PERIODICO A CURA DELL'ASSOCIAZIONE TURISTICA PRO LOCO CAPOSELE FONDATO NEL 1973
http://www.youtube.com/periodicolasorgente
AGOSTO 2010 - Direttore
Nicola Conforti
confortinic@gmail.com
facebook La Sorgente Caposele
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Reg.Trib. S.Angelo dei L. n.31 del 29.1.74 - Sp. in A.P. art.2 comma 20/c L.662/96 Dir. Comm. Avellino -sem.- Anno XXXVIII -
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FOTO ARCHIVIO CONFORTI
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EDIZIONE SPECIALE
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LA SCRITTURA, LA PASSIONE. L’INDIGNAZIONE E IL CORAGGIO
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crivere significa anche organizzare un pensiero, fargli imboccare una strada, delineare un percorso, suggerigli un approdo. Scrivere significa organizzare le idee, affiancarle, sostenerle, difenderle. Un giornale contiene tanti pensieri e segna nel tempo un’idea di vita e comunità. La Sorgente, nei suoi ottanta numeri – parecchi dei quali ho sfogliato e anche amato – ha raccolto la vita di Caposele. Imperdibili per chi come me analizza la società anche e soprattutto attraverso i segni minimi che essa esibisce, gli spazi dedicati ai luoghi comuni, i detti e i contraddetti, il topos della nostra memoria, la saggezza forse banale ma sincera di una vita lenta e nascosta dai centri vitali e metropolitani dell’economia e della politica. Ogni comunità, per sentirsi tale, dovrebbe godere del suo punto di incontro, crocevia della memoria collettiva. Ogni paese dovrebbe avere un suo
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giornale, un suo diario. Invece non è così, purtroppo. Perciò è tanto più preziosa, da apparire ineguagliabile, la tenacia e la tempra che negli anni hanno portato Nicola Conforti a raccogliere, leggere, rileggere, e infine stampare. Ai disattenti questa dedizione verrà equiparata a un hobby personale, un modo singolare per sentirsi vivo e utile, centrale, determinante. Invece non sa che La Sorgente è un’opera che – si potesse – dovrebbe venire accompagnata da ogni riguardo, da ogni speciale attenzione. Io penso che le persone si dividano in due sole categorie: i telentuosi e i mediocri. Ho scritto un libro per approfondire la questione, e sono convinto che il mediocre non sia un fesso ma colui che sa stare in fila. Aspetta silente il suo turno, appoggia la sua mano su una corda e attende che qualcun altro, il capo cordata, la tiri. Il mediocre aspira all’immobilismo, evita
ogni competizione, non approfondisce, non studia, non s’impegna. La mediocrità conserva e sclerotizza. Mentre il talento innova ed espande. Se ogni comunità avesse un suo giornale, come Caposele ha la sua Sorgente, ci sarebbero di sicuro meno mediocri in giro. Di sicuro la classe dirigente sarebbe meglio selezionata, verrebbe meglio sostenuta o anche (e per fortuna) compiutamente contestata. Noi tutti abbiamo la colpa di scambiare la cabina elettorale per una cabina da mare. Senza responsabilità votiamo. E spesso votiamo i peggiori. Non ci allarmiamo,non ci indignamo, non ci battiamo. Ignavi e con la schiena sempre piegata. Lo facciamo perché siamo mediocri, perché non abbiamo passioni. Guardiamo alla Campania, al letamaio di comportamenti, alle biografie di chi dovrebbe organizzare la nostra vita, il nostro futuro. Sono profili spesso compiutamente criminali ai quali diamo
appoggio e perfino plauso. Questa è la nostra responsabilità. Avesse avuto questa regione tante piccole sorgenti di pensiero, forse qualcosa di meglio, appena più potabile e civile, avrebbe generato. Sant’Agostino, se non erro, diceva che la speranza ha due piccoli figlioletti: lo sdegno e il coraggio. Sperare significa coltivare passioni, lottare, impegnarsi, avere senso e rispetto per il bene comune. Significa alzare la voce avanti l’Autorità costituita se essa si prostituisce ed emigra nei sottoscala della civiltà. Auguro a La Sorgente mille e mille altri numeri. Mille e mille altre parole. Una raccolta e sistemazione di ogni pensiero. Di destra e di sinistra. Alto e basso. Devoto o ateo. Un pensiero di passione, di denuncia, di indignazione. Di speranza. Antonello Caporale
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Lettere in redazione
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arissimo Nicola, desidero anche io dare un mio contributo al numero 80 della Sorgente. Come ben sai, quest'anno ricorre il trecentesimo anniversario (1710-2010) del dipinto della Madonna della Sanità, nonchè il 100° anniversario della dedicazione della cappella della Sanità. Penso che il nostro giornale debba riservare un ampio spazio all'evento, non credi? Da parte mia ho già iniziato a raccogliere materiale per due articoli, uno storico ed un altro teologico, materiale che mi servirà anche per le conferenze che sicuramente organizzeremo. E' prassi far indire, per queste importanti ricorrenze, un anno speciale scandito da incontri particolari. Dal punto di vista ecclesiastico si potrebbe coinvolgere l'Arcivescovo per le celebrazioni a Caposele in vista della festa della Sanità del 22 Agosto p.v. (si potrebbe chiedere a lui anche l'istituzione di un anno mariano caposelese che partirebbe proprio dalla data del 22 Agosto in poi per poi chiudersi l'anno seguente, con un calendario di inizitive tutto da definire). Da parte nostra io suggerisco un buono spazio sul giornale dato all'evento, nonché una mostra che duri un intero anno, dedicata a questa icona cara alla pietà caposelese. Oltre alla mostra si potrebbe tenere una due giorni storica nella quale illustrare la presenza e gli avvenimenti legati alla chiesa della Sanità qui a Caposele. Per le cose ecclesiastiche informa quanto prima don Vincenzo,così da poter organizzare quanto prima un programma civile e religioso. Fammi sapere cosa ne pensi.
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aro Nicola, ho ricevuto regolarmente La Sorgente e, come sempre l'ho trovata assai valida ed interessante. Ti ringrazio per lo straordinario risalto che hai voluto dare al mio articolo, che spero sia piaciuto. Sto lavorando sulle deliberazioni adottate dal Consiglio Comunale di Carife a decorrere dal 1897, e trovo ottima materia per una pubblicazione. Il lavoro è già in una fase molto avanzata e spero di concluderlo per l'estate prossima. Ritornando alla rivista/periodico trovo che le foto, antiche e recenti, sono belle e toccanti e gioisco con te per il fatto che molti giovani si stiano avvicinando alla Pro-loco: è una cosa davvero straordinaria per il tuo lavoro e per Caposele. Ma ho notato che essi, anche in passato, hanno sempre dato il loro contributo entusiastico per la crescita di Caposele. Ho trovato interessanti tutti gli articoli e tutti gli interventi riportati sulla rivista, che si presenta con un'ottima veste tipografica. Ho rivisto con gioia il volto bonario e sornione di Rocco Mattia in "Fatti, e non parole" e mi fa piacere che dica "Togliamo con I FATTI ogni possibile alibi a quanti non sono interessati al bene di Caposele". Sono pienamente d'accordo! Ho letto dell'emigrazione, delle pannocchie "scarfogliate" (quanti ricordi anche in me...), della triste e commovente vicenda di Gerardo Sista e mi sono commosso anch'io: e proprio questo deve fare una rivista che si propone di promuovere il proprio paese con la sua storia, la sua cultura, la sua gente (bellissima, a giudicare dalle numerose foto di gruppo e ritratti). Mi complimento con te e con tutti coloro che hanno contribuito a realizzare il numero 79 del bellissimo periodico "La Sorgente", che spero di continuare a ricevere anche in seguito. Ti abbraccio affettuosamente Raffaele Loffa
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arissimo Nicola, ho particolarmente gradito l'invito per la presentazione de "La Sorgente",e ti prego di ritenermi sicuramente presente per l'occasione,anche se solo.....spiritualmente, come,d'altronde,ormai... è mia abitudine in tutte le altre manifestazioni e ricorrenze che riguardano il nostro beneamato paesello natìo! Il pensiero affettuoso,da parte tua,d'altro canto, mi fa considerare che la vita passata e presente che ha tenuto idealmente legati noi ed i nostri antenati ogni momento nel reciproco rispetto,e tutte le vicende famigliari e sociali storicamente notevoli della nostra convivenza passata e presente,siano esse di utile consiglio per proiettarci in un futuro sicuramente più generoso dispensatore di serenità e stima reciproca, per tutti noi che viviamo vicini,lontano, dentro e fuori Caposele! Rocco Freda
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Anno XXXVIII - Agosto 2010
Mario Sista
è anche su FACEBOOK
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Scorcio del Fiume La Chiesa di San Lorenzo La Basilica di San Gerardo (foto aerea)
L'acqua delle sorgenti, prima uscita
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Lettere in redazione
in copertina
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Io sono certo, o almeno me lo auguro, che da parte dei giovani ci sarà un ripensamento e che, con un piccolo sforzo di umiltà, sapranno ritornare sui loro passi e considerare con maggiore “obiettività” le motivazioni che sono state alla base di un “ assurdo” dissidio. Noi, fosse anche per forza d’inerzia, andremo ugualmente avanti. Non si è ancora spento l’entusiasmo e la volontà di produrre qualcosa a favore del nostro Paese, convinti come siamo che per essere utili alla comunità è necessario e sufficiente impegnarsi con o senza cariche di comando. N.C.
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speciale, che rappresenta il “top” del nostro lavoro oltre che il traguardo che intendevamo raggiungere. Le ombre sono rappresentate dall’ “assenza” di tante persone che purtroppo non ci sono più, e che hanno reso più arduo e difficile il il nostro compito. Questa volta una ragione in più è venuta a rattristarci: un folto gruppo di giovani aveva bussato alle porte della nostra organizzazione. Erano entrati in punta di piedi e ne sono subito usciti sbattendo la porta. Avevano preteso “tutto e subito” incuranti delle regole che sono alla base di qualsiasi seria organizzazione.
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ono alla guida di questo giornale da quasi quaranta anni. Solo qualche dato: ottanta numeri, migliaia di pagine e di immagini raccolte in cinque volumi raccontano la vita, la storia, le tradizioni e le esperienze del nostro popolo. In tanti anni abbiamo raggiunto molti obiettivi e accumulato un bagaglio di esperienze che ci consentono di guardare avanti con fiducia e con ottimismo. Tante soddisfazioni e qualche rammarico: luci ed ombre come in tutte le attività della vita. Le luci sono chiaramente visibili nelle 56 pagine di questo numero
entile Direttore Conforti, è da diversi anni che ho in mente di attivare una sorta di gemellaggio tra le due località quali terminali dell'Acquedotto Pugliese. Non riuscendo a comunicare telefonicamente con la Pro Loco di Caposele anticipo la mia idea a mezzo mail.Ho apprezzato la mostra da voi curata in occasione del centenario dell'AQP e potrebbe essere un trait d'union per avviare i rapporti ospitandola nelle scuderie dell'ottocentesca Villa La Meridian di Santa Maria di Leuca. Sono un operatore turistico, da ben tre generazioni gestiamo strutture ricettive nel Salento a Gallipoli ed a Santa Maria di Leuca, e con l'occasione della mostra potremmo certamente coinvolgere la locale Pro Loco. Tra le opere terminali dell'AQP Santa Maria di Leuca ospita la monumentale cascata che in occasione del vernissage potrebbe essere riaperta. Al piacere di sentirvi telefonicamente e di confrontarmi con la vostra esperienza la invito sin d'ora, nostro graditissimo ospite, nel Capo di Leuca. Con viva cordialità. Attilio Caroli Caputo Caroli Hotels Lungomare Colombo
entilissimo ing. Nicola Conforti, abbiamo visto il vs Dvd e quindi le mando le nostre impressioni. Ci siamo prima di tutto emozionati e poi ci è veramente piaciuto molto sia per le immagini del paese e i cenni sulla sua storia sia per le bellissime immagini della natura. Grazie e molti complimenti per il bel lavoro che avete realizzato dal quale emerge il grande amore per il paese. Speriamo, come ho già detto, di vederci presto. Ancora congratulazioni, con tanto affetto. Maria Freda e famiglia.
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ngg. Nicola e Salvatore Conforti Volevo dirvi che giorni fa è morto Carlo Gavarini, il prof di dinamica delle strutture con cui ero venuto a Caposele subito dopo il terremoto, quando eravamo stati chiamati perché si parlava di spostare il paese. Oltre che un magnifico esperto, Gavarini era anche un uomo buono. L'altr'anno qualcuno da voi aveva parlato di un riconoscimento simbolico e mi è venuto da domandarmi se la ricorrenza dei 30 anni non poteva forse offrire lo spunto per ricordare-onorare il prof Gavarini. Eventualmente, sarei stato disponibile ad esempio a fare una proiezione divulgativa del problema delle faglie, che affrontammo all'epoca, e magari delle problematiche connesse alla protezione civile etc.. Eventualmente, se fossero d'accordo, si potrebbero coinvolgere De Nicola e/o Scirè per raccontare di come funzionò l'ufficio di Piano. La nostra permanenza a Caposele è rimasta per me una bellissima esperienza. Pensavo di telefonare anche a Merola, che con Rumiz incontrammo a scuola. Magari ci sentiamo cari saluti Livio Sirovich [all'epoca di Caposele, mi chiamavo "Siro"; ma successivamente ho ripristinato il vero cognome di famiglia, che era stato amputato nel 1928 per motivi nazionalistici; ho anche l'hobby della storia contemporanea)
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Cultura
Interessante ricordare i paesi attraversati dalle varie corse. Di per sé, caricandosi di
di Gerardo Ceres
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Originario di S. Angelo dei Lombardi, trovò a Caposele (dove, presumo, fosse costretto a pernottare per ragioni d’ufficio) la ragione della sua definitiva permanenza. Ragione di cuore e di affetto. Michele era una bella persona: mite, civile, con sorriso sempre accennato sotto i sottilissimi baffi. Da qualche anno non c’è più, ma l’evocare l’epopea ‘r lu pustalu me lo riporta costantemente alla memoria. Poi ci sono stati gli autisti. Di due di loro ho ancora oggi una plastica contezza, abitando entrambi nella mia stessa via. Il primo è Pino Melchiorre, anch’esso originario di S. Angelo dei Lombardi e anch’esso ha trovato a Caposele motivo di metter radice e famiglia. Autista da sempre, salvo un breve periodo trascorso in America, dalla quale tornò però presto per riprender lavoro alla Liscio. Il secondo è Gelsomino Casale, che ricordo sempre elegante nella sua divisa d’ordinanza. Credo avesse, se non ricordo male, sempre la cravatta inappuntabile (cosa che peraltro non disdegna neppure oggi) e mi faceva venire alla mente certi attori americani di quegli anni. Poi c’erano delle copresenze che si sono intrecciate negli anni, alternandosi con altre tratte sempre della Liscio, come Antonio lu quaglittanu e Tirucciu Sena. La Liscio ha poi definitivamente abbandonato qualche anno fa questa tratta, cedendola all’Air di Avellino. E non è stata più la stessa cosa. Il mondo stava cambiando, anzi era già cambiato. Non ci resta allora che il ricordo. Sono pezzi di memoria, certo. Per alcuni sicuramente insignificanti e privi di interesse. Ma su queste pagine deve rimanerne traccia. Per noi, ma anche per chi verrà. E’ sempre opera complessa il ricordare stagioni che vengono risucchiate dalla vorticosa evoluzione del tempo e delle cose. Quella stagione è stata il nostro neorealismo. Sono ricordi al color seppia: quando le strade erano ancora polverose e battute dalla ghiaia; quando ancora erano percorse da quadrupedi da soma; quando nell’immaginario collettivo lu pustalu ci collegava al mondo intorno a noi e il viaggio era arduo, pesante, faticoso. Per tanti caposelesi, me compreso, questo e tante cose ancora è stato lu pustalu della Liscio.
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uno spirito disincantato, poteva divenire un viaggio dentro il viaggio. L’arrivo a Calabritto, nella mai dimenticata e dimenticabile piazza S. Giovanni di un tempo, con i suoi luoghi comuni sulle frotte di uomini raccolti a non fare nulla se non ad esaltare l’arte della conversazione e del confronto litigioso che sarebbe stato, prima o dopo, risolto dinnanzi al Pretore che in quel paese aveva storicamente sede. E poi l’arrivo a Quaglietta, dove i più scendevano per risparmiarsi le curve che portavano su a Senerchia, salvo poi risalirvi al ritorno. La salita per Oliveto Citra dava il senso di una lenta ma progressiva apertura al mondo più avanzato: l’ospedale, i negozi, i magazzini, il mulino, i primi segni di un’agricoltura più intensiva. L’arrivo a Contursi paese anticipava di qualche minuto la definitiva contaminazione con il mondo. La stazione ferroviaria, infatti, rappresentava l’adesione ad una civiltà nuova, che offriva le sue diramazioni per ogni luogo e ogni dove. Nell’altra direttrice il percorso era ugualmente interessante ma meno variegato. Su Materdomini, verso cui si arrivava per la vecchia statale 165 (la via del cimitero) non aggiungiamo nulla, se non altro perché – a torto o a ragione – veniva considerato pur sempre una protesi artificiale del comune capoluogo. L’arrivo a Teora certificava l’avvenuto scollinamento della cerniera di Boiara, quello che separa la valle del Sele con quella dell’Ofanto: due mondi olograficamente diversi, come pure nella vegetazione e nei caratteri tipici degli abitanti. Parchi e mansueti i silari, sfrontati e rissosi (così ci apparivano allora) i teoresi. La sosta a Lioni davanti al bar della stazione era talmente veloce che non lasciava grandi segni, seppure quella cittadina già allora offriva i prodromi dello scambio commerciale e del business. A volo d’uccello li abbiamo solo citati di passaggio. Eppure se lu pustalu della Liscio ha rappresentato un simbolo della seconda metà del novecento, lo si deve anche a quelle due funzioni essenziali che ne ha assicurato e garantito l’esercizio e il servizio. Mi riferisco gli autisti e ‘a lu fatturinu. Lu fatturinu, cioè il bigliettaio, abbiamo detto che era Michele Repole.
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particolari periodi dell’anno provvedeva a rimpagliare a domicilio le sedie, lavorando all’aperto nei vicoli e nelle strade. Ricordo ancora quel radio tecnico di S. Angelo dei Lombardi che assicurava la manutenzione delle radio e dei primi televisori e che operava in un bugigattolo di piazza Dante, all’angolo del vicolo sant’Elia. Ma capitava di assistere all’arrivo di questuanti di ogni genere. Arrivavano e, per lo più, ripartivano in giornata. Ma c’erano momenti ben precisi in cui l’attesa di noi fanciulli diveniva morbosa e smaniosa. Erano i primi giorni di agosto oppure quelli che precedevano le festività natalizie. Non si aveva certezza del giorno e della corsa, ma sapevamo che prima o poi sarebbero arrivati i nostri papà, i fratelli, gli zii, i cugini, gli amici dei nostri fratelli più grandi. Sarebbero tornati dai luoghi di immigrazione: dalla Svizzera, dalla Germania, dalle città del nostro triangolo industriale. E con loro sarebbero arrivati gli attesi regali e, forse, qualche spicciolo da spendere subito per un gelato al bar ‘r Romualdo, poco più sotto. Erano momenti emozionanti, che facevano ‘r lu pustalu il simbolo del ritrovamento e della ricongiunzione degli affetti. Ricordo (proprio perché non c’era nulla di certo negli arrivi) le tante attese deluse, durante le quali o Pino Melchiorre o Gelsomino Casale, catturando la nostra evidente delusione, ci accompagnavano con frasi rassicuranti e, a loro modo, confortanti: “nun vi preoccupati, si’ nun so’ v’nuti hoy, ven’n rimani”. Il che significava o la mattina dopo alle otto o la sera successiva alle sei. Infatti, è bene rammentare che la linea assicurata dalla Liscio (storica società potentina) fino a qualche anno fa era la Contursi – Caposele – S.Angelo dei Lombardi. Caposele, abbiamo già detto, era il capolinea. La partenza mattutina avveniva intorno alle cinque per la stazione ferroviaria di Contursi, da dove si ripartiva subito dopo per tornare alle otto a Caposele. Dopo una sosta di mezz’ora si riprendeva la corsa per S. Angelo dei Lombardi (capitale amministrativa dell’alta irpinia, con i suoi uffici statali). Si tornava a Caposele alle tre del pomeriggio. Si partiva nuovamente per Contursi e tornare poi, definitivamente, a Caposele alle sei del tardo pomeriggio. Avanti e dietro per tutti i giorni della settimana, con esclusione del dì di festa, cioè la domenica e le feste comandate. Ogni segmento di corsa aveva, per così dire, un suo target di viaggiatori. Attraverso la direttrice per Contursi ci si connetteva con il mondo, con le città della piana e della costa. La direttrice per S.Angelo dei Lombardi ci risolveva i problemi del rapporto burocratico con i servizi dello Stato: l’Inps, la sanità pubblica (all’epoca l’Inam), l’Inail, l’Intendenza delle finanze, il Tribunale e la Procura della Repubblica.
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l tempo negli anni sessanta, più di oggi, scorreva lento. Poche erano le cose che rompevano il lento divenire delle cose. Durante gran parte dei periodi che scandivano l’anno solare l’arrivo della corriera, che collegava Caposele con il resto del mondo conosciuto e conoscibile, rappresentava la sola novità possibile della giornata. Il teatro di questo dissetarsi di novità era per tutti lu chianu, quel luogo cioè che era il centro di tutto: la piazza della chiesa, del municipio, a poche decine di metri dalla caserma dei carabinieri. Era piazza Vincenzo Di Masi. Era di certo l’agorà, seppure con i dovuti adattamenti del caso. Ma era anche il capolinea ‘r lu pustalu della Liscio. Un capolinea con tanto di bar dalle pareti annerite dal trinciato forte e nazionali senza filtro, al cui interno tra l’altro si addensava, per decennale stratificazione, un odore acre di caffè corretto all’anice e nell’aria aleggiava quasi sempre la ricorrente irritabilità del proprietario. Lu pustalu era anche bello a vedersi con le sue linee tondeggianti e i colori tendenti al celeste (ma non ci giurerei, conoscendo il mio rapporto ostico con le gamme cromatiche). Si aveva modo di essere avvertiti del suo imminente arrivo col suono del clacson che sin dalle curve prima ‘r lu pontu l’autista di turno provvedeva a strombazzare. E poi il suo arrivo miezz’ ‘a lu chianu era uno spettacolo. Infatti, appariva a me spettacolare l’insieme della manovra di svolta sulla piazza. Uno, due, tre, almeno quattro azioni: avanti e dietro e così via. Ricordo il viso smilzo e secco di Michele Repole, garbato bigliettaio per lunghi anni, che si posizionava in fondo, in ultima fila, e da lì, dal vetro posteriore, dava indicazioni all’autista sui centimetri ancora da guadagnare prima di toccare muro. Se poi qualche sconsiderato aveva provveduto a parcheggiare in un angolo della piazza la propria autovettura, seppure rara per quel tempo, il tutto si complicava. Certamente non sarebbero bastate le costernate lamentazioni (eufemismo per dire stramaledizioni) di Pino Melchiorre a rendere più agevole la manovra. Lì solo la mano ferma di Giovanni Damiano, lu guardiu, poteva facilitare la compromessa manovra di svolta, capace com’era di andare a stanare “quiru maleducatu” persino nel luogo più intimo delle “virtù meno apparenti” (perdonate la citazione). L’arrivo ‘r lu pustalu non era mai privo di novità. Con esso arrivava di certo la corrispondenza in particolari sacchi di iuta cerata delle Poste Italiane. Di certo arrivavano i giornali quotidiani e le riviste periodiche. Come un’immagine flebile ricordo il ritiro da parte di qualche nostro puti’aru delle mozzarelle del lionese D’Amelio. Arrivavano dai paesi vicini,poi, figure mitiche che hanno affollato il nostro immaginario di sprovveduti fanciulli. Tra questi ancora oggi ricordo quell’uomo di Calabritto, persona dabbene e rispettosa, che con incedere incerto (dovuto ad una leggera zoppia) in
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QUANDO C’ERA LU PUSTALU
Una vecchia cartolina degli anni '60
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eventi e... ..non solo
Gli
eventi di questo primo scorcio di anno
seguono sono:
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di cui alle foto che
La foto ritrae il Sindaco tra il Superiore dei Redentoristi ed il Pastore degli Evangelici
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RUBRICA FOTOGRAFICA
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- L’incontro con Gherardo Colombo -La rappresentazione teatrale “Aulularia” du Plauto a cura de’’Istituto Comprensivo di Caposele -Il Primo Festival delle Corali Parrocchiali - Inaugurazione del CEAGG (Centro di Aggregazione Giovanile)
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Gherardo Colombo durante il suo intervento nell’Auditorium della Scuola
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Il Sindaco Pasquale Farina inaugura il Centro di Aggregazione Giovanile
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Foto ricordo dell' avv. Paola Majorana e del Maresciallo Eliseo Damiano con il procuratore della repubblica di S.Angelo dei Lombardi dott. Guerriero.
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Nunzia Testa, Luigi Fungaroli, e Clelia Conforti inuna rappresentazione teatrale nell’Audutorium della Scuola Media
Ettore Spatola e Ernesto Donatiello in un intervento teatrale curato da "I Liberi Commedianti" durante la manifestazione con Gherardo Colombo
Il Vescovo Alfano con Gilda Conforti e Carmela Malanga
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La pianista Gilda Conforti ha accompagnato a Pianoforte alcune esecuzioni della Corale S.Lorenzo
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Il Dirigente Scolastico prof. Di Napoli si congratula con Luigi Fungaroli per la straordinaria interpretazione teatrale “Aulularia”
Il Vescovo Alfano ed il Parroco Don Vincenzo in una foto ricordo con Benny Daniele, Grazia Cibellis, Gilda Conforti e Carmela Malanga elementi di spicco della Corale S. Lorenzo
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Anno XXXVIII - Agosto 2010
La Corale S.Lorenzo al completo.
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Provincia di Avellino
Pro Loco Caposele
un Viaggio tra FEDE eNATURA
FATTI... ...non parole!
di Raffaele Russomanno
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SANTUARIO DI SAN GERARDO
SORGENTI DEL SELE
MUSEO DELLE ACQUE E PARCO FLUVIALE
TEMPIO ARTISTICO DI SAN LORENZO
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DA VISITARE
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A qualche giovane amico, oggi nelle nuove ed inconsuete vesti di neo Robin Hood, mi viene da dire che mai come la passata estate si sono incontrati due mondi così diversi e distanti tra loro e che da questo incontro sono nate cose nuove e belle e pertanto quella resta la strada da percorrere anche perché il cambiamento che la nostra Pro Loco deve vivere per essere rispondente ai tempi è complesso e non dovrebbe certo fermarsi, questo nell'interesse di un'intera collettività e di voi giovani in particolare, travalicando risentimenti e livori personali. Posso ben dire che questo processo non intendiamo fermarlo, tutt'altro, siamo convinti che debba proseguire, al di là di chi decida di condividerlo e percorrere con noi questa strada, anche alla luce di una rinnovata unanimità d'intenti tra i soci stessi. Quando questo articolo vedrà la luce il ferragosto sarà iniziato e ogni associazione o gruppo avrà già predisposto l'organizzazione degli eventi e di conseguenza questo mio invito al confronto non potrà essere letto, né tanto meno strumentalizzato, come l'ennesimo invito ai giovani al fine di ricercare manovalanza, anche se chi scrive non ha mai avuto timore di essere a sua volta manovalanza. Infine vorrei condividere la riflessione di un giovane, il quale in un suo scritto ci dice che Caposele sta vivendo un momento difficile, sono d'accordo con lui, solo che le mie motivazioni, come è facilmente intuibile, sono completamente diverse dalle sue perché partono da altre considerazioni. Indubbiamente in un paese dove un gruppo di persone per diffondere menzogne si nasconde dietro l'anonimato, anche con il placito consenso di associazioni che di converso non perdono occasione per chiedere ad altri trasparenza, non è sicuramente un paese che vive un momento facile, pertanto a chi in anonimato parla di despotismo suggerirei di leggere un libercolo di Jonathan Swift: “L’arte della menzogna politica”. Lo scrittore con l'arguzia che lo contraddistingue ci dice: “Alla domanda se il diritto di coniatura della menzogna politica spetti unicamente al governo, la risposta è no. Il diritto di inventare e diffondere menzogne politiche spetta anche al popolo…....... L’abbondanza di menzogne politiche è una prova della libertà del popolo ingle-
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Stato, voluta dai nostri padri fondatori proprio a garanzia del nostro vivere, allo stesso modo, sicuramente con minore autorevolezza, ma non con minor vigore mi sono battuto affinché il nostro statuto fosse rispettato, anche se questo mi ha portato ad incontrare le ire di qualche nostro giovane aspirante leader. È indicativo se oggi uno dei maggiori genetisti contemporanei, come Edoardo Boncinelli, afferma che è sempre più chiaro che esistono due scienze: quella seria e progressiva, anche se non necessariamente fulminea e quella gridata, sensazionalistica e miracolistica e non a caso dalle pagine di uno dei maggiori giornali nazionali scrive: La vera scienza produce sempre nuovi risultati, ma ha un suo ritmo e una sua cadenza. Sa da tempo che senza soldi e senza persone i risultati non si ottengono, ma che non è vero il contrario: soldi e persone non possono produrre di per sé grandi risultati. Per ottenerli occorrono idee, pazienza e anche... un po' di fortuna. E sa soprattutto che le più grandi scoperte sono quelle che non danno risultati immediati. Questo pensiero, nella sua semplicità, come solo i grandi sanno fare, racchiude quando da tempo cerco di spiegare. Personalmente ho voluto l'ingresso dei giovani in Pro Loco ed ho lavorato affinché questo potesse avvenire, insieme abbiamo preventivamente deciso quali modifiche apportare allo statuto al fine di consentire il loro l'ingresso in Pro Loco alle condizioni da loro stessi indicate, per cui oggi trovare quelle norme non giuste o non rispondenti ai loro desideri mi sembra quanto meno assurdo. Come ho già detto non è una questione generazionale dal momento che Caposele vive una questione giovanile alla stregua di quanto avviene nella società, posso però ribadire che non credo possa esserci giovane che venuto a contatto con la Pro Loco, durante il precedente ferragosto, non sia stato più che libero di decidere, proporre, organizzare e portare avanti gli eventi stessi per cui oggi difronte a tali e tanti attacchi personali rimango francamente disorientato.
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CHIEDI INFORMAZIONI PER UN TOUR GUIDATO
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in da quando ho iniziato a scrivere su “La Sorgente” ho sempre puntato la mia attenzione sulla vita della Pro Loco, ed oggi, in particolare, non posso esimermi da questo compito: raccontare gli avvenimenti degli ultimi mesi, della traumatica e dolorosa frattura che si è venuta a consumare tra il vecchio gruppo dei soci fondatori ed il gruppo dei giovani che da appena un anno erano entrati nell'Associazione. Molto su questo argomento da parte dei giovani è stato scritto e detto, a differenza di quanto fatto dallo scrivente e dai soci ordinari, non perché mancassero le ragioni per fare altrettanto ma perché si è sempre stati convinti che il misurare parole ed atteggiamenti potesse non solo non creare ulteriori fratture, ma rendere sanabili quelle ormai esistenti. Questo ha portato qualcuno ad interpretare il nostro atteggiamento come un atto di debolezza: niente di più sbagliato. Qualcuno ha volutamente creato confusione attorno a questo problema spostando la discussione dal suo punto nodale, si è cercato di far passare quanto avvenuto per uno scontro generazionale e/o di censo il tutto per nascondere il vero motivo di quanto verificatosi e cioè il non voler rispettare ed applicare le regole statutarie, uniche e sole norme sovrane per la vita di un'associazione. Ho agito, ed ancora agirei, affinché, proprio per il ruolo di garante che come Presidente rivesto, fosse rispettato lo Statuto della nostra Associazione, esattamente come i soci ordinari hanno chiesto e deliberato. Se qualcuno si è illuso che le norme potessero piegarsi al suo volere ha sbagliato, le norme sono lì proprio a garanzia di quanti non sono abituati ad alzare la voce e dei molti che in silenzio per tanti anni hanno lavorato senza richiedere visibilità ed onori. Va detto che Caposele è da sempre attento ad anticipare le tendenze della società ed anche questa volta non è stata da meno, in effetti proprio in questi giorni sempre più spesso assistiamo ai continui richiami del Presidente Napolitano al rispetto della Costituzione, legge fondamentale e fondativa dello
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se…” e allora a Caposele possiamo ben dire di essere liberi, perché le menzogne sono corse a fiumi. Non possiamo far finta che questo aspetto della società caposelese non sia una delle cause principali del malessere in cui ci troviamo a vivere ed in cui forzatamente è stata trascinata la Pro Loco, per questo dobbiamo decidere quale tipo di società vogliamo costruire per Caposele, se vogliamo una società che poggi le sue fondamenta sul terreno solido della verità oppure sulle sabbie paludose e mefitiche della menzogna e sicuramente i primi chiamati a dover decidere siete proprio voi giovani.
Nel mini tour della visita caposelese si raggiunge anche la Chiesa Madre in Piazza Di Masi
Durante le visite guidate alle sorgenti organizzate della Pro Loco
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BENVENUTI
Comune di Caposele
La pagina del Presidente
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3 gennaio corale di CALABRITTO - Ninna nanna ( G. Corbi) - E’ sorta in ciel l’aurora - Fermarono i cieli (S. Alfonso) corale di CONZA DELLA CAMPANIA - In principio (D. Ricci) - Vieni nasci ancora (D. Ricci) - Agnus Dei ( Mite-Balducci)
corale di MONTEMARANO - Cantate al Signore (D. Ricci) - Dio è amore (RNS) - Segno di unità (Parisi)
corale di SANT’ANGELO DEI LOMBARDI - Astro del ciel ( A. Galliano) - Somewere in my memory (J. Williams) - Ave Maria (J. Arcadelt)
corale di SENERCHIA - Ti seguirò (Frisina) - Se tu sei con me - Sale e Luce (G. Cento)
corale di TEORA - Alleluia al redenteore (RNS) - Gesù risordati di me (RNS) - Santo spirito (RNS)
corale di MATERDOMINI - Quanno nascette Ninno (S. Alfonso) - E’ ancora Natale - Vola Gerardo vola (F. Fasano)
corale di VOLTURARA - Ti seguirò (Frisina) - La vera gioia (Frisina) - Astro del ciel (F. Gruber)
corale di VALLATA - Adesso è la pienezza (D. Ricci) - Meraviglioso scambio (F. Buttazzo) - Madre (Anonimo)
corale di CASTELVETERE - E’ Natale se lo vuoi (D. Ricci) - Vieni nasci ancora (D. Ricci) - Sale e luce (G. Cento)
corale di CAPOSELE - Ecco l’acqua (Frisina) - Tu scendi dalle stelle - Maria, vogliamo amarti (Gen Verde)
corale di CAPOSELE - Alto e glorioso ( Frisina) - In notte placida - Credo (Casucci- Balducci)
si prega di MANTENERE IL MASSIMO SILENZIO NEL RISPETTO DEL LUOGO E DELLE ESIBIZIONI WWW.COMUNE.CAPOSELE.AV.IT
PARROCCHIA SAN LORENZO TEL. 0827 53480 chiesasanlorenzo@gmail.com
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uest’anno, in occasione delle festività di San Lorenzo, nostro protettore, Caposele avrà l’onore di ospitare il primo concerto “live” degli Emily Novak “FIORI DI CHIFFON” è il loro album un album intriso di riferimenti letterari, in cui sono più volte evocati i versi di Byron e Hemingway. Gli Emily Novak, gruppo emergente del panorama musicale italiano vanta un pò “d’irpinitudine” tra i suoi componenti. A suonare la chitarra acustica al fianco di Paolo Fasciano (chitarra e voce) c'è Carlo Fasciano (batteria) e Luigi Vitalbo (chitarra acustica) figlio di Ivana Russomanno, originaria di Caposele (AV) e Rocco Vitalbo, originario di Lacedonia (AV), anche se da tempo trasferiti in Piemonte. Auguri a tutto il gruppo affinchè possano varcare i confini locali e raggiungere traguardi importanti.
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zione che sposano la forma tradizionale della brochure con le nuove tecnologie in modo tale da tentare, con le poche risorse a disposizione, la strada della valorizzazione delle risorse che dovrebbe essere obiettivo di ogni amministrazione. Caposele e San Gerardo sono realtà che spesso vengono confuse e dimenticate anche dai livelli più alti istituzionali; ma non bisogna incorrere in questo errore che è fatale anche per le realtà viciniore. Il volano dell'Irpinia e della valle del Sele passa attraverso realtà turistiche già consolidate come la nostra, ma che hanno bisogno di essere alimentate con finanziamenti e stimoli affinché si possano dimostrare utili ed efficaci ad un turismo di larghe vedute e che coinvolga un territorio più vasto.
'Amministrazione Comunale coaudiuvata dalla Parrocchia di Caposele ha organizzato il 1° Festival delle corali parrocchiali. La manifestazione finanziata nell'ambito del programma regionale dei fondi 20072013 destinati al "Barocco", ha avuto una straordinaria presenza di partecipazione sia in termini di pubblico che per quanto concerne le corali protagoniste delle serate. L'idea nata qualche tempo fa, ha potuto essere concretizzata grazie alla possibilità offerta dalla misura finanziaria europea che ha dato lo stimolo e il supporto giusto per poter valorizzare la nostra nuova chiesa e far viaggiare intorno alla nuova emergenza architettonica una serie di iniziative che contribuiscono alla realizzazione di un pacchetto turistico che inglobi anche un altro pezzo del Paese. Del festival sono state prodotte registrazioni di qualità sia video che audio che potrete ritrovare, in modo parziale, anche sul canale you tube de " La Sorgente"
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Ricordiamo che all’interno dei locali è presente: il Museo delle Acque dove è possibile anche realizzare il tour virtuale che conduce il visitatore a scoprire le meraviglie di questo prezioso elemento; la “Porta del Parco dei Monti Picentini, un punto di informazione e una vetrina territoriale del Parco con cartografie dei percorsi ed attrezzature che potranno essere messe a disposizione di chi vorrà visitare il territorio dei Picentini; il Centro di Aggregazione Giovanile vero e proprio, con la biblioteca comunale e con la possibilità di collegarsi anche via web alle biblioteche nazionali per la lettura di ebooks e testi on line; l’ufficio Informagiovani, la sede del Forum dei Giovani, con la sala computer
e stampa; l’internet point gratuito, e la sala incontri strutturata anche per proiezioni e convegni. Una serie di servizi gratuiti che hanno avuto un ottimo riscontro da parte degli utenti. Per informazioni, orari, prenotazioni e altre richieste: Comune di Caposele tel. 0827 53024 www.comune.caposele.av.it oggi2-
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Il 6 gennaio scorso, l’amministrazione comunale ha inaugurato, presso i locali di casa Houston ubicati in Piazza Sanità, un nuovo centro polifunzionale denominato CE.AG.G. (Centro di aggregazione giovanile) Il centro è oggi una struttura al completo servizio dei cittadini di Caposele ed a disposizione di chiunque voglia conoscere il territorio e le sue bellezze. Un centro polifunzionale pensato e realizzato anche per creare concrete ricadute sia sociali che turistiche a Caposele. Dopo qualche mese dall’inaugurazione, registriamo un primo bilancio positivo dell’attività della struttura.
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Il DVD "Caposele città di sorgente" molto richiesto è ancora disponibile anche durante le manifestazioni agostane
Il saluto dell'Amministrazione comunale (Delegato al turismo Donatello Cirillo, Il Sindaco Pasquale Farina e il vice sindaco Alfonsina Rosania) al Presidente dei Camperisti di Bari che, nel mese di maggio ha visitato, e soggiornato nel nostro territorio.
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aposele, città di sorgente" è un film documentario che rappresenta uno dei migliori momenti dell'attività della Pro Loco, e corona degnamente gli sforzi che sta compiendo da tanti anni, la rivista "La Sorgente", per valorizzare l'enorme patrimonio umano e culturale del territorio Irpino. Un DVD che mette in evidenza un territorio ricco di fede e di tradizione, di natura e di aspetti interessanti che, spesso, vengono dimenticati. "E' un film documentario - continua- che ha il duplice aspetto di far innamorare chi per la prima volta si accorge di tale incanto e chi, lontano dalle nostre terre da anni, ha riacceso il desiderio di tornarvi. La copia del DVD sarà inserita all'interno di una brochure nuova e straordinaria che è in preparazione la quale ha la velleità di poter fornire ai turisti e visitatori in genere, le notizie più' esaustive relative al nostro territorio. La sorgente, il santuario, le chiese, l'ambiente, la natura e le caratteristiche morfologiche di un luogo straordinario da visitare, sono messi in grande risalto in questa stampa che avrà la peculiarità di contenere, oltre al dvd, anche i flyers di tutte le attività ricettive di San Gerardo e Caposele. Un progetto grafico che L'amministrazione inserisce in un'idea più' ampia dedicata al turismo affinché quest'ultimo possa essere traino di un'economia che deve ritrovare la giusta strada. La promozione turistica, infatti, passa anche attraverso queste forme di promo-
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di Salvatore Conforti e Concetta Mattia
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Piazza XXIII novembre, liberata dagli autoveicoli, puo' ospitare una nuova vita sociale al centro del Paese che aveva necessità di uno spazio esclusivamente pedonale.
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Piccola cronaca
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ncora un’altra affermazione positiva per la Banda Musicale “Città di Caposele”, che nello scorso mese di febbraio ha ritirato il premio Abruzzo 2010 in una cerimonia nazionale svoltasi a Trasacco, in provincia dell’Aquila. Il premio certifica l’elevato standard qualitativo raggiunto dall’ormai consolidato gruppo artistico locale che inizia la stagione musicale proprio dalla cittadina abruzzese, proseguendo poi in diverse località italiane. Per concludere la cerimonia la banda si è esibita in un concerto con l’esecuzione dei migliori brani in repertorio. Il concerto è stato diretto dal Maestro Vito Verzellino, al quale il Presidente della Banda, Luigi Nesta, ha confer-
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'Associazione Pro Turismo San Gerardo ha organizzato il 15 di giugno la tradizionale festa di San Vito. Tante presenze a mantenere vivo il ricordo e il culto per il Santo della roccia. La manifestazione ha visto oltre alla consueta fase religiosa della processione e della funzione in chiesa, tutta la parte ludica e di spensieratezza organizzata, in modo impeccabile dai ragazzi dell'associazione. Gare con la pignatta, corse con i sacchi, specialità gastronomiche e balli tradizionali per una bella giornata da ricordare. Complimenti agli organizzatori che, anche questa volta hanno profuso uno sforzo notevole affinchè la festa di San Vito possa essere rimarcata e ricordata nel nostro calendario come una festa della tradizione.
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a nostra lettrice Maria Salvatore mostra orgogliosa l’articolo che descrive i recenti successi del figlio John, nostro lettore inglese, diventato direttore di un College in Inghilterra (Witham’s Maltings Academy). Questo prestigioso incarico giunge dopo una brillante e meritata carriera. La redazione de “la Sorgente” nel fare i suoi complimenti a Maria, augura a John sempre migliori successi.
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ell’ultima seduta del consiglio comunale prima delle vacanze estive è stato approvato all’unanimità e fortemente voluto dall'assessore Pallante, il provvedimento per l’adesione alla convenzione per la gestione in forma associata del canile e centro di sterilizzazione “il vagabondo” con sede nel comune di Lioni in località S. Maria del piano. Il servizio prevederà, oltre al riconoscimento e controllo degli animali in un’apposita anagrafe, alla sterilizzazione dei randagi, alla collocazione in famiglie dei randagi catturati con servizio gratuito per chi li adotta e una campagna di sensibilizzazione alla salute e protezione degli animali. La gestione integrata assicurerà che tutte queste attività saranno realizzate a costi contenutissimi ma con grandi vantaggi per tutta la nostra popolazione. Gli uffici comunali restano a disposizione per informazioni più dettagliate.
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mato l’incarico di direttore e concertatore anche per la stagione artistica 2010. A tutti, presidente, direttori artistici e componenti della banda musicale, vanno i nostri migliori complimenti con l’auspicio che possano continuare la loro mirabile carriera, un vanto per tutta la nostra comunità.
Il gruppo dei giovani organizzatori dell'associazione "Pro Turismo San Gerardo"
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Il Capitano Luigi Saccone e il Luogotenente Antonio Martino
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ell’ Auditorium S.Gerardo Maiella, gremito in ogni ordine di posti dagli studenti dell’Istituto Comprensivo e del Liceo scientifico e Socio-Psicopedagogico di Caposele si è tenuto, il 13 marzo un incontro dal tema: Il contributo dell’Arma dei Carabinieri alla formazione della Cultura della Legalità. L’incontro, è stato organizzato dalla Stazione dei Carabinieri di Caposele su disposizione del Comando Provinciale dei carabinieri di Avellino nella persona del Colonnello Gianmarco Sottili. Un tema strategico per la corretta crescita socio-culturale dei nostri ragazzi che è stato positivamente accolto anche grazie all’approccio dinamico degli interventi (distribuzione di materiale informativo, proiezione di un filmato riguardante la strutturazione e il ruolo dei reparti specialistici dell’Arma) tenuti dai vari relatori tra cui il nostro Comandante di Stazione, Luogotenente Antonio Martino e il Comandante della Compagnia Carabinieri di Montella, Capitano Luigi Saccone. Plaudiamo a queste iniziative che crediamo siano il miglior modo per comunicare concretamente con le giovani generazioni e per realizzare, oltre ad una maggiore responsabilità, un’utile attività di prevenzione rispetto ai danni creati alla società dalla criminalità organizzata, dai reati verso le persone o il proprio patrimonio ambientale.
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Festa dell’acqua
La prima festa dell’acqua di Caposele è stata un evento per la comunità e per tutti gli altri visitatori giunti che, incuriositi e interessati, hanno ammirato l’acqua che è ritornata, per qualche giorno, nel suo alveo naturale mostrandosi con tutta la spettacolare energia dei quasi 5000 litri al secondo che sono fluiti, tra la musica, il cibo e gli allestimenti di piazza Sanità, dove si è concentrata principalmente la festa. L’amministrazione ha colto l’occasione del ritorno della acqua al suo corso naturale per ricordare il primato di Caposele e per ammirarlo in una luce diversa e brillante organizzando un evento dal titolo “La nostra acqua al nostro fiume” che ha voluto indicare come la comunità caposelese senta fortemente la ricchezza delle sue risorse. Lungi dal pensare di vantare un diritto di proprietà, si è solo voluto celebrare una risorsa sulla quale si fanno troppo spesso solo speculazioni, celebrare un dono anche per ricordare una volta di più che anche se tale, l’acqua non va sprecata. Un’iniziativa che ha rappresentato anche una prova utile a capire e verificare la possibilità di creare un’attrazione turistica sostenibile verso le sorgenti.
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L'immagine dell'Home Page del sito creato da Pasquale Pallante
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iamo sempre con piacere notizie che riguardano nostri compaesani che si distinguono positivamente per il loro operato. In questo caso ci è particolarmente gradita l’occasione di scrivere del successo ottenuto dal Designer Pasquale Pallante, che ha sviluppato e ideato per conto dell’agenzia di Comunicazione IoMedia srl, il sito internet per il celebre fotografo Mimmo Iodice, e con questo lavoro è stato ammesso nella classifica “the FWA” tra i 40 siti più belli del mondo, cosa che non accadeva, ad un sito italiano, da oltre 5 anni! I nostri migliori complimenti al giovane creativo, che spesso collabora anche con le nostre produzioni editoriali. Ad majora!
Un'immagine panoramica di piazza Di Masi anche questa sgombra di autoveicoli
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Schizzo originale di Carlo Aymonino per il progetto del Polo scolastico di Caposele
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a commissione Toponomastica incaricata dal consiglio comunale ha concluso i lavori di individuazione e attrubuzione dei toponimi alle nuove strade di Caposele. Fra qualche mese, avremo le nuove denominazioni e finalmente anche Caposele potrà contare su una omogenea, efficace e motivata toponomastica che darà, al Paese le indicazioni giuste e storiche a ogni luogo e strada.
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a Pubblica Assistenza Caposele ha recentemente dato il via al progetto “gioeducando”- laboratori per ragazzi dai 6 ai 14 anni – un progetto realizzato con “fondi protocolli d’intesa Fondazioni Bancarie e Volontariato - che per 18 mesi accoglierà 40 tra bambini e ragazzi impegnandoli in attività che riguarderanno, oltre al recupero scolastico, le materie: informatica, inglese, recupero delle antiche tradizioni, salvaguardia ambientale, manipolazione di materiali poveri riciclati, teatro.
