL A T E R R A La soddisfazione mista a orgoglio esplodono all’improvviso. «L’anno scorso ho raccolto addirittura due quintali di soli pomodori. Ma è stato abbondante anche il raccolto di cipolle, lattuga, piselli, patate. Ah, anche i cardi coltivo, mi piace preparare la bagna cauda piemontese. E poi anche meloni e angurie». Dice che lo fa per passione, come hobby. «Sì, invece che fare sport, coltivo l’orto. È quella la mia palestra. Per il fisico, ma anche per la mente». Sembra di vederlo, il professor Giorgio Tettamanti, 60 anni compiuti, insegnante di Greco e Latino, al liceo Volta di Como, in mezzo agli studenti al suono della campanella. Lezioni terminate, tutti a casa. Lui no. Lui dritto e di corsa al suo orto, a Olgiate. «Sì, prima ne avevo uno nell’area del San Martino, un pezzo di terra concesso dall’ospedale, a due passi da casa e che coltivavo al fianco di altri, tre-quattro pensionati di Como. Poi non si è più potuto fare, e allora, ho rimediato altro. Grazie a mio fratello, sono riuscito a recuperare un altro pezzetto di terra, bhè in realtà sono quasi 200 metri quadrati, direi che è proprio un bell’ortone». Il professor Tettamanti si definisce il “miglior testimonial” dell’orto, ci va appena può, appena gli impegni della scuola gli lasciano anche solo un’ora di tempo libero. Perché quell’orto, è qualcosa di più che “semplicemente” lavorare la terra. È ancora di più anche di un’arte. «In questo lavoro, nel coltivare la terra c’è un fatto religioso che ricorre. E di cui abbiamo ormai perso le orme. Ogni volta che dimentichiamo il senso della terra - spiega il professore - è come se dimenticassimo il legame con la nostra terra, un pezzo delle no-

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stre radici. E questo vale anche se stiamo coltivando un orto, piccolo o grande che sia. Sporcarsi le mani di terra sono convinto aiuti a capire perfino chi siamo, e da dove siamo venuti, l’orto sembra paradossale ma ti aiuta a restare legato a certi principi e in questo è racchiuso anche il concetto di sacralità. Sarà per via della mia formazione culturale, dei miei studi, ma a me che insegno greco e latino, due lingue di contadini, tutto questo significato appare ancora più vero». La stessa formazione che spinge il nostro professor Tettamanti a tenere a distanza la “fredda” tecnica, perché «non ha la stessa forza spirituale, perché raffredda la terra, la tecnica ci allontana da tutto, è uno stacco da questo approccio». Ma il professore va oltre e guarda perfino con soggezione la terra, anche quella del suo orto, quella che lui coltiva. Le riconosce una forza alla quale non ci si può opporre. «L’esempio più banale è il maltempo, la grandinata che ti compromette il raccolto. La terra non ti consente di rivoltarti contro, di ribellarti. Ha un bel dire perfino Sartre quando sostiene che “ribellarsi è giusto». Non è vero, con la terra siamo tutti impotenti”. Lo dicevano anche i nostri avi, del resto, se è vero che uno dei detti comaschi (e non solo) più antichi racconta che “la tera l’è basa” a sottolineare ancora una volta «che è lei che comanda lei e se vuoi coltivarla ti costringe a far fatica, ti obbliga a piegare la schiena». Una fatica che Giorgio Tettamanti non esita a definire anche «una parte ormai del mio stile di vita». Ma ben ripagato e riconosciuto, almeno in famiglia. «Già, perché i miei figli sono tutti vegetariani, e ormai mangiano solo le mie patate».


RITORNO LA TERRA La coltivazione domestica una passione che ritorna. la spesa per la mia famiglia risparmiando, con costi più bassi rispe o anche al supermercato. Credo che anche così, con i miei 830 euro al mese, oggi si possa far fronte alla crisi che ci ha colpiti, per me in particolare che sono in bilico con il lavoro”. Ma non è un caso isolato. «Molte le famiglie che ci chiedono di fare l’orto - spiega sempre dal Comune, Elisabe a Lontani –per far fronte alla difficoltà di fare la spesa. Molti coltivano l’orto per hobby, ma ormai riscontriamo, perché ce lo dicono, tante famiglie lo fanno in particolare per necessità». In molti ormai hanno cominciato a coltivare ogni spazio possibile nei dintorni delle abitazioni essenzialmente per far fronte a quella ristre ezza che, per la prima volta dopo decenni, ha penalizzato anche il comparto alimentare. L’orto fai da te. È la stima di Coldire i, garantisce risparmi fino a 300 euro. Anche per questo in molti giardini alle tradizionali piante aromatiche si sono affiancate zucchine, cetrioli, pomodori, insalata e fragole. E dietro la necessità spesso spunta anche l’aspe o dida ico. Per il signor Giuseppe, 73 anni, a Sagnino, orto in via Pascoli, fra insalata e zucchine, porta anche il nipotino. «Mi piace portarlo con me, mi sembra che si diverta e anche molto a giocare con la terra. E poi, anche se questo è un piccolo orto, capisce che fru a e verdura

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non nascono dagli scaffali del supermercato, ma dalla terra, dalle piante da quello che faccio io lavorando qui nell’orto. E’ bello insegnargli anche questo». L’obie ivo del Comune è anche quello di migliorare la vivibilità delle periferie. A Como, secondo gli ultimi dati Istat, la disponibilità di verde urbano è fra le più basse in Lombardia: contro i circa 36 metri quadri per abitante, nel capoluogo il valore pro capite di verde non supera i 9,9 metri quadri. Poco, ma quanto basta. Se è vero che l’orto urbano viene anche definito “sociale”, richiamo così ad una nuova funzione. «L’orto è certamente un modo per riscoprire il legame con la terra, con il ciclo delle stagioni, ha un effe o benefico sulla salute fisica e psichica - spiega Fortunato Trezzi, presidente di Coldire i di Como -. Ma poi vi è anche una variabile sociale a conferire valore aggiunto. Oltre a soddisfare un proprio fabbisogno familiare, l’orto contribuisce a sviluppare rapporti di socializzazione e di collaborazione, ci si scambia tecniche, conoscenze e prodo i». La terra, quindi, come punto di partenza per rilanciare anche l’agricoltura, ormai considerata strategica per o o su dieci.

Un’agricoltura che, in tempi di crisi, continua ad a rarre giovani e donne, incentrata sempre più sul biologico che, da prodo o di nicchia è diventato fenomeno di mercato. L’orto è il primo passo di un cammino destinato a durare: alla motivazione iniziale del risparmio oggi ne sono subentrate e aggiunte altre che lasciano supporre una lunga durata del fenomeno. La disponibilità di prodo i sani e freschi, l’emozione di veder crescere i propri alimenti, la riscoperta della terra, l’interesse nuovo per l’agricoltura, il succedersi delle stagioni nella semina e nel raccolto stanno divenendo più importanti di quello primario che ha generato il fenomeno. E forse non è nemmeno escluso - o auspicabile - che si possa fare nostra la preziosa lezione che arriva dal Bhutan, piccolo stato appollaiato sulle cime dell’Himalaya, e che ha costruito intorno al nuovo

«L’orto è un modo per riscoprire il legame con la terra e fa bene alla salute»

NATURA Gli orti urbani un modo per tornare ad una alimentazione naturale.

rapporto con la Natura il suo indice di benessere, il Fil, Felicità interna lorda. Naturalmente dopo aver ro amato l’angosciante nostro indice Pil.



CIAO COMO in diretta dai

Canali radio di Francesca Guido

Storia della prima radio libera comasca fondata da Alessandro e Lorenzo Canali. Da “Radio Brianza Limite” a “Como Radio City”, fino a “CiaoComo Radio”. Quell’antenna su una canna di bambù nella filanda abbandonata di Tavernerio. Le gaffe del dj Max prima della Messa e il prete con i chierichetti in testa. Da Enrico Ruggeri, alla bodyguard di Piero Pelù. Dalla Mannoia che si fa accompagnare a comprare le scarpe a Eleonora Brigliadori. La storia di una radio giovane con l’arivo dei Take That negli studi dell’emittente… ma era solo un “pesce d’aprile”

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rano gli anni Se anta quando due fratelli, Alessandro e Lorenzo Canali, e un gruppo di amici, riuscirono nell’impresa sperata: trasmettere un programma alla radio. Come? Con un’antenna montata su una canna di bambù e qualche radiolina per testare fino a dove arrivasse il segnale. Dal 1976, anno di fondazione di Radio Brianza Limite, una delle prime radio libere comasche, tanta strada è stata

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fa a fino ad arrivare all’a uale emi ente radiofonica CiaoComo Radio. Non un garage, come vorrebbe l’immaginario “american style” al quale troppo spesso siamo abituati quando si parla di musica, ma una filanda abbandonata a Tavernerio. Questa una delle prime sedi improvvisate dove Alessandro e Lorenzo, assieme ad altri amici d’infanzia, iniziarono i primi passi in questo mondo, così affascinante, ma che negli ultimi anni ha dovuto confrontarsi con la difficile crisi che ha toccato inevitabilmente le piccole realtà locali. «Eravamo giovanissimi quando ci balzò in testa l’idea di fare una radio tu a nostra - racconta Alessandro - era una passione che condividevamo tra amici ed erano i primi anni in cui si sentiva parlare di radio libere, ed ecco che decidemmo di me ere in pratica il nostro sogno. Ricordo ancora l’emozione della prima trasmissione, se ci penso oggi mi viene da ridere. Avevamo montato l’antenna su una canna di bambù per alzarla il più possibile e un gruppo di noi girava con delle radioline per Tavernerio per capire fino a dove arrivasse il segnale». Non solo supporti tecnici improvvisati grazie all’aiuto della natura, anche angoli abbandonati della periferia di Como furono strategici per la realizzazione del primo studio, ma anche della prima regia. «A Tavernerio c’era una filanda abbandonata - continua Alessandro - e così abbiamo allestito la nostra piccola sede, con uno studio da dove mandavano in onda le prime trasmissioni».

«Avevamo montato un’antenna su una canna di bambù per alzarla il più possibile e altri giravano con le radioline per capire se arriva il segnale» 1977 REVIVAL La sede di Tavernerio, i primi passi di Radio Brianza Limite e, sotto, l’arrrivo di Piero Pelù a Ciao Como.

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Nel 1979 da Radio Brianza Limite l’emi ente cambia nome in Como Radio City. L’idea dei fondatori era di dare un tocco di internazionalità, cosa che in quell’epoca andava di moda. Per i primi anni le sedi cambiano e tra queste, oltre alla filanda, i ragazzi trovano ospitalità anche dalla parrocchia di Tavernerio, contagiata dall’entusiasmo di questi pionieri comaschi della radiofonia, e qui iniziano anche i primi episodi divertenti e che strapparono un sorriso anche al parroco. «Il prete ci ha concesso uno spazio gratuito - racconta Lorenzo - e primi guadagni arrivarono anche da alcune messe trasmesse in dire a. Ricordo che oltre al prete anche una coppia facoltosa comasca, per festeggiare il cinquantesimo anno di matrimonio, oltre ad aver acquistato una pagina sul quotidiano locale, ci aveva chiesto di fare la dire a della cerimonia». Una messa di Natale e un momento di preghiera che trovarono il commento di un dj e di un radiocronista poco


affini ai riti religiosi però, come ricorda Lorenzo: «Io ero in regia per mandare in onda la dire a e Max, il nostro dj del momento, che non aveva molta esperienza giornalistica, a un certo punto tentennando disse: bene adesso vi lascio in compagnia di... Dio. Ricordo un imbarazzo iniziale, poi inevitabilmente mi venne da ridere». Non solo la messa di Natale, anche in occasione delle celebrazioni dell’anniversario di matrimonio, il radiocronista ci mise del suo «Bene ed ecco che inizia la processione in direzione dell’altare della chiesa - disse cercando di trasmettere le parole in immagini per gli ascoltatori - ed ecco che ora sta passando il prete con i chieriche i in testa... non è che lì ha fisicamente in testa però». Dopo le prime gaffe legate all’inesperienza, i fratelli Canali pensano ad un salto di qualità. Da radio rock dei primi anni, l’emi ente trova vocazione anche nell’informazione locale diventando nel 1990 testata giornalistica. Sono anni fortunati per il mondo della radio e nel 1993 i soci rilevano la proprietà dell’unica altra radio concorrente sul territorio: Radio Studio Vivo (nel 2001 la fusione in un’unica emi ente, per poi passare nel 2006 all’a uale CiaoComo Radio. Iniziano anni di ospiti famosi e di artisti emergenti, con ragazzini in a esa fuori dalla sede di via Bernardino Luini in pieno centro ci à. Enrico Ruggeri, Piero Pelù, Donatella Re ore, ma anche due giovanissime Paola e Chiara o a rici come

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L’ALBUM DEI RICORDI La sede di Ciao Como Radio è quasi un museo dei ricordi. In alto Simone Tomassini, a destra Lorenzo e Alessandro all’inaugurazione del 2001. Qui sopra Luca Carboni e, a sinistra, un giovanissimo Enrico Ruggeri.

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2000 Eleonora Brigliadori. Chi veniva in ci à per promuovere la propria musica o altri lavori artistici in uscita, faceva tappa fissa alla radio della ci à e non sono mancati episodi di cui si parla ancora dopo tanti anni Tra questi la visita di Piero Pelù, storica voce dei Litfiba e a uale giudice del talent “The voice of Italy”. «Ricordo benissimo quando Pelù arrivo alla radio - spiega Lorenzo - lui era molto personaggio e aveva chiesto al suo arrivo di avere un bicchiere di vino. Era accompagnato da una guardia del corpo. Le scale che salivano ai nostri studi erano pieni di fan ad a enderlo. Ad un certo punto un fotografo si mise davanti a Pelù per sca are una foto, ma

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il suo bodyguard iniziò a spingerlo. Ricordo che ci furono a imi concitati ma Pelù fu molto bravo a calmare la sua guardia del corpo». Ma tra i ricordi più belli per Lorenzo c’è senza dubbio la visita di Fiorella Mannoia: «Una persona con grandi qualità artistiche e umane - spiega - ricordo che aveva voluto conoscere la storia della nostra radio, ma anche le vicende che stava vivendo la ci à in quel momento. Una donna alla mano. Aveva chiesto ad una nostra dj dove comprare delle scarpe e lei la accompagnò. Ricordo che era emozionata di aver fa o da personal shopper alla Mannoia». E tra i ricordi dei fratelli Canali anche l’arrivo in ci à di


PROTAGONISTI Lorenzo Canali il fratello Alessandro con l’attuale gruppo che anima i programmi di Ciao Como Radio.

