PERIODICO A CURA DELL'ASSOCIAZIONE TURISTICA PRO LOCO CAPOSELE FONDATO NEL 1973
facebook La Sorgente Caposele
Nicola Conforti
periodicolasorgente@gmail.com
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AGOSTO 2011 - Direttore
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Reg.Trib. S.Angelo dei L. n.31 del 29.1.74 - Sp. in A.P. art.2 comma 20/c L.662/96 Dir. Comm. Avellino -sem.- Anno XXXIX -
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sservando questa meravigliosa cascata, il pensiero corre a paesaggi incantevoli di località turistiche lontane e di affascinante bellezza, a località amene ricche di una natura incontaminata. Questa località è a due passi da noi: è il tratto terminale dell’Oasi della Madonnina. A partire da questo numero della nostra rivista vogliamo impegnarci in una ricerca metodica e sistematica su quelle che sono le potenzialità insite nel nostro comune e che, opportunamente valorizzate, costituiranno grandi attrattive per un vero turismo a Caposele. Alcuni personaggi locali, interpellati a riguardo, si sono mostrati scettici oltre che critici sulle possibilità che ha il nostro Paese di assurgere al posto che merita nella graduatoria dei paesi più progrediti in questo settore. Altri hanno mostrato entusiasmo e grandi aspettative per la bellezza dei luoghi e per le attrattive che gli stessi offrono a chi visita il nostro Paese. Noi siamo certi che, partendo dalle piccole cose esistenti, si possa in tempi brevi pervenire a risultati ragguardevoli. E non si tratta, per la verità, di cose tanto piccole: Il Santuario di San Gerardo prima di tutto e poi le Sorgenti del Sele, la chiesa di San Lorenzo con la reliquia di San Gerardo, il Parco fluviale, il museo delle acque, il bosco Difesa, il museo delle macchine di Leonardo di prossima apertura, l’oasi della Madonnina con la meravigliosa cascata a monte, rappresentano un insieme di cultura, paesaggio, natura e fede che difficilmente si riscontra altrove. E’ un punto di partenza straordinario e strategico al tempo stesso, ma che ha bisogno di collaborazione, di passione e di impegno da parte di tutte le persone che credono in questo progetto turistico e che hanno a cuore le sorti del nostro paese. E’ un punto di partenza, sicuramente importante, ma che richiede unità di intenti e concordia generale, senza stupide divisioni e contrapposizioni, atteso che è in gioco l’interesse dell’intera collettività ed il progresso del nostro paese. Nicola Conforti
di Vincenzo Ciccone
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è anche su FACEBOOK
Io vivo sereno a San Paolo, colmo di affetto della famiglia. Giornalmente faccio presenza alla cinquantenaria “Alpes” rilassandomi e borbottando la mitica frase “ e ch’ buò fa!”. Ricevo una visita semestrale di un ospite illustre: il giornale La Sorgente, che mi inebria con immagini, storie … sempre on-line con parenti, amici del paesetto .. è un cuore italiano che palpita forte, in questo grande e amabile paese: Brasile! Questa è la mia vita. Per me, una grande Storia d’Amore.
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"Michele Ceres con una lucida analisi critica offre un quadro completo e documentato dei pregiudizi antimeridionalisti, dall' Unità d' Italia ai giorni nostri. Lo studioso individua le cause da un lato nelle opinioni negative delle classi La foto ritrae Michele Ceres tra Ugo Piscopo e dirigenti, dall'altro nel complesso Alessandro Di Napoli d'inferiorità e di subordinazione psicologica del meridionale nei confronti del settentrionale. Con notevoli capacità di sintesi, Ceres passa in rassegna le "deliranti" tesi della scuola antropologica come quelle moderate del Negri. In un'analisi storica puntuale, che giunge all'età giolittiana e al fenomeno della Lega nord, da Miglio ai giorni nostri".
GENTE DI CAPOSELE
in copertina La cascata dell'Oasi della Madonnina
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Lo schema dell'attacco mancato
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SEZIONE SAGGISTICA: I° premio assegnato a Michele Ceres "L’Unità e i pregiudizi antimeridionali" Motivazione del premio:
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Rocco Renna in una foto dell'epoca
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MICHELE CERES PREMIATO CON MEDAGLIA D’ORO Nella sala consiliare del Comune di Battipaglia, il 26 giugno scorso si è proceduto, nel corso della cerimonia di premiazione della XLIII edizione del premio nazionale “Sìlarus”, alla consegna delle medaglie d’oro ai primi classificati. Sìlarus è una rivista ideata e condotta dal poeta ed umanista Italo Rocco e si prefigge di far conoscere in campo nazionale ed internazionale artisti, poeti e scrittori emergenti. Abbiamo il piacere di annunciare che il primo premio, per la saggistica, è stato assegnato ex aequo al prof. Michele Ceres con il saggio “L’antimeridonalismo, una questione da approfondire”.. Di seguito riportiamo la motivazione della premiazione:
bensì in quello di Caposele,molto più a valle,in direzione di Salerno. Se tutto fosse andato secondo i piani britannici,mezza Italia sarebbe rimasta senza acqua,il così detto “ oro blu “ di questi nostri tempi moderni,a rimetterci erano anche le nostre truppe che operavano in Africa comprese le Unità Navali. Invece le cose andarono diversamente perché gli albionici furono catturati in una caverna naturale grazie all’intraprendenza e al coraggio del macellaio locale, che si trovava sul posto per una battuta di caccia. Molti paesani ancora oggi, lo ricordano, si chiamava Rocco Renna. Sul prossimo numero de La Sorgente un approfondimento di tutta la vicenda
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ogni notte,inasprendo sempre di più gli attacchi sul centro-sud della penisola, i combattimenti marittimi non avevano regalato alcun successo. Gli albionici desiderosi di conquiste, puntano il dito sull’acquedotto pugliese, difatti nelle notti dal 10 al 12 febbraio 1941,in un paese dell’Alta irpinia di nome Teora, nella provincia di Avellino,in località Cresta del Gallo,a circa 900 metri di altitudine, furono paracadutati una dozzina di soldati inglesi con il compito di minare i piloni dell’acquedotto pugliese per poi farli saltare. Ma qualcosa non andò per il verso giusto, perché i piloni che sorreggevano le grosse condutture tuttora esistenti non si trovavano nel territorio di Teora,
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ari lettori del periodico “ LA SORGENTE “ sottopongo alla vostra attenta lettura uno scritto dal sapore storico nostalgico; forse qualche giovanotto dell’epoca scavando nella sua memoria, sicuramente ricorderà questo evento, consumatosi nel territorio di Caposele durante le ostilità del secondo conflitto mondiale. Il 1941 per l’Italia in guerra cominciò male. Nell’Africa settentrionale e in quella orientale,gli inglesi continuavano a guadagnare terreno,mentre sul fronte albanese le nostre truppe erano congelate, non solo metaforicamente parlando, sulle posizioni in cui i greci le avevano costrette,la RAF si dava da fare quasi
all’oro blu
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Direttore Direttore Nicola Conforti Nicola Conforti
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E’ in fase di ultimazione il libro a cura di Nicola Conforti e Alfonso Merola “Gente di Caposele”. Trattasi di una rassegna di personaggi del luogo di cui, a vario titolo, si è parlato nei vari numeri de La Sorgente a partire dal 1973 e fino ai giorni nostri.
UNA STORIA D’AMORE Riportiamo la copertina del libro “Una Storia d’amore” di Umberto Malanga. E’ una meravigliosa storia d’amore, scritta in italiano ed in portoghese, vissuta dall’autore in prima persona. Riportiamo le frasi conclusive che ci sembrano particolarmente incisive ed adatte a dare senso e significato al libro. La redazione si congratula con l’autore che è alla sua seconda esperienza come scrittore e che ancora una volta ci dà un saggio del suo fervore poetico e storico.
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Intanto credo vada sottolineato il fatto che la struttura della domanda (turistica) sia essenzialmente legata al richiamo religioso della figura di San Gerardo Majella. E che le presenze legate invece alle caratteristiche ambientali (l’acqua, le sorgenti, il fiume, i prodotti gastronomici) di Caposele sono talmente marginali nei suoi effetti economici che preferiamo sorvolare.
L’idea, peraltro ripresa in tutti i programmi elettorali degli ultimi vent’anni, di congiungere le due risorse di pregio che possiede Caposele e farle divenire complementari l’una all’altra è la sola, unica possibilità per far crescere opportunità fino ad oggi inesplorate. Questa idea, tuttavia, non è stata mai nell’agenda degli amministratori di ieri e di oggi, ma temo anche di quelli che verranno in futuro. Chiarendo che non si intende attribuire agli amministratori responsabilità diverse da quelle della programmazione, della infrastrutturazione pubblica, della cura e del decoro urbano, forse dell’ideazione di un Piano di marketing. Il resto è responsabilità degli operatori economici che fermi nelle loro deboli certezze, vedono fiumane di persone lasciare, ad una certa ora, Materdomini per andare a pranzo nei ristoranti di Scalo di Morra, del Goleto, di Nusco, di Montella, di Oliveto Citra e Contursi Terme.
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Il vero nodo invece a mio giudizio risiede nella debolezza dell’offerta, sia nei suoi aspetti quantitativi sia in quelli qualitativi. La miopia sta nel fatto che si pensi (che tutti pensino, sciaguratamente) che solo la prossimità a via Santuario possa decretare il successo di un’iniziativa economica. Che sia la bancarella, il bar, il ristorante, l’albergo, non ha importanza: tutto racchiuso in quel chilometro quadrato, quasi fosse il miglio d’oro dell’Eldorado brasiliano. Ne consegue una sostanziale congestione nelle giornate di punta, ma oramai anche nelle domeniche di buona parte dell’anno. Tutto scaricato sulla dorsale di corso S.Alfonso e di via Santuario, a cominciare dal traffico e dai pochissimi parcheggi. Sotto il profilo urbanistico Materdomini è una tragedia plastica, da proporla addirittura come
Da questo dato bisognerebbe ripartire per una riflessione più aggiornata ed attuale. L’offerta non riesce più a soddisfare, in quantità e qualità, la domanda. E se resta sempre vero che il richiamo religioso resti sempre alla base di chi sceglie di passare una giornata a Materdomini, va pure preso atto che non si è più in presenza del “pellegrino” stipato in pullman, costretto a muoversi sotto la guida del “capogruppo”. Oggi il pellegrino è autonomo, si muove con la propria autovettura. E’ un pellegrino maturo, che conosce, è informato, si guarda intorno, misura il rapporto costo-qualità, richiede confort. C’è, invece, in molti operatori economici di Materdomini l’idea del pellegrinomassa che affollava i fine settimana di
di Gerardo Ceres
di mettere in campo una strategia e un progetto per la qualificazione dell’offerta turistica.
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Aggiungo soltanto che, ogni fine settimana, dalle città (anche campane) decine di migliaia di persone scappano alla ricerca di luoghi e spazi dove ritrovare momenti di serenità e di svago, pernottando e mangiando. Caposele intercetta poco o nulla di questi flussi.
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Tu r i s m o a C a p o s e l e e a Materdomini? A questa domanda verrebbe voglia di rispondere: passiamo ad altro. Nel senso che su questo tema ci si è esercitati per decenni, addirittura prima ancora del terremoto. Inoltre non sono un esperto e quindi non voglio avventurarmi in ragionamenti poco disciplinati dal punto di vista tecnico. Ho solo da basarmi su delle impressioni che si sono rafforzate e stratificate negli anni.
La risposta poteva essere quella di prevedere sul piano della strumentazione urbanistica uno sviluppo oltre S. Michele, oltre lo svincolo delle Fornaci e lungo la fascia orientale di zona Duomo. Ma anche prevedendo uno sviluppo dell’offerta e dell’accoglienza orientando flussi lungo via Aldo Moro fin giù alle sorgenti di Caposele.
settembre ed ottobre degli anni sessanta e settanta. L’altro storico ostacolo, mai affrontato e superato, è che tra i portatori di interessi economici (commercianti, ristoratori, albergatori) non si è mai riusciti a fare “rete, squadra, lobby”. Ciascuno corre per sé. Inguaribili solisti del proprio individuale destino. Da qui nasce anche la difficoltà a delineare e a far maturare una visione comune sulle cose necessarie da farsi, immaginando finanche l’apertura di una vertenza sugli aspetti di competenza pubblica (comunale, provinciale e regionale). Il Comune di Caposele, seppure in una situazione economica pesantissima, aggravata da una peculiare condizione meridionale, riesce a fronteggiare meglio di altri la dinamica dello spopolamento e della moderna emigrazione verso altre aree della penisola. Non sfugge a nessuno che gran parte della ragione sta nella capacità di Materdomini di produrre reddito diffuso (pur diseguale nella sua distribuzione) per un numero consistente di famiglie del lavoro autonomo e di tanti prestatori d’opera. Non è difficile immaginare cosa sarebbe oggi Caposele senza il turismo religioso.
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Chiarito a me stesso a cosa ci si riferisca quando utilizziamo la parola turismo, vengo brevemente ad alcune riflessioni, complementari a tante altre che saranno ospitate in questo numero pressoché tematico.
caso di scuola per giovani urbanisti, su come non può essere concepita una città o solo un piccolo agglomerato urbano.
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Scopriremmo alla parola turismo che essa è un sostantivo maschile e che significa:”viaggiare, per istruzione o per svago” (fare del turismo; il turismo all’estero, il turismo verde) e che nella sua forma estensiva è il “complesso delle attività e delle organizzazioni atte a favorire e a incrementare il turismo” (lo sviluppo del turismo in Italia, una rete di servizi per il turismo).
TURISMO: accenni di libere riflessioni
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nnanzitutto cerchiamo di capire di cosa dobbiamo parlare. E, dunque, iniziamo a sfogliare un dizionario qualunque.
Ma sforziamoci solo un momento a pensare cosa potrebbe essere, se solo tutti fossero consapevoli della necessità
Segnalo, infine, che l’Umbria di San Francesco d’Assisi, di Santa Chiara e di Santa Rita da Norcia, ha saputo sfruttare la misticità dei luoghi diversificando l’offerta e facendo leva su un patrimonio ambientale pareggiabile al nostro, alla buona cucina e ad una elevata capacità di accoglienza. Lo stesso, notiamo, stanno dimostrando di saper fare nella Pietrelcina di Padre Pio, con effetti positivi sull’intero Sannio. Siccome nessuno ha mai certificato il fatto che noi si sia figli di un dio minore, non resta che avviare una riflessione collettiva, fuori da ogni strumentalità, tipica della macelleria elettoralistica, e darsi da fare per indicare strade e percorrerle nell’interesse di chi investe e offre opportunità di lavoro e di reddito. Dunque nel più largo interesse della collettività.
IL COMUNE HA ATTIVATO UN SERVIZIO PER LA VISITA ALLE SORGENTI La visita alle sorgenti del Sele, al Museo delle acque può avvenire attraverso una richiesta da inviare al Comune di Caposele specificando il numero dei visitatori, gli accompagnatori, il giorno e l'orario della visita. LA VISITA alle sorgenti del Sele puo' rientrare in un mini tour turistico che contempla un percorso di visita che riguarda: - MUSEO DELLE ACQUE - PARCO FLUVIALE DELLA MADONNINA - TEMPIO ARTISTICO DI SAN LORENZO - SANTUARIO DI SAN GERARDO MAIELLA - MUSEO GERARDINO Per tale visita può essere prenotato un accompagnatore. Il numero di fax per la richiesta è 0827 53384 Per vedere virtualmente i luoghi della visita cliccare su "VIDEO TURISMO" sulla home page del sito del comune (www.comune.caposele.av.it)
Altre informazioni turistiche : Comune Caposele su Facebook
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eventi e... ..non solo
Alcuni eventi di questo primo scorcio di anno riportati
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seguito riguardano anche gli impulsi di vita relativi alle aperture di nuove attivita' commerciali. a tali importanti eventi legati allo sviluppo della nostra comunita ' e ' dedicata questa pagina promettendoci , fin da ora , di
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regalare un piccolo spazio di giornale a tutti coloro che,
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in questo campo, ne faranno richiesta.
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Bar Cristal in Corso Europa
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Sala Giochi e Bar di Claudio Di Masi
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I gestori del Cristal Gerardo e Maria
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La nuova Macelleria da Gerardo in via Roma
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I gestori del “Rusticone” Rocchino, Felice e Lorenza
“Tentazioni”di Margherita e Angelo Cuozzo
Rosticceria “Il Rusticone” in via Roma
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La pagina del Presidente
CAPOSELE e il SUO TURISMO
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gastronomiche, ecc.), il tutto garantito dalle competenze dei nostri operatori, i quali già oggi offrono un sistema qualità elevato, ma questo deve essere espresso in modo complessivo, quindi non solo più al solo livello aziendale ma anche e soprattutto a livello di sistema. Pertanto è ora che a fronte di tante potenzialità, di un patrimonio turistico così ricco, si proceda al confronto ed alla cooperazione, e qui mi sento di invitare la nostra Amministrazione ad aprire, a breve, un tavolo in cui tutti i soggetti legati al mondo del turismo possano sedersi per cooperare e coordinare quelle iniziative che possano essere utili a favorire il turismo, facendo si che ognuno, nella propria specificità, faccia la sua parte, perché dove questo è avvenuto ha dato risultati positivi con ricadute occupazionali buone, basta guardare alle zone del centro e del nord Italia dove il numero delle presenze non solo si è consolidato ma è andato progressivamente crescendo nel tempo.
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che disciplini la visita alle Sorgenti del Sele, permettendo una programmazione, ma soprattutto un'offerta, delle stesse nel mercato del turismo, sperando di riuscire ad offrire, un circuito in cui Sorgenti, museo delle macchine di Leonardo, museo delle Acque, parco fluviale e Chiesa Madre possano rappresentare un primo pacchetto da proporre a quanti vogliono accostarsi al mondo del turismo paesaggistico e naturalistico così da affiancare, completandola, l'offerta del turismo religioso già fortemente radicata. Per raggiungere questi obiettivi sarebbe opportuno che noi caposelesi anteponessimo il senso di appartenenza al nostro territorio alla faziosità dei vari gruppi, poiché ritengo che la base di partenza per creare una situazione ambientale favorevole allo sviluppo, da perseguire con strumenti come cooperazione, marketing e comunicazione, sia la pacificazione sociale. La capacità attrattiva di un’area e l’apprezzamento di quanti ne fruiscono derivano dalla valorizzazione sinergica delle diverse risorse disponibili (religiose, paesaggistiche, naturali,
dall'Amministrazione Comunale, alla Pro Loco, alle Associazioni presenti sul territorio, ma soprattutto agli operatori turistici, albergatori, ristoratori, pensino ad una politica turistica comune, a fare sistema e a non “vendersi” più ciascuno separatamente, ma questo richiede un lavoro di cooperazione che vada al di la delle nostre convinzioni politiche e personali, ma soprattutto delle nostre divisioni. Caposele in questo momento è un paese fortemente diviso, e per questo facile preda di quanti fanno del disfattismo la loro arte migliore, eppure qui sono in gioco gli interessi di un'intera collettività, non abbiamo più il tempo per temporeggiare, occorre pensare a strategie di marketing che possano incentivare le presenze, distribuendo l'offerta sull'intero territorio, ampliando e contemplando quando già esistente. Non a caso da un po’ di tempo sollecito che, nelle more della stipula della nuova convenzione tra il nostro Comune e l'Acquedotto Pugliese, si sottoscriva un accordo
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ista la richiesta del direttore di focalizzare la nostra attenzione per questo numero sulla questione turismo riparto da quanto già affrontato in precedenti miei articoli, in cui la mia attenzione si è posata sulla questione turismo e sviluppo per Caposele. Caposele, Materdomini e tutto il suo territorio, sono ormai da lungo tempo meta di un elevato numero di visitatori, perché le potenzialità del nostro territorio sono per una particolare coincidenza uniche: il Santuario di San Gerardo, le Sorgenti del Sele, la nuova Chiesa Madre, il parco fluviale, il Museo delle Acque, il Bosco Difesa e speriamo a breve anche il centro fieristico, l'oasi della Madonnina ed il Museo delle macchine di Leonardo, il tutto incorniciato dalla bellezza del luogo, che fanno del nostro paese uno dei luoghi in Irpinia con le maggiori potenzialità di sviluppo turistico. Eppure solo in parte queste potenzialità sono espresse appieno. Solo Materdonimi con il suo Santuario riesce a rispondere alla domanda di un turismo religioso, mentre, sono in essere tante potenzialità di sviluppo, e qui giova ricordarlo, la sperimentazione effettuata di convogliare una parte di tali presenze anche sul capoluogo attraverso l'organizzazione di visite guidate presso le sorgenti del Sele ha dato buoni risultati, anche se la mancanza di un accordo programmatico con la direzione dell'Acquedotto Pugliese non ci ha permesso di portare a regime quanto sperimentato. Penso che per Caposele valga quanto sostenuto in un recente convegno sul turismo a Napoli dall'assessore regionale al Turismo, Giuseppe De Mita, il quale sostiene che il rilancio del sistema turismo deve partire dalla base per finire con una sapiente gestione delle risorse. È giunto il momento di dar vita ad un “sistema locale del turismo”, è ora che tutti coloro che operano nel mondo del turismo locale e le istituzioni presenti sul territorio diano vita ad un tavolo di concertazione in cui programmare strategie ed eventi che possano ampliare e diversificare le presenze sul territorio. È ora di pensare di concepire un marketing che possa dare risultati soddisfacenti per Caposele, per questo tutti, indistintamente,
di Raffaele Russomanno
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di Salvatore Conforti e Concetta Mattia
VISITA LE SORGENTI DEL SELE
TURISMO E' ANCHE PROMOZIONE
INFO SU: WWW. COMUNE.CAPOSELE.AV.IT L'Assessore Pallante alle prese con
DOPO 30 ANNI SI REALIZZA un'operazione di "gestione crescita" NUOVAMENTE IL RIPOPOLAMENTO DELLE TROTE NEL FIUME SELE
TOMBOLATA 2011 Confermato l’ormai storico successo della Tombolata di beneficenza che la Pubblica Assistenza Caposele organizza per aiutare la realizzazione delle sue attività dedicate a migliorare la qualità della vita della nostra Comunità. Quest’anno ci si è riuniti al Wine bar Fandango a Materdomini e sono stati raccolti ben 900 euro che saranno destinati all’acquisto della nuova ambulanza! L’associazione ringrazia quanti hanno contribuito e auspica che la cittadinanza non faccia mai mancare il suo necessario supporto.
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' 'incubatoio che l'Amministrazione Comunale ha fortemente voluto che si realizzasse a Caposele, ha dato i suoi primi frutti: Le uova si sono da poco schiuse e oggi a distanza di un mese dal posizionamento in incubatoio, si possono già vedere sguazzare le trotine nelle vaschette di prima crescita. Le trote della famiglia "Iridee" sono una tipologia autoctona insieme ad altre specie e che con il ripopolamento previsto fra circa un mese potranno far rinascere e rendere VIVO il nostro fiume dalla sorgente alla foce. Circa 40.000 trote saranno riversate nel fiume con una manifestazione che coinvolgerà tutta la popolazione attenta alle questioni ambientali. L'assessore Alfonso Pallante ideatore del progetto sta seguendo "pinna pinna "lo sviluppo e la crescita delle trote. Sarà sicuramente uno spettacolo meraviglioso per il fiume e per il nostro territorio.
GIORNATE PER LA PREVENZIONE DEL TUMORE AL SENO Tra le storiche attività sociali della Pubblica Assistenza Caposele, quelle dedicate alla salute e alla prevenzione. Quest’anno una campagna importante è stata dedicata alla prevenzione del tumore al seno, e in collaborazione con l’associazione AMDOS (associazione meridionale donne operate al seno) e al suo referente, il dott. Carlo Iannace, lo scorso 9 luglio, sono state invitate tutte le donne a controllare gratuitamente il proprio seno, negli ambulatori allestiti presso la sede dell’associazione, in via Piani. Tante le visite effettuate durante l’arco dell’intera giornata, segno della consapevolezza verso l’importanza delle attività di prevenzione. L’associazione darà informazioni relative ai prossimi appuntamenti e rimane il riferimento utile per quanti avessero bisogno di chiarimenti e/o informazioni. Riteniamo utile ricordare anche in questa sede i suoi recapiti : tel. 0827.53594 – e-mail: pacaposele@gmail.com
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"Caposele, città di sorgente" è un film documentario che rappresenta uno dei migliori momenti dell'attività della Pro Loco, e corona degnamente gli sforzi che sta compiendo da tanti anni, la rivista "La Sorgente", per valorizzare l'enorme patrimonio umano e culturale del territorio Irpino. Un DVD che mette in evidenza un territorio ricco di fede e di tradizione, di natura e di aspetti interessanti che, spesso, vengono dimenticati. E' un film documentario che ha il duplice compito di far innamorare chi per la prima volta si accorge di tale incanto e chi, lontano dalle nostre terre da anni, puo' riaccendere il desiderio di tornarvi. La copia del DVD, già pubblicato due anni fa, sarà inserita all'interno di una brochure nuova e straordinaria la quale ha la velleità di poter fornire ai turisti e visitatori in genere, le notizie più esaustive relative al nostro territorio. La sorgente, il santuario, le chiese, l'ambiente, la natura e le caratteristiche morfologiche di un luogo straordinario da visitare, sono messi in grande risalto in questa stampa che avrà la peculiarità di contenere, oltre al dvd, anche i flyers di tutte le attività ricettive di San Gerardo e Caposele. Un progetto grafico che l'amministrazione inserisce in un disegno più' ampio dedicato al turismo e a un mini tour tutto caposelese. La promozione turistica, infatti, passa anche attraverso queste forme di promozione che sposano la forma tradizionale della brochure con le nuove tecnologie in modo tale da tentare, con le poche risorse a disposizione, la strada della valorizzazione delle risorse che dovrebbe essere obiettivo di ogni amministrazione. Caposele e San Gerardo sono realtà che spesso vengono confuse e dimenticate anche dai livelli più alti istituzionali; ma non bisogna incorrere in questo errore che è fatale anche per le realtà viciniore. Il volano dell'Irpinia e della valle del Sele passa attraverso realtà turistiche già consolidate come la nostra, ma che hanno bisogno di essere alimentate con finanziamenti e stimoli affinché si possano dimostrare utili ed efficaci ad un turismo più ampio e che coinvolga un territorio più vasto. In tutto questo, il ruolo di chi ha le giuste leve per una promozione, le deve utilizzare pensando solamente a contribuire, anche con piccoli gesti a raggiungere l'obiettivo senza entrare in sterili e stupide polemiche. Un'operazione che se intesa, porterà esclusivamente beneficio al Paese dove ognuno di noi ha necessità di vivere meglio aumentando la qualità della vita attraverso un movimento finanziario piu' distribuito e che ha come base propulsiva il turismo di cui tutti parlano, criticano, suggeriscono, ma senza agire. Speriamo che si possa passare ai fatti.
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IN GIRO PER LE CASE E CONTRADE DI CAPOSELE IL QUADRO DELLA MADONNA DELLA SANITA'
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a casa al Ponte di Alfonso Gonnella , "vestita a festa" ha accolto, con tutti gli onori il quadro della Madonna della
Sanità. In un salone addobbato come per le grandi occasioni, il quadro della Madonna ha sostato per un'intera giornata richiamando tantissimi devoti accorsi in preghiera.I coniugi Gonnella posano insieme alla figlia accanto al quadro.
PRO LOCO CAPOSELE
info -TURISTICHE su: facebook
Proloco Caposele
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CAPOSELE IN WI - FI Caposele, da sempre, ha espresso una particolare predisposizione per le nuove tecnologie attraverso un uso sociale delle stesse , che ne ha fatto nel tempo un’area all’avanguardia. Già dal 1974 l’ installazione di una radio libera (RADIO CAPOSELE) che aveva il primato in zona come prima radio libera del territorio, e poi la successiva installazione di una televisione libera (1978) affiancata alla radio, fece molto notizia nella zona tanto che ancora oggi, dopo anni di sensibilizzazione e di straordinarie trasmissioni nell’etere, si raccoglie e si attinge spesso, da un archivio di registrazioni notevolissimo con personaggi ed eventi che dagli anni ‘70 fino alle soglie del nuovo secolo, si sono susseguiti ai microfoni dell’emittente. Oggi la nuova era tecnologica relativa ai mass media viaggia soprattutto sulla rete web e per stare al passo con i tempi L’Amministrazione Comunale, da anni sensibile alle nuove forme di comunicazione, ha installato all’interno del centro abitato 5 hot spot gratuiti e liberi per il collegamento ad internet. Infatti oggi, CAPOSELE E’ COPERTA quasi interamente, DAL SEGNALE WIFI : - Piazza XXIII nov. frequentatissima dai giovani e centro sociale del Paese, ha la connessione libera e gratuita; - Piazza Sanità dalla quale si accede alle sorgenti, al parco fluviale e al museo delle acque è coperta dal segnale wi-fi; - L’area del polo scolastico compreso tutto l’interno della scuola ha il segnale per la connessione gratuita e libera ad internet; - Piazza Dante dove è allocato il Municipio e piazza Di Masi antico centro di socialità con l’area del Castello, sono coperte dal wifi libero e gratuito; Infine, fra pochi giorni anche piazza del Santuario a San Gerardo avrà la connessione libera e gratuita per tutti i turisti che frequentano quei luoghi. Insomma, Caposele che vive purtroppo lo strano destino di non avere ancora la connessione ADSL via cavo, ha dalla sua parte, invece, quasi a compensare l’ingiustizia del mancato “digital divide” la grande intraprendenza degli amministratori locali che, in questo modo, hanno proiettato il paese molto in avanti anticipando quello che, speriamo, sarà il web del futuro in tutto il territorio: LIBERO E GRATUITO. Un ringraziamento dovuto, infine, ai giovani che hanno contribuito con il loro know how alla realizzazione della rete wifi e cioè a Pasquale Pallante, Niky Russomanno, Vittorio Nesta e Raffaele Colatrella. Buona navigazione a tutti.
Piccola cronaca TOPONOMASTICA E NUMERAZIONE CIVICA - CAPOSELE E' PRONTA!
PREPARAZIONE ESTIVA PER L'AVELLINO CALCIO: a Caposele dal 22 luglio si è tenuto il ritiro ufficiale pre-campionato della compagine biancoverde, che ha scelto la quiete della verde Irpinia come sede del ritiro. La squadra ha potuto usufruire di ottime strutture sportive, in primis, un campo in erba naturale presso la località Palmenta, con grande soddisfazione dell'Amministrazione Comunale che ha lottato ed ottenuto che il ritiro della squadra del Capoluogo avvenisse a Caposele. Una candidatura che puo' essere proposta anche per altre squadre di prestigio.
Lo schema planimetrico di diffusione del segnale WIFI messo a disposizione gratuita per la connessione ad internet. E' un esempio pubblico più unico che raro di efficienza amministrativa.
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Un omaggio fotografico ad un gruppo di operai della nostra Comunità montana, che con grande sacrificio ed abnegazione, hanno continuato a svolgere il loro dovere al servizio della comunità nonostante i momenti di difficoltà economica nei quali si sono ritrovati negli ultimi mesi. Il mancato pagamento dello stipendio ha messo a dura prova decine di famiglie monoreddito che traggono beneficio dal lavoro presso l'Ente comunitario. Speriamo che la Regione Campania possa presto risolvere la questione insostenibile e garantire, con continuità e senza intoppi, il lavoro alle famiglie caposelesi.
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l prossimo Censimento della popolazione e delle abitazioni avrà come data di riferimento il 9 ottobre 2011. Per tale periodo sarà possibile il conteggio della popolazione e la rilevazione delle sue caratteristiche strutturali, l'aggiornamento e la revisione delle anagrafi comunali, la determinazione della popolazione legale, la raccolta di informazioni sulla consistenza numerica e sulle caratteristiche strutturali delle abitazioni e degli edifici. In relazione a tale obbligo questa Amministrazione Comunale, in ottemperanza alla Legge n. 1228 del 24/12/1954 ed al D.P.R. n. 223 del 30/05/1989, che riguardano l’Ordinamento delle Anagrafi della Popolazione ed il loro regolamento di applicazione, ha l’obbligo di provvedere alla revisione ed all’aggiornamento della numerazione civica sia esterna che interna, su tutto il territorio comunale. Alla luce di ciò ed in riferimento alla nuova toponomastica del comune già approvata partirà, nei prossimi giorni, la NUMERAZIONE CIVICA DEL COMUNE DI CAPOSELE. Pertanto, sarà attivato il servizio per la numerazione civica progressiva delle strade attraverso l'applicazione temporanea del numero attribuito a tutti gli accessi esterni che immettono in abitazioni, negozi, garage, uffici e a tutte le situazioni abitative anche se anomale. Il servizio sarà curato DALL’UFFICIO PATRIMONIO E ANAGRAFE con il coordinamento della POLIZIA MUNICIPALE coadiuvata dai volontari dell'”ANPAS Caposele” i quali avranno in dotazione un cartellino di riconoscimento con la mansione da svolgere. Il rifacimento e la revisione della numerazione civica si concretizza nella realizzazione di una banca dati territoriale dove la numerazione civica diventa l'elemento cardine attorno al quale ruotano tutte le banche dati dell'ente, quali: l'anagrafe demografica, i tributi, l'edilizia privata, il commercio etc... Tale finalità, oltre ad ottemperare agli obblighi previsti dal censimento ISTAT, ha quindi lo scopo di sistemare e razionalizzare tutti gli elementi della realtà sociale che ruotano intorno alla vita amministrativa di Caposele, che purtroppo, da troppi anni, non ha mai avuto una definizione chiara e puntuale riferita al campo della struttura pubblica ed urbanistica. Per tali importanti ragioni e al fine di realizzare un servizio efficace ed esaustivo nei confronti della norma, si chiede LA MASSIMA COLLABORAZIONE DELLA POPOLAZIONE che avrà, dopo tantissimi anni, la possibilità di una applicazione seria e puntuale della toponomastica e numerazione civica cittadina. Questa prima fase sarà seguita dall’applicazione ed installazione di tutte le indicazioni stradali definitive della toponomastica già approvata e numerazione civica realizzata in occasione del 15° censimento dell’ISTAT. Un grazie anticipato per la collaborazione a tutti i caposelesi. Il Sindaco Dott. Pasquale Farina
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È un orgoglio avere un cittadino esemplare come te, con tanto amore e con così grande dedizione per il proprio paese. Grazie per il tuo pregevole esempio!" "I pensieri sono perle false finché non si trasformano in azioni" M.K. Gandhi
La squadra di giovani che partecipano al progetto organizzato dall'Unione dei Comuni " LA MEMORIA DI DOMANI" . I risultati della importante ricerca sulle tradizioni di Caposele saranno raccontati e diffusi anche attraverso queste pagine. Il coordinatore dell'intero progetto è il prof. Ugo Vuoso.
Anno XXXIX- Agosto 2011 N. 82
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Anno XXXIX - Agosto 2011
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Pellegrini in cammino per San Gerardo
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San Gerardo: il santo dei poverelli
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una locanda, il cui proprietario mi risulta essere stato un certo Pietro Malanga. Anche in questa piccola struttura convergevano pellegrini che portavano al loro seguito alcune cibarie e si accontentavano oltre ad un modesto pernottamento anche la possibilità di poter acquistare un bicchiere di vino per arricchire il frugalissimo pasto. Lo sviluppo ha favorito successivamente il sorgere di ottime strutture alberghiere e di rinomati ristoranti senza però alterare, se non in misura adeguata ai tempi, la spiritualità del luogo. Vi convergono infatti tante persone provenienti principalmente da località limitrofe ma anche da altre più lontane. Il Santuario di MATERDOMINI si eleva in una posizione incantevolmente panoramica, viene ivi venerata una statua alta meno di un metro raffigurante la Madonna genuflessa in preghiera ed in questo luogo operò, in veste di collaboratore, Gerardo Maiella per accogliere e per incrementare la ricettività dei pellegrini di quell’epoca. Vi dimorò fino all’ultimo giorno della sua vita 16 ottobre 1755 e venne canonizzato nel 1904. A leggere la storia di questo Grande Santo, molto noto per il famoso dono dell'ubiquità, la scienza infusa, le estasi, le visioni ed i numerosi miracoli effettuati con la sua intercessione, sembra un racconto avvincente soprattutto per bambini. Infinite erano le sorprese che avvenivano per mezzo di Lui, ad esempio un Arcangelo che gli porta la Santa Comunione, una statua che improvvisamente si anima, ceste vuote che si riempiono immediatamente di pane, un uccello che sfreccia nell'aria per posarsi sul suo dito e cantare per un bambino in pianto ecc. Mi sono sempre state impresse nella mente le “gesta” di San Gerardo Maiella denominato “il Pazzerello di dell'Eucaristia”, che rappresenta un sostegno morale notevole,considerate i grandi dolori patiti nel corso della sua brevissima vita. Durante le prove più difficili chi si rivolge al Santo ha la sensazione di sentirsi guidato come se Egli volesse dire: ”non temere io proteggerò il tuo cammino”. Oggi in un mondo contrassegnato da stress, morti, violenze e paure di vivere ritengo ci si possa rivolgere a questo Santo, che, morto giovanissimo all'età di 29 anni di Tubercolosi, provato inoltre da sofferenze di ogni tipo, resta un faro di luce contro le tenebre della vita. San Gerardo MAIELLA è riconosciuto quale protettore delle mamme, dei bambini e di tutti i poveri. Una visita a MATERDOMINI è raccomandabile ... ..ma da VERI PELLEGRINI!
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organizzative e di ricettività, i mezzi di trasporto adeguandosi ai tempi ed ai desideri sempre più manifestati dagli aspiranti pellegrini ma purtroppo, per alcuni di questi è andata scemando la vera funzione del pellegrinaggio fatta anche di sacrificio. Nei secoli trascorsi questi fedeli, pur di meritarsi ciò che per un cattolico osservante rappresenta un meritato premio, percorrevano, “pedibus calcantibus”,grandi distanze carichi di vettovaglie, pernottando in luoghi improvvisati e quasi mai confortevoli, pur di riprendere il faticoso viaggio alle prime luci dell’alba, come si racconta sia accaduto al piccolo ed esile GERARDO MAIELLA,accompagnato dalla madre nell’anno 1740. I meno poveri potevano permettersi di viaggiare a dorso di mulo trascorrendo poi la notte in qualche modestissima locanda. I fedeli benestanti, che erano pochissimi, viaggiavano invece in carrozza o servendosi di comode diligenze (la “freccia rossa”dell’epoca) e comunque sempre assistiti da assidua servitù ma il premio Divino (indulgenza o altro) era meritatamente riservato ai poveri. Oggi tutto è mutato e qualche sedicente pellegrino non intende sottoporsi a fatiche estenuanti, sofferenze e privazioni; pretende invece, in alcuni casi, di essere inserito nello splendido mondo dei vacanzieri che praticano il turismo religioso patrocinato spesso da strutture ben organizzate. Codeste sono in grado di offrire viaggi in partenza da numerose città d'Italia ed alla portata di tante possibilità economiche. E’ stato calcolato che ogni anno partecipano ai suddetti viaggi, dotati dei più moderni e confortevoli mezzi di trasporto, circa 7 milioni di persone alle quali vengono somministrati vitto ed alloggio in rinomati alberghi e ristoranti del luogo di destinazione. Tutto ciò, ovviamente ha un costo non trascurabile ed il soggiorno potrebbe distogliere il pellegrino da un comportamento consono allo scopo che ha animato una così lodevole iniziativa. Anche MATERDOMINI è meta di pellegrinaggio, meno sfarzosa ed economicamente più accessibile sia per quanto riguarda il viaggio per potervi accedere, sia per i costi delle strutture ricettive contenuti nella giusta misura. Ricordo che a Materdomini negli anni 50, oltre ad un unico albergo denominato “ Casa del Pellegrino”, apprezzabile opera architettonica annessa al Santuario, esisteva anche
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' necessaria una riflessione su come sia oggi interpretato e praticato dal punto di vista della devozione religiosa, il pellegrinaggio. Occorre però risalire nel tempo per qualche millennio ed inoltrarci nelle motivazioni e nei luoghi che hanno successivamente tramandato tale fenomeno del pellegrinaggio. Fin dall’epoca degli antichi egizi era praticato, pur con le grandi difficoltà nell’effettuare spostamenti di persone, accessori e vettovaglie attraverso i vari territori, per raggiungere i luoghi che hanno attirato la devozione da parte di ogni ceto sociale e secondo il proprio credo religioso verso i simboli più significativi dedicati ai loro dei. Nell’antica Grecia erano numerosi i santuari, spesso meta di pellegrini verso luoghi ed in periodi dell’anno ben definiti, per onorare le numerose divinità protettrici. Spesso il raggruppamento delle popolazioni in tali centri ed in quei periodi esigeva ovviamente, da parte di ogni partecipante, un comportamento improntato alla massima devozione. Celebri i pellegrinaggi che tuttora si svolgono nell’ambito di religioni induiste e che sono fra quelli maggiormente frequentati, con immersioni nelle acque del Gange e dove il canto comunitario si eleva con grande esternazione di folla. Sarebbe interminabile la citazione di altri rituali dei quali la storia passata e recente è ricca di notizie. Occorrerebbe invece inoltrarci nel nostro tempo e nei territori nei quali viviamo,esaminare il sentimento sublime che pervade l’animo del pellegrino di fede cattolica. Questo infatti si ispira ad una spiritualità indispensabile a mitigare le umane difficoltà. Una qualsiasi popolazione è sempre sopravvissuta salvando le proprie tradizioni, unendosi con lo spirito ai simboli religiosi tipici della cultura locale e che hanno simboleggiato eventi importanti della propria vita o di quella della comunità di appartenenza. Pellegrinaggio è un termine che, com’è noto, deriva dall’abbinamento di due vocaboli di origine latina e precisamente: “per” (al di là) e “ager” (inteso come territorio), stando così ad indicare un fenomeno di provenienza da altre zone allo scopo di onorare chi o qualcosa che, nel passato, ha rappresentato eventi straordinari di carattere prevalentemente religioso. La Basilica di MATERDOMINI, con tutta la sua storia, rientra fra le mete prescelte da fedeli dediti a tale forma di devozione. Nel trascorrere degli anni sono mutate le modalità di svolgimento, le strutture
di Cettina Ciccone
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PELLEGRINI NEL MONDO ED A MATERDOMINI DI CAPOSELE
La Basilica di san Gerardo in costruzione
Pellegrini con le ceste piene di doni
IL CULTO AL DIO SILVANO NELTERRITORIO DI CAPOSELE
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se Silvano brandiva un ramo di pino, Vito brandisce una croce di legno. A Silvano, custode delle greggi, venivano fatte offerte dai pastori, così a Vito, almeno qui a Caposele: da sempre nel giorno della sua festa i pastori offrivano al santo in dono i propri prodotti: tutto ciò non suggerisce forse una particolare somiglianza tra le due figure? E i tre giri che tradizionalmente si fanno intorno alla pietra di San Vito hanno per caso un legame con i giri che i tre uomini dell’antichità dovevano fare intorno alla casa della partoriente per scongiurare l’assalto di Silvano? Non c’è risposta certa a queste domande. Quanto scritto sopra sono solo congetture, ipotesi relative ad analogie e somiglianze sub contraria specie tra paganesimo e usanze cristiane radicate da secoli che non ci permettono di dire una parola che sia ultimativa. Sicuramente anche in queste zone lo scontro tra Cristianesimo e paganesimo avrà lasciato delle tracce: ad esempio costumi pagani diventati cristiani e santi cristiani che richiamano in un certo qual modo gli dei pagani. Quanto detto sopra vuol essere solo un valido suggerimento per una futura ricerca volta a capire meglio quanto è accaduto nella nostra terra, perché dal buio di tempi antichi si possa illuminare di nuova luce il presente che viviamo e offrire un contributo nella comprensione di ciò che siamo.
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NICOLA SANTORELLI, Il fiume Sele e i suoi dintorni, p. 111-113; Valsele tipografica, Materdomini.1989. Cfr. anche AMATO GRISI, L’Alta Valle del Sele dalle origini al XV secolo, pp. 9598, Editore Boccia, Salerno. AUGUST REIFFERSCHEID, Sulle immagini del dio Silvano e del dio Fauno, pp. 211 e ss., .Roma, Tipografia Tiberina, 1866.
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opposto. È come se nella Valle del Sele il Cristianesimo abbia sottolineato alcuni aspetti e figure della sua fede proprio in risposta ai precedenti culti, tra i quali quello al dio Silvano. Uno di questi aspetti può essere la forte presenza del culto mariano nella Valle: significativa è l’opposizione tra l’odio per la donna e la maternità da parte di Silvano e la maternità di Maria dall’altra. È un caso che la nostra valle si sia popolata di luoghi sacri dedicati ad una donna, Maria, che è rappresentata sempre nel suo essere madre? Basti pensare che a Caposele, di fronte alla Preta, luogo sacro al dio Silvano, su una collina i cristiani edificarono un controaltare dedicato a Maria, invocata come Mater Domini. È un caso che la leggenda riferisca che la sua immagine sia stata ritrovata in una selva (ritorna il simbolismo del bosco) di sambuchi? La presenza del più antico luogo mariano del territorio di Caposele sembra quasi ribadire che ormai la maternità in queste zone non avrebbe dovuto temere più nulla: le partorienti sarebbero state protette da Maria, madre per eccellenza. Contro di lei Silvano non avrebbe avuto più nessun potere. Si pensi ancora alle grotte, alle cime dei monti, ai pianori di montagna dell’intera valle: zone boschive per eccellenza, e quindi dimora indiscussa di Silvano, costellati di edicole, poi diventate chiese, dedicate a Maria: Santa Maria del Fiume (dove ancora due stalattiti stillano il ‘latte’ della Madonna per le madri novelle), Santa Maria di Grienzi, Santa Maria della Neve in territorio di Calabritto; la Pietra della Madonna (un’antica pietra incavata che è stata buttata in fondo al burrone della località Castagneta da irrispettose ruspe quasi venti anni fa), Santa Maria di Pasano, Santa Maria della Neve (quest’ultime non più esistenti: la seconda era sulla Pietra di San Vito) in territorio di Caposele; si pensi ancora a Santa Maria dell’Olmo in quel di Senerchia e a tanti altri luoghi mariani ancora. Tuttora a Caposele si tramanda la leggenda delle sette sorelle (sette Madonne) che, spaventate da un giovane che sembrerebbe un pastore dall’aspetto non certo nobile, si sono rifugiate nei monti e per le valli montane erigendo lì la loro dimora. Chissà che tale racconto non si riferisca nel suo significato più remoto a Silvano, notoriamente nemico delle donne che appunto spaventava, che tenta di mettere simbolicamente in fuga una donna, Maria la quale si rifugia proprio nei luoghi a lui più cari. Se fosse così, il racconto non sarebbe un’immagine dell’ultimo tentativo del paganesimo di scacciare il Cristianesimo tra queste valli? E che dire della subitanea diffusione del culto del primo martire cristiano delle nostre zone, Vito, nella valle del Sele? San Vito è rappresentato sempre accompagnato dal cane, come Silvano, e
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el 1834 fu ritrovata in località Preta un’importante lapide di calcare risalente al tempo dell’imperatore Domiziano (I sec. d. C.) . La scoperta, fatta dall’illustre caposelese Nicola Santorelli, attirò su Caposele l’interesse non solo della corte reale di Napoli, che la voleva nel Museo del Regno, ma anche di studiosi illustri di antichità, tra i quali il famoso epigrafista Theodor Mommsenn (1817-1903). Tale epigrafe, conservata attualmente ad Avellino, testimonia l’esistenza, nel nostro territorio, di un tempio pagano dedicato al dio Silvano, il cui culto era curato da un collegio di sacerdoti. In pratica nella lapide è riportata la donazione di quattro fondi (Giuniano, Lolliano, Percenniano e Statulliano) al dio, con rispettiva villa rustica situata in ognuno di essi. La donazione, fatta da uno sconosciuto Lucio Domizio Faone, voleva essere un voto a Silvano affinché vigilasse sulla buona salute dell’imperatore Domiziano che, devoto al dio, ne aveva fatto erigere un tempio sull’ottavo miglio della via Appia. I sacerdoti del tempio di Caposele dovevano, in ottemperanza a tale voto, celebrare cinque feste all’anno: le calende di Gennaio, la festa della nascita dell’imperatrice Domiziana l’11 Febbraio (data conosciuta proprio grazie al ritrovamento di Caposele), le feste cosiddette rosali il 20 Giugno, la festa del dio Silvano il 27 Giugno e la festa della nascita di Domiziano il 24 Ottobre. Del tempio non è rimasta alcuna traccia. Probabilmente il nome della località dove la lapide fu trovata, Preta, deriverebbe secondo il Santorelli da ‘Pareta’, una volgarizzazione del latino “parietem” ovvero parete, in quanto nell’Ottocento ancora era visibile la parete di un edificio identificato dallo storico caposelese con il tempio del dio Silvano. Ma chi era questo dio? Come mai il suo culto era diffuso proprio nelle nostre zone? Nel Pantheon degli dèi romani Silvano, pur non essendo una delle divinità più importanti, di certo era una delle più antiche. Egli era un dio di aspetto virile, con capelli lunghi, barbuto e ‘boschereccio’: il suo nome, infatti, richiamava quello della ‘silva’ della selva, del bosco che era la sua dimora. Aveva sulla testa una corona di pino che gli contornava il capo e una pelle di capra che ricadeva su di un braccio e alla quale erano appesi frutti quali uva, mele e pigne. In una mano brandiva un grande ramo di
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cipresso o pino e nell’altra un coltello ricurvo. Calzari tipici dei contadini romani ne coprivano i piedi. Non mancavano anche rappresentazioni in cui appariva vestito di una tunica. In lui, cioè, convivevano due modi di essere, quello del selvaggio e seminudo dio dei boschi e quello di un dio più, potremmo dire, civilizzato . Non a caso era sacro a lui il più nobile dei fiori, la rosa. Seguito sempre da un cane, non amava - al contrario del suo alter ego greco il dio Pan o anche del suo parente prossimo romano Fauno - le donne, specie le gestanti. Prediligeva i boschi, ma era invocato come guardiano delle ville, dei giardini e dei campi. Di questi ultimi era il dio tutelare dei confini, e siccome gli antichi romani erano soliti far giungere il bosco vicino ai campi, è normale che la sua dimora fosse in questi ultimi. Si credeva altresì che proteggesse le greggi dai lupi e che promuovesse la fertilità del bestiame. Era temuto particolarmente dalle donne che aspettavano bambini e non sopportava assolutamente i neonati. Sembra uno strano gioco della storia, ma proprio nella terra di Caposele in cui era venerato un simile dio, secoli dopo verrà venerato colui che sarà il protettore delle partorienti e dei bambini: Gerardo Maiella. Riguardo alle donne in dolce attesa, era così grande la paura che si aveva del dio che addirittura gli antichi romani posero di guardia alle case in cui esse dimoravano, per proteggerle da Silvano, ben tre divinità: Intercidona, Pilumno (cui veniva preparato un divano all’interno della casa) e Deverra. Queste dovevano scongiurare l’improvvisa irruzione di Silvano che avrebbe potuto spaventare a morte i neonati e usato violenza alle donne. Un rito particolare era volto ad ottenere il desiderato effetto difensivo: di notte, subito dopo il tramonto del primo giorno di vita del bimbo, tre uomini dovevano camminare intorno alla casa. Il primo doveva colpire la porta con una scure (in onore di Intercidona), il secondo doveva colpire la stessa porta con un pestello (in onore di Pilumno), e il terzo doveva spazzare l’uscio con una scopa (in onore di Deverra). Così facendo la casa otteneva la protezione delle suddette divinità e Silvano non poteva più entrarci. Caposele, luogo di boschi, acque e foreste, era dunque la sede di un tempio in cui si venerava un simile dio: forte e protettivo per i campi e le greggi da un lato, terribile contro donne e bambini dall’altro. Quanto è rimasto di questo culto silvestre nelle nostre zone? Ovviamente nulla: il Cristianesimo da molti secoli ha ormai spazzato via il paganesimo con tutti i suoi riti. Tuttavia ad una osservazione più approfondita degli usi e delle tradizioni locali non possono non balzare all’occhio delle coincidenze strane che testimoniano come proprio nelle nostre terre esistesse in passato un culto che il Cristianesimo ha soppiantato con un altro, potremmo dire,
di Mario Sista
Anno XXXIX- Agosto 2011 N. 82
S.AGOSTINO, De Civitate Dei, libro VI. Cfr. anche GIROLAMO POZZOLI, Dizionario d’ogni mitologia e antichità, p. 99, vol. VIII, Milano 1822.