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Paola Majorana eletta all’Ordine degli avvocati di S.Angelo dei Lombardi Lo scorso 10 febbraio è stata scritta un’altra pagina importante della storia locale. A seguito delle elezioni per il rinnovo del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di S.Angelo dei Lombardi, è stata eletta, prima e unica donna mai eletta in questa istituzione che esiste dal 1948, una nostra stimata concittadina, l’avv. Paola Majorana, già valido presidente della Commissione Pari Opportunità. La nostra redazione formula a Paola i suoi più sentiti complimenti per questo traguardo raggiunto che ci auguriamo possa essere solo il primo di una lunga serie di quei successi personali che portano lustro anche al nostro paese.
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inalmente è stato possibile, attraverso un nuovo progetto di ampliamento del Cimitero, curato dall'Amministrazione comunale, mettere a disposizione dei caposelesi nuove aree per la costruzione di mini cappelle seminterrate e nuovi loculi. Le prenotazioni si possono effettuare tramite gli uffici comunali addetti (ufficio segreteria). Le nuove aree di circa 8 mq. potranno soddisfare la sempre piu' crescente e particolare domanda verso la residenza eterna affinchè non si "debba morire di preoccupazione"...
o scorso 11 maggio, presso la palestra del liceo scientifico "De Sanctis" di Caposele si è svolto il dibattito sul tema "Incontrando Siani - Quando il giornalismo diventa testimonianza di verità e legalità". Hanno preso parte al confronto Geppino Fiorenza, presidente regionale dell’associazione Libera, Rosaria Di Martino, fiduciaria liceo "De Sanctis" Caposele, Pina Lotrecchiano, segretaria liceo "De Sanctis". Erano presenti in sala autorità e rappresentanti della scuola, delle istituzioni e del mondo del lavoro oltre ad una folla di studenti del liceo e degli istituti limitrofi. Nel corso della manifestazione è stato illustrato il giornalino del liceo "Fortapàsc", dedicato alla memoria di Giancarlo Siani. Il dibattito è stato aperto dai saluti del sindaco di Caposele. Tra le autorità presenti, sono intervenute il sindaco di Calabritto, Giuseppe Sierchio, il consigliere provinciale Stefano Farina, le professoresse Rosaria Di Martino e Pina Lotrecchiano, le portavoce della campagna di sensibilizzazione della scuola nei confronti delle comunità locali. L’intervento del presidente dell'assemblea di Istituto Luigi Fungaroli, ha riconosciuto nei giovani la speranza di costruire un futuro senza l'ombra della criminalità, schierandosi apertamente contro l'universo delle illegalità che sono diffuse nella quotidianità di ogni persona. Le conclusioni sono state di Geppino Fiorenza che ha conquistato i presenti citando Don Ciotti: “Come dice lui, va benissimo una giornata dedicata alla lotta all'illegalità e alla criminalità, ma per vincere la battaglia contro le mafie bisogna combattere tutto l'anno sensibilizzando ogni coscienza”.
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n ricordo di Carlo Aymonino Questo giornale, da sempre dedicato alla storia del suo paese d’origine, non può non rivolgere un pensiero affettuoso alla memoria dell’architetto Carlo Aymonino che dopo una lunga malattia, si è spento a Roma la notte del 4 luglio. Fra i massimi esponenti del”urbanistica e architettura del Ventennio a cui si deve, tra le altre cose, una nuova interpretazione dell’idea di “piazza”come luogo di relazione tra la struttura urbana e la soluzione architettonica. Carlo Aymonino ha ricoperto, tra gli innumerevoli incarichi prestigiosi, quelli di Rettore dell’Istituto di Architettura di Venezia (oggi IUAV), docente presso l’Università “La Sapienza”di Roma e di Palermo e assessore per gli interventi sul Centro Storico del Comune di Roma dall”81 all”85. Nato nel 1926, ripercorrere la sua vita significherebbe ripercorrere la storia dell’architettura italiana dal dopo-guerra ai nostri giorni. La redazione de “La Sorgente”, riconoscendo la sua grandezza di uomo e professionista, vuole però ricordarlo in questa sede, per il segno che ha lasciato nel nostro paese con una sua opera, il Polo Scolastico, progettato nel 1988 con i colleghi E. Pitzalis e M.L. Tugnoli, per le sue visite a Caposele, e per le belle parole spese sempre a favore dei nostri territori.
La brochure della nuova Chiesa Madre realizzata dall'assessorato alla cultura del Comune di Caposele.
dei Lombardi Dott. Guerriero, il GIP di Sant'Angelo dott.ssa D'Inverno, la dott.ssa Rizzi Giudice del Tribunale di Avellino, la dott.ssa Casella Giudice del Tribunale di Napoli) ed ai numerosissimi giudici dei Tribunali Irpini intervenuti.
Il 24 aprile 2010 presso l'Abbazia del Goleto la Commissione ha organizzato un importante convegno giuridico su un argomento di scottante attualità: "Stalking e tutela delle fasce deboli". Numerosissime le Autorità Civili e militari presenti (Il presidente del Tribunale, il questore De Jesu il Comandante dei Carabinieri Sottili ) oltre ad un parterre di relatori di tutto rispetto (il procuratore capo della Repubblica di Sant'Angelo Una foto ricordo della Commissione per le pari opportunità dell'Ordine di S. Angelo d. L.
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Attualità
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LA SORGENTE,un legame fisico, affettivo, spirituale per tutte le persone che amano Caposele, messaggero puntuale ed aggiornato di cronaca cittadina
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libatezze gastronomiche, accompagnate da musiche coinvolgenti, euforico come sempre il ballo al bosco, imperdibile l’ormai classica corsa dei “Tre Campanili” e gioiose le mini Olimpiadi. Benvenute le nuove idee vincenti, come la maxi quadriglia da Guinness dei primati, la divertente e creativa “Donkey Race” e la conferma di altre già collaudate, tra cui il palo della cuccagna, la caccia al tesoro, la mostra dei prodotti tipici e di artigianato locale. Un plauso sentito al Coro ed al Gruppo Teatrale. Sono risorse preziose e valori che vanno coltivati, incrementati; iniziative lodevoli, per alcune delle quali si potrebbero auspicare stagioni più lunghe ed occasioni di proporsi anche fuori “confine”. Le fresche energie emerse durante i giochi estivi, la carica di entusiasmo, il senso di appartenenza e di aggregazione, la fucina delle idee, il mettersi in discussione ed attivarsi in prima persona sperimentando nuove situazioni e responsabilità, superando ostacoli e delusioni, costituiscono un grosso bagaglio di esperienza e maturità, utile per portare avanti iniziative anche durante il lungo sonno invernale.
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Largo ai giovani, dunque! Guai a scoraggiarli, meglio ascoltarli ed invogliarli a puntare in alto. Quando serve, qualche suggerimento da chi giovane non è più, uno sguardo a ciò che è stato fatto, magari rovistando nel “baule“ del passato per recuperare le buone idee ed eventualmente riproporle. Mi riferisco, per esempio, a inizia-
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Occorre impostare subito una “scaletta” per fissare pensieri, ricordi, sensazioni, immagini, riflessioni. Caposele uguale a Ferragosto caposelese. Equivalenza bella, ma non sufficiente: Caposele merita più attenzione anche per il resto dell’anno. L’estate caposelese è brevissima anche se intensa. L’agosto 2009 ha segnato il debutto in grande stile dei giovani della Pro loco, entusiasti, collaborativi, propositivi, con un programma accattivante, ricco di eventi, saggiamente distribuiti in tutto il territorio, dedicati a grandi e piccini. Complimenti e grazie a loro, a tutti gli organizzatori ed ai simpatizzanti di supporto. Tra le tante apprezzabili proposte, ottime ed insuperabili le sagre con pre-
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n pomeriggio di Maggio dal sapore autunnale, la pioggia insistente, l’andamento un po’ pigro di chi ha tante cose da fare, ma poca voglia di concludere. Sulla scrivania molti appunti, colori, disegni, un disordine cronologico tipico di chi non sa da che parte iniziare. Lo squillo del telefono pone termine al dilemma. Alla mia risposta una voce dal tono gentile mi porta di colpo in una dimensione diversa. E’ il caro amico Nicola che chiama da Caposele. Una telefonata inaspettata, una gradita sorpresa e, dopo i sentiti scambi di informazione sulle rispettive famiglie, sul tempo ed altro, si arriva alla motivazione: il giornale “La Sorgente” è giunto all’ottantesimo numero e quindi è in programma un’edizione speciale da pubblicare nel mese di Agosto. Affettuosamente mi invita a scrivere un articolo per l’importante evento. Penso quindi al caro giornale, la sua creatura, diventata con il tempo un legame fisico, affettivo, spirituale per tutte le persone che amano Caposele, messaggero puntuale ed aggiornato di cronaca cittadina, con begli articoli, curiosità, fotografie e cari ricordi, apprezzato da chi è vicino e soprattutto da chi è lontano. Nicola oggi, ma al telefono mi sembra di ritrovare il Nicola degli anni settanta, motore trainante di mille iniziative, tanto entusiasmo e voglia di organizzare. Solo la sua voce, seppure ancora giovane, rivela a tratti qualche nota malinconica se si sfiorano alcuni argomenti, alcuni nomi, alcuni affetti. Sensazioni che portano a ripercorrere in pochi attimi un arco di vita di quasi quarant’anni, durante i quali ciascuno ha avuto il buono e il meno buono, il bello e il meno bello. Quaranta anni ed altrettante estati, parola che mi riporta la tema della telefonata. Ve bene, …..grazie per l’invito……….. su quale argomento? Mentre pongo questa domanda mi viene da sorridere, già immagino la risposta: Caposele. Ma poteva essere altro? Caposele, tema amatissimo dal mio interlocutore e non solo, ampiamente trattato in tutti gli aspetti sulle pagine de “La Sorgente”. Quindi, mentre trasferisco la telefonata a Giovanni, e lascio i due “vecchi” amici a chiacchierare e a scivolare in un “amarcord” lungo una vita, rimango a considerare con una certa perplessità la proposta: cosa si può ancora scrivere che non sia già stato scritto da ottime penne ben documentate?
di Luisida Caprio
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AGOSTO!
tive quali il concorso fotografico, che diede origine ad uno splendido volume, l’estemporanea di pittura, impegnativa ma gratificante e prestigiosa, i concerti per piccoli e grandi, attimi di trepidazione ed emozione. Molto interessante la fruizione di alcuni siti caratteristici del paese. Le vecchie cantine: un clima spensierato, un’atmosfera amicale e di ospitalità per una serata che potrebbe essere ancor più allargata, senza tuttavia perdere la genuinità, la semplicità delle proposte e la spontaneità dell’offerta. Piazza Castello: suggestiva ed indovinata la sua scelta per la proiezione del bellissimo documentario “Caposele, città di sorgente”, una poesia tradotta in immagini, e per l’esibizione del bravo Coro nell’antico inno “Il Leone del Sele”. Uno spazio tranquillo dove si può ritrovare una certa atmosfera di Borgo, una terrazza affacciata sul verde della montagna. Quest’ultima immagine mi fa considerare quanto manchino i fiori in Caposele. I balconi e le finestre delle case si stanno “svegliando”. Alcuni sono belli, colorati, giocano con l’intonaco e le
Panorama di Caposele - giugno 2010
pietre delle mura. Ma l’arredo urbano? Troppo poco! Sarebbe interessante dedicare più attenzione a questo aspetto, sia per le aree private che per quelle pubbliche. Quante facciate di case o angoli del paese trarrebbero vantaggio e più gentilezza da note variopinte e curate. Quante soluzioni forse troppo moderne in un contesto così tradizionale potrebbero essere ammorbidite da intrecci cromatici. Altri siti, e il paese ne offre, aspettano di essere valorizzati. Il classico passeggio, che da Piazza Di Masi, su per via Roma, con immancabile sosta sulle panchine della Sanità e una rapida, salubre puntata dentro il Cantiere, “silenzioso custode delle Acque”, con una vaga sensazione di entrare in casa altrui, si ripete ritualmente tante e tante volte nella giornata (si parla ormai di numero di “vasche”). Qualche proposta alternativa: una bella passeggiata lungo il fiume, rendendola più fruibile, senza l’incubo delle auto, fino alla deliziosa frescura delle prime cascatelle; oppure un’altra lungo la strada a mezza costa, salendo piacevolmente per godere di una prospettiva diversa del paese, magari creandovi qualche punto di sosta per chiacchierare, con freschi ristori per piccoli e grandi. Rendere più attraente e ricettivo quello che è il cuore di Caposele, cercare il volto originale dell’antico nucleo e valorizzare le sue peculiarità allacciandole con le altre del vasto e ricco territorio, mediante itinerari di devozione, percorsi artistici, naturalistici e, perché no, enogastronomici. Pensieri, ricordi, immagini, riflessioni si fissano via via sul foglio. Fuori continua a piovere. Chissà come sarà quest’anno il Ferragosto caposelese?
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Storia
I TRECENTO ANNI DI MARIA SS. DELLA SANITÀ A CAPOSELE (1710-2010) BREVE INTRODUZIONE TEOLOGICA di Mario Sista
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ssendo la Valle del Sele abitata in massima parte da cristiani cattolici, è normale trovare in ogni suo centro abitato una immagine o una chiesa dedicata a Maria. Calabritto ad esempio la onora sotto il titolo ‘della Neve’, Valva sotto il titolo ‘degli Angeli’, ad Oliveto Citra è invocata col nome ‘della Misericordia’, Laviano la onora nella sua Assunzione al Cielo. Anche Caposele non sfugge a questa ‘gara’ di affetto verso la Madre di Dio. Ben due immagini di Maria sono care alla pietà mariana caposelese: la più antica è quella di Santa Maria Materdomini, immagine mariana caposelese per eccellenza, veneratissima dalla popolazione della Valle del Sele già dal XVI secolo, fino a quando la venuta di San Gerardo Maiella non ha affiancato e, diciamolo pure, sopravanzato il culto
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luoghi mariani, non è da ascrivere ad una apparizione o a un fatto prodigioso accaduto nel nostro paese nella prima decade del Settecento. Umiltà e povertà condite con tanta fede e devozione, questo c’è all’origine del dipinto di fra Paolo. Partiamo innanzitutto dall’autore. Fra Paolo probabilmente doveva essere un frate francescano del convento di San Francesco di Caposele, alquanto versato nella pittura. Dico probabilmente perché potrebbe anche essere stato uno dei tanti eremiti che vivevano in prossimità del centro abitato: a Caposele c’erano eremiti presso la cappella di San Donato, quella di San Vito e quella più prestigiosa di Santa Maria Materdomini. Ma questa ipotesi non pare sostenibile, essendo gli eremiti in genere molto poveri. Di più non sappiamo, tant’è che Santorelli si limita a parlare di fra Paolo in questi poveri termini: “Quidam nomine Paulus, uti ex traditione accepimus, picturae peritus” (un tale di nome Paolo, come apprendiamo dalla tradizione, perito in pittura). Altrove lo chiama fra Paolo. Lì dove adesso sorge maestoso il campanile della Sanità, vi era una strada con un muro che reggeva il costone del monte Paflagone. Qui dunque, nel 1710, fra Paolo dipinse un’immagine di Maria che rientra nella tipologia orientale della Madonna “Odighitria”, cioè di “colei che ci indica la Via”. E difatti, la Madonna, avvolta in un bel manto, con un braccio avvolge Cristo ponendogli delicatamente la mano sulla spalla, e con l’altra mano lo indica ai fedeli come “Via, Verità e Vita”. Il dipinto di fra Paolo piacque così tanto ai caposelesi che questi volentieri, di ritorno dai campi, si fermavano presso l’immagine per recitarle una preghiera. Difatti, afferma il Santorelli, che nel
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IL CULTO DI MARIA A CAPOSELE
Quadro della Madonna della Sanità
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a vivere in comunione con lui: sia questi vivo o morto non importa. Onorare Maria, dunque, significa accoglierla nella propria casa, proprio come dice il Vangelo di Giovanni: “ E da quel giorno il discepolo la prese in casa sua” (Giovanni, 19:27). Il vero discepolo, quindi, accetta Maria nella propria esistenza. Non è un caso, dunque, che tutte le chiese cattoliche ed ortodosse, abbiano sempre al loro interno una immagine della Madre di Dio.
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suo tempo. Chissà quante volte, dinanzi alle ‘sconfitte’del figlio, alle irrealizzazioni delle promesse celesti (in senso umano, si intende) Maria sarà riandata con la mente alle parole dell’Angelo (apparso sicuramente non in luci abbaglianti, ma secondo lo stile biblico, come un semplice viandante o pellegrino, altrimenti sarebbe stato facile credere ad un essere svolazzante e celeste: e invece la grandezza di Maria sta nell’aver creduto ad un uomo, come Abramo credette ai tre angeli apparsi come pellegrini alle querce di Mamre) per interrogarsi sulla veridicità delle stesse. La risposta ai suoi dubbi però l’aveva sotto gli occhi: era la presenza di quel figlio non avuto da Giuseppe. Nel suo silenzio ella ha continuato a credere e a sperare e, soprattutto, ad imparare dal figlio lo stile di Dio, fatto di abbassamento, servizio, offerta della propria vita, silenzio. È giusto, quindi, per chi è credente, provare tenero affetto filiale verso la Madre di Dio. Non a caso tutti i Santi ne hanno tessuto le lodi: basti pensare a Sant’Alfonso che l’ha cantata più e più volte in molte sue opere e l’ha venerata anche qui a Caposele nell’immagine della Materdomini. La venerazione per Maria e per i Santi nulla toglie a Dio, tutt’altro. Essa è voluta da Dio in quanto manifesta pienamente la realtà della Chiesa intesa come Corpo di Cristo, nella quale le singole membra, unite nell’amore, si aiutano a vicenda e partecipano della grazia di Cristo. E questo al di là del limite
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l culto cristiano verso la Madre di Dio ha origini antichissime. Basti pensare alle primissime rappresentazioni catacombali di Maria, a Roma, dove ella è rappresentata secondo una tipologia che si diffonderà ampiamente: nella contemplazione della sua maternità, ovvero con il Bambino sulle ginocchia. Le immagini di Maria riempiono tutte le chiese della Cristianità, orientale ed occidentale. Anche diverse correnti del cristianesimo protestante, basti pensare all’Anglicanesimo, stanno riscoprendo oggi la figura di Maria non solo come soggetto di fedeltà evangelica, ma anche di intercessione. La pienezza delle virtù in Maria è uno dei motivi per cui il popolo cristiano loda Dio per il dono di questa donna. Non a caso a Caposele un’antica canzone dedicata alla Vergine così la acclama: “Maria della Sanità sì numm’nàta tu, Maria della Sanità sì chiena r virtù”. Lo stesso Angelo nel Vangelo la saluta con le parole che ancora oggi il popolo ama ripetere per rivolgersi a Maria: “ti saluto o piena di grazia”. Il saluto dell’Angelo rivela in Maria una duplice grazia: la presenza della Grazia santificante di Dio, che in Maria si è manifestata abbondantemente (per cui l’Angelo salutando Maria, loda la bontà di Dio, autore di Maria e di tutto ciò che è in Maria, quasi ad ammirare in Maria l’opera di Dio) e la risposta di grazia di Maria, che ha fatto di lei un capolavoro di umiltà, dedizione alla famiglia, preghiera, abbandono totale alla volontà di Dio, anche quando non la comprendeva appieno o le sembrava oscura. Insomma, in Maria ci sono due capolavori: il capolavoro di Dio che l’ha creata e l’ha riempita di ogni sua grazia, come dice appunto il Vangelo, e il capolavoro di Maria, ovvero la risposta di lei a questo dono: pieno ed incondizionato. Da quando Maria accetta di diventare madre, la sua avventura diventa un tutt’uno con l’avventura di Dio nel mondo e la sua vita si complica moltissimo. L’eroicità di questa umile donna la si comprende proprio nel modo di affrontare le vicende che caratterizzeranno la sua esistenza. Basti analizzare le promesse fatte dall’Angelo, tutte poi umanamente non realizzate, quando questi le diede l’annunzio della sua futura maternità: “Egli sarà grande e sarà chiamato Figlio dell' Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide, suo padre...”. Gesù non diverrà certo Re d’Israele e non siederà materialmente sul trono di Davide, tutt’altro, di lì a poco nascerà in una stalla tra paglia e sterco, e Maria non sarà nemmeno ospitata dai parenti di Giuseppe a causa della sua condizione di ragazza rimasta incinta al di fuori della Legge. “Regnerà sulla casa di Giacobbe in eterno e il suo regno non avrà mai fine” (Luca 1:32-33). Maria vedrà invece suo figlio lavorare come carpentiere, predicare per la Palestina e morire su di una croce, il modo più vergognoso per morire del
La Chiesa della Sanità nella sua posizione originaria (foto di fine 800)
temporale della morte, visto che la morte, per la teologia cristiana, è stata distrutta dalla Risurrezione di Cristo. Solo a Dio va la gloria, ovviamente, ma nel senso in cui la specifica uno dei primissimi santi della Chiesa, Ireneo di Lione: “la gloria di Dio è l’uomo vivente”. Venerare la Madre di Dio e i Santi, quindi, significa onorare sommamente Cristo che in essi ha manifestato se stesso in pienezza. Altrimenti verrebbe irrimediabilmente sminuita la volontà di Dio di dare ad ogni uomo, che vive in lui e per lui, la sua gloria, la sua potestà, il suo regno. Dio non è geloso delle sue prerogative, ma le partecipa all’uomo che acconsente
a Maria sulla collina di Materdomini. La seconda, più recente ma non meno cara, è l’immagine di Maria invocata sotto il titolo ‘della Sanità’. Si può giustamente dire che è questa la Madonna di Caposele, l’immagine, cioè, alla quale oggigiorno il paese si sente legato da affetto filiale. Di questa seconda immagine quest’anno si festeggiano i trecento anni da quando fra’ Paolo la dipinse, nel 1710, in una nicchia addossata ad un muro posto nelle vicinanze delle sorgenti del Sele. Bisogna far riferimento a Nicola Santorelli per conoscere un po’ la storia del culto verso la Madonna della Sanità a Caposele. L’origine del culto, a differenza di tanti
Acquasantiera in pietra posta all’interno della Chiesa della Sanità
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La Chiesa nella posizione attuale domina maestosa la grande Piazza antistante
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incoronata dallo stesso prelato. Questo lo scenario che si presentò la mattina del giorno della festa, il 21 Agosto: “La strada che dalla Chiesa Parrocchiale mena alle sorgenti fu riccamente pavesata da luminarie e drappi, e due concerti musicali allietarono il paese in quei giorni. Merita perciò speciale ricordo il famoso concerto di San Severo di Puglia, diretto dal valente Prof. Luigi Santori che in due sere ci fe’ gustare il sublime della musica. Verso le otto, tutto il popolo era già pronto per formare il solenne corteo che fu così disposto: precedeva con due stendardi l’associazione delle Gerardine; seguiva poi il M. R. Clero, S. E. Ill.ma e Rev.ma Mons. Piccirilli, fra due angioletti che portavano le corone, il Municipio in forma ufficiale, il concerto di S. Severo e una immensa folla, formata da Caposelesi e moltissimi pellegrini, venuti dai paesi della valle del Sele e dell’Irpinia”. Giunti alla chiesa, già gremita di popolo, l’Arcivescovo “in abiti pontificali, benedisse le due ricchissime corone d’oro e, al canto solenne del Magnificat, le depose sulle auguste fronti di Maria e del vezzoso Bambino”. Il rito si concluse con l’omelia tenuta dallo stesso Arcivescovo di Conza. Più tardi, nella chiesa madre fu celebrata la solenne Messa pontificale e “dopo il canto del vangelo, salì il sacro pergamo, a tessere le lodi di Maria, il colto Padre D. Antonino Di Coste del SS. Redentore”. Lo stesso giorno fu portato per le vie principali del paese, per la prima volta, il quadro che riprende l’immagine della Vergine della Sanità, quadro che ancora oggi viene portato in processione il giorno della festa, donato da due caposelesi emigrati a Montevideo, Raffaele Gatta e Alfonso Grasso. “Chiusero le grandiose feste delle belle proiezioni cinematografiche e splendidi fuochi pirotecnici, preparati da due valenti artisti”. Il terremoto del 23 Novembre 1980 risparmiò la cappella ed il campanile della Sanità, unico edificio religioso di rilievo storico rimasto illeso nell’intero territorio comunale. Grazie al subitaneo intervento di alcuni caposelesi, nei giorni seguenti il sisma, la chiesa fu altresì risparmiata dalla drastica ed impulsiva decisione di demolizione. Decisione dettata, negli allora responsabili del bene comune, dalla necessità di creare ulteriore spazio per i soccorsi destinati ad un paese ridotto ad un cumulo di macerie. Debitamente restaurata, la chiesa ha sostituito la chiesa parrocchiale per un quarto di secolo ed ora, pur essendo stata inaugurata la nuova chiesa madre di San Lorenzo, continua ad essere, grazie all’attaccamento dei caposelesi, aperta a chiunque voglia fermarsi per una preghiera o per contemplare, in alto nella sua originaria, povera nicchia, l’immagine tenera di Maria che oggi, come al contadino di trecento anni fa, continua ad indicare suo figlio Via da percorrere e Sorgente della salvezza.
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l’appellativo ‘della Sanità’ ovvero, nel linguaggio del tempo, ‘della Salute’, in chiaro riferimento alla salute delle persone e alla purezza apportatrice di salute delle acque del Sele che sgorgavano ai piedi del dipinto. Probabilmente, dopo tale fatto, l’edicola fu ulteriormente abbellita. Certo è che bisognerà aspettare più di cento anni perché il dipinto, tolto dal muro della strada prospiciente le sorgenti del Sele, avesse degna collocazione in una bella cappella ad uopo costruita. Nel frattempo l’edicola, col passare degli anni, andò sempre più rendendosi inagibile. Nel 1812, a causa delle “larghe fenditure, prodotte dalla frana del suolo e dalla corrente impetuosa del fiume” fu presa una drastica decisione: togliere il dipinto dal suo sito originario presso le sorgenti e trasportarlo nella chiesa di San Francesco (attuale chiesa madre). Fu quindi posto in un altare secondario della chiesa dove continuò a ricevere la devozione dei caposelesi. Qui vi rimase per più di quarant’anni. Ma i caposelesi non dimenticarono il sito originario dove fra Paolo lo aveva dipinto. Ciò che fece sì che l’immagine ritornasse nel suo primitivo luogo furono due luttuosi eventi verificatisi nel 1837 e nel 1839: due epidemie di colera asiatico. Siamo nel 1837 e nel Luglio di quell’anno il colera si diffuse per tutta Europa mietendo milioni di vittime. Giunto a Caposele, vi uccise decine di abitanti. Anche in questo frangente la popolazione si rivolse alla Madonna, ottenendo il lento ma progressivo ritirarsi del male. Ma l’episodio che più di tutti legò il popolo caposelese all’immagine della Sanità fu l’epidemia di colera del 1839 che si diffuse e fece vittime nei paesi viciniori. Caposele fu totalmente risparmiata dal contagio. Difatti, dai documenti relativi ai decessi di quell’anno nessuna persona di Caposele risulta essere morta per colera. In ringraziamento di questa protezione accordata da Maria alla
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mirarla “laetati sunt Capitis Silari cives”, gli abitanti di Caposele si rallegravano nel guardarla, tanto era bella. Col trascorrere degli anni, fu costruita, per ripararla dalle intemperie, una casupola aperta sui tre lati a mo’ di edicola, presso la quale un contadino che abitava lì vicino, appendeva ogni sera una lampada dopo aver recitato una preghiera. Fino al 1743 l’immagine della Madonna della Sanità rimase una delle tante, anonime immagini dipinte lungo le strade, alle quali la gente, passando, offriva il semplice ma profondo tributo della propria fede fatta di preghiere, fiori, qualche goccia d’olio per la lampada. Nel 1743 la penisola italiana fu sconvolta dall’apparizione della peste. Il 20 marzo di quell’anno attraccò nel porto di Messina una nave genovese carica di tabacco, proveniente da Missolungi, contagiata dal morbo che imperversava in Grecia. In pochi giorni il contagio si estese all’intera città: su circa 62.000 abitanti ne morirono 51.000, più dell’80%. Da Messina la peste attraversò lo Stretto, e dopo aver ucciso circa 4000 abitanti (su 15000) di Reggio Calabria risalì lo stivale, minacciando seriamente l’intero Regno di Napoli. La popolazione di Caposele nel Giugno di quell’anno, saputo dell’avvicinarsi del contagio (che proprio in questo mese registrò il suo picco massimo) si rivolse allora alla povera ma bella immagine della Madonna, invocandone la protezione. Narra Don Arsenio Caprio, curatore di un libricino di devozioni alla Madonna della Sanità risalente al 1913, che il paese fu allora totalmente liberato dal contagio. La paura della peste a Caposele era radicata moltissimo: nemmeno cento anni prima (1656) il paese, a causa di questo morbo, aveva visto morire ben 2500 dei suoi 3000 abitanti. Fu forse a partire da questo evento (o dei successivi del 1837 e 1839) che si iniziò a invocare la Madonna rappresentata nel dipinto di fra Paolo con
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La chiesetta della Sanità , interno
sua città i caposelesi fecero voto di costruirle una chiesa lì dove fra Paolo l’aveva dipinta, ovvero presso le sorgenti del Sele. La nuova chiesa fu inaugurata nel 1857. Ancora oggi una lapide in latino, entrando a destra, ricorda il voto fatto dai caposelesi a Maria. Costruita la chiesa, il dipinto fu caricato su un carro e portato dalla ex chiesa francescana (diventata nel frattempo chiesa madre) al nuovo tempio, tra canti melodiosi e con il concorso di tutta la popolazione. Presumibilmente in questa occasione stabilita come giorno di festa la prima domenica dopo il 16 di Agosto. A partire dal 1839 iniziarono anche una serie ininterrotta di pellegrinaggi da parte dei paesi della valle del Sele, pellegrinaggi che sono continuati fino agli anni ’70 del secolo scorso. In seguito alla costruzione dell’Acquedotto Pugliese, si rese necessaria la demolizione della chiesa per le opere di captazione. I caposelesi acconsentirono a questa drastica decisione a patto che la chiesa venisse ricostruita così com’era in prossimità del sito originario e che il campanile rimanesse esistente, a memoria del vecchio luogo in cui sorgeva la cappella. Il dipinto, dunque, fu nuovamente staccato dall’abside della chiesa e portato in chiesa madre, dove rimase più di due anni. Nel 1910 la nuova chiesa fu completata e, come riferisce Don Arsenio Caprio “il 3 aprile 1910, nelle ore del mattino, il sacro dipinto di fra Paolo fu solennemente traslato nel nuovo tempio. All’imponente processione intervenne il Molto Reverendo Clero e un popolo immenso che, riverente e commosso, cantava le melodiose strofette del Padre Enrico del SS. Redentore (la canzone che ancora oggi si canta per la processione). La tradizione popolare raccolta vivo oraculo a Caposele vuole che in questa occasione i buoi che trainavano il carro addobbato a festa sul quale era posto il dipinto, senza essere guidati da nessuno, spontaneamente trasportarono la Madonna alla nuova chiesetta. Lo stesso anno, il giorno di Pasqua, lo stesso Don Arsenio Caprio, rettore della chiesa, facendosi voce del comune desiderio dei caposelesi, manifestò l’intenzione di offrire alla Vergine e al suo Bambino una corona d’oro, “per darle, ancora una volta, una pruova di profonda gratitudine e di affetto santo e perenne”. Fu perciò nominato un Comitato che si dedicò con entusiasmo alla preparazione delle solenni feste in vista del giorno dell’incoronazione. Notevoli contributi furono dati dai caposelesi emigrati nelle due Americhe. Le due corone auree furono lavorate dalla Casa La Perla di Napoli. Il 20 Agosto 1910, dopo un solenne novenario di preparazione, la nuova chiesa della Sanità fu benedetta dall’Arcivescovo di Conza, Mons. Nicola Piccirilli, ed il 21 Agosto l’immagine della Madonna fu solennemente
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Attualità Storia
CAPOSELE 1939 ultimo atto dello scippo delle acque di Michele Ceres
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contro l’elefante e la formica non poteva vincere l’elefante. La rapina si consumò concretamente nel 1940, quando l’EAAP chiese ed ottenne, mercé l’intervento del Ministero della Guerra a cui aderì anche quello dei Lavori Pubblici, la deviazione solo notturna per propri usi delle acque di competenza del Comune. Nel 1943 lo scippo fu compiutamente consumato, perché la deviazione da notturna divenne anche diurna e, quindi, perpetua. Solo nel 1970, dopo circa trent’anni, il Comune fu parzialmente ed irrisoriamente risarcito del torto subito. Oggi, l’acquedotto pugliese è diventato una società per azioni, non è più un ente a partecipazione statale. Ma una società per azioni, per sua natura, si muove in una logica di mercato, nel cui ambito, nel caso specifico, non possono non trovare posto le legittime aspettative della popolazione di Caposele.
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le aride province pugliesi. Per sopperire ai bisogni pubblici e privati del Comune, il Governo, tramite il suo concessionario, si obbligava a lasciar defluire liberamente nell’alveo del Sele un volume di 500 litri di acqua al secondo, riducibile a 200 nel caso in cui la portata delle sorgenti della Sanità fosse scesa al di sotto di 4000 litri al secondo. In quel tempo, buona parte dell’economia locale si incentrata su un complesso di opifici (mulini, tintorie, frantoi per la molitura delle olive, gualchiere) che utilizzavano l’acqua del Sele come forza motrice. Resti di una gualchiera sono esposti nel Museo delle acque, da poco allestito, presso Casa Houston. Ultimata la transazione, il Governo, a mezzo della sua concessionaria – società Ercole Antico – eseguì i lavori dell’acquedotto. Alla società Ercole Antico subentrò, quale nuovo concessionario, un organismo costituito ad hoc, che assunse il nome di Ente Autonomo Acquedotto Pugliese, il quale, aiutato da politici pugliesi, ben presto, incominciò a brigare per integrare la portata dell’acquedotto con le acque residuali del Sele ( 500 litri) che liberamente, come dall’atto di transazione del 1905, defluivano nell’alveo del fiume. L’EAAP promosse, a tal fine, una serie di incontri a livello nazionale, talvolta tenendo all’oscuro lo stesso Comune di Caposele, per essere legittimato nella sua arrogante pretesa di includere fra le acque di sua competenza anche quelle che erano di esclusivo uso dei Caposelesi. Furono organizzate riunioni a Roma, a Bari e ad Avellino; fu effettuato un sopralluogo, a cui non partecipò il Comune, perché non invitato (che squallore!). Seguì, poi, la redazione del progetto di captazione delle acque in questione. Nella riunione del 4 maggio 1939, che si svolse presso il Ministero dei Lavori Pubblici, l’EAAP ebbe partita vinta. Al Comune sarebbe spettato un indennizzo forfettario di un milione e mezzo di lire più altre trecentomila per i privati danneggiati nelle loro attività produttive. Si trattava di un sopruso vero e proprio. Il 27 maggio 1939, con un’imponente manifestazione, il popolo di Caposele tentò di dire basta alle angherie, ma era la lotta della formica
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dal Prefetto di Avellino una riunione sul Municipio di Caposele per siglare un atto che avrebbe sancito l’ennesimo torto a danno della Comunità locale. All’arrivo del Prefetto, delle altre autorità e dei delegati del Consiglio di amministrazione dell’EAAP (Ente Autonomo Acquedotto Pugliese), la popolazione insorse in maniera tumultuosa, gridando all’unisono la decisa e ferma volontà dei Caposelesi di non voler subire, passivamente, l’ennesimo sopruso da parte dall’EAAP con il beneplacito e la complicità del Governo di Roma. Al grido di “L’acqua non si vende” fu impedito a tutti di accedere alla sede del Comune. Cosa inammissibile per i tempi! Non dimentichiamo che si era in pieno regime dittatoriale e, in particolare, nel periodo di massimo consenso degli italiani per il fascismo. Le adunate di popolo erano assolutamente vietate; qualsiasi protesta popolare assumeva il carattere di una rivolta contro il regime. Furono le donne che, coraggiosamente e noncuranti delle conseguenze, impedirono ai Carabinieri di procedere all’arresto dei loro uomini e degli organizzatori della sommossa, fra i quali primeggiava don Pasquale Ilaria, mutilato di guerra. Il Prefetto e gli altri convenuti ripararono nella vicina Calabritto. Dopo qualche giorno, i protagonisti della manifestazione furono arrestati e sottoposti a giudizio. Don Pasquale Ilaria fu condannato al domicilio coatto alle isole Tremiti, alla stregua di un comune delinquente; altri manifestanti furono condannati a pene più lievi ed il maestro elementare Camillo Benincasa fu trasferito d’ufficio a Montefalcione. Quale l’origine della protesta? Nel 1905 il Comune di Caposele aveva stipulato con il Ministero del Lavori Pubblici una transazione con la quale il Comune, a fronte di un indennizzo di 700.000 lire, riconosceva la demanialità delle acque delle sorgenti del Sele, le quali potevano, in tal modo, essere utilizzate dal Governo, tramite suoi concessionari, per alimentare, con la costruzione di un colossale acquedotto,
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l 27 maggio 1939 è una data che i Caposelesi non dovrebbero dimenticare, perché costituisce un esempio di unione di intenti e di comunanza di interessi, che oggi sembrano non far più parte del patrimonio ideale dei Caposelesi. È, allo stesso tempo, una inequivocabile dimostrazione dell’ingratitudine dei Pugliesi, di ieri e di oggi, verso una terra generosa, privata della sua risorsa più importante: l’acqua. Eppure, ancora agli inizi del Novecento gli abitanti della Puglia non avevano accesso, se non limitatamente, all’acqua pulita. Non disponevano, di conseguenza, nemmeno dei più semplici sistemi igienici per smaltire i loro escrementi. Non pochi erano costretti a defecare nei campi lontano dalla propria abitazione. Quando finalmente pioveva era una festa per tutti. L’acqua piovana veniva conservata in apposite cisterne per essere un po’ alla volta utilizzata per i bisogni più elementari. Esiste una scena significativa della fiction RAI su Giuseppe Di Vittorio, che riprende gli abitanti di Cerignola che si affannano, durante un acquazzone estivo, a raccogliere in grossi recipienti l’acqua piovana che scorre lungo una strada in lieve pendio. È difficile per noi di Caposele immaginare che una comunità possa vivere con poca acqua a disposizione, se non ricorrendo ad immagini televisive come quella ora descritta o che rappresentano donne di paesi del continente africano, che sono costrette a percorrere per un tanica d’acqua, neanche molto pulita, 20 – 30 Km al giorno. Cosa rimarrebbe della vita civile, dell’agricoltura e delle industrie pugliesi se, per assurdo e Dio non voglia, si esaurissero le sorgenti della Sanità? Resterebbe ben poco. Sarebbe una catastrofe di proporzioni bibliche. Ciononostante, la riconoscenza non sembra albergare nell’animo degli amministratori dell’Acquedotto Pugliese e della Regione Puglia, i quali non sembrano siano coscienti del fatto che la loro crescita si basa , tutto sommato, su ciò che i linguisti chiamerebbero un ossimoro, ovvero un furto legalizzato. La rapina delle acque riguarda Caposele in primis, ma anche altri paesi dell’Irpinia, essendo l’acqua tra le principali risorse naturali della nostra Provincia. Nondimeno, a beneficiare di tale ricchezza non sono le nostre Comunità. Infatti, le acque di Caposele e di Cassano Irpino sono state destinate per la quasi totalità alle popolazioni pugliesi e lucane e solo in minima parte a pochi comuni della nostra provincia; quelle di Serino all’area metropolitana di Napoli; quelle di Calabritto e Senerchia al Cilento. Non una sola sorgente alimenta attività produttive locali. Ragionando per paradossi, è come se i Caposelesi si appropriassero di un tratto di costa del Gargano per fruire degli utili connessi al turismo, che in quei luoghi è fiorente. Ma, veniamo ai fatti. Cosa successe il 27 maggio 1939? Di buon ora, gran parte della popolazione di Caposele si era adunata in piazza Di Masi, allora del Plebiscito, e lungo le strade ad essa adiacenti. Era stata indetta
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Il borgo originario durante i lavori di captazione delle sorgenti del Sele.
Le foto riportate in successione verticale raccontano le varie fasi della “Grande sete” della Puglia.
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Fatti e Personaggi
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velocemente, sospinta da un’asta, anch’essa di ferro. Tra i molti amici c’era spesso anche Fernando Cozzarelli, nonché Gigino Corona, fratello minore di Ercolino, di cui con vero rammarico si perse la presenza dopo la sua partenza, in servizio militare di leva, in Africa credo in Libia, allorché ne venne affidato all’Italia il controllo temporaneo. Egli poi, dopo la guerra, si sposò e si trasferì a Roma, dove si ammalò e poco dopo vi morì. Anche di Gigino, che era di qualche anno più anziano, non posso dimenticare la vivacità e l’intelligenza. Egli, prima di partire militare aveva conseguito il diploma magistrale, ma non effettuò mai l’insegnamento, né mai ritornò stabilmente - non so dirne il motivo - a Caposele. Termino a questo punto, impegnandoni di riprendere l’argomento nel prossimo bimestre, all’uscita del successivo numero de “La Sorgente”, sempre che i miei scritti siano bene accetti dai miei compaesani e da chiunque altro riceverà il periodico. Saluto tutti affettuosamente.
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arnese, qualora ne fossero venuti a conoscenza i Carabinieri del luogo. Ma di episodi più o meno simili ne potrei citare tanti e tra essi quello riguardante il viaggio effettuato a bordo dell’autovettura da noleggio di Vittorio Nesta, in Calabria, per fare in modo che Fernando potesse incontrare una collega universitaria conosciuta a Napoli. Rammento che sull’auto, oltre che Fernando e il conducente Nesta, prese posto Ercolino Corona, all’epoca ancora fidanzato e poi marito di Mimì, sorella come prima accennato di Fernando. Ad essi mi unii anch’io, perché essendo da oltre due anni arruolato nell’Arma dei Carabinieri e trovandomi in licenza breve a Caposele, in divisa, col grado di Vice Brigadiere, dovevo raggiungere Nicastro (provincia di Catanzaro) per riprendere servizio presso la locale Compagnia. Sfruttando l’occasione, su gentile offerta di Fernando ed Ercolino, li accompagnai per quasi l’intero itinerario, felice di trovarmi in compagnia anche del caro amico Vittorio. Lungo il percorso, che per vero non fu affatto agevole, in quanto le strade erano in parte ancora in terra battuta, ci divertimmo moltissimo. In più circostanze, abusando della mia uniforme e provocando l’ilarità dei compagni di viaggio, facendoci passare tutti per tutori dell’ordine, ingenerammo timori e preoccupazione in ignari cittadini e utenti della strada. Tra l’altro Fernando venne fatto passare per un Ufficiale dell’Arma di alto grado in borghese, ed egli in tale ruolo si disimpegnò così bene da apparire quasi vero. Dopo molte ore, raggiungemmo Nicastro e là lasciai, con vero dispiacere, i miei amici, che proseguirono per Locri (Reggio Calabria), dove erano diretti. Tornando ai miei ricordo, quando affrontiamo le curve della strada provinciale che da Ponte Sele porta a Caposele, passando per la località detta “rena janca”,mi sovvengono tanti episodi della fanciullezza, che mi videro in compagnia di amici coetanei, quando correvamo su quella strada col fondo sconnesso e ancora in terra battuta, gareggiando con “lu ruotiello”, il quale non era altro che una ruota senza raggi né gomma di una vecchia bicicletta oppure la parte superiore in ferro di una caldaia casalinga in disuso, che opportunamente saldata alle estremità, consentiva di ruotare
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1945, quasi al termine della Seconda Guerra Mondiale) era ancora in gran parte invaso di acqua, che affascinava noi giovanissimi, desiderosi di fare un bagno in un luogo d’alta montagna e lì prepararci il pasto a base di patate, trote e selvaggina cacciata in luogo. In merito rammento anche che per convincere Don Luigi ad autorizzare il figlio Fernando ad accompagnarci, ci volle tutta la mia personale opera di persuasione, perché l’avvocato mi voleva molto bene e si fidava di me. Partimmo la sera inoltrata con lampade da carrettiere e alcuni che erano maggiorenni armati di fucile da caccia . Tra i tanti amici che ci affiancarono ed indirizzarono ricordo Leuccio Cuozzo, Pellicano, Salvatore Peccatiello ed un altro che incrociammo alla “castagneta”, di cui non ricordo il nome e che da allora non ho più incontrato, ma che se non erro era fratello di un compaesano che aveva subito l’amputazione della mano destra e che aveva frequentato la quarta classe elementare, il cui insegnante era Don Giovanni Benincasa. Ricordo che frequentava la mia stessa classe, scriveva con la mano sinistra, ma con una grafia talmente perfetta, da destare l’ammirazione di tutti i compagni e dello stesso insegnante, che lo additava come esempio per tutti. Il fratello, come ho prima precisato, incontrato alla “castagneta”, si unì al gruppo e noi lo accogliemmo con grande piacere. Il suo ricordo è per me tuttora tanto vivo, perché era armato di un rudimentale fucile, che aveva realizzato lui stesso, con le sue mani, su un sostegno di legno, sul quale aveva collocato una canna di un vecchio fucile ed un grilletto., non so dire in che modo. Molti dei presenti che di armi se ne intendevano, rimasero meravigliati e, al tempo stesso, preoccupati di quell’arma, per cui lo invitarono a non usarla. E in questo lo stesso Fernando con uno strappo rapido glielo tolse di mano e ricordo che gli disse a nome anche di noi tutti che lo avrebbe tenuto lui, fino al ritorno a Caposele. E così fu, alternandoci a turno nella custodia della pericolosa arma, che a mio giudizio se usata poteva provocare il ferimento e addirittura la morte del proprietario ed eventualmente di qualcuno dei gitanti. Una volta ritornati a Caposele, l’arma in questione venne eliminata, se non ricordo male, da Leuccio Cuozzo e di essa in seguito non se ne seppe più nulla, né mai se ne parlò più, anche per evitare pregiudizio al costruttore del pericoloso
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ricordi…. Quando mi reco, almeno una volta al mese, al mio paese natio, seguendo la strada provinciale che conduce al cimitero di Caposele , ove riposano i miei cari, hanno inizio i ricordi più vivi della mia fanciullezza e giovinezza, in cui si inseriscono vicende e fatti legati ad amici e parenti, purtroppo in massima parte non più viventi, ma pur sempre fermi in me, nel mio animo e nel mio affetto. Tra i tanti cari ricordi, vi è quello di Ferdinando Cozzarelli - per molti compaesani meglio noto col nome di Fernando - già Sindaco di Caposele e tanto apprezzato non solo per le sue qualità umane, per la sua cultura e per l’amore per il paese ma anche per le sue capacità di avvocato civilista, professione che svolgeva in molti paesi dell’Alta Irpinia, ma più ancora a Napoli, dove aveva casa e dove conduceva un importante studio professionale. Fernando, permettetemi di ricordarlo, apparteneva a una delle famiglie più antiche e prestigiose della zona e particolarmente di Caposele. La sua casa avita è, come tutti sanno, sullo sfondo della piazza intitolata al grande Francesco Tedesco, casa che i Cozzarelli dividono con l’altro ramo parentale del carissimo Lorenzino Cozzarelli, da poco deceduto, insegnante presso il Liceo Scientifico del luogo. Ma non posso ricordare il caro amico e coetaneo Fernando, se non parlassi, sia pure brevemente, dei componenti la Sua famiglia, che ho quasi tutti conosciuti, a partire dal padre avvocato Luigi, dal fisico prestante e uomo autoritario e severo; della madre Dora Caprio, insegnante, gentile e buona: delle sorelle Rosa detta Rosuccia e Gelsomina chiamata Mimì e per ultimo di Francesco detto Franco, attualmente dirigente assicurativo a Napoli. Per completezza espositiva, non posso tacere la gentile consorte di Fernando e soprattutto la figlia Dora , che egli tanto amava, ma che io non ho avuto il piacere di conoscere e che spero di poter fare al più presto. Riprendendo però l’argomento principale di questo mio scritto e parlando di Fernando e della fraterna amicizia che fin dall’infanzia ci legava, non posso tacere alcuni episodi che ci videro insieme, come ad esempio quando decidemmo con altri amici compaesani di recarci, attraversando impervie strade di montagna, a Lago Laceno situato in territorio del comune di Bagnoli Irpino,e che all’epoca ( parlo dell’anno
Offre l'acqua del Sele al Cardinale Caprio
Firma con A. Merola le liste elettorali
1973 - veglione di capodanno della ProLoco
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La pagina dell'emigrante
L’orgoglio di un emigrante Forse alla voce di U.G. Malanga si unissero tante altre testimonianze di cittadini d’oltre oceano, noi tutti saremmo più riflessivi verso “pezzi” di umanità ferita e ingiustamente offesa dagli egoisti moderni che tendono a dimenticare gli itinerari di speranza di nostri antenati. La Pro Loco fa bene a coltivare l’esempio di questi nostri concittadini. In tal modo la memoria assume un valore pedagogico e l’amore per Caposele è più sincero, delicato ed intenso, fosse pure per la circostanza che si ama di più ciò che ci manca in quanto è distante da noi
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Espatriato 50 anni fa, integrato perfettamente in un sistema dove le opportunita' non mancano e dove le capacita' vengono riconosciute, ha condotto in proprio una tipografia di tutto rispetto, dimostrando in mille modi il suo multiforme ingegno senza mai dimenticare le sue origini.