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2012 una giovanissima, ma già bellissima, Eleonora Brigliadori, così come quello di Paola e Chiara, proprio in occasione dell’uscita del loro primo album “Ci chiamano bambine” nel 1997. E nell’emi ente locale anche le prime interviste di due cantautori del territorio, oggi noti nel panorama musicale nazionale: Davide Van De Sfroos e Simone Tomassini. Tanti bei ricordi, ma anche qualche storta di naso di fronte ad ospiti un po’ troppo capricciosi. «Se devo essere sincero - conclude Lorenzo - Enrico Ruggeri non mi ha fa o una bellissima impressione, ha fa o un po’ la star. Tu o il contrario ad esempio di Luca Carboni, uno degli ultimi ospiti dal vivo in radio, visto che poi si è passati alle inter-

viste telefoniche. Di Carboni ricordo un’umanità fantastica, iniziavano i momenti difficili per le radio, ma lui ha voluto sapere tu o e ci ha incoraggiati a continuare». E se da un lato sono stati tanti gli ospiti musicali, nella radio ci adina hanno mosso i primi passi anche giornalisti e speaker che sono passati poi a realtà più grandi. Tra questi anche Marco Mazzoli, ideatore e condu ore del popolare “Zoo” di Radio 105. Figlio di un art director, un giorno si presentò al lavoro in moto trasportando in sella un manichino. Episodi divertenti e scherzi che non sono mancati nel corso degli anni, come quella volta che i fratelli Canali e altri amici della radio, studiarono un “pesce d’aprile”. Vennero fa i spot, anche su quotidiani locali, dove si annunciava l’arrivo della boyband dei Take That negli studi dell’emittente. Era la fine degli anni Novanta e Gary Barlow, Mark Owen, Robbie Williams, Howard Donald e Jason Orange, i più amati dalla ragazze di tu o il mondo. In quel primo di aprile una folla si era radunata so o la sede della radio ad a endere i propri idoli. Ad un certo punto un’auto si avvicinò, scesero dei ragazzi di corsa, ma solo quando i cinque si affacciarono alla finestra la folla urlante capii che si tra ava di uno scherzo. Il mondo della radio oggi è cambiato rispe o al passato, così come le realtà nazionali, anche CiaoComo dedica ogni sforzo alla produzione di programmi legati all’informazione locale. Ma Lorenzo e Alessandro continuano a dare spazio ai giovani, perme endo loro di muovere i primi passi come speaker, dj o giornalisti radiofonici, ma anche consentendo ai musicisti emergenti del territorio di far sentire la propria musica.

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NON SONO DEI BIDONI

di Stefania Briccola

Giada Mieli e il gruppo di danzatori acrobati che fanno rinascere oggetti di scarto, trasformati in strumenti musicali. «L’emozione più grande l’ho provata alla serata della World Ducati Week nel 2010 Abbiamo suonato per circa 60.000 persone»

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iada Mieli ha un’anima divisa tra l’azienda e la ba eria. Vive per lo più a Milano, ma le sue radici sono a Como dove lavora. L’imprenditrice con la seta nel dna, che ha ideato con la sorella Cristina una linea di cosmetici, è anche un’apprezzata ba erista che si esibisce negli spe acoli della Compagnia Percussioni Industriali. Un gruppo variegato in cui danzatori, breaker e acrobati fanno rinascere ogge i di scarto, come i bidoni, divenuti veri e propri strumenti musicali. Un’arte urbana ad impa o zero che utilizza il linguaggio del ritmo per fare risuonare la ci à e i luoghi. Quello della percussionista comasca è un traguardo importante che arriva dopo un lungo percorso di ricerca macinato sul filo della passione. «Ho iniziato a studiare la ba eria - dice Giada Mieli - verso i qua ordici anni anche se già all’età di o o anni mi ero accostata al pianoforte. Suonavo pezzi di musica classica di autori predile i come Chopin, Mozart e Brahms, ma poi li reinterpretavo perché preferivo l’improvvisazione al fa o di seguire uno spartito per filo e per segno. Così scoprii che il ritmo era nelle mie corde. Ad ogni viaggio ritornavo sempre a

Giada ha appreso i primi rudimenti dal batterista comasco Massimo Vita e ha iniziato a suonare in gruppi amatoriali rock 70 | Mag Giugno 2014 | Non sono dei bidoni

ARTISTA La batterista comsca Giada Mieli.

casa con un tipo diverso di percussioni da collezionare. Un bel giorno ho chiesto come regalo di compleanno una ba eria. Mia madre fu entusiasta da subito, mio padre meno, tu avia hanno assecondato le mie inclinazioni. La musica non è proprio una sconosciuta in famiglia dove Paola Salina Bere a, mia bisnonna, era l’unica violinista donna dell’orchestra di Arturo Toscanini, mia zia Giuliana è una brava pianista e mio fratello Andrea è un

cantante e scrive testi». Giada apprende i primi insegnamenti dal ba erista comasco Massimo Vita e inizia a me ersi alla prova suonando in gruppi amatoriali rock e melodici. La vera svolta arriva verso i 19 anni, all’inizio degli anni Novanta, con un anno trascorso a Londra, dopo il diploma di ragioniera al Collegio Gallio, con l’obie ivo di perfezionare l’inglese. Proprio Oltremanica la percussionista comasca si ritrova a frequentare


MUSICA E SPETTACOLO Giada Mieli con gli originali “bidoni” industriali trasformati in percussioni.

un tempio sacro come la Drum Tech School di Acton Twon dove studia ba eria con Francis Seriau. Un periodo intenso fa o di incontri eccezionali. «Un giorno venne a trovare il mio insegnante- ricorda Giada Mieli- il ba erista dei Level 42 che tenne una

lezione colle iva. Eravamo in se e oltre a lui e suonavamo tu i assieme. Fu uno spe acolo indimenticabile. Alla sera poi si andava a Camden Town nei locali punk. Lì vidi creste di capelli alte un metro. I punk ballavano dandosi delle testate che rendevano protagoniste le

poderose capigliature». Per un vero artista il percorso di formazione è un work in progress mai concluso. Forse per questo la percussionista dopo la parentesi londinese torna a Como e si perfeziona ancora con il ba erista jazz Stefano Bagnoli suggeritole

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dall’amico Lino Patruno. Poi Giada Mieli non smette di cercare la sua strada me endosi in gioco e con il fratello Andrea, cantante, e Cristina Buga i a rice, vocalist e drug queen forma il gruppo pop dance Starmusic che fa tanto rumore per la mancata esibizione al Dopo Festival di Sanremo. Tu avia il brano ”Give me your smile”, prodotto dalla Time Records, funzionò alla grande e andò persino in classifica in Spagna nelle top ten. Non sono mancate le esibizioni, molte a Barcellona, a radio Maxima FM e in diversi locali, e in Italia, una su tu e al Carnevale della Versilia. Finita questa esperienza importante le diverse strade percorse da Giada la condurranno in seguito alla Compagnia Percussioni

72 | Mag Giugno 2014 | Non sono dei bidoni

Il sogno di Giada: la mia speranza è tornare presto a far suonare i luoghi di aggregazione della mia città, anche se a Como non è facile Industriali dove sfodera la sua anima più rocke ara. «Sono arrivata per caso - dice la musicista - nel gruppo. Tu o è nato per gioco

con l’intento di suonare utilizzando i bidoni di scarto. Era un modo come un altro per uscire la sera e divertirsi staccando dal lavoro e dalle preoccupazioni. Torni a casa distru a, ma poi vai alle prove dalle o o di sera fino a mezzano e e ti ricarichi». In gruppo si studiano nuovi ritmi e movenze e si sperimentano altri materiali da riutilizzare e far suonare. Gli strumenti sono tu i eco-friendly e rigorosamente ad impatto zero. Giungono anche da Como bidoni e cisterne ad uso industriale che verranno posizionati su palchi o intere piazze in giro per l’Italia. Ad esibirsi con Giada Mieli nella prima formazione di Percussioni Industriali ci sono Nadia Venezia, Chiara Ga-


ravaglia, Marco Garavaglia, Orso (nome d’arte di Roberto Cancelliere), Cecilia Morosi e fino a poco tempo fa un altro comasco doc, Franco Guarino, ba erista e harleysta. Il gruppo a geometria variabile è composto da ballerine, pa inatori e performer che realizzano coreografie in cui musica, street art, danza e sopra u o ritmo si mischiano. «L’emozione più grande in assoluto - confessa la ba erista comasca - l’ho provata alla serata finale della World Ducati Week nel 2010 al circuito di Misano. Abbiamo suonato per circa 60.000 persone sul palco che in genere viene usato in piazza Duomo a Milano per il concerto di Natale. Dall’alto vedi solo teste e la paura ti folgora. Poi ti guardi intorno, vedi i tuoi compagni e torna la tranquillità. L’adrenalina era a mille. Le prove sono state estenuanti, ma ne è valsa la pena. Alla fine i motociclisti presenti

tra il pubblico hanno acceso i motori per esprimere il loro apprezzamento e addio impa o zero… ». Tra le iniziative culturali di rilievo che hanno visto protagonista la Compagnia Percussioni Industriali c’è la composizione di tre sinfonie ispirate alle poesie di Guido Oldani, inventore del Realismo terminale, che sono state eseguite anche al Salone del libro di Torino. «Di recente siamo intervenute - conclude Giada Mieli - alla Giornata mondiale della poesia a Milano con una formazione tu a femminile. All’inizio le persone restano a bocca aperta, immobili. Poi quando iniziamo a suonare una sorta di energia li contagia e loro cominciano a muoversi. Como è una piazza difficile. Mi sono esibita qualche anno fa nell’ambito di un evento Comon e alla Giornata dell’Innovazione. Spero di poter tornare presto e di far suonare i luoghi di aggregazione della mia ci à».


COMO, CITTÀ DA ABBATTERE di Francesco Angelini

Dagli archivi di Emilio Magliacano, una vita da dirigente in Comune, spunta il Piano regolatore del 1937. Prevedeva abbattimenti in città per allargare le strade del centro e trasformarle in grandi boulevard

«A

me mi ha rovinato la guera», diceva Alberto Sordi. Invece la seconda guerra mondiale che ha portato tanti lutti e tante distruzioni anche nel nostro territorio, potrebbe aver preservato la Città murata, il cuore del centro di Como, contribuendo a tramandare fino ai nostri giorni quello che è un unico monumento. Prima che la guerra accendesse l’Europa e poi l’Italia, infatti, Como era oggetto di una trasformazione urbanistica epocale, quella del celebre piano regolatore del 1937, che ancora si ricorda per l’abbattimento della Cortesella, il quartiere popolare e degradato che si trovava dietro quello che era stato il porto di Como, poi chiuso per formare l’attuale piazza Cavour. I segni dell’intervento urbanistico nell’ex Cortesella, rasa al suolo e ricostruita sono chiari anche oggi. Basta sbucare in piazza Perretta e via Florio da Bontà

LE MAPPE DEL 1937 Nei tratteggi in giallo e rosso i progetti di abbattimento e ricostruzione. A destra: la città con la struttura del granchio.

74 | Mag Giugno 2014 | Como, città da abbattere


Como, cittĂ da abbattere| Mag Giugno 2014 | 75


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per notare come cambi la connotazione urbanistica e la tipologia architettonica degli edifici. La strada si allarga. Così sarebbe diventata anche la parte restante della Città murata: strade più larghe, quasi un boulevard in stile parigino in via Indipendenza, ampliata in larghezza a dieci metri. Molti edifici arretrati e ricostruiti, un grande spazio vuoto attorno alla chiesa di San Fedele. Provate a chiudere gli occhi e pensarci. Tutta un’altra cosa con funzioni diverse da quelle che oggi fanno del centro di Como un polo attrattivo per i turisti di tante parti del mondo. Lo stile, del resto, rispecchiava l’epoca dell’Italietta di Mussolini che doveva sembrare grande anche nell’urbanistica. Dopo il concordato con la Chiesa cattolica, una parte di Roma è stravolta per creare l’ampia via della Conciliazione che porta a San Pietro. U’ulteriore testimonianza di come sarebbe potuto diventare il centro di Como è data da quello di Varese. La fotografia di quello che si voleva fare e non si fece è una mappa straordinaria per la perfezione e il dettaglio, fatta tutta a mano con matite e inchiostri (all’epoca i computer erano solo delle proiezioni fantascientifiche), custodita gelosamente dall’architetto Emilio Magliacano, una vita da dirigente al Comune di Como, e grande innamorato della città murata, di cui «ogni giorno da ottanta anni mi fermo a guardare un dettaglio». Pochi meglio di lui, che pure non si è mai occupato di urbanistica nel suo lavoro in Comune, conoscono la storia dei muri e delle pietre del centro storico. Non fosse altro perché quella storia l’hanno vissuta ogni giorno nelle passeggiate lungo la “vasca” cittadina. Da qualche tempo la passeggiata va di traverso all’architetto quando si imbatte nelle «querce lacustri piantate in piazza Cavour che chiudono la vista del canocchiale di Florio da Bontà sulla collina di Bignanico». Quando si dice il dettaglio… Ma quella delle querce e di piazza Cavour è un’altra storia. Anzi no. Perché, precisa l’architetto, «la piazza è parte integrante della città mu-

rata. E la sua funzione, ricordava il grande sculture Eli Riva, che nel spiegarlo faceva il gesto della mano, è quella di un piatto che scivola nel lago». Como, con la sua conformazione è invece «un granchio che si muove verso il lago. La coda è via Milano, il corpo è la città murata, le chele sono Sant’Agostino e il Borgovico». Il corpo del granchio non ha subìto il litfing del piano regolatore del ’37 perché la guerra ha fermato tutto. Poi è cambiato tutto, comprese le tendenze urbanistiche e il piano, pur rimasto in vigore e ritoccato con alcune zonizzazioni negli anni ’50 non è mai stato attuato fino in fondo. Uno degli obiettivi del piano regolatore era appunto quello della sistemazione della città murata, facilitandone le comunicazioni longitudinali trasversali, pur conservando ad essa l’attuale sua caratteristica di centro urbano ad abitazioni intensive e centro della vita

La conformazione della città è come un grande granchio che si muove verso il lago commerciale e amministrativa, procurando non solo di conservare ma di mettere in maggiore rilievo i monumenti antichi ivi esistenti (Como, i piani 1888-1967 a cura di Chiara Rostagno). Si modificava così il concetto della città murata come monumento unico, globale attraverso le trasformazioni dettate dall’urbanistica razionalista dell’epoca. Le cose cambiarono proprio alla fine degli anni ’60, con il futuro sindaco Antonio Spallino assessore all’urbanistica. Si impone, con il piano regolatore del 1967 la natura “conservativa” della città murata, che sembra destinata a ingessarla e invece la preserva per tramandarla ai posteri così come si presenta oggi. Le altezze degli edifici non possono superare quelle presenti e qualunque intervento di restauro deve essere, appunto, conservativo, cioè rispettare nel dettaglio la tipologia e i volumi dell’edificio. Applicata con estremo rigore dall’ufficio tecnico del Comune di Como, e avviata nel frattempo la prima grande pedonalizzazione delle strade del centro, sempre artefice Spallino, la città murata acquisice la fisionomia del monumento globale che ne fa un esempio quasi unico nel panorama nazionale. Se non ci fosse stata la guerra…

IL LUNGOLAGO La preziosa cartografia del Piano regolatore del 1937.