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Spigolature
PRIMA PARTE
Anno XXXIX - Agosto 2011
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La riunione si svolge nella storica sezione locale. L’aria è tesa, pesante. La partita che si gioca, pare di capire, va ben oltre la semplice scelta del simbolo. A quel punto è in gioco il potere di un’intera classe dirigente del partito, attaccato da un gruppo di “giovinastri”. Ognuno riassume le proprie ragioni e motivazioni. Troppo contrapposte per essere conciliate. Tuttavia, Antonio Bassolino, già allora inciampante e claudicante sulle parole, spiegando la nobiltà dei simboli proposti, ritiene che una soluzione altrettanto nobile vada trovata. E allora, aggiunse domandando, “quale simbolo ha meglio risposto all’anelito di riscossa di questa parte importante del nostro paese?”; “quale simbolo rappresentava la voglia di riscatto contro l’oppressore borbonico e dei feudatari del regno?”.
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Da me interrogato molti anni dopo, Nicola ricordava bene l’episodio. Mi aggiunse però che di tutto ciò che aveva detto Peppino Curcio, anche lui non aveva capito molto. Ma siccome s’era fatto tardi e si era pure scocciato di aspettare, fece quell’uscita per lasciare un po’ nello stupore i suoi compagni d’attesa. E per marcare, senza boria e cattiva fede, un poco di differenza tra lui e gli altri. Un modo come un altro per sorriderci sopra, prima di prendere sonno.
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(La tromba di Bassolino) Qualche anno dopo, stessa scena, stesso luogo, stessi motivi. Siamo nel 1975. I furori del cambiamento spirano in tutta Italia. Dopo i sommovimenti del ’68 e dei primi anni settanta, il ruolo delle giovani generazioni diventa influente nelle organizzazioni di massa. Anche a Caposele una leva di giovani entra nel Partito Comunista e cerca di modificare un certo atteggiamento giudicato molto tradizionale e conformista. Dopo anni di alleanze tra il Partito e una parte importante della piccola e media borghesia locale, che simbolicamente aveva trovato nella “Stretta di Mano” (lo stringersi a Patto tra una rude mano operaia e un’altra, più affinata e gentilizia) il segno della sua sintesi grafica, questo nugolo di giovani andava ponendo il problema di come caratterizzare il simbolo del Partito e pretendere anche un avvicendamento nel ruolo di Sindaco.
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Tra coloro in attesa c’era anche Nicola Vetromile. Il quale dissertava sulle varie ipotesi possibili ma dichiarando anche le sue preferenze di massima sulle soluzioni possibili. Accadde che, dopo alcune ore, preso dalla stanchezza, dalla sezione scese Peppino Curcio per farsi una bevuta d’acqua fresca alla fontanina collocata all’angolo con Via Roma. Tutti gli si fecero intorno. Dopo un prolungato sorso d’acqua, benefico per la ripresa della lucidità mentale, Peppino Curcio disse ma non disse, avanzò facendo passi indietro, fece capire e non fece capire. Ma in quel dire e non dire, avanzare ed indietreggiare, nessuno comunque ci capì niente. Solo Nicola Vetromile fece la tipica espressione, un po’ sorniona, di chi aveva capito tutto e, dicendosi soddisfatto, rivolgendosi a Peppino Curcio, aggiunse: “Peppì, procedete come state procedendo, perché se procederete come state procedendo, procederete bene”. (provate a ripetere il tutto con la cadenza caposelese, come minimo vi verrà da ridere). Tutti gli altri rimasero trasecolati. “Nicò, ma ‘ca bulutu rice?” fece uno dei presenti. “Nient’, c’ bulìa rice: ‘ca vincimu puru stavota” e così dicendo, Nicola Vetromile, guadagnò il vicolo che lo avrebbe riportato
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a casa, mentre tutti gli altri avrebbero aspettato la fine della riunione per avere parole più chiare e risolute.
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(Procedete come state procedendo) Ma da attento e fine osservatore degli accadimenti politici anche di Caposele, Nicola Vetromile non disdegnava curarsi di ciò che andava preparandosi in vista di una campagna elettorale locale. Si stava svolgendo nella sezione del Partito Comunista una riunione in preparazione della formazione della lista civica della Stretta di Mano, cioè la lista della maggioranza uscente, capeggiata dall’indipendente Sindaco Francesco Caprio e dal suo vice Sindaco Donato Mazzariello, riconosciuto leader dei comunisti caposelesi. In quei casi alla normale tensione interna alla sezione, si aggiungeva quella – almeno doppia se non tripla – che serpeggiava tra le persone in strada, tutti in attesa delle decisioni che avrebbero preso i capatàz. Che poi significava stabilire chi sarebbero stati i candidati, quanti giovani, quanti del partito e quanti indipendenti, a quali famiglie appartenevano. Insomma, cose che erano il succo di questa fase preparatoria della sfida elettorale.
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(E’ bello a parlar di patria) Cultore di sapienze popolari, anche se tinte da venature borghesi. Ironia sottile e fine narratore di vicende umane e sociali. Così mi viene di riassumere la figura di un caposelese del novecento. Nicola Vetromile, che nella vita è stato tante cose, ha attraversato tutto lo scorso secolo: sempre con lo stesso sguardo rivolto ad osservare e a commentare fatti ed episodi che gli accadevano intorno. Alcune sue osservazioni resteranno iscritte nel grande (inesistente) registro della minuta storia locale. Due in particolare me ne sovvengono, tanto da riproporle. Egli faceva anche l’esattore dei tributi e delle tasse. Da quella posizione, essendo il locale dell’esattoria a lato del salotto della borghesia del posto, cioè il Caffè di Romualdo, aveva modo di partecipare alle discussioni più interessanti che si sviluppavano al tavolo di giornata. Quasi sempre il tavolo si arricchiva della presenza dei professionisti e dei facoltosi del luogo, almeno quelli votati alla socialità. Non mancava mai il medico, il farmacista, l’avvocato, l’ingegnere, il funzionario comunale che si sistemava sempre a mezzo metro dietro il sindaco. Ma ci potevi trovare il bancario, che a Caposele si è eletto quasi sempre a banchiere; ci trovavi il capo mastro o l’artigiano che si erano accreditati dopo una faticosa scalata sociale. Poi c’erano i rampolli di famiglia che con il maturare del tempo entravano in società, venendo accolti nell’esclusività del circolo. Molte discussioni nascevano dal piccolo fattariello e si sviluppavano all’inverosimile, ricorrendo ad espressioni filosofiche che complicavano la discussione, fino a farla avviluppare e facendole perdere il capo. Accadde così anche quella mattina di maggio, quando il quotidiano napoletano “Il Roma” diede conto di una manifestazione dagli esiti burrascosi e violenti contro il Sindaco di Napoli, Achille Lauro. Nicola si inserì nella discussione chiedendo un solo istante di attenzione. Invitò gli amici a non darsi pena più di
tanto. Una cosa sono i princìpi, aggiunse, altra cosa sono i bisogni e le necessità. Perché è vero che “è bello a parlar di Patria, è bello pure a parlar di Libertà: quann’ la panza è chiena, hai voglia a raggiùnà; quann’vece la panza è vacant’ t’ la sch’affi n’facci ‘o cazz la Patria e ‘a Libertà!!!” Messaggio chiaro, inappuntabile e, data l’ora, nessuno ebbe voglia di replicare. D’un sol colpo tutti si alzarono e si augurarono reciprocamente buon appetito.
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a storia - si sa - è fatta anche di tanti episodi minori, nessuno dei quali resta scritto mai nei libri o negli annali. A proposito di Caposele mi è sempre piaciuto annotare alcuni racconti su vicende leggere che sono però connesse a particolari momenti storici e a personaggi in qualche moso singolari. Con questo numero diamo avvio ad alcuni racconti leggeri di storia popolare. Racconti recuperati grazie alle conversazioni accidentali che mi piace intrattenere – di tanto in tanto - con alcuni vecchi sulle panchine di piazza XXIII Novembre. Narrazioni a volte sbiadite dalla labilità della memoria, cui mi permetto di dare colore, al solo scopo di ravvivarne il senso e la sottile linea di ironia che sempre accompagna l’aneddotistica caposelese.
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di Gerardo Ceres
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IL CORSO DELLE COSE
piglià la cucchiara”. Il confronto è destinato a farsi tosto. Nessuno pare disposto a demordere. Al punto che il commissario (un giovane Antonio Bassolino) della Federazione Irpina del partito è costretto a convocare d’urgenza una riunione per trovare una soluzione al contenzioso.
Da dieci anni circa a ricoprire tale incarico era stato Don Ciccio (Francesco) Caprio, Segretario comunale di professione, un passato di uomo del regime fascista (era stato Segretario del Fascio, come dire segretario di sezione), socialista nel dopoguerra e, appunto, in alleanza coi comunisti, Sindaco di Caposele. A fronteggiare il pressing della Federazione dei giovani comunisti di Caposele ci pensa tutto l’establishment locale, con motivazioni del tipo: “prima ‘anna purtà la cauci, sulu ‘roppu ponn’
Nicola Vetromile
“Io, dunque, io, - aggiunse, concludendo - vi propongo di assumere la tromba che accompagnava gli assalti dei garibaldini quale simbolo della nostra lista alle prossime elezioni amministrative di giugno”.
Dal tono perentorio col quale fu caricata la proposta ci si poteva aspettare solo una messi di consensi. Macché. Tutti sgranarono gli occhi. Ma rimasero ammutoliti, tutti incapaci di replicare. Solo Peppino Curcio (sempre lui) che col suo tipico parlare papale-papale replicò: “Io sono per il simbolo della ‘Stretta di Mano’, ma alla tromba preferisco la fauci e martieddu”. Ancora silenzio nella stanza fumosa. A quel punto si fece avanti, bofonchiando, un apparente timido Alfonso Merola (dieci anni dopo futuro primo cittadino). Egli esattamente speculare a quanto sostenuto da Peppino Curcio, precisò che “io sono per il simbolo del partito ma, meglio della tromba, è sicuramente la Stretta di Mano”. Tutti si convinsero che dopo quel pronunciamento la disputa andava presto chiusa. Ancora una volta il simbolo per le elezioni amministrative sarebbe stato quello della Stretta di Mano, con buona pace per la tromba garibaldina di Antonio Bassolino.
Il simbolo della Stretta di Mano
Attualità
Intervista al Sindaco di Caposele
D) Questa convenzione allora, si farà? R) Sfogliando il faldone degli atti e corrispondenza tra l’EAAP poi AQP e il comune di Caposele, intercorsa dopo il 1942, cioè dopo il furto delle acque, e fino ai giorni nostri, mi sono imbattuto in una delibera di consiglio comunale del 1955 che per alcune coincidenze mi ha fatto molto sorridere e mi ha convinto che effettivamente esistono i corsi e i ricorsi storici: sindaco Michele Farina, tra i consiglieri Salvatore Conforti e Cetrulo Pietro, e come al solito all’ordine del giorno convenzione con l’ EAAP. Convenzione che gia’ doveva essere stata stipulata, perché il Decreto Regio del’42 recitava che “ In ogni caso l’esercizio della derivazione potrà iniziarsi soltanto dopo la stipula del suddetto contratto e la sua approvazione” Tornando a noi, notar Corona, consigliere di minoranza, porto’in consiglio comunale una serie di osservazioni e la replica del consigliere di maggioranza Cozzarelli non si fece attendere: te la leggo ‘”l’importante argomento non ha mai avuto un interesse politico di parte ma soltanto un eccezionale interesse dell’intera Amministrazione e della popolazione ed è stato curato secondo tale interesse generale, in piena intesa; il consigliere notar Corona, nel proporre il suo ordine del giorno, doveva pur ricordare di aver partecipato attivamente alla Commissione comunale preposta ed incaricata per la richiesta del parere legale all’avv. Maroi ed allo studio della controversia. Comunque ,…. premesso che ai fini di una soluzione amichevole della controversia l’Amministrazione ha creduto sempre opportuno e necessario giustificare
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D)Noi vogliamo saperne di più su questa convenzione R)Quasi sempre per essere più chiari bastano solo poche parole ma dette con fermezza. Con l’attuale bozza di convenzione, che è allo studio della commissione: 1) I cittadini di Caposele non pagheranno l’acqua. 2) Caposele non perderà nessun diritto d’uso sulle acque residuali (cioè sui 363 l/s) Questo non lo dice il Sindaco di Caposele ma illustri avvocati, che sono stati opportunamente consultati. Ritornando al primo punto, paradossalmente la convenzione potrebbe rappresentare una via di fuga per non far pagare l’acqua ai cittadini di Caposele. Molti non sanno infatti, che l’ATO ha avuto mandato di far pagare l’acqua a tutti i cittadini, compreso i cittadini di quei paesi che hanno la gestione degli acquedotti in economia e/o non pagano affatto l’acqua. Noi questa convenzione l’abbiamo illustrata e spiegata, discussa con le
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sull’impatto ambientale, che Caposele avesse la supervisione dei lavori, che ci fosse un misuratore della portata dell’acqua all’ingresso e all’uscita della galleria gestito da una ditta esterna (perché l’AQP non adducesse più dell’acqua che gli è consentita), e altro ancora... Se poi per problemi di finanziamento e di fondi il commissario straordinario Sabatelli mi ha chiesto che la bretella non dovesse essere prescrizione vincolante ma che l’avrebbe realizzata con il ribasso d’asta; da un lato devo dire di aver commesso l’errore di non informare la minoranza di ciò, dall’altro, però, devo aggiungere che un sindaco deve pure avere un margine di manovra.
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ogni suo atto attraverso i pareri legali; premesso che dal contesto di questi pareri è sempre risultata inevitabile la soccombenza del Comune per quanto riflette il ripristinum delle acque essendo ribadito il concetto che il Comune e i terzi rivieraschi sono dei semplici usuari per concessione governativa e ne viene riconosciuto il diritto dell’indennità, poiché non sarebbe il caso di avventurarsi in una causa con la quale, certamente, secondo i pareri legali ricevuti fin qui, ci verrebbe denegato il ripristinum, ed appare opportuno incaricare la Giunta Municipale di continuare le trattative per giungere al più presto ad una soluzione bonaria della controversia, tenendo come base le trattative già intercorse sia pure sulle linee generali, salvo scendere all’esame ed approvazione dello schema di convenzione, articolo per articolo nel caso la pregiudiziale dovesse essere accolta…’’ Corsi e ricorsi storici? Non mi stancherò mai di dirlo, nonostante ci fosse un Decreto Regio che obbligava l’EAAP a firmare prima la convenzione con noi e poi a portarsi le acque in Puglia, per le nostre scaramucce e contrapposizioni, giustificate sempre in nome della politica, abbiamo fatto la convenzione nel 1970, cioè 28 anni dopo. Corsi e ricorsi storici? Spero di no. Spero che Caposele sappia far tesoro della storia, la quale deve insegnare e guidare i comportamenti del presente. Chi non ricorda il passato e’ destinato a ripeterlo. Noi non vogliamo aspettare altri 28 anni per fare la convenzione e nel frattempo non aver nulla (come è successo in quei 28 anni), mentre l’acqua sulla quale abbiamo diritti continua ad arrivare in Puglia. Avremmo piacere invece, che tutti mettessero da parte la pura e semplice contrapposizione e pensassero al bene del nostro amato paese.
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associazioni e partiti politici, altri invece che scrivono su siti internet e sui giornali, oggi paladini di trasparenza e partecipazione hanno fatto la loro convenzione chiusi in quattro mura prevedendo con la stessa l’istallazione dei contatori nelle case dei cittadini di Caposele. E questa la dice lunga su costoro che sono contro a prescindere. A dire il vero non ho visto un grande attivismo democratico nel 1997 e anche oltre. Ovviamente la democrazia per alcune persone e in alcune associazioni va a corrente alternata. Ma ripeto, tutto il materiale sulla convenzione è in possesso della commissione, terminati i lavori, pubblicheremo tutto e informeremo la popolazione nei minimi dettagli. In ogni caso questa Amministrazione non ha nessun cantiere privato aperto con l’AQP, come vanno dicendo certi personaggetti locali, e mai in riunioni pubbliche.
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D)Sindaco è un po’ più amareggiato delle altre volte spero, che non lo sia anche per la questione convenzione con l’AQP. R)Sulla convenzione con l’AQP, allo stato, sta lavorando la commissione, che sta analizzando ed esaminando tutte le sfaccettature della questione. Mi è dispiaciuto che sia stato affisso un manifesto,contro a prescindere, mentre la commissione sta ancora lavorando, a firma ‘’Arcobaleno’’che per la verità è passato del tutto inosservato, però ha fatto capire a tutti che a Caposele ci sono persone che remano contro, che lavorano per distruggere e non per costruire, che sono contro il paese e non per il paese.
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D) Sono passati tre anni dal suo insediamento. Alcuni scommettevano che la sua amministrazione avrebbe avuto vita breve, e altri hanno tentato di tutto perché ciò accadesse R)Io le rispondo dicendo che in genere, ma a Caposele in particolare, in nome della politica, con la lettera minuscola, si giustificano tutti quei comportamenti che di sociale, di morale e di politico non hanno niente e tutte quelle azioni che con la correttezza, la chiarezza e la trasparenza non hanno nulla a che vedere.
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D) Sindaco ci ritroviamo per il solito appuntamento con “La Sorgente” R) E’ un piacere per me partecipare a questo periodico, che come ho detto più volte, ferma il tempo nel nostro paese e mette insieme il mosaico della sua storia. Con questo numero un altro pezzo di storia viene raccontato, e rimane lì pronto ad essere ricordato e consultato. E lasciatemi ringraziare in modo ufficiale ed a nome di tutta Caposele chi da sempre ha avuto a cuore questo giornale e ancora oggi lo dirige con lo stesso entusiasmo ed amore: L’Ingegnere Nicola Conforti.
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a cura della redazione
D) Sindaco vi hanno attaccato anche sulla Pavoncelli bis. R) Certo, non voglio dilungarmi dicendo che nelle conferenze di servizio (quattro in tutto di cui le ultime due siamo riusciti a portarle a Caposele, cosa non da poco) non era in discussione la realizzazione dell’opera, già decisa dal ministro perché opera strategica, ma era in esame il progetto sul quale i vari enti dovevano esprimere il parere. Noi in comune accordo con Minoranza e finanche con Cittadinanza Attiva abbiamo colto l’occasione, visto che l’opera doveva comunque realizzarsi, per avere il massimo e sfruttare al meglio questa occasione. Abbiamo ottenuto la costruzione della centrale idroelettrica che era stata stralciata e i soldi per la sua realizzazione convogliati nella opera principale, e una bretella di collegamento tra lo svincolo della superstrada e il cantiere della Pavoncelli bis. Il nostro parere è stato favorevole a condizione che si realizzasse la centrale idroelettrica, che si rispettasse la legge
D) cosa mi dice sul parcheggio multipiano? R) La strada è stata lunga perché piena di ostacoli, tutti superati. Il mandato della regione è arrivato e l’intera somma per la costruzione è a disposizione. Quando i lavori dovevano vedere il loro inizio, ecco l’Autorità di Bacino che ci blocca (come ha bloccato tutti i paesi della valle del Sele) perchè l’area sulla quale deve essere costruito il parcheggio è da risanare. Noi ci stiano adoperando per accertare se questo corrisponde a vero, superare questo ulteriore ostacolo e far partire i lavori della costruzione del parcheggio multipiano. D) cosa ti saresti aspettato dalla minoranza? R) Mi sarei aspettato invece che contrapposizione fine a se stessa (vedi ad esempio convenzione con avvocati … etc.) una proposta politica seria, del tipo: “Sindaco, visto che lei predica da tempo la pace sociale e secondo noi non c’è riuscito, allora si metta da parte e ci potranno essere i presupposti per una collaborazione tra maggioranza e minoranza al fine di una lista unitaria, il che potrà sicuramente avvicinare i cittadini e cancellare asti e inimicizie consumate sotto il nome della politica”. D)E lei avrebbe accettato la proposta? R) Mi avrebbe messo in seria difficoltà, per questo ho detto che sarebbe stata una proposta seria e sensata, questa volta sì con la P maiuscola. Ma a prescindere, il bene del paese è al di sopra di tutto, e di ogni cosa. D) grazie sindaco R) grazie a lei e alla Sorgente.
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Personaggi
NICOLA SANTORELLI un grande Caposelese
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cattedra che serbò ininterrottamente per più di un decennio. Vasta e varia fu l’attività che egli svolse presso lo Studio salernitano, tant’è che vennero a Salerno dall’estero insigni medici per consultarlo ed avere un suo parere sui loro studi. Tra questi, Charles Daremberg da Parigi ed August Wilhelm Henschel, scopritore dell’Herbarius, da Breslavia. Nel 1851 fu a Salerno anche un gruppo di medici inglesi, desiderosi di assistere ad una lezione del collegio medico e del Santorelli in particolare. Questi cooperò anche alla riforma degli studi medici nei licei
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sue pubblicazioni mediche scrivendo: “Essi (volumi) saranno conservati con cura, perché possano servire in futuro ai giovani e illustrino ad essi soprattutto la grande Scuola salernitana”. Mentre a Napoli esercitava la sua professione di medico, gli tornarono graditi gli studi letterari, per i quali nel 1844 aveva conseguito la laurea in Lettere e Filosofia dalle mani del prof. Galluppi. Illustrò le origini e le glorie del Sele e dei suoi dintorni; scoprì e descrisse nel maggio del 1834 una lapide dedicata al dio Silvano risalente al tempo di Domiziano, imperatore romano dall’81 al 96 dell’era volgare, di notevole importanza storica, tanto che valenti archeologi, come Corcia, Guarini, Momsen ed Avellino, la esaminarono e ne scrissero a lungo. Nel 1885 Santorelli pubblicò a Napoli un’opera latina: “Inscriptiones sepulcrales adnotationibus illustratae”, che costituisce un importante contributo alla storia degli uomini più rinomati della Valle del Sele. In letteratura il Santorelli incarna quanto di buono vi fu nell’Ottocento. In tempi in cui dominava un diffuso anticlericalismo, egli visse e praticò una fede intensamente sentita. Ancora a Napoli pubblicò nel 1892 un poema lirico ”Satana”, che è un canto di vittoria per la Chiesa cattolica. Il suo latino sa di stampo classico, le rime hanno anch’esse un loro valore, per cui possiamo affermare che Nicola Santorelli fu un vero umanista del secolo XIX. Nel 1896 scese in lizza con la veste del polemista, stampando il suo “Cattolicesimo e libero pensiero”, dedicato ad Antonio Buglione, arcivescovo di Conza, a cui seguì “Variazioni ad alcune poesie italiane di sapore materialistico e pessimistico”. Era convinto della fine dell’ateismo e dell’instaurazione del cattolicesimo nel mondo. Nel 1896, ancorché malato e sofferente, pubblicò i suoi ”Ultimi di mia vita pensieri ed affetti”. Morì il 1° marzo 1899, mentre correggeva le bozze del suo ”Manuale di preghiere”. Aveva 88 anni.
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L’ARTICOLO COSTITUISCE UNA BREVE SINTESI DEGLI SCRITTI SU NICOLA SANTORELLI DI DON ALFONSO MARIA FARINA CHE, PUR LONTANO DAL PAESE NATIO, FU SEMPRE LEGATO DA PROFONDO AFFETTO ALLA SUA CAPOSELE
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universitari del Regno delle Due Sicilie. Il suo piano di miglioramenti fu accettato dal Ministro e tradotto in pratica. In riconoscimento dei suoi meriti scientifici varie accademie lo nominarono socio, tra le quali l’Accademia medico- chirurgica di Napoli il 12 luglio 1842; la Cosentina il 15 giugno 1846; l’Accademia delle scienze di Palermo il 19 maggio 1847; quella di Tropea il 31 maggio 1847 e quella di Noto il 25 ottobre 1847. Nel 1856 pubblicò a Salerno l’opera “Osservazioni e ricerche su le febbri continue dell’indole delle intermittenti”. Ma il 14 aprile 1861 il nuovo governo dell’Italia unita abolì del tutto
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per la cattedra di medicina presso l’Università di Napoli. Poco dopo si trasferì a Salerno, dove la fama della celebre Scuola medica era ancora viva. Questa era stata soppressa il 29 novembre 1811, allorquando Gioacchino Murat varò il nuovo ordinamento della pubblica istruzione. Tuttavia, allo Studio salernitano rimasero dei corsi universitari facoltativi: anatomia, psicologia, patologia, medicina pratica, chimica, chirurgia e ostetricia, fisica, storia naturale, con il privilegio di conferire diplomi. Il ventisettenne Santorelli ottenne la cattedra interinale di medicina forense e farmacologia e nel 1830 divenne titolare di patologia,
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di Michele Ceres
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icola Santorelli (Caposele 10 agosto 1811– Caposele 1° marzo 1899) fu educato nell’aristocratico e religioso ambiente familiare alla serietà nelle scelte di vita ed all’impegno negli studi che lo sorressero nel corso della sua esistenza. Dopo aver frequentato nel suo Paese le scuole elementari, dodicenne entrò nell’Istituto Cirelli di Calabritto, ove compì gli studi medi. Passò a Napoli, dove nello studio di Giuseppe Eboli seguì i corsi di fisica e matematica ed in quello di Pasquale Galluppi le lezioni di filosofia. Si iscrisse alla Regia Università di Napoli, ove si laureò in medicina e chirurgia. Si dedicò subito agli studi delle epidemie dopo aver letto attentamente Thomas Sydhenham, il più rappresentativo esponente inglese della scienza medica del XVII secolo. Di qui cominciò la sua multiforme attività che non conobbe sosta se non sul letto di morte. Le corsie dell’ospedale della Pace per gli epidemici di Napoli e i casolari della Valle del Sele, soprattutto Caposele, per l’epidemia che vi infierì nell’autunno del 1837, lo videro lavorare instancabilmente per stroncare il terribile colera. Nello stesso anno Santorelli fu chiamato al capezzale del morente Giacomo Leopardi, ma nulla poté per la salvezza del grande poeta ormai consumato dall’idropisia e dall’asma. Nel novembre 1838 fu nominato medico straordinario dell’ospedale della Pace di Napoli. Per continuare gli studi prediletti si spinse nella bassa pianura del Sele tra Paestum e Capaccio, esaminò i dintorni del Sele, sostando in ogni misero abituro. Scrisse un’apposita memoria che esibì al “Regio Istituto d’incoraggiamento alle scienze naturali partenopeo”, riportandone l’approvazione e la nomina di socio corrispondente. La memoria è titolata:”Agronomici, idraulici provvedimenti onde arrestare il maleficio della malaria”, con la quale Santorelli dimostra di essere vero precursore delle opere di bonifica che solo negli anni Cinquanta del secolo scorso sono state realizzate nella piana del Sele. Nell’Archivio di Stato di Salerno si conserva un’interessante opera inedita del Santorelli dal titolo “Prime linee d’istoria delle principali epidemie, epizoozie, endemie, enzoozie e morbi pestilenti con tentativi di ragionamento”, presentata alla Regia Accademia delle scienze di Napoli, che l’approvò e nominò l’autore, con decisione unanime, socio corrispondente. Nel 1844 pubblicò un’operetta sulle perniciose che riscosse un grande successo. Ricco di tali referenze, il Santorelli vinse nel 1844 il concorso
lo studio Salernitano. Santorelli si recò al dicastero della Pubblica Istruzione per difendere la conservazione dello Studio salernitano. Fu tutto inutile. Soppressa la Scuola, egli tornò a Caposele, ma ben presto si trasferì di nuovo a Napoli per tenere un corso biennale di anatomia patologica nello studio del prof. Lauro. Indi, si diede all’esercizio della libera professione. Nel 1896 pubblicò il ”Saggio di epidemiologia”. Da tanta produzione emerge imponente la personalità del Santorelli nel campo scientifico. Numerosi furono, in tal senso, gli onori che gli furono attribuiti dai più famosi medici scienziati del tempo. Ancora nel 1940 padre Agostino Gemelli accoglieva con entusiasmo le
(L’articolo costituisce una breve sintesi degli scritti su Nicola Santorelli di don Alfonso Maria Farina che, pur lontano dal paese natio, fu sempre legato da profondo affetto alla sua Caposele
Ricordi
Ricordi, riflessioni e …
qualche proposta per Caposele
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di Ezio Caprio
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a ricovero occasionale o di fortuna, con esposizione frequente di bucato abbandonato ed offerto, senza pudore, allo sguardo dei passanti che attraversano la panoramica variante S.S., che collega cioè le Sorgenti al Santuario e viceversa. Si potrebbe (ma sono tentato di dire “si dovrebbe”) recuperare quel bene al patrimonio Comunale (invero già lo è!) ed adibirlo magari a museo delle attività rurali ed artigianali perché, infatti, non di sola acqua ha vissuto e vive Caposele! Museo, ristoro antico con caffetteria immersa nel verde ed avvolta nell’aria antica, con obbligo al gerente di turno di manutenzione rigorosa, con il rispetto dell’ambiente e dei canoni estetici del buon gusto. Ed ora mi impongo uno stop alle riflessioni (che andrebbero oltre i limiti) ed attendo risposte attuative e non solo meramente dichiarative.
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Ma – mi domando – non sarebbe meglio ritornare al vecchio sistema di scuola Media “selettiva”? Mi piacerebbe, su questo argomento, aprire un dibattitoconfronto, con il qualificato contributo del Mondo della Scuola. Magari, potrebbe ravvisarsi la opportunità di convertire la tendenza sin qui mantenuta ed optare per la istituzione di un Istituto tecnico agrario, specialistico nelle colture da noi più praticate! Invito, all’uopo, il Consiglio Comunale di Caposele a manifestare una precisa volontà in tal senso, previo uno Studio qualificato, ad iniziativa del competente Assessorato alla Pubblica Istruzione. Ma vogliamo o no riconoscere che il Liceo Scientifico risulta troppo spesso una fabbrica di disoccupati, se non, peggio, di illusi da effimeri traguardi, non più al passo con i tempi? Se ciò non è vero, me ne compiaccio e chiedo scusa agli illustri concittadini. Ma temo di non essermi troppo allontanato dalla realtà! E, comunque, ho detto ciò che penso. Si potrebbe cominciare, a mò di esempio, con la valorizzazione di beni disponibili ma del tutto abbandonati ad un triste destino. È sotto gli occhi di tutti, infatti, (anche dell’ignaro turista o pellegrino che sia) lo “scempio” – è proprio il caso di affermarlo – di quello che è stato luogo sacro, ovvero il “vecchio Cimitero”, poi divenuto Campo Didattico con entrostante ed elegante fabbricato, ora ridotto
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della seconda e terza Avviamento dell’anno scolastico 1962-63. Carissimi allievi ivi rappresentati, Vi riconosco tutti, ad uno ad uno, e Vi sono grato per l’arricchimento umano e personale che mi avete inconsapevolmente trasmesso in anni per me difficilissimi e che hanno poi segnato i successivi sviluppi della mia esperienza di vita. Tu, Battista di Quaglietta e tu Pasquale Farina (ora impresario teatrale, nipote del compianto D.Alfonso Maria Farina) e tu Ceres (detto anche Sivori, di recente premiato per la fedeltà al lavoro in Fiat) e tu Competiello Antonio, emigrato in Canada, e tu Tobia Montanari, emigrato in Bologna e tu Lardieri Bonaventura (che venivi a piedi da Buoninventre, dotato di superiore quoziente intellettivo), tu Fortunato (da Materdomini) e tu Mario Feleppa (anzitempo trasmigrato all’altro mondo ma, prima, emigrato a Londra, dove, per caso ti incontrai in un ristorante nei pressi del Tamigi e dove non volesti farmi saldare il conto) e tu Rocky, ora rinomato acconciatore in Patria, con settimanali escursioni nella vicina Teora! Senza dire, infine, delle grandi qualità umane e professionali dei Colleghi: nelle foto è riconoscibile il dott. Pasquale Russomanno, Docente di Scienze Naturali e Matematiche, che con la Sua sola distaccata e signorile presenza conferiva autorità e prestigio alla Cattedra che ricopriva. Naturalmente, quanto sopra succintamente esposto (volutamente evitando eccessivi riferimenti autobiografici) rende conto a me stesso della domanda iniziale che mi ero posto. Ma, ovviamente, non è tutto! Caposele, ora, non è più la stessa ed è forse un bene che sia diversa: importante, però, è ritrovarne l’anima! A questa ricerca ed a questa riscoperta occorre dedicarsi, toto corde: senza distinzioni di ceto, di censo e di cultura ma con un solo massimo comune denominatore: Amore incondizionato, irrazionale (come tutti gli amori) per la propria fonte, sorgente di vita: Caposele! Fatte le suesposte divagazioni introspettive, per conferire maggior concretezza a questo mio contributo, vorrei accennare a qualche considerazione, pur senza avere la pretesa di elargire pseudo-analisi sociopedagogiche.
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Direttore Ing. Nicola Conforti a voler inviare in redazione “un articolo su Caposele” mi ha provocato un benefico effetto, come l’ossigeno in chi ha fame d’aria. Questa volta ho voluto chiedermi il perché ed ho cercato scavarne le motivazioni, rileggendo a ritroso il mio “vissuto” caposelese. Partendo dall’infanzia, intensamente trascorsa nelle campagne e nel tessuto urbano caposelese, allora concentrato nella Piazza, in stretta connessione con i quartieri satelliti (non periferici). La prima (e sola) palestra di vita era allora la strada, non ancora asfaltata; le rive del fiume Sele, sino al Ponte Minuto. La prima assemblea , la più eterogenea, era la Scuola Elementare, arroccata al Castello, in aule affollatissime, con il solo guardiano Gennaro, intento anche a preparar la legna per alimentare le stufe in ferro, sulla cui piastra si abbrustolivano castagne. Poi, a dieci anni, arrivava il primo bivio. Si varcava, spesso per la prima volta, il confine di paese salpando per paesi più fortunati, dotati di Scuola Media, ove si sosteneva il primo vero esame: quello di “ammissione”. Ed era quello il primo passaporto. Poi iniziava la diaspora, per lo più presso parenti “cittadini” o, più spesso, presso Collegi laici e religiosi, più o meno severi, più o meno ortodossi, sempre molto costosi e, a volte, troppo selettivi. Ognuno di noi si lasciava alle spalle “un piccolo mondo antico”, fatto di cose semplici ed essenziali, di usanze comuni, di frequentazioni socialmente “aperte”. I rientri, natalizi, pasquali ed estivi, segnavano e scandivano momenti di incontro e confronto. Per i più fortunati e/o più dotati vi era un prosieguo universitario più o meno tortuoso, più o meno impegnativo, scandito da successi condivisi o da naufragi solitari. Sempre, la regia di ogni passaggio era sottoposta al vaglio finale ed implacabile dell’intera collettività paesana: la vox populi, sussurrata o conclamata, spesso cattiva e/o approssimativa, a volte però anche corrispondente alla realtà consolidata e verificata. Poi venne la prima riforma della Scuola Secondaria: ovvero la istituzione della “Scuola Media Unica”, nell’anno scolastico 1962-63. Le foto che documentano questo significativo evento epocale (dal punto di vista scolastico e sociale) e ne segnano il passaggio – e che sono a corredo di questo mio intervento – ritraggono appunto le due classi “ad esaurimento”
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’invito, esteso agli abituali collaboratori, del “nostro”
Il casotto del Campo didattico
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Dal Brasile
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150º ANNIVERSARIO DELL’UNITÀ D’ITALIA!
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affascinante, ovunque. Tu, lo sai a me incanti, perdutamente! Un chicco di te, mi seduce: Materdomìni! È un nobile, incantevole borgo di Caposele, lembo di rara bellezza, sullo splendido Colle, dirimpetto al bonaccione monte Pafiagone, una amabile località di gente felice: Irpinia! Ciao Caposele, parenti, amici, campi, monti, valli, ruscelli, cardi, rovi..., memorabile fiume Sete, stimabile, infallibile amico canoro: usignolo, sacro, indimenticabile luogo: Materdomini! Conservo, di voi, un amore infinito. Vi amo! ARRIVEDERCI
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di Umberto Malanga
Regina di Napoli, una persona influente, appartenente al clan dei borboni. Il capitano entrò nel convento, per procurare il suddetto. Vi rimase più del tempo necessario e dopo, ilariante, scese (accompagnato da un umile frate, portandogli un pesante bagalio) e avvisò i suoi seguaci, che il tale era partito in missione sacerdotale, a predicare il Vangelo all’umile gente dell’arida Puglia e, senza aggiungere altro, ordinò la partenza per Teano. Ma, e la consegna dell’olio, il ritorno del nonno Giuseppe, quale fu la conclusione, domandai alla zia. “Il mio fratello Giuseppe Malanga consegnò il famigerato olio, al misterioso abate e ritornò a casa sfinito, famélico, in condizioni disastrose”. Dopo anni, nel paese si vociferava che ‘Puppinu’, senza saperlo, aveva traslato, con quella povera mula, settanta chili di monete d’oro! E il priore? Beh, quando il capitano salì in cerca di costui, fu atteso cortesemente, come uno statista, in una sala speciale, ornata favolosamente e una tavola apparecchiata con ogni ben di Dio, fu corteggiato con quella singolare diplomazia clericale, ricevette in dono, un sacchetto color purpureo “chinu‘r‘ndulgenz’roru!” E il nonno Giuseppe, ebbe riconoscimenti per tale ardua missione, questionai la zia Alfonsina. Ella, niente aggiunse, però, si schivò di un preambolo esitante. Il nonno giammai accreditò a tutto questo e, sereno, continuò a zappare la sterile terra dei suoi campi, nell’alta Valsele. La storia termina qui. Il ceppo s’è consumato, il lucignolo della candela non scintilla, tutti a letto. Boa noite!”
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litri ognuno, di olio, ad un abate, a Nusco, un paesetto, circa, trenta chilometri da Materdomini. Gli aveva pregato il massimo sigillo, era un’opera di carità che bisognava essere compiuta. Il nonno allestì la sua mula nei migliori modi, la aprovviggionò della migliore biada con “sciuscell” e quindi, alle undici di notte, s’inoltrarono tra i boschi, mulattiere ripide, per compiere la pia missione. Una notte buia, un ulular di lupi feroci. Li accompagnava un fedele mastino. Se tutto andrà bene, saranno di ritorno, l’indomani a notte. Inquanto il nonno, bonaccione, compiva quel che gli era stato ordinato, di mattina, ben presto, arrivò un plotone di garibaldini, a Materdomini e si postarono davanti al portone principale del convento. La zia Alfonsina, sempre presente e intromessa, diceva che la strada era “quagliata ‘r copp’l ross”. La ragione per cui, il resto dei Mille s’incontrava li, era per arrestare il priore. Questi era il confessore della
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rosario, il cioppo fa ripetuti schiocchi, arde forte, io, impaurito, pensavo: “Chi è questo nemico occulto che ci ascolta, in questi luoghi cosi remoti, sperduti nel tempo, scordati dal mondo?” Stava perplesso, perchè conoscevo i due sbirri: Il primo era il figlio del ciabattino del luogo e l’altro era il figlio del colono dei fondi del mio nonno Gerardo. Ma che carriera fulminante! Tutto chiuso, il rosario recitato e a voce bassa la sorella Raffaela accenna che quest’anno l’Italia compie ottant’anni della sua Unità. La sua amata maestra, signorina Freda, impartiva lezioni di storia alla terza classe. La Mamma, rassicuratasi che tutti stavamo accanto al focolare, ben posizionati: Ciccio a sinistra, più vicino alla porta, a destra Concetta con in braccia Margherita, la più piccola, sonnecchiando, Gerardo, di nascosto, in un canto, fumando l’ultimo mozzicone, Raffaela ed io vicino a Lei che, riferindosi all’Unità d’Italia, racconta:
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ono uno dei tuoi innumeri figli, ch'hai disseminato per il mondo, già da un tempo molto distante, allorquando, era solo per mare, poter approdare in nuovi orizzonti. Italia, paese di rare bellezze, ricco di cultura, di arte, di storia, di tanta affabile e amabile gente, tutto il mondo ti ama, ti ammira e, anche, Tu tanto a tutti stimi. Ahimè, son più di cinquant’anni che non seguo, in loco, con Te, il completo ciclo della Madre Natura e inebriarmi nel suo ineguagliabile aroma, l'elisir dionisiaco, la ricca gastronomia! Dalle candide vette più alte, delle italiche Alpi, perfino all'estremo sud, all'isola di Lampedusa, in ogni canto sei un incanto, una "Musa", sei realmente
“Il mio nonno Giuseppe, nato il 1822, il primo di una famiglia prolifica (11) era molto considerato dai frati del convento. Qualcosa che ne avevano bisogno, si rivolgevano a signor Giuseppe. La zia Alfonsina, l’ultima sorella del nonno, era rimasta zitellona e stava sempre nella nostra casa a dare una mano alla mia Mamma, Raffaela, confusionata con i suoi otto figli. Parlando e pettecolando, la zia disse che il nonno aveva una grande missione da compiere. Il priore del convento gli aveva chiesto di consegnare due barili di trentacinque
UN FRAMMENTO DI STORIA, DOVE TUTTO ACCADDE E TUTTI PARTECIPARONO, IN MODI DIVERSI, ALL’UNITÀ D’UNA GRANDE NAZIONE, ITÁLIA! CENTOCINQUANT’ANNI CI SEPARANO. È CAMBIATO QUALCOSA? COMUNQUE, SI VA AVANTI
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CARA ITALIA!
Milite, che c’è? Sono Capitano, risponde il primo, ch’era accanto ad un collega un pó grassotto, al di là del peso di una persona normale. Ciccio complimenta costui: “Come va, Capo? Questi risponde: “Bene, ma... io sono Tenente!” In casa, silenzio totale, poi il graduato, arrogante, elucida la situazione: “Ma non sapete che stiamo in guerra e oltre lasciare sfuggire un pò di luce dalla finestra, fate un chiasso in orario di coprifuoco. Chiudete tutto, fate silenzio, perchè il nemico vi ascolta!” La Mamma incomincia a recitare il
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ulla parola UNITÀ, il Garzanti dice: “L’essere uno solo, unicità, l’unità culturale di un popolo, unità d’intenti, unitarietà politica e conomia, solidarietà, concordia, coesione, soluzione unica di problemi diversi”. Ma la storia ci racconta il contrario, nell’ampio spazio di centocinquant’anni. Il Sud, allora ricco e alquanto dotto, dopo il passaggio del Generale, nato a Nizza quando, ancora era italiana, è stato emarginato, come tutt’ora lo è, nell’economia, nella mancanza di opportunità, per inserirsi in un mondo moderno, globalizzato. Il Sud pecca per le sue tradizioni millenari, incise nel suo DNA caparbio. Il Nord, avvantaggiato dalla posizione limitrofe con nazioni più all' avanguardia, detta le norme nazionali, tanto in politica come nell’economia, però è infetto di una velata discriminazione, non puramente italica. È uno stupore assistere all’indebolimento delle attività psichiche, dei componenti di un partito politico, xenofobo, di voler isolare il Sud dall’ambito nazionale. Ridicolo! È frutto di ascendenze di nobili falliti, di arroganti e, ancora, completamente ignoranti. Ma, a proposito del 150º Anniversario dell’Unità d’Italia, ho una piccola storia da raccontare: Era l’anno 1941, periodo difficile per la nostra Patria. Una tarda sera, del mese di gennaio, una temperatura polare con neve abbondante, noi stavamo in casa, accanto al ceppo ardente. Chiassosamente, ci espressavamo per qualche piccola novità. La Mamma, sempre rattoppando qualcosa per la numerosa prole. D’improvviso, battono alla porta, fortemente. Il fratello maggiore, Ciccio, apre ed ecco che due camicie nere, furiosissimi, appaiono. Ciccio domanda: “Signor
Storia dell'emigrazione
Dal Brasile
UN OSPITE ILLUSTRE: Il Giornale “La Sorgente”
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di Umberto Malanga
morali con l'avvento del Fascismo e con il grande successo ottenuto dalla propaganda fatta all'estero da Benito Mussolini con la sua politica socio-economica riguardante “La Grande Riforma Agraria” apprezzata in Italia e nel mondo. Mussolini col nome di Duce divenne anche famoso nel mondo come il piú popolare Capo di Governo . Anche il Governo Australiano finí per valutare benevolmente l'Italia Mussoliniana e prese a ben volere anche i pochi emigranti italiani in Australia.I quali vennero apprezzati anche per il loro grande ingegno e laboriositá. A prova di ció le Autoritá del Nuovo Stato del Galles ( N.S.W. – leggi: Niu. Sauth. Uels. ) concessero loro vaste estensioni di terreni da dissodare e trasformare in terreni agricoli a bassissimo costo. nella zona della Riverina, convinti di fare un buon affare. Cosí il Fascismo divenne molto popolare anche il Australia e molti australiani ne divennero addirittura soci. Ma la luna di miele tra gli Australiani come nazione, e gli emigranti italiani, s'interruppe bruscamente quando nel 1940 Mussolini dichiarò guerra all'Inghilterra,
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Ma tanta sofferenza si trasformò gradualmente in virtú; il coraggio di far fronte alla grossa mole di lavoro quotidiano venne notata, infine, anche dalle Autoritá statali e ció comportó per gli emigranti italiani grandi vantaggi di ricchezza finanziaria e grande soddisfazioni, anche
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Con saudade (nostalgia). A risentirci e a rivederci presto! Ciao, Umberto e famiglia
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GLI ITALIANI EMIGRATI IN AUSTRALIA 'Australia Cane' é il titolo del libro scritto da Pino Bosi a cavallo degli anni 70 - 80. Esso ci racconta della vita da cane affrontata prima, durante e immediatamente dopo ' La Seconda Guerra Mondiale con particolare riferimento al lavoro svolto dai tagliacanne da zucchero nello stato del Queensland. Un ambiente naturalmente bello ' di famiglie d'erbe e di animali ', ancora troppo selvaggio e infestato da rettili velenosissimi e da un insopportabile vuoto di voci umane amiche dell'affollato vicinato; dove la nostalgia scoppiava di salute soffocante fino a rasentare la pazzia. Il giovane Dino tentò di buttarsi giù dalla cima di un altissimo eucalispo; alcuni suoi compagni di lavoro, lo rianimarono, lofecero desistere dal suo pensiero suicida e l'aiutarono a tornare giù a terra sano e salvo.
all'amata Caposele, addolcirmi del balsamico dialetto locale, con vecchi colleghi di scuola, sorseggiare un caffè, in via Roma, al bar omonimo, mirare le genti, nel loro passeggio domenicale, serale, ubriacarmi di malinconia tra i tanti stretti vicoli, mitici scorci, testimoni di infiammabili antiche storie d'amore. Amico, io, particolarmente, sono orgoglioso di riceverti nella mia casa: è stato e sarà, sempre, un dialogo emozionante. Complimenti al tuo Direttore Ing. Nicola Conforti e staff, alla Pro-Loco Caposele, che tanto s'impegnano per farci sentire vicini. Ti hanno adornato d'un moderno design: 48 pagine, compilate con passione, ricche di cultura, di storie, di luoghi, mostrando un presente vivo, espressivo e, ancora, ci trascinano al passato e invogliano di fare una presenza più frequente per rivivere dolci momenti e abbracciare, personalmente, coloro che vi sono coinvolti e tutta la comunità. M'hai ricordato tanto, m'hai ravvivato tutto, però, consapevole della tua prolungata assenza, mi rattrista, sembra l'abbandono d'un membro di famiglia. Visitaci più "spesso", la tua amabile presenza, per noialtri che viviamo al di là dei confini del nostro Comune, rappresenta tanto!