Ricordo dell’ultimo ferragosto, le sagre delle matasse, fusilli e gnocchi al sugo, con salutare partecipazione a mo di sfida, l’allegria chiassosa dei nipoti e pronipoti, l’affascinante varietá dei fiori e, ancora, delicati accenni a quelli che già partirono, affidandoli alla bontà del Santo protettore. Con la loro incommensurabile amabilità, diffondono una forza divina, sublime, un’amore vero, estremamente sincero. Orgogliose dei loro amabili precursori, educati in sentimenti migiori possibili, ringraziano il Supremo, umilmente. Specchia, in loro, la giovinezza d’un di, d’una primavera che mai sfiorirà, bellezza che giammai perderanno... ...queste venerabili “NANONNE!”
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Abbiamo letto con interesse il libro scritto da Umberto Malanga “L’ultimo emigrante”, ascoltato, affascinati, le numerose composizioni pianistiche che puntualmente ci trasmette via e-mail, gustato ed apprezzato le tante poesie tutte ispirate al piccolo ed indimendicabile paese natio.
LE NONNE Confortevoli, accanto al caminetto, che, silenziosamente, la legna arde, le amabili NONNE, in attività costante, briose, solerti, con ago e filo in mano, ricamano, di mille motivi ornamentali, un vistoso vestido, per un bella bimba, tra il furbo sguardo d’un pigro micino, che, stravagante, sbadiglia in un cestino. Un ceppo brontola, ch’è un pò umido. L’una e l’altra, raccontano il passato, commentano il presente, serenamente. Il tempo passa allegre, ma non troppo. Un rapido schiocco: è il ciocco che si disfa. Là fuori fiocca e, silenziosa, la neve cade, poi queste, ardimentosamente eloquenti, spazzano via quei perfidi intrighi antichi, quelle implicazioni, che a niente servono.
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mberto Gerardo Malanga, un caposelese emigrato 10 lustri fa verso il Nuovo Mondo, dando alle stampe “L’Ultimo Emigrante” dichiara di voler commemorare i suoi 50 anni di permanenza in Brasile. Il termine “commemorare” usato dall’autore recchiude la finalità della sua opera: con l’ausilio della sua famiglia, infatti, egli fa rinascere e rivivere un’esperienza umana passata, dandole un valore collettivo per un presente, alquanto impermeabile e refrattario ai temi dell’emigrazione. La scelta, poi, di pubblicare la sua fatica “letteraria” in italiano con testo a raffronto in portoghese, disvela la genuina attitudine comune a chiunque parta: un attaccamento radicale alla propria terra d’origine combinato con un entusiastico rispetto globale per la nuova patria adottiva. Come a dire, non rinuncia mai alle proprie radici e nel contempo si è riconoscenti verso chi ti adotta, se è sincera la sua accoglienza. U.G. Malanga sembra dirci, infatti, che la partenza triste di un emigrante non deve essere mai vissuta come un fallimento se si approda altrove e questo luogo ti colma di successi, primo fra tutti una completa integrazione e un’attesa ascensione sociale. Da questo punto di vista, il suo Brasile, che pure ha conosciuto i bui giorni della dittatura prima del suo approdo democratico, è un modello da studiare. La narrazione del suo “migrare”, in molti tratti sembra calcare le orme dei “travel-writers del 700 nello sviluppo di episodi in un crescendo di eventi e di azioni positive: un granello italiano che si è fatto strada, aggiungendosi ai tanti italiani di successo che hanno fatto grande San Paolo, dove la nostra lingua è molto di casa. Nel leggere questo viaggio ideale e materiale di Malanga, sono rimasto colpito dalle tappe che egli scandisce: esse sono quelle classiche fissate dall’emigrazione europea post-coloniale (Napoli, Marsiglia,Barcellona, Dakar,Salvador, Rio etc. Tappe di itinerari che hanno portato tanti italiani a sfamarsi, ma, se lette all’incontrario, esse sono i moderni scali che portarono tanti cittadini poveri del mondo a rivlgersi alla vecchia Euriopa in nome di una dovuta solidarietà.
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Umberto, Provieni da un paese privo di risorse ma ricco di uomini come te che hanno saputo, pur con immani sacrifici, realizzare i sogni di un futuro migliore. Ti sei pienamente realizzato nel lavoro e nella vita, insieme alla tua amata Sidigna, donna ammirevole e colta. I tuoi figli hanno ricambiato ottenendo splendidi risultati professionali e mantenendo nei vostri confronti, un grande affetto. Tu, pur avendo ottenuto queste grandi soddisfazioni, hai mantenuto nel cuore la tua terra d'origine con i suoi Monti Picentini, le sue case, i fiumi, gli alberi fioriti, in particolare i roveti o meglio "li ruviti" in dialetto irpino, ma soprattutto le persone a te più care. Hai mantenuto un legame solido con i parenti conservando anche un tenero ricordo per quelli non più in questa vita. Hai costellato di numerose fotografie il libro che ti vede autore, ti sei ricordato della tua fanciullezza trascorsa a Materdomini, non hai dimenticato neanche la tua insegnante di catechismo: Luigina Malanga, da te simpaticamente definita la "mia professora". Comprendo bene ciò che hai provato, allontanandoti dalla tua terra d'origine perchè la storia dell'emigrazione italiana è documentata anche dai racconti di chi, come te, l'ha vissuta. Sono veramente onorata ed orgogliosa di averti come amico e conterraneo che ha saputo ottenere grandi risultati senza dimenticarsi delle proprie radici, che ti hanno ispirato costantemente a scrivere anche tante poesie dai contenuti nostalgici e fortemente toccanti. Chi leggerà la tua autobiografia si sentirà fiero di poter dire di Umberto Gerardo Malanga: "è un mio amico". Fra questi lettori ci sono anch'io ed esprimo tutta la mia ammirazione sul tuo vissuto, raccontato in questa pregevole opera letteraria, auspicando vivamente che possa riscuotere grande successo tra tutti i materdominesi, caposelesi, paulistani, jauensi e non solo! AD MAIORA Cettina (Dott.ssa Concetta Ciccone)
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Abbiamo
“Speciale” un pregevole Cettina Ciccone. Questa nostra concittadina per ragioni di studio prima e di lavoro poi, ha dovuto abbandonare fin da piccola il suo paese natio. Si è laureata in medicina con specializzazione in Tisiologia e Malattie dell’Apparato Respiratorio. Esercita con successo la libera professione a Bologna.
Attualità
il piacere di ospitare in questo numero
articolo di
di Concetta Ciccone
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Superata la commozione per la scomparsa delle persone e delle cose da me tanto amate, mi è rimasta la consolazione di constatare la presenza della mia mamma, che è ora quasi novantenne ed in buona salute, dei miei fratelli con le rispettive famiglie, gli altri parenti e gli amici più cari coi quali,tanto io quanto i miei genitori, abbiamo condiviso periodi felici. Indimenticabile è la carissima zia Elisa, personaggio di eccezionale originalità, sempre informata su tutti gli episodi della vita locale e sempre pronta ad elargire aiuti a chi ne ha bisogno. Non meno intensamente il mio pensiero va a coloro che in seguito al cataclisma del 23 novembre del 1980 hanno perso la vita. Penso però anche a chi ha dovuto lasciare forzatamente i nostri bellissimi monti Picentini e le armoniose sorgenti del Sele per emigrare verso terre sconosciute, soffrendo di nostalgia nel partire e vedere allontanarsi il paesaggio tanto amato che ha dato loro i natali. Ricordo in particolare con piacere il nostro conterraneo Umberto Gerardo Malanga che vive a San Paolo in Brasile, il quale nonostante il suo grande successo nell'ambito della propria attività lavorativa e nel personale percorso di vita, è sopraffatto continuamente dalla nostalgia per la sua terra natale, espressa nel suo ricco repertorio di poesie, dove, quasi alla maniera del grande maestro Virgilio, ne esalta la bellezza dell'ambiente campestre e boschivo. Alcuni dei suoi scritti sono comparsi su qualche numero de “La Sorgente”. A mia volta ho avuto modo di leggere ed ascoltare anche talune sue composizioni musicali che rendono ancora più struggenti le sue belle espressioni. Immagino infine quanti, non avendo avuto la possibilità di ritornare in Patria e rivedere i luoghi cari, giunti al termine della propria vita avrebbero voluto poter dire leopardianamente:
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Ho sempre sentito la nostalgia per la terra delle mie origini recandomi, ogni volta che gli impegni me lo hanno consentito, a respirare la dolce aria della Terra Irpina. Ho notato la crescita di quel territorio che, un tempo e con poche risorse, andava invece man mano progredendo in tutti i suoi aspetti. Purtroppo questa mia gioia è stata improvvisamente cancellata in una soleggiata giornata bolognese. Era il 24 novembre, un lunedì mattina non lo scorderò mai! Ecco il resoconto di quel giorno. Come tutte le mattine acquisto il quotidiano locale IL RESTO DEL CARLINO, che, a caratteri cubitali, riporta sulla prima pagina testuali parole: “Disastroso terremoto nel Sud, centinaia di morti fra le macerie”. Il terremoto? Ma dove? Leggo d'un fiato con il cuore in gola, più sotto si parla di palazzi crollati a Napoli ed in Basilicata. Ma notizie particolari su Avellino non ne trovo. Cerco ripetutamente per telefono le persone della mia famiglia ma senza esito perchè tutte le linee telefoniche sono interrotte. Raccontare oggi tale evento potrebbe apparire non credibile, i cellulari purtroppo all'epoca non esistevano. Via via notiziari drammatici continuano a citare Conza della Campania, Sant'Angelo dei Lombardi, Lioni, Caposele, Muro Lucano ecc. segnalando numeri imprecisi di morti. Viene comunicata anche l'impossibilità di raggiungere queste località: Ofantina bloccata, ponti crollati,strade interrotte. Telefono a Lorenzo Sozio a Bellinzona dove lavora chiedendo se ha notizie, ma anch'egli non è informato. Non rimane altro da fare che partire alla volta di Caposele. Lorenzo arriva in breve tempo a Bologna ed insieme a lui e mia sorella raggiungiamo Materdomini. A fatica superiamo una colonna di soccorritori in un paesaggio surreale di macerie fumanti che non riconoscevo più. Quando ho visto i miei genitori, la nonna Concetta ed i parenti tutti sani e salvi nel piazzale retrostante il Santuario, sono esplosa di gioia. Ritornandovi in quei giorni ho provato solo grande amarezza nel non trovare quelle cose con le quali avevo familiarizzato. Ahimè la Basilica di San Gerardo era un cumulo di macerie, a Caposele non esistevano più la Chiesa parrocchiale, il fabbricato delle scuole, le abitazioni di numerose persone conosciute e tutto quanto era rimasto impresso nei miei ricordi.
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In quell'epoca erano molti gli abitanti di Caposele che lasciavano la loro terra in cerca di lavoro e di una vita che potesse fornire loro un futuro migliore, ma io mi ritengo fortunata poiché la mia famiglia è riuscita ad affrontare bene le difficoltà di quel tempo e poi, negli anni successivi, per ragioni di studio, ho dovuto trasferirmi altrove per diversi anni ed ho quindi potuto rivedere Caposele-Materdomini soltanto nei periodi delle vacanze scolastiche. Ricordo quando da piccola percorrevo a piedi il ripido sentiero del bosco ricco di rovi, unico percorso breve che dal piazzale antico del Santuario conduceva a Caposele, in compagnia della indimenticabile nonna Concetta che mi teneva per mano per evitarmi di cadere. Ogni tanto vedevo qualche serpentello nero probabilmente un orbettino, che mi spaventava. A quei tempi non esistevano brevi strade, agevoli e ben pavimentate, ma soltanto una lunga strada carreggiata di qualche chilometro, tuttora esistente, che dal colle di San Gerardo conduceva a Caposele. Ancora oggi, affacciandomi dal piazzale su questo versante mi ritornano alla mente le parole del Carducci: “...solenne, vestita di nero parvemi riveder” nonna Concetta che spesso mi raccontava favole entusiasmanti. “Deh come bella, o nonna, e com'è vera è la novella ancor! Proprio così e quello che cercai mattino e sera tanti e tanti anni in vano, è forse qui...” Nel tempo ho notato che l'aspetto della cittadina con la sua ridente frazione sita sulla collina stava lentamente iniziando il proprio sviluppo e ciò ha aumentato in me il desiderio di ritornare più spesso a Materdomini dove risiedeva la mia famiglia e quindi anche a Caposele, per incontrare le persone amiche. Ogni volta ho sempre avuto modo di osservare e constatare il miglioramento urbanistico, la nascita di attività turistiche e di sviluppo commerciale, nonché le migliorie che man mano venivano apportate a tutte le strutture preesistenti. Terminati gli studi liceali a Sorrento non è mai venuto meno in me il desiderio di poter riscontrare periodicamente tali meravigliosi mutamenti anche se, sempre per motivi di studio, mi sono trovata a continuare, a completare presso la facoltà di Medicina e Chirurgia dell'Università di Bologna fino alla specializzazione esercitando poi ,sempre in tale città, l'attività che ancora adesso svolgo.
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on mia grande soddisfazione ho ricevuto dal Direttore Ing. Nicola Conforti l'invito a riportare, su queste pagine, alcuni miei pensieri da dedicare all'ottantesimo numero del pregevole periodico “LA SORGENTE ed a tutti i miei conterranei che, come me, vivono e lavorano lontani dal loro luogo di origine. Sono ben lieta di portare il mio modesto contributo nel segno della profonda stima e sincera amicizia che ci unisce. Ammirare,oggi,Caposele e la sua bella frazione di Materdomini, non può non ridestare in me un insieme di sensazioni e di sentimenti contrastanti: da un lato il rapido sviluppo che ha caratterizzato questo territorio negli ultimi anni con la presenza di apprezzabili alberghi, ristoranti, iniziative turistiche, culturali e manifestazioni religiose legate soprattutto al Santuario di San Gerardo Maiella, dall'altro lato il riportarmi ai più teneri ricordi dell'epoca della mia infanzia. ”LA SORGENTE” è ora compagna fedele, testimonianza precisa, puntuale ed inequivocabile di tali trasformazioni. E' sufficiente osservarne la bellissima veste editoriale e tipografica, gli interessanti articoli, le memorie storiche e tutto ciò che colpisce l'animo del lettore, è genuina appassionante come solo lo sanno essere le storie vere, che riguardano la vita quotidiana di tante persone, con le loro gioie ed i loro dolori, le scelte e le nostalgie. A tutto ciò si aggiunge lo stupendo DVD “Caposele città di Sorgente”, film documentario “CineFoto Archivio Conforti” dove, oltre alle bellissime vedute panoramiche e le zone urbane, si può apprezzare il commento realizzato con voce uadente e coinvolgente. Desidero quindi portare il mio pensiero, che spero sarà gradito ai lettori. Le mie radici e la mia infanzia, sono rigorosamente caposelesi e siccome soltanto chi è lontano dal proprio paese di origine sente la nostalgia della terra d'origine, mi accingo quindi a manifestare, su queste pagine, il mio sentimento nell'intento di risvegliare ricordi sopiti in chi vi è nato ma che per scelta o per altri casi che la vita riserva a tutti noi, ha dovuto allontanarvisi. La mia vita infatti mi ha portato lontana da questi nostri amati luoghi, quando ancora ero poco più di una bambina, per poter svolgere gli studi ai quali mi sono dedicata con continuità. Ho lasciato il capoluogo all'età di circa tre anni e mezzo per trasferirmi con i miei genitori a Materdomini.
“ALMA TERRA NATIA,LA VITA CHE MI DESTI ECCO TI RENDO”
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La pagina dell'emigrante Giuseppe Ceres
GL'ITALIANI
EMIGRATI IN AUSTRALIA Capitolo I
una terra lontana e sconosciuta, ma anche per farci sapere come vivono e come soffrono gli italiani in terra straniera.
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In Australia vivono comunità di caposelesi che con il duro lavoro hanno raccolto successi, riconoscimenti e gratificazioni
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crociera. La Televisione inglese allora vi rise sopra per un bel po'. Quindi egli si rivolse all'Europa democratica bianca, non comunista con il viaggio agevolato al costo per gl'italiani di solo £.36.000 ( trentaseimila lire ) italiane con l'obbligo, peró, da parte dell'emigrante di dichiarare per iscritto di volersi stabilire inl Australia per sempre o, per fondati motivi, poteva tornarsene al proprio paese non prima di due anni di permanenza in Australia. Pena la restituzione del costo del viaggio agevolato. Questa politica di immigrazione agevolata, venne largamente pubblicizzata in Europa e, di conseguenza, anche in Italia. Ma l'Italia per pigrizia burocratica o, per altri egoistici fondati motivi; per esempio quello di tenere i propri coloni, fittavoli e simili legati ai propri fondi agricoli, tali agevolazioni non furono pubblicizzate con la dovuta sollecitudine. Ma, anche se a malincuore, molti italiani riuscirono ugualmente ad emigrare anche in Australia, ricorrendo peró, ai prestiti, purtroppo, con interssi molto alti e affrontando il terribile e disagiatissimo viaggio su
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trasportarono tanti emigranti italiani in Australia fino alla metà degli anni '60. Poi la rotta fu percorsa dalle navi Marconi e Galileo tanto più comode. Chi tra gli emigranti non ricorda la canzone napoletana: " Santa Lucia Luntana " di E.A. Mario?. Essa descrive così efficacemente i drammi vissuti dagli emigranti in quel periodo storico: " Parten' e bastiment' pe terre assaje luntane... canten' (chiagnen') a buord e so napulitan'( italiani ) ............................ .............................................." ( NOTA: Il terzo verso é stato appropriatamente alterato. ) Il momento del distacco può essere descritto come un funerale. Tutti quelli che erano andati in piazza o alla Stazione Ferroviaria per salutare i partenti soffrivano; molti piangevano. I genitori che perdevano la speranza di rivedere i propri amati figli e i figli che perdevano la speranza di rivedere i vecchi amatissimi genitori.... Ma, forse, neanche i seguenti, pur tanto commoventi versi sono in grado di descrivere tutta l'angoscia e la tristezza che lacerava quei cuori in quei drammatici quadri così naturali, così veri! Tanti emigranti mentre s'allontanavano dal proprio paese nativo, con gli occhi umidi di pianto, portati via dagli autoveicoli, non potettero evitare di dare un ultimo sguardo alla loro tanto amata terra. Se non in tutti, in alcuni certamente si fece strada nella loro mente piena di tristezza, il famoso ricordo dell 'Addio Monti ' che il Manzoni mise in bocca a Lucia Mondella, che, fuggitiva, piangendo recitò segretamente e che io riporto qui appresso per chi non ha mai letto e che traduco in prima persona: " Addio monti, sorgenti dalle acque ed elevati al cielo; cime inuguali, note... a chi ( come me ) é cresciuto tra voi, e impresse nelle mia mente non meno che lo sia l'aspetto de' miei piú cari familiari; torrenti ( il Sele )... dei quali distinguo lo scroscio come il suono delle voci domestiche; ville sparse e biancheggianti sul pendìo come branchi di pecore pascenti; addio! Quanto é triste il passo di chi, cresciuto tra voi, se ne allontana!..."
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ha scritto per comunicarci non solo le sue sensazioni provate alla partenza per
Negli anni tra 1960 e 1970 L'all'ora Primo Ministro Liberale Albert Gorton
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Giuseppe Ceres, emigrato in Australia negli anni 60, ci ha trasmesso i primi due capitoli di un suo libro dal titolo “Gli Italiani emigrati in Australia” che
Ma in fondo al tunnel verso l'Australia si accese un piccolo puntino luminoso.
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Col famoso pacchetto ' Ten Pounds Passage ' cioé, agli inglesi che emigrarono in Austrtalia il viaggio venne fissato a £10,00 ( dieci Sterline ) soltanto e col diritto di tornarsene a casa gratis qualora essi non si fossero trovati a proprio agio in terra australiana. Tra i fortunati furono molti inglesi che approfittarono, solo per farsi una bella
nave scomodissimea: forse, piú adatta al trasporto di bestiame. che a quello un esseri umani. La partenza Qualcuno appena presa la decisione di emigrare in Australia, s'affrettava a comunicarla all'amico magari per sentirsi incoraggiato, sollevato nello spirito; stare meglio verso sé stessi, sentire meno oppressivo il dramma della quotidianità. Ma, la realtà é realtà ed é sempre crudelmente presente. Tanta povera gente negli anni cinquanta e seguenti, s'illuse o si volle illudere che anche dall'Australia si potesse tornare a casa al più presto; ricchi e doviziosi. Quando poi l' espressione: "Al più presto? spesso risonava più volte nella mente, la domanda che pure s'affacciava spontanea era: "E quanto tempo é lungo ' al piú presto? ' Un mese?..., sei mesi?, un anno? " Infine, si concludeva che ' al piú presto ' é una
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Menzies si rese conto che l'Australia aveva urgente bisogno di aumentare la propria popolazione per non perire economicamente e politicamente e pensó anche che, un considerevole aumento del numero dei suo abitanti avrebbe aumentato la sicurezza della sua nazione e a dissuadere il Giappone, in caso a questi fosse venuta la maledetta voglia di annettersela. Perció si rivolse all'Inghilterra e le nazioni di lingua inglese di pelle bianca per avere una grande ' Australia Bianca.
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pinta - Attrazione sono le due cause principali per cui una persona emigra. La spinta consiste nell'enorme mancanza di risorse nella sua terra nativa e l'Attrazione nell'abbondanza di queste risorse disponibili nella terra straniera per le quali essa é stata individuata. L’attaccamento forte o debole che sia alla famiglia e alla madre terra, é la resistenza che il cuore, oppone, sia alla spinta, sia all'attrazione – ' La mente vuol partire, ma il cuor non vuole' – Gioca un ruolo non meno importante nella decisione di emigrare anche la distanza della nazione ricca da quella povera. L'Australia agli inizi e prima degli anni cinquanta per moltissimi italiani era una terra assai lontana e poco o nulla conosciuta. Solo a un piccolo numero di italiani prima della Seconda Guerra Mondiale capitó di mettere piede sul suolo australiano e ció avvenne per una fortuita d'emergenza. Essi furono salvati insieme ad altri pochi tedeschi da una nave militare australiana che andó in soccorso della loro nave che poi affondó. Per puro senso di umanitá e per l' esiguitá del numero, fu finalmente concesso loro di stabilirsi in Australia e precisamente nel Nord dello Stato del Nuovo Galles del Sud. Poi ancora a pochi altri italiani capitó di finire in Australia. Essi furono dei prigionieri di guerra durante la Seconda Guerra Mondiale. Vennero accampati in Port Kembla a quasi cento chilometri a sud di Sydney. Tra essi capitarono alcuni abitanti di Santandrea di Conza i quali ebbero la concreta opportunitá di vivere e conoscere,peró, soltanto una ristrettissima parte dell'immensa Australia. Tutto ció, ugualmente non fu suffiente a informare la grande masssa dei potenziali emigranti italiani. E l'Australia continuó ancora per un po' di tempo a rimanere una terra sconosciuta per la gran parte degl'italiani. L'Australia stessa allora non era ancora interessata ad accettare sul suo territorio altra gente, eccetto gl'inglesi e gli americani del Nord.
espressione di tempo indefinibile. Al più presto può anche significare non tornare...; non tornare mai più! Furono anche molti i potenziali emigranti a giungere a questa conclusione. Così anche i loro genitori. Ma, spesso è impossibile cambiare l'andazzo delle cose e questa conclusione ognuno se la teneva per sé. Per non rendere la cosa più penosa di quanto già lo era. Bastava, però, guardarsi in viso, per leggere nella mente dell'atro il raggiungimento della stessa angosciosa conclusione. E tutti o quasi si sforzarono di comporre il loro viso ad un falso sorriso che si trasformava in pianto disperato al momento del distacco. L'Australia la si poteva raggiungere in pochi giorni via aerea o in più di un mese, via mare. Il viaggio via mare costava tanto di meno e molti, tanti, viaggiarono via mare. Solo pochi, quelli che se lo poterono permettere, viaggiarono via aerea. Le navi: Achille Lauro e l' Angelina Lauro, vecchie navi della Regia Marina Militare Italiana, adattate a trasporto passeggeri; pur sempre molto scomode,
(Continua nel prossimo numero)
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CHE COS’ERANO
di Angelo Colantuono
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L’affitto dei terreni l proprietario limita a pochi anni la durata della locazione, con la speranza di poterne in seguito ricavare maggior profitto; e nello stabilire il canone del podere, tien calcolo delle sue produzioni nelle sole buone annate, e non vuol saperne delle cattive: tanto che in tutti i contratti di locazione leggesi il patto sacramentale che nessun diritto a riduzione di canone possa affacciare l’ affittaiuolo per qualunque caso straordinario, opinato od inopinato. ( ...) Appena si verifica il primo anno di scarsa produzione, i coloni sono rovinati. Il padrone comincia a sequestrare le messi, secondo che si avvicinano alla maturità, per assicurarsi del canone quando più gli è possibile; si pone in cerca di un altro colono, e quando l’ha trovato, senza complimenti mette sulla via l’antico affittaiuolo con tutta la sua povera famiglia. Questi fatti avvengono ogni giorno».
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La condizione dei contadini ome asini «A quel tempo era il regno dei galantuomini: i contadini, in povertà e in servitù, erano trattati come i loro asini». F. DE SANCTIS, La giovinezza (a cura di G. SAVARESE), Torino 1961, p. 83.
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Il patrimonio l contadino non ha campo, non ha vigna, non ha prato, non ha bosco, non ha armento; non possiede che un metro di terra in comune al camposanto. Non ha letto, non ha vesti, non ha cibo d'uomo, non ha farmachi. Tutto gli è stato rapito (...) dal ladroneccio feudale o dall'usura del proprietario o dall'imposta del comune
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F. S. SIPARI, Lettera ai censuari del Tavoliere, Foggia 1863. Francesco Saverio Sipari, 1828 – 1874, intellettuale e uomo politico abruzzese, era il fratello della madre di Benedetto Croce. La Lettera é ripubblicata in appendice a B. CROCE, Storia del Regno di Napoli, Bari 1966, pp.337-8.
i piccoli loro figliuoli; e qualche sacco di paglia per letto dei figli più grandi. Le pareti sono affumicate, il soffitto è tappezzato di ragnatele, e queste tengono pure il luogo dei vetri nel finestrino o nel buco che dà luce alla stanza. In questo tugurio, non di rado, la famiglia colonica passa le ore della notte in compagnia di parecchi polli, di qualche maiale, di qualche asinello. I contadini un po’più agiati, oltre la stanza da letto, meglio fornita di masserizie ma sempre sporca e affumicata, hanno un’altra camera addetta ai diversi usi domestici e precipuamente a cucina. Ivi, addossato ad una parete, sta un grande cassone ripieno di terra, dove si accende il fuoco in mezzo a due sassi. Il fumo esce per la finestra della stanza, o per un foro praticato nella parte superiore della stessa parete, presso il soffitto; poiché la maggior parte di dette camere non hanno camini da fumo». R. VALAGARA, Relazione su l’ agricoltura., cit., p. 212.
R. VALAGARA, Relazione su l’ agricoltura, la pastorizia e l’ economia rurale nel Principato Ulteriore. Anno 1879. Avellino 1880, pp.214-15. Rafaele Valagara, 1833 – 1911, economista e storico avellinese, fu per diversi anni segretario della Deputazione (oggi diremmo Amministrazione) Provinciale. La sua Relazione sullo stato dell’ agricoltura irpina all’indomani dell’Unità rimane un’opera fondamentale per le informazioni che contiene (oltre che pregevole per lo stile in cui è scritta).
La casa hi volesse portare un adeguato giudizio sulle condizioni economiche e morali dei contadini dei nostri paesi dovrebbe entrare nelle loro abitazioni. Queste il più delle volte si riducono ad una sola stanza terrena, poco luminosa e pochissimo aerata. Le sue masserizie sono un letto lacero e sudicio, dove debbono riposare, affranti dal lavoro, i genitori con
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ferriere, alcune ramiere. L’ esistenza del «polo industriale» avellinese poggiava essenzialmente su tre fattori: la vicinanza alla strada che collegava Napoli alla Puglia (i mulini macinavano il grano pugliese destinato alla capitale; il minerale ferroso arrivava per nave a Napoli dall’ isola d’Elba e veniva portato ad Avellino con i «traìni»); la disponibilità di energia idraulica, fornita dalle correnti del Sabato, del Fenestrelle e della Salzola; e, nel caso delle ferriere, la facilità di procurarsi la carbonella, che veniva fabbricata in grandi quantità nei boschi dell’Irpinia. Nella seconda metà del secolo le industrie irpine comunciarono ad andare in crisi a causa dell’avanzata del progresso tecnologico e dell’ abolizione dei dazi doganali con i quali il regime borbonico le aveva protette. La diffusione dei motori a vapore permise di costruire mulini più efficienti in zone più vicine a Napoli. Le ferriere invece non riuscirono a reggere la concorrenza del ferro inglese (che era di migliore qualità, essendo prodotto con il carbone coke). In Alta Irpinia i centri più «industrializzati» erano Caposele, Calitri e S. Angelo. Caposele, grazie all’acqua del suo fiume ( non ancora incanalata nell’ Acquedotto Pugliese, che entrerà in funzione solo nel 1915), era il paese dei mulini e gualchiere. I mulini lavoravano non soltanto per gli abitanti della valle, ma anche per quelli della vicina Basilicata. Allo stesso modo nelle gualchiere caposelesi veniva trattata la gran parte delle stoffe che si fabbricavano nel raggio di diverse diecine di chilometri. I Calitrani, invece, erano specializzati nella lavorazione dell’ argilla: producevano materiali da costruzione (mattoni, coppi, «riggiòle»), stoviglie, ceramica artistica. A S. Angelo, infine, c’erano due rinomate fabbriche di campane (tenute in attività da due dinastie di fonditori, i Tarantino e i Ripandelli) che ricevevano commesse non solo dai paesi della regione, ma anche dalla Basilicata, dalla Puglia.
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e dello stato. Il contadino non conosce pan di grano, né vivanda di carne, ma divora una poltiglia innominata di spelta (farro), segale o melgone (miglio), quando non si accomuni con le bestie a pascere le radici che gli dà la terra matrigna a chi l'ama».
Quel che resta del Mulino Russomanno cimelio di 300 anni
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delle stoffe che si fabbricavano nel raggio di diverse diecine
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Le gualchiere a gualchiera era un macchinario che serviva per trattare le stoffe prodotte artigianalmente. Quando uscivano dai telai i tessuti, specialmente quelli di lana, non erano ancora pronti per l’uso: erano sporchi, ruvidi, laschi. Occorreva sgrassarli, ammorbidirli, serrarne le maglie. Prima di tutto venivano immersi in una soluzione di acqua e soda (in mancanza della soda si usava l’urina); poi erano trattati con delle particolari argille ammorbidenti; infine dovevano essere lavati con acqua limpida. A questo punto li si poteva anche colorare, a patto di lavarli poi di nuovo e a lungo per asportare la tintura residua. Durante queste operazioni le stoffe dovevano essere pigiate e battute energicamente. Questo trattamento veniva chiamato gualca, e gualchiera la macchina che lo eseguiva. Il tipo di gualchiera più diffuso era quello a due magli. Di solito occupava un intero stanzone in riva a un fiume. Una ruota mossa dall’ acqua, esterna al fabbricato, faceva girare una sorta di albero a camme (ricavato da un vero tronco d’ albero) collocato all’ interno del locale. Le camme facevano oscillare due grossi martelli (i «magli», anch’essi di legno), sospesi ad un castello di travi. I magli pestavano sul fondo di una vasca nella quale venivano messe le stoffe. Nella gualchiera dunque l’acqua aveva una doppia funzione: lavava i tessuti, e serviva anche ad azionare il meccanismo battente.
nelle gualchiere caposelesi veniva trattata la gran parte
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rima che si diffondesse l’uso del carbone coke, il ferro veniva raffinato con il metodo dei cosiddetti forni catalani, che utilizzavano carbone di legna. Il forno catalano era una specie di grande stufa in muratura alta un paio di metri: si caricava dall’ alto, inserendovi alternativamente uno strato di materiale ferroso e uno strato di carbonella, e si svuotava dal basso. Dei mantici azionati da una ruota ad acqua mantenevano viva la combustione. Si raggiungevano temperature intorno ai 1000 gradi: non erano sufficienti a sciogliere il ferro, ma bastavano a renderlo plastico al punto da poterlo liberare dalle scorie martellandolo energicamente. A questa operazione provvedevano dei magli mossi anch’ essi dall’acqua.
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Le ferriere
Caposele, grazie all’acqua del suo fiume ( non ancora incanalata nell’ Acquedotto Pugliese, che entrerà in funzione solo nel 1915), era il paese dei mulini e gualchiere. I mulini lavoravano non soltanto per gli abitanti della valle, ma anche per quelli della vicina Basilicata. Allo stesso modo
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Storia
Tra Vittorio e Franceschiello. Il 1860 in Irpinia
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L’ economia i giorni nostri in provincia di Avellino la distribuzione dei lavoratori nei diversi rami di attività è più o meno la seguente: meno del 10 per cento in agricoltura, il 30 per cento circa nell’ artigianato e nell’ industria, tutti gli altri nel settore terziario (commercio, trasporti e comunicazioni, credito e assicurazioni, sanità e assistenza, istruzione, amministrazione pubblica, servizi professionali). Alla vigilia dell’Unità d’ Italia, invece, almeno la metà della popolazione irpina traeva il proprio sostentamento dal lavoro agricolo e dalle attività ad esso collegate (come la frutticoltura e l’ allevamento). L’ altra metà lavorava nell’ artigianato e nei servizi. Quest’ ultimo settore non era allora molto esteso. Era invece assai diffuso l’ artigianato, dal momento che ancora non esistevano i prodotti fatti in serie, e bisognava fabbricare manualmente non solo gli oggetti di consumo (per esempio le scarpe e i vestiti), ma anche cose come i contenitori (che erano perlopiù di terracotta o di legno, essendo quelli metallici piuttosto costosi), gli attrezzi da lavoro, i carri; si facevano a mano anche i mattoni, le tegole, le tavole e perfino i chiodi (i «chiovaruli» di Candida erano famosi in tutta la Campania). C’era anche una discreta «industria pesante», concentrata nella zona di Avellino- Atripalda- Pianodardine, dove erano attivi un buon numero di mulini, diverse
*** Abbiamo già accennato al fatto che all’epoca di cui ci occupiamo almeno il 50 per cento della popolazione irpina era addetta al lavoro dei campi. Accanto a questo, l’ altro dato significativo è che nella maggioranza dei casi i contadini non erano proprietari delle terra che lavoravano, o possedevano solo piccoli appezzamenti insufficienti per far vivere una famiglia. I suoli coltivabili, i terreni migliori, erano nelle mani dei «galantuomini», la nuova borghesia agraria che aveva soppiantato le vecchie dinastie baronali. Ai galantuomini (venivano chiamati così anche nei documenti ufficiali) i contadini dovevano chiedere in affitto la terra che gli serviva, ed erano costretti, pena la fame, ad accettare condizioni contrattuali durissime. Infatti questi nuovi proprietari, che si erano affermati, come scrive Giustino Fortunato,
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Fatti e personaggi bibliografia La lottizzazione dei demani procedette però molto lentamente, tanto che alla caduta dei Borbone la gran parte delle terre restava ancora da assegnare. Il motivo di questo ritardo sta nel fatto che i comuni erano amministrati dai galantuomini i quali, un po’ per interesse e un po’ per pregiudizio, stentavano ad accettare l’idea che i «cafoni» potessero diventare proprietari. La mancata soluzione della «questione demaniale» costituì per tutta la prima metà dell’Ottocento un forte motivo di tensione sociale.
MICHELE VESPASIANO, L’antica arte di fondere campane a S. Angelo dei Lombardi, «Civiltà Altirpina», anno VI (1995), fasc. 1, pp. pp. 52-9. G. FORTUNATO, La questione demaniale nell’Italia meridionale, 1879, in Il Mezzogiorno e lo Stato italian, Bari 1911, Vol. I, p. 83.
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Angelo Colantuono
R. VALAGARA, Relazione su l’agricoltura, la pastorizia e l’ economia rurale nel Principato Ulteriore. Anno 1879. Avellino 1880, pp. 16-18. «Il progresso delle scienze, delle lettere e delle arti», voll. 19-21 (1938), p. 285. Il «Progresso» era una rivista trimestrale che si pubblicava a Napoli.
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consumo della famiglia; si poteva anche chiedere l’ assegnazione di un campo da coltivare. Tutto questo in cambio di un canone assai modesto, da pagare all’ università o al feudatario. Queste terre, che erano chiamate «demaniali», di solito avevano un’estensione piuttosto consistente (anche più del 50 per cento dei suoli privati) e rappresentavano una risorsa preziosa per i contadini. Nel 1806 la legge che abolì il feudalesimo stabilì anche un diverso utilizzo dei demani: una parte venne data in proprietà agli ex feudatari come risarcimento per i benefici che perdevano, e dunque venne sottratta all’uso pubblico; la parte restante venne attribuita ai comuni, i quali avrebbero dovuto ricavarne dei lotti e assegnarli in proprietà ai contadini.
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«non già per il commercio o per l’industria, ma solo per mezzo del foro, della chiesa e del fitto», si curavano pochissimo del progresso dell’agricoltura, ed erano interessati principalmente a sottrarre ai loro affittuari la maggiore quantità di prodotto. Le condizioni dei contadini meridionali erano peggiorate negli ultimi cinquant’ anni, oltre che per l’ avidità dei galantuomini, anche per la progressiva riduzione della disponibilità di terre pubbliche. Fino agli inizi dell’ Ottocento nell’ ambito di ogni «università» (così allora si chiamavano i comuni) e di ogni feudo c’erano, per antica consuetudine, dei suoli – soprattutto boschi e pascoli, ma anche terreni coltivabili – sui quali tutti gli abitanti potevano «esercitare gli usi civici»: portare gli animali al pascolo, raccogliere frutti spontanei (per esempio castagne e ghiande), prelevare legna per il
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IL SERVO DI DIO P. DONATO ANTONIO DEL GUERCIO DEI FRATI CONVENTUALI (Ravello 25 gennaio 1774)
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l'impronta caratteristica a tutto il corso della sua vita è la virtù della penitenza. Quando siete tentati, era la sua massima pretferita che sovente inculcava dal pulpito e dal confessionale, ricorrete a Dio con umiltà; se il lentatore insiste, digiunate, date di piglio ai cilizi e alle discipline.... E di tal massima egli fece norma severa di vita. Portava continuamente il cilizio ai lombi, catenelle ai fianchi e alle braccia che gli producevano piaghe e strazi indicibili. Parco, di solito, nel cibarsi, nelle vigilie di parecchie solennità digiunava a pane e acqua, dispensando le sue vivande ai poveri che egli amava e nutriva con le sue sante e caritatevoli industrie. Soleva disciplinarsi a sangue e lo strepito che egli faceva in questo atto, inorridiva i religiosi e talvolta anche i secolari che si trovavano nelle adiacenze del Convento. Negli ultimi tre anni, presentendo vicina la morte, crebbe nei suoi esercizi di penitenza: la tradizione locale ancora ricorda la grotta nel bosco di Cimbrone, luogo incantevole e delizioso, ove il Servo di Dio in ore insolite si portava a disciplinarsi con più agio, per sfuggire all'ammirazione degli altri. Ma ciò che egli rifuggiva umilmente, stimandosi uomo inutile, di. spetto e scuro, il Signore gli donava largamente, facendo si che la voce del popolo, seguisse la voce di Dio, che con i prodigi fedelmente lo esaltava. Da tutta la Costiera correvano ai suoi piedi, infelici sofferenti, angustiati da mille travagli per chiedere lena e sollievo, perfino da Vietri da Salerno e da altri luoghi più lontani giungevano suppliche o venivano di persona perchè si raccomandassero alle sue preghiere. Ed egli confuso, col sorriso sul labbro: E chi sono io? Beato chi prega per me; Ma le sue fatiche, le continue uscite di notte per correre al letto degli infermi, egli che era divenuto per antonomasia l'assistente dei moribondi, le penitenze aspre e continue gli affrettarono sensibilmente la fine, che già presentiva.
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popolare da cui vedevasi circondato, temendo un ostacolo alla perfezione religiosa fugge di là e va a gettarsi ai piedi del Ministro Provinciale, perchè lo destini in luogo romito, dove possa vivere con Dio in raccoglimento perfetto, Ma il buon Religioso s'inganna e nella sua umiltà non vede che quell'aura di stima e di affetto con cui il popolo ama circondare i santi non è che la testimonianza della gratitudine degli umili e dei beneficati e il sigillo con cui Dio ordinariamente conferma la virtù dei suoi prediletti. E a Ravello, dove l'obbedienza lo invia, e in tutta la costiera d'Amalfi in cui era viva l'eco benefica lasciata dal Ven. P. Domenico da Muro e dal B. Bonaventura da Potenza, ritrovò la via già tracciata e, con la via, le difficoltà, le opposizioni, le spine insomma da cui il fiore della santità non va mai scompagnato. Il tenore di vita menata dal Servo di Dio a Ravello ci viene minutamente descritto dal suo Direttore Spirituale P. M. Gioacchino Mansi. Rigido seguace della regola francescana, fu esemplarissimo nell'osservanza dei tre voti professati. Diede molteplici prove dell'eroica sua obbedienza, studiandosi d'imitare, in tutto, colui che fu detto il martire dell'obbedienza, il B. Bonaventura, di cui era divotissimo, per opera specialmente di alcuni superiori che a bella posta lo martoriavano in tutti i sensi. La povertà fu in cima ai suoi pensieri e da vero figlio di S. Francesco, facevasi scrupolo di toccare perfino moneta. Vestiva panni umili ed era solito viaggiare a piedi. Nel voto di castità fu d'una illibatezza veramente angelica ed il suo confessore rammenta commosso come mai si fosse accusato di benché minima negligenza nel tener lontano pensieri men che retti e santi. Ma ciò che nel nostro Servo di Dio spiccò altamente e pare che abbia dato
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l Servo di Dio P. Antonio Donato del Guercio appartiene a quella stupenda fioritura di Santi, di cui, nel secolo XVIII, nel Mezzogiorno, va giustamente orgogliosa la famiglia francescana dei Frati Minori Conventuali. Egli nacque in Caposele (Avellino), il 17 Settembre 1731, primo di numerosa figliolanza, da Giuseppe Del Guercio e Lucia Casieri. Al neonato era toccata una delle più grandi fortune: quella di avere ottimi genitori. Di povera e onesta condizione essi godevano nel paese una meritata larghissima stima. Cosicché all'ombra di sì benefica influenza, il piccolo Donato, avendo sortito da natura un'indole docile e quieta, sebbene d'ingegno vivace, ebbe quasi spianata la via del bene e rimossi gl'inciampi, in cui facilmente s'imbatte l'inesperienza giovanile. Chi lo conobbe fanciullo, lo ricordò alieno dai trastulli della sua età e tutto dedito alla ritiratezza, in cui, a guisa di fiore che si orienta verso il sole, egli più vantaggiosamente percepisce la luce di Dio, ne ascolta la voce e per riflesso avverte nel cuor suo quei primi palpiti che lo inebriano arcanamente. Intanto sonava per i buoni genitori l'ora del sacrificio, il giovane Donato, avendo dimostrato spiccate tendenze per lo stato ecclesiastico, si veste da Chierico, ma le difficoltà per l'ingresso in seminario si moltiplicano a ogni passo e allora si rivolge ai Frati Minori Conventuali. Ma anche questi, mirandolo gracile e avanzato negli anni, stentano a vestirlo del santo abito, finché rimossi tutti gli ostacoli, più che ventenne, il nostro giovane potè compiere i suoi voti, consacrandosi in eterno al suo Dio. Fece il Noviziato a Benevento e gli studi nel Collegio di S. Angelo de' Lombardi fu ordinato Sacerdote a Montemarano, nel Settembre del 1755, nel giubilo dei suoi Confratelli e nella piena d'affetto del cuor suo, vedendo aperto al suo zelo un vasto campo d'apostolato Dopo due mesi il novello Sacerdote fu stabilito di famiglia in Marsiconovo, ove si trattenne più d'otto anni. Ma nel grande favore
di Alfonso Farina
Ma volle cadere da forte sulla breccia. Avendo contratto un grave morbo, nel recarsi, la notte del 19 Gennaio, ad assistere due religiose moribonde del vicino Monastero di S. Chiara, egli tentò dissimularne la gravità. Fu costretto però dall'atrocità dei dolori a mettersi a letto il di seguente, quando già i medici giudicavano grave il suo stato. E l'agonia, sopravvenuta rapidamente, si protrasse lenta e dolorosa per cinque giorni continui, finché nel pomeriggio del martedì. 25 gennaio 1774, spirava, stringendo al petto il Crocifisso e rimirando affettuosamente le immagini dell'Immacolata e del B. Bonaventura. 1 suoi funerali riuscirono un trionfo: popolo e clero, con a capo lo atesso Vescovo della Città che lo aveva assistito nella infermità, cantando inni e cantici di gioia lo portarono in processione. Tre giorni dopo, il cadavere, ancora caldo e flessibile aprì gli occhi e dette sangue abbondante e rosso come di persona viva, mentre" il popolo, accoltosi presso la bara, chiedeva a gran voce grazie dal novello suo celeste Benefattore.
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dato su cui riflettere) attivandosi direttamente (e coralmente) senza attendere (anzi, prescindendo) dalle istituzioni. Grave, non comprendere la novità e la portata del fenomeno. Non per incanalarlo o addomesticarlo. Ma per incoraggiarlo. Non ci troviamo in presenza di un movimento (facilmente catalogabile) e di categorie omogenee di giovani (per provenienza, cultura, esperienze politiche). Ci troviamo al cospetto di una generazione che (d’improvviso) ha avvertito l’esigenza di dire la sua, di segnare la propria presenza nel Paese dove vive (e forse intenderà vivere ancora). E non è meraviglioso, tutto ciò, in un periodo storico in cui (purtroppo) è ripresa la fuga (per necessità) verso Paesi più civili e più ospitali? Non dovremmo tutti compiacerci (a prescindere dalla completa condivisione delle loro posizioni) per questa forte ventata di giovanile energia innovativa? Non dovremmo forse tutti rallegrarci per questo fatto nuovo (di così grande portata) in un Paese ingrigito ed intristito dal quotidiano torpore che lo avvolge? Forse in seguito questo movimento incontrerà dei problemi (che non auguro); ma per il momento va solo incoraggiato. La crescita (del gruppo) ed il passaggio (forzoso e naturale) dalle scelte di carattere generale (sulle quali è più semplice concordare) a quelle particolari (che di solito dividono) potrà avere delle conseguenze. Ma la storia, come la vita, si scrive pagina dopo pagina. E noi siamo tenuti a viverla istante dopo istante. Domani è un altro giorno!
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La Pubblica Assistenza Caposele, ha realizzato, in occasione delle passate festività, alcune manifestazioni per raccogliere fondi da destinare ad alcune famiglie abruzzesi colpite dal terremoto e con particolari esigenze di supporto. Riportiamo con piacere il messaggio di ringraziamento ricevuto da una di queste famiglie destinatarie dei fondi raccolti. Col pensiero rivolto agli "angeli del terremoto” intervenuti nell’immediata emergenza, hanno voluto ringraziare col cuore e tramite il nostro giornale che dall’anno scorso leggono a l’Aquila, anche tutta la comunità caposelese che ha partecipato con entusiasmo alle manifestazioni. Piccoli gesti che hanno aiutato concretamente chi ha avuto bisogno. La solidarietà funziona, continuiamo a praticarla!