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IL RISCATTO DELLE DONNE di Serena Brivio Foto Carlo Pozzoni

La scelta di aprire un ricamificio in India che dĂ lavoro a una quarantina di persone. Molte sono donne fuggite dallo sfruttamento e dalla miseria. Producono abiti e gioielli apprezzati dagli stilisti occidentali

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D

a dieci anni ha aperto a Bangalore un ricamificio che dà lavoro a una quarantina di persone, in gran parte donne strappate allo sfru amento e alla miseria. E Gabriella Facche i ne avverte tu a la responsabilità. Il premio più grande di questo impegno? «Tanti marchi internazionali del lusso che ogni stagione portano in passerella i nostri tessuti e accessori. Vederli sfilare è il miglior riconoscimento di un lavoro che valorizza le competenze locali non solo so o il profilo economico, ma anche sotto quello etico e sociale». La stilista/imprenditrice, comasca doc, è il perfetto esempio di come il pret-à-porter occidentale possa diventare strumento di riscatto ed

emancipazione. La sua audace avventura comincia nei ‘90. Anzi, anni prima, quando entra nel mondo della moda abbandonando altri proge i. «Sono cresciuta nel tessile, mio padre aveva una stamperia, forse per questo

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Per uno straniero non è facile avviare un’attività a causa della burocrazia, la corruzione la mancanza di infrastrutture

non volevo rimanere impigliata nelle trame di un destino che sembrava già segnato. Di proposito ho scelto di frequentare il liceo scientifico. Sognavo di diventare agronoma, mi è sempre piaciuta la terra. La vita però è pazza, finiti gli studi è successo un fa o imprevedibile che ha sparigliato le carte riportandomi sulla strada che avevo scartato». Giovanissima, Gabriella entra nell’ufficio stile di un’azienda serica leader del distre o dove matura competenze, esperienze e versatilità per raggiungere una clientela internazionale. Nel ’76 viene chiamata da Mila Schon, grande protagonista della couture italiana. «Una donna straordinaria, una grande maestra che ha contato molto nel mio curriculum. Mi ha


LAVORO E RISCATTO mmagini dell’azienda di Gabriella Facchetti che produce ricami e gioielli.

insegnato a muovermi in un territorio dove bisogna sempre stare in bilico tra poesia e pragmatismo». Questo passaggio rappresenta un punto di arrivo e allo stesso tempo di partenza. Poco più che trentenne la Facche i fonda una piccola società tessile, la BluinBlu, investendo nell’eccellenza. Comincia a viaggiare per l’India alla ricerca di antiche tecniche di tessitura, tintura e ricamo per arricchire le sue collezioni di stoffe, sciarpe e foulard. Spingendosi lontano, scopre la manualità delle donne del Gujarat, un’arte che imparano fin da piccole nei villaggi. Nasce così l’idea di valorizzare al massimo un artigianato etnico, per il comune credo del mercato ritenuto di basso livello e costo, trasformandolo con il gusto italiano in un prodo o

sofisticato e di alta gamma. Nel 2002 la Facche i apre nella Silicon Valley dell’India la JL Atelier COUTURE DESIGN PTV LDT, unità di ricami unicamente fa i a mano. «Le difficoltà non sono mancate - confessa- Per uno straniero non è facile avviare un’a ività a causa della burocrazia, la corruzione, la mancanza di infrastru ure- E poi gli standard di lavorazione molto diversi dai nostri, che non rispe ano l’asticella sempre più alta della qualità». Secondo la Facche i, globalizzazione non è semplicemente andare a prendere il meglio e il più conveniente ma implica il continuo confronto di saperi, continue iniezioni di “valore aggiunto”, e cioè cultura, più professionalità, più formazione per

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o enere articoli di pregio a prezzi competitivi. «Raggiungere questi obie ivi- spiegasignifica una presenza continua sul posto. Io ho fa o le valigie e mi sono trasferita a Bangalore, dove ancora adesso passo metà del mio tempo. Perché tu o funzioni, devo gestire in prima persona ordini e acquisti, l’organizzazione dei vari reparti, incoraggiare le persone a dare sempre

il meglio di sé». Ostacoli superati con quell’energia tranquilla, quella dolcezza che nascondono una volontà di ferro. Oggi JIA ha in carico 20 donne Indu, oltre a ricamatori musulmani. Pochi sanno scrivere, nessuno parla inglese, nemmeno la lingua del Karnataka. «C’è grande rispe o reciproco e parità assoluta - so olinea la Facche i - Tu i sono assunti con regolare contra o,

lavorano nove ore al giorno con un intervallo di 30 minuti per il pranzo e due break per il tea time, uno la ma ina e uno il pomeriggio». Oltre lo stipendio, hanno assicurato vitto e alloggio. In base al fatturato, ricevono anche dei bonus extra mensilità. JLA non ha macchinari, ma frames su cui ricamano anche 6/8 workers contemporaneamente. Ce ne sono

CREATIVITÀ Alcuni gioielli realizzati in India dall’azienda fondata da Gabriella Facchetti.

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una ventina lunghi 8 metri e sei più corti per i campioni. A lavoro ultimato, ogni manufa o viene tolto dal telaio tagliando la rete che lo tiene fissato. Dopo un accurato controllo, la merce raggiunge le più prestigiose boutique internazionali. Vanto di Gabriella l’estrema pulizia. Nel suo atelier tu o scintilla, gli uffici e i laboratori sono lustrati maniacalmente ogni giorno. Nel magazzino decine di scatole impilate con rigore millimetrico. Fuori dalla piccola azienda il degrado, di cui ci si dimentica. La fabbrica dei sogni, total white, è un mondo a sé. Nella lista clienti figurano le più celebrate maison italiane e francesi . La strategia del brand non è quella di incrementare il business con articoli più commerciali ma quella di aumentare l’offerta consolidando la posizione acquisita nel luxury. Dal ricamo su tessuto per abbigliamento si è aggiunto successivamente quello per il swimwear, per le tomaie delle scarpe, le T-shirt e, ultima novità, i

gioielli. Piccoli lavori d’alta oreficeria sfoggiati anche da copiatissime icone di stile. «Vado a cercare i supporti di filigrana nel Butan- racconta la stilista larianapreziosi collier bracciali su cui vengono applicati strass, pietre e cristalli. Ogni pezzo richiede 8-10 ore di lavoro». È facile rendersene conto prendendo tra le mani questi piccoli capolavori,

idee. E non solo». Così conclude il suo racconto la Facche i: «Il mio team, pur di provenienze diverse, è affi atato. Non può esserci armonia solo in quello che facciamo, il sorridente gioco di squadra è la vera forza per continuare a crescere».

Il sorridente gioco di squadra è la vera forza per continuare a crescere spesso realizzati su commissione e disegno del cliente. In un continuo métissage culturale, ogni gemma si mescola eludendo confini geografi ci ed espressivi. «Credo nella contaminazione delle

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VINCENZO BELLINI QUESTO STRANIERO di Stefania Briccola

Le ville e i luoghi del musicista tutti acquistati dagli stranieri. Storia del gruppo culturale artistico fondato a Moltrasio nel 1978 da Corinna Collini, Claudia Grignolio Maggi e Lilian Villinger Sacchi

I

l lago delle ville e dei panorami da cartolina ispirò Vincenzo Bellini (1801-1835) che dimorò a Moltrasio e sulle due sponde del Lario visse l’idillio con le sue Giuditte. Il maestro giunto a Milano nel 1827 in cerca di committenti illuminati, frequentava i salotti più importanti della città. Qui conobbe i Passalacqua e rivide Giuditta Cantù, moglie dell’industriale serico Ferdinando Turina, con la quale ebbe una storia d’amore

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che poi continuò sulle rive del lago di Como. La vena creativa del maestro lo portò a comporre nella quiete del Lario alcune celebri arie della Straniera e della Sonnambula. Vincenzo Bellini infatti fra il 1829 e il 1833 soggiornò a Moltrasio tra villa Passalacqua e Villa Erker e qui ebbe una relazione con Giuditta Cantù Turina. Nel frattempo il maestro frequentava assiduamente la giovane cantante Giuditta Pasta, musa e interprete prediletta, che stava proprio sull’altra sponda del lago nella sua villa di Blevio. L’armonia tra i due amanti finì miseramente tra gelosie, vendette e la scoperta della relazione da parte del marito di Giuditta Turina. Il gruppo culturale artistico “Vincenzo Bellini” di Mol-

trasio, fondato nel 1978 da Corinna Collini, Claudia Grignolio Maggi e Lilian Villinger Sacchi, rende omaggio al luogo in cui visse il compositore con eventi musicali nella città di Como e nei paesi del primo bacino del lago e della vicina Svizzera. Federico Mantero è l’attuale presidente dell’associazione e Graziella Perego è la vicepresidente. Tra le iniziative più importanti spicca “Arte & Musica sul Lario” che quest’anno si svolge con vari concerti a Villa d’Este a Cernobbio, ma anche al Teatro di Chiasso e al Grand Hotel Imperiale a Moltrasio. «Una rassegna classica - spiega Armando Calvia, direttore artistico dell’associazione Bellini - che si è imposta all’attenzione di un pubblico vasto per le scelte di alto

I P ROSSI M I A P P U N TA M E N T I (s.bri.) Ecco i prossimi appuntamenti della rassegna “Arte& Musica sul Lario” organizzata dall’associazione Vincenzo Bellini - “Recital” del violinista Francesco D’Orazio il 25 Giugno, alle 22.00, alla Sala Impero di Villa D’Este a Cernobbio

- “Recital” del pianista Chen Guang il 18 luglio, alle 20.30, all’Auditorium del Grand Hotel Imperiale di Moltrasio,

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- “Serata lirica” con le Voci del Teatro alla Scala il 27 agosto, alle 22.00, alla Sala Impero di Villa D’Este a Cernobbio.


Il Circolo culturale Bellini: attività, cultura ed eventi nei luoghi abitati dal musicista ormai finiti tutti nelle mani di proprietari stranieri profilo qualitativo. Gli artisti presentati negli ultimi anni si esibiscono nei più importanti teatri e festival del mondo come Salisburgo, Lucerna, Vienna, Londra, New York, Berlino, Parigi e Milano». Tra i nomi dei protagonisti delle varie edizioni della rassegna comasca si ricordano i Berliner Symphoniker, i Barocchisti con Diego Fasolis, Juan Diego Florez, Ghena Dimitrova, Maria Guleghina, Ton Koopman, Milva, Ivo Pogorelich, Andràs Schiff e Uto Ughi. Quest’anno ha inaugurato la stagione concertistica, alla sala Impero di Villa d’Este, la pianista cinese Yuja Wang, famosa in tutto il mondo per lo stile, la tecnica raffinata e il carisma nell’interpretazione. Nel corso degli anni sono state tenute manifestazioni in sedi che sono autentici gioielli del territorio come la cattedrale di Sant’Abbondio e la chiesa di Sant’Agata a Moltrasio. L’associazione inizialmente nata per lanciare giovani talenti ha ampliato in seguito la programmazione ad artisti già affermati. Di conseguenza il pubblico sempre più numeroso ha determinato la scelta di spostarsi da sedi, come Villa Passalacqua di belliniana memoria, con sale relativamente grandi, a teatri veri e propri come il Sociale a Como e quello di Chiasso. «I soci attuali - continua Armando Calvia - sono circa duecento. Incontriamo le difficoltà comuni ad altre associazioni come la mancanza di attenzione e di fondi da parte degli enti pubblici. Ci basiamo esclusivamente su sponsor privati e negli ultimi anni non abbiamo avuto nessun aiuto dalle istituzioni. Questo si traduce in una serie di difficoltà che crescono di volta in volta per organizzare la rassegna. Capisco il momento di crisi ma, Como, la città e il territorio necessitano di una politica culturale diversa da quella attuale. È necessario fare una selezione e privilegiare le associazioni che nel tempo hanno dato prova di essere all’altezza delle aspettative. Penso a città di piccola e media grandezza, come Salisburgo e Lucerna, che ospitano dei grandi festival noti a livello internazionale. È una questione di investimenti che implicano capacità di gestire e organizzare». Como, la città e il territorio lariano carico di suggestioni e storia devono volare alto. Moltrasio è un piccolo scrigno di memorie belliniane; dalla spettacolare cascata

ATTIVITÀ CULTURALE Alcuni momenti degli incontri organizzati negli anni dal Circolo Vincenzo Bellini di Moltrasio.