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meritatamente, che tutti noi ne siamo fieri. La nonna Gaetanina con la nipotina, preparando i fusilli, cavatielli, hum! Anche tu, trovi giusto sorreggere li viecchi,pur'ca so rus'caturi... ed io confermo: 'e che 'bbò fa! La Didattica Del Fare, il ratto delle Caposelesi, la Squadra di Calcio, Storie di caposelesi. Il racconto d'un terremotato, polemiche, il fervente ferragosto, con una vibrante, simpatica gioventù, i beni della Chiesa di Materdomini nel 1580. Speriamo che non si avverino le previsioni, d'un compaesano, che Caposele, lentamente, muore! Memorie, immagini, ricordi di giorni lieti, visi caratteristici. Ancora, la Convenzione con l'AQP. Miriamo tanti cari volti nostalgici, che creano un vuoto in noi. Infine, con un fascino straordinario, l'Oasi della Madonnina, montaggio spettacolare che fa sognare e volare ivi, con la fantasia. Giornale amico, in questa memorabile edizione (81), ti sei superato, m'hai raccontato tante cose, m'hai trasportato a quella gioventù spensierata, lontana dai dolori fisici, saltellando tra i sentieri, attraversando candidi ruscelli, campi fioriti, profumati che solo da te sono autentici. Le gite in montagna a raccogliere l'aromatico origano, procurare funghi e, irresponsabile, andare con amici alla caccia del cinghiale, delle beccacce... In estate, tuffarsi in una "tonza " del fiume Sele per un bagno, poi gettare l'amo, ingannando qualche trota inavveduta. Le storiche camminate, pedone, calare dalla mia Materdomini, approdar laggiù,
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della Solidarietà", la "Terapia del Dolore", interessanti discussioni sui nostri amici animali, 40 anni di Storia Caposelese. Una giusta lapide alla memoria del trentennale, dedicata alle vittime del sisma del 1980. L'onnipresente sorriso festoso delle Forze dell'Ordine. Il Campo Base delle tende del soccorso e della speranza. Personalità unite durante la commemorazione. L'intervista col Sindaco, al quale si affida il futuro del nostro paese. Una Battaglia di Civiltà, ben osservato, avvolgente, incentivante, e che si usi il buon senso. Si spera che l'acqua sarà, di nuovo, Caposelese? Un fiume di informazioni, di dati storici sul prezioso liquido che irriga le nostre menti, una ricca raccolta del passato. È vero, l'amato Giornale, La Sorgente, è un compagno che ci accompagna ovunque, ci fa sentire di stare in casa. Un eccezionale recital per un’ avida, gremita platea. Il libro "Una Vita tutta in Salita", di Gerardino Calabrese, è una vera lezione di vita. Sono testimone del suo meritato successo. Ancor trent'anni dopo storia di Napoleone ed i mulini di Caposele, si commenta sulle sorgenti, del nostalgico "Zio Antonio", il suo grande amore per Caposele, per l’Irpinia, per l'Italia: fu un convivio fantastico, meraviglioso, indimenticabile. Il conterraneo Giuseppe, racconta la saga degli italiani in Australia, come digeriscono la indigesta arroganza anglo. Foto ricordi di innumeri compaesani che, tra i quali, modesto, appaio accanto a tanti, e alcuni già partirono. Mi parli dei perenni problemi del Sud, i grandi valori del Carabiniere,
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a Metropoli Paulistana non si ferma mai! Sono le sei del mattino, gente e veicoli sembrano impazziti, in un competere allucinante. Io, in attesa dell'autobus che mi condurrà al mio posto di lavoro, osservo, perplesso e penso cos'è, chi li spinge a questa sordida confusione. Vi sembrerà strano, ma io vado di “collettivo” alla mia Alpes (tipografia) e spiego: con la macchina impiego il doppio del tempo e con l'aggravante di fare qualche scontro: lascio la macchina in garage, cinque giorni alla settimana, poi il governo municipale di San Paolo ci offre il passaggio e, frutta e... un buon bicchiere di vino, anche. Una breve "siesta", poi di ritorno al mio traballio (lavoro). Quivi, il postino, tra altre, mi consegna una speciale corrispondenza. È’ il Giornale, la bella « Sorgente, fonte inesauribile di sentimenti umani, di tanti ricordi, d'un gradevole ritorno al passato, un mirare le bellezze del luogo, i paesani, gli innumerevoli articoli. Allora, rientro a casa prima del solito, ansioso di ascoltare, con più serenità, le novità che l’Amico mi racconterà. L'amabile Ospite, inizia un dialogo sentimentale, con immagini spettacolari delle ineguagliabili acque. Poi, le tante lettere in redazione di lettori lontani, avidi di informazioni, colmi di nostalgia del caro paese. Frammenti di storia del luogo, eventi, mostre... e non solo, una gran folla di gente, con gran voglia di vivere. Modelle sfilando moda del "Jeans Street". Una piccola, ma intensa Cronaca, la "Giornata
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madre terra degli Australiani. Tutti gli emigranti maschi da 18 di Giuseppe Ceres anni di etá in su italiani, tedeschi e BROACASTING SERVICE) dopo giapponesi,compresi quelli con acquisita vent'anni e piú d'immigrazione, trasmise cittadinanza australiana, vennero rastrellati un film dove si evidenziava lo scarso in tutto il Continente Australiano e Ocenaico progresso civile compiuto dagli emigranti e chiusi in Campi di Concetramento. In in generale, eccetto quelli provenienti Australia vennero raccolti e rinchiusi da nazioni del Nord Europa, compreso i nel Campo di Bonakill nello stato di Tedeschi che, come gli Italiani, avevano Adelaide come spie nemiche pericolose. perduta la guerra. Si volle mettere il Ne seguirono sospiri , pianti ed alti guai. evidenza che il quoziente d'intelligenza Ne soffrirono terribilmente specialmente degli emigranti neo latini era allo stesso le famiglie che vennero crudelmente livello o poco superiore a quello degli smembrate e lasciate sul lastrico pur anche scimpanzé. Ció ci offese ma non troppo se senza aver commesso nessun crimine. si pensa che il Direttore della scuola liceale Essi furono liberati tutti dopo il 1943, conosceva poco o nulla dell'Italia fino al quando il nuovo Governo Badoglio firmó 1974 , quando, saputo che nella Biblioteca l"armistizio e la Dichiarazione di Guerra di Wollongong vi lavorava un italiano, dell'Italia contro la Germania al fianco il sottoscritto, chiese d'incontrarmi per degli Alleati: America Inghilterra e Francia. chiedere scusa per mio tramite per il Il giudizio sugli emigranti italiani vergognoso concetto che si era fatto degli cambiò; si cadde dalle stelle alla stalla e italiani emigrati in Australia vennero considerati un pò come dei poveri I saputelli autori, certamente poco campagnoli sottosviluppati ( peasants ) con informati, della A.B.C sapevano o no che poca o nessuna istruzione. Tanto che negli il grado di istruzione di gran parte degli anni 1970-80 la TVA.B.C. (AUSTRALIAN
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Le vecchie cantine i località "Saure"
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di Giuseppe Russomanno
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l giorno 24 maggio 2011 in compagnia di 9 fantastici compagni di viaggio siamo partiti con il solito spirito di avventura che ci accompagna ormai da tanti km... Grande avventura ...io Giuseppe Russomanno con la mia unica e insostituibile 883, mio fratello Gerardo insieme ad Angelo e Gerardo Vitale, Giovanni Damiano, Piero Cordasco, Giacomo Salicone in sella alla sua bmw, Giuseppe Nigro, il grande Raffaele Sista, Alfonso Peccatiello e il più veterano non che il perno del nostro moto club CAPUT SILARIS e di tanti altri viaggi storici in moto, Dino Cetrulo siamo partiti con uno spirito carico di emozioni. Destinazione CROAZIA. Imbarco a Bari ,siamo giunti Dubrovnik, trovandoci dinnanzi a panorami unici, abbiamo proseguito verso il tramonto di Mejugorie...visitando la famosa meta
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Giuseppe Ceres
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MOTO CLUB CAPUT SILARIS
dei suo abitanti avrebbe aumentato la sicurezza dell'Australia a dissuadere il Giappone, in caso gli fosse venuta la maledetta voglia di annettersela. Per aiuto si rivolse all'Inghilterra adottando una politica immigratoria piú attrattiva col famoso pacchetto ' Ten Pounds Passage cioé, agli inglesi che emigravano in Austrtalia il viaggio costava £10,00 ( dieci Sterline ) soltanto e col diritto di tornarsene a casa gratis qualora qualche emigrante non si fosse trovato a proprio agio in terra australiana. Molti inglesi approfittarono, ma solo per farsi una bella crociera. Quindi egli si rivolse all'Europa democratica bianca, non comunista con il viaggio agevolato al costo per gl'italiani di solo £.36.000 ( trentaseimila lire ) italiane con l'obbligo, peró, di dichiarare di volersi stabilire in Australia per sempre o, per fondati motivi, poteva tornarsene al proprio paese non prima di due anni di permanenza in Australia o pena la restituzione del costo del viaggio agevolato. Questa politica di immigrazione con le relative agevolazioni vennero largamente pubblicizzate in Europa e di conseguenza anche in Italia. Ma l'Italia per pigrizia burocratica o, per egoismo, come si diceva allora, di tenere i propri coloni fittavoli e simili legati ai fondi agricoli, tali agevolazioni non furono divulgate con la dovuta sollecitudine. Ma, anche se a malincuore, molti italiani riuscirono ad emigrare anche in Australia ricorrendo ai prestiti purtroppo, con interessi molto alti e affrontando terribili e disagiatissimi viaggi su navi scomodissime. Simili alle navi per trasporto di bestiame.
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famiglia e alla madre terra - La mente vuol partire, ma il cuor non vuole L'Australia agli inizi e prima degli anni cinquanta per moltissimi italiani era una terra assai lontana e conosciuta solo di nome. Solo un piccolo numero di italiani prima della Seconda Guerra Mondiale riuscí a mettere piede sul suolo australiano. Esso fu salvato unitamente a dei tedeschi mentre correvano il pericolo di annegare, da una nave australiana che andó in soccorso della loro nave che poi affondó. Pur non desiderati e a mala voglia fu concesso loro di stabilirsi in Australia e precisamente nel Nord dello Stato del Nuovo Galles del Sud. Durante la Seconda Guerra Mondiale pochissimi prigionieri di guerra italiani vennero accampati in Port Kebla a quasi cento chilometri a sud di Sydney tra essi capitarono alcuni abitanti di di Santandrea di Conza i quali conobbero di fatto questa piccolissina area dell'Australia. Tutto ció, a causa dell'enorme lontananza e degli scarsissimi mezzi di comunicazione con l'Italia, non bastó a far conoscere alla gran parte del popolo italiano l'enorme possibilitá economiche cui l'Australia era in grado di poter offrire. E l'Australia continuó a rimanere una sconosciuta ai potenziali emigranti italiani. L'Australia stessa non era interessata ad accettare sul suo territorio altri immigrati eccetto gl'inglesi. Negli anni tra 1960 e 1970 l'all'ora Primo Ministro Albert Gorton Menzies si rese conto che l'Australia aveva urgente bisogno di aumentare la propria popolazione per non perire economicamente e politicamente e pensó anche che, l'aumento del numero
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E solo tre anni fa il Primo Ministro del partito ALP ( Astralian Labour Party ) ebbe il coraggio di chiedere scusa e perdono per quanto di brutto e di cattivo la popolazione di origine inglese aveva inflitto per tanti anni alla popolazione aborigena. E solo da tre anni diversi aborigeni si sono detti essere ogogliosi australiani, con un Governo indipendente tutto loro.. Fino ad oggi gli australiani sono stati fortunati per il fatto che la popolazione aborigena non è di indole violenta; si é accontentata di soltanto assistenza sociale e non si è ancora battuta per il recupero di danni economi e morali subiti nel lungo tempo passato. Pino Bosi nel suo libro, Australia Cane, scrive di un dialogo tra un ubriacone australiano di origine inglese, un aborigeno e un italiano, Giovanni, appena giunto in Australia. I tre hanno per unica dimora un vecchio autobus. Fa caldo, ma essendo il sole tramontato da qualche ora l'autobus è divenuto abbastanza accogliente. L'australiano tira fuori dall'interno del suo pastrano due bottiglie di birra e offre da bere ai presenti. Giovanni non capisce ciò che quei due dicono, ma capisce quando l'inglese gli offre da bere. Ha tanta sete e accetta volentieri. Poi rivolto all' aborigeno osserva: " É brutto non essere australiano. Giovanni non parla bene l'inglese, non conosce la nostra cultura..." " Io sono come Giovanni. Io no parlo bene inglese, non conosco il costume inglese, Io non sono Australiano. Io sono straniero." '' Ma che dici ?..". Sono le due cause principali per cui una persona emigra: L'enorme mancanza di risorse nella sua terra nativa e l'abbondanza di risorse disponibili nella terra straniera. Contro il forte o debole attaccamento alla
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australiani d'etá pari a quella degli emigranti italiani, era piú o meno allo stesso livello e che gli italiani erano supportati da oltre duemila e piú anni di civiltá mentre gli Australiani soltanto da duecento e ancora gl'inglesi nuovi arrivati in Australia, si vantavano apertamente di essere emigrati in una nazione – da loro voluta e mantenuta - sottosviluppata ?. Gli emigranti di origine non inglese per scelta dell' Organizzazione Sindacale Australiana, sono stati tenuti fuori dalle Pari Opportunitá nella ricerca del lavoro a loro adatto. Una motivazione questa, credo, sufficiente a suggerire a Pino Bosi a titolare, giustamente, il suo libro "Australia Cane." Gli Aborigeni, al singolare, aborigene (dal latino ab origine' "fin dall'origine"), chiamati, dopo l'invasione da parte dell'Inghilterra del Continente Oceania nel secolo XVII, Aborigeni Australiani. Il numero approssimato degli aborigeni esistenti su tutto il territorio australiano prima dell'invasione si aggirava intorno a 300.000 persone; il governo inglese per non far apparire agli occhi del mondo l'occupazione come un'aggressiva invasione, classificó gli aborigeni come esseri non umani, cioé animali . Un territorio disabitato per cui la colonizzazione britanninica poté decimare la popolazione aborigena del 90% con omicidi, con l'aiuto di malattie varie, comprese quelle esportate in australia con i detenuti e perfino con avvelenamenti, senza scrupoli, senza rimorsi e senza essere disturbata fino a quando il resto del mondo civile non si sveglió tra il XIX e il XX secolo. Nel 1960 con la legge Mabo gli Aborigeni, dopo tante lotte, rinacquero alla dignitá di essere umani, guarda un po', con lo stesso quoziente d'intelligenza degli inglesi, visto che alcuni aborigeni si erano laureati avvocati in Inghilterra.
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della Madonna...siamo ripartiti per la bosnia per poi ritornare nuovamente in croazia dove ci aspettava un fantastico evento europeo HOG rally. Nei giorni seguenti abbiamo fatto un tour bellissbellissimo tra laghi spiagge montagne e parchi naturali.. E' stata davvero una grande emozione vissuta con splendidi compagni di viaggio. Un'esperienza che ripeterei immediatamente. Per finire voglio dire che non importa il colore, la marca o lo stemma, ma conta solo montare sulla propria sella e andare andare e andare......
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Una foto ricordo dopo il viaggio faticoso
La storia dell’acqua PARTE SECONDA
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di Alfonso Merola
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Anche in questo caso non tutto andò nel verso giusto: il riordino giuridico dei corpi avvenne ora a vantaggio dello Stato, ora delle regioni e dei dipartimenti, ora ancora dei municipi, ma sempre in una visione in cui la distinzione tra patrimonio e demanio era molto labile. La confusione fu massima quando si trattò di far ritransitare i diritti idrici negli antichi statuti comunali rimessi in vigore, con una serie di leggi impressionanti abrogative a catena. In molti casi la demanialità fu chiamata in causa, a pretesto, per rivendicare diritti nei confronti dello Stato “assorbente” e fu negletta, quando si trattò di tutelare diritti reali di godimento da parte della cittadinanza. (Molti Municipi se ne impadronirono in un’ottica patrimoniale sgravata da ogni genere di vincolo, primo tra tutti quello afferente all’uso civico diffuso). A pagare il prezzo più salato, ovviamente, non fu lo Stato, ma, come al solito, i cittadini che si videro sottrarre antichi diritti mai messi in discussione fino ad allora. A riguardo va precisato il quadro delle relazioni sociali entro cui si mossero la Rivoluzione francese (e quelle filofrancesi) e l’era Napoleonica nel suo insieme. Garantite le prerogative delle masse urbane rivoluzionarie, senza le quali la borghesia non sarebbe riuscita a rimuovere i privilegi delle classi dominanti (clero, nobili, etc.), la normalizzazione post-rivoluzionaria si concretizzò con il trasferimento di “poteri e di funzioni” in capo alle nascenti repubbliche. Per quanto concerne l’acqua, queste nuove forme statuali, più che assorbire poteri, tesero a trasferirli con i regimi di delega e/o di concessione verso il basso alla borghesia “rivoluzionaria” che ormai costituiva l’ossatura periferica e centrale dello Stato stesso. Anche l’acqua, quindi, è usata come grimaldello per rimuovere le ultime scorie monarchiche ed allargare la base del consenso in un sistema di potere piramidale in cui alla base non fu mai assicurata una vera autonomia, ma una semplice gestione. Le masse rurali, per essere state antirivoluzionarie, continuarono, quindi, a subire una sudditanza, anche se meno pesante rispetto all’era assolutistica. In effetti la demanialità e la patrimonialità dei beni idrici, passando (da rendita di posizione parassitaria quale erano), in mano alla borghesia produttiva (concessionari di usi e sfruttamento) produssero un’interessante, ancorché frammentaria, rete di attività produttive le quali aiutarono la riconversione della manodopera agricola in industriale. Le cosiddette repubbliche ereditarie sorte durante il Cesarismo Napoleonico (Impero) ebbero il merito su questa falsariga di “completare“ la rivoluzione industriale “alla francese”. Furono poche le voci che si levarono a difendere l’acqua contro una visione puramente strumentale (energia).
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fuorché dell’uso dell’acqua. Per puro caso e per fortuna, le popolazioni cui erano state tramandate antiche consuetudini, in periodo di pestilenza, disobbedendo a prescrizioni, si affollavano lungo le correnti dei fiumi e, senza saperlo, sopravvissero in tal modo a pestilenze: richiamandosi ad un patrimonio inconscio e collettivo molte popolazioni salvarono la vita. Fu per questo motivo che accanto a sorgenti e fiumi sorsero luoghi di culto intitolati a “Madonna della Sanità e/o della Salute”, magari su vecchi siti un tempo sede di templi greci o romani, spesso in opposizione all’orientamento del clero locale. In sintesi l’acqua subiva un duplice ostracismo (sessuofobico da parte del Cattolicesimo, antisanitario da parte degli scienziati): tutto ciò avveniva mentre le risorse idriche incominciavano ad essere valutate per la loro portata economica, grazie all’utilizzazione delle stesse nei rudimentali schemi produttivi degli opifici che dovevano successivamente costituire l’ossatura della nascente rivoluzione industriale (water economy). È, in particolare, il fenomeno dell’urbanesimo ad iscrivere l’acqua in questo ordine di idee, come ebbero a dire i primi economisti del XVII secolo. “Lo sviluppo delle attività urbane non può fare a meno dell’acqua: il naturale umore è economicamente e umanamente necessario” (G. Farrell). Con la prima rivoluzione industriale, violata l’intangibilità della risorsa idrica, e accettata la sua prospettiva merceologica, dell’acqua si scopre la potenzialità tecnologico – energetica (si direbbe oggi, la possibilità di essere volano di sviluppo) con quello che comportava per il nascente capitalismo. Per la prima volta l’acqua fu percepita dalle classi più disagiate come una nemica. La risorsa naturale che assicurava la vita, diventava strumento concorrenziale alla forza-lavoro per le potenzialità energetiche che essa garantiva. La tecnologia dell’acqua, di fatto, rendeva marginale l’impiego della manodopera o quantomeno costituiva un ricatto costante sul contenimento e sulla decurtazione dei salari. La scoperta del suo valore energetico doveva scatenare addirittura un cataclisma legislativo che portò ad una accelerazione della sdemanializzazione e delle patrimonializzazioni, spesso in regime di accentuate concorrenze tra i primi industriali, i quali entrarono a gamba tesa nello sfaldare quel poco di privativa pubblica che ancora rimaneva. La colonizzazione dell’oro blu registra episodi non meno inquietanti di quelli vissuti nella corsa all’oro nero (petrolio) qualche secolo più tardi. A quel punto, tutto sarebbe andato a gonfie vele per la privatizzazione se non fosse intervenuta la Rivoluzione Francese e tutto quello che ne seguì per almeno un trentennio. Lo Stato, infatti, abbattendo le feudalità e riappropriandosi dei poteri da tempo appartenuti ai monarchi assolutisti e alla loro nobilità parassitaria, faticosamente riconquistò con una serie di leggi (Navigabilità dei fiumi, Classificazione dei corpi idrici, etc.) le antiche demanialità, ma questa volta ponendole in capo alle istituzioni territoriali.
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disdicevole. Invero la Chiesa si interessa del mondo, ma per abbattere consuetudini sconvenienti: tuona contro le terme pubbliche e private, contro i bagni a vapore, perchè pagani e diabolici e proni a tentazioni erotiche che aprivano le fiamme dell’inferno. Verso l’acqua si scatena così una fobia, spingendosi ad apostrofare come lussuriosi e lascivi quanti fossero “usi a bagnar le membra in acqua”. Se l’acqua utilizzata con finalità perversa è veicolo di peccato, questo non significa che la guida spirituale e morale la renda vile e da demonizzare sempre. È vero che quello che era considerato un diritto finisce per essere declassato ad azione compassionevole da parte di chi ne ha la disponibilità a favore di chi la invoca … Il nitido imperativo del “dar da bere all’assetato” perde la categoricità ed assume il senso di esortazione generica (salvo poi a tuonare non quando i diritti sono infranti, ma quando la richiesta degli stessi è percepita come pericolosa deviazione). È giocoforza, quindi, che nel diritto intermedio l’antica res extra commercium, con l’azione conquistatrice e violenta dei barbari (e non solo dei barbari), entra nel patrimonio di Re, di Imperatori (ed anche di Papi) ed al concetto di demanialità subentra quello di patrimonialità e di regalia. In un caos assoluto, per tutto il Feudalesimo ed oltre, quando a Re ed Imperatori subentrarono in aggiunta anche Principi e Signori con le loro gabelle (acquatico, pontatico, pescatico, etc.): la frantumazione dei poteri, trasformò l’acqua da risorsa naturale a merce d’uso e di consumo (talvolta), grazie anche ad interferenze ecclesiastiche e teologiche tutt’altro che lineari. L’acqua, si è detto, resta “un bene dal cielo”, ma giacchè il cielo aveva suoi rappresentanti sulla terra (Reges voluntate dei) non ostava a questi ultimi l’amministrazione della stessa come patrimonio temporale ad essi affidato! Non sono rari i casi di corpi idrici che entrano nelle successioni ereditarie non solo come diritti d’uso e servitù, ma addirittura come cespiti veri e propri. Il capovolgimento “giuridico” del diritto dell’acqua è speculare nello stesso periodo ad un ridimensionamento della medesima sul fronte sanitario: l’acqua, un tempo, da Sanitas et Salus è addirittura demonizzata, disprezzata e sconsigliata. Fu questo il capolavoro dei fautori della linea patrimoniale dei corpi idrici. Riscontrato che era duro rimuovere antiche consuetudini che legavano le popolazioni ai fiumi, alle fonti, ai laghi, costoro chiesero soccorso alle nascenti scienze mediche per annullare diritti che, a ragione, erano ritenuti inalienabili e definitivi. Si usò terrore, perciò, spingendosi a definire l’uso dell’acqua una pratica addirittura pericolosa per la salute. I medici della cosiddetta età moderna (XVI – XVIII) ritenevano addirittura che “l’acqua, penetrando negli orifizi del corpo, e attraverso i pori della pelle, indebolisca il corpo, fino a degradare le funzioni ed ucciderlo” (sic!). I bagni e le abluzioni, quindi, dovevano essere prescritti dai medici (bagni terapeutici). Nasceva, così, la moda del profumarsi per scacciare il cattivo odore. È significativo che anche durante le pestilenze accertate le ordinanze emergenziali di tutto parlino
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Non si comprende, però, come una giurisprudenza tanto condivisa ed originale viene successivamente abbattuta dalle popolazioni cosiddette “barbare” se non ci si sofferma sul cataclisma prodotto nell’impero romano dall’avvento del Cristianesimo (i cui condizionamenti segnarono molti dei secoli successivi anche grazie al potere temporale che le gerarchie ecclesiastiche andavano consolidando). Intanto va detto che a partire dalle prime evangelizzazioni e fino a tutto il secolo XVIII la grande “intuizione” romana dell’”acqua che non appartiene a nessuno”, scivola lentamente verso una concezione della “risorsa idrica che non poteva essere negata a nessuno ma che non necessariamente non doveva essere di nessuno” (“regis dominium in nomine Dei”, Boezio). In effetti, il Cristianesimo, nell’ossessione di recidere le radici pagane (che ovviamente non erano tutte da censurare e rigettare), riconoscendosi nel monoteismo, finisce per sovvertire il rapporto dell’uomo con l’acqua che come si è detto era stato di “laica religiosità” o, se si vuole, di religiosa laicità. L’avanzata del Cristianesimo non ammette compromessi: si possono anche “cristianizzare culti pagani” ma in nessun caso è ammissibile accreditare o far sopravvivere credenze che riconoscevano alla natura prerogative di divinità (Molti filosofi “naturalisti” furono mandati al rogo, è bene ricordarlo). La credenza in Dio, unico ed esterno alla Terra, di fatto dissacrava la Natura stessa, riposizionandola come un prodotto della creazione. Accadde così, che il concetto di “dominium” romano viene stemporalizzato e decontestualizzato. L’acqua, per essere chiari, resta ancora sacra, ma in un’ottica alquanto differente dal passato, tutta simbolica, metafisica ed ultraterrena. Era dal cielo che essa cadeva e, dunque, di Dio e di nessun altro la vera acqua! Conta solo l’acqua del cielo, l’acqua del battesimo, l’acqua che asperge il corpo del defunto per l’ultimo suo viaggio, l’acqua di cui ci si bagna la punta delle dita nell’acquasantiera, l’acqua, infine, che segna la partecipazione dei fedeli al sacrificio (quando il celebrante, al momento della comunione, la versa nel calice di vino che simboleggia il sangue di Cristo). Come a dire, è di Dio l’acqua dei Cieli e di Cesare quella della terra. Non dovette piacere troppo alle gerarchie dell’epoca la lauda di San Francesco che assegnava al Signore anche ogni rivolo o fiume che scorreva sulla terra. San Francesco e non solo dovette allibire di fronte ad una lettura così forzata dei Vangeli dove il richiamo all’acqua è ricorrente e a riflettere bene Gesù Cristo nel suo approccio con la più naturale delle risorse ebbe, per così dire, un atteggiamento molto filo-romano, intollerante cioè verso un uso privatistico (che tra l’altro non esisteva nella cultura medio-orientale e mediterranea). È un bel passo indietro col Cristianesimo, la logica che affida ciò che è terreno a un Cesare che in epoca romana a tanto era inibito, ancorché fosse augusto imperatore. Sbaglia, però, chi pensa che la Chiesa si chiuse in se stessa delegando agli altri il Potere Temporale nella gestione terrena. Se ciò che scorre sulla terra, proviene comunque dal Cielo, chi è eletto dominus per volontà di Dio, può farne quel che vuole, ma mai consentirne un uso peccaminoso. Fu così che la Chiesa si ritagliò un ruolo, al di là della privativa, e riguardò la restaurazione, a suo dire, di un rapporto corretto con l’acqua escludendone ogni uso
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Storia
Continua con questo numero la pubblicazione di una interessante ricerca di Alfonso Merola sulla storia dell’acqua. La ricerca, partendo da molto lontano, ripercorre un itinerario alquanto sconosciuto, per approdare, con dovizia di particolari, alla storia recente delle acque del Sele. “Per dirla, in breve, dice l’autore, l’acqua è stata un valore sacro, un valore sociale ed un valore economico, a seconda del periodo storico, appunto, in cui detti valori si sono attestati, in riferimento, ai vari quadri di civiltà che si sono succeduti. Nell’antichità, per quanto concerne l’intero Globo, l’acqua fu considerata una divinità per lo più associata alla Salute e alla Vita.
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LA NATURA RINGRAZIA
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di grande interesse per il territorio italiano sia in termini di estensione geografica ma soprattutto per ciò che concerne la natura, l’ambiente e la biodiversità. Il Parco d’Abruzzo, con le sue genti( prime fra tutte i cittadini di Civitella Alfedena), metterà a disposizione la sua esperienza quasi centenaria verso il nostro territorio aiutandoci a far comprendere come un’ area protetta possa generare ricchezza anche economica. Molti sono i punti che ci legano: dalla storia fatta dagli uomini, (anche loro discendono dai sanniti, il Regno delle due Sicilie, il brigantaggio) alla storia della natura infatti una volta anche sulle nostre montagne vivevano l’orso, il cervo ecc… E proprio con il cervo che si svilupperà una delle prime azioni in comune prevedendo sia uno studio sulla reintroduzione che la fornitura di alcuni esemplari e l’assistenza alla loro salvaguardia nell’ecosistema. Ma già un primo atto, tra il Wwf ed il Comune di Caposele in forza del patto di amicizia, ha fatto si che presso il museo delle acque è visitabile un esemplare di lontra imbalsamata, proprio del nostro fiume, trovata morta qualche mese fa tra i Comuni di Valva ed Oliveto Citra. A questi devo aggiungere un altro risultato che premia il lavoro fatto fino ad oggi: è estremamente emozionante fare un incontro con un esemplare di lupo, un animale bello, affascinante, fiero, novellato come la bestia che suscita paura, inquietudine, ma che si dilegua intimorito se si trova ad un passo dall’essere che spesso, purtroppo, si mostra così crudele nei confronti di ogni forma di vita, l’uomo; un’ esperienza diretta avvenuta a pochi chilometri dal centro abitato di Caposele a dimostrazione che quando si applicano le buone pratiche la natura ti ringrazia.
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e l’ossigeno che le nostre aree producono; forme di incentivi o defiscalizzazioni sul lavoro; defiscalizzazione sulle accise dei carburanti da riscaldamento per i maggiori costi sostenuti in tutti i settori a causa del clima rigido. Credendo fortemente in questi valori e in queste idee che si è sviluppata l’azione amministrativa. Dopo la prima fase dedicata alla tutela, alla sensibilizzazione e alla educazione dei cittadini, si è aperta la seconda fase quella relativa allo sviluppo attraverso il reperimento di fondi europei. Abbiamo già ottenuto un finanziamento inerente al mantenimento degli habitat per la conservazione di specie animali per 7 annualità, abbiamo pronto un progetto dell’importo di circa 700.000 euro riguardante il recupero di 20 km di sentieri, aree di sosta e pic-nic e la creazione di un’area faunistica per la fauna selvatica, un pacchetto che gli operatori del turismo potranno proporre ai propri clienti e visitatori; un altro progetto, presentato tramite il Parco, è quello che riguarda la sistemazione idraulico-forestale dell’area montana che ci vede destinatari di altri 700.000 euro. Inoltre Il 22 maggio 2011 è stato firmato il “Patto di Amicizia” tra i Comuni di Campagna, Caposele e Civitella Alfedena, Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, Associazione WWF Valle del Sele – Oasi WWf del Monte Polveracchio , Riserve Sele Tanagro e Monti Eremita Marzano, parco Regionale dei Monti Picentini. Un atto importantissimo dove sono state stipulate una serie di azioni concrete comuni, riguardanti aspetti socio culturali e naturalistici, legate al territorio ed alle popolazioni. Questi territori rappresentano una parte
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essere l’attore principale , ma oggi assente, quale il Parco. In un mondo globalizzato, paradossalmente, sono la diversità e la biodiversità ad essere elementi di ricchezza naturale, economica ma anche etica. I Parchi sono fondamentali in questo processo, ma devono funzionare, devono avere gli organi, le risorse materiali ed immateriali, devono prevedere forme di indennizzo rapide per i danni causati dalla fauna selvatica sulle attività agricole e zootecniche: invece tutto questo oggi non c’è. Sarebbe un errore gravissimo da parte della Regione continuare a far stare in fase di stallo tali Enti, a privarli della loro funzione, peggio ancora sarebbe l’idea irrazionale di eliminarli. Qualche anno fa il Parco Nazionale della Maiella ha prodotto una ricerca accurata in cui, tra le altre cose, sono emersi due elementi economici importanti: da un lato si è quantificato in circa 1 miliardo di euro il valore annuo delle produzioni naturali rinnovabili (acqua, aria, stabilizzazione climatica ed idrogeologica che trascendono di molto i confini del Parco) e dall’altro quello che per ogni euro che lo Stato Italiano spende annualmente per il sistema Parchi, beneficia di un ritorno di 100 euro in tasse per il maggior reddito generato, senza considerare i benefici occupazionali che Federparchi anni fa quantificò in circa euro 100.000. Ecco perché la Regione Campania deve investire nei Parchi prevedendo ulteriori processi evolutivi nella protezione del territorio anche attraverso la creazione delle aree di connessione, dei corridoi ecologici fondamentali per la biodiversità. Così come dovrebbe attuare degli interventi legislativi per le aree interne già nel breve periodo: forme di riequilibrio finanziario con le zone costiere per l’acqua
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arlare di sviluppo, considerando i tempi poco favorevoli dal punto di vista economico, potrebbe sembrare improprio, inutile; e ancora più inopportuno potrebbe essere pronunciarsi su argomenti quali la tutela dell’ambiente e lo sviluppo sostenibile. Diventa più difficile in quanto, già in tempi normali, il sistema “ambiente” non trova gli spazi giusti, nonostante vi siano molti segnali che inducono ad essere ancora più incisivi e costruttivi in tale settore. Oggi, più che mai, tutelare il nostro patrimonio è un investimento: evitare il taglio di alberi, in periodi in cui non si fa forestazione, significa prevenire dissesti idrogeologici; regolamentare il pascolo, significa dare la possibilità al bosco di potersi estendere e di compiere il suo ciclo naturale; tenere puliti i boschi significa evitare forme di inquinamento ma anche permettere ai turisti di visitare e godere del nostro territorio. Proprio il nostro territorio, con il paesaggio, la nostra cultura, la biodiversità che rappresenta la “materia prima”, è il prodotto da vendere, da far conoscere; e quanto più esso è protetto, conservato, pulito, tutelato, incontaminato, tanto più diventa appetibile per i turisti. Oggi abbiamo una pluralità di offerta di prodotti e servizi nel turismo dove operano miriadi di piccole imprese. La competizione si vince puntando sui prezzi o sulla qualità dei prodotti. Il Comune di Caposele ha intrapreso la strada della qualità dei suoi prodotti “naturaliambientali” attraverso la tutela del territorio e sarebbe giusto che anche gli operatori del settore percorressero questa strada. Le imprese sono la diretta espressione della tradizione dei territori, gli artigiani fanno conoscere la produzione locale intrisa di passione personale, passione che diventa arte, espressione delle loro idee, della creatività e della cultura del territorio, magari coordinati da chi dovrebbe
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di Angelo Ceres
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COSI’ LA RACCONTANO I NONNI Per costruire la galleria bisognava demolire la chiesa della Sanità e quindi spostarla più giù. I Caposelesi accettarono ma a patto che la chiesa fosse ricostruita esattamente uguale. Mio nonno raccontò a mio padre che prima della demolizione fu staccato il quadro della Madonna della Sanità per portarlo nella chiesa madre dove sarebbe rimasto fino alla fine della costruzione della nuova chiesa. Gli uomini fecero una gran fatica a trasportare il dipinto in quanto era incastonato nel muro. Finito la chiesa il dipinto tornò al suo posto e portato semplicemente da quattro uomini. Oggi vediamo il vecchio campanile simbolo di Caposele adagiato alla Montagna Paflagone e molto più giù la chiesetta della Sanità.
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Un duello infinito tra l’Acquedotto Pugliese ed il Comune di Caposele
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Intorno al 1900, in una calda giornata di luglio, tutti i caposelesi, compreso mio nonno Giuseppe Casale videro per la prima volta una macchina attraversare le strade di Caposele. In quella macchina c’era il sig. Giuseppe Pavoncelli, venuto a Caposele per visionare le sorgenti del Sele. Molti furono i commenti dei paesani su questo avvenimento. Qualcuno disse a mio nonno: “Caro Peppe, è arrivata la fine del mondo e nulla sarà più come prima”. E così è stato per quello che è accaduto negli anni seguenti. La macchina passò per la Portella e si fermò nella vecchia piazza. Un gran folla di curiosi si radunò per vedere per la prima volta un’automobile. Pavoncelli e gli altri, dopo aver effettuato il sopralluogo ed avere incontrato le autorità amministrative, misero a punto il loro progetto per la costruzione della grande galleria che prese il nome del suo ideatore.
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L'ACQUEDOTTO Nel 1939 in pieno Regime fascista l’acquedotto Pugliese pretese ciò che N.82
di Giuseppe Casale rimaneva dell'acqua di Caposele. Il sindaco dell’epoca "Don Pasquale Ilaria" capeggiò una rivolta che si battè insieme ai paesani contro tale decisione, ma inutilmente. Infatti don Pasquale fu arrestato dal maresciallo dei carabinieri Peppacena e l'acqua se la presero lo stesso. In questa occasione pronunciò una famosa frase e disse: "LA STORIA SI RIPETE MA GLI ATTORI SONO SEMPRE GLI STESSI". Negli anni '80 iniziarono un'altra galleria che fu chiamata la Pavoncelli Bis, ed un rumoroso by pass. Anche in quegli anni non mancarono le proteste da parte dei caposelesi contro i lavori, soprattutto per le famiglie che abitavano nei prefabbricati nelle vicinanze del cantiere per il fastidioso rumore dei motori ivi installati. Le manifestazioni continuarono: mia nonna Concetta che protestò a viva voce davanti al prefabbricato contro gli assordanti rumori dei motori, fu intervistata dalla televisione. Dopo alcuni anni si spensero i motori e si
Giuseppe Casale e Teresa Caruso col figlio Vincenzo
ritornò alla normalità. In questi giorni si parla della scadenza della convenzione con l’Acquedotto Pugliese: se saremo uniti vinceremo la nostra battaglia. Comunque andrà Caposele è sempre al capo del Sele e tale resterà: questa è l’unica cosa certa che nessun uomo potrà cambiare.
Atualità
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riporta che nel 1532 gli abitanti di Caposele furono tassati per fuochi (nuclei familiari) 182, nel 1545 per 253, nel 1595 per lo stesso numero, nel 1648 per 300, registrando una continua crescita con una inversione di tendenza nel 1669 quando gli abitanti si ridussero a 204 nuclei familiari. Nel 1700 gli abitanti ammontarono a circa 3400. Il Giustiniani riporta ancora che “ dette sorgive han di già rovinate porzioni della medesima terra e forse un giorno le recheranno l’ultima rovina costringendo gli abitanti ad abbandonare del tutto il suolo patrio”. Tutto questo sta a significare che la posizione in cui si trova il paese è favorevole allo sviluppo della vita e delle attività ma il territorio va controllato e salvaguardato da smottamenti e frane che ne pregiudicano la stabilità e lo sviluppo. Tanti ricordano la frana del 1963 nella zona “ Ponte” con distruzione di case e strada di
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Caposele ed il suo territorio
aposele è uno dei pochi abitati della provincia che sorge in una vallata dove nasce e si sviluppa un fiume, il fiume Sele. Questa sua posizione certamente ha richiamato, fin dai tempi più antichi, genti che ricavavano dall’acqua che vi sgorgava copiosa prodotti agricoli e vi svolgevano attività collegate ad essa. Lorenzo Giustiniani, autore del dizionario geografico ragionato del Regno di Napoli edito nel 1797, vi afferma “questa terra non è certamente di recente fondazione ma non posso assicurare il leggitore del tempo che ebbe ad edificarsi. Il di lei territorio dà prodotti a sufficienza, non vi manca cacciagione ed il detto fiume produce buonissime trote. Molte parti sono addette al pascolo degli armenti, onde i suoi cittadini si esercitano nell’agricoltura non meno che nella pastorizia”. Nel suo libro, il Giustiniani,
trovare sempre più spazio nell’agenda politico – amministrativa affermandosi come garanzia di autosufficienza per il futuro e come reale prospettiva di crescita economica e sociale. Infine, una parola sull’acqua e sul confronto avviato con l’Acquedotto Pugliese per il rinnovo della Convenzione in scadenza il prossimo anno. Credo che il Partito democratico come qualsiasi altro Partito o Associazione presente sulla scena locale abbia tutto il diritto di essere puntualmente informato sull’evolversi della trattativa e tutto il diritto di leggere le carte per poterne valutare fino in fondo il contenuto e poter dare il proprio contributo. Chiedere con forza che tutto questo accada non è una pretesa assurda e immotivata tanto più che anche stavolta, com’è già stato in passato, nessun risultato potrà essere raggiunto senza un’assunzione diretta di responsabilità da parte della politica. In una stagione che per molti versi ha segnato il successo di Movimenti sganciati dalla politica continuo ad essere convinto che la società non può fare a meno dei partiti e che i cittadini non possono fare a meno della politica, ogni decisione comporta una scelta e la politica è scelta, il dovere di ciascuno di noi è quello di renderla il più possibile vicina alle esigenze della gente e rispettosa delle più elementari norme di correttezza.
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assumere delle priorità, ne basta una, e farne la linea guida della propria azione, deve saper individuare il problema fondamentale per la cui soluzione sia disposto a fare ogni sforzo e ad impegnare ogni risorsa. Credo che questa priorità non possa non essere il lavoro. C’è bisogno di formare adeguatamente la nostra forza lavoro secondo le esigenze del mercato, c’è bisogno d’informare gli operatori turistici, gli agricoltori, i piccoli imprenditori sulla possibilità di accesso ai contributi soprattutto quelli europei affiancandoli nella fase sempre delicata della progettazione e inizio lavori, c’è bisogno di farsi promotore direttamente di iniziative volte alla creazione di nuovi posti di lavoro ( penso alle cooperative e alle microimprese ). Tutto questo un Partito politico può e deve farlo. Può altresì farsi promotore di un nuovo modello di gestione dei servizi. C’è qualcosa di cui nessuno parla e che si chiama Federalismo che creerà non pochi problemi alla nostra vita quotidiana. La diminuzione dei trasferimenti statali con conseguente aumento dell’autonomia impositiva dei comuni porterà inevitabilmente a gravi difficoltà nella gestione dei servizi a causa delle piccole dimensioni delle nostre comunità; i costi saranno troppo alti e le singole realtà non avranno sufficienti risorse per farvi fronte diventa perciò necessario consorziarsi al fine di creare un organismo unitario che comprendendo varie entità sia capace di gestire i servizi in economia con indubbi vantaggi anche in termini di efficienza. Il Pd credo debba adoperarsi perché questa idea possa
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Smettiamola per una volta di farci del male inseguendo all’infinito spezzoni di partiti o minuscole entità qua e là sparse nel falso convincimento che siano la panacea di tutti i mali, proviamo piuttosto a creare il nostro programma facendolo diventare patrimonio comune della gente, se il centro si riconoscerà in toto o in parte nei principi fondamentali che lo animano allora non mancheranno ragioni e opportunità di collaborazione. Ma per fare tutto questo bisogna partire dal basso, dalle realtà locali perché è lì che nasce e cresce la speranza del cambiamento. Il Partito democratico di Caposele ha il sacrosanto dovere e tutto il diritto di provarci mettendosi in gioco senza dubbi o esitazioni. Ho sempre pensato che la credibilità di un Partito non derivi dal numero di tessere che riesce a sottoscrivere quanto piuttosto dalla qualità delle iniziative che riesce a prendere e dalla sua capacità di parlare alla gente interpretandone le esigenze tanto più che spesso il controllo delle tessere diventa uno strumento subdolo per millantare credito fuori dai nostri stretti confini per interessi personali. E allora che cosa dovrebbe fare il Pd di Caposele? Mi permetto di dare qualche suggerimento. Secondo me, dovrebbe mettere in campo tutta una serie di iniziative che diano visibilità al nostro Paese e nel contempo diano visibilità al Partito proponendosi come interlocutore credibile per l’intera cittadinanza. Aderire al Partito deve tornare ad essere una scelta affascinante e stimolante, l’occasione per ritrovare la voglia di partecipare, il luogo ideale per un confronto libero, sereno e leale con la possibilità concreta di realizzare i propri sogni. E un Partito degno di questo nome deve
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scanso di equivoci la tornata elettorale amministrativa dello scorso 29 -30 maggio ha segnato un notevole mutamento dello scenario politico cambiando la geografia del consenso fino a suggerirci alcune valutazioni di carattere generale. In primo luogo, chi ben amministra viene premiato dagli elettori e non c’è bisogno d’inventarsi nulla per ottenere la riconferma, chi al contrario durante il proprio mandato non riesce a interpretare le istanze dei cittadini viene punito nonostante si faccia di tutto per risultare credibili anche promettendo l’impossibile in campagna elettorale. In secondo luogo, la gente è stanca della politica urlata, fatta di accuse reciproche e attacchi personali che niente hanno a che fare con la realtà delle cose. Ma c’è dell’altro. Sarebbe un grave errore per la sinistra pensare che il vento sia cambiato definitivamente e che il cammino verso il governo del Paese sia ormai spianato e privo di ostacoli, non è così innanzitutto perché si tratta pur sempre di elezioni amministrative e poi perché il cantiere dell’alternativa è ancora un cantiere che molta strada deve ancora fare per diventare qualcosa di solido e di concreto. Tuttavia, l’appuntamento appena passato rappresenta un’opportunità, una grande opportunità di cambiamento perché il Partito democratico e la sinistra in genere hanno adesso la possibilità di ripartire su basi nuove e di provarci sul serio a cambiare le cose. La strada è ormai segnata, lavorare per un programma condiviso dalle varie anime della sinistra basato su poche cose concrete che abbiano la forza di poter incidere concretamente nella realtà quotidiana fino a renderla più moderna ed efficiente nel rispetto delle prerogative di ciascuno.
di Antonio Ruglio
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UNA GRANDE OCCASIONE CHE NON VA SPRECATA
cui ancora restano tracce. Il fenomeno si è ripetuto, poco discosto dalla località citata, nel tratto di strada che collega Caposele al Cimitero cosa che ha ridotto, da troppo tempo, il transito dei veicoli ad una sola corsia. Due sono le strade principali che immettono nel nostro paese: quella di cui abbiamo appena riferito, l’altra è quella che proviene da Materdomini. La prima è diventata una strettoia pericolosa, l’altra è ripida, tortuosa e mal tenuta. L’isolamento in cui si trova il nostro paese, le strade dissestate, le frane, il fiume abbandonato a se stesso, le vie di collegamento strette e non curate non predispongono il paese alla crescita ma al degrado civile ed economico. Il miglioramento e il risanamento del nostro territorio sono essenziali per l’espansione delle attività, per la sicurezza e la salvaguardia delle persone e delle
di Rodolfo Cozzarelli
cose. Tutti sono tenuti a dare il meglio pur di risolvere problemi così importanti ma lo è ancora di più la politica. Proclami e promesse ingannevoli sia pubbliche che private sono inutili e dannosi quando niente viene realizzato per interventi sistematici finalizzati a conservare e mettere in sicurezza il proprio habitat. Non è la routine degli atti quotidiani che cambia la vita né la frase “non ci sono soldi “, oggi tanto abusata, che può più giustificare la resa delle istituzioni di fronte alle necessità irrinunciabili; può cambiare la vita e rispondere alle esigenze del territorio e della gente solo l’impegno e la lungimiranza di chi fa politica con passione e per il bene di tutti.
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Attualità
Nonostante il tempo le cose continuano a non cambiare. Gli anni passano …….. e i problemi aumentano!!!
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di Ettore Gennaro Spatola
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A distanza di ben tre anni tutto quello che i nostri impavidi amministratori sono riusciti ad ottenere è solo un aggravio di interessi per le persone morose, che, di fatto, sta portando il nostro comune verso il dissesto finanziario! Per quanto riguarda il “parcheggio multipiano”di via San Gerardo ancora una volta hanno dimostrato un’ incapacità di realizzare e portare a buon fine un’opera importante e necessaria per mancanza di dialogo ed equilibrio. La caparbietà non è buona regola per raggiungere un obiettivo. Allo stato attuale il risultato della mancata realizzazione, ancora una volta ha esposto le casse Comunali ad ingenti spese legali. E pensare che, il Sindaco, tanto attento al risparmio, nei suoi elenchi, annunciava l’eliminazione di alcuni punti luce, ritenuti inutili, nel paese. Di questo passo dovrà oscurare tutto il territorio, altro che illuminazione pubblica delle zone rurali, come promesso per Buoninventre. Come potete notare, cari Cittadini, le cose elencate sono molte, nello scrivere ometto tante altre situazioni perché già riportate in precedenti articoli sempre scritti per questo giornale. Come due anni fa, sono in attesa di conoscere le idee di questa amministrazione, di poter vedere i progetti da LORO prodotti e realizzati. L’eredità lasciatagli ha permesso di “campicchiare” fino ad oggi anche se i risultati raggiunti sono scadenti! Tutti ci saremmo aspettati che con la parola “cambiamento” le cose mutassero in modo positivo …… ma non sempre una mutazione porta con se buoni risultati.