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presentando e commentando l’ultimo numero de La Sorgente ho avuto modo di congratularmi con i tanti giovani che avevano mandato il loro contributo al giornale, sottolineando l’ardore e la vis polemica (apprezzabile ed apprezzata) di molti loro scritti. Per vero, mi sarei aspettato, nel tempo, qualche (loro) iniziativa culturale in più; ma c’è sempre tempo per rimediare. Bene (anzi, male) all’improvviso (per me è stato come un fulmine a ciel sereno, ma per gli addetti ai lavori forse la frattura viene da più lontano), vengo a sapere di dissapori tra questo gruppo ed i vertici dell’associazione di cui erano parte integrante. E addirittura di una (molto partecipata) assemblea pubblica, presenti i vertici (silenti) dell’amministrazione comunale, conclusasi però con un nulla di fatto.Ora, non è mia intenzione appurare e ricercare i responsabili di questa rottura (che mi auguro possa ancora essere ricomposta); né indagare in ordine ai motivi della stessa (non perché non mi interessino, sia i primi che i secondi, ma perché non pertinente con lo scopo del presente scritto). Quel che mi preme rimarcare (in questo momento storico) è l’importanza del fenomeno (aggregativo) sviluppatosi nel nostro Paese; tanto più importante perché spontaneo e perché maturato in una realtà in continuo e costante decadimento. Chi ha responsabilità politico-amministrative è il caso che si interroghi sul perché di questo fenomeno, cercando di comprenderne la portata e le motivazioni. Forse lo stato (quasi comatoso) di profonda crisi economica, sociale ed istituzionale è stata la molla che ha spinto tanti giovani a reagire (insieme e non singolarmente – e questo è altro
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Da un po’ di tempo vivo una dimensione di grande delusione (se non proprio di amarezza e disgusto) per ciò che concerne la “res publica”, per cui seguo con un certo distacco gli avvenimenti che interessano la nostra comunità. Questo, se da un lato non mi attribuisce diretta ed immediata percezione dei fatti, dall’altro, mi consente di valutarli con minore coinvolgimento e quindi “vederli” da una posizione di maggiore neutralità. La seconda premessa. Tutto ciò che succede nella nostra piccola comunità va considerato in rapporto alla sua infinitesimale dimensione; non dimenticando che il nostro Paese è parva res di una mal ridotta provincia (Avellino) di un angolo del Paese (il mezzogiorno d’Italia) degradato e depresso, parte insignificante del vecchio continente, progressivamente messo ai margini delle potenze emergenti d’oriente. Insomma, diamo il giusto peso a quel che ci succede. Caposele non è l’ombelico del mondo e di questo dovremmo ricordarcene più spesso. Le battaglie che si combattono in questo nostro (ormai) martoriato e disastrato Paese non hanno come obiettivo il governo delle nazioni o di associazioni di portata internazionale, ma più semplicemente la gestione ed il governo della vita di tutti i giorni di un piccolo borgo e delle associazioni che vi insistono. Questi, succintamente, i fatti. Da circa un anno, un nutrito gruppo di giovani ha deciso di interessarsi alle sorti del proprio Paese. Decisione encomiabile, giusta ed apprezzabile. Tanto più perché spontanea e non sollecitata da alcuno, come lo comprova il numero elevato di giovani e la eterogeneità delle loro esperienze culturali. Io stesso, qualche mese fa,
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on è la prima volta (e non sarà nemmeno l’ultima) che ci poniamo questa domanda. Per la verità, nel nostro Paese, la risposta dovrebbe essere agevole (e scontata), considerata l’età media delle più alte cariche dello Stato e della gran parte dei vertici degli enti pubblici economici. Secondo alcuni, poi, si tratterebbe addirittura di un falso problema. Non tutti i giovani sono per l’innovazione e non tutti i vecchi sono per la conservazione (ammesso che ci sia assoluta ed inconciliabile differenza valoriale tra le due posizioni). In genere, questa tesi è sostenuta dai vecchi; ed un motivo, forse, ci sarà! Io credo, invece, che non sia indifferente l’età anagrafica di chi ha (piccole o grandi) responsabilità nelle scelte che di volta in volta va ad assumere. La giovane età, è risaputo, si coniuga con entusiasmo, vivacità, dinamismo, voglia di sbalordire, di innovare, di cambiare. E la maturità con l’esperienza, la saggezza, la mitezza, l’equilibrio (e generalmente con la conservazione). Ciò non implica (necessariamente) che la “giovanilità” sia sempre e comunque indice di scelte giuste e apprezzabili (come dimostrano recenti – e da molti rinnegate - esperienze nostrane). Così come è innegabile che essa, a differenza della maturità, comporti (non sempre, ma spesso) decisioni istintive: le scelte non sono filtrate dall’esperienza che, come incontestabile, matura e cresce con l’età. Da qui, gli errori che servono e fanno crescere (a condizione che non sono ripetuti); e per questo non vanno criminalizzati. Ma veniamo ai “fatti” del nostro Paese che mi hanno indotto a scrivere questo articolo. Una premessa; anzi, due.
di Giuseppe Palmieri
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I GIOVANI: UNA RISORSA?
Caposele paese dell’acqua di Giuseppe Cifrodelli
L’acqua aveva una grande forza, metteva in moto le ruote dei mulini, gli oleifici e quelle fabbriche dette “varchere”. Tanta gente lavorava e, per questo, era il mio paese vero. Poi venne il fascismo e ci rubò l’acqua … Paese mio, paese mio in mezzo alle belle colline abbandonato. Così la gente emigrata non è più tornata … Paese mio Paese mio per sempre è rovinato
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sele è un paese più pronto a scontro che all’incontro. Più propenso alle divisioni piuttosto che all’unione. C’è molta parte di verità in questa affermazione, ma è proprio questo che ci deve spronare a cambiare tale mentalità considerando che essa ci frena ed impoverisce tutti. A chi giova lo scontro? Credo a nessuno. La pace acquieta gli animi e volge le menti a cose più utili e costruttive. “La Sorgente”, riconosciuto come il giornale di tutti, può assumere un ruolo fondamentale di trasformazione e crescita culturale e sociale del nostro piccolo mondo, ma deve diventare sempre più autonoma ed imparziale, espressione di tutte le idee in cui l’intera collettività si possa riconoscere ivi compresi quelli che la contestano ritenendola di parte.
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posto in cui siamo nati; una volta terminate le votazioni torniamo ad essere tutti cittadini della stessa comunità che vogliamo più vivibile e progredita. In qualunque modo la pensiamo tutti abbiamo un solo scopo:il bene del nostro piccolo paese natio. Odi e rancori portano con sé divisioni e contrasti che avvelenano il luogo dove viviamo. Comprendiamo finalmente e con umiltà che le sole strade da perseguire sono quelle del dialogo e dell’accettazione dell’altro. Avremo un paese migliore e più moderno. L’ultimo incontro promosso dai giovani di Caposele nella sal polifunzionale ha confermato la loro vivacità intellettuale, la loro volontà di fare e di partecipare alla formazione ed alla costruzione di un ambiente più proficuo per tutti. Impegniamoci a tradurre in fatti il loro desiderio di impegno e accompagniamo le loro aspirazioni di miglioramento senza contrastarle. Mi ha colpito un concetto espresso da un giovane partecipante e cioè che Capo-
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In un paese che offre poche possibilità di aggregazione e di comunicazione “La Sorgente” rappresenta un’occasione di progresso culturale e sociale da non perdere. Il numero notevole di laureati, di diplomati, di persone colte ed intelligenti, è un segno orte e tangibile delle potenzialità di sviluppo che può conseguire Caposele. Purtroppo ognuno corre da solo o contro gli altri. Occorre cambiare questo modo di pensare e di cercare invece di collaborare, di stare insieme nel rispetto reciproco e nell’accettazione dell’altro anche se diverso. Si può anche non essere d’accordo con le idee dell’altro ma questo non deve indurre nessuno a considerarlo un “nemico”. Dove finisce la democrazia e la tolleranza quando non accettiamo la diversità di idee di opinioni?Anche la competizione elettorale, che è il momento più infuocato dello scontro politico, rappresenta scelte diverse ma tutte volte a conseguire lo sviluppo del
ondata nell’ormai lontano 1973 da un gruppo di persone che ne previde l’importanza, essa ha conosciuto uno sviluppo ed un successo sempre crescenti nel tempo dovuti all’impegno costante e appassionato profuso dal suo Direttore. “La Sorgente” in quasi quaranta anni di vita e ottanta numeri di edizione, ha accompagnato la vita di tutti noi facendo informazione e da memoria storica di fatti e avvenimenti altrimenti perduti. Mi piace rammentare che questo giornale unisce nel ricordo tanti nostri concittadini che vivono altrove ma che hanno mantenuto un pezzo di cuore legato indissolubilmente al loro piccolo paese natia e lo ritrovano rappresentato, con grande emozione e commozione, nel giornale che non considerano più solo della Pro Loco ma espressione e proiezione della loro terra di origine. Riconosciamone come loro l’importanza e accompagniamone la crescita co suggerimenti e consigli.
di Rodolfo Cozzarelli
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La Sorgente: il giornale di tutti
IL MIO PAESE, LE SUE BELLEZZE, LE SUE RISORSE
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ostetrica Sig.ra “Nenetta Venturino”. Quando ero giovincello ed iniziavo a uscire di sera, partivo a piedi dalla campagna di Valva, attraversando le località di Pasano, Serracastagno, Minuto, per raggiungere il mio Paese natio e appena giungevo al ponte mi sentivo pieno di gioia, mi sentivo a casa mia. Poi gli anni sono passati ma: l'amore, il matrimonio, il lavoro; tutto a Caposele. Ma parliamo meglio della tradizione e delle bellezze di Caposelese: Penso in primo luogo al paesaggio nel suo insieme, i monti, il fiume, le sorgenti: un paese ricco di vegetazione, di sentieri, di produzioni artigianali e di bellezze agricole nel suo insieme come i castagneti, gli uliveti, i vigneti, e ancora il falò di Sant'Antonio, la gastronomia e molto altro ancora. Per tutte queste ricchezze che la natura ci ha offerto, collegandole al Santuario di San Gerardo Maiella e alle Sorgenti del Sele, il nostro Paese potrebbe definirsi una piccola Svizzera sul piano economico se, riuscissimo a fare del turismo, il perno principale della nostra economia. Le risorse di Caposele. Se solo immaginassimo con tutta la ricchezza e bellezza del nostro territorio quanta economia si può sviluppare nel Paese, con il binomio ambiente e salute che rappresenta l'economia del secolo, Caposele potrebbe essere il volano economico di tutta la Valle del Sele e dell'alta Irpinia. Quando si concluse la mia esperienza di Presidente Provinciale della Confederazione Italiana Agricoltori (dopo un’esperienza di dieci anni) scelsi infatti di rientrare a Caposele, tra i miei compaesani, per dare loro il mio modestissimo contributo nel settore
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rima di addentrarmi in questa profonda riflessione, è mio dovere complimentarmi con il Direttore di questo prestigiosissimo giornale locale trasmesso in tutti i posti del mondo dove ci sono Caposelesi. I Caposelesi lontani da qui hanno potuto attraverso "la Sorgente" conoscere le storie, la politica locale, le Amministrazioni, la cronaca, le foto, le nascite i matrimoni, e tante altre cose belle e brutte; in buona sostanza si sono sentiti Caposelesi. Un altro grazie al Direttore per avermi dato la possibilità di esprimere più volte e in più occasioni il mio pensiero su alcune tematiche locali: grazie Nicola. Il titolo di questo mio intervento è un contributo per creare, possibilmente con la collaborazione e la partecipazione di tutte le forze politiche e sociali, la crescita sociale ed economica del nostro Paese. Mio Paese, perché qui sono nato anche se già il giorno successivo, dopo la registrazione all'Ufficio anagrafe, mia madre Antonietta è rientrata nel Paese di residenza a Valva portandomi con sè. Ho vissuto la mia tenerissima età a Valva, in campagna, distante dal Paese, compreso gli anni scolastici. Pur tuttavia ogni mattina, appena alzato il mio sguardo era rivolto verso Caposele: guardavo la contrada di PasanoSerracastagno a me di fronte, e altrettanto la sera, prima di andare a dormire rivedevo quelle località sommerse nel profondo buio. Anche mio padre Armando era un Caposelese doc; i suoi amici erano a Caposele e con loro partecipava, ad esempio, al gioco delle carte nella Pro-Loco; mia madre, altrettanto Caposelese, tanto orgogliosa che tutti i suoi figli li ha fatti nascere a Caposele con l'allora
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agricolo e far sì che ci fosse una economia più ricca per ogni famiglia impegnata a pieno titolo nella propria Azienda Agricola. Cito ad esempio l'impegno sulla produzione olio, sia per il riconoscimento del nostro Comune con altri Comuni limitrofi per entrare nella zona DOP delle Colline Salernitane (zona omogenea alla nostra) sia per il progetto di filiera del settore, dove alcune aziende hanno seguito con impegno ed abnegazione il progetto, immettendo sul mercato il nostro preziosissimo prodotto. Ora la scommessa è allargare la base produttiva ed aprire il mercato oltre i confini Italiani. Altra risorsa potrebbe essere l'acqua, aldilà dei rapporti con la Regione Puglia: accordo di programma, convenzione exnovo o quant'altro sulla questione del ristoro economico, ambientale e occupazionale; E’ giusto e legittimo che ad un Paese che eroga oltre 4000 litri al secondo d’acqua alla Puglia non venga riconosciuto alcun tipo di indennizzo? Non credo. La questione è che
di Gelsomino Grasso
queste giuste rivendicazioni i Caposelesi possono chiedere e pretendere di farle. E poi, esistono anche altre possibilità economiche che ruotano intorno all'acqua; ad esempio il progetto della centrale idroelettrica, che oltre ad essere una questione economica potrebbe essere anche una emergenza turistica; la visita delle sorgenti in Piazza Sanità con l'abbinato mercatino domenicale di prodotti tipici locali, che è un'altra realtà economica, e vorrei anche ricordare la festa dell’acqua, tenutasi a Caposele in occasione dell'immissione temporanea di tutta la portata d’acqua nel vecchio alveo, a causa di lavori di ripristino della galleria Pavoncelli avvenuta lo scorso Aprile, una due giorni con una tale partecipazione di cittadini venuti dalle Regioni Campania e Puglia, che ha entusiasmato la nostra cittadinanza creando in tanti la sana speranza della grande opportunità di lavoro e della conseguente crescita economica e sociale per il nostro Paese.
Mimmo Grasso in un convegno organizzato in occasione della "Festa dell'Acqua"
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Attualità
La Parrocchia San Lorenzo Martire
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ed il centenario della Benedizione dell'attuale Chiesetta,avvenuta il 20 agosto 1910 da parte di S.E.Mons. Nicola Piccirilli,Arcivescovo di Conza e Campagna. Con Maria Vergine,fonte d'Acqua viva,richÌamandoci al nostro Battesimo e alla memoria dei nostri antichi padri,ri scopriremo le nostre origini per vivificare la nostra identità cristianocattolica in coerenza con il cammino di fede intrapreso.
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L'eco che la comunità conserva è molto vivo e ne sono testimonianza gli incontri dell'ultimo venerdì di ogni mese nei Centri di Ascolto presso la casa parrocchiale e le contrade di Palmenta,Pasano e Piani e l'Adorazione Eucaristia mensile alle ore 21,00 di ogni primo venerdì. Tanto è stato finora fatto,ma la vigna è vasta,talora arida e il lavoro è tanto; la fascia giovanile e gli adulti hanno bisogno ancora di una più incisiva opera di coinvolgimento. Ci affidiamo alla Vergine Maria perché ci indichi come rendere rigoglioso un terreno arido e mantenere fresca l'erba di un prato verde. Il culto a Maria,venerata sotto il significativo titolo di Maria Santissima della Sanità,nei Caposelesì,è molto vivo. Rìsale al 1710 e quest'anno ricorre il terzo centenario dell' immagine della Madonna della Sanità,dipinta ,secondo la tradizione popolare riportata dal Santerellina un frate di nome Paolo
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di fatto che proclamano la Parola di Dio nelle celebrazioni liturgiche. DÌ più recente costituzione è la Corale Parrocchiale,che (con la sua perseveranza nella preparazione dei canti,ha saputo coinvolgere anche le proprie famiglie nella partecipazione alla vita parrocchiale. Se è vero che non è " chiesa " solo l'edificio di culto,ma siamo noi tutti " casa vivente di Dio " e come tali , imitando Maria di Betania, siamo chiamati a lasciarci guidare dalla sua Parola, l'edificio materiale ha bisogno di cure e pulizia e a tale scopo, spontaneamente,un buon numero di donne,come Marta,si sono assunte tale servizio. Durante le festività di Natale l'attività parrocchiale si è caratterizzata con un Recital di canti natalizi che ha visto la partecipazione delle Corali delle Parrocchie di Calabritto,Castelvetere,Conza della Campania,Materdomini,S. Angelo dei Lombardi,Senerchia,Teora, Vallata e Volturara. Nel mese dì marzo abbiamo vissuto un momento molto forte e significativo con la Missione Popolare. La presenza,per un'intera settimanali un frate,due suore e vari laici missionari,venuti da Gioiosa Marea (Messina),è stato un dono per tutte le famiglie. Esse li hanno accolti nelle loro case con cordialità,ospitalità e disponibilità a dialogare e a far mensa comune con loro. La partecipazione alle celebrazioni liturgiche e agli incontri serali è stata ampia e il risultato è positivo. Sicuramente nessuna delle parole dette,nessun gesto missionario sono caduti nel nulla e se non in tutti la risposta è stata immediata,in molti si sono prodotti nuovi spunti di riflessione e frutti di rinvigorimento della testimonianza di fede.
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in cammino
La cupola della vecchia Chiesa e una navata laterale
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a dedicazione della Chiesa Madre di Caposele,avvenuta il 9 agosto 2008,ha restituito alla comunità dei fedeli il suo edificio di culto distrutto dal sisma del 1980 e ri costruito, sul medesimo sito,dopo un lungo e travagliato percorso. Ritrovarsi tutti insieme intorno alla mensa della Parola e dell'Eucaristia nel nuovo Tempio a lodare e ringraziare il Signore che compie grandi meraviglie in mezzo al suo popoio,ha dato un rinnovato impulso al cammino di fede verso la crescita di una più matura coscienza cristiana. Gli ampi spazi,il fascino delle armoniose forme architettoniche che proiettano l'animo verso l'alto e la bellezza degli arredi HYPERLINK "http://scultorei-.il"scultorei-.il Cristo crocifisso e risorto,Paltare,Pambone,il battistero e il tabernacolo del 1630 fanno da corona alla liturgia che,durante le celebrazioni domenicali e festive dell'anno,è animata sempre dalla presenza delle Suore,della Corale degli adulti,composta da voci maschili e femminili,dal piccolo coro dei fanciulli e dagli operatori pastorali. Le Suore Vocazioniste,presenti in Caposele da ben ottanta anni,svolgono un servizio insostituibile nella nostra comunità per l'animazione e la formazione cristiana dei bambini ed adulti. Inoltre,da sempre,con attenzione,cura,competenza,sì dedicano all'educazione e istruzione dei bambini dell'età prescolare. Siamo grati,apprezziamo la loro dedizione verso i bambini e sosteniamole con la nostra stima e fiducia. Il primitivo gruppetto di catechisti e lettori è cresciuto nel tempo ed oggi è costituito da un buon numero di persone,dotate di buona volontà che sacrificano molto del loro tempo a beneficio della Parrocchia. Le catechiste,in genere tutte madri di famiglia si sono ben preparate al loro compito seguendo corsi di formazione ed ora sono in grado di affrontare i bisogni dei fanciulli, dei preadolescenti e degli adolescenti e di attendere alla formazione cristiana mediante un'efficace azione educativa. I lettori sono ministri
L'interno della Chiesa Madre in una foto panoramica
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RICORDO DI
FIORENZO CONFORTI
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Caro Fiorenzo, Sempre più spesso, nelle mie frequentazioni caposelesi, mi aggiro tra le tombe del nostro cimitero, alla riscoperta di Amici del tempo lontano. Così ho rivisto la Tua immagine sorridente, o Fiorenzo, matura e signorile, nella sobria tomba della Famiglia Conforti. Ed il pensiero è volato lontano, agli anni della nostra comune adolescenza. La Tua coincise, purtroppo, con la lunga malattia paterna, che Ti costrinse ad assumere più grandi ed improvvise responsabilità nella gestione della impresa edile già egregiamente avviata. Ricordo i Tuoi rientri serali, in compagnia di muratori che Tu stesso trasportavi dai cantieri, a bordo di una storica “giardinetta”. E ricordo precisamente i bustini di carta di giornale, da Te abilmente confezionati, distribuiti ai compagni di lavoro e, con disinvolto atteggiamento, da Te stesso indossati. E riprendevi così la lettura notturna dei libri che tanto Ti incuriosivano ed intorno ai quali spesso intrecciavi discorsi con amici di Te più fortunati. E poi, mi sia consentito un accenno al Tuo ostinato amore contemplativo che Ti portava, in ogni attimo di libertà, verso Materdomini allora deserta, ma dove Tu potevi “respirare la stessa aria” della Tua Maria, come Tu stesso candidamente confidavi agli amici che, su questo tema, un po’ Ti “sfruculiavano”. Poi sopraggiunse la maturità, per tutti, e Tu sapesti conquistare il Tuo onorato titolo accademico che Ti ha consentito di elargire nella professione, onestamente e con decoro esercitata, i tesori della Tua pregressa esperienza tecnica, acquisita sul campo operativo. Addio, Fiorenzo, nella vita terrena tanto schivo e discreto quanto sinceramente amico.
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In effetti, l’unica volta che l’ho incontrato a casa sua, già sofferente. fu su sua sollecitazione. Anche allora egli non smentì se stesso: nonostante i suoi problemi, mi chiedeva, nel caso avessi avuto la possibilità, di dare una mano ad una persona estremamente bisognosa. Questo era Fiorenzo. In quella occasione ebbi modo di soffermare lo sguardo sulla sua abitazione che disvelava nella cura degli interni una calda ed attenta progettualità, propria di chi considera la casa un tempio della famiglia … una casa, per così dire, che invita a trattenersi e a non evadere oltre il circostante giardino, il quale trasuda di pari cura quotidiana. Mi verrebbe da dire che quegli alberi e quel prato di fiori, quei vialetti e quegli scalini sono la narrazione di una vita che ha gocciolato utilmente fino all’ultimo giorno. Fiorenzo certamente mancherà a Maria ed ai suoi figli: ricaveranno, però, un qualche sollievo se, interrogando quel giardino e quella casa, dettaglio per dettaglio, immagineranno di poter continuare a parlare con lui. In fondo, chi si ama, non parte mai del tutto da noi, se si è capaci di trattenerlo serenamente nella memoria e nei ricordi.
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Ezio Caprio
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Caposele 10/04/2010 Alfonso Merola
da ALTIRPINIA
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’ proprio vero che la morte si ostina a sparare nel mucchio, non curante di tutto e di tutti. Infatti, che cosa mancava a Fiorenzo alle soglie della sua giovanile maturità che egli avrebbe potuto vivere in serenità? Egli aveva la sua Maria, compagna adorabile e premurosa di un bel pezzo di vita coniugale trascorsa a cementare il culto della famiglia; aveva Gilda, Salvatore,e Mariassunta, modelli di rispetto filiale che ai giorno nostri cominciano a scarseggiare. E, poi, poteva godersi i nipotini, già benvenuti o in arrivo. Infine, non gli mancava l’affetto dei fratelli e sorelle, anche questo un modello di coesione umana e familiare che apprezzano solo coloro ai quali viene meno anzitempo il padre e che ti fa maturare una precoce responsabilità. Io ho conosciuto Fiorenzo per il tramite di suo fratello Nicola e da subito ho potuto apprezzare le sue doti personali: sulle tante spiccavano la sua discrezione, la sua gentilezza, direi da gentiluomo inglese, e il senso realistico nel misurare le cose in modo stoico, da benpensante che ha un’idea progressista e positiva del mondo, senza accordare eccessive passioni alla Politica. Di lui le istituzioni non ricorderanno mai strattonamenti e pressioni, molto ricorrenti nel dopo-terremoto: la sua emigrazione professionale verso altri luoghi irpini, d’altronde, ci conferma la tempra di dignità che accordava al suo lavoro di tecnico. Fiorenzo amava le discussioni tra amici: non avrebbe, poi, mai rinunciato nelle serate domenicali alle sue passeggiate lungo il corso principale di Caposele, parlando del più e del meno. Non voleva meno bene a Materdomini e perfino ai suoi frastuoni estivi, propri di una frazione che si industriava e si cimentava con un turismo “miracoloso”. Soleva ricordare a chi lanciava strali ironici contro Materdomini: “morendo qui S.Gerardo, ha dato un’occasione unica a tanti che altrimenti sarebbero stati condannati a prendere il volo, in cerca di fortuna”. Quando un’ingrata malattia ha minato la sua salute, io ho alquanto indugiato a fargli visita, perché non mi sento mai sufficientemente corazzato in occasioni così cruciali.
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Una foto degli anni '50
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Nella tarda mattinata di venerdì 9 aprile 2010 il caro Fiorenzo Conforti ha lasciato questa" terra per raggiungere la "Vita Eterna", Non appena si è diffusa la triste notizia, si è avviato un movimento di parenti, amici e conoscenti per manifestare la propria fratellanza ai cari familiari ed il doveroso saluto all'estinto. Al rito funebre iniziato alle ore 16 dì sabato, si è assistito ad una partecipazione composta di tante ma tante persone giunte da vari paesi: Calabritto, Conza della Campania; Lioni; S.Angelo dei Lombardi ed in massa da Caposele, contrade varie e Materdomini. L'omelia funebre è stata officiata dall'amico di Fiorenzo il padre Luigi Martella e concelebrata dai padri Redentoristi P.Antonio Pasquarelli e il parroco P. Gaetano Desiderio e Mario Esposito. Il celebrante, ha tracciato un vero e sincero profilo del compianto, esaltandone la convinta e rassegnata sofferenza delle stesso, specie negli ultimi tempi senza perdere la pace e serenità dello spirito.
Io, ricordo Fiorenzo dagli anni sessanta, quando da giovane carabiniere fui destinato al posto fisso carabinieri di Materdomini epoca in cui Fiorenzo era fidanzato con la sua cara moglie Raggiungeva Materdomini più delle volte a piedi attraverso la storica strada mulattiera "S.Gerardo" per scambiare fugacemente uno sguardo ed una parola con la fidanzata. I tempi di allora erano diversi da quelli attuali. Tutto era difficile e non pochi vi erano sacrifici, specialmente esternare il proprio amore alla persona che si amava. E’ stato sempre riservato, tuttavia, sempre presente a tutte le circostanze della vita, caposelese. In seno alla Pro-Loco era un riferimento discreto. Nella redazione del Giornale "La Sorgente» non faceva mai mancare il suo incoraggiamento e 1’apprezzamento per quanto si realizzava. Era scevro a critiche gratuite che comunque sminuiva sempre sul nascere le polemiche. La sue meravigliose fotografie scattate in determinate circostanze e luogo fissavano meravigliosi momenti, tanto da arricchire ulteriormente il giornale. Caro Fiorenzo, che dirti: Ci mancherai tanto. Antimo Pirozzi Materdomini,li 12 aprile 2010.
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PER NON DIMENTICARE
ALCUNE TRA LE PIU' BELLE FOTO
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SCATTATE DA FIORENZO CONFORTI
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Agnese Malanga e Petronilla Pizza in costume tradizionale caposelese
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Pietro Pallante e Angelo Petrucci
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Il Maestro don Giovanni Benincasa ed i suoi alunni (foto degli anni 40)
Salvatore Farina e altri
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La famiglia Mattia
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Gerardo Ceres (pellicano) Antonio Patrone, Donato D'Auria, Michele Patrone e Filippo Alagia
Ersilia Farina
Maria Farina e Francesca Ruglio
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Una foto degli anni 50: Filippo Alagia ed altri
I pionieri del calcio - foto degli anni '50 Don Lorenzo Corona (al centro) ed i suoi commilitoni
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Gerardina Sturchio, Angelo Farina, don Ciccio Benincasa e Michele Farina
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Il vecchio oleificio di Antonio Mattia
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L'allegra brigata
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Tre pacchiane di altri tempi
La Corsa campestre degli anni '70 con il campione dell'epoca: Davide Liloia che vinse 2 edizioni consecutive della manifestazione sportiva.
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In primo piano: Fernando Cozzarelli,MimĂŹ Farina e Gerardo Ceres (Pellicano) Dietro: Michele Patrone e Nino Antoniello +1
La famiglia Cibellis
Da sinistra: Emidio Baldi, Lorenzo Petrucci, Donato D’auria, Gerardo Ceres, Giulio Spatola +1, Tommasino Freda, Virgilio Caprio e Pietro Farina Nino Fortunato, Gerardo Competiello, Alfredo Alagia, Generoso Notaro, Rocco Russomanno, Mario Feleppa, Tonino Ceres, Angelo Cuozzo, Raffaele Nesta, Giovanni Chiaravallo, Pasquale Gervasio, Gelsomino Cibellis, Gerardo Ceres, Gerardo Farina, Mario Linarducci
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Attualità
UN BAGNO D’UMILTA'
Oooh Caposele mio paese, capo del fiume Sele, Siamo un paese circondato dalle montagne verdi sotto il cielo azzurro. Oooh Caposele mio paese, che dal monte Paflagone nasce un fiume di nome, ti chiama Sele. Siamo un paese delle acque e delle-sorgenti del Sele. Siamo un paese d'arte, fede e natura Patria di tre campanili che quando suonano fanno din don din don.
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vanno a toccare direttamente le nostre tasche?. Se questa è la situazione credo che ci sia più d’un motivo per far sentire la propria voce. Mi permetto di dare due piccoli suggerimenti. Primo. Un salutare bagno d’umiltà non potrebbe che farci bene, ci farebbe ritrovare il senso della misura, della condivisione a scapito dell’egoismo che sembra averci attanagliato tutti come se il nostro bene debba essere per forza incompatibile con quello degli altri. Secondo. E’ arrivato il tempo di una mobilitazione civile, composta, democratica, fatta di partecipazione, impegno, spirito costruttivo. Non c’è più spazio per un confronto urlato, per un confronto aspro e fine a se stesso, per incomprensioni e sospetti che minano la pacifica convivenza. La mobilitazione dev’essere finalizzata alla creazione di un nuovo rapporto dialettico con le Istituzioni e fungere da stimolo a che l’Amministrazione comunale possa promuovere un tavolo allargato agli altri Comuni vicini per porre finalmente mano a un progetto comune di rilancio turistico delle nostre zone. In questo senso, anche la politica potrebbe giocare un ruolo fondamentale se ed in quanto si mostrerà capace di fare fronte comune, abbandonare gli interessi di bottega e far confluire attorno a questo progetto tutti gli sforzi possibili in termini di idee e di supporto tecnico – organizzativo. Un’idea del genere, ne sono certo, non potrebbe non trovare nell’Amministrazione Comunale un interlocutore attento e disponibile.
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GIUSEPPE CASALE ci trasmette un suo racconto in versi su Caposele che siamo felici di pubblicare. A Giuseppe e alla sua famiglia va il plauso della Pro Loco per la speciale ed attiva presenza in tutte le manifestazioni di carattere pubblico.
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a loro volta alla fonte primaria che si chiama politica che hanno brillato per la loro assoluta latitanza e non per altro. E’ veramente inaccettabile che di fronte ad una crisi economica ed occupazionale che fa sentire tutto il suo peso sulla vita di intere famiglie caposelesi non ci sia stato un partito che abbia avuto il coraggio, la determinazione, la capacità di fare una proposta credibile, di indicare una strada, guidare un possibile rilancio. E’ veramente inaccettabile che di fronte al tentativo in atto di arrivare alla privatizzazione dell’acqua in Italia non ci sia stato un partito che a Caposele ( Paese dell’acqua ) abbia promosso una mobilitazione generale a tutela e a difesa di una risorsa tanto preziosa. Basterebbe considerare che in tutto il mondo l’acqua è considerata l’unica vero elemento imprescindibile per la sopravvivenza del pianeta. E’ veramente inaccettabile che di fronte ad un dibattito serrato sul federalismo non ci sia stato un partito che abbia promosso un’iniziativa anche solo con l’intento di informare i cittadini sul significato di queste riforme e i loro possibili effetti. Basterebbe porre l’accento sul fatto che la Regione Campania è tra le più disastrate d’Italia dal punto di vista finanziario per capire che c’è il rischio sostanziale che i costi del federalismo vadano a ricadere direttamente sui cittadini, tanto più che le indicazioni che emergono dal dibattito parlamentare non sono incoraggianti se è vero com’è vero che sembra prevalere il modello leghista che com’è noto concede veramente poco spazio al principio di solidarietà. Allora vale la pena o no discutere di queste cose visto e considerato che
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e sulla buona volontà per consentire a tutti di avere un proprio spazio e una propria dimensione. Ma una comunità è veramente matura se sa riconoscere le proprie caratteristiche, le proprie attitudini, i pregi, i difetti, le risorse di cui dispone e sa valorizzarle perché è da esse che può trarre fonte di benessere per se stessa. Avere o non avere questa consapevolezza non è la stessa cosa così come non è per niente irrilevante il comportamento che ciascuno di noi ha di fronte a queste risorse. Acqua, turismo, agricoltura sono parole ormai note, concetti e argomenti di cui sentiamo parlare da sempre. Tuttavia, benché passi in avanti ce ne siano stati, non sono ancora sufficienti a trasformali da concetti astratti a realtà realmente fruibili nella pienezza delle loro potenzialità. In questo momento sarebbe utile capire che bisogna uscire dagli stretti ambiti territoriali di Caposele e cercare di instaurare una collaborazione organica con altri Comuni della nostra provincia con lo scopo ultimo di creare un vero e proprio sistema ricettivo integrato. Solo con un progetto comune di ampio respiro sarà possibile attrarre investimenti e sfruttare i fondi europei che ci sono e sono consistenti finalizzati proprio a questo tipo di iniziative. Progettare il futuro certo, ma chi può farlo veramente?. Il singolo cittadino in quanto tale non ha gli strumenti tecnici immediati per farlo, chi può dargli una mano sono sicuramente le istituzioni locali ma non solo. Ci sono alcuni strumenti democratici caduti in disgrazia per demeriti propri che si chiamano partiti riconducibili
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uando due persone si parlano ripetutamente e rimangono sempre sulle proprie posizioni senza cambiarle di una virgola ci sono un paio di spiegazioni possibili. Le due persone non si spiegano oppure non sentono. E’ un po’ quello che succede oggi in Italia, Caposele compreso. C’è un paese (Caposele appunto ) che al di là del comune senso di appartenenza che tra alti e bassi non è mai venuto meno in realtà non riesce a comunicare e a dialogare, non riesce a farlo su temi importanti e in special modo non riesce a farlo sul proprio futuro. Eppure, gli spazi per una riflessione comune ci sono tutti. In primo luogo, come rendere sempre più vivibile il nostro paese, in secondo luogo come tutelare le risorse di cui disponiamo e infine come progettare il nostro cammino di comunità matura e responsabile. Andiamo per ordine. Rendere vivibile un paese non significa misurare quanta adrenalina si riesce a far sprigionare nel corso dei festeggiamenti agostani ma significa piuttosto esser capaci di solleticare, stimolare e favorire la partecipazione della gente nel corso di tutto l’anno. L’Associazionismo presente sul nostro territorio è vario, diffuso, diversificato e potenzialmente in grado di offrire molti spunti e opportunità ma spesso si attarda in discussioni di basso profilo che non portano a risultati concreti. Spesso, quasi sempre, si fa di tutto per far emergere i motivi di divisione e di scontro a scapito delle ragioni di unità e di incontro. Basterebbe far leva sulla bontà delle idee che vengono proposte
di Antonio Ruglio
Siamo un popolo di santi, di sagre e della quadriglia a batticulo Ooh Caposele mio paese, abbiamo un santo di nome Gerardo protettore delle mamme e dei bambini. Oooh Caposele mio, paese dove una volta c'era il castello oggi è rimasto solo una piazzetta... Oooh Caposele mio paese, dove la gente in estate passa il tempo giocando a bocce per solo divertimento o per un bicchiere di birra... Oooh Caposele mio paese, patria di fontane e fontanelle dove esce l'acqua bianca e limpida. Oooh Caposele mio paese, dove il terremoto è diventato solo un lontano ricordo rimasto sulla nostra pelle, e sulla nostra anima. Oooh Caposele mio paese, dove ogni anno in autunno le persone vanno in campagna a raccogliere le olive insieme ad altre persone e le portano nel frantoio per fare l'olio. Questo è Caposele; mio amato paese non ti lascerò mai finché la morte non ci separi. Viva Caposele viva Italia.
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La Scuola
Lettura dell’ultima pagina dell’anno scolastico:
una scuola del sapere,
dell’essere o dell’apparire?
di Salvatore Di Napoli Dirigente scolastico
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che problema emerge. Per la Scuola Secondaria di Caposele s’incassa un risultato negativo per ciò che riguarda i compiti a casa. Si tratta del segmento del nostro istituto in cui i ragazzi hanno più impegni pomeridiani: due rientri istituzionali per il tempo prolungato; progettualità interna; progettualità esterna. Si torna al vecchio, annoso problema (è sempre duro fare delle scelte!) di come caratterizzare una scuola: una scuola con pochi impegni pomeridiani ma con tanti compiti a casa, oppure una scuola con tanti impegni progettuali organizzati ma, per conseguenza, con poco impegno domestico individuale? Tuttavia, ciò che importa evidenziare è che la chiusura di un anno scolastico e l'inizio di un altro anno scolastico non costituiscono due eventi separati, ma si correlano, si collegano, s’integrano, nella prospettiva della continuità educativa, che é continuità non solo da scuola a scuola, ma anche da un anno ad un altro anno: una continuità che si configura come processualità, come assenza di salti, di tagli netti, di interruzioni. Il lavoro riprende dove è terminato, anzi non si interrompe, ma si continua.
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Per l’anno scolastico in corso si è deciso di effettuare l’indagine sulla componente genitori. Il questionario somministrato è stato opportunamente revisionato e riadattato a cura della “Commissione qualità” guidata dal prof. Michele D’Ambrosio. Attraverso il questionario genitori si conosce la percezione degli utenti (stakeholders) sul funzionamento dell’Istituto: la scuola ha la possibilità di riflettere sul proprio operato in funzione delle opinioni dei genitori, individuando i punti di forza e i gli aspetti critici sui quali intervenire nell’ottica del miglioramento del servizio erogato. Il risultato complessivo del questionario è risultato sostanzialmente positivo. Pienamente positivi i risultati per ciò che riguarda la Scuola dell’Infanzia: Customer satisfaction (C.S.) [“Soddisfazione del cliente”] 9,1. Positivi i risultati del questionario della Scuola Primaria: C.S. 8,8. sostanzialmente positivi i risultati per la Scuola Secondaria: C.S. 7,2. Il C.S. medio dell’istituto è 8,2. Notiamo che il risultato della Scuola Secondaria si colloca al di sotto della media dell’istituto. Ed ecco la sorpresa! Alla domanda n. 3 relativa alla qualità dell’offerta formativa: “ All’interno del POF sono soddisfatto delle attività
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e non tanto dalle identità dei singoli contesti socioculturali, quanto dalle identità dei singoli alunni. È questo un cambiamento profondo ed innovativo della prospettiva educativa e didattica della scuola dell’autonomia, che non può essere ignorato e disatteso: tutti gli alunni di un determinato contesto socioculturale non debbono acquisire le stesse conoscenze, le stesse capacità e gli stessi atteggiamenti. Per citare Don Milani “Non c’è ingiustizia peggiore che fare le parti uguali tra diseguali” Ispirati a questo principio nel POF, relativo all’anno scolastico 2009/2010, sono stati previsti e realizzati diversi progetti ed attività aggiuntive al curriculum scolastico tradizionale/nazionale. Ricordiamone alcuni: Progetto “Scuole Aperte”-Regione Campania-Azione A con ben sei laboratori (“musicando”, “a scuola di volontariato”, “il nuoto per crescere”, “genitori efficaci”, “tutti in scena” e “insieme per… intercultura”) e due moduli di approfondimento (“il piacere della lettura” e “piazze raccontano”). Progetto “Scuole aperte” Regione Campania-Azione B, in rete con altre scuole del territorio, con il modulo “Educazione ambientale”. Progetto “A scuola di legalità”, in collaborazione con le associazioni culturali e sociali del territorio, con gli incontri con il dott. Gerardo Colombo e il Forum dei giovani di Caposele. Progetto “Nuoto”, presso la Piscina Comunale di Caposele; Progetto “Frutta a scuola” con la collaborazione del Ministero dell’agricoltura; Progetto “Occhio al peso/altezza” con la collaborazione dell’ASL; Progetto “ Festa dell’acqua” con la collaborazione del Comune e della Pro-Loco di Caposele. Progetti vari finanziati con i fondi dell’Istituzione scolastica (“Intersezione”, “inglese” e manifestazioni per l’infanzia, “recupero e potenziamento” delle conoscenze di base in italiano e matematica per la scuola primaria, “realizzo un video-clip”, “uso delle LIM” (lavagne interattive multimediali) e manifestazioni per la scuola secondaria). All’interno di questa ampia progettazione non poteva mancare l’indagine sulla qualità della scuola percepita dai genitori (autoanalisi d’istituto).
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n anno scolastico finisce. Un anno scolastico si approssima. La macchina della scuola non si ferma. Tutto continua. L’anno che chiude ne apre un altro: le operazioni di chiusura dell’anno scolastico in corso hanno significato in quanto preparano al nuovo anno scolastico. A cominciare dagli esami. Scrutini ed esami hanno significato non tanto per terminare quanto per riprendere il processo formativo dei singoli alunni nel nuovo anno scolastico. La valutazione finale non serve per esprimere un giudizio (promozione o bocciatura), quanto per predisporre le condizioni più adeguate a riprendere a settembre la crescita culturale degli alunni all’insegna della continuità. Nell’ambito della scuola dell’autonomia - che è intesa a promuovere il “pieno sviluppo della persona umana”, che è impegnata a garantire il successo a tutti gli alunni - non ha significato dispensare promozioni, ammissioni e bocciature. La scuola non ha più il compito di selezionare, di giudicare, di valutare per attribuire titoli e qualifiche. La scuola ha solo il compito di promuovere i processi formativi, perché tutti gli alunni siano messi nella condizione di realizzare il loro successo, la loro piena formazione, la loro autorealizzazione umana. In tale prospettiva occorre utilizzare anche le operazioni di chiusura dell'anno scolastico per predisporre le migliori condizioni di avvio del nuovo anno. In particolare, l'attenzione può essere rivolta a realizzare un approfondimento della conoscenza degli alunni, con specifico riferimento ai loro livelli di sviluppo e di apprendimento, ai loro ritmi ed ai loro atteggiamenti. Sulla base di tali conoscenze é possibile mettere a punto il loro Piano educativo personalizzato: a settembre i docenti potranno definire le esigenze dei singoli alunni e delineare meglio i Piani educativi personalizzati che stanno alla base della elaborazione del POF. L’elaborazione del POF non può non muovere dai Piani educativi personalizzati dei singoli alunni, diversamente, risulta astratto, generico, non rappresentativo della identità delle singole scuole, identità che nasce, non solo
integrative proposte dalla scuola?”, i genitori hanno così risposto: Per la risposta n. 3, la riflessione da fare riguarda l’offerta formativa. Ci rendiamo conto che l’utenza non pone, soprattutto per la Scuola Secondaria, come elementi fondamentali dell’offerta formativa le attività integrative. C’è da prendere coscienza che, oltre al panorama normativo che ha creato un nuovo assetto all’interno della scuola, ci viene lanciato un messaggio dagli utenti che nella società in cui operiamo si stanno verificando dei cambiamenti. Se leggiamo i risultati dei singoli item osserviamo che qual-
Le vacanze costituiscono solo una pausa, non un’interruzione. Vogliamo dire che non chiudiamo pagina, ma siamo con il cuore protesi a svoltare una nuova pagina. Forse è proprio questo atteggiamento che rende più significativa la lettura dell'anno scolastico che volge al termine: più significativa e anche per questo più responsabile, più impegnativa, più professionale. La scuola non chiude mai, ma s’impegna nel miglioramento continuo dei processi formativi. Caposele, lì 14 / giugno / 2010
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Attualità
Vania Palmieri è il nuovo presidente dell’AVIS Il direttore responsabile di “Altirpinia”, Vania Palmieri, è stata nominata presidente dell’AVIS provinciale, raccogliendo il testimone dalle mani del dott.Giovanni Vuotto. Le origini dell’AVIS risalgono al 1926 quando il dott.Vittorio Formentano lancia sul Corriere della Sera a Milano un appello per costituire un gruppo di volontari per la donazione del sangue. All’invito risposero 17 persone che si riunirono nel 1927 dando vita alla prima Associazione Italiana di Volontari del Sangue.
Solo un pensiero
fiori. Come? Con il volontariato, la solidarietà, l'amicizia. Soprattutto con la donazione di quel sottile filo rosso che si chiama sangue e che è l'emblema della vita. Donare il sangue è scoprire la gioia, accendere la fiamma della speranza, diventare fratelli di gente infelice che soffre e fa soffrire. Donare è un grande atto di amore che apre il cuore alla certezza, alla consapevolezza di sentirsi amati. E' in quest'ottica che opera l'AVIS. Le emoteche percorrono le strade italia-
ne. Sostano nelle piazze. Aspettano i volontari dell'amore fraterno. S'inizia così la terapia dell'amore. Un lungo e interminabile filo rosso che porta la vita a chi rischia di perdere anche la speranza. A volte basta un attimo a spegnere la luce dell'esistenza. Un giovane che agonizza sull'asfalto, un malato che lotta in un letto d'ospedale, una mamma prostrata da un'emorragia dopo il parto, un anziano che ha ancora tanto da raccontare, aspettano per ricominciare a percorrere sentieri dell'esistenza.
E proprio accanto a loro deve alzarsi l'inno “Fratelli d'Italia” cantato all'unisono da chi dà e chi riceve il filo rosso della vita. Un inno cantato con slancio d'amore. L'inno della vittoria sul destino e sulla morte che si divertono a giocare e a nascondersi. Pronti a riapparire e distruggere anche l'ultima speranza. Sono qui a gioire nel vedere il filo rosso della vita che ridà la vita. Sono qui a costatare la terapia d'amore. Sono qui per chiedere a tutti gli ”uomini di buona volontà”di cantare insieme il nostro meraviglioso inno!
la sua grande disponibilità hanno fatto sì che fosse l'amico di tutti. E tutti lo hanno salutato attraverso una commovente manifestazione nella quale
il sindaco ha voluto rappresentare con un dono la vicinanza continua anche nella fase post lavorativa, di tutti i suoi colleghi. GRAZIE SALVATORE !
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SALVATORE PECCATIELLO IN PENSIONE
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nche Salvatore raggiunge la soglia della pensione e nel mese di aprile lascia il Comune di Caposele dove da anni, ha svolto le mansioni di messo, e centralinista. Ma Salvatore non era solo questo; è stato anche l'amico di tutti i dipendenti che spesso ad inizio giornata lo cercavano per un caffè, una chiacchierata, uno sfogo; è stato il depositario di tante soluzioni a problemi pratici all'interno della macchina amministrativa e questa sua conoscenza e
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è pieno di piante. Ad ognuna ho dato un nome ed affidato un messaggio. Mi rispondono quando fioriscono, mi raccontano storie di paesi lontani che ascoltano dal vento e dalle farfalle. Mi regalano momenti di gioia. Prendono i miei pensieri, li racchiudono nelle corolle, li nascondono nei luoghi steli che salgono verso il cielo. C’è sempre una stella a raccogliere le mie piccole solitudini. Comprensiva e benevola la tramuta in speranze che io raccolgo tra i fiori del mio giardino. La vita è bella anche se alcuni non sanno apprezzarla e brancolano nella cattiveria, nell’ipocrisia, in un falso per benismo. Una mente appesantita da emozioni e mediocre burocrazia è pochezza di sentimenti, è il nulla.