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L’ARTISTA DI BELLINI Lo scultore Massimo Clerici davanti alla sua opera raffigurante Bellini, realizzata nel 1997 a Moltrasio. del torrente Pizzallo con il mulino spesso ripresi nelle scenografie della Sonnambula, a villa Passalacqua e villa Ercher. Nella zona a lago di fronte al Grand Hotel Imperiale sorge il monumento a Vincenzo Bellini realizzato dall’artista Massimo Clerici e commissionato dalla compianta Lilian Villinger Sacchi, già presidente del circolo culturale. Il bassorilievo di grandi dimensioni esalta la fluidità delle forme e sviluppa una narrazione vera e propria di una fantasia che da poesia diviene musica. «Dal pianoforte di Bellini - spiega Graziella Perego - si protende un panneggio di seta che cela la sagoma di una donna in fuga. È nuda e lascia intravedere le forme modellate sotto il telo. La figura che si slancia in avanti ob-

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bliga il compositore a trattenerla e ad imprigionarla tra il pentagramma. Lei è la conturbante Sonnambula che ha ispirato al maestro le pagine più alte del melodramma». Oltre all’opera di Massimo Clerici inaugurata il 22 giugno 1997, Moltrasio conserva al Cafè Bellini dell’albergo Posta un medaglione realizzato nel 1931 da Pietro Clerici, prozio dello scultore, che raffigura il compositore lariano d’adozione catturandone la bellezza del viso e l’interiorità dello spirito. «Bellini è l’alter-ego di Mozart - chiarisce Armando Calvia - nel campo della lirica italiana, è la semplicità estrema legata a una grande carica espressiva colma di sensibilità».



LA VITA al di là della SPERANZA di Laura D’Incalci

In dieci anni l’Hospice San Martino ha accompagnato gli ultimi giorni di vita di oltre mille persone. Dalle cure palliative al prendersi cura. «Ho potuto condividere con mio marito tutto il tempo che gli è rimasto da vivere. È stata quella la nostra ultima casa, la sento ancora mia e lo resterà per sempre».«Quel giorno, sentendo le ultime parole di mio padre mi è uscita una lacrima ed è caduta sulla sua palpebra. Mi stavo avvicinando per asciugargliela, ma mi ha fermato la mano. “No, lasciala lì, la voglio portare con me nell’eternità”... e se ne è andato»

L

a vegetazione è rigogliosa, i rami degli alberi sono pieni di gemme, e il sole inonda le stanze. Non è sempre così, ma a primavera inoltrata succede. E la bellezza della natura, che in un giorno così solare e limpido sembra soltanto incoraggiare i desideri, è solo uno degli elementi utili a fronteggiare una sfida incomparabilmente ardua. All’Hospice San Martino, sull’altura che domina la ci à (nel parco che un tempo ospitava l’ospedale psichiatrico), proprio le promesse della vita sembrano messe di fronte a una prova dura, dolorosa, estrema.

90 | Mag Giugno 2014 | La vita al di là della speranza


Una prova che generalmente giunge al termine di un percorso tu o in salita lungo il quale per domare la mala ia sono state investite tu e le energie, fino al momento in cui i pazienti e i loro familiari si sentono dire, con parole più o meno ova ate, che le terapie non hanno più effe o. «Quando non è più possibile guarire la mala ia o comunque intervenire per curare la patologia, non significa che non ci sia più niente da fare, anzi…» spiega Maurizio Ferre o, medico responsabile sanitario della stru ura San Martino, so olineando la diversità di prestazioni a uate in ospedale piu osto che in un hospice. «Lo stadio terminale della vita, significativo fino all’ultimo respiro, presenta una situazione complessa che riguarda il malato e contemporaneamente anche i suoi parenti più stre i, non meno disorientati e colpiti dal dolore» prosegue il medico aprendo uno spaccato sulle esigenze di malati che spesso richiedono un’assistenza assidua, 24 ore su 24, e terapie palliative appropriate che garantiscano la migliore qualità di

vita fino all’ultimo istante. Per certi versi la propria casa sembrerebbe il luogo ideale dove finire i propri giorni, ma i familiari, magari un coniuge anziano e non più in salute o persone che devono conciliare l’assistenza con altri impegni di lavoro, non riescono facilmente a supportare una situazione davvero molto complessa che richiede dedizione continua e una capacità di dominare anche i propri sentimenti, paure e ansie. Così il do or Ferre o me e a fuoco una concezione di “cure palliative” che si estende oltre l’o ica puramente sanitaria: «Purtroppo c’è

«Sono entrata all’hospice con un piccolo bagaglio in mano, ma ben presto ho trovato accoglienza e grande disponibilità» ancora chi pensa che le cure palliative consistano nella dose di morfina da prescrivere e somministrare, invece il conce o di cure palliative investe bisogni diversificati e richiede un’a en-

zione alla persona, al suo vissuto, alle sue inquietudini che spesso non sono a inenti esclusivamente al malessere fisico» spiega chiarendo che nel 99% dei casi il dolore fisico si controlla bene e raramente, vale a dire in un 5% di casi secondo i dati dell’Hospice San Martino, si ricorre ad una sedazione palliativa che comporta una perdita della coscienza e che diventa necessaria solo nell’evenienza di sintomi intra abili come il vomito incoercibile, dispnea, stati di delirio o angoscia. «Il distacco dalla vita diventa drammatico per una serie di motivi che spesso non sono affa o legati allo stato di sofferenza fisica, alla mala ia» rimarca ancora citando varie situazioni di grave sofferenza e ansia dovute a relazioni difficili, alla preoccupazione per chi resta. «Ricordo un padre ancora abbastanza giovane, divorziato con due figli affidati a lui. Era disperato al pensiero di abbandonare i suoi ragazzi… quando è emersa questa causa di forte apprensione che rendeva più acuta la sofferenza abbiamo a ivato una serie di iniziative per favorire un incontro con la moglie e siamo

La vita al di là della speranza| Mag Giugno 2014 | 91



impedendo un distacco dalla vita più sereno e umano possibile» suggerisce ancora il dire ore sanitario dell’Hospice so olineando l’importanza del metodo multidisciplinare sostenuto da una equipe con varie figure professionali che integrano l’a ività medico-infer-

scondendo la verità anche a se stessi, trovano un contesto che accompagna il loro travaglio e li aiuta, anche nella fase successiva, ad elaborare il lu o» prosegue Basile evidenziando la varietà di percorsi legati alle singole vicende a orno alle quali si crea di volta in volta una delicatissima trama di gesti, ascolto, vicinanza… interventi volti a procurare sollievo. «Quando mio marito era stato dimesso dall’ospedale Valduce perché non c’era più alcuna possibilità terapeutica, ci eravamo sentiti entrambi allo sbaraglio, non sapevamo come gestire il tempo che gli rimaneva, come organizzare l’assistenza molto impegnativa» racconta la signora Ines Della Maria che aveva provato la sensazione di essere improvvisamente “senza un tetto”. «Ricordo il momento in cui siamo entrati all’Hospice su suggerimento dei medici dell’ospedale, eravamo disorientati e impauriti, con il nostro piccolo bagaglio in mano… Ma è bastata qualche ora e ci siamo sentiti a casa. Lì ho trovato accoglienza, disponibilità, ascolto…ho trovato una famiglia» dice precisando di non avere figli o parenti vicini. «Ho potuto condividere con mio marito tu o il tempo che gli è rimasto da vivere, una decina di giorni nei quali non siamo mai stati soli. E ora a distanza di pochi mesi, il ricordo di quei giorni vissuti con una certa serenità, durante i quali non mi sono sentita mai abbandonata, ma accompagnata da persone umanissime, attente ad ogni minima esigenza, ancora mi dà forza. È stata quella la nostra ultima casa, la sento ancora mia e in un certo senso lo resterà per sempre». Oltre ai ricoveri “ordinari” sono previsti anche alcuni ricoveri definiti “di sollievo” che offrono ai familiari di malati in fase terminale la possibilità di alleggerire temporaneamente il carico di un’assistenza particolarmente gravosa. Ma per la maggior parte degli ospiti, accolti per pochi giorni o qualche se imana,

L’attività giornaliera dell’associazione Accanto organizza laboratori creativi di sostegno e assistenza domiciliare riusciti nel nostro intento. Si sono rivisti, si sono parlati e proprio qualche giorno prima di morire lui ha fa o un discorso commovente che ha colpito e coinvolto tu i e ha determinato una svolta nella loro situazione» racconta Ferre o tenendo a indicare un dato molto significativo. «Il paziente veniva tra ato con 180 milligrammi di morfina al giorno prima del colloquio con sua moglie, poi quando si è rasserenato, nei giorni seguenti, 50 mg sono stati sufficienti». «Questo per dire la portata delle cure palliative e le ambiziose aspe ative che si possono aprire quando l’a enzione non è focalizzata solo sul paziente e sull’evoluzione più o meno rapida della mala ia, ma prende in considerazione tu o l’arco di bisogni, quindi il vissuto personale, le relazioni, le ombre che in questa fase cruciale dell’esistenza spesso si estendono oscurando ogni speranza,

mieristica. Fra queste sono previsti l’assistente sociale che non si limita a sbrigare pratiche burocratiche, e lo psicologo, in prima linea nella delicata e discreta ricerca di un bisogno che può essere a inente alla sfera affe iva, economica, psicologica o spirituale. «Dalle pieghe di ogni singola vicenda umana, spesso affiorano motivi di disagio, abbandoni e lacerazioni, muri di incomunicabilità fra i coniugi o fra genitori e figli… l’approssimarsi del distacco in molti casi acuisce il dolore di ferite mai rimarginate» amme e lo psicologo Emanuele Basile so olineando che molti scoprono nella stessa stru ura che il dramma della morte fa parte della vita, può essere affrontato, a raversato fino in fondo. «Anche i familiari che a volte entrano profondamente in crisi, non riescono ad accettare l’idea del distacco e si aggrappano all’illusione quasi na-

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eccezionalmente per due o tre mesi, l’Hospice in cima alla collina rappresenta l’ultima dimora sul confine estremo della vita. Le camere sono dieci, tu e singole e dotate di bagno, predisposte per l’accoglienza anche di un familiare che può fermarsi giorno e no e nella stessa stru ura e condividere con l’ “assistito” ogni istante di quel tempo che diventa preziosissimo e intenso. «Sono circa 120 ogni anno i ricoveri all’Hospice San Martino, oltre 1100 da quando è sorto, esa amente dieci anni fa, come stru ura residenziale di proprietà dell’Asl, accreditata presso la regione Lombardia per il Servizio sanitario nazionale e gestita da Paxme Group cooperative sociali che da anni opera nel se ore socio-sanitario in territorio lombardo» riferisce il dire ore amministrativo Flavio Mennillo. Un surplus di servizi e iniziative è garantito inoltre grazie all’impegno di una trentina di volontari dell’Associazione Accanto Onlus, preparati ad accostare situazioni che richiedono disponibilità all’ascolto e una sensibilità che facilita l’empatia con chi soffre. «Si vive una profonda condivisione di momenti che lasciano affiorare sentimenti ed emozioni profondamente umane e che sono un arricchimento anche per noi» nota l’avvocato Gino Frassi, a uale presidente della Onlus che organizza la presenza di due volontari sia di ma ina che di pomeriggio nell’arco dell’intera se imana. «Supportiamo la stru ura servendo i pasti e occupandoci del tempo che i malati in molti casi sono ancora in grado di trascorrere, grazie anche alle terapie riabilitative, esprimendo una propria creatività e il desiderio di essere in relazione con gli altri» aggiunge Frassi elencando una serie di a ività, finanziate dalla stessa associazione “Accanto”, come i laboratori di arteterapia, musicoterapia, massaggio dolce, e altre iniziative di sostegno all’elaborazione del lu o o

all’assistenza domiciliare. E non è mai solo la tecnica, per quanto funzionale e aggiornata, a sostenere un percorso umano nel suo tra o conclusivo, diverso, intenso e drammatico in ogni singola storia, ma la dedizione alla persona nella sua interezza, come so olinea ancora lo psicologo dell’Hospice Emanuele Basile segnalando il passaggio decisivo “dalla cura al prendersi cura”. Un a eggiamento che coglie ogni sfumatura, ogni a imo del tempo che si vorrebbero a volte abbreviare o forse prolungare…che non lascia sfuggire il gemito e il sorriso imprevisto, il silenzio impenetrabile e il pianto diro o. «Di no e, certe reazioni si sprigionano

di più durante la no e, quando sembra che nessuno si accorga, nessuno veda…»: Valerio Moscolari, oggi fra i volontari al San Martino dopo anni di a ività come infermiere in una stru ura per malati terminali, di ricordi particolari ne custodisce tanti. «Bisognerebbe essere vicini ai malati sopra u o di no e»

insiste ricordando il singhiozzo che a volte gli era capitato di percepire nel silenzio e nel buio. «Mi ero avvicinato a una signora che non riusciva a soffocare il pianto: “Non ho paura di morire, so che fra poco sarò nelle braccia del Padre” mi aveva de o. Era russa, di religione ortodossa, ed era angosciata al pensiero di lasciare suo marito solo, disperato. Le ho avevo suggerito di dire una preghiera insieme per affidare questo dolore e si era rasserenata. Due giorni dopo era venuta a trovarla sua sorella che non vedeva da tempo: “Mi prenderò io cura di tuo marito”. Una promessa ina esa le aveva dato pace prima di chiudere gli occhi». La commozione di un istante a volte rimane impressa per tu a la vita, e forse anche oltre: «Ero al capezzale di mio padre da giorni, stanco, un po’ stressato e ho colto un lieve moto di agitazione» racconta Paolo Carboni confermando che «tu o l’ambiente, l’a enzione assidua e l’accompagnamento che si riceve all’Hospice, diventano fondamentali, aiutano a stare di fronte alla realtà, anche mentre la contraddizione e il dolore diventano taglienti». Rivelando di essere un figlio unico, ado ato, affezionatissimo al genitore che lo aveva accolto ancora in fasce, prosegue nel racconto: «Cosa c’è papà?» Gli avevo chiesto vedendo che si stava muovendo. «Niente… stavo pensando al più bel giorno della mia vita». Quasi timidamente gli ho chiesto se poteva dirmi qual era. «È stato il giorno in cui sei arrivato tu… io e la mamma siamo rimasti svegli tu a la no e a guardarti nella culla. Eravamo troppo felici…». Non mi aveva mai raccontato questo episodio… mi è uscita una lacrima ed è caduta sulla sua palpebra. Mi stavo avvicinando con un fazzole o per asciugargliela subito, ma mi ha fermato la mano. «No, lasciala lì, la voglio portare con me nell’eternità».

