La Sorgente n. 98

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PERIODICO A CURA DELL'ASSOCIAZIONE TURISTICA PRO LOCO CAPOSELE FONDATO da NICOLA CONFORTI NEL 1973

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Reg.Trib. S.Angelo dei L. n.31 del 29.1.74 - Sp. in A.P. art.2 comma 20/c L.662/96 Dir. Comm. Avellino -sem.- Anno XLVI -

facebook La Sorgente Caposele

AGOSTO 2019 -Direttore Nicola Conforti

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EDITORIALE

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ra il 18 Agosto del 2011 quando fu inaugurato l’ultimo tratto del Parco fluviale della Madonnina con la sua meravigliosa cascata a monte: un momento magico che sanciva la legittimazione di una bellezza unica di un paesaggio naturale straordinario. Da qualche anno, quella cascata che aveva affascinato i tantissimi turisti che erano accorsi a visitarla, ha cessato inspiegabilmente di sgorgare. Essa costituiva il punto di partenza per una visita alle Sorgenti e all’intero parco fluviale. Un territorio che, con le sue ricchezze naturali, storiche, artistiche ed ambientali aveva reso la visita turistica un fenomeno ricorrente, quasi naturale che si rinnovava giorno dopo giorno con sempre maggiore partecipazione.

Ma c’è davvero tanto altro da portare a compimento: a cominciare dal campetto Play-Ground abbandonato da un po’ di tempo a se stesso, dal parco Tredogge il cui progetto di ampliamento e sistemazione giace “inascoltato” nei cassetti del Comune. Questo numero de La Sorgente vuole essere un’esortazione oltre che uno stimolo alla realizzazione di opere semplici ma utili ed essenziali per un turismo di primo impatto, senza perdere di vista quello che è sempre stato un suo specifico interesse per la cultura, per la scienza, per la scuola, per la ricerca e per la storia locale.

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ra il 18 Agosto del 2011 quando fu inaugurato l’ultimo tratto del Parco fluviale della Madonnina con la sua meravigliosa cascata a monte: un momento magico che sanciva la legittimazione di una bellezza unica di un paesaggio naturale straordinario. Da qualche anno, quella cascata che aveva affascinato i tantissimi turisti che erano accorsi a visitarla, ha cessato inspiegabilmente di sgorgare. Essa costituiva il punto di partenza per una visita alle Sorgenti, al museo di Leonardo, al santuario di San Gerardo, alla

storica chiesetta della Sanità ed al capolavoro di architettura moderna della chiesa di San Lorenzo. Un territorio che con le sue ricchezze naturali, storiche, artistiche ed ambientali aveva reso la visita turistica un fenomeno ricorrente, quasi naturale che si rinnovava giorno dopo giorno con sempre maggiore partecipazione. In altra parte del giornale, quelle dedicate all’ AMARCORD, riportiamo testimonianze importanti sulla bellezza di quei luoghi, una specie di “para-

Foto Archivio Conforti

In altra parte del giornale, quelle dedicate all’ AMARCORD, riportiamo testimonianze importanti sulla bellezza di quei luoghi, una specie di “paradiso naturale” purtroppo abbandonato. E lo facciamo per dare un segnale che serva a risvegliare la coscienza collettiva dei Caposelesi sui temi del turismo e dell’ambiente. Serva inoltre a vigilare sulla conservazione e salvaguardia di un paesaggio bello, vasto, naturale, di grande attrazione. Non ci stancheremo di riportare questo argomento all’ordine del giorno ogni qualvolta se ne presenterà l’occasione. Ci attendiamo assicurazioni in merito da parte degli addetti ai lavori, con la speranza di poter finalmente rivedere, al più presto, uno spettacolo bello, speciale, unico nel suo genere.


di Gianluca Cione Rapp. Istituto Liceo Caposele

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uest’anno ho fatto la mia esperienza come rappresentante di Istituto del Liceo di Caposele; tra le tante “tradizioni” che ci sono nella nostra scuola, vi è anche quella di un giornalino scolastico, interamente redatto da studenti, il suo nome è “Fortapàsc” ed è scritto in memoria di Giancarlo Siani, giornalista napoletano vittima della camorra perché denunciava le ingiustizie della malavita. “Fortapàsc” è il termine volutamente storpiato che evoca il “Fort Apache” della tradizione western, rendendo il senso dell’assedio alla città di Napoli da parte della camorra. La scelta di dedicarlo ad una persona così importate ed esemplare è legata al fatto che ognuno di noi dovrebbe essere libero di esprimersi e di denunciare le illegalità, perché solo in questo modo riusciremmo a vivere in un posto migliore. In questo giornalino, gli studenti del

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NOTTE D’ESTATE di Domenico Patrone

Ca mò tu condu

Dolcezza di un incanto che svanisce. Incantesimo di un cielo romantico che porta via un volto tanto amato. Plenilunio di stelle che fioriscono accompagnato da ricordi che si perdono. Silenzio di notte addormentata che si fonde col dolore del distacco. Sonnolenza privata di labili sogni che si sposa con la mia solitudine.

DETTI E PROVERBI DELLA TRADIZIONE CAPOSELESE

Concetta Casale Mario Sista

EDIZIONI

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/liceocapo Fondato re: Luig sele i Fungaro Coordin li atore: Gia nluca Cion Resp. Red e Gelsomi azione: no Casale

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Liceo trattano argomenti di attualità, politica, arte, musica, cinema; parlano delle loro passioni, delle loro aspirazioni ed esprimono il loro pensiero. Gli scrittori, hanno tra i 14 e i 19 anni, quindi appartengono a tutte le classi, senza alcuna esclusione; chiunque si senta di condividere qualcosa che piace, di commentare un film visto o un libro letto, parlare di esperienze fatte o di avvenimenti quotidiani, può scrivere il proprio articolo sul giornalino. E’ un volantino a distribuzione gratuita, viene finanziato attraverso una raccolta di “sponsor”: le attività di Caposele, che sono sempre ben disponibili alle iniziative degli studenti e di tutti i giovani in generale, lasciano un prezioso contributo che serve appunto per stampare il giornalino. Io credo che sia importante più che mai che al giorno d’oggi i giovani imparino ad esprimersi liberamente, in modo tale che nasca il confronto e il dibattito tra di loro, momenti di crescita fondamentali per diventare uomini e donne

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libere, lontani da fenomeni di strumentalizzazione di massa o da” fake news”. Per nostra grande fortuna, esiste molto dialogo tra noi studenti, abbiamo la possibilità di svolgere svariate attività insieme che ci permettere di fare e “propagandare” cultura. E’ una bella iniziativa, inoltre costituisce un ricordo per tutti noi ragazzi, quando un giorno riprende1 remo in mano una edizione di Fortapàsc e ricorderemo degli stupendi anni passati al Liceo.

di Gianlu ca Cione iamo giu rità e il nti cor scolastico oramai alla dandom aggio di obbiett fine i la pos . Sono are ad alcu biamo sibi felice dei di questo ann mettermi ne delle rag o traguar in discuss lità di rifletter mie sce nel corso giunto insiem e sulle scaturite lte, voi siam e e son di che abmie azio di delle opp ione; dato che que o sicuro sto o ni da questi sarei rius attraverso riusciti a condiv lungo anno, che cito a rag ortunità senza contras e di sia ide le io ti sono ho le giungere quali siam re delle che tutt realizzato l’altro. i gli stessi quali io adesso belle o pot . Ab obbiettivi non Ringrazio di discuss biamo avuto mo uti crescere, aiu esperienze, che di fatt chi c’è tan vero. Ci sempre o “una gra ione, sebbene menti di coesion doci l’un ten go stat ciò siam nde fam a o, chi c’è ringraziare quale son o rimasti e ma anche sioni abb igli o stat iamo sem a”, tant’è che uni nel parlare stato in stretto il Dirigente Sco o per davdi vita. dalle nos ti, come pre rica contatto, last vato del la sua cos e nel discute per la sua ico, con il le importa tre discusre sull Questo tante pre disponi nti lezioni bilità senza alle e attività sco Ringra to di ritr perché il nostro last ovo per Liceo è molto pro zio tutti i profess assemblee stud iche, e per altri pae student i sia di sempre stato un si; miei doc fessionali e affe ori, i quali son entesche. Capose pun dividerci, e nonostante enti, che o stati ttuosi con le, ma que sempre assenza spesso me, in una pre siamo sempre rius sta diversità avr anche di han in clas par no ziosa riso ticolare se, dov ebbe citi a fare sono stat sia fisica uto sop rsa per i conoscenz i sempre portare del pensier potuto che me accresc e e per la mo nta mia o No ere lto le altr n pos maturare e nonosta il app ui È stato tutti insi nostro bagaglio nte ciò è stata un so non ringraz rensivi. degli Stu un onore per eme. di iare punto di me denti que riferiment la prof.ssa Di Ringra lidale. sto grande dirigere da Rap Martino, o per me presen zazione zio il personale Liceo cos che del ATA, mo . Ringra ì compat tante be funzio l’Istituto, sen tore viv to e sofettivo, zio tutti voi per za o nare. del qua che il le la scu dell’organizUn salu questi poc mi avete dato supporto sia mo ola non affi rale, che potrebcaro “Ro to particolare Istituto. hi mesi a diffond nché potessi a Rocco cchino”, contribuire efere il buo 2000, che Rus vet in n nome Ringrazio finito que erano del Lic somanno, il nos del nos , inoltre st’anno eo di Cap Gli fac tro tro , coloro andrà in osele dal raggiunto ciamo i nostri che han pension affettuo no avuto . e. si aug la sinceLiceo Di uri per il traguar Cap Buona Let osele, non do una sem tura! plice scu ola!

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Gli stud enti del ceo dur Liante la manifestazio ne 500 ann dedicata a i dalla mor di Leonar te do da Vinci. 18 mag gio 201 9

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Direttore Nicola Conforti

IN COPERTINA

FORTAPASC… IN RICORDO DI GIANCARLO SIANI

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L'immagine-icona della cascata del parco Madonnina; Un ampio servizio, a testimonianza dell'importanza del luogo, a pag.8/9

Statti cittu...

La Basilica di San Gerardo

Nicola Conforti

Un pensiero dedicato al nonno «Ti vogliamo ricordare sempre come una persona grande, come l’amore che ci hai dato, come lo spazio che hai sempre lasciato aperto per tante persone. Ti vogliamo ringraziare per l’esempio di persona straordinaria che ci lasci. Per essere sempre un punto fisso e forte di riferimento. Per le feste e l’allegria. Per averci insegnato l’importanza del lavoro e dell’impegno. Per averci dato dei genitori fantastici e averci fatto crescere in una bellissima famiglia».

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Caro Sindaco, da qualche anno la “Cascata della Madonnina”, ha cessato inspiegabil-mente di sgorgare. Un evento che non trova giustificazioni, visto che da tempo immemorabile nessuno aveva mai messo in dubbio la sua esistenza e la sua spettacolare bellezza. La sua chiusura è stata un colpo al cuore per tutti quei Caposelesi che, come me, avevano tanto sperato in un futuro “turistico” di Caposele. Il Parco fluviale perde gran parte della sua importanza senza la bellezza delle acque a monte. Bisogna fare di tutto per ripristinare la situazione di quei luoghi che tanto avevano affascinato le migliaia di persone che li avevano visitati. So che hai molto a cuore l’intero Parco Fluviale, e che hai grande attaccamento per Caposele e per le cose belle e buone di cui ci vantiamo di possedere. Sono certo che farai il possibile per ripristinare lo status quo ante di quei luoghi meravigliosi. Sarebbe un primo passo importante per un rilancio turistico del nostro Paese che possiede tanti altri punti di richiamo come il Santuario di San Gerardo, le Sorgenti del Sele, il museo di Leonardo, la chiesetta della Sanità e la chiesa di San Lorenzo. Confido in questo tuo interessamento e, con questa speranza, ti saluto cordialmente

Il nonno Domenico al nipote Samuel Caro Samuel, forse non ti ho detto veramente quanto mi è mancata la tua vicinanza. E’ vero che ci sentiamo spesso e, quando ci vediamo, disquisiamo su: “U-sque tandem, Catilina …” oppure ci dilettiamo a ripetere “Voce dal sen fug-gita …” o, ancora peggio sulle “lettere di Seneca”. Ora che l’Universo del mio cammino sta per arrivare alla meta, ancor più vorrei averti vicino. Vorrei discutere di proverbi, detti popolari, antiche cantilene, di sogni pagani, di amori sublimi. Magari parlare anche di robot che si potranno comandare con la forza del pensiero. “Una domanda”! Nelle rotelle del robot ci metteranno anche un “cuore”? Vorrei parlare della mia infanzia, dei miei sogni, d’allora, della mia scuola ove l’unico libro era “Il Sussidiario” e il maestro si salutava : RIVERISCO SIGNOR MAESTRO! La storia è fatta anche di questi piccoli avvenimenti, piccoli episodi, perché oltre al “FILO” essa è ricca anche di “filini”. Poveri quei popoli che non coltivano la loro memoria storica! Come vedi, mi sono atteggiato a nonno quasi colto solo per trovare la scusa di ancor più sentirti vicino al mio cuore. Come usiamo quando ci salutiamo ti dico solo : TI VOGLIO BENE! Tuo Nonno

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Lettera aperta al Sindaco Lorenzo Melillo

I nonni, si legge in una rubrica di Google“ sono figure fondamentali nella vita di ogni famiglia perché sono fonte di coccole, amore e dedizione per i nipotini”. Il nonno dice un vecchio adagio, è qualcuno con l’argento nei capelli e l’oro nel cuore. Essi danno amore incondizionato, gentilezza, pazienza, umorismo, comfort, lezioni di vita.

IN USCITA IL 16 AGOSTO

In seconda...


Cultura

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desso, “lunga e diritta corre la strada e le auto corrono veloci”. Un tempo era una tortuosa avventura, tra curve e tornanti dissestati. Un tempo era nota come la mitica strada statale 91, poi mutata in “strada a scorrimento veloce 691 del fondo valle del Sele”. In origine la statale 91 collegava il mar Tirreno, da Salerno, al mare Adriatico, fino a Barletta. Ora il tratto ammodernato collega semplicemente l’Autostrada A2 (Salerno – Reggio Calabria) alla statale Ofantina nei pressi di Lioni. Col passare degli anni è divenuta una fondamentale infrastruttura di trasporto, perché asse di collegamento di numerose aree industriali sorte in alta Irpinia dopo il terremoto dell’ottanta e, soprattutto, strada di connessione tra la fabbrica automobilistica di Melfi con il porto di Salerno. La vecchia statale ci riporta alla mente momenti epici di mobilità negli anni dell’infanzia, quando sui pullman o sulle autovetture era ricorrente la scena delle mamme con asciugamano pronto a contenere i conati di vomito provocati dal mal di curve. Ci riporta ancora alla mente le soste alle fontane termali in quel di Contursi, per prendere aria e riempire qualche termos di acque minerali. Oppure le soste al bar Triestino per assaggiare il gustoso gelato artigianale che lì veniva prodotto e venduto. Ancora le soste ai banchetti dei contadini lungo il rettilineo prima di arrivare a Quaglietta, così da comprare delle “n’zerte” di aglio e cipolle o qualche carciofo. Tutto si plasmava in poesia e narrazione nel tratto alto della valle del Sele. Con la nuova fondo valle si è guadagnato una prospettiva diversa della valle, nel senso che rispetto a prima si osservano angoli prima ignoti, come alcuni tratti del fiume, come il Castello di Quaglietta e così via. Ma la velocità spesso ci annebbia la visuale e non vi facciamo caso. La velocità, sinonimo di virilità e di modernità, ha senza dubbio ridotto i tempi di percorrenza. Ma d’altro canto sta anche provocando dolori e lutti, ben visibili lungo il percorso dalle croci e dai mazzi di fiori che ne cadenzano alcuni tratti. La velocità, a volte provocata, a volte subita, è la causa degli incidenti mortali che hanno macchiato di sangue l’asfalto della fondo valle Sele. Purtroppo, nella contabilità triste delle vittime, Caposele ha pagato fino ad oggi un prezzo molto salato. Anche nel voler recuperare cronologicamente gli eventi, Caposele fa registrare la vittima del primo incidente mortale. La strada era stata da poco aperta alla circolazione quando, in uno scontro frontale all’altezza delle terme Cappetta, rimase ucciso Gerardo

LA FONDO VALLE SELE : TRA FIORI E CROCI D'Alessio. L’altra vittima era di ritorno da Calabritto dove era felicemente fidanzato con una ragazza molto conosciuta anche a Caposele. Il secondo incidente avvenne poso tempo più tardi allo svincolo di Ponte Sele. A perdere la vita una giovane signora di Laviano per un malore al momento dell’immissione sulla carreggiata in direzione Contursi. Poi venne una notte infame di un fine maggio. Cinque amici, alcuni con parentele strette intrecciate, tornavano da Lioni dove avevano trascorso un sabato sera in compagnia della musica. Ancora oggi non è chiara la dinamica che provocò il ribaltamento dell’autovettura con i corpi che furono proiettati fuori dall’abitacolo. Fu una strage. Solo il ragazzo alla guida, ferito gravemente, riuscì tuttavia a restare in vita. Gli altri quattro persero tragicamente, dolorosamente la vita. Donato, Alfonso, Lorenzo e Maurizio riposano oggi uno fianco all’altro nel cimitero di Caposele. Il dolore di quei giorni fu dolore collettivo, ovvero di un’intera comunità. I funerali civili e religiosi, il cordoglio sincero resteranno nella memoria di Caposele. Sempre scorrendo l’elenco in senso cronologico, c’è da ricordare l’incidente con una moto di grossa cilindrata nel quale – all’altezza del laghetto sotto Colliano - fu coinvolta Teresa Ruglio, mia coetanea e compagna di scuola nei primi anni delle elementari. Insieme a lei perse la vita il centauro alla guida della moto, un suo amico di Lioni. L’elenco poi continua con la morte di un turista tedesco che viene travolto da un camion articolato alla prima curva di immissione della fondo valle dopo o svincolo autostradale di Contursi. Un altro incidente resterà impresso nella mia personale memoria, perché – giunto un minuto dopo l’impatto frontale sul lungo viadotto sul fiume Sele al chilometro 5 – ho avuto la sventura di assistere a tutte le concitate sequenze dei vani tentativi di rianimare sul posto Erminio Cecere, un ragazzo di Valva. Erminio stava andando a lavorare come cameriere in una struttura di Paestum, quando per distrazione o forse per stanchezza perse il controllo della sua Panda, schiantandosi contro un’auto che giungeva in senso opposto. Con questo personale ricordo, non passa giorno durante le mie quotidiane percorrenze che io resti con lo sguardo

catturato dalle croci e dai fiori che tracciano la memoria degli incidenti sopra raccontati. E’ un modo del tutto personale per esorcizzare la morte, ricordando i pericoli sempre incombenti del viaggio, della sua bellezza, della sua poesia, della sua musica che tuttavia può trasformarsi in una litania dolorosa. Dicevamo della velocità come sinonimo di modernità. Raggiungiamo i posti in tempi brevissimi. La lentezza ha a che fare con il vecchio, con lo stanco. La velocità è segno di dinamicità. Ma può trasformarsi – malgrado noi – in dolore, lutto e sofferenza. Non a caso gli antichi dicevano che “chi va piano, va lontano”. Saggezza popolare che tutti dovremmo saper recuperare. Così da poter cantare della fondo valle Sele come strada di incalcolabile bellezza e non per le sue croci disseminate qua e là lungo i suoi trenta chilometri. SENZA CROCE E SENZA FIORI Non ci sono fiori e mai ci sarà alcuna croce sulla piazzola all’altezza di Montemaggiore, prima del viadotto Minuto. Quindici anni fa circa venne ritrovato il corpo di un asiatico. Dalle indagini si è stabilito come verosimile l’ipotesi che fosse un clandestino giunto con un tir dalla rotta greca. Morto durante il viaggio fu scaricato come un cane randagio lungo la cunetta della piazzola. Nei giorni successivi solo l’odore insopportabile della putrefazione consentì la scoperta del corpo. Dopo l’autopsia disposta dalla procura della repubblica, il corpo fu composto nel cimitero di Caposele, la cui tomba oggi indicata come anonimo e mèta di umana pietà da parte di tanti visitatori. Infatti, se sulla piazzola non v’è alcun segno di questa morte, di contro al cimitero di Caposele non manca mai – anche grazie alla cura del suo custode - un lumino o un piccolo mazzo di fiori a dispetto di ogni stupido ed inaccettabile razzismo. DISSERTANDO SULLA TOPONOMASTICA DI CAPOSELE Qualche anno fa, durante i lavori di rifacimento dell’arredo urbano, furono cambiate anche le targhe dei toponimi delle piazze e delle strade di Caposele.

di Gerardo Ceres Ricordo l’ironico commento dell’architetto Antonio Sena nel notare che la targa appena posta sulla Chiazza vecchia riportava un lapidario “Piazza Tedesco”, e perché – aggiungeva – non Polacco o Francese? Mi è rimasta scolpita la sua motivazione di fondo. Egli sosteneva che quando si dedica una strada, una piazza o semplicemente un luogo andrebbe spiegato per bene la ragione. In quel caso mancava il riferimento chiaro a Francesco Tedesco, ministro dei lavori pubblici negli anni di avvio dei lavori dell’acquedotto pugliese, nato il 1853 e morto il 1921, così da qualificare quel toponimo in modo chiaro ed inequivocabile. Lo stesso commento lo fece valere per Piazza Masi. Diceva: “Masi chi?” “Vincenzo?” , “E allora se è Vincenzo esso deve essere Di Masi”. Quelle che potevano apparire come delle facezie intellettualoidi avevano invece una solida ragione. In tal senso ho avuto sempre parole di apprezzamento per quello sforzo ultimo di offrire la spiegazione storica dei nomi delle vie di Caposele centro. Mi pare importante far sapere perché si chiami via Ogliara o via Peschiera, chi fosse il Petrucci della via che porta a Santa Lucia. Operazione questa che tuttavia andrebbe completata con maggiore e scientifica precisione. Per esempio suona male sapere che il primo tratto del lungo fiume Sele che parte da Tredogge sia dedicato ad Ungaretti, semplicemente Ungaretti. Meglio sapere che ci stiamo riferendo a Giuseppe Ungaretti, poeta, 1888-1970, visitatore delle fonti dell’acquedotto negli anni trenta. Ai Piani ci si imbatte in una via Leopardi. Leopardi? E perché non Puma o Ghepardi? Meglio se il riferimento sia a Giacomo Leopardi, poeta, nato il 1798 e morto il 1837. Poi in una descrizione eventualmente più di dettaglio potrebbe anche informarci che egli nel periodo napoletano fu anche seguito e curato da Nicola Santorelli, medico caposelese della Scuola medica salernitana. Potremmo continuare ma credo che questi esempi siano sufficienti a motivare la mia tesi. Tuttavia credo anche nella capacità in divenire di approssimarsi. Tutto si stratifica per interventi e correzioni successive. Basta conoscere i limiti su cui intervenire e migliorarsi anche nelle azioni future.

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eventi e...

...non solo

Baldi Vincenzo e Loffredo Antonio dopo la grande fatica del Murale dipinto all'interno del Ostello Olimpia

UN MARCHIO E UN QR-CODE PER CHI VALORIZZA LE MATASSE DI CAPOSELE

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’iniziativa è stata lanciata dal Comune di Caposele, e ovviamente concordata e collaborata dalla nostra associazione in quanto tesa a valorizzare un nostro prodotto tipico riconosciuto dal Ministero per le Politiche Agricole, nell’ottica dell’ampliamento dell’offerta turistica dell’Alta Irpinia e della Valle del Sele. Con un attestato adesivo, si è voluto riconoscere ai ristoratori locali premiando tutti coloro che hanno contribuito al rafforzamento della qualità e della tradizione locale, il merito di aver promosso e servito il piatto nostro tipico: la Matassa di Caposele. La costruzione dell’offerta turistica, dunque, parte dalla valorizzazione delle tipicità già riconosciute dal Ministero delle Politiche agricole e dalla Regione Campania come PAT - Prodotti agroalimentari tradizionali che ne ha attestato la tipicità e l’originalità. Il marchio immaginato comprende un QR-code col quale, avvicinando la fotocamera del telefonino, ognuno sarà indirizzato alla pagina dedicata del sito della Regione Campania con le ulteriori informazioni aggiuntive (storia, ricetta tipica, metodologia di lavorazione ecc.). L’adesivo, è stato affisso all’ingresso di ogni ristorante, pizzeria, trattoria, agriturismo, dov’è possibile degustare la Matassa di Caposele tutto l’anno, in attesa delle festività estive, quando, grazie alla sagra della Pro Loco, una delle più antiche e longeve d’Irpinia e della Valle del Sele, le degusteremo mangiandole per le strade di Caposele tutti insieme in una festa che quest’anno inizierà già dall’8 agosto, proprio per aumentare l’offerta e la diffusione dei nostri prodotti tipici. Vi aspettiamo!

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INAUGURAZIONE DEL CENTRO FIERISTICO ’ stata finalmente inaugurata, il 23 maggio scorso, la struttura del Centro fieristico a Materdomini. Con una cerimonia formale e l’allestimento di una bella mostra d’arte contemporanea, curata dall’ottimo arch. Nicola Guarino si è aperta al pubblico l’ampia sala a disposizione. Il giorno dopo è stata ospitata la prima attività prevista, un Torneo internazionale di scacchi under 16 denominato “San Gerardo Maiella” curato dalla società Irpinia scacchi che ha visto la partecipazione di tanti giovani sportivi impegnati. Sono state previste e illustrate durante l’intervento inaugurale, diverse altre attività e come associazione, ma anche per tutta la nostra Comunità, speriamo e contiamo sulla disponibilità di questo spazio pubblico per poter organizzare tante ini-ziative per la valorizzazione culturale e turistica di Caposele.

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TENNIS LOCALE na stagione davvero fortunata per la piccola tennista caposelese Giada Casale! I lunghi e faticosi allenamenti presso l' Olimpia Tennis Irpinia di Sturno, sotto la guida vigile ed efficace del maestro Pio Mascolini, le hanno consentito importanti risultati aggiudicandosi il primo posto al torneo nazionale Kinder under 12 e due secondi posti, al torneo nazionale kinder under 14 e al torneo di 3 categoria tenutosi al TC Salerno. Vittorie, queste, che le hanno fatto acquisire il diritto di calcare i campi del Foro Italico in occasione del Master Nazionale di Roma che si disputerà ad agosto . Ha inoltre partecipato, con la compagna di squadra Ilenia Zocco, al campionato regionale categoria under 12 che le è valso il titolo di vice campionessa regionale. La piccola atleta potrà così realizzare il sogno di rappresentare la Campania al prestigioso Campionato Nazionale che si svolge a Sulmona dal 18 al 20 luglio.

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nche quest’anno il Comune di Caposele ha festeggiato il solstizio d’estate ospitando la Festa europea della Musica, coordinata dal Ministero dei Beni Culturali, avendo aderito al circuito nazionale ed internazionale delle città partners della FdM e rispettando i principi della carta di Budapest. Grazie all’Associazione Festa della Musica Caposele che ha preso in carico l’organizzazione dell’evento, e tutte le associazioni, le aziende private ed i singoli cittadini che hanno contibuito alla buona riuscita di quella che è la festa di tutti e di tutta la Città dell’Alta Irpinia e dell’alta Valle del Sele.

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UN PITTORE PER IL NOSTRO TERRITORIO

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alle sorgenti del Sele, ai Sassi di Matera, Capitale Europea della Cultura 2019. È il tema della mostra antologica del pittore ambientalista, Lello Gaudiosi, non casualmente organizzata nel Centro Fieristico di Caposele, in via Aldo Moro, che si è conclusa il 23 giugno scorso. La mostra di settanta opere, aperta a metà giugno è stata visitata da un pubblico attento e da tanti giovani motivati da problematiche ambientali. La rassegna infatti, ha un forte messaggio di denuncia sulla tutela dei corsi d’acqua, pur col modo appassionato e capace di Lello Gaudiosi a cui ci ha abituati i tanti anni di collaborazione e scambi con la sua opera. La prima tappa di questo ennesimo percorso per la difesa dell’ambiente e delle specie a rischio e in difesa del fiume Sele, ha già lasciato il segno. In autunno la rassegna ripartirà dal 23 ottobre 2019, per raggiungere la “Città dei Sassi”


La pagina del Presidente

COLLABORARE STANCA… MA OGNI TANTO RIPAGA!