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condotta che deriva le nostre acque verso la Puglia. In questa vicenda, oggetto di una conferenza di servizi con il commissario del Governo Ing. Sabatelli, il nostro Comune è stato l’unico ente a dare parere favorevole alla costruzione dell’opera dal momento che gli altri enti si sono battuti per gli interessi del territorio dandone parere sfavorevole. Il Sindaco, previo parere del Consiglio Comunale cui doveva far riferimento per recepire l’imponente opera del suo PUC, ha addirittura modificato il parere del responsabile del settore tecnico che lo aveva reso positivo in sede di conferenza di servizi alla condizione della realizzazione di una bretella di collegamento tra il cantiere dei lavori e l’uscita della fondovalle Sele. Il primo Cittadino con atto puramente autonomo ha dichiarato che la bretella “ non rappresentava una prescrizione vincolante di questa amministrazione”. In sintesi l’assenso è stato l’unico appiglio per l’autorizzazione alla realizzazione della Pavoncelli bis, ottenendo in questo modo, il nostro Comune, solo problematiche e nessuna miglioria o vantaggio. Sempre l’innata spavalderia da parte di questa maggioranza, in campagna elettorale, dava per scontato di risolvere facilmente il problema delle somme derivanti dall’affitto prefabbricati: Situazione molto delicata di natura giurisprudenziale, che, però, oggi riveste un importanza vitale per le casse Comunali. Le somme da riscuotere vengono puntualmente riportate per far parificare da anni il bilancio.
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riaprirlo e propinarlo agli elettori! Le strade di Caposele centro e di quelle delle zone periferiche, che dovrebbero rappresentare il biglietto da visita del paese sono tenute male ed incominciano ad avere segni di cedimento. I bagni pubblici, alcuni restano chiusi, ed altri putridi da non permettere alle persone meno giovani la fruizione. I “parchi” nei pressi del fiume resi non praticabili dall’erbacce. Il parco adiacente al museo delle acque inaccessibile perché sprovvisto d’entrata. Tante, troppe, sono le cose che non procedono nel verso giusto. La gestione della “res pubblica” del tutto privata. Delibere di incarichi esterni illegittime, oggetto di forti contrasti con l’opposizione Consiliare. Scarsa trasparenza degli atti amministrativi, ancora oggi dopo reiterate domande puntualmente protocollate ed indirizzate al Sindaco ad oggetto la conoscenza delle somme restanti derivanti dalla lg. ex 219 non si è riusciti ad avere nessuna rendicontazione. L’ultima ricognizione risale all’anno 2006 quando era in carica la vecchia amministrazione. Degli 8 milioni di Euro, più i due riparti, a quanto ammontano le restanti somme? Riflettete sulla capacità progettuale di questa amministrazione, cari cittadini siete a conoscenza che nello stilare il PUC non si è tenuto conto di ciò che nel contempo stava accadendo con la predisposizione del nuovo PAI da parte dell’Autorità di bacino interregionale del fiume Sele? E come se non bastasse nel Bilancio da poco approvato non sono state previste le specifiche somme per l’adeguamento del PUC alle direttive derivanti dal suddetto piano PAI. (Raccontavano, che ormai le cosiddette zone rosse nel territorio di Caposele sarebbero diminuite ed invece come un film già visto la situazione è andata a peggiorarsi!). Oggi insieme ad altri Comuni è stato fatto ricorso contro il PAI, ma io mi chiedo, avendo l’amministrazione comunale avuto la possibilità di porre delle osservazioni in merito al “piano dell’Autorità di Bacino”, i nostri amministratori a cosa stavano pensando? Situazione ancora più sconcertante riguarda l’autorizzazione alla costruzione della Pavoncelli bis, opera che sostituirà la vecchia
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ari cittadini, ormai sono trascorsi tre anni e le cose nel nostro paese non sono affatto migliorate. Alla gestione ordinaria del nostro Comune sono subentrate problematiche importanti come la costruzione della galleria Pavoncelli bis e l’accordo con L’AQP s.p.a. perché prossimi alla scadenza del decreto reale del 1942. Tutto questo va ad ingigantire il lavoro dell’attuale amministrazione Comunale, che negli ultimi mesi è stata attenta solo alla redistribuzioni delle deleghe all’interno della giunta, dimostrando,di fatto, una scarsa attenzione per il nostro territorio e nel contempo un grande interesse nel gestire il potere!. La lista “cuore” non era la stessa compagine che voleva dar fine alla commistione tra potere politico ed amministrativo? Complimenti bel risultato! Caposele, territorio ricco con vocazione turistica, vive il suo medioevo, di fatto, tutto quello che negli scorsi decenni è stato creato non solo non viene valorizzato ma addirittura deteriorato. Dall’elenco delle cose pubblicizzate con pavoneria in campagna elettorale non vi è riscontro e di quelle lasciate nel dimenticatoio se ne potrebbero stilare intere pagine. Basti pensare allo stato di degrado ed abbandono in cui versano gli impianti sportivi, a cui tanto era affezionato l’ex. Ass. Prof. Russomanno ed a cui aveva dedicato gran parte del suo tempo alla loro manutenzione ed ampliamento. Sono irriconoscibili: l’orgoglio del campo in erbetta vanto per i Caposelesi oggi non ha personale per il servizio di manutenzione come nel passato (Le squadre sono costrette ad accollarsi la gestione); i campi di calcetto e tennis sono ormai diventati una semplice gettata di cemento; gli spogliatoi adiacenti sono, anche se completati da più di tre anni, chiusi. Lo scarso interesse per il centro economico del nostro Comune, ovvero, Materdomini, che con il suo turismo religioso è fonte importante di sviluppo. Nessun sforzo è stato fatto per migliorare ed incentivare l’afflusso di turismo e per invogliare i residenti ad investimenti sul territorio. In alcuni contesti si è arrivati addirittura ad intralciarli. Il progetto di via Santuario in quale cassetto è stato chiuso? forse si aspettano le prossime elezioni per
LA NUOVA TOPONOMASTICA E LA NUMERAZIONE CIVICA Tutto il centro abitato (Caposele, Materdomini e Piani) è rientrato nel progetto della numerazione civica. L'intero territorio, quindi avrà, finalmente, dopo molti anni, una numerazione CERTA E DEFINITIVA. La seconda fase interesserà la realizzazione delle placchette della toponomastica e dei numeri da apporre sulle facciate (TUTTE le indicazioni UGUALI PER TUTTI) con le quali si darà un segno di omogeneità a tutto il tessuto urbano. L'ufficio Patrimonio e anagrafe/elettorale sono a disposizione di tutti i cittadini per superare le piccole difficoltà delle nuove disposizioni. Successivamente sarà compito del Comune facilitare tutti gli aggiornamenti anagrafici e fiscali e di compilazione della scheda ISTAT con l'istituzione di uno sportello ad hoc dedicato esclusivamente a questa procedura.
Sul sito del comune all'indirizzo www.comune.caposele.av.it tutte le indicazioni e gli approfondimenti legati alla nuova toponomastica e alle modalità di adeguamento alla stessa.
LA DONNA CAPOSELESE DAL NOVECENTO AD OGGI
DONNA DI CAPOSELE
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LE RAGAZZE DEVONO SAPER CUCINARE BENE E, SOPRATTUTTO (REGOLA CATEGORICA DELLA NOSTRA TRADIZIONE CULINARIA) DEVONO IMPARARE A FARE: I FUSILLI, LE MATASSE, LA MINESTRA E PIZZA E OGNI ALTRO PIATTO TIPICO DEL LUOGO
e, se ha la fortuna di abitare in paese, frequenta il corso di ricamo e di cucito dalle suore. Le ragazze di paese escono solo la domenica per andare a messa “miezzu a lu chianu” o per andare “appriessu a la prucission”, uniche e rare occasioni di sfoggio del vestito buono. Durante lo svolgimento delle feste di paese o in occasione delle cerimonie private si mettono alla prova ballando una tarantella “cumandata” , ma in sostanza nulla di più. Il destino comune a tutte le ragazze è quello di diventare mogli prima e madri dopo. Sotto l’aspetto dell’occupazione femminile, Caposele, nel suo piccolo, rispecchia perfettamente la tendenza nazionale. Prima delle grandi guerre la donna, non più fanciulla, è soprattutto bracciante e svolge sia i lavori nei campi,
Castieddu”. Intanto, dopo le grandi guerre, se nelle grandi città aumenta in maniera vertiginosa il numero delle impiegate, delle operaie e delle infermiere, a Caposele i posti degli uffici pubblici sono ancora riservati agli uomini, e l’assenza di ospedali limita la formazione delle professioni infermieristiche. Unica eccezione è la levatrice, che viene chiamata per far nascere i bambini in casa. Negli anni trenta, a Caposele, questo ruolo era esercitato dalla signora Mica Palamara. Nel resto d’Italia, già alla fine dell’ottocento, e poi pienamente durante i primi venti anni del novecento,. alle donne viene data la possibilità di insegnare nelle classi elementari, anche se il loro ruolo è concepito come educativo in senso morale piuttosto che in senso propriamente intellettuale. Si tratta – in sostanza – di un prolungamento del ruolo materno. Ma a Caposele – come in ogni piccola realtà che si rispetti – questo fenomeno si afferma più tardi. Solo alla fine degli anni venti cominciano a formarsi le prime maestre, ossia le prime donne che conseguono un diploma magistrale. Tra le prime insegnanti vanno ricordate la signora Clelia, moglie del futuro sindaco Francesco Caprio, oltre a Maria Freda, Maria Russomanno e Dora Cozzarelli. Insomma, negli anni venti, l’occupazione professionale in paese inizia a tingersi di rosa! Per una formazione professionale più varia, invece, dobbiamo aspettare le donne emancipate degli anni sessanta, che cavalcando l’onda di una rivoluzione nazionale, conquistano il diritto di studio e finalmente portano a casa una laurea! Ma vi racconterò nel prossimo articolo delle donne moderne di Caposele.
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sia le attività domestiche, affrontando in prima persona le esigenze di tutti i componenti della famiglia e senza che tutto ciò le venga in qualche modo riconosciuto. Nei registri dell’anagrafe di Caposele di fine ‘800, la donna viene identificata con la qualifica di “faticatrice”, un termine generico per inquadrare le molteplici attività che svolge, non essendole ancora riconosciuto l’inserimento a pieno titolo nel mondo del lavoro. Caposele, inoltre, ha il suo fiume e la donna diviene “filatrice” – altra qualifica che spesso si rinviene in questi registri – presta la propria manodopera nelle gualchiere, nei mulini, nelle tintorie, nelle concerie e nelle “agliare” ed in tutte le attività produttive che sono presenti lungo il corso del Sele. Ma si tratta sempre di un lavoro femminile – benchè esercitato a tempo pieno e con fatica – in qualche modo considerato “minore” e che non dà diritti. Nel resto d’Italia il primo e tangente fenomeno d'inserimento in massa delle donne nel mondo del lavoro si ha, invece, durante la Prima guerra mondiale. A partire dal 1915, col protrarsi della guerra, diviene necessario riaprire alcune fabbriche di vitale importanza per le esigenze belliche. I governi fanno allora appello alle donne affinchè occupino i posti e le mansioni che fino a quel momento sono considerate maschili. Ma a Caposele fabbriche non ce ne sono e questo tipo di lavoro non si sviluppa. Iniziano, però, a sorgere le prime attività commerciali tutte al femminile, benchè
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In alcune famiglie benestanti c’è la bambina che consegue una istruzione più completa, ma che rimane fine a sé stessa, visto che l’inserimento nel mondo del lavoro professionale è esclusivo degli uomini. Per la giovane caposelese si perseguono progetti di vita differenti! Il ruolo che le viene riconosciuto nella società è quello di stare in casa e di aiutare le proprie madri. Le ragazze devono saper cucinare bene e, soprattutto (regola categorica della nostra tradizione culinaria) devono imparare a fare: i fusilli, le matasse, la minestra e pizza e ogni altro piatto tipico del luogo. Chi impara bene a preparare questi piatti viene orgogliosamente “avantata” dalla propria madre e consegue il passaporto per il matrimonio. Durante il giorno le fanciulle animano i campi e i vicoli intonando in gruppo le antiche canzoni e con la “fescina” in testa si recano presso le fontane per lavare i panni o per andare a prendere l’acqua con i secchi, nell’intima speranza di incrociare il proprio amato con lo sguardo. Mi fa sorridere ancora adesso la timida confessione di una anziana caposelese che, a proposito dell’acqua che doveva riempire sotto la fontana, mi ha raccontato tutte le volte che “ruvacava” di nascosto il secchio pieno, per avere una nuova opportunità di uscire di casa perchè si era data appuntamento con il suo spasimante. Quasi sempre in famiglia la figlia femmina viene impiegata come badante dei fratellini più piccoli, aiuta nei campi
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rano gli anni ’80 e frequentavo le scuole elementari presso il polo scolastico situato in piazza Sanità, meglio noto ai caposelesi come “scuole norvegesi”. Di quel periodo ricordo con piacere i racconti della maestra Sisina, che con la suggestione delle sue parole sapeva rappresentarci fedelmente l’epoca della sua gioventù. Era una fonte inesauribile di storie ed io, bambina di neppure dieci anni, mi entusiasmavo e mi stupivo nell’ascoltare quei fatti di una vita vissuta sotto il regime fascista. In particolare, ricordo come se fosse ieri il giorno in cui la maestra ci parlò della legge sul suffragio universale. Con orgoglio e con una smisurata passione ci narrò di quando, nel 1946, le donne di Caposele per la prima volta, insieme a tutte le donne d’Italia, andarono a votare. Descrisse, con una straordinaria enfasi, tutto l’entusiasmo e l’emozione che coinvolse le signore, le quali si apprestavano per la prima volta ad effettuare una scelta politica. Quel giorno – e tante altre volte – mi sono fermata ad immaginare come vivevano le donne caposelesi agli inizi del novecento, quale ruolo occupavano nella società, quale lavoro svolgevano, in quale periodo storico hanno ottenuto un riconoscimento professionale, insomma come si è evoluta la donna nella micro realtà del paese. Da sempre, in tutto il mondo, la donna ha rappresentato il sesso debole ed è stata caratterizzata da una situazione di inferiorità su tutti i fronti, ossia sul piano sociale, giuridico e politico. La giustificante di questa discriminazione viene dettata per lo più dalla sua inferiorità fisica. Solo nel XVIII secolo cominciano ad emergere idee favorevoli alla formazione culturale della donna. A tal proposito ho scoperto con orgoglio che la prima donna laureata al mondo, è stata una italiana di nome Elena Lucrezia Cornaro, nata a Venezia, che conseguì la laurea nel 1877. Le testimonianze dicono che a Caposele – così come nel resto d’Italia agli inizi del novecento – fin dalla nascita la fanciulla subisce una distinzione di educazione e di formazione scolastica rispetto ai maschi. Basti pensare alle classi composte da sole bambine o da soli bambini, che segnano l’inizio di un percorso diversificato per le attività da svolgere e per gli obiettivi da perseguire. Alle figlie femmine, viene negato in maniera tassativa il percorso universitario, diritto e privilegio che – per consuetudine – spetta solo al primo figlio maschio. Si nota infatti come a Caposele, fino a poco tempo fa, le libere professioni di avvocato, medico, notaio, ingegnere e così via, vengono svolte solo dagli uomini.
di Tania Russomanno
ancora non siano previste leggi o norme che tutelano la negoziante. Una cosa certa è che titolare del negozio e dei diritti lavorativi resta sempre l’uomo, marito o padre, nonostante ad occuparsi della gestione, anche a tempo pieno, sia la donna. In paese, il riconoscimento sociale delle prime vere commercianti spetta alle tre sorelle Antonietta, Maria e Finuccia Sica, figlie della signora Carmela e di Tobia Sica, le quali portano avanti l’attività ereditata dai propri genitori, che già veniva svolta dalla fine dell’ottocento. Come pure in molti si ricordano di Girardina r’ Garofalo e del suo negozietto di alimentari. Durante questo periodo a Caposele, tra le donne che svolgono una attività commerciale, ci sono anche le fornaie come Giuseppina Gervasio o Faluccia con il forno situato “arretu a lu
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LE MACCHINE DI LEONARDO di Raffaella Gonnella
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asse. Si tratta di un meccanismo capace di ridurre l'attrito e pertanto, il dispositivo serve per reggere la spinta verticale di un carico pesante. PARACADUTE: il paracadute che Leonardo ha ideato è a forma di piramide a base quadrata ed è descritto come “ una tela di tessuto spesso”; più precisamente, una struttura coperta da tela di lino che non deve presentare aperture. La semplicità quasi sorprendente di questo dispositivo mette in risalto le possibilità legate al suo utilizzo. Leonardo afferma, infatti, che grazie al Paracadute l'uomo "potrà gettarsi da ogni grande altezza senza farsi male". Il paracadute è concepito non come un sistema di sicurezza, ma come un sistema planare e perciò, viene inserito tra le varie invenzioni che riguardano “ il volo senza il movimento delle ali”.
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uno sforzo umano limitato. PROVA D'ALA: Leonardo con questa singolare macchina si proponeva di sperimentare la portata della spinta dell'ala. Questa dovrebbe riuscire a sollevare una plancia di 200 libbre se sottoposta ad una spinta rapida ed improvvisa. L'ala è costruita con un sistema di tiranti e stecche a ombrello che la fa chiudere all'estremità di ogni battito. MECCANISMO AUTOBLOCCANTE: le funzioni di questo meccanismo sono varie e dipendono dal caricamento della catapulta e dalla regolazione della distanza della gittata. Dovevano sollevare grandi pesi, senza rischiare la loro caduta. PESI CON CARRUCOLE: questo dispositivo permette il sollevamento di grandi pesi senza notevoli sforzi. Infatti, il peso dell’oggetto da sollevare si distribuisce su tutte le carrucole. INGRANAGGIO A LANTERNA: tra i sistemi di trasmissione del moto più comuni nella meccanica di Leonardo vi è la combinazione ruota dentata - rocchetto a lanterna, non senza l’avvertenza, in alcune note, della possibilità di rotture causate da eccessivi pesi o moti avversi. MARTELLO A CAMME: oltre ad essere un modello interattivo, è anche una macchina funzionante ed automatica. La battuta è sempre la stessa, mentre il moto potrebbe essere dato da una ruota che viene mossa dall’acqua di un fiume. CARRO AUTOMOTORE: il modello rappresenta un esempio di carro automotore in cui venivano applicati meccanismi (in particolare, balestre e ruote dentate) già conosciuti ed usati da Leonardo. Il carro doveva essere azionato da un sistema di caricamento manuale delle balestre che dovevano, attraverso complicati ingranaggi, trasmettere alle ruote motrici la forza immagazzinata. CARRUCOLE: collegato a studi di meccanismi per orologeria, con movimento a peso e non a molla, questo disegno illustra un sistema di carrucole per regolare la discesa del peso ed accorciare lo spazio usato per lo svolgimento della corda. LA BALESTRA: già in precedenza erano state usate delle grandi balestre, ma tendevano ad essere sovradimensionate, pesanti e poco stabili. La balestra progettata da Leonardo, invece, è un vero gigante e si presenta come soluzione tecnica ad un problema complesso dei sistemi di artiglieria. CUSCINETTO A SFERA: grazie all’inserimento di sfere tra due piani, Leonardo si accorge che facendoli ruotare, l’attrito tra i due diminuisce di molto; questo, comporta inoltre la riduzione dell’usura del modello. Il sistema è composto da otto sfere intervallate da otto rocchetti, il cui profilo concavo combacia perfettamente con le sfere. Mentre le sfere restano libere di ruotare in ogni direzione, i rocchetti girano ciascuno attorno al proprio
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scienziato, scultore, anatomista, letterato, musicista e anche inventore. Tra le innumerevoli opere e genialità da lui prodotte, ha brevettato numerose macchine. È di queste sue invenzioni che stiamo parlando; in dettaglio, della riproduzione in legno di circa venti esemplari, tratti dai disegni originali dell’artista e realizzati in scala grazie alla consulenza del Laboratorio di Scenografia della PUSA University. È possibile raggrupparle in diverse categorie principali: Acqua, Aria, Terra e Fuoco, dedicate ai quattro elementi essenziali della vita. Detta mostra permanente sarà allestita nel padiglione situato nelle vicinanza del museo delle acque, nell’area cantiere, e nelle prossimità del parco fluviale. Ma entriamo nel merito di alcuni modelli interattivi riprodotti e che saranno visionabili nella mostra. IL MULINO: questa macchina, sfruttando la forza motrice generata dalla caduta dell’acqua, consente di azionare un sistema di macine. Era pensata in modo che metà delle macine si trovassero da un lato del canale e metà dall'altro. Le ruote a pale, mosse dalla caduta d'acqua, azionavano, attraverso un sistema di alberi e ingranaggi, tutto l'insieme delle macine a cilindro, con una ripartizione per cui ad ogni ruota idraulica corrispondevano quattro macine in serie. LA MERIDIANA: più comunemente detta orologio solare o sciotere, è uno strumento di misurazione del tempo basato sul rilevamento della posizione del Sole. IL VOLANO: organo meccanico che serve a limitare gli eccessi di energia. Per superare i punti di inerzia ed aumentare il moto, Leonardo disegna una serie di volani, che possono essere a ruota oppure forniti di pesi. CAMBIO DI VELOCITÀ: nel disegno di Leonardo si vedono due rocchetti (uno conico ed uno cilindrico) che trasmettono il movimento a ruote dentate di differenti diametro. Ciascuna ha una propria velocità corrispondente al tempo impiegato per compiere un’intera rotazione. Il sistema è, nel principio, quello che viene sfruttato nel moderno cambio delle automobili. CRIC: Leonardo inventò un sollevatore (una specie di cric): "per qualunque peso sarà applicato alla ruota senza alcun dubbio il centro di tal peso si fermerà sotto il centro di tal polo. E nessun strumento che per umano ingenio fabbricarsi possa che col suo polo si volti potrà a tale effetto riparare". È un meccanismo altamente efficiente. La manovella aziona una ruota dentata più piccola, che a sua volta ne aziona un’altra più grande. Come risultato finale la ruota dentata più grande si incastra con la rastrelliera (un’asta dritta dentata) e pertanto, il dispositivo consente di trasformare il moto circolare in moto rettilineo e permette di esercitare una notevole spinta dal basso verso l’alto con
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ono lieta di informarvi che, dal mese di ottobre, il nostro paese ha l’onere di ospitare e gestire nel suo territorio la mostra permanente delle macchine di Leonardo, con un accordo siglato tra il Comune di Caposele e l’Associazione OmpSi, Osservatorio per il Monitoraggio della Pace e della sicurezza Territoriale, durante la manifestazione a Materdomini del 9 luglio. Ciò è stato possibile grazie all’impegno profuso dall’Amministrazione Farina, in particolare dal Sindaco, e all’amore verso questi territori dei Cavalieri Crociati di Malta, nelle persone del Gran Priore della Campania dott. Giovanni Manzo e del Priore di Avellino dott. Eliseo Damiano. Tale progetto rientra nell’ambito della “Promozione culturale e della formazione giovanile”, che ha l’intento di promuovere attività a valore culturale rivolte principalmente ai giovani e alle scuole sul territorio, ma anche e soprattutto, per dare un impulso alle attrattive turistiche locali. Infatti, abbiamo pensato di inserire la visita a questa mostra nel pacchetto turistico organizzato con un protocollo di intesa con la Proloco Caposele, che prevede la gestione da parte dalla Pro Loco di visite guidate: alle Sorgenti della Sanità, al museo delle acque, alla chiesa della Sanità e alla chiesa Madre di San Lorenzo. Ovviamente, ciò viene inserito in un turismo, già ben sviluppato, che è quello religioso a Materdomini presso il Santuario di San Gerardo, ma anche a un turismo di tipo naturalistico che si vuole creare intorno al parco della Madonnina che si sta realizzando in località Tredogge, a monte del parco fluviale esistente. Per onor di cronaca, si informa la cittadinanza che, tra i progetti presentati e in attesa di finanziamento, c’è il progetto “CAPOSELE: VIAGGIO TRA FEDE E NATURA“ nell’ambito del programma di sviluppo legato alla misura 313 del PSR Regione Campania 2007-2013. Questo progetto punta ad una più incisiva azione di promozione e diffusione, in modo sistematico ed equilibrato, di quelle che sono le risorse storiche, culturali, religiose, ambientali ed enogastronomiche del territorio del Comune di Caposele, in relazione agli eventi/manifestazioni già presenti, il tutto convergente in un progetto globale di rivalutazione. L’obiettivo è la valorizzazione delle risorse reali e concrete presenti sul territorio, accrescendone la loro notorietà e conferendo loro la connotazione di attrattori turistici. È in questa panoramica che si inserisce la visita alla mostra permanente delle macchine di Leonardo. Stiamo parlando di Leonardo da Vinci (nato il 15 aprile 1452 a Amboise e morto il 2 maggio 1519): uomo d'ingegno e talento universale dell’epoca rinascimentale italiana, considerato uno dei più grandi geni dell'umanità. Pittore, ingegnere,
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Progetto di fattibilità per la sistemazione architettonica dei locali di accoglienza delle Macchine di Leonardo
Storia
I ricordi….
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I PENTECOSTALI IRPINI
da una ricostruzione del pastore Paolo Mauriello riportato da Fiorenzo Mannino
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Pentecostali. Riportiamo di seguito la parte dell’articolo di Fiorenzo Iannino riguardante un episodio verificatosi a Caposele. Nel 1949 il vescovo di S.Angelo dei Lombardi mons. Cristoforo Carullo, assecondò la pubblicazione di un libello del sacerdote Giuseppe Chiusano, significativamente intitolato “ Prontuario antiprotestante”. Il testo si apriva con un “monito paterno” dello stesso Carullo, che avvalorava i tanti luoghi comuni circolanti sull’argomento, facendo riferimento anche al mai interrotto legame con il mondo dell’emigrazione transoceanica: “non potrà certo sfuggire a nessuno - scriveva il prelato – quanto stia diventando largo ed intenso il proselitismo protestante (…) che attinge la sua forza solo dal dollaro, dall’astuzia e dall'inganno". In particolare, il vescovo si mostrava preoccupato per i " fedeli delle campagne specialmente, che non hanno una solida formazione cattolica e vendono, perciò, con grande facilità e per poco prezzo, la loro fede, non solo, ma si fanno pure facilmente ingannare da gente che si dichiara cattolica". L'opuscolo si chiudeva con una nota dell'autore ("I protestanti nostrani nella
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i premette: Il movimento Pentecostale nacque e si sviluppò in America agli inizi del secolo scorso. In Italia cominciò a diffondersi quasi subito, soprattutto attraverso la predicazione di molti emigrati di ritorno. Gradualmente, nuclei Pentecostali più o meno duraturi si formarono anche nella nostra provincia: tra le due guerre, i più importanti furono censiti soprattutto in a lta Irpinia ed in Valle Caudina. Gli anni del fascismo furono particolarmente difficili per il movimento, dapprima osteggiato e quindi perseguitato ufficialmente dalla dittatura. La situazione si fece davvero più difficile nel 1935 a seguito della emanazione della circolare Buffarini: da allora il culto Pentecostale non “poteva essere ammesso nel Regno …essendo risultato che esso si estrinseca e concreta in pratiche religiose contrarie all’ordine sociale e nocive all’integrità psichica e fisica della razza”. Rimasta formalmente in vigore nei primi anni repubblicani, la circolare Buffarini fu brandita dai cattolici più oltranzisti dell’Alta Irpinia, che la invocarono in più occasioni per arginare l’espansione dei
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Motta S.Lucia, a quei tempi, era un piccolo paese che viveva di un’agricoltura di sussistenza e dell’allevamento di pecore. E questa attività, fonte di secolari “faide” tra i nuclei familiari del luogo, procurava a noi carabinieri continui interventi per prevenire atti delittuosi. Devo aggiungere che l’autorità dello Stato era poco sentita e il mio primo intervento fu quello di renderci visibili. Le pattuglie dei quattro carabinieri (sottolineo quattro carabinieri…) percorrevano continuamente le strade del paese e delle campagne. A quei tempi tutti erano armati di coltelli e di nodosi bastoni detti “piroccole”, coi quali si facevano giustizia da sé e quindi uno dei nostri primi impegni fu quello di cominciare a disarmarli.
L’unico luogo di incontro del paese era l’osteria e qui, accompagnato da un paio di carabinieri, entravo, tra la meraviglia dei presenti, che si alzavano rumorosamente e che malvolentieri ci consegnavano, su nostra richiesta, le armi. Ne uscivamo con sacchi pieni … Fu un periodo breve ma intenso della mia vita. Di tante persone ho ancora vivo il ricordo, soprattutto dei miei superiori che mi sollecitarono e mi aiutarono a dare una svolta decisiva alla mia carriera, obbligandomi quasi a fare la domanda per entrare nell’Accademia di Modena. Ma questa è un’altra storia…
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in massa nella piazza, giunse un camion militare con il mobilio per l’arredamento e, soprattutto, con quattro giovani carabinieri, coi quali potei iniziare ad organizzare l’attività di servizio. La signora della chiave, che divenne la nostra donna di servizio, ci aiutò a sistemare alla meno peggio la caserma e si prodigò per farci sentire come se fossimo una famiglia. Era una bravissima cuoca e anche questo contribuì a renderci meno pesante la lontananza dalle nostre famiglie.
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già quasi notte, raggiunsi, con non poche difficoltà, il paese, che all’epoca non aveva più di mille abitanti. Per raggiungere la caserma, situata nella piazza del paese, percorremmo strade deserte, appena illuminate da fioche luci e i rumori erano solo quelli del calpestio degli zoccoli del mulo sull’acciottolato e dell’abbaiare di qualche cane incrociato. In piazza però nessuno mi seppe dare delle indicazioni precise, quando apparve finalmente una anziana signora vestita di nero che, porgendomi una chiave, mi indicò la caserma, precipitandosi poi ad avvertire il Sindaco del luogo. L’Avv. Sirianni (mi ricordo ancora il suo nome) si sorprese del mio arrivo perchè lo stabile, da poco costruito, era ancora chiuso e non arredato. Non solo… non c’erano neppure i carabinieri! E’ pur vero che ero stato inviato per aprire questa nuova Stazione, ma non immaginavo di dover iniziare dal nulla… Comunque passai la notte su un letto di fortuna procuratomi dal Sindaco stesso. La mattina dopo riuscii a mettermi in contatto con il Comando di Compagnia di Nicastro tramite l’unico telefono del paese che era quello dell’Ufficio Postale. Finalmente nel tardo pomeriggio, tra lo stupore degli abitanti del paese, accorsi
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Vi ricordate le vecchie “corriere” (ancora non si chiamavano pullman) che percorrevano scoppiettanti le strade polverose del nostro paese e che abbiamo visto tante volte nei film di Vittorio De Sica? Su una di queste, giovane vicebrigadiere dei Carabinieri, nel 1952, da Nicastro di Calabria, stavo raggiungendo il mio primo comando di Stazione situato alle pendici della Sila. Percorrendo i centri abitati dei paesi della zona, dopo molte ore di viaggio, verso l’imbrunire, venni svegliato, mentre mi ero appena assopito, dalla voce tonante del fattorino, che annunziava l’arrivo a Motta S, Lucia, il Comune, in provincia di Catanzaro, dove dovevo scendere per raggiungere il reparto assegnatomi. Guardando attraverso il finestrino notai che tutto intorno era campagna, ragion per cui mi rivolsi al personale della corriera per sapere dov’era l’abitato di Motta S. Lucia. Mi indicarono il fondo valle, ai piedi di una superba montagna, dove si scorgeva un gruppo di case. Sorpreso, domandai come avrei potuto raggiungere quell’abitato e loro mi risposero che avrei potuto farlo solo a piedi utilizzando, per il trasporto dei bagagli, un mulo. Dovevo fare solo un cenno con il braccio e il contadino di una vicina casa colonica avrebbe provveduto. Così feci e
di Vincenzo Di Masi
legge italiana"), che appunto chiedeva la rigida applicazione della legislazione fascista. In questo clima di tensione, i pentecostali irpini ebbero la solidarietà dei comunisti, che su "L'Unità" del primo settembre 1948 si occupò di un "attentato alla libertà di culto": a Caposele, il maresciallo dei carabinieri aveva ordinato un'irruzione in casa di tal Cetrulo Antonio per impedire l'esercizio del culto agli "evangelici". Il giornale, nel denunciare il reato di violazione di domicilio, definì l'azione "provocatoria ed offensiva della dignità e della libertà di tutti gli uomini onesti e democratici". Il prefetto, relazionando riservatamente sull'accaduto, giustificò l'azione dell'arma proprio perché si trattava di pentecostali (quantificati in trentasette persone), appunto non riconosciuti legalmente e "particolarmente pregiudizievoli" dell'ordine e della pubblica moralità. Con una successiva corrispondeva del 22 settembre, il funzionario puntualizzò che quella comunità, peraltro difesa dal segretario provinciale comunista Ruggero Gallico, era "nociva tanto per l'ordinamento sociale tanto per la sanità spirituale degli
stessi seguaci, i quali non di rado cedono in un vero squilibrio mentale". Tutti questi elementi giustificavano, agli occhi del prefetto, le altre operazioni di polizia che nel frattempo si erano verificate a Bagnoli, Montella, Lioni, Nusco ( non furono molestati, invece, i nuclei di Teora e Sant'Andrea di Conza). Di questi episodi si occupò anche il "Corriere dell'Irpinia", che il 13 settembre condivise apertamente le teorie espresse dal prefetto e polemizzò con la direzione provinciale comunista. Ulteriori tensioni si ebbero nel 1951 a Nusco, allorché il nunzio apostolico in Italia, informato e sollecitato da quella curia vescovile, scrisse una lettera riservata a Scelba per invitarlo ad ostacolare i pentecostali del paese, che volevano aprire una casa di culto. Il permesso non fu accordato, proprio in virtù della famigerata circolare del 1935. L'anno dopo, però, il pretore di Castelbaronia assolse alcuni pentecostali denunciati peraver svolto riunioni di culto: la legislazione fascista venne finalmente e giustamente considerata incompatibile con i principi della Costituzione repubblicana, che garantiva piena libertà di culto. Nel 1956, proprio a Nusco, l'ancor giovane ma già autorevole Ciriaco De Mita volle nella lista dello scudo crociato, da lui guidata, il pastore evangelico Amato Del Sordo. Fu una scelta forte e significativa, che chiudeva davvero un'epoca.
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Una foto degli anni 50 – da sinistra: Armando Sturchio, Balduino Manganese, Gerardo Del Guercio, Salvatore Conforti e Donato Curcio
Pinuzzo Corona e Nicola Conforti
Cenzino Malanga e Pietro Ceres
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Festa dell"Amicizia" 1984
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Foto ricordo ( anni '60) degli allievi delle scuole medie con i professori
La sala della Pro Loco durante una manifestazione: in primo piano il Sindaco Melillo ed il Direttore di Altirpinia Nino Iorlano
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Tonino Rosania e la mamma Maria Nesta 1965
Antonio Sena, Pasquale Cozzarelli e Donato Conforti
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Festa di quartiere alla Portella. Nella foto le protagoniste della festa
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La vecchia Chiesa di San Lorenzo distrutta dal sisma del 1980
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Il Consiglio Comunale in seduta plenaria per l’arrivo dall’America del dott. Eugenio Sturchio -
Foto: Nevicata del febbraio 1963: da sinistra: Arturo Sozio, Cenzino Malanga, Don Ciccio Caprio, Mimì Farina, Ezio Caprio, Angelo Sturchio; in alto: Eduardo Alagia ed Enrico Corona
Da sinistra: il sindaco Melillo, la sig.ra Castello, l’ing. Gerardo Monteverde, il dott. Michele Notaro ed il prof. Rocco Russomanno nella sede della Pro Loco
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La scuola
La Scuola “vista” dalla Costituzione repubblicana La Scuola unita in tutti quei saperi che hanno contribuito a formare una sola e unica cultura, ovvero quella italiana
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dei singoli. È compito della Repubblica, infatti, garantire l’estensione erga omnes dell’offerta di istruzione nonché la fruibilità di essa con una serie di provvidenze, elargizioni e aiuti finanziari alle famiglie degli studenti bisognosi, realizzando così l’eguaglianza dei "punti di partenza" voluta dall’art. 3, comma 2, Cost. In seno all’Assemblea Costituente fu osservato: "Uno dei punti al quale l’Italia deve tenere è che nella sua Costituzione, come in nessun’altra, sia accentuato l’impegno di aprire ai capaci e meritevoli, anche se poveri, i gradi più alti dell’istruzione. Alla realizzazione di questo impegno occorreranno grandi stanziamenti; ma non si deve esitare; si tratta di una delle forme più significative per riconoscere, anche qui, un diritto della persona, per utilizzare a vantaggio della società forze che resterebbero latenti e perdute, di attuare una vera e integrale democrazia".
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(art. 34, comma 1 Cost.); — l’obbligatorietà e gratuità dell’istruzione dell’obbligo (art. 34, comma 2 Cost.); — il riconoscimento del diritto allo studio anche a coloro che sono privi di mezzi, purché capaci e meritevoli mediante borse di studio, assegni ed altre provvidenze da attribuirsi per concorso (art. 34, comma 3 Cost.); — l’ammissione, per esami, ai vari gradi dell’istruzione scolastica e dell’abilitazione professionale (art. 33, comma 5 Cost.); — la libera istituzione di scuole da parte di enti o privati (art. 33, comma 3 Cost.); — la parificazione delle scuole private a quelle statali, quanto agli effetti legali e al riconoscimento professionale del titolo di studio (art. 33, comma 4 Cost.). La libertà di insegnamento e il diritto all’istruzione L’articolo 33, 1º comma, della Costituzione sancisce: "L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento". L’insegnamento consiste in qualunque manifestazione, anche isolata, del proprio pensiero che, riguardando l’arte e la scienza, abbia in sé forza tale da illuminare altri sullo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Di ciò si trova conferma nel testo dell’art. 1 del D.Lgs. 16 aprile 1994, n. 297 (Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia di istruzione valido per le scuole di ogni ordine e grado) che sancisce: "… la libertà d’insegnamento è intesa come autonomia didattica e come libera espressione culturale del docente… ed è diretta a promuovere, attraverso un confronto aperto di posizioni culturali, la piena formazione della personalità degli alunni". La libertà di insegnamento diventa, in altri termini, strumento attraverso il quale dare corpo alla libertà e ai diritti del discente: diritto all’apprendimento, diritto alla continuità dell’azione educativa, diritto alla diversità. Strettamente collegata alla libertà d’insegnamento è la libertà di istruzione, nel senso che al dovere statale di istituire, su tutto il territorio nazionale, scuole di ogni ordine e grado, fa fronte un diritto civico dei cittadini di accedere liberamente al sistema scolastico. ("La scuola è aperta a tutti"). Il diritto allo studio si colloca, in una Costituzione garantita e solidarista come la nostra, nel novero dei diritti sociali ovvero di quei diritti che promuovono l’intervento dello Stato diretto a soddisfare le esigenze essenziali
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l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Art. 9) - La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico ed artistico della nazione. Art. 30) - È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio. Nel caso di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti. Art. 33) - L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento. La Repubblica detta le norme generali sull’istruzione ed istituisce scuole statali per tutti gli ordini e gradi. Enti e privati hanno il diritto di istituire scuole e istituti di educazione, senza oneri per lo Stato. La Legge, nel fissare i diritti e gli obblighi delle scuole non statali, che chiedono la parità deve assicurare ad esse piena libertà e ai loro alunni un trattamento scolastico equipollente a quello degli alunni di scuole statali. È prescritto un esame di Stato per l’ammissione ai vari ordini e gradi di scuole o per la conclusione di essi e per l’abilitazione all’esercizio professionale. Le istituzioni di alta cultura, università ed accademie, hanno il diritto di darsi ordinamenti autonomi nei limiti stabiliti dalle leggi dello Stato. Art. 34) - La scuola è aperta a tutti. L’istruzione inferiore, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie ed altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso. Art. 38) - Gli inabili e i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. Concretamente, l’opera di promozione culturale si svolge garantendo: — la libertà di insegnamento (art. 33, comma 1 Cost.); — la presenza di scuole statali per tutti i tipi, ordini e gradi di istruzione (art. 33, comma 2 Cost.); — il libero accesso all’istruzione scolastica, senza alcuna discriminazione
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n occasione delle celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia e della Cerimonia di apertura dell'anno scolastico 2010/2011, il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha promosso una serie di iniziative, collocate nel progetto “La scuola e il 150° anniversario dell’Unità d’Italia”, rivolte agli studenti di ogni ordine e grado. La nostra Istituzione scolastica ha realizzato numerose attività per organizzare o partecipare a manifestazioni, iniziative di sensibilizzazione, informazione e formazione con la collaborazione degli Enti Locali, delle Associazioni del territorio e delle altre Istituzioni scolastiche. In numerosi casi la scuola ha coinvolto nelle iniziative, in qualità di testimoni, personalità che hanno dato un alto contributo alla diffusione della cultura della legalità e della cittadinanza. Attraverso questo scritto vorrei condividere con gli alunni e con la gente di Caposele una mia riflessione, se pure incompleta e non approfondita, su come i padri costituenti abbiano voluto sottolineare l’importanza della Scuola che è “il massimo e l’unico organismo che garantisca l’unità nazionale … allo Stato ne spettano dunque l’ordinamento e la attuazione … perché ha tutti i mezzi e i poteri per assolvere a quest’opera in tutte le contrade d’Italia” (on. C. Marchesi – Parlamentare italiano all’Assemblea costituente). La Costituzione della Repubblica italiana, promulgata il 27 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1º gennaio 1948, dedica alcuni articoli all’Istruzione considerata come uno dei fini di benessere perseguiti dallo Stato, ovvero dei fini di cui ogni Stato, in relazione al momento storico e alla ideologia politica della classe al potere, può farsi carico per procurare un maggior benessere alla collettività e per migliorare ed elevare le condizioni di vita dei cittadini. In particolare è sottesa alla Costituzione l’opzione della neonata Repubblica Italiana in favore di una scuola democratica, ponte di passaggio tra la famiglia, primigenio nucleo formativo della persona, e la società come luogo di integrazione con gli altri individui e di esplicazione della propria personalità. Art. 3) - Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla Legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e
La partecipazione democratica I principi costituzionali in materia scolastica, voluti dai padri costituenti, tracciano le linee portanti di una Scuola che, qualunque ne sia la forma — pubblica o privata — si assume il compito di accompagnare lo studente nelle tappe fondamentali del suo percorso formativo e consentire, così, il pieno dispiegamento della sua personalità individuale e sociale. Più precisamente è da rilevare che la formazione scolastica non è certo fine a sé stessa, ma mira a consentire il perfetto ed armonioso integrarsi dell’individuo nella comunità sociale, tanto che può parlarsi di una formazione integrale della persona umana. Scuola e Società conducono, perciò, un’azione sinergica in tal senso, interagendo a diversi livelli. È questo il senso della partecipazione democratica che, a partire dai decreti delegati del ’74 fino al Testo unico delle disposizioni legislative vigenti in materia scolastica (D.Lgs. 297/94), viene introdotta come strumento di interazione volto a consentire il coinvolgimento delle forze sociali, delle comunità locali e degli interessati (studenti e genitori) ai problemi della scuola, e viceversa l’approfondimento dei problemi della società in funzione della formazione culturale e civile degli studenti. IL DIRIGENTE SCOLASTICO Prof. Salvatore Di Napoli
di Cesarina Alagia
ad essere considerata inferiore, tanto è vero, che per buona parte del 900’, la nascita di una bambina non era accolta con molta gioia, vi era un detto che diceva: “Na mala nuttata e na figlia femmna nata”. La bambina, da grande, non avrebbe portato braccia per lavorare per lungo tempo perché, una volta sposata sarebbe andata via ed, inoltre, rappresentava “una cambiale da pagare” a causa della dote necessaria per maritarla. La donna, con il passare del tempo, cominciava a comprendere che solo un lavoro retribuito poteva darle una considerazione diversa. Così da casalinga-contadina, diventava bracciante, colei cioè, che offriva la propria forza lavoro in cambio di una paga. La donna bracciante doveva svolgere gli stessi lavori degli uomini, ma la paga era di molto inferiore; ella doveva mostrarsi capace a svolgere qualsiasi tipo di lavoro, altrimenti non veniva più “chiamata a iurnat”. Aveva maggiore libertà rispetto alla contadina, in quanto aveva più possibilità di uscire dal contesto familiare e quindi era meno controllata dal padre e dai fratelli; spesso, però, era sottoposta al pettegolezzo ed alle maldicenze proprio in virtù della sua vita più libera, anche se altrettanto dura. Le donne, in particolare quelle contadine, partorivano molti figli e lo facevano in casa, aiutate dalle persone anziane della famiglia o del vicinato. La donna lavorava fino al momento del parto e qualche volta accadeva che partoriva anche nei campi, con tutti i rischi possibili, sia per la madre che per il neonato, tanto è vero che molto spesso si moriva di parto, sia per la mancanza di assistenza che per la mancanza di norme igieniche. Finalmente, verso gli anni 50’ il parto avveniva alla presenza e con l’aiuto dell’ostetrica, chiamata “vammana”, si riducevano, così, i rischi sia per le donne che per i bambini. Subito dopo il parto la donna riprendeva a lavorare, a svolgere mansioni pesanti e gravose, quali il lavoro nei campi portando con sè il piccolo nella tipica”connla” fatta con vimini intrecciati, andava al fiume e alla fontana. Difatti l’acqua in casa non c’era e le donne andavano alla fontana con grossi contenitori chiamati “miscitor(e)” portati con destrezza in testa dove precedentemente era stata messa la “spara”. L’andare alla fontana, rappresentava per la donna, di un certo ceto sociale, una delle poche possibilità di essere libera dal controllo familiare. Spesso alla fontana avvenivano occhiate furtive tra la ragazza ed il ragazzo, recatosi presso la fonte, con gli amici, proprio allo scopo di ammirare la ragazza e di farle capire il suo interesse. In questa realtà, l’istruzione non era necessaria alle donne, in quanto loro dovevano essere solo madri e mogli; pertanto fino alla prima metà del 900’, le donne si vivevano una quasi totale situazione di analfabetismo o semianalfabetismo. Difatti la maggior parte delle donne frequentava solo le prime 3 classi della scuola elementare, anche perché, le condizioni di vita della famiglia spingevano ad avviare la bambina al lavoro molto presto o ad accudire i fratelli più piccoli. Si riteneva, inoltre, che l’istruzione fosse più necessaria agli uomini, i quali erano incentivati a saper leggere e fare dei conti, in quanto dovevano comprare bestiame, terreni, stipulare contratti, etc. Nelle famiglie borghesi, la donna era più colta, ma anche qui il divario di istruzione tra i due sessi era notevole, difatti le donne conseguivano un grado di istruzione a livello
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a storia delle donne è stata, spesso, una storia vissuta nell’ombra, eppure con i loro brandelli di vita, esse hanno saputo indicare l’alternativa coraggiosa ad una sofferenza rassegnata e sterile ed hanno spianato la strada verso un percorso che oggi vede le donne protagoniste del proprio tempo. Attraverso documenti, ricordi e foto ingiallite dal tempo, abbiamo percorso le tappe più significative del cambiamento del mondo femminile; il nostro è stato un viaggio che ha avuto come tappe principali temi quali la famiglia, l’amore, il matrimonio, il lavoro, l’istruzione e la politica. In questo viaggio siamo partiti dagli inizi del '900, quando la vita sociale delle donne era molto limitata, in modo particolare le donne che appartenevano al ceto sociale basso, ad esempio, le contadine, avevano pochissime possibilità di aggregazione e queste erano limitate ad alcuni precisi momenti e ad alcuni precisi luoghi: il fiume, il forno, particolare ricorrenze e le cerimonie religiose. Al contrario, le donne di un ceto sociale più elevato, potevano riunirsi nei salotti con le amiche, passeggiare e, a volte, recarsi in città per compere o andare dal parrucchiere. Gli uomini, al contrario, qualunque fosse il ceto sociale di appartenenza, potevano entrare nei locali pubblici, sostare nelle piazze, entrare nella barberia, non solo per radersi o tagliare i capelli, ma anche per parlare di fatti che riguardavano la comunità, e indulgere, a volte, a pettegolezzi. La posizione di subalternità della donna si evidenziava non solo nei momenti sociali, ma anche nel lavoro ed in famiglia. Infatti la famiglia era strutturata in maniera patriarcale, in modo particolare la famiglia contadina. Chi comandava era l’anziano della famiglia e vigevano i valori dell’ubbidienza, del rispetto e dell’autorità. I figli davano del voi ai genitori, la donna lo faceva con il marito, in segno di sottomissione. Il suo ruolo era del tutto secondario rispetto al marito, ella doveva obbedire e lavorare sia a casa che nei campi per contribuire al mantenimento di una prole, quasi sempre numerosa. Al momento del pasto la donna non sedeva a tavola, perché doveva servire gli uomini. La donna contadina, quindi, eseguiva solo ordini e non aveva nessuna possibilità decisionale. Solo quando l’uomo, per ragioni diverse (guerre, emigrazione), doveva partire, la donna assumeva un ruolo che prima non aveva. Gli uomini, infatti, spesso, spinti dalla necessità di migliorare le condizioni di vita della propria famiglia, emigravano per i paesi dell’America del Nord e del Sud. La donna, rimaneva sola con i figli, o continuava a dipendere dal suocero, o prendeva il posto del marito; pertanto, doveva, occuparsi della crescita dei figli, della coltivazione dei campi e della conduzione della casa. Per fare in modo che il marito, se pure lontano, continuasse a partecipare alla vita della famiglia, gli inviava delle foto e, per l’occasione, si indossavano i vestiti migliori, anche per dimostrare al marito che era in grado di sostituirlo. Spesso il marito dimenticava mogli e figli e si creava una nuova famiglia, mentre la donna continuava ad aspettare e nel frattempo “sacciria r’ fatia” nell’intento di mantenere la famiglia diventando così l’unico punto di riferimento per i figli e questi la sua ragione di vita. Di fatto però la posizione della donna, non cambiava rispetto all’uomo, ella continuava
consapevolezza di se e dei suoi diritti. Comprendeva che il suo ruolo poteva essere quello di figlia, moglie e madre, senza, però, rinunciare ad avere altre esperienze di vita, il lavoro, la cura di sé, gli affetti e lo studio. Spesso però l’emancipazione, la voglia e l’esperienza del lavoro, la maternità scelta e non più come destino, non rappresentarono una strada dritta e facile. Affermare se stesse era difficile nelle strettoie di una società che nella sua organizzazione materiale prevedeva ancora il sesso femminile come complementare e subordinato a quello maschile in quanto pur non trovandoci più di fronte alla vecchia divisione dei ruoli, la donna in famiglia, l’uomo al lavoro, ci trovavamo di fronte a una organizzazione della società ancora al maschile. La donna, nel suo percorso di emancipazione continua ad incontrare ostacoli, in quanto si trova in una società, che, pur avendo sancito la parità tra i generi, di fatto nella donna continua ad esistere una concentrazione dei ruoli e poco si fà per ridurre tutto questo, difatti si investe poco nelle politiche sociali, a discapito della quantità e qualità dei servizi alle persone (asilo nido, assistenza agli anziani, e altro) per alleviare il carico di lavoro delle donne, che decidono di investire la propria vita anche in altre scelte. Le donne, quindi, pur avendo conseguito gli stessi diritti degli uomini sulla carta, cioè diritti sanciti da leggi, di fatto, ancora oggi si vivono ad esempio, forme di violenza fisica, psicologica ed economica. Negli ultimi anni, quello della violenza sulla donna, è un argomento che apre i titoli di giornali e dei telegiornali quasi ogni giorno. Da un indagine emerge che in tantissimi casi la violenza viene definita domestica in quanto inflitta dal proprio partner. Molte delle donne che si rivolgono ai centri per denunciare episodi di violenza si ritengono non autosufficienti dal punto di vista economico e dicono di non vedere alternative alla situazione di cui sono vittime. Va comunque detto che la maggior parte degli atti violenti avviene nei confronti di donne emancipate, probabilmente perché vengono viste dagli uomini come delle rivali e quindi da sottomettere con l’atto fisico della violenza. Sicuramente il decreto legge n° 11 del 23/02/2009 recanti «Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori» (legge stalking) rappresenta un grande passo in avanti, che va accompagnato, comunque, ad un’inversione culturale di fondo. Nella storia, come si diceva prima, il coraggio delle donne è stato spesso un coraggio senza cronaca: Se pensiamo alle donne partigiane che rappresentarono il 20% di tutti i partigiani, e nessuno le ricorda, se pensiamo al coraggio di tante donne che sfidarono l’opinione pubblica per imporsi sul lavoro, se pensiamo alle tante donne che sfruttate morivano sul posto di lavoro, se pensiamo alle tante donne che in ogni parte del mondo devono subire il carcere o la morte per affermare i loro più elementari diritti, se pensiamo alle donne che in nome dei figli desaparecidos hanno affrontato i generali argentini, se pensiamo alle vedove per mafia che portano il loro lutto come un’arma, se pensiamo alle madri dei ragazzi che vivono nelle periferie flagellate dalla droga, se pensiamo alle madri che denunciano i propri figli per salvarli, allora pensiamo che il coraggio è spesso Donna, forse, soprattutto Donna.