La vita al di là della speranza | Mag Giugno 2014 | 95



di Emilio Magni Maggni

“CUN I MAN SÖL CUNSULÀ” La posa delle donne anziane in una serena quiete, uno stato di beatitudine e di consolazione

Era un po’ giù di tono, l’altro giorno, il Berto, amico da una vita che non incontravo più da un bel po’ di tempo. Temevo l’avesse ghermito uno di quei mali che, alla nostra età ormai avanzata, possono improvvisamente irrompere. Invece il malessere era morale e, ascoltate le ragioni, tu o sommato, lievi. Mi ha spiegato di aver saputo che i parenti avevano inesorabilmente infilato dentro una casa di riposo la “sciura Clelia”, una donna ancora assai vispa, nonostante le sue novanta primavere. Gli risposi che, sì, la nuova situazione per la signora Clelia era veramente spiacevole, ma occorre tener presente che “questa è la vita”. L’amico però ha riba uto, un po’ risentito, che la Clelia era stata la sua “tata” quando era ancora bambino e questo termine non era ancora in uso. Lui quindi le era affezionato e gli spiaceva molto che i parenti l’avessero costre a in un “odioso ricovero”, come precisava lui. Abbiamo così convenuto di andare, un pomeriggio, a fare un po’ di compagnia alla signora Clelia, ospite di una moderna e a rezzata casa per anziani. L’adde o all’accoglienza dei visitatori ci ha anticipato che nonostante il trauma del ricovero e i quasi novant’anni la signora Clelia era ancora vivace e di mente come se fosse sulla cinquantina, tanto da non aver ancora perso il piacere di qualche sigare a: però non più di tre o qua ro al giorno, come assicurava lei. Ed infa i la nuova ospite della casa di riposo ci aspe ava nel salone riservato ai fumatori

che la direzione dell’istituto, bontà sua, ha allestito, me endola a disposizione di quegli irriducibili “matusa” ai quali tu e le raccomandazioni di non fumare entrano da un orecchio ed escono dall’altro. Ma la signora amica del Berto però non stava fumando quando siamo arrivati. Era appisolata con le braccia conserte, in un a eggiamento di grande pace e beatitudine. “Varda la sciura Clelia, l’è le cun i man söl cunsulà. Beata le. La par la mia nona”, ha commentato un’infermiera, già pure lei un po’ avanti negli anni. Ed anche a me è tornata in mente la mia nonna contadina, la quale, terminato il frugale pranzo, soleva sistemarsi su una sedia accanto al camino, dove la brace stava alzando gli ultimi lievi crepitii, e si appisolava incrociando le braccia sulla pancia. Era in quella tipica posa delle donne anziane sonnecchianti in una grande e serena quiete: uno stato di beatitudine e di consolazione dal quale probabilmente è derivato il modo di dire “con i man söl cunsulà”. Il diale o del mondo contadino lombardo era così ricco di fantasia e di immaginazione che bastava una piccola impressione per coniare una lieve metafora che, con pochissime parole chiare esprimeva il conce o che si voleva esprimere. Ma il pisolino pomeridiano delle nonne era così leggero che nulla sfuggiva loro. Ed anche la signora Clelia, appena arrivati, ha aperto un occhio e ha chiesto: “Avete una sigare a? Sono rimasta senza. Mia nipote, quella smemorata, si dimentica sempre di portarmele”.

Le parole che non tornano | Mag Giugno 2014 | 97



di Paola Mascolo Grafologa.Membro della Société Française de Graphologie, iscritta Associazione Grafologica Italiana e Associazione Grafologi Professionisti. Perito grafologo, consulente tecnico del Tribunale di Como e rieducatrice della scrittura.

SIMONE TOMASSINI CI METTE L’ANIMA È fantasioso, creativo e vede sempre il lato buono delle cose. Molto legato ai valori semplici e gioca tutto sul sentimento

Simone Tomassini, 40 anni, cantautore. Scrive con la sinistra e sembra che stia in un mondo che non esiste, rivestito di troppa dolcezza e bontà. Ma non si deve so ovalutare la tranquillità espressa da una scri ura così grande, curvilinea, molto chiara, dai tra i accoglienti, dolci e dalle pochissime angolosità. Simone, ci me e davvero l’anima quando vuole fare qualcosa, prova ne è lo sforzo di scrivere in modo leggibile ed anche piu osto elegante, pur essendo un mancino. Emerge vivamente un cara ere che non si vuole imporre, che non vuole fare della lo a una bandiera, né dell’aggressività una nota cara eristica. Molto socievole, tende sempre ad espandersi nello spazio che ha a disposizione, ma senza imporsi. È entusiasta ed o imista, certe volte vede la vita troppo en rose, ancora un po’ incantato dall’idea che nessuno possa volere male ad un altro individuo. Molto fiducioso negli altri, forse ancora troppo ingenuo. Simone ha una forte spinta nel comunicare quel che è, e che ha, agli altri. Ha una giusta dose di ambizione e di protagonismo che non toccano

mai punte in cui si tramutano in prevaricazione ed esibizionismo eccessivo. È fantasioso, creativo, conserva e rielabora quel che le sensazioni gli offrono, sempre vedendo il lato buono delle cose. Accorda amicizia in modo sincero e leale, ma spesso tende a proteggersi quando non dovrebbe e aprirsi troppo quando dovrebbe invece stare più abbo onato. Ha un temperamento conciliante e spesso compiacente perché non ama me ersi in contrapposizione con gli altri. Un’intelligenza vivace, ma dispersiva. Rischia di non riuscire ad organizzarsi perché affascinato da troppe cose, quasi facesse un torto a qualcuno se non dicesse sempre di sì, se non vivesse accogliendo e facendo propri anche preoccupazioni o inquietudini altrui. Una forma di generosità ingenua e sincera, Simone gioca tu o sul sentimento. Molto legato ai valori semplici dell’esistenza, non cerca sofisticazioni, vorrebbe che tu o finisse sempre come nelle favole, spesso così si scontra con il mondo reale in cui le favole non sono come quelle narrate ai bambini. Molto affe uoso, chiede anche molto affe o. Grande cordialità, certe volte sente il bisogno di dover essere neutrale, per difendersi, per non cedere ad essere influenzabile, perché Simone sa bene che si scioglie per un sorriso o per un buon gesto fa o per lui. Sicuramente un romantico, nella positività che porta l’essere romantici, nella bellezza del comunicare stati d’animo e sentimenti, ma anche nei grandi rischi che comporta. Simone ha una dipendenza affe iva forte, senza una carica positiva empatica che gli viene trasmessa dagli altri, senza gli altri a orno, senza amore è un uomo perso. Un sognatore che non può svegliarsi perché cercare quel suo mondo, quello che crede che esista formato solo da bellezza e bontà, per lui coincide con la vita stessa.

Tutto in un tratto | Mag Giugno 2014 | 99



Parolario verso l’Expo 2015 La piattaforma di Como2015 in Alzaia Naviglio Grande a Milano ha ospitato un primo assaggio della quattordicesima edizione della manifestazione comasca dedicata ai libri, alla lettura e alla cultura, che si terrà a Como a Villa Gallia, Villa del Grumello, Villa Sucota e Hangar dal 29 agosto al 6 se embre. Ospiti Guarliero Marchesi e Andrea Vitali e i Sulutumana.

Allo Yacht club l’incontro d’arte con Fabrizio Musa

Inc

Incontro d’arte allo Yacht club Como. Protagonisti l’artista Fabrizio Musa e il dire ore dell’Accademia Galli Salvatore Amura. La conversazione è stata accompagnata da un pianista del Conservatorio di Como.

Eventi | Mag Giugno 2014 | 101


di Lorenzo Botta

Concorso d’eleganza a Villa d’Este un trionfo tutto italiano

È andata in scena, come d’abitudine tra Villa d’Este e Villa Erba, l’o antacinquesima edizione del più prestigioso appuntamento mondiale riservato alle auto d’epoca. Come accade da qualche anno, BMW Group Classic ha voluto celebrare le migliori regine su qua ro ruote, protagoniste della storia dell’automobile, con un occhio volto anche al futuro, assegnando il Design Award for Concept Cars and Prototypes. Cinquanta modelli si sono contesi il premio più ambito, la Coppa d’Oro, che orgogliosamente quest’anno è andata a una meravigliosa auto italiana, l’Alfa Romeo 1750 6C Gran Sport del collezionista, anch’egli italiano tra i molti proprietari in102 | Mag Giugno 2014 | Eventi


vincere a distanza di un secolo, questa volta però nei migliori concorsi per auto d’epoca. Un’altra auto italiana trionfa anche nel Design Awards, la Maserati stravince con un affascinante scultura che precorre future livree: il prototipo ALFIERI, dal nome del più famoso dei fratelli Maserati, talentuoso ingegnere che giusto un secolo fa fondò la casa automobilistica. È sempre della scuderia Maserati, ma da corsa, la 450 GS del 1956 (prodo a in soli nove esemplari) che si è aggiudicata il Best of Show della giuria che premia ulteriormente i cento anni del marchio con il tridente. Menzione particolare infine per un altro compleanno, quello di RollsRoyce, il marchio che per antonomasia identifica da 110 anni il lusso e la perfezione automobilistica, ostentando sul culmine dei suoi imponenti radiatori, a guisa di tempio greco, lo Spirit of Extasy!

ternazionali, Corrado Lopresto. Affascinante la storia di questa Alfa da corsa, “vestita” da Zagato nel 1931 e acquistata se e anni più tardi, con già all’a ivo diversi successi nella Mille Miglia, dalla Carrozzeria Aprile di Savona per la (oggi) curiosa cifra di 4.000 lire. Il ligure Aprile volle rivedere gli aspe i aerodinamici della carrozzeria donando nuovo vigore e garantendole ulteriori vittorie nelle più belle gare dell’epoca. Corrado Lopresto, forse uno dei più grandi collezionisti al mondo, vincitore di oltre 150 Concorsi internazionali e già per tre volte trionfatore a Villa d’Este, la acquista nel 2008 e la sottopone a un meticoloso restauro che ha permesso all’Alfa di continuare a Eventi | Mag Giugno 2014 | 103


Il grande gufo e l’arte del riciclo Il lavoro realizzato dai ragazzi della Scuola Foscolo

Una frase bu ata lì in una assemblea di classe, più che altro un lamento sulle difficoltà economiche della scuola pubblica, sulla diffi coltà di a ivare iniziative o progetti perchè non ci sono i fondi, dall’altra parte i genitori che ascoltano e qualcuno che raccoglie la richiesta di aiuto e poi si propone, si dichiara disponibile a collaborare. È la mamma di un alunno, Erika Trojer, che ha creato le sue opere con materiali poveri, materiali che ci passano fra le mani ogni giorno e che ogni giorno bu iamo nella raccolta differenziata. Si è fa o poi strada un altro genitore imprenditore, Tullio Tiozzo che ha fornito il materiale. Lo scheletro del gufo e è stato fa o 104 | Mag Giugno Marzo 2014 2014 || Titolo Eventiarticolo


dall’artista del ferro il fabbro Paolo Del Vecchio, su disegno del professor Della Corte. È iniziato così un laboratorio con le classi prime, lavorando alla realizzazione di alcuni pannelli e l’enorme gufo è il fru o di un lavoro realizzato in a ività pomeridiane

con gli alunni delle classi 3B, 3C, 3D e dalla professoressa Emanuela Colombo. La ciliegina sulla torta è la regia del filmato e del montaggio realizzata da un ex alunno con la passione della videocamera: Heshan Dissanayake. Titolo articolo | Mag Febbraio 2014 | 105



Il Liberty una passione Quattro artisti in mostra a Villa Bernasconi Qua ro artisti in una mostra a Villa Bernasconi a Cernobbio (Como) dialogano con lo stile Liberty della storica dimora. Le opere di Ma eo Galvano, Marco Mino i, Giulio Mantovani e Sara Piazza si confrontano con le decorazioni e i motivi naturalistici dell’edificio. Ma eo Galvano presenta una serie di archite ure, realizzate a penna biro su carta cotone, nelle quali emerge il gusto per le prospe ive inusuali e l’uso calibrato dello spazio. Marco Mino i nei suoi dipinti ci trasporta in un mondo fa o di creature animali, fiori e fru a, in cui è determinante la figura femminile. Giulio Mantovani poliedrico artista, stilista e designer ribadisce la centralità dell’immagine dell’uomo che diventa un Leitmotiv stilizzato onnipresente nelle sue opere cara erizzate dalla ricerca dei materiali e dall’energia del colore. Gli sca i di Sara Piazza rivisitano l’elemento floreale tanto caro al Liberty e immortalano gli artisti in mostra che su una mano recano il senso della loro ricerca. “La chiave contemporanea del Liberty”, colle iva a cura di Roberta Macchia e Lucia Maga i, a Villa Bernasconi, via Regina 7, Cernobbio(Como). Fino all’8 giugno. (S.Bri.)

