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La STRADINA della vecchia SCUOLA...
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dal Brasile
Umberto Malanga
Rocchino Freda Pordenone, 28 Agosto 2008
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IN COPERTINA
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Carissimo Direttore, Il periodico di Agosto "LA SORGENTE",che ho letto "tutto di un fiato", mi ha procurato una gioia immensa della quale, son sicuro, tutti i nostri compaesani residenti e non, abbiano condiviso con me la stessa piacevole sensazione, per l'interesse sempre più crescente verso le informazioni che lo stesso produce. Mi corre l'obbligo,invero, di ringraziarti infinitamente per l'articolo con foto che hai voluto dedicare, viste le Olimpiadi di Pechino, alle memorabili Olimpiadi di Roma del 1960,durante il passaggio della fiaccola per PonteSele; devo, però, aggiungere una "inverosimile notizia" della quale faccio te portavoce :il quotidiano regionale"MESSAGGERO VENETO", non appena è venuto a conoscenza della mia partecipazione come tedoforo alle Olimpiadi di Roma, mi ha concesso una piacevole intervista con foto dell'epoca, della quale ti invio una copia del quotidiano, che potrai divulgare a tuo piacimento. Ti prego di estendere il mio saluto affettuoso a tutti i tuoi familiari ed a tutti i Caposelesi,che da sempre ho nel cuore! A te invio un ringraziamento, per la linfa vitale che mi procuri attraverso la rivista, ed un cordiale abbraccio
È un'arteria di passaggio, come una delle tanti vie comunicanti, dove circola, armoniosamente, la gente del mio bel Paese, Caposele. Una Stradina stretta, piccola... dal nome...? Chiedo scusa, non ricordo più il suo nome,a me cosi cara, quindi, chiamamola Via dell'antica Scuola d'Avviamento. Due braccia di larghezza, mal misurata. Poche centinaia di metri, circa, di lunghezza. Tortuosa, graziosa, scoscesa, Habitat della Scuola d'Avviamento: tipo Agràrio unica Istituzione locale degli anni cinquanta...stimolo a seguire il cammino del sapere. Il Direttore, una lodevole direzione, energica, sicura. I Professori, abili a insegnare, di spirito evolutivo. Vecchi insegnanti...vecchie adolescenze...ricordo latente! Con nostalgia, faccio la chiamata dei compagni di classe: Casale, Ceres, Cetrulo, Cientanni, Di Cione, Farina, La Manna, Landi, Pallante, Petrucci, Russomanno, Sista... e tantissimi Malanga come me. L'indimenticabile Scuola... era una casa di famiglia benestante. Sale
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Don Andrea Araneo
grandi, con mobili rinascimentali. Banchi di legno abbondanti, un pò graffiati. La bella balconata, apriva sul Percorso e, dall'aula di religione, la gente, fuori, udiva i rimproveri stremati, ch'erano impartiti dal rigido e amato religioso, don Donato! Dietro un ampio e profumato giardino, con aiuola, orto e una prodiga pergola. Il vecchio portone vestito di vecchiaia, con l'artistico arco, bramavano cura; l'ampia facciata parzialmente sgretolata, le numerose finestre, in stato precario. Scalinata, pavimenti con una forte pendenza... Oggi, totalmente restaurata, è vistosa. Fulgente, nostalgico tragitto, dei miei primi tempi... che ospitava la mia Scuola... dei carissimi Docenti... degli indelebili Colleghi..., domando, dove staranno, oggi? Quanti di loro, risponderanno a questa mia intensa chiamata? Memore Sentiero, quante palpitazioni emotive rivivo, quanti nostalgici sorrisi m'hanno nutrito tanto, in questi lunghi anni! Emozionato, t'ho risalito, amata Stradina dei vecchi sogni. Ahimè, m'apparvero solo reminiscenze vaghe...
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Carissimo Nicola, in allegato puoi trovare l'articolo sul forno di mia nonna. Allego anche due foto scattate due anni fa. Non ho voluto spendere parole contro questa o quella Amministrazione. Certo, rimane l'amaro in bocca per la sua barbara demolizione. Mi auguro che tu lo pubblichi e che, insieme ad esso, pubblichi anche la foto del mio adorato nipotino Vito. Ora si è fatto grande ed è bello come il sole. Un abbraccio forte ed un caro saluto anche a Salvatore.
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Carìssimo Nicola, il Natale è già alle porte, per dire come il tempo passa! Il giornale "La Sorgente" è molto apprezzato da persone che hanno nel cuore, l'amore per la meravigliosa terra. Molti mi han domandato, perchè quest'ultimo numero non l'hanno ricevuto. Non so qualè il modo per distribuire. Il mio soggiorno, tra voi, è stato molto gratificante, salutare, malgrado alcune mie lagnanze, forse, un pò esagerate. Se ho offeso qualcuno, ne chiedo scusa. Allego un piccolo pensiero di Caposele, della Scuola... Se ci sarà tempo e spazio, per poterla pubblicare, per Natale, ne sarei molto grato, contrariamente non fa niente. Auguro a tutti i caposelesi e famiglia, un SANTO NATALE E OTTIMO 2009!A Te e a tutti i tuoi, un grande e affettuoso abbraccio, come pure alle Autorità Municipali ed ai membri della Pro-Loco Caposele. dal Brasile Umberto Malanga
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Gentile dr.Conforti, ho piacere nell'inviare alla redazione de "La Sorgente" la foto di mio padre, Andrea Araneo, responsabile delle sorgenti dell'Acquedotto Pugliese dal 1922 al 1952, nonchè attivo partecipe della "vita caposelese" di quegli anni, alla quale era molto affezionato. Sfogliare le pagine del vostro giornale mi riporta indietro agli anni dell'infanzia e della gioventù vissuti a Caposele nella "Palazzina" dell'Acquedotto Pugliese, anni che ricordo molto piacevolmente. Alla redazione del vostro giornale i migliori auguri affinchè la pubblicazione prosegua sì da tenere sempre vivo il legame con i luoghi dell'infanzia. Cordialmente.
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Lettere in redazione
Piazza Di Masi durante l' inaugurazione della Chiesa Madre
Mario Sista
La Sorgente
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indirizzate le vostre lettere, articoli e foto a:
confortinic@tiscali.it
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Lettere in redazione La mistica della nostra acqua Passeggiata a Caposele E tempo di consuntivi Piccola Cronaca La pagina dell'emigrante Secondo conflitto mondiale Otsi la mummia.... Razionalizzare i servizi 800 Dacia Maraini Il forno di Faluccia L'angoscia non decresce I Frattali/ Faccetta Nera Immagina/Federalismo Speciale Chiesa Madre Premio Caposele 2008 La forma e la sostanza La Sorgente ricorda Ricordo di V. Malanga Poeti di casa nostra La crisi economica Statti cittu.... L'acqua prossima emergenza? L'acqua pubblica o privata? Sorgenti del Sele Quant'è bella Materdomini Storia ed immagini La valenza formativa Una penosa vicenda italiana Il ritratto Almanacco
REDATTORI
Cultura
LA MISTICA DELLA NOSTRA ACQUA di Gerardo Ceres
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dei tanti blablabla convegnistici che a iosa si
organizzano sull’argomento, una discussione nuova e si cambi impostazione
minime di igiene, le cui conseguenze si abbattono in prevalenza sui bambini. Si capisce bene da qui, quindi, le motivazioni che spingono quelle migliaia e migliaia di disperati che da ogni parte del continente si portano sulle coste del mediterraneo e con scafi improvvisati tentano di giungere in Europa. Sto scoprendo proprio grazie a questa ulteriore esperienza che più che la fame è la sete, cioè l’acqua, che spinge intere popolazioni a mettersi in qualche modo in salvo. E allora che ne facciamo della nostra identità silara? Ci arrovelliamo la testa, riempiamo le nostre ore davanti ai bar e sulle piazze, a dissertare su quanto ci è
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Cosa ne facciamo di quella che fu considerata dall’avvocato Caruso “la straordinaria generosità dei caposelesi nei confronti delle sitibonde terre delle Puglie”? Che l’Acquedotto Pugliese, in quanto (ancora per quanto?) Ente di diritto pubblico, agisca come una società di profitto economico e politico è cosa nota e risaputa: infatti esso, come si riscontra in un resoconto parlamentare, è noto più per quanto
E, dunque, si abbia questo coraggio; si apra, in occasione
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Avevo, d’altro canto, immaginando di ricorrere a quegli episodi arcinoti ed epici della ribellione popolare contro le scelte dei governi centrali che sottrassero alla municipalità la titolarità della proprietà delle sorgenti. Avrei potuto, anzi voluto, ricordare i personaggi come Pasquale Ilaria, i suoi anni passati al confino sulle Isole Tremiti, le sue impressionanti lettere scritte al Re Vittorio Emanuele III°, in cui lo esortava ad essere giustiziato piuttosto che subire le torture psicologiche del confino. Avrei potuto, ancora, ricordare le sue lettere alle Istituzioni statali dell’Italia liberata e democratica. Avrei
nare la nostra “mistica” dell’acqua. Se l’acqua è una risorsa sempre meno disponibile, perché dovremmo ancora oggi consentirci il lusso di farne un uso sconsiderato ed improprio? Non sta scritto in nessun “verbo divino” che i caposelesi debbano ostinarsi a non volere limiti nell’uso e nell’utilizzo dell’acqua. Davvero stride, scrivendo da questo giardino aggredito da silenziosissime zanzare moustik, l’idea di quei rubinetti sempre aperti per rinfrescare bibite d’ogni genere, degli orti inondati ad ogni ora e di quelle docce infinite e rigeneranti. Ancor di più stride pensandoci da questa terra ivoriana, da questo pezzo dell’immensa Africa. Demoliamo allora per sempre questa benedetta idea mistica che, dell’acqua, abbiamo noi caposelesi, cioè di questa concezione intensamente idealizzata e, spesso, acritica che ci ha accompagnato per quasi un secolo. In questa visione per tanti rivoluzionaria (spero tuttavia non sconvolgente per i nostri lettori) non dovrebbe risultare fuori dalla grazia di Dio immaginare degli interventi di limitazione degli sprechi dell’acqua delle nostre sorgenti del Sele. Nel senso che, assicurato un consumo medio pro-capite, tutto ciò che va oltre deve essere pagato attraverso un canone. Fare questo significa accettare l’installazione dei contatori di consumo. Sì, ne sono oramai certo e convinto: queste sono misure di civiltà per l’utilizzo di un bene che è sempre più prezioso e sempre meno disponibile. Sono certo che quei ragazzi e quelle donne che nel 1939 sfidarono le forze dell’ordine sulla vecchia Piazza Plebiscito per protestare contro “lo scippo” perpetuato a favore dei pugliesi, sarebbero i primi a comprendere e a condividere questo cambio di impostazione. Le vicende storiche, infatti, per la loro natura, vanno sempre contestualizzate. Aveva senso allora, in quel contesto storico, ribellarsi ad un decreto che attribuiva titolarità al demanio statale di un bene essenziale come quello delle acque della sorgente della Sanità.
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Ero partito immaginando di tornare su queste pagine proprio a riflettere su quella sorta di “mistica” dell’acqua grazie alla quale abbiamo costruito, a Caposele, per tutto il secolo scorso, una nostra particolare e peculiare identità collettiva. Questa identità si è basata su alcune parole chiave: lo scippo delle acque, delle nostre acque, le sorgenti del sele, il fiume…
stato sottratto dai pugliesi, sulle mancate ricompensazioni economiche o sulle mancate realizzazioni di opere che valorizzino in termini turistici gli spazi prossime alle sorgenti. Sono anni che si parla sempre delle stesse cose, ma mai e nessuno è stato in grado di costruire una vertenza il cui esito fosse favorevole a determinate esigenze collettive.
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Avevo colto anche un possibile nesso per mettere in connessione Caposele con questo pezzo della Costa d’Avorio. Il nesso strumentale è quello dell’acqua, ovvero della risorsa idrica che qui manca per molti mesi all’anno, allorquando la stagione delle piogge, con la possibilità di approntare qualche misero tentativo di approvvigionamento, diventa un flebile ricordo.
voluto sottolineare la rimozione di tutte queste sue gesta dalla consapevolezza collettiva dei caposelesi. Ma scrivere da questa provincia dell’Africa centro-occidentale tutto questo mi appare privo di senso. Le cose che sto osservando in questi giorni stanno drasticamente trasformando il mio punto di vista. Ed è normale, credo, per chiunque osservi queste donne e questi bambini fare diversi chilometri ogni giorno, con in testa bidoni di ogni colore, per riempirli d’acqua così da assicurare la sussistenza minima alle proprie famiglie. Dovrebbe essere ugualmente normale modificare la propria opinione dopo aver visto le donne (sempre loro) lavare i pochi e miseri panni in acque stagnanti e rosse come le piste di sabbia battuta. Qui si ha a che fare con la sete vera, si ha a che fare con la totale assenza di condizioni
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’aria notturna di Anyama è carica di umidità, tanto che si fatica a respirare e la maglia intima è inzuppata di un insopportabile sudore equatoriale. Mi ero ripromesso di cogliere qualche spazio libero di questo viaggio africano per rispondere alle sollecitazioni del direttore affinché gli facessi giungere il pezzo in tempo utile.
dà da mangiare che per quanto dà da bere. E allora, in questo senso, si capisce pure che in queste condizioni proporre una vertenza rivendicativa ha una sua giustificata legittimità, come è legittimo pure chiedere la garanzia sul flusso vitale minimo per il nostro fiume. Ma questo, seppure importante, è pur sempre un aspetto relativo. Un amico ivoriano, conosciuto in questo ultimo viaggio, riflettendo su alcune questioni geopolitiche, mi ha – in qualche modo – aperto gli occhi su uno scenario che fino ad oggi non avevo pienamente considerato. A suo dire le tensioni in Iran, in Iraq, in Afganistan non sono dettate da ragioni legate al petrolio (che pure è in via di esaurimento), ma all’acqua e ai ricchi giacimenti idrici del Tigri e dell’Eufrate. La stessa guerra siro-israeliana fu motivata dalla conquista delle alture del Golan, con i suoi giacimenti idrici che ancora oggi stanno dissetando Gerusalemme e gran parte della nazione ebraica. Le prossime guerre, secondo lui, saranno dettate e motivate da questa ragione. Se saranno vere queste cose, se si dovessero rivelare vere, saremmo costretti tutti, anche a Caposele, a demolire qualche mito, ad abbando-
E, dunque, si abbia questo coraggio; si apra, in occasione dei tanti blablabla convegnistici che a iosa si organizzano sull’argomento, una discussione nuova e si cambi impostazione. Riuscire a fare questo darebbe un senso ancora più importante a questo mio viaggio in una terra “sitibonda”, come questa africana.
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Vico Petrucci verso via Imbriani
Vico Peschiera
Asilo infantile visto dall'ex Liceo
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Via Pallante
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Vico Petrucci
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UNA PASSEGGIATA PER LE STRADE DI CAPOSELE: Durante le nostre escursioni fotografiche ci capita di imbatterci in luoghi molto conosciuti, ma spesso, non uguali a quelli fotografati qualche tempo prima. Questa dinamicità intrinseca del paesaggio vorremmo che fosse colta anche dai nostri lettori, per cui ci è sembrato interessante pubblicare, da più punti di vista i luoghi del nostro Paese.
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Via Santa Lucia
Vico Pallante
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Via Santorelli
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NATALE Caposele novembre 2008
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La pagina del Presidente
REDATTORI
di Raffaele Russomanno
Ed è appunto su questa strada che ci siamo mossi quando abbiamo pensato a come arricchire la nostra Sagra, prima facendola rientrare nel circuito delle manifestazioni della Comunità Montana Terminio Cervialto e quest’anno infine aprendola, con indubbio successo, alla partecipazione dei nostri ristoratori locali, i quali con grande maestria hanno deliziato il nostro palato con piatti che hanno saputo coniugare la tradizione con nuovi sapori. È su questa strada che abbiamo continuato quando abbiamo deciso di affiancarla con il concorso enologico al fine di promuovere e far conoscere realtà locali fino ad ora poco note, ma soprattutto nella convinzione di voler far partire, fra quanti producono il dolce e delicato nettare di Bacco, una nuova voglia di confrontarsi, perché soltanto il confronto può spingerci a ricercare nuovi traguardi, a raggiungere nuovi obiettivi. Ritengo che su questa strada si dovrà muovere il prossimo Consiglio ampliando gli eventi ed interessando la gran parte del territorio comunale. Non possiamo non pensare di incontrare la Comunità dei Padri Redentoristi con cui instaurare una serie di eventi condivisi. Dobbiamo sforzarci tutti di avere una visione più ampia e meno legata al nostro solitario campanile, in particolare ora che l’economia naviga verso lidi recessivi. Molto avremmo dovuto fare per i tanti giovani che sempre più spesso devono abbandonare il nostro paese alla ricerca di nuove occupazioni. Il mio augurio è che il prossimo futuro veda la nostra Pro Loco impegnata a valorizzare le produzioni locali, ad affiancare i giovani artigiani nel promuovere le proprie lavorazioni, affinché insieme al turismo possano fungere da volano per l’economia della nostra comunità. Molto avremmo dovuto fare per i tanti giovani che sempre più spesso non riconoscono nella Pro Loco un interlocutore capace di recepire le loro istanze. Sicuramente aver incontrato nelle sere di agosto i giovani di Caposele mi ha permesso di comprendere, finalmente senza filtri e mezzi termini, le loro aspettative, le loro idee, le loro speranze e di poter affermare, senza ombra di dubbio, che il dialogo è il punto focale da cui far partire una reciproca conoscenza per dare una svolta decisiva alla vita della nostra Pro Loco. Questa è la vera sfida e l’impegno primario che attende il prossimo Consiglio Direttivo: riuscire a dare voce ai giovani, a renderli partecipi ed attori primari della vita della Pro Loco che da sempre ha avuto a cuore lo sviluppo ed il benessere del paese.
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chi non è capitato, dopo aver percorso una strada, di soffermarsi a ripensare a quanto visto, a quanto incontrato, a quanto ascoltato ed imparato lungo il cammino. È esattamente con quest’animo che oggi alla fine del quadriennio del nostro Consiglio Direttivo che mi soffermo volentieri a ripercorrere gli anni appena trascorsi. Posso affermare che sono stati anni piacevoli ed intensi, soprattutto perché mi hanno portato a contatto con la realtà della Pro Loco che avevo sempre osservato dal di fuori senza mai poterne apprezzare appieno la vocazione al sociale e all’impegno per il nostro territorio. Quello che si chiude è un quadriennio il cui obiettivo primario è stato quello di traghettare la Pro Loco verso una tranquillità economica, partita inizialmente da una situazione difficile ed ulteriormente aggravata dalle continue riduzioni di fondi da parte dell’Assessorato al Turismo della nostra Regione. Nonostante ciò tale stabilità economica è stata pienamente raggiunta grazie ad un’accorta gestione delle risorse tanto da poter oggi guardare al futuro con maggiore serenità. Inoltre, non sempre è risultato semplice interloquire con le amministrazioni locali che hanno visto il succedersi, in questi ultimi anni, di ben quattro primi cittadini; ciò ha fisiologicamente ostacolato una razionale continuità programmatica ed una reale collaborazione tra le varie istituzioni del territorio che, per un ente come la Pro Loco, sono di vitale importanza per poter ottenere un valido sostentamento e di conseguenza operare in modo fattivo. Da questo punto di vista ritengo che nel prossimo futuro molto si potrà fare per sviluppare ulteriormente la collaborazione fra le istituzioni. Come inizialmente consideravo sono stati questi anni belli perché quando si viene proiettati in un nuovo impegno c’è sempre l’ardore della prima ora, la voglia di voler fare e di ben riuscire. Anche se devo onestamente ammettere che molto si sarebbe potuto e dovuto fare. Si, molto si sarebbe potuto fare se tutti noi avessimo avuto un maggiore spirito collaborativo nel promuovere e sostenere le idee, poiché la Pro Loco vive ed opera bene laddove tutti, dai giovani ai meno giovani, si adoperano per il raggiungimento di un obiettivo comune. Oggi mi sento di dire che non è sufficiente valorizzare il territorio attraverso semplici forme di promozione dei prodotti locali. Oggi gli eventi vanno curati nei minimi particolari, vanno preparati adeguatamente, situazione che richiede l’intervento di molteplici risorse umane.
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E’ tempo di consuntivi
Il manifesto unico dell'Estate caposelese 2008
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A LA O L A C O C A REDATTORI PIC A C N A PI CCCR O N R C O
E’iniziato lo scorso 01/10/2008 il quarto progetto di Servizio C i v i l e Vo l o n t a r i o approvato dal Ministero degli Interni alla Pubblica Assistenza di Caposele e rivolto a 8 ragazzi. Il progetto, denominato “Campania solidale 3” sviluppa l’idea della decodifica dei bisogni presenti sul territorio
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legata alla necessità di offrire agli anziani e ai diversabili risposte mirate ai loro bisogni al fine di impedire forme di esclusione e disagio. Diamo questa notizia perché vogliamo evidenziare l’utilità del Servizio Civile sia come occasione di crescita per i giovani che come momento di impegno per il miglioramento della qualità di vita di anziani, diversabili e delle loro famiglie. Informiamo inoltre che è in fase di approvazione un nuovo progetto per il quale la P.A. Caposele darà in tempi utili, la necessaria pubblicità.
SELE SAPORI La Sele Sapori è nata fin dal dicembre del 2005 ad opera del Cav. Nicola Malanga e del fratello Salvatore. Al centro del locale, ricco di ogni ben di Dio, campeggia una radice gigante tratta da un albero di ulivo del loro fondo e che sta a simboleggiare l’attaccamento alla terra. Il locale è molto bene organizzato e presenta un varietà di prodotti tipici genuini di tutto rispetto.
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Comunale ha voluto ricordare anche a Caposele l’evento storico con la posa di una corona ai caduti in guerra. Esattamente 90 anni fa l’Austria si arrendeva all’Italia, firmando l’armistizio. Il 4 novembre è l'anniversario della vittoria del 1918 al termine della prima guerra mondiale. E’ stato definito il 'giorno dell'unità nazionale' e, in questo giorno, si celebrano le forze armate per lo straordinario contributo dato all'unificazione e alla costruzione della Patria. L’Amministrazione Comunale ha voluto ricordare questo giorno importante per la nostra Nazione con una manifestazione svoltasi in Piazza Sanità alla quale erano presenti il Sindaco, i consiglieri di maggioranza, gli assessori, le forze di polizia municipale, i carabinieri, il superiore e il parroco delsantuario di san gerardo ed il parroco cittadino. Inoltre, varie scolaresche hanno partecipato con entusiasmo all’evento.
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l’Amministrazione
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Continuano i lavori per il rinnovo del ponte Tredogge. Ancora qualche leggero disagio per la comunità e si concluderà, fra poco tempo, la realizzazione di una delle opere pubbliche più attese: il collegamento principale tra Caposele e Materdomini, la nostra porta d’ingresso ai due centri abitati maggiori; un altro segmento verso il percorso finalizzato ad una sempre migliore offerta territoriale ai residenti e ai turisti.
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Siamo lieti di comunicare che lo scorso novembre la nostra concittadina Cesara Maria Alagia è stata confermata Responsabile Regionale dell’associazione di volontariato ANPAS. Una giusta affermazione che conferma l’impegno che da anni mette in questo importante settore. La redazione le rinnova i complimenti augurandole sempre maggiori successi.
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L' ANGOLO VERDE è il nuovo ristorante aperto di recente sul Corso S.Alfonso. Sostituisce il vecchio e indimenticabile CHALET chiuso ormai da alcuni anni. Il nuovo locale, gestito dai fratelli Di Masi, è accogliente, ampio e modernamente attrezzato. Auguri dalla redazione.
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SALVATORE CONSALVATORE CONFORTI C
Il circolo locale di Caposele ha organizzato per il giorno 23 agosto 2008, la I festa democratica di Caposele. Nella piazza affollata come non mai, si è tenuta una tavola rotonda sul tema: politiche comunali e provinciali. Si sono confrontati Giuseppe Palmieri, coordinatore del PD di Caposele, Pasquale Farina neo sindaco di Caposele, Giuseppe Sierchio, sindaco di Calabritto,Salvatore Di Domenico, Sindaco di Teora, il segretario prov. le del PD irpino, Franco Vittoria ed il senatore della Repubblica Enzo De Luca. La manifestazione si è conclusa con uno spettacolo musicale ac-
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di Salvatore Conforti
Angelo Petrucci in pensione
Dopo tanti anni spesi a servizio del Comune di Caposele, Angelo Petrucci, per raggiunti limiti di età, è stato collocato a riposo. Il suo è un riposo meritato, dopo tanto lodevole impegno, tanta dedizione e dopo le tante avversità che hanno caratterizzato il corso della sua esistenza. Gli amici gli sono stati sempre affettuosamente vicino e non dimenticheranno la sua disponibilità e il suo attaccamento al lavoro. Angelo è stato un uomo forte e lo è tuttora a dispetto dell’età e malgrado gli acciacchi che la stessa età comporta. I suoi anni migliori li ha dedicati al servizio di una comunità che lo ha sempre stimato e voluto bene per il modo affabile e cordiale che lui ha saputo instaurare nell’assolvimento dei suoi compiti. Lascia il suo “posto di combattimento” per un più che meritato riposo. Gli auguriamo tutto il bene del mondo.
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Piccola cronaca siamo che chi lavora per Materdomini e le sue peculiarità, lavora anche nell’interesse di tutta la cittadinanza di Caposele. Benvenuti nella nostra Comunità. Dott.Pasquale Farina Sindaco di Caposele
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della modernità sta disintegrando la società, e con essa i valori sui quali si regge una antica convivenza fondata anche sulla solidarietà. Credere che Caposele sia immune da questi pericoli è sbagliato e, allora, è necessario mettere insieme forze e buona volontà da spendere soprattutto a favore di chi è più esposto a questi rischi, non in un’ottica di solitaria concorrenza, ma in uno spirito di umana, positiva e realistica collaborazione, al riparo di qualsiasi equivoco e strumentalizzazione. Noi tutti, noi tutti, dobbiamo rimarginare ferite, restituire unità alla comunità su valori condivisi, e sforzarci di ricostruire una vera concordia tra i Caposelesi. E’ con questi sentimenti che noi auguriamo buon lavoro al nuovo Provinciale, al Superiore ed al Parroco, anticipando che il Comune di Caposele sarà aperto alle istanze della Comunità Redentorista, convinti come
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fede e amore infinito per il suo Santo, San Gerardo Maiella, sempre viva e sempre presente. L’insediamento del Nuovo Parroco Padre Gaetano Desiderio e del nuovo Superiore del Santuario di Materdomini, Padre Antonio Perillo, che idealmente abbracciamo a nome di tutti i Caposelesi, ci riempie di gioia e di una grande speranza, perché siamo convinti che, sia il nuovo Superiore Padre Antonio Perillo, sia il nuovo Parroco Padre Gaetano Desiderio, sulla scia di una consolidata tradizione, sapranno farsi carico delle attese e delle aspettative della nostra cittadinanza, la quale è da sempre educata ad una sana laicità, in cui tutti, nessuno escluso, per le funzioni ed i ruoli che loro competono, diano il meglio di sé nel comune interesse. La chiesa, da tantissimo tempo, e le istituzioni civili più recentemente, si sono rese conto che un frainteso senso
Il nuovo Parroco Padre Gaetano Desiderio e il nuovo Superiore del Santuario di Materdomini, Padre Antonio Perillo
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DISCORSO DI BENVENUTO DEL SINDACO AL PARROCO E AL SUPERIORE DELLA COMUNITA’ DI MATERDOMINI Intanto, un saluto sincero al nostro Vescovo “ Sua eccellenza reverendissima, monsignor Francesco Alfano” che con la sua gradita presenza rinnova la sua costante attenzione alla nostra Comunità; nonostante la vastità dei problemi che vive il territorio affidato alle sue cure pastorali ed alla straordinarietà dei problemi che vive l’Alta Irpinia. Un altrettanto cordiale e sincero benvenuto che equivale ad un ben tornato a Padre Gaetano Desiderio nuovo Parroco della Comunità Religiosa di Materdomini, a dimostrazione che Materdomini non è stata mai negletta dai Padri Redentoristi, non solo perché qui riposano le spoglie di un Santo caro in tutto il mondo, ma anche perché qui c’è una Comunità Religiosa con
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Le donne dellaSagra 2008
Corsa dei piu'piccoli nel circuito cittadino
LE NUOVE PREVISIONI DEL P.U.C. DELL'AMMINISTRAZIONE FARINA
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ome vi avevo promesso in campagna elettorale e come avevo già annunciato nel precedente numero della sorgente, dopo numerosi incontri con le forze politiche, con i tecnici e con la minoranza, è stata approvata la proposta di PUC che rappresenta una svolta per lo sviluppo socio-economico del nostro paese. Vi avevo parlato del rilancio di Materdomini e Caposele, della riqualificazione di alcune aree come “Bosco difesa” e la rivalutazione della fraz. Buoninventre. Vi avevo promesso che ci saremmo impegnati per consentire ai cittadini di poter realizzare finalmente tutte quelle opere che erano state inserite nella variante al P.D.R. e non approvate, e avevo indicato nel miglioramento della viabilità il propulsore per dare al nostro paese la crescita che merita. La proposta di PUC che abbiamo adottato tiene conto di quelle che erano e sono diventate le esigenze della collettività, stando attenti ad ascoltare i suggerimenti che sono venuti dagli incontri tenuti in questi mesi e, sulla scorta dell’esperienza maturata
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e delle proposte già verificate, abbiamo portato avanti e completato il primo atto della pianificazione urbanistica. E’ opportuno a questo punto indicare, per grandi linee, quelle che sono le previsioni inserite nella bozza di PUC: partendo dalla frazione Materdomini abbiamo previsto la sistemazione delle bancarelle in Via Santuario, la realizzazione di un’area commerciale lungo C.so S.Alfonso, individuata nell’area ricadente tra il Sali e tabacchi e il Bar Gianna. Abbiamo poi previsto la realizzazione di parcheggi a nord e a sud della frazione, abbiamo pensato a una bretella di collegamento, che partendo dallo svincolo della superstrada e costeggiando la zona alle spalle di Via Duomo, si collega con la provinciale a sud del paese, al fine di migliorare la circolazione stradale e il deflusso del traffico nelle giornate affollate di settembre e ottobre. Sempre su Materdomini abbiamo pensato e previsto la possibilità per le attività esistenti, e in particolar modo per gli alberghi / ristoranti, la possibilità di incrementare le volumetrie già realizzate; è stata altresì prevista la sistemazione e l’allargamento della strada provinciale che dallo svincolo porta all’incrocio con via Aldo Moro. Per Caposele sono state riportate
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L’Assesore all’urbanistica Vito Malanga illustra la proposta di PUC che è stata adottata dalla G.M. con deliberazione n 65 del 4.12.2008
Vita Amministrativa e inserite tutte le previsioni che erano state adottate col P. di R. per la parte non approvata. Per quanto riguarda le strade, sono state previste una serie di soluzioni che migliorano i collegamenti all'interno del territoriio comunale, e in particolare: - è stato previsto l’allargamento e la sistemazione di Via Aldo Moro, in modo da rendere agevole il collegamento della fraz. Materdomini con Caposele capoluogo; - è statoprevisto l’allargamento della strada di collegamento tra lo svincolo della superstrada e la zona ponte tredogge; - è stato ipotizzato il collegamento della menzionata strada con la zona piani prevedendo una bretella che dall’altezza della carrozzeria Sozio si immette nella zona delle case popolari in località Piani; - è stata prevista la sistemazione e potenziamento della strada di collegamento per il campo sportivo “Palmenta”; - è stato previsto l‘ampliamento della strada S.Giovanni; - è stata prevista la bretella di collegamento che dal polo scolastico si collega con la zona ponte di Caposele; - è stata prevista una bretella di collegamento che, costeggiando alle spalle il polo scolastico, si collega con la zona cantine. Il PIP in zona Petazze è stato ampliato raddoppiando quasi la superficie della
previsione originaria. Sono state inoltre individuate aree a destinazione agricola insediativa per consentire, nelle zone agricole, ampliamenti maggiori, come pure sono state individuate aree per spazi di sosta e tempo libero (bosco difesa ecc.). E’ stato previsto l’ampliamento dell’area cimiteriale. Queste, per grandi linee, le previsioni del piano che ha tenuto conto, come dicevo delle proposte e dei suggerimenti di tutti. In buona sostanza mi sento di poter affermare che abbiamo pensato a adottato uno strumento urbanistico che si colloca in modo appropriato nel contesto sociale e culturale della nostra collettività e che tiene conto di tutte quelle esigenze che sono emerse dalle valutazioni e dagli incontri di cui vi parlavo. Il PUC è in visione per tutti alfine di essere consultato e, chi vi scrive, è a disposizione per confronti, spiegazioni e verifiche. Il dialogo che ne seguirà sarà utile per verificare la bontà delle scelte ed eventualmente migliorare le previsioni dello strumento urbanistico. L’Amministrazione seguirà e terrà in debito conto ogni suggerimento o osservazione che sarà presentata e cercherà di soddisfare le esigenze di tutti
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Un
nostro concittadino emigrato in
visita a
INVIATECI I VOSTRI SCRITTI ,I RICORDI, LE EMOZIONI LE NOSTALGIE CHE CONTINUATE A VIVERE , SAREMO FELICI DI PUBBLICARLE IN QUESTA RUBRICA DEDICATA A CHI E' LONTANO, SOLO FISICAMENTE, DA CAPOSELE.
circa cinquant’anni fa, in
scorsa, ha espresso con sommo rammarico le
sue critiche per i posti che ha rivisto dopo tanti anni.
