Mag 63 settembre 2014

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N. 63 SETTEMBRE 2014

Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,30 + Mag € 0,20)

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Cento domande al teologo Cinquanta dissacranti di Giuseppe Guin

Intervista a don Bruno Maggioni

Vedendo certi preti, secondo lei Gesù Cristo non si rivolta nella tomba? Sa che se Dio non esistesse, lei avrebbe buttato via la vita a studiare per niente? La banca del Vaticano secondo lei andrebbe chiusa? Preti sposati mai? E donne prete? La Chiesa non ha nulla da dire sull’amore senza il sesso, perché non condivide il sesso senza l’amore? Dopo averla insegnata per cinquant’anni, lei, la Bibbia, pensa di averla capita?







di Diego Minonzio

DENTRO LA VITA CON UN GRANDE C’è un comasco che parla sul Mag. Un comasco speciale. Specialissimo. Era da tempo che pensavamo a come rendere omaggio a una figura di così grande spessore e alla fine abbiamo capito che la cosa più giusta da fare era dedicargli una lunghissima intervista che ci permettesse di raccontare ai suoi concittadini, sia a quelli che lo conoscono e lo apprezzano da tempo sia a quelli che magari ne hanno sentito solo parlare, la sua meravigliosa visione del mondo e i mille rivoli di vita dedicati alla testimonianza della verità. Dopo il vescovo Diego Coletti e il sindaco Mario Lucini, questa volta è toccata a don Bruno Maggioni sottoporsi al bisturi analitico del nostro Giuseppe Guin. Cento domande. Cento domande una dietro l’altra. Cinquanta più generali e divulgative. Cinquanta irriverenti, qualcuna addirittura al limite della provocazione intellettuale. Naturalmente, in questa occasione non vi anticipiamo nulla dei contenuti delle pagine di apertura del Mag di settembre, ma possiamo assicuravi che la lettura è non solo gradevole ma, a tratti, addirittura sorprendente. Non c’è aspetto della vita del grande teologo, biblista e docente lariano che non venga passato al setaccio, indagando su alcuni retroscena della sua vita di sacerdote, sul suo rapporto con vescovi e Papi, sulla sua lettura di alcuni passi centrali dei Vangeli, sulla missione e i drammi silenti della vita dei preti e delle suore, sulla figura e il ruolo della donna dentro la Chiesa, sulla ricchezza ammorbante che spesso sfiora e intac-

ca anche quel mondo, sull’abisso della pedofilia, sul rapporto con i mezzi di comunicazione, sulla politica, sui fumetti, sulle altre religioni, su temi scottantissimi quali la comunione ai divorziati, il senso del tempo che passa e che sembra sbriciolare tutto quello che esiste intorno a noi, la morte. E tante altre cose ancora che si annidano negli angoli e nei sottotesti di questa magnifica intervista dalla quale però traspare sempre, in sottofondo, un’impalpabile pellicola di gioia di vivere, di esserci, di proseguire un percorso durissimo ma anche felice e leggero. Che grande prete. Che grande comasco. Una lettura rara da trovare sui giornali in questi tempi malandati e pieni di superficialità e cinismo. Ma il mensile della Provincia offre anche altri spunti ai suoi lettori. Non mancheranno, come potrete vedere, storie e profili di personaggi a loro modo unici, come ad esempio quello della giovane giornalista e donna-arbitro di Lipomo, che si sta affermando con determinazione e competenza in uno dei mestieri più maschili della nostra società. O quello dello chef che rivisita con grande fantasia la più classica ricetta dei missoltini, del collezionista di francobolli preziosi, dell’artigiano che costruisce “macchine fotografiche” proprio come si faceva nell’anno Mille e tanti altri ancora che vanno ad arricchire un numero particolarmente innovativo. Riparte la stagione, come si fa ad affrontarla senza aver letto il nuovo Mag?

Editoriale | Mag Settembre 2014 | 7



N. 63 SETTEMBRE 2014

Supplemento al numero odierno de La Provincia - Non acquistabile separatamente - € 1,50 (La Provincia € 1,30 + Mag € 0,20)

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Cento domande al teologo Cinquanta dissacranti

MAG Settembre 2014

di Giuseppe Guin

Intervista a don Bruno Maggioni

Vedendo certi preti, secondo lei Gesù Cristo non si rivolta nella tomba? Sa che se Dio non esistesse, lei avrebbe buttato via la vita a studiare per niente? La banca del Vaticano secondo lei andrebbe chiusa? Preti sposati mai? E donne prete? La Chiesa non ha nulla da dire sull’amore senza il sesso, perché non condivide il sesso senza l’amore? Dopo averla insegnata per cinquant’anni, lei, la Bibbia, pensa di averla capita?

7 L’EDITORIALE di Diego Minonzio 13 DIECI BELLE NOTIZIE di Maria Castelli LE OPINIONI 21 «Occhi sul mondo» di Umberto Montin 23 «Uomini & Imprese » di Graziano Brenna 23 «La borsa & la vita» di Alberto P. Schieppati 19 «Pubbliche virtù» di Daniele Lietti

Foto di copertina

Don Bruno Maggioni

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42 IL BELLO DELL’ARBITRO Vita ambizioni di Elena Tambini di Edoardo Ceriani

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52 MUSEO DELLA SETA A RISCHIO EXPO Realtà comasca a rischio chiusura di Serena Brivio 61 UN MOSAICO DI FRANCOBOLLI La curiosa arte di Donatella Stolz di Stefania Briccola

56 IL MISSOLTINO VIENE DAL MARE Storia e leggenda diventano un piatto di Mario Chiodetti

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68 UN RAGGIO DI LUCE IN CAMERA OSCURA Macchine fotografiche come nell’anno Mille di Arianna Augustoni 66

100 DOMANDE AL TEOLOGO, 50 DISSACRANTI di Giuseppe Guin

Digitando su Wikipedia il nome “Bruno Maggioni”, compare un paginone fitto che inizia dicendo: «Bruno Maggioni (Rovellasca, 4 febbraio 1932) è un presbitero, biblista e docente italiano. Cattolico, è uno dei maggiori biblisti italiani viventi».

Don Bruno, è tutto giusto quello che hanno scritto di lei?

L’importante è che abbiano scritto “vivente”. Il resto non interessa.

Ma lei perché si è fatto prete? Ah non ricordo, ma mi sembra che sia stata un’ottima scelta. Una volta un mio caro amico mi ha detto: «Se nasco un’altra volta faccio il prete». Gli ho risposto: «Bisogna essere furbi la prima volta!».

Titolo articolo | Mag Settembre 2014 | 9


73 73 I COLORI DEL RE A Castelmarte la fabbrica delle storiche vernici di Paolo Moretti 79 IL MOVIMENTO CAMBIA LA VITA La passione per lo yoga per trovare la libertà di Ricky Monti

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Le parole che non tornano di Emilio Magni

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Tutto in un tratto di Paola Mascolo

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Eventi 111

Idee (S)fashion di Serena Brivio

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Navigazioni Lariane di Luca Meneghel

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Scaffale

di Carla Colmegna

Diego Minonzio

RESPONSABILE di REDAZIONE

Giuseppe Guin tel. 031.582342 - 335.7550315 fax 031.582421 g.guin@laprovincia.it redmag@laprovincia.it

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OPINIONI Graziano Brenna, Umberto Montin, Alberto P. Schieppati, Daniele Lietti SERVIZI

86 LA CURA DELLE DONNE Lo staff in rosa di oncologia di Laura D’Incalci 93

DIRETTORE RESPONSABILE

Edoardo Ceriani, Mario Chiodetti, Stefania Briccola. Ricky Monti, Arianna Augustoni, Paolo Moretti, Laura D’Incalci RUBRICHE

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Animali

di Marinella Meroni

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Maria Castelli,Carla Colmegna, Marinella Meroni, Eugenio Gandolfi, Emilio Magni, Bernardino Marinoni. Franco Brenna, Pietro Cantone Francesco Angelini, Tiziano Testori, Luca Meneghel, Alessandra Uboldi Paola Mascolo, Federico Roncoroni

Il bello della Salute

TENDENZE E MODA Serena Brivio

di Eugenio Gandolfi di Franco Brenna di Tiziano Testori di Pietro Cantone

FOTOSERVIZI Carlo Pozzoni, Andrea Butti, Ricky Monti

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REALIZZAZIONE GRAFICA

L’Oroscopo

di Alessandra Uboldi

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DIREZIONE CREATIVA Monica Seminati

L’aforisma del mese

IMPAGINAZIONE Barbara Grena

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PUBBLICITà Sesaab servizi - Divisione Spm Tel. 031.582211

di Federico Roncoroni

Last minute

di Francesco Angelini

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STAMPA Litostampa - Bergamo

di Bernardino Marinoni

Numero chiuso in tipografia il 12 settembre

Grande schermo

10 | Mag Settembre 2014 | Sommario




di Maria Castelli

Grandine, torta e caffe’

Belle notizie Storica grandinata di Ferragosto sulle Colline Comasche già provate da un’estate di intemperie ed Uggiate Trevano s’è svegliato in un paesaggio bianco e desolato. I volontari della Protezione Civile dell’Unione dei Comuni Terre di frontiera si sono messi subito all’opera per sgombrare ghiaccio, ramaglie, vegetali, terriccio e detriti che ingombravano le carreggiate e mentre davano di pala e rastrello sul ponte della Faloppia, sono apparse tazze di caffè e fette di torta. Le ha offerte una signora, rimasta anonima, ma diventata uno dei tanti simboli della solidarietà che non naufraga mai. «Abbiamo apprezzato il gesto della signora - ha commentato Matteo Gobbi, agente di polizia locale e coordinatore della Protezione Civile - e l’abbiamo interpretato come apprezzamento nei nostri confronti: per tutta l’estate, siamo sempre stati presenti per riparare i danni del maltempo».

Giornali e coraggio da vendere

Miss per 400 bambini

Ernesto Blini, 70 anni, ogni mattina si siede su una panchina della stazione ferroviaria di Grandate e vende i giornali. Né il caldo, né il freddo lo spaventano: da oltre un anno, svolge così il suo inappuntabile servizio ai viaggiatori, in attesa della conclusione dei lavori del chiosco in cui potrà rientrare. «Lavoro qui da oltre trent’anni - dice - conosco tutti gli operai, gli impiegati, le massaie che al mattino mi comprano volentieri il giornale: il quotidiano si vende sempre, è un lavoro di pazienza. Certo, su una panchina e senza un caffè è un’altra cosa». Mai un rimbrotto, mai una lamentela, solo coraggio: è lo stile di Blini, che aspetta sereno la riapertura del chiosco, comprensivo anche con i titolari dei lavori in stazione. «Certo - indulge - Di questi tempi, anche loro avranno problemi».

Emanuela Carollo, 52 anni, residente a Torno, educatrice ergoterapista, professione che insegna a star bene, è entrata nella finalissima di «Miss Mamma Italiana Gold», concorso di bellezza e simpatia andato in scena a San Mauro Mare, sulla Riviera Romagnola. Splendida madre di tre figli, Emanuela Carollo si occupa dell’Associazione “Un asso di mamme” di Como, uno spazio d’accoglienza per i bambini e di sollievo per le famiglie che non sanno a chi affidare i piccoli, soprattutto a scuole chiuse. «Non sogno di risalire sul palco da miss. È stato un gioco ed io trovo altrove gratificazioni - ha dichiarato - Non mi aspetto nulla, se non il rientro nella mia associazione che animo con passione, vicina ai miei 400 bambini». Si sente un po’ la loro mamma.

Amici per il cuore Due pensionati, Silvano Vittani ed Andrea Rocci, non sono mai stanchi di far del bene per il loro quartiere, Albate e soprattutto per le case popolari di via Canturina. La riabilitazione delle panchine, rimesse a nuovo, è l’ultima opera volontaria dei due amici che fanno tutto con il cuore, come hanno dichiarato. E lo fanno senza sosta dall’anno 2.000: a poco a poco, hanno trasformato in un’oasi il giardino delle case del Comune. Hanno piantumato e curano alberi da frutta, rose, ortensie ed altri fiori d’ogni tipo e una vite ombreggia un bersò. L’eccellenza di Rocci è un albero di prugne e quella di Vittani è un orto che ha dato pomodori giganti. In vista, altri progetti: piccoli interventi per una migliore qualità di vita.

Dieci belle notizie | Mag Settembre 2014 | 13



Belle notizie

La bella classe

Il bel tempo dei turisti

Hanno lasciato un buon ricordo a chi prenderà il loro posto e un bell’esempio: sono gli studenti delle classi quinte della sede staccata dell’Istituto Pessina ad Appiano Gentile. Al termine del corso di studi, hanno ritinteggiato le aule per consegnarle pulite e sistemate alla futura classe che le utilizzerà e le hanno impreziosite con motivi floreali e con scritte significative sul valore della conoscenza, dello studio e dello stare insieme. I “primini” hanno trovato un ambiente gradevole e stimolante e soprattutto una testimonianza di valori da imitare. «I ragazzi hanno lavorato in armonia, mediando tra idee diverse, dimostrando autonomia organizzativa, capacità esecutiva ed estetica», ha sottolineato Paola Senucci, una delle insegnanti che ha coordinato il progetto “Coloriamo la scuola”. Professionalità e creatività nell’opera, «ma soprattutto impegno non solo per se stessi, bensì per una comunità più ampia», ha concluso l’insegnante.

Temperature e cielo autunnali, ma il barometro turistico ha segnato bel tempo. Mentre sempre più residenti mettono in evidenza problemi e pecche della città e danno consigli per migliorarla, le statistiche della Camera di Commercio su dati dell’amministrazione provinciale, pubblicate a fine agosto e relative alla primavera 2014, sottolineano che «a Como non si erano mai visti tanti turisti». Gli arrivi, 66mila, sono cresciuti del 3,8% rispetto al 2013 e le presenze sono aumentate del 6,1%, hanno sfiorato le140mila unità. L’andamento estivo sembra confermare la tendenza di primavera e la prevalenza degli stranieri sugli italiani che però hanno prolungato di 24 ore il soggiorno. Gli alberghi tengono, ma si affermano nuove soluzioni ricettive che ampliano l’offerta e la diversificano: bed & breakfast; campeggi e case in affitto, agriturismi, ostelli e rifugi, aumentati del 9,8% in un anno.

La scienza è maestra Tre insegnanti della piccola scuola primaria di Civello di Villa Guardia hanno meritato il “Premio alla didattica della Fisica” assegnato dalla Società italiana di Fisica nell’ambito del congresso nazionale giunto all’edizione numero cento. Un riconoscimento prestigioso, al quale aspirano illustri accademici, ricercatori famosi e scienziati di primo piano, stavolta ha invece valorizzato il lavoro di tre maestre, Paola Schrepfer, Elena Seregni ed Antonella Sorgiovanni che hanno coinvolto gli alunni di terza elementare in un laboratorio di fisica, promosso da Insulab, realtà formata da docenti e ricercatori dell’Università dell’Insubria. «I bambini diventano protagonisti della scienza - spiega Michela Prest, docente di fisica del dipartimento di scienze e alta tecnologia dell’Insubria - Abbiamo lavorato con l’acqua, con l’elettricità e con il suono: le maestre hanno applicato un metodo diverso e l’esperienza è stata riprodotta in un filmato consegnato alle famiglie insieme alle pagelle». Con esperimenti ed attività concrete, non con lezioni noiose e formule astratte sciorinate dalla cattedra, i bambini si sono appassionati alla fisica e l’hanno imparata. L’esperienza didattica è tanto piaciuta alla Società Italiana di Fisica da aver sgombrato ogni dubbio sul vincitore del premio. Dieci belle notizie | Mag Settembre 2014 | 15



Belle notizie

Buono il pane e buono il prezzo Un chilo costa 2,80 euro, contro i 3,70 - 4,20 euro degli altri: è il pane anticrisi, sfornato dal panificio - pasticceria Volontè di Tavernerio. Un prodotto messo a punto per venire incontro alla clientela che ha necessità di risparmiare su tutto, ma anche per competere con supermercati e discount. Nessuno sconto sulla qualità, gusto morbido e classico. Il segreto del buon prezzo è la riduzione del tempo di lavorazione, come spiega Eleonora Volontè, titolare del punto vendita: «Le materie prime sono le stesse, ma un semplice impasto di acqua e farina richiede meno tempo di lavorazione. È un pane semplice, apprezzato dai consumatori e non solo per il prezzo: viene venduto fresco, appena sfornato». Il pane morbido, in tempi duri, ha conquistato anche i consumatori propensi a spendere qualcosa di più di 20 centesimi a panino, valore a pezzo del pane anticrisi.

Offre un albero

Omaggio alla valle A volte, basta una parola per ferire. Come basta una parola per incoraggiare e valorizzare persone, comunità o luoghi. E una bella parola è stata pronunciata dal cantautore fiorentino Paolo Vallesi, per la prima volta in Val d’Intelvi, presidente della giuria tecnica del Cantalanzo, manifestazione dal notevole successo. «Dovrei passare più tempo in Val d’Intelvi, perché qui l’aria è buona e salubre», ha detto Vallesi che è diventato così un testimonial d’eccezione di posti incantevoli. La storica fama dell’aria balsamica li aveva resi ancora più attraenti: una caratteristica che è stata così riportata alla luce. «L’aria di montagna crea personaggi», ha aggiunto il cantautore che ha dedicato “La forza della vita”, il suo cavallo di battaglia, a tutti i concorrenti in gara, perché «forse solo chi avrà più tenacia, vince».

Un cittadino ha lanciato un’idea per proteggere chi si reca a piedi all’ospedale Sant’Anna di San Fermo della Battaglia e per abbellire l’ambiente. «Ogni giorno, percorro il tratto di strada dall’ospedale Sant’Anna al rondò del Bennet e ogni giorno noto quanti pedoni, tanti e di ogni età, per necessità fanno il medesimo percorso sull’ampio marciapiede», esordisce Ermes Tettamanti in una lettera al giornale “La Provincia”. Propone di piantare alberi su questo tratto, alberi ombreggianti. «Il tratto è completamente al sole e non offre alcun riparo - spiega - Propongo di lanciare una sottoscrizione fra tutti i cittadini che ne hanno la possibilità per acquistare e mettere a dimora alberi». Tettamanti offre il primo albero e diventa così uno dei tanti cittadini che si fanno avanti per risolvere un problema di tutti e per il bene comune. Ogni cittadino che si fa avanti per questo è una bella notizia.

Dieci belle notizie | Mag Settembre 2014 | 17



di Umberto Montin

Danze cinesi È cosa nota l’amore dei cinesi per l’esercizio fisico che si abbina al benessere spirituale. E altrettanto risaputo come non sia difficile, al mattino presto, imbattersi in schiere di persone che, nei parchi delle città, danno vita a figure e a movimenti tanto lenti quanto precisi e rilassanti. Si tratta del Ba Duan Jin (o Pa Tuan Chin), una serie di otto esercizi che abbinano all’allenamento muscolare e respiratorio un massaggio degli organi interni e che si ritiene facilitino lo scorrere dell’energia vitale nei “canali” chiamati “Jing Luo”. La pratica risale al 1100 e venne introdotta dal generale Yueh Fei per assicurare ai soldati un solido sistema di riscaldamento e rilassamento dei muscoli prima dell’allenamento marziale. Ma la passione va oltre questi appuntamenti del mattino. Anzi il movimento fisico si sposa anche con il gusto della musica, in una fusione mentale e muscolare che arriva fino alla sera. Ma qui cominciano i problemi: non tutti condividono l’usanza del guangchangwu, quella che spinge donne giovanissime e anziane a ritrovarsi dopo il tramonto nei parchi per fare ginnastica, in primo luogo, anche se poi l’esercizio si evolve nella danza. A suon di musica. Qui si capisce perché il guangchangwu non riscuote sempre simpatie. Infatti le donne ballano dopo aver piazzato attorno a loro radio e relativi altoparlanti. L’ora e il volume non convivono e succede sovente che chi abita nelle vicinanze ricorra alla polizia per far smettere il ballo femmineo, rigorosamente singolo e non di coppia. La pratica però talvolta va al di là del semplice

desiderio di libertà e divertimento: e così in alcuni casi sono scattati i divieti con il timore che gli appuntamenti serali potessero avere uno sbocco politico. In alcune città, invece, le autorità sono arrivate a disciplinare il ballo di massa soprattutto regolamentando il volume della musica, affinché non possa recare disturbo. Ma c’è anche chi riconosce, come il Ba Duan Jin, che la tradizione ha diritto di cittadinanza. Come ha fatto la municipalità di Guiyang, nella provincia meridionale del Guizhou, la quale invece di fermare le donne serali, ha regalato a queste ultime radio e cuffiette per poter ballare tranquillamente è preservando la pace del vicinato. La soluzione trovata è diventata uno degli argomenti principali della Rete naturalmente schierata con il diritto delle donne di danzare. E ad essere più sollevati non sono solo i cittadini che abitano nei pressi dei parchi, bensì anche molti animali. Come quelli dello zoo di Nanchino. Le ragazze e signore appassionate di guangchangwu, infatti, si ritrovano nei pressi dello zoo cittadino, spaventando però, con la musica degli altoparlanti, gli animali. Al punto che il panda Zhaoyang quando la musica cominciava a diffondersi, correva a nascondersi nella sua tana. Le note, hanno constatato i veterinari, provocavano al panda aritmia, respiro accelerato e, quindi, lo privavano del sonno. Dopo un duro scontro con le autorità municipali che chiedevano alle danzatrici di andare più lontano, si è arrivati a un accordo abbassando la musica. Ora però da Guiyang è arrivata la soluzione ideale. Per i cittadini e per i panda.

Gli appuntamenti al tramonto, musica ballo delle donne, e la doppia rivolta di gente e animali

Occhi sul mondo | Mag Settembre 2014 | 19



di Graziano Brenna Imprenditore

Imprenditori illuminati, e certe squallide figure… Ancora qualche mese e saranno 50 anni che lavoro nel tessile… Anni stupendi scanditi da grandi soddisfazioni e da qualche profonda delusione, ma quello che conta è vedere alla fine da quale parte pende la bilancia della vita. Quando dissi a mio padre che volevo iscrivermi alla scuola di Setificio ne rimase stupito! Lui, ragioniere con importanti responsabilità nell’amministrazione pubblica, vedeva il figlio intraprendere lo stesso percorso di suo padre, mio nonno Roberto che, lavorando giorno e notte, aveva messo su una tintoria artigianale in via Natta nel centro di Como. Forse è lì, nel cortile del nonno che, ancora bambino, ho cominciato ad amare il meraviglioso odore di fibre, sapone, colore… Oramai nel tessile comasco ho visto di tutto, ho visto aziende nascere, crescere, imporsi sui mercati internazionali. Ho visto aziende crollare, folgorate da crisi che hanno colpito l’economia italiana ma anche distrutte dall’insipienza umana. Ho conosciuto un grande numero di imprenditori illuminati che hanno donato al territorio ricchezza, prosperità, etica. Sarebbero tantissimi da citare ma nei miei pensieri i nomi del rag. Bruno Gentili e quello del dott. Adriano Segalini sono sempre presenti e restano il faro del mio cammino. Ho purtroppo conosciuto anche imprenditori che imprenditori non sono mai stati e squallide figure che, gravitando attorno al sistema imprenditoriale, hanno determinato enormi danni, anteponendo al bene dell’azienda i loro futili interessi personali. Anche qui ci sarebbero nomi da citare ma sono con-

vinto che non sarebbe di nessuna utilità: in fondo chi leggerà queste povere righe saprà riconoscere su quale sponda del fiume collocarsi. Oggi il mondo è profondamente cambiato. Non sono più i tempi di un uomo solo al comando, oggi le energie e le competenze richieste sono tali e tante che solo facendo squadra si possono affrontare le complessità di un mercato sempre più frenetico ed esigente. La crisi degli ultimi anni ha aumentato in me la convinzione che si può affrontare un mare in tempesta: certo, sulla barca, è necessario munirsi di remi robusti ed avere a fianco compagni che sanno remare con energia e soprattutto nella stessa direzione. La passione per il proprio lavoro, la ricchezza della propria azienda, la voglia di spendere energia sono gli ingredienti fondamentali da condividere con chi assieme a te quotidianamente lotta per raggiungere un approdo sicuro. Senza dimenticare il ruolo fondamentale di tutti i nostri collaboratori che insieme a noi stanno mettendoci l’anima anche a costo di pesanti sacrifici e rinunce. È per me una certezza che questo difficile periodo porterà nel tempo ad avere una deriva positiva: vedo avanzare una moltitudine di giovani determinati, preparati, con dentro la voglia di cambiare in meglio la società. Importante sarà prendere coscienza che questi giovani non saranno domani il nostro futuro, bensì sono oggi il nostro presente. Sono assolutamente convinto che avremo presto una nuova classe dirigente che saprà esaltare quei valori che la nostra generazione ha talvolta smarrito e non solo sulla nostra bellissima città tornerà a splendere il sole.

