Basta compiti

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Una iniziativa editoriale de

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INDICE 1. LA DISCUSSIONE 2. POST DI APERTURA 3. IL TEMA: “Basta compiti” 4. TEMI EMERSI 5. SVILUPPO DEI TEMI DELLA DISCUSSIONE 6. LE IDEE FORTI DA CUI RIPARTIRE 7. RIFLESSIONE CONCLUSIVA 8. LINK

1. I DATI La discussione si è svolta nel forum di “Pratiche di innovazione” tra il 25 Novembre 2009 e il 23 Aprile 2012 Gli interventi sono stati 229. Le visualizzazioni della discussione sono state 628, ma questo dato è parziale perché il contatore delle visualizzazioni è stato attivato alcuni mesi dopo l’inizio del forum. La discussione è partita da un post, di Maurizio Parodi ed è proseguita con gli interventi di 23 docenti di ogni ordine e grado di scuola, qui di seguito elencati. Il network La scuola che Funziona ha accettato con entusiasmo la sfida e la tematica è stata sviscerata in numerosi suoi aspetti con posizioni spesso divergenti. M.Parodi ha deciso di costruire un libro, “Basta compiti” edito da Sonda e ora in libreria, nel quale il dibattito sviluppatosi nel network occupa una parte significativa.

I partecipanti Domenica Ballistreri Silvio Barbata Monica Boccoli Elena Bulgarelli Elisa Buratti Paolo Cappello Maria Grazia Coppola Giulio Falco Elena Favaron Antonio Fini Elisa Fonnesu Andreas Formiconi 2


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Cristina Galizia Antonio Iafrate Paola Limone Gianni Marconato Maria Antonella Perrotta Mariaserena Peterlin Alessia Riccardi Simone Riccardo Renata Rosso Antonio Saccoccio Carmela Tetta

1.1. IL POST DI APERTURA

Basta compiti! Maurizio Parodi A cosa servono i compiti a casa? Per far acquisire un metodo di studio? Per imparare a imparare? Se così fosse dovrebbero essere svolti a scuola, con il vigile, solerte contributo del docente, perché proprio questo è il “compito” principale della scuola, che non può essere delegato ad altri soggetti - sarebbe come dire che per insegnare la cosa più importante, non è necessaria una preparazione professionale specifica (qualunque genitore si può sostituire all’insegnante) o che per imparare la cosa più importante lo studente non ha bisogno dell’insegnante (allora superfluo, inutile). Come vengono assegnati? I docenti operano nella reciproca ignoranza: ciascuno stabilisce i propri come fossero gli unici compiti da svolgere, senza curarsi di verificare quali e quanti altri compiti, assegnati dai colleghi, si dovranno svolgere nella stessa giornata, con il risultato di costringere per interi pomeriggi (e anche serate) a un impegno estenuante corpi e menti bisognosi di “moto” rigenerante – capita, non di rado, che i genitori si sostituiscano, forzatamente, non solo ai docenti, ma anche ai figli nell’adempimento degli obblighi “domestici”. Come si fanno i compiti a casa? I ragazzi che abbiano genitori premurosi e culturalmente attrezzati possono affrontare l'impegno domestico con serenità o minore insofferenza; ma per chi non trovi nelle figure parentali sostegno e sollecitudine, e magari ne debba subire la latitanza o, peggio, l'intemperanza, le difficoltà poste dallo svolgimento degli stessi compiti assumono ben altra consistenza; la fatica, spesso incomprensibile e frustrante, è incomparabilmente più dolorosa. Gli studenti che non hanno problemi svolgono regolarmente i compiti loro assegnati, e per questo la scuola li premia; gli studenti che invece hanno problemi (personali o familiari), quelli che della scuola avrebbero più 3


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bisogno, non fanno i compiti, li sbagliano, li fanno male, indisponendo i docenti che per questo li biasimano e redarguiscono, allontanando dal "sistema" proprio chi nel "sistema" potrebbe trovare l'unica opportunità di affermazione, affrancamento, promozione.