Noi pur consapevoli
delle varie deficienze raccontate in questo suo scritto, lo pubblichiamo
affinchè i nuovi amministratori che hanno ereditato queste brutture, possano provvedervi con una certa urgenza.
CAPOSELE, ANCHE TU...!
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per fare 500 m, vanno in macchina con telefonino, privi di cinture, completamente irresponsabili! E la festa di San Vito, un evento secolare, quest'anno, hem! La vigilia, frettolosamente, falciarono le erbacce ed aprirono il varco per raggiungere la Chiesetta. I famosi esaustivi "giri", una santa Messa, niente più ! Un vecchio trattore, trasportava la statua del Santo.V'erano, partecipi, pochissimi volontari, pazienti, cantando sottovoce, ripetitive litanie. Abituato all'era di otto lustri orsono, in cui, i clerici usavano giacca, pantaloni/sottane neri, collarino bianco, copricapo a tre punte o arrotondato, chiedo ad un amico, chi sarebbe il celebrante. Lui, scherzoso, accenna: È quello dal cappello tipo Gaucho dos Pampas!(l) Tacqui, misura salomonica salutare! M'accingo a dondolar la campana! Si, perchè c'era poca gente, di tipo volenteroso, ed io, ossequioso, l'ho rintoccata più volte. Modesto stimolo religioso, frivola partecipazione della gente e zero presenza di autorità comunali. Un giorno, ben presto, scendo la strada che, dalle Caselle si giunge fino alla Chianga. Arrivo al torrente "Minuto". E incredibile quel che osservo, stradafacendo. Non ci son più quei "fondi disegnati con frutteti, vigneti, ortaggi e altre colture"... Sono ridotti in terreni semi-produttivi, quasi boscaglie e lungo il sentiero, un irresponsabile, feroce individuo, spargendo un veleno sulle siepi, distruggeva una enorme biodiversità, bruciando quei splendidi rovi che fanno da protezione, esplodono in profumati fiori e producono quelle dolci more! Ecco il torrente. Non posso crederci: un pò d'acqua nascente che, soave scende a valle, è un vero deposito di residui elettrodomestici! È avvilente andar via, lontano, dall'adorata Terra Mater e non sentirsi orgoglioso, più felice! E’ un dovere di tutti, collaborare con le Amministrazioni locali, a far fronte a tanti comuni disagi. Meditiamo e, uniti, difendiamo questo straordinario paesaggio! È di una bellezza contagiante! CAPOSELE t'immaginavo intoccabile ma, anche Tu hai bisogno tanto di amore! Umberto Malanga
il gattino ama il padrone, tornerà a casa, perciò non disperarsi. Rispose: "Ru'ssacciu Cumba Umbè, ma quiru musciddu era masculu"! Tacqui!? Quest'anno, nel mese di giugno, ho soggiornato trenta giorni a Materdomini. Oltre la mancanza di Colui ch'era un Amicone, non ho visto "Cumba" Rocco. Ho notato solo 'NGiulinu 'r P'tr'nicchiu, marito di Elisa, sorella di Francesco, della saga Ciccone, a sua volta sposato con Luigina, quindi, genitori di Cettina. NGiulinu al sole, sotto i famosi platani del Corso Sant'Alfonso, tutti giorni, apriva un libretto di preghiere. Fervoroso, non ha mai oltrapassato la prima pagina! Di "Cumba" Rocco, dissero che stava a letto, un pò male. Auguro pronta guarigione e un subito ritorno al convivio con i colleghi, nel mitico luogo! A tutti e a "Cumba" Rocco, un Malanga come me, arrivederci a presto!
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iamo, quasi, coetanei. Lui ha alcuni anni più di me. L'adolescenza l'abbiamo vissuta insieme. "Cumba" Rocco è una persona semplice, di buona indole, un lavoratore tenace, simpatico, sorridente, affabile. Quante lunghe giornate abbiamo trascorso tra i campi, per i lavori agricoli. E’ il secondo di tre fratelli, di famiglia modesta, del mio amato Villaggio. Sempre, nei miei rientri, a Materdomini, l'ho incontrato allegro, salutare. Quattro chiacchiere non mancavano mai, espresse nella semplicità del caro dialetto nostrano. Puntuale, ogni giorno marcava la presenza al Corso Sant'Alfonso, sotto le secolari piante, occupando un posto sui comodi banchi. Dialogava poco, gli piaceva assai ascoltare le storielle degli altri, in speciale modo di “UN AMICO”, la cui assenza è molto sentita. Mi viene in mente una antica storiella, con "Cumba" Rocco protagonista: affannoso, lo vedo, un bel mattino, correre disperatamente tra la via Duomo, Caselle, Corso Sant'Alfonso e dintorni, gridando e chiedendo ad ogni passante; questo mi preoccupò e gli domandai: "Cumba" Ro, che ti succede, sei così disperato"? Lui, mi rispose: "Cumba Umbè, avissi vistu nu musciddu russu? (S’n'è scappatu 'r casa e nu lu trovu ‘cchiu"? Per l'amicizia, resto coinvolto alla ricerca del famigerato felino. Cerchiamo nelle casette, tra le siepi r’ ruviti, ‘nta lu lemmtu r’ lu giardinu r’li muonici, oggi un parcheggio, nei pagliai, nelle cantine e in ogni cantuccio, ma niente presenza del famoso micino. Gli dissi che, se
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"Cumba" ROCCO
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mia amata, sognata CAPOSELE, dopo cinquantanni, contìnui, come sempre, sofferente. Quel che ho assistito, personalmente, mi avvilisce profondamente, mi rattrista tanto. Da Te, la natura, è sempre affascinante ma, numerosi particolari richiedono più AMORE, urgente! Forse a causa di alternanze politiche, o di contrasti ideologici, si trascurano miglioramenti, si distruggono tradizioni, preziose memorie del passato, si crea un antagonismo a detrimento del benessere sociale. Sono segni di perdita di valori civici, morali e anche spirituali, mossi solo per ambizioni personali. Ammirevole è la partecipazione dei cittadini e delle versatili "nanonne", nelle sagre del ferragosto. Ai piedi della "preta r' Cola"(S.Lucia), un'oasi rilassante, un corso d'acqua dal singhiozzo morbido, con allegro affinamento musicale, meriterebbe più attenzione per una sosta e per un incontro tra amici. Insidiose ripide con insufficiente protezione, irritanti ortiche e cardi, in grande quantità, deturpano l’ambiente. Nello splendido Bosco esiste, e pochi conoscono, una sorgente d'acqua limpida. Un luogo ideale per una tranquilla e salutare scampagnata, in che condizioni s'incontra! Una vasca e un invaso colmi di rifiuti plastici, rami, foglie, acqua impantanata, un abbandono totale! "Bisogni organici" fatti nei pochi posteggi, tra i trascurati sentieri. Tavoli, sedili, quasi, tutti malconci, disusabili, marciti; e la casetta/rifugio graffitata con idiote espressioni, sembra una 'favela"! È un punto da risanare! Per le strette strade, attraversarle è un serio pericolo. Se ti azzardi, oltre graffiarsi dai tantissimi cespugli spinosi che ostruiscono l'inesistente passaggio pedonale, si viene disturbati da alcuni imprudenti, i quali,
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La Pagina dell'Emigrante
Caposele l’estate
Brasile
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REDATTORI
La pagina dei ricordi
CAPOSELE ALL’INIZIO DEL SECONDO CONFLITTO MONDIALE di Vincenzo Di Masi
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e non più di trincea, come quella che si era combattuta nel 1914/’18. Anche la nostra potenzialità industriale bellica non era certamente adeguata, sebbene i successi ottenuti in vari campi erano rilevanti e prestigiosi. Essi però erano da attribuire piuttosto ad iniziative di gruppi o addirittura individuali, ad eroismi delle unità combattenti, allo spirito di servizio e di abnegazione che tutti, civili e militari, dedicavano convintamene fino all’estremo sacrificio, per esaltare i valori della Patria, quella con la “P” maiuscola e che oggi specie tra i giovani non si sa più cosa significhi. Proprio per evidenziare questo aspetto, desidero citare momenti della vita quotidiana del tempo e in particolare quelli che ben conoscevamo del “Sabato fascista”. Già dopo i primi anni del ventennio, non era raro assistere in paese, presso la “Casa del Fascio” che - se non erro - all’epoca, si trovava là dove oggi è ubicata la Pro Loco, a riunioni di giovani ( Giovani Fascisti, Avanguardisti, Balilla, Figli del Lupa e Giovani Fasciste (donne) che sotto la direzione di piccoli gerarchi del luogo, inquadrati e nelle previste uniformi, a passo cadenzato e spesso di corsa percorrevano, al canto di Inni fascisti, l’attuale via Roma fino a Piazza Plebiscito (oggi Piazza Vincenzo Di Masi). Era un tripudio “gioioso”, cui partecipavano entusiasticamente quasi tutti i maggiorenti delle famiglie caposelesi, che assiepavano, al margine, la strada fino a piazza della Sanità, dove infine si scioglievano. Tra i ricordi più vivi, c’è anche quello, dell’arrivo sempre alla “Sanità” - all’ingresso della palazzina oggi occupata dai Carabinieri della locale Stazione, ma che all’epoca era abitata da funzionario dell’Acquedotto e dalla sua distinta famiglia, da tutti conosciuto come Don Andrea Araneo, originario di Melfi, cordiale persona, presto inseritasi nell’ambiente paesano, dove godeva incondizionata stima e simpatia - di importantissima personalità politica nazionale, di origine pugliese, che se non erro corrispondeva al ben noto Bottai e che certamente fu il propugnatore del trasferimento del mezzo metro cubo di acque residue che ancora scorrevano lungo
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Ebbi modo pertanto di assistere - seppure contro il divieto dei miei genitori - all’accompagnamento di due persone nella vecchia caserma dei Carabinieri di Caposele, che poi mi dissero essere due sabotatori inglesi, braccati e circondati nelle campagne tra le località di Boninventre e Materdomini Al loro arresto, per quel che ricordo, seguì in molte località della Campania, Basilicata e Puglia la cattura di altri numerosi elementi nemici, i quali riuscirono a far saltare alcune gallerie dell’acquedotto in punti in cui quasi affioravano dal terreno, ma senza gravi conseguenze per l’alimentazione idrica dei paesi pugliesi, perché presto localizzate e riparate Un particolare inedito ma al tempo stesso simpatico e significativo del tipo di guerra che l’Italia dell’epoca conduceva è quello riguardante i rifornimenti, compresi gli alimentari, per le truppe che presidiavano la valle di Caposele. Ricordo, infatti, che un nostro compaesano - del quale purtroppo non rammento il nome, ma che abitava nei pressi della Sanità - molto simpatico, onesto ed audace, con un carretto militare trainato da mulo, si recava periodicamente ai magazzini di Sussistenza di Salerno, a ritirare rifornimenti vari. All’epoca non esisteva l’attuale superstrada di fondo valle e le vie di collegamento erano, salvo rare eccezioni, tutte in terra battuta ed acciottolate. Parimenti, i veicoli a motore erano una rarità e quei pochi esistenti erano stati requisiti per fini bellici. Il sopra indicato nostro compaesano (del quale mi piacerebbe conoscere, da chi lo ricorda, il nome), come si suole dire “ di necessità faceva virtù e dovere”, essendo costretto a seguire, anche di notte, senza scorta, la strada ordinaria del tempo, come già detto tutta in terra battuta, percorrendo le varie località e cittadine che tuttora si trovano lungo il percorso, come il bivio di Calabritto, Quaglietta, Ponte Oliveto, Camaldoli, Serradarce, Eboli, Battipaglia, ecc., fino a Salerno. Ciò a significare l’evidente nostra impreparazione bellica rispetto all’alleato tedesco e agli altri belligeranti di campo avverso e come Mussolini ed i suoi consiglieri, anche militari, avessero sottovalutato gli effetti di una guerra moderna di movimento
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amato paese sul finire degli anni trenta del XX secolo, affonda le radici nel ventennio fascista, quando tutti, ricchi e poveri, offuscati dalla propaganda e cultura elaborata dal movimento politico a carattere nazionalista, antidemocratico e totalitario fondato da Benito Mussolini a Milano il 23 marzo 1919 con l’apporto ideologico del filosofo Giovanni Gentile, ed esaltati da uno spirito patriottico veramente eccezionale, in taluni casi anche fuorviante, a cagione altresì di un esasperato e diffuso fanatismo popolare, pervennero addirittura ad appoggiare l’alleanza con la Germania hitleriana, che condusse ineluttabilmente al Secondo Conflitto Mondiale. Al fine di fornire un quadro obiettivo e preciso del nostro paese sul finire appunto degli anni trenta , non si può prescindere dal fare una disamina, seppure breve, della situazione socio-politica dell’Italia in quel tempo e, segnatamente, dell’Europa e, in complesso, Mondiale. Le cause e gli antecedenti che originarono il Secondo Conflitto Mondiale si possono riassumere come segue: a) rivalità francotedesca per il primato politico ed economico in Europa; b) contrasto franco-tedesco per le mire della Germania a riannettersi l’Alsazia e la Lorena, cedute con il trattato di Versailles; c) rivalità italo-francese per le mire espansionistiche dell’Italia in Africa settentrionale e per la rivendicazione della Corsica, di Nizza e della Savoia; d) rivalità italo-inglese per il predominio nel Mediterraneo che la propaganda fascista assegnava di diritto all’Italia, siccome definito “Mare Nostrum”; e) rivalità tra Cina e Giappone per il predominio politico-economico in Estremo Oriente; f) mancata soluzione di altri problemi politico-territoriali creati dai trattati di pace seguiti alla Prima Guerra Mondiale; g) infine, la politica espansionistica della Germania hitleriana che mirava all’abolizione di tutti i vincoli imposti dal trattato di Versailles e alla conquista di uno spazio che riteneva vitale con l’annessione della città di Danzica e del Corridoio polacco, con l’espansione in territori dell’Europa orientale, di territori extra europei (colonie) e con l’annessione dei territori abitati da popolazioni tedesche ( Austria, Sudeti, Alto Adige, ecc.). In tale contesto politico, l’Italia mussoliniana non volle, a ragione, tenersi estranea, per cui si avvicinò gradualmente ad Hitler, fino a stipulare il noto patto o Asse RomaBerlino del 23 ottobre 1936. Da allora si susseguirono avvenimenti politici di vario genere, in massima parte cruenti, sui quali non mi soffermerò poiché noti a tutti, come ad esempio, l’occupazione dell’Etiopia in Africa Orientale, che avrebbe dovuto dare anche all’Italia il suo impero coloniale, e la guerra civile spagnola che sostenuta dall’Asse portava al potere il Generale Franco, fino al recente ritorno
della Spagna allo Stato democratico, sotto il Regno dei Borboni. L’Italia, a seguito dei successi bellici della Germania Hitleriana che aveva messo in ginocchio la Francia, minacciando addirittura la conquista dell’Inghilterra, il 10 giugno 1940 entrava in guerra contro Francia e Gran Bretagna. Infatti, l’11 giugno aerei italiani bombardavano Malta, dominio Inglese, dando inizio al conflitto, che si estendeva in tal guisa in Libia, in Etiopia, in Grecia ed ai confini con la Francia. Seguivano i fatti bellici afferenti la Seconda Guerra Mondiale, conclusasi nel 1945 con la sconfitta dei Paesi dell’Asse e del Giappone. Già all’inizio del conflitto, precisamente dopo il giugno del 1939, Caposele, che era considerato, a cagione delle acque del fiume Sele che vi nascevano e che erano state convogliate nel tuttora famoso Acquedotto Pugliese, obiettivo bellico primario e fondamentale, veniva sottoposto prima di tutto a mascheramento, per alterare l’aspetto ambientale dei luoghi e renderli difficilmente individuabili dalle ricognizioni aeree Inglesi - che già si susseguivano con una certa intensità - e poi circoscritto da postazioni contraeree a protezione della sorgente, mediante l’impiego di truppe della difesa territoriale, che annoveravano anche nostri compaesani, all’uopo mobilitati. Ciò dico per conoscenza diretta, perché sebbene fossi molto giovane - avevo circa 10 anni – mi sentivo anch’io coinvolto in una guerra che la propaganda del tempo faceva apparire legittima e sacrosanta. In quel frangente, ricordo altresì che si verificarono fatti ed avvenimenti, che resero il nostro paese tra quelli più vulnerabili sotto il profilo bellico, perché gli Inglesi che ne conoscevano la grande importanza strategica, fecero di tutto per colpirlo. Infatti, è noto alle persone anziane, come me, che tra i residenti di tutta la valle e, segnatamente, dell’area circostante il nostro paese, si era diffusa le notizia - che poi trovò riscontro in fatti concreti - che gli Inglesi avevano paracadutati numerosi elementi sabotatori, al fine di minare e far saltare le sorgenti del Sele, nel luogo dove queste si trovavano - e quindi a Caposele - nonché gravemente danneggiare le più importanti gallerie del lunghissimo acquedotto, che alimentava non solo l’intera popolazione pugliese, ma che, a mezzo di navi cisterne, contribuiva a dissetare addirittura le truppe italiane combattenti sul fronte greco - albanese. Personalmente ricordo anche che i caposelesi, anziani e giovanissimi, appartenenti alle famiglie benestanti, artigiane e contadine subito si mobilitarono e, collegandosi con le popolazioni dei paesi contermini, iniziarono una vera e propria caccia all’uomo, a sostegno dei carabinieri e unità che presidiavano Persano, Campagna, Eboli e S.Angelo dei Lombardi.
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La seguente memoria storica degli avvenimenti che interessarono il nostro
Parata militare in Piazza Sanità. Foto degli anni '40
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Storia
CAPOSELE ALL’INIZIO DEL SECONDO CONFLITTO MONDIALE gretario comunale e del partito a Caposele, suo cognato l’Avv. Luigi Cozzarelli, il farmacista dott. Raffaele Russomanno, l’allora Podestà del luogo Giuseppe Di Masi, mio padre, il suo successore Nicola Farina, il notaio Lorenzo Corona, l’esattore comunale Gerardino Freda e tanti altri professionisti e compaesani che primeggiavano per la loro cultura e per la loro affermazione sul campo economico e socio- politico. Non mancavano, tra costoro, però anche quelli che osteggiavano la guerra (sparuta minoranza), sia perché non erano in grado di valutarne gli effetti, che per la loro avversione al regime fascista, avversione che tuttavia dovevano necessariamente nascondere. Conclusivamente, pur ripromettendomi di riprendere questo filone storico in un
nutrire ammirazione e rispetto. Parimenti, non posso sottacere anche il fatto che senza l’apporto determinante di Nicola Conforti il periodico di cui parlo sarebbe passato come una meteora e si sarebbe perso nel silenzio del tempo. Giorni addietro, in occasione di uno dei tanti incontri, confidai a Nicola il mio disappunto, perché nessuno, tra Autorità locali e concittadini di cultura, aveva preso l’iniziativa di parlare e scrivere dei grandi meriti del direttore de “LA SORGENTE”, nel diffondere nel mondo e ravvivare il ricordo del nostro paese tra le famiglie di emigranti e loro congiunti conviventi. Per questo, di conseguenza, Egli più di qualsiasi altro compaesano che si sia finora distinto, è da annoverare tra i “benemeriti” caposelesi.
So altresì che talvolta i contrasti, soprattutto ideologici, offuscano i sentimenti delle persone di un piccolo centro come è appunto Caposele, ma è certamente doveroso e giusto che quelli che hanno la capacità e la forza di farlo lascino traccia del loro passaggio nei ricordi e nella storia del paese, specie quando si vogliano esaltare i meriti, le qualità e le doti personali di un concittadino. Io, caro Nicola, sono anche consapevole di non essere il più qualificato a parlare di Te. Altre persone che sono state più di me presenti dove vivi e svolgi prevalentemente la Tua attività professionale e familiare, potrebbero riferire del Tuo valore personale ed encomiabile impegno sociale. Da me, invece, potrà giungerTi unicamente l’apprezzamento di ciò che fai per Caposele, insieme con i sentimenti della
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dell’articolo seguendo le indicazioni di
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L’autore
Dacia Maraini
col romanzo
“Il
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treno dell’ultima notte” presentato a Caposele il 13 ottobre u.s., compie un percorso a ritroso nel tempo fermandosi in varie tappe.
Cogliamo l’occasione per ricordare ai Caposelesi che Dacia Maraini, nel corso della presentazione del suo romanzo, ha ricevuto dal Sindaco di Caposele l’onorificenza di “Cittadina onoraria del nostro Paese”.
di Ulderico Porciello
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Ötzi, la mummia del Similaun
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ggi l’uomo è funestato da una crisi economica e finanziaria sempre più accentuata, dall’affievolirsi dei valori etico - religiosi, dalla sfiducia nell’operato della giustizia, dalla precarietà, dalla relatività e a ciò trova rimedio rifugiandosi nel passato o nella memoria. Anch’io, travolto dal angustie della vita moderna, cerco di compiere un viaggio, seguendo un poco le indicazioni di Dacia Maraini col romanzo: “Il treno dell’ultima notte”. Il suo treno, però, conduceva in un luogo di sopraffazione, di violenze e di morte; io, invece, vorrei compiere un viaggio a ritroso nel tempo, fermandomi in varie tappe. La prima all’epoca di Cacciaguida, trisavolo di Dante Alighieri, quando le donne vivevano in casa pudiche in volto e dignitose nel comportamento ed aspettavano il ritorno dei loro mariti
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PRIMA PARTE
tessendo e cucendo; lo stesso Bellincione Berti, il più ricco mercante di Firenze di quel tempo, indossava una semplice tunica stretta ai fianchi da un cinturone di cuoio. La seconda tappa vorrei farla all’epoca dell’età dell’oro, quando gli alberi stillavano miele e gli armenti offrivano spontaneamente il latte agli esseri umani, come asseriva Tibullo nella epistola ex Ponto. Poi correre lontano, quando il tempo diventa un punto nell’infinito, milioni di anni prima della venuta di Cristo, al paleolitico medio e superiore, ai cavernicoli, all’uomo di Neanderthal. L’ispirazione mi e’ venuta dal ritrovamento nel 1991 di Ötzi ad Hauslabjoch la celebre mummia del Simulaum, a 3200 metri di altezza vissuta 5300 anni a.C.. Aveva a fianco ancora l’arco, la faretra con due frecce ed alcuni indumenti di pelle. Durante la caccia questi cacciatori
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Ing. NICOLA CONFORTI Non posso esimermi, se veramente voglio esaltare la figura di nostri compaesani, di accennare alla capacità e all’impegno che da molti anni ha profuso, mediante anche notevole sacrificio di tempo - sottratto alla professione e alla famiglia - l’Ing. NICOLA CONFORTI, del quale tutti, anche i compaesani che vivono all’estero, conoscono le doti eccezionali e polivalenti della Sua personalità e di rappresentazione degli avvenimenti di Caposele, a mezzo del periodico “ LA SORGENTE”, che da moltissimi lustri porta avanti, con grande competenza e determinazione insieme a Suo figlio Arch. Salvatore, al Presidente ed ai componenti della PRO LOCO del luogo.. A creare il detto giornale non è stato soltanto Lui, ma lo furono anche altri concittadini, verso i quali non posso che
prossimo futuro, per svilupparlo ancor più e per collegarlo al periodo contemporaneo e successivo l’8 settembre 1943, data della dichiarazione d’armistizio dell’Italia, prego tutti i miei amici compaesani, se mai ho riferito fatti che possono eventualmente non essere condivisi, di volere scusare la mia assoluta buonafede e l’affetto che nutro, senza distinzione, per ciascuno di loro.