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di Vania Palmieri
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rifugiarsi nella pensione e rispondere alle umilianti domande dei burocratici medici delle USL. Le strade della città, intanto, hanno come ornamento collane di marciapiedi a cui tutti hanno libero accesso, automobili comprese, tranne i disabili. Può capitare che un povero diavolo, dopo aver faticato per raggiungere il portone, resti sulla soglia a sospirare sul prato di veicoli che gli sbarrano la strada. A tutto però c’è rimedio. Basta pensare. La volontà per noi diversi deve essere sempre all’erta. L’arte di arrangiarsi nel modo migliore, la nostra bandiera. Tutto il mondo ha un handicap, compresa la Terra che combatte contro il buco nell’ozono. Le spine servono. Pensate a come sarebbe piatta la vita se dovessimo cogliere solo rose. Una noia infinita. Tutto sempre uguale. Invece, ogni ostacolo che si supera è ancora una volta un fiore che spunta nel giardino dell’esistenza. Non c’è bisogno della primavera per coglierlo. Ci sono fiori in ogni stagione. I profumi sono diversi,
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TERAPIA D'AMORE
“Fratelli d'Italia” è il nostro inno nazionale. Viene cantato con foga nelle manifestazioni speciali. Viene urlato e inviato nell'etere, ma non sempre alle parole e alle note si accompagna il cuore. “Fratelli d'Italia”, però, non dovrebbe essere soltanto un’esternazione di patriottismo, ma dovrebbe dare la certezza che in questo stivale, a volte troppo stretto, possiamo sentirci uniti come un unico grande fascio di
il Signore che ci assolve dal sentire la solita predica di fratellanza che alcuni suoi servi sciorinano senza crederci. I cinema sono un altro tabù. Pochi hanno l’accesso per i disabili. Noi spofondiamo nella depressione. I mass-media moderni ci consentono di goderci il film preferito comodamente seduti nel salotto di casa nostra. Da soli o con gli amici. Si evitano così sguardi di commiserazione e, sempre più spesso, di fastidio. Le scuole, poi, offrono quello che possono. Insegnanti di sostegno, strumenti audiovisivi, computers all’avanguardia, rampe costruite per non venir meno alla tanto celebrata legge delle birrerie architettoniche. Durante il periodo della scuola dell’obbligo i problemi si superano. Il tutto si complica quando arriva l’istruzione superiore. Senza parlare della fatica di alcuni insegnanti veramente disabili, che si sottopongono ad acrobazie pericolose per raggiungere le loro aule. Essi quando sentono che stanno per cedere devono
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hi legge questi miei pensieri può credere che io sia pazza. Niente di più sbagliato. Ho solo la visione di un mondo in cui, malgrado tutto, mi sento a mio agio e mi riconosco. Se mi trovo ai piedi della scalinata che porta al Comune e non posso accedervi, cosa faccio? Suono il clacson e chiamo ad alta voce un vigile a cui chiedo il servizio che mi occorre. Esagero? No, perché mi adeguo alle esagerazioni sociali. Che bisogno c’è di costruire il Palazzo del Comune in veste faraonica e oltraggiarlo con scale non accessibili a tutti? Visto che io non posso salire, scendano gli inquilini. Il clacson e la mia voce svegliano le coscienze addormentate e rompono i timpani di chi preferisce ascoltare la musica che gli fa comodo. La domenica e nelle festività religiose la Messa è un obbligo morale. Le nostre cattedrali svettano alla sommità di scale pericolose. Noi prediletti restiamo ai piedi dei monumenti ringraziando
Vania Palmieri
Una foto ricordo con tutti i colleghi di lavoro e con la targa ricordo donata dal Sindaco
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E' finalmente pronta la pubblicazione (in uscita contemporanea col numero di dicembre prossimo) "Statti cittu ca mo' tu lu condu" nella quale sono stati inseriti tutti i detti, strofette, fatti e altre Paesanerie, fin qui pubblicati. Il libro sarà accompagnato da un supporto in DVD nel quale si potranno anche vedere ed ascoltare alcuni
detti, canti e racconti della nostra tradizione recitati e congelati nel tempo. prenotatela
Cundann la mundagna
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Riss’ lu cat’catasciu: iu pùru fàzzu luci Riss’ lu preut’: sia fatta la vulundà r’ Diu e si futtìu na’ zepp’pla
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Addù car’ lu ciucciu, ddà vinni r’ scarcioff’l’
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***** Quànnu tiéni nu guaiu còntulu cu tutti, e quànn tieni nu cuntu buonu mangiatèllu sulu.
E’ bella r’ faccia, ma sottu nu ru sacciu
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Il presepe di Federico Barbarossa
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Amici cu’ tutti, cumpari cu’ nisciunu
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Quantu cchiù alària vai, tantu cchiù n’dèrra chiavi. *****
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Quànnu l’amicu vèn a càsta nu piacèru ti vòl circà quànnu l’è fattu resta suddisfattu, ma quann vai p ngì circà si mett’a ghiastumà e ti rspònn: ma cc bbù, cc t’aggia rà?
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Vico Castello
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Quànn canta lu cucùlu r’ ciràs t’ r’ fìcchi ngùlu.
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Vico Sant'Elia
***** Ru grànu ca vòl èss avandàtu lu primu r Màggiu adda èss sp’gàtu.
E’ cchiu’ tosta la noci ca’ la prèta *****
R’ corn’ so’ cum’a li riendi, appena spund’n’ fann’ mal’, ma po’ serv’n’ p’ mangià ***** R’ cos’ cchiù bell’ so’ quer’ ca nun si ponn’ rìci ***** Li r’nàri accònz’n’ tutti li uài ***** R’ figl’ femm’n’ hanna cresc’ sott’a la pètt’la r’ la mamma *****
Chi vai a caccia r’ penn’ resta sp’nnatu
Li r’nàri so’ cum’a li chiattìddi, s’attacc’n a li cugliuni
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Chi vai appriessu a lu cicatu, f’nisc’ in’ ‘nda lu fuossu
R’ figliol’ vannu truvann’ cazzi e nò m’rletti
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Chi vol’ la carn’ sens’uòssu, accatta purmònu
Eterno riposo… è fattu buonu a murì si m’è lassatu quaccosa
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Ciucciu ca raglia, li pror’ lu battagliu
Lu pir’tu r’ lu padronu nun puzza
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***** Si vuo' abbà lu vicinu Corchiti priestu e auziti matinu *****
***** Curona longa, cusciènza corta ***** Ra la faccia si ver’ lu cor’
Vinu e maccaruni so’ na’ cura p’ li pulmuni ***** Val’ cchiù n’àcina r’ pep’ ca’ nu strunzu r’ ciucciu
***** Addù lu chianghièru truovi semb’ n’uòssu Anno XXXVIII- Agosto 2010 N. 80
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Cum’ si campa, cussi’ si mor’
Acquasantiera della Vecchia Chiesa Madre recuperata dagli operatori della Comunità Montana
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R’ cap’ r’ mort’ fann’ semb’ paura
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***** Chi vòl fòtt’ a li chianghiéri: trippa, capu e piéri.
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Michele Merola
di Cettina Casale
DETTI
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Viètta viètta a la Sanità Inghimu l’acqua. Cu lu tascappanu chinu N’abbiàmu p’ la via r’ lu cambanaru, addu r’ grutti cu l’addoru r’ lu v’nu ti ven’ l’app’titu già a la matina. E’ ghiuornu chiaru E simu a Aviglianu. Quann ti truovi b’anza a r’ Flett Mamma mia ch’ salita, Sali Sali è si av’za puru lu Solu, a r’ Barricedd t’add’rizzi e guardi a l’aria, rota lu caccialepru ‘ngimma a l’uortu tunnu. Camm’namu ‘nghianu ‘nghianu P’ la via r’Aria Longa, scinnimu a Canalu inghimu la burraccia e ni sciacquamu puru la facci. P’ lu carraru R’ l’Uarlu Andicu Guardi e pienzi Chi ha fattu sta via. A Puddaru, ti firmi, p’ ti guardà Sazzanu e r’ chianu r’ Caccia Spina. Ti funisci la salita A r’u chianu r’ Santa Maria, z’zzatu, scicchi la scarpa chiena r’ flittu, primu l’acqua po r’ panu e la buttiglia r’ lu vinu e accuglimu lu salviettu. Sazii e rupusati Iamu puru a Calavieddu Scrimu scrimu p’arruà primu, ni giramu tuornu tuornu e guardamu li sierri e li paisi. R’ cap’abbaddi fausti fausti P’ nun’aggappà notta Ni f’rmamu a la Mauta P’ nu sursu r’acqua. A lu Struzcaturu Trumm’lamu nu pisconu P’ send quand’è ‘nfunnu lu vaddonu. M’tti r’ manu, sotta a l’acqua R’ lu Cirasulu Ti vunni è ti r’frischi Vivi e po’ t’abbìi. Na fotografia p’ ricordu Cu la preta r’ la Maronna. Siendi la stanchezza r’ la Castagneta. Tagliamu a dd’rittu P’ la fundana r’ Saracinu E Sandu Biasi. Fuìmu rà la scesa r’ la Pas’tna P’arruà cu ru ghiuornu a Capussela. Cu l’uocchi apierti Quann passi p’ r’ grutti Si truovi l’amicu Cu l’arzulu chinu, si manga lu vinu ‘nge semb’ la fundana d’abbicinu
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***** Stancu, struttu e culu ruttu
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Vita Amministrativa
PIAZZA VIVA, PAESE VIVO di Pasquale Farina
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e che i lavori saranno subito affidati. Ha parlato del piano regolatore generale (PUC) mettendo l’accento su qualche “mente fine” che, non avendo raggiunto l’intento di farlo bocciare, ha messo in giro la voce che quello approvato dalla provincia è un altro PUC. La verità è che in Provincia il nostro PUC è stato approvato in soli due mesi di conferenza dei servizi, mentre altri paesi sono ancora in conferenza dei servizi da più di un anno e mezzo, e che gli incontri si sono svolti in piena armonia e concordia all’insegna del confronto e del chiarimento. Ha infine, confermato quella che è la linea di questa amministrazione per ciò che riguarda il parcheggio multipiano in via San Gerardo, dichiarando ad alta voce che questo parcheggio si farà. Alla luce di quanto detto ma soprattutto di quanto fatto da questa amministrazione in questi due anni, a voi le conclusioni e le considerazioni finali. Noi a dispetto di quei pochi (per la verità) che ci ostacolano e ci denunciano, siamo con la coscienza a posto, consapevoli quanto meno di aver profuso il massimo del nostro impegno e del nostro tempo a disposizione di voi cittadini. Se in qualcosa abbiamo mancato perdonateci… non ci siamo riusciti, ma quanto meno ce l’abbiamo messa tutta…
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delle acque un incubatorio per le uova delle trote, e un acquario con la fauna ittica del nostro fiume. L’assessore Ceres ha evidenziato la buona salute della fauna delle nostre montagne, confermata dall’avvistamento di tre lupi, e anche per quanto riguarda la flora (vegetazione) il taglio abusivo degli alberi è stato ridotto del 90% (come da relazione delle guardie ambientali). Ha illustrato inoltre i primi due dei progetti dell’elenco allegato, fortemente voluti da lui e dal consigliere Gonnella, che riguardano la sistemazione del bacino idrogeologico delle sorgenti del Sele. Il neo assessore della comunità montana Cirillo ha illustrato i progetti di strade e opere che la comunità montana intende realizzare nel comune di Caposele e che lui sta seguendo e caldeggiando. Con grande correttezza ha ringraziato gli operai della Comunità Montana per l’aiuto che ci stanno dando nonostante non vengano pagati da circa cinque mesi. L’ultimo degli assessori a prendere la parola è stato Malanga per informare i cittadini su tre progetti che stanno molto a cuore agli stessi: il centro fieristico, il Piano Regolatore Generale (PUC) e il parcheggio multipiano di via San Gerardo. Ha detto che a breve, salvo sorprese, la gara di appalto dei lavori del centro fieristico sarà espletata
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Per essere chiari fino in fondo, noi non conferiremo incarichi per cause perse fin dalla partenza, ma quando saremo coinvolti in liti giudiziarie pretestuose e finalizzate a creare danni all’ente o a bloccare opere pubbliche urgenti, non ci tireremo indietro, perché tutti sappiano che tra gli interessi privati e quelli pubblici, noi scegliamo questi ultimi. Un altro tassello da questa amministrazione è stato messo nella serata del due giugno, in una manifestazione dal titolo “Progetto Piazza Viva”. Questo progetto ha previsto la liberazione della parte interna della piazza XXIII Novembre, la realizzazione di un Punto Informativo nella struttura in passato adibita a biblioteca comunale, e la Rete Wireless su tutta la piazza e, non meno importante, la consegna ai cittadini del nuovo Parcheggio “Lavanghe” voluto dalla pregressa amministrazione e completato in economia e con l’aiuto degli operai della Comunità Montana da questa amministrazione. Si è voluto con questo progetto fare della piazza XXIII Novembre un salotto all’aperto, dove i giovani possono incontrarsi, collegarsi con un PC portatile ad internet gratuitamente ed avere informazioni varie e/o che possono essere loro utili dal Punto Informativo. Ma per noi amministratori questo progetto “Piazza Viva” vuole essere in piccolo l’esempio del progetto “Caposele Vivo”. Infatti come il due giugno abbiamo consegnato ai cittadini il parcheggio Lavanghe e liberata la piazza XXIII Novembre, così in futuro con la consegna del parcheggio multipiano in via San Gerardo, vogliamo rendere vivibile il paese liberandolo dalle macchine e consegnando tutte le piazze e le strade ai cittadini. Durante questa serata è stato distribuito ai cittadini un elenco di Progetti redatti da questa amministrazione comunale (che alleghiamo) a testimonianza di “una amministrazione fattiva che protende verso lo sviluppo della propria terra”. Molto interessanti sono stati gli interventi degli Assessori, ad iniziare dall’assessore Conforti che oltre ad illustrare il progetto Piazza Viva ha messo in evidenza come il CE.AG.G. – Museo delle Acque, inaugurato da questa amministrazione il 6 gennaio dell’anno in corso sia diventato una realtà, e sempre più ammirato e apprezzato dai visitatori. Il progetto Piazza Viva e il CE.AG.G. sono la dimostrazione della vicinanza e della considerazione che questa amministrazione ha verso i giovani. I fatti, questi fatti, lo dimostrano, e quello da noi detto nei comizi non sono restate solo parole come dice qualcuno che fa finta di non vedere o non vuole vedere. L’assessore Pallante ha parlato della volontà di questa amministrazione di riportare il mercato del mercoledì lungo il paese, di combattere il randagismo con la sterilizzazione dei cani e affidarli poi ai privati o creare il cane di quartiere, evitando in tal modo di portarli al canile il che comporterebbe un ulteriore aggravio per le casse comunali. Ed ha annunciato, per la gioia di tutti i pescatori di Caposele, che al più presto sarà creato presso il museo
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on animo sereno, dopo due anni di amministrazione, tocca a me tirare le somme. Non voglio ritornare su quanto già fatto e già detto, ma voglio limitarmi ad alcune considerazioni per permettere ai Caposelesi di riflettere e non consentire che siano date letture strumentali delle nostre azioni amministrative. Mai come in questo momento c’è bisogno di lucidità e di realismo, se non si vuole tradire il senso di una fiducia accordataci due anni fa. Volendo quindi riassumere, noi tutti dobbiamo riflettere sulle difficoltà in cui si trovano i comuni per una crisi economica che ancora continua ma, nonostante ciò, un comune responsabile deve andare avanti senza gravare eccessivamente sui cittadini sia in termini di tasse che in merito di taglio ai servizi. E’ intanto sotto gli occhi di tutti che, da due anni, il governo centrale non trova niente di meglio per risolvere i suoi e i nostri problemi, che accanirsi con tagli di risorse ai trasferimenti ai comuni, volendo farci credere che loro non mettono le mani nelle tasche degli italiani, nella sostanza però, tagliando i fondi europei destinati a opere pubbliche locali, inchiodano i comuni al patto di stabilità, e riducendo le entrate degli enti locali (comuni), danno a noi amministratori due sole possibilità: tagliare i servizi alla cittadinanza o imporre nuove tasse locali. Di qui bisogna allora, partire….. Finora noi, amministrando con oculatezza, siamo riusciti ad evitare di mettere le mani nelle tasche dei Caposelesi (vedi ad esempio trasporto scolastico, mensa scolastica, ecc…) e questo è un miracolo, speriamo di poterlo fare anche in futuro, dal momento che la nuova manovra finanziaria si preannuncia come una ennesima scure sui comuni. E nessuno si permetta di dire che abbiamo aumentato la Tarsu, la tariffa, cioè, dei rifiuti: quello è un provvedimento imposto dal governo, che ha obbligato i comuni a riscuotere il 100% del costo del servizio; cioè il servizio deve essere a totale carico dei cittadini. E’ un provvedimento, quindi, imposto dall’alto e non nostro. Noi per quanto ci sarà possibile non useremo la leva dei tributi, preferendo razionalizzare al massimo i servizi, anche con sacrifici a carico della macchina comunale: Per coprire i servizi stagionali, necessari ed essenziali, saranno dati incarichi a tempo determinato (trimestrali) da destinare ai giovani, che più di altri stanno pagando la crisi. Sono previste restrizioni sui cosiddetti Progetti-Obiettivi, nel senso che si valuteranno e si autorizzeranno solo quelli più strettamente necessari e per il solo personale che si impegna e non per tutti. Un altro giro di vite sarà effettuato per contenere le spese generali di funzionamento del comune, e questo per far fronte a interventi sociali urgenti che sono sempre più in aumento. Daremo una ulteriore svolta alle cosiddette spese per il contenzioso, sapendo che già molto è stato fatto, visto che queste spese, un tempo esplosive, oggi sono state ridotte di molto.
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(Intervento del sindaco in occasione dell’Assemblea Popolare del 2 giugno 2010)
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Politica
Vita Amministrativa
Caposele: un modo di fare
destinato a farci regredire.
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critica a scelte operate o previsioni fatte, anche perché durante il periodo di analisi ed esame dello stesso piano, nessuno ha manifestato osservazioni in tal senso, pur avendone tutto il diritto. In seguito però, pur di non far approvare lo strumento urbanistico, ci si è inventati un’osservazione non discussa (smentita nei fatti e negli atti ) e ci si è accaniti su presunte incompatibilità. Se però questo piccolo gruppetto di persone, che ripeto non sono legittimate da nessun cittadino ad agire cosi, pensa di operare nell’interesse e per il bene di Caposele, lasciatemi almeno il diritto di non condividere e di dissociarmi pubblicamente.Mi viene un sospetto : ma non è che l’accanimento sul PUC, che non si è mai manifestato neanche nella fase della prima adozione ma nato solo dopo circa 15 mesi da tale data, sia una conseguenza ed è correlato alla volontà dell’Amm.ne di portare a termine la realizzazione del Parcheggio multipiano in via S. Gerardo? Lascio a voi lettori le giuste riflessioni.
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I prospetti del Centro Fieristico a Materdomini per il quale l'attuale Amministrazione comunale ha avuto un nuovo finanziamento per il poterlo completare.
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(un motivo ci sarà pure) e non rappresenta nessuno (ancora peggio). Queste considerazioni ci portano quindi a chiederci il perché di tutto questo accanimento e di questo gioco a solo danno della collettività. Su questo aspetto preferisco non esprimermi direttamente (potrei essere troppo veritiero), non giudicare (perché non sono abilitato a farlo), non accusare (perché non è con la guerra che si risolvono i problemi), non denunciare (perché non è facendo spendere ulteriori soldi ai contribuenti che si affrontano le bizze di pochi). Personalmente credo solo che sia illogico che certe persone (per fortuna non molte), costantemente ignorate o mal digerite dalla collettività, se non per opportunità del momento, possano attribuirsi da se il diritto di usare questi modi irrispettosi delle persone e dei propri concittadini, senza essersi guadagnate e conquistate tale diritto o senza farselo riconoscere con i modi che la democrazia prevede. Se tali persone si comportano cosi da sempre, senza accorgersi di superare i limiti di decenza e senza accorgersi di minare continuamente il quieto vivere comune, posso solo continuare ad esser convinto che la simpatia, il rispetto e la considerazione da parte della cittadinanza non si conquista cercando l’illecito ovunque o alzando continui polveroni o ancor peggio facendo ripetuti attacchi pubblicizzati contro il sottoscritto o questa amministrazione. L’Esempio lampante del mio pensiero è la contrapposizione da parte di pochi al PUC, peraltro già approvato. Da mesi si susseguono nel nostro Comune accuse, calunnie personali e quant’altro, utilizzando una materia che non può non essere di per se risonante: il piano urbanistico comunale. Ultimamente, per dare più peso a questo modo di agire, si sono richiesti persino interventi da parte anche di persone (cittadinanza attiva sede di Roma) che di Caposele non conoscono nemmeno l’ubicazione geografica, ma che si spacciano per persone interessate al Puc del nostro comune. Purtroppo tale contrapposizione non si basa e non si è mai basata fino ad oggi sulla
Il sito su via San Gerardo destinato al parcheggio multipiano
Il Sindaco durante una manifestazione pubblica con il consigliere provinciale Farina e il neo eletto alla Regione Campania Pietro Foglia
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egli ultimi tempi Caposele è diventato un terreno di battaglie, spesso fatte per il puro spirito di farsi notare, e di forti contrapposizioni, che nulla hanno a che vedere con la politica e con il buon senso. L’esito di questo modo di agire, purtroppo non nuovo in alcuni attori (ma oggi molto più rumoroso e drastico), sta alimentando sempre più un sapore di malessere, di insoddisfazione e soprattutto di cattiveria che non potranno mai portare a dei risultati positivi alla nostra collettività. Spesso io mi sono chiesto, e penso che ormai siano in molti a chiederselo, come mai si ricorra con una tale facilità alla procura, agli show sui giornali, ai dibattiti pilotati su siti internet (pilotati per il semplice fatto che non tutte le osservazioni vengono pubblicate, ma solo quelle che coincidono con il pensiero e il modo di fare di chi si erige a gestore di un sito a favore del cittadino) e a quanto di più fantasioso possa esserci pur di contrapporsi al sottoscritto e all’amministrazione di cui fa parte. Di solito, la regola del civile vivere comune si basa sul dialogo, sulla tolleranza, sul rispetto dei concittadini, fermo restando che chiunque ha il diritto di non condividere delle idee o dei modi di fare. La democrazia infatti si fonda sul concetto di maggioranza e minoranza proprio per questo. Tuttavia, la democrazia e il buon senso prevedono i modi e le forme adatte per contrapporsi a qualcosa o qualcuno; altra cosa è invece il caso di alcuni liberi cittadini che si riuniscono con l’unico obiettivo di abbattere singoli o gruppi di amministratori, servendosi impropriamente del mezzo dei ricorsi continui. Ovviamente a farne le spese sono sempre i cittadini, che anziché esser tutelati (come invece si vuol far credere), vengono danneggiati da questo agire. Ricorsi che, giusto per precisare, non sono frutto dell’agire di chi è stato democraticamente eletto a rappresentare la cittadinanza e a tutelare gli interessi della minoranza, come ogni democrazia imporrebbe, ma sono frutto di libero arbitrio e di scelte e modi di fare di chi in questa collettività non è rappresentato da nessuno
di Vito Malanga Assessore all’Urbanistica ed ai Lavori Pubblici
All'interno del CE.AG.G. un'immagine panormica del Museo delle acque
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Storia
Caposele 19.06.1750 Un bacio scatena la follia dei Caposelesi
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di Gerardo Monteverde
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Una sera in preda a questa smania pensò che se avesse avuto con lui qualcosa di sacro il suo le sue forze e il suo coraggio si sarebbero moltiplicati e lui avrebbe raggiunto il suo obiettivo. Ormai aveva deciso, doveva procurarsi dell’olio santo ed una particola consacrata. La chiesetta dedicata a Santa Lucia, sita al vico Sant’ Elia, veniva aperta la mattina per permettere ai passanti di fare le proprie orazioni e chiusa la sera. Verso l’imbrunire Giovanni entrò nella cappella e si nascose in un piccolo vano dietro l’altare; all’ora stabilita passò l’addetto e senza accorgersi di nulla chiuse la porta. Durante la notte Giovanni ebbe tutto il tempo per mettere un po’ d’olio santo in una boccettina di vetro e prendere dal tabernacolo un’ostia che con cura ripose tra due pezzi di carte. All’indomani , una volta aperta la porta della chiesetta , stando attento a non essere visto si allontanò. Con il suo gesto,con l’olio e l’ostia si sentiva invincibile e pronto ad affrontare qualsiasi pericolo.Si recò a casa dove la moglie ,spaventata ,lo aveva aspettato tutta la notte. Senza dare alcuna spiegazione mangiò del pane e formaggio accompagnato da alcuni bicchieri di vino e poi si addormentò. Si svegliò verso sera con l’idea che di lì a poco avrebbe affrontato i suoi nemici. Si armò di un grosso coltello dalla lama affusolata e tagliente ed uscì. Girò per le strade del paese ma non incontrò nessuno dei tre e quando verso le ventidue aveva ormai deciso di rientrare, vide Giuseppe,Lorenzo e Paolo che scendevano verso il Piano. La sua mano corse ad afferrare il coltello e lui cominciò con aria minacciosa ad andare incontro ai suoi nemici. Giuseppe, Lorenzo e Paolo sentendosi minacciati, decisero di prendere l’iniziativa,ed accelerarono il passo .Quando furono vicini Giuseppe saltò addosso a Giovanni che si dimenandosi sembrò avere la meglio. Alle grida di aiuto, Lorenzo fratello di Giuseppe intervenne ed assestò dei colpi sulla testa di Giovanni col bastone di sambuco che aveva portato con sé. I colpi fecero crollare a terra Giovanni ; sicchè i tre lo trascinarono sotto il Piano e lo sgozzarono . Così terminava la vita terreno di “lu mpisu”. Era la sera del 19 giugno del 1750. Benché sera inoltrata sul posto arrivò tanta gente tra cui il Governatore Principale della zona che fece trasportare il corpo nella casa comunale.Qui fu ordinata la perquisizione del defunto e quando nella tasca della giacca furono rinvenuti l’olio santo e la particola i presenti all’unisono esclamarono Pro dolor , increduli e addolorati. Intervenne il parroco che depose nel battistero della chiesa l’olio e l’ostia e stese una relazione da inviare subito inviata alla Curia Conzana. Il vicario del Vescovo ingiunse che Giovanni non doveva essere sepolto in luogo sacro, che l’olio doveva essere bruciato e le sue ceneri conservate in chiesa e che l’ostia doveva essere posta con le altre nel tabernacolo. Solo il giorno 22 l’autorità civile diede l’assenso alla sepoltura e così verso le dieci di sera il corpo di Giovanni fu messo su due assi per essere trasportato al luogo dell’inumazione.Di tutti i presenti, però, nessuno ,un po’ per il fetore e un po’ per timore della vicenda, accettò di trasportarlo , anche dietro compenso monetario. Solo il giorno dopo,vigilia di San Giovanni, furono trovate delle persone, non a conoscenza dell’accaduto, che accettarono di portare il corpo nel bosco pubblico ed ivi seppellirlo. Per colui che aveva pianto la morte del suo amico non vi fu alcuna pietà.
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I tanti che affollavano la strada dove abitava il primicerio erano esagitati e volevano immediata vendetta. Così alle sette di sera si aprirono le porte dell’abitazione del parroco, per interrogare Giacomo,rimasto lì dal mattino, trovare una giusta ed equa soluzione al problema. Ma i giovani caposelesi , appena furono di fronte a Giacomo gli saltarono addosso e lo percossero ferocemente , nella colluttazione i più violenti Giuseppe e Lorenzo,fratelli, e Paolo estrassero un coltello e lo colpirono più volte .Giacomo cadde a terra e morì. All’improvviso e contemporaneamente si sentì il rumore degli zoccoli di tanti cavalli che battevano sul fondo pietroso della strada. Un attimo di smarrimento, ma subito i primi due cavalieri dichiararono di essere venuti per assistere al matrimonio e per partecipare al convivio nuziale del loro figlio Giacomo.Non ebbero modo di terminare di parlare che tra la folla i più facinorosi si precipitarono verso loro e li accoltellarono,il padre in modo grave e la madre lievemente.Di fronte a tutta quella folla di caposelesi gli altri cavalieri, seppur dei banditi, non osarono attaccare e presi i due feriti scapparono fuori dal paese. Giuseppe,Lorenzo e Paolo erano quelli che guidavano la folla , sembravano degli invasati con il sangue agli occhi ,ormai preda della follia omicida. Appena videro la fuga dei cavalieri si precipitarono nella canonica e decapitarono il povero Giacomo e come ulteriore oltraggio posero la testa in mezzo alla strada pubblica ,denominata “ la Croce Vecchia”. Dopo tre ore di tale oscenità, su ordine del principale della Curia , il corpo insieme alla testa tagliata fu trasportato nella Casa Comunale,sita in piazza e fu predisposta la custodia continuata da parte di sei persone. Il giorno seguente alle ore 17.00 i congiunti degli uccisori armati di coltelli e con grande impeto entrarono nella casa Comunale e portarono via la testa. Evidentemente la sete ,spropositata , di vendetta non si era placata né diminuita dopo un giorno. Il corpo, previo parere della Curia e del Regio Rappresentante, fu inumato il giorno sei nella chiesa di San Lorenzo in un fosso quanto più vicino possibile alla porta d’ingresso, per testimonianza del primicerio che affermò di aver sentito Giacomo , prima dell’ultimo respiro,chiedere pietà e protezione alla Madonna del Carmelo. Testimone impotente a tale violenza fu Giovanni , l’unico amico di Giacomo. Egli anche se avvezzo ai soprusi e alla violenza era rimasto inebetito dal dolore della perdita del suo amico e dalla truce violenza con cui essa si era verificata. La sera dell’uccisione rientrato a casa era scoppiato a piangere tra le braccia della moglie intenta a consolarlo. Assistette alla tumulazione col cuore affranto e trattenendo a fatica le lacrime, e quando la prima manciata di terra iniziò a coprire il corpo dell’amico uscì improvvisamente da quel torpore che lo aveva avvolto e con mente lucida giurò davanti al corpo di Giacomo che lo avrebbe vendicato, a tutti i costi . Nei giorni successivi, nella cantina della Portella , mezzo ubriaco dichiarò davanti ai presenti che un giorno o l’altro avrebbe ucciso Giuseppe,Lorenzo e Paolo. Questi ultimi ,venuti a conoscenza del desiderio di vendetta di Giovanni , cominciarono ad uscire sempre insieme e sempre armati di coltello. Giovanni ogni giorno che passava diventava sempre più smanioso di consumare la sua vendetta ma era cosciente che da solo contro tre era cosa troppo difficile e ciò lo intimoriva.
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nia ,così si chiamava la ragazza, una sconfinata dolcezza che lo fece fremere di passione. Tutte le mattine, alla stessa ora, Giacomo rifaceva lo stesso percorso nella speranza di incontrarla di nuovo; la fanciulla quando ciò avveniva erano momenti di tenera dolcezza ed in tale stato Giacomo restava per ore intere. Apollonia nei primi incontri aveva dato segni di gradimento per le attenzioni di quello sconosciuto, ma quando seppe che il giovane era compagno di Giovanni “lu mpisu” non lo vide più con gli occhi del cuore ma con quelli della razionalità che le consigliavano di non dare corda a un poco di buono. Ad ogni nuovo incontro ella dovette affrontare un duro combattimento tra il cuore e la ragione. E per paura di cedere al suo cuore innamorandosene decise di non uscire più di casa ; solo così riusciva ad essere lucida e pronta alle motivazioni apportate dalla sua mente .E fu così che dopo alcuni mesi ,conquistata dalle motivazioni sociali e del perbenismo dell’epoca, riuscì a cancellare in sé qualsiasi traccia di simpatia per quel forestiero. Frattanto Giacomo ,preso dal pensiero e dalla voglia di rivedere la ragazza, passava tutte le giornate in paese e si comportava da persona perbene, gli era passata pure la voglia di delinquere. Nella sua mente come nel suo cuore c’era posto solo per quell’ amore non corrisposto . Ormai erano mesi che non riusciva a vedere e a incontrare Apollonia. Si era prossimi alla giornata della festa della Pentecoste che quell’anno 1750 ricorreva la domenica quattro del mese di giugno e Giacomo decise, pur di rivedere Apollonia, di stazionare davanti alla porta della chiesa di S. Lorenzo in mezzo alla gente mettendo in pericolo la sua libertà, ma si sa al cuore non si comanda e se lo si lascia fare porta su sentieri irrazionali che conducono alla felicità. Il linguaggio dei sentimenti è senz’altro più appagante di quello della convenienza che ci crea la società. Del resto così si fa emergere il linguaggio che ci viene donato alla nascita dal Buon Creatore. Pentecoste, giorno di festa , e ,come tutti anche Apollonia si preparò per recarsi a messa. Con accortezza si tirò i capelli all’indietro sistemandoli in una lunga treccia che arrivava sul fondo schiena , dal comò tirò fuori i bellissimi orecchini,donategli dalla nonna, e indossò un bellissimo vestito di colore blu che faceva spiccare il colore olivastro della sua pelle. Uscì di casa alla volta della chiesa madre, era uno splendore. Quando sbucò dal vicolo che immetteva sulla piazza guardando verso l’entrata della chiesa si accorse della presenza di Giacomo e i loro sguardi si incrociarono per un attimo .Giacomo entrò in uno stato ipnotico e sentì il forte battito del suo cuore alle tempie. Quando Apollonia gli passò vicino ,come un uomo in trance gli si avvicinò e le diede un bacio .Apollonia cercò di scansarsi ma non vi riuscì.Di fronte a tale fatto subito intervennero dei giovani caposelesi per allontanare in malo modo Giacomo e per dichiararsi pronti alla testimonianza in un eventuale processo. Di fronte a tutto quel trambusto Apollonia si mise a correre e tornò a casa. I genitori , sentito l’accaduto , subito presentarono denunzia alla Curia conzana,alla quale si rivolse anche Giacomo chiedendo la dispensa per riparare al fatto sposando Apollonia. In paese la notizia si diffuse velocemente con un efficace porta a porta e soprattutto i giovani iniziarono a riunirsi tra loro per decidere cosa fare per lavare l’onta subitasi da Apollonia ma sentita anche come un’onta fatta a tutti i caposelesi .Col passare delle ore la rabbia prese il sopravvento.
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iacomo, un ragazzo di diciannove anni, viveva alla macchia nei boschi di Balvano.La sua vita era stata predestinata dall’ambiente familiare in cui era cresciuto.Suo padre ,un tipo prepotente,viveva di espedienti al di fuori della legalità ; datosi alla macchia , aveva formato una banda che costituiva la maggiore preoccupazione dei possidenti della zona. Giacomo era un ragazzo sensibile e portato ad essere di aiuto per i sofferenti .L’ingiustizia sociale che viveva sulla sua pelle ,la mancanza d’istruzione e di altri rapporti sociali oltre quello della famiglia ne facevano un vagabondo che violava spesso le leggi dell’epoca senza far male ad alcuno.Eppure a vederlo,alto,esile,con un un viso contornato da tanti riccioli corvini e con quegli occhi di un verde scuro che trasmettevano serenità, nessuno lo avrebbe preso per un fuorilegge. Del resto le giornate che il giovane passava nei boschi lo aiutavano a riflettere per la scelta di una vita alternativa , ma il senso dell’onore e di appartenenza alla sua famiglia alla fine prendevano il sopravvento e tutto restava immutato; così passavano le giornate intervallate da qualche scorreria per vendicare un sopruso o per dare una lezione a qualche prepotente, forte del suo rango e tutelato dalla legge. Era primavera inoltrata dell’anno 1749 . Le battute nel bosco da parte dei gendarmi della regia udienza della provincia Principato Ultra diventavano sempre più frequenti e Giacomo faticava non poco per trovare nuovi rifugi. Di giorno in giorno si sentiva meno sicuro su quella terra. E così una notte che non riusciva a prendere sonno, mise la sella al suo cavallo e partì alla ricerca di una nuova zona dove non era conosciuto. Camminava di notte al chiarore di luna e si fermava di giorno per evitare spiacevoli incontri. Si diresse verso nord con l’intenzione di sconfinare in una zona appartenente alla provincia del Principato Ultra. Dopo i boschi della sua terra attraversò quelli di Castel Grande con una grande apprensione ogni qual volta sentiva un rumore diverso da quello del calpestio degli zoccoli del suo cavallo che riconosceva ad occhi chiusi a seconda di ciò che calpestavano. Dopo alcuni giorni e dopo aver attraversato il territorio di Laviano il giovane si trovò nella valle del Sele e decise di risalire, sempre di notte, lungo le sponde del fiume. Arrivò così a Caposele che oltre ad essere paese di confine fra le due Provincie, aveva nelle vicinanze boschi e montagne ,e ritiratosi nella zona San Biagio dove si sentì abbastanza sicuro decise di fermarsi . I giorni successivi scese in paese e sostò alla cantina della Portella soprattutto per conoscere un po’ di gente e a bere un po’ di vino .Ma quella sera nessuno lo degnò di alcuna attenzione .Nei giorni successivi continuò a frequentare la cantina ed una sera mentre ,seduto al suo tavolo stava a guardare distrattamente svuotarsi,man mano che riempiva il suo bicchiere, il caratteristico recipiente a forma di bottiglia ma col collo che termina allargandosi, entrò nella cantina Giovanni, detto “lu mpisu”, vagabondo e dedito a faccende poco chiare. Questi con la sua solita tracotanza chiese a Giacomo chi fosse e come risposta ebbe l’invito a sedersi al tavolo a bere un bicchiere. Iniziò così l’amicizia tra i due che proprio perché isolati dagli altri uomini avvertivano maggiormente la voglia di stare insieme. Da quella sera i due si videro spesso insieme , anzi Giacomo sostava pure di giorno in paese. Una mattina,mentre si recava a casa di Giovanni, sposato con Carolina, lungo una viuzza intorno al castello Giacomo incontrò una ragazza che lo colpì per la sua bellezza; quando lui si fermò perché la strada era molto stretta, incrociò il suo sguardo e ricevette dagli occhi di Apollo-
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Storie ALFONSO CERES INSIGNITO DELLA STELLA DI MAESTRO DEL LAVORO
UNA STORIA ITALIANA, DI UN’ALTRA ITALIA
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e tanti continuano ad essercene in Italia di figure così. Ma oggi il modello culturale imposto soprattutto dalla televisione è di ben altro profilo. Chi me lo fa fare a studiare o a lavorare! Meglio passare le giornate a fare casting per trasmissioni televisive e spettacoli di dubbia qualità. Un secondo di notorietà, almeno, poi se si la botta di… fortuna. Questi sono gli eroi (incapaci di gesta, quindi di cartapesta) che ci vengono propinati come modello. La storia di Alfonso Ceres (maestro del lavoro) e di tanti come lui è, fortunatamente, agli antipodi. Per questo motivo, solo per questo motivo, l’ho voluta raccontare ai nostri amici
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e sottoposti sono state sempre all’insegna del rispetto e dell’amicizia. Per quanto siamo di diversa generazione e retroterra culturale, esperienze lavorative differenti (ma alla fine non contrapposte), ho provato fierezza ad avere un fratello con una storia come quella che Alfonso può raccontare. Una fierezza che ho letto negli occhi della moglie Dina, delle figlie Teresa Marì, Isabella, Francesca e l’ultimogenito Alessandro. In quegli occhi c’era la consapevolezza che tutti i traguardi raggiunti nello studio, e poi nel lavoro, sono stati possibili anche grazie ai sacrifici del padre. Perché questo è il senso di una storia di lavoro come quella che sopra ho cercato di sintetizzare a modo mio. Il sacrificio e l’abnegazione, l’idea che attraverso il lavoro si possano raggiungere livelli di gratificazione professionale, di benessere
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il suo personale rapporto di fidelizzazione con la società che non ha più lasciato fino al pensionamento. Inizia un legame con tutto ciò che ha a che fare, direttamente o indirettamente, con la Fiat. Potremmo dire un legame di vero amore, complice la sua juventitudine (non a caso da ragazzo a Caposele era stato soprannominato Sivori, anche per una particolare attitudine all’emulazione del dribbling dell’oriundo argentino). Nei primi anni parte delle sue vacanze estive le trascorreva a Villar Perosa, seguendo il ritiro precampionato della Vecchia Signora, divenendo amico di diversi giocatori come Furino, Viola, Causio, Anastasi, Haller. Riuscì persino ad entrare come socio dell’esclusivo club “Juventus primo amore”. Ma questo è solo un corollario pittoresco. Al centro della storia rimane l’operaio che aspira a qualificarsi sempre di più, mostrando diligenza ed impegno senza pari. Come vedremo successivamente, senza mai assentarsi. Senza mai aderire, a differenza di Mario ed Antonio, né al sindacato né ad uno sciopero. Dunque, solo e soltanto l’azienda, la Juve e poi venne il tempo di metter anche su famiglia. Questa è stata da allora la triangolazione perfetta intorno a cui ha ruotato sempre l’interesse preminente, se non proprio esclusivo, di Alfonso. Ne deve essere stato di certo consapevole quel dirigente aziendale incaricato, quando si trattò di definire gli assetti organizzativi del nuovo stabilimento Iveco di Grottaminarda, di selezionare il personale per la fase di avvio. Alfonso fu energicamente forzato ad accettare il trasferimento, certo perché avellinese di provenienza ma anche perché rispondeva al modello organizzativo che lì si doveva affermare. Gli sarebbe mancata la Juve e il vecchio stadio comunale. Ma pazienza. Era il 1979. Sarebbe passato poco più di un anno e Caposele e l’irpinia subivano la tragedia del terremoto. Casa distrutta, le tende dei primi giorni, le roulotte, poi il prefabbricato, tre bimbe piccole. Nonostante ciò, tutte le mattine, (sabato compreso, con pioggia, neve, intemperie di tutti i generi) Alfonso non ha mai fatto mancare il suo impegno e il suo apporto all’azienda, maturando una progressione professionale nel delicato reparto per il controllo della qualità, divenendone col tempo il responsabile. Si è accennato alle limitatissime assenze dal lavoro che ne delineano una certa propensione allo stakanovismo. Non vorrò eccedere nel dato numerico, ma credo che in 40 anni circa di lavoro in Fiat non deve aver superato i 30 giorni di assenza per malattia (comprensivi di una degenza per infortunio non sul lavoro). E deve averlo fatto con un tatto che ne ha escluso la superbia, se è vero che le testimonianze dei suoi colleghi
Alfonso Ceres per i festeggiamenti insieme alla famiglia
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er fondamento costituzionale si è affermato che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Tuttavia se osserviamo l’evoluzione sociale e culturale degli ultimi venti anni potremmo verosimilmente sostenere che viviamo, invece, in una Repubblica televisiva fondata sull’aspirazione a divenire velina, letterina, famoso sull’isola o nel salotto del grande fratello. Con un denominatore comune per tutti: l’ignoranza più raccapricciante e la frenesia a raggiungere il guadagno e il successo facile. Questi sono i modelli cui guardano gran parte dei giovani. Sulle ragioni ci sarebbe da discutere e riflettere per lungo tempo. Ma ragionando con l’accetta, possiamo convenire sul fatto che il lavoro, o meglio l’etica del lavoro (che è fatica, sudore, impegno, ma anche emancipazione dal bisogno), hanno perduto valore nella nostra società. Pensavo a questo il giorno in cui mi è stata comunicata la notizia che, con Decreto del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, e su proposta della sua storica azienda, mio fratello, Alfonso Ceres, era stato insignito della Stella di Maestro del lavoro. In pochi secondi ho ripercorso la sua storia professionale e lavorativa, tutta trascorsa all’interno del gruppo Fiat. Una storia a mio vedere (spogliandomi del sentimento fraterno, che pure provo in modo forte) esemplare e paradigmatica di una certa cultura di valori. Nella seconda metà degli anni sessanta, appena conclusa la scuola di avviamento professionale, egli giunge a Torino, ancora ragazzo. Torino aveva bisogno come non mai di braccia operaie. Viene assunto in una piccola fabbrica, guidata da un generoso pugliese, emigrato nell’immediato dopo guerra, che ben presto riconosce la buona volontà di Alfonso e comincia a volergli bene. Al punto che nel giro di uno-due anni gli accorda la possibilità di far salire, uno dopo l’altro, anche gli altri due fratelli e nostro padre. Tutti e quattro dipendenti dell’Officina Meccanica di Domenico Rosati, che produceva semi lavorati per la Fiat. Poi fu lo stesso Cavalier Rosati, che nel frattempo mise loro a disposizione una bella casa, di sua proprietà, in modo che potessimo salire anche mia madre ed io, a consigliare loro di cogliere le opportunità di lavorare nelle aziende del Gruppo guidato da Giovanni Agnelli. Mio padre invece rimase a lavorare con lui, per tutti gli anni a venire, fino al definitivo ritorno a Caposele. Alfonso prese a lavorare presso la stabilimento della Fiat Centro (Antonio invece alla Lancia e Mario alle ferriere della Teksid). Così comincia per Alfonso
di Gerardo Ceres
economico (l’emancipazione dal bisogno che fa di un uomo un cittadino libero) e la possibilità di assicurare un futuro di serenità per sé ma soprattutto per i propri figli. I quali lo hanno voluto ringraziare preparandogli una sorpresa per lui inattesa. Dopo la cerimonia di premiazione, avvenuta a Napoli alla presenza del sottosegretario al Lavoro, del nuovo Presidente della Giunta Regionale, del Prefetto Pansa e di tutte le autorità militari operanti nella nostra regione, gli hanno organizzato una festa alla presenza di familiari, amici più stretti e di tanti colleghi di lavoro. Non si è voluto fare in questo modo nessuna operazione agiografica o ruffiana. Non ce ne sarebbe stato motivo. Abbiamo detto che la storia di Alfonso Ceres dovrebbe essere, in qualche modo, paradigmatica per una cultura del lavoro che oggi in Italia è andata smarrendosi. Ce ne sono stati tanti
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In una foto ricordo col Presidente della Regione Campania Caldoro
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Dopo di allora, vista la evidenti lacune progettuali, fu riproposto un nuovo progetto, e nel 2005 venne convocata una conferenza dei servizi per l’approvazione dello stesso. In quella sede, gli enti sul territorio, in particolare la Provincia di Avellino, l’Autoritá d’Ambito Calore Irpino e il Parco Regionale dei Monti Picentini, presentarono osservazioni con le quali rappresentarono la necessità di effettuare prima ulteriori approfondimenti e adempimenti legislativi, tra cui la realizzazione di un bilancio idrico per la regolamentazione e la definizione dei trasferimenti della risorsa e soprattutto, la stipula dell’accordo di programma per il trasferimento interregionale della risorsa idrica tra la Campania e la Puglia, propedeutico alla realizzazione dell’opera in oggetto. Con diverse ordinanze, emanate nello stesso anno, il Commissario Straordinario, nominato dal Governo per la realizzazione del raddoppio della Galleria Pavoncelli, interruppe i lavori della conferenza dei servizi sopradetta, approvò il progetto e pubblicò il bando di gara per la progettazione ed esecuzione dei lavori dell’opera. Tale atto di forza escluse dalla concertazione gli enti responsabili della salvaguardia e della tutela delle risorse idriche e dell’ambiente sul territorio. Ciò costrinse, nel frattempo, l’ATO e l’Ente Parco dei Monti Picentini, a ricorrere, agli inizi del 2006, al Tribunale Superiore delle Acque Pubbliche, per l’annullamento degli atti messi in essere dal Commissario Straordinario. Del 2007 la sentenza che accolse i suddetti ricorsi con due motivazioni principali quali la mancanza di valutazione di impatto ambientale dell’opera e l’assenza della copertura totale del finanziamento all’atto della pubblicazione del bando, obbligatoria per legge. Detta sentenza fu successivamente impugnata presso la Suprema Corte di Cassazione, il cui esito fu comunque favorevole per i due enti sul territorio.
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investendole per la tutela ed il recupero ambientale del territorio, nell'esclusivo interesse della salute dei cittadini. Ma la realizzazione di questo raddoppio non risulta tuttavia ancora realizzato, nonostante il primo progetto sia stato redatto all’incirca nel 1985. Che è successo da allora? Perchè non è stata ancora costruita? Il primo avvio dei lavori, a cura dell'Acquedotto Pugliese risale precisamente ad ottobre del 1991. Il progetto della galleria Pavoncelli bis consiste nel realizzare una nuova galleria di valico, con distanza dall’esistente Pavoncelli pari a circa 50 m nel tratto iniziale, di lunghezza pari a 10.260 m e di sezione circolare con diametro pari a 3.4 m, che consente di poter trasportare fino a circa 9 mc/s di acqua. I lavori cominciarono contemporaneamente sui due fronti opposti, a Caposele e a Conza della Campania e fuono perforati due modesti tratti lungo lo sviluppo longitudinale della galleria. Sul fronte caposelese, dopo solo circa 400 metri di scavo vennero intercettate modeste "venute idriche", che divennero cospicue, sino a raggiungere 700 l/s, intorno ai 600 metri. A tali grossi quantitativi di acqua intercettati, non previsti in progetto, corrispose una progressiva e consistente riduzione delle portate alla sorgente Sanità. Infatti, successivamente venne appurata la stretta interconnessione tra l'acquifero intercettato con lo scavo della galleria e la sorgente Sanità. Fu realizzato, pertanto, per non rischiare di produrre danni irreversibili all’acquifero, un setto tampone in calcestruzzo con la funzione di tappo a circa metà dello scavo effettuato, tratto che risulta attualmente per circa 200 m allagato. Si innescarono alterne vicende, tra cui sospensioni dei lavori da parte del sindaco del comune di Caposele e della Regione, che costrinsero a interrompere i lavori definitivamente nel 1993, quando erano stati costruiti solo circa 2.000 metri e cioè il 20% della lunghezza complessiva dell’opera.