Eventi | Mag Giugno 2014 | 107


Como città della luce Il festival che accende il futuro della città

Dopo il successo dello spe acolo ElectriCity al Teatro Sociale, l’inaugurazione della Mostra di Aldo Galli presso la Pinacoteca (aperta al pubblico fino a se embre) e la collaborazione per lo spe acolo “Non temete la Scienza”, il Festival della Luce, Ente Promotore Associazione Ci à della Luce, ha continuato il suo cammino (con una breve tappa milanese, nell’ambito delle iniziative Como2015 in attesa di Expo Milano 2015) per giungere al clou degli eventi di maggio a Como. Il Festival, organizzato con il contributo della Camera di Commercio di Como, il patrocinio del Comune di Como e la collaborazione scientifica del Centro di Cultura Scientifica 108 | Mag Giugno 2014 | Eventi


Alessandro Volta, è tornato a coinvolgere studiosi, giovani innovatori, aziende, scienziati, filosofi e famiglie in diverse sedi della ci à. A Palazzo Terragni con il filosofo e matematico Giulio Giorello, il genetista Edoardo Boncinelli e lo storico dell’arte Philippe Daverio. Gli appuntamenti dell’ex Casa del Fascio sono terminati con Ferdinando Scianna, protagonista della fotografia italiana e l’incontro con gli scienziati Gianvito Martino, Paolo Rama e Ludovica Lumer. In un viaggio a raverso le mille sface ature della luce non poteva mancare un evento sul presente e futuro dell’energia, l’Energy Forum a Villa Erba, che ha coinvolto importanti autorità nazionali quali Paolo Colombo, Presidente Enel, e Corrado Passera già Ministro dello Sviluppo Economico e delle Infrastrutture e dei Trasporti.

Titolo articolo Eventi | Mag Giugno 2014 | 109



di Laura Attolico

Musicisti vincenti Accordarsi è possibile Successo al concorso di Trento per l’orchestra dell’istituto comprensivo di Cadorago Concerto di fine anno dell’orchestra dell’Istituto Comprensivo di Cadorago, reduce dal successo al concorso di Trento. Un folto pubblico ha assistito all’evento offerto in auditorium dagli studenti dell’indirizzo musicale delle due scuole medie di Guanzate e Cadorago che nelle scorse se imane a Trento hanno conquistato il primo premio al concorso internazionale “Accordarsi è possibile”come miglior orchestra. I sessanta giovani musicisti erano dire i dal maestro Franco Arrigoni. (L.A .)

Eventi | Mag Giugno 2014 | 111



di Gisella Roncoroni

Zanetti e Cambiasso Scuola di calcio comasca «Io e la mia famiglia abbiamo un legame speciale con questo territorio. Da tanti anni avevamo in testa questa idea, ma questo era il momento giusto e il luogo giusto». A dirlo è Javier Zane i, capitano dell’Inter che ha appena terminato la sua ultima stagione (dopo 19 anni) in maglia nerazzurra e da anni ormai abita a Moltrasio con la famiglia. Con il compagno di squadra Esteban Cambiasso ha presentato al Bennet di Tavernola la loro scuola calcio, che aprirà a se embre a Cernobbio. Un bagno di folla per loro, con centinaia di comaschi e sportivi a caccia di una foto o di un autografo. Senza contare il maxi coro «Un capitano, c’è solo un capitano». La scuola, che come ha chiarito Cambiasso, «non cerca campioni, ma bambini che vogliano divertirsi e crescere» è aperta ai ragazzini dai 5 ai 12 anni. Il centro di formazione “I Leoni di Potrero” (informazioni sul sito leonidipotrero.com) sarà all’oratorio di don Simone e prevede due allenamenti a se imana. Gli iscri i finora sono una ventina. Il più piccolo e il primo iscri o, Alessandro, non ha ancora compiuto 5 anni.

Evemti| Mag Giugno 2014 | 113



I giovani del Fai a Villa Balbianello Cin cin, in alto i calici, il FAI giovani brinda e lo fa senza dimenticare la mission del Fondo ambiente italiano: quello di fare cultura. Stefano Moscatelli, insieme ai suoi ragazzi e in collaborazione con la delegazione di Como, ha infa i organizzato un aperitivo in musica nel parco di Villa Balbianello, la dimora che fu di Guido Monzino e ora di proprietà del FAI. Più di 150 ragazzi hanno affollato il parco della Villa e, dopo un brindisi con la musica della band Andrea Marche i Hot swing band, hanno seguito i ciceroni che, per l’occasione, hanno aperto le stanze del conte per scoprire la vita dell’esploratore. Una serata imperdibile che ha unito cultura e divertimento.

Evemnti| Mag Giugno 2014 | 115


di Serena Brivio

Il ritorno dei jeans Denim h 24: versione urban chic e glam sport da blogger e icone di stile che li indossano con sneakers e freschi blazer stampati a fiori. Gli shorts da rocker sono ricoperti di strass, mentre il classico vestitino si rinnova privilegiando la vecchia tela Genova versione matelassé. Nel tema vintage non poteva mancare la salope e, perfe a con una camicia o una T-shirt. Perfino gli accessori si tingono di blu, dai classici mocassini alla bag tempestata di perline. Denim per lei, ma anche per lui. Scelte obbligate di stagione: il trench over e la camicia délavé, sempre con strappi.

Denim h 24: versione urban chic e glam sport. Il tessuto casual per antonomasia questa stagione si arricchisce di tagli, ricami e fiori couture. Gran ritorno dei jeans scoloriti e strappati, con ginocchia a vista, in coppia con morbide bluse, belle giacche e tacchi a spillo. L’intramontabile blouson va a nozze con fluidi pantaloni a righe marina, gonne a ruota anni 50 o lunghe a portafoglio. Al top i pants con le toppe, rilanciati

116 | Mag Giugno 2014 | Idee (s) fashion


di Luca Meneghel

La ciclovia dei laghi Sport e relax in bicicletta Tu i in sella. Con l’arrivo dell’estate la bicicle a è il mezzo migliore per scoprire gli angoli più suggestivi del nostro territorio e per mantenersi in forma. Il sito in questione - Ciclovia dei Laghi. Sport e relax in bici (h p://www.cicloviadeilaghi.it/) - offre l’imbarazzo della scelta con più di trenta itinerari per tu i i gusti e le necessità: percorsi pianeggianti, sportivi e perfino cinque cronoscalate tra le province di Como, Lecco e Varese. Con una puntata anche sul lago Maggiore. Il sito - trado o anche in lingua inglese - è diviso in due sezioni. La prima è dedicata alla Ciclovia dei laghi: si tra a di una “dorsale ciclabile (lunga 270 chilometri) che percorre il territorio delle province di Lecco, Como e Varese, da Colico a Ponte Tresa, a raversando nove ambiti paesaggistici diversi”. Nove paesaggi per nove itinerari cicloturistici che vanno a toccare i beni culturali e ambientali più rilevanti sul territorio. La seconda sezione - Sport e relax in bici propone invece 25 itinerari per riscoprire gli uomini, i luoghi, le imprese e le fatiche che hanno fa o la storia del ciclismo. L’offerta è molto variegata (18 percorsi relax, due percorsi più impegnativi, cinque cronoscalate): si va da percorsi pianeggianti ada i ai ciclisti amatoriali a salite impervie per sportivi con una buona preparazione fisica. In entrambi i casi - che si tra i del proge o Ciclovia dei Laghi o di Sport e relax in bici - a farla da padrone sono gli itinerari. Ogni tragi o ha una ricchissima pagina dedicata con mappe, descrizioni di tu e le tappe, informazioni pratiche, schede dei

beni artistici che si incontreranno sulla via e una lista di hotel e ristoranti della zona. Fondamentale è la sezione multimedia. Qui è possibile scaricare cartine e guide de agliate dei percorsi in formato pdf, consultabili poi sul proprio smartphone anche in assenza di connessione a Internet. Dal Ghisallo al lago di Como, passando per un viaggio fra i laghi Briantei sulle orme dei grandi scri ori del passato, le guide - che sono anche stampabili - raccolgono in poche pagine tu i gli strumenti di cui avrà bisogno il cicloturista. Per le cronoscalate e i percorsi più impegnativi non mancano grafici de agliati con la pendenza dei diversi tra i di strada. Ma non è tu o: gli utenti troveranno anche una serie di file da scaricare sul proprio computer e da caricare sui navigatori satellitari o sui propri smartphone (in questo caso è necessaria l’applicazione di Google Earth): sarà così il navigatore a guidare il ciclista sulle strade dell’itinerario prescelto. Vista la grande offerta di escursioni su due ruote, il sito contiene anche una serie di indicazioni fondamentali per scegliere l’itinerario più ada o alle proprie esigenze. “La prima volta - ad esempio - è indispensabile scegliere un percorso semplice, con poche difficoltà e che permetta un facile rientro”. Inutile affrontare da subito itinerari estenuanti: meglio consultare le schede dei singoli percorsi, dove sono riportati i diversi livelli di difficoltà. I proge i Ciclovia dei La-

ghi e Sport e relax in bici sono nati dalla collaborazione fra diversi enti pubblici, a partire proprio dalle province di Como, Lecco e Varese, e sono stati realizzati grazie ai fondi messi a disposizione dal programma europeo di cooperazione transfrontaliera Italia-Svizzera. Parte degli itinerari, infa i, toccano anche le sponde del lago Maggiore comprese nel territorio elvetico.

SEGNALAZIONI

MUSEO DEL CICLISMO www.museodelghisallo.it Il sito ufficiale del museo del ciclismo di Magreglio, a pochi passi dal santuario della Madonna del Ghisallo COMOLAGOBIKE comolagobike.it Il gruppo ComoLagoBike organizza tour guidati in bicicletta sul lago di Como ASD VEROCA COMO www.asdveroca.it/home/ L’associazione ciclistica comasca organizza molte escursioni in compagnia

Hai un sito dedicato a Como, al Lario e al territorio circostante? Vuoi segnalare un blog ai lettori del MAG? Scrivi una mail all’indirizzo navigazionilariane@yahoo.it.

Navigazioni lariane | Mag Giugno 2014 | 117


di Bernardino Marinoni

Tutto un film in una immagine L’esperimento di Lipari: né fotogramma né foto di scena, ma compressione di 150 mila fotogrammi in un quadro L’imprimatur è stato dato a Paolo Lipari da 8½, la rivista che l’anno scorso è stata giudicata la migliore nell’ambito dell’editoria cinematografica italiana. Sul suo numero 13 il periodico ha pubblicato l’immagine di un intero film: né fotogramma né foto di scena, ma compressione di 150 mila fotogrammi in un quadro la cui indefinitezza li ricomprende tu i, nessuno escluso. In tempi di vantata tridimensionalità sul grande schermo, il concentrato bidimensionale dell’operazione del regista comasco sembra paradossale. In realtà è il compimento di un sogno: disporre di un film inquadrato, alla le era, da appendere magari su una parete. Non un banale fermo immagine, ma l’esito di una proiezione

al limite delle possibilità fisiche, materiali. Un passo che accelera la distanza che corre tra due immagini consecutive sulla pellicola fino a comporre il film in un’abnorme, inquietante fissità. Non sovrimpressione, ma compressione di immagini: tu e quelle del film, però non più in successione ma fissate come nel perdurare di un lampo. Pensare ad un grumo di fantasia suscita un sentore alchemico e per quanto si sia naturalmente avvalso di tecnologie aggiornate, lo stesso Lipari evoca sensazioni di ben altri tempi: «Aumentando progressivamente la velocità del film, ho iniziato a ridurre lo spazio della sua percezione con l’euforia di un distillatore alle prese con alambicchi sempre più so ili e sofisticati».

I GIORNI DELLA COLLERA La rituale soprascritta - occasionali i riferimenti a fatti e persone - in coda a “Bologna 2 agosto… i giorni della collera”, non toglie che tra i primi nomi delle vittime della strage della stazione centrale del capoluogo emiliano, sul finire del film si sgranino quelli - malauguratamente veri - di Annamaria Bosio, di Carlo Mauri e del loro bambino, Luca. Comaschi, come è doveroso ricordare. E tanto basta per riservare memore attenzione e qualche spazio al film, firmato a quattro mani, da Giorgio Molteni e Daniele Santamaria Maurizio, che evoca l’efferato episodio del 2 agosto 1980 (85 morti, 200 feriti) in parallelo con le imprese coeve di bande criminali di estrema destra manovrate a fini di destabilizzazione programmata di governo e nazione. Con le storie di quei giovani che contro la democrazia imbracciano le armi s’intrecciano malavita organizzata, massoneria, servizi segreti deviati, tutti orbitando attorno alla tragedia di cui il film prova a raccontare la cronaca secondo il modello del passato cinema italiano di denuncia. Risulta tanto efficace negli inserti di spezzoni d’epoca quanto tragicomico, suo malgrado, in certi risvolti romanzati, specie nella seconda parte, mentre patisce progressivamente l’influenza delle serie tv - da dove arrivano peraltro i pochi personaggi – se non innominati, sotto trasparente pseudonimo - accettabili sul piano dell’interpretazione. Per quanto la sceneggiatura finisca col rivelarsi inadeguata, quando comincia la lista dei nomi giunge un’eco autentica di campane a martello.