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all’inizio del mio primo mandato da presidente della Proloco nel 2013, la sfida è sempre stata, per un motivo o per un altro, legata a quanto si riusciva ad essere associazione “ di popolo” non solo “di gruppo” e non perché la proloco non lo fosse stata (sia di gruppo che di popolo) ma perché ovviamente, si sono sempre avute opinioni e modi di fare diversi che non sempre si sono incontrati e, se a questo aggiungiamo che queste ultime vengono recepite in modo diverso da ognuno e che, in un piccolo paese, ogni cosa risulta amplificata e quasi sempre molto più pesante di quanto sia, capite bene che non è stato e non è cosa facile gestire un’associazione che vuole occuparsi di realizzare, attraverso le proprie aspirazioni e capacità (che ovviamente sono legate a di chi le coordina in quel periodo), attività e proposte per tutta una Comunità e/o un territorio. Addirittura. Per quanto si sia incentivati, appassionati e capaci, soprattutto nella fase iniziale di un mandato (di un’associazione felicemente operativa da quasi 50 anni!) dietro l’angolo c’è sempre stata, e non ho mai avuto problemi ad ammetterlo, una certa paura delle critiche (ovviamente di quelle leggere, di quelle cattive, che feriscono volutamente, non di quelle costruttive), un po’ di ansia legata alla gestione economica ed amministrativa, ma francamente, credo sia anche giusto che ci sia, nel senso che la preoccupazione ti aiuta ad essere più vigile, più attento e, per quanto possibile, a fare meno errori. Certo una cosa di cui posso scrivere tranquillamente è, che ne avrò e ne avremo pur commessi operando, ma mai e ripeto mai, per volere il male di qualcuno o di qualche altra iniziativa, mancherebbe e sarebbe anche piuttosto stupido, visto che con chi opera in questo settore, si condivide anche non volendo, la responsabilità delle attività e sarebbe quindi un po’ come andare contro se stessi! Sono state piuttosto le difficoltà ad interpretare i gusti, a proporre qualcosa di nuovo, di reinterpretato, a creare dubbi e perplessità ma, col tempo e con le convinzioni che avevamo come nuovo direttivo associativo (che è, di fatto, il primo livello di sperimentazione della collaborazione) posso dire che, arrivata quasi alla scadenza del mio mandato e al netto dei vari errori, che siamo riusciti a cambiare qualcosa in meglio senza snaturare l’essenza vincente della Proloco Caposele, abbiamo provato (e continuiamo a farlo) a superare i confini delle sue attività classiche, abbiamo partecipato, proposto e realizzato nuovi progetti, accettato nuove sfide,

cambiato e integrato punti di vista, ampliato prospettive che hanno potuto contenere tutto quello che siamo riusciti e riusciamo a fare: dalla gestione dell’ordinario amministrativo ai progetti integrati nazionali, regionali e locali, dalla pubblicazione storica de La Sorgente ai tanti volumi di storia e cultura locale, dalla nostra sagra dei Fusilli e delle Matasse di Caposele, ai prodotti PAT e ad uno degli appuntamenti estivi classici regionali che quest’anno addirittura raddoppia! Dalla gestione dell’accoglienza turistica locale, alla partecipazione a progetti territoriali di rete per lo sviluppo turistico di tutta l’Irpinia che è particolare proprio per le tante esperienze uniche che possiamo proporre, dalla divulgazione nelle scuole a progetti che entrano strutturalmente nei programmi scolastici, dallo sport amatoriale locale ad eventi podistici interregionali, dal mantenere vive le nostre tradizioni e valorizzarle al divulgarle su scala regionale e nazionale. Ci siamo anche dovuti adeguare alla nuova normativa regionale sul Turismo, che assegna, forse non a caso, alle Proloco un ruolo cardine nella gestione e nell’accompagnamento delle attività di valorizzazione territoriale e turistica del territorio, e abbiamo migliorato le nostre performance, ottenendo punteggi sempre maggiori corrispondenti a maggiori quote del pur esiguo sostegno finanziario regionale. Abbiamo operato e stiamo sempre operando in sinergia e supporto delle amministrazioni comunali che si sono susseguite e abbiamo (ancora oggi) sempre messo a disposizione, di quanti lo hanno dovuto solo chiedere, non solo il nostro supporto ma tutte le nostre strutture e infrastrutture. Abbiamo voluto diventare sede per svolgimento di progetti di Servizio Civile Universale. E altro ancora, come si può osservare, volendo o guardandosi intorno. In che modo lo abbiamo fatto e lo facciamo? Coinvolgendo, collaborando, sperimentando, assumendoci il rischio di un risultato mai scontato: Solo così abbiamo e stiamo affrontando i vari cambiamenti che vedono sempre meno persone interessate all’impegno sociale, alla solidarietà, al conservare le tradizioni, al lavorare insieme per un obiettivo comune, anche in un paese come il nostro che invece ha sempre avuto una forte propensione all’associazionismo, di cui la proloco, che è attiva dal 1973, è un valido esempio insieme alle al-

tre associazioni che oggi operano, esempi di una storia che raccontavo, proprio l’altro giorno, ai ragazzi del progetto regionale “Benessere Giovani” che stanno seguendo il nostro laboratorio “Anime in azione” sull’animazione culturale, mostrando un volantino in cui si ricordava la celebrazione dell’anniversario del Circolo Progressivo Caposelese che nel 1941 proponeva il testo dell’inno “Leon del Sele” versi e musica del maestro Gerardo Cetrulo, noto ai più per essere l’estensore dell’inno nazionale dell’Uruguay. Una storia, di cui essere fieri e responsabili e, a giudicare dal silenzio interessato durante il racconto, e dalle facce meravigliate dei ragazzi, una storia che ci sarà sempre qualcuno a sorreggere e a mantenere viva. Ricercare dunque, riscoprire, ricordare, riproporre! Tutto questo in verità ci ha fatto crescere come soggetti oltre che come associazione, oggi lo capiamo di più e ne siamo più convinti proprio perché vediamo i risultati (positivi e negativi, ma evidenti) alla faccia dell’ansia e dei malpensanti di turno. Noi abbiamo capito quanto sia importante e strategico operare insieme a tutti, provarci almeno, e continuiamo a chiederlo, a chi è vicino a chi è lontano, giovane o vecchio, fuori e dentro al paese, con chi conosciamo da sempre e con nuovi soggetti e nonostante qualche reticenza iniziale siamo assunti ad una forte convinzione di base che ci aiuta a mantenere un equilibrio utile e produttivo: La democrazia partecipata si fa con chi partecipa e non è un concetto filosofico, serve impegno e concretezza, condivisione e rispetto, non il farsi pregare, ma il proporsi. E solo così si raggiunge un risultato con sempre meno stress (quasi sempre!). Insieme, non è solo un punto d’arrivo ma di partenza e, sì, collaborare stanca, ancora, a volte più di altre, e non dissipa le preoccupazioni di fondo anche se, come ho già detto, queste attengono alla responsabilità che ci si ente mentre si pensano e si realizzano cose anche per altri ma, e per fortuna c’è un ma, importante, l’aver acquisito la capacità di essere elastici e disponibili con gli Enti, l’aver stabilito sinergie di supporto reciproco per la realizzazione di progetti o eventi con belle realtà come quella di tutti gli Istituti scolastici di Caposele, del Forum dei Giovani, del Sistema Museale locale, della Pubblica Assistenza e di tutte le altre realtà associative socioculturali, sportive e religiose del nostro paese (è recente ma molto sen-

di Concetta Mattia

tito e gratificante il nuovo rapporto di collaborazione con il Comitato feste religiose di Caposele, strategico per mantenere vive le nostre tradizioni e le loro antiche cerimonie), ma anche la rinnovata collaborazione coi preziosi ristoratori ed esercenti sia di Caposele che di Materdomini che mai fanno mancare il loro supporto per la riuscita delle nostre manifestazioni: Tutto questo, ripaga ampiamente degli sforzi fatti e che si fanno e finchè nuovi risultati e altri obiettivi si raggiungeranno, saremo, tutti, ampiamente ripagati. E allora senza alcuna ansia di ripeterlo, continuerò a scrivere e a “predicare” che collaborare stanca, e stanca di più chi ha più voglia di collaborare, di condividere, di confrontarsi mettendo in conto di poter cambiare idea, chi è più appassionato o resistente, ma fino a che si ottengono (e siamo noi che insieme riusciamo ad ottenerli) risultati come quelli di cui ho scritto, ne varrà assolutamente la pena! Prima ce ne accorgeremo e meglio sarà, ci stancheremo sempre meno ed otterremo sempre migliori risultati in termini di bellezza e di qualità della vita. E non solo come cittadini che operano nelle associazioni, ma come Comunità. Noi ci siamo e continueremo a chiedere e a dare collaborazione per quanto possiamo e sappiamo fare. Buone vacanze a tutti, buona permanenza a Caposele! Lascia pure il tuo paese, ma non lasciare che il tuo paese ti lasci. (Proverbio afgano)

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di Concetta Mattia

PRO LOCO CAPOSELE E CONDOTTA SLOW FOOD ALTA IRPINIA ALLA DISFIDA DEL SOFFRITTO 2019

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l 28 aprile scorso a Flumeri presso la bella struttura storica della Dogana Aragonese, si sono ripetuti i riti della civiltà contadina grazie alla manifestazione “La Disfida del Soffritto”, una sfida gastronomica tra comunità, basata sulle varianti di questo piatto tradizionale, giunta alla XIII edizione organizzata dalla Condotta Slow Food “Irpinia Colline dell’Ufita e Taurasi” con il patrocinio del Comune di Flumeri e la collaborazione della Condotta Alta Irpinia del “nostro” Donato Merola e la Condotta

Valle Caudina. La competizione ha visto la partecipazione di 9 comunità, Ariano Irpino, Carife, Flumeri, Frigento, Gesualdo, Grottaminarda, Paternopoli, Taurasi e Caposele, che ha gareggiato con la sua ricetta tipica e ha offerto assaggi di “Mufflettu” con la frittata contadina per la colazione! Bello l’allestimento e particolarmente gradita l’impostazione “sostenibile” della manifestazione “PLASTIC FREE” con l’utilizzo di stoviglie e bicchieri biodegradabili. Il premio della Giuria Tecnica alla fine, è andato alla comunità di Grottaminarda, mentre il premio della Giuria Popolare se l’è aggiudicato la comunità di Ariano Irpino. Non abbiamo vinto ma ci siamo confrontati e abbiamo fatto una bella esperienza gastronomica! L’anno prossimo andrà meglio!

CELEBRAZIONI–LEONARDIANE-A CAPOSELE

CORSO BASE PER ESCURSIONISTICO

OPERATORE

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l settore Turismo e Promozione del Territorio del Comune di Caposele, in partnership con la e la Hyrpo Escursioni, ha promosso un corso di primo livello per Operatore Escursionistico. L'obiettivo del corso è fornire tutte le competenze necessarie per ottenere il titolo di “assistente alle escursioni” riconosciuto Endas/Coni, uno strumento nuovo per rispondere meglio alle varie richieste turistiche e tante utili informazioni per vivere al meglio le nostre montagne! PREMIO QUARTIERE DEL FUOCO 2019

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na delle più antiche tradizioni di Caposele che ogni anno si rinnova e unisce la Comunità grazie alle sue ce-lebrazioni. Quest’anno, la giuria della Pro Loco ha decretato che il Premio Quartiere del Fuoco 2019 si assegnasse al falò fatto alla “preta r’ cola”. Sono state consegnate altre fasce, al quartiere Piani per l’Innovazione della tradizione e, con un pari merito, ai quartieri della Portella e del Castello, il Premio per l’interpretazione della tradizione. Un grazie speciale va a tutti i quartieri e le famiglie che con dedizione e spirito di comunità hanno partecipato e realizzato i falò, gli altarini e le tavolate anche quest’anno e ai tanti ragazzi che si sono impegnati nel fare la giuria del premio che pur essendo solo un fatto formale, riscuote sempre tanto interesse e aiuta a mante-nere viva questa bella tradizione. Arrivederci al prossimo anno!

INIZIATIVA BENESSERE GIOVANI

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artito il progetto Benessere Giovani, finanziato dalla Regione Campania, che vede operativa la partnership tra il Comune di Caposele e: Pro_Muovere Associazione di Promozione Sociale, Cooperativa Aleph di Legacoop Campania, AS.FOR.IN. agenzia formativa, Pro Loco Caposele e Pubblica Assistenza Caposele che si occuperanno di realizzare, oltre all’orientamento al lavoro, diversi laboratori tematici e tirocini pratici di animazione culturale, musicale e socio economica, per interessare i ragazzi alle varie possibilità del territorio. Il percorso è iniziato lo scorso 2 marzo e proseguirà per altri 18 mesi. I ragazzi ci sono, si stanno impegnando e sono curiosi. Le premesse sono buone! In bocca al lupo a tutti!

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a diversi anni il comune di Caposele ospita, nell’ambito della sua offerta turistica e culturale legata al tema identitario dell’acqua, un Museo delle macchine di Leonardo Da Vinci visitato da migliaia di studenti, curiosi e appassionati del genio italiano. ertanto, grazie alla collaborazione tra Comune di Caposele, Pro loco Caposele, progetto Bag Out e l’associazione Sorgenti di sapere, in occasione delle celebrazioni per i 500 anni dalla sua morte è stato realizzato un programma locale di attività dedicate alla sua opera. Sabato 18 Maggio alle 10.30 presso l’auditorium del Liceo Scientifico di Caposele, i referenti delle associazioni locali e il Prof. Nicola Barbatelli, storico dell’arte e studioso di Leonardo Da Vinci, hanno incontrato gli studenti e presententato il documentario “Il ritratto ritrovato”. Alle ore 18.00 nella sala polifunzionale comunale, si è poi svolto un convegno che, grazie al patrocinio dell’ordine degli Architetti della provincia di Avellino è diventato anche un evento formativo per i professionisti iscritti sul tema “LEONARDO, L’ACQUA E CAPOSELE”, un’iniziativa che ha lanciato anche l’idea progetto di un PARCO TEMATICO attrezzato con le ricostruzioni

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“ITINERARIO CICLABILE, DALL’OFANTO AL SELE, TRA FIUMI E MUSEI IRPINI”

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n bel progetto di valorizzazione turistica territoriale, realizzato in partenariato con il Comune di Lioni, che, preparando la connessione con il percorso più grande della ciclovia dell’acquedotto pugliese, prevede, tra l’altro, una fruizione di bici con pedalata assistita, alcune stazioni per la ricarica elettrica delle bike e l’ammodernamento con efficientamento energetico del Museo delle Acque di Ca-

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dei macchinari idraulici da lui progettati da realizzare anche con il supporto dell’ente Parco Regionale dei monti Picentini e della Riserva naturale Foce Sele -Tanagro che pure hanno patrocinato l’evento. Dopo il convegno, l’appuntamento si è spostato in via San Gerardo, dove abbiamo incontrato il giovane street artist argentino Guido Palmadessa protagonista del progetto Bag Out, per scoprire e descrivere il suo dipinto murale, realizzato interpretando i temi dell’acqua, del genio e del territorio. Una giornata densa e partecipata che ci ha dato tante soddisfazioni anche in termini di divulgazione scientifica e accoglienza. Nello stesso giorno, infatti, a conclusione dell’evento e sempre per la giornata dedicata a Leonardo Da Vinci dalle 21.30 alle 23.00 il nostro museo ha partecipato al progetto “NOTTE DEI MUSEI” promosso dal Ministero dei Beni e delle attività Culturali e del Turismo, dando la possibilità di visitare il Museo delle macchine di Leonardo Da Vinci anche in un’atmosfera davvero suggestiva! Anche qui a Caposele, quindi, per ricordare insieme, l’arte, il genio e l’eredità culturale che Leonardo Da Vinci ha lasciato a tutto il mondo.

posele, dentro la struttura di Casa Houston. Altri pezzi utili alla nostra generale valorizzazione territoriale, che renderanno, in modo sostenibile e alternativo, una serie di servizi utili e innovativi per tutta la Comunità. Bene!


Idee e suggerimenti

IDEE E SUGGERIMENTI di Salvatore

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.LA FONTANA DI

PIAZZA DI MASI

.“Ma con tanti problemi che ci sono, vai a pensare alla fontana che non zampilla più?” Si! È un segnale che attiene alla storia, al decoro, alla manutenzione, alla memoria, ai simboli di questo Paese. L’ultimo intervento fu realizzato nel 2012 e grazie a pochi spiccioli fu pulita, e messa in esercizio. Da qualche anno, invece, questa, come altre fontane compresa quella di piazza Sanità, restano inattive quasi a dimostrare un’ insensibilità, una superficialità, una mancanza di attenzione verso il nostro Paese. Certo non sono queste le questioni che risollevano le sorti della nostra Comunità, ma il segnale che trasmette tale disattenzione è forte e alquanto preoccupante. Sarebbe il caso che chi di dovere potesse restituire a Caposele la bellezza e la freschezza di un tempo; magari con l’aiuto di tutti. Perdonate la mia frivola romanticheria, ma in questo Paese ci vivo e nonostante tutto, mi piacerebbe contribuire a migliorarlo anche se con un piccolo ed insignificante suggerimento. A questo proposito sono disponibile ad una sorta di colletta di sensibilizzazione al fine di provare a mettere mano alle poche pietre storiche che rischiano, purtroppo, di essere completamente abbandonate e dimenticate. “Adottiamo una pietra” ... e con un po’ del nostro dovere civico saremo utili a salvaguardare la storia e a trasmettere un segnale positivo alle nuove generazioni.

C'ERA UN PLAY-GROUND

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' uno stimolo a mettere mano al nostro patrimonio comunale. Altra questione abbandonata da un po' di anni è l'area del campetti "Play Ground" inaugurati solo pochi anni fa in piazza Sanità. Il lavoro avrebbe dovuto essere completato, ma, purtroppo, pare essere addirittura dimenticato e a volte relegato a contenere auto in sosta. Mi dispiace e spero che si possa intervenire subito a farlo risplendere come una volta. e se possibile migliorarne la fruizione. Basta veramente poco.

'idea di allargare l'offerta culturale ed incrementare le visite turistiche nel nostro Paese, ha dentro una magia. Si tratta di poter accrescere flussi turistici, economia e un po' di occupazione, utilizzando esclusivamente la forza e l'incastro del meccanismo che ogni territorio può offrire. Mettere in connessione ambiente, cultura e fede è stata un'operazione, partita solo qualche anno fa, ma che sono certo porterà altre grandi soddisfazioni anche in termini di numeri di presenze. Il “parco dedicato a Leonardo” è proprio questo! E', di fatto, l'innesto di un' ulteriore tessera in un magico mosaico che però deve assolutamente COINVOLGERE TUTTI. La difficoltà sta proprio nell'evitare di sgretolare sinergie preziose e oramai non più procrastinabili. Il parco è di Caposele, è della valle del Sele, è Irpino, è di chi ha inteso che la nostra terra non ha un solo campanile. E allora, sperando in un immediato e vicino passo successivo alla realizzazione di tale progetto, mi permetto di ringraziare tutti coloro che hanno sposato l' idea, affinchè si possa accompagnare, con tale spirito omogeneo e di unione, la realizzazione di questa operazione, unica in Italia. La prima impronta è stata prodotta; l' abbiamo marcata utilizzando unicamente le nostre passioni e trasmettendo a chi ci accompagnerà per mano, le grandi potenzialità che la nostra terra offre. Grazie quindi al Comune di Caposele, alla Proloco ai Parchi monti Picentini e Sele Tanagro, all'Ordine degli architetti e alle associazioni patrocinanti. Sarà un bel viaggio da fare insieme facendosi cullare dalle onde e dai vortici del nostro fiume Sele.

Conforti

Dopo 7 anni i cantieri della "Pavoncelli bis" chiudono!

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ra inevitabile e già da un paio d’anni ne avevo paventato le logiche ed angosciose conseguenze. Dopo aver concluso i lavori, da qulche giorno, anche l’ultimo presidio operativo in corso S.Alfonso è stato serrato. Non mi soffermo su quello che la società “Caposele s.c.a.r.l” avrebbe dovuto ancora fare per il Paese (c’è un contenzioso in atto con una serie di richieste anche forti da parte del Comune all’ indirizzo del commissario Sabatelli), ma vorrei focalizzare la mia considerazione sui tanti lavoratori che hanno perso l’impiego; - sui tanti esercizi commerciali, bar, ristoranti che hanno perduto il notevole indotto; - sul silenzio assordante delle strade vuote per l’assenza dei mezzi d’opera che, nonostante le avessero messe a dura prova, restituivano un senso di movimento ed economia al territorio.

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n controtendenza e in tempi in cui si producono sopratutto analisi politiche e cacce alle streghe, nella mia mente oggi a mò di tormentone, mi girano dei versi di una delle più belle poesie di sempre. Una delle poche cose che ricordo a memoria da un lontano passato studentesco: “l'infinito” di Leopardi che oggi compie 200 anni. Tra un verso e l'altro mi soffermo sul fatto straordinario che negli ultimi anni della sua vita a Napoli fu curato da un medico Caposelese, tale dott. Nicola Santorelli, e questo mi stimola il pensiero per poter dedicare al sommo Poeta, qui nel nostro Paese un qualcosa di concreto che possa intrecciare, per sempre, un rappor-

Della Pavoncelli bis, abbiamo subìto molti danni, ma anche avuto, quindi, altrettanti benefici in un periodo che avremmo sperato potesse essere oggettivamente più lungo (come avviene per ogni appalto pubblico in Italia). Un lavoro che termina porta un po’ di tristezza, ma in questo caso e in un frangente storico in cui si vede poco all’ orizzonte, e nè tanto meno uno straccio di programmazione, la questione diventa drammatica per il nostro territorio! Il lavoro, insieme ai servizi ai cittadini, è in forte calo, ma le tasse, paradossalmente aumentano a dismisura pesando sulle tasche dei pochi che hanno scelto di restare in queste terre. Sarà il caso di mettere sul tavolo una strategia a lungo termine per cercare di tamponare questa emorragia? Se non ricordo male tale intento era tra le innumerevoli “intenzioni” elettorali! E questa, non è una questione di poco conto!

to, un legame, un vincolo tra Caposele e Leopardi. Già qualche anno fa, in occasione del film di Mario Martone ”Il giovane favoloso” l'idea fu lanciata in riferimento allo stretto legame che la moglie del regista ha con la natìa terra Valligiana e precisamente con Castel nuovo di Conza. Ma il momento non era propizio! Oggi, stimolato dall'anniversario "dell'ermo colle", mi piace insistere su questo disegno di poter dedicare a Leopardi oltre che uno slargo (nella nuova toponomastica) anche un mezzo busto, una lapide, un momento di riflessione che colleghi Santorelli e quindi Caposele alla più importante figura della letteratura mondiale. Lo so, di questi tempi bisognerebbe parlare di altro e di altri tipi di problemi, ma vorrei lanciare il sasso nello stagno e provare a fare questa operazione culturale che,promossa dalle istituzioni, potrebbe essere inserirta come ulteriore piccola tessera, in un mosaico dedicato al nostro mini tour turistico. Riflettiamoci e verifichiamo insieme se questa piccola operazione è fattibile.

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Amarcord

C’ERA UNA VOLTA UNA CASCATA da Bologna Cettina Ciccone

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l Sele e la cascata dell’Oasi della Madonnina. “Chiare, Fresche e Dolci Acque” (Petrarca “Il canzoniere”), tali le acque del Sele che sono il simbolo della chiarezza oltre che della freschezza, per effetto della bassa temperatura con la quale sgorga dalla sua sorgente. E’ dolce anche perchè la sua durezza è molto ridotta tanto da formare limitati residui calcarei ed adattissima a rifornire uno dei più importanti acquedotti. La sua dolcezza è anche espressa con il suono rilassante che ci regala il suo scorrere vivace, lasciando nell’anima grandi impressioni di sollievo. Non conosco, nei particolari, tutto il tracciato del fiume e non posso qui commentare le bellezze delle quali ho spesso sentito parlare. Ho avuto l’occasione di apprendere le notizie e le immagini che la rivista “La Sorgente” ha così ben diffuso tra i propri lettori e mi sovviene di ripetere: ”Laudatosi, mi Signore per sor’acqua, la quale è molto utile et umile et preziosa et casta”. Così San Francesco d’Assisi parlava di “sorella acqua” e davanti a lei assumeva un atteggiamento di rispetto, di poesia e di fede che coinvolgeva nella lode anche gli esseri che con Lui pregavano, essendo per divina sapienza ogni cosa benefica. Il corso del fiume Sele rievoca numerosi eventi, la storia delle generazioni che ci hanno preceduto anche con ingiusti e crudeli trattamenti di tipo sociale,come l’espropio di tanti mulini che garantivano quel piccolo ma pregevole benessere per le popolazioni residenti sia in termini di posti di lavoro che di produzioni alimentari. A ciò è bene aggiungere altri eventi storici di carattere politico ed economico. Questo meraviglioso corso d’acqua pur appartenendo al versante tirrenico ha dissetato numerosissime popolazioni pugliesi che, senza questo apporto d’acqua,avrebbero subito gravi danni dal punto di vista igienico, sanitario ed agricolo. Ogni corso d’acqua possiede grandi meriti che madre natura ha elargito operando sul suo percorso. Sono noti gli effetti benefici dei fiumi di tutti i continenti; restiamo invece ai fiumi italiani perchè gli altri grandi corsi d’acqua sparsi nel mondo hanno procurato benessere alle coltivazioni,

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ai trasporti fluviali e all’industria. Esprimo ora qualche mia impressione in merito alla zona relativa all’Oasi della Madonnina con la cascata, l’annesso parco ed il verde che lo caratterizza. Ho avuto occasione di visitare tale Oasi in maniera suffcientemente attenta pochi giorni dopo l’inaugurazione avvenuta il 18 agosto 2011 con la competente guida da parte dell’ingegnere Nicola Conforti. Per gli appassionati di bellezze naturali la cascata rappresenta una meta da prediligere per un’escursione in totale relax. Ciò fa godere le meraviglie sonore provocate dalla caduta delle acque ed il magnifico scenario che abbina l’incantevole verde alla cascata, dove il dolce scorrere dell’acqua rende più viva la potenza e la bellezza della natura. Molto suggestivo il percorso che conduce alla cascata, abbellito dalla staccionata la cui continuità contribuisce all’apprezzamento del tracciato fluviale.

Mi ha colpito molto, prima di giungere alla cascata, la presenza di una conformazione rocciosa nelle sue molteplici varianti, fornendo all’osservatore, con le sue ombreggiature un’immagine molto simile a quella della Madonna. Certamente ho constatato l’esistenza di un grande valore per tutti gli abitanti di Caposele e di località limitrofe. Tale parco rappresenta, oltre a un possibile incremento dell’economia locale per un potenziale afflusso turistico, una migliore conoscenza delle caratteristiche territoriali irpine. Concludo con l’auspicio per un completamento di questa pregevole iniziativa. Ben venga quindi la realizzazione del Parco della Madonnina e di quanto ad esso collegato. E per chi vuol conoscere la storia delle acque delle Sele consiglio una visita a Casa Houston, sita a poca distanza dalla cascata. Tale casa costituisce un interessante centro polifunzionale ed ospita all’interno il Museo delle Acque. E’ il luogo ideale per conoscere l’importanza di questo corso d’acqua che per Caposele riveste una notevole caratteristica specialmente per quanto riguarda gli aspetti naturalistici, storici e culturali.

Emidio alagia, Antimo Pirozzi,Gerardo Luongo e Sig.ra, Rosetta Frannicola

da Carife: Prof. Raffaele Loffa

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Pinì Caprio e Gilda Conforti

Salvatore Curcio, Alfonso Gonnella e Rocco Caruso e Alfonso Ceres

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aro Nicola, non conosco l’Oasi della madonnina e neppure la sua ubicazione...ma se piace a te e ai Caposelesi, tanto attaccati al loro territorio, alla sua storia, alla sua cultura, alla sua bellezza ed alle sue tradizioni non può non piacere anche a me! Spero di poterla visitare presto, non appena risolverò i miei ser i problemi di salute. la nostra Irpinia tutta, e non solo Caposele, deve giocare l’ultima carta in suo possesso: quella del turismo! Il nostro territorio, sostanzialmente ancora integro nonostante gli innumerevoli attacchi, fa gola a molti, soprattutto a quanti

vorrebbero continuare a riempirla di immondizie...l’incombente e minacciosa soppressione dell’ente Provincia potrebbe paradossalmente accelerare proprio il degrado delle nostre stupende terre: la Regione, cui passerebbero le competenze ora della Provincia, è da tempo attestata a difesa della più ricca fascia costiera, in cui gli elettori sono più numerosi e la crisi in atto farà il resto. lo sforamento nella spesa sanitaria, l’aumento esponenziale della polizza assicurazione auto non è certo imputabile alle zone interne... dobbiamo difenderci a denti stretti e cacciare gli artigli per ottenere il riconoscimento dei nostri diritti: la questione acqua di Caposele deve insegnare a tutti qualcosa e la lezione deve servire soprattutto ai nostri rappresentanti politici a livello istituzionale e spesso latitanti. l’industrializzazione langue, se non è asfittica, stitica, rachitica e...deboluccia e la vicenda IRISBUS di Flumeri ne è la prova più evidente ed allarmante: la dice lunga anche sulle intenzioni dei nostri cosiddetti “Soloni” dell’economia e dell’industria; il resto lo fanno la globalizzazione e le difficoltà molteplici che incontra l’Euro; e dove mettiamo poi la nostra attuale classe politica, dequalificata. squalificata e priva di ideali, senza distinzione di appartenenza o di colore? Mala tempora currunt...caro Nicola. Nel turismo dobbiamo crederci tutti, se vogliamo giocarci al meglio l’ultima chance in nostro possesso! Ad maiora semper a te e alla tua rivista, che dirigi tanto egregiamente e soprattutto con tanto amore... da Salerno: Ezio Caprio

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aro Nicola, dopo una prima visita, con la coincidenza della Tua compresenza, ho avvertito il “bisogno” ed il richiamo di un “ritorno solitario”. Il fascino del luogo Ti travolge! l’irrompere della cascata, con il suo travolgente fragore, mi ha indotto a meditare sul percorso della nostra esistenza. Vi è prima una giovinezza impetuosa e troppo veloce: poi il fiume della vita scorre, dolcemente ma fatalmente, verso la foce.


Amarcord

Italia Caprio, Agnese Malanga e Pino Melchiorre

Emidio Alagia, Angelo e Gerardo Russomanno, Antimo Pirozzi

Cettina Boniello, La sig.ra Russomanno e la sig.ra Triggiano

Rosa Russomanno, Raffelina Zarra e Angioletta Casillo

Umberto Malanga e sig.ra, Dott. Vuotto e Sig.ra, Cettina Ciccone, ing. Franco Ferri e Nicola Conforti.

Un gruppo di turisti

Questo il pensiero che Ti prende, se Ti soffermi a meditare...come tutti dovremmo. da Roma: Giovanni e Luisida Caprio

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aro Nicola, in Agosto, durante il nostro soggiorno a Caposele, abbiamo visitato e molto apprezzato il pregevole lavoro che è stato fatto per la costruzione del percorso pedonale che porta fin sotto la bellissima cascata generata dalle acque di Cassano non convogliate in galleria. la vaporizzazione dell’acqua e la circostante ricca vegetazione creano una straordinaria sensazione di frescura e di benessere che giustifica il nome di Oasi attribuito al luogo. Abbiamo anche visitato quella straordinaria formazione rocciosa sul lato destro del percorso che, a colpo d’occhio, da una certa distanza, richiama alla mente una figura mariana. Ci siamo avvicinati, abbiamo osservato attentamente la roccia in questione e ci è sembrato, con disappunto, che qualcuno abbia artificialmente evidenziato i contorni ed il fondo dell’immagine. Noi riteniamo che la sagoma indefinita e interessante, che la natura ha “miracolosamente” scolpito su quella roccia, non vada in alcun modo evidenziata per non darle un sapore di artefatto o strumentale e per lasciare che la fantasia di ciascuno possa liberamente interpretare ciò che vede. In ogni caso, si tratta di una passeggiata davvero invitante, che allarga i confini del Parco fluviale e ne aumenta notevolmente le attrattive.

da Lioni dott. Giovanni Vuotto UN ANGOLO DI PARADISO

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a natura ci offre degli spettacoli meravigliosi. E’ bello ammirare i giochi delle nuvole in un cielo azzurro, le stelle che brillano incerte in una notte di tempesta, le ampie foreste incontaminate, i prati pieni di fori, il grano che biondeggia al sole, o più semplicemente un campo arato di fresco che ancora profuma di terra. Uno degli spettacoli più entusiasmanti è dato dal gioco delle acque. Le sorgenti danno luogo a panorami tutti diversi ma sempre meravigliosi, come ad esempio fumi impetuosi, laghi pieni di bollicine o cascate imponenti. Quest’anno ho visto per la prima volta la cascata della Madonnina nei pressi della sorgente del Sele (di questo ringrazio l’ing. Nicola Conforti). Sono rimasto entusiasta. Le acque, precipitando dall’orlo del monte, non acquistano nella caduta una velocità molto forte. Ciò è dovuto alla resistenza che oppone l’aria e al fatto che, nella precipitazione, la massa liquida si divide in mille spruzzi. Tuttavia ai piedi della parete, l’acqua acquista un moto vorticoso provocando, con l’aiuto di materiali solidi che essa trasporta, un’ampia escavazione, un bacino che viene tenuto sgombro da depositi dalla forza stessa dell’acqua. Il piede della parete è soggetto ad erosioni perché formato da rocce te-

nere che si alternano a rocce più resistenti. … E’ caratteristico, a questo proposito, il fenomeno dell’arretramento delle cascate, cioè del progressivo retrocedere della cascata verso l’alto corso del fiume e della sua conseguente diminuzione d’altezza. L’arretramento è più o meno sensibile in tutte le cascate ed è dovuto all’erosione superficiale del banco di rocce che ha provocato la formazione della cascata. Il fiume Sele è ricchissimo di irregolarità nel suo profilo longitudinale e quindi la formazione di questa cascata è un evento quasi normale perché lungo il piano inclinato si verifica una

serie di salti non molto alti alternati a rapide. Il risultato è uno degli spettacoli più belli che io abbia mai visto, un angolo di paradiso appunto. Sono rimasto incantato per minuti e minuti; qui l’animo ritrova la pace e si rasserena. Complimenti al comune di Caposele che ha valorizzato questo spettacolo e lo ha reso visibile e godibile da molti. Ancora un piccolo sforzo e può divenire, con l’ampliamento delle infrastrutture, meta di tanti turisti che vanno alla ricerca di nuove scoperte e nuove emozioni.

L'idea di realizzare un parco con alla fine una meravigliosa cascata, venne fuori con l'Amministrazione comunale "Farina" che con grande entusiasmo nel 2011 cominciò a concretizzare questa realizzazione. La cascata (proveniente dalle sorgenti di Cassano) , che fino ad allora aveva un flusso costante, ma era poco fruibile se no solamente dalla strada Aldo Moro, è stata il fulcro dell'allargamento del Parco, chiamato "della Madonnina"(identificazione suggestiva attibuita al luogo per la presenza di una roccia nella quale si individua una sagoma della Madonna col bambino). L'allargamento del parco avvenuto per l'acquisto di alcuni terreni di proprietà privata, è stato il primo passo importante per una fruizione completa con un immersione naturalistica, di quella meravigliosa area faunistica. Il progetto, prevedeva, tra l'altro il collegamento del parco Tredogge inferiore con il nuovo percorso attraverso una cerniera pedonale attrezzata che faceva anche da svincolo alle due aree fluviali ( anche questo progetto si è arenato) Sgombri ed accordi con l'A.Q.P furono già avviati e per mancanza di interessamento, tali operazioni si sono, altres', purtroppo fermate. La speranza è che il progetto, possa essere completato con il lavoro della nuova A.C. che non potrà fa altro che arricchire quel �������������������������� posto con l'idea di sistemare cià che era stato previsto, e magari, implementare la fruizione del parco con altri servizi e abbellimenti.