Non è più tempo di un uomo solo al comando. Gli insegnamenti, i pessimi esempi e i giovani di oggi

Uomini e imprese | Mag Settembre 2014 | 21


di Alberto Paolo Schieppati Direttore editoriale “Artù” giornalista e scrittore

TUTTI I DIFETTI DEI COMASCHI più località del nostro territorio. Per pura Ospitalità comasca? Tutto da rifare, o quacasualità, o intervento divino, non si sono si. Incapaci di fare sistema, individualisti, verificati - nello scorso mese di agosto - grarefrattari all’innovazione, scarsamente apvi incidenti stradali a Erba, Tremezzo (sulla passionati. Ma anche, va detto, piegati da Statale Regina), Porlezza, Cantù. Il rispetto crisi e oppressione fiscale senza precedenti. delle regole, dalle nostre parti, sembra esIl ritratto dei protagonisti dell’offerta turisere un puro optional. Una domanda sorge stica. lariana non può che essere impietoso, spontanea: dov’è la polizia quando si tratalla luce di comportamenti, tic, contraddita di individuare e punire i responsabili di zioni, colpevoli ritardi. Manca un approcquesto tipo di piraterie? Forse si preferisce cio sistemico ai problemi, non esiste una “fare cassa” multando auto che non esponseria valutazione delle priorità. Non solo gono disco orario o ignorano l’esistenza del in materia di turismo, ma anche nella vita parchimetro? È letteralmente incredibile la di tutti i giorni, scontiamo una arretratezza mancanza di controllo del teroggettiva che nessuno vuole o può colmare. È soprattutto un Quell’incapacità ritorio, di prevenzione dell’illegalità, di assenza di stratefatto di mentalità, che riguardi pensare in grande gie di “intelligence” a difesa da un po’ tutte le componenti il bello del lago del cittadino e del turista. della società lariana: sarebbe sbagliato, infatti, imputare che non basta più Al tempo stesso, colpisce la mancanza di responsabilità esclusivamente agli operatori e le regole individuale, lo scarso senso dell’ospitalità le responsabilitá di questa inadeguatezza. I che nessuno rispetta di appartenenza, l’alto tasso di litigiosità, la mancanza di limiti sembrano, infatti, essere senso civico. Così come stupisce la mala connaturati alla oggettiva “diversità lariafede con cui si affrontano problemi che na”. O meglio alla incapacità di pensare “in altrove non si porrebbero nemmeno. Un grande“, di avere prospettive ampie e creesempio recente: a Magreglio una animadibili, di conoscere a fondo quali possano lista convinta tiene presso la propria abitaessere le potenzialità di un territorio unico, zione, nel centro del paese, diversi animali nonostante devastazioni, ingenuitá e furbi(tra cui un mini-pony). Alcuni vicini prozie della politica locale che ci hanno lasciatestano da anni per il puzzo creato dalle to al palo. Non basta, infatti, accontentarsi deiezioni degli animali: l’annosa questiodello splendore del nostro lago, o vantare ne dovrebbe essere risolta col buon senso, grand hotel da fiaba che simboleggiano il giungendo a una soluzione accettabile per lusso e l’eccellenza, se poi basta girarsi per tutti. Invece, se ne fa una questione di stato: vedere auto ignorare sfrontatamente le strigrande rilevanza mediatica al fatto e comsce pedonali, proprio davanti a timidi e immenti al vetriolo sui social network, anche pauriti turisti in attesa di attraversare strain virtù di un’ ordinanza del sindaco che de fuori controllo. Recentemente sono stato chiede lo spostamento del pony, in seguito testimone diretto di situazioni assurde, in 22 | Mag Settembre 2014 | La borsa o la vita


Possibile, cari comaschi, che sia così difficile a una visita dell’Asl. Il territorio comasco, diventare moderni? Che senso ha perdersi se vuole attirare turismo di qualità e comin inutili polemiche su assurde contrappopetere con chi è più organizzato, deve ensizioni, come quella fra allevatori montani fatizzare i propri valori, imparare a “fare che difendono il pascolo e amministratori sistema”, liberandosi una volta per tutte da diventati improvvisamente sostenitori dei una diffusa e selvatica ignoranza ma anche bikers? Basterebbe dire chiaramente che da furbizie ed arroganza. Spesso basterebi pascoli di montagna possono e devono be guardarsi intorno, a ovest verso il Cantranquillamente convivere con il cicloalton Ticino, ad est verso la bergamasca o il pinismo! L’esempio dell’Alto Adige, dove bresciano, dove la sanno lunga e lavorano gli alpeggi sono solcati da sentieri perfetduro sul fronte della esaltazione dei propri tamente indicati, dovrebbe essere illumivalori e sul rafforzamento del legame fra nante! Per carità, nessuno vuole ignorare politica, comunità, territorio. legittimi diritti o cancellare riti ancestrali, Da noi, presi come siamo da questioni di venati da mentalità vetero-romantiche , a lana caprina, nonostante i flussi turistici cui forse siamo tutti affezionati, ma non sainternazionali verso la nostra zona conrebbe ora di cogliere i segnali del cambiatinuino a crescere, l’offerta di ristoranti, mento? Santo cielo, inventabar e alberghi resta mediocre. Ovviamente ci sono delle ecIl protomarketing tevi qualcosa, prima che sia troppo tardi... O vogliamo cezioni positive rimarchevoli, e il modernismo restare fermi al marketing ma ne scrivo già abbastanza che ha sostituito primordiale, ben esemplifialtrove, perché è giusto e sacrosanto che i tanti bravi siano le usanze popolari cato da certi cartelli esposti all’ingresso di molti ristoconosciuti, divulgati e valorizcon il karaoke ranti, anche di zone turistizati. Adoro il territorio lariano e il ballo liscio che, che recitano con scrite vorrei che si esprimesse ai tura improvvisata “pranzo suoi massimi livelli. Fa tristezoperai a 10 €”? Suvvia, siamo seri. za vedere cartelli divelti dal vandalismo, E le tradizioni locali, tanto amate dalstrade piene di buche, inquinamento acula clientela turistica? Spesso dimenticate, stico da motorino “con marmitta bucata”, sacrificate al senso di colpa, immolate a improvvisazione e menefreghismo. pseudo modernismo omologante che ha Il non saper cogliere grandi opportunità sostituito le vecchie usanze popolari con il è un segno di colpevole limite. Abbiamo karaoke o il ballo liscio. le montagne più belle, e la nostra ristoraÈ pur vero, cari comaschi, come scrisse Paul zione non sa andare oltre la polenta uncia Bourget, che “bisogna vivere come si pensa, e salumi industriali e dozzinali, abbiamo altrimenti si pensa a come si è vissuto”. Ma il lago più bello, e non andiamo oltre il ripotrebbe anche essere che si pensa male... E sotto al pesce persico fasullo (tranne rare, forse, una volta tanto, una riflessione prolodevoli e oneste eccezioni), avremmo colfonda sui propri errori sarebbe d’obbligo. line da urlo ma abbiamo pensato bene di Per dare l’addio alla volgarità dilagante. Ma trasformarle in agglomerati urbani, fitti di anche per vivere meglio l’oggi e, soprattutlaboratori e fabbrichette, per altro segnate to, l’incerto domani. da una crisi economica senza precedenti. La borsa o la vita | Mag Settembre 2014 | 23


di Daniele Lietti

Presidente Abio Como Onlus

DALLA PARTE DEI BAMBINI ABIO (Associazione Bambini in Ospedale) su Negli ultimi quarant’anni la pediatria ha reainiziativa del prof. Zaffaroni, chirurgo pedializzato enormi progressi. Di solito si tende a tra del Policlinico, e di un gruppo di genitori. esaltare soprattutto i miglioramenti scientifici Lo scopo era di minimizzare il trauma da rie tecnici con l’ampliamento delle possibilità covero con la realizzazione di spazi di gioco diagnostiche e terapeutiche, spesso dimentie di ricreazione gestiti da volontari. cando un altro ambito nel quale l’assistenza Da quel primo gruppo pionieristico è scatuai bambini ha fatto passi da gigante: l’umarito un vero e proprio movimento nazionanizzazione degli ospedali. le. Oggi Abio è presente in 68 città italiane e All’inizio della mia carriera pediatrica, nel in più di 200 reparti ospedalieri. I volontari 1980, i bambini spesso erano ricoverati in sono più di 5000 e svolgono il loro servizio reparti per adulti, in grandi e tristi cameraper 650.000 ore all’anno. te, a lungo separati dai genitori, dai fratelli Le Associazioni fanno riferimento alla Fone dal loro ambiente. Erano sottoposti, spesso dazione Abio di Milano, che svolge il ruolo senza spiegazione e consolazione, a manodi guida, coordinando percorsi vre invasive, dolorose e incomLa realtà di Abio: comuni e condivisi. prensibili, ad opera di persone Fondazione Abio nel 2006 ha estranee, percepite come ostili 5000 volontari lanciato la campagna per l’ae aggressive. Scarsa era l’attenpresenti in 68 dozione della Carta dei Diritti zione al dolore. città italiane del Bambino e dell’AdolescenLa reazione dei piccoli degenti in 200 reparti te in Ospedale e dal 2012 porta era caratterizzata all’inizio dalospedalieri avanti il progetto di certificala paura con tentativi di ribelzione degli ospedali “All’altezlione. za dei Bambini”. Col protrarsi del ricovero, seguivano la diE Abio Como? La nostra associazione ha una sperazione, la chiusura in se stessi e l’apatia. lunga storia: l’anno scorso abbiamo festeggiaGli studi clinici hanno evidenziato le possibili to il 25° della fondazione. Siamo ben radicati gravi e permanenti ferite psicologiche causate e riconosciuti nel territorio, infatti ci occuda questa sofferenza profonda, molte volte piamo di tutte le Pediatrie ospedaliere della inespressa. Provincia: a Erba, a Cantù, al Sant’Anna e al Di fronte a questa situazione i pediatri e gli Valduce. operatori sanitari più sensibili, assieme a Abio ha realizzato e rinnova periodicamente gruppi di cittadini volenterosi, sul finire del’arredamento degli spazi dedicati ai bambini: gli anni ‘70 crearono le basi di un nuovo apsale-gioco, sale di lettura e di studio, postaproccio culturale e pratico nei confronti dei zioni informatiche. L’arredamento è a misura bambini ricoverati. di bambino, gli ambienti sono allegri e coloIn quest’ambito nel 1978 nacque a Milano

24 | Mag Settembre 2014 | Pubbliche virtù


Fondazione Abio in collaborazione con la rati. Abio fornisce anche poltrone-letto, che Società Italiana di Pediatria. Per ottenere consentono al genitore di stare sempre vicino l’attestato, gli ospedali devono dimostrare, al bambino oppure alle mamme di allattare secondo precisi parametri, di avere particoanche i neonati ricoverati in terapia intensiva. lare attenzione ai bambini con percorsi ad Data la grande varietà etnica e culturale delle essi dedicati, non solo nei reparti pediatrifamiglie che accedono ai nostri reparti, Abio ci, ma nell’intero complesso. A oggi sono in Como sta realizzando un libretto multilingue possesso della certificazione solo 9 ospedali di accoglienza in ospedale. italiani, compresi i due di Como. Ma al di Tutto ciò è importante, ma il vero valore aglà di questi importanti riconoscimenti uffigiunto di Abio è l’attività svolta ogni giorno ciali, quello che più ci gratifica sono i sorrisi con i bambini ricoverati e le loro famiglie. I dei bambini che ringraziano, come uno ha volontari accolgono i bambini all’ingresso, ne scritto, “quelle fatine vestite d’azzurro che facilitano l’inserimento in reparto, li coinvolmi hanno fatto giocare e ridere anche in gono nei giochi e nelle attività ricreative, li acospedale”. compagnano nelle procedure diagnostiche e Qualche volta i bambini alla dimissione terapeutiche. Offrono alle famiglie un ascolto sono dispiaciuti di lasciare la sala giochi e partecipe e non invasivo, danno le necessarie i nuovi amici. Non si tratta informazioni sulle strutture e sulle regole dell’ospedale. Si pren- Quando un bambino solo di un po’ di consolaziodono cura del bambino, nel caso scrive e ringrazia ne in un momento difficile: i dati scientifici dimostrano in cui il genitore debba assentarsi “quelle fatine che la serenità, la limitazione per brevi periodi. vestite d’azzurro del dolore e della durata del È un ruolo impegnativo e molto che mi hanno fatto ricovero, assieme a qualche delicato e non bastano le buone giocare e sorridere” bella risata, facilitano la guaintenzioni. rigione e accorciano i tempi Il reclutamento dei volontari di ripresa. Per tutte queste ragioni Abio meprevede una severa selezione, con test psirita un po’ della nostra attenzione. coattitudinale, corso di formazione, periodo Sabato 27 settembre si svolgerà la Decima di prova in affiancamento con un volontario Giornata Nazionale Abio, che, come sempre, esperto. Per tutti i volontari in servizio sono si presenta con il motto perAMORE – perAprevisti regolari aggiornamenti nell’ambito BIO. In 200 postazioni in tutta Italia i volondi una formazione continua. In altri termini, tari offriranno dei cestini di pere e daranno essere volontari Abio non significa essere diinformazioni sulla nostra attività. Abio Como lettanti allo sbaraglio. sarà presente all’Ospedale di Erba, al Nuovo Un particolare motivo d’orgoglio per Abio Ospedale Sant’Anna a San Fermo, in Piazza Como e per la città consiste nel fatto che Duomo a Como e in Via Matteotti a Cantù. entrambi gli Ospedali di Como, Sant’Anna Speriamo che, come gli anni scorsi, anche e Valduce, sono certificati all’Altezza dei questa volta la partecipazione sia Importante. Bambini. Tale certificazione è promossa da

Pubbliche virtù | Mag Settembre 2014 | 25


100 domande al teologo 50 dissacranti di Giuseppe Guin

Digitando “Bruno Maggioni” nell’enciclopedia Wikipedia, compare un paginone fitto che inizia dicendo: «Bruno Maggioni (Rovellasca, 4 febbraio 1932) è un presbitero, biblista e docente italiano. Cattolico, è uno dei maggiori biblisti italiani viventi».

26 | Mag Settembre 2014 | Cento domande al teologo


di Giuseppe Guin

L’estate è qui | Mag Luglio 2014 | 27


100 domande al teologo dissacranti 50 Don Bruno, è tutto giusto quello che hanno scritto di lei su Wikipedia? Ah non so. L’importante è che abbiano scritto “vivente”… Tutto il resto non mi interessa. Ma uno come lei perché ha deciso di farsi proprio prete? Non ricordo, ma mi sembra che sia stata un’ottima scelta. Una volta un amico mi ha detto: «Se nasco un’altra volta faccio il prete». Gli ho risposto: «Bisogna essere furbi la prima volta!». Ma vedendo certi preti, secondo lei Gesù Cristo non si rivolta nella tomba? No ueh! Nella tomba no! È vivente anche lui. È vero, scusi! Comunque, dato per assodato che Gesù Cristo è risorto… probabilmente vedendo certi preti si è “rivoltato” più volte per davvero. Ma del resto siamo tutti peccatori, anche i preti. Il peccato più grave davanti a Dio? Spadroneggiare sugli uomini e usare gli altri per i propri interessi. Ci sono peccati imperdonabili? Credo proprio di no. Bisogna solo avere il coraggio di chiedere perdono. 28 | Mag Settembre 2014 | Cento domande al teologo


I casi di pedofilia nel clero le sembrano perdonabili? Una piaga, una vergogna. L’errore è far finta di niente e nascondere.

La miseria nel mondo e le bestialità compiute dagli uomini, non le sembrano la prova della non esistenza di Dio. No. Sono la prova che Dio crea il mondo, crea l’uomo, gli indica Ma se Dio non esistesse, sa che la strada, ma poi lo lascia libero. lei avrebbe buttato via una vita Se ci costringesse a fare il bene intera a studiare per niente? saremmo delle macChi l’ha detto? Non è chine. vero. Le cose che ho Perché si è fatto prete? studiato sono belle. Ma lei ce l’ha una riIl Vangelo è splendiAh non ricordo. Una voldo e soprattutto mi sposta di fronte alla ta un amico mi ha detto: ha fatto vivere bene. morte di bambini «Se nasco un’altra volta Sicuramente molto e giovani madri? faccio il prete». Gli ho meglio che se non Io credo in un Dio risposto: «Bisogna essere l’avessi conosciuto. che non determina furbi la prima volta!» la nostra vita. La nostra vita e la nostra E che cosa l’ha fatta morte sono spesso vivere meglio? frutto delle scelte nostre e degli Il Vangelo mi ha rivelato l’essenziale dell’uomo, ha dato un uomini. E comunque credo in un senso alla vita e mi ha indicato Dio che di fronte alla malattia e ciò che serve per vivere contenti. alla morte piange accanto a noi La Bibbia non ci dice soltanto che e ci indica una speranza. cosa dobbiamo fare per andare in paradiso, ci dice soprattutto che Ma perchè certe malattie? cosa dobbiamo fare per vivere La malattia non è un castigo di bene sulla terra. Dio. Spesso è una conseguenza delle scelte sbagliate degli uomini. Un filosofo scrisse: «Io non so se Dio esiste, ma se non esistesse Torniamo a lei. È vero che non le ci farebbe una figura migliore». piace farsi chiamare monsignore? Ah non so di che razza di Dio Non è una cosa che mi entusiasma. parli quel filosofo! Io dico: «Per fortuna che Dio c’è». È un Dio E allora perché lo è diventato? splendido, che difende l’uomo Non l’ho chiesto io. Ero in macchina con il vescovo Maggiolini, sempre, gli dà importanza e dà e mi disse: «Don Bruno, un senso alla sua vita.

IL VANGELO «Il Vangelo

è splendido e soprattutto mi ha fatto vivere bene, meglio che se non l’avessi conosciuto»

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voglio fare dieci monsignori». E ha cominciato ad elencarmi i nomi e a chiedermi se, secondo me, potessero andare bene. Io gli ho detto che mi sembravano nomi meritevoli... però erano nove. E lui? Ha aggiunto: «Don Bruno, devo fare monsignore anche te, altrimenti penseranno che io con te non vado d’accordo». E l’ha fatto.

il Papa «Mi piace il suo

modo di fare il Papa fin dal primo giorno, stando con il popolo invece che rinchiuso nelle stanze pontificie»

30 | Mag Settembre 2014

Ma lei, con Maggiolini, non andava d’accordo per davvero. Ma no, diciamo che non avevamo le stesse idee. Ma ci stimavamo a vicenda e dialogavamo spesso.

E delle monache di clausura che cosa pensa? Ne ho conosciute molte. Nonostante la clausura sono molto informate sul mondo. Io le apprezzo, anche se personalmente non avrei mai fatto il monaco. Le Madonne che di tanto in tanto appaiono la entusiasmano? No, per niente! Non mi interesso di queste cose. Per secoli, poi, abbiamo costruito santuari sui luoghi delle presunte apparizioni… Sarebbe stato meglio costruire case per la povera gente.

E la Madonna, quella vera, è E una volta diventato monsignocome la raccontano di solito? re, perché l’abito No! Non sempre. rosso non se l’è mai Vera è quella che Le Madonne che ogni messo? leggo nel Vangelo: tanto appaiono? Non ce l’ho nemMaria è in casa sua, meno. Non l’ho mai impegnata nelle facNon mi interesso di quecende domestiche comprato. E penso ste cose. Abbiamo costruie un angelo le anche mi sentirei a dito tanti santuari… Sarebsagio vedendomi nuncia che sarebbe be stato meglio costruire vestito di rosso. diventata la madre case per la povera gente. del Messia. Ma mette poco anche la talare nera. E dunque? Quella ce l’ho, ma in effetti la E dunque il Vangelo me la racconta metto poco. In fondo la gente lo così, come una donna normale sa già che sono un prete, mica me che stava in casa sua. lo devo scrivere in faccia. Non dice che stava pregando in chiesa. Chissà perché noi, invece, Ma l’abito, a volte, fa il monaco? la Madonna ce l’abbiamo sempre Ma va là! Mai. in mente con le mani giunte.


100 domande al teologo dissacranti 50 Ma perché la Madonna deve essere vergine? Era così scandaloso che Gesù Cristo nascesse come nascono tutti gli uomini… Non lo so, io sono un biblista e mi attengo al Vangelo che dice così. Non ci dedica tante pagine… però dice che la Madonna quando riceve dall’angelo l’annuncio che avrebbe partorito un figlio, lei non era ancora andata a vivere con Giuseppe… e, comunque, chiunque nasce, anche nel modo “normale”, deve sapere che la vita è sempre un dono di Dio. Non è che la si descrive così perché la donna, il corpo della donna, è sempre stato visto come il peccato? La Bibbia non parla così della donna, anzi ne parla in modo positivo. Nel Vangelo ci sono tanti esempi. A Cana, la Madonna si accorge che non avevano più vino, mentre gli altri pensavano soltanto a mangiare… Le donne, altro esempio, sono le prime che vanno al sepolcro e scoprono che è risorto. La Maddalena, che era una prostituta, viene elogiata da Gesù. Sono tutti esempi positivi di donna.

negativo la donna. Nella Bibbia la donna ha invece un grande valore. Di solito i preti non hanno nulla da dire sull’amore senza il sesso ...ma perché non condividono il sesso senza l’amore? Il sesso è un gesto d’amore, sant’iddio! Non può essere solo un gioco… Che cosa significa essere genitori oggi? Credo che i figli siano un regalo e non un possesso. Vanno perciò lasciati liberi di fare le scelte secondo la loro indole. Troppi genitori impongono invece ai figli la vita secondo i propri schemi. Insomma, fanno fare ai figli le cose che avrebbero voluto fare loro e non ci sono riusciti, o non hanno potuto.

Su quale tema etico la Chiesa dovrebbe ancora fare qualche passo avanti? La Bibbia mi dice che Dio si è manifestato a noi in Gesù Cristo, che ci insegna come vivere anche se ciò che dice è scomodo, disturba e spesso va contro le nostre idee. Vale anche per l’etica, perché la fede non mi dice soltanto chi è Dio, ma anche come deve essere e come deve vivere l’uomo. Le suore quanta strada devono ancora fare nella Chiesa per riuscire ad avere un ruolo? Ma ce l’hanno eccome un ruolo all’interno della Chiesa. Forse in passato un po’ meno, ma oggi la situazione mi sembra migliorata molto e c’è spazio per altri passi avanti.

Il valore della donna nella Bibbia? Esattamente come quello dell’uomo. Sono state le culture successive, e la mentalità greca e romana che hanno tratteggiato in senso Titolo articolo | Mag Settembre 2014 | 31


100 domande al teologo dissacranti 50 Ci sarà spazio anche per le donne prete? Chi lo sa? Sono processi storici e culturali molto lunghi. E un prete sposato non lo vedremo mai? Non lo so. Gli orientali si sposano già. I nostri per adesso non possono. Domani chi lo sa? Non tocca a me deciderlo. Ma di lei non si è mai innamorata una donna? Credo di no…. Donne così stupide non penso ce ne siano…. Tante mi hanno voluto bene, ma innamorate mi pare proprio di no. E lei non si è mai innamorato di una donna? Ma no! Avevo altro da pensare, da studiare, però sono cresciuto con tre sorelle e sono abituato a stare con le donne. Anzi, con le donne mi trovo bene. Gli apostoli però una donna ce l’avevano. Credo proprio di si. Era normale in quei tempi. Che cosa ne pensa dei preti che hanno lasciato per sposarsi? Ho tanti amici preti che si sono sposati e io sono sempre stato accolto bene dalle loro mogli e dai loro figli. Qualcuno ha voluto addirittura che fossi io a sposarli. 32 | Mag Settembre 2014 | Cento domande al teologo

Lei di questo Papa che cosa apprezza? Il modo che ha di parlare all’uomo. Mi piace il suo essere alla portata della gente. Il gesto che più le è rimasto impresso? Il suo modo di fare il Papa fin dal primo giorno, stando con il popolo, invece che rinchiuso nelle stanze pontificie. Quello che non è ancora riuscito a fare, ma dovrebbe? Dovrebbe sistemare meglio il Vaticano, ma penso che lo farà. E poi credo che rinnoverà anche il modo di annunciare il Vangelo, che deve essere in mezzo alla gente, non stando dentro le chiese e i palazzi. A quanti Papi ha stretto la mano? Credo a uno solo, Pio XII. Gli altri li ho solo ascoltati, perché non ho l’abitudine di andare in Vaticano. Del resto io non ho bisogno di fare carriera. Anzi ho sempre detto ai miei alunni: non andate in Vaticano a caccia di carriera, state con la gente, tra gli uomini. Fatto salvo questo Papa, che pare apprezzato, lei che cosa pensa del Vaticano? Penso che dovrebbe essere più umano e non dovrebbe assomigliare a uno Stato politico, con


stanze, palazzi, potere, magnificenza. Deve essere un’altra cosa! Semplice, come era semplice e povero Gesù Cristo. La banca del Vaticano secondo lei andrebbe chiusa? Non conosco quel settore. Però… che cosa se ne fa di una banca il Vaticano? Ci sono già le altre.