118 | Mag Giugno 2014 | Grande schermo

Cose da maghi: non per caso l’esperimento si compie su “Amarcord” (e dopo Federico Fellini toccherà a Alfred Hitchcock) i cui fotogrammi si scompongono sommandosi in un reticolo che ne contiene tu e le possibilità. La decri azione, come sempre, è lasciata a chi guarda: s’intuiscono forme e figure, profili e linee, ma potrebbero esserne ombre trascolorate in un impasto di suggestività tanto più misteriosa quanto più nota ne è la fonte primigenia. La lunghezza del movimento intermi ente della macchina da presa e del proie ore è spinta al punto da fermare un’immagine cinematografica “totale”. Soccorre la memoria che si ha del film, per cui se ne avvistano le percezioni medesime depositate nel profondo di chi osserva la galleria ordinata da Paolo Lipari: di Fellini c’è anche “8½”, poi ci sono Stanley Kubrick – “Shining” – e, tra altri, l’”Amelie” di JeanPierre Jeunet, materia prima preziosa con quei colori che mutano, variando dall’acido quasi alla monocromia. Lipari ne fa la formidabile tavolozza da cui cavare l’essenza del colore di un film, sorprendente proprio anche perché indefinita, non diversamente dalla spe acolare conglomerazione nel quale vedere ciò che si vuole percependo un’infinita eco delle immagini di un film che, infine, si sarà trasformato in un ogge o pronto per essere afferrato, rigirato e addiri ura appeso. Al suo stesso lieve sgomento, Lipari giustappone l’intenzione: IO AMO, acronimo di In One All Movie, con cui ha ba ezzato la serie di grandi film conclusi in una sola immagine, “multigrammi” .


di Marinella Meroni

Le api, agenti speciali intercettano esplosivi Nelle missioni militari speciali vengono spesso utilizzati i cani polizio o, che si distinguono per coraggio ed efficacia. Ma da oggi nelle forze armate Usa ed inglesi sono stati arruolati nuovi “agenti speciali”, piccole, coraggiose e precise: sono le api. Possiedono una vista superveloce, 5 volte maggiore rispe o a quella umana, vedono i colori ad una velocità doppia rispe o alla nostra, e sono in grado di riconoscere esplosivi e bombe! Gli scienziati dell’Illinois (Usa) hanno scoperto che il cervello di questo inse o contiene milioni di neuroni controllati da centinaia di neuropeptidi uguali a quelli della nostra a ività celebrale, cioè sono intelligenti. Inoltre i ricercatori del “Los Alamos National Laboratory”(New Mexico), sono riusciti ad addestrare le api ad individuare esplosivi, come dinamite, plastico C-4 e cariche esplosive artigianali usate in Iraq, per prevenire a entati. Il risultato, confermato dopo 18 mesi di studio, è tanto stupefacente quanto è semplice l’addestramento. Ogni volta che gli inse i indicavano il tipo d’esplosivo, venivano premiati con acqua zuccherata o sciroppo. Le api infa i hanno capito che compiendo queste mansioni avrebbero avuto una ricompensa. Dichiara il Dr. Tim Haarmann «Non serve essere esperti del comportamento animale per capire quando l’ape addestrata segnala la presenza di esplosivi, perché non esiste nessuna ambiguità e possibili errori nell’ interpretare il segnale. Siamo molto eccitati per il successo della nostra ricerca, utile per la sicurezza e la difesa della Patria. Recentemente viene studiata anche la possibilità di alloggiare i supporti con le api sui robot usati dagli artificieri per disinnescare le bombe». Nelle missioni militari nei paesi dove esistono confli i le api strasportate in piccoli contenitori, con costi assai limitati, diventano un valido strumento di difesa e protezione per la vita degli stessi soldati. Ora si sta valutando l’opportunità di usarle come metal-detectors per fiutare gli esplosivi negli aeroporti, nei posti di blocco lungo le strade e addosso a potenziali kamikaze. Anche in Inghilterra si è a ivata la lo a contro il terrorismo avvalendosi del fiuto infallibile dell’”ape polizio a”, reclutata tra le forze dell’ordine. Questa piccolissima creatura, instancabile lavoratrice è stata l’a rice principale del proge o “Inscentinel“, in cui i ricercatori della Ml Electronics e della Realise Product Design, hanno cominciato l’addestramento di questi mini soldati capaci di accorgersi della presenza di esplosivo e di comprenderne perfino il tipo, tanto che dopo averne sperimentato l’efficacia, si è giunti alla conclusione che «le api possono eseguire gli stessi compiti dei cani poliziotto». Ma la scienza è andata oltre, ed è partito un nuovo test che è riuscito a creare un’ape hotel che trasforma gli inse i residenti in affidabili fiutatori, pubblicato sul New Scientist. E per finire si è scoperta la proprietà antiba erica del miele. Gli scienziati dell’Academic Medical Center di Amsterdam hanno identificato il principio che gli conferisce proprietà ba ericide: le api producono la Difensina 1, una proteina che aggiungono al miele, che potrebbe essere efficacemente usata per proteggere le infezioni da ustioni e dermatologiche, e realizzare nuovi farmaci per comba ere le infezioni che resistono agli antibiotici. Niente male per delle creature che pesano solo un decimo di grammo, che vanno rispe ate e prote e, perché come disse A. Einstein «Se l’ape scomparisse dalla faccia della terra all’uomo non resterebbero che 4 anni di vita».

Titolo articolo | Mag Giugno 2014 | 119



di Pietro Cantone

“Aiuto dottore, che fastidio questa rinocongiuntivite!” Tutti i consigli e le terapie per combattere la diffusa allergia stagionale tra i bambini È arrivata la bella stagione e purtroppo molti bambini cominciano a soffrire per le allergie stagionali. Nei Paesi occidentali un bambino su tre è allergico e in Italia si stima che la prevalenza di rinite allergica sia del 33-35% tra i 6 e i 14 anni. La sintomatologia tipica della rinite allergica deriva dall’infiammazione allergica della mucosa nasale e con: • sensazione di naso ostruito; • gocciolamenti nasali; • prurito a livello del naso o del palato; • starnutazione ripetuta. A questo quadro si associa frequentemente un’irritazione oculare ed ecco la rino-congiuntivite allergica. A seconda del tipo di allergene la rinite può manifestarsi solo in determinati periodi dell’anno (allergie stagionali) o indistintamente durante tu o l’anno (allergie perenni). Classificazione della rinite allergica Rinite intermi ente. Durata dei sintomi: meno di 4 giorni/settimana o meno di 4 se imane. Rinite persistente. Durata dei sintomi: più di 4 giorni/se imana e più di 4 se imane. Rinite lieve. Sonno conservato e nessuna limitazione nelle a ività quotidiane, normale a ività lavorativa o scolastica, assenza di sintomi fastidiosi. Rinite moderata/grave. Alterazioni del sonno; limitazioni delle a ività quotidiane, riduzione delle prestazioni lavorative/scolastiche. I sintomi sospetti per rinite o rino-congiuntivite allergica sono: secrezione nasale, ostruzione nasale più o meno importante, a acchi di starnuti, prurito al naso e/o al palato, frequenti congiuntiviti con lacrimazione, rosso-

re e sensazione di formicolio. Nel sospe o di un’allergia è fondamentale consultare uno specialista allergologo che possa identificare l’allergene responsabile dei sintomi. Le fasi della diagnosi allergica sono: - la visita allergologica; - l’identificazione dei possibili allergeni responsabili con l’esecuzione del Prick test cutaneo o del RAST ed eventualmente il Test di provocazione. L’intervista L’intervista è la prima fase della diagnosi dell’allergia. L’obiettivo è confermare l’ipotesi di uno stato allergico e definire gli allergeni che potrebbero causare i sintomi osservati. Sono da considerare: - la storia dei sintomi (quando sono iniziati, la loro natura, la periodicità, fattori di scatenamento già identificati) la familiarità con l’allergia (parenti allergici) o nella storia del paziente (allergia nel corso dell’infanzia) - il contesto generale del paziente (condizioni abitative, lavorative e climatiche) - i de agli relativi allo stile di vita e all’ambiente (casa, luogo di lavoro, animali domestici, abitudini alimentari) - l’a ività (occupazione, tempo libero). Esame clinico L’allergologo esamina in de aglio quegli organi in cui si manifestano comunemente i sintomi allergici

Dott. Pietro Cantone

(pelle, polmoni, naso e bronchi) valutando l’impa o dell’allergia e indica i possibili test necessari per la diagnosi. Test cutaneo (prick test) Il test cutaneo consiste nel riprodurre la reazione allergica sulla cute del paziente posizionando una goccia dell’allergene sospe o sull’avambraccio e facendo penetrare nel derma tramite una superficiale puntura non dolorosa provocando così la reazione allergica. Dopo 20 minuti si leggono i risultati: se il bambino è allergico compare un ponfo simile a una puntura di zanzara. Questa tecnica è veloce, indolore, riproducibile nel tempo e ben tollerata anche da bambini piccoli. Quando il prick test si presenta negativo ma i sintomi persistono l’allergologo può prescrivere un esame del sangue per l’identificazione degli anticorpi IgE specifici che permetteranno di identificare l’allergene in questione (RAST). Il tra amento Formulata la diagnosi lo specialista esprime i suoi consigli: • evitare gli allergeni, se possibile • prescrizione di farmaci come antistaminici, corticosteroidi topici, collirio antiinfiammatorio o cortisonico a seconda della gravità della patologia e di quale farmaco ha un’azione più immediata sul sollievo dei sintomi. • eventuale immunoterapia (vaccino) che può essere iniziata a partire dai 5 anni di età nei casi refra ari alla terapia.

dottorpcantone@gmail.com

Medico Chirurgo, Specializzato in Pediatria e Puericoltura ed in Immuno-Allergologia “Italian Cricket Responsabile dell’AClub” mbulatorio di Allergo-Immuno-Pneumologia Pediatrica Giacomo Fasola, Francesco Moscatelli, Ilario Lombardo ADD editore 190 pag., 14 euro Azienda Ospedaliera S.Anna-Como

Il bello della salute | Mag Giugno 2014 | 121


di Tiziano Testori

Rigenerare si può Parola della scienza Le tecniche più avanzate per ricostruire l’osso di supporto dei denti perso per piorrea La parodontite, conosciuta dai pazienti con il termine di piorrea, determina la progressiva distruzione dell’osso e dei tessuti che circondano i denti nel nostro cavo orale. Abbiamo già parlato in questa rubrica (La mala ia parodontale: prevenzione, diagnosi e cura di una mala ia talvolta asintomatica) della fase diagnostica che deve precedere ogni tipo di tra amento parodontale.

dife i lo specialista potrà valutare le indicazioni al tipo di intervento, che è finalizzato all’eliminazione dei batteri ed alla riduzione della profondità del dife o, per consentire al paziente le corre e procedure di mantenimento dell’igiene orale domiciliare. Per ripristinare la quantità di tessuto osseo perso si utilizzano le procedure di “rigenerazione tissutale guidata” (GTR), tecnica chirurgica che per-

Guarigione avvenuta con ripristino dell’osso perso mediante interventi di chirurgia rigenerativa.

Dopo un’accurata diagnosi, si procede a definire il piano di tra amento, che di solito prevede una fase di terapia non chirurgica in cui vengono eseguite le sedute di detartrasi e levigatura finalizzate a rimuovere tu o il tartaro ed i contaminanti dalle superfici radicolaro. Purtroppo non sempre il tra amento parodontale non chirurgico è sufficiente per riportare il paziente in condizioni di salute: nel caso di perdita ossea avanzata o di anatomie complesse delle radici dei denti può essere indicato il ricorso alla chirurgia parodontale. Esistono diversi tipi di danni ossei causati dalla parodontite: a seconda della morfologia e dell’entità di tali

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me e di ricreare un livello adeguato dei tessuti di supporto. Per ricreare l’osso di sostegno di solito si impiegano diversi tipi di biomateriali, che servono da impalcatura e sono poi progressivamente sostituiti da osso del paziente in pochi mesi Si tra a di interventi di microchirurgia parodontale che vengono eseguiti in anestesia locale; sono poco invasivi, il post-operatorio non presenta

difficoltà, può verificarsi un certo gonfiore che scompare in pochi giorni. Questi tipi di interventi sono riconosciuti dalla comunità scientifica e clinica che si interessa di parodontologia come interventi altamente predicibili, cioè affidabili e che portano al risultato sperato, ripristinare l’osso perso. Dopo l’intervento il Paziente rientra

Danno osseo causato da parodontite (area nera cerchiata)

in un programma di mantenimento individualizzato con richiami periodici per le visite di controllo e di igiene professionale. Nonostante l’evoluzione delle tecniche di rigenerazione ed ingegneria tissutale, la prevenzione rimane la miglior cura!

Dott. Francesca Bianchi Prof. Tiziano Testori www.tizianotestori.eu Docente Corso di Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Università degli Studi di Milano

Laureata in Odontoiatria e Protesi Dentaria, Docente presso il Corso di Alta Formazione in Implantologia Orale, IRCSS Istituto Ortopedico Galeazzi Università degli Studi di Milano


di Eugenio Gandolfi

Dall’ornamento al nutrimento la cosmeceutica migliora la pelle Un centralino H24 per rispondere ad ogni tipo di richiesta Il parere e i consigli degli esperti in qualunque momento esclusivamente realizzati per voi e personalizzati sulla base delle vostre esigenze. Anche nel campo della cosmeceutica, quindi, Academia Day Clinic offre qualcosa in più a conferma che da noi la Scienza incontra veramente la Bellezza. A presto.

Settore della cosmesi volto a fornire prodotti formulati secondo le esigenze del cliente, la cosmeceutica si caratterizza per il dosaggio dei principi attivi e per la scelta dell’eccipiente, il più delle volte senza coloranti, profumi e conservanti. Rispetto ai tradizionali e generici cosmetici, i cosmeceutici sono prodotti ricchi di principi biologicamente attivi con proprietà e requisiti tipici dei farmaci destinati a trattare le più diverse problematiche legate alla pelle, dalla sua seboregolazione alle rughe profonde. il Centro Estetico che il Dott. Riccardo Forte ed io abbiamo allestito all’interno di Academia Day Clinic a Chiasso, grazie ad un’esperienza pluriennale e a collaboratori e consulenti specializzati, offre una linea esclusiva di cosmeceutici perfettamente in grado di dare una risposta estremamente avanzata. Nella nostra gamma, che potrete visionare navigando il nostro sito www.academiadayclinic.ch/it/pagina/cosmeceutica, troverete prodotti per il viso e per il corpo da

utilizzare in tutti i momenti della giornata per ogni tipo di pelle e per tutte le esigenze: anticellulite, per collo e seno, contorno occhi, detergenti e struccanti, emollienti, esfolianti e maschere, idratanti, mani, nutrienti, ristrutturanti, antiaging e sieri. Chiedete informazioni ai nostri specialisti, verrete consigliati e guidati nell’utilizzo quotidiano di prodotti studiati espressamente per garantire al vostro viso e corpo sicuri e apprezzabili risultati in termini di salute, luminosità e compattezza epidermica. Ma c’è di più: su indicazione della nostra Skin Care Specialist Filina Di Stefano, il nostro laboratorio è perfettamente in grado di realizzare cosmeceutici studiati espressamente per rispondere all’unicità della vostra pelle offrendovi la straordinaria opportunità di utilizzare una linea di prodotti

Dott. Eugenio Gandolfi specialista in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica