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Cultura

Apparenza o realtà di Donatella Malanga

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el mito famoso raccontato dal filosofo Platone gli uomini sono incatenati nel fondo di una caverna buia e vedono solo le ombre proiettate dal fuoco alle loro spalle su una parete davanti a loro. In quella dimensione pensano che quella sia realtà. Uno degli uomini si libera e esce dalla caverna scoprendo la luce del sole e il mondo che lo circonda. Felice di quello che ha scoperto torna dai suoi compagni e racconta di quello che ha visto, ma i suoi compagni stentano a credergli. L’immagine degli uomini in una caverna incatenati riflette la nostra natura: la nostra ignoranza, i nostri pregiudizi; le ombre rappresentano la realtà interpretata dai nostri sensi, spesso deboli e non sufficienti a percepire la realtà dei fenomeni che ci circondano. La scienza ci aiuta a guardare più lontano esplorando il mondo e ridisegnandolo continuamente. Tutte le conoscenze accumulante nel tempo rappresentano i pilastri della scienza, ma la sua anima è il cambiamento. L’incertezza come base per guardare più lontano verso territori inesplorati. Nel tempo abbiamo imparato tantissimo dall’universo che ci circonda e quanti cambiamenti nel corso dei secoli abbiamo fatto nelle conoscenze. Credevamo che la terra fosse piatta...che fossimo al centro del mondo... invece oggi, tranne che per alcuni “ingenui”, sappiamo che quella percezione ci aveva indotti in errore. Oggi riusciamo ad andare in alto sempre di più con le nostre tecnologie e scopriamo quello mostrato il 10 aprile 2019 in tutto il mondo: la prima foto di un buco nero. Una prima assoluta, che segna un successo scientifico non da poco. L’immagine di un buco nero una prova diretta e visiva, che finora non c’era, dell’esistenza di questi oggetti, teorizzati ben più di un secolo fa da Albert Einstein. Sicuramente questo risultato aiuterà gli studiosi a capire meglio com’è fatto l’universo. La ricerca scientifica ha questo scopo: interpretare delle osservazioni e dei risultati e non semplicemente “scoprire”, meglio dire “vedere attraverso”. Visto che il mondo è ancora inesplorato, andiamo a vederlo insieme. Cominciamo a farci ispirare dai colori. Mentre vi scrivo l’estate è esplosa

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e immediatamente affiora la sensazione del blu del cielo. Guardo fuori dalla finestra e lo percepisco questo blu...ma noi sappiamo, e la scienza ce lo ha dimostrato già dal XVII secolo, che i colori in natura non esistono ma sono creati dal nostro cervello. Il mondo che ci circonda non è colorato in quanto tale...ma...come? Tutto questo ancora ci sorprende! In realtà non vi sarebbero colori nell’Universo senza occhi né cervello adeguati a crearli. La vista è il nostro principale sistema sensoriale: si calcola che il 70% delle informazioni che pervengono al nostro cervello provengano da questo senso. Gli occhi sono degli strumenti ottici, come lo sono un microscopio o un telescopio, ma ancora più complessi ed accurati. Si valuta che il nostro occhio sia in grado di distinguere circa 200 colori diversi. La sua struttura è talmente complessa che anche il grande evoluzionista Darwin rabbrividì nel dover assumere che anche lo sviluppo dell’occhio fosse il casuale risultato di progetti di prova, errore e selezione. Immaginate più di cento milioni di microstrutture nella retina che percepiscono i segnali luminosi e un milione di fibre nervose che li conducono al cervello... ma il lavoro non finisce qua… non basta ricevere un segnale poi questo va elaborato. La nostra mente infatti integra le informazioni con la memoria, con le immagini corrette già incontrate nell’arco della vita. La vista, dunque, è molto più di una sommatoria d’informazioni raccolte dagli occhi, essa richiede un patrimonio di informazioni precedentemente acquisito anche attraverso altri organi di senso. Sembra secondo gli studiosi che il cervello elabora gli stimoli visivi come le sequenze di un film; non tiene conto dei continui cambiamenti e astrae dagli stimoli che riceve dall’occhio solo ciò che è necessario per classificare e identificare gli oggetti. Occorre che ‘selezioni’ le scene utili di questo film, ‘elimini’ quelle non rilevanti ai fini di questo tipo di sapere e ‘confronti’ con ciò che in passato ha già acquisito per poter infine classificare l’oggetto, riconosce una scena... e così via. Immaginate di guardare una foglia nel corso di una giornata, il suo colore varia, a seconda che la si guardi all’alba o al crepuscolo, a mezzogiorno in pieno sole

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o in una giornata nuvolosa, eppure il cervello è in grado di ignorare tutto e attribuire il colore verde alla foglia. Quindi a noi sembra a volte di guardare passivamente il mondo ma invece lo stiamo interrogando continuamente. Il grande pittore Matisse disse infatti che “Vedere è già un’operazione creativa che richiede uno sforzo”. Diciamo che noi “apparentemente” non percepiamo nessuno sforzo... ma qualcuno sta lavorando per noi e il cervello visivo diventa quindi come un libro illustrato. La cecità, che noi immaginiamo come un grande “nero” non equivale a questo, non è la grande oscurità. Per le persone con capacità visive, il nero è un colore, che noi percepiamo se per esempio ci bendiamo, ma l’essere ciechi è molto di verso dall’essere bendati, perché le persone cieche “vedono” attraverso altri sensi ed altre strategie. Ora se ci spostiamo in esseri viventi diversi da noi, per esempio i pipistrelli come percepiscono il mondo che li circonda? Come funzione il loro “occhio”? Per esempio cos’è una rosa per un pipistrello? I pipistrelli producono ultrasuoni per mezzo della laringe ed emettono il suono dal naso o, più co-munemente, dalla bocca aperta per poi decifrare gli echi che rimbalzano. Il loro occhio è un biosonar. Quindi mentre per noi quando parliamo di mele e arance, spiegano gli esperti, in genere ai nostri occhi

e alla nostra mente questa distinzione appare ovvia, sarebbe difficile immaginare di dover riconoscere questi due frutti 'ascoltando' le loro vibrazioni. Diversi animali, inoltre, hanno occhi sensibili alla luce ultravioletta (che noi non percepiamo): è il caso di alcune farfalle, che grazie a questa caratteristica riconoscono i maschi dalle femmine, e delle api, che così vengono attratte dai fiori in cui alcune strutture si vedono solo agli ultravioletti. Per esempio la luce bianca non è percepita affatto dalle api, ma visto che le api a differenza di noi umani percepiscono l’ultravioletto tutti i fiori bianchi filtrano i raggi ultravioletti e quindi sono percepiti dall'occhio dell'ape verde bluastro. Altri animali sono invece sensibili agli infrarossi, per esempio i serpenti, che vedono le prede a sangue caldo grazie a recettori termici posti sotto gli occhi e che il cervello associa alla visione oculare, quindi questi esseri animali “vedono” letteralmente il calore corporeo emanato dagli oggetti che li circondano, per cui sono in grado di distinguere le prede anche al buio. Quindi ricordando le parole del mio Prof. Barni, docente di Anatomia Umana nell’Università Magna Grecia, ritorniamo di nuovo alla domanda di prima: cos’è una rosa per un pipistrello e cosa invece rappresenta per noi... per il primo forse è solo un oggetto da evitare per non sbatterci contro per noi potrebbe avere mille e mille significati... “Quella che chiamiamo rosa, pur con un altro nome, avrebbe lo stesso dolce profumo? (W. Shakespeare, Romeo and Juliet, atto II, scena II).


La Sorgente

Avvenimenti

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QUOTA 100

S

i può rendere un servizio alla comunità in tanti modi. La cosa più semplice e anche la più ovvia è quella di fare il proprio dovere: studiare da ragazzo, lavorare da adulto, tenersi attivo da vecchio. In questo arco della vita possono succedere tante cose, a cominciare da acciacchi o malanni per proseguire con i rapporti con gli altri fino alle grandi soddisfazioni personali o collettive. L’importante è affrontare tutto con la massima attenzione, lasciare traccia della propria attività. Ecco appunto lasciare traccia o più semplicemente lasciare un ricordo, una testimonianza. Sul giornale Altirpinia di Lioni ho una rubrica che si chiama “La Lioni dei Ricordi”. Mi serve per descrivere ai più giovani la vita di un tempo senza rimpianti, senza nostalgia, col solo scopo di documentare un'altra epoca in cui (per rimanere in campo medico) non c’era la siringa di plastica monouso, l’ulcera allo stomaco si curava con la gastrectomia e le indagini strumentali erano limitate alla sola radiografia. Costruire il futuro facendo tesoro del passato. In questo senso il giornale “La Sorgente” si pone come punto di riferimento per tutti i caposelesi e anche per gli abitanti dei comuni vicini. Ha una storia di 46 anni essendo stata fondata nel 1973 e ha descritto tutti gli eventi di questa comunità da quelli belli a quelli brutti, ininterrottamente, senza fermarsi neppure in occasione di eventi tragici come quello del terremoto del 1980. Siamo giunti al numero 98. Quota 100 è a un passo. Come non ringraziare i tanti autori che hanno pubblicato cose interessantissime, i tanti sostenitori che hanno speso tempo e denaro e i tanti lettori che in ogni parte del mondo hanno dato consigli e prestigio a questo giornale. Perché bisogna ringraziare i lettori? Perché senza di essi non avrebbe senso scrivere un giornale. In Italia si scrive molto ma si legge poco. Qui al sud ancora meno. Molte ore vicino alla televisione; adesso molte ore vicino al computer, per fare cosa? Ho esaminato la giornata tipo di un cinquantenne sottoccupato, e i programmi della tv di stato e di una a pagamento. Almeno tre quattro ore al giorno sono trascorse nel bar a giocare a carte; per fare poche centinaia di metri si esce in macchina; c’è poco tempo o poca volontà per qualsiasi attività al di fuori di una vita sedentaria vicino alla tv. I programmi principali sono trasmissioni a quiz in cui conta soprattutto la fortuna, programmi di cucina e il Grande Fratello in cui si esamina nei minimi dettagli la vita di un personaggio, le ore passate a prendere il sole o le sue scenate di gelosia. E che dire della tv a pagamento? Decine e decine di volte al giorno scorre la pubblicità di scommesse. Esistono ormai molte società che gestiscono questi giochi, società capaci di alleggerire il por-

ha una storia di

46

anni essendo stata fondata nel

1973

e ha

descritto tutti gli eventi di questa comunità da quelli belli a quelli brutti, ininterrottamente, senza fermarsi neppure in occasione di eventi tragici come quello del terremoto del

1980.

Siamo giunti al numero 98. Quota 100 è a un passo

tafoglio di tante persone o di mandare al lastrico intere famiglie. Durante la pubblicità scorre la scritta: “il gioco è vietato ai minori e può indurre dipendenza” e poi tutti sono invogliati a giocare dai grandi ai piccoli. Addirittura la nazionale di calcio ha tra gli sponsor una società di scommesse. Eppure molte nazioni al mondo hanno proibito questo tipo di pubblicità. Ad esempio in Brasile non si fa pubblicità durante le partite di calcio e durante le altre trasmissioni ci sono controlli rigorosi delle Autorità. Il giornale La Sorgente è privo di pubblicità, ha una veste tipografica eccellente e invoglia alla lettura. Leggendo questo giornale ho imparato ad apprezzare i particolari di questa cittadina. Materdomini è nel mio cuore da sempre; da piccolo venivo qui almeno 2 volte all’anno accompagnato da mia madre. Nella mia famiglia la devozione per San Gerardo era molto sentita; ma io venivo con piacere per le “bancarelle” piene di prodotti particolarmente graditi. Ricordo ancora i biscotti al miele, le noccioline americane (arachidi) o le “sciuscelle” (carrube). Per un bambino era difficile fermarsi a lungo in chiesa. Io ricordo ancora il posto dove mi sedevo accanto ai genitori; erano due sedie di paglia in cui ci sedevamo in tre: io ero al centro e per farmi stare più comodo la mamma poneva una sciarpa di lana tra gli spigoli delle due sedie. Solo a San Gerardo ho visto i miei genitori pregare ad alta voce: chiedevano la guarigione di mia sorella. Ricordo con dovizia di particolari quando chiesi alla mamma se la sorella era guarita. Mi rispose: non è guarita ma almeno non vado più da “mamma santa”, una guaritrice che spillava soldi alle persone; anche questa è una grazia. La Sorgente è un giornale al servizio delle persone che ti fa apprezzare tutti i minimi particolari. Nessuna rivalità tra Materdomini e Caposele, spazio al Santuario e altrettanto spazio alle Sorgenti, ma soprattutto spazio ai caposelesi, i veri protagonisti di questo giornale che si ripete e si rinnova periodicamente da quasi mezzo secolo. Si, perché il racconto di tante persone è una cronaca, cronaca che si intreccia con quella di altre persone e altri paesi e diventa storia. La nostalgia che mi prende diventa gioia: gioia perché posso vedere tanti spettacoli meravigliosi, gioia perché le persone mi danno un senso di familiarità e rispetto; gioia perché siamo più vicini a Dio. Un amico mi dice giustamente che l’incontro con Dio si può avere in qualsiasi posto. Questo è vero ma nel Santuario di San Gerardo sembra sollevarsi da terra per raggiungere il cielo. Consentitemi un ultimo pensiero sulle sorgenti più grandi d’Europa, quelle del fiume Sele. Non per niente il giornale si chiama La Sorgente.

di Giovanni Vuotto Visitare questo luogo significa godere di uno spettacolo meraviglioso, uno dei più belli che la natura ci offre. Ogni volta si apprezzano particolari inediti e interessanti. Nello scorso mese di aprile siamo stati in questo luogo con il presidente nazionale dei medici cattolici professor Filippo Boscia e l’assistente ecclesiastico cardinale Edoardo Menichelli. Abbiamo avuto una guida d’eccezione, Concetta Mattia, che ci ha fatto apprezzare l’importanza di quest’opera anche dal punto di vista civile ed economico, quando oltre un secolo fa nel centro di Bari arrivò l’acqua proveniente dal Sele, un’opera ingegneristica di cui non si ricorda l’uguale. Di Concetta conoscevo l’esuberanza giovanile, l’impegno nel volontariato e nell’emergenza sanitaria. Ho apprezzato con grande meraviglia la profonda conoscenza della storia non solo locale, la capacità di comunicazione, lo studio delle macchine di Leonardo, importanti si, ma non pari alle sue opere artistiche. I lionesi sono molto legati alle loro montagne, al fiume Ofanto ad Oppido Vetere che risale ad epoca romana. Non per niente la Pro Loco, coadiuvata dal CAI, organizza periodicamente escursioni per valorizzare cascate, mulini antichi, opere etrusche e romane ricadenti in questo comune. È giusto che la Sorgente valorizzi opere importanti e uniche al mondo che sono patrimonio di tutti. Sempre il cardinale Menichelli nella sua visita al Santuario di Materdomini ha apprezzato alcune opere artistiche presenti nel Museo e descritte nel giornale, come il seguente episodio: San Gerardo non riusciva a far rappacificare due nemici e disse a uno di loro buttando a terra il Crocifisso: se non vuoi far pace con il tuo vicino calpesta il Crocifisso. Quanto sarebbe importante oggi una simile posizione presa da persone che litigano anche per un metro di terra, una partita di calcio o un’idea politica! Punto di equilibrio, la Sorgente ha unito tutti i cittadini intorno a un’unica bandiera quella della conoscenza del territorio e della sua salvaguardia. Se il Signore mi fa vivere, vorrei es-

serci anch’io quando il numero 100 di questo giornale comparirà nelle nostre case. Sarà il miglior modo per trascorrere qualche ora immersi in una piacevole lettura, perché il giornale stimola alla lettura e non è cosa facile. Pensate che io non riesco a leggere nemmeno tutti i titoli di un giornale sportivo e divoro invece tutte le pagine della Sorgente. Sempre il Cardinale consigliava una cadenza mensile di pubblicazione. Capisco che non è una cosa possibile, ma almeno teniamo viva questa fiammella. Vi ringrazio per avermi dedicato un po' del vostro tempo e auguro lunga vita a questo giornale.

"QUOTA 100" L'idea è quella di comporre il n. 100 de "La Sorgente" con la firma di 100 redattori, con 100 pagine a colori e con 100 straordinarie emozioni da vivere, ancora una volta e dopo 47 anni, insieme a tutta la Comunità Caposelese. Dateci una mano per raccogliere, foto, scritti, storia, e quello che ritenete utile che sia pubblicato in questo numero speciale. Avremo modo di festeggiarlo insieme con eventi straordinari e con la partecipazione di illustri firme del giornalismo Italiano. La Sorgente numero CENTO... UN RECORD e una VITTORIA di tutti i Caposelesi!

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Sociale

I

momenti piacevoli vissuti in gruppo, in un tempo senza fretta e in un luogo familiare, ritornano in mente più di altri e la loro memoria, in modo inconsapevole, continua a rafforzare legami e sentimento di appartenenza. Provo a raccontarne uno in particolare, per la sua piena sintonia con il periodo estivo e perché può diventare opportunità per sollecitare riflessioni e considerazioni, insieme ad una più attenta analisi, a distanza, delle sue finalità possibili. Si tratta di una sosta davanti al bar, ma non di una comune sosta, a conclusione di serata, che, per la forma che assumeva, veniva da tutti detta, con un termine condiviso ed evocativo, “la ruota”. Nata, qualche decennio fa, all’inizio come insolito momento di incontro, ben presto si trasformava in piacevole e attesa consuetudine che si ripeteva, con cadenza annuale, nelle calde serate di agosto al termine dell’evento del giorno e di lunghe passeggiate per le affollate strade estive del paese in aria di festa. Era una comune e tacita intesa, in un gruppo legato da solidi vincoli d’affetto e di amicizia che ogni anno si ritrovava a Caposele, quel disporsi in cerchio intorno ad un tavolino prima del rientro a casa. E la ruota diveniva luogo di dialogo e di condivisione: i suoi componenti seduti in circolo, in un clima di grande serenità e coinvolgimento, davano vita a lunghe conversazioni e a interessanti racconti che mettevano in comune esperienze, fatti, vicende, viaggi e storie. Era uno scambio di conoscenze che non solo dava continuità alla vita del gruppo, ma, allo stesso tempo, ne rinsaldava anche vincoli e rapporti. Si parlava di lontani e bellissimi luoghi visitati, di eventi particolari, di argomenti di varia natura, a seconda delle specifiche competenze di chi raccontava, di esperienze personali, di personaggi della storia, di episodi legati alla vita, alle persone e ai luoghi di Caposele. E non era solo il contenuto del racconto a tenere viva l’attenzione di tutti, era l’atmosfera che nel gruppo si instaurava, una sorta di partecipazione empatica, di coinvolgimento emotivo che faceva bene a chi parlava e a chi ascoltava. E la ruota così facilitava la comunicazione, arricchiva la conoscenza reciproca, favoriva la circolazione di idee, rafforzava il gruppo. Tutti potevano raccontare, nessuno “metteva i bastoni tra le ruote”, non c’era “un’ultima ruota del carro”, si poteva anche “andare a ruota libera”. Nel corso degli anni e delle singole serate, la ruota variava nel numero dei componenti; a volte si allargava così tanto da invadere la sede stradale e un solo tavolino non bastava più come centro; a volte era di dimensione più con-

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tenuta e tale condizione offriva pretesti per allegre discussioni sulle probabili e improbabili ragioni di ritardi o assenze, con relative ipotesi di possibili giustificazioni. Ai ritardatari veniva sempre riservata una festosa accoglienza. Anche la scelta delle consumazioni dava luogo a vivaci dispute che si placavano subito all’arrivo di tintinnanti bicchieri con fresche bibite e di grandi coppe ricolme di gelato, finemente e sapientemente preparate in versione

trodotto nella scuola di recente, ma già ampiamente collaudato dalla psicologia umanisti-

ca negli anni ’70. Un metodo, utilizzato con successo in molte scuole e in altri ambiti, pensato per facilitare la comunicazione e la conoscenza reciproca, valorizzare le competenze dei singoli e del gruppo, favorire l’inclusione e la discussione, promuovere la libera e attiva espressione delle idee, delle opinioni, dei sentimenti e dei vissuti personali, in un clima sereno di confronto e scambio.

LA RUOTA …

UN’INVENZIONE SEMPRE STRAORDINARIA estiva, belle alla vista e molto buone al gusto. E la ruota diveniva spazio aperto. Accoglieva e sollecitava scambi con chi nella notte avanzata continuava in passeggiate più silenziose e solitarie; si spezzava, apriva varchi, aggiungeva sedie, si arricchiva di nuovi punti di vista. Tutti gli eventi del Ferragosto Caposelese richiamavano, e richiamano tuttora, sempre tanta gente, ma quelli di punta, di lunga tradizione, consolidati e perfezionati nel tempo e divenuti elementi imprescindibili, molto più degli altri. Alla gente di Caposele, già notevolmente aumentata nel numero per il rientro estivo di molti, si univano, in queste serate speciali, tante persone provenienti da luoghi più e meno vicini. Poteva così capitare, per tale motivo, di non trovare spazio davanti al bar e allora, nell’attesa, si risaliva di nuovo fino alla Sanità, si percorreva in tutta la sua lunghezza il cantiere, si visitavano angoli del paese più nascosti. A volte, però, stringendosi tutti, si riusciva a sedersi in cerchio accanto ad altri, in eguale modo seduti per la stessa piacevole sosta. E quelle ruote insieme, l’una accanto all’altra, divise nella forma, ma non nella sostanza, aggiungevano altro colore, altro calore, altre gioiose sonorità alle serate di agosto. Ad una sua osservazione a distanza, più distaccata e complessiva, che non può escludere una sua lettura anche in prospettiva pedagogica, l’esperienza della ruota presenta evidenti affinità con quella del “circle time” (tempo del cerchio), una metodologia didattica ed educativa con alte e importanti finalità. Si tratta di un metodo di lavoro in-

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È un momento di dialogo e condivisione, progettato con cura nei tempi, negli spazi, con una scaletta ben definita degli argomenti da discutere, durante il quale, nella scuola, gli alunni sono seduti in cerchio, in modo che ciascuno possa vedere ed essere visto, insieme ad un insegnante coordinatore/conduttore che, con ruolo di mediatore/moderatore, sollecita e coordina il dibattito. Alunni e insegnanti, in un confronto alla pari e in un ascolto attivo, a turno, potranno dire la loro, aggiungere considerazioni e proporre nuovi spunti, dando vita ad una comunicazione aperta, condivisa e rispettosa delle regole. Il “circle time” può essere, quindi, strumento utile per migliorare l’ascolto della classe, promuovere la partecipazione di tutti al dibattito, anche degli alunni più timidi, aiutare a gestire i più esuberanti, stimolare pensiero e spirito critico, facilitare la costituzione di un qualsiasi nuovo gruppo di lavoro. Ho cercato di raccontare una piacevole esperienza di vita a Caposele, per me molto significativa, nei suoi molteplici effetti benefici, espliciti ed

di Maria Caprio

impliciti. Il suo racconto mi ha spinto, forse perché le associazioni aiutano e sollecitano la memoria, ad esporne un’altra, che pure appartiene al mio vissuto, legata ad un luogo nel quale ho trascorso molti anni, che ha lasciato in me tanta traccia di sé. Tra le due vi sono affinità, più e meno evidenti, nella forma, nelle modalità di svolgimento, nelle finalità comunque conseguite, di certo già colte da chi legge. Si tratta, però, di due esperienze con differenze sostanziali, strettamente connesse al luogo, al tempo, al contesto, agli attori, alla natura stessa di ciascuna; la seconda è attività didattica, con precise e definite finalità, intenzionalmente perseguita e programmata in un processo educativo. Ma non saranno le osservazioni appena accennate, né sarà il confronto con attività di tipo educativo o la ricerca di significati nascosti ad aggiungere valore all’esperienza della ruota o a modificarne il senso. Essa sarà principalmente l’immagine viva di un felice momento di incontro e di scambio, vissuto in un gruppo, seduto in cerchio, a volte davvero numeroso, coeso e aperto allo stesso tempo, accogliente e coinvolgente, che si racconta, in un clima di grande empatia e in luogo caro a ciascuno, che si sente parte attiva della comunità, che sollecita interventi interni ed esterni e che soprattutto condivide sentimenti di attaccamento e di appartenenza al proprio paese. E come tale il suo ricordo rimarrà nella memoria mia e di tanti; e come tale spero possa occupare un piccolo spazio, tra le buone consuetudini, nella recente storia sociale della nostra comunità.

Gruppo di amici "a ruota" vicino alla sede della proloco. Ricordiamo affettuosamente alcuni di loro scomparsi:Angelo Farina, Gerardo Cibellis; Emidio Alagia


Cultura

CENTO BATTITI

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ianluca Santise, con il suo bellissimo libro, ci introduce in un argomento molto delicato della medicina, il mondo dei trapianti. Lo fa in modo avvincente, sicuramente originale, da una prospettiva diversa, non è più il paziente a raccontare, bensì il suo cuore, quello trapiantato. La narrazione ci viene data con grande garbo e acume letterario, grazie anche alla fusione dell’uomo di scienze con l’uomo di profonda cultura. Ad ogni domanda che il lettore tende a porsi è già pronta una risposta, ma declinata sempre attraverso una narrazione profonda dove vi è l'elogio della vita normale, direi “semplice” vissuta e non solo consumata come quando il cuore incontra mondi per lui inesplorati come la visione delle rose tanto da rimanere affascinato dall’esplosione dei profumi, dei colori, delle forme, che sembrano prendere forma e uscire, grazie alla sapienza descrittiva, dalle pagine del libro. L'autore è bravissimo nel far emergere lentamente emozioni che poi ci travolgo-

no: dalla descrizione della calorosa e colorata Sicilia fino all'affetto sconfinato della famiglia di origine. Ma non solo. L’autore affronta il tema fondamentale della Donazione attraverso una lettura tutta sua, lo fa parlandoci dell’amore attraverso la visione classica del mondo greco che distingue tre aspetti dell’amore: Eros l’amore passionale, Philia l’amore fraterno e Agape l’amore spirituale, portando, attraverso essi, ad interrogarci sul significato di un gesto così profondo e personale. È indubbio che la volontà di donare i propri organi rappresenta un gesto di sensibilità e di generosità che porta in sé un valore etico che oltrepassa concetti quali razza o religione, rappresentando una forma di amore, che il nostro autore con semplicità ci ricorda: << l’agape, la carità, l’amore sopra ogni cosa che supera i confini, che invade tutto ciò che circonda, non è rivolta a una persona in particolare ma a tutti, è l’amore dei santi per capirci, dei martiri, dei beati, di Gesù >>. Questo è un amore che non sottrae nulla a chi dona, ma permette ad un altro es-

di Raffaele Russomanno sere umano di continuare a vivere, così come il Ricevere diventa l’altra faccia della medaglia del Donare e insieme rappresentano possibilità di vita e di sopravvivenza. È un donare che perpetua la vita. L’autore riesce attraverso una delicata narrazione a rappresentarci entrambi i due lati della medaglia, lo struggimento di Bill nella ricerca della conoscenza del suo donatore, il suo affanno e infine la consapevolezza di dover, nonostante tutto, andare avanti. “Cento battiti” è un libro dove l’amore traspare in ogni pagina non mancando di regalarci emozioni profonde. Santise con il suo libro riesce a riaccendere in ognuno di noi quel lumicino di amore verso il prossimo donandoci al termine della lettura, che avviene tutta di un fiato, rapiti da un avvincente coinvolgimento emotivo, un benefico senso di benessere come solo i grandi scrittori sanno fare.

DIALOGANDO CON... IL PROFESSORE MICHELE CERES

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crivere è sempre un momento che permette di capirsi meglio, un ascolto interiore che si trasforma in parole… Una lunga serie di dialoghi, questa, che ha lo scopo di ricostruire Caposele tramite persone, volti, storie che l’hanno vista cambiare ed evolversi… Protagonista di questa intervista è il Professore Michele Ceres, protagonista della vita culturale e politica del nostro paese. Scrittore, politico di spicco della DC locale, insegnante, Michele Ceres si confronta con me e si racconta. Orgoglioso di aver presentato alcuni suoi libri, del Professore Ceres apprezzo la sua pacatezza, il suo affetto sincero che è sicuramente ricambiato con tanta stima da parte mia. Ringrazio il Professore Ceres per le belle parole che mi ha donato. Ma adesso, torniamo all’intervista... DOMANDE IDENTIKIT: • Colore preferito: azzurro • Film preferito: “La Grande Guerra” di Mario Monicelli • Canzone preferita: “La lontananza” di Domenico Modugno • Libro preferito: “Il barone rampante” di Italo Calvino • Gusto: dolce o salato? Salato al punto giusto • Quale personaggio del passato le piacerebbe incontrare? Federico II di Svevia DOMANDE: 1. Professore Ceres, ci aiuti a fare un tuffo nel passato. Chi era il ventunenne Michele e quale Caposele viveva? Ero un giovane da poco diplomato perito chimico industriale in cerca di prima occupazione. Pur vivendo anni di espansione economica, mi trovavo in difficoltà nella ricerca del primo impiego, perché le imprese, obbligate a conservare il posto del dipendente chiamato a svolgere il servizio di leva, difficilmente assumevano giovani che non

ne erano esenti. Ed io non lo ero. La laurea l’ho conseguita dopo. La Caposele di quel tempo viveva, come l’intera Italia, gli effetti benefici del boom economico. Il progresso era tangibile e interessava i vari aspetti di una comunità in crescita: dal numero delle automobili che aumentava di giorno in giorno, ai frigoriferi e alle lavatrici che incominciavano ad esserci in ogni casa, al consumo di carne e di altre specialità culinarie, che si dilatava in maniera esponenziale. Politicamente Caposele era sostanzialmente divisa tra democristiani e comunisti. Questi ultimi, tramite una lista civica, amministravano la Comunità, facendo maggioranza con un piccolo partito socialista. 2. Tutti conosciamo la sua passione per la politica. Quando nasce? Nasce durante gli anni di scuola media. Mi piaceva la storia e, poiché storia e politica sono complementari, l’interesse per quest’ultima non tardò a manifestarsi. 3. Aristotele diceva:” L’uomo è per natura un animale politico.”. Come si traduce questa affermazione alla luce di un suo apparente retrocedere da quella prima linea politica che lo ha visto sempre protagonista? Forse il fatto è dovuto anche all’età e alla considerazione che dopo circa cinquant’anni di “prima linea” è giusto che ci si faccia da parte per favorire l’entrata in scena di nuove e fresche energie. Tuttavia, non partecipare da protagonista alle elezioni, siano esse locali o nazionali, non vuol dire disinteressarsi di ciò che avviene intorno a noi, di eclissarsi dal contesto sociale e politico locale o nazionale. È però necessario tenersi informati per poter suggerire soluzioni adeguate, dettate dall’esperienza maturata in tanti anni di partecipazione all’agone politico. Purtroppo, però, il suggerimento viene richiesto molto raramente oppure non viene affatto sollecitato. 4. Lei è stato vicesindaco qui a Capose-

L'autore Gianluca Santise

di Luigi Nerio Fungaroli

le, politico di spicco nella DC locale in una stagione storica dove davvero la politica e i partiti erano al centro della vita dell’uomo.Pensa che sia cambiato qualcosa con la situazione odierna? È cambiato molto. Lo scontro politico era prevalentemente di natura ideologica e portava, talvolta, ad estremi parossistici. Ma passato il periodo elettorale tutto tornava nella normalità di un paese tranquillo, ove vi era un reciproco rispetto tra avversari che, tranne isolate eccezioni, mai si consideravano nemici. Un rispetto che si doveva, in buona parte, anche al comune senso di appartenenza ad uno Stato con una Costituzione tra le più democratiche al mondo. 5. Michele Ceres è stato anche insegnante. Una professione che sicuramente lei avrà vissuto come una missione. C’è un ricordo che porta nel cuore della sua vita da professore? Uno in particolare. In uno dei primi anni di servizio, non ricordo di preciso quale, insegnavo in una classe femminile. Le ragazze, animate da spirito goliardico, sul motivo di una canzone allora in voga, mi sembra “Il treno” cantata da Anna Identici, composero un testo in cui affettuosamente un po’ mi canzonavano, ma allo stesso tempo manifestavano un affetto sincero per il loro professore. Non nascondo che, quando poi le ragazze stesse la cantarono al Mak P 100, non ebbi alcuna remora nel palesare apertamente la mia commozione. 6. Chi la conosce sa bene che la sua più grande passione è la scrittura, soprattutto verso i libri a carattere storico. Molti dei suoi libri li ho presentati, tra l’altro, orgogliosamente. Perché proprio libri di storia?Un giorno, chissà, ha mai pensato di scrivere un romanzo? La storia è la mia passione e per questo

ho scritto e sto scrivendo di storia. Scrivere un romanzo! Non penso, perché per scrivere un romanzo occorre possedere creatività, immaginazione e fantasia, qualità che sinceramente non credo di avere. Come storico, sia pure dilettante, mi piace agire sul concreto, nella ricerca di fonti che confermino o modifichino ciò che prima veniva dato per acquisito. La storia, intesa veramente come storia, cioè come analisi di fatti ed eventi scientificamente documentati, non può e non deve far ricorso all’immaginazione e ancor di più alla fantasia. Essa appartiene al cuore e all’intelligenza dell’uomo. È uno strumento di conoscenza, se si vuole particolare ed originale, che non si pone l’obiettivo di trasformare il mondo, ma certo aiuta a capirlo meglio. 7. Noi giovani di oggi viviamo un’epoca molto particolare, frastornati da un mondo veloce, scaltro, alla ricerca di una realizzazione non solo lavorativa. Siamo molto disorientati e cadere, quindi, in estremismi e qualunquismi è possibile. Dall’alto della sua esperienza di padre, insegnante, politico ma soprattutto scrittore le chiedo: che libro consiglierebbe ad un ragazzo che si affaccia a sfidare il mondo in cui viviamo? Di leggere il libro di Aldo Cazzullo “Giuro che non avrò più fame” ed anche, mi si perdoni l’immodestia, il mio volume “Dalla neviera al frigorifero – viaggio nell’Italia del dopoguerra e del miracolo economico”. Sono entrambi un omaggio ai nonni dei giovani d’oggi, che con la loro tenace volontà, con la loro creatività e con il loro impegno nelle attività lavorative contribuirono a trasformare un’Italia distrutta e in ginocchio in una delle massime potenze economiche mondiali.