Di preti ricchi, però, ce ne sono! Immagino proprio di sì. A volte li vedo con certi macchinoni e mi lasciano perplesso. Mi è capitato di entrare in una casa di un prete che era talmente bella e grande che se l’avessi avuta io… avrei avuto vergogna a ricevere la gente.

Il senso vero della fraternità? Se dai un panino a un povero, La povertà è un valore per il tenendolo sulla porta non hai cristiano? aiutato quel povero. Bisogna chiarire che Rispettare il povero cosa intendiamo per vuol dire accoglierlo. Lei che cosa pensa del povertà. Il Vangelo Mi piace il Vangelo Vaticano? non dice che non che ti insegna che devi avere niente, ti ogni uomo è uguaPenso che dovrebbe esle davanti a Dio dice che ciò che hai sere più umano e non e lo devi amare e è un dono ricevuto dovrebbe assomigliare a rispettare. gratis e dunque devi uno Stato politico, con utilizzarlo per gli stanze, palazzi, potere, L’immigrazione: il altri. magnificenza. buonismo secondo lei la sta incremenPer la Chiesa però, tando? sembra essere soltanto una pia aspirazione… Non credo proprio. Quella è E mi spiace. Però ci sono vescovi gente che sta male, popoli disperati, senza un futuro e che e preti che sanno condividere hanno bisogno di scappare per quello che hanno e la strada della poter vivere. condivisione è la strada giusta. Lei che cosa ha accumulato in questa vita? Niente. Ho tanti libri e tanti amici. Non è che patisca la fame… ma non ho possedimenti e ricchezze. E non mi interessa nemmeno averli.

Don Bruno durante la celebrazione di un matrimonio.

i GENITORI «Troppi genitori

fanno fare ai figli le cose che avrebbero voluto fare loro e non ci sono riusciti o non hanno potuto»

Terzo mondo: le colpe sono dell’Occidente? Molte colpe sono proprio nostre, perché tutto quello che potevamo sfruttare l’abbiamo sfruttato e adesso non permettiamo loro di crescere. Mag Settembre 2014 | 33


Hanno ancora senso gli ospedali gestiti da religiosi in Italia? Non lo so. Dipende da come sono fatti e da come vengono gestiti. Se sono uguali agli altri non servono a nulla.

Don Bruno Maggioni con il vescovo Franco Festorazzi.

LE DONNE «Nella Bibbia

le donne hanno un grande valore, sono state le culture greca e romana che l’hanno tratteggiata in senso negativo»

Ma le nostre Messe non le sembrano diventate soltanto una cerimonia? Il rischio che siano solo cerimonie è molto alto. Dipende molto dai preti e anche dalla gente.

siano stati fatti per dare un segno di potenza. I miracoli sono un segno di servizio. Se guarisco un malato non è per dimostrare potenza, ma amore. Se moltiplico i pani è un segno di attenzione a chi ha E perchè il no alla Cofame. I miracoli sono munione ai divorziati? tutti simboli di una grande attenzione È un tema su cui si sta verso gli altri. ragionando. A volte mi chiedo: ma che colpa ne ha una donna se le è scappato il marito, o viceversa?

Ma non era nata come una cena tra amici? Era nata così, il senso della Messa è quello. La cena eucaristica, nei testi biblici, nasce come la condivisione di un dono. Se le nostre Messe sono la riproduzione dell’ultima cena, le pare normale che qualcuno “mangi” e altri no. Non è tanto normale. E la Comunione ai divorziati? È un tema su cui si sta ragionando. A volte mi chiedo: ma che colpa ne ha una donna se le è scappato il marito, o viceversa?

Con il nipote Franco e, in alto, con il cardinale Angelo Scola e i coscritti di Mandello. 34 | Mag Settembre 2014

I miracoli fatti da Gesù. Ma ce n’era proprio bisogno? No, se si pensa che i miracoli

E lei ci crede ai miracoli che avverrebbero oggi? Non ne farei una questione di fede o non fede e non darei loro grande importanza. Io vivo bene e credo in Dio anche senza i miracoli. Il miracolo più bello è trovare il senso della vita e mettersi al servizio degli altri. «I miracoli sono un avvio alla fede a patto però che non ci si arresti alla loro superficie». Questo lo ha detto lei. Ovvio. La superficie, l’aspetto esteriore che appare, è la potenza, ma il miracolo non vuole esprimere potenza, ma servizio e amore. Che cosa ne pensa di certi preti diventati famosi, tipo Don Gallo, don Benzi, Don Mazzi. Don Gallo mi ha invitato spesso a parlare ai suoi giovani. Ha avuto


100 domande al teologo dissacranti 50 qualche gesto estremo che non ho condiviso, però è stato un grande prete. Don Mazzi lo conosco poco. Certe volte vedendolo in televisione mi ha lasciato un po’ perplesso, ma tutti abbiamo i nostri difetti. Don Benzi lo ammiro molto per come è riuscito a stare al fianco delle donne sfruttate e in difficoltà. Lei ci è andato poco in Tv…. certi preti invece sono di casa. Ci sono stati anni che ci sono andato

tante volte anch’io, ma sempre facendo esegesi del Vangelo.

la gente. Conosco tutti e tutti mi vogliono bene.

E quando invece le capita di andare in trattoria che cosa mangia? Poca carne, preferisco del buon salame, dei formaggi d’alpeggio e rigorosamente vino rosso.

La “teologia della liberazione” perché è stata così osteggiata dalla Chiesa ufficiale? Non lo so. Io l’ho studiata a fondo e mi piaceva molto, perché era umana. Sebbene abbia avuto degli eccessi, nelle linee fondamentali era una teologia che si occupava degli uomini e dei problemi dei poveri, degli ultimi.

Il paesino di Naggio che cosa rappresenta per lei? Il mio rifugio da trent’anni, per studiare, riposarmi e stare con

Cento domande al teologo | Mag Settembre 2014 | 35


100 domande al teologo dissacranti 50 La Chiesa ci ha messo un po’ a capirla. Ammesso che l’abbia capita! Ma Don Lorenzo Milani non lo faranno mai santo? Non lo so, ma per me è già santo. Le sue idee sull’educazione erano giuste e sono ancora valide. Tutti ne hanno parlato male e lo hanno osteggiato quando era in vita, poi quando è morto ne hanno parlato tutti bene. E Padre Davide Maria Turoldo? Un grande amico, ho condiviso tutto di lui. Uno che sapeva parlare ai poveri e li capiva. Non viveva lontano dalla gente. Una volta scendeva acqua dal tetto della sua chiesa e disse in predica: «Vedete? È proprio vero che la Chiesa fa acqua». Non ho mai riso tanto.

C’è un suo omonimo parroco di Limbiate che spopola su Facebook perché canta e balla ai matrimoni. E ha addirittura 2 milioni di visitatori su un suo video mentre canta in chiesa una canzone dei Ricchi e Poveri. Mi è successo di tutto per questa omonimia. Mi ha telefonato un sacco di gente. Hanno messo anche una mia foto sul giornale, pensando che fossi io. E mi hanno anche telefonato due coppie perché volevano che li sposassi io. Io ho detto loro: «Io vi sposo, ma guardate che io non sono quello che canta e balla». Perché non la si vede ancora su Facebook? Sono vecchio e di gente ne ho già conosciuta e incontrata fin troppa dal vivo.

Chiesa e politica, quanti errori sono stati fatti? Ah tanti… Tanti. Ma lei l’ultima volta chi ha votato? L’ultima volta ho votato Renzi. Ma ho votato anche la Dc e anche altri partiti… dipende. Chi non voterebbe mai? I baùscia della politica… che sono tanti. E quelli che pensano che le persone siano dei gioppini da abbindolare e sfruttare per i propri interessi. Ma perché non ha mai preso la patente? Per pigrizia… avevo sempre degli amici che venivano a prendermi in macchina e mi hanno viziato. Insegnando 50 anni in Cattolica, quanti viaggi in treno da Como a Milano si è fatto? E chi li è contati? In cinquant’anni di insegnamento ne ho fatti davvero parecchi e quando i treni delle Nord erano ancora quelli marroni, con gli scaldini che bollivano sotto il sedile. E i pendolari che tipi sono? Gente spettacolare. Ho conosciuto storie profonde, ricevuto confidenze. Adesso la gente sale in treno, si attacca al telefonino o alle cuffie… e non parla più nessuno.

36 | Mag Settembre 2014 | Titolo articolo


Un incontro strano in treno? Sapevano tutti che ero un prete e la gente mi cercava per parlare. Ho incontrato di tutto. Perché i giovani studiano teologia? Perché hanno voglia di trovare un senso vero alla vita. I suoi studenti perché l’hanno sempre apprezzata così tanto? Perché ho sempre presentato una fede che tocca l’uomo. Un Vangelo che ti fa vivere bene e ti rende felice davvero.

E Scola ha rischiato addirittura di diventare Papa. Sono contento per lui che non sia successo. Non sarei mai riuscito a dirgli “Ciao Papa”. E poi siamo sinceri: io non ho mai provato, ma non è mica facile fare il Papa.

Chi non voterebbe mai? I baùscia della politica… che sono tanti. E quelli che pensano che le persone siano dei gioppini da abbindolare e sfruttare per i propri interessi.

La Fuci (Federazione universitaria cattolica italiana) che cosa ha significato negli anni ‘70? Sono succeduto a don Peppino Brusadelli. Negli anni della contestazione la Fuci in università è stato un movimento importante, ha aggregato giovani e ha indirizzato le coscienze. Quei giovani sono stati una grande compagnia per anni e molti di loro li vedo ancora oggi. Qualche suo studente noto? Boh tanti. Ma sono diventati noti dopo. Per esempio Formigoni, ma anche il cardinale di Milano Scola… Io allora ero un giovanissimo docente.

Tra scienza e fede c’è contrapposizione? No. Assolutamente. E l’ipotesi della reincarnazione? Peramordiddio! Che non mi succeda mai.

C’è un filosofo dichiaratamente non credente che però lei stima lo stesso? Cacciari, ad esempio, lo stimo perché studia molto e approfondisce. Certo, chiacchiera anche un po’ troppo, ma del resto mi pare che chiacchiero molto anch’io. Ma, a proposito... è finita o no questa intervista?

I GIOVANI «Ho conosciuto

migliaia di studenti e sempre più giovani studiano Teologia perchè hanno voglia di capire e trovare un senso alla loro vita»

Abbiamo appena superato le 80 domande. Già così tante? Praticamente come i suoi anni. Le fa paura invecchiare? No! Sono già vecchio e sono molto contento. Mag Settembre 2014 | 37


In due convegni, con Gherardo Colombo e Rosy Bindi.

Un caro amico missionario un giorno mi ha detto: «Bruno ti apprezzo perché sei un vecchio contento». A libri pubblicati a che quota siamo? Non li ho mai contati, ma penso una cinquantina.

I TEOLOGI «Ho litigato quasi

con tutti, ma da amici e quando un teologo scrive stupidaggini lo capisco dopo due pagine e dunque chiudo il libro»

38 | Mag Settembre 2014

Balthasar di scrivere un pezzo su Papa Ratzinger, ma mi ha risposto: «Bruno, ho la libreria piena dei libri del Papa ma non li ho letti».

Il teologo che sarebbe stato meglio avesse fatto un altro mestiere? Non lo so, ma se Qual è la corbelleria Il primo nel ‘69, esiste non lo conosco teologica più grossa che l’ultimo nel 2012, bene, perché quando ha sentito dire da un il prossimo? un teologo scrive prete? È uscito a doppia stupidaggini lo capisco dopo due pagine firma con don Ezio Stupidaggini ne hanno e dunque chiudo il Prato. “Il Dio capodette e continuano a dirne volto”. Spiega che libro. tante… Dio non è un dominatore, ma colui che Quello con il quale ha creato l’uomo, ha litigato? lo ama, e gli indica la strada per Quasi con tutti... ma da amici. vivere in pienezza la vita. Qual è la corbelleria teologica Copie vendute in totale? più grossa che ha sentito dire E chi lo sa? Tante. da un prete? Stupidaggini ne hanno dette e Guadagnato anche molto! continuano a dirne tante… Quello mica tanto. Ma del resto non ho mai scritto libri per far “Le bugie della Chiesa”. Hanno soldi. anche scritto un libro… Ne ha raccontate davvero tante? Il collega teologo che più apQualche uomo di Chiesa qualche prezza? bugia l’ha detta di sicuro, o meglio, Tanti. Gianfranco Ravasi del quale ha male interpretato quello che sono ancora amico, oppure Hans c’era scritto nella Bibbia. Kung, anche se su alcuni punti non andavo d’accordo. Ma lei la Bibbia quante volte Un giorno mi ricordo che ho l’avrà letta? chiesto al teologo tedesco Von Dalla prima pagina all’ultima


100 domande al teologo dissacranti 50 mai una volta. Perché non è così che si legge la Bibbia. La Bibbia va letta con la testa e con un metodo, e non come un libro o un romanzo normale. Pensa di averla capita tutta? No di sicuro. Se così fosse sarei disoccupato. Un punto che le è ancora oscuro e le piacerebbe capire? Nell’Apocalisse ci sono tanti passaggi oscuri. Ma bisogna accontentarsi di quello che si riesce a capire. Perché ci sono brani della Bibbia che non vengono mai letti, anzi nascosti? Magari perché li ritengono scandalosi…. Io non ho brani della Bibbia che nascondo…. Li leggo e li commento tutti. Ma lei è stato anche un accanito lettore di fumetti. Succedeva quando ero giovane. Quando mi capitava di essere proprio stanco di studiare, mi riposavo leggendo fumetti gialli. Era un’abitudine che aveva anche Festorazzi, oggi vescovo. Ma se non avesse studiato teologia? Probabilmente mi sarei iscritto alla facoltà di Lettere. Ma avrei studiato cose meno utili. Ho scoperto invece la Bibbia che è il libro migliore. Cento domande al teologo | Mag Settembre 2014 | 39


100 domande al teologo dissacranti 50 I Vangeli cosiddetti apocrifi sono proprio falsi? Sì. E poi non mi piacciono, perché non parlano di un Dio bello e dalla parte dell’uomo. E gli altri, i quattro classici, pensa che siano proprio veri? Io ritengo di sì e rispecchiano la vera figura di Gesù. Dubbi non gliene vengono mai? Sempre. Se non avessimo dubbi non cresceremmo. Le fanno più paura le chiese che si svuotano o le discoteche che si riempiono? Per riempire le chiese bisogna dire Messa contenti e non immusoniti. E le discoteche va bene che si riempiano. È bello passare delle serate felici. Omosessualità, come se ne parla nella Bibbia? Non se ne parla molto. Io ho conosciuto, parlato e apprezzato molte coppie di omosessuali… Ho visto anche persone piangere perché non venivano accettate, capite… Ma continuo a pensare… «Sono così belle le donne…». Perché è sbagliato il voler scegliere l’ora della propria morte? Non so, io la mia non la sceglierei. Certo che è un tema che fa pensare… ma non me la sento di 40 | Mag Settembre 2014 | Titolo articolo


essere drastico e personalmente il funerale a uno che si è suicidato io lo celebrerei.

Ma lei in tre righe sarebbe capace di dimostrare che Dio esiste? Ma no, troppo poche. E poi l’esistenza di Dio non è una formula maMa non la disturba Teme le chiese che si tematica. Il credere che si dichiarino crisvuotano e le discoteche stiani: politici corrotin Dio è il frutto di che si riempiono? ti, ladri, pornostar… una lunga ricerca A me personalmente e di un cammino Per riempire le chiese bifa una gran rabbia. che dura tutta la sogna dire Messa non imPerò non dimentivita, fino all’aldilà. musoniti. E le discoteche chiamoci che i bigotti va bene che si riempiano. si meravigliavano E se alla fine le dimostrassero che perché Gesù mangiava con i peccatori l’aldilà fosse invece soltanto un grande bluff? e le prostitute. Invece, che bello! Spero proprio di no. Ma nel caso, Come si fa a non restare affascinati quando me ne accorgerò sarò già da un Gesù così? morto… e qui ho vissuto bene. Perchè è così difficile il dialogo Don Bruno, siamo già andati tra religioni che predicano il oltre le 100 domande. Vuole che dialogo? ne togliamo qualcuna? Succede perché ognuno pensa di No, no! Con tutta la fatica che aver ragione. Dialogare significa ho fatto! Lasciamole pure tutte. esporre le proprie convinzioni, E che il Padreterno ci abbia in ma anche saper ascoltare. gloria. La teologia dimostra l’esistenza Ma quando le succederà di indi Dio o ci prova soltanto? contrare il Padreterno... che cosa Lo dimostra eccome, quelli che pensa le possa dire? non credono in Dio non ci credono Non lo so. Io ho sempre parlato e basta! Non è che dimostrano la bene di Lui. Spero che quando non esistenza. Anzi è più facile arriverò nell’aldilà se lo ricordi. dimostrare l’esistenza di Dio, che dimostrarne la non esistenza. Beh, don Bruno, per adesso, c’è Comunque io sono convinto che un sacco di gente che parla bene spesso non si creda in Dio soltanto perché si ha di Lui un’idea di lei... già nell’aldiquà. sbagliata. g.guin@laprovincia.it

L’ALDILA’ «Sono convinto che

l’Aldilà esista, ma se così non fosse, pazienza, quando me ne accorgerò sarò già morto... e qui ho vissuto bene»

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di Edoardo Ceriani, foto Carlo Pozzoni

Vita, storia e ambizioni di Elena Tambini, 25 anni, laureata in economia e con in tasca due tessere: quella dell’Ordine dei giornalisti e quella dell’associazione italiana arbitri. Il Daily Mail, senza giri di parole, l’ha definita l’arbitro più sexy del mondo. 42 | Mag Settembre 2014 | Titolo articolo


IL BELLO DELL’ARBITRO Titolo articolo | Mag Settembre 2014 | 43



categoria e finisce in serie D o si ferma qui e accetta di tornare a dirigere nei terreni di casa nostra. Una stagione, dunque, decisiva, per lei che - solo nella passata stagione - si era ritrovata a essere l’unica donna, in mezzo a quasi duecento uomini disposti a tutto pur di diventare il Rizzoli del 2020. Non che non lo sogni pure Tambini. Anzi. E ad aiutarla è, oltre alla doverosa dose di ambizione, anche una preparazione non di poco conto. Che alimenta giorno dopo giorno (almeno quattro gli allenamenti - tra campo

Il sogno di diventare giornalista quando aveva 6 anni e quello di arbitro sui banchi del liceo e palestra - alla settimana, oltre alla partita). E che parte da molto lontano. Da quando le arriva la designazione, e quando inizia a studiare tutto, ma proprio tutto, delle due squadre che andrà a dirigere: classifica, stato di forma, pedigree dei giocatori e condizioni ambientali (e non solo a livello climatico…). Fino ad arrivare al contatto con i suoi collaboratori (quasi sempre della

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ella (ed è lì da vedere) e possibile (per quel che potrebbe - e glielo auguriamo - fare). Strana la vita di Elena Tambini, 25 anni di Lipomo. Che ha coronato il sogno che cullava - parole sue - da quando aveva sei anni: il giornalismo. Ma c’è un’altra passione che l’ha travolta in una mattina qualunque, dentro le quattro mura di un’aula al Liceo Volta, dove studiava e dove ascoltava una lezione molto particolare, fuori dall’orario canonico. Niente a che vedere con le traduzioni di Luciano nelle versioni di greco o di Quintiliano in quelle di latino. Ma molto a che fare con lo sport, e che sport: l’arbitro di calcio.

Folgorata sulla via del fischietto, continuando a coltivare studi (è laureata in Economia e gestione dei beni culturali e dello spettacolo) e ambizioni (è giornalista), la ragazza non ha perso tempo, se è vero come è vero che nel giro di pochi anni (sette) è passata dai pochi erbosi campi di provincia della categoria Giovanissimi alle platee del campionato di Eccellenza maschile (ma fuori dalla Lombardia, come del resto con la Juniores Nazionale) e della serie A al femminile. Bruciando le tappe. Tecnicamente, ora è inserita nella Cai (Commissione arbitri interregionale) e sta cominciando il secondo anno, ovvero quello della svolta. O passa di

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regione della gara), l’incontro tra la terna e il breefing pre partita. Perché anche quello dei direttori di gara è uno sport di squadra. In campo il protagonista pare uno, ma il pool - spesso e volentieri - si muove all’unisono. Lo sa bene la ragazza comasca. Spigliata in campo, sempre in posizione e con la giusta autorevolezza. La stessa che ci mette tutti i giorni, dietro la scrivania di quella che è la sua occupazione, nell’ambito dell’organizzazione degli eventi del tour, oltreché della comunicazione, di Davide Van de Sfroos, il cantante comasco più conosciuto nel mondo delle sette note. Lo segue per imparare a muoversi nel mondo della musica e dei giornalisti, ben sapendo quanto lui conosca vizi e virtù dei due mondi: quello delle canzonette e quello della carta stampata o di radio, tv e siti internet. Il tutto per conto di Bat Events, l’agenzia del cantautore del lago. Brillante, Tambini lo è stata anche nella trasmissione che ha condotto durante l’estate, Terra&Acqua Tv: un rotocalco

di dieci puntate, in onda su Espansione da luglio ad agosto, dedicato agli eventi culturali, alle rassegne musicali e ai festival dell’estate sul lago di Como. In particolare il focus di ogni episodio è stato dedicato al Festival Terra&Acqua

Stagione decisiva. Lei, unica donna tra duecento uomini. E ora è la vigilia del grande salto che si è tenuto nei borghi raccontati dalla guida e dagli episodi girati con Davide Van De Sfroos. In ciascuna delle puntate, girate a bordo del piroscafo, numerosi ospiti dello scenario culturale comasco e la presenza straordinaria del cantante. Ma ad accendere su di lei le luci della ribalta un articolo che ha fatto il giro del mondo. Partendo dalla provincia lombarda, dopo una Brescia-Verona,

match clou di serie A in rosa, e arrivando fino al Daily Mail, che - senza giri di parole - l’ha definita l’arbitro più sexy del mondo. Un articolo che avrà stuzzicato le attenzioni dei sudditi di Sua Maestà, ma che molto poco è piaciuto alla diretta interessata, più che altro concentrata a far parlare per quello che - di buono - fa in campo piuttosto per come - tanto buona - la descrivono certe cronache, molto poco tecniche e parecchio pruriginose. Ma Tambini guarda avanti. Testa alta, come se dovesse non perdersi un’azione di fuorigioco, e concentrazione al massimo. Sempre. Anche quando si racconta. Che professione c’è scritta sulla sua carta d’identità? «Per una questione di data, ancora quella di studente. Ma io amo dire che, al di là dei documenti, mi porto in giro due tessere delle quali sono molto orgogliosa: quella dell’Ordine dei giornalisti e quella dell’Aia, l’associazione italiana arbitri. Una rappresenta il sogno

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nel cassetto che avevo fin da piccola, l’altra è la passione che mi è scoccata dopo che a scuola era venuto a parlarci un arbitro». Ma perché proprio di calcio? «In quel periodo giocavo a pallavolo e l’attività mi dava anche punti di credito formativi. Un infortunio mi portò a provare, dopo quella lezione al Volta, visto che il calcio non mi dispiaceva affatto e con mio padre capitava spesso di andare negli stadi. E in quel momento è scattata la scintilla». Parlare di arbitri è molto facile, quasi uno sport nazionale nel Paese dei cinquanta e più milioni di commissari tecnici. Parlare con gli arbitri, soprattutto se si tratta di calcio, praticamente impossibile. Lacci

e lacciuoli, regolamenti e disposizioni impediscono la benché minima dichiarazione, anche su argomenti ameni e senza alcun dato sensibile. Insomma, avremmo voluto sapere molto dalla giovane comasca. Dovremo accontentarci, invece, di raccontarla nella sua vita con la divisa dell’Aia. Lei che, ad esempio, da cinque anni segue pure i corsi per arbitri nella veste di formatore. Un lavoro molto stimolante, non c’è che dire e che le permette di trasmettere la passione alle giovani leve e le consente di far riflettere i ragazzi sul ruolo dell’arbitro, insegnando loro a guardare il calcio da un altro punto di vista. Così, quasi per caso, si è trovata ad avanzare di categoria. Grazie anche

