PERIODICO A CURA DELL'ASSOCIAZIONE TURISTICA PRO LOCO CAPOSELE FONDATO NEL 1973
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Reg.Trib. S.Angelo dei L. n.31 del 29.1.74 - Sp. in A.P. comma 34 art.2 L.549/95 filiale P.T. AV -sem.- Anno XXVIII - Luglio 2000 -
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INDIRIZZO INTERNET
MA SI MUORE... Una feritoia in un’atmosfera diversa; un periodo noioso o angosciante da esorcizzare; una malsana golosità da appagare, e il tempo si trasforma in un’interminabile, paurosa, illusoria macchina che macina pensieri, intelligenze, affetti. Distruggendoli. Unica panacea a tanto disordine? La DROGA.II giovane va, coinvolto da menzognere sensazioni di euforia, da sprazzi di costruita allegria, da un desiderio che aumenta ma, improvvisamente, precipita. II giovane va verso una fine annunciata, costruita, voluta inconsciamente da lui stesso. Con venti anni in cuore sembra assurda la morte, ma si muore. Così è stato per Giuseppe, un ragazzo di Caposele che ha detto addio all’esistenza in una di quelle aree di servizio, crocevia di uomini e donne
di Vania Palmieri
condannati senza appello. Dall’uso di sostanze stupefacenti, dall’indifferenza di chi loro vive accanto, dall’insaziabile brama di danaro dei trafficanti, da poveri infelici che per sopravvivere spezzano i sogni di tanti coetanei. (continua a pag. 8)
DA PAG. 15 A PAG. 20
SPECIALE GIUBILEO
Direttore Nicola Conforti
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LA NOSTRA PREOCCUPAZIONE ED INQUIETUDINE di Vincenzo Caruso
“Nella mia lunga attività amministrativa al servizio di questa ridente cittadina ho vissuto anni di ansia e trepidazione per le acque perennemente in viaggio dalle Sorgenti Madonna della Sanità nella più schietta consapevolezza che i sacrifici di Caposele valevano per la gioia e per il progresso delle città e contrade pugliesi.” Quando Franco Caprio, Sindaco, tanto tra l’altro testimoniava il 1° maggio 1976 nell’imperativo di somma eticità “Haurite Aquam a Fontibus” (“Attingete l’acqua dalle fonti”)..... (continua a pag.2)
Lettere in redazione che, qualche giorno prima, salutandoci con l’affetto di sempre, ci eravamo dati, per la prossima estate, appuntamento “alla Mauta”. Io non so, caro Ciccio, se mai ritornerò alla “Mauta”, me è certo che, se vi ritornerò, riascolterò in quel maestoso scenario, il canto della Tua bella voce giovanile “... Usignolo, ma come sa di pianto la tua voce: mi dice il cuore che non sei felice, mi dice il cuore che non trovi pace!”. Concludo questo mio (troppo lungo) intervento, inviando un pensiero post-natalizio che è dedicato a tutte le nostre Mamme scomparse. Vorrai, benevolmente, trarne spunto per titolare questa mia lettera così: “Gli strufoli, le zeppole, il miele caldo”. Con l’augurio che la Sorgente, sappia e voglia, dolcemente unire: gli strufoli e le zeppole. Sei persona troppo intelligente per non capire! Con immutato (ed irrazionale) affetto, Avv. Ezio Maria Caprio Salerno, lì 1 febbraio 2000
Natale 99 E’ volato anche il primo Natale, verso di Te ed i nostri pensieri han cercato, qualcosa di Te. Ora sei impietrita, nel freddo. E il tuo sorriso, Mamma, si intreccia e confonde col Tuo ultimo sospiro. Quando eri, sola, tra noi eri lì ad aspettare, come sempre, con il Tuo cesto pronto e pieno. C’erano strufoli e c’erano zeppole ed il miele caldo univa gli uni e le altre: come il Tuo amore, avvolgeva noi tutti. Cadono, ora, le nostre certezze. Resta, soltanto, il ricordo delle Tue rare carezze, nei nostri fuggevoli incontri. Ezio, con Franco e Giuseppe
Via Pietra quaresima
(continua dalla prima pagina)
nel mio Compendiario sugli Acquedotti Pugliesi e Lucani, già si sentiva rasserenato dalla convenzione del 1970 sui buoni rapporti con l’Ente Autonomo per l’Acquedotto Pugliese, dopo una lunga diatriba insorta dal 1939 a seguito della espropriazione della riserva per Caposele di l/s. 163 deviata d’imperio. Le giovani e mature generazioni nostre sconoscono “i sacrifici” di Caposele “per la gioia e per il progresso” delle Puglie, donde la nostra preoccupazione ed inquietudine su un’acquiescenza da “irpus solitarius”. Caposele, generosa, nel 1905 di fronte ad uno Stato di eticità suprema si indusse alla transazione per una controprestazione “figurativa”: 600.000 lire nella carta al 3% , pari a 18.000 lire annue, volatilizzatesi in breve tempo da un capitale mai rivalutato e liquidato. Quello Stato oggi tradisce volgendo e favorendo a interessi particolari e privatistici quella rinuncia transattiva pregna di valori, rendendola giuridicamente discutibile e ad pristinum. Alla chetichella il ciclone del Decreto Legislativo 11 maggio 1999 n. 149, illegittimamente ed incostituzio-nalmente, pretende di trasformare e trasforma l’Ente Autonomo EAAP Persona Giuridica Pubblica in Società per Azioni, tradendo la portata effettiva della Legge 1995/549 diretta invece ad un riassetto funzionale ed organizzativo dello stesso Ente. Travolti e sconvolti nelle loro competenze istituzionali e territoriali decentrate sono le Regioni Campania, Puglia e Basilicata, oltre che Calabria e Molise, l’intero Mezzogiorno, e più ancora la Province Pugliesi e Lucane, e la provincia di Avellino, costituenti le rappresentanze in seno all’EAAP dei numerosi comuni serviti, Enti locali obliterati e soprattutto beffata Caposele, titolare del demanio comunale costituito dalle Sorgenti Madonna della Sanità. La globalizzazione, che abbrutisce anche la solidarietà umana che perfino viene denegata dalla stessa potenza economica degli USA (Microsoft), del resto scimmiottata indiscriminatamente e senza regole, è aberrante e perniciosa, specie se
investe la sfera primaria delle acque salutari per l’uomo, per darle in pasto speculativo al privato fino ad abrogare una caterva di leggi e principi pubblicistici sopravvenuti e consolidatisi a partire dalla fine del XIX secolo per giungere all’eticità suprema delle leggi del 1902 e del 1919. Preoccupiamoci, su tutti e per primi, noi Irpini, noi Caposelesi sollevando una inquietudine che
IN COPERTINA
strufoli, le zeppole, il Caro Direttore, avendo ricevuto, dopo il decorso Natale, il cartaceo numero 64 de “La Sorgente”, nel doveroso rispetto dei principi e dei canoni comportamentali, non posso, naturalmente, non ringraziarTi. Così come, per le stesse motivazioni, non posso non affidarTi alcune mie meditate (e sofferte) riflessioni. Ho letto l’intero contenuto del periodico e devo riconoscere che l’impatto “emotivo” che ne deriva è di sicuro effetto per chi, come chi scrive, non si è mai, sostanzialmente, allontanato nè con la mente, nè con il cuore, dal proprio Paese Natale. Finalmente, dopo un lungo periodo di “oscurantismo”, ho evidenziato qualche sia pur timido approccio all’autocritica ed alla... dialettica, non più ossessivamente (e monotonamente) monocorde. Al punto che - come ho avuto modo di ripetere in qualche conversazione “La Sorgente” rischiava di impaludarsi sempre più tra le secche di una sorta di regime lacustre, con una unica fonte idrica di approvvigionamento. Detto questo - che peraltro ha determinato il mio traumatico distacco, appunto, dalla (non) Sorgente - vengo ora alla più diretta e vicina causale che ha, per così dire, occasionato questo mio intervento (frutto di una delle mie tante notti insonni). Qualcuno potrà, sarcasticamente, osservare che, per me, sarebbe meglio dormire, ma tant’è! Proseguo, dritto, per la mia strada. Orbene, hai voluto (tardivamente) testimoniare, come per tanti amici, con una foto, la scomparsa di mia Madre, corredando la foto medesima con una breve didascalia ed esprimendo “le più sentite condoglianze ai figli Ezio, Franco e Giuseppe”. A nome, dunque, anche dei miei Fratelli (entrambi medici pro-Caposele), desidero porgere, alla redazione, il nostro più grato, e commosso, sentimento. Il caso ha voluto, quasi per rendere un involontario dono a mia Madre, che, nella stessa pagina, siano comparse anche le foto dei neo-dottori Lorenzo Sozio ed Isabella Ceres, il primo rampollo di una carissima Famiglia e che ha mosso i suoi primi passi nel nostro comune Vico Plebiscito di Caposele; la seconda, che ha trascorso i suoi primi anni universitari in Salerno, confortando, con la sua affettuosa presenza, l’ultimo brandello di vita di mia Madre. Il distacco della Morte è sempre cosa tristissima, per tutti. Ho così visto, nel medesimo numero, tra gli Scomparsi, la foto di “Ciccio di Champagne” e non posso non ricordare
La Sorgente n. 65
sommario Pag.2 Pag.3 Pag.4 Pag.6 Pag.7 Pag.8 Pag.8 Pag.9 Pag.10 Pag.15 Pag.21 Pag.21 Pag.22 Pag.22 Pag.23 Pag.25 Pag.26 Pag.27 Pag.27 Pag.28 Pag.29 Pag. 30 Pag. 30 Pag. 31 Pag. 31 Pag. 32
Lettere in redazione Primo gennaio 2000 di A. Sena Il cielo... di A.. Merola Almanacco di A. Pirozzi Statti cittu... di C. Casale E si muore di V. Palmieri Morire.... di M. Pallante L'elogio del.. di G. Ceres Piccola cronaca di S. Conforti Speciale Giubileo Voglia di... di G. Palmieri Il concorso di A. Montanri la sinistra.. di A. Ruglio La solita .. di P. Cozzarelli I falo' di A. Sturchio Museo antica civiltà. Sport di P. Cozzarelli Mazzarino... di M. Ceres la sinistra.. di A. Merola lavori in corso Anpas Caposele La scuola.. di S. Granese Il portale... di A. M. Caposele... di M. Ceres Giubileo... di Fiorella Pirozzi Diario, Foto dei ricordi
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Periodico a cura della Pro Loco CapoDirettore Nicola Conforti Vice Direttore Pasquale Cozzarelli Grafica e impaginazione Salvatore Conforti Segreteria di redazione e Fotografia Donato Conforti confortinic@tiscalinet.it
Gli
miele caldo
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REDATTORI
di Antonio Sena
S
enza voler scomodare una comune ed accertata Eva Nera di centomila anni fa a cui tutti i Caposelesi possono far risalire la loro origine e tutto il loro patrimonio genetico, senza voler seguire tutti i flussi migratori che hanno portato all’attuale assetto demografico del nostro pianeta e la complessa evoluzione delle razze, dei popoli e dei costumi, vogliamo tornare indietro di soli cento anni per ritrovare la popolazione di Caposele alle prese con un notevole movimento immigratorio, composto da gente che da vari luoghi, più o meno lontani, decideva di trasferire la propria residenza nei pressi delle sorgenti del Sele per i noti avvenimenti riguardanti l’inizio delle opere di captazione dell’acqua necessaria per la alimentazione dell’Acquedotto Pugliese. La durata di tali lavori fu di qualche decennio. E sicuramente prima del loro inizio, agli albori del Novecento, a Caposele erano insediate molte famiglie con cognomi, che ritroviamo anche oggi dopo cento anni, ma il numero dei nuclei familiari e dei loro componenti hanno avuto una variabilità di flusso condizionata nel corso degli anni da fattori di pura e semplice economia domestica, da sconvolgimenti bellici, da attrazione verso aree più prospere del pianeta, da attitudini alle mutazioni sociali, da rincorse affettive, da repulsioni o da riabbracci alla stanzialità, da scoperte di nuove frontiere di vivibilità. Tanti bastimenti sono partiti e sono pure ritornati. Così pure un evento di portata nazionale, come la costruzione di un grande acquedotto appaltato ad una Ditta, la Ercole Antici, che pochi anni prima aveva ultimato il traforo del Sempione, ha portato con sé maestranze e famiglie nuove, nomi e cognomi nuovi, matrimoni e parentele nuove, ingegni ed imprenditori nuovi, commerci e dialetti nuovi, costumi e socialità nuove, che, nel loro insieme e nelle loro diversità, hanno portato una nuova ricchezza genetica nella
ANTONIO SENA
CENTO ANNI DI MOVIMENTI MIGRATORI
Ricostruzione schematica della "casa del contadino" - dal "museo della civiltà contadina" organizzato dalla Comunità Montana
Diagramma di flusso della popolazione di Caposele dal 1860 al 1994 pop.
nostra comunità. Gli eventi bellici, dicevamo, e la depressione economica che ne è seguita ; ma anche gli eventi sismici, con il flusso di “nuova economia” che ne è seguito. Nel frattempo alcuni cognomi sono scomparsi dall’anagrafe di Caposele ; qualcuno ha resistito fino all’ultima pulizia delle liste elettorale. Altri ne sono comparsi ed hanno messo radici profonde ; altri ancora sono entrati e sono subito usciti ; qualcuno è in via di estinzione. Solo dal 1933 in poi si possono leggere i flussi migratori nel nostro Comune con una apposita ricerca sugli annuari della popolazione, confrontando cioè, anno dopo anno, le persone che hanno scelto di risiedere a Caposele o che si sono cancellati per risiedere altrove. A questo punto avremmo voluto sostanziare il discorso con dati numerici e nominali, ma per il momento non ci è stata data la possibilità di accedere agli archivi comunali; si può sperare per il prossimo numero de “La Sorgente”. Per il momento da un piccolo osservatorio come il nostro va evidenziato il dato qualitativo sotteso alle cifre delle statistiche : la popolazione, a Caposele come in ogni altro luogo del pianeta ed in un intervallo temporale più o meno esteso, non è un contenitore numerico, statico, uninominale, chiuso, impermeabile e immutabile, bensì una molteplicità di individui, di nomi, di cambiamenti e di fattori osmotici. C’è un monito civile alla tolleranza dei diversi anche nel ricordare a mente quanti cognomi sono entrati ed usciti dal corpo dell’intera popolazione su una ristretta area geografica, che va da Pasano a Palmenta, e lungo
Valigia dell'emigrante - dal "museo della civiltà contadina" organizzato dalla Comunità Montana nei locali delle ex scuole elementari in Piazza Sanità
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REDATTORI
Fatti e personaggi
di Alfonso Merola
IL CIELO ERA TAPPEZZATO DI STELLE
ALFONSO MERA
“Entri, entri, Don Fedele e si accomodi!” L’arcivescovo pronunciò queste parole con un tono grave, ma incerto, quasi a tradire il disagio per l’ufficio al quale era chiamato. Egli, poco meno che settantenne, avrebbe di certo dovuto richiamare e bollare un ultraottuagenario per un comportamento che aveva ferito la Chiesa Era giunto in paese ben presto di mattina, accompagnato da un suo collaboratore che fungeva da segretario. Dopo qualche convenevole scambiato in canonica con l’arciprete, s’era installato nel salone e quasi a cadenza di un’ora aveva ricevuto ed ascoltato il clero locale, incluso l’arciprete, ovviamente. Le audizioni erano interrotte dall’irruzione nel salone dalla sorella dell’arciprete, una sorta di maitresse che di tanto in tanto si introduceva lì con caffè, biscottini, bottiglie d’acqua o di liquore, sbirciava intorno, folgorava con sguardi penetranti i convocati e poi riguadagnava frettolosamente l’uscita. La cosa incominciava ad infastidire il prelato per cui, fu inevitabile che egli, prima ancora che Don Fedele entrasse, esigesse di non essere disturbato per nessuna ragione, come dire che cessassero quegli andirivieni esplorativi. “Si accomodi, Don Fedele, si accomodi!” ripeté l’arcivescovo. Il vecchietto, dalla sagoma minuta, ricurvo sotto il peso degli anni e dei tanti acciacchi, si sedette, scrutando la volta e le pareti del salone con la curiosità di chi non fosse stato mai avvezzo a frequentare quell’ambiente che pure avrebbe dovuto essere a lui familiare per avervi trascorso in un modo o l’altro parte significativa della sua esistenza. “Bel tempo, Don Fedele! In questi principi di maggio la primavera è esplosa in tutto il suo splendore e così ci ha fatto dimenticare la durezza d’un inverno che sembrava non finire più. Come si fa a non dire che in quest’ordine non ci sia la mano previdente del nostro Dio Padre che organizza tutto in una successione a lui solo nota e che noi percepiamo ed apprezziamo solo negli effetti...” Mentre l’arcivescovo si crogiolava in queste riflessioni, Don Fedele navigava col pensiero altrove, attendendo prima o dopo di approdare al dunque. “Che mi dice, Don Fedele? Non è d’accordo?” proruppe il prelato. “E come non potrei non essere d’accordo? Dall’alto dei miei 86 anni queste considerazioni hanno ricevuto conferma anche dall’esperienza e su un punto sono più d’accordo che su altri: la Provvidenza divina disegna i percorsi degli uomini e delle cose con una finalità che non può essere che positiva ed accettabile in quanto proviene da Dio...” disse don Fedele. “Ma veniamo a noi...” disse l’arcivescovo “Come ella ben sa, noi ci siamo recati qui di buon’ora per adempiere ad un compito increscioso ed in parte doloroso, il quale esula dalle normali incombenze di visite pastorali, alle quali un rappresentante di Cristo sulla terra ambirebbe essere chiamato. Noi non siamo qui per visitare il generoso e amatissimo gregge caposelese, della cui cura noi siamo sempre in fiduciosa apprensione, ma per visitare una volta tanto, i suoi pastori, i custodi del gregge e per verificare la loro
tenuta, la loro dedizione, il loro impegno, le loro solide convinzioni. Noi crediamo che non si tratta tanto di capire quanto piuttosto di impartire inequivocabili direttive chiamando tutti ad osservarle e a praticarle, dopo i fatti incresciosi verificatisi; ... Come ella ben sa, la Chiesa di Caposele ha subito un oltraggio, o se vuole, un’offesa ed un torto gratuito. E quello che è più grave quest’oltraggio, per una sorta di fenomeno di risonanza, s’è riversato sull’intera Chiesa cattolica, apostolica e romana, minandone la sua rocciosa credibilità e offuscandone l’immagine in tempi di per sé già difficili ed incerti. L’Ecclesia romana ha la sua essenza nella parola di Cristo che deve essere tutelata in ogni tempo e in ogni luogo, affinché non ne sia indebolito il suo messaggio e la sua forza di penetrazione. Questo patrimonio immenso di cui non tutta l’umanità ne apprezza il valore, ci è stato detto, deve essere difeso sempre e sempre attestato sul principio di autorità conferito dal Figlio dell’Uomo ai suoi apostoli di ieri e di oggi. Tu es Petrus... Ricorda? Attaccare questo principio basilare, strutturale significa minare il fondamento su cui è edificato il tempio di Dio, sapendo che il fine del Demonio è fiaccare i pilastri di questa organizzazione, affinché essa rovini sui suoi ministri li elimini, inaugurando una stagione di proselitismo all’insegna dell’antievangelizzazione. I nostri sono tempi duri in cui l’ateismo si combina con le più varie forme di razionalismo, di storicismo, perfino di spiritualismo spericolato e inietta veleno e dubbi in quel gregge senza del quale noi non saremmo pastori... Sarebbe la fine, don Fedele, se noi con i nostri atteggiamenti, con i nostri comportamenti, con la nostra liberalità ci prestassimo ad essere strumenti inconsapevoli di un disegno demoniaco... Vede, ad esempio, con quanta superficialità e, direi, malignità un pretore scagiona dei facinorosi che hanno trasformato una processione in una rivolta tumultuosa, facendo pagare il prezzo di una tale ignominia ad un ministro di Cristo, il nostro e vostro beneamato arciprete? Noi non vogliamo capire il come, il quando o il perché, quello che oggi è sotto i nostri occhi è la devastazione d’immagine che la Chiesa riceve da una sentenza che è causa di odio e di pregiudizio anticlericale. Questo Stato italiano ne ha fatti di passi avanti per reprimere le pericolose devianze affacciatesi all’inizio di questo secolo, ma non ha ancora sufficiente coraggio nel liberarsi di questi cancri interni al suo corpo che lo aggrediscono e lo distolgono dalla sua difficile ma non impossibile opera. Abbiamo l’impressione che il Fascismo non si sia liberato del tutto di certi vizi liberaleggianti che veicolano attraverso il laicismo pericolose teorie solo apparentemente innocue. Non sono solo il Socialismo e l’Ebraismo i mali da estirpare in questa Italia, ce ne sono alcuni più sottili ed impercettibili, spesso solitari che infestano il corpo sano della Nazione e che ostacolano la purificazione. Don Fedele, con lo sguardo fisso a lui, ma assente, era, per così dire, impietrito. Non lo sconvolgeva tanto la scoperta di un pensiero prevalente che, per anni, s’era immaginato ed
Panorama di Caposele visto dalla località San Giovanni