ACADEMIA DAY CLINIC

Il luogo in cui la scienza protegge, cura e ricrea la vostra bellezza, con e senza bisturi e con risultati sempre naturali è a Chiasso, nel Quartiere Arcadia, in via Livio 20, tel: +41(0)91 682 62 62. Numero riservato alla clientela italiana, tel: 031 30 30 03. E da oggi, con il nuovo sito, anche su Internet all’indirizzo www.academiadayclinic.ch Il bello dellaarticolo salute | Mag Giugno 2014 | 123 Titolo



di Franco Brenna

Arte e salute orale Alleanza possibile

Oggi, parleremo di “Sacre Zanne” con il chiaro intento di intrigarvi nel loro aspe o…artistico. Strano a dirsi ma un’occasione alla quale, a breve, verrà corrisposta una motivazione, rende l’argomento degno di curiosità. Come forse già saprete, gli elementi dentali, il sorriso - se non nelle loro varianti più enigmatiche- poco vengono ritratti nel corso della Storia dell’ Arte. Un tempo, i pi ori erano poco indo i a riprodurre la dentatura per un’ ovvia (per allora) quanto tristissima ragione: le persone, anche di alto censo, avevano, se ancor presenti in bocca, denti orribili e gengive ancor peggiori. Quindi, nulla di bello o di buono. Un aneddoto dalla Storia della Letteratura: il vero “Tallone d’Achille” del nostro Gabriele D’Annunzio risiedeva nella parte alta del suo corpo: la bocca. Per tu a la vita, il Vate pescarese litigherà con denti e gengive costantemente minati da processi infiammatori debilitanti che lo obbligheranno all’impiego di qualsiasi

impiastro pur di lenire il dolore e sopra u o diminuire i terribile “foetor ex oris” col quale le sue innumervoli amanti dovevano fare i conti. Solo con l’avvento della moderna Fotografia (e della Prevenzione della Malattia Parodontale) gli artisti potranno rendere ragione a sorrisi, labbra e volti radiosi. Come poco sopra segnalavo, la ragione di dedicare il pezzo di oggi della Salute Orale rapportato all’Arte mi viene dalla concomitanza e dalla fortuna di poter ospitare dal 21 giugno al 16 agosto presso la L.A.C.( Libera Associazione Culturale) Casa Brenna Tosa o di Campo in Tremezzina il noto artista spagnolo di Madrid, lagheè di adozione in quel di Gravedona, Josè Molina. L’iberico artista è di straordinaria capacità sia con la grafite che con i pigmenti; il surreale alberga e scherza nella sua davvero prolifica mente. E’ in grado di regalare emozioni ritraedo uomini e donne a raverso intimismi davvero sorprendenti, fin nei più imprevisti particolari. I Denti, per l’appunto, sono spesso interpretati al confine con la metamorfosi, rivelatori inequivocabili di cara erialità o storie di vita probabilmente insite nel soggetto ritratto. Il volto dell’Uomo, trasfigurato, strizzato, espanso, mutilato, avvizzito, rivela

sempre e comunque agi e disagi circoscri i all’idea di un nuovo modo di imprimere la vita su una tela o su un foglio di carta. Dicono che un buon ritra ista sia non solo un semplice esecutore di volti; deve saperne ricavare, da questi ultimi, le anime in essi contenute. Che siano dannate o disperate non ci interessa, lui, Josè, vuole renderci partecipi della loro speranza. Questo lo si percepisce dagli sguardi, quando ci sono, in numero pari o dispari, sempre espressione del saper comunicare sentimenti non caduchi. Gli Uomini/Dei di Josè Molina inducono alla meditazione, ca urano lo sguardo e la captazione è sicura, totale. Pronti ad astrarsi tra oblio e ipnosi… Spero di non avervi annoiato. Non ho parlato di Sacre Zanne, le ho ricordate nella speranza di avervi suscitato curiosità. Vi aspe o per poter condividere insieme… emozioni in Tremezzina!

Il bello della salute | Mag Giugno 2014 | 125


di Alessandra Uboldi ARIETE 21 MARZO - 20 APRILE

Il potere grande del mese sta nella presenza del Sole fino al 29 giugno, Giove, Marte e Venere verso la fine del mese. Sul lavoro vi sentite distratti e perdigiorno con il rischio anche per le risorse economiche Evitate sogni e fantasie e mirate ad obbiettivi concreti e a portata di mano. Atletici e scattanti (Marte e Urano) perderete il troppo accumulo dell’inverno ma il vostro stato d’animo non sarà altrettanto brioso. Consolatevi e toglietevi pensieri bui con amici in qualche serata folle. TORO 21 APRILE - 20 MAGGIO

Avete una bella corona di ottimi amici planetari che vi disegnano un mese ricco di amore. Vi sentirete ricchi di umorismo per cui ogni situazione (anche sentimentale) sarà piacevole. Marte sarà aggressivo ma ottimo consigliere per spese e finanze, mentre Mercurio aiuterà gli ottimi rapporti con i colleghi. Anche senza la presenza di Marte che dia forza e irruenza, Venere sarà positiva per farvi godere di un benessere più tranquillo e avvolgente, equilibrato e senza eccessi. Curerete il vostro aspetto fisico anche attraverso le vostre scelte alimentari. GEMELLI 21 MAGGIO - 21 GIUGNO

Sale la carica erotica e persino arrivano sorprese sentimentali inaspettate. Siete pronti per rinnovarvi nel lavoro mettendo alla prova tutte le vostre competenze e conoscenze per ottenere benefici concreti soprattutto finanziari. Non tralasciate di occuparvi di interessi artistici che vi hanno sempre affascinato; giugno potrebbe indicarvi una nuova via percorribile. Avete voglia di movimento e di sport. Rifatevi vivi in palestra che già avete frequentato ma non escludete le camminate e le corse lungo le sponde del nostro lago dove la bellezza dei luoghi sarà ispirazione per i pensieri belli. CANCRO 22 GIUGNO - 22 LUGLIO

Non ci sarà bisogno di altro per creare un’intesa splendida e solida nella coppia. Sul lavoro siete tentati da grandi cose e il mese si annuncia ricco di opportunità con pensate geniali nel campo dell’ informazioni e nel marketing. Festaioli e socievoli, passerete ottime serate in compagnia mentre le energie fisiche non sono al top. Evitate stravizi a tavola perché la goloseria e il poco movimento creano un connubio

126 | Mag Giugno 2014 | Oroscopo

pericoloso. LEONE 23 LUGLIO - 23 AGOSTO

Probabilmente vi manca la solita carica erotica di cui siete carenti e questo rovina tutto ciò che avete costruito. Siete irrequieti con voglia di cambiamento drastico che con Giove (entro il 26 giugno) dovrebbe potersi realizzare. Marte e Urano vi regalano energia e voglia di esercizio fisico all’aperto e desiderio di fuggire dalle riunioni troppo rumorose e affollate per cui scegliete gli amici più cari e recatevi in qualche baita dei nostri dintorni dove avrete natura, amici, silenzio, compagnia e non confusione e stress. VERGINE 24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE

Tra i partner si crea un nuovo rapporto amichevole e comunicativo. Organizzate un viaggio di relax che può sempre giovare. Le amicizie saranno avvantaggiate (Venere in XI casa) senza approfondire né esasperare legami. Sul lavoro potrebbero esserci malintesi e dovrete calibrare le spese e gli investimenti. Tutto migliorerà dal 27 giugno. Poca voglia di sport ma desiderio di gite rilassanti nei nostri dintorni specialmente in oasi dove camminare e correre è naturale, facile e poco impegnativo. BILANCIA 23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE

Sole, Marte, Giove e Venere dal 28 giugno. Con Marte potrete contare su un rapporto gioioso e appagante con il partner. Ciò consolerà il negativo nel campo lavorativo dove vi saranno uscite impreviste di denaro e rapporti con i colleghi che saranno poco comprensivi e faticosi, con rivalità e ripicche. Tutto ciò creerà uno stato di stress che dovrete evitare perché condizionerà gli incontri con gli amici, le belle serate in compagnia, mentre Marte vi darà molta energia che consumerete con altrettanto movimento. Ritornerete a muovervi sulle montagne che circondano la città. SCORPIONE 23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE

Sul lavoro avrete idee ingegnose e creatività a iosa mentre sarete razionali nella gestione patrimoniale e vedrete realizzati numerosi progetti come un’impresa in proprio con la formazione di un nuovo team di persone affidabili e affezionate. L’arrivo di Giove (finanze) assicurerà più floridi guadagni e periodo positivo. Vi sentirete anche fisicamente più attivi e accetterete di buon grado passeggiate

e gite all’aperto che con il vostro buonumore riagganceranno conoscenze e interessi culturali. Programmate vacanze e weekend con amici approfittando della vostra buona disponibilità. SAGITTARIO 23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE

Sul lavoro ancora l’astro rosso rende il clima incandescente e concentra battaglie sia con i colleghi sia con organi burocratici. Dovrete resistere anche se sfiancati dalla lotta perché a fine mese arriverà Giove che metterà ordine e la situazione diventerà più tranquilla. La stanchezza, la pigrizia e gli acciacchi si faranno sentire ed eviterete così il movimento e lo sport ma in compenso studierete nuovi sistemi di vita, di nutrizione (macrobiotica) e di esercizi mentali (yoga). Potrebbe essere un inizio di rinascita. CAPRICORNO 22 DICEMBRE - 20 GENNAIO

Direi che potreste almeno evitare di rendervi odiosi a meno che questa sia una tattica per obbligare il partner a fare la prima mossa. Alta tensione anche sul lavoro perché siete ipercritici, polemici e Mercurio in opposizione peggiora la situazione confondendo le idee e annebbiandovi le decisioni. Vitalità in netto calo, non vi sentite attirati da sport o fitness e vi farete solenni riposi facendo zapping. Non esagerate in pigrizia ma aspettate tempi migliori. ACQUARIO 21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO

Il quadro astrale è eccellente ma Giove in trigono può farvi sentire esageratamente superbi danneggiandovi con parole e chiacchiere, da parte di persone poco benevole. Mercurio vi offre ottime intuizioni professionali che dovrete tenere per voi. Lavoro di squadra buono e fattivo. Ottimo stato di salute con un piccolo neo che Saturno in quadratura potrebbe procuravi. Accettate con sicurezza tutte le sfide sportive perché le vostre energie chiedono di essere bene spese. PESCI 20 FEBBRAIO - 20 MARZO

Non esagerate con la gelosia. Sul lavoro molti colpi di scena (Marte in quadratura potrebbe significare un dietrofront di soci o eventi inaspettati) Mercurio e Saturno potrebbero favorire un vostro miglioramento di ruolo. Non perdete la bussola e aspettate un mese da “montagne russe”. Venere vi invita alla pigrizia ma voi evitate gli eccessi organizzando incontri con amici festaioli e socievoli con cui rilassarvi e passare belle serate.




di Federico Roncoroni Non serve aspe arsi dagli esseri umani più di quanto siano in grado di dare Joe R. Lansdale

Il ritra o è un racconto che racconta un altro racconto. Tullio Pericoli

Uomo affamato, uomo arrabbiato. James Joyce

La fantasia è figlia dile a della libertà. Leo Longanesi

Mezza umanità è disgustosa, l’altra metà l’ammira Umberto Silva

Se si dice la verità si è sicuri, prima o poi, di essere scoperti Oscar Wilde La ca iveria dei buoni è pericolosissima Giulio Andreo i È crudele scoprire la propria mediocrità quando è troppo tardi. W. Somerset Maugham Amare è così breve, e dimenticare così lungo. Pablo Neruda

La cultura a dispensa Dispensa dalla cultura Marcello Marchesi

Pochi uomini desiderano la libertà; molti si accontentano di un padrone giusto. Sallustio

Quando si scherza bisogna essere seri. Alberto Sordi

Non serve aspe arsi dagli esseri umani più di quanto siano in grado di dare. Joe R. Lansdale

Gli aforismi del mese| Mag Giugno 2014 | 129


di Francesco Angelini

PD AL 44% A COMO MERITO DI RENZI E DEGLI ANTI RENZI Dietro alla percentuale superiore alla media nazionale potrebbero esserci anche il risultato del civatiano Sinigaglia e le polemiche del sindaco Lucini

Come già scri o, e con buona pace di chi pensa non sia così, il clamoroso 44% o enuto dal Pd a Como è merito dell’effe o Renzi e della paura di Grillo. Una reazione a catena che ha portato il partito che c’è poco e che quando c’è di solito litiga, a un’egemonia quasi totale in Italia. Solo tre Province, tra cui quella di Sondrio, non sono state espugnate o riespugnate dalla forza politica del presidente del Consiglio. Di locale, perciò, il voto europeo ha avuto davvero poco. O forse no. Almeno a Como. Perché in ci à la percentuale è stata superiore a quella provinciale, regionale e nazionale. Una cifra (non in termini numerici perché hanno votato molti di meno) mai toccata dal Pdl, che pure nel Comasco aveva il suo “Mugello”. Roba, caso mai, da Dc degli anni ’50. Qualche cascame nostrano su questo risultato, analizzandolo a mente fredda, ci potrebbe essere stato. In primo luogo l’abbandono di Grillo da parte di quei ceti produ ivi in libera uscita dal centrodestra che nel 2013 avevano de o: “proviamo anche questo” e sono rimasti delusi e/o spaventati dall’andazzo dell’ex comico e magari pure dall’effe o sui mercati dell’errato vaticinio di un escalation 5Stelle in Italia. In ci à e al Nord, dove la concentrazione di questo blocco sociale è più densa rispe o alla provincia comasca e al resto del Paese, sicuramente è sca ato questo effe o. Ci potrebbero però essere altri due catalizzatori dell’oceanico consenso (in termini percentuali) o enuto dal Pd a Como. Il primo si chiama Paolo Sinigaglia, candidato comasco in lista che ha portato a casa oltre 18 mila preferenze nella Circoscrizione Nord Ovest di cui 800 a Como. E qui Renzi c’entra poco poiché si tra a di un esponente della corrente civatiana. Infine sul voto potrebbe anche aver pesato un effe o Lucini: il sindaco, pur sostenuto con qualche mal di pancia, anche dal Pd, aveva infa i a accato il premier per la sua politica fiscale che, a de a del primo ci adino di Como, me e i Comuni nella necessità di aumentare le tasse locali. Insomma, l’effe o Sinigaglia e l’effe o Lucini potrebbero aver convinto magari alcuni ele ori del Pd non in sintonia con Renzi a recarsi ai seggi anziché al mare o in gita. Fantapolitica? Chissà.

130 | Mag Giugno 2014 | Last minute




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