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all’ambiente che ha trovato in sezione, a Como. Tante persone, che poi sono diventate gli amici più cari, con le quali ha condiviso tutti i momenti, belli e brutti. Magari arrivando a scoprire al lunedì che quelli che pensava essere problemi solo suoi erano stati vissuti anche da altri. Le prime volte, ancora minorenne, al campo ci arrivava accompagnata dal padre, poi però, una volta presa la patente, ha cominciato a muoversi da sola. Nell’immaginario collettivo l’arbitro uomo è cornuto e figlio di “buona donna”. Stessa cosa per la donna, con pochissime differenze. Lo sa bene, Tambini, alla quale addirittura sono arrivati a dedicare qualche coro personalizzato. Da qualche anno, invece, le accade di guardare la partita in un modo diverso. Se all’appassionato capita di cogliere più il bel gesto atletico del giocatore, all’arbitro non sfugge lo sviluppo della gara del collega. Per una sorta di partita nella partita. Nella quale vedere e studiare i movimenti, le decisioni adottate e le posizioni in campo del direttore di gara. L’arbitro, insomma, punta l’arbitro. Per questo e per altri motivi, ha gioito, e non poco, nel vedere un italiano come Nicola Rizzoli dirigere la finale di Coppa del Mondo in Brasile Una sfida che ha seguito a Como e, guarda caso, con cinque amici arbitri e la consapevolezza di vedere affermata, ancora una volta, la scuola italiana. Alla stagione del “dentro o fuori”, Tambini si presenta con una comprensibile tensione, ma senza alcuna paura. Andare avanti, oltreché approdare in serie D - adesso tornata più che mai la quarta serie - significherebbe inseguire il sogno di diventare arbitro internazionale, e a quel punto si spalancherebbero le porte di tutte le competizioni femminili anche oltre confine. Impresa non di poco conto, soprattutto alla luce del fatto che in Italia nessuna donna è arrivata a dirigere una gara di serie A maschile e che quella che è arrivata più in alto - ed è ancora in attività - è la ternana Silvia Spinelli che fischia in Lega Pro, per chi non mastica




di calcio la stessa categoria del Como. A questi traguardi Tambini ci pensa il giusto. Senza farsi prendere da manie e fobie, e continuando a rimanere lucida e inflessibile, così come accadde - ad esempio - l’anno scorso quando diresse Paolana-San Lucido, playout calabrese, davanti a più di mille spettatori e a un grande dispiegamento di forze dell’ordine per un ambientino che presentava la bellezza di 12 daspo, ovvero il divieto assoluto di assistere ad avvenimenti sportivi. E lì se la cavò non bene, ma benissimo, soprattutto a leggere le cronache della sfida. Tra una gara e l’altra, però, c’è la sua professione. Che la cattura allo stesso modo e che le fa impiegare le stesse massicce dosi di

energia. Sentirla per credere. «Van de Sfroos è un grande artista e una grande persona. E io ho un’enorme fortuna, quella di lavorare con lui. Significa due cose: stare vicina alla sua arte e

«Van De Sfroos non capisce di calcio, ma in campo sarebbe un fantasista» partecipare alla valorizzazione del nostro territorio. Unendo le due cose in una: la promozione. Una situazione

bellissima». Ma VdS capisce di calcio? «Eccome, ha scritto anche una canzone dal titolo Arbitro. Erano i tempi di Catersport, su Radiorai». E se fosse un arbitro, chi sarebbe? «Non potrebbe farlo. Al massimo sarebbe il telecronista. O, fosse in campo, il fantasista. Sì, ecco, il fantasista». E con uno come lui in campo, per Tambini dirigere sarebbe uno scherzo. Ma adesso c’è da pensare a una nuova stagione. A un paio (forse anche tre) di campionati e a una promozione da raggiungere. Perché anche quella degli arbitri è una disciplina sportiva che prevede delle classifiche e la comasca ha tutti i numeri per scalarle. Bella e - soprattutto - possibile.

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L

a mancanza di fondi è il male che affligge la cultura in Italia, ne soffre anche il Museo della Seta di Como. È quindi una campagna di sensibilizzazione rivolta alla città quella che vuol lanciare Luciano Guggiari, da qualche mese confermato ufficialmente presidente dell’ente, dopo aver ricoperto per un paio d’anni la carica rimasta vacante. La grande sfida che ha raccolto è trovare le risorse per offrire ai visitatori servizi adeguati, anche in vista dell’Expo. Non è in gioco solo il valore dell’istituzione, ma l’identità e le radici del nostro territorio. «Bisogna porre urgentemente rimedio a croniche carenze, non solo di personale - spiega l’imprenditore comasco - Il progetto di adeguamento è pronto e prevede una spesa di oltre 100 mila euro, in parte già messi a disposizione dalla Filiera Tessile, gruppo di Unindustria Como. C’è poco tempo per completare la raccolta della somma preventivata, i lavori dovranno essere ultimati prima dell’inaugurazione dell’evento milanese». Dalle parole trapela però la paura di dover rinunciare a

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questi interventi indispensabili. Si devono trovare in fretta generosi mecenati di fronte all’incerta sorte di Provincia e Camera di Commercio e alle casse vuote del Comune di Como, i soggetti che hanno in carico le spese di manutenzione del Museo. Il dimezzamento delle quote dell’ente camerale, inserito nella spending review del governo Renzi, ha già comportato l’addio allo stand nel padiglione Italia per Expo. Il presidente Guggiari può solo contare, e moltissimo, sulla sensibilità dei privati non solo per le nuove opere, ma anche per la gestione ordinaria. Il bilancio dell’ente, di circa 190 mila euro, si regge a mala pena sui contributi pubblici, che rappresentano la principale fonte di sostegno. Poi ci sono gli ingressi (6.500 nel 2013, 50% stranieri) le quote dei soci, delle associazioni di categoria e d’imprese locali: tutte voci che andrebbero incrementate. Le ultime realizzazioni, così come le mostre temporanee, sono state finora coperte in larga misura dagli sponsor. «La Cassa Rurale ed Artigiana di Cantù - spiega l’industriale - ha permesso di creare il Centro di Documentazione


MUSEO DELLA SETA A RISCHIO EXPO di Serena Brivio

Una realtà comasca dal futuro a rischio per mancanza di fondi. Guggiari: «Deve diventare un punto di ispirazione per la comunità creativa e speriamo nel mecenatismo privato o d’impresa».

Il museo della seta | Mag Settembre 2014 | 53


Tessile, un open space dove sono stati raggruppati, ordinati e resi fruibili al pubblico quaderni di tessitura, lucidi, disegni per tessuto e volumi campionario di grande valore». Una fonte infinita di idee e spunti per gli operatori del distretto. «Il Museo vuole diventare un punto di ispirazione per la comunità creativa - dice il presidente - Cerchiamo soprattutto di coinvolgere le varie scuole tessili e di design che hanno la responsabilità di garantire il passaggio generazionale in ruoli che continuano a invecchiare». Sempre per l’immobilità del territorio, allo stato attuale non è possibile immaginare il trasferimento in una sede più rappresentativa. È rimasto al palo il progetto di restauro del Cantarella, autore l’architetto Darko Pandakovic. L’ennesimo ripensamento dovuto al costo dell’opera, più o meno 20 milioni di euro. Se ne riparlerà chissà quando, si deve trovare qualche coraggioso imprenditore o una classe dirigente decisa a lanciarsi in un’iniziativa tanto importante e complessa. E dire che Como avrebbe bisogno di un’icona del suo glorioso passato manifatturiero, unico al mondo. Entrare nei locali di via Castelnuovo rappresenta un viaggio nel tempo alla scoperta di pezzi introvabili altrove, datati dall’800 fino agli anni’50. Tante testimonianze che hanno segnato l’inizio dell’attività industriale di personaggi e

opifici entrati nella storia della moda e del costume. Da una parte ci sono le macchine che illustrano l’intero ciclo di trasformazione della seta, dal filo al tessuto finito. Dietro ogni più piccolo pezzo esposto, un complesso lavoro di ricerca, classificazione e restauro. Pochi lo sanno, ma esiste un reparto di falegnameria dove vengono riassemblati e ricostruiti modelli in legno talvolta a pezzi. Un incessante lavoro svolto dietro le quinte da ex operai e artigiani, dotati di una profonda conoscenza del tessile. Unica gratificazione: il recupero, talvolta così complesso da risultare impossibile, di rarità destinate altrimenti al dimenticatoio. Le donazioni non mancano, il Museo è in attesa di accogliere l’intera collezione di macchine da cucire ( oltre 100 pezzi) provenienti dalla Clerici Tessuto. Acquisizione recente il campionario di cravatteria della Tessitura Sonvico e l’archivio Setarium (avuto in comodato d’uso dall’Università dell’Insubria). Tanto materiale si presterebbe a un fitto calendario di esposizioni, per attirare più pubblico giocando sull’incalzante domanda di novità, però occorrono sempre fondi. Per Expo c’è allo studio una retrospettiva di abiti d’epoca, altra ricca dotazione del Museo: oltre 130 modelli che spaziano dalla lingerie agli abiti da sera.

Un viaggio nel tempo alla scoperta di un mondo che ha segnato la storia imprenditoriale tessile della città di Como

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In agenda anche la ristampa del dépliant illustrativo, attualmente solo in italiano. Sarà tradotto in altre sette lingue: inglese, francese, tedesco, spagnolo, russo, giapponese e cinese. I visitatori internazionali non potranno invece pregustare il percorso sul sito internet: oggi, solo chi raggiunge la struttura può consultare due schermi che spiegano in modo esaustivo l’unicità dei contenuti. Il budget anemico ha rallentato la digitalizzazione che sta rivoluzionando la rete museale. Esiste il catalogo on line consultabile in loco per approfondire la visita, si profilano tempi lunghi per il virtual tour e per l’acquisto del biglietto elettronico da casa. Servizi resi possibili anche da partnership tecnologiche. Per realizzare tutte queste opere a Guggiari rimane un’unica chance: sperare nel mecenatismo privato o d’impresa.

testimonianze di una storia L’interno del Museo della Seta a Como, una realtà che testimonia un grande passato e che rischia la chiusura.

Il museo della seta | Mag Settembre 2014 | 55


Storia, leggende, e nuove sfide in cucina per il pesce simbolo del lago di Como. L’iniziativa di Mario Mantovani, Mario Rivoire, Pompeo Peduzzi e Gianni Conterio. «La “misscolda” è un piatto che aggrega, va gustato in autunno, con il vino del lago»

P

arlandone da vivo, l’agone è piut-

tosto anonimo, uno come tanti, di Mario Chiodetti

una specie di travet dei laghi, dalla sagoma non troppo affusolata che mostra un inizio di “pancetta”, testa piccola, lieve prognatismo e comportamento anonimo da “pesce in barile” come se premonisse il suo infallibile destino. Secondo Giovanni Antonio Scopoli, naturalista vissuto nel Settecento ed esperto micologo nonché tassonomista, il nome corretto del nostro sarebbe “Alosa agone”, ma il Fantozzi d’acqua dolce è più conosciuto come “Alosa fallax lacustri”, perché il pesce anticamente rimase prigioniero dei laghi subalpini dopo il ritiro delle acque salate, facendo di necessità virtù e trasformandosi in agone, per gli amici e i buongustai. Dovessimo paragonarlo alla carrozzeria di un’automobile, diremmo

che ha una livrea grigio metallizzato, quattro o cinque macchie sul dorso se vive nel Lario e una decina nella varietà del Ceresio e del Garda, e il nome gli deriva dalle spine al termine delle branchie - in latino “agus” - che servono per filtrare il cibo, plancton e qualche microscopico crostaceo. Il suo secondo nome, cheppia (da “clypeus” che vuol dire scudo) da queste parti non lo usa quasi nessuno perché il pesciolino non ha l’allure di chi mostra quarti di nobiltà. Però anche gli agoni, nel loro piccolo, hanno lasciato un segno nella storia e nella cultura di un territorio, diventandone un simbolo - come il panforte a Siena, la ribollita a Firenze, i bigoli co’ l’arna a Vicenza e il risotto con l’oss büs a Milano - con il nome di missoltino e l’aspetto di una lunga moneta bronzeo dorata che racchiude una carne morbida e saporita.

Ma ora sul lago aleggia qualcosa che va oltre la fisicità del pesce per diventare puro sapore, espressionismo gustativo e rivoluzione culinaria, della portata di quella di Jackson Pollock nella storia dell’arte. L’“action cooking” l’hanno inventata tre uomini, Mario Mantovani, medico otorinolaringoiatra al Policlinico di Milano, Mario Rivoire, broker assicurativo, e Pompeo Peduzzi, “teciatt” della val d’Intelvi, per non parlar del quarto, Gianni Conterio, cuoco

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IL MISSOLTINO CHE VIENE DAL MARE di Mario Chiodetti Il missoltino che viene dal mare | Mag Settembre 2014 | 57


sopraffino e titolare con la moglie Cristina del ristorante “La Comacina” dove avvengono gli esperimenti. I quattro amici erano stufi di sentir parlare dell’agone come di un pesce di lago e anche un po’ di mangiare sempre la sua versione “stoccafissata”, il missoltino con la polenta, gustoso sì ma poco versatile. Così si mettono in mente di imitare Giovan Battista Vico e offrire un ricorso alla storia, restituendo dignità marina alla cheppia per qualche secolo buona solo da far seccare come un’aringa norvegese e riposta in un mastello, pressata con foglie d’alloro. Sostengono anche che il termine missoltino derivi da una certa miss Holten inglese o Holdin scandinava, che sarebbe calata al Lario a insegnare la tecnica di conservazione degli agoni, contrariamente a ciò che è sapere comune, e cioè che il nome del piatto simbolo del lago arrivi da “misolta”, il contenitore di latta o di legno dove il pesce è sistemato “a far olio”. È bello crederci, restituisce poesia e romanticismo al “misultin”, che grazie

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alla cura dei quattro moschettieri del gusto ridiventa l’alimento apprezzato dai Celti che a Golasecca maceravano gli agoni in particolari orci ritrovati dagli archeologi, ricavandone una poltiglia poi mescolata alle verdure o alle radici trovate nel bosco.

Il missoltino risale agli inizi dell’Ottocento ai tempi del Grand Tour «Il missoltino nasce più tardi, agli inizi dell’Ottocento, quando la moda del Grand Tour portò in Italia i viaggiatori del Nordeuropa e di conseguenza le tecniche di essiccazione, salatura e pressatura del pesce, presto fatte proprie dai pescatori lariani. Nella notte dei tempi, invece, l’agone era trasformato in una salsa con cui condire le verdure e noi abbiamo voluto ripristinare questa tradizione, nobilitando di nuovo

il pesce che era stato messo da parte dall’arrivo dell’acciuga, ingrediente principe della “bagna càuda” piemontese e introdotta da noi grazie ai commerci con le popolazioni liguri», spiega Mario Mantovani, figlio di quel Luigi che a Como ebbe la gratitudine di migliaia di bambini, grazie al grande emporio di giocattoli di via Plinio, un “paese dei balocchi” da sogno con divertimenti importati da ogni parte del globo. Il dottore, amante del trial e della vela e ottima forchetta, ne parla a cena con Rivoire che dal buon piemontese sulle prime si mostra scandalizzato all’idea di creare una sorta di “bagna càuda” lariana, ma l’entusiasmo che ci mette Pompeo Peduzzi, figlio del leggendario Giuvan teciatt di Schignano, autore di canzoni e animatore di eventi culturali, convince gli astanti a tentare l’impresa. Anzi, inventa lì per lì anche il nome del nuovo rivoluzionario piatto: la “misscolda” (pronuncia «mischcolda»), unione ideale di cultura lombarda e subalpina. «Il missoltino ha tra l’altro valore


alimentare, è ricco di Omega 3 e grassi, e la nostra ricetta di fatto è assai semplice. La “misscolda” è un piatto che aggrega, va gustato in autunno e inverno in compagnia, con il vino del lago e le verdure di stagione, le stesse che si usano nel pinzimonio». E qui entra in scena Gianni Conterio, un cuoco artista che ama inventare nuovi sapori, chiamato a dar forma all’idea di Mantovani & soci. Il suo luogo d’azione è il ristorante “La Comacina” a Sala Comacina, terrazza vista isola, una lingua di terra di proprietà dell’Accademia di Brera e incendiata per finta dai fuochi artificiali il 24 giugno, giorno di san Giovanni. Il Gianni ci pensa su un po’ e poi inventa: «tolgo la pelle al missoltino, che acquisto dalla ditta Fantoni di Bellagio ed è certificato da Slow Food, e lo metto in bagno nel latte per una notte. Poi taglio l’aglio a fette e lo mescolo alla panna. Sfiletto i pesci e li frullo, poi scotto teste, lische e aglio con l’olio

extravergine prodotto dalle nostre parti, il Vanini di Lenno. Il tutto riposa, finché l’olio non assorbe i sapori. Verso in un recipiente di terracotta e cuocio a fuoco lentissimo aggiungendo un poco d’olio.

La salsa è pronta per l’“aggrappo” con le verdure, cioè la capacità di rimanere attaccata al gambo di sedano piuttosto che al carciofo o al cardo (citazione della bagna càuda, ndr.) al topinambur o al cavolfiore».

Ricerca del gusto Gianni Conterio del ristrorante la Comacina, con la moglie Cristina.

Il missoltino che viene dal mare | Mag Settembre 2014 | 59



Ma c’è di più: i diabolici revisori della missoltitudine sono andati oltre, sfruttando del povero agone, come si fa con il maiale, ogni più recondita virtù, così ecco che il Gianni “ravàna” in fondo al pentolino e getta ciò che resta del sughetto in una “biella” di tagliolini freschi all’uovo, la morte sua e amen. Una cosa così ha fatto arrivare clienti dalla Finlandia dopo che il verbo della “misscolda” di era sparso per la Tremezzina e la val d’Intelvi, ci sono spagnoli impazziti per la salsina e il Gianni sta già pensando al vitel tonné a base di missoltino. «Stiamo cercando di brevettare il piatto, ma è parecchio difficile, così ci siamo rivolti a Slow Food che garantisce l’originalità dei prodotti. A settembre una loro delegazione verrà a mangiare nel mio ristorante, missoltini con polenta, la “misscolda” non è adatta per grandi tavolate, è un piatto da degustare tra amici, non si riesce a produrne grandi quantità in una volta», sottolinea Gianni Conterio, origini milanesi ma laghée ormai certificato. «A san Sesegn, l’agon el fa ‘l segn», recita un vecchio detto del lago, e un tempo il 29 maggio, giorno di san Sisinnio, la frega delle cheppie richiamava pescatori da ogni parte, ognuno aveva il suo posto (segnato con un paletto il giorno di

Capodanno) e guai a trasgredire, pena un bel tuffo. Molti le pescavano con il “sidèll”, un retino con manico lungo tre metri poggiato su un cavalletto e calato in acqua, altri con il “pendent”, una rete ancorata metà a riva e l’altra sulla barca, che la tirava a semicerchio. Oggi i professionisti catturano gli agoni con reti lunghe fino a duecento metri

Gli agoni amamo le acque fonde, forse memori delle profondità del mare che si spingono a decine di metri di profondità, perché il pesce ama le acque fonde, forse una memoria di quando nuotava in mare. La selezione del pescato è attenta, i futuri missoltini sono eviscerati e salati, infilati attraverso gli occhi e messi a seccare in appositi telai, non più in lunghe file all’aperto come nell’Ottocento (tanto da colpire i primi turisti arrivati in Tremezzina) per ragioni igieniche. Quando la testa dell’agone scricchiola, è arrivato il momento di sistemarlo a raggera nella misolta, il contenitore in

legno o latta in cui si opererà la trasformazione in missoltino, complice l’alloro e l’olio che lo stesso pesce produce grazie alla pressione esercitata da un peso messo “a coperchio”. «Polenta e misultin e ‘n bell cales de vin» sentenziavano i vecchi, e al ristorante “La Comacina” il vino naturalmente è quello del lago, il Domasino bianco e nero, da gustare con la “misscolda” in un perfetto mix di sapori che invita a conversare e alle battute di spirito. «E voltes e revoltes col dedree/ per el long de la corda de chi e lì,/ a vora che fraa Sist l’è tornaa indree/ l’è vegnuu giusta in punta a reussì/ voltaa col magazzin di saresitt/ vers la regia zittaa di missoltitt», scrisse Carlo Porta nel luglio 1816, quando compose la poesia “El viacc de fraa Condutt”, certificando di fatto la fama acquisita della specialità culinaria comasca. Se il missultin ha avuto il suo cantore, la “misscolda” ne attende uno che da queste parti è di casa, un certo Davide Bernasconi. «Ci piacerebbe che Van der Sfroos venisse a cena da noi alla “Comacina”», dice Pompeo Peduzzi che con l’autore di “Yanez” collabora da tempo, «chissà che non gli venga in mente di scrivere una canzone sul nostro piatto. Noi gli lanciamo l’idea, anzi l’amo».

Titolo articolo | Mag Settembre 2014 | 61


UN MOSAICO DI FRANCOBOLLI Di Stefania Briccola

Dalla scoperta della collezione del padre dentro un vecchio baule alle originali opere d’arte firmate da Donatella Stolz 62 | Mag Settembre 2014 | Un mosaico di francobolli


Così diventa arte la magia dei colori impressa nei francobolli del secolo scorso Donatella Stolz - che sposò una comasca e si stabilì in città. Lui teneva una fitta corrispondenza con appassionati di francobolli in tutto il mondo. Non intendo sottrarre pezzi alla sua vasta collezione, ma mi limito ad usare gli innumerevoli doppioni che ho trovato. L’ispirazione mi è venuta guardando dei collage realizzati con la carta di giornale. I colori dei francobolli del Novecento sono straordinari e possono trovare l’ideale collocazione in un quadro. Così mi sono inventata queste composizioni quattro anni fa». Ogni angolo del suo studio a Brunate parla dell’innata creatività della padrona di casa. I muri con le pietre a vista, un camino d’antan e il vecchio baule ereditato su cui veglia gelosamente il fido Missouri. I fiori sono la sua grande passione oltre ad essere il soggetto prediletto dei suoi mosaici realizzati con i francobolli. Vivere in mezzo alla natura e al verde, guardando il lago e le montagne intorno per non parlare delle vedute straordinarie che si ammirano da Brunate, ha contato molto. «Adoro tutti i fiori - dice Donatella Stolz - dalle tonalità del rosa. In giardino ho diverse

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utto è cominciato aprendo un vecchio baule di legno. Donatella Stolz ha attinto materia prima per i suoi mosaici da uno scrigno ricco di memorie che custodiva i francobolli del padre. All’inizio si è limitata ad ammirare la precisione con cui erano stati catalogati distinguendo i pezzi singoli collezionati dai numerosi doppioni suddivisi per nazione. Poi ha scoperto la magia dei colori dei francobolli del secolo scorso provenienti da tutto il mondo. I suoi trascorsi nell’alta moda, come disegnatrice per tessuti al fianco di Roberto Fabriziani, hanno inevitabilmente affinato la sua sensibilità cromatica. Tanto è vero che l’artista è riuscita a rintracciare nei colori e nelle varie tonalità dei francobolli una vera e propria tavolozza da riutilizzare. «Mio padre era un filatelico di origine tedesca - racconta

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Centinaia di frammenti di antichi francobolli provenienti da tutto il mondo si trasformano in opere d’arte

varietà di oleandri, gerani, glicine, begonie, gelsomino, dalie, hibiscus, tulipani, amarillos e la passiflora. Ogni mattina inizio la mia giornata accudendo i fiori che devono avere la luce giusta per poter sbocciare». Le composizioni sono realizzate per lo più su cartoncino nero per esaltare la magia dei colori. Vengono prima disegnate su carta bianca dove c’è uno studio attento delle tonalità poi il soggetto viene delineato sul supporto definitivo e “dipinto” con i vari francobolli tagliati con precisione millimetrica e incollati. Gli strumenti di lavoro sono pinze, forbici e colla. «Non tutti i giorni mi dedico a queste opere - spiega Donatella Stolz -, ma quando un soggetto mi appassiona mi capita di stare sveglia fino alle tre o alle quattro di notte senza accorgermi che il tempo passa. Non smetto di lavorare fino a quando non vedo l’opera finita». Ognuna di queste necessita in media dell’impiego di circa quattrocento francobolli poi assemblati come tasselli di un mosaico. Le opere multicolori non hanno per soggetti solo i fiori, ma anche barche di vario tipo, atleti, acrobati e clown. «Non mi perdo uno spettacolo di Le Cirque de Soleil

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paziente ricerca Donatella Stolz con alcune delle sue opere realizzate con frammenti di antichi francobolli.

quando arriva in tournée a Milano - aggiunge la signora dei francobolli - altrimenti vedo le repliche in onda su Sky tv. I costumi sono a dir poco fantasmagorici, le musiche intense e coinvolgenti. Poi i numeri presentati sono unici. L’atmosfera è perfetta per stimolare la mia creatività e riesce

a far volare la mia immaginazione». Tra le composizioni recenti ci sono il logo del piroscafo Patria e il cappello dell’Arma dei Carabinieri che sono stati donati rispettivamente alla benemerita associazione Famiglia Comasca e alla caserma di Fino Mornasco(Como). La prossima opera sarà una Lucia. Il lago è la seconda casa di Donatella Stolz che, a dispetto del cognome tedesco, è cresciuta a Como in riva al Lario e adora le antiche barche del territorio. «Ho sempre avuto la passione - spiega l’artista - di navigare sul lago di Como. Qualche anno fa abbiamo commissionato al cantiere Matteri di Lezzeno una Lucia in legno che è stata realizzata da uno degli ultimi maestri d’ascia. L’imbarcazione, che abbiamo donato alla Canottieri Lario, è dotata di vela quadrata e di motore. Fino a poco tempo fa nei momenti liberi, dopo gli orari di lavoro, andavo con mia sorella Angela da Argegno a Lenno e poi a Bellagio, a punta Spartivento, dove con l’aiuto della Breva giungevamo fino a Lecco. Io ero addetta ai remi e alla vela, mentre mia sorella si occupava del motore e del timone. Quando il clima era mite facevamo il bagno davanti a Villa Cassinella a Lenno». C’è voluto del tempo per convincere Donatella Stolz ad esporre le sue composizioni, già ammirate a Como in diverse sedi, che prossimamente saranno in mostra a Varese. Grande è il desiderio di condividere una gioia che solo la creatività può dare e queste opere “dipinte con le forbici” che racchiudono la memoria di un padre molto amato. Tra le sue prime sostenitrici c’è la sorella Angela che non perde l’occasione di incoraggiarla verso nuovi traguardi.