aveva colto per intuizione, quanto piuttosto quella notificazione in forma diretta ed immediata che costituiva di per sé già una sentenza di condanna. E pensava tra sé e sé: “Come si fa a dire che la giustizia umana sia sommaria ed incerta, se questa pronunciata dai ministri di Dio sulla terra, non ammette nemmeno atti istruttori? Qual è il senso di una punizione o di un pentimento, se la benedizione e il perdono, sono atti dovuti che prescindono da qualsiasi considerazione utile a capire i percorsi della mente umana e la sua materializzazione in atti e comportamenti?” Gli si pararono innanzi agli occhi, come un film, i fotogrammi della sua vita, i suoi dubbi, le sue incertezze, la sua benevola attitudine a comprendere le ragioni altrui. E scandivano, a ritmi serrati, i tempi di una un’intera esistenza consumata ad interpretare i valori di un Vangelo in cui Cristo era innanzitutto Amore, e perdono... Pensò per un istante: “Dio mio, ho sbagliato tutto. Non ho capito niente. Si può essere eretici essendo atei e atei essendo credenti! Ma che gli dico a questo? Mi batto le mani sul petto. Faccio atto di contrizione, gli prometto di starmene buono, buono per quest’altri anni che mi restano e poi corro ad abbracciarlo in lacrime? Cristo, perdonami; chi avrebbe mai immaginato che alla soglia della morte, mi sarei beccato questa predica, sotto gli occhi di quello sbarbatello che scrive, scrive, scrive. Ma che scriverà se io non ho detto una sola parola? Gli frullavano nella testa tutti questi pensieri ed altri che si accendevano e spegnevano come lampi e il cuore sembrava esplodergli e assieme al cuore la testa. Sentiva che i suoi occhietti neri roteavano come biglie. Ma non gli usciva una sola parola. Lo assaliva uno stato d’impotenza e di paralisi, si sentiva quasi inchiodato su quella poltrona. Una benedetta processione aveva scatenato un cataclisma e quel suo fottutissimo vizio di ricercare in ogni cosa una ragione lo aveva cacciato in un vicolo cieco che non s’era mai immaginato di imboccare. Vedi quanto costava difendere quattro squinternati contro un arciprete che si inebriava spesso delle sue funzioni, senza mai affidarsi al buonsenso e alla pazienza? Don Fedele, Don Fedele, ci scusi, ma noi la vediamo assente. Non vorremmo pensare che abbiamo fatto tanti chilometri per nulla? Le dobbiamo confessare che, salvo la puntuale e puntigliosa relazione dell’arciprete, gli altri membri del clero caposelese non si sono spesi in lunghe elucubrazioni, ma quantomeno, ci hanno assicurato di condividere le
nostre preoccupazioni, i nostri punti di vista, le nostre esortazioni... Ma lei sembra, per così dire, ammutolito, chiuso in un silenzio impenetrabile che non tradisce né atti di contrizione, né difesa dei suoi comportamenti... Noi non posiamo rimanere più qui in paziente attesa per molto altro tempo... “Eccellenza amatissima, vi chiedo scusa”, esordì Don Fedele, “ma io ho una certa difficoltà a seguirvi nei ragionamenti, perché, vi sembrerà strano, mi sono ignoti gli atti di riparazione ai quali mi chiamate, ammesso che io debba riparare a qualche torto commesso. Io non so a questo punto nemmeno se mi chiediate che io esponga i fatti per come li ho vissuti e percepiti nella loro dinamica; non so nemmeno se è utile ed opportuna l’esposizione al punto in cui siamo arrivati e per come voi avete già anticipato il vostro giudizio sul fatto. Di una cosa sono certo: io non ho arrecato alcun nocumento alla Chiesa che ho sempre servito con dedizione, per tanti, troppi anni. E alla mia veneranda età credo d’avere chiari sia gli insegnamenti della Chiesa sia il senso dell’obbedienza all’autorità e alla verità. Come in ogni processo che si rispetti, Eccellenza, una difesa eventuale deve essere anticipata da una contestazione, perché, voi me lo insegnate, non usciremmo da alcun equivoco se, fosse pure formalmente, non rispettiamo un canone... Vedete, Eccellenza, anche la tanto vituperata giustizia laica dello Stato italiano, almeno nelle procedure è impeccabile, sugli esiti e sulle sostanze potremmo anche non essere d’accordo ma, le ripeto, la forma qualche volta è sostanza. Non ricordo chi lo ha detto, ma se non mi sbaglio è roba nostra. L’arcivescovo strinse vistosamente i denti, incrociò nervosamente le dita e alzandosi in piedi proruppe: “Veda, Don Fedele, noi siamo più che rispettosi della sua veneranda età, la Chiesa è stata sempre comprensibilmente generosa verso i suoi figli che hanno speso una vita al suo servizio, ma, mi creda, la nostra non è una società tribale che affida il giudizio e il senno ai soli anziani. Noi abbiamo una struttura piramidale in cui autorità ed obbedienza si combinano in un rapporto di subordinazione della seconda alla prima. Noi non abbiamo inteso chiederle e non le chiederemo cosa sia accaduto nel giorno del Venerdì Santo, perché cosa è accaduto è a noi noto, per i canali che riteniamo più opportuni quello che preme a noi sapere è se ella condivide o meno il principio del rispetto e dell’obbedienza ai propri superiori che è cosa differente dal giudicare fatti accaduti che noi, per puro spirito di adesione a quella che ella chiama contestazione di addebito, le
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Fatti e personaggi esporremo, affinché ella non si faccia un’idea sbagliata della nostra missione. Lo scorso Venerdì Santo, come di consueto, le funzioni religiose sarebbero dovute culminare con la processione della Vergine Addolorata e del Cristo deposto dalla croce, statue bellissime, caro Don Fedele! Quel Cristo con gli occhi sbarrati nell’attimo successivo all’esalazione dell’ultimo respiro, tutto adagiato in bianchi lenzuoli-... E poi quella Madonna così espressiva stretta nelle sue vesti a lutto ricamate in oro, trafitta da spade e pugnali, con i suoi occhi grondanti di lacrime e dolore rivolti al cielo ... Che suggestione unica. Capisco l’emozione e l’attesa dei Caposelesi di unirsi in fiumana umana appresso a quelle statue e poi il lento procedere ritmato dai colpi dei “tocchi” e dall’alternarsi di voci femminili e maschili che gareggiano nel canto mesto che si confà a quelle occasioni. E poi le luci suggestive dei lampioncini che proiettano le loro lunghe ombre nei vicoli strettissimi del paesino, in questo presepe divorato da frane e circondato in ogni dove da rivoli d’acqua, un paese che sa essere anche calvario... Si, questo è i1 coro classico in cui la processione è essenzialmente preghiera e pentimento, depurato dalle gioie e dall’ilarità di altre feste ove è facile debordare dalla devozione verso un irriverente atteggiamento paganeggiante. Capisco tutto questo, ma il caso ha voluto che quel Venerdì Santo è stato particolarmente piovoso qui come in tutta l’Irpinia e che la sera, seppure a sprazzi si squarciasse il cielo con pezzi di sereno, le nuvole non mancavano, nuvole cupe, cariche di altra acqua, nubi che non lasciavano ben sperare sebbene il vento della valle promettesse che il peggio era passato. In questo le concediamo che i contadini sono dei bravi metereologhi. Avrete pure notato dopo la messa, le consultazioni frenetiche dell’arciprete che chiedeva che fare agli altri sacerdoti, quell’andirivieni sul sagrato a scrutare il cielo, quelle capannelle col popolo minuto, tutt’altro che concorde sull’evoluzione del tempo... Stiamo dicendo la verità, Don Fedele? L’ora avanzava e nulla si decideva... E’ vero che i Caposelesi sono abituati ad orari assurdi nelle loro processioni, ma è pure vero che oltre un certo limite è conveniente, comunque, non andare, caro Don Fedele. Come sempre accade, quando si deve decidere si è soli e allora è accaduto che l’arciprete ha deciso e nessuno del capitolo ha battuto ciglio, eccetto lei che ha rimuginato qualcosa, pare, di non troppo comprensibile. E l’arciprete ha deciso che non ci sarebbe stata processione. Dopo un’apparente calma che è stata interpretata come accettazione corale della decisione, è iniziato il mugugno, poi la protesta, le grida, le contestazioni, qualche parola fuori posto. Mi si è riferito che è volato anche qualche apprezzamento pesante sul clero locale, di cui ella è parte. Che cosa avrebbe dovuto fare Don.. . ?Cedere alle pressioni scomposte di un volgo palesemente preso più dagli aspetti scenografici della cerimonia che dall’intima natura della funzione religiosa? Avrebbe dovuto consentire che quattro perditempo, come novelli untori infuocassero quella plebe, la aizzassero, la ... ? Noi crediamo che l’arciprete ha fatto quello che era giusto fare invitando alla preghiera, all’interno della Chiesa, quanti, a torto o a ragione, si sentivano presi dalla sacralità del Venerdì Santo. E’ stato, forse, encomiabile ed edificante che degli sconsiderati si impadronissero della
croce addobbata a lutto e, in assenza del clero, dessero avvio, ad un corteo dissacrante, di un pecorume che con le sacre processioni ha ben poco a che vedere? Lei se la immagina l’umiliazione alla quale è stato sottoposto il clero, lo schiaffo subito, il pugno nello stomaco inferto? Un gregge senza pastore è un branco, caro Don Fedele! E’ una muta rabbiosa che si nutre di orgoglio, di superbia e di autosufficienza. E’ un pericoloso ritorno ad un passato scomposto e sconveniente in cui, grazie all’ausilio di Dio, ha messo ordine di tempo! Che cosa avrebbe dovuto fare il suo arciprete? Tollerare quella circostanza! Ha fatto bene a chiamare i carabinieri; avrebbero dovuto farlo altri, quelli che ella chiama stato italiano, le sue rappresentanze locali. Altro che denuncia di poveri cittadini! E se sono seguiti tafferugli e quei tafferugli hanno causato il ferimento di qualche povero malcapitato, non bisogna ricercare cause lontane, al di fuori dell’accadimento criminoso. La Chiesa è parte lesa in questi fatti e non l’attore di crimini! Ah! Questa giustizia italiana imbevuta di modernismi pericolosi che vuole scavare nelle menti umane per ricercare ragioni ed attenuanti e che riduce i fatti a semplici apparenze, a fenomeni soggettivì! Lei mi dirà, sono seguiti degli arresti: dei poveri padri di famiglia e qualche giovinastro sono stati sbattuti in gattabuia, a causa della denuncia dell’arciprete. Ma lei crede che questi padri di famiglia e questi giovinastri ubriachi di chissà quali idee e di quale credo, abbiano avuto un comportamento corretto? Quale pietà si può avere di loro? Quale rimorso dobbiamo sentire? Quali attenuanti dobbiamo riconoscere? No, Don Fedele, il perdono cristiano è qualcosa da non tirare in ballo su questi episodi. Il perdono cristiano è un atto unilaterale e misericordioso che concediamo noi e solo noi, previo confessione di un peccato, previo riconoscimento di un’offesa recata che serve per ricondurre l’uomo al giudizio finale di Dio, ma che non assolve da colpe umane tra l’altro perseguite da altri ministri differenti da noi! Il perdono è un’indulgenza temporanea e gratuita che serve per non incattivire gli animi, per dare loro la speranza e la forza di ripartire. La Chiesa è tempio della certezza di fede, dell’obbedienza e delle autorità, non è una casa di beneficenza che “regala” il perdono. Ma, poi, le chiedo e termino... La folla può pure impazzire per un momento, perdere i lumi della ragione, eccitarsi come nei baccanali oltraggiando la forma e la sostanza della processione. La folla può anche parteggiare in una corte di giustizia per i suoi simili o presunti tali... Ma quale ragione può ispirare e guidare un prete a rendersi strumento di un complotto ordito e perpetrato contro un altro suo fratello al servizio di Cristo, almeno quanto lui? Lei ben comprende, Don Fedele, che la sua testimonianza in quel processo, tirata in ballo da non so chi, è stata decisiva per sentenziare nel modo vergognoso che ella sa... "Il cie-lo e-ra tap-pez-zato di stel-le!” Per assurdo vorremmo anche ammettere che il cielo quella sera fosse come la notte di S. Lorenzo, vogliamo pure riconoscere, come riconosciamo che durante e dopo quello
scimmiottamento di processione, non piovve, non cadde nemmeno una goccia dal cielo. Ma mi dica! C’era veramente bisogno che quelle parole, così lapidarie da non prestarsi a nessun equivoco ed incomprensione, dovessero essere pronunciate da lei per essere rovinate addosso ad un suo fratello, oserei dire, ad un suo compagno di percorso che avrebbe dovuto difendere con affetto paterno... Si trattava in fondo, di declinare l’invito ad essere sentiti, se proprio non se la sentiva di scegliere tra fedeli riottosi che s’appellavano al tempo e un prete perbene che aveva adempiuto ad un dovere, non sorretto dal potere dell’infallibilità. Lei potrà dire: ma in gioco c’era il carcere per quei malcapitati e non il carcere per il nostro arciprete... E’ vero, caro Don Fedele, è vero, ma qualche volta, quando sono in gioco i principi a fondamento di un’istituzione un poco di mesi di carcere a qualcheduno, fosse pure un innocente, non dovrebbero né sconvolgere coscienze né minare le ragioni di una giustizia che resta sempre terrena. La storia della nostra amata Chiesa è costellata di esempi ben più dolorosi che non hanno dato a papi e cardinali sponda di dubbio nell’agire. La verità umana rispetto a quella che , spesso è pura verosimiglianza, anche quando essa nei suoi segmenti, nelle sue tessere di mosaico, nelle sue fragranze, è incontestabile. Noi serviamo una verità che sfugge alle leggi della logica, a quelle dell’evidenza, alle causalità ed effettualità, a tutte le contorsioni della ragione e del sentimento. Noi siamo sulla terra con poteri terribili ed illimitati che ci fanno essere e sentire superiori agli altri. Noi non siamo giudicabili nelle nostre azioni quotidiane, spesso sconvenienti, debordanti dalla etica comune. A noi è riconosciuto, seppure non proclamato, il diritto all’irresponsabilità umana, purché al servizio di un disegno divino. lo so a cosa lei sta pensando, Don Fedele: lei pensa alla vita privata di tanti preti che hanno giurato fedeltà a Dio, lei pensa ai loro arrabattarsi in attività negoziali, mercantili, al loro vivere che in qualche caso non è proprio sbarcare il lunario, lei pensa alla loro prassi, esterna al loro uffizio, che è distante anni luce dal Verbo che devono predicare e far avanzare nelle coscienze... Ci pensiamo, anche noi, che puri come vorremmo non siamo e non troviamo risposte adatte. Noi tolleriamo, tolleriamo, come altri tollerano noi, ma a noi non è dato il potere di scalfire nemmeno minimamente le fondamenta di questa Chiesa costruita in due millenni perché sia eterna e duri su questa terra almeno quanto durerà la terra stessa. Noi non siamo ossessionati dal tempo degli uomini perché crediamo, dobbiamo credere in un tempo senza tempo, in una giustizia fuori dalla giustizia, in un Verbo, oltre il Verbo. Noi dobbiamo difendere e difenderci, perché senza di noi non c’è né futuro, né convivenza. Noi sappiamo di non essere giudici nemmeno di noi stessi e quindi di non poterlo essere degli altri. Ma sappiamo pure che tutte le nostre ottime ragioni e la nostra umanità devono tacere quando in gioco non siamo noi, ma la nostra storia millenaria che, glielo ripeto, Don Fedele dovrà durare almeno quanto la vita su questo pianeta. L’arcivescovo si fermò di botto, a questo punto, e si sedette.
Con piglio deciso si rivolse al suo segretario che da tempo aveva smesso di scrivere ed annotare, e gli chiese l’ora. Seguì un lungo silenzio, di quelli eucaristici, nessuno aveva voglia di alzare gli occhi da terra. Meno di tutti Don Fedele che aveva riacquistato il respiro, si sentiva sollevato, capì in quell’istante quanto pesante ed ingiusto fosse il fardello di un vescovo e quanto poco opportuno quel suo navigare a vista sul mare tempestoso della verità umana. Si riaccese in lui quel film che a flashes aveva divorato in un vortice di sequenze atemporali. In un attimo la sua mente si rimise al lavoro, montando e smontando pezzi di un pensiero che gli scorreva dentro come la corrente di un fiume poc’anzi in piena e ora quasi immobile. Ora egli era in grado di riselezionare e affastellare ricordi ed emozioni, avvenimenti ed episodi di 80 anni. Si sentiva più sicuro, lui che, qualche ora prima, sembrava pervaso da una cinési da novizio. Si alzò e si diresse verso l’arcivescovo; questi era già in piedi ed in piedi era pure il suo collaboratore. Seguì un abbraccio in silenzio; nessuno tradì emozione. Don Fedele, dopo un accennato inchino, si rivolse verso la porta. E in quel breve tragitto ritornò nella sua mente l’immagine familiare ed abusata, del fiume Sele coi suoi vortici e mulinelli che travolgono persone e cose che frustrano la vegetazione abbarbicata tutt’intorno, che spazza il suo prato, come una massaia nel dì di festa ramazza il lastrico. Tutto ad un tratto quel fiume ch’aveva superato gole e precipizi, ridivenne oleoso e calmo, lento nell’incedere spazioso di pianura, non più schiumoso, ma limpido e trasparente al punto di rifrangere sul pelo dell’acqua il suo sottofondo incastonato degli oggetti più disparati, lì sedimentati e custoditi come cimeli museali da sottrarre alla curiosità di visitatori attenti. Alfonso Merola
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ANTIMO PIROZ-
REDATTORI FATECI PERVENIRE, PRIMA DELL'USCITA DEL GIORNALE, TUTTE LE NOTIZIE, FOTO E COMMENTI SUI VOSTRI CARI CHE GRADIRESTE VEDERE IN PUBBLICAZIONE;
ALMANACCO
SAREMO BEN LIETI DI ACCONTENTARVI
Le notizie di questa rubrica sono tratte dell'anagrafe comunale. Un grazie ad Angelo Petrucci e Mimina Frannicola
di Antimo Pirozzi
MORTI
15/05/1919 - 25/12/1999 07/06/1942 - 10/01/2000 28/01/1906 - 21/01/2000 13/07/1909 - 25/01/2000 13/04/1933 - 10/02/2000 02/06/1921 - 22/02/2000 13/01/1978 - 29/02/2000 03/11/1906 - 09/03/2000 18/12/1930 - 27/03/2000 02/07/1928 - 06/04/2000 05/01/1917 - 07/04/2000 19/07/1914 - 13/04/2000
Cibellis Angiolina Di Masi Carmela Casale Maria Della Luna Filomena Cibellis Gerardina Chiaravallo Lorenzo D’Alesio Giuseppe Malanga Raffaele Ceres Virgilio Delli Russi Filomena Cetrulo Pasqualina Rosamilia Filomena
NATI
na
Angelo Merola 18.08.'40 19.12.'99
L'amore per la famiglia, la gioia per il lavoro, il culto dell'onestà furono realtà luminose della sua vita.
Donato Ceres 12.09.'23 10.11.'99
ALMANACCO
Megaro Vincenzo di Salvatore e Merola Carmela Di Masi Luca di Franco e Castagno Antonietta Caruso Federico di Salvatore e Colatrella Lucia Vitale Donato di Gerardo e Gonnella Franca Gonnella Alfonso di Vincenzo e De Vita Rosa Pezzuti Filomena di Nicola e Tenebruso Antonietta Cione Alfonso di Antonio e Malanga Carmela Iannella Flavia di Giuseppe e Marsiglia Pasqualina Nesta Gerardo Emanuele di Salvatore e Di Vincenzo GerardiCetrulo Aurora di Angelo e Palumbo Rosalba Colatrella Giuseppe di Donato e Feniello Ortensia
04/12/1999 13/12/1999 24/01/2000 27/01/2000 04/02/2000 05/02/2000 05/03/2000 20/03/2000 01/04/2000 06/04/2000 09/05/2000 23/05/2000
A causa di un disguido tecnico, le notizie riportate in questa rubrica non sono aggiornate all'attualità. Provvederemo, con il prossimo numero, all'aggiornamento.
La luce tornerà nel tunnel della disperazione. Con la luce torneranno il cuore e gli occhi dolci di Giuseppe, finalmente libero e in pace.
Giuseppe D'Alessio Non piangete la nostra assenza sentiteci vicino e parlateci ancora. Noi vi ameremo dal cielo come vi abbiamo amati in terra consolatevi con noi, voi tutti che ci eravate tanto cari. Noi lasciamo un mondo di dolori per un regno di pace (S. Caterina da Siena)
Maria Ghilarducci 29.01.'16 23.10.'99 Colatrella Giuseppe
SPOSI
Marsico Salvatore e Russomanno Concetta Pallante Alfonso e Di Lauro Lorenza Russomanno Gerardo e Migliore Domenica Cetrulo Angelo e Palumbo Rosalba Lardieri Raffaele e Maffucci Angela
Di Masi Luca Lucio
RI
Auguri per i 18 anni a Rosaria e Milena
LAUREE
Resterai per sempre nei ricordi di quanti ti vollero bene
27/12/1999 30/12/1999 12/02/2000 04/03/2000 24/04/2000
U
G AU
Mario Caprio 22.10.'13 30.10.'99
In data 24 marzo 2000 Emilia Cuozzo si è laureata in SCIENZE GEOLOGICHE presso l’Università di Napoli con voti 110/110 e lode. La neo-laureata ha discusso la tesi:”Analisi e reinterpretazione geologicostrutturale di una linea a riflessione nel golfo di Pozzuoli”. Relatore prof. Antonio Rapolla.
Donato Nesta 20.04.'11 15.09.'99
Mina Caruso si è laureata il 30 marzo 2000 in INGEGNERIA PER L’AMBIENTE con voti 110/110 e lode discutendo la tesi: “Opere di sistemazione fluviale: LE BRIGLIE”. Relatore prof. Giacomo Rasulo. Vitale Cetrulo si è laureato brillantemente, in Economia e Commercio presso l'Università di Napoli Alfonso Colatrella ha superato il concorso per Allievi Ufficiali di GUARDIA DI FINANZA. Il 10 aprile ha iniziato il corso presso la Scuola Ufficiali Finanza in Anzio (Roma).
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REDATTORI
Strapaesanerie
Quand’ ne vist’ e quand’ ne sundut’ Condimi nu pocu, tu n’ sai r’ cott’ e dd’ crur’ ‘Nzuliendi, ‘mbriachi, viecchi e criaturi R’ uommini, femm’n’, chiaccanusi e n’zallanuti R’ tott’ r’ maner’ t’ann’ fattu ‘ndr’cà Puru ca nu’mbbulivi, ru facienn’ apposta Mé, accummenza; st’assend’, mi zezzu qquà Rimmi r’ canduni, e d’arretu p’ la costa. Si pò è tuttu luveru, r’ lagr’m’ e r’sat’ R’ cundi, iuochi, jut’, m’nut’ e l’ammuina R’allucchi, r’curlusi, cundiendi o ‘ngujtat’ So succiessi sti fatti mè jetta tuttu stammatina. Laviti la facci mi riss’ la seta a tutti lùvai Assùpp’liti r’aurecchie cu mmé s’annu lavatu Pieri e capu, aggiu vistu miraculi e guai E quaccurunu cu mmé ‘ngià puru mangiatu. Quanda zuzzima m’essuta p’ lu latu A stu cannuolu tutti ‘ngiannu sciaqquatu Zanghi, cota, papocchia qquà v’aviti apparat’ Appuntamiendi, fatti, storie n’ sò mort’ e nat’. ‘Ngera probbiu bb’suognu r’ penzà a ru passatu P’ cchi ten’ poca mammoria e s’ lè scurdata Ognunu a fattu queru c’à bbulutu A sti tiembi lu fattu accussì è gghiutu. Tieni a mmend’ aggiu semb’ m’natu Natal’, Pasqua, a la staggiona e a bbiernu Cu bbiendu e callima, cu nnoglie chiatrat’ Sera e matina, nott’ e tuttu lu sandu iuornu. Sapissi quanda colpa a mmé m’annu ratu La scusa era bbona, vahu a la fundana A gghienghi l’aqqua t’aggiu ‘ngundratu Arrìv’n’ qqua chi ra vicinu e chi ra lundana. E ppò li sciarri l’allucchi r’ stambat’ R’ t’rat’ r’ zirri shc’uppuluni e taccarat’ V’ndaglietti surd’llini e curriat’ P’ vi firmà a parlà e ppò na zinniata. Cummè facile quannu cummienzi a scurdà Cu lu varliru n’gapu e lu catu ca scurmava Li trascursi, li riéciti ai voglia r’alluccà Cch’ lengh’: ah falòt’ch’... e ì m’nava. Quanda suspiri, prumess’ probbiu ddà Si cunfrundav’n’ guagliott’ e criaturi Quacch’ bbùcìa mmish’cata a la virità P’ tistimonio quiru palu e sti muri.