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Dopo di ciò, agli inizi del 2010, il Presidente del Consiglio dei Ministri Silvio Berlusconi ha nominato lo stato di emergenza sismica dell’area del comune di Caposele (un pò strano dopo 30 anni dall’evento sismico!!). Questo, però, consente di andare in deroga a molte norme per la realizzazione di opere sul territorio. Di questi giorni, poi, la convocazione di una nuova conferenza dei servizi, questa volta per l’approvazione del progetto esecutivo, della valutazione di impatto ambientale e della valutazione di incidenza ambientale per il progetto di raddoppio della galleria di valico Pavoncelli, convocata in tempi strettissimi, sfruttando lo stato di emergenza. La posizione dell’Amministrazione Comunale e del sindaco Farina è di ampia apertura. Da un lato ritieniamo che un’opera del genere realizzata oggi, porterebbe una ventata di ossigeno, in termini di posti di lavoro, necessari per lo sviluppo economico del paese, anche se la complessità dell’opera richiede personale altamente qualificato e specializzato difficilmente reperibile in loco; dall’altro, che sia necessario e fondamentale tutelare e rispettare le risorse idriche del territorio e che pertanto, la realizzazione di detta opera debba prevedere una forte concertazione degli enti interessati. Ritieniamo, altresì, che se la legge prevede per il trasferimento di risorse idriche tra diverse regioni la stipula dell’accordo di programma, si debba finalmente portare a termine, dopo anni di attesa e di promesse. Questo deve sancire necessariamente tra l’altro, la definizione del ristoro ambientale e del ristoro per le mancate opportunità, per essere completamente in sintonia con la politica di questa amministrazione. Infatti, riteniamo che sia maturato il momento di un dovuto riconoscimento nei confronti di tutti i comuni generosi, quale per esempio quello di Caposele che lascia scorrere le sue acque fino alla regione Puglia ormai da un più di un secolo!!!
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di Raffaella Gonnella
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e Sorgenti della Sanità, da cui si origina il fiume Sele, sono ubicate alla quota 420 m s.l.m., all’ingresso del Comune di Caposele, questo a dare il benvenuto a chi viene nel nostro piccolo, ma accogliente paese, che trova nell’acqua la sua risorsa più importante, insieme al santuario di San Gerardo sulla collina di Materdomini, al parco fluviale del Sele e al vasto patrimonio boschivo, che ha consentito di situare a Caposele una delle quattro porte di ingresso al Parco Regionale dei Monti Picentini (Porta Anima). L'opera di captazione delle acque della sorgente della Sanità è costituita da una diga di sbarramento con una serie di canali drenanti sotterranei, ricoperti da un prato che può essere ammirato dalla strada, precisamente da corso Europa e da piazza Sanità, e posizionato ai piedi del massiccio appenninico del Monte Plafagone e del campanile della Sanità. L’acqua viene raccolta da questi canali drenanti e addotta nel canale principale, grazie a numerose finestrature distribuite lungo tutto il canale. Il primo tratto di acquedotto è costituito da una breve galleria denominata Rosalba, lunga circa 300 metri, che attraversa la parte alta della piazza Sanità e poi, da una galleria di attraversamento dell'Appennino, denominata Pavoncelli, che raggiunge il territorio di Conza della Campania. Questa galleria Pavoncelli, costruita di dimensioni tali da addurre una portata massima pari a circa 6,5 mc/s, subì, durante il sisma del 1980, dei danni che costrinsero ad effettuare con urgenza interventi di riparazione, investendo somme ingenti di danaro pubblico, che ne ridussero la capacità di trasporto a circa 5 mc/s. A valle della Pavoncelli ha inizio l’acquedotto, un canale di circa 240 km totalmente a pelo libero, opera che consente il trasporto dell'acqua senza l’uso alcuno di energia elettrica, applicando ogni principio di ingegneria idraulica e civile, oltre che meccanica e di altre branche della scienza. Tutta l’opera è impostata su uno studio laborioso delle quote del canale. Parte con una quota di 419 m s.l.m. dalla sorgente della Sanità e arriva con un dislivello complessivo di circa 46 m a metà percorso e di circa 97 m a fine percorso. Questa maestosa opera, durante questi anni, è stata oggetto di attenzioni. In particolare, si è spesso sentito parlare di Pavoncelli bis, che altro non e’ che il raddoppio dell’attuale Pavoncelli, ritenuta necessaria perchè considerato vetusto lo stato della prima galleria. Non si sa se esiste una valutazione economica di convenienza tra la sistemazione con moderne tecnologie dell'attuale galleria (pare ancora in perfetto funzionamento), e la costruzione ex novo della galleria “Pavoncelli bis”. Magari se non risultasse strettamente necessaria, le economie si sarebbero potute utilizzare
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Politica
TEMPI DURI: NON PEGGIORIAMO LE COSE di Giuseppe Malanga
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che bisogna adeguarsi a tale cambiamento, TUTTI. La seconda questione è il modo con cui piccole categorie di persone stanno alimentando malessere e odio all’interno del paese, facendo di questioni personali (pubblicizzate però in altro modo) il punto di arrivo di un proprio modo di agire. Ribadendo la premessa che non c’è alcuna accusa o giudizio, voglio chiedermi quale sia lo scopo di tutta questa frenetica attività (per favore, smettiamola di usare la fantomatica scusa della tutela dell’interesse della collettività) e quanto beneficio tutto ciò porta al nostro comune. Se devo essere onesto, di benefici non ne vedo, neanche in lontananza, pertanto un passo indietro lo chiedo a tutti a gran voce. Voglio comprendere anche l’interesse di qualcuno, che spinge a comportarsi in un certo modo, ma i limiti non bisogna superarli perché il boomerang torna sempre verso chi lo lancia o al massimo rischia di colpire chi gli sta vicino, ignaro dell’arrivo dello stesso. Seppur ci fossero questioni non condivise o problemi da segnalare (per esempio le varie incompatibilità sul PUC o gli interessi privati di alcuni amministratori, tanto per citare i temi più famosi del momento), ci sono i mezzi giusti per farlo e il pieno diritto di tutti di farlo, ma non è alimentando un continuo malessere generale, o attaccando con ogni mezzo, singoli o gruppi di persone che si risolve il problema. La denigrazione dell’amministrazione non l’ho mai condivisa, anche quando sostenevo le minoranze, e ho sempre preferito il dialogo. Tuttavia, sembra che la politica abbia bisogno anche di certe bassezze per vivere ed è sempre stato cosi ad ogni livello, purtroppo. Ma che di queste bassezze alcuni ne facciano un modo di agire quotidiano non credo sia intelligente e produttivo, specie in un piccolo comune che deve far fronte a numerose difficoltà che l’epoca attuale ci regala. E con questo, approfitto per fare un monito anche agli attuali amministratori, affinché continuino ad essere sempre e comunque i primi a condividere tutte le esigenze della collettività, nonostante gli attacchi subiti, per fare sempre e solo il BENE COMUNE.
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dall’esterno certe dinamiche e vicende del nostro paese. Vedo ormai un vortice continuo di incomprensibili ed esagerati accadimenti e non me ne spiego l’utilità, nè per il singolo nè per la collettività. Prendo spunto da due questioni che ultimamente hanno catturato la mia attenzione, in quanto esempi visibili del modo di agire che non fa bene a Caposele. La questione Pro loco, nella quale ancora una volta non ha prevalso il buon senso. Non voglio prendere posizione pubblicamente a favore di una o dell’altra parte, ma ancora una volta non siamo stati capaci di aggregarci, di condividere un progetto, di pensare all’esclusivo interesse comune prima che a quello di singoli o di piccoli gruppi di persone. Qui non serve trovare colpevoli, sarebbe un ulteriore errore che io non voglio commettere, qui serve svegliarsi, capire quanto sia importante accettare le opinioni altrui anche se differenti e in tali divergenze trovare un accordo per il bene di tutti. Non penso che dal mancato accordo tra il vecchio e il nuovo gruppo ci sia stato un beneficio per l’intera comunità, quindi non è difficile pensare che il problema non è negli atteggiamenti di qualcuno, ma nella mentalità di tutti. Il nostro pensiero, soggettivo o indotto che sia, non è sempre giusto e la cosa più difficile è proprio accettare un pensiero diverso, quindi invito tutti a pensare di fare un passo indietro per rivedere delle posizioni che si sono assunte e che non possono esser “per sempre” quando in ballo c’è il benessere comune. Per poter guardare avanti con ottimismo c’è bisogno dei giovani (per l’energia, la vitalità, l’impegno, le idee e la voglia che ci mettono), che tanta affidabilità e potenzialità hanno dimostrato. Ma c’è bisogno anche degli iscritti storici dell’associazione (per esperienza, continuità, senso di tradizioni, conoscenza del territorio), che tanti risultati hanno ottenuto in passato: un plauso di riguardo soprattutto per la realizzazione da tantissimi anni di questo periodico, con un sentito grazie all’ing. Conforti per l’impegno profuso in questa iniziativa, nonostante le mille difficoltà. Insomma c’è bisogno di convergenza e non di rottura. I tempi cambiano e si farebbe bene ad accettare
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ne pubblica deve erogare gli stessi servizi ai cittadini pur avendo minori possibilità di spesa e di finanziamento per tali servizi. E’ quindi finito il tempo delle vacche grasse, in cui si faceva a gara per mungere il più possibile dalla cosa pubblica. A Caposele quindi non ci possono più essere quelle spese ingenti come accadeva in passato, se non utilizzando mezzi erogati dalla comunità europea o dallo stato (comunque sempre in quantità minori). In questo contesto diventa più difficile anche amministrare, ma ovviamente questo non deve essere un alibi per gli attuali o i futuri amministratori. Tutt’altro, bisogna essere ancora più bravi a ricavare il massimo con quello che si ha a disposizione. L’attuale amministrazione comunale, a mio avviso, seppur con qualche mancanza avuta o errore commesso, ha saputo gestire al meglio questa difficile situazione, trovando risposte importanti e portando a conclusione delle situazioni che erano pendenti da diversi anni, come ad esempio la piscina o il ponte tredogge, per non parlare del tanto criticato PUC. Certamente si poteva fare di più, e si dovrà fare tutti di più, ma credo che sia già un piccolo successo il semplice adeguarsi senza rischio di collasso ad un periodo di vacche magre, evitando ogni sperpero (come spesso accadeva in passato) o amplificazione di spesa. Avevo già scritto in passato di quanto, in un contesto macroeconomico difficile come quello attuale, fosse necessario agire di comune accordo per il benessere di tutti, ma purtroppo sembra difficile attuare questo presupposto nel nostro comune, e non so se ciò sia dovuto all’incapacità di comprenderne i vantaggi o ad interessi di alcuni o ancor peggio alla semplice cattiveria o ignoranza di pochi. Rimane il fatto che di passi avanti non se ne fanno molti se ci si chiude dietro futili questioni di principio o dietro beghe locali prive di importanza, perché ciò distrae tutti dal concentrarsi sulle attività da svolgere per il bene comune. Venendo alla questione sociale invece, voglio premettere di non aver alcuna intenzione di giudicare o accusare qualcuno, non avendone alcuna autorità o diritto in merito, ma solo di esprimere (forse in modo troppo schietto, come ho sempre fatto) un libero pensiero, visto che mi trovo spesso a vivere
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li ultimi anni sono stati tempi molto duri per quasi tutti gli italiani e sono migliaia le persone che hanno già perso il lavoro. Purtroppo il prossimo futuro non prevede nulla di meglio, nonostante gli slogan di qualche scellerato governante, tra cui ahimè quello italiano, circa la presunta ripresa economica alle porte. In realtà di fattori macro o micro economici che possano far pensare ad una ripresa nel breve termine non ce ne sono e non si può certo fondare tale ottimismo solo sull’idea alla base dei cicli economici storici, secondo i quali dopo un periodo di recessione ce n’è sempre uno di boom. Tuttavia, bisogna ammettere che il nostro sistema economico e finanziario ha principi molto saldi che evitano al momento un tracollo totale, infatti ha retto più di altri e consente di ripartire meno difficilmente di altri. La crisi economica porta con se inevitabilmente anche dei malesseri sociali, che stiamo vivendo tutti i giorni fino a farne diventare ormai la normalità nella nostra vita quotidiana, ma purtroppo fino a qualche anno fa normalità era ben altro e i valori erano ben altri. Il sistema politico sta risentendo di questo malessere e in parte ne è una delle principali fonti di alimentazione dello stesso. In Italia soprattutto siamo bravissimi a far degenerare delle situazioni già difficili di per se e ci troviamo a dover fare i conti con atteggiamenti ormai diffusi che non hanno nulla a che fare con la politica vera e propria. Solo per citare degli esempi, prendiamo il caso dell’onorevole Bossi (membro del governo) che non riconosce l’Italia in quanto stato unitario e nemmeno la nazionale in quanto rappresentativa dei nostri colori. Oppure il Cavaliere, interessato a leggi “ad personam” prima di quelle a beneficio della collettività. L’informazione in Italia ormai è pilotata, i giornalisti costretti a dimettersi (vedi il caso Busi del TG1), e una certa forma di “dittatura” non è più solo un lontano miraggio, come mi hanno confermato amici stranieri più volte, persino in Venezuela. In questo contesto cosi complesso di suo, in cui spesso ci mettiamo del nostro per peggiorare le cose, non ci distinguiamo certamente noi cittadini caposelesi che, anzi, assistiamo ad una forma di regressione ancora più enfatizzata per certi aspetti, sia a livello politico che economico e sociale. Partiamo dal sistema economico e politico. Noi viviamo ancora in un’isola felice perché abbiamo delle fonti di ricchezza che nessun altro comune irpino ha, quindi le difficoltà economiche non le vediamo ancora emergere nel sistema privatistico, ma solo in quello pubblico. Se solo pensiamo al fatto che la principale fonte di sostentamento di un comune (ICI su prima casa) è stata abolita e che con il federalismo (se mai ci sarà) lo spirito di condivisione verrà abbondantemente ridotto, ad esclusivo vantaggio di quelle regioni che hanno maggiore produzione di reddito, diventa palese che l’amministrazio-
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Sociale
LIBERTA’ e partecipazione
di Alagia Cesara Maria
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loro prezioso contributo per la realizzazione di tante attività e servizi. Il mio è stato un excursus su ciò che la Pubblica Assistenza in questi 15 anni di attività ha realizzato e a conclusione di questa specie di Bilancio Sociale, posso senz’altro affermare che l’Associazione ha contribuito a portare nella nostra Comunità la cultura della Solidarietà, cercando, nel contempo, di far accrescere sensibilità e consapevolezza rispetto alle tante problematiche presenti nella nostra Comunità. Il nostro percorso non è stato facile, e non lo è tutt’ora; spesso non abbiamo avuto la condivisione necessaria rispetto al nostro operare; noi, comunque, partiamo della consapevolezza e dall’umiltà di sapere che quando si fa qualcosa, si possono anche commettere degli sbagli, pertanto vanno accolte le critiche costruttive fatte per modificare e per crescere. Sicuramente, invece, non servono alla Pubblica Assistenza, ma soprattutto non giovano alla nostra Comunità, critiche preconcette fatte con il solo intento di distruggere ciò che si è faticosamente costruito e si va costruendo nell’interesse di quanti si vivono forti disagi a più livelli. L’augurio che faccio alla Pubblica Assistenza di Caposele per i suoi primi 15 anni di attività è che si possa continuare un percorso di lavoro sereno, proficuo, condiviso e sinergico con tutte le altre realtà presenti sul territorio in modo da aiutare la nostra Comunità a divenire sempre più giusta, solidale ed inclusiva in un momento in cui questi valori sono fortemente e pericolosamente messi in discussione.
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mantenimento di un Servizio, come dicevo prima, di essenziale importanza. La Pubblica Assistenza Caposele è nata dopo l’immane tragedia del sisma dell’80, quindi un nostro ambito importante è rappresentato dalla Protezione Civile, che negli ultimi anni si sta sempre più definendo e strutturando e molti nostri volontari sono stati presenti nel sisma che ha colpito l’Aquila. Nelle associazioni di volontariato è indispensabile la presenza dei giovani, eppure tale partecipazione non è molto presente. È necessario, pertanto, promuovere iniziative che avvicinino sempre più il mondo dei giovani con quello del volontariato; iniziative che facciano percepire ai giovani la concretezza e la positività dell’esperienza del dono, della relazione d’aiuto e della condivisione. La Pubblica Assistenza di Caposele, realizza attività diversificate, anche attività di frontiera che fanno partire il volontario da una storia, da un volto, da un bisogno e gli danno la possibilità di operare in totale concretezza. Per quanto riguarda il Servizio Civile Volontario la Pubblica Assistenza si è sempre adoperata a realizzare progetti che hanno visto coinvolti sempre più giovani. Anche quest’anno, nonostante le pesanti decurtazioni di finanziamento subite dal Servizio Civile Volontario, siamo ottimisti di vedere finanziato il nostro progetto che vedrà coinvolti otto giovani i quali potranno alla fine del loro percorso, decidere di continuare la loro attività come volontari, cosa che è già avvenuta per altri progetti. Oggi, molti ragazzi, sono volontari che danno il
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ballerina e pittrice Simona Atzori, una splendida libellula senza ali) ha dimostrato il cammino da noi iniziato in direzione di una vera Inversione Culturale. La Pubblica Assistenza di Caposele iniziò a realizzare a Caposele le Politiche Sociali, quando queste erano considerate un opzione nelle scelte delle Istituzioni e non si parlava ancora della legge 328/2000 che ha poi codificato alcuni interventi socio-sanitari. Passavano gli anni ed aumentavano le attività della Pubblica Assistenza, infatti fummo i primi a capire l’importanza di un Centro per l’Infanzia anche a Caposele, di un centro dove i bambini (prima del loro ingresso nelle Scuole dell’Infanzia) potessero già socializzare e dove i genitori potessero scoprire, accanto ai loro figli, il valore educativo del gioco. Contestualmente iniziammo a realizzare forme di animazione anche nei confronti di ragazzi ed adolescenti, diventando nella nostra realtà (e non solo) i pionieri delle Ludoteche. A proposito di “ludoteca”, quest’anno è iniziato il progetto della Pubblica Assistenza di Caposele “Gioeducando” progetto che durerà 18 mesi e che vede coinvolti, in diverse attività laboratoriali, 40 bambini e ragazzi compresi nella fascia d’età 6-14 anni. I ragazzi sono affiancati da volontari (ai quali si sono aggiunti anche alcuni genitori dei bambini) che sono stati precedentemente formati da una sociologa e da un animatore. Ad un certo punto la Pubblica Assistenza di Caposele capì la necessità dell’istituzione di un Servizio di Emergenza Sanitaria (118) anche nel nostro Comune, in quanto si era costretti a subire tempi d’intervento troppo lunghi, in situazioni che, invece, richiedevano tempi molto tempestivi. In quest’ottica ci adoperammo per acquistare un’Ambulanza e stipulammo una convenzione con l’ASL per l’attivazione del 118, convenzione che non copriva nemmeno le spese per intero, ma che venne accettata perché consapevoli che anche i nostri concittadini avessero diritto alla Tutela della propria Salute. Da allora il 118 è divenuto una realtà consolidata e fra non molto la Pubblica Assistenza si accingerà all’acquisto di una nuova Ambulanza, sia perché vi è la necessità di garantire il Trasporto in Emergenza ed il trasporto ordinario sia perché l’ambulanza preposta al 118, al fine di garantire servizi qualificati e tempestivi, va cambiata dopo aver percorso un determinato numero di chilometri. A proposito del 118, dobbiamo ancora una volta rimarcare la necessità di avere un numero maggiore di volontari, pertanto facciamo appello a quanti hanno a cuore la nostra Comunità, affinché possano dare un poco del proprio tempo libero a supporto di un servizio che è di vitale importanza per Caposele. La Pubblica Assistenza di Caposele, in autunno, organizzerà un altro Corso Sanitario di 1° Livello pertanto auspichiamo la partecipazione di molte persone che vorranno poi spendersi per contribuire al
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redo che esistano motivazioni diverse che determinano la scelta e l’impegno verso l’esperienza del volontariato, ma sicuramente ciò che è alla base di questa scelta è il desiderio di aiutare chi si trova in una situazione di Bisogno e di Disagio. Questa che è la motivazione prioritaria del volontariato, negli anni, si è arricchita di variabili, quali l’emergere di nuovi Bisogni, il rapporto con le Istituzioni e la necessità di arricchirsi di nuove competenze. Tutto questo ha fatto sì che il volontariato assumesse nuove connotazioni, divenendo, con il passare del tempo, una Realtà essenziale nella vita della nostra Comunità ed oggi lo è più che mai in una Società fortemente connotata da lacerazioni sociali ed economiche. Il Presidente Napolitano, durante un’udienza tenutasi a Roma in occasione dell’Assemblea Nazionale del volontariato ha affermato che: “I partiti, le Istituzioni sono spesso troppo assorbiti da comportamenti litigiosi e poco cooperativi e che il Volontariato diventa balsamo per proteggere legami logori, ma anche per far germinare nuove prospettive di sviluppo nella direzione della giustizia e dei diritti”. In quest’ottica va anche una risoluzione del Parlamento Europeo che individua nell’apporto del Volontariato un contributo determinante per la Coesione Sociale ed Economica. Compito del volontariato è anche la Partecipazione vista sotto un duplice aspetto, partecipazione ai Bisogni delle persone, ma anche sollecitazione e partecipazione delle stesse persone in stato di Disagio, affinché esse piglino consapevolezza dei propri Diritti in un percorso di effettiva Democrazia Partecipata, perché come dice una canzone di G.Gaber “la libertà è Partecipazione” E a proposito di partecipazione vorrei ancora una volta sollecitare la Partecipazione, la condivisione di quanti ritengono, giustamente, che nella nostra Comunità si debba fare di più, lo possiamo fare se ad impegnarci siamo in tanti, ognuno per il ruolo che può. Quest’anno corre il quindicennale della costituzione della Pubblica Assistenza di Caposele, è pertanto quanto mai opportuno effettuare un bilancio di quella che è stata la sua presenza e la sua azione all’interno della nostra comunità. Quando ci costituimmo nel 1995, iniziammo a dare Volto e Voce, a chi non li aveva (mi riferisco agli amici diversabili) in tutto questo lasso di tempo abbiamo sempre cercato di fare acquisire loro mezzi espressivi adeguati e potere di partecipazione e decisione, al fine di superare un approccio unicamente assistenzialistico per promuovere invece l’aspetto animativo e promozionale. Oggi la diversabilità nella nostra Comunità è ritenuta un Valore aggiunto ed il convegno organizzato sulla “Diversabilità come Opportunità” (con la presenza della
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I Bambini di Caposele aiutano i volontari della P.A. Caposele nella raccolta fondi per la ricerca scientifica a favore dell' AIRC e dell' Ospedale Gaslini di Genova
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Eventi della tradizione
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caposelesi. Ci venne spiegato che ad inizio serata l’immagine del santo era stata posta in cima alla montagna di ginestre ed a Vincenzo Casale, che le aveva raccolte in precedenza, era toccato l’onore di appiccare il fuoco. Ma l’organizzazione aveva giocato le carte migliori sulla buona cucina, e sotto un gazebo, a lato dell’altarino a Sant’Antonio, veniva distribuito ogni ben di Dio: antipasti di affettati, spaghetti alla sangiuvanniello, bucatini a’ lu friscu (a base di paparol’ r’acitu e carne di maiale), patan’ sfruculat’ cu friarielli e paparol’ s’ccat, fagioli con la cotica e con l’origano, p’zziddi fritti, pizza con lealicied al pomodoro, ‘na panedda scavutata ripiena di uova, peperoni e salsiccia. E poi dolci vari, tra cui si segnalavano una tortadiricotta e pere ed un babà. Fummo però catturati dalla polenta con carne di maiale di Rosa Triggiano che meglio si sposava con il vino offerto a iosa. Non mancò, a seguire, una bella quadriglia defatigante ed un batticulo che ci impegnò fino all’una ed anche oltre. Il nostro tour culturale finiva lì e la schede sulle quali vergare i nostri voti ci attendevano impietose. Come si fa a giudicare il falò più bello? Dopo dieci anni sono ancora persuaso che la risposta sia sempre la stessa: non è possibile. Ogni scenario, ogni famiglia ed ogni gruppo di amici riesce a dare un’impronta al proprio falò che lo rende incommensurabile. Si può preferire un falò intimo tra pochi cari o una festa con decine di compaesani che vengono a farti visita. Si può preferire l’atmosfera poetica di un falò di campagna al suono di un riganetto o la visione unica di un grande
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e che pretendeva di essere accompagnata dal rosso di Caposele. Fu accontentata. Ci sedemmo assistiti da Rosalba Palumbo e Cettina Cibellis e non poté sfuggirci la massiccia presenza di giovani con le loro fidanzate. Ce ne andammo rinfrancati mentre un riganetto cominciava a scaldarsi prima di scendere in campo. Vino a tarantelle avrebbero sostenuto la festa fino all?una di notte. Scendemmo di nuovo a Caposele per fermarci subito a Tredogge, a casa Russomanno. Tre tavolate parallele accoglievano parecchi commensali tra i quali emergeva la squadra dei cacciatori. Venivano servite in quel momento delle squisite patan’ sfruculat’ a cui ci accostammo volentieri, ma la vera novità era costituita da una doviziosa esposizione di attrezzi della nostra civiltà contadina: ‘na m’tèra e ‘na mezza m’tèra, ‘nu s’tacciu app’ str’cà r’ purmarol’, giarl’ e arsuri, callaruli, callar’, pignat’ cu la cot’ca e pignatieddi, jiurnicchi, jiral’, conn’l r sport’, matrell’, accriscitor’, ‘nu peru r vacilu accu lu vacilu e addirittura sapone fatto in casa. C’erano appese, poi, le varie ‘nzerte di aglio, papurulicchiu e areh’na. Non mancava l’altarino con il quadro del santo che tiene in braccio il bambin Gesù ornato di gigli sul quale si stagliava la scritta ‘Chi lu tiene ‘p suo avvocato, ra S.Antonio sarà aiutato?. Sperimentammo l’efficacia dell’unico attrezzo della civiltà contadina che non veniva esposto bensì utilizzato a canniddu, mentre il riganetto di Felice Colatrella cominciava ad allietare il suo pubblico e riprendemmo il nostro cammino. Ci spostammo nel quartiere dove avevano avuto luogo i falò della mia infanzia: a Capriummo. L’odore di agnello alla brace ci accolse con calore e ci spinse ad assaggiare l’ottima pietanza che ci veniva offerta. Brindammo ai piedi dell’altarino a Sant’Antonio mentre ci venivano illustrati i particolari dell’esposizione che avevano allestito. Agli attrezzi già ammirati a Tredogge si aggiungeva nu m’zzetto all’interno del quale trovava riparo in mezzo alla paglia ‘na voc’la accu li prucini viventi. Un’organizzazione scrupolosa aveva curato ogni particolare dell’evento. Ai lati della piazza verso la quale confluiscono via Molino, via Peschiera , via Pallante, vi erano persino i diversi contenitori colorati per la raccolta differenziata. Una bella novità che andava rimarcata nei nostri giudizi. L’ora si era fatta tarda e dovemmo affrettare le nostre visite ai falò di San Giovanni e del Castello. In entrambi i luoghi trovammo un ambiente conviviale intimo, ma allo stesso tempo aperto agli ospiti e festoso. I bambini attizzavano il fuoco con precisi lanci di ginestre mentre i grandi ballavano o godevano del fresco della serata seduti ai margini del fuoco e della tavolata. Era passata la mezzanotte quando giungemmo alla Portella, dove un falò maestoso, insieme ai richiami della buona cucina, aveva attratto una larga parte di
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Vista, udito, olfatto, gusto, tatto. Mentre scrivo i cinque sensi sono ancora eccitati dalla miriade di profumi, scenari, musiche e sapori ammassati diligentemente durante la corsa alla scoperta dei vari falò di Sant?Antonio. A distanza di dieci anni è stata riproposta la ?gara? (espediente strettamente retorico) tra i vari fauri che si accendono nei quartieri e campagne di Caposele nella ricorrenza del 13 giugno ed anche questa volta mi sono ritrovato, senza alcun competenza particolare nel mio curriculum, a far parte della commissione esaminatrice. I criteri che ci avevano suggerito e che erano stati divulgati ai rappresentanti di quartiere erano estremamente precisi: dimensione del falò, partecipazione, organizzazione, pietanze locali, tradizioni, musica, novità, durata, coinvolgimento. Ma poteva una semplice operazione matematica risolvere un quesito dai risvolti quasi filosofici? Vediamo. Ci siamo diretti ad inizio serata verso Serra Castagno dove ci hanno accolto con gli onori che si riservano ai più cari amici. Una selva di ginestre circondava un bel falò domato da Giuseppe Farese ed un?atmosfera idilliaca ci metteva a nostro agio mentre gustavamo una superba soppressata caposelese servita tra i formaggi. Ma la visione di una ricca frittata di asparagi fece concentrare su di sé la nostra attenzione e ci immergemmo quindi nel sapore primaverile della verde liliacea fino ad esserne paghi. Ci salutammo dopo una rinfrescante bevuta a canniddu del rosso locale e ringraziammo tutti per i momenti di poesia regalatici. Giunti a Caposele ci fermammo prima del Ponte attratti dalla tavolata e dal falò di Federico Barbarossa. Un’ottima pizza al pomodoro spiccava saporita tra le tante pietanze e non volemmo sottrarci all?assaggio. Ma la vera sorpresa doveva rivelarsi un?eccezionale muffuletto fatto in casa, schiacciato e croccante al punto giusto, che riempito con formaggio e capocollo fece applaudire i nostri sensi. Ci separammo nostro malgrado da quelle delizie e quella compagnia e riprendemmo il nostro viaggio a risalire il corso del fiume. Un bellissimo falò di fronte al macello, sulla sponda destra del Sele, fu l'oasi ideale per riprendere fiato. Il fumo odoroso di una grigliata doppiava quello schioppettante delle ginestre e si confondeva con lo scroscio del fiume. Accettammo volentieri un’ottima carne alla brace da Grazia Nesta e brindammo dapprima con vino rosso e poi, per completezza di valutazione, con del bianco a mò di sorbetto. Risalimmo ancora il Sele per arrampicarci verso i Piani, quartiere emergente e popolare. Qui trovammo un falò imponente, posto ai piedi di una tavolata a U di quaranta metri. Un caratteristico altarino di Sant’Antonio con gigli, cero e statua del santo vigilava sulle decine di commensali che prendevano parte alla festa. Al nostro giungere veniva servita trippa con fagioli di cui fummo resi abbondantemente partecipi
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di Alfonso Sturchio
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FALÒ DI SANT’ANTONIO
fuoco nelle strade del centro storico. De gustibus non disputandis est. Alla fine la Portella ed i Piani si sono aggiudicati ex equo la palma per il 2010 soprattutto per la grande partecipazione, ma tutti gli altri falò avevano la stessa magia dei vincitori. A chi ha avuto il privilegio di visitarli tutti, resterà il ricordo di una notte memorabile. Associazione Turistica "Pro Loco Caposele" FALÒ DI SANT'ANTONIO EDIZIONE 2010 La Pro Loco Caposele, nell'intento di promuovere i tradizionali falò di Sant'Antonio quest'anno ha rinnovato il concorso tra i quartieri di Caposele per II FALÒ' PIÙ' BELLO, ORIGINALE, DIVERTENTE E ... TRADIZIONALE. La Pro Loco Caposele ancora una volta ha mirato a mantenere e a trasmettere gli eventi tradizionali del nostro Paese. Gli elementi distintivi che ogni commissario ha preso in considerazione, al fine dell'espressione del voto, sono stati i seguenti: Dimensione del falò - Partecipazione - Organizzazione - Pietanze locali -Tradizioni - Musica - Novità - Durata - Coinvolgimento I commissari sono stati chiamati a votare per falò su ogni singolo elemento. II risultato finale che ha decretato il vincitore è emerso della sommatoria dei singoli voti. La Pro Loco Caposele ringrazia quanti hanno partecipato ad un evento tanto sentito per tutta la nostra comunità, ed in particolare tutti i quartieri ed i loro abitanti che tanto impegno e passione hanno profuso per l'ottima riuscita di questo evento.
Alla luce proprio di quanto sin detto si è ritenuto di dover premiare entrambi i due rioni, Portella e Piani (Case Popolari), che in ex aequo sono risultati vincitori di questa edizione e di non dover procedere al sorteggio, questo anche per premiare tutte quelle donne e quegli uomini che con il loro lavoro hanno permesso di conseguire un risultato più che positivo in questa edizione. Infine mi sia concesso dire che questa non è soltanto la vittoria della Portella e dei Piani ma che è la vittoria di tutta una Comunità che, sempre di più, ha deciso di affermare le proprie tradizioni.
Giuseppe Cifrodelli alle prese con le ginestre
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Dott. Raffaele Russomanno Presidente Pro Loco Caposele
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Speciale Turismo
Una nuova fase per il TURISMO A CAPOSELE di Alfonso Merola
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CHE COS’È IL TURISMO? l turismo è un’attività economica che consiste nella libera circolazione di persone per svago, per scopi istruttivi, per interessi spirituali. Questa attività, appunto economica implica che il sofisticato meccanismo della domanda intercetti quello dell’offerta ( e viceversa ) sulla base di un prodotto che è terzo rispetto al servizio negoziato . Firenze ( il Rinascimento), Cortina (la neve), Taormina (il mare), Assisi (S.Francesco), quindi, senza le loro peculiarità non avrebbero la spiccata vocazione turistica di cui godono. Questa vocazione, però, diventa realtà
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CAPOSELE HA VOCAZIONE TURISTICA enendo alle nostre cose, possiamo sicuramente affermare che Caposele ha una sua vocazione turistica legata per lo più al fenomeno religioso che ormai da oltre mezzo secolo attrae centinaia di migliaia di persone alla tomba del santo nella frazione Materdomini. Quindi, è all’ombra del Santo e grazie al Santo che è nato quel complesso di attività ricettivo-ristorativo-commerciale di cui un “ turista di scorrimento” attratto dai circuiti direzionali non può fare a meno. Se ci riportiamo alla storia non tanto recente di Caposele, possiamo rilevare che a Materdomini, a ridosso di un romitorio, S.Alfonso Maria De’ Liguori fondò una “casa redentorista” presso cui dimorò e morì un umile fraticello di nome Gerardo prodigo di azioni caritatevoli in vita, acclamato beato fin da quando esalò l’ultimo respiro e più tardi elevato al rango di santo. Col passare del tempo i pellegrinaggi che all’inizio riguardavano comunità ristrette si irrobustirono fino a comprendere l’intera area meridionalepeninsulare. Le forti emigrazioni del Sud verso le Americhe, poi, completarono il quadro delle devozioni, nel senso che il culto del Santo divenne patrimonio comune di tanti italiani approdati nel Nuovo Mondo per “fame ed in cerca di fortuna”. I pellegrinaggi
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turistica se produce servizi che soddisfano l’utenza. Ecco perché il turismo è una attività umana classificata nel cosiddetto settore terziario.
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mentre i santuari minori sono condannati a “non crescere” anche per le politiche aggressive messe in campo dai più forti. E come si è detto, la lotta è impari : i piccoli santuari lasciati a se stessi subiscono la penalizzazione a livello provinciale ( perché ritenuti non degni di attenzione pubblica) e quella nazionale ( perché tivù pubbliche e private scatenano vere e proprie campagne “pubblicitarie” a favore dei luoghi di devozione più sponsorizzati). Le gerarchie ecclesiastiche, ovviamente, non amano contrapposizioni e forse per questo non si preoccupano eccessivamente di quanto sta accadendo, in base ad una tesi condivisibile ma incompleta. “Nel santuario il pellegrino è portato ad amare il fratello che vede per adorare il Dio che non vede” sostiene il teologo Gianni Gennari “ ed è per questa ragione che questi siti sopravviveranno comunque”. Ma è proprio questo che preoccupa di più un laico moderno. Se la tradizione e la devozione non muoiono ed i pellegrini non fanno eccezione tra i luoghi silenti della Fede e quelli in cui la fede è assediata da una confusa e frastornata modernità, dobbiamo attendere un lento logoramento dei santuari minori senza fare nulla? O piuttosto è necessario che le istituzioni ci aiutino a reagire con strumenti moderni che consentano di difendere presenze devozionali (e non solo), ancora interessate a luoghi evocativi e simbolici in cui l’uomo contemporaneo ricerca risposte alle sue domande?
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DIFENDERE IL TURISMO RELIGIOSO ino a qualche decennio fa, era un’eresia parlare di turismo religioso, quasi che si trattasse di mettere insieme “diavolo e acqua santa”. In era globale, però, il moltiplicarsi di “ fenomeni epifanici” legati a figure di Santi e di Madonne che si rivelano con una certa assiduità, anche l’economia tenta di esplorare nuovi lidi, Sembra, così, insediarsi una sorta di industria della fede, la quale, miracolo nel miracolo, contribuisce ad alleviare antiche e moderne povertà di territori storicamente molto sfortunati. Deve, a questo punto, mutare l’atteggiamento di Comuni, sede di antichi santuari, i quali per una sorte di inerzia ma anche per il rispetto di un consolidato modello devozionale non si attivano abbastanza per evitare di essere stritolati da nuovissimi circuiti di pellegrinaggi, tra l’altro indotti e sostenuti pesantemente anche a livello mediatico. Ovviamente un piccolo o medio comune può fare ben poco, se le sue opportunità intese come “focolai di sviluppo” non sono ricondotte ad un’ammagliatura con enti territoriali di livello sovra comunale (comunità montane, province, regioni etc. ) soprattutto quando questi ultimi inseguono ipotesi poco realistiche. E’ esplosa la moda, ad esempio, di inventare percorsi virtualmente turistici, rispettabili quanto si vuole, ma che, in genere, si attestano su presenze turistiche molto discutibili, sottovalutando la portata dei territori in cui i fruitori ci sono già ed in modo rilevante, pronti a riversarsi oltre i siti devozionali. Come a dire che non è la stessa cosa se si semina in un terreno già dissodato o in un pascolo ancora da convertire alla coltivazione. Le istituzioni che presidiano il territorio non dovrebbero, quindi, sottovalutare questo aspetto se sono interessate a processi di crescita occupazionale “vera” e non a progettazioni / investimenti a “vocazione municipalistica”. Intanto questo peculiare settore turistico (in crescita a livello mondiale) ha numeri paragonabili a veri e propri budgets di multinazionali e di “questa torta”almeno cinque miliardi di euro interessano l’Italia: è del tutto logico, allora, che si scatena un moto concorrenziale tra i big ( S.Giovanni Rotondo, Assisi, Padova, Pompei ),
Un elemento del nuovo piano per la tabellonistica turistica di Caposele
di devozione,però, cominciarono ad assumere una prima valenza economica negli anni cinquanta e sessanta: l’Italia, uscita da una guerra disastrosa, era impegnata nella difficile fase della ricostruzione post-bellica e di lì a poco sarebbe esploso il cosiddetto boom economico. Le prime “contaminazioni “ commerciali, però, non furono un fenomeno autoctono: ad impiantare una prima e precaria rete di consumo ci pensarono alcuni commercianti dell’hinterland avellinese, seguiti, poi, a ruota da qualche coraggioso ed intraprendente “contadino” pronto a riconvertirsi alle “nuove” occasioni offerte da quei flussi di devoti che accorrevano in periodi precisi dell’anno (luglio–ottobre). La frazione Materdomini, così, da borgo rurale pian piano si trasformò in piccolo centro turistico-religioso il cui nucleo fu rappresentato dal rilevante patrimonio spirituale e materiale dei Padri Liguorini che rappresentavano per la comunità caposelese un “vero e proprio focolaio di sviluppo”.
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Speciale Turismo
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Innanzitutto, convincere (e non a parole) gli Enti sovraccomunali preposti a tutelare e rilanciare il turismo, ma anche i sindacati e le associazioni di categoria che bisogna concentrare gli investimenti in aree in cui la realtà turistica è radicata in modo spontaneo e reclama un sostegno per qualificare il fenomeno, assecondando tendenze espansive a rete su un territorio più vasto che vada oltre interessi di campanile. In tal modo si agevola il passaggio da un turismo di scorrimento (mordi e fuggi) a quello di tipo stanziale (residenziale). Un territorio risulta, infatti, appetibile e permeabile alla residenzialità se si apre su uno scenario più ampio, mostrando la sua significatività ambientale e la sua qualità culturale. Quelli che sono oggi “incidenti casuali di fenomeni investiti da interesse escursionistico o da circuitazione devozionale devono mettersi in rete, in modo tale da fare massa e produrre effetti significativi su un territorio che deve travalicare la nozione municipale (turismo termale di Contursi,turismo invernale di Laceno, turismo religioso di Materdomini, turismo ecologico dei Picentini, abbazia del Goleto, Conza romana, la villa D’Aiala Valva, il castello di Quaglietta, le Sorgenti del Sele, la Valle della Caccia a Senerchia, i centri storici minori dell’Alto Ofanto e dell’Alto Sele …). Come si può notare sono numerosi i “giacimenti turistici” da valorizzare, se solo le varie tessere sono ricondotte ad un “unicum” territoriale che dia senso alla narrazione di itinerari adatti a tutti i gusti del turista, sostanziando le ragioni di una permanenza più prolungata in quanto luoghi. Un turismo, quindi, inclusivo che non dimentichi le escursioni scolastiche, quello legato a cicli di conferenze e di studi, quello connesso alle produzioni agricole, artigianali ed artistiche ( passando per le sagre, le fiere, i mercatini
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Chi, qualche decennio fa, approdava a Materdomini, coi pulman sgangherati o addirittura a piedi, caricandosi di pesanti “castellane” sulle spalle, per collocazione sociale non è lo stesso “pellegrino” che vediamo nei weekends. L’ascensione sociale e culturale delle famiglie un tempo di estrazione contadina, ha prodotto cambiamenti nella domanda e se non si è in grado di rispondere adeguatamente, il rischio di un decadimento turistico è reale, nel senso che i bisogni spirituali spiccano il volo verso altri lidi. Non è, per così dire, più il tempo di attardarsi sulla visione di un turismo religioso che si incateni, per inerzia, al solo circuito ristretto della frazione e per giunta in un arco temporale concentrato. Ancora più stringente è la necessità di sfuggire alla tentazione di cercare soluzioni estemporanee al di fuori di un progetto elaborato da autentici esperti del settore e rivendicato presso le istanze pubbliche superiori, come piano di sviluppo e di rilancio economico di una “cittadina turistica” alla quale concorrono per pari dignità tutti quei soggetti che intendono accettare la sfida. Di qui l’esigenza che il Comune di attivi a vari livelli per stipulare intese o accordi di programma, non nella logica di chi chiede genericamente opere pubbliche, ma nella ferma posizione di chi convince ( perché ne è convinto) gli Enti Territoriali a considerare le potenzialità offerte da Caposele un patrimonio di occasioni utili all’intera Irpinia. In altri termini la promozione di un “nuovo turismo” deve essere attestata su un efficace modello di “governance”di questo delicato settore economico, il quale può rilevarsi decisivo per la nostra provincia.
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UNA GOVERNANCE TURISTICA
uali dovrebbero essere, allora, i capisaldi di questa governance?
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olendo. quindi, riassumere si può sostenere che l’economia turistica privata ( microbica ma impermeabile ad opache operazioni speculative esterne) è cresciuta e si è irrobustita nel tempo per una sorta di meccanismo di trascinamento, a rimorchio dell’attrazione costituita dal luogo di culto e dal motore acceso dalla comunità liguorina, la quale, avendone la capacità progettuale e le potenzialità economiche, è stata l’unica vera postazione di programmazione del fenomeno turistico. Essa, per quanto le è stato possibile, ha saputo tenere separate le esigenze funzionali alla domanda spirituale da quelle più strettamente connesse ai servizi più propriamente turistici.
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UNA NUOVA FASE an Gerardo resiste e resiste bene, ma nel frattempo,si è già detto,nuovi luoghi religiosi ed altri meno recenti assalgono anche con offerte turistiche molto sofisticate, la stessa massa di pellegrini, tentando tra l’altro, di trattenerla più a lungo altrove, così che lo stesso “triangolo dei santuari campani (Montevergine, Pompei e Materdomini), un tempo ben collaudato, sembra entrato in crisi: così nella crisi si è costretti a dover fronteggiare anche il supermediatico ingrasso di Monterotondo (San Pio), sostenuto come non mai anche da interventi finanziari pubblici di una rilevanza unica, la Puglia, per così dire, a prescindere che sia governata da Fitto o da Vendola, non fa sfuggirsi l’occasione irripetibile di rafforzare la sua economia. Infine, non va taciuta un’altra circostanza:i santuari di interesse nazionale, un tempo solo lambiti dal pellegrinaggio di massa (Padova, Assisi,Roma) oggi attraggono folle attraverso circuiti integrati di promozione che sono delle vere e proprie macchine da guerra. E tutto ciò accade non a caso. E’ mutata, infatti, l’identità culturale del “devoto-turista” che frequenta i santuari ( non si sa dove inizi il turista e dove termini il devoto) e mentre questa novità altrove è studiata da società specializzata nelle rilevazioni demoscopiche, qui essa è registrata con superficialità e senza che le postazioni istituzionali misurino qualità e quantità della mutazione sociale della domanda sulla cui base è possibile ri-orientare l’offerta.
Il parco delle sorgenti
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LA COMUNITA’ REDENTORISTA
La Comunità Redentorista, e questo è un altro merito da ascriverle, utilizzando la sua rete territoriale di rappresentanza e di presenza religiosa, ha, inoltre, assicurato la cospicuità dei flussi devozionali offrendoli, in termini di opportunità, a quanti si sapevano mettere in campo. Va, però, che questi sforzi ancora notevoli, oggi non sono più sufficienti a garantire il pregresso benessere alla frazione e non perché sia diminuito il potere di attrazione del Santo.
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Oggi la rete turistica, per la massima parte ancora innervata su Materdomini può contare : - 5 strutture ricettivo-alberghiere - 12 strutture ristorative - 1 ostello della gioventù - 7 bar - 40 esercizi commerciali a posto fisso - 40 esercizi commerciali ambulanti - 1 mercatino domenicale di esercenti attività artigianali/commerciali di tipo agricolo In complesso, quindi, si contano un centinaio di attività economiche che dà occupazione, anche precaria ad un bacino di almeno 300 unità lavorative. Se si pensa a quali fiumi di miliardi di vecchie lire e di milioni di “nuovi euro” sono stati riversati su interi territori senza lasciare tangibili tracce, qui tutto è avvenuto per lo più grazie all’intraprendenza locale di agricoltoripionieri abituati a farsi strada con le sole proprie forze. Di certo, i caposelesi possono andare orgogliosi per ciò che sono stati in grado di costruire: in assenza di politiche istituzionali di sostegno, è risultata decisiva allo sviluppo la sola tendenza al “laisser faire”, come a dire che se non si è in grado di aiutare dall’alto l’economia, almeno si eviti di mettere il bastone tra le ruote al carro che procede da solo.