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di Arianna Augustoni foto Andrea Butti / Pozzoni

UN RAGGIO LUCE IN CAMERA OSCURA La passione dell’artista comasco che costruisce macchine fotografiche come avveniva nell’anno Mille. Serve solo una sega, del legno a listarelle, una pialla, un centimetro e molta fantasia. Andrea Pozzuoli: «La particolarità é che seguo il metodo pinhole, ovvero la tecnica della camera oscura dove entra la luce, si fissa l’immagine e si scatta la foto».

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a fotografia del fotoritocco non fa più moda, si ritorna alle sperimentazioni, alle tecniche che sembravano archiviate, ma che danno un senso alla fotografia. Bentornata “pinhole”, bentornata voglia di camera oscura vedo non vedo. Andrea Pozzuoli abbraccia la sua arte, quella visiva e lo fa con le macchine fotografiche in legno che seguono il metodo “Pinhole”, ovvero una

delle più antiche forme di fotografia che risale all’anno Mille quando le persone osservavano la luce attraverso un piccolo foro che cadeva su una superficie e andava a formare un’immagine capovolta degli oggetti proiettati dall’altra parte del foro. Ora, per l’artista comasco, ci sono solo una sega, del legno a listarelle, una pialla, un centimetro e molta fantasia. Ecco, Andrea Pozzuoli, parte da qui

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e dà senso alla sua passione e, soprattutto, alla sua manualità creando quei piccoli gioielli fatti interamente a mano e in legno che vengono anche personalizzati a seconda delle richieste del committente. Nessuna produzione in serie, niente macchine per la grande distribuzione, tutto questo avviene in limited edition, che ora, addirittura non ha superato i dieci esemplari, dei quali, almeno la metà,


entrano di diritto nella collezione privata dell’ideatore. «Sono ancora all’inizio, alla fase di sperimentazione - sottolinea Andrea Pozzuoli - ad una produzione amatoriale che però incuriosisce perché chi viene a conoscenza di questi miei lavori, chiede e ordina. Sarà per curiosità, oppure per avere un oggetto unico, questi giocattoli sono un cult. Interamente ad incastro, ogni pezzo

è tagliato su misura, prende forma e viene personalizzato nei colori e negli intagli. Non ci sono viti per “tenere insieme” il tutto, ci sono solo fessure realizzate con la sega. Per fare ciò serve molta pazienza e manualità». Amata anche dal Canaletto, per dare un’anima alle sue opere, la camera ottica è diventata una passione moderna per rendere indelebile “l’attimo fuggente”, quello del giovane coma-

sco che, con i suoi tocchi, le sue sensazioni, dimostra una vena creativa molto personale, una di quelle di livello che l’hanno portato a discostarsi dai coetanei più attaccati alle emozioni personali. «La particolarità delle macchine fotografiche che sto realizzando é che seguono il metodo pinhole, ovvero la tecnica della camera oscura dove entra la luce, si fissa

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l’immagine e si scatta la foto - spiega Andrea Pozzuoli - si pensi che, per scattare un’immagine, ci vogliono almeno tre minuti, non serve un’inquadratura, ma ci si deve immaginare mentalmente lo scatto, si punta e click, speriamo nella prima. È un tipo di fotografia per pochi perché chi si avvicina a questa tecnica deve conoscere l’arte della fotografia, deve avere almeno approfondito la materia e deve, soprattutto, essersene innamorato. Le macchine sono tutte manuali e non c’è

limite al tipo di lavoro che si può fare. È, insomma, un altro tipo di approccio». Andrea Pozzuoli, nonostante i soli trent’anni, lavora e sviluppa da anni i suoi progetti artistici perché è un creativo formatosi su più fronti, ne è un esempio il suo curriculum che sottolinea come fosse nel suo Dna il “fermo immagine”. Ha iniziato, non per sbaglio, ma per attaccamento a questo lavoro: un corso di fotografia a Milano, dopo il diploma al liceo artistico Terra-

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gni di Como, qualche servizio in ambiti più commerciali, per “tirare avanti” e poi la fotografia artistica, quella delle limited edition. A Milano è stato ammesso la scorsa primavera alla MIA, dove ha presentato una natura morta 2.0. Un vero trampolino di lancio che gli ha permesso di entrare nelle gallerie d’arte più quotate. Nel suo percorso l’artista è davvero riuscito a portare una ventata innovativa alla fotografia, così facendo sviscera


la propria necessità di raccontare un mondo soggettivo dove non esiste un’assoluta verità. Il futuro di Andrea Pozzuoli però, in questi ultimi mesi, ha preso un’altra strada, quella delle macchine fotografiche in legno perché è troppo facile lavorare con delle Reflex, per lui che è sempre alla ricerca di emozioni. «Ogni pezzo è unico - continua Pozzuoli - non c’è industria, è tutto artigianale, ora addirittura molto personale perché mi diletto a sperimentare ma-

come un tempo Andrea Pozzuoli nel suo laboratorio dove realizza macchine fotografiche in legno.

teriali, forme e dimensioni. Sto sviluppando in laboratorio una serie di prototipi con lo spirito di “esplodere” sul mercato». Parlando di questa tecnica è immediato pensare ad un capovolgimento della realtà, in un mondo dove tutto è in accelerazione, molto veloce, Andrea Pozzuoli, ha scelto una tecnica slow, ma di approfondimento fatto soprattutto di conoscenza. «Vorrei fermare il tempo - spiega Andrea Pozzuoli - per dar vita a immagini eleganti, curiose, affascinanti.

Questa è la ragione che mi ha spinto a realizzare questo tipo di macchine fotografiche che seguono una tecnica intrigante: rispecchiano infatti un qualcosa che non vediamo, che, forse, non esiste». Parlare di pinhole è come esplorare un altro mondo: «Sono sperimentazioni di livello che non si possono pianificare, ma che hanno molto di fantastico, qui non si vede niente in anticipo ci si affida... Non so nemmeno io, perché fantastico tantissimo ogni volta, senza però rimanerne deluso».

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I COLORI DEL RE di Paolo Moretti foto Andrea Butti / Pozzoni

A Castelmarte la fabbrica che produce i colori come si faceva nel 1400 «Realizziamo il pigmento con il quale si ottengono le vernici, l’Italia è la culla dell’arte ed è giusto che si conservi questa tradizione. I colori del re | Mag Settembre 2014 | 73


Colori per l’arte Il pittore Alberto Bogani davanti ad un affresco realizzato con i colori preparati dall’azienda di Castelmarte.

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orire con il re, che onore. Non così raro tra gli uomini chiamati a decorare le tombe degli imperatori Maya, che utilizzavano quantità di pigmenti di cinabro per abbellire l’ultima dimora del loro capo, che spesso era l’ultima anche per loro. Non sapevano che il cinabro, un rosso vivo i cui pigmenti venivano bruciati durante le cerimonie religiose, sprigionava mercurio con la combustione. Un veleno mortale, pericoloso per gli stessi archeologi che dopo millenni hanno rinvenuto i resti Maya. Flavio Bogani apre un vasetto pieno di polvere rossa e si macchia la punta delle dita: «Eccolo il rosso cinabro - spiega - Ma oggi, ovviamente, viene realizzato con prodotti di sintesi proprio per la tossicità del minerale da cui veniva ottenuto. Tantissimi altri pigmenti, però, vengono ancora oggi preparati esattamente come avveniva nel passato». E resistono all’incalzare del tempo grazie a Como. A un’occhiata distratta la fabbrica dei colori antichi appare come una casa isolata nel verde del Triangolo lariano. Ai margini delle rotaie delle Nord, a Castelmarte, si sale una breve strada in pendenza. Solo quando si varca il cancello si nota, dietro alla casa, il grosso capannone che ospita i macchinari dell’Abralux. Qui le ricette del passato della famiglia Bogani, titolare della Bottega del colore a Como (proprio di fronte al liceo classico), diventano i colori usati dagli artisti. «Abbiamo

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«Abbiamo accettato la sfida lanciata dai fratelli Bogani e siamo tornati alle origini, seguendo le antiche tradizioni»


cercato di tornare alle origini per ottenere tinte uniche e per proporre un modo di intendere l’arte che non segue i tempi, ma le tradizioni» chiosa Flavio, che con il fratello Marco siede dietro il bancone della loro bottega. La cucina dove quelle ricette del passato si fanno reali si trova, appunto, a Castelmarte, in una sorta di sfida per realizzare prodotti a km zero, che non siano uova o verdura.

«Abbiamo accettato la sfida dei fratelli Bogani e siamo contenti di averlo fatto» commenta Stefano Buzzini, titolare dell’Abralux, ditta nata nel 1938 che ancora oggi utilizza macchinari che lo stesso Buzzini definisce di «archeologia industriale». «Ci siamo appassionati - prosegue - allo studio storico del colore e dei materiali. Siamo andati a caccia di macchinari che ci permettessero di tradurre questa passione.

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«Qui noi realizziamo il pigmento - spiega ancora Buzzini che è la madre di tutto: dal pigmento vengono poi ottenuti i prodotti a base di olio o di acqua, le vernici. Ma tutto nasce da qui», da questa polvere che riporta la mente ai prodotti degli antichi speziali. Come nel passato anche qui ogni minerale, ogni prodotto vegetale viene macinato come in passato: «Un modo per non perdere quell’artigianalità dell’industria che in questo campo è un valore aggiunto» chiosano all’unisono sia Buzzini che Bogani. «L’Italia è la culla dell’arte e dei

«L’acrilico per colori moderni, l’olio di lino sbiancato al sole per ottenere brillantezza e come gli Egizi la cera d’api» Li abbiamo portati qui, li abbiamo dotati dei sistemi di sicurezza e ancora oggi funzionano e ci aiutano a dar vita ai colori come nel 1400». Lo sguardo di Buzzini si sofferma sul fondo del capannone, dove spiccano cinque enormi macchinari di forma circolare: «Quelle sono le mulazze. Li abbiamo recuperati da una ditta di Milano: non c’è una saldatura o un cuscinetto a sfera. Archeologia industriale, come dicevo». All’interno del macchinario enormi e pesantissime mole di pietra svelano senza troppi misteri l’ultimo lavoro fatto: in una domina un giallo tipo terra di Siena; accanto un’altra mulazza sembra emergere dalle profondità del mare, tanto è intenso il blu appena macinato; e poi il rosso e il nero e il verde.

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colori. Ed è giusto che noi si conservi questa tradizione», allontanandosi il meno possibile dalle radici. Alcuni colori, inevitabilmente, non possono essere più realizzati come in passato: «Caravaggio morì molto probabilmente avvelenato dal piombo contenuto nei pigmenti, perché usava i colori senza precauzione». Gli stessi problemi caratteriali di Caravaggio, così come di Van Gogh e Goya, si presume siano legati dall’ingestione dei colori, ad esempio a causa dell’abitudine di inumidire i pennelli con la bocca. Ogni lavorazione per ottenere i pigmenti può variare dai 40 minuti alle 4 ore: «Ma non esiste un tempo certo e una regola


precisa – afferma Buzzini – Ancora oggi dobbiamo decidere a occhio quando devo fermarmi perché il prodotto è pronto». La quantità di colori diversi è impressionante: ci sono i colori di terra come l’ocra rossa, la terra di Siena, la pozzolana («usata per fare gli acquedotti in epoca romana» spiega Flavio Bogani), l’arancio ercolano, proveniente dalla zona di Napoli, e il rosso Pompei («un colore magmatico, ricavato da terre molto ricche di ferro»). Ci sono poi colori che provengono dagli alberi («il carminio è ricavato dalla linfa distillata delle robinie») e ovviamente dai minerali. Ogni colore ha una storia, come il nero di lampada: «Viene chiamato così perché una volta veniva fatto utilizzando la patina nera che si forma sul vetro delle lampade a olio o a candela». Un mondo di tonalità per colorare il mondo: «Dopotutto il colore è ovunque – commenta Stefano Buzzini – ed è impossibile pensare a ciò che ci circonda in bianco e nero». «Il bello dei pigmenti, oltre alla riscoperta della tradizione, è anche la loro capacità di scatenare la fantasia e il gioco commenta Flavio Bogani - perché li mescoli con tutto. Se vuoi colori moderni userai l’acrilico, se vuoi colori più brillanti l’olio di lino sbiancato al sole, se ricerchi i colori degli antichi egizi allora mescolerai il pigmento con la cera d’api. Oppure puoi usare il bianco d’uovo, la fecola di patate: è una vera e propria pasticceria del colore», la cui farina è un pigmento che sopravvive nel tempo. E che chiede solo di poter colorare di fantasia una tela bianca.

In azienda Stefano Buzzini (a sinistra) titolare della Abralux con Alberto Bogani e i figli Flavio e Marco (a destra).

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Ogni vita è densa di immagini, ricordi, piccoli lampi di sguardi, sorrisi, contatti... Che si seguono come i secondi nell’orologio. Ne fermiamo pochi, pochissimi. Spesso quando siamo lontano da casa. Ma è la vita vera, quella dietro la porta di casa, che conta. Lì tra l’odore di caffè e biscotti, sulle piume del cuscino dove appoggiamo la testa prima di addormentarci, tra le nostre sagome in ombra, dietro tovaglie che asciugano al sole. Per raccontare la nostra storia, quella più importante e spesso invisibile agli occhi degli altri, c’è Morgana Pozzi. Accreditata tra i 15 migliori fotografi a livello nazionale, certificata Tau Visual, è una sorta di fata, che usa la macchina fotografica al posto della bacchetta magica. Apri la porta e la trovi lì, sorridente sullo zerbino con i suoi occhi neri profondi, le sue borse piene di obiettivi e strani accessori, la sua stretta di mano sincera. Entra in casa, o nel luogo prescelto per raccontare uno stralcio di vita in immagini, e poco dopo diventa invisibile. Appare e scompare, non chiede sorrisi forzati, non mette in posa, punta la macchina fotografica e ferma quello che, a occhio nudo, nessuno vedrebbe: quella particolare luce negli occhi, l’inclinazione del viso familiare solo a chi da tempo ci ama, quel raggio di sole che sfiora la nuca. Grazie a un calibrato equilibrio di tecnica ed empatia, da diverso tempo è tra le fotografe più richieste anche per scattare immagini di neonati. È il suo essere donna e mamma, infatti, prima ancora che professionista, a renderla immediatamente familiare a chiunque si trovi davanti al suo obiettivo, anche se venuto al mondo da pochi giorni o anni. A lei si affidano anche mamme in dolce attesa, coppie nel giorno del loro matrimonio, che non vogliono servizi fotografici da “catena di montaggio” e neanche pose artefatte, ma immagini che ritraggano la gioiosa semplicità di una promessa d’amore. Ed è l’amore quello che spinge Morgana Pozzi a svolgere questo lavoro, l’amore per il bello che c’è in ciascuna persona e quella “luccicanza”, invisibile agli occhi, che solo lei riesce a vedere. Di Francesca Marchegiano


IL MOVIMENTO CHE CAMBIA LA VITA

di Ricky Monti

La scelta di Federica Tettamanti e Christiane Piano. ÂŤLo yoga mi ha aperto un mondo, ho imparato a vivere una vita piena, libera e sincera, ad ascoltarmi in silenzio e a vivere il momento presenteÂť. Il movimento che cambia la vita | Mag Settembre 2014 | 79


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el mondo frenetico in cui viviamo a volte c’è bisogno di staccare la spina, sia mentalmente che fisicamente, e ciascuno ha il suo modo e i suoi tempi di farlo. C’è chi pratica uno sport, chi legge libri, chi si rilassa ascoltando i suoni della natura e c’è chi ha ritrovato se stesso con lo yoga. Federica Tettamanti, laurea in scienze della comunicazione indirizzo marketing a Lugano, con una forte passione per il fitness ha sentito il bisogno di cambiare vita attraverso lo yoga. «A un certo punto della mia vita ero stanca del mio lavoro, era tutto dettato dalla voglia di un successo personale nel

mondo lavorativo e sentivo il bisogno di cambiare. Ho voluto lanciarmi nel mondo del fitness e ora sono istruttrice in diverse strutture nel comasco. Sono riuscita a fare il salto grazie allo yoga

«Grazie allo yoga sto imparando a vivere meglio con le persone che ho accanto» e ora sto molto meglio». «Lo yoga mi aperto un mondo - aggiunge - ho imparato a vivere una vita

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piena, libera e sincera, ad ascoltarmi in silenzio e a vivere il momento presente! Grazie allo yoga sto imparando a vivere meglio con le persone, a stare più vicino a loro in un modo più profondo, a osservare tutto ciò che c’è attorno a me. Ho sentito il bisogno di fare qualche cosa per me e per questo motivo ho scelto il power yoga». Power yoga è lo yoga più dinamico con movimenti armonici e fluidi ma al tempo stesso energici. Una seduta di power yoga è una sequenza di posizioni, chiamate “asana”, che iniziano con il saluto al sole e un riscaldamento muscolare per raggiungere le giuste posizioni per


insegnante di yoga. «Ricordo alla fine di una lezione di yoga di aver pianto molto e qualche cosa si è smosso dentro di me che mi ha fatto pensare di intraprendere il percorso di Teacher training, grazie anche alla conferma della mia insegnante, per condividere con altre persone tutto quello che lo yoga mi ha donato e sentirmi una guida utile per loro».

terminare nel completo rilassamento sdraiati terra. Ho seguito Federica in una seduta di power yoga in un posto magico, sospesi a pochi centimetri dall’acqua del lago, con lo stridio dei gabbiani come sottofondo musicale e cullati dallo sbattere delle onde contro la riva. La sequenza del power yoga è sempre quella ed è uguale per tutti, sia per i principianti sia per chi lo pratica da anni. L’attrezzatura necessaria per praticare lo yoga è solo un semplice tappetino. Dopo due anni di pratica Federica intraprende il viaggio di diventare

«Una seduta di power yoga può durare dai sessanta ai novanta minuti - aggiunge - e ciascuno ha il suo ritmo. Però quando lo si pratica insieme ad altre persone, e automaticamente i respiri e i movimenti sono insieme, si crea una situazione di unione e di energia quasi indescrivibile a parole, un sentimento di unione con le alte persone presenti».

Tra cielo e acqua Una seduta di power yoga davanti al lago magicamente sospesi tra cielo e acqua.

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hristiane Piano ha conosciuto lo yoga circa vent’anni fa e ora è l’ambasciatrice del progetto Africa Yoga Project. Come ha conosciuto lo yoga? Ero a New York e stavo lavorando in una azienda di gioielli e alla sera studiavo per un master bilingue e pensavo fosse quello il mio futuro. Un giorno un’amica mi porta a Integral Yoga Institute nel West Village, e in quel periodo non era ancora così conosciuto lo yoga. Era un periodo con diverse preoccupazioni e timori e nello studio c’era l’obbligo del silenzio assoluto, assurdo per me vivendo in una città così frenetica e rumorosa. Quando entrò il maestro anziano nella sala notai che era vestito di bianco e aveva una luce, una calma,

una tranquillità enorme. Quello che mi aveva colpito è stato quando sono uscita da quello studio: ho sentito una tranquillità e una calma interiore profondissima e ho deciso che non lo avrei più lasciato lo yoga. Poi non potendo sempre permettermi di frequentare uno studio, ho imparato a pratricarlo da sola. Come è diventata insegnante di yoga? Non mi piace dire che insegno, mi sento più una guida nella stanza e cerco di condividere un percorso con chi è con me. Volevo avere una certificazione e ho contattato lo staff di Baron Baptiste e sono volata a Londra per fare un corso intensivo con lui di due giorni. Durante le sedute al mio fianco incontro una ragazza poi diventata la mia miglior amica. Ho conosciuto Baron poi sono

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Il mio sogno è che l’iniziativa Africa Yoga Project possa diventare un appuntamento annuale per Como partita con la mia famiglia per seguire un corso a New York, poi successivamente a Tulum, Mexico, e parlando con Baron è iniziato il percorso per diventare una sua insegnate ufficiale. Baron è specializzato sul capire chi sei mentre insegni e chi sei nella vita perchè non puoi separare le due cose, perchè non è la scuola di yoga che può fare la differenza ma è la persona.




Quale è il target delle persone che frequentano i corsi? Non esiste un target particolare, anche la mia suocera ha voluto conoscere cosa facessi e la persona più anziana aveva 87 anni. Spesso vengono adolescenti e ragazzi anche coi genitori, i ventenni stanno rispondendo bene ma anche molti dai 30 ai 50 anni. Che cosa è Africa Yoga Project? Tutto nasce da Paige Elenson, lavorava a Wallstreet e insegnava yoga a NY. Un giorno in vacanza con la famiglia in Kenia ha visto delle persone del posto fare acrobazie e affascinata si è unita a loro, lei praticava AcroYoga, e sem-

Non ci sono età per i corsi. Un’esperienza che coinvolge giovani e anziani

plicemente ha instaurato un contatto. Con un coraggio enorme ha deciso di lasciare tutto e ha deciso di tornare in Kenia per stare con quelle persone incontrare precedentemente, ha vissuto nelle baraccopoli insieme a loro. Durante i periodi complicati in Kenia lei aveva questa forza di condividere con le persone in difficoltà e ha iniziato a offrire yoga gratuitamente. Ha iniziato a formare insegnanti per condividere il più possibile lo yoga tra le persone, chiedendo anche aiuto a Baron Baptiste per fare formazione. Ora la maggior parte degli eventi sono in Nord America e servono per raccogliere fondi per diffondere sempre più questa bellissima idea. Quando è diventata ambasciatrice italiana del progetto? Quando sono stata in Messico, a Tulum, c’erano anche due persone del progetto Africa Yoga Project, Catherine e Moses con cui ho legato moltissimo e hanno parlato di me a Paige Elenson. Durante lo Yoga Festival di Milano, Paige mi

ha chiesto di diventare ambasciatrice del progetto. Ora mi sto dando da fare per organizzare eventi qui in Europa. E Africa Yoga Project è arrivato anche a Como. Si precisamente a Cernobbio l’8 giugno, dove abbiamo avuto l’onore di avere Paige e Walter Mugwe. Federica Tettamanti di Cernobbio mi ha aiutato nella realizzazione dell’evento e spero diventi un appuntamento annuale. Il prossimo sarà il 21 settembre a Roma. E la generosità dei comaschi? Devo dire che quando abbiamo fatto l’evento a Cernobbio abbiamo fatto una bella raccolta fondi, i comaschi sono stati molto generosi, molto più di quando lo abbiamo fatto a Milano.