(La fontana continuerà a raccontare alla prossima puntata)
DETTI
CASA-
di Berto Rosania
...Statti cittu... Ca mò tu lu condu. di Cettina Casale
La carn’ ca coci, è quera vicinu a l’uossu. *****
Ind’à na vocca chiusa, nu ‘ntras’n’ mosch’. *****
A Sandu Martinu, scopa e cucina. *****
Sturia quandu vuò, ca si ciucciu sì ciucciu r’mani. *****
La fatiha r’ li fessa Si faci ddoi vot’. *****
CETTINA
FUNDANA CA M’NAVI.. ...E MO’ NU’NMINI.
Chi faci chiacchie’r’ n’andi a lu furnu Perd’ ru ppanu. *****
Addù l’accua vai 'nghianu Ddà t’annieghi. *****
R’ov’ ca nu ‘nzi ‘ngègn’n’ a Pasqua Nu ‘nzi ‘ngègn’n’ cchiù. *****
Sona quandu vuò sta cambana Ca chi nunn’è d’votu nu ‘ngi ven’. *****
Nu t’zzonu nu ‘nfaci vamba.
Un'azienda artigianale sempre in grande attività
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Attualità
U
na feritoia in un’atmosfera diversa; un periodo noioso o angosciante da esorcizzare; una malsana golosità da appagare, e il tempo si trasforma in un’interminabile, paurosa, illusoria macchina che macina pensieri, intelligenze, affetti. Distruggendoli. Unica panacea a tanto disordine? La DROGA. II giovane va, coinvolto da menzognere sensazioni di euforia, da sprazzi di costruita allegria, da un desiderio che aumenta ma, improvvisamente, precipita. II giovane va verso una fine annunciata, costruita, voluta inconsciamente da lui stesso. Con venti anni in cuore sembra assurda la morte, ma si muore. Così è stato per Giuseppe, un ragazzo di Caposele che ha detto addio all’esistenza in una di quelle aree di servizio, crocevia di uomini e donne condannati senza appello. Dall’uso di sostanze stupefacenti, dall’indifferenza di chi loro vive accanto, dall’insaziabile brama di danaro dei trafficanti, da poveri infelici che per sopravvivere spezzano i sogni di tanti coetanei. “ Vuoi provare?` E inizia la via dolorosa. Prima per curiosità, poi per inserirsi nel gruppo, infine perché diventa
impossibile dire no a quella polverina bianca, letale più del peggiore veleno. Giuseppe era un ragazzo di un paese dell’Alta Irpinia. Non uno scapestrato, né un violento. Aveva la dolcezza negli occhi e nel cuore, malgrado l’inferno in cui era precipitato gli stesse distruggendo i
Perché si devono sacrificare gli anni più belli della vita ad uno stordimento che è sinonimo di morte? Perché rifugiarsi in quei miserevoli paradisi artificiali che sono i luoghi camuffati dell’inferno? Perché cercare, e forse non volere, le risposte alle tante domande che affollano le menti giovanili,
di Vania Palmieri
pensieri. Era un ragazzo, coetaneo di tanti ragazzi dei nostri paesi. Piccoli agglomerati chiusi in un fazzoletto di terra, gelosi dei loro valori, titubanti ad aprirsi ad un progresso immediato. Ma, purtroppo, il nodo che univa i quattro lembi del fazzoletto è stato sciolto. Con furbizia, malafede, false ideologie, interessi, da chi ha voluto fare della nostra terra un luogo di profitti e di conquiste. Prima il terremoto, poi le cento strade disseminate tra monti e vallate, hanno accorciato le distanze dalle grandi città. Tanti paesi irpini sono stati catapultati nell’orgia sfrenata di un viaggio, spesso, senza ritorno.
in allucinogeni che falsano la vita e la distruggono? Quanti perché, quanto silenzio, quanta delusione! Intanto si continua a morire a venti anni. Colpiti da una peste che giorno dopo giorno mina il prato dell’esistenza e fa scoppiare gli ordigni senza pietà. Madri coraggio, padri scoraggiati, fratelli umiliati, giovani annientati dalla droga formano l’esercito dei disperati uniti sotto il vessillo del dolore. Il campo di battaglia è immenso. Ai margini sorgono le comunità, simili a piccole roccheforti di salvezza. Qualcuno riesce ad oltrepassarne
Morire per droga a Caposele
la soglia e... ce la fa. Altri, troppi, coinvolti da illusorie terapie, convinti di uscire dal tunnel da soli, costretti a continuare il cammino della disperazione, soccombono. Trasformandosi in poveri corpi senza respiro. Restano con gli occhi spalancati su un cielo che non potranno più vedere; con un cuore che non palpita; con una mano stretta intorno a una siringa, ultima illusoria portatrice di gioia. Quando, nel passato, i mass-media riportavano storie di giovani trovati senza vita negli angoli bui delle grandi città, sospiravamo di malinconia, non ci sfiorava l’idea che la stessa sorte sarebbe toccata a tanti giovani irpini. Il fazzoletto che racchiudeva i nostri paesi sembrava lo scudo protettivo contro ogni avversità. Ma il fazzoletto si è disfatto, la droga lo ha sporcato. In Alta Irpinia San Rocco, protettore della peste, è venerato ovunque. Vogliamo affidare a Lui i giovani che vengono trascinati nel vortice delle sostanze stupefacenti. La peste del terzo millennio. I miracoli avvengono quando li invoca la fede. Il Santo di Montpellier ascolterà le nostre voci. La luce tornerà nel tunnel della disperazione. Con la luce torneranno il cuore e gli occhi dolci di Giuseppe, finalmente libero e in pace. Vania Palmieri
Marilisa Pallante
La notizia della morte di questo ragazzo per droga è piombata dal cielo senza che nessuno percepisse qualcosa, senza che nessuno pensasse o immaginasse. Agli inizi le informazioni provenivano da tutti i lati un po’ confuse e frastagliate poi alla fine come un bollettino di guerra è arrivata. I più colpiti sono stati i giovanissimi, coloro che magari la sera prima lo avevano visto giocare a carte nel bar a Materdomini. Non avrei mai immaginato che Caposele sarebbe stata travolta da questa valanga di dolore. Questo paese, fino a pochi anni, fa viveva immerso in un paesaggio ameno dove la solidarietà, quella di tipo durkheimiana, regnava incontrastata. Sussisteva una forte coscienza collettiva, dei sentimenti comuni tale che permetteva ad ognuno di noi di costruire la propria identità e la stima di sé attraverso gli altri. Questa era l’immagine idilliaca che avevamo di Caposele negli anni del terremoto! Anni in cui la prosperità economica non faceva pensare assolutamente che nell’anno duemila potesse capitare un fatto così drammatico e grave. La morte di questo giovane ragazzo ha risvegliato in noi questo senso comunitario ma, tutto questo, non può bastare. Tutti noi spinti da un’ipocrisia di tipo drammatico cercheremo d’essere presenti per una settimana, un mese e poi? Poi, tutti questi buoni propositi svaniranno con l’arrivo della primavera e questo ragazzo sarà solo un triste ricordo. Oggi tutti mormoreranno di droga, della solitudine di questo ragazzo che non cercava altro che una dose d’Amore. E domani? Per affrontare realmente questo problema dovremo avere forse un altro caso? Mi auguro che tutta la comunità risorga da questa realtà anomica e rinasca di nuovo. Si renda conto che questi ragazzi non devono essere lasciati a se stessi soprattutto nell’età adolescenziale, quando per loro anche un piccolo brufolo sulla fronte è sintomo di turbamento. Se non hanno nessuno che li aiuti a pensare ad un sé positivo e forte, crederanno nell’eroina, nell’anfetamina, nelle pasticche. Fermiamo un attimo questo treno in corsa, che è il nostro vivere quotidiano, e volgiamo l’attenzione a chi c’è vicino; figli, fratelli e amici, per capire realmente se si sentono soli. Cerchiamo di dare a quei ragazzi, che abbiamo sempre evitato perché drogati, una strada da seguire. Non saranno certamente le solite strade di Caposele a condurli alla retta via ma una Strada Nuova altrove dove potranno essere seguiti con amore, lontani da quei ritmi veloci della vita che li hanno allontanati dagli affetti. Ora mi rivolgo, a tutti quei ragazzi che in questo momento stanno cercando una dose d’Amore o si accingono per la prima volta a “ farsi”: non lasciate che la”roba” distrugga la vostra vita, la vostra famiglia, i vostri amori ed inizi ad intaccare anche la vostra anima. Liberate il vostro corpo e la vostra mente da quest’inferno maledetto... Giuseppe D'alessio
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REDATTORI
L'ELOGIO DEL CAMBIAMENTO “maddalene del sesso”. Spesso proprio nei cortili e nelle camerate delle caserme si conosce la noia che porta a chiedersi “cosa si fa?”, che porta ad accettare la proposta più strana che è pur sempre meglio del niente. Poi si ritorna a casa, si ritrovano gli amici e i propri coetanei ai quali si vuole subito dimostrare di aver fatto “l’esperienza” e si è pronti alla condivisione del rito. Che è, poi, un rito pagano che miscela e macina senza freni e vincoli culturali cose diverse e distanti tra loro e che passa attraverso un’errata interpretazione dei Miti moderni: non c’è differenza, infatti, tra Jimmy Hendrix e Fabrizio De Andrè, tra Sid Vicious e Vasco Rossi, tra Che Guevara e Jim Morrison. In nome di una fantomatica cultura alternativa, senza una capacità vera di discernimento, è come maneggiare un DC 9 senza neppure avere la patente di guida per l’autovettura. Che questo problema dovesse riguardare Caposele, in un’epoca, appunto, di globalizzazione della cultura, della velocizzazione dei messaggi subliminali che attengono alla massificazione dei comportamenti sociali, non dovrebbe stupire più di tanto. Ciò che invece stupisce e dovrebbe dar da pensare è che, evidentemente, è saltato, cioè, è venuto meno una sorta di controllo sociale che è tipico delle piccole comunità.
Il tratto finale di via Roma e l'inizio di via San Gerardo
V’è stata certamente un’incapacità a leggere il fenomeno di una marginalità sociale che scopriamo solo dopo una tragedia essere più complesso e profondo. E questo tanto sotto l’aspetto della prevenzione e repressione giudiziaria quanto sotto l’aspetto dell’attenzione che solitamente esercitano le autorità morali. E tuttavia vorremmo invitare più d’uno a rileggersi La Sorgente degli ultimi tre o quattro anni. In più occasioni su questo giornale si sono lanciati moniti ed inviti circa la necessità urgente di recuperare in tutta fretta una dimensione di vita certamente più legata ai bisogni umani, che facesse perno soprattutto su un’identità collettiva che la ricostruzione non è riuscita ad offrire e a rimotivare, adeguandola ai tempi nuovi. Si coglie in effetti con tutta evidenza il limite grande di una ricostruzione che non si è fatta carico di risolvere il problema che ogni grande trauma produce e porta con sé: vincere il disagio del vivere. Infatti, il vero nodo di Caposele non è soltanto la droga. Perché non è soltanto la droga l’elemento distintivo della marginalità: c’è l’alcool, c’è la solitudine, ci sono i psicofarmaci. La droga pesante fa più effetto e desta maggiore scalpore, perché chi si droga pone la sua vita in una condizione di sospensione in cui basta poco per cadere nel baratro, morire di overdose o per una dose tagliata male. Oggi, in ogni caso, il problema è quello di guardare avanti. La risposta più sbagliata sarebbe quella di aprire la caccia alle streghe, di stendere liste di proscrizione, attraverso una enfatizzazione non razionale e fredda; sarebbe sbagliato farsi prendere da pulsioni emotive che producono danni irreparabili. C’è un’azione che spetta alle istituzioni giudiziarie che va portata avanti a scopo preventivo e repressivo, con decisione e senza tentennamenti, e che deve puntare soprattutto a recidere i canali di distribuzione della droga: lo spacciatore, peggio se non è a sua volta consumatore, va arrestato e condannato.
GERARDO CE-
L
a morte di un ragazzo è sempre dolorosa e tragica. Il modo in cui la morte si consuma può fare la differenza. E questa differenza alimenta interrogativi, s calfisce certezze e sicurezze sociali. In qualche modo determina un’assunzione di colpa collettiva, anche se tardiva e in alcuni casi con tratti di ipocrisia. Da qui vogliamo partire, dalla drammatica scomparsa di Giuseppe, morto di overdose a poco più di vent’anni. Di Giuseppe conosciamo poco, ma conosciamo le reazioni che sono seguite alla sua morte. Esse si sono rivelate subito paradigmatiche di una difficoltà ad accettare l’idea che in un’epoca di “reti lunghe” (Internet, le antenne paraboliche…) l’isolamento geografico non è più garanzia di tutela dai cosiddetti pericoli della modernità. Non c’è più una sostanziale differenza tra la grande area metropolitana e il piccolo villaggio di montagna. C’è per esempio un momento della vita, comune alla maggioranza dei ragazzi, il servizio di leva, in cui nelle camerate delle caserme si fondano e si contaminano comportamenti e culture. Spesso proprio durante il servizio di leva si scopre il sesso, il gioco, la droga. Spesso proprio in occasione di questo “macabro” ingresso in società (simbolo dell’età adulta) si fumano i primi spinelli e si conoscono le
di Gerardo Ceres
C’è un’azione che spetta poi alle autorità morali che debbono farsi carico di situazioni soggettive ma, più generalmente, debbono recuperare la capacità di interpretare i fenomeni, superare disagi sociali, fare politica sociale. In una piccola comunità è autorità morale il sindaco, il parroco, l’insegnante… E’ autorità morale la famiglia. Ognuno deve poter recuperare questa capacità. Preoccuparsi meno di contributi ed incarichi per opere pubbliche, di chiese da ricostruire, di classi che rischiano di scomparire a causa del calo del tasso demografico. Preoccuparsi, di contro, con maggiore incisività degli spazi sociali, delle opportunità di lavoro e così via… Non me ne si vorrà se mi concedo una piccola e conclusiva provocazione. Non ha che a fare con Giuseppe, con la sua morte dolorosa; non ha che fare direttamente con le cose di cui ci si è occupati sopra; ma una verità di fondo, sottotraccia, queste vicende ce la offrono. Mentre il mondo corre a velocità tumultuosa, mentre assistiamo a cambiamenti epocali sul piano tecnologico e sociale, a Caposele v’è invece un immobilismo preoccupante, come se il tempo si fosse fermato. Sono trent’anni che non si rinnova la classe politica; da trent’anni abbiamo lo stesso parroco e gli stessi pastori del protestantesimo locale; da trent’anni non cambiano gli animatori del calcio locale. E’ pur sempre onorevole essere “fedeli nei secoli”, ma ciò non deve significare assolutamente morire d’inedia. Il cambiamento procura certamente disagio, obbliga a mettersi in discussione ma è l’unico modo per consentire dinamicità sociale. Questo non è forse il solo punto centrale. E’ uno dei punti centrali. Eludere questo tema è come mettere il becco nella sabbia, è come continuare a farsi del male senza accorgersene. E sarebbe un atteggiamento che uccide speranze ed offre scarse garanzie circa il futuro.
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REDATTORI
SALVATORE CONFOR-
PICCOLA CRONACA Al "17° Festival dell'acconciatura Unisex Italiana" Gran defilè di arte e moda nella città di Melfi (PZ) ha partecipato Caposele con la Maestra d'arte Maria Monteverde. Un grande successo di pubblico e di consensi per le acconciature della nostra paesana coadiuvata dalla sorella e dallo staff della parrucchieria di Caposele. I modelli che hanno accompagnato il defilè sono tutti giovani di Caposele che si sono, con grande spirito di partecipazione, calati nel difficile ruolo. Complimenti a tutti. OPERE DI URBANIZZAZIONE a Materdomini quasi complete per accogliere i pellegrini del Giubileo 2000. I lavori che hanno riguardato i marciapiedi e l'illuminazione pubblica del Corso S. Alfonso si sono intrecciati con gli interventi curati dal santuario per la sistemazione dello spazio antistante la Basilica e locali adiacenti. E' realistica anche la possibilità di sistemare, una volta per tutte, le facciate di via Santuario, che attualmente, non danno il giusto tono alla strada più importante della frazione. Sempre a Materdomini è stata inaugurata nel mese di aprile L'ISOLA ECOLOGICA. Si tratta di un innovativo sistema di raccolta dei rifiuti urbani collocato nei pressi del bivio tra via S. Alfonso e via Santuario che dovrebbe evitare il lungo e maleodorante deposito di immondizia nei tradizionali cassonetti che, comunque, non sono scomparsi. Speriamo che il sistema adottato possa funzionare ed essere installato anche in altre zone del paese. Un grande sforzo organizzativo dei forestali di Caposele guidati da Gerardo Cibellis ha fatto sì che si potesse aprire al pubblico una sorta di raccoglitore di oggetti caratteristici del passato legati alla nostra terra: Il MUSEO DELLA CIVILTA' CONTADINA, è, provvisoriamente, collocato negli ex locali delle scuole elementari in piazza Sanità e nelle intenzioni degli organizzatori, sarà sempre di più arricchito di oggetti e ricordi legati alla nostra tradizione.
Il gran defilè di Moda di Melfi al quale, con grande successo, ha partecipato l'equipe della parrucchiera Maria Monteverde
manifestazione della scuola media di Caposele il 30 marzo presso la sede dell'Anpas di Caposele in Località Piani. E' stata l'occasione giusta per sensibilizzare il popolo degli studenti e la cittadinanza su questioni di carattere sociale e di interscambio con forze e volontà presenti sul territorio. Non a caso l'incontro si è tenuto nei locali della Pubblica Assistenza, che ha saputo cogliere, spesso, le esigenze degli anziani e dei disabili e rapportarle, in modo molto semplice e con estremo coraggio, con il mondo che li circonda. Il collegamento tra il sociale e il mondo della scuola è veramente ed efficacemente stato realizzato dagli studenti della scuola media coadiuvati, in modo eccellente, dai professori e dal preside.
PRO LOCO CAPOSELE CCP n. 14947832
Alcuni carri allegorici del carnevale che hanno sfilato per le strade del Paese
L'ASILO DELLE SUORE, dove molti di noi hanno trascorso la spensierata infanzia, negli ultimi mesi ha vissuto, come istituzione, un brutto momento. L'attacco alle Suore Vocazioniste di Caposele è stato sferrato, a suon di ricorsi sciocchi ed immotivati, da un gruppo di persone senza scrupolo che con la complicità politica di uomini poveri mentalmente, ma forti della loro posizione all'interno della scuola e dell'Amministrazione comunale, hanno tentato, senza riuscirci, di far chiudere e far scomparire, per sempre, non solo la "scuola materna delle Suore " , ma tutto quello che nel sociale le Suore rappresentano, tentando di far valere principi di prepotenza antidemocratica. Un brutto momento della storia del nostro paese, sul quale è meglio calare un velo pietoso che copra, soprattutto, quelle cattive intenzioni, che ,forse, per baratti politici, vengono, ogni tanto, a galla e ci ricordano che bisogna essere sempre guardinghi e consapevoli che i principi di democrazia sono alla base di qualsiasi convivenza sociale
Alcuni operai forestali di Caposele della Comunità Montana all'opera durante le fasi di allestimento. Da sinistra Salvatore corona, Lorenzo Russomanno, Minuccella Grasso, Salvatore a pag.25 il servizio illustrativo del "Museo"
PASQUALE COZZARELLI GIORNALISTA PROFESSIONISTA: Apprendiamo, con vero piacere, che Pasquale Cozzarelli, vice direttore di questo giornale, ha superato gli esami di Giornalista Professionista. All'amico Pasquale la redazione tutta, nel formulare gli auguri per una brillante carriera di giornalista, esprime le più vive congratulazioni e felicitazioni. Ad majora.
Carnevale in maschera e con i carri allegorici; Una splendida manifestazione organizzata dalla scatenata fioraia Angela Rosania e da un gruppo di volenterosi che hanno saputo rallegrare il periodo del carnevale con messa in scena di centinaia di maschere e decine di carri allegorici. Un primo esperimento riuscito abbastanza bene che sarà possibile, con la collaborazione di tutti , ripetere e migliorare affinchè il monotono periodo freddo di febbraio possa essere scosso da un sussulto di allegria e divertimento. Complimenti
I collettori del nuovo sistema di raccolta dei rifiuti
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Piccola cronaca
RECENSIONI
ANTONIO RUGLIO "QUEL CHE RIMANE"
"Perdersi nell'orizzonte sconfinato, quello che lui non aveva mai visto, e scrutare con avidità l'immensità del mare...La vita gli riservava ancora una sorpresa e per la prima volta pensò che c'era un mondo migliore del suo". Eccola l'epoca del cyberspazio: e mentre l'uomo, di fronte al video di un computer o sulla linea di sabbia che divide la terra dal mare, combatte ancora tra solitudine e nostalgia, tra rimpianti e occasioni perdute, la pubblicità e i mass-media lanciano inequivocaboli messaggi di una società votata al consumismo e all'apparenza. Potrà l'uomo del terzo Millennio afferrare d'un balzo l'ago della bilancia e costruirsi nuovi e incontamimati spazi in cui vivere?
Il Parco per i bimbi è stato completamente abbandonato. L'idea di sistemare l'ex area del ex "munuzzaro" sopra il macello comunale si era rivelata molto felice. Una posizione strategica al centro dell'abitato per un luogo che avrebbe dovuto ospitare l'unica area dedicata ai bimbi. La Comunità Montana si è prodigata, qualche anno fa, per sistemare l'area, ma adesso è rimasto tutto fermo ed impraticabile. Cosa è successo? Perchè non si interviene? Speriamo che il nostro appello possa sortire qualche effetto.
L'ingresso, non ancora completato, del futuro svincolo di Materdomini della superstrada
Manifestazione, nel mese di marzo, dell'Amministrazione comunale contro "la Droga" con fiaccolata da Caposele per Materdomini e incontro presso la sala parrocchiale della chiesa di San Gerardo. C'è stata una grande e sentita partecipazione della gente e la presenza del Vescovo Nunnari, e di don Alfonso Landi direttore dell'istituto terapeutico per tossico-dipendenti "La casa sulla roccia" hanno dato forza alla faticosa ma convinta processione. L'incontro successivo, e le parole molto forti e commoventi di Landi, hanno lasciato un profondo segno tra i presenti e dato spazio a riflessioni e domande all'indirizzo di un problema che ci ha sconvolti molto da vicino.