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Politica

VUOTO DI MEMORIA E DI COSCIENZA

S

o bene che in tempi di bagordi vacanzieri, di sagre e feste patronali parlare di cose complicate e aspettarsi che ciascuno di noi possa articolare un pensiero composito è piuttosto velleitario e fuori luogo ma si sa, certe cose, quando ti vengono in mente bisogna dirle a prescindere dal momento e dall’occasione. Mi accorgo sempre più che abbiamo un’idea distorta del termine festa identificandolo esclusivamente con l’aspetto ricre-ativo come se periodicamente avessimo bisogno di uscire dal recinto e dare sfogo agli istinti repressi. Niente di male, intendiamoci. Tuttavia, mi domando se non si possa fare festa ugualmente riflettendo un po' su noi stessi, ragionando, ricordando senza dover necessariamente rinunciare alle tarantelle e alle prelibatezze gastronomiche. Tornando indietro con la mente e cercando di tuffarmi nella storia recente di Caposele non mi risulta, per esempio, che si sia mai fatto festa il 25 aprile o il 2 giugno, persino il 1° maggio sembra uscito dai radar del nostro vivere collettivo. Eppure, i caposelesi hanno sofferto la fame, hanno vissuto i tormenti delle due guer-re mondiali e se avessimo un po' di pazienza potremmo anche scoprire che magari qualcuno ha conosciuto i campi di sterminio. Se volessimo addirittura esagerare e sottrarre qualche attimo in più alla nostra quotidianità nel tentativo di dare il giusto valore alla memoria ricorderemmo persino che qualcuno è morto per la libertà, parlo della nostra. Dico questo non per autoassolvermi come se fosse sufficiente solo parlarne ogni tanto ma perché sentendo-mi colpe-

vole mi domando spesso, senza trovare risposte adeguate, se faccio a sufficienza per difendere la vita e la libertà. Se avete tempo e se ve la sentite (io ci sto provando da un po') provate a mettervi in ascolto e sintonizzarvi con qualcuno di una certa età e fatelo parlare, parlare a lungo senza interrompere di quello che è stato, delle privazioni, della sofferenza fisica e di quella interiore, dell’oppressione, della miseria ma anche della voglia di fare, della voglia di riscatto e dell’idea profonda di resistere e di non mollare. Proviamo a domandare loro che cosa significa non essere e non sentirsi liberi perché è di questo che si tratta, dovremmo trasformare le loro parole in anticorpi, irrobustire le nostre coscienza e diventare finalmente con-sapevoli del bene prezioso che abbiamo tra le mani per difenderlo con ogni mezzo. Parliamo di diritti, di valori e tra un bicchiere di vino e l’altro diciamo grazie a qualcuno se possiamo ancora farlo. Facciamolo pubblicamente e tutti insieme, facciamolo senza paure, ad alta voce come si conviene a una comunità sana come la nostra. Di fronte allo sconvolgimento del mondo del lavoro travolto dalla globalizzazione senza regole laddove i giovani sono chiamati a svolgere mansioni assurde senza garanzie e senza possibilità di carriera cosa possiamo fare se non parlargli delle lotte e delle battaglie dei decenni passati, delle conquiste ottenute grazie allo Statuto dei Lavoratori (quanti dei nostri giovani sanno cos’è) e della dignità del lavoro ottenuta anche con il prezzo di vite umane. E’ nostro interesse vederli lottare per i

di Antonio Ruglio

propri diritti o percepirli come rassegnati e senza prospettive?. Vogliamo continuare a dirgli che hanno sempre ragione e ad assolverli a prescindere anche quando hanno torto o piuttosto vogliamo fargli capire che se si sbaglia è giusto e doveroso che ci sia qualcuno che glielo dica perché la “libertà” non è il diritto di fare quello che si crede ma agire e assumersi la responsabilità delle proprie scelte e delle proprie azioni anche quando si sbaglia. Il diritto di scegliere e di sbagliare così come il dovere di pagare per i propri errori fanno parte dell’idea di libertà per la quale intere generazioni hanno lottato. Da dove ripartire allora. Famiglia, Scuola, Politica, Istituzioni. Vi sembra poco? In famiglia, ripercorrendo la propria storia, potremmo avere la scansione esatta dell’esistenza vissuta sulla propria pelle e la percezione immediata di quello che è stato; nella scuola, avremmo la possibilità di apprendere e capire cause ed effetti degli eventi che hanno segnato la storia dell’umanità non necessariamente partendo dalle guerre puniche bensì dal dramma delle guerre mondiali e tutto quello che hanno determinato; in politica, se fatta bene con senso di responsabilità e dedizione, avremmo l’opportunità di confrontarci con il bisogno di trasformare le parole e i valori in fatti concreti tanto più che chi è chiamato a rappresentare la collettività lo deve fare con reale spirito di servizio; le Istituzioni infine dovrebbero svolgere il ruolo fondamentale di coordinare e promuovere tutte queste attività rendendole compatibili e coerenti tra loro, cercando di creare le condizioni migliori

Fatti non parole …

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on sono stato e non sarò mai un politico, ma, essendo oggi consigliere di minoranza, mi corre l’ obbligo di interessarmi di politica, quantomeno quella locale. Come dicevo non sono un politico, quindi non so parlare “politichese”, mi piace parlare, anche per deformazione professionale, di fatti, con dati alla mano. Penso che oggi, dopo un anno, si possa e si debba dire ciò che l’ amministrazione comunale di Caposele ha o NON ha fatto. Mi sia permesso, quindi, di rappresentare poche cose, semplici, ma non banali. Il 4 dicembre 2018, il gruppo consiliare di minoranza, nel rispetto di quanto sancito dal Testo Unico sugli Enti Locali e dallo Statuto Comunale di Caposele, chiedeva al Sindaco di Caposele di integrare l’ ordine del giorno di un consiglio comunale già previsto per il successivo giorno 06 dicembre, o, in alternativa, di convocare uno specifico consiglio comunale con il seguente argomento: “Revisione della pianta organica delle farmacie sul territorio Comunale. Istituzione di una nuova farmacia nella frazione Materdomini. D.L. nr. 1 del 24/01/2012, convertito nella legge nr. 27 del 24/03/2012”. L’ art. 11 del decreto legge nr. 1/2012, convertito nella legge 27/2012, infatti, ha

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apportato modifiche alla legge nr. 475/1968 recante le principali disposizioni in materia di servizio farmaceutico con l’ obiettivo di favorire una maggiore e capillare presenza del servizio sul territorio. La riforma del 2012, oltre a consentire e favorire le procedure per l’apertura di nuove sedi farmaceutiche nei limiti imposti dallo stesso legislatore, ha rafforzato la competenza dei comuni in merito all’adozione della pianta organica delle farmacie. Il rafforzamento delle competenze comunali in materia è stato riconosciuto anche in sede di giurisprudenza amministrativa che, con le sentenze del Consiglio di Stato nr. 4525 del 27/10/2016 e nr, 652 del 14/02/2017, ha statuito che l’ attribuzione in via esclusiva ai comuni del procedimento di revisione della pianta organica delle farmacie si risolve in un nuovo principio fondamentale introdotto dal legislatore statale, che, come tale, rende caducate di diritto tutte le disposizioni nazionali e regionali precedentemente al D.L. nr. 1/2012. Secondo un espresso invito della Giunta Regionale della Campania – Direzione Generale per la Tutela della Salute ed il Coordinamento del Sistema Sanitario Regionale Politica del Farmaco e Dispositivi, nell’ ottica del procedimento di revisione

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perché possano svolgere ciascuna la propria funzione per il bene comune. Credo sia giunto il momento per tutti di ribaltare l’ordine delle cose nel senso di stravolgere la narrazione prevalente mettendo al centro dell’attenzione gli esempi positivi anziché quelli distruttivi perché possano fungere da punti di riferimento e da stimolo per le nuove generazioni. Nella nostra Comunità abbiamo la fortuna di poter contare su realtà consolidate che sviluppano idee, creano opportunità, promuovono la cultura, parlo dell’Istituto Comprensivo Francesco De Sanctis e del Liceo, della Pro Loco, dell’ ANPAS e di numerose Associazioni che si adoperano in vario modo lungo l’intero anno. Non ultimo abbiamo la fortuna di avere questo giornale, “La Sorgente” appunto, che riesce a dar voce a tutte le istanze e a facilitare e promuovere il confronto. Al di là delle peculiarità di ciascuno che è anche giusto preservare in qualche modo credo che ci sia spazio e ci siano gli strumenti per una riflessione comune su temi come libertà, democrazia, valore della vita, rispetto reciproco, in tempi di pericolose derive nazionaliste e di fanatismo credo sia il minimo sindacale. Se non riusciremo a farlo prendendoci tutto il tempo necessario vorrà dire che il sospetto che ho (non immaginate quanto mi piacerebbe essere smentito) sia in realtà molto di più potendo contare su basi solide, mi riferisco al fatto che a fronte di mille problemi e contraddizioni con cui dobbiamo fare i conti quotidianamente ne abbiamo uno molto più grande e decisivo, abbiamo un pauroso vuoto di memoria e di coscienza

di Eliseo Damiano per l’ anno 2018, i Comuni erano tenuti a deliberare relativamente al servizio farmaceutico sul proprio territorio comunale. Poiché la normativa prevede l’ istituzione di una farmacia ogni 3.300 abitanti ed il comune di Caposele alla data del 31/12/2017, secondo i dati ISTAT, ne contava 3.438, sarebbe stato fisiologico deliberare sulla istituzione di una nuova farmacia nel territorio di Caposele con notevoli ed innegabili benefici per la popolazione di Caposele e delle centinaia di migliaia di religiosi/turisti che annualmente frequentano la frazione di Materdomini. Il primo cittadino di Caposele ha letteralmente ignorato la richiesta del gruppo consiliare di minoranza salvo poi accusare noi di non voler collaborare. Non mi dilungo molto sulla “SCELTA” del Sindaco di Caposele, quale legale rappresentante in seno alla Comunità Montana Terminio Cervialto, di non pubblicizzare l’ avviso pubblico con il quale la stessa Comunità aveva bandito un “corso di formazione” per lavori di sistemazione idraulico-forestale ed idraulico-agraria. Scelta che ha fortemente penalizzato i cittadini di Caposele. Preciso, il Sindaco non aveva alcun “obbligo giuridico” ma aveva sicuramente forti doveri morali e politici.

Sicuramente discutibile dal punto morale e politico anche la scelta fatta nel recente mese di giugno circa la Polizia Locale. La Giunta Comunale di Caposele, difatti, con la delibera nr. 54 del 12 giugno 2018, approvava la convenzione per l’ utilizzo di “un agente di Polizia Municipale” già dipendente del comune di Lioni; mentre con la nr. 55 dello stesso giorno, approvava un protocollo di intesa con il Comune di Santo Stefano del Sole (AV) relativo all’ utilizzo di una graduatoria per l’ assunzione di una unità con profilo professionale di “Agente di Polizia Locale” (sic!!). Anche in questo caso, tanti cittadini di Caposele sono stati “scippati” di una vera, seppur minima, opportunità di lavoro. Non posso stare qui ad elencare le tante altre cose NON fatte o fatte male da questa amministrazione, occuperei troppo spazio. In qualche circostanza mi è stato detto che devo andare a scuola di politica; se questa è la tanto decantata capacità politico/amministrativa, sono ben fiero di essere definito, politicamente, un incapace.


Storia

La generazione che fece grande l’Italia

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ggi assistiamo, il più delle volte impotenti, al dilagare di nuove forme comportamentali, che sempre più di frequente rigettano il senso comune della responsabilità individuale e collettiva, facendo assurgere a normalità modalità di atteggiamenti contraddistinte da attesa messianica della manna che cade dal cielo. Modi di essere e di pensare che negli anni del dopoguerra e poi in quelli della crescita portentosa dell’Italia, che vanno sotto il nome di “anni del boom economico”, sarebbero stati considerati atteggiamenti da parassiti. Un abisso separa il modo di porsi dei giovani d’oggi dai giovani di quella generazione, ossia dai loro nonni. Sì dei loro nonni, di cui ho cercato diffusamente di parlare nel mio libro “Dalla neviera al frigorifero”, del quale mi piace riportare in quest’articolo alcuni passi significativi, che mi auguro potrebbero essere di stimolo a chi con le braccia conserte aspetta redditi di cittadinanza e contributi analoghi di pura politica assistenziale. Una generazione, quella dei genitori della mia generazione e dei nonni dei nostri giovani, per la quale la ricostruzione del Paese, devastato dai bombardamenti, costituiva l’esigenza primaria, una ricostruzione che non riguardava soltanto l’aspetto materiale, ma anche la rigenerazione delle coscienze offuscate da vent’anni di oblio della ragione, in cui la parola “libertà” era stata come cancellata dal vocabolario della lingua italiana. La pace consegnò un’Italia vinta, prostrata, distrutta e immiserita. I vecchi problemi sussistevano indenni, ingigantiti negli animi e nella realtà dalle devastazioni della guerra. La demagogia, il pressappochismo e le deformazioni del passato regime avevano assopito le coscienze. Il risveglio fu brusco e amaro. Il 20% del patrimonio nazionale era andato distrutto. Grandi città erano state duramente provate: Mi-

di Michele Ceres lano, Torino, Genova, Napoli. Molti piccoli paesi erano stati sventrati o bruciati dal passaggio degli eserciti. La situazione alimentare era gravissima. Scarseggiavano le più importanti derrate alimentari, a cominciare dal pane. La miseria era diffusa. C’era chi pativa letteralmente la fame ed anche i cosiddetti benestanti raramente mangiavano la carne. Vi erano due tipi di pasta. La più diffusa, perché costava di meno, era quella che chiamavano nera, perché formata da farina ricca di crusca, e poi vi era quella bianca, costituita dal “fior di farina”, appannaggio quasi esclusivo di chi, pur versando in condizioni non proprio agiate, aveva possibilità economiche in più rispetto alla grande massa della popolazione. La sopravvivenza era assicurata dai viveri americani che giungevano con le navi liberty. Nel periodo tra la metà del ’47 e i primi mesi del ’48, che costituiva una saldatura tra gli aiuti UNRRA (United Nations Relief and Rehabilitation Administration), organizzazione della Nazioni Unite di assistenza ai paesi gravemente danneggiati dalla guerra, ormai alla fine, e gli aiuti del Piano Marshall, ancora da iniziare, Washington destinò all’Italia un contributo di emergenza di 300 milioni di dollari, essenzialmente in medicinali e alimenti. Poi in Italia affluirono, con il Piano Marshall, dal 1948 al 1952, ben 1474 milioni di dollari. Furono questi aiuti e altri concessi in prestito che consentirono all’Italia di uscire, man mano, dal tunnel della miseria. Infatti, già nel 1950 il reddito pro capite degli Italiani aveva superato il livello più elevato raggiunto prima della guerra. Ragazzi, quali eravamo, nutrivamo non poca invidia verso quei compagni che consideravamo più fortunati di noi, perché avevano in America parenti che non si erano dimenticati della loro famiglia d’origine con l’invio di pacchi di vera e propria sussistenza con dentro indumenti smessi, talvolta nuovi, e l’immancabile barattolo di caffè di marca “Medaglia

d’oro”. Disastrosa era la situazione dei trasporti: linee ferroviarie divelte, ponti distrutti dai bombardamenti o dalle truppe in ritirata; il 60% tra macchine e locomotive perdute; l’80% dei vagoni ferroviari inutilizzabile. Dal Nord al Sud si viaggiava nei primi tempi del dopoguerra con mezzi di fortuna, i più disparati. Le strade che, tra l’altro, erano semplicemente brecciate, in gran parte erano state dissestate dai bombardamenti aerei e dai colpi di artiglieria. I mezzi di trasporto erano scarsi e ove esistevano non offrivano alcuna comodità. Una camionetta militare americana, che faceva capolinea a Laviano (SA), nera con due panche sul cassone, collegava il paese con Salerno. A Caposele vi erano soltanto tre auto, tutte Fiat Balilla, di proprietà di tre noleggiatori, di cui uno era un mio zio. Lascio immaginare in quali condizioni si viaggiava. Sarebbe stata una grave negligenza mettersi in viaggio senza l’occorrente per riparare le sicure e ricorrenti forature delle camere d’aria e senza il gonfiatoio. Un viaggio fino a Napoli era nei fatti un’avventura. Ma una forte volontà di riscatto, prima sconosciuta, animava le coscienze, una volontà di rottura con il passato di una illusoria “grandeur”, che aveva portato il Paese alla rovina, una volontà proiettata verso un futuro diverso. Lo Stato che era nato dalle rovine della guerra e sull’onda dell’entusiasmo della Resistenza non era il vecchio Stato paternalista della tradizione liberale e moderata del Risorgimento. Le masse, che vi erano entrate di pieno diritto, non erano più oggetto ma soggetto della vita pubblica e della politica. I sindacati avevano acquisito una dimensione sconosciuta in precedenza. Si diffuse, ben presto, un clima di operosità e di fiducia nell’avvenire del Paese, quale mai si era registrato nella storia politica e sociale della nostra Nazione. Iniziava una nuova era, l’età dell’uomo senza miti, come la definì un giovane

filosofo cattolico, Felice Balbo, ossia l’età dell’uomo libero dalle aberranti ideologie irrazionalistiche e vitalistiche che erano state all’origine della più catastrofica delle guerre. Un modo nuovo di vedere le cose, che includeva il riequilibrio tra Nord e Sud in termini di sviluppo. Gli aiuti americani, comunque, non sarebbero stati certamente sufficienti a promuovere lo sviluppo del Paese se non fossero stati accompagnati dalla tenace volontà di risorgere dei Giovani del Popolo italiano, dalla loro inventiva, dalla loro creatività, dal loro spirito d’impresa, dalle libertà garantite dalla Costituzione Repubblicana entrata in vigore il 1° gennaio 1948, dalle rimesse degli emigrati e dai provvedimenti in materia economica e finanziaria del Governo. Un avvenire migliore si profilava all’orizzonte, un orizzonte che avrebbe visto l’Italia nel breve spazio temporale di un quindicennio trasformarsi da paese in cui letteralmente si pativa la fame nella settima potenza mondiale. Dire grazie a quella generazione è dire poco. La cosa più sensata che i nostri giovani potrebbero e dovrebbero fare è di seguire con orgoglio ed entusiasmo il loro esempio. È possibile, oggi, che il miracolo si ripeta? Certo che è possibile, ma a condizione che tutti acquisiscano la consapevolezza che soluzioni miracolistiche non sono immediatamente oltre la siepe; non ci sono oggi, come non c’erano nel dopoguerra. Cosa Fare? Penso che, innanzitutto, i giovani debbano acquisire la fiducia in se stessi e la coscienza di quella che i sociologi definiscono “la cultura del lavoro”, definizione che non sta a significare la conquista del posto fisso, bensì la maturazione di capacità e competenze utili e valide in ogni circostanza, sia nella ricerca del posto fisso, sia ancor di più nell’avvio di attività utili per sé e per gli altri.

OMAGGIO ALLA

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Sociale

C'era una volta....al Bosco.....una Festa.....

E

vviva il ballo! Con tutte le sue sfaccettature, dalla accademica danza classica, al ballo di coppia e di gruppo, dal musical alla streetdance, a quello popolare e a tante altre forme. Esiste una relazione tra ballare ed essere sereni. I ritmi, i suoni, i passi fanno bene alla salute della mente e del corpo. E' un impegno fisico, emotivo che richiede concentrazione, memoria, immaginazione, capacità interpretative. Il ballo di coppia è adatto a tutte le età: uno strumento utile per uscire dalla routine, un modo per muovere il corpo dolcemente, senza stress, con figure coreografiche, seguendo le note musicali, in armonia con il partner. Il ballo di gruppo invece è consigliato ai single per socializzare e potersi esprimere con movimenti sincroni, accompagnati dalle melodie. Il ballo "liscio" appartiene alla tradizione italiana e costituisce una forte attrazione nei locali e nelle feste in piazza, come espressione genuina di musica popolare. Regioni e anche paesi hanno un loro ballo tipico, con un linguaggio musicale più vicino alla propria terra e alla propria gente. A Caposele c'è una Quadriglia d.o.c., detta "batticulo", con una coreografia originale che offre momenti di grande divertimento, di spensieratezza e di aggregazione. L'andamento

brioso, l'allegria della musica, basata soprattutto sul suono dell'organetto, è la risposta alla esigenza di vivere una forma di ballo più spontanea. Durante il Ferragosto caposelese, e non solo, questo ballo, molto amato, é proposto da ottimi complessi ed interpreti, che sanno comandare la quadriglia con grande abilità. L'apprezzato repertorio di brani d'epoca e di nuova composizione, sempre sull'onda dei ritmi della tradizione locale, è suonato con grande successo in ampi spazi accoglienti ed attrezzati, che vengono letteralmente invasi da un pubblico festante e plaudente, proveniente anche dai paesi vicini. E' uno spettacolo! Simpaticamente trascinante, divertente, intrigante: un colorato "spot" per Caposele. Ma, c'è un ma.....Perché mi manca qualche cosa? Perché quindi una certa nostalgia? Perché questa musica, questo ballo mi riportano al passato, all'atmosfera leggera e spensierata legata al mio vissuto. Perché c'era una volta, al Bosco, una Festa: il 16 di Agosto. Era un appuntamento imperdibile, un riuscito evento organizzato dalla Pro Loco, che segnava fortemente il periodo estivo di tanto tempo fa. La serata al Bosco aveva un che di magico e irreale. Il posto era fresco e piacevole, con orizzonti limitati dal verde delle piante, uno spazio senza

tempo per una festa al di fuori del tempo che, nonostante la presenza di oggettivi disagi, era particolare, coinvolgente, con un che di romantico. Per arrivarci, parcheggiata in qualche modo l'auto, si doveva percorrere un tratto di strada al buio: i più organizzati, alla luce fioca di una torcia, i più fortunati, a volte, accompagnati dalle lucciole: e già questo era "magia". La pista da ballo era una radura in terra battuta ed irregolare (bandite le scarpe aperte!), incorniciata da querce i cui rami si levavano in alto in un fitto groviglio, attraverso il quale si intravedevano le stelle. La postazione musicale era essenziale, ma comunque efficiente, affinché la "Voce" potesse comandare la quadriglia con perizia, arguzia e ......sottintesi. Prima della "regina della serata", che tutti attendevano impazienti, si alternavano mazurke, polke, valzer, espressioni diverse del cosiddetto ballo liscio. Durante l'esecuzione del "batticulo" (consigliato agli esperti, poiché i neofiti ne uscivano alquanto ammaccati) si notava la bravura di chi questo ballo lo aveva nel sangue da sempre; da quando, secondo la tradizione contadina, si svolgeva sull'aia dopo la dura fatica della mietitura e della "mazzuccatura" del grano. Erano momenti liberatori, spensierati, socializzanti, accompagnati sempre dagli organet-ti con il loro in-

di Luisida Caprio

confondibile suono ritmico. La serata al Bosco era fatta anche di incontri, di risate, di chiacchiere, magari non troppo comode, su sedili di fortuna, mentre si aspettava, con un certo appetito, di gustare i piatti tipici della cucina locale: cavatielli, triiddi, patate sfruculate, minestra e pizza ed altre prelibatezze; il tutto rallegrato da genuino vino rosso. Per gli astemi, invece, l'acqua corrente di una vicina fontana dove erano immersi grossi cocomeri, freschi al punto giusto per essere assaporati. Cosa dire poi degli ospiti inattesi? Simpaticissimi, imprendibili scoiattoli che "sfrattati" dal loro habitat in orario inconsueto, saltavano da un ramo all'altro, non so se per dimostrare un forte disappunto per il disturbo arrecato al loro tranquillo menage, o come segno di apprezzamento per la inaspettata "serata mondana". Piccole presenze, sorprendenti e silenziose. Che nostalgia anche di loro!

IL DOPPIO VOLTO DELLA SOCIALITÀ

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i dice che incontrare le persone giuste cambia in meglio la vita e che, al contrario, avere a che fare con le persone sbagliate la rovinano. Se è così, come è così, la buona scelta delle nostre relazioni diventa fondamentale e va salvaguardata ad ogni costo. Un tempo, quando non c’erano né i social e né la televisione e le occasioni per uscire la sera erano scarse, si faceva “salotto” con amici e conoscenti. La stanza dove si ricevevano gli ospiti, era la più elegante e la più curata della casa. In essa si coltivavano le relazioni sociali, si facevano amicizie importanti e si discutevano gli affari. Alcuni salotti diventavano veri e propri centri in cui nascevano nuove idee e nuove mode e si affermavano personaggi dell’arte e della politica. Il pettegolezzo già compariva, a conferma della natura non sempre benevola dell’uomo, ma ne era una componente secondaria. L’avvento dei social e della televisione ha cambiato la nostra vita. Le conoscenze sicure del passato sono

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state sostituite da relazioni più incerte che, spesso, inducono i più giovani fragili a fidarsi di individui poco raccomandabili che trasformano le loro esistenze in un inferno. La televisione, da parte sua, ha offerto buoni spettacoli ma anche pessimi esempi di aggregazione umana, come accade in “grande fratello”, “l’isola dei famosi” e simili. In essi, il piacere dello stare insieme, è stato sostituito dalle scene di protagonisti litigiosi e volgari che mostrano il lato peggiore della natura umana. La diversità di gusto e di scelta dei programmi hanno isolato, sempre più, i figli dai genitori con buona pace della convivenza familiare. Seguiamo la Tv ma scegliamo meglio i programmi e riprendiamo l’abitudine di stare con gli amici. Trascorreremo, certamente, ore piacevoli senza ricorrere, come le padrone di casa della televisione, ai professionisti dell’intrattenimento. Stare insieme è molto più gradevole che ridursi a guardare trasmissioni diseducative o a fare le ore piccole in

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discoteca. La compagnia appagante di persone che hanno qualcosa in comune, educa al dialogo ed alla comprensione reciproca. Lasciare che si riduca la nostra capacità di mantenere buoni rapporti con gli altri, complica la convivenza e l’accettazione dell’altro e in particolare, del diverso. La nostra epoca vive questo disagio. Ha perso interesse verso il prossimo e invece di promuovere l’incontro, si è chiusa in se stessa ed ha coniato slogan egoistici che escludono, di fatto, i nostri simili. Ogni paese pensa solo al proprio tornaconto e crea recinti, materiali e spirituali, in cui si rinserra alimentando paure che portano voti a chi le cavalca ma malessere e turbamento in tutti gli altri. Il rifiuto dell’altro ci isola e ci riporta indietro nel tempo, mentre l’oculata accettazione del

di Rodolfo Cozzarelli

prossimo, crea i presupposti giusti per il dialogo e le basi di una volontà comune di affrontare e risolvere i tanti problemi che ci affliggono. Globalizziamo gli affari ma anche i bisogni umani.


Sociale

SAPORE DI CASA

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ggi c’è fiera, le bancarelle sfilano lungo la strada e le voci dei venditori si alzano confuse nell’aria. Il banditore ha fatto il giro del paese di buonora. Nel ronzare delle api sui profumati richiami, le donne mercanteggiano accanto alle sporte di frutta e ortaggi, poi si allontanano sbirciando ancora i banchi, e ciuffi di verdura sfuggono dalle borse rigonfie ed ondeggianti al passo. Dalle tende dondolano nella brezza sonagli, briglie di cuoio e morsi tintinnanti. Degli uomini si attardano accanto a vanghe, zappe, vomeri scintillanti e “chiantaturi”(1), saggiandone impugnatura e taglio. Ceste impilate, setacci, “str’colaturi”(2), “tumpagni”(3), e mortai in pietra, attendono all’ombra dei teloni, e dal sagrato giungono trilli attutiti di bambini che corrono dietro ad un pallone. Ogni bottega ha appeso la merce più bella incorniciando l’ingresso.

Un fabbro forgia fauciuni (4) e faucitieddi (5) con incudine e carboni ardenti e, nel deposito di un artigiano, fusine (6), pignate (7) e caraffe sono allineate in ordine d’altezza come soldatini. Profumo di zucchero filato e “cupeta” (8), taralli, biscotti, collane di “andrite” (9) e castagne tostate, richiamano i più giovani, e nel calderone spighe dorate affiorano e spariscono nel turbinio dell’acqua bollente. Il paese è in festa, e ad ogni uscio sedie impagliate accolgono donne sedute a ciarlare, ricamare corredi, intessere trine e merletti con l’uncinetto. Chi passa si ferma di porta in porta per un saluto, e la passeggiata trasfigura in comunione e partecipazione. La Banda Musicale lucida gli ottoni, questa sera farà il giro del paese. Passerà in processione sotto ai balconi abbelliti da coperte e lenzuola ricamate. Ci sarà musica in piazza, e a mezzanotte il cielo brillerà di fiammelle colorate.

Sarà una giornata da ricordare, di quelle che resistono al tempo. Resteranno immagini fugaci, intrise di sentimento di appartenenza, e chi partirà per terre lontane le serberà con amore per sempre! _____________ 1 Piantatoio 2 Asse per lavare i panni 3 Spianatoia per impastare 4 Grossa falce per il fieno 5 Falcetto 6 Giara in terracotta, smaltata internamente per conservare sott’olio o aceto 7 Pentola di creta 8 Torrone 9 Nocciole, infilate allo spago

di Milena Soriano

MANCA IL SENSO CIVICO?