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grida inneggianti alla “Roma dei Fasci, a Mussolini e al Re”. La verità storica m’impone però di non nascondere nulla degli avvenimenti successivi che interessarono l’Italia e che coinvolsero anche il nostro paese. L’idea di molti nostri importanti concittadini, era favorevole all’entrata in guerra, a fianco della Germania. Essi lo dimostravano apertamente e pubblicamente mediante riunioni di gruppi, che il più delle volte avevano luogo a Materdomini. Il sottoscritto, in età ancora molto giovane, era però in grado di valutare l’entusiasmo e la passione che animava in specie quelli che anche sotto il profilo culturale primeggiavano rispetto alla massa e tra essi non posso omettere di citare gli insegnanti delle scuole elementari, Franco Caprio se-
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il letto originario del Sele, per alimentare frantoi, mulini e altre attività a carattere artigianale esistenti a Caposele e che furono la causa di quella che ben venne definita, in un articolo scritto tempo addietro per “LA SORGENTE” dall’allora Sindaco di Caposele Alfonso Merola, “ il primo sciopero popolare del periodo fascista”, che portò al fermo di numerosi nostri concittadini e al “confino” del Geom. Pasquale Ilaria, divenuto dopo la guerra primo Sindaco democratico del paese. Ebbene all’arrivo di Bottai, ma che tutti ritenevano avesse sostituito, per sopraggiunte impedimenti internazionali, il Capo del Governo Benito Mussolini, Caposele si concentrò in Piazza della Sanità dove venne inscenata una manifestazione di “giubilo” indescrivibile, con slogan e
dell’età neolitica percorrevano lunghe distanze, un poco come gli Eschimesi. Vivevano in capanne costruite su palafitte, dalla superficie di circa venti metri quadrati, dove dimoravano quattro o cinque persone. Le capanne erano ricoperte di frasche e di fango, con una piccola veranda da cui si pescava durante il giorno. Anche i bambini si dedicavano alla pesca per assicurarsi la cena. Si coprivano di pelli tenute insieme da tendini di animali. Vivevano in media trentacinque anni. Pietra, legno, osso, cuoio erano i principali materiali di questa età. Per lance e punte di frecce si utilizzava la pietra focaia estremamente tagliente. Le punte delle frecce erano fissate all’asta con catrame di betulla, mentre la scure, oltre alla pece di betulla, veniva legata al manico con una striscia di cuoio. L’età neolitica in cui è vissuto questo cacciatore,
mia più affettuosa amicizia ed alta considerazione. Ho finito. Altro non voglio dire per evitare malintesi. La circostanza mi è però favorevole per pregarTi di inserire nel prossimo numero de “LA SORGENTE” - che so uscirà nella ricorrenza del Santo Natale.e Nuovo Anno - questo mio modesto scritto, affinché coloro che lo leggono sappiano ciò che penso di Te. Auguri di ogni bene ai Tuoi cari ed ai nostri amati compaesani, senza distinzione alcuna, per le prossime festività che, se mi sarà possibile, ritengo di potere rinnovare di persona. Vincenzo Di Masi
inizia 10.000 anni a.C.,quando l’uomo già viveva in società, già cacciava in gruppi, già si organizzava per un sistema di vita accettabile. Vorrei, però, correre ancora lontano nel tempo, al paleolitico medio e superiore, di cui i paleontologi ancora oggi s’arroventano il cervello per cercare di penetrare e conoscere questo mondo misterioso. Un tempo si pensava che l’età della pietra avesse avuto inizio circa 600.000 anni a.C., ma con scoperte recenti fatte in Africa bisogna spostare il paleolitico a due, forse a tre milioni di anni a.C.. Circa un milione e mezzo di anni fa la terra entra in un periodo di oscillazioni climatiche coinvolgendo la fauna, la flora e l’uomo. In questo periodo iniziarono le glaciazioni e il Canada, parte degli Stati Uniti, la Siberia, la Russia settentrionale, la Polonia, la Germania settentrionale e parte della Gran Bretagna vennero coperti da ghiacciai. In seguito i ghiacciai incominciarono a ritirarsi fino a rientrare nelle sedi originarie. I ghiacciai avanzando spingevano avanti la flora ed anche le specie animali subivano delle mutazioni. Così avveniva la mescolanza degli animali: si potevano trovare insieme l’elefante africano, l’ippopotamo, la renna ed il mammut. Continua nel prossimo numero
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sono frequentate da un esiguo numero di alunni che, principalmente per questo motivo, non sono destinatari di un’offerta formativa uguale a quella di cui beneficiano gli alunni che frequentano le scuole di Caposele centro. Per di più, Materdomini è, oggi, raggiungibile dal Polo scolastico di via Pianello in pochi minuti. Questo fatto dovrebbe suggerire agli Amministratori comunali, sia di maggioranza sia di minoranza, di deliberare, in tempi brevi, relativamente ai provvedimenti di propria competenza, il trasferimento degli alunni di Materdomini presso le sedi centrali, elementare e media, operanti nel suddetto polo scolastico, prima che le autorità scolastiche, provinciale e regionale, adottino i provvedimenti di chiusura delle due succursali. Quanto sto prospettando è, tuttavia, un fenomeno in atto già da qualche anno, perché non sono pochi i genitori dei ragazzi di Materdomini che hanno scelto di iscrivere i loro figli presso le scuole del Capoluogo. Perché tale scelta? Probabilmente questi genitori, pur non essendo esperti pedagogisti, hanno capito che, ai fini dell’acquisizione delle conoscenze, della maturazione delle competenze e dello sviluppo della personalità, sia preferibile che i propri figli frequentino una scuola che, per il numero degli alunni, possa offrire maggiori e migliori opportunità educative e formative. Veniamo, adesso, al problema del Liceo. È in via di adozione il PUC (Piano Urbanistico Comunale) che, per i meno informati, sostituisce il vecchio Piano Regolatore Generale. Il PUC è uno strumento di programmazione del territorio. La sua caratteristica principale è di rispettare, tutelare e potenziare le vocazioni di crescita economica e sociale delle varie parti
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piena”, ma così non è. E vado subito a dimostrarlo con qualche esempio. Tutti sanno che, purtroppo, Caposele è interessata da un consistente calo demografico, dovuto principalmente all’emigrazione ed alle poche nascite che stiamo registrando da più di un decennio. Diminuisce la popolazione, ma non calano le spese eccessive per alcuni servizi che, viceversa, andrebbero adeguati alla nuova realtà. Il Comune, infatti, ancora destina risorse ragguardevoli alla copertura delle spese relative alla gestione delle sezioni distaccate della Scuola Elementare e della Scuola Media operanti a Materdomini, entrambe con poche decine di alunni. La realtà scolastica di Materdomini costituisce, di per sé, un esempio significativo di come, con una più accurata utilizzazione delle risorse, si possano ridurre le spese relative ad alcuni servizi per migliorarne la produttività. Va da sé che le considerazioni che mi accingo a svolgere non hanno nulla a che fare con gli insegnanti, di cui è nota la preparazione professionale e l’impegno che profondono nella loro attività, sebbene, come tutti i docenti, mal pagati, poco gratificati dalla considerazione della gente e, non di rado, mortificati da genitori di propri alunni, iperprotettivi e, talvolta, poco attenti all’educazione dei figli. Quando furono istituite le scuole a Materdomini, la situazione era di gran lunga diversa rispetto a quella attuale. In quel tempo, fine anni Cinquanta, Caposele era un comune in espansione demografica e, fatto non trascurabile, per raggiungere la frazione bisognava percorrere ben sei chilometri di strada poco agevole perché tortuosa. Erano gli anni della presenza delle pluriclassi nelle scuole rurali localizzate nelle nostre contrade di campagna che, comunque, già nel 1980, furono soppresse da un provvedimento del Consiglio Comunale, dietro indicazione dello scrivente, all’epoca assessore alla pubblica istruzione. In quel contesto l’istituzione nella Frazione delle due scuole rappresentò un atto amministrativo di saggia politica, in quanto rispondeva alle esigenze di una parte non trascurabile della popolazione
del territorio comunale. È, in pratica, uno strumento che programma, ai fini dello sviluppo delle potenzialità che il territorio esprime, gli interventi atti a favorire una crescita armonica, ma rispettosa delle specificità del territorio. Solo qualche esempio per chiarire il concetto. Se ci riferiamo allo sviluppo del turismo, va da sé che le iniziative che il Comune va a deliberare debbano interessare, in primo luogo, Materdomini. In tal senso, l’individuazione in località Caselle del centro fieristico, i cui lavori sono purtroppo fermi da tempo, ha rappresentato una scelta che si conforma alla vocazione della Frazione. Tale, viceversa, non è l’ubicazione, provvisoria nelle dichiarazioni ufficiali, ma nei fatti definitiva, del Liceo a Materdomini, perché la crescita della Frazione si deve basare sullo sviluppo delle non comuni potenzialità economiche derivanti dal turismo e, non certamente, sulla localizzazione di strutture scolastiche o altri servizi. La localizzazione del Liceo nella sua sede originaria costituisce, invece, un atto di lungimiranza politica perché, oltre ad essere conforme alla vocazione territoriale, risulta una scelta più che valida anche dal punto di vista della didattica e dell’ organizzazione scolastica. In definitiva, il trasferimento del Liceo e delle Scuole elementare e media di Materdomini in via Pianello consente di migliorare i servizi scolastici, realizzando, ad un tempo, anche un risparmio di risorse. Con tale risparmio si potrebbe, per esempio, sempre nell’ambito della cultura, finanziare l’incremento della dotazione libraria della biblioteca comunale, attrezzandola anche di strumenti e supporti informatici di tutto rispetto. Ed ancora, la collocazione di tutte le scuole a Caposele centro può costituire un fattore di crescita anche per la microeconomia locale, in quanto consente ai bar, alle cartolerie e ad altri esercizi commerciali di diversa natura, che non beneficiano delle opportunità economiche originate dal turismo, di poter godere di quelle prodotte dalla presenza di istituti scolastici. A conclusone di queste brevi considerazioni, non posso esimermi dal formulare l’auspicio che i nostri Amministratori riflettano con attenzione su di esse e, se convinti della loro
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del Comune che, in merito alla fruizione dei servizi, non andava assolutamente penalizzata, ma posta allo stesso livello dei Caposelesi abitanti nel Capoluogo. Oggi, anno 2008, non è più così, in quanto le esigenze sono profondamente cambiate. Il calo demografico ha interessato anche Materdomini, le cui scuole, sia la Elementare sia la Media,
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li effetti devastanti della grave e complessa crisi economica, che ha investito da qualche mese l’intero pianeta, sono stati avvertiti in Italia in maniera inquietante, perché hanno determinato un’allarmante stagnazione, che sta già producendo una vera e propria recessione dell’economia. In una situazione così critica, sia le famiglie sia gli amministratori della cosa pubblica, a qualsiasi livello essi appartengano, hanno l’obbligo di perseguire gli obiettivi programmati con il minor dispendio di risorse. È questa una necessità che si impone anche ai nostri Amministratori comunali, i quali si stanno confrontando con una dura realtà costituita dalla scarsità delle risorse indispensabili al finanziamento dei servizi, di cui Caposele non può assolutamente farne a meno. Mi riferisco, prevalentemente, alle mense ed ai trasporti scolastici, alla gestione dei rifiuti urbani, alla manutenzione degli acquedotti rurali ed urbani, alla sistemazione di strade cittadine ed interpoderali ed a tanti altri servizi, senza i quali una comunità non può assolutamente definirsi civile. Riflettendo su questi bisogni, sono andato a controllare il cedolino della mia pensione per verificare l’entità che mensilmente pago sotto forma di addizionale comunale IRPEF. Ho notato che si tratta di una cifra non proprio modesta e che, vista l’entità della mia pensione, penso che possa essere, per grosse linee, indicativa dell’imposizione fiscale riguardante buona parte dei contribuenti di Caposele. Questa verifica mi ha portato a concludere che le amministrazioni comunali, di fronte al mancato trasferimento di risorse finanziarie da parte dello Stato, più di prima hanno il dovere, preciso ed inderogabile, di non consumare in spese superflue i fondi in loro possesso, perché si tratta di denaro prelevato direttamente dalle tasche dei contribuenti propri concittadini. La strada maestra che, in genere, i consigli comunali possono seguire per realizzare questo obiettivo consiste, essenzialmente, nel razionalizzare le spese, così come i nostri Amministratori hanno già fatto in merito allo spreco derivante dall’uso a dismisura dei telefoni del Comune, come riferito dal Sindaco nell’ultimo incontro con la popolazione. La razionalizzazione, però, non deve assolutamente essere raggiunta penalizzando la qualità dei servizi, perché razionalizzare deve significare risparmiare e, allo stesso tempo, ottimizzare le prestazioni dei servizi medesimi. Questo fatto potrebbe a prima vista conformarsi perfettamente all’antico detto della “moglie ubriaca” e della “botte
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angoscia entrando nella sede della Gran Corte Criminale, nell’austero palazzo che ancora si affaccia su piazza Abate Conforti, consapevoli della condanna a morte che li attendeva. Percorso più breve, ma altrettanto angoscioso l’avrebbero percorso altri caposelesi dopo che la competenza per i reati più gravi fu spostata al Tribunale di S.Angelo dei Lombardi, che per molti anni ebbe le funzioni di corte d’assise. Dai fascicoli più datati emergono vere e proprie fotografie della vita quotidiana del nostro paese. Un procedimento del 1864 a carico di Paolercia L. ed altri tre ventenni per “banda armata” ci fa scoprire lo stato in cui vivevano all’epoca i contadini caposelesi, aggrediti mentre dormivano nel loro “pagliaio” in località Chiusa. Una particolare vicenda politica e giudiziaria infiammò le discussioni dei caposelesi tra il 1869 ed il 1871. Accadde che il sacerdote Sturchio Francesco raccolse le lamentele di diversi cittadini e denunciò
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la scrivono i vincitori, quindi questi nostri concittadini dovrebbero essere in qualche modo riabilitati per le loro azioni. Sarebbe successa la stessa cosa anni dopo al nostro Don Pasquale Ilaria, sottoposto alla misura di prevenzione del confino e giudicato un sovversivo nel suo tempo, ed oggi riconosciuto autentico e coraggioso portabandiera della causa caposelese contro chi ci sottraeva le acque delle sorgenti. Si ricordi ancora che lo sconvolgimento, per Caposele, si manifestò anche dal punto di vista amministrativo. Fino all’unità d’Italia il nostro territorio faceva parte della provincia di Salerno. O meglio, per essere più precisi, rientrava – tra i Reali Dominii al di qua del Faro (inteso come faro di Messina) – nella provincia del Principato Citeriore (Principatus citra serras Montorii) con capoluogo Salerno. Le sorti del nostro comune dipendevano interamente da quanto veniva qui deciso dall’Intendente, che – tra le altre funzioni – nominava il sindaco, figura che all’epoca aveva grossi poteri. Il sindaco infatti era organo esecutivo del comune, ma al tempo stesso era rappresentante del governo a livello locale e, nei comuni come Caposele, gli erano delegate le funzioni di polizia giudiziaria. La giurisdizione del sindaco era tuttavia limitata alle sanzioni fino al valore di sei ducati per le azioni civili e a quelle non eccedenti le 24 ore di detenzione e sei ducati di multa per le contravvenzioni di polizia urbana e rurale. E’ per questo che, dei reati più importanti commessi dai caposelesi, fino all’unità d’Italia se ne occupava la Gran Corte Criminale di Salerno, che decideva in prima ed unica istanza tutte le cause di “misfatti” e si pronunciava sugli appelli prodotti avverso le sentenze
il cassiere comunale Ilaria Giuseppe per presunte frodi e ruberie nella raccolta delle imposte sul grano e l’olio. Come nella favola di Pinocchio, il sacerdote fu arrestato nel 1870, processato per “calunnia e attentato contro l’ordine pubblico” e rilasciato solo dopo settanta giorni di prigionia. Evidentemente i rapporti tra la nuova casa regnante ed il clero, negli anni a cavallo della breccia di Porta Pia, non concedevano sufficiente autorevolezza ai prelati. Ma il sacerdote non si diede per vinto e scrisse un’altra accorata lettera al Procuratore Generale, oggi conservata presso l’Archivio di Stato di Avellino, nell’ex carcere borbonico. Furono acquisiti i “precedenti” del cassiere – ben quattro annotazioni di ruberie ai danni dei contribuenti – che quindi subì un processo per “concussione” nel 1871. Gli anni successivi furono particolarmente turbolenti. A Caposele, come negli altri comuni, le questioni private si risolvevano spesso col coltello ed in meno di quindici anni, tra il 1872 ed il 1887, si celebrarono ben sei processi per “assassinio”, contando solo quelli di cui conosco gli autori. L’esame di quelle carte processuali, come degli atti relativi al processo a carico di De Masi V. nel 1880 per “danni al mulino Croce”, o di Viscido M. per “incendio”, o il prezioso fascicolo del processo contro La Manna M. per “ferite volontarie” del 1865, ci offre un’opportunità unica per scoprire i nostri luoghi dimenticati. Incrociando i dati provenienti dai processi penali con quelli contenuti nei registri dell’Intendenza, relativi alle opere pubbliche sviluppate a Caposele durante il periodo borbonico, alle istanze dei piccoli imprenditori per i loro mulini, per le concerie, per le “agliare”, si ottiene un vero e proprio film, girato nelle nostre vecchie strade e campagne di due secoli fa, a bordo di una macchina del tempo.
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Dove cercare elementi certi per sapere qualcosa di più del nostro passato?.... Questo luogo è il processo penale.
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emesse “da’ giudici di circondario sopra reati correzionali o di semplice polizia”. Immaginate dunque la sorte toccata ai pochi caposelesi che si unirono agli altri insorti subito dopo i moti del 1821, o, più mestamente, a concittadini come F. Vincenzo, denunciato nel 1834 alla guardia nazionale per l’assassinio della moglie dal cognato R. Pietro che l’aveva visto scappare dalla propria abitazione in località Casale di Caposele dopo avere udito “grida e rumori vari”. Immaginate il percorso di questi imputati dalle nostre montagne fino alla città di Salerno a bordo di un calesse trainato da due cavalli. Figuratevi l’ultimo tratto lungo via dei Mercanti, la lenta risalita tra la folla che sostava di fronte al Duomo e la loro
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altri caposelesi era stato fermato prima che si unisse ad altri duecento “briganti a cavallo” acquartierati oltre il bosco Difesa, mentre nel 1865 Cetrulo Pasquale ed altri caposelesi erano stati condannati per “favoreggiamento a briganti”. Bisogna a questo punto fare delle precisazioni. Dal punto di vista politico quelli furono anni sconvolgenti. Ciò che fino all’anno prima era considerato l’ordine costituito, ovvero il Regno delle Due Sicilie, l’anno successivo doveva essere considerato il nemico. Coloro che poco tempo prima potevano essere considerati valorosi sudditi della casa borbonica, il giorno successivo, battendosi per la stessa causa, venivano perseguiti come “briganti” o sovversivi. La storia, si sa,
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La storia dell’ottocento caposelese è stata per lo più tramandata attraverso le fonti orali, e pertanto – in buona o cattiva fede – alterata. Questo fino a quando c’era ancora la capacità di raccontare ed ascoltare, prima che la televisione occupasse i pomeriggi dei nostri vecchi ed altri diversivi distogliessero la curiosità delle nuove generazioni. Dove cercare, quindi, elementi certi per sapere qualcosa di più del nostro passato? Ho voluto compiere un’indagine che estromettesse di proposito le fonti romanzate e concentrarmi sul solo luogo che racchiude e sintetizza le testimonianze, le confessioni, i rapporti di polizia, le indagini sul campo, le ispezioni, i verbali analitici. Questo luogo è il processo penale. Il critico d’arte saprebbe leggere la storia nei tratti di un dipinto, l’archeologo nei resti di uno scavo rinvenuto dopo due millenni. L’avvocato, con i neuroni temprati (e deformati) dalle migliaia di atti passati sotto gli occhi, dalle false testimonianze, dalle simulazioni, dalle forzate fuoriuscite di verità, riesce ad interpretare il passato attraverso gli atti giudiziari ingialliti dal tempo. Quali risposte troviamo nei vecchi faldoni giudiziari? Chi vuole cercare, riesce a ricostruire un vero e proprio spaccato della realtà del tempo. Entra nelle abitazioni dei caposelesi del 1820, scopre come ci curavamo, quali pericoli incombevano, quali erano i “poteri forti” prima e dopo il passaggio di Garibaldi, se vi erano spiriti rivoluzionari, se eravamo borbonici, sabaudi, o prudentemente indifferenti. Bisogna innanzitutto considerare le due tipologie di reati distinte dalle corti dell’epoca. I “misfatti” cosiddetti “politici” e quelli comuni. I primi riguardavano le azioni contro l’ordine costituito, contro il re delle Due Sicilie dal 1816 al 1860 e contro casa Savoia successivamente. I secondi consistevano nei comuni delitti ancora oggi riconosciuti, l’omicidio (o “assassinio”), la concussione, la violenza carnale, ed altri ancora. Ebbene, a mio avviso, a differenza di quanto si riscontra in alcuni paesi della provincia, i caposelesi dell’epoca non si distinguevano per un particolare animo sovversivo. I reali borbonici, che poco infastidivano le numerose attività commerciali locali, erano benevolmente tollerati. Sono piuttosto rari, infatti, i procedimenti per atti di terrorismo nei confronti dei nostri progenitori. Sembra quasi, anzi, che un moto di ribellione si sia acceso maggiormente dopo l’unità d’Italia, avverso i conquistatori piemontesi, se è vero che nel 1866 Cetrulo Isaia ed “altri di Caposele” furono processati per “discorso contro le Istituzioni” e nel 1871 Freda Giuseppe fu condannato dal Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi per “sprezzo contro il re”. Già nel 1863 Basile Lorenzo alla testa di
di Alfonso Sturchio
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DACIA MARAINI
CITTADINA ONORARIA DI CAPOSELE
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Il gruppo teatrale caposelese " I Liberi Commedianti"
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inviata all’estero ad esplorare la vita che lentamente riprende il suo corso tra le macerie delle seconda guerra mondiale, dovrà fare i conti con l’orrore delle persecuzioni. Questo libro si fa tentativo di fare i conti con la nostra storia, non è un caso che vi trovi spazio anche la rivolta d’Ungheria nel ‘56, evento che segnava la speranza di nuova stagione per l’Europa, speranza, poi, soffocata nel sangue». Inevitabili i riferimenti alle illusioni tradite del comunismo «Se il nazimo è stata una scienza applicata al massacro, il Comunismo era un’utopia straordinaria, che cercava di porre le basi di una società più giusta ma è stata trasformata in un nuovo orrore dai governanti. Tuttavia, sbaglia chi mette sullo stesso piano Salò e Resistenza». Una scrittura, quella della Maraini, che le ha permesso di ricostruire il crescendo di violenze nei campi di concentramento, quelle che avevano come vittime gli stessi tedeschi, costretti, per deformità fisiche, a vivere ai margini della società «Allora - ha proseguito Maraini - fu la Chiesa tedesca a ribellarsi, giudicandola un’offesa alla dignità umana ma non quella di Roma». Non nasconde di aver sofferto non poco nella scrittura del libro «Questo romanzo mi ha insegnato molto, è stato un percorso doloroso anche perchè accompagnato dalla morte del mio compagno. Ma è anche e soprattutto un libro d’amore». Non ha dubbi la Maraini «Quando si legge un libro, lo si riscrive sempre. E’ questo il bello della letteratura». Sulle analogie che legano presente e passato, la Maraini non esita a parlare con chiarezza «La grande paura che viviamo oggi è un sentimento molto vicino al razzismo, questa paura è presente in ciascuno di noi. Ma il pericolo vero nasce quando diventa un fattore politico e di divisione, di aggressione e imbarbarimento. Ciò che è grave è strumentalizzare questa paura. Oggi, in Italia sono tanti i segnali che vanno in questa direzione ma non dobbiamo dimenticare le garanzie rappresentate dagli strumenti democratici del nostro ordinamento». E in serata ancora le suggestioni della letteratura protagoniste con la messa in scena delle opere della Maraini a cura della compagnia teatrale “Liberi commedianti".
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’ stato un vero e proprio bagno di folla a salutare il ritorno a Caposele della scrittrice Dacia Maraini. Per lei la cittadinanza onoraria del comune altirpino, consegnata dal sindaco Pasquale Farina nel corso dell’incontro promosso dall’associazione “Sorgenti di sapere”, presso la sala convegni dell’Istituto Comprensivo. Un riconoscimento che si fa testimonianza dell’impegno costante della scrittrice a sostegno della cultura, in direzione della promozione dell’essere umano, delle battaglie da lei condotte in difesa dei diritti delle donne e dei valori della democrazia. A confrontarsi con lei Salvatore Di Napoli dirigente scolastico dell’Istituto Comprensivo di Caposele e Antonio Ruglio presidente dell’Associazione “Sorgenti di Sapere”, Romualdo Marandino, dirigente del Liceo Classico “Francesco De Sanctis” di S.Angelo dei Lombardi. A moderare l’incontro il giornalista Pasquale Gallicchio. Di Napoli ha lanciato il suo appello ai giovani, invitandoli a salire sul treno della speranza, perchè non venga mai meno la fiducia di poter ricostruire questo mondo. Ed ha parlato alle nuove generazioni anche Ruglio «La grande partecipazione della gente è il segno che la scelta di questi incontri è stata indovinata, i giovani hanno bisogno di spazi per potersi esprimere e la nostra associazione vuole rispondere innanzitutto alle loro esigenze». Attenta e lucidissima l’analisi del romanzo della Maraini “Il treno dell’ultima notte”, offerta da Marandino, che ha sottolineato come il libro rappresenti una sorta di discesa agli inferi «viaggio nella memoria, indagine sulle tragedie dell’umanità. La Maraini si rivela capace di innovare il genere del romanzo storico, andando al di là del già detto. Leggendo le pagine di questo libro la storia e al tempo stesso il presente ci colpiscono con la forza di un macigno, alcuni passi ti scavano dentro, creano turbamenti forti. Malgrado ciò, c’è nel romanzo una grande capacità di sopravvivere ai drammi della storia, incarnata dal protagonista, il piccolo Emanuel». E’ stata, poi, la stessa Maraini a raccontare come sia nato “Il treno dell’ultima notte”: «Certamente uno dei riferimenti è stato per me “Cuore di tenebra” di Conrad. Ci ho messo cinque anni per completare questo libro, ho ripercorso la storia del capitano conradiano che alla fine scoprirà l’orrore della schiavitù. Nel mio caso la protagonista, giornalista
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L'associazione culturale "SORGENTI DI SAPERE" ORGANIZZA L'EVENTO
Il Sindaco consegna a Dacia Maraini l'attestato di "Cittadinanza Onoraria"
IL SINDACO DEL COMUNE DI CAPOSELE PER IL SUO TRAMITE DEL CONSIGLIO COMUNALE ALL’UNANIMITA’, CONFERISCE LA CITTADINANZA ONORARIA ALLA SCRITTRICE, AUTRICE, GIORNALISTA DACIA MARAINI SULLA BASE DELLE SEGUENTI MOTIVAZIONI: PER GLI ALTI MERITI LETTERARI ED ARTISTICI, PER AVER SAPUTO INTERPRETARE NEL CORSO DELLA SUA INTENSAATTIVITA’ DI SCRITTRICE GIORNALISTA ED AUTRICE I SENTIMENTI PIU’ PROFONDI DELL’ANIMO UMANO. PER LE SUE BATTAGLIE DI GIUSTIZIA DI CIVILTA’ DI NON VIOLENZA PER LA TUTELA DELLA LIBERTA’ DI ESPRESSIONE. PER AVER DATO VOCE AI PIU’ DEBOLI DI FRONTE ALL’INTOLLERANZA E ALLA SOPRAFFAZIONE PER AVERNE DIFESO L’INCOLUMITA’ FISICA E PRIMA ANCORA PER AVERNE DIFESO LA DIGNITA’; PER IL SUO ESPLICITO ED INCONDIZIONATO ATTACCAMENTO AFFETTIVO ALLA NOSTRA TERRA.
A Cura della Redazione Cultura del Corriere dell’Irpinia Gli organizzatori della manifestazione : Associazione culturale "Sorgenti di sapere"
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IL FORNO DI FALUCCIA di Mario Sista
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veniva continuamente accatastata. Qui, più che nel primo vano, l’annerimento delle pietre delle pareti e della volta si mostrava in tutta la sua cupa evidenza. Sembrava, infatti, di entrare in un ambiente infernale, reso ancora più tetro dalla mancanza assoluta di finestre e, quindi di luce. Tale annerimento era già presente allorquando il forno, dal primo proprietario, passò ai secondi negli anni 1934-35. Non essendoci il comignolo, costruito soltanto intorno agli anni 1952-53 allorquando i coniugi Ventre, accordatisi con il proprietario del vano esistente al di sopra del forno, riuscirono ad avere il permesso per costruirlo, era normale che il fumo avesse incrostato di sé le mura. Il sisma del 23 Novembre 1980, a parte qualche lieve alterazione della volta del primo vano, non aveva arrecato nessun danno al forno nel suo complesso. Ma si sa, quod non fecerunt barbari, fecerunt Barberini...
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ENTRANDO NEL FORNO Varcato l’antico portone in ferro e scesi tre gradini di pietra si entrava nel primo dei due vani che costituivano il forno di Faluccia. Il soffitto di entrambe le stanze era a volta. Le pareti, come pure lo stesso soffitto, risultavano annerite dal fumo di decenni di attività, e soltanto in alcune piccole zone lasciavano intravedere il colore bianco della calce, usata qui a Caposele come colorante e disinfettante per le pareti prima dell’avvento dei moderni coloranti di natura sintetica. Entrando, sulle pareti di destra e di sinistra si potevano ancora notare i sostegni in ferro sui quali venivano posti i lunghi tumbagni, ovvero i lunghi tavoloni di legno sui quali venivano adagiate le forme di pane sia da cuocere che cotte. Il forno propriamente detto era situato di fronte all’ingresso, ed era un’unica, grande camera di cottura dotata di due aperture, dòi vòcc r lu fùrnu, per usare una espressione caposelese: la maggiore, usata per infornare il pane, e la minore, usata per controllare che la cottura dello stesso avvenisse nel migliore dei modi. Entrambe si presentavano come due porticine in ferro, incastonate nella struttura rigorosamente in mattoni. Guardando nella camera di cottura e nel condotto per il fumo posto dinanzi ad essa, si restava colpiti dal loro ottimo stato di conservazione. In tale camera ancora si potevano ammirare le ceneri ed il carbone risalenti ad un uso della stessa fatto prima del terremoto. Il basamento
su cui insistevano le due porticine di cui sopra sembrava essere costituito cosa insolita per il nostro paese, data la mancanza di questo tipo di pietra - da una grossa e spessa lastra di tufo giallo, scelto forse per le sue proprietà di trattenere ed isolare meglio il calore rispetto al calcare locale. Proseguendo l’esplorazione del primo vano, si poteva notare altresì la presenza sul muro di fronte a chi entrava, di un vecchio ed arrugginito congegno elettrico (un vecchio contatore?) dal quale ancora si dipartivano dei grossi fili di plastica grigia. Poco distante da esso pendeva una vecchia lampadina usata per l’illuminazione del locale in sostituzione delle antiche lampade a petrolio in uso a Caposele prima che l’elettricità si diffondesse per tutto il paese. Alla base di questa parete di sinistra c’era un’antica panca in pietra, sporgente dal muro, sulla quale la fornaia o i clienti si sedevano, magari per riposarsi o per fare due chiacchiere mentre aspettavano la cottura del pane. Su una delle pareti campeggiava un graffito, vecchio esso pure, scritto con uno dei carboni ancora presenti nella camera di cottura. Esso recitava così: «Guarda la notte quando è illuminata dalla luna ed incomincia a sognare i nostri morti e i nostri defunti». Chissà se l’autore di questa frase non stesse pensando al dramma del sisma dell’80 nel momento in cui la scriveva. La grandezza complessiva di questo primo vano non andava oltre, ad uno sguardo sommario, i venticinque metri quadri, metro più, metro meno. Un arco interno, in fondo a sinistra di chi entrava, immetteva nel secondo locale di cui era costituito il forno. Tale vano, vetustissimo, aveva la forma di un rettangolo molto allungato: infatti, se la sua larghezza non andava oltre i due metri e mezzo, la sua lunghezza probabilmente ne raggiungeva i sette. Questo lungo stanzone, anch’esso dotato di soffitto a volta, non mostrava tracce di intonaco, per cui si presentava decisamente rustico. L’uso al quale era adibito spiegava subito un aspetto così spartano: fungeva, infatti, da deposito per la legna che ivi vi
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In via Castello, a pochi metri dall’ottocentesco campanile della chiesa madre di San Lorenzo, e propriamente dove iniziano le scale che portano al cosiddetto Arcu r’ Farinella, fino agli inizi di Novembre di quest’anno in corso vi era una casa, incastonata fra le altre, che il terremoto del 23 novembre 1980 non aveva distrutto. Questo edificio, che all’esterno non sembrava chissà quanto vecchio, al suo interno custodiva invece un ambiente in cui il tempo sembrava essersi fermato: parlo del forno di Raffaela Sista (19111995) conosciuta in paese dai più come Faluccia la furnara, che era anche la mia adorata nonna. Un massiccio portone ad arco in pietra locale immetteva in uno degli ambienti più suggestivi del paese, che meritava di essere tutelato e conservato in quanto unica, genuina testimonianza di quella che era la cultura del pane qui, a Caposele, dagli inizi del Novecento fino agli anni Sessanta dello stesso secolo. Purtroppo oggi questo forno, come già accennato, è stato abbattuto, per cui non esistendo più come luogo fisico merita di essere annoverato come luogo della memoria collettiva del nostro paese.