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Monica Giordano

giovanna luchena

LA CURA DELLE DONNE di Laura D’Incalci

Totalmente rosa lo staff del reparto di oncologia dell’ospedale Sant’Anna. Guidato da Monica Giordano è composto da Gigliola Gini, Palma Pugliese, Raffaella Bianchi, Raffaella Epifani, Giovanna Luchena, Desiré Marussi. «Oltre alla competenza professionale, assume grande importanza la qualità della relazione umana nel rapporto con i pazienti».

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argo alle donne nei reparti ospedalieri. I camici bianchi si stanno decisamente tingendo di rosa. È un dato di fatto che trova conferma anche nelle Facoltà di Medicina e nelle Scuole di specialità dove la prevalenza femminile è attorno al 60% e il trend lascia presumere un’evoluzione che investirà il futuro. A Como un caso è eclatante: il reparto di Oncologia dell’ospedale Sant’Anna è totalmente “nelle mani” delle donne, in prima linea dalla base a i vertici. «Non si è trattato di una scelta a priori, ma semplicemente del

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fatto che agli ultimi concorsi le più titolate per accedere agli incarichi erano donne», chiarisce il primario Monica Giordano confermando comunque l’eccezionalità del caso, unico in Italia, di un reparto ospedaliero gestito da uno staff tutto al femminile che - fatto ancor meno scontato - prevede una “dottoressa” al livello dirigenziale. «Mentre il numero delle donne medico, sia nel nostro Paese che all’estero, è oggi indubbiamente elevato rispetto al passato, non è aumentato di pari passo l’accesso alle posizioni di vertice” precisa la Giordano indicando un


RAFFAELLA EPIFANI

GIGLIOLA GINI

PALMA PUGLIESE DESIRË MARUSSI

RAFFAELLA BIANCHI

dato nazionale del 15% di donne dirigenti che sale al 20% in Lombardia e che al Sant’Anna è attorno al 10% con 5 donne su circa 50 primari. Fra i testimonial per la recente campagna “Conciliazione vita lavoro” a sostegno di «un cambiamento culturale che aiuti a sviluppare nuovi modelli di condivisione fra uomini e donne e migliori la qualità della vita delle persone», l’oncologa glissa però velocemente sulla questione femminile per certi versi incompiuta. «È indubbio che ci siano ancora diversi passi da fare

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in assetti di lavoro concepiti secondo modelli maschili» ammette alludendo alle persistenti difficoltà che le donne affrontano nel coniugare maternità e professione, ma lascia intendere che il fronte decisivo è quello da giocare sulla meritocrazia, sulla competenza, sui fatti. E sulle continue urgenze che premono in un reparto dove «oltre alla qualità di competenza professionale - così spiega la stessa oncologa - assume grande rilievo la qualità della relazione umana». Non conclude la spiegazione, distolta da una chiamata telefonica… Un’urgenza ha interrotto l’intervista accendendo il pensiero sul rapporto fra rischi e benefici per una paziente: «Dice che vuole andare a casa? Vediamo… Sì, possiamo valutare…». La consulenza richiesta - così sembrerebbe - non verte su una diagnosi da confermare o sulle dosi di un farmaco da prescrivere, ma in quel frangente si concentra sul desiderio di una mamma che vuole tornare a casa dove è attesa dai bambini. «Controlliamo la febbre fra un’ora, poi vengo a vederla, me la passi… «Verrò più tardi, stia tranquilla, decideremo…» è la risposta della dottoressa Giordano. Che forse non si è lucidamente accorta di aver descritto la dinamica poco

prima accennata e reso ancor più lampante il significato di termini come patologia, cura, relazione…di aver cioè involontariamente delineato un approccio al problema sanitario che “in questo reparto di Oncologia” trova un fulcro nelle relazioni, nella capacità di ascoltare, di considerare un mondo psicologico e affettivo che va ben oltre l’aspetto scientifico-sanitario che pure catalizza la massima attenzione, competenza e ricerca su diagnosi e terapie d’avanguardia. «Una delle patologie prevalenti è il tumore alla mammella che colpisce una donna su 9 , il 15% con meno di 40 anni e con percentuali più elevate fra i 50 e 60 anni» prosegue descrivendo una serie di attività relative alla patologia oggi considerata una vera “epidemia” dato il notevole numero di casi e soprattutto considerando l’impatto della malattia sulle famiglie e sul contesto sociale. Per fronteggiare la varietà di problemi in situazioni evidentemente segnate da ansie, prevedibili angosce, terapie con pesanti effetti collaterali e una ricaduta di disagi anche oltre l’ambito strettamente sanitario, sono state infatti valorizzate diverse collaborazioni con enti e associazioni del territorio.

«Il nostro sostegno nasce dall’ascolto e dalla condivisione che può spezzare la solitudine»

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L’associazione “Centro di riferimento oncologico Tullio Cairoli”, in prima linea da oltre 20 anni con volontari preparati e quotidianamente presenti per alleviare le difficoltà dei malati e delle famiglie, fra altre iniziative ha organizzato il Progetto “di sostegno alla fragilità” mirato ad accompagnare -attraverso percorsi che utilizzano la naturopatia e vari trattamenti di medicina alternativa coniugati al gioco- i soggetti più deboli, bambini e adolescenti nella dolorosa prova della malattia o della morte di un genitore, o anche gli anziani spesso soli e in estrema difficoltà anche nel fronteggiare le incombenze pratiche. «Il confine fra l’aspetto sanitario e socio-assistenziale è sottilissimo nel nostro ambito» ribadisce il primario sottolineando che l’impegno basato sul metodo multidisciplinare, vero perno di un’attività professionale che esige una tempistica rapida nella diagnosi e nei percorsi di cura concordati fra specialisti di diverse Unità Operative, si allarga anche oltre, secondo un’ottica che tende a investire la condizione globale del paziente, le problematiche umane e sociali che la attraversano. «Per formazione noi medici generalmente siamo portati a valutare il nostro dovere solo dal punto di vista clinico considerando tutto il resto un di più… Invece in realtà

un approccio globale e l’attenzione a ogni dimensione del vissuto sono molto importanti, in certi casi decisivi anche nel miglioramento del decorso» spiega Monica Giordano indicando una linea pienamente condivisa dagli operatori a partire dal team dei medici composto da Raffaella Bianchi, Raffaella Epifani, Gigliola Gini, Giovanna Luchena, Desiré Marussi e Palma Pugliese. Di fatto, nel reparto di oncologia ad alto tasso di sensibilità femminile, l’attenzione ai pazienti e alla loro condizione sembra filtrata da uno sguardo allenato all’immedesimazione e pronto cogliere ogni cenno di risposta ai bisogni. È nata anche da questa propensione la miriade di iniziative tese a supportare donne e madri costrette dalla malattia e dalle terapie a un cambiamento radicale nell’ immaginarsi la vita e persino nel riconoscere se stesse: «La volontaria parrucchiera che interviene ad aggiustare il taglio della parrucca, ad esempio, porta un contributo importante, un segnale di conforto in una situazione di fragilità, offre un appiglio per ritrovare fiducia» nota ancora Monica Giordano che inizia da quel dettaglio per descrivere una serie di progetti volti ad alleviare anche il disagio dei tempi “vuoti”, inevitabili durante i periodi di ricovero e di cicli terapeutici, tempi carichi di estenuanti attese, di solitu-

«Una malattia che manda in pezzi la propria identità e rende difficile il fare progetti»

90 | Mag Settembre 2014 | Titolo articolo


dine e ansia. Per i pazienti in terapia al Day Hospital Oncologico e i loro familiari, per esempio, la Biblioteca intitolata a Giorgio Luraschi e inaugurata proprio un anno fa per iniziativa dell’associazione “Tullio Cairoli” e grazie al sostegno della Classe ‘42 della Stecca, risulta una meta interessante per la ricchezza di volumi e riviste; inoltre da qualche tempo è allestito il laboratorio “Il gomitolo rosa”, ideato da due signore appassionate di ricamo, che attira numerose pazienti più o meno abili a destreggiarsi con aghi e fili colorati, decise comunque a condividere uno spazio di creatività e compagnia. Non mancano fra le proposte che facilitano momenti di spensieratezza condivisa, eventi aggregativi di rilievo come gli incontri alla Fondazione Minoprio e i concerti all’interno dell’Ospedale Sant’Anna con cantanti famosi, da Ivana Spagna a Van De Sfroos, ospite ogni anno per il concerto di Natale. Ma il filo portante di quella alleanza fra sapere scientifico e dimensione umana che caratterizza i percorsi di chi approda al reparto di Oncologia, è intrecciato a una routine quotidiana dove sono tanti, - malati o toccati dalla patologia in quanto mogli o mariti, padri, madri, figli a volte bambini, anziani - ad avvertire la drammatica sensazione di una spada di Damocle che incombe sulla propria storia riempiendo i giorni di attese, paure, sconforto, coraggio, fiducia… «Il cancro è una malattia che presenta sempre un aspetto traumatico in quanto manda in frantumi l’identità e oscura la possibilità di fare progetti» nota Anna Berna, psicologa della Breast Unit attiva presso l’ospedale Sant’Anna, che sottolinea l’importanza di percorsi che aiutino chi si sente affacciato sull’orlo di un baratro a vedere che ci sono altre prospettive. «Il trauma può diventare occasione per una evoluzione», spiega indicando il passaggio dal non senso espresso dal «perché è successo proprio a me?» ad una nuova consapevolezza di sé che spinge a «risalire sul treno della propria vita». Questioni legate alle domande esistenziali e alla paura che la malattia tumorale proietta sull’esperienza di limite e sullo spettro della morte si intrecciano ai problemi immediati della quotidianità, alle preoccupazioni legate alla vita familiare che viene stravolta: «In questo ambito lo psicologo non affronta soltanto gli aspetti emotivi dei malati e dei familiari, ma esprime una vicinanza e un’accoglienza che spesso sconfina sul versante sociale, sulle questioni molto concrete» racconta Pierluigia Verga psicologa incaricata dall’associazione “Tullio Cairoli” che sottolinea la preziosa sinergia con realtà di volontariato che rispondono a bisogni specifici, come il servizio di trasporto per le persone più fragili, anziani soli ad esempio, garantito dall’associazione “Antonio Castelnuovo” di Cermenate. «Il sostegno che possiamo dare nasce da un profondo ascolto, da una condivisione

La condivisione Il primario Monica Giordano con medici e volontari.

che rompe la solitudine» prosegue la Verga ricordando tanti momenti di sgomento rasserenati da un piccolo gesto, da una promessa. «Non posso andare a parlare con gli insegnanti della mia bambina di terza elementare… se potesse andarci lei…». Concreti segni, impreviste risorse di bene, aiutano a scoprire un senso e un legame con la propria storia, con il passato e il futuro. Proprio come raccontano le immagini di alcune pazienti coinvolte nel progetto “Autofocus | Di ritorno da noi Fotografia per il supporto terapeutico” realizzato dalla psicologa Anna Berna e della fotografa Alice Asinari, con il sostegno del Lions Club, del progetto Arnaboldi e della classi ’36 ’42 ’60 della Stecca. Una paziente ritratta mentre lancia in aria fogli bianchi, nello scatto successivo impugna la penna per scrivere… un’altra che apre una serie di scatole con aria triste e delusa, di seguito assume una serena espressione di curiosità. Nelle creazioni fotografiche la narrazione continua così, con tratti emblematici che sembrano riassumere il senso di ogni impegno scientifico e terapeutico espresso nel reparto di Oncologia: trasformare, fino al confine ultimo del limite e del dolore, la sventura in avventura, sempre possibile. E tutta da raccontare.

La cura delle donne | Mag Settembre 2014 | 91



di Emilio Magni

“TRA GIÒ EL SU CUN LA SCUA” Detti e modi di dire dialettali che stanno scomparendo Dalle promesse dei politici al sole che tramonta da solo Un amico che vede sempre tutto nero e che valuta sempre del tutto vuoto il bicchiere anche quando questo è mezzo pieno, sostiene che tra meno di vent’anni più nessuno parlerà dialetto. Quando dice così mi fa parecchio arrabbiare. Però dentro di me devo riconoscere che forse ha ragione. Ecco perché ogni tanto mi piace ripescare parole e detti che ormai sono sull’orlo del baratro, con la speranza di fermarli qua ancora un po’. “El vureva tra giò el su cun la scua” è, per esempio, espressione dialettale colorita ed efficace, di certo adoperata in passato soprattutto nel mondo contadino, ma, per la verità, oggi quasi del tutto sconosciuta. Però è così piena di calore e di colore. Ma forse queste sarebbero considerate motivi di scarso peso se, a indurmi a recuperare questo modo di dire e a riproporlo, non mi fosse capitato di sentirlo veramente far parte, addirittura da protagonista, in una bella conversazione tra anziani che la stavano “contando su”. È accaduto recentemente in un paese della Brianza dove in quei giorni stava cominciando la campagna elettorale per le imminenti elezioni in comune. Anche se per il momento la battaglia politica sembrava non infiammarsi molto, qualche candidato alla poltrona di sindaco aveva preso già a divulgare la “magna carta” dei suoi propositi, dei programmi, delle promesse. “Farò questo, farò quello, non potrò mancare di soddisfare le sacrosante esigenze dei miei concittadini: una strada di qua, un ponte di là, poi anche la piscina”, era di questo tono un volantino elettorale distribuito da un “tirapiedi” del candidato sindaco entrato al

bar proprio nel momento dell’aperitivo e quindi di maggior affollamento. Chi con il bicchiere in mano, chi appostato lì in attesa di dire la sua, gli affezionati avventori presenti in quel momento, si misero un po’ tutti a leggere i volantini che il “tirapiedi” aveva strategicamente posato sui tavoli. All’istante sono cominciati i commenti di cui il più morbido fu: “Quante cose promette costui, sarà già tanto se ne farà una sola delle cose che annuncia con tanta sicurezza”. Pure tutte le altre critiche, appassionate o meno, poggiavano pressappoco sulle stesse frasi piene di sarcasmo. A distinguersi fu invece l’Agostino, detto “Gustén”, vecchio commerciante all’ingrosso, uno abituato al dialetto. “Quest el me par quel ch’el vureva tra giò el su cun la scua”, commentò “el Gustén”. E fu una risata generale, soprattutto perché non c’era proprio più niente di spiritoso che paragonare il candidato sindaco a una che aveva la pretesa di buttare giù il sole con la scopa, quindi cercare di fare una cosa impossibile. Secondo il mio amico Luigi di Melzo, grande cultore del dialetto meneghino, il modo di dire “Tra giò el su cun la scua”, si riferisce invece a un tipo che non ha voglia di fare nulla e se ne sta tutto il giorno all’ombra del gelso. Quando gli chiedono ma perché non lavora nei campi come tutti gli altri contadini, lui risponde che non può perché è lì ad aspettare di buttare giù il sole con la scopa. Alla fine della giornata tuttavia gli chiedono ancora: “Alura stu su te le tra giò?”, ma lui risponde “L’è andà giò de per lu”. Il sole è andato giù da solo e lui non ha fatto nulla per tutto il giorno.

Le parole che non tornano | Mag Settembre 2014 | 93



di Paola Mascolo

Grafologa.Membro della Société Française de Graphologie, iscritta Associazione Grafologica Italiana e Associazione Grafologi Professionisti. Perito grafologo, consulente tecnico del Tribunale di Como e rieducatrice della scrittura.

GIOVANNI COLELLA EFFICIENTE E MAI NEL PALLONE L’allenatore del Como, ama essere schietto. Socievole e non esibizionista Indole solitaria che tende più ad interiorizzare i sentimenti che esprimerli

Giovanni Colella, 48 anni, allenatore del Como Una scrittura che comunica immediatamente molta spontaneità e poco convenzionalismo. Giovanni Colella parla di sé senza costrizioni, né costruzioni. Non è persona che plasmi un’immagine di sé da fornire agli altri, resta semplicemente sé stesso, nel bene e nel male, con quello che può portare a casa di buono da questo suo porsi in modo poco studiato e con quello che può perdere. Sensibile, più intellettuale di quanto mostri. È reattivo alle emozioni, non mette molti filtri. Ironico, talvolta per difendersi. Ha buona fantasia e una bella dose di inquietudine interiore da gestire. Non ama i formalismi, si sente a suo agio nel dare pane al pane e vino al vino. Disponibile e sempre desideroso di fare del suo meglio. Raggiunge i suoi obiettivi senza aggredire quel che deve avvenire, cerca sempre di mettere un po’ di distanza da fatti, cose e persone. Ama essere chiaro e schietto. Socievole quanto basta, non è un esibizionista, tutt’altro, preferisce isolarsi, lasciare un po’ di silenzio intorno, non riempire di chiacchiere tutto lo spazio che ha a disposizione. Giovanni ha un’indole solitaria che tende più ad interiorizzare i sentimenti che esprimerli. Ha dentro di sé una motivazione forte, risultante in

parte da un senso di rivendicazione verso qualcosa che avrebbe voluto mostrare ed affermare più marcatamente. Qualcosa per cui attaccare sempre, facendolo in modo ponderato, riflessivo, senza eccessi. Ha buon controllo, forza di volontà e fedeltà alle decisioni prese. Alla fine riesce a tener bene in equilibrio ragione e sentimento. Non si fa influenzare, anzi, necessita proprio di sentirsi super partes. Gli piace l’efficienza e apprezza le persone di poche parole. È capace di arrangiarsi, una buona arte per tanti aspetti. Va verso gli altri in modo sincero, è un amico, ma per pochi, seleziona molto le persone con cui entrare in confidenza e lascia sempre spazio tra sé e l’altro. E’ infastidito da chi cerca di invadere la sua sfera privata, da chi vorrebbe analizzare il suo modo di essere ed indagare in profondità le sue ragioni. Lavora bene ed in sintonia in un gruppo dove non è la competizione a dettare il ritmo delle cose da fare. E’ istintivo e spesso non prevedibile. Anche nelle sue reazioni qualche volta potrebbe risultare poco lineare. E lui, ovviamente, non deve dare una spiegazione perché non tutto è spiegabile. Il rischio che corre Giovanni è di cadere in un eccessivo schematismo, di ricondurre a troppa essenzialità ed astrazione alcuni aspetti che andrebbero invece nutriti con gesti più ampi e – se occorre – anche ampollosi. Un po’ di savoir-faire toglierebbe il gusto della spontaneità e della genuinità, ma potrebbe essere una tattica da adottare per volgere al meglio le doti di intuizione, energia vitale e forza di volontà che possiede. Giovanni, tramite la sua scrittura, non nasconde nulla di sé, persino quel sottofondo di ingenuità un po’ puerile che caratterizza il suo modo di porsi e le sue reazioni, sempre molto veraci, emerge con naturalezza.

Tutto in un tratto | Mag Settembre 2014 | 95



La notte gialla In quattromila alla manifestazione di Turate

Tanta gente per la notte gialla turatese, organizzata dal Comune, in collaborazione con esercenti e commercianti. Circa quattromila le persone che hanno partecipato alla manifestazione. L’obiettivo del Comune è stato di riproporre la kermesse sia

per rilanciare il commercio che per dare a tutta la cittadinanza l’occasione di trascorrere qualche ora in allegria all’aperto. Trial acrobatico, ballo liscio, musica e concerti in centro, con karaoke, dall’hip hop, alle hit italiane, all’hard rock.

Titolo articolo Eventi ||Mag Mag Settembre 2014 | 97


La città e il suo patrono Como celebra Sant’Abbondio tra fede, folklore e tradizioni

98 | Mag Settembre 2014 | Eventi Titolo articolo


Festa a Como per la celebrazione di Sant’Abbondio patrono della città. Momento centrale il pontificale in Duomo presieduto dal vescovo Diego Coletti. Ma la festa è stata anche occasione di far rivivere le annuali tradizioni, la sfilata dei figuranti del Palio del Baradello, il mercatino dei prodotti tipici, la mostra zootecnica inaugurata dal sindaco Mario Lcuini, la cucina e il mercatino organizzato dalla Stecca a favore dell’Ozanam.

Eventi ||Mag Mag Settembre 2014 | 99 Titolo articolo


Volontari protagonisti Momento di festa e di esercitazione a CantĂš tra fede, folklore e antiche tradizioni popolari

Giornata del volontariato a CantÚ con la partecipazione di Croce rossa, Vigili del fuoco e Protezione civile. Tanti i volontari presenti in piazza, anche a conclusione del corso di formazione organizzato dal gruppo Giovani di Croce Rossa al Campo Solare. Prima della cena, una dimostrazione congiunta dei volontari: una simulazione di un incidente a un boscaiolo, un recupero di persona su un balcone e l’intervento di un’ambulanza per un arresto cardiaco.

100 | Mag Settembre 2014 | Eventi Titolo articolo



Festa dell’ospite al Victoria di Menaggio

102 | Mag Settembre 2014 | Eventi Titolo articolo


Si è svolta al Grand Hotel Victoria di Menaggio la 30° edizione della “Festa dell’Ospite” da sempre fortissimamente voluta dallo spumeggiante padrone di casa Alberto ( Albertino per gli amici) Proserpio. La serata ha visto la partecipazione di circa 100 ospiti tra cui il sindaco di Menaggio Adolfo Valsecchi , il prefetto Bruno Corda e il direttore regionale di Intesa San Paolo Pier Aldo Bauchiero che ha

anche premiato alla fine con un assegno di € 2.000 una giovane imprenditrice locale quale stimolo per la sua nuova attività. L’ospite premiato è stata una coppia irlandese che da anni frequenta l’hotel. Durante la serata il grande musicista Lino Patruno (fondatore del gruppo I Gufi) e la sua band hanno intrattenuto gli ospiti con musica jazz degli anni 40/50 sino ai brani di Morricone. Eventi | Mag Settembre 2014 | 103


foto di Lorenzo Bianchi e Mario Ghielmetti

Gli alpini alla Canottieri Lario Duecento persone alla serata conviviale in riva al lago

Sta ormai diventando tradizionale l’incontro che vede gli alpini comaschi e gli atleti della “Canottieri Lario” in una serata conviviale in riva al lago. Il legame tra Alpini e Canottieri nasce tutto dal fatto che il Presidente della Canottieri Enzo Molteni è stato un ufficiale degli Alpini ed è iscritto alla Sezione A.N.A. 104 | Mag Settembre 2014 | Eventi Titolo articolo

di Como. Ha quindi pensato che fosse simpatico mettere a tavola insieme le due associazioni, per una cena rustica e con quattro salti sulle note del complesso. Lo scenario serale del lago ha fatto da sfondo a una serata veramente simpatica, nel corso della quale non sono mancati interventi da parte dei Presidenti di Alpini e

Canottieri, per ricordare agli oltre duecento commensali le attività svolte dalle penne nere e per far memoria delle vecchie glorie del canottaggio comasco, primo tra tutti Giuseppe Sinigaglia La serata è stata accompagnata da “Chitarre da spiaggia” il complesso costituito da alpini, che ha proposto canzoni degli anni ’60. Musica che ha


accompagnato una degustazione di polenta, cucinata in diversi modi dagli alpini del Gruppo Monte Olimpino, con la collaborazione dei cuochi dell’unità di Protezione Civile dell’A.N.A. di Como.

Titolo articolo Eventi ||Mag Mag Settembre 2014 | 105


UN GRANDE LAGO TRE STORIE EMOZIONANTI Dal 25 settembre con La Provincia c’è il DVD “Un Lario da record”, di Donatella Cervi Lago di Como. Danilo Bernasconi, con una immersione durata 50 ore e 7 minuti, conquista, nelle acque buie del Lario, il record mondiale assoluto, prima di allora detenuto dagli Usa. Lo scrittore Giuseppe Guin, a poca distanza, sulle sponde dello stesso lago, intreccia storie e leggende, che narrano di un mondo misterioso e intrigante. Il cantautore Simone Tomassini, con il fascino delle sue canzoni, sorvola panorami unici nella loro bellezza. Tre storie che si intrecciano… nello stesso angolo di lago.

Simone Tomassini

Danilo Bernasconi

Giuseppe Guin

In edicola a € 8,70* + il prezzo del quotidiano.

106 | Mag Settembre 2014 | Titolo articolo * Gli abbonati possono acquistare il DVD a euro 8,70, senza il sovrapprezzo del quotidiano presentando in edicola la propria copia del giornale. Iniziativa valida solo a Como e provincia.