Il gruppo dell'asilo delle Suore Vocazioniste con la Madre Superiora suor. Antonietta
LETTERA
Al Sig. Sindaco del Comune di Caposele
Oggetto: Segnalazioni e suggerimenti Illustrissimo Sindaco del Comune di Caposele, in un frangente temporale molto particolare della vita del nostro Paese, nel quale la pigrizia e l’indifferenza per le cose che ci appartengono prevale anche su un minimo di senso civico, distintivo insostituibile di una società moderna, è indispensabile che tutti i caposelesi contribuiscano, nel loro piccolo, a migliorare l’ambiente in cui vivono con l’obiettivo di “migliorare per migliorarsi”. La Pro Loco Caposele, da sempre attenta a questioni che riguardano il territorio, si rivolge a Lei, Sindaco, e anche a tutti i caposelesi che hanno bisogno di uno sprone e di stimoli mirati, soprattutto, a produrre questo piccolo sforzo da dedicare al nostro Paese. Facendomi portavoce di un comune sommesso e lamentoso sentimento di rassegnazione per una sorta di rilassamento o di abbandono sociale al quale stiamo assistendo, vorrei suggerire dei piccoli ed immediati interventi che potrebbero alleggerire il peso di una certa assenza di qualità sociale a Caposele: - VIABILITA’: * apposizione di tabelle segnaletiche per l’indicazione di strade nuove e vecchie e per le eventuali direzioni verso i centri vicini (capita spesso di dare indicazioni al malcapitato forestiero di turno che gira svariate volte intorno allo stesso isolato prima di guadagnare la giusta direzione); - rispetto dei pochi spazi a disposizione per i parcheggi e utilizzo dei parchimetri; - ripristino e sostituzione di alcune grate di fognature che, anche sulle strade principali, sono sfondate e pericolose; - apposizione di segnalazioni vibroacustiche in prossimità sia di pericolosi incroci (via Lungo Sele e via san Gerardo) e sia delle scuole ubicate su strade diventate quasi a scorrimento veloce (via Pianello , via Roma, corso S. Alfonso) - riprogettazione, in base ad un serio studio del flusso traffico, dei sensi di marcia all’interno del centro abitato; - ripristino delle zone “a traffico limitato” anche in giorni feriali (segmento di via Roma e parte di corso S. Alfonso); - SPAZI SOCIALI - completamento, con un minimo di pavimentazione, dell’unico spazio per i bambini (zona macello) nel quale è attualmente difficile sia accedervi per l’impraticabilità delle strade al servizio dell’area e sia sostarvi per la presenza di svariati animali da fattoria e di sporcizia di tutta l’area individuata per i giochi dei bimbi. - pulizia, sistemazione ed illuminazione dell’area comunale di ingresso al cantiere EAAP abbandonata e poco curata; - riposizionamento più funzionale alle esigenze dei residenti dei cassonetti dell’immondizia ed aggiunta di cestini per lo smaltimento dei rifiuti “da passeggio” in aree pubbliche; - sistemazione della Pubblica illuminazione, in molti casi ed in zone periferiche, non sufficiente (via Lungo Sele, via Peschiera , corso Garibaldi ....) Questi pochi suggerimenti, immediatamente attuabili, potrebbero essere utili ad un piccolo miglioramento della vita di ogni giorno nel nostro Paese e potrebbero essere, magari, il modo di comunicare alla gente che chi dovrebbe essere preposto a queste cose, si occupa di loro e tiene in dovuta considerazione i consigli e le indicazioni dei propri cittadini. Saluti e grazie ! Caposele 29 maggio 2000
Al Presidente della Pro Loco arch. Salvatore Conforti
PER ABBONARSI AL GIORNALE INVIARE IL PROPRIO INDIRIZZO E UN CONTRIBUTOALLA PRO LOCO CAPOSELE VIA ROMA N.10
Il 23 agosto ricorre il primo anniversario della scomparsa del caro Amato Mattia, pertanto, interpretando i sentimenti di tanti cari amici, che hanno avuto il piacere di conoscerlo e di coloro che ne hanno apprezzato attraverso la stampa locale e nazionale le grandi doti di politico, di editore e di imprenditore, è doveroso il ricordo. Tutti sappiamo che, sin dalla giovane età, Amato Mattia riesce a farsi apprezzare per le sue alte qualità, tanto da non passare inosservato ai vari sindaci della Capitale come Carlo Giulio Argan, Petroselli e Ugo Vetere, che con forza lo vogliono come segretario particolare. Il senatore Pietro Ingrao lo impegna presso il “CENTRO DI RIFORMA DELLO STATO” mentre il senatore Macaluso lo assume come vice capo del personale del giornale “l’Unità” e, successivamente, come amministratore delegato dello stesso giornale. Nel maggio del 1996 crea la casa editrice “Rosabella” e diventa azionista di riferimento di “Tuttosport” Queste cariche le raggiunge non ancora 45enne. Ha ricevuto, dopo la morte, l’onore più alto, in Campidoglio, dove è stata allestita la camera ardente. Per i caposelesi rimane sempre vivo il ricordo della sua simpatia e spontaneità. Indimendicabili i suoi vibranti comizi nel corso delle varie competizioni elettorali amministrative: la sua calda voce risuonava piacevolmente in tutta la “Valle del Sele”. Sapeva essere tenace e soprattutto corretto e leale. In considerazione dei suoi grandi meriti, sono convinto che l’attuale sezione D.S. di Caposele debba essere intitolata al suo nome. Oggi più che mai la rilettura del giornale “La Sorgente n. 57 del luglio 1966 e n. 62 del dicembre 1998, può ravvivare il ricordo delle particolari qualità riconosciute già in vita al caro “Matuccio”. Materdomini, 10 giugno 2000
Antimo Pirozzi
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Piccola cronaca RICORDARE PER CONTINUARE
RECENSIO-
Si è svolta il 30 maggio scorso l'ASSEMBLEA GENERALE DEI SOCI DELLA PUBBLICA ASSISTENZA di Caposele. La presenza massiccia della gente e dei rappresentanti delle istituzioni locali, ha decretato la buona riuscita dell'incontro focalizzato, soprattutto, su una sorta di resoconto di tutta l'attività svolta nel 1999.
APRE lo SVINCOLO DI MATERDOMINI: è stata una delle più importanti realizzazioni pubbliche del dopo terremoto a beneficio del nostro territorio, fino ad oggi un sogno irrealizzabile. La superstrada che collega la Salerno Reggio con l'Ofantina e quindi con la Napoli Bari sia pure a senso unico è stata aperta al traffico. Lo svincolo di Materdomini tanto decantato, strumentalizzato e invocato da tutte le parti, potrebbe essere aperto a giorni. Eppure il Giubileo è arrivato da tempo.Sarà ancora un grande sacrificio per tutti i pellegrini percorrere quei pochi, ma tortuosi e malconci chilometri di statale. C'è, pero', e consoliamoci, chi arriva a San Gerardo ancora a piedi e scalzo. Domenica, 28 maggio, il Santuario di S. Gerardo Majella ha vissuto un avvenimento importante; l’Arcivescovo di S.Angelo dei Lombardi, Mons. Salvatore Nunnari, ha riconosciuto, ufficialmente, San Gerardo come protettore del-le mamme e dei bambini . Sempre sotto l'ombra di San Gerardo il 4 giugno, si è svolto il Giubileo dei Medici e proseguono fino al termine di quest'anno molto speciale, una serie di manifestazioni religiose, che per settori abbracceranno eventi legati alla chiesa ed alle svariate funzioni sociali e professionali. Nello speciale dedicato al Giubileo saranno riportati gli approfondimenti di questi temi.
Il primo maggio di quest’ anno è stata una giornata particolarmente importante per le comunità di tutta la Valle del Sele. Si è svolta, infatti, presso il locale della chiesa evangelica di Caposele, una interessantissima manifestazione socio-culturale,per la presentazione del libro “Movimenti popolari evangelici nei secoli XIX e XX”. Scritto dall’On Domenico Maselli, Ordinario di storia del Cristianesimo e Segretario Commissione Affari Costituzionali. L’occasione ha visto riuniti, nello stesso luogo, le autorità civili, religiose, di Caposele, ma anche rappresentanti di associazioni di volontariato, e personalità di spicco del paese. La manifestazione, infatti, ha avuto una certa risonanza nel piccolo comune irpino, ottenendo una buona risposta, anche dalla cittadinanza che è intervenuta. Non è mancato, tra l’altro, l’intervento e l’apprezzamento, per tale iniziativa, da parte del sindaco, dott. Giuseppe Melillo, e del parroco Don Vincenzo Malgieri. L’imprevista assenza dell’on. Domenico Maselli, e del dott. Mario Affuso ( Fedeltà edizioni Firenze), è stata “diplomaticamente”, ma anche egregiamente, coperta dal dott. Carmine Napoletano, autore per la sezione “ Storia del movimento pentecostale Italiano”. Quest’ultimo, è andato al di là di una semplice presentazione ed esposizione del libro: i suoi riferimenti ed approfondimenti, di carattere storico-culturale, hanno evidenziato come Dio, nel corso di fasi storiche, caratterizzate da mille difficoltà, da persecuzioni, si sia mosso ed abbia, in ogni contesto, guidato e preservato il suo popolo. Particolarmente suggestivo è stato il riferimento al pensiero del fr. Petrelli, ed il nesso con i primi credenti nella Valle del Sele; sicuramente questa parte avrà suscitato un “orgoglio positivo”, in modo particolare nella comunità di Caposele, in cui, ancora oggi molti ricordano quei momenti ricchi di benedizioni, sotto la benedetta guida di Pasquale Albano. Ma sicuramente noi oggi non vogliamo vivere di ricordi nostalgici, rischiando di credere in un Dio del passato, relativo a determinate fasi storiche, relegandolo a liturgie superate.Il nostro obiettivo, come Chiesa del presente e del futuro, è quello di credere in un Dio assoluto, e comprendere e accettare ciò che Egli ha riservato per il Suo popolo in questi tempi. Maurizio Durante la manifestazione è stato distribuito anche il testo del Rev. Romolo Ricciardiello dedicato a Pasquale Albano
Il giorno 30 aprile, con una cerimonia religiosa e alla presenza di personalità della Politica Nazionale, è stata riaperta la basilica dedicata a San Gerardo. All'interno, nello "Speciale Giubileo", il servizio di approfondimento.
Alfonso Pallante, Presidente della Locale associazione di pescatori con un esemplare di trota di oltre 4 chili pescata nelle ormai inquinatissime acque del fiume Sele. I rari episodi di pesca di trote, infatti, si ottengono solo in occasione delle gare ufficiali nelle quali viene, prima della gara, effettuato una sorta di ripopolamento ittico.
Il nuovo mezzo meccanico in dotazione agli operatori ecologici. Il sistema è sicuramente efficace. Peccato che le strade siano piene di fossi.
UDITE, UDITE!!! Anche quest'anno a Caposele aprirà i battenti il mini club per bambini, da oggi più arricchito e più divertente. Oltre alle varie iniziative quali "Centro ricreativo estivo", "sfilata ecologica", "doposcuola", già intraprese, sono previsti anche corsi specifici di: - musica; - sport; - laboratorio teatrale ecc.. Il centro ricreativo nel quale sono racchiuse tutte le varie iniziative dell'estate, si propone, inoltre, di allestire mostre, mercatini, teatrino delle marionette e biblioteca per bambini. L'iniziativa è curata da : Sista Nevicella, Donatiello Cinzia, Sena Daniela e Grasso Antonella.
La Basilica restaurata
L'invito di uno straordinario concerto sinfonico che si è tenutonell' ambiente molto suggestivo ed acusticamente favorevole della nuova chiesa di San Gerardo.
Il tradizionale falò di S. Antonio che vede protagonisti tutti i quartieri di Caposele
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Piccola cronaca
RECENSIONI RECENSIONI RECENSIONI RECENSIONI RECENSIONI DIARIO CIVILE FRANCO ARMINIO
presentato nella sede della
Proloco,
mercoledi
7
giugno, il nuovo lavoro di
Franco Arminio "DIARIO CIVILE" .
il libro è stato illustrato da alfonso sturchio e da
michele fumagallo corrispondente del manifesto.
Il. libro che Franco Arminio ha da qualche mese dato alle stampe e che va presentando nei nostri paesi è il primo pamphlet che si lascia ‘alle spalle, forse definitivamente, questi anni di post-terremoto . Lo fa in modo intelligente, rimarcando sicuramente le ferite di quell’avvenimento e della successiva ricostruzione (il primo pezzo del libro si intitola non a caso “Paesaggio con ferite”) ma evitando l’invettiva da immediato post-disastro su cui si crogiolano ancora in tanti. Ciò che risalta nel “Diario civile”, raccolta di articoli pubblicati sulle pagine provinciali del quotidiano ‘Il mattino’, è la vivacità dei pezzi che formano, piu che un discorso compiuto peraltro impossibile in un’epoca come l’attuale, un vero atto d’amore per la sua terra e soprattutto l' “Irpinia d’Oriente”, espres- Alfonso Sturchio e Michele Fumagallo sione certamente suggestiva e poetica ma molto piu utile per il nostro territorio di tanti discorsi politici . Franco ovviamente non dimentica, e meno male, di essere, oltre che un polemista, un narratore e un poeta, e soprattutto in questa veste impegnato come altri e piu di altri a dare un contributo di libertà per la sua terra . Si noti, in merito, il suo linguaggio cosi lontano dagli stereotipi e dalla palude del nostro giornalismo. Bisognerebbe discutere, poi, di quale futuro per il nostro territorio, di quanto della memoria del passato portare con sè, dell’Alta Irpinia come territorio d’avanguardia e di sperimentazione . Non mancherà il tempo e allora può darsi che sentiremo il bisogno di lasciarci alle spalle anche un libro come questo. Ma prima ci conviene Giannino Ciccone far buon uso di “Diario civile” redattore di "Rosso Rinascita" ed organizzatore della manifestazione Michele Fumagallo
da Altirpinia: "ITINERARI IRPINI": "CAPOSELE LA CITTA' DI SORGENTE"
E
’ una tradizione antica il recarsi, al meno una volta l’anno, in settembre o ottobre, a Materdomini nel comune di Caposele, in pellegrinaggio al santuario dedicato a San Gerardo Maiella. L’attuale Basilica, costruita tra il ‘60/70, prende il posto di una chiesetta già esistente fin dai primi del 1500 dedicata alla Madonna, madre del Signore. Da che il nome Materdomini. Quando S. Alfonso dei Liguori, grande taumaturgo, autore fra l’altro del canto natalizio “Tu scendi dalle stelle”, si trovò in quel luogo per portare la Parola di Dio, rimase molto colpito dalla bellezza del paesaggio. Decise di fondare una casa religiosa ‘e di donarla ai Redentoristi. Casa che, nella prima metà del 1700, ospitò San Gerardo Maiella come portinaio. Si narra che fin dall’inizio ci fu una grande folla di pellegrini che accorrevano sia per la devozione alla Madonna, sia per i prodigi che venivano attribuiti a San Gerardo. Pellegrinaggio che dalla sua morte, avvenuta il 16 ottobre 1732, ad oggi, è sempre più folto. Ma Caposele non è soltanto un paese che appaga lo spirito. Questo piccolo borgo irpino appaga anche esigenze più materiali: la sete. Oggi come non mai si viene a conoscenza della penuria di acqua potabile, non solo nei paesi stranieri ma anche in Italia, specialmente durante i mesi caldi. Forse non tutti sanno che da Caposele parte l’acquedotto più lungo del mondo e terso per portata d’acqua. E’ storia che la Puglia fosse povera d’acqua e con l’aumento della popolazione il problema sarebbe aumentato. Bisognava quindi risolverlo: Per questo motivo, dopo vari progetti presentati tra il 1887 e il 1896, a parte quello presentato nel 1878 da un giovane funzionario del Genio Civile, e dopo varie peripezie burocratiche, nel 1906 si diede inizio ai lavori per risolvere
la lunga e travagliata odissea della “sitibonda” Puglia. L’Acquedotto Pugliese, che a onor del vero dovrebbe chiamarsi Irpino, dato che tutta l’acqua che vi scorre è irpina, è lungo 1.600 chilometri. Esso in Puglia si dirama in varie direzioni, dissetando le maggiori città con una portata d’acqua di mc. 5,5/sec. La nostra guida, arch. Salvatore Conforti, ci dice che la portata media di acqua durante i mesi estivi è di 4.280 litri/sec. Essa sgorga dal lato ovest di Caposele e il suo bacino è situato nelle cavità sotterranee dei monti sovrastanti che, partendo da Senerchia, Calabritto, Caposele, si estendono fino a Bagnoli Irpino, Montella, Acerno; dalla Valle del Calore alla Valle dell’Ofanto (Lioni-Nusco), Alla Valle del Sele che non è altro che una buona parte del Parco dei Monti Picentini. Consigliamo al turista o al pellegrino una visita alle captazioni. Esse offrono uno spettacolo ineguagliabile sotto l’aspetto naturalistico e di uso. Infatti si è sempre portati a pensare alle Alpi come risorsa idrica, sottovalutando il nostro meraviglioso Appennino meridionale. A questo proposito vogliamo ricordare l’insigne meridionalista Giustino Fortunato che attraversò le nostre contrade, scalando monti, percorrendo valli, guadando fiumi. Si deliziò tanto che decantò la nostra terra di lupi. A parte le captazioni di Caposele, di cui si può leggere una più ampia descrizione su “La Sorgente”, periodico della “Pro loco Caposele” dell’agosto 1999, si possono visitare dette captazioni, rivolgendo richiesta all’Ente Acquedotto Pugliese. Dissetati e rinfrescati da tanta acqua pura e da un’aria salubre, iniziamo una passeggiata nei vicoli, nelle strade e nelle piazze di Caposele. Il terremoto dell’80 non ha distrutto tutto. Accanto alle nuove costruzioni continuano a mostrare la loro bellezza antichi palazzi gentilizi che testimoniano un nobile passato. Caposele era
di Carmine Palatucci infatti una bella e importante cittadina. Una conferma ce la dà il Castello che, anche se ridotto ad un ammasso di pietre, continua a raccontare passati splendori. Restiamo affascinati; sembra quasi di vedere il conte Filippo Balbano che dà il via ad alcuni militi in una spedizione in Terra Santa. Attraversiamo Piazza Sanità e ci dirigiamo verso il bosco per un pic-nic sulle rive del fiume Sele e per discutere su tanta bellezza.Concludiamo il tour con le parole scritte sul periodico “La Sorgente”: “Sulle pendici boscose del Paflagone, contrafforte del monte Cervialto, si distende Caposele. Stretto tra il monte ed il fiume, testa di ponte tra le valli del Sele e dell’Ofanto, modella le sue sinuose stradine e le sue piccole piazze tra il verde riposante ed incombente ed il bianco alveo di un rivo che si fatica a vedere. Porta inciso nelle sue pietre, nei toponimi e sui volti dei suoi abitanti i fasti di una umile “Città di Sorgente” che in nome della solidarietà tra le genti rinunciò all’unico suo orgoglio ed all’unico suo bene: l’ACQUA “.
Il giorno di San Vito è stato da sempre ricordato dalla parrocchia di San Gerardo con una visita collettiva alla chiesetta sulla roccia. E' un momento di gioia di profonda religiosità che vede la partecipazione di tanta gente che a mo' di scampagnata occupa gli spazi verdi intorno alla chiesetta e si distrae per una giornata . Anche quest'anno la manifestazione ha avuto grandi consensi.
IL 16 AGOSTO AL BOSCO DI CAPOSELE PER LA PRESENTAZIONE DELL'ULTIMO LAVORO "LA CUMBILISCION"
Una nuova immagine dei Piani di Zona San Giovanni quasi pronti.
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Piccola cronaca
15 GIUGNO 2000
FESTA DI SAN VITO:
Come ogni anno, si rinnova un tradizionale appuntamento che vede la partecipazione di tantissima gente devota a San Vito. Dopo "li turni", si gioca, si balla, si canta e si mangia. In questo spazio le foto raccontano i momenti piĂš significativi della festa.
SpecialitĂ alla brace preparati, con impegno e dedizione, da artisti del mestiere. L'interno della Chiesa
Gruppi organizzati con ogni tipo di specialitĂ locale. Non manca a tavola il buon vino che deve accompagnare e contribuire all'allegria della giornata.
Dopo il pic nic la musica rende completa la giornata - "Gli amici della Musica" sono i protagonisti
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PERIODICO A CURA DELL'ASSOCIAZIONE TURISTICA PRO LOCO CAPOSELE FONDATO NEL 1973
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Reg.Trib. S.Angelo dei L. n.31 del 29.1.74 - Sp. in A.P. comma 34 art.2 L.549/95 filiale P.T. AV -sem.- Anno XXVIII - Luglio 2000 -
IL GIUBILEO 2000
EE L L A A I I CC EEOO E E SSPP BBILIL UIU I GG
Direttore Nicola Conforti
INDIRIZZO INTERNET http://web.tiscalinet.it/laSorgen-
da “La parola del Papa”
L’anno santo del 2000, nel quale la Chiesa celebra il bimillenario della nascita di Gesù, è un invito straordinario a riscoprire l’amore di Dio per gli uomini concretizzatosi nel mistero dell’Incarnazione. E’quell’anno di grazia e quell’anno di misericordia, sempre a attuali, in cui l’uomo è chiamato ad accogliere il lieto messaggio e a convertirsi a Dio. Se non si accoglie la parola e se non ci si converte non vi è vero anno di grazia, né anno di misericordia né anno giubilare. Il Giubileo è: - l’anno della rinascita spirituale; - l’anno dell’incontro personale con Cristo - l’anno di un amore generoso di Dio e a Dio; - di un amore generoso dei fratelli ed ai fratelli. “Ecco il tempo favorevole, ecco il giorno della salvezza”. (S.Paolo)
Giubileo a Materdomini
Il Santuario, immerso nel verde dell’Irpinia, offre intensi momenti di spiritualità con la concelebrazione quotidiana del Sacramento della Penitenza e dell’Eucarestia.