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UBICAZIONE
la sua metà ai suoi soci per emigrare a San Remo. Degno di nota è il fatto che in documenti del 1656 era attestato già un forno in località Castello. Chissà se le ruspe non abbiano buttato giù proprio il forno registrato quattrocento anni fa. Se così fosse, la colpa sarebbe ancora più grande... Durante il Secondo Conflitto mondiale Caposele fu bombardata, ed in tale triste frangente ci fu una vittima, Serafina, moglie di Carluccio l’urtulanu, colta dalle schegge nel proprio orto sito poco sotto r’ cas’ r’ mbruògliu (toponimo non più esistente nella realtà odierna. Comunque, l’orto anzidetto si trovava dove ora sorge la chiesa evangelica). Si radunò molta gente in preda al panico e la povera Serafina fu portata, con il ventre squarciato, nella Chiesa Madre. Raffaela Sista e sua figlia Giuseppina erano in questo forno mentre le bombe piovevano sul paese. In seguito all’ordine dato dalle autorità di lasciare il centro abitato fino a quando il pericolo dei bombardamenti non fosse cessato, esse dovettero, con gli altri componenti della famiglia, recarsi in località Castagneta, dal loro parente Antonio Ventre. Dopo quindici e più giorni le forze dell’ordine, vedendo che i Caposelesi iniziavano a soffrire la fame a causa della mancanza del pane, obbligarono i fornai a tornare in paese per cuocerne: il maresciallo andò quindi anche dai coniugi Ventre a notificar loro l’ordine di tornare a Caposele per riprendere l’attività. Giunti in paese, però, subito ci si rese conto che non c’era legna per la cottura del pane. Il maresciallo allora, di sua autorità, la fece prelevare dalle case, rimaste incustodite, dei Caposelesi. Sempre in quei giorni tristi, questo forno servì pure come nascondiglio per Giuseppina, la già citata figlia di Faluccia, che piena di spavento si era nascosta nel grande stanzone/ deposito, dietro alcune travi, allorquando alcuni soldati stranieri erano entrati nel forno in un momento in cui sua mamma non c’era. Mentre essa stava nascosta, e mentre i soldati stavano ancora parlando, Faluccia tornò e, date ai militi alcune fr’selle e un po’ di pane, ottenne che questi se ne andassero senza recar loro alcuna molestia. Da quel giorno Giuseppina non accompagnò più sua mamma al forno, preferendo rimanere in montagna con la sorellina Nicolina in compagnia degli zii, mentre i coniugi Ventre continuarono a scendere a Caposele per assicurare l’attività del forno. Dopo la costruzione del comignolo avvenuto, come già riferito, negli anni 1952-53, e la sostituzione dei sostegni in legno per i tumbagni, vecchi e decrepiti, con quelli in ferro, il forno della zona Castello non aveva più subìto modificazioni strutturali di sorta. L’attività di Faluccia la furnara terminò nel 1961, in quanto ormai quasi tutti i suoi figli si erano sistemati e non c’era più motivo di lavorare alacremente per il sostentamento della numerosa famiglia. Tutti,
UNO SGUARDO AL PASSATO Caposele, negli anni Trenta e Quaranta, contava solo quattro forni: due più antichi e due più recenti. Il forno di Faluccia, in ordine cronologico (un ordine che però non è delimitato bene dal punto di vista temporale, data l’impossibilità di definire in questo caso date certe) era sì antico, ma non tanto quanto quello che si trovava in località Chianiéddu, anch’esso non esistente più. Gli altri forni erano quello r’Tirisèlla, ubicato dove prima del terremoto si trovava la vecchia caserma, e un altro situato verso la Sanità. Quattro forni, dunque, dei quali solo uno, quello in questione, era miracolosamente giunto intatto ai nostri giorni. Il forno di Faluccia molto probabilmente risaliva alla fine dell’Ottocento/ inizi del Novecento. Nessuna delle persone anziane alle quali ci si è rivolti ricorda chi sia stato il primo proprietario. Certo è che tutte hanno però attestato che esso era già in attività allorquando, negli anni 1934-35, Raffaela Sista e Gerardo Ventre decisero di acquistarlo in società con un’altra ignota signora di Caposele, che però ben presto vendette
Storia
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CONCLUSIONI L’intento di questo breve ricordo del forno di Faluccia la furnara è di mettere in chiara evidenza come la tutela di quanto il passato ci lascia deve essere una costante nell’operato sia del singolo cittadino che della collettività. Il forno in questione non era esteticamente bello: esso era un umile e povero ambiente di lavoro, non un’opera d’arte. L’unicità del forno di Faluccia, infatti, non risiedeva nella bellezza estetica, che non c’era, ma in ciò che esso sim-
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L’ANGOSCIA NON DECRESCE
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ignorato. E’ il caso, nello specifico, di quasi un centinaio di giovani caposelesi, che di cambiamento certamente non avevano bisogno di parlare per accaparrarsi i voti e vincere queste o quelle elezioni. Tantomeno, ne avrebbero potuto sentire la necessità per chissà quali fini personali. C’era, questa volta, un’oggettiva volontà di cambiare, di progredire, di dare nuova linfa socio-culturale. Si parla spesso di “forze giovani”, di “potere ai giovani”, di “giovani uguale ricchezza”. Ma poi, quando le parole finiscono, iniziano realtà molto tristi. Quasi cento giovani, quest’estate, avevano pensato (maledizione, verrebbe da dire adesso!) di aderire alla nostra amata Pro Loco, quella che ospita questo giornale e queste parole tristi e rammaricate. C’era volontà di innovare, di far riemergere Caposele dal torpore che ormai lo caratterizza da diversi anni. E, ovviamente, c’era voglia di rispondere a quanti si sono sempre chiesti “ma
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l cambiamento, per questo paese, è probabilmente solo una cosa miracolosa, un termine dietro cui nascondere i sogni da vendere alla gente. Gli ultimi mesi di vita caposelese lo dimostrano molto limpidamente. C’era chi prometteva il cambiamento da una parte, chi lo desiderava da un’altra. Ma il tempo è passato, e l’acqua è sempre poca, e la papera non galleggia! Negli ultimi mesi si sono susseguiti diversi avvenimenti che portano facilmente a pensare che Caposele non possa essere una terra in cui si può facilmente cambiare. Anzi, dietro i cambiamenti così boriosamente sbandierati, si nasconde sempre un qualche regresso che rende puntualmente, poi, irrimediabilmente, tutto una farsa. Ma finché il cambiamento lo si lancia dalla canna da pesca ed i pesci abboccano, non è un problema a cui si potrebbe mettere freno. Anzi, come si suol dire, “ognuno ha quel che si merita!”. Il problema reale sorge quando addirittura il cambiamento è sentito, ma
boleggiava e in quel mondo a cui esso rimandava. In un paese come il nostro, nel quale il terremoto ha spazzato via, insieme all’incuria degli uomini, molti siti storici, bisogna essere attenti nell’aver cura di quelle poche cose che dal passato sono giunte intatte fino a noi. Caposele purtroppo ha perso l’ultimo, antico forno che aveva, nonostante che questo fosse da poco diventato di proprietà del Comune. Non si vuole accusare questa o quella Amministrazione comunale per l’infelice scelta di abbatterlo. Si accusa però quella mentalità miope, diffusa nel nostro paese, secondo la quale le cose antiche sono cose vecchie, incapaci di parlare al cuore, di raccontare la storia. E in quanto vecchie inutili. Si vuole soltanto ricordare a tutti, con l’amaro nel cuore, che distruggendo il forno in questione ci si è preclusi la possibilità di poter proporre alle nuove e vecchie generazioni un genuino percorso culturale. Per le prime la visita del forno avrebbe significato un appuntamento con la conoscenza della vita quotidiana così com’era vissuta dai Caposelesi che ci hanno preceduto, per le seconde sarebbe stata una valida opportunità per rievocare e raccontare a se stessi e agli altri, magari con nostalgia, quanto avevano effettivamente vissuto. Ma così sono andate le cose... pazienza.
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cere sei pagnotte di pane, una diventava la paga per la fornaia. Ma il forno non cuoceva solo il pane: fr’séll, muff’lètti, biscotti, pàst fròll, amaretti, taràddi, pìzz’ accù r’alìci e accù la prummaròla, fichi secchi e tante altre cose ancora da questo luogo spiccavano il volo per allietare le tavole dei Caposelesi. In un’epoca in cui non esistevano i prodotti dolciari confezionati, il forno si imponeva come una vera e propria fucina di prelibatezze. Era un elemento, perciò, importantissimo nel panorama di Caposele.
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LA CULTURA DEL PANE La vita del fornaio a Caposele non era facile, anzi, era alquanto dura. Ci si alzava presto la mattina per accendere il forno e, mentre questo iniziava a riscaldarsi, coloro che vi lavoravano si recavano, verso le tre di notte (certe volte anche verso le due), a cummannà, ovvero a portare i tumbagni alle persone che dovevano impastare in casa il pane per la propria famiglia. Nel caso del forno di Faluccia chi andava a compiere questa operazione erano le figlie dei coniugi Ventre le quali, armate dei tumbagni, si addentravano nei sonnolenti vicoli del paese per raggiungere le case dei clienti che, il giorno prima, avevano per tempo avvertito la fornaia che avrebbero fatto il pane. Giunte alla casa del cliente mettevano il tumbagno vicino alla porta, bussavano e, alla ovvia domanda: «Chi è?» rispondevano con l’altrettanto stereotipata risposta: «La furnara, mìtti l’acqua
e ‘mbàsta» (la fornaia, metti a scaldare l’acqua e impasta). Finito il giro della consegna dei tumbagni, le sorelle Ventre ripassavano dopo circa un’ora per raccoglierli di nuovo, stavolta gravidi di forme di pasta coperte da tovaglie, pronte per essere portate al forno e, quindi, cotte. Il forno di Faluccia era corredato di sei tumbagni che le sue figlie (la prole complessiva era composta di sette figli: un maschio e sei femmine) portavano appunto alla porta dei clienti. Le ragazze Ventre si alzavano presto, andavano a cummannà, poi andavano a raccogliere la legna nei boschi del demanio in montagna e, infine, si recavano a scuola. Questo per dire che quando suonava la campanella per entrare in classe, loro avevano già fatto molte ore di lavoro. La fornaia, a differenza di quanto avviene oggi, si limitava soltanto a cuocerlo il pane; la gente, infatti, preferiva impastarlo nelle case, secondo la più sana e genuina ricetta caposelese (farina, sale, acqua, crìscitu - ovvero lievito naturale - e patate) grazie alla quale lo si poteva conservare anche per più di una settimana, senza che esso diventasse raffermo. Il forno di Faluccia, tra i quattro forni di Caposele, era quello che lavorava di più: ogni giorno, infatti, ben cinque erano le infornate che si effettuavano. Tolto il pane fumigante dal forno, la consegna a domicilio era prevista solo nel caso in cui il proprietario fosse impossibilitato a passare per ritirarlo. Circa il dovuto compenso, chi non poteva pagare la cottura del pane con i soldi, la pagava col pane stesso. Ad esempio, se uno faceva cuo-
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specie coloro che allora erano bambini, ricordano ancora la liberalità con cui Faluccia offriva, col suo appena accennato sorriso sulle labbra, qualche tarallo o qualche biscotto ancora fragrante preso dall’infornata. Pur avendo cessato di nutrire materialmente i Caposelesi, il forno di Faluccia, se non fosse stato abbattuto, si sarebbe imposto come nutrimento per la memoria collettiva di un paese, che può progredire realmente solo se non dimentica la sua storia e le sue tradizioni più genuine, solo se non distrugge i segni del suo passato.
di Donato Gervasio
dove sono i giovani?, ma perché non ci sono forze giovani?”. Parole, soltanto parole. Perché a quasi cento giovani, quando a tutte le secolari e ormai insopportabili domande è giunta una risposta forte e concreta, è stato fatto credere che l’adesione in Pro Loco fosse possibile. Ma da quest’estate, fino ad ora, quasi cento giovani sono solamente sballottati di qua e di là come su una nave in un mare in tempesta. Riunioni che slittano, decisioni che cambiano, promesse che sfumano. Eppure, chiunque sarebbe capace di ricordare quale risposta gli è stata data nel momento in cui si lamentava, legittimamente, per l’ennesima estate organizzata senza nessuna passione e nessuna novità. Cosa che tra l’altro, ormai, da diversi anni, ci mette anche in imbarazzo nei confronti di qualsiasi paese limitrofo. “Parlare è facile! Interagite anche voi, aiutateci, se ne siete capaci”, predicavano quelli che, negli anni, hanno dovuto sorbirsi le proteste di un paese che non
era soddisfatto della gestione della sua vita socio-culturale-ricreativa. E adesso? Cosa succede? Adesso quasi cento giovani si sono offerti liberamente di interagire. Ma la nostra Pro Loco precipita improvvisamente nello sconquasso e nell’indecisione totale. Forse quasi cento giovani (che ora sono indignatissimi!) sono troppi. Forse rischiano di saltare gli schemi. Così succede che chi comanda non comanda più niente, e chi non comanda prende ogni decisione. Succede che chi riveste una carica ufficiale diventa un personaggio di facciata, ed è costretto, suo malgrado, a fare solo figuracce ed a doversi smentire per voleri altrui. Succede che Caposele non cresce e non crescerà. Anzi decresce. E che di lamentarci, adesso, ognuno ne ha dieci volte più diritto di prima. Ma gli altri di replicare nessuno!!
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La Pro Loco ha ospitato nel periodo di ferragosto scorso una mostra di “Frattali” di Lucia Corona,figlia del Dott.Enrico. La mostra ha suscitato notevole interesse e curiosità per l’originalità dei disegni esposti il cui si-
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gnificato si può dedurre dalla relazione redatta dalla
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I frattali trovano applicazioni pratiche, dal punto di vista matematico, in calcoli della fisica, nelle previsioni del tempo e in ogni campo in cui non possono essere usate formule della geometria classica, né tantomeno algoritmi totalmente casuali. Il mio interesse per i frattali è nato un po’ per curiosità, sperimentando alcuni software, ho cominciato a scoprire cosa si poteva ottenere da una semplice funzione matematica. Ho potuto approfondire poi l’arte dei frattali seguendo i corsi presso l’Istituto Superiore di Design, a cui mi sono iscritta a novembre per studiare Grafica. Oltre ai frattali, nell’istituto, ho approfondito soprattutto altri campi che vanno dalla grafica vera e propria alla fotografia e alle arti visive in genere. Le illustrazioni che creo sono tutte digitali e sono di vari generi, in
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La definizione più semplice e intuitiva di frattale lo descrive come una figura geometrica in cui un motivo simile alla figura stessa si ripete su scala continuamente ridotta. Questo significa che ingrandendo la figura si otterranno forme ricorrenti e ad ogni ingrandimento essa rivelerà nuovi dettagli. Contrariamente a qualsiasi altra figura geometrica un frattale invece di perdere dettaglio quando è ingrandito, si arricchisce di nuovi particolari. I frattali si trovano ovunque nella natura, in tutti quei posti o oggetti che non possono essere associati a forme della geometria classica; troviamo esempi di forme frattali negli alberi, in cui se si osserva bene, si vede che ogni ramo è simile all’albero stesso, o un suo ramoscello è simile al ramo che lo ha generato; altri esempi si possono vedere nelle nuvole, nei profili dei continenti, nei cavoli, etc.
base ai tipi di interazioni e formule utilizzate. Il primo genere di immagini sono quelle dei frattali creati a partire da una formula matematica di base: Mandelbot, Newton etc. Dopo aver inserito una di queste formule nel software di elaborazione inizio ad esplorare il grafico generato dalla funzione; modifico alcuni parametri numerici per ottenere delle forme che risultano più suggestive di altre e infine applico i colori. L’altra categoria di illustrazioni che creo si basa sull’interazione di più funzioni tra di loro. A seconda della loro posizione e del loro peso nello spazio, queste funzioni vengono in-fluenzate dalle funzioni che si trovano nello stesso spazio, generando delle immagini, un po’ come due atomi che interagiscono per formare delle molecole. Tutte e due le categorie di immagini frattali, essendo ottenute digitalmente, con l’uso di formule matematiche, hanno un certo margine di casualità;
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Sembra una favola, invece è una storia vera. La racconta “Faccetta Nera”, la protagonista di questo racconto, in visita a Caposele il giorno della inaugurazione della Chiesa Madre. La foto la ritrae insieme a Rosa Russomanno durante la funzione di dedicazione della Chiesa di San Lorenzo.
FACCETTA NERA” RITORNA A CAPOSELE
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Nel 1936, il 15 febbraio data presunta, furono i soldati italiani appartenenti al battaglione 23 marzo camicie nere a trovarmi e salvarmi la vita durante la battaglia dell’Amba-Aradam che significa piccola montagna. Mi fecero loro mascotte ispirando così la canzone “Faccetta Nera “dandomi un nome (Maria Vittoria, Maria in onore della Madonna, Vittoria per ricordare la battaglia appena vinta), un cognome (Aradam dal luogo in cui fui trovata) e un’educazione cattolica. Data l’età molti di loro sono deceduti, il mio ricordo di tutti loro è sempre molto vivo. Molti soldati dell’epoca mostrarono nei miei confronti un senso di altruismo e di abnegazione. Tra questi ricordo particolarmente il sig. Citi di Livorno, che prima di
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ue anni sono passati da quando insieme a mio marito Brahane, per la prima volta visitammo Caposele. Molte persone si chiederanno come mai? Tutto incominciò circa dodici anni fa, quando Giulio Ciccone lesse un articolo sul mensile Gente intitolato: “Sono io in persona la Faccetta Nera” e vide la mia foto. Impegni di lavoro hanno impedito a Giulio di cercarmi immediatamente, ma conservava il giornale con il desiderio che un giorno doveva portare a termine questo incontro, tanto desiderato. Al primo viaggio ad Asmara di Giulio e la moglie Rosa trovarono solamente mio marito, che diede loro il mio recapito in Italia. Al secondo viaggio dei coniugi Ciccone, ci siamo potuti incontrare con grande emozione.
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questo significa che, durante l’esplorazione delle immagini, alcuni parametri creano nuove interazioni, rendendo difficile trovare due immagini uguali in momenti diversi. Nelle immagini ottenute non sono presenti elementi riconoscibili, ma soltanto segni, generati digitalmente, che possono dare l’idea, in chi osserva, di una cosa o di una situazione piuttosto che di un’altra. Come lavoro finale assemblo le immagini, modificandone ancora i colori, unendone alcune o creando composizioni grafiche come poster, manifesti, cartoline etc, in cui i segni generati digitalmente dai frattali sono associati ad altri segni, a immagini o a caratteri tipografici. Oltre che come semplici illustrazioni, l’uso dei frattali si presta, sempre nel campo della grafica, all’utilizzo in animazioni astratte, di cui troviamo esempi in videoclip pubblicitari o musicali.
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di Lucia Corona
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I Frattali
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stessa autrice e che alleghiamo di seguito
morire, mi volle mostrare il suo affetto paterno. Oggi di nuovo insieme a mio figlio Yohannes ci troviamo ospiti della famiglia Ciccone a Caposele. Abbiamo assistito con gioia all’inaugurazione della nuova bellissima Chiesa, visitato il Santuario di S.Gerardo a Materdomini, le Sorgenti del Sele , partecipato a vari eventi culturali nelle piazze cittadine. Spero di poter tornare insieme all’altro mio figlio Angelico, che finora non conosce questi luoghi stupendi. Un grazie alla famiglia Ciccone per la fraterna amicizia e calorosa accoglienza , un saluto ed un arrivederci a tutti i Caposelesi . Affettuosamente Aradam “Faccetta Nera” Caposele 11/08/2008
Attualità
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FEDERALISMO: UNA DISGRAZIA O UN’ OPPORTUNITA’ ? solidarietà a tutto vantaggio delle istanze localistiche. Qualcuno potrebbe dire che dar voce alle esigenze delle singole comunità è sinonimo di democrazia, di autonomia, di libertà ma non quando ( aggiungo io ) le stesse pretendono di prevalere sull’interesse nazionale e non quando sono espressione del subdolo convincimento di poter bastare a se stessi e di poter fare da soli senza l’aiuto degli altri. In molti Paesi europei esiste di fatto un sistema di distribuzione delle risorse che tende a facilitare l’utilizzo in loco di buona parte dei proventi ottenuti con il pagamento delle tasse ma come risultato di un’evoluzione storico-culturale che niente ha a che fare con Roma padrona. Ovviamente, la Lega fa il suo mestiere, ha vinto le elezioni sulla base di un programma politico ben preciso l’anomalia, semmai, sta nel fatto che certe parole d’ordine abbiano finito per diventare azione di governo. Di questo, come di altri temi, vedi sicurezza e immigrazione, il Parlamento dovrà comunque occuparsene ed è auspicabile che lo faccia seriamente e responsabilmente. Tutto dipende infatti dal testo definitivo che uscirà dalle Camere e da quanto l’opposizione avrà saputo incalzare la maggioranza nel tentativo di migliorarlo. Comunque sia, per tornare all’affermazione iniziale, vada come vada per noi gente del sud il problema si pone a prescindere. Secondo me, dobbiamo partire da una serie di domande fondamentali e da alcune risposte altrettanto importanti che dobbiamo darci. Il Federalismo ( così come viene prospettato oggi ) ci conviene o no?
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hecché se ne dica niente sarà più come prima perché il mondo è andato troppo avanti e perché troppe cose sono cambiate in questi ultimi mesi nella società italiana. Intanto, c’è una crisi finanziaria ed economica internazionale senza precedenti che dopo aver creato grossi problemi nel mondo degli affari comincia a far sentire tutto il suo peso nell’economia reale e quindi nelle tasche dei cittadini. In secondo luogo, ci sono forti segnali di insofferenza soprattutto al nord. Se prima la ritrosia e il fastidio nei confronti dello straniero ivi compreso il meridionale si limitava alla mera invettiva oggi invece, in tempi di recessione, la cosa diventa più complicata. Il ragionamento della gente padana è più o meno questo: Se io ho 10 e con questo 10 riesco a stento ad arrivare alla fine del mese perché devo dividerlo con un altro?. Tutto secondo logica e come tale persino condivisibile. Le complicazioni sorgono quando un partito politico adeguatamente rappresentato in Parlamento, inserito in un contesto di maggioranza piena riesce a far diventare questo disagio materia su cui legiferare, oggetto vincolante di un programma di governo. Aver posto la questione del federalismo non solo e non tanto come strumento di buona ed efficace amministrazione ma piuttosto come una sorta di riscatto di una parte del Paese a lungo ingiustamente “depredata da orde di gente affamata” nei confronti di una Nazione che ha fatto dell’unità la sua ragion d’essere rappresenta una deriva pericolosissima. Ciò che viene messo in discussione oggi è il principio di
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tolleranza, di contro all’egoismo ed all’intolleranza. Abbiamo tutti la necessità di recuperare il senso di appartenenza alla nostra Comunità in modo da ricompattare le energie e da utilizzare le nostre risorse per realizzare un territorio in cui siano valorizzate la Partecipazione e l’Inclusione. Abbiamo tutti bisogno di una Comunità nella quale si promuovano occasioni di incontro e di riflessione su tematiche diversificate, ma tutte incentrate sui Bisogni delle persone che oggi, più che mai, in un momento di
grossa difficoltà e lacerazione sociale, necessitano di avere delle Risposte. Per realizzare una Comunità più equa e solidale necessita il contributo di tutti noi, ognuno per il ruolo e la responsabilità che può esprimere. Immaginare di avere un mondo diverso, migliore, non è difficile, iniziamo a farlo nella nostra realtà; si potrà dire che sono una sognatrice, ma non sono la sola. “Spero che ti unirai anche TU un giorno e che il Mondo diventi Uno.” Prova ad immaginare….
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Difatti dal terremoto ad oggi abbiamo vissuto troppe tensioni, troppe situazioni conflittuali, troppe esasperazioni, per cui sarebbe giusto ed opportuno riappropriarci dei valori che rappresentano la nostra vera Cultura; c’è bisogno di costruire uno stile di relazioni diverse, impostato sulla condivisione e sulla
L'interno della sala polifunzionale durante la manifestazione
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che costituivano la ricchezza più grande di una Terra capace di grossi slanci e di vera umanità. Le grandi tragedie lacerano profondamente gli animi e forse per questo, non siamo riusciti a dare alle nuove generazioni, oltre ad un paese ricostruito nelle case e nelle strade, anche un giusto patrimonio di valori, ai quali i giovani potevano e possono rapportarsi.
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l 23 novembre scorso la nostra Comunità si è ritrovata davanti al monumento delle vittime del sisma dell’80 e poi nell’aula polifunzionale per ricordare quell’evento che segnò così tragicamente la storia di Caposele. Negli anni successivi al terremoto, si parlò tanto di ricostruzione, di rinascita e questi temi furono, spesso, motivo di contrasto rispetto a posizioni tra loro divergenti. Come diceva Vincenzo Malanga (Cenzino) il dopo terremoto fu un cammino tutto in salita, alla fine del quale Caposele venne ricostruita, ma forse sotto le macerie rimase una parte importante di noi tutti: rimasero quei sentimenti di generosità, di solidarietà,
di Cesarina Alagia
di Antonio Ruglio
E comunque, vista l’ineluttabilità del processo in corso, siamo in condizione di viverlo serenamente, senza drammi e senza correre il rischio di esserne travolti? Inutile negare che in questa vicenda partiamo oltremodo svantaggiati e per ragioni storico-culturali. Non siamo abituati a vedercela da soli e non siamo più disposti, per esperienza, a mettere interamente il nostro futuro nelle mani di Enti ( Provincia e Regione ) che spesso e sovente hanno dato pessima dimostrazione di sé incapaci di immaginare una prospettiva di sviluppo adeguata alle nostre esigenze. E allora delle due l’una, o riusciamo a prendere coscienza una volta per tutte delle nostre potenzialità oppure continuiamo a subire accettando di vivere un ruolo del tutto marginale e anonimo che niente di buono ha portato per i nostri Paesi e la nostra gente. Caposele, come qualunque altro Comune della nostra splendida provincia, deve fare tesoro dei propri errori e ripartire su basi nuove dopo una serena riflessione autocritica. Prima di tutto deve capire che non può fare da solo come ha sempre erroneamente creduto e che deve avere il coraggio di mettersi in gioco evitando di chiudersi nella difesa di quel poco o tanto che ha accettando invece di entrare in una dimensione più articolata e complessa. Ogni Comunità ha una sua storia, le sue abitudini, piccole tradizioni da custodire gelosamente, ma l’intero territorio ha una vocazione comune, fatta di agricoltura, turismo, accoglienza, benessere che non può più sopportare attriti, divisioni, assurde incomprensioni. Trovare gli strumenti giusti per poter affrontare le sfide del futuro in maniera
organica e con qualche concreta chance di riuscita diventa una scelta obbligatoria non più rinviabile. In un contesto del genere di proficua collaborazione ciascuno avrebbe un ruolo da giocare. L’avrebbe l’Associazionismo che insieme alla Scuola potrebbe moltiplicare le occasioni di incontro tra i ragazzi dell’intera provincia magari avendo come filo conduttore la riscoperta delle origini comuni e dell’identità che ci rende tutti molto più vicini di quanto sembri. Un ruolo ce l’avrebbero gli Enti istituzionali che nel confronto continuo tra di loro metterebbero sullo stesso tavolo le proprie conoscenze e le proprie esperienze al servizio di un vero rilancio economico delle nostre zone. Diventerebbe più facile poter accedere ai Fondi Europei e attrarre sponsor privati che di fronte a una proposta ottimale di accoglienza e di ristoro non avrebbero remore nell’investire in prima persona. Attuando finalmente la vecchia idea del Consorzio tra diversi Comuni la nostra immagine potrebbe essere valorizzata al meglio e attraverso gli strumenti che la tecnologia ci mette a disposizione renderla conosciuta ed apprezzata in tutto il mondo. Persino pagare le tasse diventerebbe un esercizio accettabile nel quadro di un miglioramento generale dei servizi. E allora, quando parliamo di federalismo di che cosa parliamo? Di una nuova disgrazia piovutaci dal cielo e caduta sulle nostre teste come un macigno o di una straordinaria opportunità da sfruttare in pieno per renderci finalmente arbitri del nostro futuro? Molti, lontano da noi, sperano e pensano che messo di fronte alle proprie responsabilità il sud non sia in condizione di reggere l’urto, a noi il compito di smentirli con i fatti ne abbiamo le possibilità, basta crederci.
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Speciale CHIESA MADRE
9 AGOSTO 2008 DEDICAZIONE DELLACHIESA DI SAN LORENZO MARTIRE
SPECIALE CHIESA MADRE
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DEDICAZIONE DELLA NUOVA CHIESA MADRE 9 AGOSTO 2008 - GIORNO STORICO SALUTO DI RINGRAZIAMENTO
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Con noi è presente II prof. ing. Luigi Adriani che ha curato la parte strutturale del progetto, anch'egli entusiasta di questa Chiesa che gli ha reso familiare Caposele e il ringraziamento è espresso dall 'amicizia che ci lega. Ringrazio da lontano il Soprintendente Ing. Garzillo che appena designato alla Soprintendenza di Avellino concesse l'approvazione richiesta. Ringrazio il Provveditore ai Lavori Pubblici di Napoli, il Dirigente della Sezione di Avellino e particolarmente l'ing. Umberto Musco per l'attenta direzione del primo lotto dei lavori finanziato dalla Legge 219. Devotamente ringrazio la Conferenza Episcopale Italiana che con un sostanzioso contributo ha consentito il completamento della costruzione. Ringrazio con amicizia e stima i direttori dei lavori gli architetti Carlo Cuomo e Maria Malanga, ing. Pino Vivenzio, l'impresa De Mita per la prima parte dei lavori e l'Impresa Antonio Di Sarno che con passione ed entusiasmo riprese e ha concluso i lavori. Infinite grazie allo scultore Mario Toffetti che ha riempito di ulteriore bellezza questo tempio con la preziosità artistica del Cristo crocifissorisorto,dell'altare, dell’ambone , della sede e prossimamente del battistero.