Voci al Cantalanzo Grande successo della manifestazione canora

La quattordicesima edizione del Cantalanzo premia Giulia Buzzi, che con “Out here on my own” di Irene Cara ha incantato il pubblico e la giuria: la giussanese si merita così l’accesso al festival di Castrocaro. Piazza d’onore per la comasca Da-

niela Ortelli. Terzo classificato Mario Londino, che si è anche aggiudicato il premio della giuria popolare e quindi l’accesso a Sanremo Rock. Valentina Inganni, da Arogno (CH), è stata la vincitrice della categoria “voci nuove”.

Eventi | Mag Settembre 2014 | 107



La reliquia di Papa Wojtyla Il dono di suor Maria Luisa alla parrocchia di Oltrona Nel cinquantesimo anniversario di professione religiosa, suor Maria Luisa, al secolo Elda Roncoroni ha offerto alla parrocchia un quadro su tela di Papa Giovanni Paolo II e una reliquia con gocce del suo sangue. Il dono della religiosa che curò Karol Wojtyla durante i suoi otto ricoveri al Gemelli è stato consegnato nel corso della solenne messa in cui sono stati festeggiati gli anniversari di professione religiosa di due sacerdoti e altrettante suore originari di Oltrona.

Eventi | Mag Settembre 2014 | 109



di Serena Brivio

Chic e sporty La moda è libera Il guardaroba autunnale è un mix di forme e tessuti Quando la moda significa libertà: di mischiare capi chic e sporty, di giocare con stampe e tinte diverse, di esagerare con le taglie. Il guardaroba autunnale prende a prestito il mix di forme e tessuti dello street-style, di giorno e di sera. Sia nell’uomo che nella donna dettagli dandy convivono con look sportswear e pezzi rock.

piumini imbottiti abbinati a leggings di lana. Di grande attualità i print fiorati, i grafismi simili a pitture murali, i check dilatati e le geometrie elaborate con le più sofisticare tecniche digitali. E la sera? Una scintillante tuta di lamé o tessuto spalmato d’oro. Accessori consigliati: divertenti bag

Qualche esempio? La giacca sartoriale si porta con pants di pelle. Oltre al cappotto elegante c’è spazio per poncho oversize di lana multicolor, lunghi gilet di pelliccia eco sopra jeans e pull a coste,

con charms o a forma di violino e scarponcini borchiati. Chi vuole puntare su dettagli ancora più street non rinuncerà a calzini e calzettoni, da vera trendsetter.

s (fashion) | Mag Settembre 2014 | 111



di Luca Meneghel

Navigando nella storia

Il sito dell’istituto di storia contemporanea Pier Amato Perretta Nato alla fine del 1977 su intuizione di Giusto Perretta, l’Istituto di storia contemporanea Pier Amato Perretta di via Brambilla è da più di trentacinque anni un punto di riferimento per la cultura e la ricerca comasca. Nato quando ancora non esistevano i computer, oggi l’istituto offre un sito Internet (http://www.isccomo.org/) ricco di documenti e spunti interessanti. Ideale tanto per gli storici di professione - alla ricerca di fotografie, scritti e registrazioni audio d’epoca - quanto per i semplici curiosi che intendono fare un viaggio virtuale nel passato del nostro territorio. L’home page offre una panoramica di tutti i contenuti del portale. Al centro ci sono gli orari di apertura della sede e della biblioteca, sulla destra sono disponibili le ultime notizie e gli appuntamenti in programma (mostre, convegni, presentazioni di libri) a Como e in provincia. Dalla barra superiore si accede invece alle diverse sezioni del sito. Dalla sezione archivio è possibile fare ricerche nei fondi conservati dall’istituto. Ci sono i materiali dell’Anpi Como, che comprendono documenti clandestini prodotti dal CLN e dal CLNAI, e materiali più particolari: è il caso del fondo Angela Negretti, staffetta partigiana della 52a brigata Garibaldi e membro dei gruppi di difesa della donna, composto da 277 carte originali con gli elenchi delle diverse formazioni nel Comasco, denunce a carico di fascisti e verbali di interrogatori. Non manca un archivio sonoro che comprende più di trecento cassette audio contenenti testimonianze d’epoca.

Le ricerche si possono effettuare anche nel catalogo della biblioteca dell’istituto, che comprende più di ventimila libri e opuscoli. Dentro c’è di tutto, dai libri per ragazzi ai saggi specialistici per gli storici. Preziosa anche l’emeroteca con le sue duemila testate: qui si trovano anche le raccolte dei giornali clandestini della Resistenza, del movimento

cooperativo e dei movimenti giovanili degli anni sessanta e settanta. Tra gli scopi principali dell’istituto c’è ovviamente l’educazione. I professori troveranno spunti interessanti nella sezione didattica: ogni anno gli esperti dell’istituto sono a disposizione per lezioni su temi specifici e visite guidate. L’istituto offre anche la possibilità di allestire sei mostre, che nel corso degli anni hanno girato decine di scuole della provincia: si va da «La Resistenza nel comasco» ad allestimenti più particolari quali «Disegni e poesie dei bambini del ghetto di Terezin»; sul sito è disponibile una descrizione dettagliata di ogni mostra. Storie interessanti si trovano anche nelle sezioni articoli e saggi. Qui vengono ripresi testi sul Novecento comasco pubblicati nel corso degli anni da quotidiani, riviste e libri accademici. Immancabile, infine, una sezione dedicata alla storia

dello stesso Istituto di storia contemporanea dedicato alla memoria di Pier Amato Perretta, magistrato antifascista originario di Potenza arrivato al tribunale di Como nel 1921. L’Istituto di storia contemporanea è anche su Facebook con un gruppo - che conta più di quattrocento membri - dedicato ai cultori della materia. L’iscrizione consente agli utenti di restare sempre aggiornati sulle iniziative in programma, di interagire con gli esperti dell’istituto, di leggere, pubblicare e discutere articoli storici. Non mancano un’ampia sezione fotografica e una raccolta di articoli in formato pdf da scaricare sul proprio computer.

SEGNALAZIONI

ANPI COMO www.anpicomo.it Il sito ufficiale dell’Associazione Nazionale Partigiani della città OMO TOURISM www.comotourism.it Il portale del turismo comasco, con molti itinerari storici. MUSEI RACCOLTE COLLEZIONI cultura.provincia.como.it/cultura/sistemamuseale/ Tutti i musei di Como e della sua provincia

Hai un sito dedicato a Como, al Lario e al territorio circostante? Vuoi segnalare un blog ai lettori del MAG? Scrivi una mail all’indirizzo navigazionilariane@yahoo.it.

Navigazioni lariane | Mag Settembre 2014 | 113


di Carla Colmegna / c.colmegna@laprovincia.it

La canzone del bambino fabbro Ricorda gli studi dello storico comasco Merzario il libro che Dominioni dà alle stampe per raccontare la vita dei bambini lariani che, in età oggi impensabile per essere avviati al lavoro, venivano iniziati alla professione e all’estero. La storia, vera, si cuce attorno a una canzone che ha origine dalla fantasia di una bambina di 9 anni, la stessa età del protagonista,e che verrà musicata poi dalla banda di Domaso. Benedetto Battistessa, nato sui monti dell’Alto Lario venne avviato alla professione di fabbro a 9 anni sul lago e poi in Francia, ma come apprendista muratore e farà in modo che il suo paese d’origine si ricordi di lui. “La canzone del bambino fabbro. L’infanzia lariana d’un impresario di Francia” Castelnuovo Maria Orsola Alessandro Dominioni Editore pp. 145, 14 euro

La Valle Intelvi Uno spaccato interessante sull’immenso patrimonio culturale della Valle Intelvi è offerto dal quarto quaderno scientifico “La Valle Intelvi”. Su questo numero sono riportati contributi che riguardano la ricerca storica e quella artistica, tra cui Santa Maria del Tiglio, gli stucchi di palazzo Lascaris e in cantieri dei Cantoni. Il contributo dato dalla rivista è prezioso perché permette di informarsi su argomenti diversi, ma tutti trattati con competenza e scientificità, pur non essendo lettori specializzati. Il carattere divulgativo viene infatti sempre rispettato a vantaggio dell’utilizzo della pubblicazione che è disponibile in formato cartaceo o in pdf sul sito www. lavalleintelvi.it liberamente sfogliabile. Non manca una sezione dedicata alla poesia con i contributi della poetessa e scrittrice Rosa Maria Corti per i 40 anni di Appacuvi.

Il Dio capovolto Si intitola “Il Dio capovolto. La novità cristiana percorso di teologia fondamentale” il libro scritto dal biblista comasco Bruno Maggioni e da don Ezio Prato che tiene il corso di Teologia fondamentale al seminario di Como. L’analisi, approfondita e specialistica, racconta di Gesù che, attraverso la sua storia, rovescia l’idea di Dio lontano e lo presenta invece come vicino all’uomo. Gli autori approfondiscono i fondamenti della fede offrendo un utile strumento di analisi agli studiosi, ma permettendo anche al lettore non specialista di indagare il concetto della fede e i suoi fondamenti. “Il Dio capovolto. La novità cristiana percorso di teologia fondamentale” Bruno Maggioni ed Ezio Prato Cittadella editore pp. 356, 22,80 euro

114 | Mag Settembre 2014 | Scaffale


Mille scudi e cento rane Il romanzo storico di Manlio Baccaglini sull’amore di Alessandro Volta per Marianna Di libri su Alessandro Volta scienziato e stimato professore all’università di Pavia, la sua pila, le sue ricerche, ne sono stati pubblicati parecchi; ma non era ancora stato approfondito il suo amore, ricambiato, per una cantante lirica, una buffa, come venivano chiamate nell’età dei lumi: la signorina Marianna Paris. Un amore passionale, vent’anni di differenza tra i due amanti, scandaloso per le autorità accademiche, per la Chiesa, per le autorità politiche austriache: le cantanti liriche non godevano di una buona reputazione. E naturalmente contrastato dalla famiglia Volta, da Luigi e Giovanni, i fratelli arcidiacono e diacono della cattedrale di Como, il primo con il desiderio di diventare vescovo della città, e dalla sorella Cecilia, monaca benedettina nel monastero di Santa

Margherita a Como. Una famiglia complicata se si ama una buffa! “Mille scudi e cento rane. Volta e Marianna: un amore nell’età dei lumi”, il romanzo storico dell’avvocato Manlio Baccaglini, uscito postumo, racconta la storia di questo amore basandosi su documenti storici, tra cui le lettere originali intercorse tra i due fratelli Luigi e Alessandro; e nel raccontarlo dipinge un’intera epoca segnata dall’Illuminismo intellettuale e scientifico, sono gli anni della Rivoluzione francese. Sullo sfondo una Como che in parte esiste ancora, con i palazzi nobiliari, le strade allora percorse dalle carrozze, con piazza San Fedele luogo del più importante mercato provinciale. E poi Campora, dove Volta amava ritirarsi per fuggire anche alle ire del fratello Luigi.

Un romanzo storico da leggere tutto d’un fiato, scoprendo pagina dopo pagina il perché dei mille scudi citati nel titolo. “Mille scudi e cento rane. Volta e Marianna: un amore nell’età dei lumi”, Manlio Baccaglini, Ibis editore, 17,50 euro, 332 pagine.

GUIDA INTERATTIVA AL LAGO DI COMO Nuova e completa guida del Lago di Como con una novità assoluta: delle località turistiche più importanti la guida riporta un QRcode che dà la possibilità di accedere alle pagine dei vari siti Internet semplicemente avvicinando uno smartphone o un tablet. I lettori potranno così avere tutte le informazioni: dagli orari di treni, battelli, funicolare, alle aperture di ville e musei, agli itinerari e visite consigliate, alle manifestazioni sportive, eventi musicali, sagre e feste tradizionali, fiere e mercatini. La guida è composta di 300 immagini a colori che illustrano ogni angolo del territorio lariano. Lago di Como Como lake Enzo Pifferi editore Testo Italiano inglese - 300 immagini 19,50 euro, 240 pagine.

Scaffale | Mag Settembre 2014 | 115



di Bernardino Marinoni

La storia del misultin

Il micrometyraccio di Civelli. “Unique speciality from the Lake of Como” Poteva essere una scommessa, quella di contenere in un minuto l’ultrasecolare storia del misultin - “Unique speciality from the Lake of Como”. Che quell’esclusività sia vera oppure no è argomento di altre pagine, ma va ripresa, ancorché collocata com’è tra parentesi nei crediti di “Il missoltino”, corto, quasi micrometraggio, di Niccolò Civelli. Da considerare un virtuosistico prologo tutto lariano di Expo 2015, il biglietto di visita per immagini di un piatto peculiare servito con eleganza da un regista-oste: formazione cinematografica a Roma, tavole imbandite alla P’Osteria di Argegno. Con il cortometraggio dedicato al misultin Civelli ha messo a frutto la sua duplice competenza, perché “Il missoltino” non si esaurisce in una pur lecita sfera promozionale. In sessanta secondi vanno in scena la pesca dell’agone - il pescatore deve essere uno degli ultimi professionisti sulle acque lariane - e salatura, essiccazione, confezionamento del misultin. Senza impressione alcu-

na di accelerazione nel breve tempo del cortometraggio, e al contrario con quella ritualità che “Il missoltino” coglie e rappresenta in immagini che del lago respirano un’aria di intatta tradizione popolare. In una luce ambrata, che valorizza il sembiante vagamente appassito del misultin, la latta - la misolta, in cui è contenuto disposto nella prescritta corolla - prende velocità ruotando sul panorama lacustre, per finire dritta in tavola. Con una piccola invenzione registica che prelude all’inquadratura del piatto per eccellenza lariano - il fondale niente affatto intercambiabile sul quale il cortometraggio si era aperto. Convenientemente muto, pago di un vivido commento musicale, “Il missoltino” trova così la strada di un percorso per immagini che è riassuntivo eppure appare integro, dalla rete da pesca alla classica imbandigione. Più che verosimile, è proprio quel percorso naturale di cui “Il missoltino” raccoglie il distillato: riprese accurate al limite del calligrafico, montaggio

sapiente, ed è un minuscolo peccato il refuso, infine, nel nome del regista che, comasco, per la prima volta si è messo alla prova nel suo stesso territorio. Navigando in acque - gastronomiche - con le quali il cinema ha antico commercio, ma non sul Lario. “Il missoltino” perpetua quello che documenta, un piatto locale, squisito, con immagini parimenti squisite, e non era semplice impresa. L’incisività delle immagini permane; ma per la cultura lariana, dove il misultin ha un ruolo eminente, vederlo protagonista di un minuscolo documentario, è un tributo. A un piatto povero che è stato nel frattempo nobilitato, ma senza dimenticare che d’inverno rappresentava una preziosa riserva sul lago che Civelli percorre, nel minuto, ha dichiarato, più lungo della sua vita, inquadrandolo dal Pian delle Alpi, poi a Sant’Anna di Argegno, al borgo dei pescatori di Ossuccio. In un minuto, insomma, il lago più antico in una inedita inclinazione romantica e, s’intende, gastronomica.

IL CIELO DEL LAGO DI COMO «Che un Dio ci sia, quando si guarda il cielo del lago di Como, è evidente». Così parlò Robin Williams, la cui recente scomparsa è doveroso ricordare. L’espressione, posta in esergo alla pratica guida (“Le stelle del lago di Como”) edita a suo tempo per conoscere i luoghi delle maggiori ambientazioni cinematografiche comasche, andrebbe scritta nel piombo, se mai un monumento cineturistico lariano si dovesse erigere. Infatti può considerarsi la più devota testimonianza d’amore per il Lario da parte di un uomo di cinema, per quanto numerosi se ne contino, tra attori e registi, adepti di una bellezza naturale che lo schermo ha a più riprese riflesso. Nel caso di Robin Williams, l’espressione è in sintonia con un film, “Al di là dei sogni” (1998), di cui l’attore è interprete protagonista: un uomo che va oltre i confini della morte e del tempo per ritrovare la donna che aveva conosciuto su un lago, innominato, ma prossimo ai confini svizzeri. “Al di là dei sogni” perciò è stato girato anche sul lago di Como, il soggetto un po’ fantasy un tanto new age forse ha incentivato la visione superna di acqua e cielo così come è apparsa a Robin Williams. Di là, cioè, dell’ortodossia del panorama impagabile, dell’aura romantica del lago: da Greta Garbo che ne proclama la bellezza in “Grand Hotel” a Fred Astaire che in “Royal wedding” (Sua Altezza si sposa) corteggia Sarah Churchill cantando “You’re lake Como when dawn is aglow”, sei il lago di Como quando all’alba si illumina.

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di Marinella Meroni

Anche fido va alle terme In Usa è scoppiato il boom delle Spa per animali. Si tratta di centri benessere dove gli amici pelosi ricevono cure che non hanno nulla da invidiare a quelle umane. Anche in Italia, sono sorti centri e hotel che offrono percorsi benessere per animali. Non si tratta solo di un vezzo, ma di terapie per la salute psico-fisica del 4 zampe, come la fisioterapia riabilitativa, valido complemento alla medicina chirurgica e farmacologia per malattie neurologiche e muscolo/scheletriche degli animali, che accelera tempi di recupero, danni da prolungato immobilizzo, migliorando la funzione articolare e la riduzione del dolore, confermato dai risultati scientifici pubblicati su “La settimana veterinaria”n.585 del 21.11.2007. La fisioterapia è un valido aiuto nella cura conservativa della displasia dell’anca o dopo gli interventi chirurgici. Le pratiche sono le stesse usate nella riabilitazione umana: magnetoterapia, idroterapia, massaggi elettrostimolazione, ginnastica attiva, ultrasuonoterapia,agopuntura,shiatsu ozonoterapia. Gli ultrasuoni accelerano la guarigione, alleviano problemi cronici, si svolgono in più sedute di circa 5/10 minuti. L’idroterapia migliora la funzione cardiorespiratoria, il movimento articolare,riduce il dolore,il controllo del peso e il mantenimento in buona forma nei cani anziani. Nell’agopuntura, ammessa dall’organizzazione Mondiale della Sanità, si inseriscono sottili aghi sterili in punti precisi del corpo. Le malattie trattate sono: algiche, osteo-muscolari, locomotorie, cardiopatie e geriatriche, si hanno buoni risultati anche in forme comportamentali. Lo shiatsu avviene tramite pressione fatta con le dita in zone del corpo che corrispondono ad un certo organo, che non svolge solo funzioni fisiologiche ma pure aspetti emotivi. Ad esempio il fegato gestisce anche l’emozione della collera. Trattando quindi una parte del corpo con questa tecnica si può influire sugli squilibri corpo/mente. Lo shiatsu stimola l’autoguarigione, è indicata in soggetti sensibili, con vissuti terapeutici traumatizzanti. Non sostituisce terapie mediche ma è un valido complemento. Anche i cani o mici ansiosi, che mostrano evidenti disturbi ossessivo /compulsivi, come inseguire la coda, acchiappare mosche inesistenti o leccarsi di continuo la zampa, troveranno beneficio in una Spa, tra massaggi o nuotate in una vasca idromassaggio. Stessa cosa per animali in sovrapeso e anziani prevenendo gli acciacchi dell’età. Nei centri sono curate anche dermatiti con bagni medicati, fatti da personale qualificato, con prodotti indicati dal medico. Insomma c’è ne’ per tutti i gusti. Le spa vicino a Como sono “Le terme di Fido” a Pessano con Bornago (Mi)- tel. 02 9574 5296,uno spazio coperto di Mq.6oo con piscina, palestra, idrotech 2000, tapis-roulant in acqua, idromassaggi, e toilettatura, più Mq 1.500 all’aperto cintati, dotati di percorsi vari. Si attuano corsi formativi per educare umani e cani ad una serena convivenza e incontri serali gratuiti dove esperti cinofili affrontano temi che vanno dalla cura del manto ai problemi comportamentali. www.letermedfifido.it . Nel Centro Cinofilo Europeo a Novate (Mi) tel. 02-39100286 la piscina coperta è a disposizione sia dei cani che dei proprietari consentendo un bagno a 8 zampe. Si insegna a Fido a nuotare, giocare in acqua, tonificare i muscoli grazie a un sofisticato sistema di getti subacquei. Info www.centrocinofiloeuropeo.it- Il divertimento è garantito ai 2 e 4 zampe .


di Pietro Cantone

«Dottore, il mio bambino Ha la dermatite atopica!» La diagnosi, la cura e gli errori da non commettere Tutti i consigli per affrontare le malattie della pelle La dermatite atopica è una malattia della pelle frequente nell’età pediatrica. È caratterizzata da lesioni cutanee pruriginose, persistenti nel tempo, con localizzazioni e caratteristiche diverse a seconda dell’età del bambino associata a un prurito molto disturbante. Come si fa la diagnosi La diagnosi e’ esclusivamente clinica e deve essere fatta dal medico in base alla presenza delle caratteristiche manifestazioni cutanee associate a prurito, alla frequente presenza di familiari con malattie allergiche, alla localizzazione delle lesioni e all’andamento cronico della malattia. Raramente la D.A. compare nei primi due mesi di vita. I test allergici non sono determinanti né per la diagnosi della malattia né per la definizione della sua origine allergica,. Essi dunque non sono necessari né per accertare la malattia né per deciderne il trattamento, alimentare o farmacologico perche’ si può avere un test positivo ma tollerare perfettamente l’alimento. La prova fondamentale se si sospetta un’allergia agli alimenti è l’eliminazione dell’alimento o degli alimenti sospetti (test di eliminazione), in genere latte e uovo e, talora il grano per periodo di tempo (4-8 settimane) valutando il miglioramento dei sintomi e reintroducendo gli alimenti sospetti per valutare la ricomparsa dei sintomi (test di provocazione o challenge) La dermatite atopica è sempre un’allergia? No, non sempre. I fattori responsabili della dermatite sono molteplici e l’allergia è solo uno di essi, non sempre presente. Dominante è in ogni caso il fattore costituzionale, ereditario con una

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pelle secca (xerosi) con scarso contenuto idrico, facilmente irritabile, estremamente sensibile a fattori lesivi, infettivi, batterici e virali, fisici, chimici. L’allergia alimentare è presente soprattutto nel bambino più piccolo ma è spesso assente nella D.A. oltre i due anni di età. L’allergia all’acaro è molto importante nella D.A., sia per quanto riguarda la sua insorgenza che il suo mantenersi nel tempo e aumentando anche il rischio di comparsa di una futura allergia respiratoria .