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elementare o anche il diploma, utilizzato, il più delle volte, solo per cultura personale e raramente per svolgere un’attività, che solitamente era la maestra elementare, mentre gli uomini borghesi, diventavano medici, avvocati, notai. La donna, nel passato, rispetto alla politica, entrò un ruolo molto marginale; quasi sempre il suo compito era quello di aiutare il marito nell’ascesa politica esonerandolo da tutti gli oneri che contemplava la famiglia. Anche con l’estensione del diritto di voto alle donne, queste continuarono ad avere, un ruolo passivo, specialmente nelle nostre piccole comunità; si limitavano ad ubbidire, con l’espressione del voto, alle idee degli uomini della famiglia. Quando nella vita politica entrava il comizio, come mezzo di persuasione politica, le donne vi partecipavano in numero molto esiguo, in quanto si riteneva sconveniente, andare in piazza ad ascoltare il comizio. La maggior parte delle donne, si esprimeva a favore della Democrazia Cristiana, perché partito propagandato dalla chiesa, infatti si diceva “chi vota la croci, vota Gesù Cristu”. Quindi le donne nonostante l’acquisizione del diritto al voto, continuavano a non partecipare alla vita politica, ma a subirla come scelta di altri. Gli anni passavano, la donna continuava ad essere prima figlia, poi moglie, poi mamma, ma la sua legittima aspirazione ad essere anche cittadina le veniva costantemente negata. Addirittura con il fascismo, che inaugurava una sua politica sul tema dei diritti delle donne, queste venivano sempre più spinte entro le mura domestiche, secondo lo slogan “la maternità sta alle donne come la guerra sta all’uomo”. Le donne prolifiche venivano insignite di apposita medaglia e contributo in denaro; l’educazione demografica ed il controllo delle nascite erano vietate dal codice Rocco. Per quanto riguardava il lavoro i salari delle donne vennero fissati per legge alla metà di quelli corrispondenti degli uomini. Il teorico fascista Loffredo affermava “la donna deve ritornare alla sudditanza assoluta dell’uomo padre, marito, sudditanza e quindi inferiorità culturale, spirituale ed economica. Un codice di famiglia già abbastanza retrivo, veniva così inasprito dal fascismo, le donne vennero poste in uno stato di totale sudditanza rispetto al marito. Il nuovo codice penale, confermava tutte le norme contrarie alle donne, aggiungendo, inoltre, l’articolo 587 che prevedeva la riduzione di un terzo della pena per chiunque uccidesse, moglie, figlia o sorella per difendere l’onore suo e della famiglia “il cosiddetto delitto d’onore” che è stato in vigore, purtroppo, fino all’approvazione della L. n° 442 del 5 agosto 1981. Incominciava a fatica l’emancipazione della donna che si concretizzava con il passare degli anni con le seguenti conquiste: eliminazione nelle scuole dei programmi differenziati tra i due sessi (educazione domestica per le donne e tecnica per gli uomini), informazione sui mezzi anticoncezionali, liberalizzazione dell’aborto, legge sul divorzio, riforma del diritto di famiglia. La società italiana cambiava e le leggi sancivano tale cambiamento. Continuavano a rimanere, però, tracce della passata discriminazione in leggi come quella che comprendeva fra i delitti contro la morale anche lo stupro e l’incesto. Solo verso la fine degli anni 70’, i masmedia entrarono in un numero sempre maggiore di famiglie, così grazie anche ad un’informazione diversa, la donna della nostra realtà cominciava a prendere maggiore
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STORIA DI DONNE
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Attualità
IL MAESTRO “Cenzino” Maestro unico
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averti vicino nei momenti di gioia e nei momenti tristi per beneficiare dei tuoi consigli. Tanti anni sono passati da quel settembre e il rammarico di aver perso una persona cara così presto si fonde con la gioia di averla conosciuta e di avere avuto il privilegio di imparare da lui. Chi non c’è più e ci ha dato tanto rivive in noi, in come siamo e in molte cose che facciamo. Ho sempre pensato che certi ricordi, certi affetti fosse meglio tenerseli per sé, piuttosto che condividerli con gli altri attraverso un articolo magari. Ma penso anche che la scrittura e le parole, a volte debbano essere usate per ricordare o per far conoscere la storia di persone che nuove generazione non hanno conosciuto. Anche per questo ho voluto parlare del mio maestro Vincenzo Malanga, del Maestro Cenzino che ci ha aiutati a diventare uomini e donne migliori.
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GOCCE DI TEMPO N.82
VINCENZO MALANGA
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pieni di corsi, di progetti, di compiti: hanno una vita per studiare, fateli giocare almeno ora. Ricordo che prima di entrare in classe spesso ci fermavamo alle “Saure” a sfidare le altre classi in quel rocambolesco tipo di “calcio a muro” fatto sotto il Campanile, visto che i pullman dalle nostre contrade arrivavano in anticipo … al suonare della campanella ci affrettavamo a ricomporci o a sistemarci il fiocco dislocato da uno strattone, o a cercare di aggiustarci “la scrima” fattaci dalle nostre mamme o dalle nostre nonne, ma deviata e dissestata dal sudore; quando entravamo in classe cercavamo di nascondere il tutto, ma il maestro ovviamente se ne accorgeva e ci chiedeva …. se avessimo vinto! Non di non farlo più … voleva che la sua classe fosse la migliore in tutto. Ricordo, ancora, la sua gioia quando svolgevamo un tema o un compito al meglio e ci portava nell’aula della sua Signora Pinì a leggerlo alla classe, gloriandosi del lavoro dei suoi alunni. Poi … la malattia, le supplenti che lo allontanavano da noi un poco alla volta, sempre di più. Cosa sarebbe rimasto delle nostre cose, dei nostri giochi, della nostra complicità, dei compiti non assegnati per la domenica e per le vacanze perché, diceva, che se si riposava lui ci saremmo dovuti riposare anche noi. Cosa sarebbe rimasto di quel vederci tutti uguali, tutti bambini e non come il figlio dell’avvocato, del bidello o del contadino. Cosa ci sarebbe rimasto delle nostre letture, delle nostre passeggiate, delle sue parole. Cosa ci sarebbe rimasto di lui ….Signor Maestro ci è rimasto tutto! In quello che faccio, in quello che sono c’è tanto di quello che ci hai insegnato. Quanto avrei voluto e ne sono certo, avrebbero voluto gli altri tuoi alunni,
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la vita. Quanto deve essere difficile spiegarla a bambini di cinque sei anni, eppure tutto ciò che diceva appariva subito chiaro, facile. Certo la didattica aveva la sua valenza, ma ciò che a lui più premeva era che imparassimo al meglio altri valori: l’amicizia, il rispetto, la comprensione, il saper pensare con la nostra testa. Era solo quando parlavamo male di qualche compagno, facevamo la spia o altre cose simili che perdeva la calma e ci mostrava il suo lato autoritario. Quanti ricordi …….. i suoi vestiti impeccabili con panciotto, spesso color sabbia, le sue cravatte, i mocassini in pelle marrone, la 127 blu, il modellino della statua della Sanità riprodotto in perfetta scala, le sue poesie che imparavamo poco alla volta. Poi le nostre gite del sabato “alla Preta” quando ci metteva in fila per assaggiare tutti i nostri panini e per assicurarsi che mangiassimo cose sane: amava che portassimo soprattutto pane e frittata, o soppressata o comunque qualcosa di casareccio. Poi le tante volte che andavamo al campo sportivo dove lui si schierava in difesa per battere “la puntazza”; si andava a prendere il gelato insieme mentre le altre classi incredule ci vedevano uscire a divertirci. Tutto questo non andava mai a scapito della didattica. Il maestro sapeva bene quello che dovevamo imparare: la matematica, la grammatica certo ce le insegnava alla perfezione, ma sapeva soprattutto di avere a che fare con dei bambini di nemmeno dieci anni che vivevano la fase più bella della loro vita e quella spensieratezza che non avrebbero più avuto da grandi. Allora quando giocare, divertirsi, sognare se non in questa fase? Mi viene da ridere quando vedo oggi quei bambini carichi di libri che superano il loro peso andare a scuola
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iamo in una fase storica nella quale la scuola continua a subire tagli e modifiche e nella quale continuano le discussioni, soprattutto per quanto riguarda la Scuola Primaria, relativamente all’introduzione del maestro unico piuttosto che avere diverse figure a disposizione dei bambini. A riguardo ho una mia precisa opinione, ma non è di questo che voglio parlare, aggiungo solo una considerazione: non credo sia tanto importante avere più maestri o un unico maestro, quanto avere un maestro che sia unico! Questa fortuna, insieme ai miei compagni di scuola e a tante generazioni precedenti, io l’ho avuta diverso tempo fa: ho avuto un maestro unico! Nel senso che credo non ci sia stata e non ci sia attualmente una figura come Vincenzo Malanga, il maestro Cenzino. Tanti anni sono passati da quel settembre di fine anni ottanta, quando una piazza Sanità stracolma dava il suo ultimo saluto a una delle figure più importanti del secolo passato caposelese, mentre io e altri miei compagni tentavamo di leggere alcune sue poesie dal muretto della piazza con la voce rotta dal pianto. Solo qualche anno prima, cinque per la precisione, mi presentavo al mio primo giorno di scuola emozionato, confuso, felice, voglioso di cominciare la mia strada, ma impaurito da molte cose quando tutto si sistemò in un attimo: comparve davanti a noi un uomo alto con barba brizzolata e una camicia arancio. Ci mise un attimo, il maestro a conquistarci. Nelle sue parole, nei suoi gesti c’era la semplicità delle cose quotidiane. Tutto sembrava più facile spiegato da lui e non parlo solo della grammatica o della matematica, ma soprattutto della disciplina più complicata da illustrare:
Guarda come scorre il fiume e come le gocce saltellano sulle pietre più chiare e rotonde venute da lontano chissà da quanti anni! Guarda come si rincorre il tempo in questa notte di luna che va in declino! Già son passati con le gocce
Roberto Notaro
gli attimi più belli. Guarda, gli altri avanzano; sono davanti a noi: prendili! Non posso … mi sfuggono, sono viscidi e guizzanti come pesci! Ma pur li ho toccati ed ho sentito un brivido come quando mi baci. di Vincenzo Malanga
I proverbi costituiscono un bene culturale legato alla storia delle tradizioni
popolari. Nei proverbi tutti possono identificarsi,
scoprendo qualcosa di sé e rivisitare così,
di Cettina Casale
i propri pensieri e la propria esperienza di vita
DETTI Roppu la quarantina nu malannu ogni matina.
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***** Ci troppu mangia prima o ropp’ s’affoca
Rotta p’ rotta, rumbim-la totta.
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Cala lu solu e ess’ la Luna e cumbà Roccu è ancora riunu.
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Chi mangia a Natal’ e paga a Pasqua Faci nu’ buonu Natalu e na’ mala Pasqua *****
Cu’ l’erva moscia ognunu s’annetta lu culu
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Picca abbasta e assai guasta *****
Si pigl’n’ cchiù mosch cu’ na goccia r’melu Ca cu’ na’ vott’ r’acitu *****
Schiaff’ttuni, v’ndaglietti , surd’llini, vai e bbieni, schamett’,papagni, papagnetti
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Cala lu solu e ess’ lu viendu e ind'a la matrella nun gè nienti. *****
Faci cumm’ la atta: caca e cummoglia. ***** A la brischula si joca cu li soldi ***** A lu bbuonu cavaddu Nu li manga la sella *****
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Queru ca ti rici lu specchiu Nun t’ r’ddici mancu sor’ta Chi si corca cu lu canu Nun ‘nzi auza senza pulici *****
C hi mangia pocu mangia assai Chi mangia assai mangia pocu SINONIMI CAPOSELESI Schiaff’ttuni, v’ndaglietti , surd’llini, vai e bbieni, schamett’,papagni, papagnetti ***** Paiorda, z’zzosa, cilonda, lorda ***** Fessa, cionna, putturrina, pricchiacca tabacchera, cimm’nera ***** Quatraru, quatrarieddu, criaturu, uagliungièddu, *****
L’acqua ca’ nun canmmina, fet’ *****
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Viàt’ a chi ten’ la cacarella senza frev’
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La scopa nova Scopa bbuonu sulu tre gghiuòrni
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P’ chi maneia la v-lanza a lu Paravisu nun gè sp-ranza.
V’rè cacà ven’ la voglia
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Li fessa e l'ustinati fann ricchi a l'avvucati.
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Si pigl’n’ cchiù mosch cu’ na goccia r’melu Ca cu’ na’ vott’ r’acitu
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La vacca quannu è tosta Nun si coci
Leu-n e fav’ astip-r p Maiu.
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Qunn’ li prucchi sal’n ‘gloria Perd’n la scienza e la m’moria
Sindaco D. Ferdinando Cozzarelli OPUS RIPANDELLI 1896 - Campana installata sul terrazzo della casa comunale e collegata con l'orologio pubblico
La femm’na nun si sposa lu ciucciu P’cchè li strazza r’ l’nzol’
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Stù v’ndarièllu ch’ a’ ‘ttè d’add’crèia, a me mi vai ‘ngulu
‘Ndrunà, pucunià, vatt’
***** Paiorda, z’zzosa, cilonda, lorda ***** Fessa, cionna, putturrina, pricchiacca tabacchera, cimm’nera ***** Cuscienza e soldi anna passà p’ una manu. Fuocu r’ spina, fuocu r’ reggina. Lassa la casa ardenda e fui addu la parturenda. ***** Ricordo di 'Ngiulinella R' Paglietta che è stata semb' pr'send p' ogni strufetta
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Attività ricettive DON PEPPE O' NAPULITANO
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periodo,unitamente al marito Salvatore Pallante, sarto, e poi, in modo definitivo, la famosa "GERARDINA" che, negli anni, ottiene tanto successo. I primi anni furono tristi e duri perchè rimase vedova giovanissima con due figli di tenera età (Mimmo e Teresa) . Ma, a seguito dello incremento dei pellegrini e delle mutate esigenze della clientela, il locale che poteva contenere circa 100 persone risultò non più idoneo» . Così, negli anni 60 iniziarono i lavori per la costruzione del nuovo Ristorante; gli stessi furono affidati all'impresa edile Comm. Francesco Ciccone con assenso tacito del Sindaco dell’epoca, considerato che non esisteva un piano regolatore edilizio. Fu una vera novità per la zona e ciò costituì forte richiamo per matrimoni in competizione con la "CASA DEL PELLEGRINO". Con il trapasso prematuro di Gerardina TESTA avvenuto il 07-10-1992 tutta l'attività di gestione passa alla signora Filomena FINELLI moglie di Mimino (Domenico Lombardi) che prosegue il lavoro della suocera con tanto orgoglio e competenza. Tutto quello che esiste oggi della tradizione della TRATTORIA TESTA, divenuta " Albergo Bar Ristorante Testa" è storia giornaliera. Ritornando brevemente al pioniere DON PEPPINO TESTA, le vecchie generazioni lo ricordano come una persona molto "positiva". Sapeva conservare le relazioni con clienti e personalità. Non era avaro ad offrire qualche pranzo ,anche perchè aveva tutta una sua filosofia nel dire"CHI PASSA PAGA E TUTTI DEBBONO PASSARE SOTTO QUESTO COLTELLO", perchè ci teneva a tenere il coltello della cucina bene affilato per affettare prosciutto e soppressate che non mancava mai ai pranzi. Un suo cliente affezionato era don Pasquale ILARIA che quando fu arrestato dal capitano dei carabinieri dì S.Angelo dei Lombardi nel 1946 in conseguenza della rivolta delle acque a Caposele avvenuta il 27 maggio 1939, si trovava a pranzo nei locali di don peppino. Vi fu una vera resistenza passiva sulle scale della trattoria, perchè ILARIA quale Capitano dell’Esercito, mutilato ed invalido di guerra (I9I5-I9I8), pretese che ad arrestarlo fosse il Maggiore dei Carabinieri di Avellino e così fu. Tale amicizia continuò fino agli anni 60 quando "Don Peppe o’ napulitano" passa a miglior vita il 21 novembre 1963 e don Pasquale Ilaria si trasferisce definitivamente a Roma con il grado di Generale in una casa di Ufficiali a riposo per poi ritornare per l’eternità a Caposele il 7 ottobre 1983.
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Il Ristorante TESTA dal 1914 a disposizione della clientela
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Tra la fine degli anni 1800 all'inizio del 1900 la frazione di Materdomini era priva dì Ristoranti. Nel 1904 Giuseppe Testa, detto Peppe o’ napulitano, classe 1886, nativo di Marigliano, si trasferì a Caposele per esercitare il mestiere di calzolaio. Tale scelta scaturì dal fatto che nello stesso anno vi fu la Beatificazione di S.Gerardo ed anche perchè doveva incontrarsi con suoi amici di Marigliano che lavoravano nei cantieri del costruendo acquedotto Pugliese. In tale circostanza incontrò la signorina Giuseppina Russomanno, classe 1889, che in breve tempo divenne sua moglie » Dal matrimonio nacquero 6 figli: Maria, Alfonsina, Gerardina, Salvatore, Anna (Minuccia) e Nicola A seguito dell'interessamento della donna di servizio della N.D. Alfonsina Santorelli, i Padri Redentoristi nel 1914 diedero in locazione alla moglie di Testa alcuni precari locali complessivamente di circa 60 mq siti alla via del Santuario sottostante al Collegio ove era ubicata la vecchia tipografia, ove in atto vi è il negozio di oggetti sacri. Tali locali furono adibiti a “TRATTORIA”, oltre che ad abitazione. L’ esigenza di impiantare una Trattoria era dovuto al fatto che in loco vi erano molti operai, sia per la costruzione dell’ ACQUEDOTTO sia per la costruzione della CASA DEL PELLEGINO. Nel 1915 DON PEPPE partì per la Guerra, riportando delle ferite. Al ritorno dal conflitto mondiale,continuò ad esercitare il mestiere di calzolaio perchè da vero specialista della scarpa le realizzava tutte cucite a mano e non con i chiodi come si usava a Caposele. La sua specializzazione era di confezionare i gambaletti da donna che calzavano le spose. Nello stesso tempo, si portava anche a Materdomini per aiutare la moglie. Nel 1933 i Padri Redentoristì gli affidarono in locazione dei nuovi locali sottostante la "CASA DEL PELLEGRINO" distante circa 25 metri dall’attuale ingresso all’HOTEL S.GERARDO . A detti locali adibiti a TRATTORIA, sottostante rispetto alla via Santuario, si accedeva mediante alcuni gradini. Gli stessi prendevano luce e aria da un finestrone all'altezza della strada e da un altro che affacciava sul "GIARDINO dei PADRI". Detto giardino attualmente è trasformato a parcheggio ed è antistante la nuova Chiesa del Redentore. Il saper fare e la simpatia di "don Peppe”, instaurò un punto di ospitalità per i paesi Circostanti e per i pellegrini che giungevano solo nel periodo estivo - Maggio - Ottobre. Naturalmente il pranzo eccezionale era costituito da : pasta al forno - antipasto di prosciutto e soppressata locale con sottoaceti e braciole al ragù - la bistecca,all’epoca, veniva consegnata periodicamente, con Postale Lioni – Contursi, dalla macelleria di Sabino Biondi originario di Atripalda (AV) . Non mancavano polli paesani! fegati e ventricelli. Era un privilegio gustare queste specialità. Nel 1941 prematuramente muore la moglie Giuseppina ed il tutto viene affidato alle figlie. Maria per un certo
A PARTIRE DA QUESTO NUMERO DE LA SORGENTE PASSEREMO IN RASSEGNA TUTTE LE ATTIVITÀ RICETTIVE DI MATERDOMINI. NE RACCONTEREMO LA STORIA INCOMINCIANDO DAL RISTORANTE TESTA, IL PIÙ ANTICO. DAL 1914 “DON PEPPE O’ NAPULITANO”,COSÌ AMAVA ESSERE CHIAMATO, PIONIERE NEL CAMPO DEI RISTORATORI, HA TRAMANDATO UNA CUCINA GENUINA QUANTO TRADIZIONALE CHE ANCORA OGGI RICHIAMA TANTA GENTE DA OGNI PARTE DELLA REGIONE. di Antimo Pirozzi
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L'Albergo L'Antico Ristorante Albergo Testa, dal 1914 offre alla sua clientela comfort e cordialità. Immerso nel verde paesaggio dell'Irpinia, dotato di ampio parcheggio garage, unitamente al fascino dei paesaggi, regala un romantico connubio tra la natura circostante e il comfort delle tre moderne sale climatizzate. La privacy delle 40 splendide camere arredate con gusto ed eleganza, il servizio assolutamente impeccabile, la cucina nazionale ed estera di altissimo livello fanno dell'albergo Testa il luogo ideale dove il visitatore potrà immergersi totalmente nella splendida atmosfera di intensa spiritualità che il vicino Santuario di San Gerardo regala.
la scheda
Le sale La sala rosa: 400 posti a sedere, ospita banchetti e ricevimenti importanti La sala privèe: 80 posti a sedere, luogo intimo e raccolto dove gustare una ricca colazione La sala blu: ideale per buffet e congressi, offre fino a 350 posti a sedere. Il servizio ristorazione offre squisiti piatti della cucina nazionale ed estera per tutte le occasioni. L'albergo offre inoltre Servizio Catering per Buffet a domicilio INFO: 0827 58691 - info@hotelristorantetesta.it - www.hotelristorantetesta.it
Politica
LA NOSTRA ACQUA : LE ANALISI.. ... E QUALCHE PROPOSTA
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ritenute migliori di quelle di Cassano perchè provenienti da una falda più profonda, si diceva che ‘pietrificava qualunque cosa fosse precipitata nelle sue acque’ e che, cioè, queste fossero molto ricche di calcio. Tuttavia, dal rapporto di prova n. 10180 del 5.04.2011, redatto a cura dell’AQP ed in pubblicazione sul sito istituzionale del Comune, come peraltro dalle analisi chimico-batteriologiche riportate sull’interessante cd ‘Le sorgenti del Sele ed il suo acquedotto’ realizzato per il Comune di Caposele dall’allora vicesindaco ing. Gerardo Monteverde, risulta che il residuo fisso a 180° della nostra acqua è, di poco, inferiore a 200 e che la sua durezza è 15. Evidentemente, quindi, il potere di pietrificare in passato attribuito al fiume Sele si riferiva invece a qualche suo affluente, magari alle acque di Contursi Terme, e non alle sorgenti Sanità, dato che la nostra è, in realtà, un’acqua oligominerale e quasi dolce. Del pari molto basso è il valore dei nitrati (NO3), considerato importante indice di qualità ambientale dell’area di provenienza (inferiore è il valore, migliore è la qualità). Per verificare le ottime caratteristiche della nostra acqua, possiamo confrontare i dati riportati sulle etichette delle acque minerali in commercio con quelli pubblicati sul sito istituzionale del Comune di Caposele. Dal raffronto dei dati sopra riportati si evince chiaramente che a Caposele, ‘città di sorgente’ di ottima acqua,
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con cadenza trimestrale vengono pubblicati i dati delle analisi dell’acqua potabile distribuita nella rete idrica che sono effettuati dall’AQP (http:// www.comune.caposele.av.it/index. php?action=index&p=402). Ora, è noto che in commercio vi sono vari tipi di acqua, con caratteristiche raccomandate per questa o quella indicazione, che alimentano il fiorente mercato delle acque minerali imbottigliate, tra l’altro, favorito anche dal fatto che la clorazione dell’acqua potabile, indispensabile a fini sanitari, si ritiene possa comportare, a lungo andare, delle controindicazioni. Infatti, se “la disinfezione dell’acqua ha consentito di poter usufruire di acqua sicura e di prevenire numerose malattie” .. “la eliminazione della disinfezione, ove ciò sia possibile, deve essere fortemente raccomandata in quanto aumenta la qualità dell’acqua ed elimina i rischi collegati alla disinfezione stessa.” (http://www.regione.veneto.it/ NR/rdonlyres/991E1A04-B982-4836870F-01E38E0E8F39/0/Moretti.pdf). L’Italia è al terzo posto nel mondo per consumo pro capite di acqua in bottiglia, con 205 litri l’anno e 240 bottiglie per famiglia, con i conseguenti problemi di impatto ambientale, la cui parte più rilevante è da attribuire alla produzione del packaging (in media il 74 per cento) e al processo produttivo (il 18 per cento Il restante 8 per cento è imputabile ai trasporti. Del fiume Sele, le cui sorgenti sono
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i acqua, in questo periodo, si è fatto un gran parlare e sotto vari aspetti. A parte il recente referendum sull’acqua pubblica, a Caposele è l’argomento che più tiene banco sia a causa della vicina scadenza della convenzione con l’AQP sia per l’imminente inizio dei lavori della Pavoncelli bis. E nel mese di maggio è stato pubblicato il PAI adottato dall’Autorità di Bacino che, per il rischio o pericolo frane che interesserebbero il nostro territorio comunale (a causa delle sue sorgenti), ci obbliga a ridimensionare fortemente il pur limitato sviluppo edilizio previsto dal contestato Puc, approvato appena l’anno scorso. Al di là delle questioni Pavoncelli bis, nuova convenzione con AQP e commissione consiliare, PAI con conseguente revisione del PUC, tariffa dell’acqua non utilizzata dal Comune per coprire il costo del servizio, contatori, Parco Fluviale e la nuova oasi della Madonnina, e cioè, al di là dello stretto legame di dipendenza della vita della nostra comunità dalle sue sorgenti, conosciamo veramente l’acqua che nasce a piazza Sanità? Beh, intanto va ricordato che fino a qualche mese bevevamo ancora quella di Cassano. E tale fatto ha dato recentemente luogo, come è noto, a molti articoli sulla stampa provinciale, a richieste e ad una mozione consiliare intese sia a far conoscere la qualità dell’acqua distribuita che a riavere la (pur da tempo già annunziata) immissione nelle condotte comunali di quella della Sorgente Sanità. Detta mozione è stata, infine, positivamente dibattuta nella seduta del Consiglio comunale del 7 aprile scorso (la delibera e la documentazione richiamata è consultabile sul sito http:// www.caposele.net ) . Però, il problema della distribuzione è stato risolto solo in parte, in quanto, pur essendo stata per aprile e maggio erogata l’acqua della Sorgente Sanità, da fine giugno, in attesa della promessa modifica delle pompe di sollevamento che sarebbero inadatte a far fronte alla maggiore richiesta dei mesi estivi, viene di nuovo distribuita l’acqua di Cassano. Invece, sul sito istituzionale del Comune è stata effettivamente creata la sezione analisi delle acque, ove
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di Nino Chiaravallo
addirittura oligominerale, non ha senso acquistare quella imbottigliata e che, pertanto, non dovrebbe neppure porsi il problema dello smaltimento dei vuoti di plastica. Alcuni Comuni, (ad es. Mercato S. Severino) per contenere l’inquinamento provocato dalla plastica Pet, impiantano appositi chioschi (c.d. case dell’acqua) che offrono acqua, naturale e gasata, opportunamente depurata da sostanze nocive. Da noi non vi è necessità di installare chioschi muniti di filtri depurativi : basterebbe solo rendere possibile attingere direttamente alla sorgente l’ottima acqua che nasce, praticamente, nel paese.
NEL SITO DEL COMUNE DI CAPOSELE (www.comune.caposele.av.it) È STATA DEDICATA UNA SEZIONE ALLE ANALISI DELLE FONTANINE PUBBLICHE DEL TERRITORIO DI CAPOSELE
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Sport
LE SCUOLE "OLIMPIA CAPOSELE" RICONOSCIUTE DALLA F.I.G.C. TRA LE MIGLIORI SCUOLE CALCIO DELLA PROVINCIA di Roberto Notaro
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CATEGORIA PICCOLI AMICI (2002/2005)
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(Consegna Coppa Primo Posto Categoria 1998/1999)
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(I piccoli tesserati dell’Olimpia Caposele al termine della Premiazione mostrano il proprio Attestato di Partecipazione)
della categoria Esordienti: per le categorie in questione, vista l’importanza ludica dell’attività, non si assegnano Titoli
Provinciali di categoria, ma state pur certi che nei prossimi anni questi giovanotti daranno la caccia alla Terza Stella (simbolo
della squadra Campione Provinciale dopo le prime due ottenute nel 2008 e nel 2009).
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corsi si sono articolati in due allenamenti settimanali, guidati da allenatori locali abilitati dalla F.I.G.C.: Massimo Cetrulo (Istruttore Scuola Calcio CONIFIGC, Allenatore Portieri), Malanga Salvatore (Allenatore di Base UEFA-B), Gerardo Grasso (Istruttore Scuola Calcio), oltre al sottoscritto (Allenatore di Base UEFA-B, Istruttore Scuola Calcio CONIFIGC).in qualità di Responsabile del Settore Giovanile. Ancora un riconoscimento importante alla nostra società è stato dato dalla Federazione Italiana Giuoco Calcio che ci ha riconosciuto tra le settanta scuola calcio irpine, ma soprattutto ci ha indicato tra le 9 migliori tra queste (con l’Avellino e altre sette ), ovvero quelle organizzazioni che hanno rispettato tutti i parametri del caso (tecnici abilitati, assicurazioni ragazzi, partecipazione a relativi campionati, precisione del Presidente nella gestione dell’attività e nel rispetto delle scadenze). Ulteriore soddisfazione poi è venuta dalla vittoria del girone “Alta Irpinia-Fase Primaverile” del campionato Provinciale
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Per quanto riguarda il lato calcistico dovrei ringraziare singolarmente tutti coloro che sono stati vicini ad un gruppo di quaranta giovani calciatori che impegnandosi per quattro-cinque volte a settimana in un campo di calcio hanno contribuito a realizzare un sogno che all'inizio sembrava impossibile: raggiungere la seconda posizione in classifica con una squadra costituita da soli giovani locali e concludere la manifestazione senza subire alcuna penalizzazione è qualcosa che scaturisce soltanto da un proficuo e intenso lavoro settimanale...se a tutto questo si aggiunge una tifoseria calorosa e il nutrito sostegno dei nostri genitori ci si rende conto di quanto il calcio abbia unito diverse generazioni domenica dopo domenica...la festa conclusiva allo stadio “Palmenta” è stata la chiara dimostrazione d'affetto che il team ha riscosso durante tutta l'annata; è utile ancora una volta sottolineare la funzione sociale che il calcio occupa a Caposele in materia giovanile. Adesso
però il problema è la continuità perché tutte le società di calcio che si rispettino non possono avvalersi economicamente soltanto dei tornei estivi e quindi la speranza è legata all'intreccio di nuovi progetti che possano rendere più solido un organico che ha già dimostrato di saper affrontare degnamente gli innumerevoli problemi che un campionato di calcio comporta. Occorre che tutti in paese si rendano conto dell'importanza dell'aggregazione sociale perché è da qui che si riparte per costruire un futuro radioso a questo paese, ahimè sempre più impelagato in lotte interne: il calcio e lo sport in generale uniscono e non dividono e questo concetto è espresso chiaramente anche dalle altre associazioni sportive locali rappresentate dagli amici Roberto Notaro (Olimpia Caposele) e Donato Ceres (ARS). Organizzare e affrontare un nuovo campionato di categoria è un'impresa assai ardua, possibile solo grazie all'aiuto di tutti e di persone valide: a tal proposito ringrazio pubblicamente il nostro mister Raffaele Sista che con una passione invidiabile non è mai mancato ai numerosissimi allenamenti da lui fortemente voluti...e allora staremo a vedere cosa ci riserva l'immediato futuro: da parte dell'attuale dirigenza c'è la ferma volontà di proseguire nel progetto giovanile e di far rientrare anche altri calciatori
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rendendo spunto dal discorso motivatore del mister Tony D'Amato nel celebre film “Ogni maledetta domenica” vorrei scrivere poche righe su due argomenti sui quali ho focalizzato negli ultimi mesi la mia attenzione in qualità di giovane consigliere comunale e di Presidente dell'Associazione Calcistica Dilettantistica Caposele: il campionato di calcio appena conclusosi ed il rinnovo della convenzione con l'AQP.
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O risorgiamo come collettivo o saremo annientati individualmente !
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Tommaso Cibellis
che quest'anno sono stati tesserati in altri paesi. L'altro argomento collegabile sicuramente allo sport e ai giovani è sicuramente il rinnovo della convenzione con l'AQP...sono convinto che la commissione consiliare da poco istituita saprà far valere le ragioni di Caposele contro l'ente pugliese; dai vari incontri degli ultimi mesi si è capito finalmente il valore del nostro territorio e della nostra acqua...spero vivamente che si raggiunga in tempi brevi l'accordo economico che restituisca finalmente dignità a Caposele e ai caposelesi...il giusto riconoscimento potrebbe risanare il deficit finanziario e sociale che affligge da anni la nostra comunità la quale deve rendersi conto di poter divenire un patrimonio dell'umanità e di fare di Caposele il Paese dell'Acqua...
siamo di fronte ad una svolta epocale in cui non contano né i personalismi e né le rivalità delle diverse fazioni politiche in campo; esiste la sola necessità di far avere a Caposele il giusto ritorno economico in cambio di un bene prezioso concessoci da Madre Natura. E allora come ho aperto questa mia riflessione così chiudo ribadendo il concetto espresso dal citato film: risorgiamo come collettivo altrimenti saremo annientati singolarmente e ci chiederemo un giorno di chi saranno le colpe della mancata “spinta” giovanile e della mancata occasione con la quale Caposele sarebbe potuto risorgere dal baratro verso il quale ora si sta avviando...
“GENTE DI CAPOSELE” È LA NUOVA RUBRICA APERTA A TUTTI I CAPOSELESI SPARSI IN OGNI PARTE DEL MONDO. TRATTASI DI BIOGRAFIE SPONTANEE PERVENUTECI SENZA AL CUNA PRETESA GIORNALISTICA, MA AL SOLO SCOPO DI FAR CONOSCERE LA VITA, L’ATTIVITÀ E QUANT’ALTRO RITENUTO UTILE ALLA NOSTRA COMUNITÀ. INVITIAMO TUTTI COLORO CHE HANNO QUALCOSA DA DIRE DI INVIARE LE LORO LETTERE, CORREDATE DI UNA O PIÙ FOTOGRAFIE, AL SEGUENTE INDIRIZZO ELETTRONICO: CONFORTINIC@GMAIL.COM OPPURE SCRIVERE A: REDAZIONE “LA SORGENTE” VIA ROMA 26 83040 CAPOSELE
Gente di Caposele DA VICENZA FRANCO COPPOLA
Egr.Direttore, Caro Nicola,
Da Milano GIUSEPPE MALANGA
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Mariarosa che mi ha regalato due splendidi e bravi figli MariaVittoria di 23 anni e Lorenzo di 19.
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DALL'INGHILTERRA REMO IULA
'un grande piacere scrivere su Caposele; tutta la nuova generazione è entusiasta della zona. Grazie per quello che avete costruito per portare il paese alla conoscenza di chi vive lontano da anni ma non ha mai dimenticato le origini. Per i Caposelesi lontani l'attaccamento alle tradizioni ,vita di paese tranquilla sicura, quasi dormente che si risveglia con un grande ruggito alla sera e' una cosa meravigliosa difficile da spiegare. La nostra grande speranza che non
Mariavittoria e Lorenzo
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Da quel 1990 a parte qualche anno per motivi famigliari non sono mai mancato al “Ferragosto Caposelese” e spero di poterlo fare per tanti anni ancora.Fortunatamente anche mia moglie e i miei figli condividono con me questa gioia e dai numerosi parenti e amici sono stati accolti con affetto e amicizia come pochi oggi sanno fare. Affetto che naturalmente ricambiamo con tutto il cuore. Venire a Caposele per noi significa immergersi nelle tradizioni,nel piacere di stare insieme a persone vere,di godere delle piccole grandi cose……Spero quindi di rivedervi tutti a Ferragosto e,augurando alla “SORGENTE” lunga vita,vi stringo in un fraterno abbraccio. Franco. PS:aggiungo alcune note autobiografiche. Francesco detto Franco sono nato a Varese il 19/10/1953. Vivo a Vicenza da più di 50 anni. Laureato in Giurisprudenza oggi ricopro il ruolo di responsabile alle vendite dell’azienda fondata da mio padre Lorenzo nel 1964 di cui sono socio. Sono sposato dal 1985 con
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Franco e Mariateresa
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Con grande piacere ti allego qualche foto della mia famiglia e qualche nota autobiografica. Come penso tutti sappiano, anche se nato a Varese 58 anni fa, il ceppo nativo è di Caposele da parte di mia madre Rosa Cozzarelli e di San Sossio Baronia da parte di mio padre Lorenzo Coppola, la cui madre(nonna Livia Cozzarelli),è comunque nata e vissuta per molti anni a Caposele. Fin da bambino, con mamma Rosa e le mie due sorelle Livia- oggi vice primario di Anestesia all’ospedale di Vicenza- e Maria Luisa detta Isi, oggi Assessore all’industria e sviluppo della Regione Veneto,trascorrevo il mese di agosto tra le mura del Palazzo Cozzarelli e le piccole stradine di Caposele di cui ancor oggi serbo ricordi indelebili.L’azzuro del cielo, le stellate notturne, la freschissima acqua delle fontane del paese, l’odore dei “paparulicchi fritti,delle “prummarole” della “pizza” di Lellina e Ze peppa sono per me ricordi indimenticabili e cari come un abbraccio pieno d’amore. La tragedia del terremoto mi ha tenuto per qualche anno lontano dal paese ,anche se con il cuore ero e sono stato sempre vicino alle vostre drammatiche esperienze. Fino al 1990 estate in cui sistemato “Palazzo Cozzarelli”,sono tornato a Caposele con mia moglie Mariarosa e la piccola Maria Vittoria nata nel 1988. Dopo qualche anno anche Lorenzo nato nel 1992 ha potuto assaporare e respirare l’aria salubre di Caposele.
resta solo per il periodo delle vacanze ma continua per tutto l'anno Caposele ne ha diritto sia per chi ci vive ,ma sopratutto per la nuova generazione,ch'e' il nostro futuro, Personalmente posso assicurarla che i miei nipotini si sentano molto fieri di essere Caposelesi (nonostante sono nati in Inghilterra). Mi auguro che il vostro lavoro venga premiato apprezzato da tutti coloro che sono amici della Sorgente dai quattro venti del mondo. Un caro saluto a tutti con un forte abbraccio Remo Iula un adottivo Caposelese da Contursi e Crawley"
Premio “Fedeltà” 1994 assegnato dalla Pro Loco a Franco Coppola
Giuseppe Malanga, nato il 04.11.1980 ad Avellino, 19 giorni prima del terremoto. Ho frequentato il Liceo a Caposele, ricoprendo per un anno la carica di Presidente dell’Assemblea d’istituto. Nel 1999 mi sono trasferito a Milano per studiare in Bocconi, dove mi son laureato nel 2004 al Corso di Laurea Economia Aziendale, Specializzandomi in Finanza aziendale. Durante il periodo universitario ho frequentato un corso estivo presso l’università di La Habana – Cuba e ho svolto vari studi sulla new economy. Un anno prima della laurea, ho iniziato a lavorare al Servizio Clienti di Banca Mediolanum, facendo il “Consulente di sede” con la gestione dei Top Clienti e delle Campagne Pubblicitarie. Dal 2005 ho l’abilitazione per l’iscrizione all’albo dei Promotori Finanziari presso la Camera di Commercio. Dal Settembre 2005 ho svolto l’attività di Revisore dei conti presso Ernst & Young (big 4), occupandomi di aziende industriali e di servizi. Ho avuto una breve esperienza a Roma, col ruolo di Financial Controller presso L’hotel Melià Roma Aurelia Antica. Nel Luglio 2009 ho conseguito il Master in Amministrazione, Finanza e Controllo di Gestione presso il Sole 24 ore. Dal Marzo 2008 ricopro la carica di Responsabile finanziario Italia presso Temmler Italia, facente parte di un gruppo farmaceutico tedesco. Associato all’area Finance di Assolombarda. Giuseppe Malanga
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Revival
RITORNO AL PASSATO ALLA RICERCA DEGLI ARTICOLI PIU' BELLI de "LA SORGENTE"
Signor CAPOSELE, mi concede un’intervista?
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di Luisida Caprio
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conduce negli impianti dai quali è possibile osservare, tra un frastuono assordante, milioni di metri cubi d’acqua dal sorprendente colore e di una purezza diamantina scomparire in lunghissime gallerie. Mi guarda mentre osservo affascinata quello spettacolo che ha il potere di ipnotizzare e nei suoi occhi leggo l’infinita gioia di chi può donare con generosità ed umiltà tanta ricchezza. Usciamo all’aperto e solo allora mi accorgo di quanto tempo sia trascorso. Il pomeriggio è passato e con esso è terminata anche la mia strana intervista. E’ il momento del commiato. – Signor Caposele devo lasciarla, la ringrazio infinitamente per avermi concesso un po’ del suo tempo. - Dolcemente mi risponde: - il tempo non mi manca davvero,ne ho tanto alle mie spalle e dinanzi a me e non mi devi ringraziare. Non vorrei sembrarti immodesto, ma mi ha fatto piacere parlare un poco di me. Abbiamo trascorso davvero un bel pomeriggio, vienimi a trovare ancora. Ti aspetto, tanto tu sai dove trovarmi, io non mi muovo da qui. – Mi guarda stringendo la mia mano tra le sue grandi, immense mani generose e antiche, dure di esperienza e di lavoro. Nei suoi occhi leggo una infinita tenerezza mentre mi fissa imprimendomi bene nella memoria. Ora sono sicura: la prossima volta mi riconoscerà subito, senza fatica. Con questa certezza che mi riempie di gioia riprendo la strada del ritorno. – E mi raccomando, non darmi più del lei, dammi del tu. - Mi giro inviandogli un bacio. – Grazie caro, vecchio, dolce Caposele ed arrivederci.