In particolare per il Giubileo dell’anno 2000 si riportano gli appuntamenti principali programmati presso il Santuario:
19 Marzo: Giubileo degli artigiani 2 Aprile: Giubileo dei bambini e dei ragazzi 25 Aprile: Giubileo degli ammalati 30 Aprile: Inaugurazione della ricostruita basilica. Concerto “Canto Gregoriano” 14 Maggio: Giubileo dei giovani 20 Maggio: Concerto “Orchestra sinfonica Abruzzese” 28 Maggio: Giubileo delle mamme 4 Giugno: Giubileo dei medici 1 Agosto: Festa di S.Alfonso de’ Liguori 2 Agosto: Giubileo dei sacerdoti 2 Settembre: Giubileo degli artisti. Concerto “la nuova Polifonia” 3 Settembre: Festa di S.Gerardo con processione 8 Settembre: Festa di Maria “Mater Domini” 15 Ottobre: Liturgia del transito di S.Gerardo e offerta del l’olio 16 Ottobre: Solennità liturgica di SAN GERARDO MAIELLA Giubileo del mondo rurale 16 Novembre: Festa parrocchiale di San Gerardo 21 Novembre: Giubileo dei Religiosi
GLI ARTICOLI INSERITI IN QUESTO SPECIALE SONO TRATTI DAL LIBRO "BREVE STORIA DEL SANTUARIO GERARDINO" DI ORESTE GREGORIO E DALLA RIVISTA "IN CAMMINO CON SAN GERARDO" E ANNESSO CALENDARIO 2000
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Il Santuario Gerardino Mezzo millennio di storia Tra storia e leggenda, il Santuario ha oltre mezzo millennio di esistenza. S.Gerardo Maiella, vissuto nel 700 come fratello della Congregazione del SS. Redentore, non è un personaggio legato solo alla verde Irpinia o ricordato solo nella Regione Campania tra Avellino e Napoli, Salerno, Caserta e Benevento. Il suo nome, quale Patrono delle mamme e delle culle, risuona su piano internazionale. “I cinque secoli del Santuario nelle varie vicissitudini si distinguono nettamente in due epoche: la prima mariana, ed è la più lunga; la seconda, più corta, in continuità, è decisamente gerardina Il pellegrinaggio di Materdomini sin dagli albori del 1500 alla soglia del 1800, ebbe carattere prettamente mariano, restando circo-
scritto tra i Principati Ultra e Citra e la Basilicata. Il popolo, isolato o a gruppi, in genere a piedi per tratturi del Temete e Buoninventre, raggiungeva la collina per venerare la miracolosa effige della SS.Vergine. Vi si arrampicò anche un Dottore della Chiesa, SantAlfonso de Liguori, a cinquanta e cinquantaquattro anni. Volato al cielo fratel gerardo il 16 ottobre 1755, la Madonna parve tirarsi maternamente in disparte, cedendo il posto al suo diletto servo, che l’aveva celebrata con tanta filiale tenerezza.Nei prodromi del secolo XIX il pellegrinaggio popolare cominciò ad assumere timidamente una nuova fisionomia. L’incremento fu lento, però senza stasi; esplose dopo la santificazione decretata al Maiella nel 1904 da San Pio X. Negli ultimi 70 anni il sartorello di Muro Lucano, che nacque 23 aprile 1726, ha addirittura conquistato il mondo cristiano, in maniera particolare le giovani madri con la sua prodigiosa presenza. Si è andato affermendo nelle regioni americane del nord, del sud e del centro oltre che in zone dell’Asia, dell’Africa e, non senza sorpresa, della
Il Pellegrinaggio
remota Oceania, che gli ha intitolato uno dei più riusciti bollettini “The Majellan”. L’avvenimento moderno è indubbiamente meraviglioso; il fenomeno, che sorpassa la tecnica avanzata della propaganda umana, affonda le sue radici nella pietà cattolica, la quale mostrasi più incline ad onorare quei santi che trascorsero la loro vita fra il popolo sofferente e bisognoso. Al vertice di tali masse disseminate sulla terra, si erge il santuario di Materdomini, dove il Maiella palpita efficace intercessore presso Dio ed è richiamo, che ispira fiducia.”
Il Pellegrinaggio mette in luce che tutta la nostra vita è un andare a Dio. Il pellegrinaggio evoca il cammino personale del credente sulle orme di Cristo: è esercizio di ascesi operosa, di pentimento per le umane debolezze, di costante vigilanza sulle proprie fragilità umane, di preparazione interiore alla conversione del cuore. Il pellegrinaggio è un passaggio dalla schiavitù del peccato verso la resurrezione, per entrare nella vita divina. Il pellegrinaggio assume così un significato pasquale. Camminare verso un luogo santo diventa segno della partecipazione alla Pasqua del Signore, soprattutto quando culmina nella celebrazione dei sacramenti della Riconciliazione e della Eucarestia.
G I U B I L E O La Chiesa al tempo di San Gerardo
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I PIU' BEI RICORDI DI SAN GERARDO A MATERDOMINI Più che a Deliceto (Foggia), dove S. Gerardo trascorse circa 4 anni, o a Napoli, dove si trattenne diversi mesi in aiuto del p. Margotta, le memorie di Lui si ammirano abbondanti a Materdomini. A Pagani o a Ciorani nel Salerni- tano, dove fu soltanto di passaggio nel periodo dell’atroce calunnia, non si conserva alcuna traccia. A Materdomini invece si respira aria gerardina: ogni angolo, quasi ogni pietra parla del Maiella come fosse vissuto lì l’altro ieri, e non duecentodiciannove anni orsono. Il viottolo ripido, che porta a Caposele, è ancora quello del settecento: chissà quante volte lo percorse sotto il sole o sotto la pioggia! La porteria che aprì centinaia di volte, non è cambiata... Abbiamo esposto in una “brochure” a parte i singoli ricordi: nel presente “Cenno storico” li ricapitoliamo con brevi annotazioni per richiamare 1’attenzione dei pellegrini. Il collegio può considerarsi lo scrigno pregiato, che custodisce 1’aroma delle virtù esercitate eroicamente da S. Gerardo: fra quelle mura visse laborioso ed elevò le sue orazioni nelle giornate passatevi nel 175455, intento ad assolvere le sue mansioni. Pronto come un angelo ad ogni ordine dei superiori e sempre pieno di dedizione per i confratelli, specialmente per gli ipocondriaci che non mancavano e per i più anziani. Passava ilare nei corridoi per sbrigare le faccende senza infastidire alcuno: anzi era una felicità imbattersi in quella “faccia di paradiso”. Disponibile in tutti i momenti cedeva le povere suppellettili della sua cameretta e sino il saccone nei casi imprevisti di affollamento di esercizianti. Sapeva scovare 1’ora opportuna per affacciarsi in qualche stanza, ove giaceva un infermo per servirlo materialmente e sollevarlo spiritualmente. La visita di un santo è sempre un premio ambito. Il collegio, che il Maiella contribuì ad ultimare e ad arredare, non ha subito modifiche sostanziali a due secoli di distanza: è tutto un reliquiario. Le proporzioni sono ancora quelle settecentesche: i corridoi non han mutato aspetto. Quante volte con la scopa tra le mani li rassettò. Senza dubbio, la parte del collegio più tipicamente gerardina è la “portineria”, che spicca tra quante ne esalta l’agiografia religiosa. Nel 1749 era già in funzione: larga m. 9, lunga m. 6, alta m. 4,30, occupava in superficie su per giù, come adesso, 50 metri quadrati coperti da un modesto lastrico di malta e pietruzze di torrente. In questo ambiente del vecchio stile monastico san Gerardo visse le pagine più sug- gestive della sua carismatica esistenza. Ve 1’inviò nel 1754 Sant’Alfonso che prediligeva la nascente fondazione di Materdomini. Forse dietro suggerimento del p. Margotta, il padre Caione, dinamico superiore della comunità, affidò all’angelico fratello, venuto da Napoli, il delicato
ufficio di portinaio del collegio, dove si riversavano persone di ogni estrazione sociale. Ricevendo la grossa chiave il Maiella visibilmente commosso la baciò, esclamando con candido slancio: “Questa chiave mi deve aprire il paradiso”. Mai appariva sulla soglia burbero o scontroso neppure con i monelli: nei mesi rigidi Gerardiello aveva carezze per i ragazzetti intirizziti. Riscaldando le loro manine tra le sue di- ceva: “Noi abbiamo peccato e questi poveretti, benchè innocenti, debbono soffrire la pena”. Gli amici più cari erano i meno abbienti, laceri e affamati, i disoccupati senza un tornese in tasca, che in quella congiuntura soprabbondavano nei paesi. Con cristiana responsabilità li compativa riflettendo: “Sacrifricar dobbiamo tutto per il povero; perchè il povero e l’immagine di Gesù Cristo”. E secondo le facoltà ricevute dal superiore dava con gesto fraterno a chi pane per sfamarsi, a chi vesti per coprirsi, a tutti un sorriso e una parola consolatrice. Dio interveniva prodigiosamente, moltipli- cando il frumento nei cassoni, il pane nei cofani e altre derrate. E’ restato inobliabile 1’episodio dell’estasi avuenuta nella portineria, dove Gerardo dispensava la minestra calda ai poverelli. Un mezzodì scorto in un angolo il cieco Filippo Falcone col flauto sulle ginocchia, lo salutò dolcemente, pregandolo di suonare un’aria. “E che volete, rispose, che vi suoni?” Il santo soggiunse: “Il tuo gusto e non il mio…” Filippo attaccò e il portinaio canticchiò la canzoncina, a lui carissima, che aveva composto Sant’Alfonso nell’agosto del 1753, per consolarsi nel duolo cagionatogli dalla morte del ven. p. Cafaro, suo direttore. Ebbro di amore Gerardo si sollevò a un tratto, trasfigurato come un cherubino. I poverelli smisero di mangiare a quella scena di paradiso, ringraziando Dio benedetto che li aveva confortati con quello spet tacolo straordinario. A destra dell’ingresso della portineria sta il refettorio, trasformato in tipografia. S. Gerardo lo rese venerabile con le sue penitenze e a volte con mirabili rapimenti. Mortificava la gola, amareggiando lo scarso cibo, che prendeva, con assenzio ed aItre erbe amare. Altro che intingoli! Santificava le novene delle sette festività della Madonna, del Natale, del SS. Redentore con astinenza, con insolite macerazioni e con digiuni egli che era così giovane e tanto gracile. Ma si industriava di adempiere con diligenza gli uffici di cuoco e di refettoriere, attento di non infliggere ai confratelli alcuna pena. La stanzetta di pochi metri quadrati, dove san Gerardo trascorse i giorni supremi della sua vita, è certamente il luogo più sacro del collegio. In origine aveva proporzioni esigue (m. 4,25 di lunghezza, 3 in larghezza
e 3,30 in altezza): in un angolo giaceva il letto formato da due cavalletti di ferro con sopra un paio di tavole nodose di castagno sormontate da un duro pagliericcio. Presso la finestra aveva un tavolinetto dozzinale con qualche libro spirituale, un paio di sedie, un catino per 1’acqua e sospese alle pareti quattro figure cartacee, tra cui la Madonna e il Crocifisso. Ecco la cameretta mobiliata di S. Gerardo! Nel 1796 il p. Leopoldo Briscione (m. 1823) la ampliò improvvidamente, aggiungendovi la stanza contigua per formarne un pio oratorio, che in seguito fu decorato, con la scomparsa della povertà e semplicità monastica. Forse è il caso di riportare allo stato pristino la cameretta. Il pellegrino della città o della campagna sale a Materdomini non per vedere marmi fastosi e dipinti artistici, ma va con 1’intenzione di incontrare il genuino san Gerardo e toccare quasi con mano come visse e agì in quel secolo sofisticato dell’Arcadia, che si baloc- cava con le ariette di Metastasio e con immagini sgargianti e ninnoli di cera inargentati. Poco discosto dalla cella del santo sta lo “speco della disciplina”, la soffitta (o “suppigno” in dialetto), ove san Gerardo si ritirava per flagellarsi a sangue per meglio prepararsi al- la celebrazione delle grandi solennita liturgiche. Nonostante varie demolizioni questo solaio e stato sempre conservato intatto cosi come era nel settecento. Nel 1879 il Dr. Nicola Santorelli (junior) scriveva in un suo libro: “A fianco della cupola della chiesa resta tuttora come nascosta una celletta dove Gerardo si flagellava a sangue con disciplina a piastre o a rotelle di acciaio, sicchè il sangue spruzzava dalle ferite ed aspergeva di gocciole le vicine pareti. E sebbene siano decorsi centoventiquattro anni dalla sua morte, sembra che quelle mura siano spruzzate di fresco e che qui, mi è caro dirlo, il suo spirito ancora viva.
Onde i devoti dopo aver pregato sulla tomba sogliono salire alla celletta e con riverenza radere la polvere dell’intonaco e ritenerla per cara divozione”. Facciamo infine una menzione veloce della Cisterna, che sta al lato opposto dello “speco” presso la sagrestia incassata tra i muri dell’antico romitorio, ormai demolito. E’ di pietra lavorata: venne costruita nel ‘600 per raccoglie- re 1’acqua piovana, che purificata con metodi casalinghi serviva per gli usi della chiesa, delLa cucina e per bere. La fontana di “S. Giuseppe” nel boschetto risale ai primi decenni dell’Ottocento; l’acqua del Sele è stata portata sulla collina da pochi anni dall’Ente dell’Acquedotto pugliese. Il cimelio, a cui accenna anche sant’Alfonso in una visita canonica del 1750, non ha subito per fortuna manomissioni, S. Gerardo andava spesso ad attingervi per le ampolline delle messe e per i vasi dei fiori posti davanti al SS. Sacramento e alla Madonna: ne prendeva per il refettorio rinfrescatala e non di rado per i vian danti che di estate aRacciandosi in portineria domandavano un bicchiere di acqua: la famosa “acqua nevata”, che usavano in luglio-agosto. L’antica cisterna merita di essere messa nel debito risalto nel nuovo piano regolatore, a con- solazione di tutti i pellegrini che si recano a Materdomini, e magari fornirla di uno zampillo. Il santuario che è dotato di un “osservatorio metereologico” di un “faro” per orientare nella notte i viaggiatori e ha pure un “cinema” per illustrare la vita meragliosa di san Gerardo, è ancora privo di un “museo” ove i visitatori possano vedere gli altri ricordi del taumaturgo, sparpagliati per la casa, come per es. le sue lettere originali, che dicono tante cose a chi sa di grafologia, oggi, venuta tanto in voga. I ricordi vivi invitano ad approfondire la conoscenza del santo e spingono ad emularlo con rinnovato slancio. Oreste Gregorio
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GIUB
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FESTA STUDENTE
CENTRI GERARDINI NEL MONDO Forniamo un elenco dei Centri gerardini più attivi sparsi nei cinque Continenti: in ciascuno di essi S. Gerardo è ufficialmente riconosciuto quale Patrono: in genere è Patrono del collegio dei PP. Redentoristi che vi risiedono, e più volte del collegio e dell’annessa chiesa pubblica. Le ricerche sono limitate a quei centri, che hanno costituito i suoi confratelli Redentoristi in segno di venerazione o per attestato di riconoscenza, specialmente nei paesi anglo-sassoni. A. EUROPA I. ITALIA 1. Materdomini (Avellino); 2. Corato (Bari) II. BELGIO 3. Essen (Anversa), 4 Sint Mariaburg (Anversa) III.OLANDA 5. Bosschenhoofd (Nord Brabante) IV. FRANCIA 6. Haguenau (Basso Reno) V. SPAGNA 7. Madrid VI. IRLANDA 8. Belfast VII. GERMANIA 9. Riedlingen (Rottenburg), 10. Hallenberg (Westfalia), ll. Heiligenstadt (Turingia) VIII. SVIZZERA 12. Martigny (Vallese) B. AMERICA IX. STATI UNITI 13. Lima (Ohio), 14. Fort Oglethorpe (Georgia), 15. Roanoke (Virginia), 16. Kirwood (Missouri), 17. Baton Rouge (Louisiana), 18. San Antonio (Texas), 19. Tucson (Arizona), 20. Great Falls (Montana). X. CANADA’ 21. Ottawa (Ontario), 22. Keswick (Ontario), 23. Yorkton (Saskatchewan), 24. S. Anna de Beaupre (Quebec), monastero delle Suore Re- dentoriste. XI. PANAMA’ 25. Panama. XII. EQUATORE 26. Quito XIII. ANTILLE 27. Port au Prince (Haiti), 28. Valley (Anguilla). XIV. BRASILE 29, Iguatù (Cearà), 30. Araraquara (San Paolo), 31. Potìm (San Paolo), 32. Curvelo (Minas Gerais). XV. BOLIVIA 33. Oruro. XVI. COLOMBIA 34. Bogota. XVII. ARGENTINA 35. Tucuman. XVIII. PARAGUAY 36. Pilar (Neembucrì). C. AFRICA XIX. RODESIA 37. Salisbury. XX. CONGO 38. Matadi (Congo orientale). XXI. NYAMEY 39. Dogondontchi (Niger). XXII. AFRICA OCCIDENTALE 40. Tamhaga (Alto Volta). XXIII. MADAGASCAR 41. Vohèmar (Diego-Suarez). D. ASIA XXIV. GIAPPONE 42. Maizura (Kioto-fu), 43. Kajigaya (Yokohamashi). XXV. INDIA 44. Calcutta (Bengala). XXVI. ISOLE FILIPPLNE 45. Tacloban (Leyte del nord). XXVII. THAINLANDIA 46. Khonkaen. XXVIII. VIET-NAM (SUD) 47. Thu Duc (Saigon). E. OCEANIA XXIX. AUSTRALIA 48. Brighton (Victoria), dove si stampa il “The Majellan”. XXX. NUOVA ZELANDA 49. Wellington, nella cui chiesa dei Redentoristi si trova ora il quadro di S. Gerardo, che fu esposto nella Basilica Vaticana nel 1904. Oltre questi 49 centri diretti dai Missionari Redentoristi, a cui san Gerardo appartenne, ce ne sono altri indipendenti sotto la guida del clero diocesano o di devoti borghesi. Tra tanti segnaliamo Muro Lucano (Potenza), S. Antonio Abate (Napoli), Newark (U.S.A.), ecc... In altri paesi il culto gerardino si è sviluppato anche senza un Patronato ufficiale, come a Frosinone, Scafati e Sessa Cilento (Italia), a Wittem (Olanda), a Dundalk (Irlanda), a Boulogne sur mère (Francia), ecc....
La Basilica di San Gerardo dopo la ricostruzione
LA BASILICA GERARDINA Nel 1900 il p. Alfonso De Feo (18691948) fu destinato come rettore del collegio e della chiesa di Materdomini. Raccontava più tardi che giunto sulla collina trovò solitudine e squallore, frutti dell’imperante laicismo statale. Il giovane redentorista, ch’era di Volturara Irpina, non si disanimò: rovente di zelo ispezionò ogni angolo per rendersi conto della situazione: ne discusse con gli amici ed indi prospettò ai superiori maggiori un suo piano. La soppressione religiosa decretata nel 1866 dal governo sabaudo vi aveva apportato notevoli danni! Non c’era tempo da perdere per sottrarre alla rovina i venerandi edifici. Occorreva innanzitutto riscattare il collegio, ch’era diventato “opera demaniale”. Dopo lunghe trattative tra i Redentoristi e il Municipio caposelese si arrivò ad una convenzione. Nel 1898 i padri riacquistarono con proprio denaro il terreno tolto loro dalle leggi eversive. Superate altre difficoltà riebbero nel 1901 il collegio ridotto in pessime condizioni, sborsando 21.296,60 lire. II superiore provinciale p. Ercole Barbarulo respirò: gli premeva assai il culto gerardino. Il p. De Feo secondo le direttive
di Pagani e di Roma si dedicò con tutte le energie a rimettere in sesto il collegio. Un mattino 1’intrepido rettore si svegliò con un disegno magnanimo: “Restaurare, anzi ampliare il Santuario di Materdomini”, Si sentiva interiormente incoraggiato dalla prossima canonizzazione di S. Gerardo, che certamente avrebbe finanziato le fabbriche. Fondò subito un Periodico mensile illustrato, intitolandolo “Il Beato Gerardo Maiella”: il 2 agosto 1901 lanciò il I numero secondo un programma elaborato dall’avv. Luigi Salerno. La scintilla sprizzata si propagò velocemente, suscitando echi e consensi favorevoli tra i fedeli. Cominciarono pure ad arrivare le offerte in poche lirette. Il popolo è sempre pronto a togliersi il pane di bocca per aiutare le opere di culto: esso ripete con sapienza cristiana: siano povere le nostre case, purchè sia grande e bella quella di Dio, della Madonna e dei santi. Indi si pose mano al piccone per demolire la vecchia facciata della chiesina settecentesca. Il nucleo edilizio primitivo
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dell’abside, cupola, altare maggiore, veniva religiosamente conservato: si era deciso con buoni criteri di prolungare il tempio con 1’aggiunta di due navate laterali per accrescere lo spazio. Presto si frapposero non pochi ostacoli, tra cui la minaccia dell’incameramento dei beni re1igiosi da parte del governo liberale massonico... La posa della prima pietra, benedetta dal1’arcivescovo di Conza Mons. Piccirilli, accadde non senza preoccupazioni il 16 ottobre del 1913. II servo di Dio p. Antonio Losito (m. 1917), rettore del collegio redentorista di Pagani, che dal Papa S. Pio X era stato incaricato d’impartire agli operai e ai benefattori la Benedizione apostolica, tenne il discorso inaugurale: “L’ingrandimento del tempio disse a onore di S. Gerardo importa ingrandimento del patrocinio di S. Gerardo, maggiore diffusione delle sue grazie e dei suoi prodigi”. E avviandosi alla conclusione esclamò con accento profetico: “Da questo tempio come da oceano sterminato partiranno incessantemente fiumi di grazie, che correranno in tutte le direzioni della terra a consolare i suoi devoti”. La folIa, che pendeva commossa dalle sue labbra, scoppiò in un fragoroso applauso di compiacimento: uomini e donne, desiderosi di concorrere alla costruzione si privarono con giubilo di oggetti di oro e di argento, che avevano addosso, offrendoli in dono. I lavori però non ebbero un ritmo accelerato, come si bramava da ogni parte. Non mancarono le solite questioni bizantine circa il prolungamento della chiesa. La guerra libica e poi quella di Trieste e Trento assottigliarono i fondi. A causa del terreno accidentato e d’impedimenti non preveduti tempestivamente, si avanzò con enorme lentezza. Nonostante le fondamenta già fatte prevalse l’idea di accorciare la fabbrica. Forse fu un grave errore! Ci vollero oltre quindici anni per comple- tare il tempio, a cui diamo uno sguardo sommario. La spaziosa piazza odierna, opera del rettore p. F. Santoli, ha fatto obliare il declivio franoso preesistente. Il pellegrino accedendovi comodamente con 1’auto si trova di fronte a 22 gradini di travertino, che lo portano al Santua- rio dopo aver attraversato 1’atrio antistante formato da tre archi, i quali immettono con tre porte d’ingresso nella triplice navata. La facciata che ha un aspetto monumentale, è opera dei fratelli Gonnella di Pescopagano (Potenza): è in stile neoclassico in tre sezioni. Nel timpano, tra il fregio del portico, si legge: “Basilica Deiparae ac Divo Gerardo dicata”: Basilica dedicata alla Madre di Dio e a S. Gerardo. Ultimate le rifiniture interne e collocate le 6 vetrate laterali illustrate con episodi gerardini e sistemato un organo grandioso, il Card. Alessio Ascalesi, arcivescovo di Napoli, venne a consacrare quel luogo sacro il 31 agosto 1929. La funzione si svolse in maniera assai solenne con 1’intervento di
L'altare dedicato a San Gerardo nella Basilica
numerosissimi pellegrini. Nella sua munificenza il Papa Pio XI il 18 febbraio 1930 concesse al Santuario il titolo di Basilica minore. L’8 settembre 1931 la statua della Madonna fu incoronata con diadema di oro dal Capitolo Vaticano per mezzo dell’Ecc. mo Mons. Giulio Tommasi arcivescovo di Conza e vescovo di S. Angelo dei Lombardi. Il pio avvenimento si inserì nelle fastose commemorazioni celebrative del XV centenario del Concilio efesino. La Basilica, a croce latina, misura in lunghezza m. 29 e 16 in larghezza: le 3 navate sono a doppio sistema di archi. I marmi che rivestono le colonne massicce sono policromi; la volta è a stucchi carichi di oro; abbondano le pitture ornamentali, che si allineano in ogni riquadro. Oltre l’altare maggiore si notano altri quattro altari laterali. Il Comm. A. Grossi Gondi visitando la basilica riscontrò nelle strutture “il disegno assai corretto ed elegante, di buono stile a 2 piani”. Ma si sentì a disagio in cospetto dei dipinti! Forse è mancato sinora un artista geniale, che abbia saputo cogliere il soprannaturale lirismo dei “fioretti gerardini” per creare in un ciclo pittorico o scultoreo opere di rilievo da imporsi all’attenzione dei critici. Diversi si sono provati a narrare nei colori gli aneddoti principali del Maiella più con la buona volontà che con 1’impeto dell’ispirazione. Rammentiamo Aprea, Vollono, Sorrentino, Cecere, D’Agostino... Comunque, il pellegrino popolare, che non ha palato diffcile in fatto di architettura e di pittura ne è soddisfatto e ammira gli splendori che la fede ha profuso nella basilica gerardina. Ne rimane appagato anche 1’uomo di cultura che sale a Materdomini non per cercarvi marmi preziosi e colori smaglianti ma luce interiore e pace nella preghiera mormorata in un angolo silenzioso. La basilica gerardina è soprattutto un pregevole monumento di pietà; nella intenzione dei costruttori 1’arte vi è entrata come un elemento secondario, appena decorativo. Essi si sono regolati con la generosità degli oblatori.