Come si cura? E’ importante che i genitori siano consapevoli del fatto che la D.A. è una malattia ad andamento cronico, con remissioni più o meno marcate e con peggioramenti improvvisi e che lo scopo della terapia non può essere la sua scomparsa ma il suo controllo e la riduzione dei sintomi disturbanti. La cura della pelle deve assicurare un’ adeguata idratazione e ricreare quella funzione di barriera che si è persa

nel bambino atopico con l’applicazione sistematica sulla pelle di creme emollienti e sulle lesioni attive con creme al cortisone che se correttamente utilizzate sono esenti da effetti collaterali. Per il ruolo dell’acaro della polvere domestica è necessaria una corretta bonifica ambientale. L’approccio dietetico dovrebbe essere limitato ai casi piu’ gravi con test significativamente positivi e protratta nel tempo solo dopo un challenge positivo Errori comuni 1. Non tutte le malattie cutanee pruriginose sono dermatite atopica . 2. Considerare la dermatite atopica sempre e in ogni caso una allergia alimentare. L’allergia agli alimenti può essere un fattore importante, ma non sempre è presente e non sempre è l’unico fattore. 3. Considerare la dieta l’unico strumento terapeutico: la dieta puo’ affiancare la terapia locale e quella generale, nonché le norme d’igiene cutanea e ambientale. 4. Trattare con dieta tutti i casi di dermatite anche i più lievi che si gioverebbero della sola terapia medica. 5. Trattare con la dieta la dermatite esordita tardivamente, quando l’allergia alimentare, qualora sia stata presente, è ormai scomparsa. 6. Protrarre la dieta oltre l’evidenza dell’insuccesso. 7. Usare come unici dati di riferimento i test allergici. Paradossalmente la gestione del bambino con dermatite atopica si potrebbe fare anche senza eseguire test allergologici.



di Tiziano Testori e Fabio Scutellà

L’estetica del sorriso Con le faccette dentali Un sorriso smagliante e sano è fondamentale nel farci sentire più attraenti e sicuri di noi stessi

Il sorriso e lo sguardo sono la prima forma di comunicazione non verbale che ci fa entrare in relazione empatica con gli altri. Un sorriso smagliante e sano gioca un ruolo fondamentale nel far sentire l’individuo più attraente e sicuro di se. L’odontoiatria estetica si pone come obiettivo proprio quello d’intervenire sui denti frontali modificandone colore, forma, posizione e lunghezza eliminando cosi eventuali difetti e rendendo il sorriso più bello e armonico. Ogni caso è ovviamente personalizzato in funzione delle proporzioni dento-facciali del singolo

paziente per rispettare al massimo il concetto di individualità. Da un punto di vista tecnico ci sono diversi modi per intervenire sull’estetica dentale a seconda dell’esigenze ma anche e soprattutto in base alle condizioni di partenza. Ognuno di questi interventi ha però delle indicazioni specifiche e dei gradi d’invasività differenti. Il tipo

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d’intervento sarà chiaramente tanto più “aggressivo” quanto maggiori saranno le modifiche richieste e più complicate le condizioni di salute dei denti su cui intervenire. Probabilmente la soluzione meno aggressiva ed in grado al tempo stesso di garantire risultati estetici elevatissimi è rappresentata dall’applicazione delle cosiddette “faccette dentali” estetiche, sottili lamine di materiale composito o ceramica, con un spessore che può variare da 0.3 fino 0.7 mm, applicate sulla superficie esterna dei denti. Questa soluzione richiede un minimo sacrificio di tessuto dentale non mettendo mai a rischio la vitalità del dente, ed a volte non richiedendo neanche l’utilizzo del trapano. Storicamente le faccette dentali sono nate a cavallo tra gli anni 20’ e 30’ dello scorso secolo per esigenze cinematografiche. Nel 1928 una major Hollywoodiana incaricò un dentista di Los Angeles, Charles Pincus, di sistemare molto rapidamente l’estetica dentale

di un’attrice che avrebbe dovuto girare un film a distanza di pochi giorni. Il dr Pincus, stimolato dall’impellente necessità, fabbricò delle sottili lamine (da cui il termine inglese che indica le faccette “laminates”) da applicare al di sopra dei denti come delle lenti a contatto. Oggi il materiale d’elezione per questo tipo di tecnica è rappresentato dalla ceramica che annovera tra le sue caratteristiche ottima biocompatibilità, resistenza all’usura, minor assorbimento di fluidi e stabilità del colore nel tempo, ma soprattutto ottima trasmissione della luce. Vengono fissate al dente grazie all’uso di particolari cementi con caratteristiche estetiche e di tenuta molto elevati. Le faccette dentali, da un punto di vista terapeutico, sono estremamente versatili e quindi indicate nella risoluzione di numerosi problemi estetici. Sono particolarmente indicate nel caso di:

• Sostituzione di una porzione di dente perduta a causa di un trauma • Modifica di colore di un dente diventato più scuro • Correzione della forma di denti geneticamente malformati o mal posizionati; • Chiusura di spazi tra i denti, i cosiddetti “diastemi” • Ridonare lucidità allo smalto alterato a causa di fumo, cibi, bevande o reflussi acidi Le controindicazioni sono invece minime e Prof. Tiziano Testori rappresentate da: www.tizianotestori.eu • presenza di eventuali abitudini viziate Tiziano Testori, Docente al Corso di (digrignamento e serramento dei denti), Laurea in Odontoiatria e Protesi Den• una chiusura dei denti incongrua e che taria, Università degli Studi di Milano quindi faccia aumentare il rischio di frattura delle faccette stesse Dr. Fabio Scutellà • mancanza di smalto sulla superficie del Specialista in Protesi - Master in Biodente materiali, Boston University • discromie eccessive e molto profonde


di Eugenio Gandolfi

Dopo il sole e il mare le macchie e le rughe Ecco come rimediare ai postumi dell’abbronzatura La stagione delle vacanze si è da poco conclusa ma un ricordo tangibile è ancora presente sulla nostra pelle: la tanto ricercata abbronzatura. Ricarica energetica importante e simbolo estetico di benessere e relax, l’abbronzatura ci regala effetti benefici perché stimola la produzione di vitamina D ma può procurarci alcuni danni a livello della pelle attraverso la perdita di idratazione e di sostanze vitali tra cui il collagene (che da struttura) e l’acido ialuronico (che idrata). Quindi al rientro delle vacanze la prima cosa da fare è sicuramente cercare di riparare ad eventuali danni che il sole ha procurato. Ma come agire? Per prima cosa attraverso la cosmeceutica e Academia Day Clinic, grazie ai suoi laboratori, è in grado di fornire cosmeceutici (cosmetici farmacologici) ad hoc per ogni paziente ed ha, tra i suoi prodotti, un dispositivo unico al mondo di cui possiede il brevetto a livello internazionale: un derivato della vitamina A che induce stimolazione del collagene ed è in grado di riparare i danni provocati dal sole. Successivamente all’applicazione

del cosmeceutico è utile procedere attraverso la medicina estetica che andrà così a creare una sorta di riserva attraverso iniezioni di acido ialuronico puro e di sostanze ritenute precursori per il collagene tra le quali amminoacidi, polinucleotidi (frammenti di DNA) ed estratti vitaminici. Un’ulteriore possibilità per garantirsi un ringiovanimento cellulare è l’utilizzo del plasma ricco di piastrine, estratto dal proprio sangue, che consente attraverso una via del tutto fisiologica una concreta riparazione dei tessuti danneggiati. Nel campo della cura dei danni dovuti al sole si inseriscono poi numerose tecnologie grazie alle quali i nostri specialisti riescono a ridonare alla vostra pelle il look che vi meritate. Queste macchine, e Academia Day Clinic ne possiede alcune tra le più evolute sul mercato, possono avere una funzione conservativa oppure possono essere leggermente più invasive: nella prima categoria si posizionano i laser fraxel, in grado di togliere alcuni tipi di pigmentazioni, di agire sulle smagliature, per l’acne e per le fini rugosità donando in generale un ringiovanimento tissulare. Nella seconda il laser CO 2 frazionato dual mode è in grado di trattare rugosità, pigmentazioni, migliorare la texture della pelle rendendola omogenea e togliendo piccole e medie imperfezioni mentre il laser q switch può essere molto uti-

Dott. Eugenio Gandolfi

specialista in Chirurgia plastica ricostruttiva ed estetica

le sia per per togliere i tatuaggi che per diminuire o rimuovere le tanto odiate iperpigmentazioni o macchie. Nella nostra sede di Chiasso disponiamo anche di macchine fototerapiche a LED che possiedono una potente attività antinfiammatoria che sono in grado di indurre un ringiovanimento ed una riparazione di eventuali condizioni patologiche e non; infine anche la luce pulsata può dare una grande mano per impostare programmi di ringiovanimento cutaneo oltre che per un’epilazione progressivamente definitiva. Se la vostra pelle reclama una ventata di freschezza venite a trovarci. I nostri specialisti definiranno il vostro percorso personalizzato che, attraverso la medicina rigenerativa, potrà condurvi con costanza e determinazione ad una ritrovata giovinezza.

Academia Day Clinic

Il luogo in cui la scienza protegge, cura e ricrea la vostra bellezza, con e senza bisturi e con risultati sempre naturali è a Chiasso, nel Quartiere Arcadia, in via Livio 20, tel: +41(0)91 682 62 62. Numero riservato alla clientela italiana, tel: 031 30 30 03. E da oggi, con il nuovo sito, anche su Internet all’indirizzo www.academiadayclinic.ch Il bello della salute||Mag Mag Settembre Settembre 2014 | 123 Titolo articolo



di Franco Brenna

Settembre andiamo. È tempo di “iniziare” Consigli (anche letterari) per un rientro senza scossoni Cari Amici, al contrario della dannunziana esortazione rivolta ai pastori d’Abruzzo a migrar dalle alture verso l’Adriatico, il mio, di settembre, è un invito ad un sano proficuo rientro dal mare o dai monti verso quel (nostro) Lago di Como che nulla ha da invidiare alle migliori bellezze del mondo. Basta solo che non piova troppo… Come lo scorso anno mi sento in dovere di parlarvi non solo di “sacre zanne” ma rivolgere le mie attenzioni e suggerimenti ad una serie di aspetti che devono, sempre, regolare la nostra vita al fine di permettere un sereno e, perché no, sorridente periodo autunnale. Avete esagerato? Vi siete lasciati tentare dal “pizzochero invadente” e dal giusto Sfursat? Avete dato retta a

E come possiamo intenderci se nelle parole che io dico metto il senso e il valore delle cose che sono dentro me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente, le assume col senso e il valore che hanno per sè del mondo che egli ha dentro?

quel trattore di Atrani ( Costiera Amalfitana) nell’ ”assaggio” di quel pacchero vigliacco, intriso di scorfano e noci di Sorrento accompagnato in finale dalla stradolce Delizia al Limone, vera scissione nucleare di calorie? Avete poltrito? Vi siete fatti e strafatti di coccole? Avete giustificato la vostra ginnastica attraverso lo sfogliar le pagine di un bel libro? (spero per voi, su tutti, “Il Cardellino” di Donna Tartt, n.d.r). Eccoci dunque qui, dietro una scrivania o davanti a un pc, allocchiti dalla “sindrome da rientro”, esiste, ve l’assicuro! con due kg di troppo e la speranza che arrivi il fine settimana (col sole) il prima possibile. Che fare? Mi accendo una sigaretta e ci penso! Bravo il mio asinello! Primo suggerimento: accartoccia il pacchetto, regala l’accendino alla zia che deve mettere su il minestrone e fai un bel respiro profondo guardando il lago. Vantaggi per la tua bocca? I denti saranno più bianchi, l’ alito potrà affrontare Brad Pitt o Bianca Balti, potrai evitare di emulare “L’uomo dal fiore in bocca” di pirandelliana memoria: «Venga... le faccio vedere una cosa... Guardi, qua, sotto questo baffo... qua, vede che bel tubero violaceo? Sa come si chiama questo? Ah, un nome dolcissimo... più dolce d’una caramella: - Epitelioma, si chiama. Pronunzii, sentirà che dolcezza: epitelioma... La morte, capisce? è passata. M’ha ficcato questo fiore in bocca, e m’ha

detto: – «Tientelo, caro: ripasserò fra otto o dieci mesi!». Non atterritevi, non è solo il fumo il nemico del nostro rientro. Secondo suggerimento: diamo spinta a tutte le idee più balzane per riprenderci dal post vacanze con la migliore, non maggiore, attività psico/motoria possibile. Bruciamoci via i Kg accumulati e inneschiamo il rilascio di endorfine, i nostri neuro trasmettitori di felicità, con una bella passeggiata veloce sul nostro lungo lago (30/40’ almeno 3 volte la settimana ), diamo corso ad un’attività intellettuale dove si faccia anche movimento (un corso di tango, perché no?), un corso di disegno o pittura per poi andare, a piedi, in cima al San Primo e ritrarre la morosa o il Lario. Terzo e ultimo suggerimento: alimentiamoci con scienza e coscienza: via gli zuccheri e i carboidrati in eccesso (bastano quelli della frutta di questa straordinaria stagione), carne rossa una volta la settimana, preferiamo il pesce (quello azzurro è sanissimo e ottimo) e le carni bianche, tantissima verdura cruda, poco pane, soprattutto la sera, evitando i super alcolici, il cioccolatino e lo spuntino di mezzanotte che non fa dormir ma rende desto lo Streptococco che caria la “sacra zanna”. Finalmente ho parlato di denti! Buona ripresa, a voi e alla nostra Como!

(Luigi Pirandello) Il bello della salute||Mag MagSettembre Settembre 2014 | 125 Titolo articolo


di Alessandra Uboldi ARIETE 21 marzo - 20 aprile I rapporti intimi sono sempre soddisfacenti le relazioni continuano a gonfie vele. Certo ritornare dopo la pausa estiva con l’opposizione di Mercurio non è la prospettiva migliore per cui per tutto il periodo dovrete fare attenzione per evitare errori che potrebbero danneggiarvi. Dopo il 14/9 Marte vi permetterà di essere più sicuri e persino di osare iniziative accantonate nei mesi precedenti. Avrete scambi di opinione e aiuti da Gemelli e Vergine mentre con Scorpione e Capricorno è tutto più difficili. Brillanti di energie e vitalità riprenderete con rinnovato zelo le attività che avevate interrotto per le vacanze e le forze non vi abbandoneranno di certo. TORO 21 APRILE - 20 MAGGIO Sul lavoro sarete meticolosi e fantasiosi per cui non avrete conseguenze negative dalla pausa estiva anche se fino al 13/9 concretizzerete poco per l’opposizione di Marte e Saturno e dovrete prestare particolare attenzione al lato finanziario perché la quadratura di Giove potrebbe riservarti spese impreviste alle quali saprete reagire. Evitate le discussioni con Cancro e Vergine e cercate appoggi da Bilancia e Sagittario. Fisicamente non siete al top per posizioni astrali negative e non certamente intenzionati ad applicarvi in attività sportive ed anche la socialità non vi attrae né gli amici o gli incontri in locali ma preferite buone letture ed una maggior cura del vostro fisico. GEMELLI 21 MAGGIO - 21 GIUGNO Buone, brillanti prospettive nel lavoro dove nuove iniziative, progetti innovativi ed entusiasmo grandioso vi potranno consigliare anche un discorso delicato col capo, proporre idee nuove a soci e collaboratori. Meno brillante il rapporto con alcuni che vedranno in voi chi si fa strada calpestando tutto e tutti e soffrendo di invidia nei vostri confronti. I colleghi più benevoli saranno Ariete e Scorpione mentre la sintonia con Sagittario e Pesci è più problematica. Sarete spinti a nuove frequentazioni e a nuovi interessi culturali mentre sul piano fisico e il piacere allo sport e al movimento limiterete l’attività per fastidiosi handicap dermatologici e allergici. CANCRO 22 GIUGNO - 22 LUGLIO Armatevi di resistenza. Buona la competitività con Vergine e Acquario mentre meno costruttiva quella con Toro e Sagittario e cercate comunque di mantenere rapporti quieti con tutti perché il periodo non è dei migliori. Le prime due settimane saranno all’insegna della buona salute e dell’energia ,poi l’allontanamento di Marte e piccoli disturbi muscolari vi consiglieranno discipline meno violente per preferire ginnastica e yoga. Isolatevi se volete ma allargate le vostre conoscenze con buone letture.

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LEONE 23 LUGLIO - 23 AGOSTO Buona presenza di pianeti significatiCarica passionale perfetta e sintonia col partner invidiabile. In campo lavorativo sono un po’ complicate le prime due settimane, poi l’avvento di Mercurio aggiunto a Giove e Urano spianerà la via ad un cammino brillante e senza ostacoli (specie nei giorni 18 e 27). Contate sulla collaborazione di Scorpione e Capricorno mentre meno tranquillo il rapporto con Pesci e Bilancia. Non perfetta la sintonia con l’energia fisica che traballa un po’ per lo stress dovuto a discussioni in famiglia che vi toglierà tono vitale. Dopo il 14 le cose miglioreranno e potrete tornare allo jogging e alle passeggiate sulle nostre montagne. VERGINE 24 AGOSTO - 22 SETTEMBRE Ricomincia in grande stile l’attività lavorativa e voi vi buttate a corpo morto nel lavoro come vostra abitudine e l’impegno sarà ripagato. Dopo il 14 con Marte in quadratura sarà ostacolato il cammino e farete bene se vi sceglierete un valido collaboratore con cui scambiare consigli .( scegliete qualcuno del Cancro o dell’Ariete) e vi sentirete più tranquilli evitando invece gli Acquari e il Toro. La partenza del mese è veloce e sprintosa ma poi avrà dei cali per cui vi si sconsiglia di voler mantenere un ritmo di attività fisiche in eccesso perché lo stress potrebbe farsi sentire con insonnia tanto fastidiosa quanto ripetitiva. Svagatevi con gli amici,con camminate non competitive,in serate conviviali. BILANCIA 23 SETTEMBRE - 22 OTTOBRE Non avrete bisogno di santi in paradiso ma se volete preparare il terreno per una collaborazione proficua cercate amici nel segno del Toro e dell’Acquario ma guardatevi da Leone e Capricorno con cui la diplomazia dovrebbe essere grandissima. Energia dirompente, con l’appoggio di Giove sfrutterete gli ultimi scampoli d’estate programmando splendidi week end con gli amici, belle camminate in montagna, nuovi interessi intellettuali con letture,visite ai musei della città. SCORPIONE 23 OTTOBRE - 22 NOVEMBRE Anche nel lavoro settembre sarà all’insegna della novità grazie a Nettuno e Marte che solleciteranno cambiamenti e grinta verso nuove imprese. Il profondo desiderio di rinnovamento vi spingerà verso mete sconosciute ma fate attenzione perché Mercurio non vi aiuta e potete rischiare di fare scelte non razionali ma emozionali e pericolose. Chiedete consiglio ad amici del Leone e dei Gemelli che vi saranno d’aiuto ed evitate di scontrarvi con Acquario e Ariete coi quali potreste avere contrasti. Fino a metà mese la presenza di Marte vi regalerà energia in abbondanza ma poi tutto sarà un po’ più attenuto ed il consiglio è di dedicarsi alle buone letture e al relax.

SAGITTARIO 23 NOVEMBRE - 21 DICEMBRE Le stelle che sono dalla vostra parte vi promettono un mese brillante sul lavoro con prospettive di miglioramenti di carriera e ottima intesa coi colleghi mentre dovrete fare attenzione al giudizio dei superiori che guardano con rischio alla vostra intraprendenza. Nelle vostre avventure vi saranno preziosi amici i Pesci e i Toro ma evitate il confronto con Cancro e Gemelli che vi giudicano presuntuosi. Vi caricherete di pesi eccessivi che nemmeno la forza di Marte vi permetterà di assolvere ma sarete voi a caricarvi di incombenze pesanti:ambizioni sportive,gite con amici, serate sociali, buone letture. CAPRICORNO 22 DICEMBRE - 20 GENNAIO Non ottimale la situazione lavorativa con disguidi, difficoltà di comunicazione, obiettivi faticosi da consolidare e la vostra naturale tendenza alla supremazia e al controllo. Potreste appoggiarvi a colleghi del Leone e dei Pesci ma non pretendete di avere l’ultima parola con Ariete e Bilancia che non sono in contrasto ma solo suggeriscono soluzioni. La prima metà mese è ricca di energie e vi dedicherete allo sport con forze in calo per l’allontanamento di Marte ma non avrete neppure voglia di socialità data la posizione negativa di Mercurio: avrete sempre la propensione di Venere alla cura del vostro fisico. ACQUARIO 21 GENNAIO - 19 FEBBRAIO Sul lavoro, superati gli ostacoli dell’ultimo periodo, siete pronti a ricominciare guardando al futuro eliminando collaboratori che non sono all’altezza della situazione. Urano vi renderà ricchi di intuito e bravi nello scegliere i momenti propizi per cambiare e scegliere nuove iniziative. Qualcuno del vostro enturage potrebbe mettervi i bastoni tra le ruote perciò state accorti e neutralizzate le loro mosse. Buona la collaborazione con Cancro e Bilancia ma rischioso il rapporto con Vergine e Scorpione. Fino a metà mese vi sentirete fiacchi e astenici e dovrete attendere l’arrivo di Marte per ricominciare ad applicarvi allo sport come siete abituati a fare. PESCI 20 FEBBRAIO - 20 MARZO Non abbiate paura se il vostro rapporto è solido vi saranno solo discussioni che non lasceranno traccia. Anche nel campo professionale, la cattiva disposizione planetaria vi farà oscillare tra il desiderio di sfida per cambiare e poi, con la quadratura di Marte vi sentirete sfiduciati, senza energie e riuscirete a vincere ogni prova con l’aiuto di Saturno che vi consiglierà anche un investimento fruttuoso per le vostre finanze un po’ dissestate. Concedetevi un regalo che desiderate da tempo. Partenza in grande spolvero con Marte che vi vedrà in discoteca, a fare jogging nelle passeggiate in montagna. Poi tutto svanirà come bolle di sapone.




di Federico Roncoroni

I sette peccati capitali Ira Gli psicologi lo definiscono uno stato di alterazione psichica di tipo emotivo-affettivo, caratterizzato da una crescente eccitazione che si manifesta a livello verbale e/o motorio e che può arrivare a comportamenti aggressivi e distruttivi. Ma, dicono, e io sono d’accordo, esiste anche un’ira giusta, o comunque positiva: quella che nasce dallo sdegno e dalla indignazione contro comportamenti e situazioni vergognose o aberranti e spinge a reagire, a prendere posizione, a ribellarsi e, nel caso, combattere. La Chiesa, quando non è la biblica «ira di Dio» che è per l’appunto un’ira che si manifesta implacabile contro il male e chi lo commette e in difesa di chi ne è vittima, la considera l’espressione di un latente «desiderio di vendetta» e la annovera tra i peccati capitali quando si spinge fino al proposito di colpire il prossimo in modo brutale o addirittura di ucciderlo. Propriamente, dunque, per la Chiesa l’ira è un peccato contro la carità.

L’ira è irragionevole nelle sue cause e dannosissima ne’ suoi effetti, pel furore a cui si abbandona, per gli eccessi a’ quali trascorre, per l’avversione che genera negli altri, pel rimorso e la vergogna. Baldassarre Poli L’ira è il ricordo di odio nascosto o di un rancore. Giovanni Climaco Chiunque può arrabbiarsi: questo è facile. Ma arrabbiarsi con la persona giusta, e nel grado giusto, ed al momento giusto, e per lo scopo giusto, e nel modo giusto: questo non è nelle possibilità di chiunque e non è facile. Aristotele Contro le cose non conviene adirarsi, giacché esse non se ne curano affatto. Marco Aurelio

Le tigri dell’ira sono più sagge dei cavalli della sapienza. Saul Bellow Non ho mai conosciuto uno che non valesse un fico secco e che non fosse irascibile. Ezra Pound Una risposta gentile calma la collera, una parola pungente eccita l’ira. Salomone La rabbia che si manifesta ci mostra che non eravamo in sintonia con la nostra sensibilità più profonda. Quindi non dobbiamo reprimere la rabbia, bensì parlare con essa. Anselm Grün Terribile è l’ira e difficile a calmarsi, quando scoppia e divampa tra congiunti. Euripide

Tutti i peccati sono tentativi di colmare dei vuoti. Simone Weil

Afosrimi | Mag Settembre 2014 | 129


di Francesco Angelini

Il boomerang politico della zona pedonale Alcuni commercianti sembrano cambiare il loro atteggiamento negativo sul provvedimento che ha allargato gli spazi senz’auto in centro Como. E potrebbe riflettersi sul politico che ha guidato la battaglia contro Lucini

Conoscere la storia dovrebbe servire a evitare di ripetere gli errori del passato. Una massima che non ha funzionato nel caso dell’allargamento della Ztl a Como voluto dalla giunta guidata da Mario Lucini. Il precedente, notissimo, è quello della pedonalizzazione imposta negli anni ’70 da Antonio Spallino, predecessore dell’attuale sindaco. Anche allora come oggi vi fu una protesa vibrante (magari meno fantasiosa di quella attuale) dei commercianti che avevano i negozi nelle vie interessate dal provvidemento. Salvo poi accorgersi che l’eliminazione dei veicoli a motori e delle aree di soste a beneficio dei passanti e dei turisti, lungi dal mandare in crisi le attività, aveva portato grande giovamento a queste ultime. La stessa cosa sembra avvenire, in tempi anche più rapidi di allora, anche questa volta. E’ bastata un’estate bagnata ma caratterizzata da un grande afflusso di turisti in città per veder spuntare i primi tavolini nelle vie chiuse al traffico e cominciare a orecchiare qualche mutamento di opinione da parte dei negozianti. C’è da chiedersi allora perché la protesta sia stata spinta al punto di arrivare al doppio ricorso respinto prima dal Tar e poi dal Consiglio di Stato con relative spese a carico dei proponenti, cioè i commercianti medesimi. Forse anche perché sul fuoco della rivolta ha soffiato, legittimamente, un consigliere comunale di opposizione a cui non manca l’ambizione. Peraltro nelle Comunali vinte da Bruni, con una lista civica (Adesso Como) nata dal nulla ha sfiorato il ballottaggio. Lo avete capito si tratta di Alessandro Rapinese. Che ha vestito i panni del condottiero dei negozianti nella battaglia persa (almeno sotto il profilo legale) con il sindaco Lucini e la sua giunta. Rapinese è un combattente e non si arrenderà certo di fronte a questo rovescio. Ma se la storia si dovesse ripetere (e c’è da pensare che succeda) e alla fine la nuova zona pedonale sarà digerita se non apprezzata non sarà facile per lui recuperare le posizioni per lanciarsi verso l’obiettivo della conquista di palazzo Cerenezzi nelle elezioni comunali del 2017. Insomma, la battaglia contro l’allargamento del centro città senz’auto potrebbe rivelarsi un boomerang.

130 | Mag Settembre 2014 | Last Minute




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