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orre l’anno 2019. Sembrava così lontano un po’ di anni fa, eppure è arrivato. Ricordo quando da piccola mettevo la moneta in un jukebox del bar del paese, per ascoltare la musica, quando la sera correvo giù per le scale di casa a mettere la bottiglia pulita sul davanzale della finestra, perché la mattina seguente sarebbe passata la sig.ra Maria a riporre la bottiglia piena di latte fresco di mucca. Le immagini in bianco e nero che la televisione trasmetteva negli anni 70 . Il treno che percorreva tratte come Bologna-Salerno in sole” 9 ore”. Le curve infinite della vecchia strada che da Materdomini portava a Contursi, per imboccare l’autostrada Salerno-Reggio Calabria. La 1100 Fiat di mio padre, con i suoi finestrini che si abbassavano manualmente, ed il motore rumoroso. Oggi giganteschi schermi televisivi hanno preso il posto dei jukebox , il latte lo compri nei negozi, il televisore ha le immagini a colori, il treno percorre la tratta Bologna –Salerno in sole 4 ore e 30 minuti, l’autostrada la si raggiunge attraverso la strada Fondo valle Sele in solo 20 minuti, e la macchina di mio padre ha i finestrini elettrici ed il motore silenzioso. Eppure qualcosa di fondamentale ancora manca a noi italiani, voi direte, cosa? Ecco a noi Italiani manca il senso civico, oppure ne abbiamo ancora troppo poco. Avere senso civico significa essere a conoscenza del fatto che fac-

ciamo parte di una comunità, di essere in stretta correlazione con altri esseri umani e in qualche modo anche dipendere da loro. Per questo, avere senso civico significa rispettare gli altri, il gruppo, la comunità e sentirci parte integrante, sentire il senso di responsabilità oltre che di appartenenza. Guardiamoci intorno e scopriremo che diverse problematiche sarebbero risolvibili se solo ognuno di noi avesse più senso civico. Per esempio: • gettare i rifiuti senza fare la differenziata e dove non si dovrebbe, (i rifiuti fuori dai cassonetti, o riposti in cassonetti sbagliati, e quelli ingombranti abbandonati per strade poco battute o campagne) . • Ostruire e /o occupare luoghi pubblici e di passaggio, ingressi alle attività commerciali, ai parchi, alle rampe dei marciapiedi di accesso ai disabili. • Affiggere cartelli di passo carraio abusivi su porte di garages o accessi privati, senza avere il numero di autorizzazione comunale. • La poca cura di cose pubbliche (panchine, lampioni, arredi scolatici, etc.), in cattivo stato perché usate senza attenzione o per scarsa manutenzione. • La non curanza di spazi privati, confinanti con strade importanti, per cui mal tenuti, sporchi, con mezzi agricoli e non, parcheggiati per anni, abbandonati. • Delimitare spazi privati, confinanti

sempre con strade importanti, con orrende lamiere , come a delimitare uno spazio cantieristico, quando il cantiere non c’è più da anni. • Il non rispetto della segnaletica stradale. • Lo spreco delle risorse idriche. Ecco, questi sono solo alcuni degli esempi di poco senso civico. Voi direte ma allora cosa si può fare per poter ovviare a questa mancanza? Occorre fare campagna di sensibilizzazione nelle scuole. Il senso civico è una forma di educazione da insegnare fin da piccoli. D’altronde, i bambini saranno gli uomini di domani, saranno i futuri amministratori comunali. E se la tecnologia avanza dobbiamo anche migliorare i nostri comportamenti. Poi occorrono ordinanze comunali severe, da fare rispettare. Una buona amministrazione comunale dovrebbe controllare e sanzionare se è necessario. Vogliamo cambiare le cose? Allora partiamo prima di tutto da ognuno di noi. Se ognuno di noi dà il buono esempio, allora saremo da monito per le generazioni future e per chi ci sta vicino.

di Gabriella Testa

Dobbiamo anche indignarci quando assistiamo a comportamenti sbagliati, non dobbiamo alzare le spalle, pensando rassegnati che le cose non possono essere cambiate. Credo che vivere in un luogo curato, dove vige il rispetto delle regole e della cosa pubblica, ci faccia sentire bene, e migliora l’immagine decorosa del luogo in cui viviamo. Diceva Sant’Agostino : “La speranza ha due bellissimi figli:lo sdegno per la realtà delle cose e il coraggio per cambiarle”.

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Sociale

A Caposele il prossimo 5 agosto, ho voluto fortemente - ritrovando uno spirito positivo da parte del direttore del periodico e della Pro Loco tutta- riproiettare in piazza durante il ferragosto, il documentario “Un anno a Caposele”. Questo filmato, che racconta con immagini suggestive il vivere sotto il nostro campanile nel 1978, è qualcosa di magico che ci permette di andare a spasso nel tempo riscoprendo com’era Caposele e come erano i Caposelesi prima del terremoto 1980.

di Giuseppe Caruso

Alla riscoperta della memoria storica dei nostri borghi

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uest’anno ho lanciato, in qualità di Presidente del Forum regionale dei Giovani – Campania, diverse iniziative volte a recuperare la memoria storica dei nostri paesi. In particolare abbiamo proiettato lo scorso 24 luglio, in piazza a Torella dei Lombardi, un documentario storico sul borgo Irpino e, successivamente, visionato un film di Roberto Roberti - padre del famoso regista, sceneggiatore e produttore cinematografico Sergio Leone - originario proprio di Torella dei Lombardi. A Caposele il prossimo 5 agosto, ho voluto fortemente - ritrovando uno spirito positivo da parte del direttore del periodico e della

Pro Loco tutta- riproiettare in piazza durante il ferragosto, il documentario “Un anno a Caposele”. Questo filmato, che racconta con immagini suggestive il vivere sotto il nostro campanile nel 1978, è qualcosa di magico che ci permette di andare a spasso nel tempo riscoprendo com’era Caposele e come erano i Caposelesi prima del terremoto 1980. Spero che la comunità possa ritrovarsi sotto le stelle a godere di questo capolavoro; soprattutto mi auguro che possa aprire spunti di riflessione, specialmente nelle giovani generazioni, sull’evoluzione sociale e paesaggistica che ci ha coinvolto al fine di riscoprire il nostro passato e proiettarci in un futuro migliore.

UNA VECCHIAIA FELICE

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no dei concetti sui quali era improntato il pensiero filosofico del mondo grecoromano era rappresentato dall'ineluttabilita' dell'esistenza umana. Pertanto la vecchiaia rappresentava essa stessa una malattia "senectus ipsa morbus". Ma le tendenze attuali della ricerca scientifica e l'allungamento della vita media (l'Italia è il paese più' longevo del mondo dopo il Giappone) contraddicono questo assunto. Nel nostro paese si vive di più, poiché' c'è un più' facile accesso alle cure primarie (Il Sistema Sanitario Nazionale, per quanto bistrattato e criticato, resta uno dei migliori del mondo) e le condizioni socio-economiche, sebbene persistano ed anzi tendano ad aumentare quadri di degrado sociale e di povertà', sono molto migliorate rispetto al passato e la dieta è più' ricca di nutrienti e di vitamine. Nella mia pratica quotidiana mi capita spesso di venire a contatto con anziani, che sono tali solo dal punto di vista anagrafico, perché mostrano grande vivacità intellettuale e un coacervo di intelligenza e sensibilità' sconosciuto ai giovani (vedi l'inestimabile Direttore della Sorgente!). Purtroppo nella nostra società' si sta facendo strada una visione" prò iuventute"dell'esistenza umana, come se l'anagrafe fosse in sé, una menomazione della capacita' di giudizio o peggio della creativita'. Non e' dello stesso avviso, per esempio, Andrea Camilleri, quando

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di Salvatore Russomanno

afferma che "' la vecchiaia non intacca la capacita' di sognare, anzi rende più' sensibili verso gli aspetti impalpabili della vita, cioè verso le emozioni e i sentimenti. E come ha ricordato Raffaele La Capria: gli anni senili sono un dono del cielo. Cosi lo scrittore napoletano rispondeva alla proposta di un altro scrittore, più' giovane di lui, lo SSTW&e Martin Amis, che consigliava di rendere obbligatoria una dose di stricnina a chi avesse superato i settanta anni, in modo da risolvere il problema pensionistico e quello demografico. "Caro Martin Amis", continuava La Capria "bevilo tu ,se ti piace, il tuo cocktail mortifero". Se lo avessi bevuto io non avrei scritto tre o quattro libri che a scriverli mi hanno dato qualche soddisfazione, non sarei stato tante volte felice, ma di una felicita' diversa e più' pacata anche quando molte ombre l'attraversavano, non avrei conosciuto altri Paesi, non avrei nuotato nei mari tropicali e visto le meraviglie di una barriera corallina e cosi via". Del resto Picasso ha raggiunto l'acme della sua arte immortale in tarda eta' ed è morto 92 anni senza aver mai perso la forza creativa e innovativa e Verdi scrisse a ottant’anni il Falstaff ,ché non è cérto un canzonetta da spiaggia. Un anziano non è in grado di fare

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Giuseppe Caruso Laurea Magistrale in Giurisprudenza 17/12/2018 A tal proposito voglio condividere una riflessione con i tanti ragazzi conosciuti in questi anni; un appello affinché ognuno possa diventare protagonista della nostra società, affinché con azioni costanti ognuno possa contribuire a creare un futuro migliore per il nostro Paese. Mi piace a tal riguardo condividere una citazione di Martin Luther King “Cercate ardentemente di scoprire che cosa siete chiamati a fare, e poi mettetevi a farlo appassionatamente. Siate comunque sempre il meglio di qualsiasi cosa siate”. Affrontate ogni cosa con l’obiettivo di capire, di scoprire, di fare nuove esperienze, di ritagliarvi un ruolo nella società. Ricordate che non sarete mai il freddo giudizio che qualcuno vi darà, le lodi che arricchiranno i vostri libretti o la corona di alloro che adornerà la vostra testa; sarete sempre e solo persone e come tali vivete le esigenze della vostra vita, “siate affamati e siete folli”, scoprite “Nuovi Orizzonti” affinché tutto possa diventare quello che noi saremo. E ancora “Osate, ragazzi, osate; provate sempre il brivido della ricerca, coltivate la passione per la libertà, alimentate il culto della verità, praticate il metodo del dubbio, assaporate l’emozione della scoperta e non vi mancheranno la gioia e il piacere della conquista”. Concludo con un pensiero che a me piace molto di Alcide De Gasperi, con la speranza che possa rappresentare un intento comune: “Non entro nella tenda degli altri, ma ci pianto la mia tenda vicino. Perché quando entreranno in campo le contraddizioni che hanno seminato si sappia dove trovare alloggio, dove trovare rifugio.” ]

ciò' che fanno i giovani.. ma fa di più e meglio con la forza, con la rapidità' o grazie all'agilità', bensì col senno, con l'esperienza e l'insegnamento base di grandi imprese. Queste sono le doti che informano e rendono feconda e felice la vecchiaia e l'inevitabile logorio fisico non comporta un deterioramento delle facolta' mentali. Certo, bisogna incrementare nei limiti del possibile, la resistenza del corpo e stimolare le difese dell'organismo con uno stile di vita dinamico, con adatta ginnastica con un regime dietetico ipocalorico ma ricco di nutrienti, di frutta, di antiossidanti e di complessi polivitaminici. In questo modo viene rinforzato anche il cervello, che va comunque esercitato ricordandosi quotidiana-

mente del grande precetto senechiano sulfotium" letterario:"vivi questo giorno non come fosse l'ultimo, ma come se potesse essere anche l'ultimo" non come accettazione supina a e passiva della caducita' della vita, ma come consapevolezza che il pensiero umano è immortale e va aldilà' della vita stessa..


Cultura

Una bella serata di Cultura

di Antonio Cione

sulla donazione degli organi e non solo, tra Scienza, Coscienza e Recitazione

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l Museo delle Acque di Caposele (ex Casa Houston), che insiste sulla piazza delle Sorgenti della Sa-nità a Caposele, quasi a contatto con le maestose e magnifiche Sorgenti del Sele, sabato 11 maggio c.a., si è svolta la Presentazione del libro/romanzo “Cento Battiti” del giovane e brillante cardiochirurgo Gianluca Santise, originario di Napoli, vissuto a Londra e a Palermo, dove ha effettuato numerosi trapianti di cuore, e attualmente residente e sposato con due figli a Catanzaro, dove continua la sua opera di cardiochirurgo nella struttura più accreditata della città. Dobbiamo ringraziare la nostra conterranea amica prof.ssa Donatella Malanga che insegna e fa Ricerche alla Università della Magna Grecia di Catanzaro, che ci ha fatto conoscere questo illustre, semplice e brillante professionista e uomo di mondo, con una sensibilità e una semplicità non comune, che traspare nel suo libro, ma che si è concretizzata sabato sera alle Sorgenti dell’ Acqua e della Vita a Caposele, quando lui stesso ha scaricato il cartone dei suoi libri e li ha consegnati alla piccola figlia Chiara, alla moglie ed al figlioletto infortunato alla mano destra, steccata dal padre medico, accompagnato dalla mamma e dal papà, da Donatella e tutta la famiglia Malanga. La sala del Museo è stata mirabilmente ed attentamente preparata dai giovani volontari della Pubblica Assistenza di Caposele e dalla mano esperta e professionale del Bar Cristal di Caposele, che hanno trasformato il locale, che pure avrebbe bisogno di un restauro, in un Salotto Buono della Cittadina delle Acque. Abbiamo fatto una presentazione anomala ed al tempo stesso emozionante e coinvolgente, perché al contrario di tutte le presentazioni di libri che si rispettino, in cui l’autore parla per ultimo, a Caposele lo abbiamo coinvolto da subito, sollecitato dalle domande e dalle curiosità della nostra brillante e sensibile professoressa Donatella, intervallata da una serie di letture di brani del libro, magistralmente interpretate dai nostri giovani attori di Teatro di Caposele: Luigi Nerio Fungaroli, Clelia Conforti, Paola Colatrella e

Mara Russomanno. Il numeroso pubblico, attento e rapito da queste belle interpretazioni delle belle pagine del testo, ha scaldato subito l’ambiente, anche se mancavano i microfoni ed il riscaldamento. Il vicepresidente della Pro Loco di Caposele, in assenza della presidente arch. Concetta Mattia che ha lavorato per l’evento prima e bene, il dr. Raffaele Russomanno, farmacista a Caposele e segretario responsabile dell’Ordine dei Farmacisti della Provincia di Avellino, ha introdotto con stile innovativo l’argomento del libro di SANTISE, soffermandosi sull’AGAPE, come amore per la Donazione. Donatella Malanga, amica dell’autore Gianluca, ha condotto magistralmente il colloquio aperto e sincero, senza barriere di sorta, a contatto diretto con il pubblico, facendo intervenire a proposito i giovani e brillanti interpreti con le letture di alcuni significativi brani del libro “Cento Battiti”. Inoltre nel dialogo a due, Donatella si è soffermata anche sull’aspetto della Umanizzazione delle cure, e Gianluca oltre a deliziarci con la sua semplicità e bravura, ha tratteggiato alcuni aspetti della sua professione e professionalità, dandoci, tra l'altro, alcuni indizi per poter scoprire da noi tutte le sfaccettature, le implicazioni e le considerazioni che possono generarsi alla lettura del suo testo. Una connotazione tecnica che mi sono appuntato è stata quella della mancanza assoluta della innervazione del cuore trapiantato, che nel libro è la voce narrante, nel soggetto ricevente che batte come un martello continuamente ed incessantemente

“cento battiti” al minuto. Il collega medico, vice Sindaco Armando Sturchio ha portato i saluti dell’Amministrazione Comunale e la esperienza del Centro di riabilitazione “Don Gnocchi” di Sant’Angelo dei Lombardi, dove peraltro lavora. Gianni Pepe, trapiantato di rene per ben tre volte, ha tratteggiato la sua esperienza e confidato pubblicamente di aver accettato l’organo trapiantato sempre come suo. A questo punto abbiamo iniziato il dibattito, con la mia moderazione della Tavola Rotonda, che più che un tavolo è sembrato un salotto elegantemente ed opportunamente predisposto al dialogo ed al confronto se-reno, pacato e per certi versi anche divertente, anche perché il tavolo volutamente ed opportunamente non c’era. Padre Davide Perdonò, Superiore del Santuario di San Gerardo Maiella di Materdomini, si è soffermato sugli aspetti psicologici del libro e dei trapianti, ed ha voluto ricordare che i trapianti non si possono effettuare sugli schizofrenici, per esempio. L’amico valente cardiochirurgo Vittorio Ambrosini ha portato la sua esperienza di lavoro e di vita e sottolineato il lavoro del cardiologo e del cardiochirurgo che si occupa dello scompenso cardiaco, prima causa di morte, e non solo e cerca di non far arrivare il malato grave di cuore al trapianto, che resta l’ultima spiaggia. L’amico medico, impegnato nel sociale, Giovanni Vuotto ha voluto amichevolmente interloquire con il sottoscritto, senza polemica, ma con l’affetto reciproco che ci lega, sulla sua presenza quale responsabile della Associazione Italiana Donatori d’Organi, più che come Presi-

dente dell’Associazione dei Medici Cattolici della nostra Arcidiocesi di Sant’Angelo dei Lombardi. Dopo circa venti anni ha avuto l’occasione per sottolineare il mio coraggio, da medico, di aver dato alle stampe, come editore, il libro del mio amico Gennaro Anziano, primo volontario in occasione del terremoto del 1980 a Caposele e pioniere sul campo della nascente Protezione Civile, ”Perché no ai trapianti”, che voleva essere un pugno nello stomaco del legislatore dell’epoca che aveva proposto una legge sui trapianti, confidando sul silenzio-assenso al trapianto dei propri organi. Il libro di Anziano ha però un doppio titolo :”La verità sul trapianto degli organi” ed è stato anch’esso un elemento imprescindibile che ha fatto cambiare la legge sui trapianti, perché, attualmente, alla emissione della Carta di Identità, elettronica, è possibile esprimere ed imprimere nella stessa il proprio assenso all’espianto dei propri organi idonei al trapianto. Infine, Cesarina Alagia, presidente e prima animatrice della Pubblica Assistenza di Caposele, ha tratteggiato gli aspetti più reconditi delle implicazioni del trapiantato Bill, soffermandosi sulla cosiddetta “sindrome del segugio” che si riferisce alla ossessione della ricerca delle tracce del proprio donatore, così come fa il cane segugio, che segue le tracce impercettibili della lepre sull’erba fresca di rugiada del mattino. dr. Antonio Cione Presidente della Associazione Promozione Sociale “V. Scalzullo” e SCISMO

Un momento di recitazione con Mara, Paola Clelia e Luigi Anno XLVI - Agosto 2019 N. 98

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Sociale

IL CUORE… OLTRE L’INFINITO

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8 maggio 1819-28 maggio 2019, duecento anni dalla pubblicazione de l’Idillio perfetto a cui Giacomo Leopardi diede il titolo de “L’infinito”. Riecheggiano i versi declamati nel film “Il giovane favoloso”, grazie ai quali il cuore e la mente spiccano il volo. Si va oltre la siepe, si va oltre il medesimo infinito, fino all’orizzonte. Il vento e lo stormire delle foglie consentono al poeta, ma anche a chi, con umiltà e un po’ di timore, si accosta al testo, di immaginare mondi sconosciuti e irraggiungibili. Dal luogo natìo, caro perché amato e vissuto, si prende il largo fino ad avvertire una sensazione che sa di paura. Confine sottile tra brivido e piacere: attimo in cui si respira il senso di eternità. Rileggendo queste rime superbe, a distanza di anni, ho ritrovato alcune similitudini tra il colle Tabor, facente parte delle proprietà dei conti Leopardi, e la terrazza, meno famosa, ma non per questo egualmente suggestiva, dalla quale il nostro caro santo protettore Gerardo soleva contemplare il Creato. Sì, mi riferisco proprio alla camminata adiacente alla Basilica dedicata alla Mater Domine, mèta di passeggiatori e pellegrini. Durante le sere d’estate, e non solo, è facile farsi rapire dalla profondità della valle che ospita il fiume Sele. Questo spettacolo mi consente di andare indietro nel tempo e, con l’immaginazione, giungere all’epoca del caro nostro grande santo, quando dalla sua umile celletta osservava il panorama che si spalancava davanti a lui. Mi piace pensare che tutto ciò gli provocasse il desiderio di conoscere, di andare incontro ai bisognosi, alle famiglie in difficoltà, ai poveri della valle. Quindi spinto ad andare oltre il proprio spazio, la propria de-limitata realtà. Quanta bellezza! Contemplandola, poggiandosi sul parapetto, è possibile quasi poter afferrare con le mani il paesaggio antistante. Seguire il corso del fiu-

me fino alla sua foce… E qui si fa avanti il mio cuore; i ricordi così affiorano lenti, dolci, sereni di quando con la mia famiglia si decideva di risalirne il corso e raggiungere questi luoghi, dove poter rigenerare lo Spirito. I miei genitori e i miei zii pianificavano settimane prima l’andata a San Gerardo. Questi con la sua semplicità, l’amore verso i suoi simili, aveva conquistato il nostro cuore, facendolo diventare uno di noi, uno di famiglia. Per cui risultava piacevole prendere l’auto e affrontare in pellegrinaggio la strada lunga e tortuosa. Una volta giunti, si posava l’auto, facendo attenzione a non lasciare la mano

dei bimbi (la mia, di mio fratello, dei miei cuginetti) che potevano perdersi tra la folla e, tra bancarelle e negozi, attraverso il corso principale, si arrivava, finalmente, alla famosa camminata. C’erano, allora, due archi e la gioia dei più piccoli colmava quando vedevamo venirci incontro un cavallino che ci avrebbe portato in groppa per fare un giro. Mio padre, memore delle mie lamentele durante il viaggio, mi portava per mano e mi indicava la strada che avevamo percorso per salire fin quassù, proprio dal parapetto proteso sulla valle. Gli

Giù le mani dai bambini!

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gni giorno nei nidi, nelle scuole dell’infanzia e primarie, nelle strutture per minori, vengono perpetrate violenze su bambine e bambini da parte di chi dovrebbe prendersi cura di loro e della loro crescita. Il clima di omertà che regna fra chi lavora in questi luoghi viene rafforzato da un brodo di coltura in cui è normale che gli adulti urlino contro i bimbi, li strattonino, siano verbalmente aggressivi e prepotenti con loro, esprimano insulti razzisti, approfittando dell’impossibilità dei piccoli a difendersi. Lasciar passare questi comporta-

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menti quotidiani, espressi a diversi livelli, non permette di cogliere, anche ai più sensibili, la gravità di ciò che sta accadendo, assuefacendo alla rassegnazione. È in gioco l’umanità di tutti: quanto riusciamo a guardare i piccoli come spaccato dell’umanità tutta e del suo futuro? Che idea e sentimento ne abbiamo? Possiamo, come insegnanti ed educatori, confrontarci sui bisogni infantili? È fondamentale per i bambini crescere in un clima umano in cui si valorizzi l’unicità di ciascuna/o, in

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ISTITUITA ANCHE A CAPOSELE LA CONSULTA DELLE DONNE di Tania Imparato occhi diventavano curiosi e voraci, facevano imprimere nel cuore immagini mai più rimosse. Avrà pietà di me, tapina, il grande poeta caro compagno dell’età mia nova. Avrà pietà anche e dell’azzardo perpetrato alla sua memoria. Il desiderio di mettere per iscritto queste mie emozioni era così forte, da farmi andare oltre, per giungere anch’io a quei mondi sconosciuti "ove per poco il cor non si spaura".

Il Comune di Caposele, in ottemperanza del principio di parità sancito dall’art.3 e dall’art.51 della Costituzione Italiana, delle norme del Codice delle Pari Opportunità tra Donna e Uomo (D. Lgs.198/2006), con Deliberazione di Consiglio n.17/2019 ha istituito la Consulta delle Donne ed ha approvato il relativo Regolamento, al fine di promuovere azioni finalizzate alla valorizzazione della popolazione femminile ed alla difesa del diritto delle cittadine a partecipare alla vita politica e amministrativa della loro città. E’ un organo di partecipazione delle cittadine all’attività dell’Ente, finalizzata alla valorizzazione delle fasce più deboli della popolazione, alla valorizzazione del ruolo delle donne nella società. Promuove indagini sulle loro esigenze, indicando miglioramenti e soluzioni per consentirne un pieno inserimento nella vita sociale, economica e politica ed uno sviluppo consapevole delle responsabilità dei ruoli che le stesse occupano. Auguriamo il meglio e cercheremo di contribuire all’azione della nostra Consulta, uno strumento potenzialmente utile a migliorare la qualità della vita, non solo delle donne ma di ogni cittadino!

Eletta Presidente della Cosulta delle donne di Caposele la signora Grazia Pia Merola

di Gelsomina Monteverde

cui ci si senta accolti, ascoltati, curati con calore e affetto, costruirlo in prima persona fa bene anche agli adulti. Mi rivolgo a tutte le persone più sensibili, sapendo che è decisivo interrogarsi su come si interpreta e vive il rapporto con bimbe e bimbi. Ora basta! Non si può rimanere in silenzio! Difendiamo l’infanzia dai maltrattamenti e le offese. Affermiamo il valore del rispetto per tutti a partire dai più piccoli e indifesi.Costruiamo relazioni educative rispettose, accoglienti, volte alla cresci-

ta felice dei più piccoli, denunciando insegnanti, educatrici, personale che maltratta chi è indifeso, contrastando comportamenti irrispettosi verso i bambini e rompendo, così, con l’indifferenza e l’abitudine vigente a girarsi dall’altra parte. Concludo con le parole di Papa Francesco in occasione della Giornata dei bambini vittime della violenza: “Tutti dobbiamo impegnarci affinché ogni persona umana, e specialmente i bambini, sia sempre difesa e protetta”.


Giovani

Tra grandi ritorni e colpi di scena: la fine del mondo alla Festa

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di Giovanni Viscardi Presidente dell'associazione Festa della Musica

della Musica di Caposele

nche quest’anno a Caposele il caldo torrido non si è fatto attendere, i ragazzini del liceo hanno affrontato il grande ostacolo della maturità e un nuovo solstizio di estate si è apprestato ad arrivare, portando con sé, come è ormai consuetudine da un po’ di tempo, un’altra entusiasmante edizione della Festa Europea della Musica. Quale appuntamento migliore dunque se non quello della pubblicazione estiva del periodico della Sorgente per raccontare questa ottava edizione, provar a far un rendiconto e iniziare a tracciare qualche importante riflessione per il futuro. Nelle ultime edizioni si è assistito indubbiamente ad una graduale e costante crescita dell’evento, che ha raggiunto molto probabilmente l’apice in questo solstizio di estate, quando circa, se non più di 7000 persone hanno invaso le strade di Caposele. Anche quest’anno l’associazione Festa della Musica ha potuto contare sull’indispensabile contributo di tanti giovani. Non a caso pure questa edizione ha visto il rinnovamento del partenariato di collaborazione con il Forum dei Giovani di Caposele, con l’associazione giovanile “Ambiente Turismo e Fede San. Gerardo” e con la Proloco Caposele. Non a caso ancora una volta il Forum dei Giovani della regione Campania, nella persona del presidente Giuseppe Caruso, a cui vanno doverosi ringraziamenti per l’attenzione da sempre dimostrata, ha voluto contribuire supportando le economie e lo spirito di questo evento. Come scrivevo qualche anno fa, il filo conduttore continua ad essere nient’altro che l’impegno e la partecipazione disinteressata di chi collabora, di chi contribuisce, di chi si esibisce e di chi, nonostante le difficoltà e le incomprensioni, non smette di crederci. L’Edizione 2019 della Festa della Musica si è svolta nei giorni del 21 e 22 giugno nell’ormai storico e insostituibile Parco Fluviale. Nella prima serata, ad aprire le danze nel piazzale di casa Houston sono stati i giovani talenti della “Latin Art Academy Val Sele”, di Rebecca Sista. A seguire, le famiglie hanno assistito allo spettacolo musicale della scuola secondaria I.C. di Caposele, Calabritto e Senerchia, perfetta dimostrazione di una scuola che si apre al territorio e che è capace di esaltare la libera espressione artistica: sicuramente merito dell’impronta sempre innovativa data dal dirigente Vespucci. A concludere l’esibizione ci ha pensato la Wonder band del professor Lorello e i giovanissimi ma già piuttosto affermati e determinati Early Times: quest’anno abbiamo avuto un piccolo assaggio della loro bravura anche sul palco principale, ma non mi sorprenderei se tra qualche anno saranno proprio loro “a farlo cadere” a suon di rock. La serata è entrata poi nel vivo con la Compagnia Daltrocanto, gruppo del Salernitano, che, con il loro storico calore “di terra, di mare e di stel-

le”, ha riscaldato il pubblico del Parco fluviale, insieme al talentuoso e giovanissimo Andrea Visciglio: qualcuno già ci ha avvertito di non meravigliarci se in futuro riuscirà a percorrere la strada intrapresa da un altro giovane che quando ancora non riempiva gli stadi di tutta Italia si esibì proprio come lui alla Festa della Musica, correva il 2014, il suo nome era Nicolò Moriconi, in arte Ultimo. L’Ottava edizione della Festa della Musica è stata sicuramente l’edizione dei grandi ritorni: se in prima serata Angelo Vitale, frontman dei White Shadows, gruppo che fino a qualche anno fa era consuetudine ascoltare nelle ore più intense della festa, non ha resistito nel condividere il palco con gli Early Times, con lo stesso entusiasmo e con la stessa voglia ha fatto il suo ritorno nella scena musicale Irpina, dopo tanta attesa, la Statale 14, sulle note del grande Rino Gaetano. Prima che le chitarre, i bassi e le batterie lasciassero posto al dj Set, con Michele Gerardo Zanca e Salvatore Miele, e alla Melagodo Silent Disco, non poteva mancare l’esibizione de “il nostro Vasco”, Salvatore Cantarella e della sua band, i Rewind, che, dopo un anno in cui li avevamo lasciati pronti a percorrere e macinare chilometri e chilometri tra piazze e locali gremiti di gente in tutta la regione, ma anche in altre città italiane, concedendosi addirittura di superare le Alpi, hanno letteralmente fatto innamorare e appassionare, come d’altronde siamo ben abituati da qualche anno, l’intero parco fluviale. L’integrazione e la socializzazione sono da sempre essenza dello spirito della Festa della Musica ed è per questo che quest’anno è stato un piacere far aprire la seconda serata agli In-super-abili, che con il nostro amico e compaesano Fabrizio, hanno mostrato di aver davvero talento, oltre ad averci fatto davvero divertire ed emozionare. Un grande ringraziamento e tanta ammirazione va sicuramente al lavoro fatto dal Centro Giada per aver riconosciuto nella musica e in particolare nel canto un valore aggiunto straordinario. La serata è continuata sulle note sentimentali della cover di Maria Nazionale di Fiorella Fasolino, per poi lasciar spazio allo spettacolo di ballo delle belle e brave ballerine della Dancing Queen di Giusy e Concetta Meo. Si è entrati poi nel vivo della con gli SS91, band della provincia di Avellino che nella sua agenda tutti gli anni ha ormai un appuntamento fisso con la fe-

sta della musica e un solo motto: vietato mancare. Subito dopo, in un clima perfetto, da costiera Amalfitana, ha fatto la sua comparsa sul palco Angelo Famao, cantautore neomelodico che con la sua “Tu si a fine do munno”, non solo ha raggiunto 37milioni di visualizzazioni su You Tube, ma ha fatto sì che, in un parco fluviale completamente “sold-out”, con migliaia di gente accorsa solo per lui, si desse inizio a uno spettacolo entusiasmante in cui famiglie e bambini accanto a tantissimi giovani si sono divertiti a ballare e cantare, tutti insieme. A seguire, si è esibito Luciano Tarullo con i suoi inediti dell’album “L’Isola”, pubblicato qualche mese fa, con cui una settimana prima aveva preso parte alle finali di Sanremo Rock e con il quale, siamo certi perché ne conosciamo non solo le doti, ma anche la cordialità e l’umiltà, avrà molto successo. Per non farci mancare altri motivi validi per andare a riaprire qualche album fotografico delle prime edizioni della festa della musica, soprattutto per i più nostalgici, quest’anno è stato anche il grande ritorno dei Indie Glamour, con qualche volto nuovo e più giovane, ma sicuramente con la stessa

adrenalina, a suon di indie rock e di colpi di scena. A chiudere l’ottava edizione della Festa della musica quest’anno è toccato all’inarrestabile Ivan con i Radica e al loro raggae che ha fatto saltare e rivoltare l’intero parco fluviale, tra luci, fumogeni, balli, in una vera bolgia, imperdibile e indescrivibile, che andrebbe vissuta piuttosto che letta. Ad attendere l’alba ci hanno fatto compagnia i nostri dj “in house” Sasà Malanga e Pasquale Pallante con la Silent disco di Melagodo, a segnare la fine un'altra incredibile edizione.

giornali e televisioni hanno parlato della Festa della Musica; famiglie e giovani hanno potuto conoscere le nostre strade o assaggiare i nostri prodotti tipici. La Festa della Musica è proprio questo. Un evento culturale, di esaltazione della libera espressione artistica, di contaminazione culturale, ma anche di promozione del territorio, promozione di Caposele, ed è per questo che la Festa della Musica deve sempre di più diventare un evento che appartiene e identifica la nostra comunità, un evento da portare fuori, che deve contraddistinguere Caposele dagli altri paesi, che ognuno di noi, quando varca i confini del nostro paese, deve portare con sé; un evento destinato a crescere ancora, inimitabile altrove, inestimabile per Caposele. Concludo rinnovando i ringraziamenti, a nome dell’associazione tutta, a coloro che ci hanno accompagnati in questa edizione con il proprio supporto e aiuto, ai quanti hanno collaborato con noi: le associazioni partner Pro loco Caposele, Forum dei giovani Caposele, Ambiente fede e Cultura, il Comune di Caposele, il Comando della Stazione dei Carabinieri di Caposele, la Polizia Municipale, la Comunità Montana, la Pubblica Assistenza Caposele, il Forum dei giovani della Campania, l’Anta, l’Agri, gli stand, le attività commerciali, tutti i volontari e, in generale, a chi continua a creder in questo evento, a chi con un piccolo contributo, con un aiuto, con un consiglio o con una critica costruttiva ci dà un motivo in più per andar avanti e non smettere di impegnarci. Come ha scritto qualche mese fa il nostro amico Giulio D’andrea “a Caposele continuano a crescere con latte e musica”, e noi della Festa della Musica lo sappiamo bene.