Nei santuari è difficile trovare 1’unità: nati da diverse volontà si sono sviluppati lentamente senza schemi preordinati. La loro caratteristica e la varietà... Una certa profusione riguardata nell’ambito della devorione in fondo non disgusta e finisce per esercitare una influenza benefica. Monsignor Acocella, anima delicata di poeta, soleva venire annualmente a Materdomini per versare, come diceva, “delle care lacrime”. Lo incontrai quasi alla vigilia di sua morte in questo tempio gerardino che appellava la patria del suo cuore. Negli occhi commossi di lui lessi questo brano significativo che aveva pubblicato sulla rivista “Irpinia” (anno III, n. 7): “L’anima sale dalla terra al cielo in questa non più romita e povera cittadella di Sion, nella quale la fede germogliò grandemente e la lode divina fece allegrare la regione deserta. Voi non sapete se siete nel corpo o fuori il corpo, quando con le ginocchia della mente inchine, siete assorto dinanzi la miracolosa Urna, da cui San Gerardo parla quotidianamente ed eloquentemente. Un linguaggio divino nasce e si diffonde da questa tomba gloriosissima, mentre lo spirito che ne raccoglie i sensi e 1’armonia, non sa allontanarsi senza ripetere contento: “Veramente bello sei tu, o sacro penetrale della divinità, in cui è chiuso l’amore delle anime, assetate di gloria e di celesti favori”. Nell’ultimo ventennio anche la Basilica inaugurata nel 1929 era divenuta troppo piccola particolarmente nelle domeniche da maggio a novembre e nella duplice festivita gerardina di settembre e di ottobre. La folla che vi si addensava nelle tre navate, straripando, creava intasamenti e non ci si poteva muovere se non a forza di gomitate... Tale situazione reale ha imposto la costruzione di una novella Chiesa al fianco del Santuario comunicante con esso, al medesimo livello, con la facciata a levante. Accantonato il disegno dell’architetto romano Alfredo Scarpelli fatto eseguire dal rettore p. Sorrentino, ne fu elaborato ai tempi del rettore p. Salvatore Meschino un secondo dal1’architetto napoletano Giuseppe Rubino, la cui attuazione sotto la vigilanza tecnica dell’ing. Pietro Pecce venne affidata alla Ditta avellinese del
comm. Beniamino Galasso, che vi si è impegnato personalmente controllando i complessi lavori dall’alba al tramonto nonostante 1’eta provetta. Il p. Meschino, prima da rettore e poi da superiore provinciale ha seguito le fabbriche con sollecitudine e perizia, perchè fosse regolare il procedimento secondo i calcoli compiuti con meticolosità scientifica dal prof. Michele Pagano della Università di Napoli. II nuovo tempio, tutto in cemento e ferro, è una costruzione ardita di avanguardia, forse la prima in Italia. La struttura dà 1’idea di un “naviglio a vela” in cammino verso 1’infinito. La copertura con soli due punti di attacco alla sommità aerea del campanile agile, si estende sopra una superficie spiovente di oltre mille metri quadrati. La sagoma, snella e originale nei lineamenti, è costituita da 10 travi di ferro che, partendo da un unico collare si aprono a raggiera per 1’intera lunghezza della chiesa. L’intelaiatura pricipale costituita da travi longitudinali e da collegamenti trasversali, che si intrecciano a rete di ragno, si snoda in tutti gli attacchi mediante giunti cardanici e sferici e rende saldo e compatto tutto il tessuto. Questo nuovo tempio, ormai lieta realtà, misura in ampiezza 592 metri quadrati; il campanile svettante supera 42 metri di altezza: sul pinnacolo si erge la Croce rivestita di alluminio scintillante al sole che può scorgersi dal fondo della Valsele. Nella Basilica primitiva la gente continuerà ad accorrere per confessarsi e pregare, mentre nella chiesa nuovissima organizzata con accorgi- menti più funzionali si celebreranno le Messe e si svolgeranno i riti liturgici. e paraliturgici secondo i moderni criteri pastorali, che
la stanza di San Gerardo, ricostruita, in tutti i particolari, dopo il terremoto
G I U B I L E O
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LE LE ATTREZZATURE ATTREZZATURERICETTIVE RICETTI-
A MATERDOMINI - Ristorante "Mulino a Vento" - Ristorante albergo "Di Masi" - Chalet "Di Masi" - Ristorante albergo "Paflagone" - Ristorante albergo "7 Bello" - Trattoria "Lo Spigolo" - Trattoria "Zi Tore" - Ristorante albergo "Testa" - Ristorante albergo "Sale e Pepe" - Ristorante albergo "American" - Pizzeria "La Fornace" A CAPOSELE - Ristorante pizzeria "La Sorgente" - Pub pizzeria "Queen Mary"
Ristorante 7 Bello Ristorante Di Masi
Ristorante albergo PAFLAGONE
Ristorante albergo TESTA Trattoria ZI TORE
BENVENUTI A Trattoria LO SPIGOLO
G I U B I L E O Albergo ristorante SALE E PEPE
Albergo ristorante TESTA
NEL PROSSIMO NUMERO APPROFONDIREMO L'ASPETTO RICETTIVO CON LA PUBBLICAZIONE PIU' APPROFONDITA DI TUTTE LE ATTREZZATURE DEL TERRITORIO CAPOSELESE
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Cosa si intende per legalità? Quali il significato e la portata? Comunemente, per legalità si intende l’ “essere conforme alla legge e a quanto è da questa previsto”. In altri termini, ogni atto e ogni comportamento per essere ineccepibili, dal punto di vista della legittimità, devono essere conformi alla legge. Gli anni ’90 in Italia hanno segnato un’epoca che si è caratterizzata proprio per questa forte esigenza di legalità. Erano gli anni in cui la “tangente” era stata quasi istituzionalizzata. Le leggi, i regolamenti erano per il potere politico poco più di sovrastrutture posticce ed inutili E fu la stagione di “mani pulite”. Con gli eccessi, gli errori propri delle criminalizzazioni generalizzate. Ma non è questa la sede per una attenta analisi di quel periodo. Vi ho fatto riferimento solo per una più agevole comprensione delle problematiche che si agitano. Senza con questo voler richiamare in ambito locale quella stagione o fare parallelismi assolutamente inesistenti. La richiesta di legalità che con forza la lista de “I Tre Cerchi”, in campagna elettorale prima ed in ambito consiliare poi, ha reclamato, va in questa direzione: improntare l’attività amministrativa al rispetto della legge, eliminare il più possibile l’ambito di discrezionalità in cui è chiamata a muoversi
la p.a. Perché, frequentemente, è facile passare dalla discrezionalità al vero e proprio arbitrio. Beninteso, non si vuole qui far riferimento a niente e a nessuno. Né si vuole sostenere che ogni atto posto in essere sia contrario alla legge. E comunque non è questo il punto che ci occupa. Ciò che rileva è prendere consapevolezza dell’esistenza del problema. Convincersi che il rispetto della legalità è condizione necessaria per una buona (giusta ed equa) gestione della cosa pubblica e conformare, quindi, il comportamento amministrativo alle mutate condizioni normative. La 142/90 prima e le varie Bassanini poi, hanno tracciato un solco difficilmente modificabile. All’amministratore, al politico sono rimesse le scelte di fondo, le linee programmatiche, i disegni di lungo respiro. Ai funzionari, il compito di dare esecuzione a queste scelte. La commistione dei ruoli, l’assoggettamento dell’uno all’altro non può che creare disfunzioni e scompensi. L’autodeterminazione, il decentramento amministrativo, l’autonomia locale sono principi oggi vigenti ma di certo non consentono di stravolgere l’assetto amministrativo degli enti locali come disciplinato da leggi dello Stato. Il governo del saggio, da tempo è stato messo in soffitta. Ammesso che in simili casi si potesse parlare di governo e di saggi. Noi del gruppo consiliare de “I Tre Cer-
REDATTORI
di Giuseppe Palmieri
GIUSEPPE PALMIE-
VOGLIA DI LEGALITA’
Politica
chi” sin dal primo Consiglio Comunale abbiamo manifestato la nostra ferma ed intransigente posizione di principio per il rispetto e la salvaguardia della legalità. L’unico modo per assicurare democrazia e uguaglianza dei cittadini. Diversamente, è molto facile scivolare nell’arbitrio, nella discrezionalità, nel favoritismo, nella sopraffazione e quindi nella illegalità. Con ciò non si intende auspicare governi locali asettici o agnostici, che viceversa con scelte programmatiche e con “politiche” appropriate sono chiamati ad incidere sul tessuto sociale e la realtà territoriale amministrata. Una reale ed effettiva differenziazione dei ruoli (il politico da quello strettamente amministrativo) alleggerisce e snellisce l’attività amministrativa strettamente intesa, liberandola dai lacciuoli della “politica” e lascia ai politici maggiori energie da sviluppare in ambito progettuale. Le ultime vicende amministrative locali, purtroppo, dimostrano che questo modello, a Caposele, è ben lungi dall’essere seguito. Fa fatica ad affermarsi. E le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti.
LA NOSTRA OPPOSIZIONE LA NOSTRA OPPOSIZIONE Il Concorso di Agostino Montanari
“L’amministrazione Melillo-Corona nell’illegalità”: con questo titolo forte ed emblematico della situazione, noi del gruppo consiliare de’ “I tre cerchi” denunciammo pubblicamente qualche mese fa una delibera della Giunta Comunale che intendeva fare delle assunzioni a tempo indeterminato senza un bando pubblico di concorso, in aperta violazione di tutte le norme giuridiche relative alla materia. Passarono pochi giorni, anzi poche ore, e il Sindaco e la sua Giunta fecero esattamente quello che noi avevamo chiesto nel manifesto: ritirano la delibera e si apprestano ad indire un pubblico concorso… Successivamente, il Sindaco e la giunta organizzarono una pubblica assemblea nella quale tentarono di farci passare per degli spudorati e dei bugiardi. C’è da dire che hanno prodotto domanda di partecipazione a questo concorso circa sessanta tra uomini e donne disoccupati. Da quel momento sono passati cinque mesi e, pur avendo riconosciuto con i fatti l’errore, l’Amministrazione comunale dopo aver bandito il concorso non ha proceduto all’espletamento dello stesso. E non solo non haComunale fatto ciò, ma anche le norme di assunzione provvisoria: e questa è storia recente. Infatti, la Giunta è sta stata citataviolando in giudizio, davanti al Tribunale Amministrativo, per irregolarità, da parte di due cittadini che aspiravano al terzo posto nella nettezza urbana, quello come autista. Risultato: in questi procedimenti è stato sconfessato l’operato dell’Amministrazione. Sta di fatto che per sostenerli il Comune ha dovuto assumere, e quindi dovrà pagare profumatamente, un noto avvocato esperto di queste questioni. Quello che si chiede, e si badi bene non solo da parte della minoranza, ma da quei sessanta aspiranti, è che si svolga il concorso. Fatto ciò, vinca chi vinca, però si saranno garantiti certezza del diritto e il rispetto dei bisogni e delle giuste aspettative. Altrimenti, in questo clima, da un lato si alimentano le illusioni, e dall’altro si pagano laute parcelle ad illustri avvocati, con i soldi di noi contribuenti. Grazie alla sua inefficienza e, consentitemelo, alla sua malafede, la Giunta Melillo sta sperperando inutilmente soldi dei contribuenti dietro procedimenti legali evitabilissimi e, cosa ancora più grave, ha scatenato un’assurda guerra per un bisogno fondamentale: Il Lavoro. Non sarebbe stato fin dall’inizio più corretto e decoroso dire come stavano veramente le cose senza illudere nessuno, senza avvelenare il clima e senza mostrare “muscoli”? Non dica,i Sindaco, anche questa volta che la colpa è dell’opposizione, non giustifichi le sue mancate promesse elettorali dicendo che c’è un’opposizione che si vuole vendicare di chi non l’ ha votata: abbiamo chiesto e continuiamo a chiedere solo il rispetto delle regole, mi creda, nell’interesse di tutti. “Insuperbisciti in ragione dei tuoi meriti”
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Politica
Q
ualche settimana fa, sfogliando le pagine locali di un quotidiano, ho provato profonda tristezza nel leggere di un padre di famiglia che in preda alla disperazione si rivolge alle autorità e alla gente perché aiutino suo figlio a liberarsi dalla febbre da videopoker. Questo padre di famiglia è uno di noi, vive nella nostra comunità e nella nostra comunità vive anche suo figlio di diciassette anni. Ancora prima, nei mesi scorsi, abbiamo vissuto un altro dramma quando abbiamo “scoperto all’improvviso” di avere la droga in casa e di dover contare le prime vittime sul campo. Di fronte a fenomeni sociali di tanta e tale gravità le reazioni possono essere diverse a seconda della sensibilità e delle idee di ciascuno. C’è chi é portato per sua stessa natura a minimizzare le cose e chi invece a ingigantirle tracciando scenari apocalittici, infine c’é anche chi preferisce rispondere con l’indifferenza e il silenzio. La Chiesa ha scelto di impegnarsi secondo una concezione della solidarietà che io definisco “evangelica” basata cioè sull’opera di persuasione e di convincimento finalizzata al ravvedimento e al recupero dell’ individuo. Numerosi sono i Centri di Ascolto che sono sorti a tale scopo e notevole 1' impegno profuso nel pensare a forme di intervento capaci di produrre effetti concreti. Un tentativo questo che va comunque apprezzato e guardato con favore. Per fortuna però che c’é anche una concezione “laica” della solidarietà.
La sinistra che vive lontano dalla realtà di Antonio Ruglio
Per come la vedo io, solidarietà non è tanto capire le ragioni di chi soffre sforzandosi di riportarlo sulla giusta via come una pecorella smarrita in cerca di protezione quanto piuttosto potergli parlare guardandolo negli occhi e potergli proporre qualcosa di importante come alternativa. Mi piace pensare che una comunità sana, forte e veramente solidale possa parlare a chi è in difficoltà con la fermezza del saggio (inteso nel suo significato più alto) e la bonomia, l’umanità dell’uomo della strada. Dirgli, per esempio: La tua vita ti appartiene, puoi farne quello che credi, é un tuo diritto, ma sappi che se decidi di buttarla via non hai alibi di nessun tipo. C’é intorno a te una comunità viva che vuole aiutarti, che lavora e che si riconosce in principi universali di tolleranza e rispetto reciproco. C’è intorno a te una comunità di giovani che si organizza nel volontariato, nei servizi, nell’ambiente garantendo a tutti una migliore qualità della vita; una comunità nella quale le Istituzioni funzionano, si sforzano quotidianamente di stare al passo con i tempi, suggerendo investimenti, elaborando progetti e iniziative d’ogni genere. Di fronte a tutto questo l’individuo in difficoltà é portato a riflettere seriamente sulla propria situazione esistenziale, a valutare più attentamente i propri stati d’animo, le proprie speranze
fino ad accorgersi di non avere scuse, di non avere alcun motivo per poter dire: Io ho deciso di buttare la mia vita perché il mondo che mi circonda mi é ostile e non mi offre alcuno stimolo per una vita migliore . E’ una prospettiva per il futuro, una nuova speranza che bisogna costruire. Chi ha il dovere di farlo? La gente, innanzitutto. Seguono le Istituzioni, gli imprenditori, la politica. Sì, anche la politica. Mi domando quali effetti positivi avrebbe prodotto su tanti giovani una sana passione politica, fatta di impegno, idealità forti e coinvolgenti, entusiasmo e slanci emotivi veri. Mi domando che cosa sarebbe stato se fosse finalmente passata l’idea che la politica non é necessariamente sinonimo di corruzione e malgoverno, queste sono le degenerazioni della politica, essa é invece impegno, credere in qualcosa e sforzarsi di realizzarlo. Che il senso dell’appartenenza non è necessariamente una gabbia dentro la quale sentirsi costretti nelrispetto di dogmi assoluti quanto piuttosto sentirsi partecipi di un progetto e impegnarsi ad attuarlo non per il bene proprio ma per il bene di tutti. E’ questo che la politica dovrebbe fare, é questo che i partiti dovrebbero fare, suscitare passioni, slanci, rendere viva la partecipazione e l’impegno.
Anziché dividersi in mille inutili congreghe con il sostegno accordato ciascuno a un proprio candidato per poi presentare il conto l’indomani del voto e chiedere in cambio favori di varia natura, sarebbe il caso che qualcuno indicasse una strada diversa, una strada eticamente corretta e più incisiva ed efficace nei risultati. Sono certo che i lettori mi perdoneranno se spesso mi tocca ripetere cose già dette in precedenza, ma sono ugualmente convinto che gli stessi capiranno che fintantoché lo scenario rimarrà immutato parlare di queste cose lo considero un dovere civico dal quale non posso esimermi. Per spiegare le ragioni e la portata della sconfitta elettorale della sinistra nelle recenti consultazioni elettorali, Michele Serra ha intitolato il suo apologo pubblicato sulla Repubblica dello scorso ventuno aprile in questo modo: “La sinistra che vive lontano dalla realtà”. Uso la stessa frase per tentare di spiegare lo stato in cui versa la sinistra caposelese. Uno stato comatoso vero e proprio ai limiti della irreversibilità dove il contatto con la realtà non esiste e la lontananza è sempre più evidente. Per i numerosi generali senza esercito e per le semplici comparse che calcano la scena rifiutare ostinatamente una serena e lucida autocritica é come rifiutare una trasfusione vitale durante una crisi di anemia.
i popolari ottengono il 4.3% in più. E se i dati vengono confrontati con quelli delle politiche del ’96 si scopre che i Democratici di Sinistra, allora PDS, si sono avvicinati di parecchio al 30.8% di quattro anni fa mentre ancora i popolari fanno registrare un miglioramento del 4.3%. Nè la musica cambia se si parla delle precedenti consultazioni regionali del ’95. E allora vediamo se si può trarre qualche utile insegnamento dal voto dei nostri amici e compaesani. A volte certi ragionamenti sembrano cattivi, odiosi, antipatici. Sembra quasi una discussione sulla “persona”. Invece non è così. Perchè non c’è nulla di male a far capire ad un individuo che la politica non è cosa per lui. Spiegargli cioè che sarebbe più produttivo per sè, e soprattutto per la società caposelese, se impegno e forza fisica venissero incanalati verso altre attività. Sennò quando si capirà che senza fare comizi o campagna elettorale a Caposele i par-
titi prendono più consensi, attirano più elettori, riescono a far dimenticare certe facce e certe amenità del passato? E come si spiega che Forza Italia che non ha nemmeno un buco dove i referenti locali possano riunirsi ha superato un partito ben radicato a Caposele come il PPI, che ha ereditato tutti i dirigenti dell’ex DC (o forse non è questo il problema), e combatte ad armi pari o quasi con l’ex PCI sul quale è meglio stendere un velo pietoso? Vuol dire
che col silenzio si ottiene di più? O che certi personaggi da troppi anni presenti nell’agone politico hanno fatto il loro tempo e vengono lasciati in vita, politica s’intende, solo per tornaconto personale da parte di chi li manovra o perchè in grado di interpretare bene la parte dell’utile idiota? Forse sarebbe meglio risparmiare sulla bolletta dell’Enel...