2. IL TEMA Il tema posto è stato affrontato in termini generali e con attenzione alle situazioni più frequenti e ricorrenti. È stato evidenziato che quando lo studente deve svolgere i compiti a casa a) l’insegnante è assente b) i genitori non sempre possono/vogliono aiutare c) i libri di testo sono un riferimento a volte inadeguato d) lo studente può incorrere in errori che saranno poi causa di frustrazione e) gli insegnanti non si coordinano e caricano di compiti senza tener conto di quelli delle altre materie 3. I TEMI EMERSI Nel corso della discussione alcuni docenti hanno condiviso le loro pratiche didattiche riferendole con ampiezza di dettagli, in questo modo ogni loro affermazione è stata sostenuta da riferimenti pratici. Hanno suscitato interesse anche gli interventi teorici e che aprono prospettive di nuove riflessioni. Si sono confrontate posizioni divergenti e diverse; tuttavia non sono mancate ipotesi di avvicinamento verso possibili soluzioni comuni. Queste le linee principali seguite nella discussione: a) I compiti sono utili : sono una consolidata prassi didattica e non ci sono proposte alternative. b) Alcuni tipi di compito sono utili: in alcuni casi e a determinate condizioni c) I compiti sono inutili e devono essere aboliti : sono un vecchio retaggio di una scuola superata, la loro utilità non è mai stata dimostrata, la scuola non deve istruire ma insegnare ad apprendere. 4. LO SVILUPPO DEI TEMI DELLA DISCUSSIONE

a) I compiti sono utili Dell’utilità dei compiti si è fatto e si fa esperienza sulla base pratica dell'insegnamento. a.1) Non esiste un’alternativa al compito a casa a.2) Esercitarsi su quello che si è appreso a scuola è indispensabile alla memorizzazione a.3) I compiti si sono sempre dati e anche gli attuali insegnanti hanno imparato facendoli a.4) Alcuni genitori li chiedono e valutano l’insegnante anche in base a questo parametro a.5) I compiti svolti a casa, da soli, allenano a essere autonomi nell’apprendimento

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a.6) Un intervento di un dirigente che volesse dare disposizioni sui compiti sarebbe inaccettabile perché è pertinenza esclusiva del docente stabilire se, quando e in quale quantità assegnare i compiti a.7) Non sono i compiti che umiliano il ragazzo, ma il modo in cui il docente li corregge b) Alcuni tipi di compito sono utili: quali sono utili? per quali scopi? Riflessioni generali su questo punto: Se dare i compiti può essere una pratica sterile e demotivante è nel non darli che si garantisce anche una maggiore motivazione? Qual è il vantaggio, oltre il tempo libero, per l'intera classe a non fare nessun compito? I compiti, se dati commisurati, già avviati e impostati, concordati sono proprio da rigettare? Se i gesti mentali si insegnano a scuola, cosa impedisce la loro applicazione -anche se solo parzialea casa? Le condizioni all’utilità dei compiti : b.1) se personalizzati o organizzati per gruppi di lavoro/ricerca b.2) se di rinforzo, allenamento di alcune metodologie e ripetizione o ripasso b.3) se assegnati in forma di ricerche autonome b.4) assegnare i compiti pratici, quelli cioè che portano nella pratica della vita ciò che si studia a scuola in modo che i ragazzi ne colgano l’utilità b.5) i compiti distribuiti nel tempo e assegnati con scansione settimanale b.6) di rinforzo e completamento dei ristretti tempi scolastici, b.7) sono utili i compiti che un ragazzo può fare da solo b.9) stimolare i ragazzi a lasciare tracce delle loro attività b.10) abbiano una giusta misura ossia quella che l’insegnante riesce a cogliere quando è attendo all’ascolto dei ragazzi c) I compiti sono inutili e devono essere aboliti Tesi di fondo del post di apertura ripresa e ampliata da alcuni dei partecipanti c.1) senza la presenza del docente non si impara c.2) i compiti sono da respingere come tutte le pratiche da routine, si assegnano perché si è sempre fatto c.3) sono causa di discriminazione tra chi sa fare da solo e chi no, tra chi ha genitori che aiutano e chi non li ha c.4) sono umilianti per il ragazzo li sbaglia c.5) se non siamo sicuri che siano utili vanno aboliti c.6) li alunni li accettano solo perché obbligatori c.7) l’apprendimento non avviene ripetendo ma facendo, i ragazzi si annoiano e non imparano quando non capiscono a cosa servono gli argomenti imposti dalla scuola. c.8) i compiti non migliorano la motivazione allo studio 5