Anche quest’anno si è riusciti nell’obiettivo di dar costanza a questo appuntamento, che assume negli anni da un lato maggiore complessità nelle procedure organizzative, ma dall’altro sempre più le forme di un vero e proprio evento a rilevanza regionale. Nelle due giornate Caposele è stata invasa da migliaia di persone;

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Politica

Altri sei mesi insieme, un’Amministrazione a lavoro per migliorare l’accoglienza turistica.

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n quest’anno di attività amministrativa e di gestione del settore turistico per il Comune di Caposele, ciò che ha guidato le nostre scelte sono stati atti estremamente difficili e soprattutto segnati da una sostanziare necessità di modificare abitudini ormai consolidate che vanno esattamente nella direzione opposta a quello che il turismo chiede. Caposele e Materdomini hanno bisogno, per puntare a migliorare al propria condizione, di tutto quello che questa Amministrazione Comunale sta facendo: condivisione, regole, ordine, servizi e promozione. Nella mia vita professionale e, da un anno a questa parte, politica, ho sempre pensato che le località turistiche debbano imparare a capire che tutto si può fare, ma programmando gli interventi per costruire le strade da percorrere con progettualità, nel tempo, con obiettivi chiari. Per fare turismo in maniera professionale e per fare il salto di qualità rimaniamo convinti che ci sia bisogno di programmare e investire attraverso delle progettualità volte a reperire fondi straordinari: con i soli fondi comunali rimaniamo dove siamo. In tal senso le idee che abbiamo messo in campo e i progetti presentati sono chiari e hanno previsto già una serie di interventi che hanno portato a dei risultati molto visibili agli occhi di tutti: piano traffico a Caposele e Materdomini, volti a migliorare la vivibilità di cittadini e turisti, bonifiche importanti sul piano ambientale con interventi volti a rimuovere l’amianto in più punti del Comune, volte a tutelare la salute di cittadini e visitatori, ordinanza su via Santuario, volta a migliorare la fruibilità di quel tratto di strada da parte di disabili, persone anziane, dei migliaia di pellegrini, assunzione di due vigili urbani che supporteranno la gestione del flusso turistico di settembre ottobre, molte attività volte a migliorare e sostenere il decoro urbano e tanto altro. Un lavoro corale e di squadra che va in un’unica direzione: migliorare l’accoglienza per invogliare a ritornare, consolidando e aumentando le presenze. Per questo, questa Amministrazione ha già presentato, su misure relative a fondi europei e attraverso il Gal “I Sentieri del Buon Vivere”, progetti relativi alla realizzazione della nuova cartellonista turistica, in italiano e in inglese, che sostituirà

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quella presente, obsoleta, poco accattivante e chiara. Ristruttureremo il Museo delle Acque grazie ad un finanziamento ricevuto in partnership con il Comune di Lioni di circa 200.000 euro, fattore che ci permetterà di rilanciare la struttura, regolamentarla e candidarla a Museo di interesse Regionale per arrivare ad altri finanziamenti regionali. Il nuovo sistema Wi-Fi è pronto e partirà a brevissimo, in questo senso i 15.000 euro della Commissione Europea ci hanno dato la possibilità di realizzare un sistema efficiente, stabile e, sopratutto a norma di legge, per tutti. Stiamo migliorando l’aspetto di molte aree del Comune grazie all’arte di strada, i murales stanno rendendo più suggestivi angoli degradati e costruendo nuovi circuiti. Ad agosto ne realizzeremo un altro. Siamo in attesa della valutazione della candidatura della Quadriglia a Patrimonio Culturale Immateriale della Regione Campania, altro fattore che darà slancio a una delle nostre caratteristiche principali. Siamo diventati finalmente Comune Capofila di un progetto POC (bando degli eventi della Regione Campania), con Laviano e Valva, e faremo esperienza su un bando importante che ogni anno elargisce contributo ingenti per gli eventi: quest’anno di 50.000 euro. Abbiamo supportato l’iniziativa Jazz & Wine, candidando l’iniziativa e richiedendo circa 10.000 euro su una misura relativa al Piano della Cultura 2019 della Regione, puntando decisamente su un’area che ha bisogno di tutela e rilancio, anche attraverso iniziative private che ne esaltino le caratteristiche. Sono partite attività di formazione per Guida Escursionista, a settembre con il programma Benessere Giovani avremo il corso di Marketing Turistico e Fotografia Digitale per il turismo. Abbiamo migliorato la gestione delle visite al Sistema Museale grazie al supporto di due risorse umane inserire con un progetto di Servizio Civile della ProLoco: risorse preziose e di qualità che stanno contribuendo ad accogliere meglio i visitatori delle nostre sorgenti e dei nostri musei. Sono pronte anche le attività legate alla promozione: presto andremo sul digitale con nuovi canali di promozione turistica su Facebook e Instagram, anche grazie al materiale fotografico realizzato a marzo con le attività di Invasioni Irpine: potremo finalmente

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partire anche su quest’azione. In ultimo, sfida già vinta, l’apertura del Centro Fieristico di Materdomini: in un’anno e con fatica, il Centro è stato aperto ed inaugurato, programmando all’interno già una serie di attività tra cui due mostre, un torneo degli scacchi, un campo scout e una Fiera del Gusto a ottobre, tutto nel 2019. Qui misureremo le nostre capacità, come comunità, di sfruttare al meglio questa struttura facendola diventare punto di riferimento di tutta una Valle e di un territorio. Ma la vera sfida sono il miglioramento dei servizi, in collaborazione con i privati, per la creazione di un sistema di tour che possa permettere ai giovani di costruirsi una professione, ed è a questa sfida che stiamo pensando quotidianamente e dove arriveremo. Con la nuova cartellonistica, il nuovo Museo, il Centro Fieristico, la riscoperta di nuove aree e la formazione è immaginabile la realizzazione di un sistema di tour privato con i giovani. C’è da lavorare ancora e dobbiamo continuare, ma Caposele si sta incamminando bene e velocemente verso la giusta direzione.

di Ernesto Donatiello

Capogruppo di Maggioranza e Consigliere Delegato al Turismo e alla Promozione del Territorio.

IL "Report" degli hot spot funzionanti della rete WIFI in attività nel 2010. Speriamo che si possa implementare e migliorare il servizio che si è bruscamente interrotto qualche anno fa.


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DOPO INNUMEREVOLI ANNUNCI, FINALMENTE ESCE

IL LIBRO DEI PROVERBI CAPOSELESI.

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IN USCITA IL 16 AGOSTO

proverbi sono un patrimonio dell’umanità. Da sempre, infatti, ogni popolo ha sentito la spontanea esigenza di condensare in brevi massime la sapienza che, man mano, andava acquisendo grazie alle esperienze della vita. Basti pensare alla saggezza orientale, spesso espressa in proverbi o, ancora, al Libro detto appunto dei Proverbi della Bibbia, testo che per Ebrei e Cristiani ha i crismi della sacralità. La brevità, il denso messaggio chiaro e contestualizzato, espresso con paragoni e metafore aventi per lo più come base di partenza il mondo rurale, ha fatto dei proverbi un mezzo formidabile, nell'ambito della comunicazione tradizionale, per esprimere non solo dei consigli, dei modi di vedere ma anche, e soprattutto, per analizzare le più varie situazioni di vita. Anche Caposele ha i suoi proverbi che tuttora si usano nel linguaggio parlato. Già, perché i proverbi, lungi dall'essere reliquie morte di un passato che non c'è più, sono elementi vivi e vivificanti del dire, nonostante - e questo nella stragrande maggioranza dei casi - facciano riferimento ad una realtà sociale di stampo agricolo che non permea più la realtà del paese come nel passato. Questo libro nasce da un duplice intento: fissare una volta per tutte sulla carta queste perle della sapienza caposelese, nel timore di una loro irreparabile perdita e, soprattutto, offrire ai caposelesi e a chiunque voglia sfogliare queste pagine, un variegato mosaico relativo alla condizione dell'esistenza umana così com’è

stata percepita, meditata ed espressa in massime nel corso dei secoli a Caposele. Dicevamo che i proverbi sono ancora in uso nel linguaggio parlato e questo grazie ad una tradizione ben ancorata. Tradizione da intendere come uso vivo di questi detti che sono stati trasmessi di generazione in generazione, secondo quel bellissimo concetto del tradere (da cui traditio), del consegnare con responsabilità, tanto caro all'antichità romana e alla cristianità; tanto cara anche a noi caposelesi. Volendo dare uno sguardo veloce ai proverbi di Caposele, c’è da dire che essi dipingono, con brevi pennellate, stili di vita, situazioni, momenti vissuti nell'ambito di una cultura contadina caratterizzata dai più disparati elementi. Molti sono i proverbi che si soffermano, ad esempio, sulla necessità di avere una casa sempre piena di ogni ben di Dio, oppure che incitano ad essere operosi nel lavoro. Accanto a questi, tanti altri analizzano gli affetti, gli amori, le persone; altri il comportamento umano, le situazioni, i modi di essere, altri ancora si ispirano a fatti storici o a personaggi che, purtroppo, non ci è dato più di conoscere. Insomma, sono tanti gli argomenti trattati e tantissime le situazioni in cui essi possono essere usati per cui è davvero difficile classificarli. Nonostante i proverbi siano stati riportati nel presente lavoro in ordine alfabetico, si è comunque voluto offrire al lettore delle voci - riportate nell’indice - che potessero raggrupparli, seppure a grandi linee, in maniera tale da poter procedere speditamente a una loro facile consulta-

SCRITTO A 4 MANI, RACCOGLIE IL MEGLIO, NELLA STORIA, DEI MODI DI DIRE NOSTRANI CHE SONO RACCOLTI CON SAPIENZA, INTERPRETATI E SPIEGATI UNO AD UNO, AFFINCHE' QUESTO PATRIMONIO PORRA ESSERE DEFINITIVAMENTE CONSERVATO AI POSTERI. COMPLIMENTI AGLI AUTORI

zione. Ci si è resi conto che diversi proverbi raccolti in questo volume e in uso a Caposele sono diffusi in tutto il Meridione d’Italia; non bisogna stupirsi di una tal cosa: da sempre, oltre alle merci, circolano anche le idee e, con queste, anche i modi di dire e i detti. Essi sono una minima parte rispetto a quelli autoctoni, nati, cioè, nel nostro paese, che sono la stragrande maggioranza. Basti pensare soltanto a quelli che richiamano o località del territorio comunale o attività tipiche del nostro paese. Questo libro, volendo sostenere la trasmissione della nostra identità di caposelesi, trae la sua vita dalle generazioni più grandi di età, quelle più avvezze a usare i detti in oggetto nel loro parlare quotidiano, per rivolgersi in particolar modo alle generazioni nuove. Viviamo in un mondo caratterizzato dai modi di comunicare più disparati, globalizzati e globalizzanti. Orbene, con questo lavoro si vuol offrire, quindi, ai giovani l'opportunità di riflettere sul fatto che essere cittadini del mondo significa prima di tutto essere cittadini del proprio piccolo paese che da secoli usa i suoi di mezzi di comunicazione, tra l’altro efficacissimi: si pensi alla immediatezza del dialetto, alla semplicità delle sue espressioni, alla brevità mnemonica dei proverbi. Un mondo globalizzato non significa certo un mondo livellato, bensì un mondo armonizzato nelle sue multiformi espressioni culturali e provenienze; un mondo visto come un'orchestra che, lungi dall'essere composta da un solo tipo di strumenti, genera la sua melodia dal concorso dei

più disparati strumenti musicali perfettamente accordati tra di loro. In ultima analisi, noi crediamo che si è cittadini del mondo quando non ci si dimentica della casa dalla quale si muovono i primi passi, della casa, cioè, a partire dalla quale questo mondo si osserva e si vive: Caposele. Saper valorizzare appieno le proprie tradizioni, la propria identità, la propria sapienza e, soprattutto, saperle vivere, risulta essere un bellissimo e doveroso impegno per tutti. Si spera, dunque, che le nuove generazioni, opportunamente guidate dalle precedenti, facciano propri nel loro parlato i detti e i proverbi del paese, così illuminanti in tante situazioni di vita.

Statti cittu...

Ca mò tu condu DETTI E PROVERBI DELLA TRADIZIONE CAPOSELESE

Concetta Casale Mario Sista

EDIZIONI

Quando si parla di Leonardo e quando a scrivere è Il prof. Nicola Barbatelli, non possiamo che inchinarci a tale lavoro e presentarlo sulle nostre poagine caposelesi. Sì perchè anche Nicola oramai è diventato un Caposelese e accompagna le nostre iniziative culturali da molti anni. Già con la presentazione a Caposele nel 2012 della tavola originale di Leonardo d Vinci - "l'Autoritratto Lucano", Il prof. Barbatelli si è legato a filo doppio a tutta la nostra comunità. Per cui siamo lieti di poter offrire ai nostri lettori uno spunto per poter avvicinarsi, ulteriormente all'arte e alla cultura attraverso il grande lavoro che Nicola sta compiendo in giro per il mondo. Lo abbiamo seguito come curatore di grandi mostre all'estero ed in Italia, e come critico d'arte. Ed oggi ci propone questo straordinario capolavoro dedicato al grande Genio di Vinci. .." Quando nasce un libro germogliano speranze..." Così anticipa con un post su Face book l'uscita del libro. E noi siamo speranzosi che la nostra amicizia e l'apporto culturale che Nicola sta dando a Caposele, possa continuare nel tempo, sicuri che la cultura possa far crescere e migliorare le condizioni di vita della nostra piccola Comunità.

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Scuola di Gerardo Vespucci

IC “Francesco De Sanctis” di Caposele Sezioni associate di Caposele, Calabritto e Senerchia Ecomuseo: IL FUTURO DELLA MEMORIA Un ecomuseo pro CAPUT SILARIS Da almeno tre anni, il nostro Istituto, con la propria sezione della secondaria di primo grado, vede docenti ed allievi impegnati per osservare, descrivere, progettare e proporre soluzioni inedite in difesa del territorio dei comuni di Caposele, Calabritto e Senerchia, grazie alla partecipazione al Concorso di idee promosso dal Servizio educativo della Soprintendenza ABAP di SA e AV: L’Ecomuseo: il futuro della memoria. Negli scorsi anni, la nostra Scuola si è vista premiare con il primo premio del settore secondario di primo grado; anche quest’anno abbiamo ottenuto un buon risultato con la partecipazione all’ottava edizione, avendo aderito al bando relativo all’anno scolastico 2018-19. Un ecomuseo, com’è noto, è una modalità di studio, a scuola e sul campo, con l’esplicita finalità di riportare alla luce e valorizzare il patrimonio ambientale, culturale, storico di una piccola località, rurale o urbana, quasi sempre sottovalutata Nella nostra scelta di dedicare un ecomuseo per ridare vita al fiume Sele ci sono molti elementi che rinviano ai miti più antichi, che da sempre accompagnano l’uomo: un museo è, notoriamente, il luogo sacro dedicato alle muse, ispiratrici di ogni arte e di ogni conoscenza (lo stesso termine mente rinvia a musa); l’acqua, prima di diventare con Talete una “radice” alla base di tutte le cose, era una divinità naturale, una delle Ninfe, le Naiadi geni femminili delle fonti, dei fiumi e dei laghi. Gli alunni, opportunamente stimolati e guidati dagli insegnanti hanno costruito un percorso, insieme logico e cronologico, che ha trovato espressione in questo pregevole lavoro, di indubbia qualità di arte ed immagini: mi piace sperare che in questo viaggio nel tempo e nello spazio essi siano stati catturati, seppure inconsciamente, dallo spirito di quei miti che ci sovrastano e che spesso danno un significato di sfondo, emotivo e sentimentale, alle nostre azioni razionali. Come si può vedere, il fiume Sele è – o forse era – la spina dorsale lungo cui si è disegnato il paese di Caposele; pertanto, il primo messaggio, neanche troppo sottinteso, è che esso dovrebbe in futuro esserlo sempre di più. Nei secoli passati, il fiume aveva alimentato una vera economia fluviale, con mulini, gualchiere, orti, allevamenti di trote, oltre ad essere una inesauribile fonte di acqua potabile ed irrigua. La consistente produzione e vendita di prodotti, insieme con la presenza del Santuario di San Gerardo Maiella, aveva consentito la crescita di un paese discretamente popolato con la presenza

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di famiglie benestanti, di cui sono testimonianze alcune costruzioni patrizie, presenti, in foto, anche in questo lavoro. Dopo la costruzione dell’Acquedotto Pugliese, che disseta la sitibonda Puglia ed oltre, le cui immagini rappresentano il pezzo forte di questo elaborato, nulla più è stato come prima: del ricco corso d’acqua millenario non è rimasto che un percorso di mediocre portata. Oggi, e quindi il futuro prossimo venturo, l’economia del fiume è scomparsa o ha cambiato di segno, ed i ragazzi sembrano dirci che bisognerà investire in altre direzioni: inutile dire che il turismo potrà rappresentare la carta su cui scommettere. Queste immagini, sostenute dai versi di chi il fiume Sele ha conosciuto ed amato e dalle composizioni degli stessi allievi, forse aiuteranno i cittadini di Caposele a prendere coscienza di ciò che il toponimo realmente significa e di ciò che ancora può e deve rappresentare. Ci rivolgiamo ai cittadini, esattamente. Quello che noi vogliamo diventino i nostri allievi e che rappresenta la vera finalità dell’azione formativa della Scuola. Ma non un cittadino astratto, bensì un abitante consapevole della città, a partire dalla propria, anche se piccola. Essere cittadini implica la possibilità di vivere la città e costruire una vita autentica, in cui convivono aspetti cognitivi ed etici. Infatti, per vivere bene la propria città bisogna conoscerne le strade, le piazze; studiarne la storia; analizzarne ogni aspetto scientifico economico e sociale; per vivere bene nella propria città bisogna vivere per la città: amarla, difenderla, renderla ogni giorno più bella, evitando le brutture che spesso si impongono. Sono sicuro che, anche grazie a questa occasione di impegno guidato e collaborativo, i miei ragazzi saranno cittadini migliori del loro tempo.

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Giornata del libro

Il paese come speranza di recupero o come recupero della speranza La scuola secondaria di primo grado ha proposto quest’anno un percorso di attenzione nei confronti del nostro paese ma più in generale per la dimensione raccolta e poetica dei nostri territori dimostrando che forse, al di là di mondi social-virtuali banali e illusori, uno sguardo diverso è possibile. La necessità dell’attenzione e del rispetto è proprio quello che ha proposto la poesia di Franco Arminio, ospite della nona edizione della Giornata del libro, sostenitore della speranza di recupero dei nostri paesi. Cosi i nostri alunni hanno raccontato Caposele attraverso immagini e poesie in un lavoro grafico ( Lungo il fiume e tra gli alberi) realizzato per il progetto dell’Ecomuseo: il futuro della memoria e vincitore, anche quest’anno, presso la Soprintendenza ai beni culturali e paesaggistici di Salerno. A completare l’enorme quantità di lavoro di quest’anno, il cortometraggio realizzato dagli alunni, ripresa dopo ripresa, guidati dalla mano esperta del prof. Ernesto Caprio: “La solitudine di chi resta” che ha voluto rappresentare con semplicità e affetto per i nostri luoghi, il senso di solitudine che prova chi vede partire tutti intorno a sé. Il messaggio che la nostra scuola ha dato è stato di grande impegno e soprattutto di grande passione come espresso dal dirigente Gerardo Vespucci, dagli insegnanti e dai nostri meravigliosi ragazzi che hanno lavorato con interesse e disincanto sul proprio paese. Recuperando l’attenzione e il rispetto per la straordinarietà dei nostri luoghi e per le persone che li vivono, recuperiamo la speranza. Prof.ssa Rosa Maria Ruglio Grazie per la collaborazione al presidente della Proloco Arch. Concetta Mattia.

La solitudine di chi resta

Regista: Ernesto Caprio

Ho visto il film con piacere e commozione. Il panorama di Caposele abbraccia ogni scena con l’impeto del fiume Sele, ricco di acqua freschissime e cristalline, con il verde prepotente (anche d’inverno) che riempie ogni angolo, ogni stradina facendo percepire la salubrità dell’aria e la serenità di un vivere quotidiano fatto di cose tanto piccole quanto rare e preziose. Si sente la forza delle nuove generazioni, ragazzi pieni di entusiasmo, riserva prepotente di energie potenziali pronte ad esplodere in tutto il loro splendore con tutti gli interrogativi per il futuro, tutte le speranze riposte nell’amore, nell’amicizia, nel lavoro. Lo spettatore segue ogni scena con trasporto e condivisione, si commuove, sorride. Il film termina e resti in attesa…in attesa che il regista possa regalarti qualche altra scena, tanto coinvolgente è stata la visione. “La solitudine di chi resta” : sembra un titolo in cui vedere solo la rassegna-

zione e la desolazione, ma non è così. Chi resta ha il coraggio di difendere le proprie radici, chi resta non conoscerà mai la nostalgia per la propria terra, chi resta non vivrà mai col desiderio di tornare a casa, chi resta lo fa per amore e per orgoglio e con tanti sentimenti ha voglia di costruire il proprio futuro. Può farlo, DEVE farlo! Il regista, secondo me, è riuscito a far arrivare proprio questo messaggio: ragazzi non andate via! Il vostro Paese vi pretende. Sarete voi, con la vostra cultura, la vostra tenacia, il vostro impegno a renderlo migliore! Ed è anche un grido forte alle Istituzioni affinchè il territorio sia valorizzato, arricchito e non trascurato o devastato dall’incuria e dall’abbandono. Prof.ssa Maria Rafaniello


Scuola

Scuola Primaria 8 Giugno Manifestazione “IL VIAGGIO DEL NOSTRO FIUME” Gli alunni delle classi 1^A-B, 2^ B e 3^ A della Scuola Primaria di Caposele hanno chiuso l’anno scolastico portando in scena, una breve rappresentazione dal titolo “Il viaggio del nostro fiume” che li ha avvicinati in modo gioioso alla conoscenza di ciò che di bello il nostro territorio offre. Lo spettacolo ha costituito il punto di arrivo di un percorso di osservazione e studio che li ha impegnati attraverso varie attività, tra cui la visita alle sorgenti, al Museo di Leonardo e al Parco fluviale.Complimenti a loro per la bravura dimostrata, agli insegnanti e ai genitori per la costante e totale disponibilità. Un ringraziamento particolare va all’Ing. Gelsomino Monteverde, a Benny Daniele e al nostro Francesco Malanga che hanno curato la parte tecnica, video e audio valorizzando l’impegno degli alunni.

SCUOLA PRIMARIA CLASSE 2^ A - PROGETTO “A RITMO DI MUSICA” 6 Giugno 2019: Manifestazione finale “IL TRENO DEI DIRITTI DEI BAMBINI”

L’incontro artistico tra Nicola Barbatelli e Guido Palmadessa torio. Oltre alla descrizione dell’autore e ai commenti dei referenti del progetto artistico e dell’amministrazione comunale, la Proloco ha consegnato all’artista la maglietta con un logo realizzato dagli studenti del

liceo scientifico di Caposele nel progetto di alternanza scuola-lavoro e, chiamato in causa per un suo parere di storico dell’arte, il prof. Barbatelli accettando di buon grado, nonostante la sua specializzazione sia relati-

Il murale di Guido Palmadessa in via San Gerardo

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’ stato particolarmente apprezzato, dopo il convegno su Leonardo Da Vinci, l’incontro in via San Gerardo, dove il pubblico si è portato per salutare e ringraziare il giovane street artist argentino Guido Palmadessa, protagonista del progetto Bag Out, che aveva ultimato la sua opera, un murales realizzato interpretando i temi dell’acqua, del genio e del terri-

va agli artisti del Rinascimento, ha apprezzato la qualità del segno e del colore, la validità dell’inserimento nel contesto e della traduzione dei significati inseriti nel tema dipinto. Lo stesso, ha chiesto infine, di prestare attenzione alla conservazione e manutenzione di tutto il patrimonio, antico e moderno, vera modalità di valorizzazione utile per il territorio. Una conclusione delle nostre celebrazioni Leonardiane se vogliamo, poco formale ma molto gradita per la quale ringraziamo Guido Palmadessa per il modo che ha avuto di realizzare “in comunità” l’arte che ci ha lasciato e in particolare Nicola Barbatelli per l’attaccamento a Caposele e la passione e la competenza che mette in ogni cosa che fa.

Un ricordo donato al Maestro autore del murale

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di Pasquale Ceres STORIA DELLE FAMIGLIE CAPOSELESI

Famiglia Spatola

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a famiglia Spatola è presente a Caposele da prima del 1700. Il Catasto Onciario del 1754 censisce a Caposele 20 persone con il cognome Spatola, ma eliminando quelle di sesso femmminile, che come mogli appartengono ad un altro nucleo, rimangono 4 famiglie. Tra queste 20 persone, tutte quelle in grado di lavorare (cinque) facevano lo stesso lavoro, cioè erano scalpellini. C'è una sola persona anziana, Domenico Spatola, che dichiara 89 anni (sarebbe nato intorno al 1665), mentre tutte le altre hanno 41 anni o meno. Questi 2 indizi (stesso lavoro, ed un solo capostipite), fanno ipotizzare che la famiglia Spatola, dedita alla lavorazione della pietra, si fosse stabilita a Caposele nel 1600. Il Catasto Onciario, da solo, non permette di ricostruire le relazioni tra i vari nuclei Spatola presenti in paese nel 1754. Per cercare di spingere ancora indietro la ricostruzione della famiglia Spatola, e grazie all'aiuto di un amico appassionato di genealogia, John Rendfrey, sono stati presi in considerazione gli atti notarili. Da questi si possono estrarre preziose informazioni sui nuclei familiari, e provare a gettare luce sulla genealogia del nostro paese nel 1600. Gli atti sono di vari tipi: contratti matrimoniali, testamenti, etc., ed in essi vengono riportati spesso i membri delle famiglie, con i loro gradi di parentela, permettendo di ricostruirne l'albero genealogico. Lo studio di questo tipo di documenti è più complesso, se già si ha la fortuna di trovarne uno di interesse, in quanto non si usano espressioni brevi e ripetitive, come accade nei registri parrocchiali, e quindi non ci si può aiutare a ricostruire il senso della frase nel caso il testo (scritto a mano e a volte rovinato) sia di difficile lettura. Sono spesso uno spaccato di vita dell'epoca, in quanto oltre ad una prima parte ufficiale in latino, ve n'è una seconda redatta in italiano, più discorsiva e centrata su aspetti della vita dell'epoca. Ad es. si lasciava una cassa contenente vestiti ad un erede, si lasciavano delle monete ad una persona, con l'impegno di far recitare una messa con una data cadenza in una delle diverse chiese presenti, etc. Ramo di Michele Angelo Spatola Negli atti notarili relativi a Caposele non si trovano Spatola prima di Michele Angelo Spatola, la cui nascita può essere ipotizzata intorno al 1650. Sappiamo della sua esistenza dal testamento della moglie, Aurelia Piro, originaria di Quaglietta, del 5 agosto 1694. Il testamento fu redatto dal vecchio notaio Giuseppe Fungaroli, di Caposele, e si trova nel faldone degli atti da lui redatti, conservato nell'Archivio di Stato di Avellino. Da questo ed altri atti, sappiamo che Michele Angelo Spatola ed Aurelia Piro ebbero 10 figli, 5 maschi e 5 femmine. Uno dei figli era proprio l'ottantenne Domenico Spatola indicato nel Catasto

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Onciario di Caposele. Delle 20 persone Spatola censite nel 1754 a Caposele, tutti sono discendenti dei seguenti figli di Michele Angelo (vedi grafico): • Domenico: l'unico dei fratelli ancora in vita in quell'anno, ottantenne e residente con la moglie Giovanna Nisovoccia, più 3 dei suoi figli (Giustina, Lorenzo, Pasquale), e 4 nipoti; • Giovanni Antonio: defunto, vengono indicati i suoi 7 figli; • Rogiero: defunto, è presente nell'elenco sua figlia Antonia, sposata con Giuseppe Pallante; • Lonardo: defunto, sono indicati i suoi due figli Giuseppe ed Amato Spatola; la loro madre Rosa Sturchio si era risposata con Giuseppe Nisivoccia, e i 2 figliastri erano stati accolti nella nuova famiglia. Nel 1754, quindi, tutti (*) gli Spatola presenti nel nostro paese discendono da quell'unico capostipite, Michele Angelo. Non si sa con certezza da dove provenisse, ma, vista la maggiore presenza del cognome Spatola a Calabritto, con più persone anziane, censite nel catasto onciario del nostro paese limitrofo, si può supporre che provenisse da lì. In ogni caso, a questo ramo familiare risalgono la maggior parte degli Spatola che si sono succeduti a Caposele nei secoli successivi, fino ai giorni nostri. Ne fanno parte i rami di Salvatore e Damiano Spatola, quello di Silvio e Carmela Spatola, etc. Nei secoli i membri femminili della famiglia si sono sposati perdendo il cognome, ma a questo nucleo risalgono numerosi rami con i cognomi Tobia, Rosania, Cozzarella. (*) Analizzando tutti gli Spatola vissuti nel 1700 a Caposele, l'unica persona che non sembra far capo a Michele Angelo è Catarina Spatola, nata intorno al 1708 da Donato Spatola e sposata con Nicola Sabatino. Il fatto che non ci siano tracce di Donato Spatola a Caposele in quell'epoca, e che un Donato Spatola sia indicato in altri alberi genealogici ad Andretta in un periodo compatibile, fa ipotizzare che questo ramo appartenga al ceppo Spatola di Andretta. Ramo di Antonio Alfonso Maria Spatola Al ramo familiare di Michele Angelo Spatola si affianca, intorno alla fine del 1800, un secondo ramo che origina da Antonio Alfonso Maria Spatola, nato a Lioni intorno al 1864. Da questo antenato ha origine il ramo Spatola cui appartiene la famiglia del dottore Pietro Spatola. Trattandosi di una persona nata fuori da Caposele, le probabilità di riuscire ad estendere la ricerca alle generazioni precedenti era bassa, ma la disponibilità degli atti online dello stato civile di Lioni, e di un utilissimo sito sulla genealogia di Calitri, ha permesso di risalire agli antenati, almeno fino al 1700:

Anno XLVI - Agosto 2019 N.98

di Pasquale Ceres

Continua lo straordinario lavoro di Pasquale Ceres sulla storia delle famiglie Caposelesi. Un percorso complicato, ma utilissimo a capire nei meandri le sfaccettature genealogiche della nostra Gente. Un regalo magnifico alla storia e alle nuove generazioni • Marino Spatola: N. 1738 (Calabritto). È presente nel catasto onciario di Calabritto del 1755. Sposato con Francesca Rossi • Antonio Spatola: N. 1766 (Calitri), Ma. 05/05/1796 a Calitri con Angela Zampalione, † 29/03/1837 (Lioni) • Vincenzo Spatola: N. 1810 (Gessopalena, comune in provincia di Chieti, in Abruzzo), Ma. con Rafaela Imbriano, † 21/07/1880 • Antonio Alfonso Maria Spatola: 01/12/1864 (Lioni): è il bisnonno del dottore Pietro Spatola Entrambi i rami Spatola più importanti di Caposele, quindi, sono riconducibili al ceppo di Calabritto (vedi grafi-

co), dove il cognome è presente tuttora. Per chi volesse approfondire, una ricostruzione più dettagliata dell'albero degli Spatola di Caposele è reperibile su FaceBook in un post sul gruppo "Genealogia caposelese", oppure è possibile consultare l'albero online nel sito indicato sotto. Si può contribuire: • contattandomi per email all'indirizzo pasquale_c@hotmail.com • sul gruppo Facebook "Genealogia caposelese" • registrandosi sul sito contenente l'albero online navigabile: http://ars. altervista.org/PhpGedView/index.php

Il Catasto Onciario di Caposele del 1754 fotografa gli Spatola residenti in paese all'epoca, tutti discendenti di Michele Angelo Spatola

Le 2 principali linee Spatola sviluppatesi a Caposele dal XVII secolo in poi sono riconducibili probabilmente a Calabritto


STORIA DELLE FAMIGLIE CAPOSELESI

T

ra gli Spatola di Caposele c'è Alberico Salvatore Spatola, musicista, direttore d'orchestra e compositore di tango. Il ramo familiare di Alberico Spatola discende dal ramo principale di Michele Angelo, e più precisamente dal figlio Giovanni Antonio. Quest'ultimo ebbe come figlio Francesco, nipote Gaetano Nicola, e pronipote Salvatore Maria. Il figlio di quest'ultimo, Giuseppe, era un maestro di musica, ed emigrò in Uruguay. Alberico Salvador nacque a Monte-

video, ma si spostò con il padre a Buenos Aires. Nella famiglia di Alberico c'era una tradizione per la musica: era imparentato sia con Gerardo Grasso (lo zio dell'uno aveva sposato la zia dell'altra), compositore dell'inno nazionale dell'Uruguay, che con Carlos Di Sarli, musicista argentino. Alberico continuò la tradizione musicale di famiglia: fu a capo della banda musicale della polizia di Buenos Aires (così poté aiutare Carlos Di Sarli quando quest'ultimo arrivò a Buenos Aires all'inizio degli anni '20 del secolo scorso), e compose diverse opere di tango note an-

cora oggi, alcune delle quali possono essere ascoltate da YouTube semplicemente ricercando il suo nome. La famiglia di Giuseppe ed Alberico Spatola emigrò in Sud America, ma a Caposele sono rimasti parecchi cugini: •famiglia di Silvio e Carmela Spatola; •famiglia Russomanno "Umberto"; •famiglia Nicola Conforti: il nonno dell'ing. Nicola Conforti, suo omonimo, aveva sposato Clelia Rosa Maria Spatola, una cugina di 1° grado di Alberico; •famiglia Russomanno, cui appartiene la madre di Olimpia Petrucci;

Parentela Alberico Spatola - Gerardo Grasso: lo zio dell'uno aveva sposato la zia dell'altra

Parentela Alberico Spatola - Carlos Di Sarli: oltre ad essere lontani cugini (4° grado), i due musicisti erano collegati da ulteriori vincoli familiari

I Cugini di Alberico Spatola

Nucleo familiare di Rosa Sturchio con i figli di Lonardo Spatola, suo primo marito: sono indicati come figliastri

STORIA DELLE FAMIGLIE CAPOSELESI FINO A QUESTO NUMERO ABBIAMO APPROFONDITO LE FAMIGLIE: Cibellis / Merola / cifrodelli / Conforti / proietto / Mattia / Russomanno

Nucleo familiare con Domenico Spatola, il più anziano Spatola presente a Caposele nel 1754, figlio di Michele Angelo Spatola Anno XLVI - Agosto 2019 N. 98

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Attualità

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uando il mio pensiero va a Caposele, e mi succede di frequente, associo alle strade, alle piazze, alla gente che tenacemente passeggia, come faccio sempre anch’io, lungo la via Roma fino alla piazza della Sanità la presenza di cani liberi, più o meno numerosi, che animano il paese, rompendo l’egemonia fastidiosa ed invadente delle auto. Si muovono in perfetta autonomia, sempre impegnati nella ricerca di qualcosa o di qualcuno, un padrone o un altro cane, magari di sesso opposto, e sempre con grande accortezza. Se ti incrociano, ti scrutano con occhi profondi ed intelligenti per capire come tu la pensi nei loro confronti: sei un nemico o un amico? Da piccoli ed appena percettibili segnali, anche il solo modo di guardarli, capiscono e regolano il comportamento. Se li guardi con simpatia ed accettazione, ti ricambiano il sentimento e mettono alla prova la tua disponibilità con atteggiamento amichevole: sicuramente cercano un padrone. Se li guardi con animo ostile, già da lontano cambiano marciapiede. Spesso si muovono in due o tre e poi sempre indaffarati: per fare che?

Questo pensiero dei cani di Caposele mi sovviene soprattutto quando, camminando nelle ville romane, incrocio un numero sempre crescente di cani al guinzaglio, ben pettinati e ben tenuti, incappottati in un inverno poco freddo quale quello romano con l’espressione del muso che ricalca quella del padrone che lo tiene al guinzaglio. “Amore mio, dammi un bacino, a mamma”, sono ormai espressioni correnti di donne più che adulte. Questi padroni si riuniscono in capannelli sempre con i cani al guinzaglio, ai quali è concesso il lusso di odorarsi, per poi litigare o amoreggiare: azioni che vengono represse immediatamente, in un caso per la preoccupazione che il più piccolo ne esca malconcio e nell’altro per evitare che svolgano una funzione naturale così davanti a tutti, non programmata e fra razze diverse, cosa sicuramente sconveniente. Allora penso al Brasile o a Cuba,

CANI ON THE ROAD

SERVIZIO 118 Caposele: emergenza nell’emergenza

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in dal 2002 la postazione STIE (Servizio Trasporti Infermi in Emergenza) di Caposele garantisce l’immediato soccorso dei caposelesi e delle migliaia di pellegrini che giungono a Materdomini. Il servizio 118 è un servizio attivo 24 ore al giorno per 365 giorni l’anno. Mediamente si effettuano 120/130 interventi annui ma, in questo 2019, ancora non alla fine, abbiamo già effettuato 100 interventi. A questi interventi si aggiungono oltre 150-200 trasporti, Non In Emergenza mediamente svolti in un anno presso le strutture ospe-daliere e/o di assistenza socio-sanitaria, che comunque necessitano dell’accompagnamento con volontari opportunamente formati. Questi numeri dovrebbero far capire quanto siano indispensabili questi servizi per la nostra Comunità e quanto impegno quotidianamente occorre da parte di noi volontari per assicurarli: E’ un grosso impegno che non conosce ferie, momenti liberi, in quanto bisogna essere sempre pronti rispetto alle esigenze dei pazienti e delle strutture sanitarie. Per gestire correttamente e, come prevede la normativa vigente, questo servizio, siamo impegnati e organiz-zati, come volontari della Pubblica Assistenza Caposele che ha stipulato la convenzione con l’ASL di Avellino, in tre turni giornalieri, ricoperti da un autista-soccorritore e da uno/due soccorritori. Sono figure fonda-

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dove la mescolanza fra razze diverse ha generato e genera una varietà infinita di umanità e di bellezza. I discorsi che mi arrivano da questi capannelli riguardano sempre problemi di salute del proprio cane: veterinari più o meno capaci, cure, interventi chirurgici, tutto mentre i cani tirano i guinzagli perché vorrebbero andarsene liberi per il prato. Chi ha un padrone anela alla libertà e chi è libero cerca un padrone. Mi è, purtroppo, sempre inevitabile chiedermi: queste persone sono altrettanto sensibili alle realtà di milioni di bambini sulla terra che vivono e muoiono in condizioni disperate, spesso ad un passo da casa nostra ed anche mostrate in televisione? Non vorrei essere pessimista, ma la mia sensazione è che ormai ci si è abituati ad assistere a qualunque nefandezza nella impotenza presunta o reale di intervenire. Nella consolidata

mentali e necessarie con mansioni differenti: Sia in emergenza che nei trasporti generici, l’autista si occupa di guidare l’ambulanza ed in genere anche di avere i contatti con la Centrale 118 di Avellino, il soccorritore, invece, nel vano sanitario si occupa del paziente durante lo spostamento dal luogo dell’emergenza all’ospedale. Entrambe le figure, prima di arrivare ad effettuare turni operativi di 118, devono aver svolto un percorso formativo che rispecchia il format di ANPAS Nazionale e prevede, in base ad uno schema formati-vo nazionale, tra le altre materie, il corso base da Soccorritore e Barelliere e il corso BLSD per l’abilitazione all’utilizzo del defibrillatore. Attualmente, dobbiamo evidenziare che stiamo vivendo un periodo difficile dovuto alla scarsa presenza di autisti e soccorritori e questo, nonostante ogni anno ci attiviamo per realizzare corsi di primo soccorso BLS aperti alla cittadinanza e utili a preparare le persone per fronteggiare situazioni di emergenza sanitaria. Abbiamo deciso di scrivere questo articolo su “La Sorgente”, per evidenziare questa difficoltà, perché è ne-cessario capire che in questo servizio possiamo impegnarci tutti (non servono requisiti particolari se non formarsi e pertanto ci si potrebbe almeno provare!) e perché speriamo, grazie a questo giornale, di

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di Ernesto Caprio

insensibilità e chiusura nel recinto delle nostre convenienze, indirizziamo tutte le nostre attenzioni e cure ai cani, che tra l‘altro io ho sempre amato ed amo. Essi alleviano la solitudine di tante persone, prive di compagnia e di affetti, ma, secondo me, in città non è il cane che deve risolvere questo enorme problema, ma le strutture civiche con tutte le varie forma di associazionismo, riunione e solidarietà. Insomma ancora una volta evviva Caposele, i suoi cani autonomi e veramente cani, accettati ed assistiti dagli abitanti, educati a non sporcare le strade – rari gli escrementi rispetto al numero di cani liberi – ad attraversarle evitando le auto che sopraggiungono, sanno leggere gli occhi delle persone, sanno socializzare con gli altri cani e sanno trovare il partner col quale legare la vita senza tempo e realizzare quel ciclo vitale che è la rigenerazione.

a cura del Direttivo e dei volontari P.A. informare il maggior numero di persone riguardo alla situazione di emergenza che il sevizio 118 di Caposele sta viven-do in questa fase e che, ripetiamo, potrebbe essere facilmente eliminata con il coinvolgimento e l’aiuto della cittadinanza. L’alternativa sarebbe quella di dover comunicare all’Azienda Sanitaria di Avellino la nostra impossibilità a gestire il servizio, con la conseguenza che verrebbe quantomeno soppresso il punto STIE in attesa di provvedere diversamente (il che significherebbe che altri soggetti, non possiamo sapere chi, verrebbero a gestire il servizio con conseguenze facilmente immaginabili: nessuna conoscenza del territorio, nessuna possibilità per il paziente, di avere, oltre al soccorso, anche una continuità assistenziale, come l’erogazione di ausili e presi-di sanitari, etc). È pertanto importante che l’opinione pubblica di Caposele si sensibilizzi su un problema serio come quello della possibile perdita della Postazione di Soccorso a Caposele, anche perchè questo potrebbe ad esempio comportare, un aumento dei tempi di intervento in quanto l’ambulanza dovrebbe arrivare dai paesi limitrofi. Per ovviare a questa prospettiva, per niente confortante, chiediamo un aiuto a tutti i caposelesi che hanno a cuore che nel proprio paese esista e si migliori il servizio 118: Venite a darci una mano, venite a far parte del gruppo di volontari operativi, venite a supportare il gruppo di quanti attualmente svolgono, con grandi sacri-fici e difficoltà, questo servizio essenziale.

Il vostro sarà un gesto che aiuterà la Comunità tutta, una Comunità che merita di continuare ad avere un servizio indispensabile per tutelare meglio e in ogni momento, la salute di tutti i suoi cittadini. Dobbiamo comunque registrare che da un po’ di tempo qualche nostro concittadino ha risposto all’appello che abbiamo fatto nei mesi scorsi sui social dell’associazione, ed ha iniziato un percorso di affiancamento che lo porterà ad avere le basi per poter operare in emergenza. La Pubblica Assistenza Caposele vi aspetta! Ogni cittadino che potrebbe trovarsi in difficoltà, aspetta un concreto gesto di aiuto da parte di tutti Voi. Chiedete, informatevi, venite direttamente alla sede in via Aldo Moro, fatelo subito! Chiudiamo il nostro articolo con una frase profetica che spesso ripete il nostro presidente Cesarina Alagia: TUTTI INSIEME CE LA POSSIAMO FARE!


Sociale

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l mio viaggio sta per finire, sono sul treno che mi porterà a Contursi, da dove, mi hanno detto che potrò prendere un pullman fino a Materdomini: Materdomini, Caposele, soltanto adesso realizzo veramente che sto per tornare al mio paese dopo tantissimi anni trascorsi a Caracas. Non ci sarà nessuno ad aspettarmi, la mia compagna è morta, sepolta in una terra straniera che non ha mai avuto l’odore e il colore della nostra terra. Spero che da lassù mi perdonerà di averla lasciata, ma ormai senza di lei e con una situazione che diventava ogni giorno più difficile e che mi aveva privato dei risparmi di una vita di lavoro, mi era impossibile rimanere. E’ strano, sono partito quando ero un giovane appena ventenne con una valigia di cartone piena di sogni, oggi torno con pochi soldi, senza più sogni, solo con il desiderio di rivedere, di ritrovare il mio amato paese dal quale mi strappò il sogno di una vita migliore. Questo sogno, in parte sembrava essersi realizzato, io e la mia compagna, in tanti anni vissuti all’estero, e senza la gioia di aver avuto figli, ci siamo consumati di fatica, animati dalla speranza di tornare un giorno a Caposele per goderci serenamente e senza affanni gli ultimi anni della nostra vita. Il destino, però, ha deciso diversamente e sono solo su di un pullman che mi sta riportando a Caposele. La voce dell’autista mi distoglie dai miei pensieri: siamo arrivati, mi guardo intorno, vedo insegne di ristoranti e di bar, niente di quanto ricordavo. Il pullman si ferma, prendo la mia valigia e scendo.

CARACAS-CAPOSELE: LA SPERANZA DI UN RITORNO… Fa tanto caldo, pur sforzandomi non riesco, tra la gente che mi è intorno, a riconoscere nessuno. Vedo, infatti, solo giovani parlare distrattamente seduti ai tavolini di un bar mentre “giocano” col cellulare. Mi avvicino ad uno di loro e gli chiedo come arrivare a Caposele. Lui, forse impietosito dal mio aspetto smarrito e stanco, dice che mi può dare un passaggio per scendere in paese. Durante il breve tragitto non parliamo, ho solo voglia di immergermi nel paesaggio che mi circonda, per riconoscere qualcosa di familiare, possibile che sia tutto cambiato? Non vedo più le siepi, dove bambino raccoglievo le more, non scorgo filari di campi arati e coltivati ma solo case; intanto il giovane mi chiede dove può fermarmi ed io rispondo “Alla Sanità!”: La Sanità: ancora una volta devo fare i conti con i cambiamenti, però la Chiesetta è sempre là, sembra aspettarmi e forse è il primo benvenuto che ricevo. Entro e mi siedo su di una panca, non so se per pregare o riposarmi e riprendermi da questo strano smarrimento che mi pervade. Sicuramente la mia sosta nella chiesetta mi alleggerisce il cuore e mi infonde un po’ di forza: la Madonna è là e La ritrovo Madre amorosa e protettrice della gente di Caposele in tante sciagure, come mi raccontavano i miei nonni da piccolo. Devo dirigermi verso un’abitazione in Via Pallante di proprietà dei miei genitori. Mi inoltro in un vicoletto, mi sembra di essermi perso, incontro delle persone che mi guardano incuriosite. Per la prima

volta mi sento un estraneo a casa mia. Mi faccio coraggio e chiedo delle informazioni ad una signora la quale comincia a farmi domande su domande, finalmente dopo una lunga sequenza di “sturtinomi” si ricorda della mia famiglia di origine e a questo punto sembra fermare il suo fiume di parole. Il fiume, solo adesso ricordo che in piazza Sanità, stordito da tante novità non ho udito lo scroscio familiare delle sue acque e vorrei ritornare per ritrovare lo spettacolo dell’acqua che mi vedeva rinfrescarmi da ragazzino e poi, giovane alle prime passioni amorose, andare al fiume per ammirare le donne che con le braccia nude, carnose e rosee sbattevano i panni sulle pietre, mentre intonavano canti allusivi facendo trepidare noi giovani. Il vicoletto, a parte qualche cambiamento mi riporta alla mia infanzia, alla mia fanciullezza, quando con i miei coetanei giocavamo a mazz’uru e pezz’ru. Ad un tratto un clacson assordante di un’ automobile interrompe bruscamente i miei pensieri e la nostalgia sembra intrappolata da questo strano presente, un presente nel quale sono tornato improvvisamente senza a-ver avuto la possibilità di vivere questo lungo spaccato di tempo a Caposele che forse mi avrebbe fatto accettare i cambiamenti o forse no. E se Caposele, un paese che si è fatto amare per tanti anni, consumandomi in una struggente nostalgia, non mi saprà più accogliere? Le persone sono poche e ognuna

1^ Parte di Cesarina Alagia sembra immersa nei propri pensieri: come è lontano il tempo di quando i pensieri e i problemi erano condivisi ed il quartiere era una grande famiglia allargata. Entro in casa, c’è odore di chiuso, la casa non è stata più aperta da quando mio nipote Lorenzo ci abitò. Il mio narrare si interrompe, sono state troppe le emozioni di questa mia prima giornata a Caposele. Mi sdraio sul letto, il vecchio materasso di lana mi riporta alla mente il vocio delle donne del quartiere che “sch’cardavn” la lana dopo essere stata lavata. E’ con questa immagine che tento di addormentarmi, il viaggio è stato molto stancante per chi come me ha consumato la propria forza in tanto lavoro. Chiudo gli occhi tra emozioni e sogni forse disincantati. Arriverà presto domani…

Caposele, con “Natale in casa Cupiello” debutta la compagnia teatrale tratto da “Nuova Irpinia” di Elisa Forte

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l 21, 22 e 23 dicembre un gruppo di giovani liceali ed ex liceali si sono uniti sotto il segno della passione per il teatro. Il ricavato delle vendita dei biglietti è stato interamente devoluto alla ricerca per il cancro, seguendo l'esempio dell'associazione "Un albero per tutti" Caposele plaude alla nascita di una nuova compagnia teatrale. In occasione delle festività natalizie ha debuttato con la celebre commedia del grande De Filippo “Natale in casa Cupiello”, una compagnia composta da giovani del paese, che ha riscosso già alla prima, un grande successo di pubblico e di critica. Dopo l’accensione delle luci della solidarietà con le iniziative promosse dall’associazione “Un albero per tutti” rappresentata da Concita Meo, a Caposele si accendono anche i riflettori del palcoscenico. Il 21, 22 e 23 dicembre un gruppo di giovani liceali ed ex liceali si sono uniti sotto il segno della passione per il teatro debuttando nella celebre commedia di Eduardo De Filippo “Natale in casa Cupiello”, spettacolo patrocinato dalla Pro Loco Caposele. Una gremita sala polifunzionale comunale è stata trasformata per ben tre serate, in un’ atmosfera “affatata e magi-

ca” come direbbe Eduardo, palcoscenico di cultura, passione, solidarietà e speranza. Il ricavato, infatti, come ha spiegato Cesarina Alagia, presidente Anpas di Caposele- andrà interamente devoluto alla ricerca sul cancro, agganciando l’onda lunga della solidarietà aperta dall’accenUn momento dello spettacolo teatrale sione dell’albero più grane d’Europa. La "Natale in Casa Cupiello" scenografia del palcoscenico teatrale è stata curata nei minimi particolari grazie alla collaborazione de “Gli amici del presepe” Una nuova rppresentazione teatrale è dizioni e tanta voglia di fare. e al prezioso contributo della Professoresprevista pet il giorno 5 agosto alla PorLa "compagnia della forgia" sa Teresa Castello, che hanno reso “tutto tella, quartiere storico di Caposele. allieterà con gioia e professionalità anincredibile e suggestivo” come raccontano Anche la scelta della location ha un che la nostra estate. gli spettatori. grande significato: storia, passione, traBuona fortuna! “Uno spettacolo che ha unito un’intera comunità, un successo di tutti e per tutti. “I ragazzi, così giovani e talentuosi mi emozionano sempre. Sono fiera di aiutarli in questo cammino” esclama la professoressa Cinzia Malanga, regista della compagnia teatrale che ha visto il proprio battesimo proprio in queste sere. “Il pubblico ci ha abbracciato ed accolto con successo incredibile, e siamo davvero felicissimi. Questo è davvero un Natale speciale!” dice uno dei giovani attori ai saluti finali. Nasce, così, la nuova compagnia teatrale di Caposele, tra risate esilaranti e profondi momenti di commozione. Foto di gruppo per la sottoscrizione dell'atto costitutivo dell'associazione Anno XLVI - Agosto 2019 N. 98

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Politica

TUTTO CAMBIA …MA IN PEGGIO

I

n questi giorni (inizio luglio) si è molto discusso della vicenda della Sea Watch 3, la nave ONG, battente bandiera olandese, in cui la Comandante, Carola Rackete, per portare in salvo 40 profughi, ha forzato il divieto di attracco nel porto di Lampedusa, ed è stata subito arrestata dalla Guardia di Finanza per violazione del decreto sicurezza bis, voluto dal Ministro dell’Interno, Matteo Salvini. Salvini ha usato parole di fuoco contro la comandante Rackete, definendola con vari epiteti pesanti, tra i quali “delinquente, pregiudicata”. Come tutti abbiamo letto il Giudice per le Indagini Preliminari (GIP) di Agrigento, Alessandra Vella, com-petente per decidere se convalidare o meno l’arresto della comandante, non ha convalidato l’arresto ed ha disposto l’immediata scarcerazione della Carola, ritendo il comportamento di quest’ultima non solo corretto ma doveroso, avendo la stessa in maniera legittima salvato delle vite umane. Le motivazioni sono state am-piamente descritte nell’ordinanza del GIP. Tutto questo ha fatto imbestialire il ministro Salvini che si è scagliato in maniera violenta anche contro il magistrato, etichettandolo di essere del PD, accusandolo che, se vuole fare politica si deve candidare e cambiare le leggi vigenti. Chiedeva, in ogni caso, l’immediata espulsione della Capitana dall’Italia ecc. ecc. L’agire del Ministro è stato un violento attacco allo Stato di diritto, alle regole delle democrazie liberali. Salvini pensa di rappresentare da solo l’intero sistema istituzionale e tutto ciò che contrasta con le sue idee ed iniziative diventa oggetto dei suoi attacchi oltraggiosi e sconsiderati. Fortunatamente il sistema del bilanciamento dei poteri dello Stato oggi ancora resiste e quindi impedisce una involuzione verso uno Stato totalitario ed illiberale. Purtroppo, però, le cose non vanno nel verso giusto e, passo dopo passo, ci si sta incanalando verso una situazione di questo tipo. Ovviamente tutto questo è oggi possibile perché il consenso a Salvini ed al suo partito cresce di giorno in giorno. La domanda che mi viene, oggi, spontanea è: com’è possibile che un Paese che è stato nel passato “la culla del diritto”, che ha la Costituzione più bella del Mondo, che ha un sistema di leggi che garantiscono i diritti fondamentali dei cittadini, che ha uno dei migliori sistemi di welfare state, che ha istituzioni importanti ed un bilanciamento corretto dei poteri dello Stato, possa oggi, nella sua maggioranza, dare consenso ad un personaggio del genere? Certo il discorso è complesso e le cause che hanno determinato tale stato di cose sono molteplici, ma una cosa si può dire senz’altro e che siamo entrati in una fase storica di crisi dei valori e come un sistema impazzito, una cosa tira e contagia l’altra. Oggi avere una laurea, avere una buona preparazione professionale non è più un valore, chi è preparato viene defi-

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nito da questi signori “professorone”, chi si comporta in modo corretto, chi difende i diritti dei più deboli è un “radical chic”, la scuola è in crisi, l’Italia mantiene il primato di giovani che non studiano e non lavorano. In Europa, da tre anni, nessun paese fa peggio. Il problema, poi, tocca principalmente, le regioni del Sud. Oggi in politica governano quelli che non hanno alcuna professionalità. I due leader politici del momento, Di Maio e Salvini, non hanno conseguito alcuna laurea, pur essendo stati per anni iscritti all’università e la loro impreparazione viene manifestata ogni giorno con strafalcioni vari ed affermazioni contrarie alle regole minime di un sistema giuridico. Ho fatto questa premessa di ordine generale non per dissertare di politica nazionale, che pure ci interessa tanto, ma solo per introdurre un aspetto prettamente locale, perché la Sorgente, come dice il Direttore ing. Nicola Conforti, è un periodico che tratta generalmente ar-

di Giuseppe Grasso

nario, distante anni luce dai valori delle nostre terre, è un fatto incomprensibile. Se si pensa che il leitmotiv della campagna propagandistica di Salvini è stato ed è il respingimento senza se e senza ma degli immigrati, per un paese come Caposele, che anno dopo anno riduce la propria popolazione per diminuzione di nascite, dove alcuni cittadini forse non hanno mai visto una persona di colore, come possono condividere una tale politica di respingimento? Sembra un paradosso ma la verità è che Salvini ed anche i 5stelle, attraverso i social media, hanno saputo raccontare una narrazione che non corrisponde alla realtà. La politica di oggi è tutta incentrata sulla sicurezza e sul respingimento di stranieri. Sembra essere tornati al Medioevo. Il tema della sicurezza o meglio della insicurezza è stato creato appositamente per dirigere il popolo verso il sostegno di falsi miti. Il tema dello straniero, che pure è stato ed è un problema, non può essere risolto col respingimento, tant’è che oggi

CHI SI È ASSUNTO L’IMPEGNO DI AMMINISTRARE QUESTA COMUNITÀ DEVE ARMARSI DI TANTA BUONA VOLONTÀ E AVERE ANCHE UNA BUONA DOSE DI CORAGGIO gomenti che interessano la vita quotidiana del nostro amato paese. A commento della vicenda che raccontavo sopra circa il sequestro della nave ONG Sea Watch 3, ho seguito sui social, in particolare su Facebook, i commenti di alcuni nostri compaesani ed ho constatato che persone che ritenevo di una cultura politica sostanzialmente moderata, non dico progressista, si sono rivoltati contro la Comandante Carola Rackete, proferendo parole offensive e difendendo in maniera spropositata il comportamento del ministro Salvini. Addirittura una persona, di cui ovviamente non faccio il nome per ovvi motivi, che ha avuto in tasca non molto tempo fa la tessera del PD, ha dichiarato di essersi pentito di aver votato i 5Stelle alle politiche del 2018 (aveva ancora la tessera PD), e di aver votato Salvini alle ultime europee. Ecco, questo è emblematico. D’altronde i risultati elettorali di Caposele parlano chiaro e ci dicono esattamente questo: il PD, che in passato è stato quasi sempre primo partito, determinando maggioranze amministrative, negli ultimi tempi, maggiormente nelle due ultime tornate elettorali (politiche 2018 e europee 2019) ha regalato una parte consistente dei suoi voti, prima (politiche 2018) ai 5stelle, e poi, delusi questi votanti dalle promesse non mantenute dei 5stelle, al partito della Lega, che per l’occasione ha tolto la parola “Nord”. Determinando, in tal modo, alle ultime elezioni un ingiusto e ingiustificato successo elettorale del partito di Salvini (408 voti), che per un partito che rappresenta gli interessi del Nord, populista, reazio-

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questa politica è fallimentare perché gli stranieri migranti continuano ad arrivare in Italia e se sono stati ridimensionati nel numero non è stato certo merito di Salvini ma del suo predecessore, il ministro PD Marco Minniti. D’altronde lui non ha una politica di risoluzione del problema. Diserta le riunioni internazionali importanti sul tema, non è in grado di espellere i clandestini, attualmente, dimoranti in Italia, non fa una politica di integrazione sociale, che risolverebbe veramente tanti problemi. Quindi perché tutto questo consenso? Appunto una narrazione falsa della realtà. Non bisogna poi dimenticare che i Paesi del mondo più evoluti sono paesi multirazziali e multietnici, che più che un problema risulta essere una ricchezza. Quindi, la bravura di Salvini è far veicolare questo sentimento di odio verso le persone di colore in modo da raccogliere a costo zero un vasto consenso. Infatti, se noi andiamo a vedere questo governo a trazione Lega-5 stelle non solo non ha risolto alcun grave problema sociale ma anzi ha aggravato la situazione generale. Tornando a Caposele io ritengo che tutto questo si è potuto verificare anche perché la classe politica locale, specialmente quella che ha fatto capo al Partito Democratico, ha la grande responsabilità di non essere stata all’altezza della situazione. A questo si è aggiunta una cattiva gestione del partito anche a livello provinciale e regionale che, in maniera acritica, ha avallato l’operato di questi politici locali. D’altronde lo scarso risulta-to è sotto

gli occhi di tutti. Prima di concludere questo articolo voglio fare due ulteriori considerazioni di carattere locale che fanno riferimento all’attuale amministrazione comunale. E’ stato detto in campagna elettorale che avremmo avuto, con la nuova amministrazione, un capovolgimento del modo di fare politica, possiamo senz’altro dire, invece, che tutto sta procedendo senza alcuna soluzione di continuità. Nulla di nuovo sotto questo sole. In questi giorni vediamo ripetersi, in maniera stanca, le medesime ordinanze che sono state emesse nel passato. Mi riferisco all’ordinanza sull’uso dell’acqua potabile e sulle rituali chiusure giornaliere di tronchi degli acquedotti rurali, che tanto danno fanno agli impianti idrici domestici. Caposele, si dice, è un paese ricco di acqua e l’acqua appartiene alla sua gente, invece, noi assistiamo ai soliti abusi. L’ordinanza sull’uso dell’acqua statuisce che l’uso dell’acqua è strettamente legato “all’uso potabile ed igienico”, tutto il resto è vietato. E’ vero? Sarebbe quindi vietato ogni altro uso, come lavare un pavimento esterno la propria abitazione, la propria autovettura, sarebbe vietato innaffiare qualche filare di piantine di pomodori o altro. Invece, come noi tutti sappiamo, c’è chi fa uso parsimonioso dell’acqua e questo va bene, ma c’è chi, invece, attinge acqua dalla rete pubblica comunale 24 ore su 24; tutti in violazione dell’ordinanza “rubano” questa preziosa materia prima, indispensabile per la nostra sopravvivenza. Si comprende chiaramente che tutto ciò è un paradosso. L’importante per gli amministratori è non disturbare i cittadini, i quali non rendendosi conto, non sanno, che quelli che abusano dell’uso dell’acqua potabile depauperano una ricchezza della collettività. Sia chiaro a tutti che noi l’acqua la paghiamo e quindi chi la spreca arreca un danno all’intera collettività. Ma di questo la gente non si rende o non si vuole rendere conto. Evitando di addentrarmi in altre problematiche voglio solo citare un ultimo aspetto. L’uso dei parcheggi a Materdomini. Un centro turistico così importante dovrebbe portare un consistente contributo alle casse comunali, mediante la riscossione automatica e corretta dell’uso dei parcheggi. Ho la vaga impressione che la gestione di tali parcheggi è alquanto fuori da ogni logica di correttezza. Né mi pare che il bilancio comunale ne tragga un granché di beneficio in termini di entrate. Voglio, concludendo, solo ricordare a chi si è assunto l’impegno di amministrare questa comunità che bisogna armarsi di tanta buona volontà e avere anche una buona dose di coraggio. La campagna elettorale è finita da oltre un anno, oggi bisogna dare il segno tangibile di buoni risultati per la nostra comunità.