LA SOLITA SOLFA Perchè i rappresentanti locali dei partiti, più o meno sempre gli stessi e quasi sempre provenienti dagli stessi clan, non traggono mai utili indicazioni sui risultati che di volta in volta escono dalle urne? L’interrogativo non è di poco conto se solo si pensa che in genere i referenti caposelesi di certi gruppi politici commettono sempre i medesimi errori, specie nelle campagne elettorali amministrative. Eppure basterebbe davvero poco per evitare brutte figure, personali e politiche, o atteggiamenti presuntuosi che in questo settore non pagano mai. Perciò giusto per avere il conforto dei numeri (la matematica non è un’opinione) occupiamoci delle ultime elezioni regionali a Caposele. Subito un dato balza agli occhi. Ds e PPI portano a casa rispettivamente 526 e 342 voti con percentuali ben superiori a quelle di un anno fa quando si votò per le Europee. Oggi infatti i diessini possono contare su un più 5.3% mentre
Pasquale Cozzarelli
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Politica
I FALO’ DI SANT’ANTONIO di Alfonso Sturchio
L’appuntamento era alle ventuno e trenta davanti alla sede della Pro Loco. Da lì sarebbe iniziato il percorso che avrebbe portato la Commissione a visitare tutti i falò accesi quella notte nel territorio caposelese. L’equipaggiamento appariva subito inadeguato all’occorrenza - il tre ruote di Mancino, le stampelle di Berto, la mia vespa ed una Rover prossima alla rottamazione – per cui capimmo subito che avremmo percorso parecchi chilometri a piedi. Ci avviammo. La prima splendida visione ci apparve quando ci affacciammo da piazza XXIII novembre verso via Peschiera: tavole imbandite di fianco al falò e decine di persone e profumi di buona cucina con il sottofondo di fisarmoniche. Ci saremmo volentieri precipitati a contemplare più da vicino quelle pietanze, ma il dovere ci chiamava ed allungammo verso la Sanità a vagliare il primo falò.Anche qui la festa era appena cominciata e Cesarino ci tenne ad informarci che: le ginestre che Antonio Sena stava misurando con passi precisi (1520 metri cubi) provenivano dalle Petazze e dintorni; le matasse dovevano essere servite di lì a poco; della musica di Gigi D’Alessio in sottofondo non si reputava responsabile. Assaggiamo scrupolosamente le varie pietanze che ci venivano offerte tra cui spiccavano taralli e spaghetti aglio, olio e peperoncino; brindammo con del buon vino locale e proseguimmo verso via Mulino.Qui l’atmosfera era più intima e raccolta a differenza degli anni precedenti caratterizzati da una larga partecipazione, ma la tavolata si presentava alquanto ricca e suadente, per cui non potemmo esimerci dall’accettare un’ottima pizza al pomodoro e con le alici, ed un piacevole vino rosso rinfrescante.A meno di cento metri si presentava di nuovo alla nostra vista il falò posto all’incrocio tra le vie Ogliaro e Peschiera. Quando vi giungemmo diverse tavolate si allungavano lungo la strada in un clima di festa; ad un lato erano ammassate le ginestre ed all’altro era stato eretto un magnifico altarino per il santo. Fummo condotti al tavolo-buffet e diligentemente assaporammo ogni cosa: parmigiana r’ mulignam, triiddi cu la r’cotta e cu lu suffrittu, sauzicchi arrustuti, paparuoli arr’canati, friarieddi, patan sfruculat’, patanieddi ed altro ancora. La musica della fisarmonica accompagnò diverse bevute del buon vino di Persano e Zenzano; salutammo il sindaco e gli altri commensali che sedevano ai tavoli, e ci congedammo estasiati. Era pur sempre il falò della mia infanzia. La strada ci condusse verso il Castello dove i bambini che rivendicavano l’ottima raccolta di ginestre, alimentavano sapientemente il fuoco. Anche qui l’ambiente era più intimo, ma tra il falò ed un bell’altarino a Sant’Antonio non mancavano le prelibatezze.
Degustammo ben volentieri cucuzzieddi ‘ndurati e fritti e patan sfruculat’ accu li ciciri, il tutto annaffiato con un altro bicchiere di vino rosso in onore del santo. Berto non perdeva occasione per descrivere le virtù ‘r lu faoru del suo quartiere. Venimmo giù per la strettoia buia che unisce il Castello al Corso Garibaldi – ognuno calcolando i secoli che non scendeva per quelle scale – per giungere al maestoso falò della Portella. Indubbiamente doveva essere il più frequentato di tutti e si scorgevano molte persone che abitavano in tutt’altra zona del paese, cosa alquanto bizzarra per quanto ricordavamo. Ma la bella musica di un complesso locale e la sapiente organizzazione culinaria era un’attrazione troppo forte che sovrastava anche il bel fuoco schioppettante di frasche e ginestre. Visitammo il locale attrezzato per la cucina e la distribuzione dei piatti e qui vi trovammo squisitezze di ogni genere: trippa e fasuli, matass’ e‘ ciciri, suffrittu, maltagliati e fungi, pizza accu la prummarola e cu r’alici, le immancabili patan sfruculat e tant’altro. In quell’istante stavano servendo un gradevole spaghetto a la sangiuvanniellu che accettammo di buon grado, mentre in una conca di plastica venivano rinfrescati meloni bianchi e rossi. Sulla piazzetta erano già cominciate le danze al ritmo della tarantella. Al momento di congedarci con un rosso della Chiusa, dai fossi partirono raffiche di fuochi pirotecnici. Avremmo anche potuto finire lì la nostra serata, ma il dovere ci chiamava e proseguimmo la nostra discesa verso il Ponte. Qui trovammo una bella tavolata che si stendeva al tepore del falò continuamente attizzato dagli uomini. In una culla assisteva alla festa quella che si è rivelata essere la più giovane partecipante ai falò: Giovanna Ilaria, di soli 20 giorni. Sulla brace erano state coricate file di salsicce, ma trovammo solo il tempo di assaggiare un piatto di ottime matasse, salumi e formaggi, e di versare dalle giarle un altro bel bicchiere. Abbandonammo il paese per raggiungere Serra Castagno. Appena scesi dalla macchina subito avvertimmo la magia di un’atmosfera che non avremmo riscontrato altrove. Seduti a semicerchio di fronte ad una fiamma imponente stavano vecchi e ragazzi, che buttavano ginestre sul fuoco sospinti dalla musica di tre riganetti. Sul tavolino brillava un insuperabile vino rosso di Pasano della cui bontà fummo fatti partecipi più di una volta, la cui forza dovemmo alleviare con taralli e biscotti fatti in casa. Più tardi sarebbero emerse dalla cenere decine di patanieddi. Era invero il più classico dei falò finora osservati: immutato negli anni, essenziale, e fedele alla tradizione che aveva sviluppato Caposele. Abbandonammo quella poesia per raggiungere Materdomini.
Una fase del tradizionale contorno al falo' organizzato dagli abitanti del quartiere "PIANICHIUSA", vincitori del concorso 2000 organizzato dalla Pro Loco
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Un cono di fumo ci lasciò individuare il fuoco acceso nel villaggio Duomo. Era già passata la mezzanotte, ma ancora erano presenti i numerosissimi bambini che avrebbero fatto di quel falò il più giovane in assoluto. Ci spiegarono cosa avevano mangiato e ci mostrarono la discoteca ambulante con tutte le luci psichedeliche che avevano montato ai lati del fuoco. Tutti rivendicavamo il gran lavoro di raccolta delle ginestre. Ai Piani ritrovammo un altro complesso locale, la cui bella musica invitava i molti partecipanti a ballare ai margini di un grande fuoco. Nondimeno era ricca la tavolata che avevano allestito e di cui fummo interessati – fusilli, salumi vari e patan sfruculat su tutti – ma dopo un solo brindisi il tempo che stringeva ci chiamò verso l’ultima tappa della nottata, duecento metri più in basso. All’incrocio tra i Piani e la via che porta alla Chiusa e San Vito, passata l’una di notte, la festa sembrava appena cominciata. Un fuoco rigoglioso avvertiva gli avventori che erano state fatte le cose in grande. Su una terrazza era stata sistemata una tavolata imbandita con ogni ben di Dio e su di un tavolo facevano mostra di sé i prodotti più rappresentativi della cucina tradizionale caposelese con tanto di didascalia. Patan’ e favuddi, ov’, casu e paparulicchiu, patanieddi, matass’e ciciri, ‘ngattinata, fusiddi e triiddi, pummaruol ’a’nzalata, pizza accu r’alici solo per citarne qualcuno.
Non mancava un appropriato altarino a Sant’Antonio, dietro il quale erano stati disposti tutti gli attrezzi e gli utensili della nostra civiltà contadina: giarl e arzuri, callaruli, callar’, pignat e pignatieddi, jiurnicchi, jiral’, conn’l, matrell’, accriscitor’ ed ancora altri, ignoti al mio modesto vocabolario. Di fianco al falò gli uomini battevano il grano armati di mazz’caturu, vattaturu e forca mentre le donne servivano da bere ed intonavano i nostri canti tradizionali. Gerardina Cione ci invitò a sedere e provare le matasse appena servite mentre a turno gustammo a canniddu il magnifico rosso della Palmenta offerto da Teodoro Sozio. Non mancavano dolci fatti in casa ed un bel melone rosso e limoncello fresco per chiudere. E poi ancora giri a canniddu ed una quadriglia con inevitabile batticulo ritmato dalla musica di due riganetti a cui non ci siamo sottratti.Tornati alla Pro Loco, passate le due di notte, abbiamo sommato i voti dati ai falò visitati e la conta finale ha dato ragione a quello dei Piani appena descritto, eccellente in ognuno dei criteri di valutazione.Passeggiando per il paese ancora si intravedevano i pennacchi di fumo dei falò che tardavano a spegnersi, ed abbiamo pensato a quanto doveva essere suggestivo quella notte Caposele visto dall’alto.
L'organizzazione del falo' dei "PIANI-CHIUSA" è stata inappuntabile: tra le specialità gastronomiche gli attrezzi della nostra tradizione culinaria
I ragazzi dei PIANI protagonisti del falò del loro quartiere
L'area organizzativa per la distibuzione delle pietanze al falo' della "PORTELLA" Al falo' di via Peschiera si canta, si suona e si mangia
Il gruppo degli organizzatori dell'unico falo' di Materdomini: quello di via DUOMO
Alcuni degli organizzatori del falo' dei "Piani-Chiusa"
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Intorno a noi
L'attiva Comunità Montana "Terminio Cervialto" ha organizzato negli ex locali della scuola elementare in Piazza Sanità un luogo di raccolta di attrezzi, pietre storiche, oggetti del passato legati e collegati a tempi ormai passati e che, grazie a questa possibilità, possiamo ammirare, e rivivere, magari, inseriti in una ricostruzione ambientale della loro epoca: IL MUSEO DELL'ANTICA CIVILTA' CONTADINA Lo sforzo organizzativo voluto fortemente da Gerardo Cibellis, coadiuvato da tutti gli operai forestali di Caposele, ha mirato e continua a guardare alla storia delle antiche tradizioni ed usanze di
Caposele facendo un'attenta ricerca, raccolta e catalogazione
non solo di esemplari imbalsamati di animali, rettili ed uccelli che solcano e volano tra i cieli e che ricostruiscono perfettamente l'ambiente dei nostri monti, ma tenta di avere un collegamento concreto e visibile delle usanze, dei costumi, e degli attrezzi di un epoca passata.
Per questo e
per la continuazione del "museo" per il quale speriamo
ci possa essere successivamente, una sede più adeguata, si chiede la collaborazione della gente di testimonianze.
Caposele
per la raccolta di altre
Tra gli attrezzi della antica civiltà contadina è in mostra una trebbia autentica con tutti i pezzi originali e funzionanti
La carriola completamente costruita a mano ed in legno e ruota in ferro, un vero bolide.
INTERROGAZIONE
La perfetta ricostruzione dell'antico ambiente di soggiorno con il braciere, il caminetto in pietra e mattoni, le cucchiaredde e i salami appesi.
Anche il settore ambiente è ben rappresentato con la mostra di specie animali caratteristici dei nostri monti: cornacchie, corvi, beccacce, ed altro
Il "bacile", per le operazioni quotidiane di pulizia
Tra i vari oggetti in mostra anche reperti di carattere storico ed affettivo come questa acquasantiera della Chiesa Madre di San Lorenzo VISITATE IL MUSEO L'INGRESSO E' LIBERO ED E' CONSENTITO A TUTTI NEGLI ORARI LAVORATIVI DEI FORESTALI La "varda" dell'asino con tutti gli optional annessi
L'antica stanza daletto dalla quale si evince: il letto con li scarfuogli; la culla; il baule ai piedi del letto ed altri oggetti a contorno
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Sport
IL NUOTO CAPOSELESE ANCORA IN PRIMA PAGINA
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alzano ancora una volta agli onori della cronaca sportiva gli atleti del Centro Nuoto Caposele. I ragazzi guidati dal prof. Giacomo Salicone hanno ottenuto infatti lusinghieri risultati al 14° trofeo Filippo Galanti di Lugo nel ravennate; valevole per l’assegnazione dei titoli di campione italiano indoor 2000 di nuoto pinnato di prima e seconda categoria. In Romagna hanno brillato un po’ tutti i partecipanti alle varie gare. Da sottolineare comunque le prestazioni delle ondine nella staffetta 4x50 1^ categoria composta da Angela Romito, Ilenia Di Paolo, Rossella Della Corte e Serena Brundu che hanno ottenuto il 2° posto e della staffetta 4x50 1^ categoria maschile ancora medaglia d’argento con
Andrea Bellino, Carmine Torluccio, Giuseppe Petrozzino e Moreno Di Pietro.Quest’ultimo atleta ha conquistato anche la terza piazza nella finale dei 100 metri. Altre importanti performances sono giunte dalle classifiche finali per società con il secondo posto per il sodalizio del presidente Antonio Zarra sia nel settore maschile che in quello femminile. E alla fine il nome del Centro Nuoto Caposele si è posizionato bene spuntando il settimo posto assoluto su 21 società partecipanti. Perciò l’allenatore Salicone e i dirigenti possono giustamente sostenere che “La soddisfazione è davvero grande perché abbiamo confermato
di essere sempre tra le prime squadre in campo nazionale". E la stagione si chiude dunque in modo positivo soprattutto grazie all’impegno dei nostri atleti”. Ecco infine i nomi degli altri validissimi nuotatori: Carlo Caranese, Domenico Francione, Raffaele De Rogatis, Angelo Calabrese, Edoardo Marino, Vincenzo Russomanno, Antonello Bellino, Raffaele Passaro, Mariangela Falivena, Antonella Recupero, Teodolinda Del Guercio, Carmen Iannuzzi, Gerarda Vuocolo, Concetta Meluzio, Rossella Colantuono, Filomena Iannuzzi, Gerarda Falivena, Maria Di Masi, Carmela Cuozzo.
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di Pasquale Cozzarelli
La foto ritrae la campionessa Carmela Cuozzo protagonista di innumerevoli successi in campo nazionale
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REDATTORI
Politica
MAZZARINO O DON ABBONDIO ? tuttavia, i rapporti sono stati di perfetta armonia e di reciproco rispetto, ma pur tra alti e bassi, tra brevi separazioni e lunghe convivenze, siamo stati insieme per un tempo lungo, davvero molto lungo. E’ ovvio che, almeno in teoria, ma solo in teoria come abbiamo troppo tardi scoperto, avevamo obiettivi comuni, perché, ad esempio, non sempre alla nostra lealtà e al nostro disinteresse per ciò che Guicciardini chiamava il “ particulare “, corrispondevano analoghi atteggiamenti da parte dei nostri alleati. Non è che non ci accorgevamo, che spesso ciò che dichiaravano e sostenevano non corrispondeva ai loro reali intendimenti, ma il più delle volte facevamo finta di non capire e, talvolta, ci rifiutavamo perfino di capire, per non compromettere un’alleanza politica, in cui credevamo, nel senso che in essa, con fiducia, avevamo riposto le nostre speranze di rinnovamento e
di alternanza di una classe dirigente locale, già allora consunta dalla pratica del potere. La priorità , che avevamo dato a tale finalità, ci induceva spesso a non tener conto della loro protervia e della loro spavalderia, nel considerarsi i primi della classe e di guardare gli altri dall’alto verso il basso; ma , ancor di più, ci induceva finanche a cercare di dirimere gli scontri, che pur vi erano al loro interno. Oggi, che molta acqua è passata sotto i ponti, oggi, che guardiamo il passato con occhio critico e disincantato, ci accorgiamo che altro non erano che tanti Mazzarino in brutta copia, tanti cardinaloni, che tessevano le loro trame, assicurando a loro stessi e ai loro gruppi e sottogruppi fette sempre più consistenti di potere . Che quanto sto affermando sia vero, è ampiamente dimostrato dai pochi scrupoli che Corona e Melillo hanno avuto nel costituire l’ammucchiata, che oggi amministra Caposele.Tuttavia, bisogna riconoscerlo, erano abili, molto abili, nel
LA SINISTRA, INNANZITUT-
di Michele Ceres
mascherare la loro vera natura. Erano tanti piccoli Mazzarino, eppure avevano il vezzo, come l’hanno avuto l’anno scorso, di dipingersi come tanti don Abbondio, continuamente minacciati e strapazzati dagli altri. Ed hanno vinto, grazie pure a questa loro civetteria. Sì hanno vinto, è vero. Ma il dramma è che non ha vinto né Mazzarino, né don Abbondio. Hanno vinto Mazzarino e don Abbondio assieme. POVERI NOI !
MICHELE CERES
E
’ ormai passato un anno ed un anno, pur non essendo un tempo eccessivamente lungo, è tuttavia sufficiente per un bilancio abbastanza veritiero; è sufficiente per un’ approfondita riflessione critica sul proprio operato; è sufficiente per superare risentimenti e ,quindi, per far sì che si effettuino analisi oggettive , non inficiate da dati influenzati dalla reazione emotiva, rispetto ad un risultato poco prevedibile e, per alcuni versi, irrazionale. In quest’anno ho riflettuto molto sulle mie scelte, non solo su quelle relative alle elezioni dell’anno scorso, bensì anche su quelle che hanno contraddistinto la mia presenza pubblica, il mio operato politico, dal 1970 in poi, approssimativamente fino al 1995. E’ un arco di tempo molto lungo,costituito da ben cinque lustri, in cui noi ex democristiani siamo stati alleati con quegli ex socialisti, che oggi governano Caposele.Non sempre,
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immagini, suoni, storia e quant'altro di Caposele da consultare e conservare nel vostro archivio
Alfonso Merola
I risultati elettorali delle consultazioni regionali qui a Caposele meritano alcune considerazioni. Nonostante un quadro generale di difficoltà del centro/sinistra, Bassolino si afferma con un 61.7% e le liste a lui collegate sfiorano il 65%. Questo risultato brillante è, però, segnato da un forte astensionismo: almeno 800 caposelesi hanno preferito restarsene a casa. Sarebbe opportuno capire in sede locale che cosa agevola quest’atteggiamento in un paese che in passato ha sempre mangiato pane e politica. Certo è che quei 2050 caposelesi andati alle urne non sono stati sollecitati da alcuno, stante l’assenza dei partiti e la loro scarsa mobilitazione. In questo quadro crescono i D.S. e ancora di più i Popolari, ma insieme non raggiungono il 50%. Almeno un 20% della coalizione di centro/sinistra è costituito da elettori non popolari, né diessini, come a dire sono fuori da un generico patto di ferro tra P.P.I. e D.S. locali e molto probabilmente non sono, né saranno, disponibili ad essere muti spettatori di tattiche e strategie dei due comprimari. Questo fatto incontestabile pone i democratici di sinistra innanzi ad un dilemma: continuare sulla linea del 1999 o rivedere i loro rapporti politici. Non bisogna dimenticare che in due tornate elettorali successive (1995 e 1999) i D.S. sono usciti sconfitti, ovvero non esercitano più ruoli di governo locale. Chi crede di leggere nei dati regionali un incoraggiamento a perseverare nella linea tracciata, sbaglia perchè necessariamente cade nell’errore di considerare la situazione attuale in continuità con quella che fu la storia del P.C.I. Vediamo perchè sbaglia. 1) Il P.C.I. era una forza del 38-40% che nel suo ruolo di governo o di opposizione manteneva un monopolio della sua area virtuale di consenso e di azione politica. Il 29% del D.S. è un movimento d’opinione che solo al minimo riconosce autorità ed autorevolezza ad un suo gruppo dirigente ingessato ed impacciato nell’agitare le acque politiche e restituire fiducia ad un elettorato tendenzialmente di sinistra. 2) Il P.C.I. era una formazione fortemente strutturata sul territorio, con un tesseramento diffuso e una presenza attiva nel tessuto sociale e civile; una formazione politica che costruiva i risultati elettorali senza affidarli ad un’inerte casualità. 3) Il P.C.I. con le sue regole inequivocabili ed indiscutibili pretendeva coerenza di comportamenti e governo del dissenso e delle sensibilità politiche. I D.S., oltre a non essere più una forza robusta e diffusa, si affidano ad una personale e generica interpretazione della militanza, svuotata e sottratta alla democrazia interna e alle sue regole. 4) Il P.C.I., infine, sapeva costruire le sue alleanze con intelligenza, pazienza e realismo nel solo interesse della sua forza e della sua capacità di governo. I D.S., invece, sono custodi di formule nazionali appesantite da letture locali esasperate per lo più condizionate da un soggettivismo moralistico. E’ del tutto evidente, allora, che la presente fase non può essere vissuta dai D.S. con enfatizzazione ed esaltazione. E’ più logico, a questo punto, mettersi in discussione ed aiutare il complesso quadro del centro/sinistra locale a ritrovare una sintesi unitaria (e questo nello stesso interesse di Caposele). Diventa necessario, allora, aprirsi ad altre esperienze e ad altri uomini con cui non ci sono più conti da regolare e tentare, così, di costruire un progetto di rilancio utile alla nostra comunità la cui tenuta sociale e civile comincia a traballare. Oggi è prioritario recuperare all’unità tutta la sinistra storica di questo paese, incluso chi ha sbandato in passato verso Berlusconi per disperazione, per protesta o per orgoglio ferito. Solo in questo modo, io credo, si sarà in grado di richiamare all’attivismo intere generazioni che da anni si sono disimpegnate dalla Politica, senza delle quali non è possibile assicurare il necessario ricambio di cui ha bisogno Caposele.
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Lavori in corso
La Chiesa Madre dedicata a San Lorenzo non vede ancora l'ultimazione. Il ritardo accumulato per l'ultimazione dell'opera supera di gran lunga i due anni rispetto ai termini contrattuali di consegna. E' sicuramente un lavoro molto complesso, destinato, purtroppo, a rimanere incompleto. Sembra, infatti, che l'Impresa assuntrice dei lavori abbia abbandonato il cantiere. E' necessario che i caposelesi si mobilitino affinchè siano rimossi gli ostacoli che ancora impediscono il regolare svolgimento dei lavori.
Anche per il POLO SCOLASTICO si registrano ritardi notevoli rispetto ai termini contrattuali. I lavori frattanto proseguono, sia pure a rilento ed a fasi alterne. Sono, attualmente, in fase di ultimazione i lavori strutturali del primo e secondo blocco. Sono in corso, inoltre, i lavori di tompagnatura e di tramezzature.
E' una rubrica che inaugura, con questo numero, una serie, speriamo lunga e proficua, dedicata alle Opere Pubbliche più significative in corso nel nostro paese. Cercheremo di dare, visivamente, lo sviluppo, nel tempo, della loro "evoluzione storica" . Seguiremo i lavori (a singhiozzo) della Chiesa Madre, in grande ritardo rispetto alle previsioni contrattuali, quelli del Polo scolastico, ugualmente in ritardo, della scuola elementare di Materdomini e delle Casa Popolari iniziati da poco in località Piani. particolare attenzione sarà rivolta ai lavori (imminenti) di Urbanizzazione che riguarderanno l'arredo urbano del centro abitato. Daremo un'informazione il più possibile corretta ed obiettiva dei lavori sperando di fare cosa gradita ai tanti caposelesi che, da lontano, vogliono seguire gli sviluppi della ricostruzione del tessuto urbano del nostro Paese.
La SCUOLA ELEMENTARE di Materdomini è in fase avanzata di costruzione per quanto concerne la struttura in c.a. I lavori, si prevede, dovrebbero essere ultimati nel 2001.
Dopo una prima fase abbastanza tormentata relativa alle lungaggini burocratico-amministrative, sembra che lavori delle CASE POPOLARI in contrada Piani, siano ben avviati.