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certamente la città offre molto, poi il progresso, le professioni, le esigenze aumentano …Ma io non me ne rammarico, sono contento così, perché tanto so che un posticino nell’anno lo riservano sempre per me e ritornano a trovarmi. – Lo so che ritornano e le posso garantire che l’affetto che hanno per lei è immenso, inattaccabile, un fatto inspiegabile a chi non ha visto coi propri occhi. Parlavamo prima della sua rispettabile età, che lei tuttavia porta egregiamente, ma so che un certo periodo, in un certo mese, lei diventa addirittura giovanissimo, goliardico. – Si, è vero, mi dice con un’espressione maliziosa e compiaciuta – è merito di alcuni miei cari figliuoli che nelle vacanze estive hanno pensato fare cosa gradita a tutti, ai miei abitanti, a chi lontano è ritornato,ai gentili ospiti che mi onorano con la loro presenza, inventando un modo spensierato e allegro per divertirsi un poco : l’Agosto Caposelese, la cui fama sta varcando i confini irpini, con gare, concorsi, giuochi, mostre fotografiche e di pittura ed ogni anno ne pensano una nuova! Non solo, hanno creato anche un bellissimo giornale intitolato “La Sorgente” e titolo migliore non potevano davvero trovare. – Sono d’accordo, è un doveroso omaggio a tutta questa abbondanza di acqua, una vera grazia per i campi e la vegetazione. Peccato però che porti anche tutto questo umido. – Umido,umido – mi risponde un po’ risentito – se non ci fosse tutto questo umido, come dici tu, non ci sarebbe anche tutta questa acqua ed io non avrei mai potuto dare parte di me stesso, una parte importante, a chi ne aveva immenso bisogno. – Parla dell’Acquedotto Pugliese certamente. – Certamente, vieni a vedere . – Con passo deciso , nonostante la veneranda età, con infinito orgoglio malcelato, mi prende per mano e mi
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più antica risale al XI secolo, quella in evidenza è di fattura aragonese ed intorno ad essa vi è ancora la struttura della cittadella medioevale con tutte le case arroccate ai piedi dell’abitazione del signore. Guarda l’antico campanile laggiù di stile romanico, è stato edificato, pare, su un tempio pagano in onore della Madonna della Sanità che si venera dal 1710. Osserva, osserva ancora questi portali, alcuni sono bellissimi con sculture in pietra viva riproducono antichi stemmi gentilizi. Sono felice, palesemente soddisfatto, il mio personaggio si sta via via infervorando e continua orgoglioso ad indicarmi le cose più belle. – Là c’è la Chiesa Madre di origine antica e lassù è la Basilica di Materdomini la cui storia è, per molti versi, legata alla mia. E quella è la croce di Sant’Angelo della seconda metà del ‘600. – Mi avvicino per osservarla meglio e noto alla base l’arma civitatis del comune con i tre gigli, con le tre cime dei monti e l’aquila dal cui becco sgorga un getto d’acqua. In essa, penso, sono racchiuse le tre ricchezze del Paese: la campagna, le montagne e generose, ineguagliabili sorgenti del Sele. – Certo dovevi stare bene in quel periodo. – Mi osserva leggermente soprappensiero. Forse sta rivivendo i suoi anni di feudo con il Principe perennemente assillato da lotte di confine, successioni, alleanze ed i contadini alle prese continuamente con aratri e spade. – Mah, ogni periodo ha avuto il suo fascino, le sue bellezze,la sua importanza. Benessere e prosperità si sono alternati a miserie, pestilenze, persino terremoti. Lasciamo stare il passato, oramai, parliamo del presente. – Bene, parliamo dei suoi figli. – Con un paterno sorriso mi dice: Sono stati tanti e tanti verranno ancora; ma non dimentico nessuno dei miei figli, di ciascuno conservo l’immagine. Prima potevo dare loro di più, un po’ perché erano in meno, un po’ perché si accontentavano anche di meno. Alcuni infatti sono andati in altre regioni ed altri in altri Paesi, altri sono rimasti per dedicarsi all’agricoltura, al commercio ed a altri interessi. Adesso
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’ una bellissima giornata tiepida, serena, adatta per fare una piacevole gita. Ed è ciò che sto facendo, ma con uno scopo particolare, devo recarmi ad intervistare un personaggio particolarissimo, imprevedibile: un paese, Caposele, nel cuore della verde Irpinia. La strada si snoda tra innumerevoli curve e finalmente lo scorgo, comodamente sdraiato all’ombra del Paflagone, ai piedi di Materdomini. Osservo la zona ubertosa di ulivi e svariate piante sapientemente curate che lo circonda e quasi invidio quella sua posizione privilegiata di invitante benessere tra verdi campagne, fresche ombre ed acque cristalline. Sta sonnecchiando e mi dispiace interrompere il suo riposo. Mi avvicino e dico con un pò di soggezione: -“Signor Caposele, mi potrebbe concedere un’intervista?” – E tu ci sei?- mi parla decisamente con il tu come si addice a chi può vantare tanta età e saggezza nei confronti di una figlia del XX secolo come me. Sul suo viso centenario lo sguardo è diffidente e scrutatore. – Non mi riconosci? – gli rispondo un po’ scoraggiata – Eppure dovrebbe ricordarsi di me, ormai è da qualche anno che mi vede. – Declino formalmente le mie generalità e mi pare che piano piano, a fatica il ricordo della mia persona riaffiori. Mi osserva, indaga, con quegli occhi che hanno visto migliaia di episodi, epoche intere e così diverse susseguirsi. – Ah si, mi ricordo … ma, cosa vuoi, con tutti i figli e nipoti che ho avuto e che ho, mi è un po’ difficile riconoscerne subito il volto. – Capisco non si rammarichi. Certamente figli e nipoti ne ha avuti tanti dacché è vissuto. Mi pare che lei sia piuttosto vecchiotta! Se non erro la sua origine risale al tempo dei Romani e c’è chi afferma anche prima. – Si, credo, ma neanche io posso dirti con precisione: sai, la mia memoria … di tempo ne è passato così tanto e di allora, purtroppo non è rimasto più niente. – Il discorso cade, vorrei continuare, ma sono un po’ intimorita. Fortunatamente l’atavico senso di ospitalità è più forte della diffidenza iniziale e - però, se t’interessa, prosegue , ho qualcosa di un po’ più recente da mostrarti. Vedi i ruderi del castello? La parte
Storia
L’Unione dei Comuni Caposele
di Alfonso Sturchio
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popolazione da 20.001 a 30.000 abitanti; g) 3 per cento per le unioni con popolazione complessiva superiore a 30.000 abitanti. Il numero dei comuni che si uniscono fa variare in alto le sovvenzioni statali. Infatti, a ciascuna unione di comuni, in relazione al numero dei comuni associati, spetta in base alla popolazione dei comuni interessati, un diverso contributo per abitante pari sempre ad una percentuale del valore nazionale medio per abitante dei contributi erariali. Si va dal 5 per cento per le unioni costituite da due comuni; al 7 per cento per le unioni costituite con un massimo di 4 comuni, fino al 10 per cento per le unioni costituite con oltre 10 comuni. Prima di vedere se è conveniente costruire questa unione, CaposeleLioni + altri, occorre dire che negli ultimi 10 anni sono state costituite in Italia già 337 Unioni di Comuni. Queste comprendono 1.668 diversi municipi che insieme formano una popolazione che supera i sei milioni di abitanti. A guidare la classifica sono le ricche regioni del Piemonte e della Lombardia con oltre 50 unioni ciascuna, mentre in Campania ve ne sono 10. Nella provincia di Avellino già se ne contano 3, ovvero l?Unione di Comuni Feudi Irpini, Medio Calore e Antico Clanis. Ma, si diceva, quali sono i vantaggi. I contributi economici, innanzitutto. Lo stesso decreto n.318/2000 ha stabilito che a ciascuna unione di comuni spetta in base ai servizi esercitati in forma associata un contributo pari al 15 per cento delle spese correnti ed in conto capitale certificate ove l'ente gestisca in forma associata due servizi; al 19 per cento ove l'ente gestisca in forma associata da tre a cinque servizi; al 26 per cento delle spese ove l'ente gestisca in forma associata più di cinque servizi. Si aggiunga che queste percentuali sono elevate del 5 per cento per le spese relative ai seguenti servizi: anagrafe e stato
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e, da ultime, le novità introdotte dal nuovo Titolo V della Costituzione, hanno evidenziato la necessità di realizzare nuovi modelli di gestione di servizi e funzioni comunali dei circa seimila piccoli comuni presenti sul territorio italiano. Il nuovo assetto istituzionale degli enti locali, infatti, prevede espressamente l’obbligatorietà per i comuni fino a 5000 abitanti come Caposele della gestione associata delle funzioni fondamentali individuate nella legge n.42 del 2009 sul federalismo fiscale. Naturalmente sono previsti degli incentivi economici affinché si realizzino queste unioni. Il Decreto Ministeriale n. 318 del 2000 ha stabilito che alle unioni di comuni è attribuito un contributo in base a) alla popolazione; b) al numero di comuni facenti parte dell'unione; c) ai servizi esercitati in forma associata. In concreto è previsto, ad esempio, che a ciascuna unione spetta in base alla popolazione un contributo per abitante pari ad una percentuale del valore nazionale medio per abitante dei contributi erariali. Le percentuali da applicare sono: a) 5 per cento per le unioni di comuni con popolazione complessiva sino a 3.000 abitanti; b) 6 per cento per quelle con popolazione complessiva da 3.001 a 5.000 abitanti; c) 7 per cento da 5.001 a 10.000 abitanti; d) 8 per cento da 10.001 a 15.000 abitanti; e) 9 per cento per le unioni di comuni con popolazione complessiva da 15.001 a 20.000 abitanti; f) 5 per cento per le unioni con
civile, ufficio tecnico, urbanistica e gestione del territorio e polizia locale. Il secondo vantaggio dovrebbe derivare dalla maggiore efficienza nella gestione dei servizi, con la possibilità di mettere in rete le esperienze e la capacità presenti in tutti i comuni. Ma come si costituisce l’Unione? Naturalmente il primo elemento è quello della volontà politica. Come in ogni matrimonio riuscito, non si può prescindere dalla volontà delle parti di allearsi per un obiettivo comune. Una volta raggiunta l’intesa, dovrà essere redatto l’atto costitutivo e lo Statuto dell'unione che saranno approvati dai consigli dei comuni partecipanti con le procedure e la maggioranza richieste per le modifiche statutarie. Lo Statuto determina le norme fondamentali dell’organizzazione e dell’attività dell’Unione, deve prevedere un Presidente dell'Unione scelto tra i sindaci dei Comuni interessati e prevedere che altri organi siano formati da componenti delle giunte e dei consigli dei comuni associati, garantendo la rappresentanza delle minoranze. Questo è tutto. Una volta capita che cos’è l’Unione dei Comuni, resta da valutare se sia conveniente per Caposele. Il sindaco di Lioni ha lanciato pubblicamente la sua idea. Occorre aderire, incoraggiare, rimandare l’invito al mittente o rimanere passivi? O ancora, dobbiamo seguire l’iniziativa di Lioni e guardare verso l’Alta Irpinia o promuovere una nostra Unione con gli altri paesi limitrofi? Non si dimentichi, come ho già detto, che le norme attuali prevedono l’obbligatorietà per i comuni fino a 5000 abitanti come Caposele della gestione associata di molte funzioni. Ciò che adesso appare come un’ipotesi di studio, a breve obbligherà i nostri amministratori a delle scelte importanti. Considerati i progressivi tagli ai trasferimenti di risorse verso gli enti locali, possiamo pensare di farcela ancora da soli? C’è un vecchio proverbio caposelese che dice: Megliu ess cap’ r’ saraca ca cora r’ balena. Ma c’è anche una magnifica commedia di Eduardo. Chi è cchiu felice e mè? in cui il protagonista, per rinchiudersi nel suo piccolo mondo, perde ciò che gli è più caro. Il sindaco di Lioni ha preso l’iniziativa, ora tocca a Caposele guadagnarsi l’autorità per cavalcarla.
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e recenti elezioni amministrative che hanno interessato i vicini comuni di Lioni, Calabritto, Senerchia e Teora non hanno lasciato indifferenti i caposelesi. Strettamente legati da rapporti di vicinato e da personali amicizie, abbiamo seguito le varie competizioni sin dalla preparazione delle liste fino allo scrutinio finale. Piuttosto delicata era la sfida di Lioni, dove al sindaco uscente, amministratore di solida esperienza, veniva contrapposta una lista di persone che avrebbero goduto, si diceva, di un ampio consenso popolare. Gli amici che avevano seguito i primi comizi del sindaco Salzarulo, al ritorno mi riferivano di essere rimasti colpiti, oltre che dalla facondia del filosofo, dalle sue ripetute allusioni ad una Unione dei Comuni che avrebbe compreso anche Caposele. Questi avrebbe discorso della necessità di unire i vari comuni della valle fino a superare il numero di 30.000 abitanti, condizione imprescindibile per poter godere di finanziamenti europei e regionali, e me ne chiedevano il significato. Effettivamente, anche al comizio finale, a cui ho voluto assistere, il sindaco Salzarulo ha ribadito la sua idea di Unione dei Comuni con, naturalmente, Lioni capofila. Ma che cos’è veramente questa Unione dei Comuni? In breve, l’Unione è un ente costituito da due o più comuni, di norma confinanti, per l’esercizio in forma associata di diversi servizi quali, ad esempio, i tributi, la finanza innovativa e risorse UE, i servizi ambientali (RSU, raccolta differenziata e servizi cimiteriali), i servizi sociali (con particolare attenzione alle strategie di integrazione sociale), l’Urbanistica, lo Sportello Unico Edilizia, le Strategie di sviluppo socioeconomico, la Vigilanza e così via. E’ importante sottolineare che ciò che dapprima poteva essere solo un’opportunità, ora è diventata una necessità. Le riforme degli anni novanta
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Attualità
OSSERVAZIONI DI UN LETTORE FORESTIERO
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Dall’Espresso L’ A LTA I R P I N I A R I V E N D I C A IL GOVERNO DELLE PROPRIE RISORSE..?
né del bacino idrologico della sorgente, né delle conseguenze economiche e sociali sulle popolazioni private di una risorsa fondamentale per le attività economiche del territorio. La gestione di questo grande acquedotto, il più lungo al mondo nel suo genere, è stata curata da sempre tramite l’Acquedotto Pugliese, un tempo Ente Pubblico di interesse nazionale, oggi Società per Azioni AQP di proprietà della Regione Puglia. La SpAAcquedotto Pugliese, ha offerto una convenzione al Comune di Caposele per poter continuare a prelevare l’intera Sorgente Sanità senza riserve e/o ulteriori pretese, a fronte di un corrispettivo “una tantum “da versare nei prossimi dieci anni. Gruppi di Cittadini, Associazioni e alcune rappresentanze, sono insorti protestando e chiedendo di vederci chiaro nella faccenda che appare come una vera e propria vendita di diritti sul bene comune
“acqua”. La speculazione economica su un bene della comunità sociale in cui si vive, forse rappresenta la più forte aberrazione del nostro tempo capace di aggredire anche il diritto fondamentale di poter usufruire delle risorse naturali nel loro ambiente di origine. Ma ancora più irragionevole è la concezione privatistica che la Società di gestione idrica AQP, intende assumere sul territorio dell’Alta Irpinia: disporre pagando e comprando le risorse, del diritto a decidere della sorte dei Cittadini di quei luoghi. L’associazione Cittadinanzattiva è in prima linea per promuovere il dibattito con le Istituzioni affinché vi sia una presa di coscienza da parte di tutti e, insieme ad Ecocongres, ha organizzato un convegno sul tema, con il contributo di esperti nazionali ed internazionali, per il giorno 9 aprile 2011 presso l’Auditorium del Santuario di San Gerardo in Caposele.
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a verde Irpinia ricca di montagne, con i suoi boschi è una fonte d’acqua potabile tra le più importanti del Meridione d’Italia. Caposele, un paese a ridosso del Parco dei Monti Picentini, è il luogo ove nasce il fiume Sele. La Sorgente Sanità in particolare, con oltre 120 milioni di metri cubi l’anno, è stata totalmente convogliata in una lunga galleria per trasferire l’Oro Blu dall’Irpinia, ad oltre 200 km di distanza fino in Puglia. Tutto ciò avveniva già 100 anni fa, con la promessa di grandi ricchezze e prosperità per le popolazioni vallive che vivevano intorno al fiume. Invece niente di tutto questo: la Puglia ha prelevato l’intero fiume senza mai curarsi
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e di eventi sismici (Friuli). Mi ritengo quindi in grado di comprendere quanto hanno subito gli abitanti dell’Irpinia perché conosco bene come lo stato di disperazione possa aver superato alcuni limiti come quelli descritti nell’articolo. Come si potrà dedurre non mi sento di esser stato connivente con chi può aver lucrato su altrui disgrazie. Ma che dire invece sugli episodi raccontati con lodevole obiettività dallo stesso sig. Ceres in merito al comportamento fraudolento di un numero imprecisato di cittadini del territorio i quali, con dichiarazioni mendaci, avallate da compiacenti falsi testimoni, hanno ottenuto più contributi rispetto quelli loro spettanti. Mi sorge però spontaneo il dubbio circa l’efficienza dei servizi anagrafici e di altre strutture di competenza delle Amministrazioni comunali che, evidentemente, non hanno sentito o non si sono posti il dovere di accertare, dove possibile,la veridicità delle suddette false dichiarazionl. Considerate inoltre le molteplici cariche istituzionali rivestite in quel periodo dal sig.Ceres ritengo Egli in grado anche di completare la descrizione, citandone l’epilogo e spiegare il motivo per il quale sono state tralasciate, anche a posteriori, indagini approfondite nonchè le dovute segnalazioni all’Autorità Giudiziaria. Termino questo mio intervento e desidero precisare che esso non vuole rappresentare forme di campanilismo e non intende innescare polemiche verso chicchessia; se tale può essere stata l’interpretazione da parte di qualche lettore, mi scuso per una mia eventuale non sufficiente chiarezza di espressione. Concludo riconfermando il mio sentito encomio per i pregevoli contenuti de “LA SORGENTE”, verso il suo Direttore Ing. Conforti, i componenti la Redazione e tutti gli autori degli articoli. Con i miei più cordiali saluti mi firmo
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feudale, la propria operosità. Rinnovo quindi il mio apprezzamento per i contenuti dei due articoli che ho citato. Esprimo invece il mio vivo disappunto in merito alle affermazioni del sig. Michele CERES contenute nell’articolo “TRENT’ANNI DOPO”, argomentazioni che mi permetto di definire una nota stonata nel contesto delle numerose altre espressioni ricche di saggezza contenute nel periodico che ho letto con attenzione ed al quale faccio riferimento in questo mio scritto. Chi scrive ha trascorso l’adolescenza tragiche situazioni derivanti da catastrofi di vario genere e solo avendole vissute si può comprendere lo stato d’animo di chi ne viene colpito. Il sig. CERES descrive infatti comportamenti poco civili assunti da una parte della popolazione al momento del sisma e nei giorni che ne seguirono, nei quali accaddero episodi di accaparramento con assalti a negozi di generi alimentari ed a quanto poteva servire in quei drammatici momenti nei quali, sempre secondo il resoconto dell’autore, si verificarono anche “eccessi di individualismo” dettati dal “retaggio di antica miseria” e da un” retroterra culturale” che portarono persino a comportamenti passivi in alcuni interventi di emergenza. Ciò che invece mi sento di contestare è il tono con il quale il sig. Ceres si scaglia contro il” Nord” intendendo probabilmente tale termine in senso traslato (secondo le regole della sintassi italiana) e come tale rappresentativo di tutti gli italiani che vivono in quel territorio, quasi si trattasse di una consorteria votata a lucrare sulle disgrazie del Sud, dimenticando invece le numerose partecipazioni di solidarietà pervenute dalle regioni settentrionali. La mia adolescenza è trascorsa sotto i tragici effetti della guerra con frequenti bombardamenti che hanno semidistrutto la mia regione ed inoltre mi hanno costretto ad assistere ad azioni belliche di grande atrocità. Poi, dopo alcuni anni, ho partecipato volontariamente ad operazioni di soccorso in occasione di alluvioni (Polesine e Firenze)
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moti tendenti alla realizzazione dell’unità nazionale e quindi alla formazione di una struttura più legalitaria. Presumo che non sia errato attribuire la causa principale di tale diffusa criminalità ad un triste retaggio di storica miseria e di sofferenze subite ad opera di chi, per lunghissimi anni ha esercitato poteri da parte di biasimevoli classi dominanti ed anche ad opera di milizie straniere che nel corso dei secoli, hanno operato invasioni tutt’altro che indolori per le popolazioni. Secoli di malessere e di sofferenti sudditanze possono quindi generare comprensibili, ma non giustificabili, frustrazioni che conducono ad un comportamento malavitoso. Ho così avuto modo di apprendere notizie di storia riguardanti una regione molto lontana dalla mia. Non mi resta che esprimere le mie congratulazioni all’autore di un così apprezzabile articolo. La curiosità mi ha poi assalito ed ho deciso di proseguire attentamente nella lettura di altri episodi. La mia scelta è caduta sulla magistrale esposizione effettuata dal dott. Alfonso STURCHIO e che ha per titolo “NAPOLEONE ED I MULINI DI CAPOSELE”. Tale ricco e circostanziato racconto amplia maggiormente le mie modeste conoscenze riguardanti i fenomeni politici, sociali che hanno interessato l’Alta Irpinia nei secoli scorsi. Uno fra i tanti episodi narrati ha riguardato il prevalente disinteresse di Carlo di Lignì, principe di Caposele, verso le giuste aspirazioni delle popolazioni e dedicandosi invece alle frequentazioni dei salotti napoletani presso i palazzi dell’alta nobiltà napoletana; i suoi compiti venivano invece svolti i maniera tracotante e coercitiva dal suo procuratore barone R.C. Ritengo pertanto che il pessimo comportamento delle classi dominanti all’epoca abbiano provocato gravi frustrazioni, a volte anche ribellione, da parte della popolazione che vedeva mortificatala, da un governo di stampo
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otrebbe destare sorpresa il fatto che un piemontese da molte generazioni, come tale è chi scrive, manifesti interesse per una località così lontana dalle proprie zone di origine e trasferitosi da tempo a Bologna, rivolga l’attenzione ad un bellissimo territorio come quello dell’Alta Irpinia. Ciò è stato casualmente indotto da una amichevole frequentazione, nel tempo diventata cordiale amicizia, con persone di origini irpine. E’proprio presso una delle loro abitazioni bolognesi che ho avuto l’opportunità di prendere visione del recente n° 81 del periodico “LA SORGENTE”e di leggerne con interesse alcuni articoli sui quali mi permetto di esporre alcune mie osservazioni da semplice e rispettoso lettore ammirato per alcuni argomenti trattati dal giornale cui mi riferisco e che apprezzo particolarmente considerandoli di validissima integrazione delle mie modeste conoscenze della Zona, della sua popolazione, usi, costumi e quant’altro caratterizza questa parte del nostro territorio nazionale. Ho ammirato la lodevole partecipazione dei numerosi lettori i quali, nel loro intimo, si sentono solidali nell’attaccamento alla Comunità di appartenenza, alle sue origini storiche ed alle vicende di un passato lontano o recente. Tra gli argomenti che ho avuto modo di apprezzare ho rivolto il mio particolare interesse a quello dal titolo “IL RATTO DELLE CAPOSELESI” scritto con dovizia di particolari dal sig. Gerardo MONTEVERDE in merito alle vicende, alle persone ed alle località che hanno caratterizzato il fatto. Rifletto quindi come, nel primo decennio del 1800,il brigantaggio potesse aver avuto tanta diffusione,in particolare ad opera dei famigerati Quagliarella a Caposele e Milone a Muro Lucano. Penso come l’assalto di Materdomini abbia terribilmente sconvolto la popolazione di quella tranquilla frazione. Le azioni di brigantaggio contrastavano pesantemente con ciò che in altre parti della nostra penisola, dove già fiorivano,infatti,
AGOSTINO SARACCO
Attualità
La capitale DELL'ACQUA di Michele Fumagallo
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concessioni in appalto all'incontrario. La sua idea era originale e alquanto malvagia: una serie di personalità coperte dal segreto assicuravano finanziamenti di banche inglesi, le amministrazioni pugliesi erano chiamate a garantire i consumi idrici, in nome e per conto delle popolazioni sitibonde, l'opera restava nelle mani delle cordate imprenditoriali per un tempo imprecisato durante il quale lo Stato garantiva, a sua volta, la liberalizzazione del costo dell'acqua. In effetti anche la Puglia protestò, ma invano e si vide soccombente nei riguardi dello Zampari spalleggiato da Giolitti e da un pool di senatori industriali del Nord: la legislazione vigente consentiva la concessione a deviare, primo caso assoluto in Italia, il corso del fiume, le cui sorgenti erano di proprietà comunale. Si vide però costretto a rinunciare per ragioni economiche alla realizzazione dell'opera, per cui risolse il contratto di vendita col Comune di Caposele che rientrò in possesso delle sorgenti. In quel preciso istante le province di Foggia e Bari rivolsero istanza al Ministero dei Lavori Pubblici per vedersi assegnare le medesime sorgenti e il Ministero non ebbe dubbi nel concedergliele, con buona pace del Comune di Caposele che, invano, invocava la sua patrimonialità delle acque transitata in numerosi atti e documenti storici». «Il comune di Caposele - prosegue Merola - aveva ben ragione di che lamentarsi, ma gli sfuggiva che erano maturi i tempi per il Consorzio idrico delle Province Pugliesi e che, ahimè, erano già pronte le cordate delle industrie nordiche che avrebbero fatto dire qualche anno più tardi a Salvemini che «Giolitti con l'Ente Acquedotto Pugliese aveva pensato più a dare da mangiare ai padani che a dar da bere ai pugliesi. Quando fu venduta l'acqua, all'inizio ci furono alcuni lavori a Caposele e molte persone furono assunte; contemporaneamente cominciavano a chiudere tutte le attività indigene e autonome, quindi ci fu la caduta e la crisi. E l'acqua riprese ad essere un bene controllato da altri, per interessi di altri. Non poteva che nascerne un distacco delle popolazioni e delle nuove generazioni. L'alienazione di cui tu parli ha questa origine». E oggi, controversie a parte con l'Acquedotto Pugliese che continuano e su cui bisognerebbe tornare con un articolo specifico, secondo te che occorre fare per riprendere un rapporto corretto con il beneacqua di cui si è in possesso, senza scadere in logiche proprietarie assurde ma anche senza essere espropriati dalla conoscenza e dall'uso di questo bene? «C'è un pensiero unico continua Merola - che ancora non si riesce a scalfire e che ha il suo dogma nell'assioma: tutti i beni hanno un valore economico. Non è affatto così, e io penso che i gestori del pensiero unico non ci lasceranno in pace fin quando non saremo capaci e non si avrà il coraggio di sancire definitivamente che l'acqua è un bene comune, di tutta l'umanità. Il giorno in cui questa dichiarazione rivoluzionaria sarà resa nella sede più opportuna (e non come una grida manzoniana) si potranno contare quanti sono gli amici e i nemici dell'Acqua, bene comune, universale, individuale, ed imprescrittibile».
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dell'acqua), va detto che da lungo tempo, e in modo più evidente dopo l'Unità d'Italia, i poteri finanziati hanno sempre mostrato interesse per l'acqua business, prediligendo però situazioni di gestione mista i cui costi, cioè le perdite, erano sempre a carico dello Stato e i profitti per il capitale investito sempre e comunque garantiti. Parliamo del periodo post unitario governato dalla Destra storica. Anche per capire che la commistione dell'epoca di figure/capitani di finanza e di industria, saldamente radicati nelle istituzioni, ci conferma che certe emergenze attuali, più che di fantasia e di creatività, attingono a piene mani in un passato già collaudato. Solo con l'avvento della Sinistra storica si assiste ad un'evoluzione in senso pubblicistico della legislazione, anche se, a passo cadenzato (Legge 10/07/1884 n.2644). Fu questa evoluzione che permise, ad esempio, la nascita dell'Ente Acquedotto Pugliese». L'Acquedotto pugliese Che è stato causa di dissidi decennali tra le sorgenti a monte (in questo caso Caposele) e i consumatori a valle (in questo caso la Puglia), dissidi che continuano ancora oggi. E su cui chiedo un giudizio rapido a Merola, perché il discorso più dettagliatamente storico, per quanto riguarda le sorgenti del fiume Sele, lo lasciamo al suo studio. «Guarda riprende Merola - ti faccio un esempio di cosa sono i rapporti fondati sull'esproprio dei territori. Quando facevo il consigliere di amministrazione dell'Acquedotto Pugliese nominato dalla Provincia di Avellino, in autunno era una pacchia perché si incassavano le bollette dell'estate. Cifre enormi perché si prendevano le bollette delle seconde case turistiche. Ebbene, di questi soldi non una lira arrivava in Irpinia. Praticamente significava che hanno preso l'acqua ma le frane e tutti i disagi dell'acqua sono rimasti qua, senza un briciolo di finanziamenti per gli interventi. Sia chiaro, l'Acquedotto Pugliese è stato anche un esempio di buon funzionamento delle cose. Oggi però la Puglia deve cominciare a fare politiche di risparmio del bene. Le sorgenti non sono eterne». La liberalizzazione Ma ritorniamo a discorsi più generali. Perché vorrei sapere come mai, dopo un periodo che va dalla fine dell'Ottocento ai primi del Novecento in cui ci fu una grande fioritura di lavori in paese attorno all'acqua (mulini, pastifici, oleifici, piccole centrali elettriche, tintorie), inizia una decadenza che porterà persino all'alienazione dalla conoscenza più minuta del territorio. «È una storia fatale per il Sud - riprende Merola - e per qualsiasi territorio che perde il possesso dei suoi beni. Il comune di Caposele molto sprovvedutamente nel 1888, ritenendosi a ragione proprietario delle Sorgenti Sanità del fiume Sele, dopo molte pressioni, vendeva le medesime con atto pubblico ad un imprenditore friulano, l'ingegnere Francesco Zampari, molto legato alla burocrazia ministeriale. Forte della proprietà delle acque l'ingegnere tentò di imporre la realizzazione di un acquedotto in Puglia non prima di aver strappato l'autorizzazione ministeriale a deviare le sorgenti dal loro alveo naturale. L'ingegnere Zampari era un precursore della finanza creativa, del project financing e delle
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della risorsa acqua, ma è un inizio che può far recuperare i ritardi del passato se, beninteso, c'è la capacità della popolazione e di quella dei Comuni vicini di riprendere in mano il proprio destino, e di riconoscere i guasti immensi di una cultura clientelare nemica dell'autonomia e quindi del progresso autentico. Segno dei tempi, in parte cambiati, è anche questo studio sull'acqua che un militante politico di sinistra di rilievo in paese e nel territorio come Alfonso Merola ha approntato. Uno studio che «riporta la storia dentro l'acqua», essendo qualsiasi risorsa sempre preda di movimenti storici e interessi e mai libera di agire «come natura vuole». Nell'immediato post-sisma di 30 anni fa, si toccava con mano l'alienazione che aveva preso gran parte delle nuove generazioni. Quando capitava di chiedere ai giovani se sapessero che nelle strade dove camminavano e nei pressi dei luoghi dove svolgevano le loro discussioni e la loro vita c'era sotto un mare d'acqua e che tanti anni prima le generazioni precedenti vi avevano vissuto a contatto strettissimo, molti cadevano dalle nuvole e ignoravano la storia più significativa del paese. La storia ignorata Perché? Ma perché ogni potere e ogni classe dirigente, soprattutto se più rapace, non ha alcun interesse all'autonomia delle popolazioni, anzi ha quello opposto: di sviluppare una dipendenza da presunti esperti, magari venuti da lontano, e da presunte e miracolistiche "magnifiche sorti" che ovviamente non arrivano mai. Questa è stata anche la storia di Caposele e delle sue ricche sorgenti. Alfonso Merola è incazzato per la miseria politica che la sinistra italiana esprime ma non domato, anzi quando parla del suo paese e del suo territorio viene fuori la passione di sempre che l'ha portato in passato anche a condividere i destini amministrativi di questo borgo come sindaco. Per prima cosa gli chiedo se, quando ha scritto il suo rapporto «Annotazioni per una breve storia dell'acqua», ha avuto la consapevolezza che in tutti i territori ci sono ormai alcune cose che fanno da metafora per il futuro, cioè senza lo scioglimento in positivo di quei nodi, ogni progetto o discussione sul nuovo sviluppo e sul futuro autentico, è pura illusione e inganno. «Sì, certamente - inizia Merola - Se ci si sofferma, del resto, sulla storia dell'acqua, non possiamo non convenire su un fatto: l'acqua si è caratterizzata come un valore universale. Però va anche detto che è stata un valore sacro, un valore sociale e un valore economico, a seconda del periodo storico. Nell'antichità l'acqua fu considerata una divinità per lo più associata alla Salute e alla Vita. Sacre erano le sorgenti e le foci, i fiumi, i laghi, i mari e gli oceani. Non una sola fonte, presso gli Antichi, difettava di consacrazione. Alle fonti, trascinando i loro corpi malati, si recavano i pellegrini per pregare le divinità e cercare di ritrovare la salute. Sanitas era, infatti, l'altro appellativo della dea protettrice dell'acqua». Bene, ma la storia evolve, e non sempre a favore dei cittadini e dell'acqua come bene pubblico indiscutibile. «Sì, è ovvio - riprende Merola - L'acqua segue le vicissitudini della storia e degli interessi degli uomini. Ma, per quello che ci serve adesso (cioè la battaglia contro la privatizzazione
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aposele, piccolo comune dell'Irpinia, disseta due milioni di persone, tra la Puglia e la Campania. Eppure la gente del posto non ha mai beneficiato. Solo ora, grazie al referendum, riscopre la sua ricchezza. Ci sono beni primari che dovrebbero sfuggire a qualsiasi uso mercantile e di scambio: uno di questi è l'acqua, che i popoli antichi provvidero infatti persino a "sacralizzare". In un'epoca in cui esplode, e in modo drammatico, il problema dell'acqua, in tutti i sensi, sia come logica accaparratrice di risorse da parte di un capitalismo rapace, sia come uso perverso della risorsa stessa, non è forse inutile andare nei luoghi in cui le sorgenti nascono e nelle culture che dall'acqua hanno tratto costumi e abitudini. Caposele, piccolo comune dell'Alta Irpinia, è una delle capitali dell'acqua. Qui sono concentrate le sorgenti del fiume Sele, una riserva ricchissima che dà da bere a circa due milioni di persone delle pianure pugliese e campana. Tuttavia il rapporto dei caposelesi con l'acqua ha oscillato, almeno da un secolo a questa parte, da un legame positivo fatto di lavoro e progresso a un voltare le spalle all'acqua vissuta come problema e pericolo; fino all'atteggiamento di oggi, più spostato verso un recupero della risorsa in tutti i sensi, come cultura del posto, riappropriazione del bene e quindi autonomia del territorio. Il terremoto dell'80 Caposele è stato uno dei comuni distrutti dal terremoto del 1980. C'è adesso un tentativo di ripresa, dopo la ricostruzione, ma pesa sul paese lo spartiacque di crisi storica che stiamo vivendo. Non si può più tornare indietro e agire come Comune singolo, nello stesso tempo non si riesce a mettere insieme i Comuni del territorio per un'azione non solo di lobby ma di nuovo municipio. Così, l'acqua e tante altre risorse di questa zona a partire da un'antica storia, da manufatti di valore, da un verde e un paesaggio del tutto particolare, insomma quella che potrebbe essere la prospettiva di un nuovo sviluppo del territorio, ancora non riesce a muovere i passi adeguati, nonostante una presa di coscienza maggiore dei propri diritti nei giovani e nella popolazione. Così il referendum sull'acqua che si avvicina acquista un valore maggiore qui perché più chiara è la posta in gioco. Soprattutto se si pensa al passato in cui la popolazione è stata del tutto espropriata di questo bene immenso. Naturalmente l'acqua è bene pubblico e universale in tutti i sensi, cioè con controlli e poteri ben al di là del luogo dove essa nasce (non sono ovviamente ammissibili accaparramenti localistici su di un bene così essenziale per tutti). Quindi non è una malintesa autonomia che può creare una cultura nuova del bene, e non è per questo che interessa oggi Caposele. Interessa piuttosto per capire il rapporto con una risorsa, il perché dell'alienazione da essa, e come si può fare per riprendere un cammino culturale comune con i beni che la natura ci offre. Insomma come può cambiare la cultura delle persone quando è attraversata da una ricchezza che ne domina la vita e i comportamenti. Il prossimo referendum Lo facciamo in compagnia di uno studioso che ha da poco terminato uno studio sull'acqua e sul rapporto con questo paese. Quando ci avviciniamo alle sorgenti del fiume Sele, a ridosso del centro abitato, è il piccolo museo dell'acqua ad essere la novità di questi ultimi tempi, espressione di una ritrovata radice delle proprie risorse. Non è ancora quello che ci si aspetterebbe da una delle capitali italiane
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“LA SORGENTE” INTENDE AVVALERSI DI SUGGERIMENTI E PROPOSTE DI PERSONAGGI LOCALI SUL TEMA DEL TURISMO. A TAL UOPO ABBIAMO POSTO A TUTTI IL SEGUENTE TEMA:
di Mario Sista
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SORGENTI DEL FIUME SELE: Tale potenziale attrazione turistica c’è ma è appunto potenziale e basta. Hai voglia a scrivere “Visitate le sorgenti del Sele”: il turista inconsapevole che scendesse a Caposele attratto dalla cosa si troverebbe, all’entrata del Cantiere, dinanzi alla richiesta di esibire il permesso di Bari ad entrare, che ovviamente non ha. Tra l’altro poi se anche le sorgenti fossero free admission, il turista vedrebbe un’opera che risponde giustamente a criteri ingegneristici N.82
nazionale. Sarebbe il Comune all’altezza di ciò? Chissà. CHIESAMADREDISANLORENZO: Opera di indiscutibile bellezza, sia artistica che architettonica. Una cattedrale nel deserto però, dal punto di vista turistico. Perché mi si chiederà. La risposta è semplice: ciò che non si conosce semplicemente non lo si va a vedere. A me è capitato di trovare su Internet luoghi turistici e visitarli per curiosità. Se la Chiesa madre non la si propaganda bene nessuno la visiterà mai, ‘aivòglia r fà cap r’àngili e curniciùni’! Basterebbe pubblicizzarla alle folle di Materdomini: è a nemmeno due chilometri! Si tratta ancora una volta di innestare i percorsi turistici di Caposele con quelli di San Gerardo.
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SANTUARIO DI MATERDOMINI: Ad oggi è l’unico polo turistico esistente nel territorio comunale ed è abbastanza efficiente in termini di gestione dell’afflusso e dei servizi. San Gerardo brilla di luce propria, nel senso che da solo attira centinaia di migliaia di pellegrini, senza che Comune e Congregazione del SS. Redentore debbano scomodarsi a fargli
più che a quelli estetico-turistici per cui….rimarrebbe deluso, sempre esteticamente parlando. L’opera infatti può colpire gli ingegneri ma non tutti i turisti sono ingegneri! Chi ha visto le sorgenti di Cassano mi ha detto che sono belle per il modo in cui la struttura le valorizza. Viceversa tutti (e sottolineo tutti) coloro che ho portato a visitare le sorgenti di Caposele mi hanno detto che sono impressionanti per la portata, ma l’opera in sé non è poi granché perché non sottolinea l’attrazione vera e propria: l’acqua, che di fatto è coperta (l’acqua del canale collettore la devi sbirciare da dietro una grossa paratia di metallo). Personalmente sarei per convincere in ogni modo l’Acquedotto a ricreare il laghetto (coperto, ovviamente) che c’era cent’anni fa. La tecnologia attuale lo permetterebbe. Non capisco perché mai non si dovrebbe modificare (non certo distruggere) una struttura che risale a soli cento anni fa per renderla più fruibile dal punto di vista turistico. Manco fosse un resto di età romana, mah! Ma bisogna essere realisti: l’Acquedotto non credo si butterebbe in un’impresa di ridisegno delle opere di captazione e, visto che è “mègliu quèstu ca niénti”, le sorgenti ce le teniamo ben bene come sono cercando di valorizzare quanto abbiamo. Non sarebbe il caso di contrattare con l’Acquedotto pugliese per ottenere la visita turistica scevra da ogni impedimento burocratico? Mi risulta che in passato una tal cosa sia stata fatta. E ottenuto ciò non sarebbe il caso che il Comune istituisca nei mesi estivi un bus navetta che da Materdomini porti i turisti anche a Caposele? Non sarebbe altresì il caso che Comune, Santuario e Acquedotto in mutua collaborazione lavorino, anziché essere indifferenti l’un l’altro, per trovare le soluzioni più idonee per il rilancio del turismo e la fruizione turistica del territorio? Io ho un sogno: Caposele non solo città di sorgente, ma addirittura capitale dell’acqua qui, nel Sud Italia, visto che le carte ce le ha tutte (le infrastrutture forse un po’ meno) con iniziative quali convegni di respiro nazionale, pubblicazioni, mostre. Caposele promotrice di una rete che unisca in un unico sodalizio tutte le altre città di sorgente dell’intero territorio nazionale. Giocheremmo una carta di circa sei milioni di persone che vivono grazie a noi: un decimo della popolazione
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pubblicità. Un’osservazione c’è da fare però: lo svincolo della superstrada, il parcheggio che c’è a Materdomini, la Rivista sono frutto più della lungimiranza dei Padri che degli sforzi comunali. Caposele non ha mai dotato Materdomini di parcheggi pubblici, aree attrezzate e servizi igienici decenti degni di un paese turistico. Venendo a Materdomini con la macchina mi colpiscono poi dei dettagli che per un turista non sono secondari. È normale che sull’autostrada Contursi Terme sia più segnalata di Caposele come località turistica? È normale che lo stesso si ripeta all’uscita di Caposele dove un anonimo cartello “san gerardo” non comunica nulla a chi transita sulla Fondo Valle Sele? La mia sembrerà un’osservazione sciocca ai più, ma è assodato che nell’80% dei casi ottimi cartelli stradali e, in senso lato, ottima pubblicità, fanno sorgere nella persona una maggiore curiosità. Mi è capitato di testare ciò l’anno scorso, quando ho conosciuto una signora alla quale era venuta la curiosità di venire a Materdomini semplicemente perché, viaggiando, aveva letto l’indicazione sull’autostrada. Non mi soffermo sul cosa materialmente faccia poi il Comune per far conoscere meglio Materdomini o per valorizzarne e assisterne i pellegrinaggi, specie quelli a piedi, visto che la via vecchia r San Girardu, battuta da anonimi pellegrini il più delle volte visti solo da chi abita in località Ponte è ancora franata…E l’altra via vecchia dell’Antenna a Materdomini? Nemmeno mi chiedo cosa facciano i Padri per fare di Materdomini, oltre che un centro di spiritualità, anche un centro di studi, di riflessione sulla maternità e sull’infanzia, visto che Gerardo Maiella è patrono di queste realtà… Il turismo è anche convegni, atti, simposi; è cultura, ricordiamocelo.
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Turista è colui che, muovendosi dal proprio luogo abituale di residenza, si reca in un altro, per almeno un giorno, per i più disparati motivi: per visitare amici, per pellegrinaggio, per ammirare bellezze artistiche ed ambientali, per svago, per cultura, per affari. Il turismo è una risorsa importantissima per un territorio, in quanto lo ossigena creando posti di lavoro e favorendo la circolazione di capitali. Ora, essendo Caposele un paese - potenzialmente per certi aspetti e realmente per certi altri - turistico, va da sé che esso debba in modo peculiare interessarsi del turismo ed approntare al meglio mezzi e modi per sfruttarne le potenzialità di ritorno in termini economici. Ogni Amministrazione comunale di un paese turistico dedica non meno del 50% del suo tempo e delle sue risorse a interessarsi di turismo, a studiarne le dinamiche e a curarlo sul proprio territorio. Si può dire questo di Caposele? Nella esigua biblioteca comunale non mi pare di aver visto libri a riguardo, sulla base dei quali i responsabili del bene pubblico potessero partire per una adeguata progettazione e pianificazione di interventi mirati in tal campo. Il turismo non è una ‘pazziella’ che si può improvvisare, parola di chi se ne è reso conto tre anni or sono mentre studiava notte e giorno per fare il commissario esterno di Geografia turistica agli esami in una scuola secondaria di secondo grado di Cinisello Balsamo (MI). Attenendomi strettamente alla traccia di riflessione data dal Direttore, analizzerò, secondo il mio discutibile punto di vista, ogni singola potenzialità turistica a me nota presente nel territorio del Comune. Anticipo già da ora che non sarò clemente in alcune mie osservazioni, le quali non saranno volte a colpire questa o quella Amministrazione comunale, ma il modo di affrontare le cose in questo nostro paese. E lo farò con domande retoriche cui volutamente non darò risposta. Ma andiamo al dunque.
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TURISMO A CAPOSELE: CONSIDERAZIONI CRITICHE
“IL SANTUARIO DI SAN GERARDO, LA CHIESA DI SAN LORENZO, LE SORGENTI DEL SELE, IL BOSCO DIFESA, L’OASI DELLA MADONNINA (IN ALLESTIMENTO), IL PARCO FLUVIALE, IL MUSEO DELLE ACQUE ED IL MUSEO DI LEONARDO (IN ALLESTIMENTO) RAPPRESENTANO INDUBBIAMENTE POLI DI GRANDE ATTRAZIONE PRESENTI NEL NOSTRO PAESE. E’ IPOTIZZABILE UN VERO TURISMO INTORNO A QUESTE GRANDI POTENZIALITÀ?”
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PARCO FLUVIALE: Io non so bene cosa sia il Parco fluviale del Sele: forse l’area verde vicino alle cascate della fontana di Santa Lucia? Me lo auguro perché è carina, anche se troppo piccola e non estesa fino alla bella cascata di Pietra di Cola. Include per caso anche quel dieci volte vergognoso sentierucolo che costeggia il fiume e che in un tratto diventa di neanche un metro di larghezza? Contempla per caso un paio di ponti stile giapponese che sono un pugno nell’occhio per un paese di montagna che ahimè giapponese non è ma italiano? Comprende, com’è giusto che sia, tutta la strada che costeggia il fiume, dove fanno bella mostra di sé una gualchiera mangiata dai rovi, bombardamenti nell’asfalto, sacchi enormi di pietra a mo’ di muro, antichi macelli demoliti? (Parlo del tratto che da Capodifiume arriva fino alla curva r Ginnarinu Casillu buonanima). Beh, se è questa l’idea di Parco fluviale io la rigetto totalmente. E non mettiamolo nemmeno lontanamente nel novero delle potenzialità turistiche di Caposele perché credo che ogni persona che venga a vederlo, almeno allo stato attuale dei fatti, non potrebbe che riderci in faccia. I Parchi fluviali si fanno con gli espropri, non con i compromessi. Altrimenti non farli è meglio. OASI DELLA MADONNINA, MUSEO DELLE ACQUE E MUSEO DI LEONARDO: Non conosco queste opere perché non le ho mai visitate (tranne la prima che penso sia quella dei padri di
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con gli enti, valorizzarne i prodotti, non ubriacarsi quando si accolgono gruppi.... Basta partire da piccole e oculate scelte e metterle in atto, e il resto penso verrebbe da sé. Magari abbandonando, ovviamente, la logica del ‘sta bene la mia panza, stannu buoni tutti quanta’. Mi si perdoni il tono polemico di questo mio intervento, il cui messaggio finale è di pungolare chi di dovere di iniziare a fare qualcosa. Io non so quanto il Comune spenda nel suo bilancio annuale in termini di conoscenza delle dinamiche e dei canali del turismo, di promozione turistica e di tutto ciò che afferisce al turismo. Non è forse giunta l’ora di convincersi definitivamente e seriamente che la sopravvivenza del nostro paese è legata a maglie strette al turismo e al tornaconto economico che esso alimenta? Magari gli altri paesi avessero ciò che abbiamo noi! ma non ce l’hanno. Noi invece ce l’abbiamo e non facciamo nulla. Solo chiacchiere, come del resto le mie…
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il campo se ne andarono, dispiaciuti di non poter tornare più a Caposele in quanto il paese, a loro giudizio ottimo per lo scoutismo, era tuttavia privo di una mentalità tale da poter ospitare dei gruppi. È proprio vero: p n’acina r sàlu si guasta la m’nestra. Difatti in dieci anni non mi pare siano tornati più. Eppure il turismo dei gruppi alimenta un fiorente giro di affari. Non solo: gli scouts puliscono, valorizzano, fanno conoscere in tutta Italia le zone naturali che li ospitano. Passano parola… e quando il vino è buono si vènn senza frasca! Caposele è un paese ricco di storia (come attestano pile di documenti negli Archivi, anche se qualcuno nel numero precedente della rivista ha erroneamente affermato il contrario) di tradizioni e di attrattive. L’inganno nel quale credo che si cada, oltre che nelle chiacchiere che non hanno mai fine, è quello di credere che chissà che cosa si dovrebbe mai fare. Curare il paese, pubblicizzarne le risorse (la pubblicità è l’anima del commercio), investire in termini di cultura e solide collaborazioni
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BOSCO DIFESA DI CAPOSELE: L’antica Difesa del Principe di Caposele, ora demanio, merita un accenno particolare. Lodevole fu l’iniziativa, lustri or sono, di dotare una piccola zona
del bosco comunale di percorsi, gazebo, fontane, tavoli, vasche e quant’altro per renderla fruibile da chi, caposelese e non, volesse trascorrere una giornata all’insegna della natura. Anni or sono un gruppo scouts di Caserta, guidato da due miei amici, mi chiesero se Caposele avesse aree tali da poter permettere un campo scouts. Li accompagnai a San Vito, a Materdomini, a Caposele e al Bosco e rimasero soddisfatti della zona. Indi parlarono con l’allora Sindaco che si mostrò entusiasta dell’eventualità di fare di Caposele un paese scoutsfriendly. Essendo toccati quell’anno a Caposele i lupetti (scouts piccoli) si preferì alloggiarli a casa Houston, al Cantiere, per permettere un approvvigionamento più celere. Ricordo che il Comune, certamente in buona fede, mandò ad accogliere i piccoli scouts due o tre ragazzi che per via pensarono bene di ubriacarsi; per giunta non fu data loro nemmeno la chiave, mi sembra, del bagno, se non dopo tempo. Se non fosse stato per don Vincenzo e per alcune signore… Risultato: finito
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Materdomini), per cui ciò che non si conosce non lo si giudica. Certamente penso che siano validi elementi che caratterizzino un eventuale iter turistico. Arredi, ovvio, di un percorso che avrebbe come poli sempre Materdomini, sorgenti, San Lorenzo. Non è stato inserito come attrazione turistica strettamente legata alla chiesa madre ciò che resta dell’imponente castello di Caposele, semplicemente perché credo che allo stato attuale sia impresentabile, visto che le radici delle acacie stanno sgretolando mura di più di mille secoli fa, senza che il Comune, qualora gli spettasse, si impegni non dico a ristrutturarlo, ma almeno a proteggerlo in quanto monumento più antico di Caposele. Forse dovrebbero veramente scattare provvedimenti da parte di Enti più alti per far prendere coscienza di quale ricchezza, in termini di memoria, serbano quelle pietre…
No…. Il giocattolo non si è rotto!!!