L'ingresso al Santuario - foto panoramica
L'interno delle sorgenti - siamo al Km. 0
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Speciale Turismo
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CHE COS’È UN MARCHIO TURISTICO? ’ il segno di qualità per contraddistinguere un prodotto che motivi la permanenza in un luogo, sono, quindi, in primo luogo gli itinerari a dovere essere resi noti. E noi possiamo ipotizzare almeno 4 itinerari temporali: a) Un percorso di memoria storica che si snodi tra il villaggio del Santo e il borgo a Capo del Fiume, con i loro impianti viari antichi, le piazze ed i pochi manufatti salvati dal sisma del 1980. b) Un percorso fluviale a partire dal Sele captato (opere dell’ AQP) e delle sue aste di affluenti che disegnano un habitat d’interesse per la fauna e la flora presenti e ritagliano angoli molto suggestivi. c) Un percorso montano-collinare che inerpicandosi per gli antichi tratturi ed i carrai regi della transumanza intercetti panorami indescrivibili, declivi pennellati dalla fantasia delle stagioni e campagne insediate delle ultime ma significative attività silvo-pastoraleagricole. d) Un calendario, infine, corposo ed disteso nell’arco annuale che precisi e diffonda, solennità religiose di antica radice, manifestazioni folkloristiche (consolidate o da riscoprire), eventi culturali, ricreativi e sportivi (da coltivare e rilanciare). Un pacchetto di proposte, quindi, in cui “la Città di Sorgente” si proietti all’esterno come “la terra del Santo, dell’Acqua e della Natura”. E’ del tutto evidente, a questo punto, che il motore di questo marchio debba essere il Comune, ma in una logica in cui elegga come suoi partners privilegiati tutte le associazioni che operano sul territorio ( AQP, Comunità Luguorina, Pro Loco, Forum dei giovani, Pubblica Assistenza, CIA, CNA, Conf. Commercio, Sorgente del sapere, associazioni sportive etc ). Agli operatori turistici nuovi o di più antico riferimento, si richiede di
riattivare lo spirito pioneristico del passato, questa volta però, concentrandosi sull’obiettivo di una qualità dell’offerta sempre più puntuale: locali più confortevoli , proposte enogastronomiche più caratterizzate, commercializzazione di prodotti agricoli “veramente locali”… Oggi che sembrano entrati in crisi certi modelli vetero e neo-industriali, ritrovarsi in mano il delicato “giocattolo” del turismo deve caricare ciascuno di noi di una ulteriore responsabilità. Se tutti, infatti, lavorano in concordia per un turismo di seconda generazione, io sono convinto che il turismo può dare lavoro alle nuove generazioni, le quali, per quanto inquiete possono apparirci, in fondo ci trasmettono, a loro modo, il messaggio di voler restare qui. Alfonso Merola
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alla promozione di un “marchio turistico”.
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CONCLUSIONI ’è qualcosa, però, che sta nelle nostre mani e che nessuna solidarietà esterna ci può garantire. Essa implica una responsabilità collettiva (i cittadini), un impegno delle categorie economiche(gli operatori turistici) e uno sforzo istituzionale (il Comune): tre segmenti che devono ritornare a dialogare in concordia e concordemente condividere un progetto che non ha alternative se si intende difendere e rilanciare l’economia locale. Se altri comuni turistici stanno bruciando i tempi rispetto a noi, questo è dovuto, appunto, alla condivisione di un itinerario “politico”che in modo bipartisan preserva l’obiettivo da sterili polemiche e da contrapposizioni acritiche e pregiudiziali. Da questo punto di vista dobbiamo molto imparare da comuni viciniori i quali, quando si tratta di questioni decisive, difficilmente si fanno irretire da ragionamenti “senza capo né coda”. Cinquanta anni di impianto turistico consegnano a Caposele un complesso di strutture di tutto rispetto, tali, cioè, da poter affrontare una nuova fase più scientificamente mirata che approdi
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La nuova tabellonistica turistica - Croce di Sant'Angelo - testi di Mario Sista
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L’Alto Sele ha ancora carenze strutturali e difficoltà nella mobilità, oltre che disorganizzazione nella fornitura di beni e di servizi alle imprese. Tutto ciò produce diseconomie e costi talvolta non competitivi nell’offerta turistica ( proprio in un settore in cui l’economicità è decisiva). Abbattere i costi (non a discapito dei salari), attrezzare in forma moderna le strutture private (evitando promiscuità merceologiche e duplicazione dei servizi), riammagliare le reti della mobilità provinciale e regionale, sono fattori da non banalizzare, se si vuole attrarre “ turismo aggiuntivo”. Noi tutti dobbiamo far vivere l’occasione turistica di Caposele come una risorsa e un patrimonio delle due valli (Ofanto e Sele), mai più chiudendoci in noi stessi. E’ da tempo che abbiamo preso atto delle peculiarità produttivocommerciali di Lioni, delle funzioni burocratiche di S.Angelo, del termalismo di Contursi etc.; ora si tratta di chiedere a tutto questo territorio che ci circonda di procedere “uniti” per un progetto integrato che ciascun comune viva come obiettivo prioritario da offrire alla riflessione delle istanze superiori. Tutto ciò oggi sembra più realistico, anche in considerazione del fatto che la nuova classe di amministratori locali, adeguata ai tempi, ha superato contrapposizioni municipalistiche e ha metabolizzato la consapevolezza che da “soli non si va da nessuna parte”:
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zonali, le mostre, le manifestazioni culturali, ricreative e sportive). Si chiede, in fondo, un’ulteriore evoluzione della mentalità: credere al progetto di assemblaggio delle specificità in grado di essere percepite nel loro insieme come se ci trovassimo in una “città turistica modernamente attrezzata” capace di essere un’alternativa equilibrata alla vita delle conurbazioni, senza aggredire la natura e tuttavia non facendo mancare i conforts di base ai quali il cittadino moderno non sa rinunciare. Sulla base di un tale progetto si è in condizione di aprire una vertenza istituzionale, contestando l’estemporaneità di certi programmi e di certi meccanismi che non garantiscono risultati minimi nello sviluppo locale . 2). Mettere in rete le potenzialità e concretizzarle implica non solo la conoscenza dei luoghi, ma anche la capacità professionale di redigere strumenti operativi. In condizioni “ordinarie” i fenomeni turistici di per sé attivano l’implementazione naturale dei servizi che, a loro volta trascinano l’incremento della produzione locale. In una fase di recessione economica, però, come quella che stiamo attraversando e che non sarà breve, il turismo può, se opportunamente sollecitato, trainare settori produttivi tipici ( se la promozione è costruita scientificamente). Di qui, si ribadisce, la necessità di competenze progettuali idonee a costruire le sinergie di cui si ha bisogno, non esclusa l’opportunità di una responsabile formazione professionale degli operatori turistici. 3). Il passaggio dal turismo di scorrimento a quello residenziale in genere produce la stabilizzazione di un certo numero di occupati o quanto meno una precarizzazione più sopportabile a patto che non si sottovaluti l’importanza della formazione professionale attestabili su nuove figure di contesto. Si pensi ai promotori turistici, agli esperti di convegnistica, a guide ambientali, a programmatori multimediali, ad animatori del tempo libero, ad addetti alla ricezione alberghiera ed alla ristorazione etc. Pensare, dunque, ai giovani a questo mondo fortemente alfabetizzato, ma condizionato da una giungla occupazionale sempre più inestricabile. Giovani che chiedono di essere orientati anche verso forme di solidarietà e di mutualità (cooperative di lavoro): paesaggio, ambiente, cultura sono un capitolo inesplorato dalle potenzialità interessanti per il territorio come il nostro. 4). Tutto ciò non basta se (in un’epoca in cui il turismo è prevalentemente di massa), non si è anche competitivi rispetto ad un mercato sempre più spietato.
PRO LOCO CAPOSELE info -TURISTICHE su:
Proloco Caposele
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Si è tenuta domenica 21 febbraio la prima presentazione di "Polvere alla Luna" il romanzo di Donato Gervasio. Alla manifestazione, moderata dal giornalista Salvatore Pignataro, e presentata dal sociologo Gerardo Viscardi, hanno partecipato l’onorevole Francesco D’Ercole, autore della prefazione che riportiamo, i sindaci di Caposele Pasquale Farina, Conza della Campania Vito Farese, di Aquilonia Donato Cataldo e di Auletta Carmine Cocozza.
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Donato Gervasio con l'Onorevole Francesco D'Ercole
La sala del Ristorante 7 Bello gremita di amici e parenti durante la presentazione
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capace di produrre l'immagine dettagliata di una località splendida nel paesaggio ed orgogliosa della sua ricchezza naturale: l'acqua delle sue sorgenti. La scena in cui si svolge la storia, vera come la storia stessa, rimosse le macerie del terremoto e ricostruite le case, è rimasta immutata, ma non così i rapporti umani. La precarietà della vita, sperimentata sulla propria pelle, ha cancellato anche una buona parte dei sentimenti che prima univano la comunità: Franco, l'amico fraterno di Davide, è partito per Roma, in tanti anni è tornato una sola volta. Molto significativo.
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Quando ho iniziato a leggere il romanzo di Donato Gervasio, non immaginavo che sarei arrivato alla fine senza interrompere neppure per un attimo. Anche volendo, non sarei stato capace di staccarmi dal racconto, dalle evocazioni, dai sentimenti, dai contesti che vi sono descritti. La trama è semplice ed avvincente, di una naturalezza disarmante. Non sono un critico letterario, ma credo di sapere come si usa la parola e qui la parola non è mai abusata, traduce mirabilmente non solo il pensiero ma, soprattutto, i sentimenti. Ammetto che in alcuni passaggi mi sono commosso, ho avvertito tutta la forza del profondo sentire di cui Gervasio si è fatto carico. E' stato capace di farmi rivivere quei terribili momenti riproducendo le immagini del prima e del dopo le 19 e 35 del terribile 23 novembre 1980. Da buon tifoso interista, anch'io guardavo alla tv la partita Juve-Inter, era registrata ed avevo diligentemente evitato, come credo avesse fatto anche Davide, il protagonista, di conoscere il risultato attraverso la radio. Poi il tremendo boato, la fuga, il portone che non si apre perché la corrente si è interrotta, la gente che ti travolge, la sensazione che tutto sia finito, sono emozioni che ho rivissuto con forte partecipazione.
Nella notte tragica del terremoto fa capolino, discretamente, quasi sottovoce, senza enfasi, il flebile raggio di luce che scaturisce dai cuori dei due giovani protagonisti e la grande vittoria che il loro amore riesce a conseguire sul male terribile da cui è affetta Ely. Ma dalle righe emerge la forte denuncia dei ritardi nei soccorsi. Quel terremoto fu di una violenza e di una vastità inaudite, ma lo Stato mostrò tutta la sua impreparazione di fronte alla calamità. Molte vite potevano essere salvate se i soccorsi fossero arrivati più tempestivamente. Possiamo trovare qualche consolazione in quel disastroso nulla in cui si concretizzò l'intervento emergenziale soltanto riconoscendo che da quel momento si mise mano alla costruzione del sistema di protezione civile, che in tante sciagure successive ha dimostrato di saper intervenire con efficienza e tempestività, non solo in Italia ma anche in tante altre parti del mondo. Poi c'è il contesto, il paese, Caposele, con i suoi personaggi e, ancora di più, con i suoi paesaggi. Conosco bene quel centro dell'Alta Irpinia, lo frequento da molti anni, vuoi per ragioni politiche, vuoi per ragioni religiose, in quanto sede del grandissimo santuario di Materdomini dedicato a San Gerardo. La descrizione che ne fa Gervasio è puntuale ed accorta, senza fronzoli,
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PREFAZIONE
Purtroppo questa metamorfosi ha riguardato una grande massa di coloro che hanno vissuto la tragedia e forse è essa stessa una delle cause per cui, negli anni successivi al terremoto, molti hanno cinicamente pensato unicamente ad approfittare delle provvidenze che dovevano essere utilizzate per la ricostruzione, senza alcuna attenzione per le finalità nobili per le quali quei finanziamenti venivano erogati. Ma questa è un'altra storia che Gervasio, munendosi di una penna un po' più ruvida, potrebbe certamente raccontarci. On. Francesco D'Ercole
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SULLE TRACCE DI UN SOGNO --------------------------------------------dal libro
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In Un sogno per due, Renato ha da sempre fatto quello che era giusto per la sua famiglia; ogni decisione doveva rispondere al canone della ponderatezza e della progettazione: anche il camice bianco che indossa con orgoglio e professionalità è frutto di quella programmazione metodica e maniacale che egli ha accettato con rassegnazione. Sandro o Sandrino per gli amici è rimasto al paese e ha rilevato il negozio di frutta e verdura che era del padre. Un mestiere monotono ma redditizio. Due uomini, amici un tempo, che vivono in due realtà differenti ma che condividono senza saperlo lo stesso sogno. Lasceranno gli affetti per inseguirlo ma lo realizzeranno solo in parte; ad altri è demandato infatti il compito di portare a compimento quel progetto, seguendo le loro orme lungo le strade sabbiose dell'Afghanistan.
"Non riesco a immaginare chi possa leggere queste pagine, le affido a chi è ancora capace di alimentare un sogno, di lottare fino in fondo perchè si avveri e grazie a questo sia capace di dare un senso profondo alla propria vita. Se dopo la lettura ci sarà qualcuno che non si vergognerà di averne uno vorrà dire che un risultato l'avremo comunque raggiunto."
In Un altro uomo, Pierino, ormai vedovo, dopo una vita di rinunce e sacrifici, realizza un sogno a lungo meditato e immaginato: scoprire un mondo nuovo e migliore di quello in cui fino ad allora ha vissuto. In Appena in tempo Ninetto, affetto da una malattia incurabile, in una notte di primavera fa un sogno: rivede persone e rivive situazioni che lo aiutano ad apprezzare il senso vero della sua vita. Tre storie autentiche, che l'autore affida a chi ancora ha un sogno e che lotta perchè si avveri.
Antonio Ruglio è nato in Acarigua (Venezuela). Risiede a Caposele (AV). Nel 1998 ha pubblicato "Vorrei ma non posso" edito dalla Libroitaliano e nel 2000 è uscito "Quel che rimane" edito dalla Firenze Libri. Collabora con diverse testate giornalistiche locali. Antonio è l'attuale presidente dell'Associazione culturale "Sorgenti di Sapere"
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ruolo del cittadino, una riconfigurazione del rapporto con la Pubblica Amministrazione, anche in materia sanitaria, e l'adozione di una organizzazione gestionale degli apparati istituzionali che contribuiscano in maniera significativa allo sviluppo delle nuove tecnologie dell'informazione e della comunicazione.
squale Farina, e l'Assessore comunale alla Cultura, Salvatore Conforti. Lo studio che sta alla base del libro è stato condotto nella convinzione che l'adozione di strumenti quali la "Carta dei servizi", la comunicazione, il marketing e gli Uffici Relazioni con il Pubblico (U.R.P.) possano essere delle colonne portanti per sopperire ad un'esigenza sempre più impellente per tutte le organizzazioni e, tra queste, anche le Pubbliche Amministrazioni. Il processo di rinnovamento può avere inizio con una ridefinizione del
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'associazione "Oltre l'orizzonte Onlus" ha presentato il giorno 21 marzo presso il Museo delle acque, in Piazza Sanità, il libro dal titolo "Comunicare: dialogo cittadino-istituzione". Nel corso dell'incontro gli autori Linda Candela, Anna Rita De Vita, Vitina Maioriello e Pietro Masi si sono confrontati con i docenti dell'Università degli Studi di Salerno Antonio Rizzo e Giuseppe Palmieri su i diversi temi affrontati nel libro. Durante l'incontro sono intervenuti il Sindaco del Comune di Caposele, Pa-
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Anna Rita De Vita nasce, nel 1976, a Nizza, dove consegue il "Baccalaureat de l'enseignement du second degré" con indirizzo economico e sociale. Dopo la maturità, decide di proseguire i suoi studi in Italia e nel 2004 si laurea in Economia, presso l'Università degli Studi di Salerno, con una tesi in Marketing-Analisi di mercato. Nel 2008 consegue l'abilitazione di Dottore Commercialista, professione che tuttora svolge. Per un approfondimento formativo ha frequentato i master a distanza: "MASTER 24 Gestione e strategia d'impresa" e "MASTER 24 Amministrazione Finanza e controllo del Sole 24 ore Business School". Infine ha frequentato il corso "Paghe e contributi" presso la Ieros Management in Roma.
Si diceva dunque del Turismo e dei Giovani, una combinazione sicuramente vincente che non deve rimbalzare soltanto nei comizi delle campagne elettorali, ma che deve essere studiata e analizzata attentamente da qualsiasi schieramento politico che si propone di amministrare il nostro paese. Il santuario di San Gerardo a Materdomini, oltre ad accogliere migliaia di fedeli ogni anno, ha un potere ben più ampio e concreto ovvero quello di fare pubblicità al nostro territorio in maniera del tutto gratuita e veloce…e quindi si evince già una parte di questo segreto che consiste proprio nel portare il “fedele gerardino” in giro per Caposele per fargli conoscere le chiare e fresche acque del Sele, la quiete del Bosco Difesa, la Chiesa Madre e la chiesetta di San Vito, senza dimenticare poi altre realtà come il Liceo Scientifico che da sempre hanno richiamato l’attenzione dai comuni limitrofi. Essendo una realtà paragonabile ad un sistema termodinamico, in quanto tale non potremmo permetterci di vivere isolatamente perché questo ci condurrebbe inevitabilmente alla morte, per cui la fisica ci viene in aiuto
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al giorno in cui ho deciso di mettermi in discussione entrando nella vita politica del nostro paese mi sono sempre interrogato su quali fossero i punti che avrebbero risollevato l’apatia che caratterizza le piccole realtà come la nostra e quindi meritevoli di attenzione. Mi auguro che come me tutti i caposelesi che vivono in paese ma anche coloro che stanno ormai all’estero da tanti anni si siano chiesti almeno una volta quale fosse il “segreto magico” per far tornare Caposele ai fasti di una volta; essendo ancora molto giovane non vorrei in alcun modo sembrare presuntuoso nel mostrare quelle che a mio avviso sarebbero le strade da percorrere per arrivare al “successo”, inteso come benessere economico e sociale dell’intera collettività. Questi anni dedicati alla “cosa pubblica” mi hanno spinto a considerare due elementi ineludibili per Caposele sui quali bisogna puntare fortemente per il rilancio: il Turismo e i Giovani… so benissimo che in queste mie righe qualche lettore potrebbe vedere del populismo ma io sono abituato da sempre a dire e a scrivere ciò che penso.
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IL SEGRETO DEL SUCCESSO
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di Tommaso Cibellis
e ci impone di “aprirci”. Caposele si solleverà dal torpore economico e sociale soltanto quando ciò potrà essere compiuto ossia quando si troverà il modo di far scendere nel centro storico di Caposele i numerosi autobus che ogni anno portano a visita le migliaia di fedeli a San Gerardo. A mio modo di vedere l’amministrazione che arriverà a fare questo avrà risolto la maggior parte dei problemi che affliggono la nostra comunità. Ma non è tutto perché a mio avviso per rilanciare, per spiazzare e per promuovere c’è bisogno di una forza motrice molto potente: i Giovani. Questa risorsa preziosa per Caposele deve essere considerato il punto di svolta, quel qualcosa in più che dovrà portare a fare di Caposele “il Paese dell’Acqua”, che dovrà fare del Bosco Difesa il festival di jazz con artisti nazionali e internazionali, che dovrà trasformare la fiera di San Gerardo in una fiera del Mediterraneo, che dovrà farsi promotore della cultura ma che soprattutto dovrà liberarsi da qualsiasi odio, pregiudizio e rivalità tra i due centri abitati…e allora statene certi che fino a quando io sarò consigliere
comunale le mie forze, scusatemi il gioco di parole, saranno concentrate soprattutto su questa forza, anche a costo di scontrarmi contro i “poteri forti” in quanto a mio avviso senza questa risorsa non potremmo in alcun modo scoprire l’ambìto segreto del successo.
Vico Castello
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Politica
come uscire dalla crisi economica? CAPOSELE di Angelo Ceres
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che tutta la concertazione, finalmente bipartizan possa confluire, presto, nell'appalto dei lavori e la definitiva sistemazione della strada che già da 5 anni versa in condizioni pietose e che non rende una giusta immagine al Paese. La collaborazione di tutti i partiti e dei politici che hanno avuto a cuore la questione deve, adesso, continuare al fine di raggiungere l'obiettivo prefissato, evitando stupide
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a caparbietà dell'Amministrazione comunale nel perseguire gli obiettivi, viene premiata dall'accantonamento in Provincia di Avellino di 1.000.000 di euro per la sistemazione della frana della strada provinciale n. 130. La questione affrontata di petto con la realizzazione di uno studio di fattibilità curato dall'U.T.C. ha avuto, successivamente, un riscontro positivo attraverso la mediazione del consigliere di maggioranza Gaetano Calabrese, del consigliere di minoranza Stefano Farina e dell'Assessore ai Lavori Pubblici e Viabilità Generoso Cusano. Dopo aver realizzato il progetto di sistemazione adesso aspettiamo con ansia
strumentalizzazioni che ostacolano la riuscita dell'intervento il quale deve essere finalizzato esclusivamente al ripristino della strada di accesso a Caposele. E alla stregua di come ci si è mossi in questo caso deve essere possibile per altre questioni annose per Caposele, confrontarsi e collaborare nell'unica direzione di dover mettere in pratica idee e progetti che sono sicuramente utili alla collettività e allo sviluppo. Non facciamoci prendere da facili , deleterie e sterili polemiche Costruire insieme il nostro futuro è anche questo!!
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economica, può essere assunto da imprese, anche non agricole, degli stessi territori montani in deroga alle disposizioni di legge sulla previdenza, assicurazione obbligatoria ecc.. Di conseguenza un’impresa di Caposele può assumere un coltivatore non pagandogli i contributi perché già previsti nell’assicurazione obbligatoria del servizio previdenziale del suo profilo lavorativo. A Caposele non mancano né gli uni né gli altri, quindi sarebbe opportuno cogliere questo suggerimento. A queste misure potrebbero accostarsene molte altre, innovazioni legislative ed organizzative, per rilanciare il ruolo strategico delle aree interne e soprattutto realtà, come la nostra, ricche di risorse naturali ed inserite all’interno di Parchi nazionali o regionali. Sarebbe vantaggioso, per tutti, che vi fossero serie politiche atte a sostenere ed appoggiare le aree interne in queste iniziative, coinvolgendo necessariamente le istituzioni locali, i soggetti privati, e i giovani rendendoli protagonisti e partecipi. L’inventiva e l’impegno dovrebbero invece essere gli elementi ausiliari con cui ogni cittadino dovrebbe contribuire a questa causa comune.
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economica l’abbiamo vissuta costantemente e questo la dice lunga sull’assenza di una valida programmazione politica sia nazionale che regionale. Un timido tentativo è stato posto in essere dalla cd. “Legge sulla montagna” del 1994 (legge ignorata da molti) dove un punto importante di novità è stata l’introduzione dell’articolo 19 che prevede il “ripopolamento” di quei territori montani che possiedono certe caratteristiche e sancisce il premio di residenza. Questo premio viene concesso a chi trasferisce la propria residenza o dimora e la propria attività commerciale, non modificandola per dieci anni, da un comune non montano ad un comune montano. A questo però dovranno provvedere le Regioni con apposita legge (non ho conoscenza sull’esistenza di tali disposizioni da parte della nostra Regione). Un altro aspetto fondamentale introdotto da tale legge è incentivare il coltivatore diretto ad assumere posizioni lavorative part-time o stagionali. Il coltivatore diretto dei territori montani che svolge un’attività agricola dalla quale non percepisce sufficienti risorse per la propria sopravvivenza
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cittadini) mentre il governo centrale ne uscirebbe illeso, oppure dovremmo eliminare e/o diminuire dei servizi quali, per esempio, il trasporto scolastico, la mensa, la riparazione di strade, la fornitura di energia elettrica per l’illuminazione pubblica, il numero dei dipendenti comunali (già sottostimato) e via discorrendo. In realtà bisogna, invece, programmare lo sviluppo economico, sociale e culturale coinvolgendo i soggetti locali, pubblici e privati, affinchè si agevoli la crescita del nostro Paese fronteggiando al meglio la crisi economica. Ma questo non avviene. Così come, erroneamente, si crede che una politica di conservazione e tutela di beni primari possa essere un lusso che un Paese in crisi non può permettersi. Ed infatti, la centralità dell’emergenza ambientale e dei cambiamenti globali, con le conseguenze negative su ambiente, economia, salute, discriminazioni e disparità tra i popoli, smentisce appieno chi non ha una visione pragmatica e lungimirante dello sviluppo (la catastrofe del golfo del Messico ne è un esempio). Noi Caposelesi, e generalmente gli abitanti delle zone interne, la crisi
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e fossero confermati i tagli previsti nella manovra finanziaria bis del governo nazionale, il Comune di Caposele verrebbe privato di un sostanziale contributo equivalente a circa 120.000,00 euro l’anno. Questi tagli si effettuano a pioggia vale a dire senza dare alcun credito a quelle amministrazioni che compiono importanti sforzi nel contenere e razionalizzare la spesa. Come affrontare e superare il sacrificio che ci impongono? Necessariamente dovremmo andare a scovare, qualora ancora esistessero, altri sprechi. Intanto abbiamo disposto la lotta all’evasione fiscale, misura di valore etico prima che di carattere economico. Questi interventi, tuttavia, saranno irrilevanti dato che per recuperare fondi dall’evasione occorrono tempi non brevi, e soprattutto perché se si continua di questo passo altri trasferimenti verranno meno. Allora i rapporti con l’AQP assumono un ruolo fondamentale. Ma anche in questo caso le trattative sono lunghe e articolate, potendo risolversi, per di più, con l’intervento dell’autorità giudiziaria. Potremmo aumentare le tasse attribuendocene l’onere (e le ire dei
L'assessorato alle politiche ambientali ha stampato una brochure sul LUPO sulla la sua vita sociale, le dinamiche e caratterisriche che ricguardano un animale che ritroviamo, fortunatamente anche nelle nostre montagne. Riportiamo l'introduzione che Angelo Ceres ha riportato sul suo lavoro
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nformare su ciò che, a volte, erroneamente si crede possa essere un pericolo è uno dei compiti che spetta alle Istituzioni. Lo scontro tra uomo e natura, che ha portato in alcune aree d’Italia alla scomparsa della fauna selvatica (in particolare di lupi ed orsi), ha generato lo squilibrio dei cicli naturali. Questo ce lo hanno insegnato fin dalle scuole elementari quando le maestre ci facevano disegnare sui quaderni il “ciclo della catena alimentare”, spiegandoci come ogni anello fosse essenziale e che, in caso di assenza o semplice alterazione di uno solo di essi, si sarebbero avuti effetti negativi sul genere umano. Ebbene, questo, in alcune realtà d’Italia e del mondo, si è verificato con la conseguenza che si è stati costretti a ripristinare quello che anche i nostri educatori elementari hanno da sempre spiegato. In Italia il lupo è tutelato dal 1977; dovere di ogni Istituzione è far rispettare la normativa italiana ed europea in tale ambito. Uccidere un esemplare di lupo, e qualsiasi altra specie che la legge definisce “particolarmente protetta”, comporta la commissione di un reato penale. Qui di seguito ho riportato alcune tra le più importanti caratteristiche del lupo, sperando di contribuire a rendere chiaro quale potrebbe essere il suo comportamento, a sfatare la favola del lupo cattivo (che resta tale solo nella fiaba di Cappuccetto Rosso) e soprattutto a migliorare il rapporto con l’uomo considerando che, nelle nostre aree, le sue tracce non si sono mai perse. Angelo Ceres
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ULTIMI SPRAZZI La sera del 19 gennaio 1927 si sentì male e fu costretto a mettersi a letto. Alla sorella Giuseppina, che era corsa ad assisterlo, disse . "Ho un mal di testa fortissimo. Sicuramente mi verrà una meningite". La mamma, allarmata, gli fece subito un pediluvio. Indi, dopo aver sorbito un caffè con l'uovo, si riebbe, ma era il solito miglioramento che precede la morte. Più tardi ottenne dai suoi di lasciare il letto per recarsi dagli zii, vicini di casa, e si mostrò ad essi così gioviale da esilarare tutti, compresa la cugina Maria, che stava poco bene. Nell'Ufficio Postale, diretto dallo zio Lorenzo, s'incontrò con mia madre, che stava compilando un biglietto al lotto e si offrì in suo aiuto. Mia madre gli cedette subito la penna. Al termine dell'operazione, l'adolescente scherzosamente le disse : "Comare, se vincerete, una buona metà della somma sarà per me". - Senza dubbio - rispose mia madre. Rincasato verso le ore 21,30 non si sentì di cenare e rimase seduto accanto al braciere nella stanza d'ingresso, fischiettando. I suoi, frattanto, consumavano la cena. Al termine fu recitato il S. Rosario, postecipato quel giorno per necessità ed Eugenio vi partecipò. Alla "Salve Regina" disse alla mamma : "Chiedi a papà di tralasciare questa volta le Litanie, perchè mi sento male, ho bisogno di andare al letto ed egli deve accompagnarmi". II babbo non capì ed intonò la sequenza finale. L'adolescente si levò ed attese in piedi la conclusione. Indi, nel congedarsi dalla mamma, le disse : "Questa notte non voglio dormire nel mio letto, ma nella tua camera". Fu accontentato. Il bab-bo, accompagnatolo, lo aiutò a svestirsi. Coricatosi alle 22,30 fu subito assalito da brividi di febbre e prostrato dal male che Io ghermiva inesorabile. Povero figlio, non gli reggeva più il cuore e respirava con affanno! Frattanto, avendo rigettata l'arancia, poco prima succhiata, il babbo scese in cucina per prendere un pò di cenere. Giuseppina accorse prontamente al capezzale del fratello e, ansimante, gli chiese che cosa avvertisse. Egli rispose : "Questa notte muoio"! E, poiché la sorella replicò : "Il tuo è un parlare da pessimista", l'adolescente, con tono di sfida, soggiunse : "Domani all'alba, vedrai"! Il babbo, in quel frattempo, andò a chiamare il medico curante, ma questi, essendo malaticcio, non potè muoversi, limitandosi ad offrire alcuni preparati, di cui disponeva. E bisogna anche aggiungere che il buon Angelo dovette pazientare a lungo dinanzi al portone del sanitario, e si era d'inverno e a tarda ora: le 23. Rientrato, il morente gli intimò : "Si aboliscano termometro e farmaci
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LE SUE VACANZE Tutte le volte, che tornava in famiglia per le vacanze, saliva col Babbo a Materdomini, dove si comunicava con tale raccoglimento da edificare gli astanti. Anche in paese era di esempio ai coetanei e a quanti lo accostavano. A sera mai si dissociava dalla recita del S. Rosario, in comune, e, al mattino, appena desto, mai dimenticava di elevare il suo primo pensiero a Dio. Il suo soggiorno in famiglia era caratterizzato dalla partecipazione domenicale alla Santa Messa, dalla frequenza ai Sacramenti della Confessione e della Comunione, dalla ri-serbatezza nel tratto e dall'ubbidienza ai suoi genitori. Le vacanze del 1926, però, furono le ultime, perchè, a causa dello sviluppo precoce, nell'ottobre, i suoi, ritenendolo bisognoso di cure, lo trattennero in famiglia, impedendogli di tornare in Collegio. Nel dicembre, in paese, ci fu la S. Missione ed Eugenio ne profittò per consolidare vieppiù la sua formazione religiosa. Un giorno esortò la sorella Giuseppina, poi brava presidente della G.F. di A.C., a farsi apostola, in Parrocchia, della pia pratica dei "Primi nove venerdì del mese" e, per allettarla, l'assicurò che il suo nome sarebbe stato scritto nel Cuore di Gesù. Le consegnò, a tale scopo, il suo "Manuale di preghiere", in cui erano elencate le 12 promesse di N.S. a Santa Margherita M. Alacoque, e molte anime si affrettarono ad acquistarlo. Inoltre, quasi presago del suo prossimo distacco, volle essere assicurato dalla sorella che non avrebbe mai rallentata la diffusione del culto al Cuore di Gesù. Di lui mi furono riferiti, da testimoni oculari, molti fatti edificantissimi. Di essi ne rievoco qualcuno. Durante le vacanze del 1926, leggendo su "Il Mattino", cui era abbonato suo padre, il decreto che condannava la bestemmia e il turpiloquio, battendo le mani, con visibile compiacenza, esclamò : "Questa è una cosa che proprio mi va a genio"! Un giorno, passando dinanzi all'osteria "Sica", udì delle bestemmie proferite da un padre di famiglia. Eugenio, ferito al vivo, reagì senza indugio, facendo notare allo sventurato la grave sconcezza commessa e l'offesa fatta a Dio. Quell'individuo rimase talmente mortificato di essere stato ripreso da un adolescente che venne nella risoluzione di emendarsi. Un'altra volta, nell'Oreficeria "Caprio", un gruppo di signori, che ivi si davano convegno quotidiano, discutevano animamente sui fatti del giorno. Inosservato in
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IN COLLEGIO A GENOVA Dopo aver frequentato le Scuole primarie, in Caposele, il 1923, fu mandato, dai suoi, a Genova per compiervi gli studi medi. Per tre anni fu allievo dell'Istituto "S. Giuseppe", diretto dai Fratelli Ma-risti. Alla scuola dei Figli del B. Marcellino Champagnat, apprese una tenera devozione alla Madonna e un ardente culto alla SS. Eucaristia, Si accostava, infatti, frequentemente, alla Sacra Mensa e visitava spesso il SS. Sacramento. Oltre alla Comunione domenicale, ne faceva un'altra in un giorno variabile della settimana, con carattere riparatorio, essendo Crociatino del Cuore di Gesù. Praticò la divozione dei "Primi nove venerdì del mese", di cui divenne zelatore instancabile. Nutriva il suo amore alla Madonna con la recita quotidiana del S. Rosario, che. in Collegio, si effettuava dalle 13,30 alle 13,45 pomeridiane. Nel mese di Maggio, poi, era tutto in effervescenza per onorare e fare onorare la Mamma del cielo. Riferì un suo compagno che tutte le sere di Maggio veniva affisso all'albo, in camerata, l'elenco dei "fioretti" che si facevano e la percentuale più alta era sempre quella di Eugenio.
Scrupoloso nell'adempimento dei suoi doveri, meritò, per questo, la benevolezza del Direttore, il rev. Fratello Enrico, e dei Docenti, suscitando la emulazione dei compagni. In un ricordino del 3° centenario della morte di S. Giovanni Berchmans S.I., specchio di regolare osservanza e di grande amabilità, Eugenio vi annotò di proprio pugno : "Oh! Gesù mio, se potessi imitare questo gran santo . . . Di certo, senza la protezione di Maria e la tua grazia non potrò mai essere Santo. Sarebbe come se io volessi fare una casa di un sol masso di pietra. Dunque, aiutami e fammi essere come lui". Era in corso l'anno scolastico 1924-25, quando Eugenio scrisse queste parole rivelatrici, e frequentava appena il 2° anno di ginnasio.
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acque a Caposele dai coniugi Angelo e Giovanna Pizza il 23 - 7 1912. Nel santo Battesimo, amministratogli dal Sac. Donato Benincasa. gli furono imposti i nomi di Eugenio, Egidio, Maria. Funse da padrino il fratello maggiore, Gaetano, valente ingegnere, che. prima a Liegi e poi a Genova, diede prove del suo forte ingegno. Il 2 settembre 1917, dalle mani di Mons. Arcivescovo Nicola Piccirilli, ricevette il sacramento della confermazione, che lo rese maturo per il buon combattimento spirituale. Infatti, ragazzo di 5 anni appena, fece stupire familiari ed amici per il suo impegno nell'apostolato contro la bestemmia e il turpiloquio. In paese si faceva un gran parlare di un concittadino facoltoso, più volte milionario. Eugenio, un giorno, disse in pubblico : "Vorrei avere i milioni di Salvatore D'Amia". - E che cosa ne faresti? - gli fu chiesto da un ascoltatore. Rispose pronto : "Mi comprerei tutta Caposele". - A che prò? - soggiunse di rimando un altro. Ed egli : "Così farei imprigionare quelli che bestemmiano". Nel 1919, vittima della "spagnola", perdette la sorella Concetta, ventitreenne, che, per tutto il decorso della malattia, durata 3 mesi, ebbe sempre fra le mani due manuali di pietà : l'Apparecchio alla morte e il Giardino spirituale. Il suo esempio luminoso gli restò impresso nell'animo e lo spinse via via ad emularne le virtù. Tre giorni prima d'involarsi, Concetta volle ricevere tutti i sacramenti e il P. Longo, che ne ascoltò l'ultima confessione, subito dopo il sereno trapasso, disse al padre addolorato : "Angìolino, sta tranquillo, perchè hai una figlia santa"! Eugenio, infervorato costantemente anche dal padre, imparò presto ad essere assiduo alle pratiche religiose, comunitarie e personali. Raggiunta l'età allora richiesta dalla Chiesa, fu ammesso alla prima Comunione, che segnò di nuova luce il suo cammino.
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di Alfonso Maria Farina
(in mezz'ora il termometro oscillò da 39 e mezzo a 40 e mezzo) e si reciti il Rosario alla Madonna Addolorata per la mia anima". Il papà subito l'intonò e il figlio obiettò : "Non così, ma ognuno per se, perchè debbo concentrarmi. . ." e fece un gesto con la mano. Mentre si recitava la preghiera mariana, ebbe un nuovo attacco cardiaco e smaniava. Più tardi invocò l'assistenza dell'Arciprete. Ma questi non si potè chiamare per il fatto che, coabitando nello stesso stabile del medico, era necesario ribussare al portone d'ingresso. Del resto, son si pensava nemmeno lontanamente ad una fine imminente e. poi. Eugenio si era comunicato pochi giorni prima, fungendo anche da crocifero nella processione del giovedì sera, compiuta dai Missionari. E. poiché l'infermo insisteva nella richiesta dell'Arciprete, il sig. Angelo assicurò il figlio: "All'alba te lo farò venire" ed Eugenio di rimando : "Domani sarà troppo tardi"! Poi, sempre con la consueta lucidità mentale, che serbò intatta sino all'ultimo respiro, osservò : "Avete fatto bene a non mandarmi a Genova, contrariamente sarei morto lontano da voi". E, volgendosi alla mamma, impietrita dal dolore, così le disse, senz'ombra di rimpianto : "Io ero il figlio, per il quale tre giorni fa avevi chiesta la benedizione . . . Domani me la impartiranno in Chiesa"! Difatti, tre notti prima, la pia Giovannina aveva assistito, in un sogno misterioso, alla processione del Corpus Domini, durante la quale Io zio di Eugcnio reggeva il sacro Ostensorio. La signora, con un figlio tra le braccia, inginocchiandosi, aveva chiesto al Sac. Don Salvatore Pizza : "Zio prete, beneditemi questo bambino" e il ministro di Dio aveva prontamente aderito alla supplica. Appressandosi la fine, Eugenio raccomandava al babbo di confortare la mamma malaticcia, di non farla piangere e di non comunicare subito la sua morte ai fratelli di Genova. Questi, infatti, lo avevano lasciato in condizioni che non facevano prevedere una catastrofe e si sarebbero accasciati ad un ferale, repentito annunzio. Quanta delicatezza! Senza dire che, sin dal primo momento dell'attacco cardiaco, non aveva permesso che la sorella Giuseppina, alla quale voleva un gran bene, si soffermasse accanto al suo capezzale. Frattanto la mezza notte era scoccata e il babbo si precipitava dal fratello Lorenzo, per annunziargli la gravissima situazione, mentre l'agonizzante confidava alla mamma: "Non avete chiamato l'Arciprete . . . Adesso mi si annebbia la vista e non è più tempo di farlo .. . ", La pia genitrice recitò subito l'Atto di contrizione e la formula della Comunione spirituale. Eugenio ne fu soddisfatto e la gioia gli trasparì anche sul volto. Difatti, mentre per l'innanzi si agitava, durante la recita delle suddette pratiche devote, invece, dimostrava una relativa calma. Man mano che si appressava sorella morte, Eugenio non faceva che ripetere pie giaculatorie: "S. Giuseppe, patrono della buona morte, assistetemi", "Maria, madre mia, aiutatemi", "Cuore di Gesù, soccorretemi". Alle ore 1,30 giunsero gli zii Lorenzo ed Elvira e, scorgendoli, Eugenio domandò loro : "Come mai voi in piedi a quest'ora?". - Proprio adesso - rispose lo zio Lorenzo - ho terminato di ordinare i sacchi di posta in partenza. Ho visto la luce in casa tua e sono venuto da te.
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EUGENIO FREDA
un angolo, Eugenio annotò il numero delle parole grasse, che una persona onorata ripeteva. Ad un certo punto, turbato al sommo, interruppe bruscamente la conversazione e fece osservare alla comitiva la quantità delle manchevolezze commesse dall'incauto buontempone, il quale, senza scomporsi, tentò di metterlo a tacere. "Eccoti la somma di cui dispongo - disse ad Eugenio -; prendila per la multa, in cui sono incorso; versala all'Autorità competente e dille che mi lasci libero di dire ciò che mi piace". L'adolescente, per tutta risposta, postillò: "lo non vado a denunziarvi, però vi faccio osservare che siete una persona dabbene e vi sta malissimo pronunziare certe parole'! Il fatto potrebbe sembrare una novella, se non ci fossero testimonianze che lo confermano.
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Fatti e Personaggi FATTI E PERSONAGGI DEL NOSTRO PAESE
Chi è l'Italiano? Sembra chiederselo persino Dio, nella cornice di questo libro, facendo i conti con il carattere nazionale di un popolo senza uguali. Infantile, opportunista, simpatico, adattabile, ingegnoso, vigliacco, furbo, egoista, generoso, narcisista. La forza del ritratto consiste nel cogliere l'essenza di un carattere. Interi discorsi sull'identità culturale e nazionale sono meno efficaci del profilo di un personaggio che le incarni in un'esperienza vissuta e soprattutto viva, come accade in questa raccolta di racconti che compongono una galleria di ritratti capaci di illuminarsi a vicenda. E se i personaggi si parlano l'un l'altro, a distanza, di racconto in racconto, in un gioco infinito di echi sotterranei, il ritratto si fa specchio impietoso in cui specchia-re noi stessi. Nel ritmo incalzante di dodici storie che danno forma a un'unica storia, Sebastiano Vassalli riesce a tracciare il profilo dell'Italiano nel tempo e a disegnare infine il nostro volto. Perché c'è un filo che lega davvero uomini lontani e destini diversi. Che lega ad esempio il padre della patria Francesco Crispi, nel suo sogno di fare grande e unita l'Italia con ogni mezzo utile, a Bettino Craxi, l'uomo che ha di fatto realizzato una paradossale unità del paese. E c'è un filo che lega l'uno e l'altro a personaggi meno noti ma a loro modo «titanici».
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pagliaccio in una situazione cosi grave, dovrà essere giudicato da una corte marziale... Sissignore! Mi stupisco che non abbia già ricevuto una punizione adeguata... Dov'erano i vostri ufficiali, giovanotto, mentre voi vi davate buon tempo, e cosa stavano facendo?» Molti soci e socie del comitato patriottico insorsero per farlo tacere («Per favore! Lasciate parlare il sergente For-tis! Lasciate che finisca il suo racconto! State zitto! »), ma il commendator Porzano aveva un metodo infallibile per non ascoltarli. Si levò il cornetto dall'orecchio e se ne andò, non prima, però, di aver pronunciato un severo giudizio sui "giovani di oggi", e di aver espresso qualche amara considerazione sull'esito che avrebbe potuto avere una guerra combattuta da soldati come quel portaordini: «Che, - disse, - ci renderanno ridicoli agli occhi del mondo». Eraldo Fortis scosse la testa. «Le guerre, - disse, - si vincono eseguendo gli ordini e salvando la pelle, e Caruso è riuscito a fare tutt'e due le cose, in condizioni estremamente difficili... Non sarà un eroe, ma non è nemmeno un traditore e non merita di essere giudicato come ha fatto il signore che è appena andato via. Forse gli austriaci avrebbero dovuto sparargli e hanno sbagliato a non farlo, dal loro punto di vista: sono loro, e non noi, che dovrebbero essere processati per questa faccenda... Ma certe situazioni si capiscono soltanto se si sono vissute, perché le parole non bastano a spiegarle. Si era creato qualcosa, lassù a millequattrocento metri in quell'inferno di ghiaccio, una specie di incantesimo che ci faceva sembrare la voce del nostro portaordini non meno bella di quella del vero Caruso. La notte che lui ha intonato l'aria della Tosca: "E lucean le stelle, e olezzava la terra... " io avevo gli occhi pieni di lacrime; e credo che anche molti dei nostri nemici abbiano provato la stessa emozione. Perché avrebbero dovuto ammazzarlo ? Era laggiù, in mezzo al cerchio di luce, e cantava per loro... » «E poi? - domandò una signora. - Cos'è successo che l'ha fatto smettere di cantare ?» «E’ successo - disse il portinaio allargando le braccia -che ci hanno mandati in un'altra valle, e che non abbiamo avuto più bisogno di un portaordini. Del resto, - aggiunse dopo un momento di silenzio, - una situazione come quella, non poteva mica durare in eterno! Ma Caruso era già diventato famoso. Da una parte e dall'altra del fronte, di trincea in trincea, i soldati raccontavano la leggenda di questo artista straordinario, di questo grande tenore costretto a fare il portaordini finché una pallottola l'avesse tolto di mezzo... Fu chiamato a Udine, al comando supremo dell'esercito, dove prestavano servizio alcuni musicisti che lo fecero cantare: lui cantò, e i musicisti si misero a ridere. Era quello l'uomo che con la sua voce faceva tacere le armi ? Dissero che aveva una voce né bella né brutta: una voce normale, come ce ne sono milioni... Insomma, - concluse il portinaio, - fu una delusione per tutti! »
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di guerra. Noi allora eravamo in un caposaldo sopra la vai Sugana a millequattrocento metri d'altezza, e non avevamo il telefono. I portaordini uscivano alla sera con il buio e rientravano prima di giorno; ma gli austriaci avevano messo una fotoelettrica in alto dietro le loro trincee, e quando l'accendevano sembrava di essere a teatro, con quel cerchio di luce che si spostava sulla neve come su un immenso palcoscenico, e con il buio della notte tutt'attorno... Avevano già ammazzato tre portaordini: un Pedret-ti di Bergamo, un Porzio di Casale e un altro di Rovigo che tutti chiamavano Bistecca, non so più perché. Il quarto portaordini doveva essere questo napoletano di cui sto parlando, un certo Esposito... si, mi sembra che il suo vero cognome fosse Esposito, e che il nome fosse Pasquale... Pasquale Esposito... » Nella sala del comitato patriottico il silenzio, adesso, era assoluto. Alcuni ascoltatori anziani erano venuti a sedersi di fronte all'oratore, per sentire meglio; e c'era un uomo quasi completamente sordo, il commendator Porza-no, che gli teneva il cornetto acustico a pochi centimetri dalla bocca. «S'avvicinava l'ora dell'uscita serale, - disse il portinaio, - ed Esposito era più morto che vivo per la paura. Chi non lo sarebbe stato, nei suoi panni ? Per mandarlo fuori dalla postazione bisognò fargli bere un'intera bottiglia di cognac. Alla fine, a calci e spintoni, usci nel buio e scomparve; ma a metà della pista si mise a cantare un brano d'opera, non proprio a squarciagola ma nemmeno piano. "Che gelida manina, se la lasci riscaldar..." A noi che eravamo in trincea venne la pelle d'oca. Pensammo: ha bevuto troppo e adesso i crucchi lo ammazzano. Si accese la fotoelettrica; il nostro portaordini era là, vestito di bianco in mezzo alla neve, e dalla trincea dei crucchi una voce gridò in italiano: Caruso! Canta più forte! Sono stati gli austriaci a chiamarlo per primi Caruso. Allora lui riprese a camminare nella neve senza cercare di ripararsi, proprio come se fosse stato su un palcoscenico, mentre la luce della fotoelettrica lo inquadrava e lo seguiva, e camminando cantava con una bella voce da tenore: "Cercar che giova? Al buio non si trova. Ma per fortuna, è una notte di luna... " Quando arrivò in fondo al vallone si voltò prima di uscire di scena, ci fece un inchino e ci ringraziò degli applausi con un gesto, anzi a dire il vero i gesti furono due, uno rivolto a noi e l'altro rivolto ai crucchi, perché anche loro lo stavano applaudendo; poi la fotoelettrica si spense e il vallone tornò buio. Be', - disse il portinaio dopo un breve silenzio, - forse voi non mi crederete, ma vi giuro sul mio onore che questo fatto è accaduto davvero e che si è ripetuto ancora, nelle notti successive, almeno altre quattro volte... » Il commendator Porzano si alzò in piedi, tenendo l'apparecchio acustico nell'orecchio. «E una storia inverosimile, - gridò, con la voce che gli tremava d'indignazione. - Una storia stupida: e voi, giovanotto, dovreste vergognarvi di raccontarla! Questo soldato italiano, se davvero c'è stato, che si è messo a fare il
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uando il portinaio Eraldo Fortis ebbe la sua prima licenza, dopo quasi due anni di guerra, gli abitanti della grande casa lo festeggiarono con tanto entusiasmo, che non avrebbero potuto fare di più e di meglio per un loro congiunto. Perfino la signora Allegra Pignatelli si materializzò sullo scalone, cosi magra e gialla che sembrava uno spettro, per chiedergli notizie di suo figlio Amedeo: come se la guerra si fosse combattuta in un posto soltanto, e quel posto fosse stato un piccolo villaggio dove si sapeva tutto di tutti! «Mi dispiace, signora, - disse il portinaio; ma credo proprio che suo figlio si trovi in un'altra parte del fronte. Siamo in tanti, sa: c'è chi dice che siamo un milione, e chi ancora di più...» Maria Maddalena e Maria Avvocata, in poche ore, organizzarono un incontro pubblico con il loro reduce nel salone del comitato patriottico, pieno di bandiere tricolori e di manifesti di propaganda per il "fronte interno". Il portinaio raccontò la sua guerra: quella guerra di cui poteva parlare per esperienza diretta, delle trincee e delle stazioni telefoniche in trincea a cui era stato assegnato quando i suoi superiori, disse, si erano resi conto di avere a che fare con un uomo dotato di un naturale talento per le cose tecniche. Tra le avventure vissute in guerra dal sergente Fortis c'era un incontro con il comandante in capo delletruppe italiane: quel generalissimo Cadorna, su cui circolava la canzoncina disfattista «el general Cadorna el mangia el bev el dorma», e lui invece se lo era trovato davanti all'improvviso alle sei di mattina, senza altri accompagnatori che il suo capitano. Un'altra avventura era stata quando aveva dovuto far parte di un plotone che aveva fucilato quattro nostri soldati, colpevoli di essersi nascosti durante un assalto; ma questa non era una storia da potersi raccontare alle dame e ai dami del comitato patriottico, e il portinaio lo sapeva. Lui stesso, del resto, se avesse potuto dimenticarla, se ne sarebbe dimenticato più che volentieri... «Raccontateci un episodio della vostra vita in trincea, - disse un uomo già avanti negli anni. - Un fatto qualsiasi, che per qualche minuto ci dia l'impressione di essere laggiù insieme ai nostri ragazzi. Qualcosa che avete visto con i vostri occhi, e che non dimenticherete tanto facilmente...» Il portinaio ebbe un momento di esitazione, pensò: cosa gli racconto ? La memoria gli si affollò di tante piccole cose: i geloni, i pidocchi, i topi, che però non potevano interessare quegli ascoltatori. Disse: «Vi racconterò la storia di Caruso». «Non sarà stato il nostro grande cantante! esclamarono le signore. - Forse, un suo nipote ? Uno che ha il suo stesso cognome?» «No, - disse il portinaio. - Caruso era il soprannome di un soldato napoletano, un portaordini che doveva tenerci collegati con il comando di compagnia nel primo inverno
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DOPO IL SERENO TRANSITO Quando i fratelli appresero la triste nuova, rimasero storditi. Giovanni, alto ufficiale dell'Esercito, a Roma, uscendo dal Comando, stava rovinando sotto un tram cittadino. I Fratelli Maristi, anch'essi, appena edotti della scomparsa del loro discepolo, fecero alzare le scolaresche e recitare il "De profundis". L'indomani tutti fecero la Comunione di suffragio e le preghiere comunitarie proseguirono per un'intera settimana. L'anima santa di Alfonsina Santorelli, che abbiamo rievocata in precedenza, ebbe una visione. Le parve di trovarsi sul terrazzino dei signori Cozzarelli. dal quale osservava, in piazza, una marea di fedeli. S'informò di che cosa si trattasse e le fu risposto : "Portano un santo in processione". Allora guardò con maggiore attenzione e riconobbe nel santo Eugenio. Si affrettò ad avvisare del fatto la famiglia. La sorella Giuseppina, da parte sua, per 3 volte ebbe la sensazione di rivederlo in casa. Alla domanda : "Come sei qui, se il tuo corpo riposa nel Cimitero?", ne ebbe questa risposta : "Sì sono morto corporalmente, ma la mia anima vive". Alla quarta riapparizione, avuta anche dalla sig.ra Alfonsinella Benincasa, lo vide nell'atto di uscire dal sepolcro e le disse: "Andiamo alla chiesetta della Santità, perchè c'è la Messa cantata e papà suona l'organo". Ivi recatasi prontamente con lui, Giuseppina lo invitò a salire sulla cantoria per farsi vedere anche dal padre. Ma Eugenio le disse : "La Messa non s'interrompe". Il fatto ebbe la riprova, quando il Sac. D. Giuseppe Fusco, la mattina seguente, improvvisamente, andò a celebrare alla SANITÀ', in cui si officiava di rado. Come che sia, l'esempio luminoso di Eugenio Freda, (1) educato alla scuola dello scautismo cattolico, apostolo del vero, del bene e del bello, a Caposele e a Genova, non deve rimanere infruttuoso, ma suscitare novelle energie per il trionfo della pace nel mondo sconvolto.