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della Soprintendenza di Salerno. Grazie alla sua fermezza, noi oggi siamo riuniti in questo tempio. Sentimenti di gratitudine verso gli Arcivescovi Mons. Milano e Mons. Nunnari che hanno seguito con interesse e benevolenza il non facile e ostacolato percorso dei lavori. Un particolare grazie lo rivolgo a S. Ecc. Mons. Francesco Pio Tamburrino per il decisivo sostegno dato nel periodo più delicato e difficile dell'amara vicenda burocratica e grazie anche perché oggi è qui per condividere la nostra gioia. Vive grazie a Mons. Tarcisio Gambalonga e al geom. Luigi D'Angelis dell'Ufficio Tecnico Diocesano per la loro premura nel seguire le varie fasi dei lavori e la disponibilità ad ascoltarmi ed accogliere i miei tanti suggerimenti. Ed ora il mio pensiero grato, riconoscente e fraterno va al caro ing. Vittorio Gigliotti che pur fra le tante grandiose opere progettate e rea 1izzate, certamente questo è stato il suo progetto prediletto. Desiderava intensamente vederlo compiuto, ma una grave malattia oggi glielo ha impedito. E’ con noi suo figlio il Prof. Gug1ielmo Gigliotti, a lui diciamo tutta la nostra gratitudine e stima per il suo papà che ricordiamo nella nostra preghiera perché il Signore sostenga lui nella sua sofferenza e voi familiari.
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"Quale gioia quando mi di dissero : andremo alla casa del Signore" dice il salmista e l'animo di ciascuno di noi in questo ultimo periodo è stato invaso da questa gioiosa attesa dopo essersi liberato da tante sensazioni di sfiducia e scoraggiamento per il lungo tempo trascorso e per i tanti ostacoli frapposti. Questa sera a conclusione di questa solenne liturgia della Dedicazione,questo nostro animo gioioso esclama: "L'anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio,mio Salvatore", perché sta compiendo opere meravigliose in mezzo al suo popolo. E' il canto della lode e del ringraziamento che sgorga dal nostro cuore come l'acqua zampillante,fresca e cristallina del nostro fiume Sele e si eleva come soave profumo alla SS.Trinità. La bellezza architettonica del Tempio e la preziosità dei segni liturgici, quali il Cristo crocifisso, risorto, l'Altare, l'Ambone, la Sede e il Tabernacolo indicheranno a noi e alle future generazioni la bellezza e l'amore di Dio che è venuto ad abitare in mezzo a noi. Nell'entrare ma soprattutto nello stare in questa Chiesa, ognuno si sentirà sollecitato a prendere più consapevolezza che la bellezza e la reale abitazione di Dio sono manifestate con la vita e la testimonianza dei credenti. Riceviamo un dono, ma assumiamo un impegno come singoli e come comunità di non contraddire il significato del segno. Siamo deboli e fragili, ma tutto ci è possibile se confidiamo nel Signore Gesù. Nel suo operare il Signore si serve della collaborazione degli uomini, pertanto è doveroso ringraziare coloro che hanno partecipato alla realizzazione di questo tempio. Innanzitutto il nostro amato Arcivescovo Mons. Francesco Alfano che in questi ultimi tre anni ha seguito con premura il completamento dei lavori e oggi con il suo ministero episcopale lo consegna come Tempio santo di Dio a questa comunità ecclesiale di Caposele. Tanta gratitudine e riconoscenza verso l'indimenticabile Arcivescovo Mons. Antonio Nuzzi che accolse con soddisfazione il progetto presentato dall'ing. Vittorio Gigliotti nel lontano 1984 e lo difese dal pregiudiziale tentativo burocratico di impedirne l'approvazione da parte degli uffici competenti. Sicuramente come me, Eccellenza,non ha dimenticato quel 5 novembre 1987 nella spoglia stanzetta
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Don Vincenzo Malgieri
Nostro vivo compiacimento per l'impegno e l'entusiasmo di tutti gli operatori pastorali dalle Suore alle catechiste, al gruppo liturgico, al gruppo che cura il decoro della Chiesa e al coro che con la soave melodia dei canti ha reso ancora più celestiale questa liturgia della Dedicazione. Un sentito ringraziamento rivolgo a tutte le persone e le famiglie che hanno già generosamente contribuito con il dono di un banco o di una libera offerta, con la certezza che tutti gli altri non faranno mancare il loro segno di condivisione. Possa il Signore per l'intercessione di S. Lorenzo Diacono e Martire e di S. Gerardo Maiella, da oggi presente in questa comunità con un frammento del suo venerato Corpo depositato ai piedi di questo Altare, rendere la comunità tutta di Caposele "vivo Tempio di Dio".
Speciale CHIESA MADRE
Il saluto del Sindaco
che si legge sul vostro volto è la nostra stessa commozione che ci unisce nella consapevolezza che stiamo condividendo un momento irripetibile per la sua unicità. In tempi in cui regnano l'edonismo, l'egoismo, la sfiducia, il dubbio, con la vostra costante ed ammirevole dedizione al servizio della nostra comunità, anche quando i segni della malattia erano evidenti nel vostro viso, siete stato un esempio di vita ed in silenzio ci avete insegnato che la vita vince sulla morte, la bontà prevale sulla cattiveria, l'amore supera l'odio. Le parole di ringraziamento di sicuro non basteranno a ricompensare le
amarezze e le delusioni, ma la gioia che traspare dai nostri occhi è la gratificazione migliore per il vostro cuore. Adesso che il lavoro dei costruttori è terminato, caro Don Vincenzo, un compito più importante ci aspetta, quello di diventare noi stessi la vera casa di Dio.
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Tutto questo è avvenuto ancora una volta e la pazienza di Don Vincenzo Malgieri, ci ha restituito, da buon pastore, una Chiesa Madre, più bella di prima. Io credo che ne sia valsa la pena: essa è sicuramente un prodotto artistico moderno quasi a comunicarci che se non si fraintende il senso del progresso, esiste una via alla modernità che può essere coniugata con le esigenze dello spirito. Essa è ancora qui, sul sito che gli antichi Caposelesi hanno voluto e che
Santi a noi cari, S. Gerardo e S. Alfonso, hanno conosciuto. Essa, infine, recupera e pietrifica anche un valore molto caro ai Caposelesi, quello dell'acqua, risorsa naturale, bene prezioso per l'umanità che evangelicamente parlando, non dovrà essere negato o inibito mai a nessuno, in nome di quella solidarietà su cui si fonda la convivenza pacifica di quell'unica famiglia ché vive sulla terra. Di qui, quindi, tutta la nostra soddisfazione in un paese che ha sempre coltivato la tolleranza e il rispetto di tutte le libertà. Oggi a Caposele è restituita un'anima che si concretizza in un luogo chiamato a farsi carico della complessità dei problemi che quotidianamente si vivono, anche a Caposele; convinto che la chiesa sa e saprà leggere le ansie e le speranze, e parlare in nome di chi non ha voce.
RINGRAZIA IL PARROCO
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maestoso edifìcio. Senza di essa non saremmo qui ad elevare il nostro inno di lode a Dio per essere entrati festosi nella sua casa. Ripercorrendo col pensiero la travagliata storia della ricostruzione non possiamo sottacere di ricordare le tante volte in cui siete stato incompreso ed osteggiato. Vi siete trovato molto spesso a percorrere da solo una strada tutta in salita, ma il Signore vi ha concesso la forza di superare gli innumerevoli ostacoli che si frapponevano, di volta in volta, al raggiungimento della meta finale ed ora che la chiesa, tanto agognata, è ritornata a rivivere, la commozione
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ccellenza, a coronamento della funzione religiosa da lei presieduta, ci consenta di rivolgere al nostro parroco un doveroso, sentito ed affettuoso ringraziamento per aver voluto far rinascere sulle rovine del terremoto questo tempio che, per la bellezza delle sue particolari forme architettoniche e delle sue opere scultoree, proiettate tutte verso il futuro, è un dono prezioso per l'attuale comunità di Caposele e per le generazioni che verranno. Rientra nell'ordine naturale delle vicende della vita iniziare e riuscire a portare a termine ed ora che si è concluso il lungo, tormentato e tortuoso cammino della ricostruzione della chiesa madre, caro Don Vincenzo, non è facile manifestare a parole tutto quanto sentiamo, perché inevitabilmente non può essere esplicitato attraverso un normale codice di comunicazione. Oggi, qui riuniti, sentiamo di dovervi esprimere la nostra riconoscenza per quanto avete fatto. Il tempo non potrà incrinarla perché sarà sempre alimentata dal ricordo dell'impegno da voi profuso per ridare ad una comunità, colpita da un evento luttuoso, terribile e distruttivo, un nuovo luogo di culto. Le mura di questa chiesa sono testimonianza tangibile della vostra tenacia, dei vostri sacrifici, nel volere lasciare in eredità ai caposelesi questo
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zioni, segna simbolicamente, il valore della stessa missione cristiana. Essa rappresenta, cioè, la completa rimarginazione di una ferita, la cui cicatrice ciascuno di noi porterà nel cuore. Sarà una coincidenza ma io voglio credere che sia un buon comportamento radicato nella comunità, perché sfogliando le pagine di un illustre conterraneo, Nicola Santorelli, egli descrivendo il terremoto del 1853, ci ricorda ….Tutti non vollero dipartirsi, come da luogo sacro, non misero più tempo in mezzo …ma a gareggiare nell’opera, sì che il nuovo caseggiato riuscì più solido e di migliore aspetto dell’antico …infine i Caposelesi, per continuare l'impresa di rifabbricare il paese e per condurla a buon termine, dovean pensare, anzi ogni altro, alla casa di Dio, e scelsero all'uopo la Chiesa degli Antoniani.
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orgo a nome dell'intera comunità civile di Caposele, il saluto di benvenuto a quanti non hanno voluto far mancare con la loro presenza la partecipazione ad una gioia intima che attraversa tutti i Caposelesi. La ricostruzione della Chiesa Madre e la sua restituzione al culto costituiscono, infatti, un particolare momento di gioia perché entrambi sono carichi di valori per tutti noi. In un paese, in cui, purtroppo a causa di un evento naturale disastroso e luttuoso, il tempo è scandito con nozioni convenzionali quali "prima del terremoto e dopo il terremoto", vedere riaperto questo significativo luogo di culto, dà il senso di uno sforzo umano e statale giunto a buon fine e ad ottimo compimento. La Chiesa, mai come in questo caso, rappresenta il simbolo di un faticoso e difficile processo di ricostruzione, ed essere stata l'ultima tra tutte le edifica-
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continuo e planimetricamente alquanto articolato, a formare le cosiddette “absidiole”, ma simmetrico rispetto all’asse principale. Funge da coperchio della scatola la elegante copertura – costituita da un guscio in c.a. leggero strutturale, di spessore 20 cm circa, gradonato sia all’estradosso che all’intradosso – che nella dimensione trasversale si presenta mediamente con il profilo di una volta ribassata, mentre nella dimensione longitudinale appare con un profilo ricco di “picchi” e di “gole” peraltro non molto pronunciati rispetto ad un piano orizzontale. Il fondo della scatola, infine, è un solaio latero-cementizio che funge da calpestio della sala di preghiera, posto ad una quota di poco superiore a quella media della piazza antistante l’edificio. Con tali premesse è sembrato logico, dal punto di vista strutturale, esaltare il comportamento scatolare dell’insieme con la creazione di una sorta di “doppio fondo” della scatola, mediante il quale, abbassando il baricentro complessivo delle masse e irrigidendo il blocco di base, potesse conseguirsi l’obiettivo di rendere per quanto possibile uniformi le azioni trasmesse dal manufatto al piano di posa: evitando così quelle dannose concentrazioni di tensioni che sono presenti tutte le volte che le azioni sismiche orizzontali vengono affidate ad un numero limitato di elementi strutturali verticali ed alle relative fondazioni. E’ stata perciò concepita una fondazione diretta, poggiante cioè direttamente sul piano di posa dell’edificio, costituita da un blocco di elevatissima rigidezza, a sua volta scatolare, con un’altezza complessiva di poco superiore ai 4 metri e quasi completamente incassato nel terreno. Il blocco è delimitato superiormente dal solaio di calpestio della chiesa, inferiormente da una robusta platea di base in c.a. e lateralmente da pareti verticali in c.a. con l’identico articolato sviluppo planimetrico di quelle superiori, che formano, come si è detto, l’involucro della sala di preghiera. La suddetta articolazione delle pareti perimetrali nel loro sviluppo planimetrico longitudinale conferisce all’involucro della chiesa una buona rigidezza “da forma” anche in direzione trasversale; mentre per il blocco scatolare di fondazione l’irrigidimento è stato reso ben più significativo mediante la realizzazione di travi-parete trasversali portanti il sovrastante solaio latero-cementizio ed incastrate alle due estremità nelle pareti a forma di corona semicircolare (le basi delle “absidiole”). Le suddette lastre-pareti trasversali delimitano nel piano interrato sette ampi comparti, tra loro comunicanti attraverso larghe aperture che in esse sono state previste: sicché in seguito si potrà forse, con idonei accorgimenti, rendere fruibili tali locali per la catechesi ed i servizi comunitari offerti dalla Parrocchia. Alla luce di quanto si è detto il descritto complesso scatolare entro terra è riguarda-
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sibilità di integrare felicemente e con piena soddisfazione, nel campo professionale, le attitudini e la formazione culturale proprie dell’ingegnere e dell’architetto. Io, in verità, lo considero piuttosto ed essenzialmente un “artista”. Ed è per questo che quando, tra la fine del 1995 e i primi mesi del ’96, mio figlio Diego ed io ci accingemmo ad elaborare il progetto strutturale della “Chiesa sulla sorgente”, nel quale esigenza primaria era quella dell’uso plastico del cemento armato come l’ “artista” l’intendeva – esigenza resa più difficile dall’ardito disegno, specie della copertura – quando dunque ci accingemmo a quest’impresa, forte era in noi il timore di sbagliare nel confezionare un prodotto che, per essere “cantierabile”, doveva risultare del tutto comprensibile alle maestranze addette alla realizzazione dell’opera. Ed allora, malgrado fossimo tutt’altro che dei neófiti, le telefonate di verifica con l’ “artista” erano quotidiane e lunghissime. Devo confessare che mai, come in questa occasione, mi sono sentito solo un homo faber, l’umile artigiano cioè al quale era affidato il compito di tradurre in linguaggio cantieristico, curva dopo curva, gradino dopo gradino, la scultura dell’ “artista”. E in questo spirito si rese necessario costruire preliminarmente nel nostro studio di strutturisti un plastico dell’edificio, un modello di legno a grande scala (1:50), per poterne prima comprendere compiutamente e poi disegnare, calcolare e rendere realizzabili tutti i difficili particolari costruttivi. Il plastico – consegnato durante i lavori alle imprese esecutrici, ma poi per fortuna rientrato alla base perché mio figlio ed io siamo ad esso sentimentalmente legati – ha costituito anche in cantiere un utilissimo strumento operativo. Non è il caso di dilungarsi troppo in questa sede sulle caratteristiche del progetto strutturale. Dirò solo che la piccola “Chiesa sulla sorgente” è in realtà un edificio con area di ingombro di quasi 650 mq (m 36 x m 18 circa), la cui sala di preghiera è capace di accogliere i fedeli con 250-300 posti a sedere e 500 /600 unità, compresi i posti in piedi, nelle grandi occasioni. Essa ricalca lo schema del preesistente tempio ad una navata, sulla stessa area e con lo stesso ingombro volumetrico della Chiesa distrutta dal terremoto, ma naturalmente con un impatto architettonico totalmente innovativo. La sala di preghiera è contenuta in un involucro scatolare di forma pressappoco rettangolare, con sviluppo delle pareti perimetrali in cemento armato praticamente
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vena d’acqua, intendendo così ricordare la fonte naturale e la figura biblica della pietra da cui sgorga la vita. Nell’immaginario poetico dell’Autore l’acqua, secondo le parole del profeta Ezechiele, “scaturisce dal tempio” per portare la vita, poiché “dove giungono le acque del santuario tutto rivive e viene risanato”. Nella religione cristiana l’acqua possiede soprattutto la virtù di purificare l’uomo dalle impurità della vita terrena, poiché “ciò che vi viene immerso muore per risanare senza peccato”. Con tale intento il progetto Gigliotti prevedeva che l’acqua sgorgante dalla roccia confluisse nella vasca battesimale per la purificazione e la rinascita; anzi, come dalle indicazioni di Ezechiele, doveva giungervi scorrendo in un canale da realizzarsi appositamente a lato dell’edificio. Purtroppo però, a causa di difficoltà di ordine costruttivo, non è stato possibile conseguire questo obiettivo simbolico. Ma l’esaltazione del “genius loci” dell’acqua si riconosce anche nella conformazione a struttura sinuosa dell’edificio. Per la complessa articolazione dei volumi delle piccole cappelle laterali, che si susseguono in una teoria di corpi semicilindrici vuoti e pieni, esso può essere considerato una scultura eseguita sul terreno e nella roccia. L’ondulazione continua e regolare avvolge in un unico spazio anche l’antico campanile, visibile all’interno della sala di preghiera, come parte integrante della terra e della pietra. Le strutture della copertura, sia all’esterno che all’interno, evocano anch’esse con le loro linee e le loro ombre i filetti fluidi ed i vortici dell’acqua fluente. Vi si riconoscono tre gusci a contorno pressappoco ellittico – una sorta di barche capovolte – oltre all’ultimo, più grande, a forma di esagono curvilineo che, sormontato da un lucernario, copre la zona dell’altare. E lo spazio della sala di preghiera viene plasmato, per così dire, dal fascio di luce che dalla cupola esagonale scende sull’altare, quasi a materializzare visivamente l’intervento divino; mentre i raggi di luce minori che provengono dalle cupolette in corrispondenza delle piccole cappelle laterali – le “absidiole”, come amava chiamarle Gigliotti – vanno a definire i nitidi volumi dell’interno e la copertura a gradini che disegna le ellissi del soffitto. L’ing. Gigliotti si è in più di un’occasione autodefinito un “Ingegnere architettonico”, intendendo indicare con questa locuzione colui che ha avuto la pos-
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bbi la ventura di conoscere Vittorio Gigliotti, l’ing. Gigliotti ideatore di questo piccolo gioiello della moderna architettura religiosa che oggi viene donato alla Comunità di Caposele, nei primi mesi del 1988 durante un mio viaggio di lavoro negli Stati Uniti. Eravamo ospiti dello stesso albergo, il Waldorf Astoria di Manhattan a New York, nel cui atrio c’incontrammo una mattina per puro caso; e da buoni meridionali, lui salernitano io napoletano, subito simpatizzammo. Nacque così un sentimento, destinato a durare negli anni, di grande rispetto e stima reciproci – ma che, almeno da parte mia, non esiterei a definire di sincera amicizia – sentimento che, per gli interessi culturali che ci accomunavano non solo nel campo della Ingegneria, ci portò a dedicare a quest’opera, la “Chiesa sulla sorgente”, non poche delle rispettive energie professionali. L’ing. Gigliotti era dunque a New York nel 1988, in occasione di una prestigiosa Mostra Internazionale di Architettura che vedeva la partecipazione di 150 progettisti di chiara fama, ventinove dei quali italiani, prescelti in tutto il mondo da un Comitato presieduto dal Preside della Facoltà di Architettura della Columbia University. E Vittorio Gigliotti era stato chiamato a parteciparvi con la sua piccola “Chiesa sulla sorgente”, il cui progetto egli aveva concepito, almeno nello spirito e nella impostazione, già da due anni, nel 1986. Il sorprendente riconoscimento ed il successo conseguito da questo progetto in una così importante Mostra Internazionale, per il suo esaltante significato architettonico e biblico, fu posto in grande rilievo anche dalla prestigiosa rivista di architettura “Oculus” di New York, che è l’organo ufficiale dell’American Institute of Architectur. La Chiesa di San Lorenzo in Caposele rientrava già allora nel filone della ricerca che Vittorio Gigliotti, da oltre vent’anni, andava sistematicamente sviluppando in progetti ed opere architettoniche. Così, la sua appassionata ricerca gli valse a Londra nell’anno successivo, il 1989, un nuovo riconoscimento con l’assegnazione del Premio “Gairn”, che la Comunità Economica Europea attribuiva ogni due anni all’ingegnere europeo che avesse fornito un contributo rilevante all’ingegneria contemporanea. Ed in concomitanza con la consegna del Premio, il 2 marzo del ’90, venne allestita presso l’Istituto Italiano di Cultura di Londra una mostra fotografica delle opere di Vittorio Gigliotti, tra le quali non poteva mancare naturalmente il progetto della Chiesa Madre di Caposele. Nel progetto della Chiesa Madre di San Lorenzo l’ing. Gigliotti ha trasfuso il suo profondo sentimento religioso. L’acqua ne costituisce il motivo dominante. La nuova chiesa sorge infatti sullo stesso sito del preesistente tempio ottocentesco distrutto dal terremoto del 23 novembre’80, a poca distanza dalla sorgente del fiume Sele. E pertanto egli ha voluto chiamare la sua opera la “Chiesa sulla sorgente”; e vi ha inserito nella facciata una roccia da cui zampilla una
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si rivolse, con accenti accorati ma fermi, allorché nel 1995, a 15 anni dall’evento disastroso, indirizzò, insieme ai parroci di Conza della Campania, di Calabritto, di Senerchia, una petizione al Presidente Irene Pivetti. Nella lettera – è doveroso farlo presente – nel mentre si denunciava che “nei nostri riguardi la tragica vicenda si va mostruosamente intrecciando con l’umana ingiustizia, aggiungendo la beffa al danno, in quanto risultano tuttora disattesi i criteri di assoluta priorità”, veniva al tempo stesso ricordato che “le nostre popolazioni hanno pagato il maggior prezzo in termini di vite umane, che furono sepolte dalle macerie, che certamente prezzo non hanno e che rivendicheranno perennemente il sacro luogo che le rigenerò alla vita cristiana e risuonò anche dei loro canti nella lode del Signore”. Se si volessero raccontare tutti gli ostacoli, le traversie, il disinteresse, la noncuranza che don Vincenzo ha incontrato nel suo cammino dovremmo stare qui per ore. Ma alla fine il progetto, sia pure con enorme fatica, è stato approvato; i finanziamenti, sia pure col contagocce, sono arrivati; le difficoltà con le Imprese esecutrici sono state superate; e la Chiesa è stata dotata di splendide opere d’arte, il magnifico Cristo di bronzo e poi l’altare, l’ambone, la sedia, tutti di marmo massiccio. Ci son voluti 28 anni da quel tremendo terremoto del 23 novembre ’80, ma la perseveranza di don Vincenzo è stata infine premiata. Amici di Caposele, domani 10 agosto ricorre la festività di San Lorenzo e sarà la notte delle stelle. Per un’antica credenza popolare si dice che se si esprime un desiderio nell’istante in cui si vede cadere una stella, il desiderio si avvererà. Orbene, qui a Caposele una splendida stella è già caduta, con un giorno di anticipo ma dopo 28 anni: è la Nuova Chiesa Madre, finalmente Vostra. Amici, onoratela, ma principalmente amatela! Caposele, 09 agosto 2008 Luigi Adriani
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i cristiani “non diventano casa di Dio se non quando sono uniti insieme dalla carità”. Orbene, in questo edificio la struttura portante non è costituita da un insieme di pietre che occorre solidamente connettere fra loro, ma è costituita addirittura da un blocco interamente in cemento armato, un “unicum” cioè che, per definizione stessa, è continuo, solidale, indeformabile e resistente, almeno lo spero. E spero ugualmente, alla luce delle parole di S. Agostino, che, al di là dei simbolismi, un uguale, granitico sentimento di carità possa cementare l’unione di tutto il popolo dei fedeli che si ritroveranno in questo tempio, anzi dell’intero popolo di Caposele. Prima di concludere questo mio intervento sento di dover esprimere la più profonda riconoscenza a chi della materiale realizzazione di quest’opera è stato il vero artefice: il vostro don Vincenzo, anzi, se me lo consentite, il nostro don Vincenzo, al quale mi sono profondamente legato in tutti questi anni, ammirato come sono stato e sono tuttora del suo impegno, della sua abnegazione, dei suoi sacrifici. Quante sono le porte alle quali egli ha bussato, quante sono le volte in cui è stato respinto o, nella migliore delle ipotesi, ha ricevuto risposte evasive…… Perfino al Presidente della Camera dei deputati egli
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redatto all’incirca 12 anni orsono, quando non erano correntemente disponibili gli odierni sofisticatissimi programmi di calcolo automatico, il dimensionamento è stato effettuato con successive modellazioni strutturali, tese, attraverso una serie di tentativi, a simulare un comportamento del modello che risultasse il più possibile rispondente all’effettivo comportamento fisico di un organismo complesso, quale solo la matita di un “artista” poteva concepire. Analogamente a carattere artigianale – anche questo lo dico con un certo compiacimento – sono tutti i disegni del progetto, redatti rigorosamente a mano ma da disegnatori provetti. Ad un’ultima riflessione, che in qualche modo si collega alla tecnica costruttiva impiegata nel progetto che ho appena illustrato per sommi capi, mi spinge la lettura dell’invito pervenutomi per l’odierna cerimonia. Mi ha colpito infatti un concetto espresso da S. Agostino, ivi richiamato, allorché sviluppa il parallelo tra la Chiesa, intesa come comunità cristiana, e la Chiesa intesa come edificio, materiale luogo di culto. “Quando i cristiani vengono battezzati, catechizzati, formati” – dice S. Agostino – “sono come le pietre che vengono sgrossate, squadrate, levigate fra le mani degli artigiani e dei costruttori”. E come le pietre devono essere solidamente connesse tra loro, così
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bile come un “unicum” indeformabile, assimilabile quindi ad una sorta di “fondazione a scatola nervata” dell’edificio fuori terra, nella quale possono considerarsi incastrati gli elementi verticali (pareti delle “absidiole”) che sostengono la copertura. Quest’ultima è costituita, come si è visto, da un guscio in c.a. leggero fortemente scalettato, destinato a portare, oltre al peso proprio, il sovraccarico da neve, nonché a trasmettere le azioni sismiche alle pareti verticali curve che rappresentano i veri elementi sismo-resistenti. E poiché le suddette azioni sismiche sono praticamente proporzionali al peso proprio, si è rivelata vincente l’idea di realizzare l’intera copertura in calcestruzzo leggero strutturale – di notevole resistenza caratteristica (Rck30) ma con un peso di 1750 kg/mc inferiore del 30% rispetto a quello di 2500 kg/mc caratteristico del cls ordinario – che permette di conseguire notevoli economie insieme ad un significativo aumento del coefficiente di sicurezza globale. Tanto più che, pur trovandosi il Comune di Caposele in zona sismica di 2^ categoria, nei calcoli è stato assunto, secondo la vigente Normativa, un coefficiente d’intensità sismica maggiorato del 50% poiché l’edificio prospetta su spazi interni ristretti di un centro abitato. Mi piace aggiungere, a proposito del progetto strutturale, che essendo stato esso
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l 9 agosto 2008 un grande evento ha coinvolto la città di Caposele, di cui Materdomini è una frazione: l'inaugurazione - dopo ventotto anni dal terremoto - della ricostruita chiesa dedicata a San Lorenzo martire. Numeroso e commosso il popolo che ha preso parte alla solenne funzione, leggendo in questo evento una rinascita della comunità parrocchiale, merito del parroco Mons. Vincenzo Malgieri. La chiesa bella nella sua struttura architettonica, è resa ancor più bella all'interno dalla sapiente scelta degli elementi liturgici che permettono un degno svolgimento dei riti liturgici. La chiesa di Caposele è da questo giorno ancor più intimamente legata
al Santuario San Gerardo Maiella, in quanto la comunità dei Missionari Redentoristi di Materdomini hanno donato alla nuova chiesa una insigne reliquia del santo delle mamme e dei bambini: San Gerardo Maiella. Questa reliquia è stata posta in un apposito incavo ai piedi dell'altare e poi sigillata, come prevede la liturgia di consacrazione delle chiese. Il legame tra la comunità parrocchiale di Caposele e quella di Materdomini, ora è ancor più stretto e forte. Al parroco don Vincenzo e a tutti i suoi fedeli, vanno i nostri più fervidi auguri per una sempre maggiore crescita spirituale come comunità che rende sempre presente la Chiesa sul territorio.
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PREMIO CAPOSELE AL SEGRETARIO GENNARO MAJORANA
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Eppure gli anni trascorsi come segretario presso il nostro comune sono stati anni per alcuni versi difficili, l'Italia era da poco uscita dalla guerra e bisognava ricostruire un intero tessuto urbano, e per altri versi entusiasmanti si andava formando una nuova società, ed è in momenti come questi che persone come Gennaro Majorana sono fondamentali per lo sviluppo di una comunità, in particolare come quella caposelese attraversata da profonde fratture, la sua serenità e la sua obbiettività ne hanno permesso uno sviluppo coerente con i tempi proiettando Caposele fino ai giorni nostri. Fondamentale il suo contributo dietro scelte come la convenzione con l'Acquedotto Pugliese, la costruzione della piscina comunale, oggi vanto della nostra collettività e tante altre opere che oggi fanno di Caposele un paese al passo con i tempi.
Noi Caposelesi tutti dovremo non disperdere il patrimonio che Gennaro Majorana ha costruito in tutti questi anni e a Paola e Nicola mi sento di dire di conservare gelosamente gli insegnamenti del loro papà, che tanto ha dato alla nostra comunità.