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5. LE IDEE FORTI DA CUI RIPARTIRE a) imparare non significa solo memorizzare quindi è utile intensificare una didattica che lavori sulle capacità di comprensione, riflessione e memorizzazione b) pensare a compiti teorici o pratici che seguano gli interessi degli alunni (CG) darsi l’obbiettivo di fare acquisire abilità e competenze spendibili nella quotidianità c) ridiscutere le "teorie implicite" o le "teorie personali" che si sono sedimentate più per assorbimento passivo che riflessività. Queste teorie andrebbero messe in discussione infatti l’insegnante che ne sia portatore, dopo aver riflettuto ed averle analizzate le potrebbe aggiornare, modificare e farsi guidare dalla propria pratica; solo allora agirà in modo diverso. d) personalizzare i compiti. I ragazzi accettano sempre meno l’omologazione e i vecchi metodi; se la scuola non è ancora cambiata dovrà in futuro, perché saranno le nuove generazioni stesse che imporranno il cambiamento e) Abbiamo, cioè, pensato che la rivoluzione dal basso fosse quella degli insegnanti, mentre oggi appare evidente come sia già partita da un piano parallelo, e senza il quale non c'è scuola: il piano dei nostri ragazzi. Insomma il futuro ci precede e ci ha già sorpassato? Allora sarebbe il caso di mettere davvero in cantiere qualcosa di costruttivo. A che servirebbe continuare a cercare di individuare correttivi sulle parti se è la struttura che sta crashando? f) mutare una buona volta quantità in qualità g) assegnare pochissimi compiti ma discussi benissimo in classe, spiegare meno per potere discutere di più le assegnazioni, intrecciare le discussioni con elementi nuovi, ovvero con le prossime "spiegazioni" h) usare il tempo in più dei "bravi" per spiegare e aiutare agli altri comportandosi come in un mondo del lavoro basato sulla cooperazione i) non discutere a tavolino, ma usare creativamente le tecnologie a 360°, esse sono infatti pervasivamente presenti nella vita dei ragazzi: ad esempio spiegazioni in video da seguire a casa e compiti fatti e discussi a scuola (flipping) h) gli insegnanti e i genitori si coordinino affinché non venga saturato il tempo dei ragazzi - per crescere c'è bisogno anche di tempo vuoto