Dal libro “L’italiano” di Sebastiano Vassalli
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Quando vuoi venire anche tu da me per terminare di bollare quel registro? - E il nipote a lui : "Non lo bollerò più!" Dopo qualche istante domandò: "Che ora è?". Alla risposta evasiva della mamma e degli zii (l'una diceva : sono le 10, gli altri : sono le 10,30) egli disse : "Mi burlate. Adesso è l'una e mezza passata". Infatti, era l'una e 35 minuti primi. Nel frattempo si scatenò un violento temporale e i tuoni scuotevano la casa. Eugenio, preoccupato che i suoi rimanessero all'oscuro, raccomandò loro di preparare steariche e fiammiferi, prevedendo, come spesso accadeva, l'interruzione della corrente elettrica. Poi, sempre lucido, chiese notizie di ufficio al padre. Alle ore 2, meno un minuto, sembrò che volesse scendere dal letto, mentre continuava ad invocare il S. Cuore e i suoi protettori. In questo atteggiamento, come soldato che, irrigidito sull'attenti, risponde all'appello, rese la sua bell'anima a Dio. Era il 20 gennaio dell'anno 1927. Aveva compiuto per due volte la pratica dei primi nove venerdì e si predisponeva a compierli per la terza volta. I funerali, svolti il giorno seguente, furono imponenti, con la partecipazione di tutta Caposele, che seguiva, commossa, il feretro dell'impareggiabile adolescente. Il 22 gennaio avvenne la tumulazione.
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LE INTERV
CHE HANNO PARTECIPATO
Abbiamo rivolto a varie persone le stesse domande per avere un giudizio critico sul giornale e per usufruire di qualche suggerimento: Nome/cogmome/età Da quanto tempo leggi “La Sorgente”? Esprimi un giudizio Formula qualche suggerimento
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1) da quanto
LE DOMANDE
Gerardo Sica
SCHEDA INTE
Angelo Sturchio 1
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- Leggo La Sorgente quasi da sempre GIUDIZIO :Il giornale mi piace perché parla di tutto; ma se si parlasse più di Caposele mi farebbe piacere SUGGERIMENTI :Suggerire al Comune di fare quanto più è possibile per il paese.
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Salvatore Curcio
GIUDIZIO :Ritengo sia un ottimo periodico che accompagna i caposelesi
fin dalla sua nascita: molto importante per quelle persone che sono lontane dal paese e dai loro cari SUGGERIMENTI : Non ho suggerimenti da dare : il giornale è perfetto così com’è.
- Leggo La Sorgente da sempre GIUDIZIO : Storia, vanto, fiore all’occhiello della Pro Loco SUGGERIMENTI :Solo grazie: comunque mi onoro, da sempre per aver partecipato alla preparazione e spedizione della generosa Sorgente, per i concittadini sparsi in patria e nel mondo.
Umberto Gerardo Malanga (dal Brasile)
- Leggo La Sorgente dal 1975 (35 anni) GIUDIZIO :Per me il giornale La Sorgente è un Amico tanto caro e atteso. Peccato che la sua apprezzata visita sia troppo tardiva, gli spettacolari eventi del luogo,le notizie, gli articoli di tanti bravi storici,accademici, compaesani, le feste natalizie, le foto di tanti cari che partirono, altri con i quali abbiamo vissuto insieme l’infanzia, l’adolescenza, i colleghi di scuola e le bravissime nanonne delle sagre (ahimè quanto mi mancano); tutto ciò si raffredda nel tempo! SUGGERIMENTI : Magari ci fossero meno pagine e con uscite più frequenti: trimestralmente avrebbe un sapore migliore. Abbiamo la necessità di sentirci più spesso e più vicini.
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Armando Cione
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Emidio Alagia
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- Leggo La Sorgente dal primo numero GIUDIZIO :Importante perché ci aiuta a conoscere come eravamo e come viviamo oggi. SUGGERIMENTI :Mettere a conoscenza della vita sia amministrativa che sociale di Caposele
Gerarda Melchiorre
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- Leggo La Sorgente dal 1° numero ovvero da quando ero bambina GIUDIZIO : Una rivista fatta in modo intelligente che riporta noi caposelesi ad un passato che resta indelebile nella nostra memoria; spazi davvero graditi restano quelli dedicati ai detti caposelesi che, così,vengono tramandati alle varie generazioni. SUGGERIMENTI :Nessuno perché ogni argomento ed evento riportato, è curato in modo minuzioso
Mariateresa del Guercio
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- Leggo La Sorgente da sempre e ogni numero lo conservo GIUDIZIO :Lo aspetto con ansia e lo trovo ricco di qualsiasi argomento SUGGERIMENTI :Va tutto bene così
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Agnese Malanga
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- Leggo La Sorgente da sempre GIUDIZIO :10 e lode SUGGERIMENTI :Continuare, continuare, continuare.
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Pinì Caprio
-Leggo La Sorgente dal 1° Numero GIUDIZIO :Ottimale e piacevole su tutti gli argomenti trattati SUGGERIMENTI :Non occorre perché completo di tutto
Angelo Farina
-Leggo La Sorgente da circa 20 anni GIUDIZIO :Il mio giudizio è molto buono, un giornale completo e molto istruttivo, tante volte ti fa ricordare i giorni trascorsi felici della prima gioventù SUGGERIMENTI :Non posso dare suggerimenti ad un giornale completo e curato nei minimi particolari e poi basta ricordare il nome del Direttore per dire tutto
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- Leggo La Sorgente da sempre GIUDIZIO :Il primo numero non fu capito da una certa parte del paese. Poi la serietà, la costanza,l’imparzialità degli articoli hanno fatto sì che questo giornale meriti rispetto. Grazie Direttore, grazie a tutti quelli che lavorano per la realizzazione de “La Sorgente”. SUGGERIMENTI :- No. Rispetto chi fa un lavoro. Certo c’è sempre da migliorare , E’ più facile a dire che a fare.
Giuseppe Di Cione
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- Leggo La Sorgente dal primo numero GIUDIZIO: E’ un giornale molto interessante e piacevole SUGGERIMENTI : Continuate così
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INVITIAMO I NOSTRI LETTORI CHE RICEVONO IL GIORNALE A COMPLILARE LA SCHEDA EA INVIARLA ANCHE VIA EMAIL ALLA REDAZIONE
Anno XXXVIII - Agosto 2010
Rocco Freda (da Pordenone)
-Leggo La Sorgente dalla sua nascita GIUDIZIO : Poiché mantiene “vivi” i rapporti tra tutti noi caposelesiresidenti e non residenti, questo fornisce un significato molto evidente ai rapporti giornalieri intersociali. SUGGERIMENTI : Son sicuro che sia una rivista gradita a tutti i caposelesi, e che possa essere tramandata anche ai posteri.
Felicetta Alagia
- Leggo La Sorgente dalla prima edizione GIUDIZIO : Mi piace tutto, complimenti al Direttore Nicola Conforti SUGGERIMENTI : E’ completo di tutto
Pasquale Montanari
- Leggo La Sorgente da sempre GIUDIZIO : Ottimo SUGGERIMENTI :Continuare sulla stessa lunghezza d’onda.
Giuseppe Casale
- Leggo La Sorgente dal 1992 GIUDIZIO :E’ un giornale fatto bene che parla di Caposele e che racconta gli avvenimenti e la storia del nostro Paese. SUGGERIMENTI :Continuare a raccontare la storia recente e passata e fatti di Caposele senza faziosità e con obbiettività.
Lorenzo Ceres
- Leggo La sorgente da sempre GIUDIZIO :Ottimo SUGGERIMENTI :Non è facile dare un suggerimento a chi ha un’esperienza quarantennale e anche più. Sinceramente non mi vengono idee dal momento che si scrive un po’ di tutto del nostro amato paese.
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Le Interviste
Claudio Russomanno
Massimo Zanca
- Ho incominciato a leggere la Sorgente fin dalla sua prima uscita, i cui numeri conservo accuratamente GIUDIZIO :Il mio giudizio non può essere che positivo visto che il giornale, con i suoi articoli, non solo tratta argomenti di attuale interesse per il paese, ma ci riporta indietro negli anni facendoci ricordare, con notizie e vecchie foto i personaggi e gli eventi che hanno caratterizzato e segnato la vita di Caposele. SUGGERIMENTI :Effettuare interviste ai cittadini per quartieri e zone rurali, al fine di conoscere le loro problematiche portandole a conoscenza dell’Amministrazione Comunale e degli altri Enti preposti sul territorio.
- Leggo La Sorgente da oltre 15 anni GIUDIZIO :Sicuramente positivo SUGGERIMENTI :Ridurre le dimensioni del giornale
Gerarda Forlenza
- Leggo La Sorgente da qualche anno GIUDIZIO :Il mio giudizio è di sicuro positivo perché mostra e racconta le nostre tradizioni, dà spazio ai giovani attraverso i loro articoli e parla di attualità. SUGGERIMENTI :Non pubblicare sempre le foto delle stesse persone, e spero di leggere questo interessante giornale non solo due volte all’anno.
- Leggo La Sorgente da quando è sgorgata alla fonte GIUDIZIO : E’ così come ogni cosa “spontanea” con tutti i connessi pregi e inevitabili difetti; anch’essi finanche necessari e comunque “saporiti”. SUGGERIMENTI :Aprirsi, ancora di più. Al contributo di tutti, con la necessaria salvaguardia dei comuni criteri di buongusto e correttezza; aprire, ad esempio, una pagina riservata al contributo delle scuole.
Gerardo Russomanno
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- Leggo La Sorgente da quando ho imparato a leggere GIUDIZIO : I miei più sinceri complimenti per l’impegno che ha dimostrato La Sorgente in questi anni nel ricordare le tradizioni ed i ricordi di questo splendido paese. SUGGERIMENTI :Complimenti, continuate così
Amerigo Malanga
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Eugenio Russomanno
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-Leggo La Sorgente da circa 15 anni GIUDIZIO :Giudizio positivo. Con le sue foto e co i suoi articoli mi fa conoscere vecchi personaggi di Caposele che hanno fatto la storia del paese. SUGGERIMENTI :Premiare le foto più belle e divertenti vecchie e nuove che vengono consegnate al giornale
Rosalba Palumbo
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-Leggo La Sorgente da circa 10 anni GIUDIZIO : Interessante, piacevole da guardare e ricco di belle foto SUGGERIMENTI :Date più voce ai giovani caposelesi
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- Leggo La Sorgente da quando ho imparato a leggere GIUDIZIO : Positivo SUGGERIMENTI :Nessuno, andare avanti
Michele Cuozzo
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- Leggo La Sorgente da parecchio GIUDIZIO : In una scala da 1 a 10 il voto è 6 SUGGERIMENTI :Cambiare il formato e magari l’impaginazione
Annalisa Casale
- Leggo La Sorgente da sempre GIUDIZIO :Positivo SUGGERIMENTI :Il giornale dovrebbe essere un po’ più piccolo per essere sfogliato con più facilità
Gerarda Russomanno
- Leggo La sorgente da semprG 6 SUGGERIMENTI :+ piccola, + colori, + foto
IUDIZIO :
- Leggo La Sorgente da circa dieci anni GIUDIZIO :Essendo un giornale locale è espressione della culturae non solo di Caposele; credo che dovrebbe aprirsi ancora di più ai giovani SUGGERIMENTI :Aprirsi di più al mondo giovanile e valorizzare ancora di opiù il territorio e la cultura di Caposele
Tania Imparato
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- Leggo La Sorgente da oltre 15 anni GIUDIZIO : Lo ritengo un ottimo giornale che fa risplendere noi Caposelesi in un passato che resta sempre nella nostra mente. Sono contenta che nel nostro paese possa esistere un giornale così speciale, soprattutto per le persone che sono emigrate da anni; a loro viene data la possibilità sapere notizie del nostro caro e amato paese. SUGGERIMENTI :Per me è completo così, anzi va un grande in bocca al lupo al direttore di questa stupenda rivista.
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Mina Galdi
Tiziana Damiano
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Ezio Maria Caprio
-Leggo La Sorgente da 20 anni GIUDIZIO :Gradevole sia per l’estetica che per i temi trattati SUGGERIMENTI :Si prega di dare più spazio alle voci giovani del nostro Paese ricco di intelligenti talenti.
Assunta Ventre
- Leggo La Sorgente da venti anni GIUDIZIO :E’ un giornale importante per la comunità caposelese, predilige soprattutto i cenni storici del nostro paese SUGGERIMENTI :Far conoscere di più il nostro paese altrove
Gaetano Sista
- Leggo La Sorgente da venti anni GIUDIZIO :Ottimo. Rappresenta il vecchio Caposele integrandolo con il nuovo che avanza SUGGERIMENTI :Occuparsi di più di problemi sociali
Anna Melchiorre
- Leggo La Sorgente dal primo numero GIUDIZIO :Per chi ha lasciato i suoi cari e la sua terra è una boccata di ossigeno; con la Sorgente ci arriva un angolo di Caposele SUGGERIMENTI :Tutto è perfetto. Continuate Pasquale Merola - Leggo la Sorgente dal primo anno GIUDIZIO : Non dice piu' niente perchè sono sempre le stesse cose e le stesse foto di piacere; SUGGERIMENTI :Cambiate genere e possibilmente personaggi
Salvatore Forlenza - Leggo la Sorgente, da sempre dalla prima uscita GIUDIZIO :E' di sicuro positivo; è sempre stato un giornale che si è evoluto in tutti questi anni ricco di tradizioni e anche di attualità SUGGERIMENTI :di continuare sempre così
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di tutta la provincia che cominciano a giocare a pallone. GRAZIE ai familiari dei ragazzi. Il vostro contributo è stato fondamentale per centrare questi obiettivi. Avete confidato nel nostro lavoro collaborando economicamente e attivamente al nostro operato, ci avete accompagnati nelle numerose trasferte in giro per la Campania trasformando questi lunghi viaggi in piacevoli gite. GRAZIE cari sponsor: BISCOTTI SAN GERARDO di Massimo Chiaravallo, D’ELIART di Antonio D’Elia, CHAPLIN di Giuseppe Proietto, FANDANGO di Salvatore Russomanno, MODA TENDER di Davide Liloia, PITTURAZIONI LILOIA di Nicola, PULCINELLA di Fulvio, FORD DI VINCENZO, VIAGGI VITALE, RISTORANTE 7 BELLO, WAKE-UP, CENTRO SPORTIVO MAR, ALIMENTARI CIBELLIS, Q8 ROSANIA, AUTOCARROZZERIA CIFRODELLI, FORNO ZE PEPPA, TABACCHERIAEUGENIO RUSSOMANNO. Siete stati sempre pronti a contribuire alla nostra attività e se non fosse stato per voi, non penso proprio che avremmo potuto affrontare questo campionato costosissimo. GRAZIE cari tifosi. Quanto calore ci avete dato seguendoci ovunque, per merito vostro non ci siamo mai sentiti soli nelle complicate trasferte; siete stati in 30, 40, 50, 100 anche in 300 in quelle due meravigliose esperienze al Partenio ai cui spalti avete dato i nostri colori e le nostre tradizioni. Chi la dimentica quell’immagine … noi che sblocchiamo il risultato sul prato verde, voi che vi abbracciate, gioite, mangiate formaggio e suonate la fisarmonica sugli spalti di Avellino. GRAZIE alla società, a Donato Sista in particolare. Grazie a mio padre, il mio presidente in questo caso che ha fatto in modo che tutto questo fosse possibile non solo perché tutte le fondamenta sulle quali ho costruito le ha preparate lui per più di venti anni, ma anche perché la rosa con la quale ho lavorato l’ha costruita personalmente e perché in tutte queste partite, queste vittorie è sempre stato al mio fianco. Per quanto mi riguarda sono orgoglioso della forza che ho avuto e che mi è stata data, per affrontare questo periodo; per me si è trattato di una vera e propria parentesi di vita. Quattro anni sono molti, quasi 100 partite, più di 300 allenamenti, tante emozioni, abbracci e sorrisi. Non dimenticherò mai tutto questo.
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Mi pareva naturale e ovvio soffrire gli avversari; stavamo giocando contro città come Caserta, Pompei, Pozzuoli, Maddaloni, Ascea, Paestum, Nola, Sant’Antonio Abate che avevano una popolazione di cinquanta volte la nostra che, inoltre, vantavano squadre fatte da selezioni di diversi centri. Noi, invece, siamo stati l’unica squadra a giocare con soli ragazzi locali e il nostro era di gran lunga il paese più piccolo a partecipare. Nel nostro girone formato da 13 squadre c’erano 2 compagini di Caserta, 2 di Salerno e 8 di Napoli: poi a rappresentare l’Irpinia c’eravamo noi come campioni provinciali. Critiche a parte anche nelle prime gare pur facendo pochi punti avevamo perso sempre con il minimo scarto, giocandocela con tutti e addirittura riuscendo a rimontare 3 reti alla capolista Bacoli, Campione Regionale due anni prima e che aveva rappresentato la Campania alla fase Nazionale. Ma l’apoteosi l’abbiamo raggiunta nella trasferta di Pompei quando abbiamo iniziato a guadagnare il rispetto e l’attenzione di tutti: perdevamo 3 a 0 a metà del secondo e gli avversari stavano calciando un rigore…. Poi abbiamo vinto noi 4 a 3! Non mi chiedete come abbiamo fatto, chiedetelo piuttosto a questi venti caposelesi tosti che già tante volte negli anni passati erano riusciti a lanciare il cuore oltre l’ostacolo riuscendo in imprese del genere. A partire da quella gara soddisfazioni su soddisfazioni, abbiamo cominciato a macinare gioco e risultati frutto di una condizione fisica brillante e di un gioco sempre più convincente; a partire da quel giorno siamo stati la terza squadra a fare più punti riuscendo a chiudere il campionato con un incredibile quinto posto che ci ha permesso di qualificarci per la Coppa Campania
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Questi ragazzi entrano di diritto nella storia di Caposele; questo è accaduto per molti motivi, il primo dei quali è certamente il talento che questi giovani hanno, ma risulta innegabile sottolineare la forza e l’impegno che i nostri hanno messo in campo e soprattutto negli allenamenti. Per fermarmi solo a quest’anno posso dire che li ho visti dare tutto sotto qualsiasi condizione climatica: Palmenta, Caposele, per strada, lungo le ripide salite che abbiamo affrontato sotto la pioggia…. Sempre presenti,al massimo delle loro forze. Quanti pomeriggi passati con il naso all’insù per vedere se avrebbe piovuto ancora e decidere dove e come allenarci, ma in tutto questo un’unica certezza: l’allenamento non si salta … MAI. Una organizzazione perfetta poi, ci ha permesso di andare a giocare anche a 300 km da Caposele arrivando sui campi sempre puntuali non sentendoci i parenti poveri di nessuno, anche se andavamo a giocare contro le migliori scuole calcio di tutta la Campania. A inizio campionato a molti sembrava avessimo fatto il passo più lungo della gamba partecipando a un Campionato Regionale con soli ragazzi locali, pronosticando una serie di sconfitte pesanti come era capitato alle pochissime compagini altirpine a provarci (che io ricordi solo Bagnoli Irpino lo aveva fatto molto tempo fa e qualche volta il Consorzio Altirpinia che tuttavia non faceva testo visto che era formato da una selezione dei migliori giocatori di numerosi paesi). Per quanto riguarda me e la società, sapevamo di certo che non sarebbe stata una passeggiata, soprattutto perché occorreva mentalizzare un ambiente abituato a vincere (negli ultimi due anni avevamo perso una sola gara, pareggiandone 2 e vincendone addirittura 40!) con una squadra imbattuta da 34 partite. Molte volte un tifoso preferisce vincere 9 a 0 contro una squadra inferiore piuttosto che una sconfitta 2 a 1 contro una formazione di alto livello, perché perdere non piace mai a nessuno; avremmo allora potuto iscriverci al Campionato Provinciale e magari vincerlo a mani basse, visto che l’anno precedente lo avevamo stravinto con giocatori al di sotto di uno o due anni del limite di età consentito e che avrebbero potuto ripresentarsi quasi tutti quest’anno. Tuttavia la grande emozione di sollevare la Coppa come i più bravi della provincia l’avevamo già provata due volte allo stadio Partenio, ora era il momento di provare a confrontarci con la Regione. Chi diceva che la nostra squadra non era adeguata alla categoria e che avremmo dovuto prendere dei “forestieri” ha dovuto ricredersi ben presto; certo avevamo la possibilità di arricchire la nostra rosa con tanti ragazzi dei paesi limitrofi e non, che si sono proposti al sottoscritto, alcuni
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-CAMPIONI PROVINCIALI GIOVANISSIMI 2008 – -CAMPIONI PROVINCIALI ALLIEVI 2009 - PRIMA PARTECIPAZIONE AL CAMPIONATO REGIONALE ALLIEVI E ALLA COPPA CAMPANIA - VINCITORI DELLA COPPA DISCIPLINA REGIONALE.
nella quale ci siamo fatti valere classificandoci al secondo posto del nostro raggruppamento, sfiorando solo la vittoria finale anche perché privati dell’opportunità di giocarcela alla pari nello scontro diretto fuori casa a Mirabella per situazioni che preferisco non commentare, ma che chi ci ha seguiti conosce. Ma la gioia più grande di questa stupenda stagione l’abbiamo avuta allorché la Federazione ci ha comunicato che l’OLIMPIA CAPOSELE AVEVA VINTO LA COPPA DISCIPLINA REGIONALE, PRIMA SU 130 SQUADRE DI TUTTA LA REGIONE! Precedendo il Napoli (proprio quello della serie A!) e il Baratta Battipaglia Calcio. Vero, che la nostra società è stata abituata negli oltre 20 anni della sua attività a primeggiare anche nell’ambito disciplinare, ma certamente un trionfo del genere non può essere lasciato passare inosservato così come volevano fare alcune persone che alla comunicazione della vittoria hanno commentato … tanto l’avete vinta
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anche di ottimo livello tecnico…. Ma questo campionato ero certo di poterlo affrontare solo con i miei ragazzi, prima di tutto perché loro se l’erano guadagnato, ma soprattutto perché sapevo che nessuno avrebbe potuto mettere in campo tutta la forza e il cuore di cui erano capaci i giovani caposelesi. Molti dei nostri, inoltre, erano stati contattati da formazioni importanti irpine e campane, ma anche loro volevano fare questa avventura con l’Olimpia. Cominciato il campionato abbiamo pagato l’inevitabile scotto della Categoria fatta di giocatori forti nel fisico e nella tecnica che giocavano un calcio molto più veloce di quello al quale eravamo abituati e nelle prime quattro partite abbiamo fatto solo due punti subendo molte reti. Puntuali sono arrivate le critiche; guardate come fanno girare la palla gli avversari, che verticalizzazioni, che schemi … Grazie, ci mancherebbe … mi veniva di pensare.
uando si tratta di scegliere un titolo è sempre meglio trovare il momento il giusto, parole adatte, per poter dare reale peso alle emozioni che vuoi proporre. Questo titolo che ho scelto è forte... ma è vero! Vuole dirci che 25 caposelesi si sono messi a lavorare insieme e hanno portato a Caposele questi titoli:
di Roberto Notaro
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GLI ALLIEVI DELL’OLIMPIA NELLA STORIA DI CAPOSELE
tante volte …. A maggior ragione! Forse chi non ci ha seguiti non può immaginare la bravura e la difficoltà di questi nostri ragazzi nel non cadere nelle provocazioni di ogni sorta, fisiche e verbali che subivamo in casa e fuori. Questo trionfo (del quale alleghiamo alla fine la graduatoria definitiva) è stata la ciliegina sulla torta conquistata da un gruppo che ha vinto tutto e che certamente può essere considerato la formazione più vincente della storia di questo nostro paese. Abbiamo avuto l’onore di affrontare sul nostro terreno le squadre più importanti mai passate per Caposele in gare ufficiali e avuto la bravura e il merito di portare il nostro nome in alto in tutta la regione facendoci rispettare e guadagnando titoli importanti sul Corriere dello Sport che ha seguito il campionato. Qui a Caposele abbiamo affrontato 14 formazioni e abbiamo vinto 10 volte! Tra queste voglio sottolineare la vittoria contro un’attuale squadra di serie C, il Neapolis Calcio. Nel ringraziare il direttore de La Sorgente Nicola Conforti che ha dato sempre voce e spazio sulle proprie pagine alla nostra società (che si appresta a festeggiare le Nozze d’Argento visto che la prossima stagione sarà la venticinquesima di attività dell’Olimpia Caposele) voglio fare dei ringraziamenti. GRAZIE innanzitutto a voi ragazzi. Ho avuto in questi anni il privilegio di allenarvi; avete lavorato tanto, avete dato tutto a me e all’Olimpia Caposele della quale sarete sempre il fiore all’occhiello, il gioiello da esibire per una società che già in passato se ne era tolte tante di soddisfazioni, ma che adesso diventa punto di riferimento per tutti i giovani di Caposele e
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Attualità sato di Catanzaro e Crotone (Calabria), abbiamo confermato il primato del caro Giovanni Aiello, pastore a Mesoraca, nella qualità di "pastore dei pastori" a Petronà, Filippa, Roccabernarda, Petilia Policastro e Bivio Foresta, quale Coordinatore delle rispettive Chiese.
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di Romolo Ricciardiello
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pastorale presso le varie chiese della Comunione dei Pastori e di iniziare anche quel ministero spirituale di "pastore dei pastori", potendo usufruire del tempo pieno e non soltanto dei ritagli che avanzavano al mio impegno secolare. Sono stato lieto di consentire l'esperienza della consulenza pastorale a tutti i pastori ielle chiese che settimanalmente visitavo. In questo tempo abbiamo notato la crescita e lo sviluppo del ministero pastorale di Giuseppe Giordano e, in accordo al sentire di tutti i colleghi, l'abbiamo compreso tra i "pastori principali" (insieme a Geremia Albano, Pasquale Gigante ed Antonio Celenta) ratificandogli la nuova qualifica per una attività che, fra l'altro, egli già esercitava regolarmente da alcuni anni. Abbiamo stabilito una cadenza annuale per la Convenzione che svolgiamo regolarmente da vari anni nei primi mesi dell'anno ed è stato proprio in quella del 2010 che abbiamo ufficializzato la suddetta nomina, come alcuni anni fa fu ratificata la mia qualifica di Coordinatore Apostolico, per ministero di apostolo. Nelle varie visite ministeriali nel nord Italia abbiamo potuto confermare al pastorato negli abitati di Clivio, Saltrio e Viggiù (Varese) il caro fratello Claudio Polino, coadiuvato dai fratelli Elia ed Eliseo Scalcione, in sostituzione del pastore emerito Antonio Polino, suo padre, ormai infermo. Per quanto riguarda le Chiese del Marche-
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o ti ho posto come luce dei popoli, perché tu porti la salvezza fino all'estremità della terra (Libro degli Atti cap. 13 v. 47). Non posso che ringraziare Dio per la gradita occasione che mi è concessa, propiziata dalla celebrazione dei festeggiamenti per il 65° anniversario della fondazione della Chiesa Cristiana Evangelica di Caposele, per fare il punto sull'evoluzione e l'espansione dell'Opera evangelica nelle provincie di Avellino e Salerno nell'ultimo decennio. La relazione esistente tra la conversione di Pasquale Albano (risalente all'anno 1945 quando aveva l'età di 27 anni) e la nascita della prima Chiesa Evangelica a Caposele è evidente oltre che indissolubile. Dello slancio evangelistico di Pasquale Albano e della passione per le anime, da cui la conversione di decine di famiglie, abbiamo già argomentato ampiamente nel documento intitolato "Sulle orme di un servo di Dio", redatto dal sottoscritto nel 1980, in occasione del decimo anniversario della sua morte. Sin dal 1966, mentre Albano era ancora in vita, sono stato dipendente ed ispettore a vari livelli delle Assicurazioni Generali. Alla fine del 1998 lasciai l'attività di agente procuratore dell'agenzia di Eboli, occupazione che mi assorbiva da quindici anni. Questa scelta mi ha consentito di garantire una presenza settimanale di consulenza
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chiamarsi tra loro) che giunsero a Caposele dall'Alta Irpinia, di nascosto, cominciarono a raccontare a tutti quella straordinaria esperienza. Costoro iniziarono a parlare di Gesù Cristo non più come di un personaggio letterario relegato tra le pagine polverose di un libro. Egli era diventato il loro Salvatore, il loro Signore, colui che aveva trasformato radicalmente la loro vita. Furono questi gli albori del Movimento Pentecostale nella Valle del Sele. Figura emblematica fu Pasquale Albano (1918-1970) di Caposele. Questi, rientrato dalla guerra, si convertì all'Evangelo grazie alla testimonianza della moglie Giovannina Cibellis. Dopo aver sperimentato il battesimo dello Spirito Santo, Albano iniziò la sua opera di pioniere evangelizzando i paesi circostanti e prendendosi cura delle comunità che andavano via via costituendosi. Mentre il movimento evangelico avanzava, aumentavano anche le calunnie e le denunce: le Bibbie venivano sequestrate, gli incontri tra fratelli vietati, i pastori denunciati e sorvegliati; ma, nonostante tutto, la loro fede aumentava. Così, come le acque del Sele scorrevano per tutta la Valle, fino a giungere al mare, allo stesso modo l'Opera evangelica si estese nei paesi limitrofi. Dopo Caposele anche Contursi ed Oliveto Citra furono raggiunte dalla testimonianza dell'Evangelo che toccò anche altri paesi come Palomonte, Postiglione, Eboli,
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n Italia i primi nuclei di presenza evangelica pentecostale si formarono agli inizi del Novecento, prevalentemente su impulso di emigrati rientrati in patria dagli Stati Uniti. Da queste testimonianze sorsero le prime comunità nell'Alta Irpinia, nella Valle dell'Ofanto e nell'Appennino campano. L'espansione del movimento evangelico fu notevole nonostante le congiunture politiche avverse. A seguito del concordato del 1929 il regime fascista, alleatosi alla Chiesa Cattolica Romana, perseguitò gli evangelici che furono osteggiati e schedati come sovversivi. Efficace ed eloquente, a questo proposito, fu la denuncia di Pietro Calamandrei: "Le libertà civili e politiche non hanno più uno stesso significato per tutti i cittadini: la libertà dì associazione, di riunione, di circolazione, di stampa ha un contenuto diverso secondo che chi lo invoca appartenga al partito degli eletti o a quello dei reprobi: la discriminazione contro i comunisti si è pian piano allargata contro tutti i 'malpensanti ', contro tutti i 'sovversivi '. La libertà di culto non esiste per i protestanti nella stessa misura in cui esìste per i cattolici ". Alla fine degli anni quaranta sorsero le prime comunità pentecostali lungo alcuni paesi bagnati dalle acque del fiume Sele. Finita le guerra e caduto il regime fascista, si formarono piccoli gruppi ed alcuni di questi fratelli (come affettuosamente usavano
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C aposele ieri e oggi comunita' i festeggiamenti per il 65° anniversario evangelica Al via dalla nascita dell'opera Evangelica Olevano sul Tusciano e alcune frazioni di Campagna ove in breve tempo si aprirono diverse comunità. Tutte fecero l'esperienza della Pentecoste da cui, chiaramente, derivò il nome di Pentecostali. Dopo la morte di Albano, il pastore Romolo Ricciardiello, già suo coadiutore, proseguì il lavoro di collaborazione con le varie comunità. Dopo aver fondato una chiesa a Battipaglia, rese saldi i contatti con le missioni in Toscana e Lombardia e stabilì rapporti di cooperazione con altre realtà evangeliche consorelle in tutto il Mezzogiorno fino a Roma. Oggi le Chiese Cristiane Evangeliche nelle Valli del Sele e dell'Imo, coordinate dall'apostolo Ricciardiello sono impegnate nella diffusione del messaggio del Vangelo attraverso i canali di comunicazione più attuali. Notevole è l'impegno sociale mediante opere umanitarie come le distribuzioni gratuite di beni di prima necessità agli indigenti, assistenza agli ammalati, sostegno ai disagiati. È inoltre attivo un servizio di consulenza spirituale e di supporto familiare in ognuna delle città ove si registri una presenza. Ampio spazio è riservato alle attività di formazione ed appro-
fondimento di ordine teologico e spirituale attraverso convegni, seminari, workshop e programmi specifici rivolti ad ogni fascia di età. Anche l'arte, in ogni suo aspetto (musica, canto, danza, mimica, teatro, ecc.), occupa un ruolo fondamentale quale strumento di adorazione e mezzo di comunicazione. Le Chiese Cristiane Evangeliche nelle Valli del Sele e dell'Imo aderiscono alla Consultazione Ministeriale Evangelica (C.M.E.) che è l'agenzia italiana per il Patto di Losanna (L.C.W.E), all'Alleanza Evangelica Italiana (A.E.I.), all'Alleanza di Chiese Cristiane Evangeliche in Italia (A.C.C.E.I.), alla Consulta Evangelica di Napoli e alla Federazione delle Chiese Pentecostali (F.C.P), sono inoltre impegnate nella Fondazione Chàrisma per la Facoltà Pentecostale di Scienze Religiose di Aversa.
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Le foto riportate in questa rubrica rappresentano una sorta di mappa tematica che abbraccia il presente ed il passato, l’effimero ed il permanente, il serio ed il faceto, il costume e le tendenze. E’ una raccolta appesa al filo della memoria, tesa verso un futuro di continua riflessione.
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Antonio Masiello
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Giovanni Ceres
Raffaele Rosania e Gerardina Farese
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Giulio Fuschetto e suo padre Salvatore
Angela Rosania, Tania Imparato e Lorenza Castagno
Tonino Caruso e Gerardo D'Elia
Mario Nesta
Semi Russomanno
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Michele Russomanno
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Gerarda Cetrulo e Francesca Del Guercio
Amato Patrone Gerardo Fabio e Salvatore Peccatiello
Pietro Ciccone
Alfonso Malanga e la moglie Pinuzza
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Il gruppo musicale Tonuccio e i "B Folk Band" che ha allietato l'intera giornata della festa di San Vito
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Vito Rosania alla bacheca del Bar Roma
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Dina Casale e Pasquale marcantuono
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Il Sindaco con Finuccia e Alfonso Gonnella
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Andrea Amendola
Giuseppe e Marialorenza Malanga
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Mimma Frannicola e Tanina Russomanno
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Bottone, Cettina e Giusy
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Concetta Cibellis
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Giovanni Curcio e Maria Del Malandrino col nipotino
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LIsandro
Nicola Testa e Gessica
Antonietta Testa
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Tonia Coppola e Maria Malanga
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Anna Biondi col suo amichetto Marco Bigolin
Franca e Pasquale Monteverde Gerardo Salvatoriello Gelsomino Del Guercio e Angelo Ceres
Lodovica Apicella, Michele Zanca e Sara Biondi
Caro Gianfranco, ti siamo vicini e speriamo che torni presto insieme a noi a condividere le voglie, le gioie e i divertimenti della nostra giovent첫. i tuoi amici
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Eventi
TEMPI DI ANNIVERSARI E DI BILANCI
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della Luna alla presenza di esperti del settore. In quest’ottica, l’incontro con Gherardo Colombo è stato la degna continuazione di un percorso di crescita individuale e collettiva. Tutto questo non sarebbe stato possibile senza l’impegno dei singoli componenti l’Associazione, dei Dirigenti Scolastici Salvatore Di Napoli e Silvano Granese nonché dei docenti che hanno dato dimostrazione di grande disponibilità e competenza. Un saluto speciale e un ringraziamento va ai nostri sponsor. In primo luogo al Comune di Caposele, al Ristorante 7Bello, Mimma Di Masi, la Bottega del Fiore di Caposele. Irrinunciabile è sempre stato l’apporto dei Volontari della Pubblica Assistenza e di Cesarina Alagia, di tutte le autorità presenti sul territorio e delle persone che anche individualmente hanno mostrato di credere in quello che facciamo. Un grazie sincero anche a loro. L’auspicio che mi sento di formulare a nome dell’Associazione è che ci sia sempre spazio per tutti in una comunità sana e consapevole, che la cultura non venga considerata figlia di un dio
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delle prerogative altrui è possibile veder riconosciute le proprie. I due appuntamenti sono stati il momento culminante di un percorso didattico che ha portato i ragazzi, attraverso il Progetto Legalità, a confrontarsi su questi temi nel corso dell’intero Anno scolastico. Del resto, il nostro intento è sempre stato quello di coinvolgere, unire non dividere, favorire il confronto e avvicinare le persone alle tematiche che ci toccano più da vicino. Inoltre, l’impegno nostro è a far si che Caposele non si senta solo, che i personaggi nostri ospiti possano tornare in mezzo a noi e possano sentirsi sempre più membri della nostra comunità. In tre anni, l’Associazione “Sorgenti di Sapere” ha organizzato numerosi eventi. Per la letteratura, due appuntamenti con Dacia Maraini, diventata nel frattempo Cittadina Onoraria di Caposele, per il teatro Paola Gassman, per la poesia l’Omaggio a Mario Luzi, per l’Astronomia l’Osservazione pubblica
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empo di anniversari e di bilanci. L’Associazione “Sorgenti di Sapere” lo scorso mese di maggio ha festeggiato i suoi tre anni di vita con un doppio appuntamento, con la cittadinanza e con i ragazzi delle scuole, per parlare di legalità e rispetto delle regole alla presenza di Gherardo Colombo ex magistrato nonché attuale Presidente della Casa Editrice Garzanti e di numerosi ospiti illustri che corrispondono al nome di Francesco D’Episcopo – docente di Letteratura italiana presso L’Università Federico II di Napoli, di Bruno Salzarulo e Antonio Guerriero rispettivamente Presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati e Procuratore della Repubblica di Sant’Angelo dei Lombardi, di Ottavio Lucarelli Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Campania nonché di Pasquale Farina Sindaco di Caposele. La scelta dell’argomento non è stata casuale, parlare di legalità in un momento in cui la moralità pubblica sembra toccare livelli bassissimi con numerosi casi di corruzione e malaffare ci è sembrata una scelta doverosa e utile per fare il punto e capire. In particolar modo abbiamo voluto far comprendere ai ragazzi quanto sia importante in tutte le attività umane riconoscersi in alcune norme comportamentali condivise perché solo attraverso il riconoscimento
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di Antonio Ruglio
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Partecipanti al convegno
minore, che non venga relegata nei bassifondi della considerazione generale. Tutto ciò che provoca riflessione e approfondimento è motivo di crescita e di maturazione, non sprechiamo nessuna opportunità, non possiamo permettercelo.
Foto ricordo con Gherardo Colombo
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Le foto inserite in questa rubrica riflettono, con i loro tratti particolari, il carattere, la psicologia e finanche la cultura di un popolo. Continueremo ad occuparci di personaggi tipici sperando che la rubrica sia di gradimento dei
Pasquale Merola
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nostri lettori.
Nancy Malanga
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Mara Russomanno
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Peppo il banditore
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Rocky
Tania Russomanno
Olimpia Manganese
Romolo Marsiglia
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Veronica Di Vincenzo
H Elisa Malanga
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Antonella Di Vincenzo
Salvatore Forlenza
Idelma Di Masi
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Francesca Russomanno
Sara Pecoraro
Raffaella Ceres
Gelsomina Cuozzo
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Almanacco
di Antimo Pirozzi Giuseppe Cetrulo di Vitale e di Antonietta Ceres nato il 13.05.2010
Donato Sista di Mario e di Rossella Malanga 21.01.2010
Il giorno 30 giugno u.s. presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell'Università degli Studi di Urbino "Carlo Bo", Francesco Curcio ha conseguito la Laurea Specialistica in Psicologia Clinica con votazione di 107/110
Maria Chiara Monteverde di Gelsomino e Anna Russomanno 19-03-2010
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Filippo Andrea Alagia di Filippo e di Anna Narie nato il 16.08.07
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Gionathan Vece - Laurea in ingegneria gestionale dei progetti e delle infrastrutture 26 marzo 2010
Concetta Ceres laurea in Informatica Applicata - Università di Salerno20.05.2010
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Daniele Caprio Laurea specialistica in economia e gestione delle aziende e servizi sanitari conseguita presso l' Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma il 30/03/2010 con votazione di 104/110.
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Marianna Favale di Fabio e Jessica Biondi nata il 5.11.06
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Giuliana Alagia di Filippo e Anna Marie nata il 21.03.09
Asia Grasso di Rocco e Nunzia Chiaravallo nata il 23 marzo 2010
Teodolinda Del Guercio ha conseguito presso l'università "La sapienza " di Roma , nella seduta del 26 marzo 2010, laurea triennale in “Scienza della Moda e del costume” ad indirizzo economico manageriale , con la votazione di 100/110.
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In data 21/04/10 Nadia Rosania si è laureata in infermieristica presso l’Università“Alma mater studiorum” di Bologna discutendo la tesi “Il paziente con poliposi adenomatosa familiare del colon. Aspetti clinici ed assistenziali".
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Emanuele Zanca di Massimo e di Fiorella Russomanno 28.01.2010
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Auguri ai coniugi Loffa per l'arrivo del nipotino Raffaele
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3 luglio 2010 - Gelsomina Malanga e Antonio Monteverde Sposi
Mariagrazia Cibellis e Valerio D'Elia 12 giugno 2010 - Sposi
Salvatore Malanga ha conseguito in data 19 febbraio u.s. con votazione 110 e lode la Laurea in Economia Aziendale presso l’Università degli studi di Napoli.
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Laurea di Gelsomina Russomanno Facoltà di Economia - Corso di Scienze Turistiche - 14 dicembre 2009
3 luglio 2010 - Giovanna Curcio e Ivano Russo Sposi
Il Dott. Rocco Malanga nostro concittadino residente in Avellino,il giorno 11 luglio scorso ha compiuto 80 anni. Gli amici di Caposele gli augurano ogni bene
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Almanacco
Gelsomino Sozio n. 23.01.1928 m. 18.11.2009
Gerardo Meo n.10.01.1922 m. 28.01.2010
Raffaele Rubino n.09.01.1923 m.03.04.2010
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Gelsomino Merola n.19.06.1930 m.22.03.2010
Angiolina Nesta n.10.05.1912 m.12.02.2010
Angelomaria Mariniello n. 10.06.32 m. 24.02.2010
Maria Mignone n.30.04.1920 m. 02.02.2010
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Rosina Anna Cibellis n. 18.01.1931 m. 27.04.2010
Alfonso Nesta n.03.07.1916 m. 26.01.2010 -
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Giuseppina Ventre n.23.07.25 - m.10.01.10
Filomena Nesta n.23.04.1926 m.02.06.2010
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Fiorenzo Conforti n.27.05.1940 m.09.04.2010
Gelsomino Rosania n.07.12.1931 m.22.06.2010
Un ricordo per Suor Assunta che ha trascorso gli ultimi anni della sua vita a Caposele
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Lorenzo Sozio n.27.03.1922 m. 23.06.2010
Emidio Baldi 12.12.1926 08.03.2010
Gerardo Corona n.18.04.1917 m.14.03.2010
Chiarina Corona n.21.01.1920 m.26.05.2010 -
Rocco Proietto n.21.06.1927 m.23.04.2010
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YOU TUBE. COM
Ultima
IL BOLLINO VERDE "PLAY" SULLA FOTO RAPPRESENTA L'APPROFONDIMENTO VIDEO DELL'ARGOMENTO TRATTATO ATTRAVERSO IL CANALE "YOU TUBE" ALL'INDIRIZZO:
http://www.youtube.com/periodicolasorgente campagna promozionale a cura del comune di caposele per una maggiore sensibilizzazione sul risparmio idrico e sulla raccolta differenziata.
la brochure, stampata in forma di quadro-calendario, e' stata spedita a tutte le famiglie di caposele.
la sorgente la ripropone affinche' l'importante messaggio possa continuare a sortire un
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effetto efficace e positivo nel tempo.
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Di questa immagine si festeggiano i trecento anni da quando fra’ Paolo la dipinse, nel 1710, in una nicchia addossata ad un muro posto nelle vicinanze delle sorgenti del Sele.
L'intera manifestazione della quale si potranno avere, successivamente, più dettagli è promossa dal Comune di Caposele, dalla Pro Loco e dalla Parrocchia San Lorenzo.
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In occasione dell'apertura dell'Anno Centenario dell'immagine della Madonna della Sanità a Caposele, il 19 Agosto 2010 alle ore 19:00 presso la Sala Polifunzionale del Comune di Caposele ci sarà una conferenza illustrativa del Programma tenuta dal prof. Mario Sista.
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