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paese e per quanti hanno con lui operato presso il nostro Comune. Non nascondo che non mi meravigliò la sua decisione, una volta conseguita la pensione, di rimanere a Caposele, forse perché avendolo sempre sentito attento ai problemi del nostro paese che in cuor mio l'ho sempre considerato a tutti gli effetti un Caposelese. Gli anni mi hanno insegnato che ciò che è preminente è l'amore che abbiamo per la terra che ci ospita e non soltanto l'esserci nato e devo dire che il Segretario Majorana ha amato ed ama molto il nostro paese e questo fa di lui un Caposelese doc. Il suo impegno per Caposele è stato sempre costante e silente, come è costume delle persone che non amano apparire, e senza ombra di dubbio credo che non esista caposelese che non possa dire di essere stato accolto sul Comune con un sorriso o che non abbia trovato un padre o un fratello con cui condividere un problema, una preoccupazione e trovare conforto e soluzione al suo problema.
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ari amici, gentili soci è con immenso piacere e con commozione che questa sera, riprendendo un evento che nei precedenti anni ha caratterizzato la vita della nostra Pro Loco, mi ritrovo a conferire al Segretario Gennaro Majorana il Premio Caposele, premio istituito dalla Pro Loco per attestare la gratitudine dei caposelesi a quanti con il loro operato hanno reso grande il nome di Caposele. Per me è stato semplice aderire sul nome del Segretario Majorana perché ho avuto l'onere di conoscerlo da sempre, di aver potuto frequentare la sua casa e di essere amico dei suoi figli, mi è stato semplice perché in lui vivono tutti quei valori che mi sono stati insegnati e che oggi fanno parte parte della mia vita, ma un valore in particolare può più di tutti descrivere chi è Gennaro Majorana, L'ONESTÀ. La sua onestà intellettuale, la sua rettitudine morale sono stati, sin dal lontano 1957, quando giunse a Caposele come giovane segretario comunale, faro per quanti hanno amministrato il nostro
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PROLOCO CAPOSELE
Raffaele Russomanno Presidente ProLoco Caposele
L'intervento del segretario Majorana interessato Caposele da allora e fino ad oggi. Come non ricordare i difficili mesi di gestione Commissariale (ben 38!) durante i quali più che il segretario comunale dovetti svolgere le funzioni di primo cittadino, alle prese con i problemi quotidiani di una popolazione che soffriva tante ristrettezze economiche ed assisteva avvilita al fenomeno dell'emigrazione . Era il tempo delle Amministrazioni del compianto Avv_ Michele Farina e del Prof. Donato D'Auria quando con scarse risorse finanziarie, sul Comune non si doveva e poteva sprecare nulla : persino le buste da lettera venivano rivoltate per essere imbucate! Ricordo gli anni dell'Amministrazione del caro compianto Sindaco Don Ciccio Caprio al quale sono stato legato da sentimenti di profonda stima ; amicizia ed affetto. Don Ciccio è stato un Sindaco (per ben 15 anni!) di ampie vedute, capace di misurarsi con i problemi della gente cercandone sempre la soluzione possibile. Sono impressi nella mia memoria gli innumerevoli viaggi a Bari in sua compagnia ,per risolvere l'annosa vertenza della captazione abusiva delle acque residuali del Sele da parte dell' allora Ente Autonomo Acquedotto Pugliese
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E' con animo commosso e riconoscente che ringrazio il Presidente della Pro Loco Dott. Raffaele Russomanno ed il Direttore de "La Sorgente'' Ing. Nicola Conforti, per l'onore che hanno voluto concedermi con l'attribuzione del "PREMIO CAPOSFLF 2008" riconoscimento attribuito a quei Caposelesi che hanno saputo dar lustro a questa nobile Terra. Ed è perciò con comprensibile orgoglio che ricevo questo premio , per me, che non sono nativo di Caposele, ma che considero Caposele il mio vero Paese, la mia vera Terra, nella quale sono nati e cresciuti i miei figli e la mia adorata consorte la "maestra Majorana"- prematuramente scomparsa - ha svolto il suo ruolo di insegnante per 31 anni, educando molte e molte generazioni. Sono qui a Caposele da ben 10 lustri, da quando- ahimè - giovane funzionario per ordinanza del Ministero dell'Interno nel lontano 1957 arrivai da Nusco per sostituire, per soli "tre mesi"- così mi fu riferito dal Prefetto dell'epoca- il mio collega segretario comunale Don Ciccio Caprio. "Tre mesi" sono diventati 51 anni… Posso allora ben dire di essere il testimone oculare dell' enorme sviluppo economico, sociale e culturale che ha
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Il Sindaco e il Presidente della Pro Loco consegnano la targa al segretario Majorana
Solo in virtù della connaturale diplomazia e tenacia di Don Ciccio nonché dell'Avv. Vincenzo Caruso si riuscì ad ottenere una convenzione in base alla quale il Comune di Caposele - ancora oggi - beneficia di una cospicua entrata . Una proposta rivolgo all'Amministrazione Comunale in carica : un giusto tributo alle figure di Don Ciccio e dell'Avv. Vincenzo Caruso fautori della risoluzione della vertenza, potrebbe essere l'erezione di due mezzibusti a loro perenne ricordo nei giardinetti di P.zza Sanità. All'indomani della improvvisa scomparsa di Don Ciccio, ho avuto modo di collaborare, anche se per breve tempo, con il compianto Sindaco Avv. Fernando Cozzarelli del quale ho potuto apprezzare la bontà e signorilità dei comportamenti. Con grande umiltà ed altrettanto spirito di servizio, ho sempre cercato di mettere le mie, sicuramente limitate, capacità ed esperienze a disposizione del popolo Caposelese . Ancor più in occasione dell'immane tragedia del terremoto dell'80! Sono stati anni complessi, irti di difficoltà, che Caposele è riuscita a superare
soprattutto grazie alla valente e meritoria opera svolta dai Sindaci Avv.Antonio Corona e Prof. Alfonso Merola, i quali hanno speso le loro energie per aiutare a risolvere i problemi della gente nelle condizioni più disparate, sia nei momenti di grande emergenza sia nelle condizioni di relativa tranquillità. Non starò qui a ricordare i loro grandi pregi anche perché come diceva l'On. A. Moro : “Quando si avverte l’esigenza di enunciare le opere per evidenziare i propri meriti, sognifica che questi meriti non si hanno”. Ripensando tutti questi anni trascorsi non posso non ricordare tutti i dipendenti comunali miei diretti collaboratori, alcuni prematuramente scomparsi, altri oggi ancora in servizio ed altri in pensione, che hanno sempre svolto con serietà e diligenza i loro compiti d'istituto. Concludo, ringraziando tutti i presenti che hanno voluto prendere parte e sono intervenuti in questa manifestazione, formulando 1' augurio che il nostro Paese possa sempre progredire nel raggiungimento di alti traguardi che assicurino sempre più benessere alla nobile gente Caposelese.
Premio Caposele 2007
CAPOSELE: ELOGIO DI UN SUO CITTADINO ONORARIO di Luigi Palmieri
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LA FORMA E LA SOSTANZA
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iviamo in un’epoca in cui si bada più alla forma che alla sostanza. L’immagine e l’apparenza contano più della concretezza e dei fatti. Pur di creare un alone di simpatia intorno a sé , si è disposti a gettare fumo negli occhi della gente proponendo cose senza futuro invece di progetti utili a tutti. Si dice che far notare le incongruenze della politica che vive più d’immagine che di sostanza è moralismo inutile. Nel momento attuale , in cui i veri valori sono caduti in disuso, richiamarli alla memoria è cosa non solo utile ma necessaria. Dopo questa breve introduzione arrivo al fatto. Caposele invecchia ed ha sempre più bisogno di essere assistito ed accompagnato da una politica
lungimirante che aiuti il paese a superare l’attuale stagnazione economica e sociale. Un aiuto importante può venire da Materdomini la cui ricchezza deriva da un flusso di migliaia di persone richiamate sul luogo della devozione verso S. Gerardo. Dopo la giusta e primaria esigenza della devozione e della preghiera al Santo, i pellegrini sono disposti anche ad altro come avere il desiderio di visitare il capoluogo. E’del tutto evidente che , per attrarre, occorre offrire invitanti alternative che invoglino i turisti, a visitare il paese “delle acque”. La bella natura che ci circonda, il museo delle acque, il parco fluviale, la visita alle sorgenti sono ottimi motivi per convincere molti a scegliere con entusiasmo di vedere tali
solo le comunità antiche, forti, arroccate come in un fortilizio e persino isolate, quale è quella caposelese, sanno ancora offrire - non è senza significato ideale - che queste note di divulgazione e di commento di un felice accadimento locale, siano pubblicate su " La sorgente " , il benemerito, longevo, utile Periodico locale che, per la lungimiranza e la passione del suo illustre fondatore l’ing. Nicola Conforti, nonchè per la continuità editoriale e di direzione,con il passare dei decenni," La sorgente " è diventata come il " sacrario" delle Memorie patrie e degli avvenimenti caposelesi. A tal riguardo,sarà interessante conoscere che,non per caso, il cav. Gennaro Majorana è stato assiduo lettore e sostenitore de " La sorgente" dal suo primo numero di pubblicazione ed è socio della " Pro-Loco " caposelese dalla fondazione: due istituzioni locali che hanno contrassegnato la storia contemporanea di Caposele ed hanno attirato l'attenzione ed il sostegno di un preparato Segretario Comunale, venuto da altri lidi e divenuto, per passione e completa integrazione, cittadino caposelese onorario.
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suoi rumori, deve far vedere l'argentea limpidezza delle sue acque. 11 Segretario Majorana e tutti i Caposelesi sono fedeli e devoti alle Sorgenti ed alle acque come ad una divinità e sono sensibili e orgogliosi, come pochi, quasi come un giusto diritto di primogenitura. Singolari coincidenze di luoghi e similitudini ambientali per Gennaro Majorana. Egli è nativo di Cassano Irpino,un altro paese di Sorgenti e di acque, più' umili dì quelle di Caposele, ma contrassegnano egualmente un'ampia e lussureggiante vallata, quella del fiume Calore, contigua e simile, per bellezza paesaggistica, a quella del fiume Sele. Anche a Cassano Irpino le acque delle sue Sorgenti sono imprigionate in un Acquedotto molto più' modesto di quello del Sele, che prende nome dal fiume Calore e disseta le popolazioni dell'Irpinia fino al Sannio e alcune zone del Molise. Tra due valli, molto vicine e quasi confinanti, quelle del Calore e del Sele, e tra due realtà molto simili, legate ad un comune destino di vita, di tradizioni e di faticoso sviluppo, si racchiude il percorso esistenziale, che auguriamo longevo, sereno e con buona qualità di vita, del Cav. Gennaro Majorana. Infine, quasi come a completare un quadro di liete atmosfere caposelesiche
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succedutisi nella Provincia, al conferimento dell'onorificenza di cavaliere al merito della Repubblica, su proposta del ministero dell'Interno, prima della fine della sua carriera. Oggi è di fatto, per consuetudine di vita, per passione, per scelta, Cittadino Onorario di Caposele, anche se lo sottolineamo con una severa censura nei confronti dei distratti Amministratori Comunali dei sindaci e degli Assessori Comunali nel frattempo succedutisi alla guida dell'Amministrazione Comunale) l'iniziativa formale dei conferimento della Cittadinanza Onoraria, come per Legge, sarebbe dovuta partire dall'Amministrazione Comunale.Tuttavia, il “Premio" da parte di un antico e radicato sodalizio caposelese è egualmente denso di significato perchè conferito senza retorica e senza orpelli e forzature, semplice e limpido come le acque e le sorgenti di Caposele. Caput Silari: qui ha origine il Silaro. nome antico, greco e romano, dell'odierno fiume Sele. Qui 1'Acquedotto, tra i piu' grandi del mondo, opera colossale e necessaria, che porta l'acqua de1 Sele fino all'estremo lembo d'Italia, santa Maria di Leuca, imprigiona il fiume nella imponente galleria del valico Appenninico, laddove il fiume per sua stessa natura,ha da scorrere all’aperto, deve far sentire quasi i suoi suoni ed i
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uesto articolo prende spunto da una significativa e lieta notizia di vita caposelese: il conferimento, nella primavera scorsa, del"Premio Caposele 2008" al Cav. Gennaro Majorana da parte del benemerito e longevo Sodalizio caposelese " La Pro-Loco ". Premio bene attribuito perchè Gennaro Majorana nel Comune ha svolto ininterrottamente e per oltre un quarantennio,con assoluta e limpida onestà e trasparente rettitudine,le funzioni di Segretario Comunale, fino al pensionamento ed in Caposele vive tuttora, circondato dall'affetto dei suoi figli e nipoti e dalla stima dei suoi compaesani di adozione. Tutto ciò' non è di poco conto in tempi convulsi e nevrotici come gli attuali nei quali i Segretari Comunali, cosi come altri funzionari, si succedono senza lasciare tracce di sé, quasi anonimi, indifferenti o estranei ai problemi, alle vicende ed alle ansie della conunità amministrata. Segretario Comunale d'altri tempi e d'altra sensibilità, il nostro"storico" segretario Majorana, meritevole del "premio Caposele". In verità,non è che al Segretario Majorana fossero mancati in precedenza, nell'arco della sua carriera, altri ambiti riconoscimenti: dagli Encomi solenni annuali espressi dai Prefetti
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La sede della Pro Loco durante la manifestazione
Dott. Luigi Palmieri Medico Chirurgo – Ufficiale Sanitario
Prof. Rodolfo Cozzarelli meraviglie. Ciò che offre già la natura dovrebbe essere completato dall’opera dell’uomo creando gradualmente le necessarie infrastrutture di ricevimento di un così alto numero di ospiti che ora sarebbe poco sostenibile. La ricaduta economica sarebbe sicuramente molto positiva, come lo è stata per Materdomini; le attività esistenti ne trarrebbero una spinta decisiva per la loro crescita ed ulteriori attività ne deriverebbero. Aspettarsi miracoli solo da altri che non siamo noi è utopia. E’ da noi stessi anche che devono dunque partire le iniziative giuste per lo sviluppo economico e sociale. Sul piano sociale accettiamo gli altri, aiutiamoli e ricordiamo che il paese è una casa comune in cui dobbiamo convivere meglio che possiamo.
Tutti ma in primo luogo associazioni, sindacati, patronati, circoli e partiti attraverso i loro rappresentanti possono, in unità d’intenti, al di là degli egoismi, trasformare l’attuale stallo del nostro paese in sviluppo graduale ma costante. Ringrazio la “la Sorgente” nella persona del suo direttore, del presidente della “pro loco” , e di tutti i soci e approfitto dell’occasione per fare a nome mio e del circolo “arcobalenonuovi orizzonti”, gli auguri di buone feste e buon anno a tutti anche a coloro che vivono in altre parti d’ Italia e all’estero.
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Una foto degli anni '50. Da sinistra : Annamaria Sena, PinĂŹ Caprio con il piccolo Manfredi, Margherita Casillo e il piccolo Girolamo, Italia Caprio, Rinuccia Sena e la piccola Gerardina
Michele Patrone e Rocco Malanga
LA Michele Patrone e Rocchino Baldi
Un personaggio storico della Pro Loco: Ciccio Rosania
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Lorenzino Cozzarelli in una foto di gruppo con i suoi allievi
Carmela Farina con il figlio Nicola in costume di "pacchiane"
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Cenzino Russomanno ed altri in una foto degli anni '60
Radio Caposele "prima maniera" con Daniele, Gina e Donato
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Rinuccia Sena,PinĂŹ Caprio e Margherita Casillo
Foto ricordo con il cavalluccio
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Armando Spatola, Giovanni Aiello e Claudio Russomanno
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Processione della Madonna del Carmine
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Rocchino Baldi, festeggia con gli amici la sua partenza per gli Stati Uniti
I tre Nicola Conforti oggi
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Premio"Don Arsenio Caprio" assegnato a Nicola Conforti fu Americo
I quattro Nicola Conforti nel 1950
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Sisina Baldi e Francesca Mattia
Amministrazione Merola 1985
Cenzino Russomanno ed altri in una foto degli anni'70
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Ricordo di Vincenzo Malanga
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SELE MIO FIUME
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La natura che qui lussureggia e si scatena con fantasia, in fondo, si personifica, quasi a denunciare un antico scippa ma anche a sfidare e a resistere, malgrado tutto, contro questa mutilazione. Quel verde è lì a pietrificare la laicità religiosa e non violenta di una Madre Terra che protegge, prima della nascita il figlio fiume che non si nega agli uomini, buoni e meno buoni che siano. Egli sembra avere una certezza: Caposele vivrà a dispetto di tutto e di tutti, perché, inoltre, da una collina, vigila su di esso un Santo, nume taumaturgo, che anch’egli protegge madri gestanti e piccoli pargoli e soprattutto i poveri delle terre che chiedono giustizia e misericordia e non una fastidiosa compassione. La curiosità “storica” di Vincenzo Malanga si iscrive nello stesso alveo di amore per Caposele, nel senso che egli ha ricercato per tutta la vita e per come ha potuto, la riconferma di una “peculiarità” di questo paese nei secoli. In tal modo ha salvato “pezzi di storia locale”, tasselli di un mosaico ancora incompleto di cui altri, egli diceva, soprattutto i giovani avrebbero dovuto farsi carico … Ma è Cenzino Malanga, maestro elementare, di cui voglio parlare a conclusione di questa riflessione. In questi giorni di bufera e di attacchi ingenerosi contro la scuola italiana, che si sono spinti fino ad offendere la dignità dei docenti, io mi chiedo spesso che cosa avrebbe detto il maestro unico per eccellenza … Sicuramente non avrebbe compreso la deriva della Istruzione Pubblica causata da continui e sostanziali tagli di risorse finanziarie e si sarebbe arrabbiato per certi tentativi maldestri di definire riforme delle evidenti operazioni di puro contenimento della spesa pubblica. Né avrebbe mai abboccato alle polpette mediatiche di grembiulini e voti di condotta. La scuola, avrebbe detto, non è una caserma ma una palestra in cui si apprende la libertà … ed i voti in condotta andrebbero appioppati a genitori
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Vent’anni fa, il 28 settembre 1988, si spegneva Vincenzo Malanga. Caposele, che noi amiamo tanto, è un paese bello ma bizzarro: raramente apprezza i suoi figli migliori in vita, salvo, poi, a sentirne la mancanza quando non ci sono più. Il maestro Cenzino, come eravamo abituati in tanti a chiamarlo, non era semplicemente un maestro elementare, ma un uomo dal carattere forte che non amava i giochetti politici ed, allora era sempre pronto a sparigliare le carte, non essendo un cultore del “politically correct “ ad ogni costo. Raramente, poi rinunciava ai suoi punti di vista che sapeva che sapeva ancorare su solide argomentazioni, il che lo portava a scontrarsi con quanti si trinceravano dietro quell’antico vizio tutto italiano del “quieto vivere”. In politica era puntiglioso e severo come il suo maestro di vita che era Ugo La Malfa, convinto come lui che la democrazia non vive solo coi partiti di massa, ma anche con “piccole formazioni” politiche condannate a restare tali per lo scomodo compito di dire “pane al pane e vino al vino”. Era tutt’altro il Vincenzo Malanga “malato di Caposele” che cantava da genius loci il suo villaggio che, a suo dire, non aveva pari al mondo. Si, perché Cenzino va ricordato come il moderno poeta della terra che sta “ a capo della Valle Antica”… Caposele lo inebriava, lo caricava di emozioni, gli ispirava i sentimenti delicati ed irripetibili, infusi nella nitidezza di versi liberi e sciolti da preoccupazioni stilistiche “classiche”, dove pure la ricerca rigorosa delle parole non era casuale. Per dirla tecnicamente, nelle poesie che desiderano il verde ogni significante è l’anima del significato. Il Verde era il canovaccio delle composizioni di Cenzino, quasi a trasmetterci un messaggio di speranza contro i vortici di una modernità inevitabile che, malgrado le resistenze umane, deve avanzare. Egli sembra quasi dirci che, fino a quando questo verde riuscirà a prevalere con le sue tonalità pittoriche, la memoria di Caposele è salva.
e a docenti che non aiutano i bambini ad “uscire dal disagio”. Egli era ancorato, infatti, ad una concezione della scuola, dove senso di responsabilità dei genitori e rigorose professionalità dei docenti devono saper dialogare e negoziare un percorso formativo. Egli era, inoltre, solito dire che “un maestro unico o trino che fosse, era un vero maestro per i risultati raggiunti con i più svantaggiati e non con quelli meglio dotati. E la scuola non la facevano i soli libri, ma l’ambiente nel suo insieme, la curiosità di apprendere e la magistrale capacità di suscitare interesse … perché nei libri non c’è tutto, e se un libro o un insegnante non spiega il valore e l’utilità pratica di una nozione, quella nozione scivola via come l’acqua sull’olio … La sua era una strategia metodologica, come si vede, più che moderna, da servizio pubblico che non si sottrae né alla trasparenza, né alla misurazione dei risultati. Io lo sento ancora, quando cantava con i suoi alunni, quando recitava solennemente le sue e altrui poesie o leggeva brani e gli alunni lo emulavano. Lo vedo mentre li conduceva in palestra o si attardava a giocare a pallone nel cortile delle scuole Norvegesi e, di lì, poi, guidarli nelle escursioni di tutti gli angoli di Caposele. Non si stancava mai di rispondere alle torrenziali domande dei suoi allievi, convinto come era che la scuola erano loro e che bisognava innanzitutto ascoltarli se si voleva educarli all’idea che solo chi sa ascoltare i punti di vista degli altri è in grado di non avere paura di questo mondo.
Fiume, giada; voluminoso calmo come una notte serena! Poi … Ti nutri di attese; ti posi più calmo quasi crudele a tardare l’arrivo contro chi ti ha chiuso all’obbligato cammino e prorompe la tua forza di colosso raffrenata da bocche assetate lungo le vie di borghi lontani o di città accaldate … tante! E non basta … Gli uomini Ti fermano nelle gabbie di cemento di depositi grandi e ti bevono goccia a goccia come il rosolio di un tempo. Tu, mio fiume, continui la tua corsa di vita e non ti stanchi, mai.
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di Alfonso Merola
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MAESTRO “UNICO”
Poesia
Ritorno al mio paese
il piacere di pubblicare due sue poesie di cui
una in vernacolo romano e due dipinti che, per ragioni
tipografiche, riportiamo in bianco e nero. Al nostro concittadino residente a Roma, formuliamo i migliori auguri per la sua arte multiforme.
Er paese 'ndo so' nato
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Mentre il Sele scrosciando arriva al mare, mi disseta con gusto ogni fontana, ogni passo che faccio con gli amici, ricordo i tempi belli del passato.
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'N amico mio me da dimostrazzione, che vive a Roma so' privileggiato, ma ar paesello mio so' affezzionato, e ciò da tutti la benedizzione.
Da cinquant'anni che ti sto lontano, e quando ti rivedo son contento, ma vedo poi che tutto s'è fermato, e non si è messo al passo con i tempi.
Forze perchè so' stato sempre onesto, me dicheno che so' sempre listesso quanno parto è: arivederci a presto !
Mi piacerebbe dire a chi comanda, in special modo ai nuovi dirigenti, di avere idee, e la lungimiranza, e dare a tutti un filo di speranza.
Der mio paese nun me so' scordato, puro si nun me metto a fa un processo, me piacerebbe che fusse cambiato!
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Nel campo assolato dì grano maturo, Acqua ti chiesi: Non mi sentisti ! Nel vento gelato di un monte di ghiaccio, Calore ti chiesi : Non mi ascoltasti ! Nel grigio deserto della solitudine, Una parola ti chiesi : Non mi parlasti ! Nel cielo romantico di luna calante, Un bacio ti chiesi : Me lo negasti ! Niente mi hai dato e dici d'amarmi
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di lumicino ti tengo a me vicina. Alla festa in verità, la nostra "Vera" resterà un legame per l'eternità. Vanto negli anta chiamarti Amore Dopo cent'anni
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Gerardo Porreca
LEGAME Tutto và amore questo è realtà. Un fiore o Signore innaffia l'amore Mio caro pulcino per San Valentino a luce gioca
Caro Direttore, in un momento di malinconia sono venuti alla penna dei pensieri. Vorresti pubblicarli per me su “La Sorgente”? Una lettrice
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Domenico Patrone
Dalla terrazza vedo Caposele, incastonato dentro una cornice, attorniato dal bosco sempre verde, che ossigena i polmoni d'aria pura. Dal Paflagone, rivoli, sorgenti vanno via via ingrossando il nostro fiume e l'Aquedotto che silente porta insieme all'acqua; vita in quel di Puglia.
'Gni vorta che ritorno 'ndo so' nato, prima che arivo sento 'n'emozzione, rivedo co' piacere le perzone, e sento d'esse 'n omo affortunato.
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Mario Sista , personaggio eclettico, ex stilista, occupa attualmente di pittura, di teatro e di poesia.
Come una rocca domina la valle, al suon del campanile la risveglia, e San Gerardo guida il pellegrino, che torna a casa gonfio di speranza.
Serata d'estate Calda dì mille dolcezze. Non conto le stelle, Non guardo la luna. La notte che viene Mi porta il profumo di te. Ti sento dolce e tranquilla, Piena di languidi amplessi. Scorro il tuo corpo adorato Con lieve carezza di gioia. Così mi addormento in questa Serata destate Calda di mille dolcezze.
I MIEI OCCHI COME I TUOI OCCHI
CRESCERE
MILIONI DI ANNI LUCE
Questo, quello non si sa tuttoè novità. Tutta elettrizzante!! Vuoi un paragone?... ...il "grillo sparlante". Questo,quello non fa novità per te organo quotato d'avidità. La tua mente tesa è ancora una pretesa. Adesso,come d'intesa ti abissi fiduciosa a screditar la si vasta distesa.
Noi forse invecchiamo, ma il tuo respiro è forte richiamo. Tenerti per mano senza dire ti amo, non ti crucciare è il serbo del domani. Passano gli anni, quaranta sono i passanti, noi siamo fusi da oltre vent'anni. Come l'ape sul fiore io ti chiamo "AMORE"
Ho sfiorato Passando Uno specchio E ho rivisto nei miei occhi I tuoi occhi. Avevamo gli stessi anni E lo stesso peso nel cuore. Ho capito allora La tua pena La mia pena Ma questo non mi ha consolato. Ora potevamo parlarci pari Ora non c’erano più anni tra noi Ora è tardi, MADRE: Gloria
sono disponibili
3 DVD
- un cofanetto con straordinari, in edizione limitata, dedicati a Caposele e alla sua storia ed inoltre
- i volumi 3°e 4° de La sorgente
in offerta speciale
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Sport
LA CRISI E CONOMICA …. ....QUALE FUTURO !
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ari Concittadini, Queste prossime, saranno le nostre prime festività da amministratori di Caposele. I giorni che ci avvicinano al Natale e all'Anno Nuovo sollecitano comunque doverosi bilanci, nel tentativo di ripercorrere idealmente la memoria dei giorni passati, a volte lieti a volte densi di difficoltà, ma sempre fervidi ed operosi. Il prossimo anno ci auguriamo possa essere il proseguo positivo di questa nostra pur giovane esperienza amministrativa. Tanti i progetti che diventeranno operativi di cui vogliamo rendervi partecipi che saranno possibili in considerazione del lavoro paziente e continuo volto anche alla ricerca di contributi e finanziamenti che permetteranno di intervenire concretamente senza incidere
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Ma tutti questi paroloni e tutte queste manovre che dovrebbero avere impatti per migliaia di miliardi di euro cosa sono esattamente? L’obiettivo principale dell’intervento pubblico è la ricapitalizzazione delle banche per ripristinare la fiducia nei mercati e assicurare finanziamenti adeguati al sistema produttivo e alle famiglie. Gli organismi di vigilanza economica cercano, invece, di ridurre il rischio di insolvenza delle banche stesse, bloccando la vendita allo scoperto che, semplificando, consiste in una sorta di scommessa perché si specula sull’andamento di un titolo o un bene senza possederli. Allo stesso tempo però tali organismi cercano di limitare l’eccessiva variabilità del mercato e le grosse perdite di capitalizzazione in borsa, mediante l’azione sui tassi di interesse, che sono una delle variabili principali dell’andamento dei prezzi di mercato.Ecco, siamo ritornati al punto di prima. Poniamo attenzione e tutela ai capitalisti e ai grandi possidenti, che di certo la crisi la sentono meno degli altri, e non facciamo nulla per aumentare il potere d’acquisto dei cittadini con redditi bassi. Tra l’altro tutta questa manovra non sarà indolore, ma comporterà ulteriori oneri a carico dello stato che si indebiterà per far rifiatare le banche, e gli interessi sul maggior debito significano maggiori tasse per gli italiani. Infine, ci sono i miliardi di euro di indebitamento che ci siamo tenuti sul groppone per la parte di Alitalia rimasta nel patrimonio dello Stato italiano (Bad Company), e per la quale pagheremo ulteriori interessi. Speriamo solo che a livello locale si possa minimizzare il più possibile questa drastica situazione.
comunitaria di Caposele e, al di là di semplici parole di circostanza, permettono al nostro paese di garantire sempre maggiori spazi di crescita ad ogni suo abitante e rendono sempre più piacevole lo stare insieme. Cercheremo, come sempre, di realizzare un grande lavoro di supporto verso le iniziative sociali e culturali delle associazioni locali nell’organizzazione delle numerose feste ed iniziative di promozione culturale e valorizzazione del territorio che durante l’anno caratterizzano ed animano il nostro paese
rendendolo più vivo e attraente. In conclusione vorremmo rimarcare il fatto che il notevole programma da realizzare in prospettiva sarà il frutto di un serio lavoro che svolgeremo in sinergia tra amministratori, dipendenti, associazioni locali, volontariato e scuola, un lavoro che si ripercuoterà positivamente sulla Comunità Caposelese. A nome del sindaco,del Consiglio Comunale e della Giunta un augurio di cuore a tutti i cittadini di Caposele, in particolare a chi è malato, solo, in cerca di un lavoro. Un saluto ed un augurio speciale infine ai nostri concittadini residenti all'estero, sperando che il contatto con Caposele attraverso la lettura de “la Sorgente” e il nostro sito internet, attenui i disagi della loro lontananza. Buon Natale, Buon Anno e tanti auguri di pace, serenità e civile convivenza per tutti.
sulle nostre limitate finanze comunali. Soddisfazione sarà anche, e soprattutto per noi, mantenere gli impegni presi con i cittadini, qualificare e migliorare i servizi alla persona e all’ambiente, portando avanti il tutto con correttezza e trasparenza nella consapevolezza che il compito assegnatoci è quello di operare per il bene di tutti i caposelesi. Vogliamo, ringraziare tutte le iniziative che le associazioni, i volontari, le comunità religiose, gli operatori economici, la scuola, hanno organizzato e realizzato. Iniziative che hanno accresciuto la dimensione
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le manovre adottate sono, a mio avviso, poco efficaci e hanno come unico obiettivo, quello di “buttare polvere negli occhi”. Sia chiaro, stiamo parlando di grandi manovre di indubbio interesse, ma che, riguardando principalmente l’area finanziaria, possono avere un effetto boomerang se non si effettuano interventi paralleli sull’economia reale, di cui, però non si sente parlare. Intanto, è bene precisare che il campanellino d’allarme non può suonare solo con il fallimento di una delle principali banche d’investimento al mondo (Lehman Brothers). Ciò vuol dire che gli organismi politici e monetari, oltre a quelli di vigilanza, non sono stati in grado di prevedere tutto ciò. Ancora una volta, dopo lo scandalo Parmalat? E qui nasce il dubbio e la perplessità di un cittadino qualunque. E’ verosimile pensare che non si è fatto nulla per evitarlo, pur sapendo? La mia interpretazione è facilmente intuibile: purtroppo gli interessi delle lobbies di potere e la paura di fare scelte impopolari o comunque senza ritorno di immagine o di successo per i governi hanno prevalso sul buon senso e sulla necessità di capire per tempo che “si stava tirando troppo la corda”. Ora si sente parlare di interventi drastici dei governi e degli organismi di vigilanza economica: i primi sono volti a garantire i patrimoni svalutati delle banche e a stabilizzare il mercato creditizio, mediante la sottoscrizione di obbligazioni subordinate o bond convertibilii degli istituti di credito in difficoltà (si mormora persino circa l’istituzione di un fondo europeo a garanzia dei depositi dei risparmiatori nelle banche); i secondi agiscono sui tassi d’interesse (banche centrali) o vietando le vendite speculative allo scoperto (Consob).