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di Raffaele Russomanno
Ho sempre pensato che il rispetto delle regole fosse il sale della democrazia, per questo a suo tempo chiesi che fossero le norme statutarie a dettare le regole interne alla nostra Pro Loco e non le urla, per di più di chi subordinava la propria iscrizione e la propria collaborazione al ricoprire ruoli di vertice. Come Presidente nominato, perché il Presidente di una Pro Loco viene nominato dal Consiglio Direttivo, organo invece eletto dall’assemblea dei soci, sono sempre stato consapevole di dover operare secondo le norme al fine di poter rappresentare tutti gli associati. Ho sempre sostenuto, senza mai nascondermi, che quanto fatto sino ad ora non era bastevole per Caposele, per questo ho propugnato aperture a tutta la società caposelese, peccato che poi ci sia stato qualcuno che abbia inteso questa nostra apertura come una debolezza da cui far scaturire il proprio tentativo, per di più maldestro, di distruzione della Pro Loco e non come un momento di crescita per la nostra comunità. Molto avremmo potuto fare tutti insieme, soci anziani e soci giovani, peccato che qualcuno abbia inteso quel momento,
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o…. Il giocattolo non si è rotto!!! È con questo rammarico, cari lettori, che un po’ di tempo fa apriva un articolo apparso sul web, articolo che poneva la sua attenzione sulla nostra Pro Loco e sul suo Presidente, portando l’autore a cadere nel più classico dei lapsus di Freudiana memoria. Questo suo rammaricarsi che il giocattolo non si fosse rotto ci ha rivelato lo scopo ultimo delle sue azioni: rompere il giocattolo Pro Loco e non, come sbandierato in cielo, in terra e in ogni luogo, propugnarne il suo rinnovamento. Ho avuto già modo di scrivere in passato che a volte quando si compiono delle scelte, vuoi perché difficili, vuoi perché traumatiche, può rimanere il dubbio, in chi le ha compiute che forse le decisioni prese un anno fa non fossero del tutto giuste, anche se poi, fortunatamente, intervengono degli eventi, come l’apparire del succitato articolo, che rendono tutto più chiaro, sgombrando la mente da ogni dubbio e rafforzando la consapevolezza che le scelte operate, per quanto dolorose, fossero giuste.
così tanto atteso da tutti, solo come un’opportunità per rompere il giocattolo Pro Loco e non per costruire una Pro Loco più aderente ai tempi ed alle nuove esigenze della società caposelese. L’estensore del nostro scritto, ormai lanciato in un contorsionismo verbale e perché no…. anche mentale, ad un certo punto parla di mancanza di democrazia in seno alla Pro Loco dimenticando che la democrazia in un consesso civile poggia le sue fondamenta sul rispetto delle regole, quelle vere, quelle scritte, e non sulle chiacchere, passando attraverso il confronto, a volte anche duro, nelle sedi istituzionali e non nei bar. Ed infine, in questo suo andare su e giù per montagne russe verbali, a fronte dell’invito ricevuto da parte del direttore a portare un suo contributo scritto alla Sorgente il nostro giovane amico risponde con una richiesta di pagamento, ritenendo il suo scritto una consulenza e non l’ulteriore opportunità per esprimere liberamente le proprie idee, e perché no anche il proprio dissenso. Eppure quanto accaduto ha del paradossale. Credo che siano pochi gli editori e i direttori di giornale che mettano a disposizione di chi dissente dalle loro posizioni pagine del proprio giornale nella convinzione voltairiana della libertà: non
condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere. Sottolineo infine che firme del giornalismo italiano, come Marco Travaglio ed Antonello Caporale, sono stati ben felici di scrivere per questo giornale, come gli innumerevoli collaboratori che in questi anni, con i loro articoli, ne sono stati l’anima e la forza, senza aver mai pensato di richiedere il benché minimo contributo economico. È lecito, a questo punto, chiedersi se per qualcuno tutto, anche una Pro Loco, è soltanto…..business, come il nostro Rocky ci insegna? Ritengo che sia arrivato il momento di porre fine a questo tormentone, che con regolare cadenza ci viene riproposto, per questo ho deciso che non ritornerò più sull’argomento. È tempo ormai di guardare avanti ed andare oltre, però mi sia concesso ricordare all’estensore dell’articolo l’affermazione di uno dei padri della medicina, Ippocrate, il quale insegnava che la vita è breve, mentre l’arte lunga, allo stesso modo il nostro mandato come Presidenti della Pro Loco ha un tempo limitato, come è giusto che sia, mentre l’istituzione Pro Loco ha ed avrà vita lunga ed i suoi trentotto anni di esistenza ne sono la più vivida evidenza.
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TURISMO a CAPOSELE
di Rocco Mattia
La necessità di coinvolgere tutti
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da eseguire con locali di accoglienza tipo bagni, lavatoi etc. Si dovra’ provvedere all’istituzione di un servizio di pulmini navetta che dovranno collegare detto parcheggio con Caposele e con Materdomini anche con una strada pedonale di fede. Voglio ricordare il Bosco Difesa la cui superficie andrebbe incrementata con l’acquisizione degli spazi interni messi a culture agricole. In detti spazi dovrebbe trovare posto una tendopoli e/o roulottopoli serviti da uno spaccio di prodotti locali, da un bar, da una lavanderia, da uno stenditoio. Mi fermo e chiudo questo breve articolo con la speranza che possa iniziare un processo virtuoso per il Turismo a Caposele.
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facciano posare una bacheca nella curva Tredogge, facciano cancellare sui muri i segni per gli spazi elettorali, facciano sistemare la fontana Tredogge, che da sempre si presenta con un piano scivoloso per il muschio derivante da sversamenti continui di acqua. Mi fermo e faccio notare che gli interventi proposti non necessitano di grossi impegni economici , ma sicuramente offrono un benvenuto di civilta’ ai turisti che si intende richiamare. Con il Giubileo furono presentati diversi progetti che posso essere il giusto viatico per iniziare un percorso di alta professionalità con tecnici di settore specializzati. Voglio ricordare una previsione progettuale per il parcheggio a nord nella zona di svicolo della s.s. Ofantina,
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possibili. -Dovra’ dotarsi di uno studio di lancio e di certificazione dei prodotti con marchio locale; -Dovra’ studiare una tabellonistica originale e prospettare una campagna pubblicitaria. Quanto espresso avra’ dei costi che potranno essere coperti dagli emolumenti che il Comune di Caposele ricevera’ con la convenzione da fare con AQP. Prima di proporre sugggerimenti, ed in attesa dello Studio di Settore proposto, sento la necessita’ di rilevare che il Comune potrebbe almeno, fare il minimo per evitare la situazione di via Aldo Moro che dovrebbe essere il bigliettino da visita del Comune di Caposele. Gli Amministratori facciano sistemare le recinzioni fatiscenti, facciano togliere le parti in plastica arancione, facciano rimuovere la legna sulla banchina, facciano sistemare la stalla dei cavalli dalle lamiere e dalla plastica arancione, imponendo il divieto di depositare il letame a cielo aperto, facciano correggere gli errori di inglese sul tabellone a forma d’albero, facciano sostituire le barriere basse ed ammaccate nella curva dopo l’incrocio con via Piani, facciano rispettare il divieto di affissione di manifesti diffidando le due agenzie funebri operanti nel Comune,
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accogliere l’invito dell’ing. Conforti è, allo stesso tempo, stimolante ed impegnativo. Suggerimenti da dare ce ne sarebbero moltissimi, resterebbero pero’ mere esercitazioni “dilettantistiche” , fuori da un contesto progettuale generale e “professionale” che il territorio di Caposele meriterebbe di avere. L’offerta turistica deve essere studiata, programmata ed attuata progressivamente coinvolgendo le istituzioni, gli operatori turistici e commerciali , in breve tutti. I nostri suggerimenti potranno concorrere alla preparazione di un Piano Turistico che necessariamente deve essere affidato a competenti Studi Tecnici di Settore. Detto Piano potra’ definire : -Un nuovo assetto del territorio, avendo Caposele la possibilita’ di adeguare per il Turismo, il P.U.C. ad un Comune di 40.000 (quarantamila ) abitanti ; -Dovra’ studiare un logo , un motto , una pietanza,una manifestazione, un prodotto e quanto altro necessiti per associarli, nell’ideale collettivo, al nome di Caposele ; -Dovra’ formulare una offerta turistica globale, dettando la tempistica, coinvolgendo gli operatori turistici,i coltivatori,i commercianti ad un comportamento comune finalizzato ai migliori risultati
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IL FIUME SELE NELLA STORIA DA UNO STUDIO DI GERARDO MONTEVERDE CHE RIPORTEREMO A PUNTATE
questi luoghi siano tenuti dai Lucani e che vi sia in questi posti un fiume di nome Ceto, nel quale le cose che vi si gettano, in un primo momento galleggiano e poi si induriscono come pietre “Anche il geografo Strabone dice quasi la stessa cosa, chiamando il fiume col suo vero nome : “ i virgulti ( ramoscelli) immersi nelle sue acque sassificano pur conservando la forma e il colore primitivo “. Il naturalista Plinio è più dettagliato nella sua pur breve notizia : “similmente nel fiume Sele oltre Salerno, si trasformano in pietra non solo i rami che vi si immergono , ma anche le foglie “ . Con due bellissimi versi Silvio Italico volle trasmettere ai posteri questo singolare fenomeno : “ con quei che beon del Silaro che i rami , / come si narra , entro a suoi gorghi impietra “. E l’ultimo grande poeta nostro del Rinascimento , così cantò :
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inomatssimo è stato sempre questo fiume presso gli antichi scrittori sulle sue rive varie pagine vi ha scritto la storia. Lievemente deformato nelle lingue dei vari popoli che si sono succeduti nella regione, il nome ha avuto pressocchè sempre il suono di quello attuale . Probabilmente glielo imposero i Siculi , in tempi protostorici , allorché furono costretti ad abbandonare il Lazio per trasferirsi nelle più sicure terre del Sud , in ricordo di altro fiume omonimo del loro paese di origine. La denominazione più antica sembra sia ( Seila ) come si legge in una medaglia di Paestum e come pressappoco si pronuncia ancor oggi, ma i Greci dissero ( Silaris ) e i Romani Silarus o Siler . Gli antichi gli attribuirono la proprietà di mutare in pietra qualunque oggetto ligneo che restasse immerso nelle sue acque per qualche tempo . Cominciò Aristotele , il sommo filosofo greco fiorito nel IV sec. A.C. , che però lo chiamò Ceto : “ dicono che
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Quivi insiem venia la gente Del suol che abbonda di vermiglie rose, là ove, come si narra e rami e fronde Silaro impetra con mirabil onde.
Il monumento alle acque che Caposele attende dal 1902 - planimetria
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CAPOSELE e TURISMO. UN BINOMIO DIFFICILE
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di Giuseppe Palmieri
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I finanziamenti, normalmente, seguono le idee, non le precedono e presuppongono un programma di sviluppo organico che è possibile solo in presenza delle precondizioni innanzi evidenziate. Per vero, i fatti di questi ultimissimi mesi dimostrano come idee e finanziamenti, in assenza delle condizioni di cui innanzi, possano essere addirittura annullati con un colpo di spugna e sacrificati, entrambi, all’altare delle promesse contratte in campagna elettorale. Ovvero, come proposte e programmi elettorali possano essere abiurati per vendetta e ripicca del capetto di turno. Prendere coscienza dell’alto valore della rappresentanza istituzionale, della preminenza dell’interesse collettivo su quello individuale è la sfida del domani. Questa consapevolezza, però, per essere forza determinante il cambiamento non deve essere appannaggio di pochi eletti, ma della generalità dei consociati, ovvero di larga parte di essi. Ad ognuno è chiesto di fare la propria parte, perché il cambiamento deve cominciare da noi stessi. I fatti degli ultimi mesi lasciano ben sperare. Il popolo sovrano sembra abbia finalmente deciso di volersi riappropriare del suo futuro. Ha reagito (e con forza) alla incapacità della politica (ormai solo autoreferenziale) di dare risposte alle esigenze primarie della vita di tutti i giorni. Ecco, i Caposelesi devono cominciare a riappropriarsi del loro futuro, perché il futuro è nelle loro mani.
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democratica alla gestione della cosa pubblica; poi, recuperare alla causa le migliori intelligenze del Paese (oggi la politica, a qualunque livello, non attira più le migliori energie – e non lo dico solo io); stimolare con l’incremento degli strumenti di partecipazione lo spirito solidaristico dei cittadini; tornare ad una netta distinzione tra rappresentanza politica e gestione amministrativa; recuperare il senso alto e nobile delle istituzioni (la non istituzionalità diffusa – come scrive un noto politologo - produce mediatori e faccendieri ed allontana le menti migliori dalla politica). E’ indubitabile che da tempo (ma attualmente la situazione sembra essere precipitata) si assiste ad un declino, quando non ad una vera e propria perdita del senso delle istituzioni. La personalizzazione della funzione oltre a produrre il nulla, allontana i cittadini dalla politica. La ostinata (e ostentata) evidenziazione della propria funzione (io sono il sindaco, io sono il presidente, il popolo sovrano mi ha votato, ecc. …) è la spia di una debolezza e di una incapacità di governare i processi del Paese. Laddove, viceversa, la funzione se espletata nell’interesse della collettività e non come ripicca e vendetta personale è naturalmente riconosciuta da tutti. Lamentare, poi, nello specifico, la mancanza di finanziamenti, trincerarsi dietro la crisi economica è giustificazione che non spiega fino in fondo il perché di un fallimento (tra l’altro) delle politiche turistiche.
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riguarda, penso sia giunto il momento di smetterla di parlare e di passare ai fatti. Credo che questo sentimento sia molto diffuso in paese: i Caposelesi non ne possono più delle solite chiacchiere, di promesse mai mantenute e giustamente pretendono i fatti. Per questo, dicevo, in questa situazione data, non è il caso di ripetere frasi già dette, soluzioni già prospettate, ipotesi di sviluppo già ventilate. Per quel che mi riguarda, poi, ho manifestato più volte e pubblicamente le mie idee: con scritti, interventi, atti amministrativi (dichiarazioni e prese di posizione trascritte in delibere consiliari). Ora, per poter tornare sull’argomento (prospettive di sviluppo turistico del nostro Paese) bisogna prima recuperare una serie di precondizioni di carattere e portata generali. Altrimenti, come dicevo, faremmo mera accademia. E’ risaputo (da parte dei contadini, soprattutto) che non si può seminare un terreno pieno di sterpaglie, insomma, non arato. I semi non attecchiscono e sarebbero sprecati fatica e risorse. Ecco, la nostra situazione data è simile ad un terreno non pronto per la semina. Un terreno su cui prima di procedere alla semina, bisogna eliminare sterpaglie, arbusti, erbacce di varia natura. Solo dopo averlo liberato da questi elementi è possibile procedere alla semina. Fuor di metafora, quali le precondizioni per rendere coltivabile il terreno e poter parlare di crescita e sviluppo? Insomma, cosa fare, preliminarmente e nell’immediato? Innanzitutto, recuperare una partecipazione
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30 luglio FESTA DELL’AGRICOLTURA - Buoninventre , Associazione TERRA MIA 1 agosto FESTIVITÀ DI SANT’ALFONSO – San Gerardo , Associazione PRO TURISMO S. GERARDO 2 agosto FESTA DEL VOLONTARIATO - ANPAS 3 agosto FESTA DEL VOLONTARIATO - ANPAS
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ESTATE CAPOSELESE
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onfesso che mi è costato non poco rifiutare l’invito del nostro direttore a svolgere una riflessione sulle capacità e potenzialità di attrazione turistica di alcuni siti del nostro paese. Innanzitutto, perché ad un direttore non vanno (quasi) mai opposti rifiuti. Poi (e soprattutto) perché negli anni (anche per una serie di vicende di diversa natura) si è cementato un rapporto di stima, amicizia ed affetto. Per vero, non appena ricevuta la sua mail, da subito gli manifestai le mie perplessità a scrivere sul punto. In questa situazione data, infatti, ritengo inopportuno, quando non inutile e provocatorio, parlare (o scrivere) di prospettive di sviluppo turistico del nostro territorio (e ciò non vale richiamo al nostro direttore il quale, anzi, cerca di sopperire alle carenze altrui). Basta farsi un giro per il Paese, guardare con occhi non distratti (anche in macchina), ad esempio, la situazione delle strade per rendersi conto dell’inutilità di un siffatto esercizio accademico. Ero un giovane studente e già frequentavo abitualmente Materdomini per motivi di lavoro. Poi, i casi della vita mi hanno portato addirittura a stabilirvi la mia residenza. Già allora (parlo degli anni ’70, quaranta anni fa) sentivo parlare di parcheggi, di aree commerciali, di sistemazione delle bancarelle di via Santuario, di sfruttamento delle sorgenti del Sele come momento di grande attrazione turistica, di prospettive di sviluppo in genere. Oggi, a distanza di quarant’anni, sento ancora parlare degli stessi problemi. Ebbene, per quanto mi
5 agosto MANIFESTAZIONE IMPRESE E MESTIERI – PIAZZA SANITA’, CONFIMPRENDITORI 6 agosto TIRO AL BERSAGLIO – CAMPO LILOIA, FEDERCACCIA SEZ. CAPOSELE - PRESENTAZIONE “LA SORGENTE” PRO LOCO - MODA SOTTO LE STELLE – PRO LOCO 7 agosto TIRO AL BERSAGLIO CAMPO LILOIA, FEDERCACCIA SEZ. CAPOSELE - FESTA DELLA BIRRA – VIA S. GERARDO , WAKE UP 8 agosto FESTA DELLA BIRRA – VIA S. GERARDO , WAKE UP 9 agosto SAGRA DEI FUSILLI E DELLE MATASSE - PRO LOCO 10 agosto FESTIVITA’ DI SAN LORENZO COMITATO FESTA 11 agosto MANIFESTAZIONE A CURA DEL FORUM DEI GIOVANI 12 agosto -CACCIA AL TESORO – FORUM DEI GIOVANI-FESTA DELLO SPORT – ASD CAPOSELE 13 agosto GASTRONOMIA D’ALTRI TEMPI – San Gerardo ASS. PRO TURISMO S. GERARDO 14 agosto FESTA DELLA TRADIZIONE – PRO LOCO 15 agosto -CORSA DEI TRE CAMPANILI - SERATA SOTTO LE STELLE - San Gerardo - ASS. PRO TURISMO S. GERARDO 16 agosto FESTA AL BOSCO – PRO LOCO
18 agosto FESTA DELL'AMBIENTE W.W.F. - INAUGURAZIONE OASI DELLA MADONNINA, PATROCINIO COMUNE DI CAPOSELE 19 agosto SPASSI E RIPASSI – FORUM DEI GIOVANI 20 agosto CANTINE APERTE - PROLOCO 21 agosto FESTIVITA’ DI MARIA SS. SANITA’ 22 agosto FESTIVAL DI MUSICA GIOVANILE 26 agosto UNA DOLCE SERATA – PROLOCO /MISTER BAR 27 agosto MOTO FESTIVAL – PIAZZA SANITA‘, MOTO CLUB CAPUT SILARIS 28 agosto FESTA DELLA CIVILTA' CONTADINA –CAPOSELE , CIA CAPOSELE
TUTTE LE MANIFESTAZIONI SONO PATROCINATE DAL COMUNE DI CAPOSELE
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Il Turismo naturalistico
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carta non emanano cattivi odori e non deperiscono nello spazio di qualche giorno, Il Comune può stabilire che gli stessi siano conferiti nei cassonetti solo il giorno antecedente a quello stabilito per il prelievo. Se poi qualche reprobo impenitente dovesse persistere in comportamenti incivili, è bene che lo stesso sia sanzionato secondo le norme vigenti. Si tratta, come si vede, di piccole ma utili iniziative”. Per concludere, Caposele ha in sé la possibilità di crescere civilmente e di sviluppare la sua economia. Basta solo l’adozione di un’efficiente politica del turismo da parte del Comune, un sensibile miglioramento della qualità dell’accoglienza da parte degli operatori economici del turismo, un po’ di coscienza civica e di buon senso da parte dei Cittadini. Occorre scongiurare che si possa ripetere un caso analogo alla vicenda delle “Dacie”, ove l’interesse generale della collettività, rappresentato da un complesso di costruzioni destinate ai turisti e, quindi, alla crescita economica, è stato sacrificato sull’altare del più becero clientelismo. È necessario, altresì, che il Caposelese acquisisca un diverso abito mentale, affinché non si verifichi l’incomprensione, sfociata spesso in aperta avversione, che in un passato abbastanza lontano si verificò a proposito della piscina, del villaggio dacie, della zona commerciale di Materdomini, dell’allargamento della strada di collegamento del Capoluogo con la Frazione e della valorizzazione ambientale, in termini di vivibilità ed accoglienza, del centro storico.
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da quello “mordi e fuggi”, che oggi interessa prevalentemente Materdomini, a quello relativo a più giorni di permanenza. Eppure basterebbe poco per ovviare quanto meno ad alcuni di tali inconvenienti. Non me ne voglia nessuno, se mi ripeto, riportando uno stralcio del mio articolo dell’agosto 2009. “Un paese sporco viene inevitabilmente disertato dai turisti. È questa una verità lapalissiana, che dovrebbe essere comprensibile anche ai meno accorti. Nondimeno, se volgiamo lo sguardo verso i cassonetti di conferimento della spazzatura assistiamo spesso allo spettacolo poco edificante di cassonetti vuoti e rifiuti posti per terra. Eppure la normativa in materia è piuttosto severa. Il D.L. 172/08 prevede, ad esempio, che “chiunque in modo incontrollato o presso siti non autorizzati abbandona, scarica, deposita sul suolo o nel sottosuolo o immette nelle acque superficiali o sotterranee rifiuti pericolosi, speciali ovvero rifiuti ingombranti domestici e non, di volume pari ad almeno 0.5 metri cubi e con almeno due delle dimensioni di altezza, lunghezza o larghezza superiori a cinquanta centimetri, e' punito con la reclusione fino a tre anni e sei mesi; se l'abbandono, lo sversamento, il deposito o l'immissione nelle acque superficiali o sotterranee riguarda rifiuti diversi, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da cento euro a seicento euro”. Basta poco, tuttavia, per evitare queste pesanti sanzioni. In tal senso, è sufficiente che tutti, Amministrazione e Cittadini, siano coscienti dell’importanza del problema. Faccio solo un esempio di come si potrebbe ridurre l’entità del disagio nelle more che, in tempi piuttosto brevi, il Comune elimini i cassonetti dalle strade ed organizzi la raccolta differenziata “porta a porta”. La plastica, la carta ed il vetro vengono smaltiti dal Consorzio rifiuti in un giorno stabilito della settimana. E, poiché la plastica, il vetro e la
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forme di turismo culturale, religioso e prettamente vacanziero si è aggiunto il turismo enogastronomico, il turismo terminale o della salute, il turismo musicale ed infine quello ambientale o naturalistico. Di qui il marketing del territorio attraverso iniziative di vario genere, tutte tendenti a valorizzare le attrattive locali tramite l’organizzazione di festival musicali, spettacoli teatrali, sagre di prodotti tipici, escursioni naturalistiche. Di qui l’adozione da parte di Comuni ed altri Enti di progetti finanziati con fondi che l’Europa destina alla aree comunitarie più svantaggiate per facilitarne la crescita e, quindi, l’inserimento tra quelle progredite. Quanti progetti relativi a “vie del grano” e a “tratturi delle transumanze”, quanti interventi riguardanti sistemazioni di piazze, fontane ed altre elementi dei centri storici sono stati realizzati senza che gli stessi abbiano determinato sviluppo economico e crescita culturale! Il contrario è, invece, avvenuto in altri paesi europei, che hanno avuto una maggiore e migliore capacità di spesa rispetto alle nostre regioni. Limitando il discorso alla sola Campania, mi è difficile comprendere come, per esempio, un tedesco, dopo aver visitato gli scavi archeologici di Pompei, possa pensare di percorrere un tratturo, ripristinato con fondi europei, solo perché una volta vi transitavano carriaggi, mandrie e greggi, invece di andare a visitare i monumenti di Napoli o trascorrere in serenità qualche giorno in costiera o nelle isole. Questo non significa che l’Irpinia e le altre zone interne non debbano beneficiare dei flussi turistici in entrata nella nostra Regione o del turismo interno alla Regione stessa, significa, invece, che la Regione Campania deve cambiare strategia, destinando ai Comuni, già poli di destinazione di correnti turistiche, i fondi necessari a potenziare e migliorare la qualità dell’accoglienza, più che impiegarli per opere che non innescano alcun processo di crescita. Occorre che Regione ed Enti locali abbiano la capacità di programmare dei circuiti turistici che, partendo dall’esistente, coinvolgano anche le località che si trovano lunghe le direttrici di transito. Occorre, in altri termini, pensare ad un turismo integrato che, effettivamente, riesca a coniugare i vari aspetti che costituiscono, ad esempio, la forza attrattiva del contesto territoriale dell’Irpinia e dell’Alto Sele. Per rendere comprensibile il concetto, ritengo esemplificativo calare il discorso nel particolare di Caposele, così rispondo pure alle domande formulate dal Direttore de “La Sorgente”. Caposele, in ambito provinciale e regionale, costituisce un notevole polo attrattivo di turismo religioso. Un’avveduta programmazione dei flussi turistici dovrebbe essere finalizzata all’integrazione del turismo religioso
di Materdomini con quello vacanziero dell’altopiano di Laceno o, estendendo il discorso all’alto Sele, con quello termale di Contursi Terme. Si tratta in buona sostanza di creare un percorso dell’accoglienza che favorisca il collegamento e l’integrazione dei vari aspetti dei flussi turistici interessanti mete diverse. Da questo interscambio si avvantaggerebbero di sicuro i paesi già mete di turismo, ma anche le località situate lungo le vie di percorrenza. L’esempio di Quaglietta, prima della costruzione della Fondo Valle Sele, chiarisce perfettamente il concetto. Una politica di tal genere finirebbe col privilegiare Caposele, perché le sue potenzialità, come ho avuto modo di illustrare ne “La Sorgente” di agosto 2009, potrebbero interessare non solo il turismo di natura religiosa, ma anche quello culturale ed ambientale. Quanto ho detto innanzi in merito al turismo integrato, può essere esteso “sic et simpliciter”, a Caposele. In tal senso, il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di favorire l’incremento delle presenze in loco di visitatori con l’offerta di un pacchetto turistico costituito dall’integrazione del turismo prettamente religioso con quello ambientale e naturalistico incentrato sulle Sorgenti del Sele. Nel concreto andrebbe progettato e realizzato un percorso capace di agevolare lo spostamento dei forestieri dal Santuario di Materdomini alle Sorgenti della Sanità e viceversa, ovvero tra due diverse forme di turismo che si completano vicendevolmente. L’offerta potrebbe ulteriormente essere rafforzata con gli altri elementi di attrazione turistica che il nostro Paese può offrire al forestiero. La piscina comunale, il “parco della Madonnina” in costruzione, il museo Leonardo di prossimo allestimento, il Museo delle Acque in funzione da circa due anni, il Tempio di S. Lorenzo, una migliore e più produttiva utilizzazione del Bosco Difesa, la creazione di una rete di sentieri sulle nostre montagne, già progettata e probabilmente di prossima realizzazione, unitamente ad altri fattori attrattivi già esistenti sono punti di forza della nostra economia che, come tali, andrebbero necessariamente potenziati. Esistono, però, anche dei punti di debolezza, rappresentati massimamente da una strada di collegamento del Santuario con le Sorgenti della Sanità poco agevole per il transito dei pullman, dalla disagevole strada di accesso agli impianti sportivi in località “Pietra di Cola”, dall’assenza di una zona commerciale a Materdomini, dalla eternamente procrastinata sistemazione della bancarelle in via del Santuario, dalla carenza di strutture di accoglienza nel centro di Caposele, dalla pulizia delle strade urbane poco curata, dall’inesistenza di parcheggi e dal traffico a dir poco disordinato. Sono questi gli elementi che ostacolano il turismo nei suoi vari aspetti,
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l concetto di turismo negli ultimi anni si è ampliato. Alle antiche
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L'area delle sorgenti con a guardia il campanile della Sanità
Michele Ceres
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Egr. Signor Presidente Giorgio Napolitano, abbiamo pensato di scriverle una lettera per ringraziala per tutto quello che Lei ha fatto in occasione dei Festeggiamenti del 150° anno dell’ Unita d’ Italia. Per noi, questa Celebrazione ha rappresentato un momento d’apprendimento della storia della nostra Nazione, abbiamo compreso le idee di alcuni Patrioti e Personaggi del Risorgimento attraverso la lettura di molte pagine di libri e di giornali, che riportavano anche alcune sue interviste molto importanti. Abbiamo scritto molte riflessioni, che ci hanno fatto capire che esistono dei Valori fondamentali che noi dobbiamo portare dentro di noi e tenerli sempre presenti nell’ arco della nostra vita. Essi sono l’ amore della Patria, l’ indipendenza e la libertà, l’ importanza della giustizia e dell’ uguaglianza tra i cittadini, la solidarietà verso il prossimo. Abbiamo raffigurato gli argomenti di lavoro con molte rappresentazioni grafico-pittoriche. È nato così il Giornalino “150° UNITÀ D’ITALIA” che alleghiamo alla seguente lettera, con la speranza che Lei possa gradire questo umile dono. Nel nostro lavoro c’è l’ energia e la speranza verso un Paese forte che, come Lei afferma, sia in grado di vincere le sfide del futuro con l’ aiuto di tutti, nessuno escluso. Signor Presidente, Lei come Persona rappresenta una pagina straordinaria della vita italiana, per tutto quello che ha fatto e che ancora sta svolgendo. Lei dovrà continuare ad essere sempre così al 25 Aprile, nella Festa della Liberazione, al 1 Maggio, nella Festa dei Lavoratori, che vivono momenti difficili, come possono testimoniare molti genitori, al 9 Maggio, al 2 Giugno, nella Celebrazione della Repubblica Italiana e in tante altre
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In riferimento alla Celebrazione del 25 Aprile, la classe III A della Scuola Primaria di Caposele ha inviato il giornalino “150° Unità d’ Italia” al Presidente Giorgio Napolitano, in segno di riconoscenza e stima per tutto quello che Egli ha detto e fatto per l’ Unità d’ Italia.
Commemorazioni della vita nazionale del nostro Paese. Le auguriamo tanta salute e forza per poter svolgere il suo dovere ancora per molti anni, affinché sia da esempio e monito a tutti gli Italiani. Noi pensiamo che bisogna dare importanza alla Scuola, alla Ricerca e soprattutto al Lavoro e alla Solidarietà. Noi frequentiamo la Scuola Pubblica e vorremmo che essa continui a restare un luogo di costruzioni d’ identità perché è il saper, accanto all’ esperienza di vita, che fonda e definisce progressivamente l’ identità di una persona e dunque di un cittadino e di uno Stato. Il nostro Paese deve mettere in primo piano la Cultura, intesa anche come Sviluppo della Ricerca Scientifica e Tecnologica, deve coinvolgere i giovani nel sociale in un contesto allargato di responsabilità inclusive sempre maggiori. Essi vogliono sentirsi artefici del loro futuro, esprimono serietà e spirito critico e devono allontanarsi dagli aspetti frivoli e superficiali che una certa comunicazione di massa tende ad affermare. Le scriviamo queste parole perché le abbiamo estrapolate da molte sue interviste che abbiamo letto dal quotidiano “Il Mattino”. Noi ci sentiamo Italiani e siamo orgogliosi di avere un Presidente della Repubblica come Lei. Le regaliamo con tanto affetto questo nostro Giornalino e le auguriamo Buona Pasqua insieme a tutta la sua famiglia con ogni bene possibile. Caposele, 19 aprile 2011 Cordiali saluti
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La Scuola è sempre stata e continua ad essere un luogo di costruzione di identità perché è il sapere che costruisce l’ identità dei futuri cittadini, accanto ad ogni forma d’ esperienza di vita. Nella classe III A della Scuola Primaria dell’Istituto Comprensivo “F. De Sanctis” di Caposele, il docente Giuseppe Rosania ha svolto la storia dei patrioti italiani, che con le loro idee hanno fatto risorgere l’ Italia.
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150° UNITÀ D’ ITALIA LA CLASSE III A DELLA SCUOLA PRIMARIA DELL’ISTITUTO COMPRENSIVO “F. DE SANCTIS DI CAPOSELE HA VINTO IL PRIMO PREMIO -SEZIONE LETTERARIADELL’ 11° CONCORSO PROVINCIALE “PAESE MIO” ORGANIZZATO DALL’ISTITUTO COMPRENSIVO “L. DE SIMONE” di GUARDIA LOMBARDI
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dal docente Giuseppe Rosania e dalla Classe III A: Tommaso Aiello, Fabio Amendola, Sara Biondi, Giovanna Castagno, Mirko Castagno, Gelsomina Colatrella, Michela Colatrella, Salvatore Cuozzo, Rocco Curcio, Mariachiara D’Elia, Gerarda Guarino, Roberto Guarino, Gaia Malanga, Claudio Russomanno, Luigi Russomanno. Il Presidente, in data 03/05/2011, ci ha risposto esprimendoci “un sentito apprezzamento per l’ approccio originale e creativo dell’ attività scolastica svolta sul Risorgimento”. Noi affettuosamente lo ringraziamo e lo abbracciamo. Noi ci sentiamo Italiani e siamo orgogliosi di noi stessi e del nostro Presidente. Il docente Giuseppe Rosania e la classe III A
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e i colpi di scena con i piloti più veloci del mondo (Valentino Rossi, Lorenzo, Stoner) e noi lì nella tribuna centrale ,in posizione privilegiata, ad ammirare lo spettacolo ! L’indomani ci aspetta una delle giornate più rilassanti :giornata di sole bellissima. Decidiamo di fermarci a Palamos ove ci concediamo un rinfrescante bagno nelle acque cristalline della Costa Brava ed un succulento pranzo in uno dei tanti ristoranti posti a ridosso della spiaggia,per poi affrontare una affascinante strada piena di curve che arriva al confine con la Francia, piena di panorami mozzafiato e posti davvero incantevoli che molto ricordano la nostra Costiera Amalfitana. Molte altre cose ci sarebbero da dire, sapori da raccontare,ma prenderei troppo spazio … Concludo con un ringraziamento per tutti coloro che hanno aderito con slancio a quest’iniziativa e con un pensiero per il caro Gerardo Salvatoriello socio fondatore del Moto Club Caposele, prematuramente scomparso, il cui ricordo ci ha accompagnato durante l’intero viaggio. Grazie a Furia Roberto, Nesta Donato, Di Masi Lina ,Sozio Mario, Del Guercio Gelsomino, Viscardi Gerardo, Conforti Salvatore jr.,Curcio Giovanni, Trotta Domenico, Finelli Antonio, D’Elia Anna Rita, Nesta Alfonso, Gonnella Alfonso, Sturchio Maurizio, Ceres Gelsomino, Castrignano Ciro, Salvatoriello Rocco, Clemente Gianni, Melillo Lorenzo, Cibellis Thomas, perché per la prima volta e così in tanti avete saputo creare un bellissimo momento di aggregazione: Barcellona 2011 rimarrà un’indelebile fotografia nell’album della nostra vita!
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destra l'arena in cui si tengono le corride, e due alte torri in stile veneziano, che ricordano chiaramente il campanile di San Marco a Venezia. Ci rechiamo anche in Plaza Catalunya presidiata dagli indignatos con tende, sacchi a pelo e addirittura capanni costruiti sugli alberi! Se il mattino si vede dal buongiorno.... recita un vecchio adagio, meglio di così non poteva andare! Rientriamo in hotel: ci aspetta una cena luculliana con la tipica paella innaffiata da tanta sangria e …. tanto di brindisi agli assenti!! La mattina del giorno successivo il tempo non è dei migliori , anzi…. la pioggia si insinua sotto i copertoni delle moto e sopra le tute …decidiamo di visitare un luogo molto suggestivo il monastero di Montserrat . Dopo una serie interminabile di tornanti ,parcheggiate le moto, saliamo sulla funivia che ci porta in vetta .Molte sono le leggende cui ha dato luogo Montserrat: da quella che sostiene che Parsifal abbia trovato qui il Santo Graal a quella secondi cui San Pietro ha depositato in una delle numerose grotte della montagna una Madonna intagliata da San Luca. Di grande interesse è La Morenita, una Madonna nera che si trova all’interno del Santuario costruito sulla montagna ,che ha risvegliato in noi un senso di grande religiosità. La nostra è stata una vacanza culturale sì ,ma anche sportiva che ha avuto il suo “clou” la domenica mattina quando siamo partiti per Montmelo’ per assistere al Gran Premio di Catalunya Moto GP. Che dire? Veramente emozionante ascoltare il boato ruggente dei motori alla partenza, i sorpassi, i testa a testa
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città di Barcellona fino al porto.Ci è piaciuto molto Park Guell : un luogo incantanto e fiabesco in cui la straordinaria architettura è simbioticamente immersa nella natura di una collina che guarda dall'alto Barcellona. La strada che ci porta alla Sagrada Familia è tutta in discesa. E poi eccola lì che si presenta maestosa ai nostri occhi, e noi non possiamo far altro che fermarci a guardarla in tutto il suo splendore. Appena entrati l'impressione che abbiamo è quella di un senso di grandezza e di spazio aperto che ci avvolge e ci accoglie. Certo i lavori sono ancora in corso, ed il brusio dei turisti è sovrastato dal rumore dei martelli pneumatici degli operai. La Sagrada Familia è un cantiere ancora aperto e chissà per quanto ancora! Le colonne con la loro disposizione ricordano dei tronchi di alberi ricchi di rami, il progetto di Gaudì era infatti quello di creare una sorta di bosco. Queste colonne si congiungono insieme in un alto soffitto La luce oltre ad essere moltiplicata dal chiarore dei materiali filtra da dei coloratissimi finestroni illuminati dal sole. Una volta usciti dalla Sagrada Familia, anche se abbastanza stanchi, ci siamo avviati verso l' Avinguda Diagonal, per poi svoltare lungo Passeig de Gracia al n. 92, alla ricerca di Casa Milà più comunemente conosciuta coma La Pedrera, ovvero “casa di pietra”. Questo palazzo, costruito su sei piani, ognuno dei quali ospita otto appartamenti, è stato dichiarato dall'Unesco patrimonio mondiale dell'umanità. Proseguiamo lungo Passeig de Gracia in direzione di Casa Battlò, ultima meta della giornata. La fila in attesa per poter entrare è però lunghissima e molto lenta nel suo avanzare, decidiamo a malincuore di non metterci in coda. Così stabiliamo di concederci una breve sosta per gustare le tapas (ce ne sono di ogni tipo: con le acciughe, con la tipica frittata catalana, con i calamari, con i polipetti, disposte sui banconi ). Non so come, ma i gestori riescono a tenere il conto di quante ne prendete! Gironzolando lungo la Rambla ci godiamo il via vai della gente, gli spettacoli dei tanti artisti di strada ed in lontananza l'ennesima meraviglia: il monumento dedicato a Cristoforo Colombo. Breve tragitto e raggiungiamo Placa de Espania ove ci accoglie la fontana raffigurante la Spagna donata a Dio, a
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egli anni della “ prima” gioventù con gli amici Salvatore Conforti, Dino Cetrulo, Geremia Rosania e il mai dimenticato Luciano Grasso, eravamo stati i pionieri del MOTOTOURING, alla scoperta delle isole della Grecia, della Sicilia ,della Sardegna e della Corsica. A distanza di tanti anni , con lo stesso spirito avventuriero di chi ama girare il mondo sulle due ruote , 22 baldi centauri sono partiti da Caposele con destinazione Barcellona: un posto dove l’arte e la cultura moderna si fondono generando sensazioni uniche! Sotto una minaccia temporalesca siamo arrivati a Civitavecchia pronti per l’imbarco e da qui dopo 20 ore di navigazione siamo approdati al porto di Barcellona. Le operazioni di sbarco per fortuna sono state veloci e così siamo potuti ripartire a bordo delle nostre moto in direzione Lloret De Mar, ove abbiamo soggiornato per tutto il tempo in uno dei tanti magnifici hotel della zona. Loret de Mar è una delle destinazioni turistiche più importanti di tutta la Costa Brava. E' il posto preferito dai ragazzi di tutta Europa: c’è tanta “movida” e non si dorme mai! La mattina del primo giorno in terra catalunya la sveglia è alle 8.00 : perdere tempo a poltrire nel letto mentre fuori c'è così tanto da vedere ci sembra proprio un immenso spreco! Il programma prevede la visita dei luoghi turistici più importanti di Barcellona e così la giornata è interamente dedicata ad Antoni Gaudì e alle sue opere uniche ed emblematiche che hanno reso Barcellona tanto conosciuta e famosa. Decidiamo di visitare il Park Guell, per poi raggiungere la Sagrada Familia, la Pedrera e Casa Battlò. Con i nostri motori rombanti arriviamo a Park Guell, e seguendo le indicazioni lungo la strada, entriamo dall’ entrata principale del parco ,commissionato negli anni ‘20 dal finanziere Eusebi Guell a Gaudì. Inizialmente doveva divenire una città-giardino e il progetto complessivo dell'insediamento prevedeva alloggi, studi, una cappella, per un totale di 60 abitazioni. Oggi è un parco pubblico ad ingresso gratuito. La natura, in questo periodo dell'anno ha libero sfogo, essendo molto ricca e ben curata. Diamo un'occhiata solo esternamente alla vecchia casa di Gaudì, il tempo di qualche foto e proseguiamo oltre. Giungiamo in una grande terazza circolare la cui balaustra ondulata è interamente rivestita di coloratissime piastrelle smaltate in mosaico, disposte a creare disegni e decorazioni particolari, quì è possibile sedersi e godere della vista sottostante il parco e dell'intera
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di Nicola Majorana
Pionieri centauri di lunghi ed indimenticabili tour
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UNA STORIA LUNGA UN SECOLO
RIPORTIAMO L’INTERA”LUNGA STORIA” CHE MICHELE CERES HA PUBBLICATO SUL CORRIERE DELL’IRPINIA SUI FATTI CHE HANNO INTERESSATO IL NOSTRO PAESE E L’ACQUEDOTTO PUGLIESE IN UNA “GUERRA” CHE SI TRASCINA, CON ALTERNE VICENDE, DA OLTRE UN SECOLO.
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nella cui giurisdizione cadevano le sorgenti di Caposele ed i primi territori interessati dal futuro acquedotto, un Ufficio del Genio Civile “per lo studio sul posto e la compilazione del relativo progetto”. Successivamente con la Legge 5 gennaio 101 n. 156 il Governo del Regno autorizzava la spesa di lire un milione per il completamento del progetto e per l’accertamento dell’effettiva portata delle sorgenti “Sanità” di Caposele; ciò anche perché l’art. 2 della Legge medesima sanciva espressamente che: “l’allacciamento di tutte le sorgenti che sorgano nel territorio di Caposele, la costruzione della vasca di presa e scarico ed accessori sono dichiarate opere di pubblica utilità”. Importante, ancora oggi, per Caposele e i Comuni limitrofi è il contenuto della Legge 5 agosto 1091, con la quale il Governo stabiliva interventi per la tutela della silvicoltura nel bacino del Sele a difesa del futuro acquedotto pugliese, interventi che, manco a dirlo, non sono stati realizzati. L’avvio definitivo del problema idrico fu dato con l’istituzione del Consorzio fra lo Stato e le tre province di Bari, Foggia e Lecce, in virtù della Legge n. 245 del 26 giugno 1902. Questa legge affidava al Consorzio il compito della costruzione, manutenzione ed esercizio dell’acquedotto pugliese, stabilendo che “la concessione avrà la durata di novant’anni, decorrenti dall’approvazione del collaudo definitivo dell’opera”. Il Consorzio, in seguito, assunse il nome e le funzioni di “Ente Autonomo per l’Acquedotto Pugliese” e divenne, per dettato legislativo, un organismo con personalità giuridica. Nel 1903 si susseguirono con tempestività e nei termini prefissati vari provvedimenti normativi, quali il R.D. n. 214 del 5 aprile, che approvava il regolamento esecutivo ed il capitolato di concessione; il bando, datato 11 giugno, relativo alla gara internazionale per la costruzione e l’esercizio dell’acquedotto; la nomina, in data 14 novembre, della commissione per l’esame delle domande di concessione; il Decreto Ministeriale del 27 novembre che determinava le ditte ammesse alla gara. Ma vi era un ostacolo che il Governo doveva necessariamente superare. Il Comune di Caposele reclamava la proprietà
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Il fiume Sele sorge a Caposele alle falde del Monte Paflagone che, un tempo, segnava il confine tra gli Irpini e i Lucani. Nicola Santorelli (1811 – 1899) , medicopatologo, docente presso l’Università degli Studi di Napoli e presso la Scuola Medica Salernitana, poeta e insigne latinista, così descrive nel libro “ Il Fiume Sele e i Suoi Dintorni” le sorgenti da cui si origina il fiume: “Da grandi bocche di figura a rettangolo, ed ordinate a coronare un piano a modo di semicerchio, emergono tante acque, vago e grandioso spettacolo di natura!, che sin dal nascere fanno gran fiume”. Poi, in altra parte del libro, così continua: ”Molti autori, ma sovente copiandosi l’un l’altro, attribuirono al Sele la proprietà di pietrificare i legni immersi per qualche tempo”. Aristotele per primo parlò del fenomeno come fatto straordinario nel libro delle “mirabili audizioni”, ove riferiva che i legni immersi nella corrente del fiume si convertivano in pietra. Ne parlarono in seguito Plinio, Strabone e Sibio Italico. La verità è che quelle pietrificazioni altro non erano, come giustamente fu poi osservato da altri studiosi, se non il deposito di particelle tufacee e calcaree, che sulla superficie delle cose immerse nel fiume generavano una crosta lapidea. Con le sue copiose, impetuose, limpide e fresche acque il Sele permise, nel corso dei secoli, alle popolazioni rivierasche di sviluppare molte attività produttive, artigianali o protoindustriali, che si incentravano su numerosi opifici: dai mulini ai frantoi, dalle cartiere alle gualchiere, opifici che alimentavano un’economia locale di tutto rispetto. Le sorgenti del Sele sin dalla metà circa del XIX secolo hanno interessato autorità periferiche e statali nel tentativo di captarle per corrispondere al bisogno elementare di acqua delle terre pugliesi, sia per uso potabile sia per quelli produttivi. Già nel 1847, Ferdinando II di Borbone nominò una commissione con l’incarico di studiare la possibilità di rifornire la Puglia di acqua potabile, prelevandola dai territori limitrofi. La natura del suolo e del sottosuolo pugliese
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LEPREMESSE DELLA COSTRUZIONE DELL’ACQUEDOTTO PUGLIESE
del tutto incapaci di trovare una soluzione adeguata. La provincia di Bari in data 19 luglio 1865 bandì un concorso pubblico per la conduttura delle acque nel territorio della provincia, stabilendo un premio di lire 11.150. Molti progetti vennero proposti, ma non furono considerati risolutivi del problema. Nel 1868 l’ing. Camillo Rosalba propose con un proprio progetto di addurre le acque dalle sorgenti di Caposele, a mezzo di una grande conduttura in traforo, fino a Conza della Campania per superare lo spartiacque appenninico e di un canale lungo la sponda dell’Ofanto verso Andria per volgere a Corato, Ruvo, Bitonto fino a Brindisi. Il Consiglio provinciale di Bari non approvò il progetto per la lontananza delle sorgenti, lontananza che avrebbe determinato un’eccessiva onerosità dell’opera. Bandì, allora, un altro concorso a cui risposero imprese nazionali ed estere. Il 1877 fu l’anno della svolta. L’ing. Francesco Zampari riprese l’dea di Camillo Rosalba e, per portare l’acqua alle provincie di Bari, Foggia e Lecce, chiese al Governo la concessione della derivazione delle acque di Caposele per proprio conto. Il 23 maggio 1888 ottenne con un rogito le sorgenti dal Comune di Caposele per l’importo di lire 500 mila con la clausola che se entro trenta mesi i lavori non fossero iniziati il Comune avrebbe avuto la facoltà di recedere dal contratto. Zampari fece più volte il tragitto Bari – Roma; chiese ed ottenne varie proroghe della concessione di derivazione delle acque; acquisì, così, tutti i pareri necessari sulla base di una consistente partecipazione al finanziamento dei lavori da parte di una società di banchieri inglesi, previa garanzia dello Stato degli interessi sul capitale occorrente alla realizzazione dell’opera, stabilito in lire 125 milioni. Ma l’Amministrazione provinciale di Bari, committente dei lavori, di fronte alle incertezze finanziarie del cav. Zampari, derivanti dalla fuga in avanti dei capitalisti inglesi ed anche tedeschi, con delibera del 27 aprile 1896 dichiarò la decadenza dello Zampari da ogni diritto.