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6. RIFLESSIONE CONCLUSIVA Di Maurizio Parodi Si è sostenuto, da più parti, che i compiti «servono», perché consentono di automatizzare le conoscenze come non sarebbe possibile fare in classe, offrono la possibilità di esplorare materiali diversi dal libro di testo, e creano l’0ccasione per interagire e dialogare con i figli in modo più ricco e coinvolgente, rispetto alle attività domestiche. Eccellenti opportunità, laddove si diano le condizioni per poterne profittare; ma cosa accade se i ragazzi non riescono ad «automatizzare (autonomamente) le conoscenze»? Siamo certi che i genitori siano sempre in grado di sostenerli in un compito così impegnativo? Forse i genitori culturalmente e affettivamente attrezzati per farlo… forse; proprio quei genitori che potrebbero fornire ai figli alternative cognitivamente non meno pregnanti ed emotivamente più coinvolgenti dello svolgimento del «compito», defraudati di tale possibilità proprio a causa dell’impegno scolastico, spesso esclusivo ed estenuante: quando hanno finito di fare i compiti (compresi quelli per le vacanze), non hanno più voglia di leggere, scrivere, raccontare, inventare, misurare, calcolare… non per dovere scolastico, ma per interesse, utilità o per gioco, che sarebbe bello, questo sì, poter condividere. Genitori che comunque non dispongono delle necessarie competenze didattiche (professionali, appunto), costretti a fare appello a reminiscenze lontane, al buon senso, ai quali è demandato il compito che dovrebbero svolgere i docenti - tant’è che si è pensato addirittura di inventare dei manuali per insegnare ai genitori a insegnare a i figli a fare i compiti, cioè per insegnare agli studenti a imparare: pretesa inammissibile, indecente. E i ragazzi più disagiati, difficili, deboli, che non hanno a casa chi si incarichi di sostituirsi alla scuola? Ancora: siamo certi che non sia possibile fare a scuola quello che si pretende si faccia a casa? Siamo davvero certi che tutto quello che si fa a scuola sia necessario o almeno utile, comunque più importante di ciò che si pretende gli studenti facciano per proprio conto, da soli? Pare accertato che il 70% delle conoscenze siano oggi acquisite fuori dalla scuola, e che la «permanenza» delle informazioni apprese attraverso l’insegnamento e lo studio non superi i tre mesi (e, ancora oggi, l’insegnamento consiste quasi esclusivamente nella trasmissione verbale di informazioni, da memorizzare e ripetere), mentre le tecniche e le strategie metacognitive (dalla scuola ignorate, o meglio, anzi, peggio, pretese) sono acquisizioni permanenti demandate alla famiglia (se e quando c’è). Quanto poi alla possibilità di esplorare materiali diversi dal libro di testo, vanno ricordate le esperienze, risalenti anche a oltre trent’anni fa, di adozione del materiale didattico alternativo (con i fondi destinati all’acquisto del manuale), quelle che hanno permesso a molte classi di dotarsi di nutrite biblioteche di lavoro, di attrezzare, in pochi anni (di adozioni alternative) cospicui scaffali 7


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di letteratura per ragazzi, esperienze dettate dalla consapevolezza che una didattica centrata sul libro di testo non può che risultare pedante, asfittica, inadeguata e sempre più anacronistica. Infine, l’immagine da famiglia del Mulino Bianco nella quale il compito diviene l’0ccasione per interagire e dialogare con i figli in modo più ricco e coinvolgente, rispetto alle attività domestiche, per quanto edificante, elegiaca persino, mal si attaglia alla diffusa e penosa realtà di improperi, minacce, ricatti, suppliche, pianti (sì, molti bambini piangono perché costretti a subire quello che appare loro un castigo immeritato, e talvolta proprio di questo si tratta: i compiti si danno anche per punizione). Credo sarebbe del tutto superfluo svolgere un’indagine per quantificare il numero di genitori e studenti che reputano il compito a casa «l’occasione per interagire in modo più ricco e coinvolgente», ma nel caso qualcuno si peritasse di farlo, suggerirei di lasciare uno spazio «aperto» ai commenti degli interessati: sono certo che molti ne approfitterebbero per esprimersi, in modo forse non sempre elegante, ma senza dubbio eloquente. «Aiutami a fare da solo», esortava Maria Montessori, ancora oggi del tutto inascoltata. Ma come? Pretendendo che gli studenti facciano ciò che non sono in grado o non hanno la forza (anche morale) di fare, che siano come non sono e non riescono a essere, o scoprendo, costruendo e arricchendo assieme a loro il repertorio dei «gesti mentali» che permettono di affrontare con successo prove altrimenti insostenibili, proponendo modalità di approccio alla conoscenza ancorate ai loro bisogni (e anche ai loro sogni) che consentano di apprezzare la sensatezza della propria condizione, l’utilità del sapere acquisito, e, perché no, la gioia dell’apprendere? Punire un malato per il male di cui soffre è spregevole, tanto più crudele se a procurare e aggravare il male è proprio chi infligge la punizione.

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