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AMPAS
A.N.P.A.S. CAPOSELE
U
n altro anno di attività è trascorso per la Pubblica Assistenza di Caposele ed è, quindi, tempo di fare una verifica dell’operato effettuato. Difatti bisogna verificare per guardare in avanti e riprogettare e progettare attività finalizzate a rimuovere forme di esclusione sociale e a realizzare un modello di sviluppo e di vita socialmente sostenibile e a misura d’uomo. La nostra Associazione ha sempre cercato di promuovere una Cultura Solidaristica intorno ai problemi assistenziali, di lotta alla solitudine ed all’emarginazione ed intorno ai problemi socio-sanitari. Nel nostro territorio è ormai divenuta una presenza rassicurante l’Ambulanza che, attraverso l’operato, altamente meritorio, dei soccorritori, ha cercato e cerca di rimuovere i problemi legati al trasporto ed al soccorso sanitario. Va detto che i volontari, pur di continuare ad assicurare il servizio, si sottopongono a turnazioni molto frequenti e ravvicinate, mancando, purtroppo, un numero adeguato di persone. E’ perciò necessario che tutti contribuiamo con un impegno responsabile e personale, ad incrementare il numero dei soccorritori. In tante realtà, molto più piccole della nostra, vi è una gara dei cittadini intorno all’Emergenza Sanitaria e tutti si sentono coinvolti e compartecipi nell’assicurare un adeguato trasporto e soccorso sanitario. E’ perciò non solo auspicabile, ma doveroso, che le tante energie esistenti a Caposele vengano canalizzate per assicurare a noi stessi servizi adeguati e sempre più qualificabili. A questo proposito va detto che sarà realizzato, tra non molto, un nuovo corso di formazione, fermo restando la disponibilità di parecchie persone a frequentarlo, per poi divenire soccorritori e contribuire al servizio. Per quanto riguarda l’Ambulanza, va inoltre detto che avendo avuto nell’imminente passato una somma limitata, siamo partiti con l’acquistare
un mezzo usato; oggi il servizio è decollato e ben visibile a tutti, è pertanto necessario pensare all’acquisto di un’Ambulanza nuova, dotata di attrezzature adeguate, come un moderno defibrillatore automatico, al fine di garantire un servizio sempre più efficace, in vista anche dell’attuale e sempre maggiore affluenza di persone al Santuario di San Gerardo. Riteniamo, pertanto, necessario ripartire non solo con una nuova sottoscrizione popolare, ma con l’inoltrare legittima richiesta di ablazioni all’Amministrazione Comunale, ai vari Enti ed Associazioni, alla Comunità di Materdomini e dei PP.RR. nei confronti dei quali la nostra Associazione ha sempre espletato un servizio con senso di responsabilità ed impegno. La nostra Associazione ha realizzato e realizza, in Convenzione con il Comune di Caposele, l’assistenza domiciliare ad anziani ultrasessantacinquenni, nonché servizio di informazione e di consulenza per anziani, disabili e persone in difficoltà. Il suddetto servizio è stato accolto dall’utenza in modo positivo, in quanto rimuove difficoltà di carattere sociale, sanitario e psicologico di molte persone. Il servizio assistenziale agli anziani è, inoltre, integrato con alcune attività di animazione che vengono svolte presso il centro della P.A. a favore degli stessi anziani e di portatori di handicap. Per quanto riguarda gli anziani va ribadita la necessità di attivare un più articolato “Progetto di tutela”, progetto che deve contemplare un’integrazione a diversi livelli: previdenziale, sociale, sanitario (con l’attivazione dell’assistenza infermieristica), culturale ed un servizio di telesoccorso per anziani che, per bisogno o per scelta, vivono da soli. Sarebbe, inoltre, auspicabile, la realizzazione di una “Casa di riposo per Anziani” che consentirebbe allo stesso anziano di trascorrere il resto della sua vita in maniera dignitosa, senza peraltro essere sradicato dalle sue abitudini e tradizioni; il tutto significherebbe anche lavoro per gente del posto. La realizzazione di una “Casa di riposo” non è affatto un’utopia, considerando le strutture che nel nostro territorio sono, allo stato attuale, vuote e, quindi, inutilizzate. La P.A. ha, inoltre, collaborato al “Progetto minori L. n.285/97”, realizzando l’estate scorsa, con nostri operatori volontari l’attività di laboratorio della Ludoteca, dove venivano espletate attività di animazione, attività grafiche e pittoriche ed attività di escursione nei confronti di bambini e fanciulli dai 4 ai 14 anni.
A proposito della 285 va detto che la Regione ha rifinanziato il Progetto, pertanto quest’anno ripartirà non solo l’attività della Ludoteca, ma anche quella del sostegno relazione Genitori-Figli, Servizi Prima Infanzia; quest’ultima attività consisterà nell’accoglienza di bambini in età da 0 a 3 anni al fine del miglioramento delle qualità relazionali all’interno della famiglia. La P.A. ha interagito anche con il mondo della Scuola, infatti presso il nostro Centro, la III media di Caposele elabora un “Progetto alla Solidarietà” facendo esperienza diretta con il mondo dell’anziano e del disabile, in questo modo l’approccio alla diversità diventa un gesto spontaneo e privo di qualsiasi preconcetto. Per quanto riguarda i giovani, va detto che siamo convinti che essi rappresentano una categoria svantaggiata, nel senso che niente o pochissimo si realizza nel tentativo di rimuovere i molteplici disagi che essi vivono, disagi che, purtroppo, spesso determinano delle fughe in situazioni altamente a rischio. Bisogna, pertanto, attivare una serie di interventi finalizzati a rendere i giovani protagonisti del loro vivere e del loro futuro. Necessita realizzare delle Politiche Giovanili che vedano i giovani non più come utenti a cui gli adulti indirizzano dei servizi, ma come attori delle Progettualità a loro rivolte. Si potrebbero attivare una serie di iniziative, come la costituzione di una Consulta Giovanile, che potrebbe essere un organo consultivo del Consiglio Comunale, al quale presentare proposte e formulare pareri su problematiche giovanili; tale Consulta potrebbe, inoltre, favorire il raccordo tra i giovani e le Istituzioni oltre a promuovere rapporti in rete con Consulte e Forum presenti nel territorio provinciale e regionale, tali rapporti servirebbero a fare superare settorialità e parzialità ai diversi interventi intrapresi. Per quanto riguarda un’altra attività che la nostra Associazione intende perseguire, ma che finora ha visto pochissima realizzazione, è la Protezione Civile. Purtroppo le calamità naturali hanno toccato anche la nostra terra e tutti noi ricordiamo ancora il terrore, la paura, il disorientamento provocato dal sisma del 1980. Costituire un Gruppo di Protezione Civile con relativo Centro Operativo anche nel nostro Comune, significherebbe, ad esempio, riuscire ad elaborare piani preventivi, che in caso di calamità,
almeno potrebbero impedire il caos e la disorganizzazione totale; inoltre costituire un Gruppo di Protezione Civile significherebbe dare una risposta operativa all’esigenza di allertamento del Dipartimento Protezione Civile. Per creare un Gruppo di Protezione Civile occorre sinergia tra Istituzioni Locali, volontariato e cittadini, in quanto bisogna stanziare dei fondi necessari ed è quanto noi auspichiamo venga realizzato al più presto. Un altro discorso che occorre fare per poter realizzare effettivamente una società umana è quello di dare il giusto spazio e riconoscimento a tutte le sue componenti e quindi anche e, forse, soprattutto alla Donna. Oggi le donne scelgono di vivere giustamente molte esperienze di vita: il lavoro, gli affetti, la maternità come scelta e non più come destino; ma tutte queste forme di giusta “emancipazione” si scontrano con una società che nella sua organizzazione materiale, nei suoi tempi, considera il sesso femminile come complementare e subalterno a quello maschile; ne deriva che l’emancipazione diviene, quasi sempre per la donna, un disagio; è pertanto necessario modificare il sistema sociale con cambiamenti tangibili nella vita di tutti i giorni. E’ pertanto giusto e doveroso che le donne si riapproprino di parte del tempo da dedicare a sé, alle proprie problematiche, alla propria crescita. Ed è in quest’ottica che la P.A. intende muoversi realizzando incontri e dibattiti sulla trasformazione del nostro tessuto sociale. Per concludere, riteniamo necessario al fine di realizzare un equo Stato Sociale, individuare i bisogni diffusi ed emergenti della nostra realtà, attivando forme concrete di partecipazione al Sistema di Erogazione dei Servizi, attraverso, ad esempio, la costituzione di Coordinamenti di Risorse da affiancare all’Assessorato Specifico. Ed è in quest’ottica che abbiamo preparato uno schema di Intesa di Programma, al quale ci auguriamo vorranno dare la propria adesione cittadini, Organizzazioni, Associazioni ed Enti, in modo da superare contrapposizioni e contrasti nel tentativo di dare un volto Nuovo e Migliore al nostro paese, alla nostra vita e soprattutto alla vita dei nostri figli. Cesarina Alagia Presidente ANPAS - Caposele
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La scuola
LA SCUOLA, I GIOVANI, LA COMUNITA’
di Granese Silvano
Finisce un altro anno scolastico; questo più degli altri all’insegna del cambiamento radicale e di fastidîose incertezze. Nuove norme ed ordinamenti, nuovi saperi da apprendere e nuove modalità organizzative, nuovi ruoli e funzioni, nuoví compiti e relazioni: tutti insieme questi elementi si affollano in un groviglio all’orizzonte . Nel gran polverone non è agevole per nessuno cogliere il disegno delle nuove istituzioni scolastiche o il profilo strutturale del sistema dell’istruzione e della formazione . Anche perché il legislatore non ha ancor messo a punto completamente gli strumenti di riforma e le strutture di supporto che dovranno collocare e mantenere sul giusto binario la locomotiva scolastica che dovrà trasportare in Europa giovani generazioni di italiani capaci di competere nel globale mercato del lavoro e delle professioni. Processi di riforma ed incertezze si combinano senza tralasciare di produrre effetti e preoccupazioni anche sul piano locale :a quando la verticalizzazione lungamente annunciata (unica direzione per la scuola materna, elementare e media ) per Caposele? Se gli addetti ai lavori hanno difficoltà ad interpretare con sicurezza i processi in corso, anche la comunità si sta interrogando sul futuro formativo per i propri figli. Quale obbligo scolastico? (quale formazione professionale o apprendistato (obbligo formativo) ? A quando funzionali edifici scolastici per le future generazioni di alunni/studenti di Caposele e strutture ed attrezzature che garantiscano idonei ed accoglienti ambienti di apprendimento e di vita ? Incertezza e precarietà non giovano a nessuno, non incoraggiano entusiasmi ed iniziative. Anzi, rendono difficoltoso lo sviluppo di una piena professionalità e la valorizzazione completa di ogni risorsa disponibile. L’auspicio che formuliamo è di avere al più presto un quadro normativo di riferimento ed un contee operativo “stabilizzati”. Anche se ci sembra di poter fondatamente sostenere che la stabilità costituirà sempre meno un connotato significativo del nostro agire nonché per i futuri sistemi socioculturali e produttivi. Nel contesto di questo quadro confuso ed incerto che genera ansia e preoccupazione nel mondo della scuola vanno comunque emergendo, in prospettiva, alcune certezze con le quali saremo obbligati in modo sempre più serrato a fare i conti: A) La scuola dell’autonomia ha il difficile compito di costruirsi e costituirsi come un soggetto sociale con la testa nel mondo della cultura, ma con i piedi saldamente per terra. Deve formare giovani fortemente qualificati culturalmente e, pertanto, finemente sensibili nella percezione e valutazione di ogni espressione dello spirito e dell’intelletto; giovani intellettualmente attrezzati sul piano logico-critico ed emotivamente equilibrati. Ma contestualmente il giovane dovrà essere chiaramente orientato per capire, interpretare la realtà ed agire consapevolmente nel mondo con sicura capacità di effettuare scelte e di prendere decisioni autonome. B) Per conseguire l’obiettivo sopra esposto la scuola non può restare sola, ma ha bisogno di un forte, consapevole contributo da parte delle famiglie in primo luogo, ma anche da parte dell’associazionismo presente sul territorio. Il piano dell’offerta formativa (la carta di identità della scuola) sarà così meglio capace di intercettare i bisogni formativi emergenti dal tessuto comunitario, di assumerli e di coniugarli con gli indirizzi e gli obiettivi educativi e formativi nazionali. Dovranno padroneggiare i saperi ed i linguaggi tipici del nostro tempo. C) I protagonisti dell’educazione dell’istruzione devono accelerarecentrata sulla concreta, puntuale, ricorrente verifica dei processi sviluppati e dell’eflogica soggettiva principali ed autoreferenziale ad una estrategia cooperativa e relazionale i processi di riorientamento ficacia dell’azione svolta. della propria azione, passando rapidamente da una I3) Gli Enti Locali (il Comune in primo luogo) dovranno ricollocare le politiche scolastiche, percependole, in una dimensione europea come azioni con valenza strategica ai fini dello sviluppo locale e nazionale nonché dell’affermazione piena dei nuovi diritti di cittadinanza. Da essi deve venire un contributo più forte sia in termini di sostegno finanziario e di fornitura di servizi efficienti, sia in termini di iniziative nel campo dell’orientamento, della prevenzione, della dispersione, dell’educazione permanente e degli adulti. Per quanto ci riguarda faremo il possibile per creare le condizioni favorevoli ad incrementare le occasioni di confronto e di scambio, per migliorare la qualità della comunicazione e del coinvolgimento, per meglio promuovere per la scuola i processi di crescita in corso. SILVANO GRANESE
Preside della Scuola Media a Caposele
Andando per caso in via Palladino, ti imbatti in una piacevole novità o, per essere più precisi, in una piacevole “antichità”. Il portale della vecchia casa canonica è stato finalmente risanato e restaurato in modo eccellente e competente. A questo punto a qualcuno verrà da ringraziare impresa edilizia, direzione lavori, uffici tecnici e Soprintendenza... Niente di tutto questo! Se quel portale (che resta una delle poche e vere emergenze archeologiche di Caposele) potesse parlare, ci racconterebbe una storia che sa di incredibile, di pirandelliano. Questo portale fu risparmiato dal terremoto; ovvero, la furia di quei 90 secondi non si accanì su di esso eccessivamente. Non fu oggetto di depredazione nella fase del dopo-sisma. Certi “mercanti di arte povera” l’avrebbero pure voluto scardinare, ma l’impresa non era facile essendo stato ricavato da un unico blocco lapidario.La Commissione ex art. 14 e la Soprintendenza ai BAAAS, in fase di ricostruzione, ne prescrissero l’integrale
ricollocazione e restauro: ma, come si sa, le prescrizioni per l’U.T.C. sono come le grida manzoniane. Fatto sta che chi lo ha visto qualche anno fa, lo ricorda flagellato, maciullato, pressocchè irriconoscibile. Una sorta di monumento alla beffa e all’offesa. Il proprietario dell’immobile, Castagno Michele, un emigrato caposelese, se n’era preso quasi una malattia e non sapeva più a chi rivolgersi, presumendo che in uno stato di diritto la refusione per danno subito non è un dovere per il solo Governo, ma anche per chi danneggia, stante l’incompetenza o la mancata “alta e bassa sorveglianza”.Ma i meandri della pubblica amministrazione sono inestricabili ed inaccessibili ai comuni cittadini. E allora che ha fatto Castagno Michele? Ha messo mano alla “tela” e s’è rivolto all’ultimo valente artigiano della pietra e tutto è ritornato al suo posto. Molto probabilmente Michele Castagno non sarà
IL PORTALE DI VIA PALLADINO risarcito del danno subito; ma sia lui che Pasquale Russomanno meritano un sentito apprezzamento. Essi ci hanno restituito una memoria che altrimenti avremmo definitivamente perduto e ci hanno insegnato anche che, nel mondo delle ornie e delle lapidi amiatine, c’è ancora spazio per la pietra locale e la sua antica arte che, in un passato non molto remoto, non temeva paragoni.
Pasquale Russomanno, il restauratore del portale
di A.M.
Michele Castagno e Rosa Paolercia proprietari del fabbricato con lo splendido portale
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CAPOSELE: una favola ormai dimenti-
S
di Milena Ceres
ono una ragazza molto affezionata al paese in cui vive: Caposele è un passaggio tra una fiaba ed una cronaca. Prima di esprimere il mio giudizio su “Come vorrei che fosse”, vi vorrei parlare un pò di questa meravigliosa favola del passato. Anche se ci troviamo in un’epoca in cui i tempi della storia sembrano cadenzare velocemente e lontano da noi, c’è ancora spazio per decifrare quello che è stato del nostro passato “locale”. Già dalle prime luci dell’alba, a Caposele, si viveva un’atmosfera magica, si respirava un’aria pura e naturale, si sentiva chiaramente lo scroscio delle acque limpide del nostro amato fiume, i contadini in sella ai loro asini, fischiettando allegramente, si recavano presso i loro campi. Caposele appariva come un gioiello incastonato tra le fantastiche selve del monte Paflagone. Caposele viveva tra il verde dei monti e l’azzurro del fiume che, con il suo letto limpido, invitava le massaie a “sciorinare” la loro povera biancheria. La sera, una volta rincasati, la vita continuava nell’intimità della famiglia, mentre fuori, nel buio, si accendevano qua e la le luci dei lampioni, proprio come un presepe. C’era un laghetto artificiale dove si specchiava un salice piangente, sotto il quale, nelle serate d’estate, le cicale cantavano la loro serenata. Ogni abitante di Caposele si abbandonava tranquillo, pago a godere i colori, la freschezza, la naturalità che tutto questo splendido paese offriva. Caposele con questa atmosfera sembrava potesse resistere, come un metallo, ad ogni tipo di corruzione. Beh! oggi tutta questa meraviglia è svanita nel nulla: il laghetto nemmeno esiste più, il fiume ben presto diventerà una pozzanghera. Ti saluto favola! Tutto questo grazie a che cosa? All’evoluzione forse? Al progresso? Ma no! Dobbiamo ringraziare per tutto ciò esclusivamente dei “signori” che pensano a soffermarsi su cose meno importanti; Ma sappiate bene che la natura non va misurata con il metro. Il mio paese come lo vorrei? Proprio come questa favola del passato, niente evoluzione, ma solo tanta genuinità. Un paese tranquillo, pulito, onesto, sincero, in cui non regna l’egoismo e l’invidia. Penso che sta a tutti noi cambiarlo!! Dobbiamo almeno cercare di farlo ritornare a vivere, riscoprendo le vecchie abitudini, far risvegliare, anche nei cuori più ostili, la gioia di essere stati “abitanti di Caposele”. Cerchiamo quindi, noi tutti, di assumere più responsabilità e più autonomia; togliamo a Caposele questa maschera sciocca e logora.
Un'immagine del vecchio laghetto: un angolo da favola rimasto solo nei nostri ricordi
GIUBILEO DEI MEDICI A MATERDOMINI TRA RELIGIONE ED ETICA SANITARIA
I
l 4 giugno, presso il Santuario di S. Gerardo Majella di Materdomini, si è svolto il Giubileo dei Medici. L’avvenimento è stato caratterizzato da una conferenza interessante, alla quale hanno presieduto il prof. P. Antonio Di Masi ed il dott. prof. Riccardo Giunta dell’Università di Napoli. Il primo, docente di Sacra Scrittura nell’Istituto di Scienze Religiose di Napoli, ha affrontato il tema del Giubileo in un’ottica alquanto originale. Le manifestazioni giubilari, infatti, devono essere occasione per riflettere sull’uomo nella sua totalità, come “spirito”, ma anche come “corpo”. Questo è stato suggellato, secondo P. Di Masi, dalla figura di Cristo che, in nome della sua “umanità”, si è fatto carico anche del dolore. La Chiesa in tale contesto non può rimanere indifferente alla sofferenza umana, anzi, essa deve realizzare al massimo la sua azione salvifica. Riprendendo le parole del Papa, pronunciate durante il Giubileo degli Ammalati, P. Di Masi ha sottolineato come gli operatori sanitari non debbano mai dimenticare la parabola del Buon Samaritano, promuovendo soprattutto la salute dell’uomo il quale, però, non può sottrarsi alla malattia. Proprio quest’ultima deve farci apprezzare il senso di un’autentica vita cristiana in cui prevalgono la Misericordia e la Carità. Il prof. Giunta, da parte sua, parlando del genoma umano ha sottolineato, più volte, l’importanza della dignità dell’uomo. Il progresso scientifico non deve essere ostacolato, ma non bisogna dimenticare che “tutto ciò che è tecnicamente possibile non è eticamente utile” Per il prof. Giunta è giusto applicare la decodificazione dei geni per uno scopo terapeutico quale, per esempio, la prevenzione di certe malattie, ma ciò non può, anzi non deve, legittimare la “manipolazione”. La vita, fin da quando avviene la fecondazione, deve essee rispettata e tutelata. Il medico, perciò, giorno dopo giorno deve svolgere una vera e propria “missione” che protegga, fino all’ultimo, il paziente. La conferenza si è conclusa con l’affermazione che “l’uomo contemporaneo vuole esorcizzare il dolore e finanche la morte”.
di Fiorella Pirozzi Fra i tanti interventi abbiamo assistito a quello del dott. Giuseppe Carbone, specialista in psichiatria. Al tavolo dei relatori prendeva posto il dott. Giuseppe Melillo, Sindaco di Caposele.
200020002000200020002000 2000 2000 2000 2000 2000 2000 - Anno XXVIII- Luglio 2000 N. 65
UN CUORE DOLCEMENTE PALPITAVA: Aveva per la prima volta incontrato l'amore. La fanciulla si preparava al suo magico, primo appuntamento. Tra un tocco di fard e di rossetto, la fanciulla sognava il suo primo bacio, quando le loro labbra si sarebbero dolcemente incontrate a sugellare quell'eterno istante. Ascoltava dal proprio cuore le parole che lui le avrebbe sussurrato, sfiorandole il viso con un filo d'erba. Intanto metteva il suo profumo piu' dolce, che sapesse di primavera, perchè è così che lei sentiva la vita, tutto sbocciava, rinasceva a nuovo, nulla più sarebbe stato come prima, tutto avrebbe brillato di colori vivi e di soavi emozioni. Anche il cuore del ragazzo palpitava, anche lui era emozionato per quel primo appuntamento e anche lui stava preparandosi..... a modo suo.... ad andare incontro all'amore. E mentre lei dava gli ultimi ritocchi alle sue chiome angeliche, lui iniettava l'ultima dose nelle sue vene, pronunciando il suo nome.... la fanciulla uscì di casa e un raggio di sole le scaldò il viso. Il ragazzo non si mosse, il buio gli congelò l'anima. Il cuore della fanciulla palpitava. Il cuore del ragazzo non più.
La foto foto dei dei ricordi ricordi La 200020002000200020002000 2000 2000 2000 2000 2000 2000 - Anno XXVIII -Luglio 2000 N.65
FOTO ARCHIVIO "LA SORGENTE"
di Antonella Grasso
PROGRAMMA 2000
Il diario di ANTONELLA