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L’ultimo elemento che, a mio avviso in modo completamente scellerato, ha messo ancor più in ginocchio i piccoli comuni come il nostro, è l’abolizione dell’ICI. Ovviamente il cittadino quando sente parlare di abolizione di imposte urla al miracolo, ma troppo spesso si è di fronte ad una semplice manipolazione della realtà, perché non è con l’abolizione dell’unico vero gettito proprio di un comune che si può risolvere il problema delle famiglie. Questo intervento, infatti, non è altro che un ulteriore intervento a danno del benessere del nostro paese, già messo a dura prova dalla situazione attuale. La classe media-borghese, su cui l’Italia ha fondato la crescita e lo sviluppo negli anni passati, sta scomparendo e quella povera è in costante espansione, perché è sempre più facile continuare a tassare il lavoro dipendente e autonomo (siamo lo stato che ha una delle tassazioni maggiori a livello mondiale), rispetto al capitale dei grandi possidenti. Forse perché è meglio togliere un po’ a tutti, magari in eguale misura che, togliere proporzionalmente al reddito. Quindi ci troviamo ad avere degli scaglioni di imposta che favoriscono principalmente i redditi altissimi, a discapito dei normali dipendenti, i quali vedono nel cedolino un lordo di circa 2.000 € e un netto in busta di 1.200 € (-40%). I nostri Governi (ma negli altri stati non sono messi molto meglio) continuano, quindi una politica troppo discriminante di tassazione e non raggiungono mai gli obiettivi che si pongono o, forse, li raggiungono troppo spesso, perché i reali obiettivi non sono quelli pubblicizzati. Anche in questo difficilissimo momento, che durerà per un bel po’ (e questo non vuol dire essere pessimista, ma realista),
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’ da qualche tempo ormai che si parla di Crisi. E’ facile e frequente il confronto con il periodo buio degli anni 1929 e 30, che hanno colpito un po’ tutto il mondo, con l’America e Wall Street in testa. Ora il termine RECESSIONE è divenuto inflazionato. Ma qual è il problema vero? Tanti conoscitori di economia e finanza (alcuni anche autorevoli), sostengo la tesi, da me condivisa, che il problema non sta nella caduta dei listini di borsa, nelle grosse difficoltà degli istituti di credito o nella mancanza di liquidità nel mercato interbancario e di conseguenza nelle difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese. Le sopra citate anomalie dell’attuale sistema economico sono solo la conseguenza e l’effetto tangibile del problema, non la causa, che invece va ricercata nelle carenze dell’economia reale: la caduta dei consumi, gli scarsi profitti delle imprese, l’eccessivo indebitamento dei privati (l’esplosione dell’utilizzo delle carte di credito ne è un piccolo esempio e, specie negli USA, ci si indebita anche per un caffè) ma, soprattutto, la drastica perdita di potere d’acquisto dei consumatori. Anche a Caposele sono stati forti gli impatti e sempre maggiori sono le famiglie che non riescono a raggiungere la fine del mese. Purtroppo queste difficoltà nel nostro piccolo centro sono arrivate diversi anni prima rispetto ai centri più ricchi, specie settentrionali, viste le limitate occasioni di business che ci sono. Eppure, la presenza di una florida agricoltura e del centro di interesse economico di Materdomini, ha in parte attenuato la drasticità del momento rispetto ai contesti locali limitrofi, in cui la soglia di povertà è divenuta una regola di vita per molti.
di Giuseppe Malanga
REDATTORI
DETTI
Rissu lu Signoru sore sore rittu rittu Roppu s’azz’zzau e si sti cittu Ohi, Patraternu, bbellu e b’n’rittu Tu viri tutti stuorti e mancu nu r’rittu
Ci vogliu iè ra omm’nu e no rà Ddiu E p’ tuttu lu riestu è sulu p’nzieru miu. Rammi na mamma, rammi puru n’attanu E fammi cresci cu loru chianu chianu
Sbummà lu Patraternu tomu tomu: « Laviti la vocca ccu quiru nomu ! » Piezzu r’ fauzonu e r’ risgraziatu, v’lu mannai e vui m’ l’aviti macillatu.
Rammi tiempu r’addunà r’ pecure spatriate E t’add’rizzu chi è a la smersa e sturt’cate “Figliu, li ricietti” iu t’accuntentu Ma so sicuru ca vai a pr’rr’cà a lu vientu
Vui nun gi l’aviti fatta bbona mancu a Christu, E quann l’ànnu accisu, nisciunu s’è bbistu Quannu pr’rr’cava, r’parole soie e’r’ne melu E quannu muria r’ seta, n’già viti ratu acitu e felu
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Pan’ e acqua n’grassa r’ pacc’
***** Pigliatella bella e corchiti n’derra *****
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Quannu nu’ndieni ch’ ghiucà, iòca a copp’ *****
P’ ggulìu r’ lardu vasa n’gulu a lu puorcu
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Li bbuoni pr’ cuozi nun ponne mai abbastà Si quiri ddà mpieri, nun gi mett’ne vuluntà “Vai figliu miu e fa tuttu a tuu piacimientu Fa loru puru miraculi a duzzine e a Cch’facci r’ cuornu li figli c’aggiu criatu, cientu Lu gigliu cchiù bbellu m’ l’annu Ma quannu mi spacienziu e ti sona l’ora sp’tazzatu! Tu tuorni qua, puru si vuò rumanè Iu n’gi ru dicìa a lu figliu miu r’oru: angora” Statti qua e lass’re coci indu a quiru Figliu, li cunti anna f’là cumma l’uogliu broru E iu pp’tte aggià cumbina nu M’ n’annu cumbinatu cientu e na sporta ngravuogliu Lass’re perde, a te cch’ t’ n’ mporta? T’aggia truvà p’mamma na virginella, Ma li cunzigli ca nun sò pagati Aggià spusà a nu viecchiu quera stella Sò semp’ cunzigli mai rati. Sinò, chi re sente a tutti quiri r’moni Ricine ca Maria ha fattu rui matrimoni. Puru ‘mParavisu li figli sò capatosta E pp’ ffa bbene, accussì si feci arrosta. “Patru miu”, iddu scunzulatu subb’tu mi A quera ggenta li piaci n’zuppà ru panu E vere zuoppu puru chi è r’rittu e sanu. risse” Ma nu cuntu t’aggia rici e mi esse ra lu Tu m’è mparatu a t’nè semp’ nu chiuvu coru: fissu. Tu a quera santa femm’na li rai ru loru; L’aita s’adda rà semp a tutti quanti Na mamma ca tarmenta lu figliu n’groci Senza barà si sò cifri o si sò santi. Ti faci lu coru ra qua r’ r’mirà dà mbieri la fai murè cu tuttè, r’ lacrime e senza Quiri si scann’ne tra r’ loru, nu ru vviri? voci. Cch’è succiessu roppu, ru ssai a memoria … Iu nun creru ca roppu ch’à re criati Caru Pascalu nu figliu accisu funutu R’ putimu lassà suli tutti stì risgraziati. n’gloria Ru sacciu cà Musè nun già cria pututu E ca mancu l’ati prufeti so stati sentuti E mò ca qua m’ponta figliumu è turnatu Ra sulu s’ la v’resse chi nderra è r’statu! Tu vai ricenn’ ca iu tengu nu coru r’ preta P’ capisci r’ leggi scritte, tantu tiempu N’gi pierdi salu e uogliu accù la genta n’gi vole, r’creta. Mo n’g lacantu a voci la capisciola. Mannìmi nderra, iu ngi vogliu ricità Nun creru probbiu ca mi vol’ne caccià.
Annanzi ca’ ru grassu si cunzuma, la carn’ mor’
La nicissità romp’ la leggi
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di A.Merola
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Ci fatica a la festa niendi li resta
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Gesu’ Christu
T E CETTINA CASALE
di Cettina Casale
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R’rimu e pazziamu , ma la tabbacchera nu ‘nduccamu *****
Lu culu mal’ z’zzatu nun piglia mai arriciettu *****
La cammisa r’ lu curtu nun vai bbona a nisciunu ***** Li soldi r’ lu ‘nfinfirindì s’ n’ vann’ cu lu ‘nfinfirinfà ***** Na noci in ‘nda nu saccu nu n’faci rumoru ***** Ogni lev’na ten’ lu fumu suiu ***** Quannu la cimm’nera mia nu ‘nfunziona, fà ca quera r’ lati s’ n’ car’
La fam’ mi travaglia mo mi pigliu sà tuvaglia tu mi guardi cu st’uocchi fissi mo mi pigliu stu crucifissu *****
La prigissiona addo tras’ ess’ *****
A la puttana ralli luocu a lu mariuolu ralli fuoco *****
Lu riavulu sap’ assai cos’ p’cchè è viecchiu *****
Li p'ccati so quiri ca ess’n’ no quiri ca tras’n’ *****
A lu prèutu si po’ dici la bucìa a lu mièrucu no *****
Chi vol’ carn’ senz’uosso s’accatta pulmon’ *****
Chi ten’ li linn’li ten’ puru li prucchi
***** Cannaruta sì puttana muori
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***** Chi ten’ r’ crap’ ten’ puru r’ corn’
***** N’gi vol’ pacienza a mangià carcioff’l’
***** Chistu va’ p’ chillu riss’ ron Camillu
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sostenibile di tale risorsa ai fini della preservazione per le future generazioni. La Direttiva ha segnato un passo importante nella evoluzione della normativa nel senso di allargare la tutela all’intero sistema acquatico e all’ecosistema fluviale.; ed è stata recepita nel sistema giuridico italiano dal d.lgs. 152/06 (anche se gli addetti della materia riconoscono molte lacune nella nostra legislazione). In particolare l’art 144 dispone la tutela e l’uso della risorsa idrica in maniera sostenibile cioè utilizzando in modo razionale tale risorsa pensando alla vita, all’interesse delle future generazioni, favorendo il rinnovo della risorsa non pregiudicando il patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, della flora, della fauna, degli equilibri idrologici; ed il successivo art. 145 in maniera chiara ed esplicita stabilisce che le captazioni “sono regolate in modo da garantire il livello del deflusso necessario alla vita negli alvei sottesi e tale da non danneggiare gli equilibri degli ecosistemi interessati”. MA LE LEGGI SONO FATTE PER NON ESSERE RISPETTATE! Infatti guardando alle Autorità di bacino (ma possiamo dirlo anche per altri enti), istituite con la legge sulla difesa del suolo n.183/89, queste sono gli unici enti in grado di pianificare ed orientare correttamente le azioni di difesa del suolo e la gestione della risorsa idrica a scala di bacino idrografico e soprattutto di affrontare secondo i principi di prevenzione e precauzione le continue emergenze idriche. Purtroppo i nostri politici non sembrano essere sensibili ad una seria pianificazione e tutela dei nostri ecosistemi acquatici visto lo stato di abbandono a cui sono state lasciate le Autorità di bacino, (come documenta il dossier "2007. Senza autorità di bacino fiumi più a rischio" presentato dal WWF): mancano, infatti, i fondi per redigere studi, realizzare piani, indagini per verificare l’efficacia degli interventi di difesa del territorio, ma, in alcuni casi, mancano addirittura i fondi per pagare l’affitto delle stesse sedi (è successo nel 2007 all’autorità di bacino del Tevere!) Di fronte a questi dati e notizie che ci pervengono dal mondo, noi abitanti di Caposele ed in genere tutti gli abitanti dei paesi del parco non possiamo che ritenerci fortunati. Il fatto è che non sempre i cittadini
si rendono conto di questa grande ricchezza (e cercano di tutelarla): ecco l’importanza del Parco ed il ruolo strategico che le aree interne possono avere per il futuro. Ma, soprattutto, sono le istituzioni, i politici i principali assenti cioè coloro che devono garantire la razionale gestione e tutela della risorsa idrica. L’acqua del Parco che disseta Napoli, Salerno, la costiera amalfitana, la regione Puglia rischia di esaurirsi o rimanere inutilizzata se non si provvede a tutelarla dall’ inquinamento e dall’eccessivo prelievo. Si pensi alla Piana del Dragone, allo smodato pascolo, al pascolo abusivo che può generare inquinamento alla falda acquifera (come amministrazione ci stiamo impegnando a sradicare questo fenomeno, e si deve ringraziare la P.M. attraverso la quale si sono fatti diversi interventi con discreti risultati che dovranno diventare ottimi nel futuro. Così come si devono ringraziare gli amici del WWF “L. Grasso” di Caposele che si prodigano a tutelare il nostro paese organizzando le giornate ecologiche per ripulire zone che persone insensate sporcano). E si pensi, ancora ai nostri fiumi che, soprattutto d’estate, diventano delle vere e proprie cloache; tutto questo in dispregio alla normativa vigente! Non so se a questo punto sarebbe opportuno far ricorso alla magistratura, come hanno ben fatto il Parco e l’Ato, per chiedere il rispetto delle leggi per dare acqua ai nostri fiumi e, soprattutto per vedere riconosciuti i diritti dei cittadini delle aree montane, diritti che oggi potrebbero ancor di più essere calpestati magari attraverso un decreto legge che ci privi della possibilità di godere a pieno dei nostri paesi, del paesaggio, del verde, dell’acqua; insomma del diritto a vivere in un ambiente salubre.
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"Se, nei prossimi dieci o quindici anni, non verrà concertata nessuna azione volta a garantire la fornitura dell’acqua in un quadro mondiale efficace di regolamentazione politica, economica, giuridica e socioculturale, il suo dominio provocherà innumerevoli conflitti territoriali e condurrà a rovinose battaglie economiche, industriali e commerciali" Lo dichiara Riccardo Putrella ex presidente dell’AQP, consigliere alla Commissione Europea ed è ciò che già si sta verificando in diverse parti del mondo. L’acqua è destinata a rivestire un’importanza sempre più rilevante nei rapporti tra gli Stati, con il rischio di dare origine a violenti conflitti. Basta dare uno sguardo ad alcune aree del mondo per capire le forti tensioni che si stanno creando intorno all’acqua generando instabilità economica e politica. Quasi il 40% della popolazione mondiale dipende da sistemi fluviali comuni a due o più paesi. L'India e il Bangladesh disputano sul Gange, il Messico e gli Stati Uniti sul Colorado, la Cecoslovacchia e l'Ungheria sul Danubio. Una zona calda emergente è l'Asia centrale, dove 5 ex repubbliche sovietiche, da poco indipendenti, si dividono due fiumi già troppo sfruttati, (l'Amu Darja e il Sjr Darja.) E' soprattutto nel Medio Oriente tuttavia che le dispute sull'acqua stanno modellando gli scenari politici e i futuri economici. Primo fra tutti c’è l’esempio della Turchia, vero e proprio bacino idrico del Medio Oriente, con risorse idriche pro capite superiori a quelle italiane, che però combatte da anni con Siria ed Iraq per il controllo del Tigri e dell’Eufrate. Quello turco è un classico esempio di “idropolitica”, ovvero di politica fatta con l’acqua: strumento strategico per assicurarsi il potere e la supremazia economica in una determinata regione. L'Egitto è un esempio dei dilemmi e delle incertezze che devono affrontare i paesi con una rapida crescita demografica e fonti di approvvigionamento idrico molto limitate sul proprio territorio nazionale. 56 milioni di persone in Egitto dipendono quasi interamente dalle acque del Nilo, ma le origini del fiume non si trovano all'interno dei confini del paese ed altre nazioni traggono da esso benefici (Tanzania, Sudan, Etiopia). Viene da chiedersi come mai in Cina, sul cui territorio si concentra molta della risorsa idrica mondiale, ci si trovi ad affrontare una grave penuria di acqua potabile e irrigua: mettendo al primo posto la crescita industriale, il governo di Pechino non si è preoccupato di tutelare le risorse ambientali, con il risultato che un terzo dei corsi d’acqua è ormai inquinato, mentre nelle città il 50% dell’acqua non è potabile. Anche se la superficie terrestre è coperta per il 71% di acqua, questa è costituita per il 97,5% da acqua salata. L’acqua dolce è per il 68,9% contenuta in ghiacciai e nevi perenni, per il 29,9% nel sottosuolo e solo lo 0,3% è localizzata in fiumi e laghi, e quindi
potenzialmente disponibile. Tale quantità corrisponde allo 0,008% dell’acqua totale del pianeta. Si tratta di un quantitativo irrisorio distribuito in modo ineguale sulla superficie terrestre. La maggior parte di essa, infatti, è concentrata in alcuni bacini in Siberia, nella regione dei grandi laghi in Nord America, nei laghi Tanganika, Vittoria e Malawi in Africa, mentre il 27% è costituita dai cinque più grandi sistemi fluviali: il Rio delle Amazzoni, il Gange con il Bramaputra, il Congo, lo Yangtze e l’Orinoco. Nel mondo, un miliardo e 400 milioni di persone non hanno accesso all’acqua potabile. Il rischio è tanto grande che nell’anno 2025, quando la popolazione supererà gli 8 miliardi di esseri umani, il numero delle persone senza accesso all’acqua potabile sarà aumentata a più di 3 miliardi. L’Italia è prima in Europa per il consumo d’acqua e terza nel mondo con 1.200 metri cubi di consumi l’anno pro capite. Più di noi consumano soltanto gli Stati Uniti e il Canada. Rispetto i parametri europei non possiamo perciò che passare per spreconi: gli italiani consumano quasi 8 volte l’acqua usata in Gran Bretagna, dieci volte quella usata dai danesi e tre volte quella che consumano in Irlanda o in Svezia. Per quanto riguarda la gestione dell’acqua, c’è da fare i conti con un crescente fenomeno di privatizzazione; quest’ultima fa gonfiare i prezzi dell’acqua in maniera smisurata; senza andare troppo lontani basta vedere l’esempio di Aprilia (LT): Acqualatina che gestisce l’acqua ha deciso nel 2005 di aumentare le bollette del 300%. Con l’art. 23 bis del decreto legge 133/08 si stabilisce che le reti idriche, pur rimanendo pubbliche, possono essere gestite da società private. Legge contraddittoria in quanto se da un lato si stabilisce la natura pubblica del bene, dall’altro si spalancano le porte ai privati. Il capitale privato è consapevole del fatto che i servizi per l’acqua sono diventati un settore di attività molto redditizio. Così, le grandi multinazionali dell’acqua, ( tra le più note Danone e Nestlé) spingono perché si sviluppi tale mercato e grazie alla loro potenza finanziaria esse sperano di assicurarsene il controllo. Qualche esempio. La Danone ha acquisito la gestione di tre sorgenti: una in Indonesia, una in Cina e l’altra negli Stati Uniti. La Nestlé ha iniziato a commercializzare in Pakistan la sua prima acqua "purificata", acqua di rubinetto trattata con l’aggiunta di minerali. È giunta pure la notizia che la Nestlè sta cercando di ottenere il completo controllo dell’AQP. L’acqua, come l’aria, appartiene a tutti è un bene primario necessario alla vita dell’uomo e all’ambiente. L’U.E. ha capito da tempo, con la Direttiva quadro delle Acque 2000/60 CE, l’importanza che l’acqua avrà nel futuro e si è preoccupata di tutelarne la qualità in modo da non presentare rischi per la salute e per l’ambiente e soprattutto di garantirne il ciclo attuando il principio dell’uso
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di Angelo Ceres
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L'acqua:PROSSIMA EMERGENZA?
Politica
L'acqua PUBBLICA o PRIVATA ?
per chilometri di rete idrica e fognaria ci sono pochi utenti) si avrebbero bassi ricavi, a meno che non si aumenti ancora la tariffa del servizio idrico integrato, già tra le più alte in Italia. Poi, prima dell’entrata in vigore dell’art. 23 bis, in un’ottica di gestore unico PUBBLICO del servizio idrico integrato dell’ATO 1, il Comune di Caposele avrebbe potuto pretendere un rapporto preferenziale, in deroga alla legge. Questo per la peculiarità di Caposele, quale paese che, per la presenza sul territorio di captazioni di copiose sorgenti, paga lo scotto della presenza sul territorio comunale di numerose frane, di vincoli idrogeologici, di vincoli per le aree di salvaguardia a tutela assoluta e di rispetto, di protezione, ecc., delle importanti mancate opportunità e chance per il non utilizzo delle sorgenti da parte dei cittadini di Caposele. Tali pretese non potranno essere sollevate certamente ad un gestore unico privato, che vedrà Caposele come una gallina dalle uova d’oro e le sue risorse idriche qualcosa su cui mettere rapidamente e proficuamente le mani. Come concludere questo intervento: è necessario che la politica sia più vicina ai problemi reali dei cittadini … prima che, inizino ad arrivarci le bollette anche sull’aria che respiriamo!!!
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per una buona gestione del servizio. Questa possibilità, con la nuova norma, viene tolta, imponendo l’affidamento ad una società privata, salvo situazioni contingenti molto particolari. Per onor di cronaca, già oggi, in diverse parti di Italia i gestori unici del servizio idrico integrato sono società private, senza però che si siano visti grandi risultati di buona gestione. Infatti, per esempio, a Firenze, dove appunto il SII è gestito da una società privata, l’anno scorso il Comune ha realizzato, per conto del gestore, una campagna di sensibilizzazione per il risparmio idrico. Ottima iniziativa verrebbe da pensare!!... ma non per le tasche dei cittadini di Firenze che, a causa della diminuzione dei consumi idrici, si sono visti aumentare le bollette in quanto il guadagno del gestore privato era diminuito. Analizziamo ora la situazione del Comune di Caposele. È necessario premettere, come in molti forse già sanno, che il territorio di Caposele fa parte del Ambito Territoriale Ottimale Calore Irpino, per intenderci ATO1, e che in questo ATO non è ancora stato individuato il gestore unico. In questa fase di individuazione, si prospettava, come poco consigliato, l’affidamento ad un privato perché essendo bassa la densità abitativa (cioè
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di Raffaella Gonnella
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NAMENTO DEGLI ENTI LOCALI, che al comma 5 dell’art. 113 (articolo ora abrogato nelle parti incompatibili con l'articolo 23-bis della legge n. 133 del 2008 in forza del comma 11 di quest'ultima norma) dice: L'erogazione del servizio avviene secondo le discipline di settore e nel rispetto della normativa dell'Unione europea, con conferimento della titolarità del servizio: a) a società di capitali individuate attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica; b) a società a capitale misto pubblico privato nelle quali il socio privato venga scelto attraverso l'espletamento di gare con procedure ad evidenza pubblica che abbiano dato garanzia di rispetto delle norme interne e comunitarie in materia di concorrenza secondo le linee di indirizzo emanate dalle autorità competenti attraverso provvedimenti o circolari specifiche; c) a società a capitale interamente pubblico a condizione che l'ente o gli enti pubblici titolari del capitale sociale esercitino sulla società un controllo analogo a quello esercitato sui propri servizi e che la società realizzi la parte più importante della propria attività con l'ente o gli enti pubblici che la controllano. Dunque prima, l’affidamento della gestione del servizio idrico poteva avvenire attraverso 3 forme: a società totalmente pubbliche, miste pubbliche e private, o a società completamente private. Pertanto, era possibile scegliere, in base alle esigenze del territorio, la forma migliore
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ta facendo scalpore in questi giorni la norma entrata in vigore quest’estate, unica in Europa, definita dai giornali NORMA BOMBA, approvata dagli organi di governo all’unanimità, cioè con il “si” anche dell’opposizione, ma soprattutto, senza che nessuno se ne accorgesse; infatti, è stata pubblicizzata dai giornali soltanto in questi giorni, cioè mesi dopo l’approvazione … Mi riferisco all’articolo 23bis della legge 133 del 6 agosto 2008 – legge Tremonti, per intenderci la legge con la quale il governo Berlusconi privatizza mezza Italia. Il comma 2 dell’articolo 23 bis di questa legge recita testualmente: ll conferimento della gestione dei servizi pubblici locali avviene, in via ordinaria, a favore di imprenditori o di società in qualunque forma costituite individuati mediante procedure competitive ad evidenza pubblica, nel rispetto dei princìpi del Trattato che istituisce la Comunità europea e dei princìpi generali relativi ai contratti pubblici e, in particolare, dei princìpi di economicità, efficacia, imparzialità, trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità. Cioè, il comma dice che la gestione dei servizi pubblici locali e, tra questi, la gestione del servizio idrico integrato (ovvero l’insieme dei servizi di captazione delle acque, di gestione delle reti idriche e fognarie e la depurazione delle acque reflue), deve avvenire a favore di società private a cui deve essere affidato il servizio a mezzo gara ad evidenza pubblica. Le conseguenze di questa norma secondo me sono gravi, anzi gravissime, in quanto, in uno scenario dove ormai l’acqua è un bene che incomincia a scarseggiare in maniera evidente, il Governo, all’unanimità, ha imposto che l’acqua diventi un bene di mercato e non più un bene comune. Il tutto viene ulteriormente enfatizzato se si legge il comma 5 dello stesso articolo: Ferma restando la proprietà pubblica delle reti, la loro gestione può essere affidata a soggetti privati. Significa, in pratica, che gli incassi delle bollette vanno ad una società privata e le reti idriche restano in mano pubblica, con il costo del rifacimento ovviamente a carico dei contribuenti. A questo punto, mi sembra doveroso spiegare come l’affidamento della gestione del servizio idrico integrato fosse normato prima dell’entrata in vigore di detto articolo. Il riferimento normativo era il decreto Legislativo 267 del 2000, il TESTO UNICO DELLE LEGGI SULL’ORDI-
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Attualità
SORGENTI DEL SELE
di Gerardo Monteverde
UNA PROPOSTA DI LEGGE REGIONALE D’INIZIATIVA POPOLARE
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comporta una maggiore consapevolezza dei cittadini ad un uso più proprio dell’acqua potabile in quanto essa ha bisogno di continue opere di salvaguardia e che la presa di essa limita e danneggia anche lo sviluppo dei Comuni dove avviene il prelievo. Visto l’ indifferenza della Regione Campania che avevamo pensato di smuovere alleandoci con gli altri Enti cointeressati per la stesura dell’accordo di programma precedentemente citato, oggi dobbiamo solo sperare nelle nostre forze e nella spinta rivendicativa della Regione Molise nei riguardi della Regione Campania per il trasferimento delle proprie acque. Da questo quadro un po’ disperato , che rispecchia senza esagerazione la triste realtà di oggi, nasce l’idea della presentazione di una Legge Regionale d’iniziativa popolare prevista dal vigente Statuto Regionale, al fine di costringere il Consiglio Regionale, a dibattere e a legiferare su questi temi. Qui di seguito viene riportata la bozza di Legge Regionale che nei prossimi giorni sarà portata anche all’attenzione del Consiglio Comunale e dei cittadini di Caposele nonchè di quelli di tutto il bacino idrogeologico a cui sarà chiesto di sottoscrivere la richiesta per poterla presentare alla Regione Campania. Caposelesi , senza perdere altro tempo utile, recuperiamo lo spirito di comunità su questo tema così importante per tutti noi e non lasciamoci fermare con problematiche di ordine generale della materia, come quelle trattate in recenti convegni qui a Caposele, anche esse altrettanto importanti; ricordiamoci che noi siamo anche , se non soprattutto, i portatori degli interessi di Caposele. Tale speranza possa trovare forza attuativa nei prossimi mesi e porre riparo ad una situazione che già nel prossimo decennio potrà far risentire più che mai i suoi effetti.