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“Se gli Estensi volevano vedere in giro vivente la loro nostalgia, e portavano Ferrara a Tivoli, se forse le grandi acque di Versaglia sono un canto ferrarese dei Francesi, questi Italiani del ‘900 non hanno insegnato al mondo il modo di sbizzarrirsi con l’acqua, hanno semplicemente dato da bere a chi aveva sete. Ma per questo non ci voleva meno fantasia che a quei tempi, e ci voleva una volontà molto più umana. Ne è nata un’opera che sfida qualsiasi altra anche per bellezza”. (Giuseppe Ungaretti, Il deserto e dopo)
è, infatti, tale da non consentire accumuli o riserve di acqua con le caratteristiche di captabilità naturale o artificiale. Questa natura non certo benigna ha condizionato per secoli, fino agli anni Venti del XX secolo, la vita e le attività dei Pugliesi. Le scarse risorse idriche esistenti erano prevalentemente utilizzate dalle famiglie nobili o signorili e dalle altre classi sociali privilegiate. Il popolo si arrangiava nel vivere alla giornata, reperendo, dove possibile, l’acqua da madre natura e dalla provvidenza. Il campagnolo e il paesano ricorrevano a ogni sistema per raccogliere e serbare l’acqua piovana, quali il pozzo in comune, ricavato nel calcare tufaceo o nella roccia a pietra viva, come serbatoio delle acque provenienti dai tetti, dai terrazzi, dai piazzali e dai cortili interni, per gli usi potabili e irrigui; il cisternone o piscina o grande vasca; il fosso o il fossato scoperto con cunette di drenaggio lungo il ciglio della strada e i colatori per la sedimentazione delle particelle solide in sospensione. Nei centri abitati più progrediti e più attivi nei commerci e nelle industrie, il cittadino disponeva di cisterne pubbliche costruite dalla comunità e poteva usufruire della specifica attività dei venditori d’acqua, che trasportavano il prezioso carico in botti o barili dalle lontane sorgenti della Lucania e dell’Irpinia. Ma era nelle tremende annate di siccità che la penuria di acqua incideva in maniera funesta sulla vita del singolo e della collettività. Nei campi dominava lo squallore e la desolazione, nei centri abitati l’economia crollava dando luogo alla disoccupazione e alla miseria più nera. La scarsezza di acqua diventava un incubo e costituiva un vero e proprio attentato alla salute della gente, cosicché puntualmente sopravvenivano epidemie con falcidie di intere generazioni di bambini, i primi ad essere colpiti. Ciclicamente compariva il tremendo colera, gravissima malattia infettiva ed epidemica, in stretta dipendenza della mancanza di acqua o del forte inquinamento della stessa, inquinamento causato dal mancato ricambio naturale e periodico dei depositi idrici. Tali erano le condizioni delle popolazioni pugliesi prima che, attraverso una colossale opera di ingegneria idraulica, immensi volumi d’acqua fossero sottratti all’Irpinia e trasferiti in Puglia. Con l’Unità d’Italia il problema della penuria d’acqua uscì dai confini dei vari territori comunali per entrare nei dibattiti dei Consigli provinciali di Bari, Foggia e Lecce. Vennero formulate in successione varie ipotesi, ma nessuna di esse fu ritenuta idonea a risolvere, sia pure parzialmente, il problema. Nel 1863 il Consiglio provinciale di Bari chiese al Ministero dell’Agricoltura un contributo per lo studio, da parte dei tecnici, del problema dell’acqua ad uso alimentare ed irriguo. Era il primo tentativo posto in essere di cointeressare, in forma indiretta, il Governo del Regno all’annoso problema della scarsezza d’acqua in Puglia, giacché le comunità locali da sole erano
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L’ACQUA DI CAPOSELE, DAL TIRRENO ALL’ADRIATICO
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di Michele Ceres
LA COSTRUZIONE DELL’ACQUEDOTTO Un mese dopo la delibera del Consiglio provinciale di Bari, con la quale il Consiglio medesimo dichiarava la decadenza dell’ing. Francesco Zampari da ogni diritto, intervenne a porre fine alle preoccupazioni dei pugliesi il Decreto del Ministro del LL.PP. del 27 maggio 1896, che nominava una Commissione per lo studio attinenti alle acque potabili in generale ed, in particolare, a quelle del Sele, che avrebbero dovuto alimentare l’acquedotto pugliese. Tale decreto costituisce il primo atto ufficiale di intervento dello Stato nella lunghissima fase di predisposizione dell’approvvigionamento idrico della Puglia. Con il Regio Decreto n. 332 del 19 maggio dello stesso anno venne, poi, istituito in Avellino, cioè nella provincia
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Una Storia...lungo un secolo
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L’EAAP (Ente Autonomo Acquedotto Pugliese), oggi AQP S.p.A. , fu istituito con Legge n° 245 del 26 giugno 1902. Alle pure e semplici prerogative della costruzione, manutenzione ed esercizio perpetuo dell’acquedotto si aggiunsero, oltre a molte altre mansioni, il completamento delle opere di rimboschimento del bacino del Sele, la manutenzione di tali opere e l’aumento dell’acqua da trasferire in Puglia, anche mediante l’allacciamento di altre sorgenti ricadenti in Irpinia. Così, nelle mire dell’acquedotto pugliese caddero ben presto le sorgenti del Calore Irpino e le acque residuali del Sele e, precisamente, un volume di 363 litri al secondo di competenza del Comune di Caposele in virtù dell’atto di transazione del 2 marzo 1905 tra lo Stato ed il Comune medesimo, di cui abbiamo dato ampia sintesi nel numero precedente. Trascuriamo per il momento le vicende relative alla captazione delle sorgenti di Cassano Irpino, perché saranno oggetto di apposita trattazione in uno dei prossimi numeri del Corriere. Fermiamo l’attenzione, invece, sull’atto di vera e propria pirateria consumato a danno di Caposele e dei comuni rivieraschi del Sele. Nel 1937 l’EAAP riprese con più determinazione la sua iniziativa di integrare la portata dell’acquedotto chiedendo al Governo la possibilità di derivare dalle sorgenti Sanità di Caposele il volume di acqua che lo Stato, con la convenzione del 1905, aveva assegnato ad esclusivo uso del Comune. Nel novembre 1938, senza nemmeno informare il Comune, l’EAAP dispose una riunione di tecnici nel suo cantiere di Caposele per studiare la causa dei movimenti che interessavano l’abitato di Caposele e le opere di presa delle sorgenti. Fu chiaro a tutti che il vero scopo della riunione era di trovare l’appiglio tecnico per il prelievo delle acque residue del Sele. Alla riunione fu, comunque, invitato il Prefetto di Avellino, il quale chiese i preventivi e necessari chiarimenti al Comune. Il podestà del tempo, con nota del 29 novembre 1938, fece presente al Prefetto che la popolazione di Caposele non era minimamente disposta a cedere le acque di sua competenza. La riunione della Commissione ebbe luogo il successivo 19 dicembre. I tecnici giunsero alla conclusione, già annunciata, che queste acque, defluendo nell’alveo del Sele, costituivano “motivo di maggior danno alla frana esistente”, che interessava direttamente le opere di captazione delle sorgenti. Per la Commissione, il problema andava risolto deviando queste acque nel canale principale dell’acquedotto.
Forte di tale parere, l’EAAP promosse una riunione a Roma presso il Ministero dei Lavori Pubblici, che ebbe luogo il 4 maggio 1939 alla presenza dei rappresentanti del Ministero, dell’EAAP medesimo e del Comune di Caposele. Furono stabilite, in linea di massima, le modalità del riscatto e le relative indennità a favore del Comune. A sostegno di tale decisione era intervenuto il Testo Unico sulle disposizioni di legge sulle acque e impianti elettrici n° 1775/1933, che disponeva: “Sono pubbliche tutte le acque sorgenti, fluenti e lacuali, le quali […..] abbiano od acquistino attitudine ad usi di pubblico generale interesse”. Tutto vero, ma non venne considerato il fatto che il Comune di Caposele, già con l’atto transattivo del 1905, aveva riconosciuto la demanialità delle sorgenti Sanità e lo Stato, titolare del demanio, in compenso, gli aveva concesso in uso perpetuo le acque residuali del Sele nella misura di 363 litri al secondo. Adesso, con un semplice e banale giro di saracinesca anche questo residuale volume di acqua, prezioso non solo per le persone, ma anche per la sopravvivenza della fauna e della flora del Sele, invece di scorrere verso il Tirreno, sarebbe stato immesso nella galleria dell’acquedotto pugliese per scorrere verso l’Adriatico. Al Comune sarebbe spettato un indennizzo forfettario di un milione e mezzo di lire più altre trecentomila per i privati danneggiati nelle loro attività produttive. Gli esiti della riunione romana non riscossero, però, l’approvazione della popolazione di Caposele. Il malumore incominciò a serpeggiare tra la gente, che a gran voce dichiarava di non essere disposta, ancora una volta, a subire passivamente decisioni che venivano prese sulla sua testa a perpetuo danno della comunità locale. Riunioni succedevano a riunioni per stabilire i modi di manifestare la totale disapprovazione. Non dimentichiamo che si era in pieno regime fascista, ossia nel periodo di massimo consenso degli Italiani al fascismo. Già non era facile riunirsi in più persone ed ancor più difficile era manifestare in pubblico contro decisioni prese da autorità governative. Di sicuro, eventuali clamori di popolo non sarebbero stati privi di conseguenze dolorose. Le adunate di popolo erano, infatti, assolutamente vietate; qualsiasi protesta popolare assumeva il carattere di una rivolta contro il regime. Eppure il 27 maggio 1939 a Caposele successe un qualcosa di unico in tutta Italia. La popolazione ebbe l’ardire di dire no alla cessione della sua acqua. Era stata indetta dal Prefetto di Avellino una riunione sul Municipio di Caposele per siglare l’atto conclusivo della riunione tenuta presso il Ministero
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1939 - L’ACQUEDOTTO PUGLIESE HA PARTITA VINTA A TAVOLINO tumulto di popolo a Caposele
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un presupposto di altri prelevamenti idrici da parte dell’acquedotto pugliese, il quale già aveva considerato la possibilità di appropriarsi delle acque residue del Sele e delle sorgenti del Calore Irpino, le quali, come in seguito si vedrà, andranno ad incrementare notevolmente il trasferimento dell’acqua dall’Irpinia verso la Puglia.
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presso la Corte di Cassazione di Napoli. Le rimanenti lire seicentomila serviranno all'acquisto di rendita pubblica 3 1/2 % da intestarsi al Comune, col godimento dal 1 luglio 1904, col vincolo a favore dello Stato dello esatto adempimento da parte del comune dell'obbligo di garanzia di cui al precedente articolo 5. Art. 9- Per effetto della presente convenzione cessa la materia del contendere fra Governo e Comune , e però deve aversi per non scritta la riserva a favore del Comune stesso contenuta nella sentenza succitata del 16-30 marzo 1903. Conclusa la transazione, nel 1906 iniziarono i lavori per la costruzione del canale, ossia della galleria Pavoncelli, che attraversa l’Appennino campano e costituisce la spina dorsale dell'intero sistema idrico che, nei 390 chilometri da Caposele a Santa Maria di Leuca, attraversa gallerie per 97 chilometri, corre in trincee per 103 chilometri, si solleva su ponti per 8 chilometri e mezzo, scende e risale nei sifoni per più di 7 chilometri. La Società Ercole Antico, che si era aggiudicata la gara di appalto, eseguì i lavori di costruzione dell’acquedotto pugliese. Caposele divenne un immenso cantiere e si vide più che raddoppiata la popolazione residente con gente proveniente da più parti d’Italia, quali la Liguria, il Piemonte, le Marche, la Toscana, la Puglia. Questa massa imponente di tecnici e maestranze fu sistemata in alloggi provvisori appositamente costruiti. Furono istituiti corsi di scuola elementare per sopperire alle esigenze di istruzione dei ragazzi; fu impiantato un ospedale per rispondere alle esigenze di salute e di pronto intervento per gli incidenti sul lavoro. Questa costruzione è stata poi utilizzata come abitazione da una famiglia del posto fino alla data del terremoto del 1980. Il contatto tra persone di così disparata provenienza non poteva non avere effetti sugli usi e i costumi dei Caposelesi. Ed infatti, ancora oggi, a Caposele sono diffuse abitudini difficilmente riscontrabili nei Comuni vicini. Il Paese, indubbiamente, trasse dei vantaggi dai lavori di costruzione dell’acquedotto, sia di natura culturale sia di ordine sociale. Godette, infatti, di sostanziosi interventi che solo molto più tardi ha conosciuto la gran parte della provincia, quali un sistema fognario, un complesso di scolo delle acque bianche e una rete di alimentazione idrica, realizzata con l’installazione di fontane pubbliche, con acqua fluente di continuo, in tutte le strade e piazze dell’abitato. Con la canalizzazione delle acque del Sele verso la Puglia vennero meno, però, tutte quelle attività economiche, di cui si è parlato nel precedente numero, le quali già costituivano una realtà economica di notevole dimensione e rappresentavano, altresì, un valido presupposto di crescita imprenditoriale e di sviluppo economico. Il 24 aprile 1915 l’acqua di Caposele giunse a Bari, zampillando alta nella fontana della piazza dell’Ateneo. Ma la vicenda non poteva dirsi conclusa, perché la captazione delle Sorgenti di Caposele e la delimitazione del relativo bacino idrografico costituivano
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delle acque ed, inoltre, aveva, citato in giudizio per danni gli eredi dell’ing, Francesco Zampari. Nel giudizio in corso intervenne, allora, lo Stato per l’interesse che lo stesso aveva di rimuovere qualsiasi ostacolo che fosse di impedimento all’inizio dei lavori dell’acquedotto. Furono intavolate trattative con il Comune per un bonario componimento della vertenza. Il Comune, su parere dei maggiori giuristi dell’epoca, quali Gianturco, Grippo, Spirito, Fadda e De Luca, aderì alla proposta del bonario componimento della vertenza, che fu conclusa con la transazione del 2 marzo 1905, stipulata nella Prefettura di Avellino, di cui si riportano le parti più significative ai fini della presente ricostruzione storica: Art. 2- Il Comune di Caposele riconosce per transazione la demanialità di tutte le acque sorgenti , sgorganti e filtranti a Caposele nella località detta Sanità, che costituiscono le sorgenti tanto apparenti che latenti del Fiume Sele, sia che vengono a giorno nella vasca della piazza Sanità, sia che scorrano nel sottosuolo o si disperdano in qualunque modo; e formalmente rinunzia a qualsivoglia diritto che sulle acque stesse gli competa o competer possa per qualunque titolo, e causa ed eziandio per uso immemorabile da parte dei suoi abitanti. Art, 4- Il volume di acqua che il Governo e per esso si obbliga di lasciare liberamente defluire nel fiume Sele dal livello della presa dell'Acquedotto sarà di 500 litri al minuto secondo, tutte le volte che la portata delle sorgenti non sia minore di quattro metri cubi al minuto secondo; e sarà ridotto fino a 200 litri al minuto secondo, quando la portata delle sorgenti medesime risulti inferiore a quattro metri cubi al minuto secondo. Art. 6- In corrispettivo della rinunzia come sopra emessa dal Comune e dell'obbligo di garanzia che il Comune stesso assume, il Governo in via di transazione ed a forfait promette e si obbliga di erogare a favore del medesimo Comune e nel modo infraindicato la somma di lire settecentomila al netto di qualsiasi ritenuta. Mediante il corrispettivo anzidetto il Comune resta pure compensato della facoltà che esso consente al Governo di occupare le strade e suoli comunali che si rendessero necessari per l'esecuzione dei lavori inerenti alla costruzione dell'Acquedotto pugliese salvo ripristino delle strade o diversa loro sistemazione a spese dello Stato , a lavori finiti. Art. 7- La predetta somma fino alla concorrenza di lire settantacinquemila sarà dal Governo, di accordo col Comune, impiegata sia nella esecuzione nell'interesse pubblico di lavori che farebbero carico al Comune stesso, sia nella ricostruzione delle case di contadini poveri cadute o cadenti in causa delle frane manifestatesi nei pressi dell'abitato di Caposele.Questa somma di lire settantacinquemila sarà intanto impiegata in acquisto di rendita pubblica 3 1/2 % a favore del Comune, col godimento dal 1 luglio 1904. Altre venticinquemila saranno pagate libere al comune di Caposele, perché possa provvedere al pagamento delle spese e compensi di avvocati per giudizi sostenuti contro gli eredi Zampari in primo e secondo grado di giurisdizione e in quello pendente
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L’acqua del Calore Irpino Le sorgenti di Cassano e il lago di Conza completano i trasferimenti idrici dall’Irpinia in Puglia. L’assordante silenzio della Regione Campania Sul lato settentrionale della piana di Montella la valle del fiume Calore è molto ricca di acqua. Il primo gruppo sorgentizio della portata di circa 1000 litri al secondo è ai piedi di Cassano Irpino ed è costituito dalle sorgenti Pollentina e Peschiera. Il
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stagione canicolare un bicchiere di acqua ristoratrice del Serino, che gli veniva trasportata a mezzo ferrovia; quando penserà alla sua rigenerazione materiale, morale e civile che gli ha portato il nostro Sele; io dico che questo popolo non rifiuterà il nobile gesto di versare per Caposele il tenue contributo annuo di almeno 15 centesimi per ogni abitante beneficato dalla nostra acqua rigeneratrice”. Ma né il Governo né il “generoso popolo delle Puglie” degnarono i Caposelesi di una risposta. Ed oggi all’Irpinia della ricchezza di una volta resta poco o nulla. La stessa Regione Campania non sembra che, almeno finora, abbia considerato in tutta la sua dimensione il depauperamento compiuto a danno della nostra Terra. La Campania ha un bilancio idrico, in cui i trasferimenti di acqua in uscita verso la Puglia e la Basilicata superano di poco quelli in entrata dal Molise (73,30 Mmc/ anno) e dal Lazio (95,08 Mmc/anno). Importante ai fini del nostro discorso è il fatto che i trasferimenti in uscita interessano solo ed esclusivamente l’Alta Irpinia, ovvero le sorgenti di Caposele, quelle di Cassano ed il bacino lacuale di Conza della Campania. Ne consegue, allora, la necessità di ristorare l’Irpinia, sia pure in parte, di quanto, in termini di risorse naturali, le è stato sottratto, destinando ai Comuni apportatori di acqua una rendita annuale con parte del flusso di denaro che, in sede di accordo di programma interregionale, la Puglia e la Basilicata dovranno devolvere a favore della Campania. Questo è per giustizia, questo è per ripagare le popolazioni irpine della loro generosità. L’ipotesi della rendita non è priva di fondamento, anzi viene ulteriormente rafforzata, qualora si prendesse in considerazione la riforma che ha modificato l’articolo V della Costituzione, riforma che ha capovolto l’ordine degli enti tra i quali sono distribuiti i poteri, collocando al primo posto il Comune seguito, nell’ordine, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e, infine, dallo Stato. Coerentemente con tale modifica costituzionale si potrebbe, ai fini del nostro discorso, ipotizzare e favorire, accanto alla Regione, la partecipazione, al tavolo delle trattative per l’accordo di programma, dei Comuni nei cui territori vengono effettuati i prelievi idrici. Laddove, poi, risultasse poco pratico allargare a tali Comuni la partecipazione alle trattative, sarebbe cosa buona ed oltremodo giusta che la Regione procedesse a stipulare, in via preventiva, un protocollo d’intesa con i Comuni di Caposele, Cassano e Conza, con il quale la stessa si impegni a rappresentarne le posizioni.
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successivamente trasformato in Consorzio Alto Calore, e autorizzava, ad un tempo, l’acquedotto pugliese a prelevare una quantità d’acqua variante da un massimo di 4000 litri al secondo ad un minimo di 1400 litri al secondo con una portata media di 2540 litri al secondo. Le acque del Calore sono molto simili per bontà a quelle di Caposele per i quasi identici caratteri organolettici, batteriologici e chimici. Le opere di captazione dei gruppi sorgentizi di Cassano e Montella sono caratterizzate da canali adduttori e collettori delle acque sfioranti nelle singole sorgenti, in modo tale da poter suddividere i volumi erogati in quello prelevato dall’EAAP, in quello destinato all’ente Alto Calore e, infine, in quello che alimenta l’impianto idroelettrico dell’ENEL. Nel 1964 le acque del Calore attraverso la Galleria di Valico della lunghezza di circa 15 Km confluirono nel Canale Principale a Caposele, per cui i volumi delle sorgenti Sanità si accrebbero della metà circa della loro portata. È indubbio l’immenso beneficio apportato dalla confluenza delle acque del Calore con quelle del Sele. Enormi volumi di acqua sorgiva di eccellenti caratteristiche organolettiche, attraverso un fiume nascosto in galleria, vengono trasferiti dall’Irpinia in Puglia. Queste acque sono talmente pure che necessitano soltanto della clorazione, ma perché ciò è stabilito per legge. In particolare la risorsa prelevata in corrispondenza delle sorgenti di Cassano Irpino è pari a circa 44.15 Mmc/anno, quella prelevata dalle sorgenti di Caposele è pari a circa 126.14 Mmc/anno, mentre l’acqua prelevata dalla diga di Conza ammonta complessivamente a 41.11 Mmc/anno e va ad alimentare tre Consorzi, di cui 2 ricadenti in territorio pugliese (Consorzio di bonifica Terre d’Apulia e Consorzio di Bonifica Capitanata) ed uno ricadente in territorio lucano (Consorzio di Bonifica Vulture Alto Bradano). Se, oggi, in molte parti del pianeta, un rubinetto d’acqua è sufficiente a restituire dignità e speranza a milioni di esseri umani, in modo particolare alle donne che, come schiave, percorrono tutti i giorni enormi distanze per procurarsi una tanica d’acqua, possiamo solo immaginare cosa abbia rappresentato in termini di sviluppo civile ed economico il getto d’acqua che il 24 aprile 1915 zampillò alta nella fontana di piazza dell’Ateneo a Bari. Igiene, pulizia, salubrità, sviluppo industriale, energia, irrigazione di aride terre, tutto questo ha significato il trasferimento della risorsa idrica dall’Irpinia in Puglia. Proviamo un misto di commozione e di rabbia nel leggere le parole con le quali il Sindaco di Caposele, avv. Orazio Petrucci, si rivolgeva al Governo del tempo con Delibera del Consiglio Comunale datata 19 maggio 1924 : “Orbene noi dobbiamo prevenire e curare tutti questi malanni, ricorrendo all’intervento del Governo nel chiedere un giusto concorso al generoso popolo delle Puglie […..] Quando questo popolo penserà alle sofferenze patite da secoli per mancanza di acqua; quando penserà al sacrificio compiuto in tanti anni per procurarsi nella
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secondo gruppo, detto Bagno della Regina, ha una portata d’acqua pressappoco come il primo e formava, prima della captazione, un laghetto similmente a quello di Caposele. Erroneamente i due gruppi sorgentizi vengono indicati con il nome di sorgenti di Cassano Irpino. Essi sono invece uno di Cassano e l’altro di Montella, il cui territorio termina e confina con quello di Cassano proprio con le sorgenti del Bagno della Regina. La terza sorgente detta Prete o Lavatoio ha, insieme alla sorgente Peschiera, una modesta portata di circa 300 litri al secondo. La captazione delle sorgenti di Caposele e la delimitazione del bacino idrografico del Sele costituirono il presupposto naturale e geografico per includere nella stessa idrografia le sorgenti del Calore, il cui territorio idrologico già ricadeva nel perimetro di protezione delle sorgenti Sanità di Caposele. La prima istanza di prelevamento delle sorgenti del Calore da parte dell’acquedotto pugliese risale al 1902, ma fu lasciata cadere per un’errata interpretazione del fabbisogno idrico dei territori pugliesi. Tuttavia, con l’arrivo dell’acqua di Caposele a Bari il 24 aprile 1915, l’EAAP (Ente Autonomo Acquedotto Pugliese) sollevò il problema della necessità di integrare la portata dell’acquedotto. In un primo tempo si pensò alle acque del destra Sele, cioè alle sorgenti ricadenti nei territori di Calabritto e Senerchia, ma, poiché queste presentavano indubbie difficoltà di sollevamento per essere a quota inferiore rispetto a quelle delle sorgenti Sanità, ritornarono ad essere appetibili le acque del Calore, che erano più facilmente convogliabili nel canale principale a Caposele per essere ad una quota altimetrica superiore. Nel 1926 fu inoltrata dall’EAAP al Governo istanza di prelevamento delle acque di Cassano e Montella, anche per bloccare analoghe iniziative da parte di altri enti, in particolare quella della Società Idroelettrica Ligure Meridionale per fini industriali. In data 31 marzo 1949 l’EAAP ripropose al Ministero dei LL.PP. la formale domanda intesa ad ottenere la concessione di derivare per uso potabile dalle sorgenti tributarie del fiume Calore, in agro di Cassano Irpino e Montella, quantitativi d’acqua in ragione di litri 3140 pari all’intera portata delle sorgenti. Nel 1950, al tempo dell’istituzione della Cassa per il Mezzogiorno, nella programmazione delle grandi opere, che l’acquedotto pugliese propose alla Cassa, figuravano le opere di presa delle sorgenti del Calore e il loro allacciamento ad integrazione e riserva delle sorgenti di Caposele per una spesa complessiva di lire 4 miliardi e 100 milioni. Dovettero, tuttavia, trascorrere circa dieci anni perché fosse emesso il decreto di concessione del 10 aprile 1958 n. 2354 da parte del Ministero dei LL.PP. di concerto con quello delle Finanze. Il Decreto riservava 600 litri di acqua al secondo alla Camera di Commercio di Avellino ed al Comune di Benevento per l’alimentazione dell’acquedotto irpino-sannita al servizio del Comuni delle province di Avellino e Benevento,
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dei Lavori Pubblici. Al grido di “L’acqua non si vende” fu impedito al Prefetto e alle altre autorità convenute di accedere alla sede del Comune. Furono le donne che, con coraggio e noncuranti delle conseguenze, si interposero tra i Carabinieri e i rivoltosi, impedendo così l’arresto dei loro uomini e degli organizzatori della sommossa, fra i quali primeggiava Pasquale Ilaria, ufficiale in pensione e mutilato di guerra. Al Prefetto e agli altri convenuti non restò che riparare nella vicina, e per loro più ospitale, Calabritto. Dopo qualche giorno i protagonisti della protesta furono arrestati e sottoposti a giudizio. Pasquale Ilaria fu condannato al domicilio coatto alle isole Tremiti, alla stregua di un comune delinquente, da dove poté rientrare a Caposele solo alla caduta del fascismo; altri manifestanti furono condannati a pene più lievi ed il maestro elementare Camillo Benincasa, pur fascista fidente, fu trasferito d’ufficio a Montefalcione. L’EAAP non si lasciò intimorire dalla manifestazione di popolo. Nel novembre 1940, per intervento del Ministro della guerra, chiese ed ottenne la provvisoria deviazione notturna delle acque in questione, perché i riflessi ai raggi lunari dell’acqua fluente nell’alveo del Sele avrebbero potuto indicare agli aerei nemici il luogo esatto delle sorgenti che, comunque, erano state già accuratamente mimetizzate. Il Governo con il R.D. 11 maggio 1942 concesse all’EAAP per settant’anni l’uso di queste acque. L’anno successivo, in ottemperanza a tale decreto, ma sempre adducendo la scusante delle esigenze belliche dovute questa volta alla massiccia presenza di truppe in Puglia, lo scippo fu compiutamente consumato, perché la deviazione da notturna divenne anche diurna. La concessione scadrà nel 2012, ma già sono in atto trattative tra il Comune di Caposele e l’AQP. Riuscirà, finalmente, Caposele a veder riconosciuti i propri diritti? Sarà difficile se la Regione Campania continuerà a nicchiare e non sarà responsabilmente a fianco del Comune con tutto il peso della sua autorità in materia.
di Michele Ceres
Michele Ceres
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mediare, a smussare gli animi, a mitigare gli interventi, rispettoso delle minoranze e rispettato dalle maggioranze, al di là del ruolo che ricopriva. Egli non è stato mai sindaco di Caposele, ma per sua scelta: se solo l’avesse voluto, sarebbero stati in molti a cedergli il passo. Non di meno tutti lo abbiamo sentito come tale, per i suoi consigli, le lezioni di stile, di educazione e di saggezza che ci ha impartito. Ci mancherà Donato, molto a tutti noi ma ancor più alla sua famiglia, alla quale spesso l’abbiamo sottratto, in modo particolare alla sua Rosina. Noi tutti perdiamo un amico ed un solido punto di riferimento, ma sono convinto che se l’abbiamo apprezzato, come lo abbiamo apprezzato, tenendo viva la sua memoria , noi non solo onoriamo lui, ma operiamo una scelta utile anche per questo paese … perché si sappia che c’è un modo nuovo, anzi antico, di
fare politica e di sentirsi umanità di cui si può andare fieri , quando si è guidati dall’onestà, dalla nobiltà interiore e dallo spirito di servizio verso gli altri. Donato, cari Caposelesi, è stato tutto questo! Grazie, grazie, Donato!
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La sua filosofia era, in fondo, molto semplice e diretta: non inseguire il superfluo, fintanto che a tutti non è assicurato il necessario, a partire dal lavoro. A questo punto , non è banale ripercorrere brevemente le tappe significative della sua vita … Egli non è stato solo il costruttore convinto in sede locale di una grande sezione di partito, ma anche l’organizzatore del suo mondo contadino per il tramite della Federterra, della CGIL, della sua formidabile INCA, tutta tesa ad assistere quotidianamente braccianti e mezzadri, compartecipanti e pensionati. Era, ancora, in prima fila ad animare cooperative agricole per contrastare mediatori e speculatori; non si sottraeva nemmeno al gravoso compito di costruire, presiedere e dirigere società agricole finalizzate alla costruzione di strade interpoderali e ad opere di miglioria fondiaria. Ma è pure come uomo delle istituzioni che abbiamo potuto apprezzarlo, anche perché ci era invidiato nei paesi vicini e nella provincia, per le sue battaglie a favore dell’umanizzazione delle campagne. Assessore competente all’agricoltura, indimenticabile vice-sindaco , consigliere alla Comunità Montana,dovunque ha lasciato la sua impronta con strade interpoderali, acquedotti rurali, opere di elettrificazione e di telefonia, scuole rurali, quotizzazione di terre incolte e di demani da assicurare alla pastorizia. Settori che oggi possono sembrare marginali, ma che un tempo erano decisivi per l’economia in un paese in cui l’agricoltura era “quasi tutto”. Ascoltare la voce del territorio era la sua regola d’oro, ecco perché correva in lungo ed in largo le contrade, a vigilare sulle manutenzioni e sulle riparazioni , a raccogliere consigli e lamentele, a dirimere controversie private tra frontisti e confinanti, a suggerire perfino ai tecnici le linee per una equa valutazione dei fondi in caso di divisioni bonarie. Lo vedevi di buon mattino raggiungere Caposele per distribuire a domicilio il latte della sua stalla, poi andare a disbrigare le tante pratiche nella Camera del Lavoro ed in seguito salire le scale del Municipio, organizzare lavori e sopralluoghi ed. infine, mettersi alla testa delle guardie campestri e raggiungere le contrade dove era atteso. Non mancava mai alle riunioni di partito, alle assemblee sindacali e nemmeno alle sedute di giunta Municipale e di Consiglio Comunale, sempre puntuale, pronto a
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Ho avuto modo di visitare Donato Mazzariello, non più di 15 giorni fa, insieme ad alcuni compagni, nella sua casa di sempre a Montemaggiore. Una visita del tutto eccezionale perché non lo si vedeva in paese solo da qualche mese ; egli era invecchiato molto lentamente , quasi non te ne accorgevi, se non fosse stato per quei capelli sempre più bianchi. Per il resto dominavano i suoi occhi azzurri su quel volto calmo e sorridente verso tutti, perché, sfido chiunque a dire il contrario, tutti si sentivano amici di Donato. Lo trovammo ancora a letto, quasi a scusarsi per il fatto che solo da qualche minuto aveva concluso una terapia e, quindi, s’era concesso un minuto di riposo. I tratti del suo corpo minuto ci raccontavano l’avanzare della malattia , ma al tempo stesso la sua voce espressiva e sicura ci comunicava una vitalità ed una voglia di discutere di passato, presente e futuro , come mai te lo aspetti da chi è minato dentro. Ci congedò con un sorriso e una stretta di mano, dopo averci promesso che nel giro di qualche settimana ci saremmo rivisti a Caposele. Ne era convinto ;nondimeno ci consegnò , quasi come un testamento,la sua nozione di Politica Ci disse: “La Politica è innanzitutto volersi bene”. E, poi ,aggiunse: “Non fate mai prevalere ad ogni costo le vostre ragioni su quelle degli altri, perché la verità non è mai da una sola parte!”. Una lezione di vita sicuramente cristiana e significativamente molto preziosa perché proveniente dalla sponda di un politico di grande esperienza umana , il quale sa quanto è difficile mantenere diritto e saldo il timone della coscienza nel mondo dell’impegno civile e sociale. Egli, per davvero, sapeva amare ed avere rispetto del prossimo suo, per giunta. In un paese al quale, talvolta, piace dividersi e farsi del male. Donato non si è mai curato troppo delle ideologie, e pure ha creduto fermamente in un mondo in cui tutti avevano diritto a progredire, convinto, però, che il riscatto e l’ascensione sociale passino attraverso l’esercizio del dovere , il rigore etico, il paziente spirito di servizio alla comunità ed il dialogo con tutti. Egli si è sempre adoperato per un’idea di partito forte, democratico e di massa ma ha sempre ritenuto che il partito non è tutto, se non ha un’anima da spendere all’esterno per gli altri sia attraverso la condivisione di progetti che di realizzazioni.
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di Alfonso Merola
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Il leggendario
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Donato Mazzariello
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Ricordo di Donato Mazzariello
IL MANIFESTO DEL COMUNE DI CAPOSELE E’ venuto a mancare Donato Mazzarielllo. Il Sindaco, la giunta, l’amministrazione Comunale, il segretario ed i dipendenti comunali si uniscono alla famiglia in questo momento di dolore. E’ nostro dovere, non solo come rappresentanti delle istituzioni locali, ma come cittadini di una società civile , ricordare una persona che ha speso la propria vita per la comunità. Tutti ricordano il suo impegno civile e politico al servizio del paese. La sua storia di umile ed onesto cittadino sarà di esempio a tutti per l’impegno appassionato ed intenso profuso per il progresso civile di Caposele. Tutto il paese è in lutto e ricorderà sempre con affetto un uomo che ha dedicato molti anni della sua vita a Caposele sia come amministratore sia come uomo di partito occupandosi, con impegno e competenza, delle vicende locali. Caposele renderà tutti gli onori dovuti ad un grande amministratore rispettato dai rappresentanti locali del suo partito, ma anche dai consiglieri di opposizione.
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Michele Marzullo su facebook ha scritto: "Il Sig.Mazzariello,un grande amico di mio padre e mio, ci ha lasciati. Una vita dedicata al lavoro e al rapporto amichevole e signorile con tutti. Lascia agli attuali politici un insegnamento: IL RISPETTO DELLA PERSONA UMANA E SOPRATTUTTO IL RISPETTO DELLE IDEE ALTRUI E DEGLI AVVERSARI."
Ricordo di Donato Mazzariello
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Donato fuggiva da studi medici e
bene, che egli diceva’’Chi vuole mietere deve saper seminare’’… -Donato, assessore scrupoloso e fattivo, àncora di tanti contadini che come lui vivevano nelle campagne, campagne che giustamente reclamavano gli stessi diritti di chi abitava in paese… -Donato, vice-sindaco sempre pronto a risolvere i problemi della gente, dovunque si trovasse e chiunque essa fosse… -Donato, protagonista con il sindaco Caprio, della convenzione del 1970 con l’Acquedotto Pugliese … -Donato, capo della minoranza dopo le elezioni del 1980. Poi…, “quando il terremoto si abbatte tragicamente anche su Caposele, egli non lesina la sua fattiva e sincera collaborazione all’Amministrazione Corona, senza mai trascendere a villania e diffamazione contro il sindaco…”.
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ara Rosina, figli adorati e parenti di Donato Mazzariello, cittadini e fedeli tutti, sono veramente rari i momenti in cui un Sindaco può essere sicuro di
ospedali fidando e confidando in una salute temprata da tanti anni di lavoro e di attività molteplici, che non consentivano di pensare troppo a se stesso. Era questo un modo, il suo, di praticare l’altruismo. Ho visto Donato negli ultimi tempi, quando la malattia lo ha aggredito, e nonostante il peso dei suoi anni… ciò che mi ha colpito di più, è stata la sua serenità, la sua propensione alla sopportazione. Egli da malato continuava a parlare di Caposele, dei suoi bisogni e del lavoro difficile da fare in giorni duri in cui la crisi economica colpisce tutto e tutti. Era un Donato che dava consigli per il presente e per il futuro, forte dell’esperienza maturata in tanti anni spesi al servizio di questo paese. Noi, lo abbiamo sempre stimato perché “dispensatore verso chiunque, amici o avversari, di conforto, di fraterni consigli e di aiuto”. Io ero bambino e ne sentivo parlare come una figura leggendaria, amato da chi lo annoverava tra i suoi e invidiato da chi era schierato su altra sponda… Si dice, in genere, la Politica fa l’uomo, nel caso di Donato è vero giusto il contrario: è stato Donato a fare la Politica, ma in un modo del tutto originale che lo rendeva, appunto, amato da tutti. Donato, infatti spegneva i tizzoni accesi e sapeva dialogare con amici ed avversari, sempre pronto ad appianare le divergenze e a sposare i punti di vista degli altri. -Donato, dietro una scrivania del sindacato, ad offrire il suo servizio a tutti, perché mi è stato riferito, da chi lo ha conosciuto
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(Elogio funebre del Sindaco dott. Pasquale Farina)
parlare a nome dell’intera comunità ed interpretare i suoi sentimenti più genuini… e questa è una di quelle occasioni. Infatti, io non credo che ci sia un solo Caposelese che oggi non sia addolorato e dispiaciuto per questa perdita, tanto egli era amico di tutti noi, nessuno escluso, e tanto noi tutti, chi per una ragione, chi per un’altra gli siamo riconoscenti.
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IN MEMORIA DI DONATO
MAZZARIELLO
-Donato…che non amava i contrasti eccessivi che, in genere, diceva, danneggiano la serenità e l’operosità di una piccola comunità come Caposele. -Donato, che andava orgoglioso delle sue origini e che credeva nel graduale progresso civico e sociale. DonatoMazzarielloèstatoveramente un modello di comportamento per tutti noi, giovani, meno giovani ed anziani, con il suo saluto mai negato a nessuno, con quel sorridere che vinceva tutte le resistenze,con quella pazienza che rassicurava tutti, con il suo garbo educato che non gli permetteva mai di irritarsi e di perdere le staffe. Questa chiesa che oggi lo ha accolto, può già oggi sentirsi soddisfatta dell’operato di un figlio che ha saputo con il suo comportamento e la sua dedizione verso gli altri, interpretare bene gli insegnamenti dei Vangeli. Se, quindi, oggi noi tutti, i familiari in testa, siamo tristi ed addolorati, è perché questa perdita lascerà un vuoto innanzitutto tra di noi: noi perdiamo, infatti, un esempio di umanità di cui abbiamo bisogno in una società che non sente più, come un tempo, il vincolo dell’impegno personale al servizio dei doveri di solidarietà. Noi possiamo, allora, augurarci che conservando nella memoria figure umili ma al tempo stesso grandi, come quella di Donato Mazzariello, sappiamo tutti agire con coerenza e tenacia in nome di quella speranza in cui s’è riposto Donato fino all’ultimo giorno. È con questo sentimento, unitario e sincero, che abbraccio simbolicamente Rosina, i figli ed i parenti tutti di Donato Mazzariello, i quali possono andare orgogliosi di quanto egli ha radicato in mezzo a noi; … Donato non sarà solo nei loro cuori ma anche nella mente di tutti i Caposelesi.
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Michele Russomanno Andrea Iannuzzi e Gennaro Casillo
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Gli amici della Pro loco in relax
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Nicolò Chirico e Gerardo Zarra
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Sara Pecoraro e altri il giorno di Santa Lucia
Maria Cifrodelli e Luciano Nesta
Pasquale Grasso uno dei tanti personaggi del Presepe Vivente 2011
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Anna Melchiorre
Tonino Malanga, Umberto Sista e amici
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Donato Sista
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Michele Cuozzo e Monteverde Gelsomino
Mia Hasler (di Patrizia Cione e Ralph Hasler)
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Festa in casa Malanga: il compleanno di Marialorenza
Agnese e Gerarda il giorno della fiera di Santa Lucia
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Iacopo Ceres e Angelo Sturchio
La famiglia Corona
Federico Barbarossa con Criscentina Colatrella e Filomena Ilaria
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Carmela Nesta e Gelsomina Cibellis
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Dal mare alla fonte Con madre natura Dalla fonte all’utente con padre padrone Creata per dar vita È sfruttata, razionata, e commercializzata. La terra regala L’uomo vende. Sollevata dal sole Trasformata dal freddo La terra regala Fiocchi e gocce. L’uomo se ne appropria. Cambiano gusti e sapori Cambiano i tempi, Aumentano i consumi. Si gustava al fiasco Ora piace alla bottiglia
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Michele Merola
Emilia Cuozzo, Rocco Russomanno, Semi Russomanno, Gerardo Cuozzo, e Miche Merola e compagni
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Mariateresa Pallante il giorno della Cresim
Lodovica, Anna e Sara
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Rosa Castagno di Lorenzo e di Elisabetta Pallante
Antonietta Iannuzzi
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Caterina Caruso e Franca Mattia
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Nicolò Chirico, Angelo Sturchio, Gerardo Nesta
Rossella Malanga
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Felicetta Alagia festeggiata dalle amiche il giorno dell’ottantesimo compleanno
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Tonino e Vincenzo
Franca Nesta e Anna Russomanno con la piccola Mariachiara Felicetta Alagia festeggia i suoi 80 anni . Gli auguri piu' sentiti dalla redazione
Giada Casale
Nonno Nicola con Clelia, Marcella e Silvio
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Giorni Lieti
di Antimo Pirozzi
SALVATORE CORONA di Gerardo Corona e Antonietta Proietto nato il 27.09.2010
Sofia Russomanno di Eugenio e di Catia Mariniello
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Alessandra Cantarella Laurea in Psicologia clinica presso l'Università di Padova 30 giugno 2011 - voto: 110
Maria Merola di Gerardo nata il 8.11.2010
Donato Ceres e Grazia Cibellis hanno coronato il loro sogno d'amore. I genitori felici augurano che la gioia dei loro cuori felici li accompagni sempre.
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Che festa in casa di Eugenio Russomanno: è nata SOFIA. Ha scelto il giorno 07/06/2011 per riempire di luce e gioia la giornata di tutta la famiglia. Sofia, secondogenita di Catia Mariniello e di Eugenio Russomanno. Ad accoglierla, c’erano anche il fratellino Claudio e i nonni più fortunati ed orgogliosi del mondo. Nonno Claudio
Il piccolo Gerardo Curcio di Giovanni e di Maria Del Malandrino. La foto lo ritrae in braccio al nonno Gerardo
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Maria Malanga Laurea specialistica in "Scienze e tecnologie alimentari" - 24 marzo 2011 presso la facoltà di Agraria , Portici (NA)
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Aurora Ponzana nata il 12.10.2010
Gelsomino Merola e Roberta Meo SPOSI
Enzo Nesta e Nicoletta Ceres , 2 luglio 2011 SPOSI
Da oggi un nuovo sorriso colora il mondo, lo annuncia Nonna Lellina per la nascita di Antony D'Elia di Valerio e di Mariagrazia Curcio nato il 4.6.11i
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Gerarda Nesta in data 23/03/2011 ha conseguito la laurea in “Educatori professionali extrascolastici” discutendo la tesi “Caposele tra sisma e ricostruzione”
Carlo e Marco Russomanno di Angelo e Rosetta Bracigliano
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Ceres Gelsomina il 25 marzo 2011 si è laureata inin Scienze per la Formazione dell’Infanzia e della Preadolescenza discutendo la tesi “Attaccamento e separazione nella prima infanzia: l’inserimento al nido”
Mariangela Caruso ha conseguito la laurea " In conservazione dei Beni Culturali " presso l'Istituto Universitario Suor Orsola Benincasa di Napoli, riportando la votazione di 110 su 110 e lode, il 20 dicembre 2010.
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Ginevra Apicella nel giorno del suo battesimo
Pietro Marateo di Franco e Antonietta Colatrella, il 17 luglio ha compiuto un anno, Auguri
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Raffaele e Silvia Alagia, unitamente ai nonni Maria ed Emidio, annunciano con grande soddisfazione i successi conseguiti negli studi dai loro congiunti: Maria Alagia ha conseguito il diploma di Maturità scientifica presso il liceo “A.Labriola” di Napoli conseguendo con il massimo dei voti con lode. Silvia Alagia ha conseguito il diploma di maturità linguistica – aziendale presso l’istituto “Mario Pagano” di Napoli. Antonietta Alagia il giorno 18 Luglio 2011 ha conseguito la laurea magistrale in “Comunicazione istituzionale e di impresa” presso l’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli
Jacopo Chirico (nato il 31 maggio 2011)
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Gerardo D’Elia
Lorenzo Malanga
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Amato Patrone
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Donato Peccatiello
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Francesco Del Guercio
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Nicola Majorana ed il figlio Filippo
Minguccio e Marino Gelsomina Giolitti
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L’11 marzo u.s. è venuta a mancare all’affetto dei suoi cari Rosellina Caprio Gli amici della redazione, commossi, si stringono affettuosamente intorno all’amico Ezio , addolorati per tanta immatura perdita. cosce e le gambe arrossate. Eri sempre pronto ad ogni appuntamento ed avevi sempre il gesto, le parole ed il dono giusto per ogni occasione. Hai sempre drammatizzato, o meglio reso commedia, ogni tuo problema piccolo o grande che sia stato, e lo hai spettacolarizzato sempre con grande intelligenza. Eri un uomo di scienza con la gentilezza di un poeta. Eri e sei il nostro amico, anzi il Compagno, il marito, il padre, il fratello, il professionista ed il figlio che tutti noi vorremmo ancora avere.
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umanità, di coraggio, di lucidità, di amore per la vita e di rispetto anche per la morte. Tu ti esaltavi per un brano o una lettura, o anche, per una tua intuizione, ma condividevi con noi i nostri piccoli successi e le nostre piccole o grandi preoccupazioni. I nostri ricordi si perdono fino da quando eri bambino e ti dava fastidio anche il sole cocente d'estate perché ti procurava eritemi alle gambe scoperte dei calzoncini corti. Ti ricordo una volta quando ti ho visto scendere i gradini della strada di campagna con il sedere per terra perché ti facevano male le
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A GIUSEPPE Dopo trenta giorni dalla tua dipartita sentiamo il desiderio di dirti, caro Bianco, che hai lasciato un vuoto incolmabile nella tua famiglia, nella nostra compagnia, in tutto il paese e tra tutti i tuoi amici e colleghi. Ci mancano i tuoi gesti consueti e quotidiani, le tue disquisizioni e le tue risate, le tue intuizioni e la tua sottile ironia che non ti mancava mai. Persino in ospedale, a due giorni dal tuo venir meno ci hai fatto sorridere, quando ti ho detto che avevi avuti i migliori consulti per la tua malattia, e tu hai detto: -“Allora posso morire contento! Sono stato studiato bene!”. Il tuo era un modo di irridere e di esorcizzare la morte che ci ha fatto sempre sorridere, anche quando facevi gli scongiuri o la drammatizzavi, non potevamo sapere che tu la sentivi più vicina di noi e non abbiamo osato crederti quando a settembre tu ci dicevi che non saresti arrivato a Natale. Non lo accettavamo allora, non lo accettiamo adesso! Non ti meritavi questa accelerazione, tu che eri così flemmatico. Ci ricordiamo sempre che a cavallo della mezzanotte quando stavamo in compagnia dicevi sempre: -“E mo' già v' n' vuliti ie', è bietta ancora! Stam'n natu pocu!”. Tu difficilmente avevi fretta, ma forse negli ultimi giorni della tua vita, ho capito, e me lo hai pure detto, che volevi finire in fretta. Hai aspettato il martedì pomeriggio per stare insieme a tutta la tua famiglia, li hai fatti arrivare a casa e te ne sei andato senza fartene accorgere, in silenzio ma con grande dignità. Eri ormai pronto al grande passo ed avevi capito e ti eri rassegnato perché non c'era più niente da fare. Ci hai lasciato un grande esempio di
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In occasione del trigesimo della morte di Giuseppe Ceres
A nome di tutti ed in qualità di capo della Colonia ho pensato forse, non tempestivamente, ma in occasione del trigesimo della tua morte di ricordarti con queste poche parole che non esprimono certamente tutto quello che noi tutti pensiamo e che tu meritavi. Restano solo parole, spero che almeno resteranno i nostri gesti, la nostra amicizia ed il nostro reciproco rispetto nato nel 1955 e durato 55 anni. Ciao Giuseppe. Caposele, 30 dicembre 2010 Per la Colonia Antonio Cione
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a morte di Gaetano Vitale ha lasciato un profondo vuoto nel nostro Paese. Oltre quaranta anni fa ha creato dal nulla un complesso bandistico "La Vedetta di Caposele", famoso in tutta la valle del Sele, orgoglio e prestigio di tutti i Caposelesi. Con capacità, passione ed impegno ha allevato ed educato numerose generazioni di giovani allo studio della musica, mantenendo in vita, per moltissimi anni, un complesso musicale di tutto rispetto. Il suo ricordo resterà indelebile nella memoria di chi lo ha conosciuto ed apprezzato per la sua capacità organizzativa e per il suo carattere affabile e buono.
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IN MEMORIA DI GAETANO VITALE
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IN RICORDO DI ANDREA E TERESA Ricordiamo delle persone speciali, due amici che tutti vorrebbero. Pernoi figli è stata una perdita incolmabile, un vuoto incredibile. Ma il dono piu' grande che abbiamo avuto come genitori è il loro ricordo sempre vivo che ci fa andare avanti e farci una ragione di vita faticosamente con l'amore di Dio. L'esperienza vissuta ci porta a dire che la famiglia rimane una cosa meravigliosa. GRAZIE MAMMA E PAPA' , RIMARRETE SEMPRE NEI NOSTRI CUORI, Gino e Nadia
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Almanacco
Giorni Tristi
Andrea Amendola
Colomba Ceres 05.02.1915 - 21.04.2011
Lorenzo Megaro 10.04.1942 - 03.04.2011 Antonio iannuzzi
Antonio Merola n.01.02.1932 m.19.03.2011
Donato Mazzariello n. 25-01-1923 m. 01-07-2011
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Gelsomino Sturchio n.01.05.49 m. 04.06.2011
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Gerardo Salvatoriello 27.10.57 04.04.2011
Salvatore Fuschetto 27.02.1925 - 08.05.2011
Concetta Tarantino 08.09.1926 26.01.2011
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Lucia Sozio 12.12.32 - 06.03.11
Colomba Curcio 22.07.28 - 18.01.11
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Assunta Pallante 15.08.1919 13.05.2011
Annarella Sturchio 13.03.1915 28.02.2011 Gaetano Vitale n. 25-01-1923 m. 01-07-2011
Antonio Matteucci 14.11.1929 13.01.2011 Anna Pedata 21.11.1940 18.04.2011
Nevicella Casale n. 15-12-1929 m. 02 luglio 2011
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YOU TUBE. COM
I LUOGHI DA VISITARE
IL BOLLINO VERDE "PLAY" SULLA FOTO RAPPRESENTA L'APPROFONDIMENTOVIDEO DELL'ARGOMENTOTRATTATO ATTRAVERSO IL CANALE "YOU TUBE" ALL'INDIRIZZO: http://www.youtube.com/periodicolasorgente
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IL SANTUARIO DI SAN GERARDO
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L'interno della Chiesa Madre LE SORGENTI DEL SELE
LA CHIESETTA DELLA SANITA'
IL PARCO FLUVIALE "DELLA MADONNINA" E' UN PEZZO DI TERRITORIO MERAVIGLIOSO. UN'AREA PER PASSEGGIARE, SOSTARE E GODERE DELLA NATURA E DELL'ACQUA , PRINCIPALI MOTORI DELLA NOSTRA FUTURA ECONOMIA PER ACCEDERE AL PARCO SI PUO' UTILIZZARE IL VARCO AL DI SOPRA DEL PARCHEGGIO COMUNALE "SANTA LUCIA"
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IL PARCO FLUVIALE DELLA MADONNINA
Un immagine ritoccata di un luogo antico del Paese: LE CANTINE I vortici del ruscello che corre parallelo al Parco della Madonnina
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