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prelievo dell’acqua ed essere utilizzato con le stesse finalità che in passato. Anche se con denominazione diversa lo stesso ristoro della risorsa e/o delle mancate opportunità a favore dei Comuni dove avveniva il prelievo dell’acqua veniva riconosciuto dall’ autorità centrale o come una tantum o con importi irrisori. Ho scritto in più occasioni sulle motivazioni di tale ristoro per cui qui voglio solo soffermarmi facendo un po’ di conti per inquadrare , chiarire e dare elementi di giudizio al lettore e a chi si scandalizza per tale richiesta. In altri accordi di programma già sottoscritti l’aliquota richiesta per il ristoro ambientale e per le mancate opportunità è stata fissata in Euro 0.02/ mc ,anche se la Regione Campania ha fissato , a carico del concessionario , valori molto più alti Euro 0.05/mc per l’imbottigliamento delle acque di sorgente in vetro e di Euro 0.20/mc per quella non imbottigliata in vetro (art.58 Legge Regionale 5 bis del 14/02/2008). Se prendiamo a base del nostro piccolo calcolo la quota di Euro 0.02/mc. , si vede che l’importo aggiuntivo per il ristoro ambientale e della risorsa nella tariffa dell’acqua incide ,in un anno, per una persona che consuma 200 l/ giorno, per Euro 1.44. , importo davvero infinitesimale che potrebbe rientrare anche senza nessuno aumento della tariffa, solo se si provvedesse ad una gestione più oculata , importo che , comunque , per Caposele , ammonterebbe a qualche milione di euro. Questo è quello che Caposele chiede che venga stabilito per Legge , al fine di salvaguardare il bacino idrogeologico del Sele e a parziale rimborso delle tante limitazioni di ogni natura che Caposele ha subito e subisce a causa della presenza sul proprio territorio delle sorgenti. Infine non è da trascurare che il riconoscimento per Legge del ristoro
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beri (faggio,cerro,quercia rovere,ontano napoletano e castagno) da piantare sul territorio del bacino idrogeologico al fine di attenuare la forza della caduta della pioggia ed in modo da permettere una maggiore infiltrazione d’acqua oltre che consolidare il terreno. Col Decreto Reale 1 gennaio 1903 n° 46 veniva , inoltre , stabilita la delimitazione del bacino ideologico della sorgente del Sele (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del Regno del 28 febbraio 1903 n° 49) che interessava , e credo, interessi ancora i Comuni di Caposele, Calabritto, Senerchia, Bagnoli, Lioni , Nusco e Acerno. Tanta era l’attenzione verso le nostre sorgenti che il Regio Decreto 25 luglio 1904 n° 573 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del Regno del 3 novembre 1904 n° 256) approvava il regolamento organico per gli agenti di vigilanza a tutela della silvicoltura nel bacino del Sele. Veniva ,così, istituito un corpo forestale specifico per tutelare il bacino e far rispettare i limiti imposti dalle leggi per tale territorio. Addirittura si legiferava per garantire il flusso minimo vitale dei fiumi che venivano privati di parte delle loro acque tramite la costruzione di microinvasi da riempire d’inverno e da utilizzare nei periodi di secca. In questi ultimi decenni non si è , invece , palesata affatto un’attenzione su queste tematiche da parte di chi ha competenza in materia; si è solo continuato a considerare l’acqua un bene non esauribile ignorando l’azione di salvaguardia della stessa. La Regione Campania è una delle ultime ,anche in questo, a dotarsi di una legislazione organica sul ciclo dell’acqua. E a niente vale il grido rivendicativo delle piccole comunità come Caposele che chiedono ad alta voce una regolamentazione complessiva ,che tenga conto anche del ristoro dell’ambiente e della risorsa e/o delle mancate opportunità. Non si tratta di vendere le acque demaniali , come i superficiali credono o vogliono far credere, ma solo di continuare a fare quello che in passato sapientemente faceva il governo centrale. Il ristoro ambientale fino agli anni 50 è sempre stato fornito al territorio a spese del governo tramite il risanamento e la riforestazione del territorio stesso. Oggi , col decentramento amministrativo , esso deve essere riscosso dalla Regione ma a carico dei concessionari del
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on è da poco tempo che mi preme porre in chiara evidenza ed in maniera appropriata il problema dell’acqua qui a Caposele, ai fini di un richiamo all’attenzione unito a quello di una correzione di certi comportamenti. Qualche anno fa,presso la sede dell’Ato 1di Avellino ,veniva siglato dai Comuni di Caposele,Cassano ,Montella ,Conza della Campania, oltre che dalla Provincia di Avellino,dal Parco Regionale dei monti Picentini,dall’Ato e dall’Autorità di Bacino Interregionale del fiume Sele una proposta funzionale all’Accordo di Programma (ex art. 17 della legge 5 febbraio 1994, n° 36 ) . Dopo tanti sforzi , il risultato finale del confronto dei vari interessi che stavano e stanno sul tavolo di questa annosa questione facevano ben sperare. Il Comune di Caposele tramite il suo rappresentante era riuscito con la forza delle idee e la consapevolezza dei propri diritti a far inserire il ristoro della risorsa a favore dei Comuni nei quali si verifica la derivazione dell’acqua. Sono passati gli anni e di quel documento non esiste più alcuna traccia . Sicuramente il fascicolo giacerà in qualche cassetto di una scrivania regionale in attesa di essere rispolverato. Ecco perché ritengo assolutamente doveroso riprendere l’argomento ed alimentare la speranza di non vedere affondare nel vuoto la diffusione e l’applicazione di quelle norme indispensabili per correggere certi errori, anche ai fini di un futuro migliore per il paese. La lotta per il ristoro è tanto più efficace quanto più si fa propria la convinzione della naturalezza di tale diritto . E’ pur vero che a molti tutto questo suona strano in quanto si fanno imprigionare dall’idea che l’acqua è un bene demaniale e nulla fanno per approfondire anche l’aspetto del ristoro dovuto per il prelievo dell’acqua da un territorio. Ed è pur vero che tutto questo è anche frutto di una politica miope che non riesce a inquadrare i problemi nella loro interezza perchè preoccupata solo di trovare consensi facili per poter gestire il potere. In questo , in verità , la Regione Campania negli ultimi anni ha molto da insegnare. Basta rivedere e confrontare le Leggi emanate dalla classe politica nazionale prima del 1950. Numerosi sono gli interventi legislativi dai quali si evidenzia che le sorgenti sono un interesse nazionale da salvaguardare con interventi continuativi fatti di rimboschimento con vari tipi di al-
Danno ambientale compiuto per poter continuare a trasferire l’acqua del Sele in Puglia con la realizzazione degli interventi post-sisma. Una zona di grandissimo pregio naturalistico , stravolta con i lavori relativi all’intubazione di un tratto del torrente Palmenta, con la costruzione di capannoni e di una stazione elettrica, che oggi manca al nostro turismo naturalistico e allo sviluppo eco-sostenibile del nostro territorio. Chi deve risarcire i Caposelesi per tale danno? A chi bisogna chiedere d’investire per i necessari interventi di riqualificazione ambientale di tale zona?
Ricerche scientifiche realizzazione di interventi di recupero ambientale ed opere di salvaguardia del bacino idrologico., quella dovuta per il ristoro della risorsa e/o delle mancate opportunità del territorio per iniziative Comunali di sviluppo eco-sostenibile . Art. 4 URGENZA La presente legge è dichiarata urgente ed entra in vigore il giorno successivo alla sua pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania.
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2. Nei successivi trenta giorni predispone uno schema tipo convenzione tra i concessionari dell’attività di captazione delle acque e i Comuni , con la quale il concessionario s’impegna a versare annualmente ai Comuni,in unica soluzione la quota spettante a titolo di ristoro ambientale e per la risorsa acqua e/o per le mancate opportunità ,commisurata alla quantità d’acqua captata nell’anno, in conformità alle tariffe stabilite al punto 1. Art. 3 DESTINAZIONE DELLE SOMME La somma versata ai sensi dell’art.2 per il ristoro ambientale deve essere prioritariamente utilizzate dai Comuni per la
Ing. Gerardo Monteverde Consigliere Comunale del gruppo “Nuovi orizzonti”
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ristoro ambientale da condividersi tra i Comuni del bacino idrologico ed un’altra , per la risorsa acqua e/o per le mancate opportunità al solo Comune sul cui territorio sono presenti le sorgenti, , entrambe in misura della quantità di acqua captata , calcolato secondo le modalità di cui all’art. 2. Art. 2 MODALITA’ DI CALCOLO 1.Entro 60 giorni dalla pubblicazione sul Bollettino Ufficiale della Regione Campania, la Giunta Regionale con proprio atto individua i sistemi ed i criteri di misurazione della quantità di acqua captata , le relative tariffe e le quote comunali , sentite le associazioni degli Enti locali.
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REGIONE CAMPANIA PROPOSTA LEGGE REGIONALE D’INIZIATIVA POPOLARE STATUTO REGIONE CAMPANIA Norme per il ristoro ambientale e per la risorsa acqua e/o per le mancate opportunità a favore dei Comuni sul cui territorio avviene la captazione delle acque sorgive e di quelli che costituiscono il relativo bacino idrologico. Art. 1 FINALITA’ Ai Comuni del bacino idrologico e di quelli che subiscono attività di captazione delle acque di sorgente nel proprio territorio , non destinato all’imbottigliamento, è dovuto, da parte delle società concessionarie,una somma a titolo di
di Giuseppe Palmieri
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che annualmente, nel periodo estivo, faceva visita al Santuario (per vero, egli cantava: quant’è bella Matredomini …). Alloggiava presso il convento dei Padri Redentoristi. Lui ricambiava l’ospitalità facendo un “discreto” (nel senso di poco appariscente) servizio d’ordine in Chiesa. Lo si vedeva, tutti i giorni, durante la pausa pranzo, risalire, con qualche fatica, data l’età, lo stradone che dal parcheggio conduce al Corso Sant’Alfonso. Si avvicinava ai tanti astanti che a quell’ora stazionavano davanti ai bar, canticchiando il solito ritornello: quant’è bella Matredomini … C’era sempre qualcuno pronto ad offrirgli il caffè e a dedicare un po’ di attenzione alle sue esternazioni tese a magnificare la nostra terra. Colpiva la convinzione con la quale rimarcava la bellezza del nostro Paese, quasi si fosse accorto di quanto poco ne fossimo consapevoli e volesse convincerci. Sarà stata la ripetitività di questo motivo canticchiato tutti i giorni, sarà stato il trasporto col quale questo anziano signore parlava della nostra terra, sta di fatto che cominciai a chiedermi se effettivamente Materdomini fosse così bella, come lui diceva. Decisi, allora, di “guardarla” con l’occhio del viandante attento; di chi vede un posto per la prima volta. Ed il pensiero andò subito a Sant’Alfonso che aveva voluto e realizzato in questa terra una sua Casa. Ci sarà stato un motivo, pensai, se scelse questo luogo. Un luogo che rendesse giustizia della funzione che era chiamato ad assolvere: sede di un convento di Redentoristi, missionari
con la precipua missione di evangelizzare le popolazioni rurali. Presi allora ad osservare con occhio più attento ogni angolo del nostro paese. Si fanno scoperte sensazionali se si osservano con attenzione (e non ci si limita a guardare) gli angoli del paese che pur conosciamo molto bene perché li “vediamo” (ma distrattamente) tutti i giorni. Dalla piazza antistante la Basilica, guardando a sinistra verso la vallata, le cime dei monti picentini disegnano il profilo di una donna adagiata (supina) su un letto (identica figura, la c.d. “dormiente”, disegnano le cime di alcuni monti del beneventano). Guardando, spalle alla Basilica, di fronte, maestoso ci sovrasta (e quasi ci ingloba) il monte Paflagone, dalle cui pendici sgorgano rigogliose le sorgenti del Sele. A destra, lo sguardo viene catturato da una costruzione realizzata in cima ad una roccia: la chiesetta di San Vito. Strano, penso, costruire un manufatto dedicato al culto su una roccia e per di più poco e difficilmente accessibile. Verosimilmente, però, chi ha pensato a questa costruzione abbarbicata sulla roccia ha voluto simboleggiare con la chiesa la tensione e l’anelito dell’uomo verso l’Alto. Un luogo di culto, quindi, dal profondo valore simbolico, prima che storico – architettonico. Più in là, si intravede il valico che fa da spartiacque tra la valle del Sele e quella dell’Ofanto. Alle spalle, come detto, la Basilica di San Gerardo, restituita al suo antico splendore dopo i lavori di restauro successivi al terremoto dell’80. La facciata è di una semplicità disarmante; la linearità delle forme la rende bella a prima vista e ci richiama immediatamente alla sua funzione. Non credo potesse essere dedicata a San Gerardo una Basilica con una facciata più complessa, con ghirigori
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uesti i versi di un anziano devoto di San Gerardo del Frusinate
e quant’altro. E’ in linea con la semplicità del Santo. E poi la piazza. In precedenza, l’accesso era delimitato da un manufatto con due archi laterali ed al centro una bella statua di San Gerardo. Si aveva netta la percezione che si entrava in un luogo di culto. Mi son sempre chiesto (senza, però, riuscire a darmi una risposta) il perché della mancata ricostruzione di quel manufatto. Risalendo via del Santuario, si giunge al Corso Sant’Alfonso e se si volge lo sguardo a valle (tra una baracca e un’altra) si gode un panorama meraviglioso: un lento degradare di colline verso il mare; il corso del nostro fiume (fluente e sinuoso come un serpente) che disegna (e forse, nella pratica, ha disegnato) il tracciato della fondo valle Sele. E’ il posto che amo di più: spazzato dal vento buona parte dell’anno, costituisce l’accesso al mare; è la via che ci apre al resto del mondo. Spesso amo dire che il nostro clima temperato è dovuto all’influenza benefica dell’aria del Golfo, che risale proprio attraverso questa vallata. Sempre lungo il corso (ma procedendo nella direzione opposta) ci
si imbatte in un filare alberato che nella mia immaginazione (eccezion fatta per i luoghi di culto) costituisce il logo (il segno distintivo) di Materdomini. Molti anni fa (e ahimè, lo ricordo bene) in quel punto finiva il centro abitato ed iniziava la campagna, ovvero qualcosa di altro rispetto a Materdomini (anche l’illuminazione pubblica terminava in quel posto). Ricordo ancora oggi lo stupore e la meraviglia che mi destavano sentire gli abitanti delle “Caselle”, quando uscivano di casa, dire: vado a Materdomini! Quasi abitassero un altro paese. E poi piazzetta Caselle … quasi uno slargo, con al centro una bella fontana con una vasca che si sviluppava in senso longitudinale e che serviva da abbeveratoio per gli animali. Risalendo la nazionale, in direzione dello svincolo e guardando in direzione dei monti, soprattutto nel periodo autunnale, è una esplosione di colori: dal verde intenso (irpino) al marrone, con tutta una serie di sfumature di giallo. Giunti in prossimità dello svincolo c’è solo l’imbarazzo della scelta: a destra e a sinistra si aprono incantevoli scenari e paesaggi di incomparabile bellezza. Non ci credete? Provare, per credere!
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Le foto riportate in questa rubrica rappresentano una sorta di mappa tematica che abbraccia il presente ed il passato, l’effimero ed il permanente, il serio ed il faceto, il costume e le tendenze. E’ una raccolta appesa al filo della memoria, tesa verso un futuro di continua riflessione.
Mena e Arianna Nesta
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Rosaria Mastalia e Cristina Russomanno
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Giusi Russomanno
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La vigilessa Grazia
Carmela Cuozzo
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Giusi Meo
Simona Ceres
Alfonso Merola con gli alunni della prima elementare
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Carmen Iannuzzi
Maria Rosa e Franco Coppola
Lorenzo e Maria Malanga
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Carmela, Lellina, Antonietta, Rosaria e Gerardina
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Angelina Gervasio
Delio, Nicola e Nicola
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Vito Sista di Angelomaria e MariaLuisa Cozzi
Michele Zanca e Anna Biondi in vespa
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L'album de La Sorgente
Rosa Iannuzzi
Ludovica, Anna e Michele
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Michele Ceres e Alfonsina Rosania
Giovanna Spatola
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Antonio Cifrodelli e Angelo Sturchio
Tonino Malanga
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Cettina e Wanda Russomanno
Giovannella Cibellis
Raffaella Assunta Gonnella
Antimo Pirozzi e Rocco Mattia
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Mena Curcio
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Gerardo Di Masi, Mulino
Niki Russomanno e Sandra Cione
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Maria, Lorenzo e Finuccia
Pasquale, Salvatore, Giuseppe, Benny e Antonello:"Il Profilo Storico".La foto li ritrae, subito dopo il concerto per i 30 anni di carriera, tenuto in piazza Castello durante il ferragosto.
Angelo e Angelo:Nonno e Nipotino
Sonia e Daniele Cominetti di Fabrizio e Lucia Castagno, residenti in Svizzera
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Attualità
La valenza formativa del contesto
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primaria responsabilità educativa è dei genitori che “istruiscono educando”, tutte le agenzie educative del territorio (Ente Locale, Parrocchia, Associazioni,) e singole persone possono essere di sostegno e di integrazione all’attività delle famiglie e dei docenti.
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2) una feconda collaborazione tra scuola e famiglia può agevolare la messa in opera di una rete di relazioni con organismi istituzionali e con gruppi di volontariato operanti sul territorio; 3) la qualità e il livello di attenzione che i genitori pongono nei riguardi della scuola contribuiscono a far inserire le problematiche educativoformative fra le priorità dell’impegno politico e amministrativo degli enti preposti a tal fine. Se è vero, come è vero, che bastano un uomo e una donna per fare un figlio, ma occorre tutto il villaggio per educarlo (come recita un vecchio detto africano), allora occorre che sia coinvolto, attorno al sistema scuola, tutto il patrimonio di conoscenze, di esperienze e di competenze di cui è ricca la nostra terra di Caposele. Fermo restando che il compito prioritario assegnato alla scuola del primo ciclo è di “educare istruendo” e che la
Nell’augurare a tutti un felice Natale e un sereno Anno nuovo, confido che i “nostri” ragazzi sentano attorno a loro la presenza attiva e l’affetto della comunità, perché in questa ritrovino la loro storia e le loro radici e, attraverso questa, si sentano parte della più vasta comunità nazionale, europea e mondiale.
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valori, i simboli, la vita, la storia di un territorio per amarli e farli propri. In presenza di disvalori, alla scuola compete il dovere di controbilanciarli, di proporre un’alternativa. Compito arduo che non può assumere da sola e necessita di una ricerca di convergenze ed alleanze, di un intelligente e costruttivo coinvolgimento di altre risorse. La scuola deve porsi in relazione dialettica con il suo ambiente. Il fondamentale interlocutore della scuola è la famiglia. Il primo obiettivo che la scuola è tenuta a perseguire è la conoscenza e la collaborazione costruttiva con i genitori. In qualità di Dirigente scolastico, nell’assicurare la gestione unitaria dell’istituzione, devo tener sempre presenti alcuni importanti principi: 1) la scuola è un bene di tutti che va tutelato con un patto di solidarietà e di collaborazione continua e proficua innanzitutto con la famiglia;
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opo alcuni anni rientro nella comunità di Caposele e mi sento accolto da fraterna amicizia, come quando insegnavo matematica a molti alunni, oggi padri e madri dei “miei” alunni. Da sempre ho considerato l’ambiente in cui è inserita la scuola un potente fattore educativo. Già Plutarco, nell’asserire “il primo maestro è la città”, riconosceva la rilevanza di quello che noi addetti alla didattica chiamiamo curricolo implicito, ovvero la forte incidenza del sistema sociale nella costruzione della personalità. Anche se all’interno del tessuto scolastico si intrecciano molteplici relazioni, esse non sono di per sé sufficienti a garantire un’offerta formativa adeguata. Bisogna inserire l’alunno in un contesto di opportunità offerte dall’extrascuola per dargli la possibilità di respirare, di assorbire i
Prof. Salvatore A. Di Napoli Dirigente Istituto Comprensivo De Sanctis - Caposele
di Gualfardo Montanari
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sull'utilità dell'opera. Si scatenano una sequela infinita di polemiche e di proteste da parte di chi si lamenta (a volte giustamente) di essere troppo penalizzato da quel progetto, da parte di chi denuncia (a volte giustamente) lo sperpero di denaro pubblico, da parte di chi segnala (a volte giustamente) che l'opera è pericolosa per l'ambiente. Ci si scontra a colpi di cavilli amministrativi, a suon di ricorsi al Tar, partono interminabili contenziosi legali tra i diversi enti coinvolti; ognuno accampa il potere di veto (vero o presunto) sulla realizzazione dell'opera. Alla fine però, la mediazione, nella versione italica dell'inciucio, vince sempre. Chi fino al giorno prima litigava, il giorno dopo, d'incanto, trova l'accordo e quello che, per anni e anni, sembrava impossibile, si realizza. Purtroppo, spesso l'opera viene però completata in maniera un po' raffazzonata, certamente peggio di come era stata prevista. Generalmente il risultato è inferiore alle attese per via delle tante mediazioni e pressioni che insistono sul progetto e del troppo tempo che è trascorso tra la necessità (vera o presunta) dell'opera e la sua effettiva realizzazione. I danni ambientali, veri o presunti all'inizio, alla fine sono certamente provocati o a causa di
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ualche settimana fa la Corte di Cassazione ha bloccato i lavori di costruzione del raddoppio della galleria Pavoncelli, accogliendo un'istanza presentata dall'Ente Parco dei Monti Picentini. La questione è stata anche al centro di un recente dibattito pubblico tenutosi a Caposele di cui, peraltro, la Sorgente su questo numero fornisce un ampio e dettagliato resoconto. Non entro nel merito del contenzioso legale e della ventennale vicenda di ritardi, rinvii, sprechi e problemi che accompagnano la realizzazione della Pavoncelli bis. Su questo versante, sono certo che altri interventi pubblicati (anche sui numeri precedenti della rivista) possano fornirvi informazioni molto più dettagliate e corrette di quelle in mio possesso. Vorrei, tuttavia, provare ad abbozzare una riflessione più di ordine generale e, quindi, fare una previsione frutto di questo ragionamento. Quella della Pavoncelli bis è una classica, sconfortante e penosa vicenda all'italiana: si progetta un'opera pubblica, si stanziano le risorse, si apre il cantiere. Subito dopo - non prima - si accende un dibattito logorante
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Una penosa vicenda italiana
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un cantiere rimasto aperto per decenni e in stato di abbandono, oppure a causa della mancata realizzazione dell'opera stessa (che qualche volta è anche necessaria). Per non parlare dello sperpero di soldi pubblici, del lievitamento dei costi a causa dei ritardi e dei lavoratori mandati a casa per i cantieri chiusi. Insomma, al danno si aggiunge sempre e comunque la beffa. Questo tipo di casistica è lunghissimo. È accaduto per l'emergenza rifiuti in Campania: si protestava contro la realizzazione di due termovalorizzatori e di tre discariche, alla fine di termovalorizzatori se ne costruiranno 4 (forse 5), di discariche 10, dopo aver avuto per anni l'immondizia per strada e dopo aver speso miliardi di soldi pubblici per portare le ecoballe in Germania o per averle lasciate marcire nelle dannosissime piazzole di stoccaggio. È accaduto per Alitalia: ci si è ribellati contro il cambiamento di nome, per la difesa dell'italianità, alla fine nascerà, a spese dei cittadini, una nuova compagnia, con un altro nome e che, a quanto pare, comunque, finirà in mano a stranieri. Con questi esempi, potremmo andare avanti per ore: dal ponte sullo stretto di Messina fino alla Tav in Val di Susa, per citare solo i casi più celebri. La Pavoncelli bis rientra
Giuseppe Pavoncelli Ministro dei LL.PP. 1897
esattamente in questa sconfortante sequela. Non so se quest'opera sia davvero utile o inutile, o addirittura, come dicono alcuni dannosa. Voglio però azzardare una previsione. Prima o poi, alcuni di quelli che oggi si oppongono, non si opporranno più, e la Pavoncelli bis (o come si chiamerà) verrà portata a termine. Anche se l'opera non dovesse mai essere completata e il cantiere chiuso definitivamente, rimarrebbe comunque uno scempio insieme a tanti soldi pubblici spesi inutilmente. E noi cittadini, alla fine, in entrambi i casi non potremo fare altro che constatare il danno e la beffa maturati da questa ennesima, sconfortante e penosa vicenda all'italiana. Un sereno Natale e un felice 2009 a tutti!!!
Le foto inserite in questa rubrica riflettono, con i loro tratti particolari, il carattere, la psicologia e finanche la cultura di un popolo. Continueremo ad occuparci di personaggi tipici sperando che la rubrica sia di gradimento dei nostri lettori.
Salvatore Iannuzzi
Gerardo Russomanno
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Alfonsina Malanga
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Donato Russomanno
Maria Cetrulo
Padre Lello
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Filomena Salvatoriello
Andrea Iannuzzi
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Peppino Peccatiello
Luciano Ferrara
Alfonso Merola
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Paola Majorana
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Alfonso Cione
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Don Vincenzo Malgieri
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Nicola Conforti. Foto di Carmine Meraviglia
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di Antimo Pirozzi
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Almanacco
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Il 8/11/08 Annalisa Casale Si è laureata in Economia Aziendale presso l’Università Commerciale L.Bocconi di Milano discutendo una Tesi dal titolo “Il Servizio Sanitario Nazionale e il nuovo sistema di finanziamento ospedaliero: Diagnosis Related Groups (DRG) – il caso della Lombardia” In data 27/11/08 presso l’Università degli Studi Suor Orsola Benincasa Antonietta Alagia si è laureata in Scienze della Comunicazione
27 ottobre 2008 Lucya Russomanno di Giuseppe e Antonella Perna
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ALESSANDRO CASALE nato il 21/05/2008 da Stefano e da Cristina Badiali
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Giulio Ciccone e Rosa Russomanno NOZZE D'ORO
Milena Farese si è laureata lo scorso 23/10/2008 presso l’Università di Napoli - Federico II - discutendo una tesi specialistica dal titolo “Lingue e Letterature moderne europee” “I tuoi amici ti augurano sempre maggiori successi.”
cognomi, ricordano un pezzo di storia caposelese, ed al neonato giungano Auguri vivissimi dal nostro Giornale.
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Gionathan Vece e Maria Teresa Cilmo SPOSI- 2-06-2008
CLELIA CAPRIO, nipote diretta dell 'indimenticato Francesco Caprio per più volte beneamato Sindaco torna a Caposele. La giovane e simpatica signora Clelia Caprio è venuta in Sposa al noto e preparato bancario Nicola Majorana, figlio del Cav.Gennaro, a loro volta stimati caposelesi di adozione. La giovane coppia è stata allietata di recente dalla nascita di un vispo e florido maschietto di nome Filippo. Ai distinti Coniugi, Nicola Majorana e Clelia Caprio, che nei loro
Miriam Sturchio Di Alfonso e Tania Russomanno
Gerardo Del Guercio ha conseguito la laurea in Ingegneria Aerospaziale presso l'Università La Sapienza di Roma in data 16.09.08 con votazione 110 e lode
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6.DICEMBRE 2008 Mario Sista e Rossella Malanga SPOSI
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I novelli sposi Gerardo Castagno di Michele e Antonella Schärer che si sono uniti in matrimonio lo scorso 4.10.2008 ad Arzo (Svizzera). Felicitazioni da tutti i parenti.
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Rocco, Anna Caprio e Filippo Majorana
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Vittorio Nesta e Serafina del Guercio NOZZE D'ORO
Almanacco Fateci
pervenire, prima dell'uscita del giornale, tutte le
notizie, foto e ricordi dei vostri cari che gradireste vedere
Le
in pubblicazione.
notizie che riportiamo su queste pagine, sono il segno della
vostra collaborazione
indirizzate le vostre lettere, articoli e foto a:
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confortinic@tiscali.it
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Cena di ritrovo dei compagni di classe con il Maestro Donato D'Auria
Antonio Rosania e Mari Carmen SPOSI
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Nozze D'Oro di Rosania Idolo e Sista Maria
AMERIGO CONFORTI
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Egli trascina nel segreto di una tomba, tra le tante che egli costruì con umana pietà, il suo personalissimo rapporto con Dio che, ahimè, altri non hanno conosciuto e non conosceranno mai. Io credo che a quella sua originale comunione con l’Eterno, di cui andava orgoglioso, egli aveva ancorato il suo ottimismo verso un’Umanità stanca che si sarebbe prima o poi risvegliata. Mi è restata impressa nella mente la sua mansuetudine che non gli ha mai messo sulla lingua una parola scomposta o disdicevole; anche in circostanze comprensibili egli sfoderava la sua arma di risposta che era il sorriso. Ma egli mi resterà caro anche per altre ragioni. Nei suoi occhi chiari e spenti ho spesso rivisto l’immagine di mia ma-
dre. Egli mi ha visto crescere tra la via Caprio, Imbriani e Santorelli ed io ho visto inorgoglirsi per i miei successi e rattristirsi per le mie amarezze. Ancor di lui, mi piacevano i suoi racconti fluidi, calmi e maestosi, come il corso del Sele alla foce … era piacevole ascoltare Amerigo quando ti proiettava con le parole la storia del secolo breve vissuta attraverso le cronache del paese. Era un maestro: guerre mondiali, gli anni della Repubblica, terremoti e, poi ancora, terremoti, emigrazioni, la Politica aveva nomi e cognomi, carne ed ossa di caduti, dispersi, vedove, vittime e carnefici, anonimi eroi locali di microstorie degne di essere raccontate. Era tutto questo Amerigo, il nostro caro vicino che ha tenuto acceso il lume della vita fin quando egli ha potuto.
Ecco perché mancherà tanto ai suoi figli Nicola e Annunziata ed ai suoi adorati nipoti; egli, però, mancherà pure a tutti noi che lo abbiamo conosciuto, compreso e stimato. Caposele, 16/11/08 Alfonso Merola
Amerigo Conforti
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Si è spento su via Caprio un altro lumicino acceso circa un secolo fa. Via Caprio, oggi, è più buia e noi siamo ancora più soli. Non è vero che quando muore un centenario il dolore sia meno greve ed il rimpianto meno intenso. Vero è che chi lascia porta via con sé il fardello dei suoi anni carichi di esperienze più utili a chi resta che a chi parte. E solo Dio sa di quanta luce e saggezza ha bisogno questo secolo da poco nato che si muove come un bambino di otto anni, senza padri, né madri che lo guidino. Amerigo Conforti porta via con sé il suo candore di fanciullino che non ammette l’esistenza del Male e coltiva la sola speranza di un Bene che, prima o poi, conquisterà il mondo.
Marcello Carenzi 14.06.1967 - 26.09.2004
Clelia Conforti 28.01.1941 - 18-09-2008
Giovannina Sozio 19.10.1933 - 14.11.2008
Michele Lariccia 29.12.1958 - 22.09.2008
Gennaro Caruso 01.05.1928 - 01.06.2008
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