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I saloni del Gusto

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iovedì 23 maggio alle ore 19.00 l'amministrazione comunale inaugura la struttura progettata e finanziata dalla Comunità Montana Terminio Cervialto alla presenza di tutte le autorità civili, istituzionali e religiose. "Nel 2020 la struttura potrebbe ospitare la sede ufficiale del Campionato nazionale di Scacchi, con 2mila e 500 presenze negli alberghi di tutto il comprensorio. Con il taglio del nastro del tanto atteso centro fieristico, ubicato all’ingresso del paese fra Materdomini e il centro di Caposele, la struttura si prepara a chiudere il cerchio del complesso programma di sviluppo turistico a cui lavora l’esecutivo Melillo. Non a caso infatti, l’amministrazione comunale è impegnata in queste ore nella consegna degli inviti alla cerimonia del taglio del nastro prevista per le ore 19.00 a tutti i consiglieri regionali irpini, al sottosegretario agli Interni Carlo Sibilia, agli amministratori del comprensorio altirpino e della valle del Sele, ai vertici della Comuntà Montana, Al Presidente della Provincia Domenico Biancardi, e alla comunità dei Padri Rendentoristi, oltre che alle autorità militari. “Il centro fieristico fu ideato e finanziato dalla Comunità Montana Terminio Cervialto come vetrina di tutti i comuni afferenti all’ente montano dei prodotti della terra e dell’ingegno” annuncia il numero due dell’amministrazione Melillo Armando Sturchio. “Inauguriamo dopo anni di attesa una struttura all’altezza delle aspettative della comunità, accogliente e spaziosa, che attende di essere riempita di contenuti”. Non solo sede espositiva dei prodotti e delle eccellenze del territorio, ma anche di arte e cultura, che come spiega Sturchio “pure sono nutrimento dell’anima”, ma soprattutto promuoveranno il turismo e le eccellenze locali. Il centro fieristico nasce come vetrina e tale vorrebbe rimanere, senza escludere però giuste contaminazioni, o emulazioni di realtà più grandi che sono riuscite a valorizzare al meglio i prodotti tipici e a contribuire alla creazione di una marchio di eccellenza. “Noi ci ispiriamo all’Eataly di Farinettli e cercheremo di riproporre una versione irpina nel tempo. Abbiamo già registrato tanti passi in avanti e stiamo lavorando ad un piano turistico in-

tegrato teso a valorizzare al meglio quello che già abbiamo La struttura si alza su due livelli, e mentre al piano terra è stata allestita una mostra di pittura e scultura di artisti provenienti da diverse regioni, al secondo piano, il giorno seguente all’inaugurazione la sala sarà teatro del torneo di scacchi regionale giovanile. “Sono due le motivazioni che ci hanno portato a compiere questa scelta organizzativa” puntualizza. “La prima è che colleghiamo l’inaugurazione del centro alla Festa delle mamme e dei Bambini a Materdomini, prevista per l’ultima domenica di maggio e per cui le strutture alberghiere sono già tutte occupate; e la seconda è legata ad un collaudo che intendiamo fare in vista del Campionato nazionale di scacchi, a cui Caposele si è candidato come sede ufficiale”. Il Comune di Caposele sta tentando di strappare la location a Salsomaggiore per la disputa del Campionato italiano di scacchi 2020. La candidatura inoltrata alla Federazione risponde ai requisiti richiesti: una capienza di duemila e 500 posti letto nel raggio di 15 km per nove giorni consecutivi. “Gli alberghi saranno pieni da Contursi a Sant’Angelo e sono previsti una serie di eventi collaterali che animeranno il territorio per ben 9 giorni” spiega il vice sindaco, che incrocia le dita e si dichiara ottimista. Intanto Caposele ha già disposto una serie di tasselli che convergono nel disegno turistico di ampio respiro redatto dal Comune. In occasione del taglio del nastro di giovedì, saranno annunciate tutte le attività messe in campo per le prossime settimane. “Siamo entusiasti di avere ospitato lo street artist Guido Palmadessa a Caposele, che ha realizzato un’opera muraria di straordinaria tensione emotiva e di grande bellezza. Lo ringraziamo per avere illuminato il paese e per averci resi partecipi della sua arte” sottolinea. “ma ci saranno anche altre attività: avremo la mostra “Dal Sele a Matera”, e ancora il campo scout, e la fiera del gusto dal 4 al 6 ottobre. Registriamo un certo interesse da parte della Cia e di Coldiretti nei confronti del centro fieristico, e abbiamo ragioni di pensare che ci saranno altri eventi nella struttura. A breve porteremo il regolamento del centro in consiglio comunale, e ci auguriamo che la Co-

munità Montana come tutta la Valle del Sele abbiano interesse a sfruttare la struttura, per mettere in vetrina i prodotti e le varietà irpine” aggiunge. “E’ nostro interesse valorizzare le nostre tipicità e le migliori produzioni locali: non olio e nocciole turche per intenderci, ma i migliori vini delle cantine irpine, unitamente alla cultura, alla poesia, all’arte che potrà usufruire della sala convegni. La struttura sarà un vantaggio per tutto il territorio e la nostra ambizione guarda lontano. Lontano anche dall’idea dei mercatini domenicali di paese” conclude.

Armando Sturchio Vicesindaco Caposele

La sala (piano superiore) ha ospitato il torneo di scacchi under 16

La grande sala a primo livello ospita la mostra di pittura e scultura

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Sport Storia

ITALIA 1861

di Dora Garofalo

la difficile integrazione tra Nord e Sud

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i fronte ad un contesto politico attuale, contraddistinto da pericolose spinte disgregatrici dell’unità naziona-le, che sembrano celarsi dietro espressioni dubbie e volutamente equivoche come “autonomia differenziata” di alcune regioni del Nord, a cui si sta contrapponendo un’altra non meno pericolosa iniziativa, quale “l’autonomia completa” della città di Napoli da parte del Sindaco De Magistris, ho ritenuto utile e doveroso, come preside in pensione, che ha dedicato oltre quarant’anni della propria vita all’educazione e alla formazione di giovani italiani, proporre la presentazione del libro di Michele Ceres: “ITALIA 1861 – la difficile integrazione tra Nord e Sud”presentato a Caposele dalla sottoscritta e dall’on. Gerardo Bianco. Il libro del prof. Ceres costituisce il 4° volume di una tetralogia iniziata nel 2010. Il primo volume si intitola “ Il Sud un problema aperto” scritto in sinergia con la scrivente; il secondo volume ha per titolo “ Il Re è morto viva il Re, il Sud dai Borbone ai Savoia”; il terzo è “ La Notte del Risorgimento - cause e sviluppo del brigantaggio postunitario”. L’obiettivo che l’autore si è posto è quello di proporre, a distanza di circa 160 anni dalla nascita del Regno d’Italia, una lettura che ci porta su storie da osservare con intensità ed interesse, su come si è pervenuti il 17 marzo 1861 alla proclamazione dell’Unità d’Italia con il re Vittorio Emanuele II di Savoia, ma soprattutto per riflettere sugli esordi non facili del nuovo Stato, sulle luci ed ombre del processo di unificazione nazionale, sulla protesta, altresì, non di rado feroce del brigantaggio e sulla sua violenta e talvolta disumana repressione, sulle condizioni sociali ed economiche del prima e del dopo Unità, sulle non rare incomprensioni da parte dei vincitori, incapaci di cogliere la complessa e tormentata realtà meridionale e, infine, sulle difficoltà da parte della classe dirigente di avviare un corposo programma di alfabetizzazione e di successiva istruzione di una popolazione che per il 78% era costituita da analfabeti. Con un vasto sguardo d’insieme, Michele Ceres estende l’analisi anche alle recenti interpretazioni revisionistiche del processo di formazione unitaria da parte di giornalisti e storici, per lui improvvisati, condotte in modo dissacratorio, prive delle più elementari conoscenze del lungo ed articolato dibattito svolto sui temi risorgimentali da grandi storici, Croce, Salvemini, Omodeo, Candeloro e tanti altri; una vulgata, secondo lo scrittore, pervasa negli autori revisionisti meridionali da nostalgismo per il Regno delle Due Sicilie, ossia per un regno felice di sviluppo e benessere, che in realtà non è mai esistito, e intrisa di arrogante egoismo nei leghisti, autonomisti e indipendentisti delle regioni dell’Italia del Nord. Questi afferma Ceres “dimenticano o ignorano che il divario, esistente già prima dell’unificazione a favore degli Stati

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preunitari del Centro-Nord, subì un incremento già all’indomani della proclamazione del nuovo Stato. Con l’unificazione del debito pubblico vi fu, infatti, un trasferimento di risorse dal Sud al Nord, ossia dalle parti meno ricche e meno indebitate della penisola verso quelle più ricche e più indebitate”. La Destra storica, che allora governava il Paese, adottò una serie di azioni energiche di centralizzazione dei poteri. Riuscì, così, a salvare lo Stato dal fallimento cui sembrava destinato, secondo un’opinione largamente diffusa tra le cancellerie delle potenze europee, ma fece poco o niente per migliorare il rapporto tra paese reale e paese legale. Fu una classe dirigente che compì sforzi enormi nel dare forma e sostanza al neostato italiano, ma non fu sufficientemente interessata all’ampliamento democratico delle basi dello Stato medesimo con l’emancipazione politica delle plebi. All’indomani della proclamazione del Regno d’Italia, scrive l’autore, il Paese si trovava in condizioni di estrema arretratezza. Gli sforzi erano diretti principalmente alla creazione delle nuove istituzioni, alla formazione del mercato unico nazionale, all’unificazione dei sistemi dei pesi e delle misure, alla creazione delle infrastrutture utili per lo sviluppo e all’introduzione di una moneta unica. L’aspettativa di vita alla nascita era di circa trent’anni. Quasi un bambino su tre non compiva un anno. Quattro italiani su cinque erano analfabeti e vi era una grande disparità nella distribuzione del reddito. Circa il 40% della popolazione viveva in condizioni di povertà assoluta, cioè con un reddito sufficiente appena ad acquistare i beni essenziali alla vita, che raffrontato al potere di acquisto dei nostri giorni è pari a circa 1,5 euro al giorno a persona. L’emancipazione da questa umiliante condizione di arretratezza fu un’impresa quanto mai difficile, che comportò costi ingenti e riuscì a colmare solo in parte le distanze che ci separavano da Paesi dell’Occidente europeo. Tuttavia, in merito alla creazione delle infrastrutture, già nella metà del 1864 si poteva arrivare in treno da Torino a Brindisi, in quanto fu messa in esercizio la tratta AnconaBrindisi della “ferrovia adriatica”, che assicurava all’Italia il passaggio della “Valigia delle Indie”, il cui itinerario italiano costituiva una delle parti terrestri del collegamento ferro-marittimo Londra-Bombay. Si realizzava, così, il primo grande itinerario ferroviario nord-sud attraverso la penisola. Nel 1870 era ormai possibile andare da Torino a Lecce e da Milano Centrale a Roma, via Perugia-Terni. In Sicilia si poteva andare per ferrovia da Palermo a Trabia. Nel 1867 fu costruita la grande Stazione Centrale di Napoli, i cui primi progetti risalivano al 1860, con la grande copertura in ferro e vetro pro-

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gettata dall'ingegnere napoletano Alfredo Cottrau. Non facili furono anche gli interventi nel campo dell’istruzione pubblica. Le tappe fondamentali del lungo percorso di alfabetizzazione erano iniziate nel Regno di Sardegna nel 1859 con la legge Casati. Nel 1861, la scuola italiana era, in sostanza, appannaggio delle classi sociali più agiate e due terzi degli insegnanti erano preti e frati. Gran parte delle scuole era, infatti, in mano alla Chiesa. Eppure, nonostante tale desolante panorama, i politici, che stavano prendendo in mano le redini dell’Italia unita, vollero affidare alla scuola il ruolo fondamentale di unificare la coscienza degli italiani. La missione costituiva una vera utopia. Un’istituzione carente, retriva, disorganizzata e bisognosa, essa per prima, di investimenti e risorse, difficilmente avrebbe potuto assolvere la funzione di formare la coscienza nazionale. La legge Casati rompeva il monopolio ecclesiastico dell’istruzione e rendeva obbligatoria e gratuita l’istruzione elementare per un biennio, delegando, però, le competenze ai comuni. Ne conseguiva che l’obbligo scolastico veniva applicato solo in quei comuni che avevano possibilità finanziarie per farlo. Cosicché al Sud, cioè nelle zone d’Italia più povere, questa nuova regolamentazione influì poco o nulla sull’istruzione delle masse. Relativamente alle scuole di istruzione superiore, l’asse portante della legge Casati era il ginnasioliceo, mentre marginalizzava l'istruzione tecnica e il suo adeguamento ai nuovi ritmi di produzione. In altre parole, la Legge Casati trascurava un aspetto che già, allora, stava assumendo un carattere sostanziale nel campo dell’istruzione, cioè il collegamento tra il mondo della scuola e quello del lavoro, ancora oggi un nodo difficile da saldare. Lo sperimentarono, da subito, legislatori e pedagogisti in un'alternanza di progetti, ipotesi e sperimentazioni. In tal senso, fu introdotto fra i programmi il lavoro manuale e la ginnastica. Considerati i tempi, non erano innovazioni di poco conto, anzi apparivano rivoluzionarie. L'esempio giungeva dall'estero, specie dalle scuole tedesche. Dopo la ginnastica giunse un nuovo metodo a sollevare entusiasmi, dibattiti, contrasti: il “gioco” o meglio il “gioco-lavoro”. Anche in questo caso si trattava di un metodo importato dall'estero, più precisamente dalla scuola del pedagogista tedesco Friedrich Fròbel. Il collegamento gioco-lavoro-

cultura pareva destinato a trovare la sua soluzione più spontanea nelle scuole rurali, là dove già il mondo del lavoro era parte integrante dell'attività degli scolari, ma i maestri non possedevano le necessarie competenze per poterle insegnare. Cosicché anche questa sperimentazione andò incontro al fallimento. Nel 1870 l'ala pedagogica più progressista fece la proposta di annullare il divario fra liceo e scuola tecnica. Il mi-nistro Cesare Correnti presentò alla camera un progetto che prevedeva la fusione fra i due tipi di scuola. Ma la riforma Coppino nel 1879 ignorerà tali istanze rifiutando ogni progetto di unificazione, nell'assunto che “anche il senso comune dice utopia il voler obbligare tutti allo stesso sistema di educazione e poterla dare a tutti nel medesimo grado”. Altre riforme hanno interessato la scuola italiana: la legge Orlando del 1904 che introdusse l’obbligo scolastico fino al compimento del dodicesimo anno di età, la legge Daneo – Credaro che sancì il trasferimento delle competenze amministrative delle scuole dal Comune allo Stato, la riforma Gentile del 1923 e, infine, le altre successive dell’Italia repubblicana nei cui particolari non mi dilungo perché vanno al di là del periodo storico preso in esame da Ceres. Particolare considerazione merita la veste tipografica del libro con caratteri e impaginazione che snelliscono la lettura del testo e una copertina che cerca di riassumere in sé i contenuti del libro: un carro da trionfo dell’antica Roma con sopra i protagonisti della soluzione moderata del processo risorgimentale, Garibaldi, Vittorio Emanuele II e Cavour, sullo sfondo di un’immagine che vuol rappresentare l’integrazione tra città dei vecchi stati preunitari. La data del 17 marzo 1861 è una data memorabile per noi, una data da non dimenticare anche perché in questo giorno e in questo anno fu eletto ministro della pubblica istruzione dello Stato unitario un grande scrittore che ha dato lustro e grandezza alla nostra Irpinia: Francesco De Sanctis, autore della più bella storia letteraria che sia mai stata scritta, troppe volte dimenticato ed oscurato per le celebrazioni dell’Unità.


Attualità

Tentativo di turismo

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di Concita Meo

iccoli modesti passi per un Turismo non solo religioso: l’esperienza di “Un Albero per

Tutti” Il primo week end di dicembre, Caposele si veste a festa! Luci, odori, sapori, colori: tutto è volto al Natale. Il nostro speciale e bellissimo Albero di Natale prende vita, rendendo festosa e carismatica l’atmosfera. Da anni ormai, uno dei principali obbiettivi della manifestazione natalizia, otre la beneficenza, la solidarietà è incentivare la fruizione e la promozione turistica. Sono visibili a tutti i risultati dell’ottimo riscontro da parte di un numero sempre crescente di visitatori che, anche quest’anno, hanno usufruito delle ottime strutture ricettive di Materdomini e non solo: per il secondo anno consecutivo, hanno potuto avvalersi della possibilità di fittare case direttamente da privati per l’intero week end del Mercatino. Considerando l’importanza fondamentale di “far rete” (restando spesso esclusivo tema di convegni e dibattiti), quest’anno, per la prima volta è stato abbozzato, da parte nostra, il primo tentativo di creazione di una proficua collaborazione tra associazioni, Comuni, Pro-Loco, dell’Alta Valle del Sele. Le difficoltà sono state tantissime. Diciamocelo: ogni associazione nasce pensando di essere l’unica o la migliore a svolgere una determinata attività. Questa convinzione è uno degli ostacoli principali ad aderire ad un insieme di realtà differenti. Collaborare con altre organizzazioni è faticoso e dispendioso, non solo in termini di risorse. Raggiungere un accordo, vuol dire mettersi in gioco, confrontarsi, ascoltare l’altro e accordare fiducia alle sue idee. Ma vuol dire anche imparare cose nuove che non immaginavamo. Pratiche diverse per lavorare meglio, per risparmiare o per accedere a nuove collaborazioni. È proprio il caso di dire che l’unione fa la forza, perché unire risorse, esperienze, persone e conoscenze legate al territorio ed alla cultura, consente di raggiungere importanti obiettivi ed evolvere diventando un’importante fonte di attrazione del territorio e del turista. Noi, che abbiamo la fortuna di essere nati in una Terra straordinaria ricca di ogni bene (ambiente, natura, ottima qualità della vita, storia, tradizioni..), abbiamo tutti i presup-

posti, per rispondere adeguatamente alle aspettative dei visitatori, offrendo loro principi e valori condivisi e soprattutto condivisibili. L’obiettivo comune è di invogliare il turista ad una nuova forma di intrattenimento, attraverso informazioni relative alla promozione e alla valorizzazione del patrimonio turistico locale, affinché la propria permanenza in Irpinia, non sia necessariamente una “toccata e fuga”, bensì un esperienza di un soggiorno per periodi relativamente medio-lunghi, alla scoperta delle variegate possibilità di viaggi, escursioni ed esperienze nei luoghi di alta rilevanza turistica che ci circondano. Indispensabile è la promozione, delle aree interne al fine di far conoscere le tantissime ricchezze endogene, le bellezze, le atmosfere le tradizioni che devono essere salvaguardate. A partire da novembre (in enorme ritardo!), abbiamo iniziato un minuzioso contatto, in particolare con tre realtà a noi sostanzialmente vicine: il meraviglioso Borgo diffuso di Quaglietta (grazie al gentilissimo Giacomo Cuozzo, uno dei gestori della struttura), il Ponte Tibetano ed il Castello di Laviano (mediante la dott. Nora Scirè, architetto per la Soprintendenza di Avellino, Benevento e Salerno e presidente dell’associazione “Italia nostra x Laviano“), il Borgo e l’Oasi della caccia di Senerchia (grazie al sindaco Beniamino Grillo e al consigliere delegato al turismo Donato Gasparro). Questi enti ci hanno dato fiducia investendo nella nostra proposta per la promozione dei loro siti, fornendoci materiale pubblicitario che ci è stato utile per organizzare un info-point collocato al centro del paese durante i giorni di Mercatino. E’ stato incoraggiante assistere alla curiosità di tantissimi turisti pervenuti da gran parte della Campania, della vicina Puglia, sostare ed ascoltare le interessanti info dei luoghi proposti (una grandissima percentuale di essi non era a conoscenza dei luoghi indicati) sia per le risorse naturalistiche che per quelle culturali ed enogastronomiche. Inoltre, anche nei periodi successivi, nello specifico durante le festività pasquali, numerosi turisti ci hanno contattato per verificare se fossero stati organizzati altri eventi similari, chiedendo informazioni utili su dove poter alloggiare e cosa poter vedere. Grazie alla sinergia e gli ottimi rappor-

ti instaurati con l’agenzia Vitale Viaggi, che da anni supporta ogni nostra iniziativa, abbiamo tracciato un mini tour in Bus privato con guida turistica, ad un prezzo veramente modico, alla volta dei comuni della Valle del Sele. Si è poi provveduto ad comunicare alle strutture alberghiere di Materdomini del mini-tour, affinché potessero informare i propri ospiti. L’unico neo è stato partire con notevole ritardo, cosa che riusciremo sicuramente ad evitare per la prossima edizione. Si è trattata di una prima sperimentazione, ma il favorevole accoglimento dell’iniziativa, ci incoraggia ad incentivare il lavoro e la direzione presa. Un ringraziamento particolare va alle seguenti Pro-Loco: Pro loco di Caposele, che, grazie alle visite guidate presso le Sorgenti ed i musei, da devoluto l’intero incasso alla causa benefica della manifestazione; alla Pro loco Balcone dell’Irpinia, di Nusco, che ha creduto nella nostra manifestazione, sponsorizzando il proprio evento previsto nelle date 18/19/20 gennaio; alla Pro- loco di Teora, per il supporto logistico offerto durante lo spettacolo della cerimonia di accensione dell’Albero della Speranza, e sponsorizzando l’evento Carnevalesco 2019 de “Li Squacqualacchiun E Sagra Delle Tomacelle” a Teora. Questo ci incoraggia a ponderare che, laddove c’è una ferma volontà di collaborazione, i risultati, nonostante tutto, ripagano sempre, spianando la strada a nuovi progetti, come quello

verificatosi qualche mese fa a Teora con la creazione di un Coordinamento delle Associazioni Irpine. Siamo certi che questo lavoro, renderà ancora più efficace il dialogo fra la nostra associazione e i vari enti, ed associazioni attigue, rafforzando sostanzialmente l'opera di valorizzazione dell'immenso patrimonio cul-turale dei borghi e dei piccoli comuni Irpini. L’intento nel prossimo futuro sarà aprirsi anche a località rino-mate dell’Alta Irpinia e proporre questa formula con largo anticipo, presso agenzie e strutture ricettive locali, in modo che ciascuno possa offrire ai propri clienti sempre maggiore qualità dell’accoglienza, dell’intrattenimento e dell’offerta turistica. Un bel traguardo, un grande lavoro che, se solo incentivato con più fiducia, convinzione e risorse, potrebbe sicuramente vedere accrescere ricadute sugli altri settori del sistema economico locale stimolando l’economia e generando ricchezza nel territorio, anche per altri periodi dell’anno. Noi ci speriamo e continueremo nell’impegno e nella costanza. Appuntamento a tutti al primo week end di dicembre 2019.

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Racconti Le nuove avventure di Clementino in Terra d'Irpinia. Lo seguiremo dalla piacevole sosta alle cascate del Sele, per poi passare all'esplorazione del nostro ridente Paese, fino all'arrivo nel bar della Pro Loco. Per il giovane Clementino sarà la scoperta di una natura ancora incontaminata, e di un abitato tipico del Sud, con tutti i suoi pregi e difetti.

di Michele Ceres '76

LO STRANO MONDO DI CAPOSELE

C

lementino finalmente è giunto a Caposele. Un lungo viaggio cominciato due giorni prima, e programmato fin dall'inizio dell'estate. Nonostante la carenza di mezzi di trasporto, di tour operator locali, di siti internet per l'accoglienza e la visita dei luoghi caratteristici. Nonostante tutto, è giunto nella Terra dei Padri. Eccolo ora boccheggiare sulle sponde del Fiume Sele. E' subito colpito dalla vegetazione lussureggiante. Piante acquatiche mai viste prima, con foglie enormi, larghe più di un metro. Che siano state importate da paesi tropicali? Forse una qualche famiglia di esploratori Caposelesi ne ha condotto i semi da lontane terre, e fatte germogliare nel letto del fiume? O è un test segreto condotto da geniali scienziati, per verificarne l'adattamento al clima umido italiano? Oltre a grandi ninfee, alberi alti venti, forse trenta metri (pensa Clementino). Ciò che resta della vegetazione preistorica che una volta cresceva lussureggiante sulle terre italiche? E chissà quante forme di vita vivono nel sottobosco!!! Clementino già immagina di scoprire millepiedi e formiche giganti, ragni famelici e rospi dalla strana peluria.... in pochi secondi vede davanti agli occhi anni di documentari scientifici, in una televisione rigorosamente in bianco e nero (naturalmente la famiglia di Clementino non poteva permettersene una a colori!!!). Più in alto rispetto al ponticello in cui è posteggiato, sente il fragore delle acque, e ne è attratto. Attratto come se fosse un fiume di latte e zucchero, dall'odore inebriante. Allora costeggia il fiumicello e si addentra nel verde fitto. La temperatura si abbassa di molti gradi. Sembra quasi immergersi in una ghiacciaia. Di certo in passato gli abitanti di Caposele ne utilizzavano le sponde per stagionare formaggi e prosciutti. Per sviluppare i lieviti, e per essiccare salsicce. Una sorta di frigorifero naturale. Forse d'estate, quando le temperature erano più alte, l'intera popolazione si riuniva in fiere e sagre per brindare e darsi alla bella vita. E, molto probabile, nonostante le case moderne, ancora oggi vi si ritrovano nelle calde giornate d'agosto. Clementino continua a risalire il percorso, notando però una certa sporcizia e trascuratezza. Le barriere laterali, in legno, tutte sganasciate e scrostate. Cartacce e buste di patatine a terra. Tappi di bottiglie e sigarette tra le erbacce. Ma il Fiume Sele è così bello da togliere il fiato. In tutta la sua semplicità e naturalezza, lo scorrere delle acque è una vera delizia. Soprattutto per un “abitante delle città” come lo stesso Clementino si definisce. Poi, quasi alla fine di una leggera salita,

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circondato da una fitta vegetazione, ecco il capolavoro: una vera cascata. Alta venti, forse trenta metri. Sembra quasi uscire dalla montagna che la sovrasta. Sarà forse opera di antichi ingegneri? Il frutto di secoli di lavoro tra rocce e macigni? Forse una versione in piccolo della Cascata delle Marmore voluta dai Romani? Ecco che Clementino si commuove. Per la prima volta da quando ha messo piede a Caposele, ne vede la forza e la magia. La Terra dei Padri è davvero speciale ed unica!!!! nessuna delle città italiane possiede una cascata così!!! Ora, dopo una lunga pausa ad ammirare le fresche acque, Clementino torna al ponticello ed alla sua utilitaria. Si ferma a bere ad una delle copiose fontane. Che acqua fredda ne esce. Acqua così fresca neppure in inverno si ritrova nelle fumose città del Nord. Chissà da quali profondità arriva in superficie. Forse attraversa gli Appennini tutt'intorno? Forse è acqua delle Alpi, giunta a Caposele dopo un viaggio di mille chilometri? Anche di questo particolare serberà memoria. Ora si è fatto tardi, e come dicevamo, Clementino ha fame e vuol fare colazione. Risale allora una breve salita e giunge in una grande piazza. Stranamente lo spiazzo è del tutto deserto!!! Alberi folti e fitti sul lato sinistro. Una chiesetta dall'aspetto elegante e schivo sulla destra. Al lato della chiesetta l'immancabile memoriale ai caduti (di epoca stranamente fascista). Al centro della piazza, quasi a dividere da una zuffa la chiesetta dagli alberi, uno strano oggetto a forma di pesce. Forse si tratta di un monumento post-moderno opera di architetti giapponesi, o di un dissuasore di traffico. Chissà, magari nei giorni di folla le auto sfrecciano veloci in tutte le direzioni! Ed è stato quindi necessario dividere le carreggiate in modo più evidente. Clementino vorrebbe parcheggiare per mettersi alla ricerca di un bar. Ma di locali in piazza non ne vede. Allora decide di continuare. E si inoltra nell'abitato. Prima di una chicane, costeggia un grande prato, tutto circondato da ringhiere alte e verdi. Sarà la villa di un facoltoso miliardario! A conferma, la presenza di un palazzo alto e ben tenuto, dalle larghe finestre, avvolto da conifere alte e frondose. Stranamente però vi posteggiano auto dei Carabinieri! Sarà accaduto qualcosa di inquietante. Magari un furto. O un incidente domestico. O lo smarrimento di un documento d'identità. Nulla a che fare però con l'onestà del proprietario. Che, di sicuro, è una persona rispettabilissima. Con quella villa e quel Parco! Comunque sia, Clementino si addentra in

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Caposele. Ecco davanti a lui una lunga serie di negozi e botteghe, tutte affacciate su un vialone in leggera discesa. Le abitazioni sono piccole e basse, dai colori pastello. I negozi e le botteghe anch'esse piccole. Secondo Clementino i locali commerciali hanno preso il posto di semplici box auto. Non sono stati progettati fin dall'inizio per ospitare il commercio. Ne sono stati adattati! Cosa molto strana, pensa Clementino. Nelle città del Nord i negozi sono molto più grandi. Occupano centinaia di metri quadrati. Spazi larghi che si estendono per più palazzi. E su più piani. Qui a Caposele evidentemente non è così. Forse le famiglie arabe di Materdomini hanno imposto questo stato di cose. Di certo per favorire il commercio nella frazione turistica. Forse gli amministratori del paese hanno deciso di assecondare la popolazione locale, per permettere di sfruttare i loro piccoli box auto, altrimenti inservibili. Oppure i piccoli negozi nascondono bische clandestine gestite dalle antiche corporazioni di briganti. Comunque sia, il paese è totalmente deserto! Finalmente, in un piccolo spiazzo, bagnato da una strana fontana a piramide, riesce a trovare un parcheggio. Al suo fianco, poche auto. Tutte utilitarie. Molte polverose e dai parafanghi schizzati. A terra le linee segnaletiche quasi illeggibili. Riesce però a capire che è lo spazio giusto per posteggiare. Non vede macchinette per il ticket orario. Né vede ticket a pagamento sul parabrezza delle utilitarie. Decide quindi di inoltrarsi a piedi lungo il vialone. Naturalmente i negozi tutt'intorno aperti sono, ma tutti vuoti. Negozi di fiori, tabacchi, pescheria, merceria, barbiere da uomo, lavanderie, scuola guida, alimentari, edicola. Una tale varietà di attività neppure in città se ne trova. Di fronte uno splendido giardino fiorito, appartenente di sicuro ad una famiglia ricca e nobile. Tra l'altro in pieno centro abitato, i terreni sono costosissimi, e le tasse saranno altissime. Probabilmente sarà una famiglia imparentata con i clan Materdominesi. Forse l'epoca d'oro di Materdomini ha avuto inizio proprio da questa nobile abitazione. Chissà, magari si tratta di una famiglia con parentele insospettabili, forse brigantesche. Clementino continua l'esplorazione. Si ritrova finalmente davanti un bar!!!! E' un locale, tanto per cambiare, non molto ampio. Ma la fame è tanta! All'ingresso del bar, seduti su trespoli di plastica, una decina di persone. Parlano tra loro, a voce abbastanza alta.

Con un accento molto simile a quello parlato a Materdomini. Di sicuro il ceppo linguistico è lo stesso. Allora di due cose una è vera. O i Materdominesi, probabilmente di origine araba, hanno colonizzato Caposele; oppure i Caposelesi, di origine brigantesca-irpina, sono saliti su in collina a far commercio!!!! Comunque sia, appena Clementino si avvicina all'ingresso, il manipolo di paesani smette di parlottare. Sarà perché sospettosi, o con la coscienza sporca, o addirittura complottisti. In un certo senso Clementino sente odore di “Botteghe Oscure”. Senza pensarci, biascicando un saluto amichevole, ci si butta dentro. Il tipo del bancone sembra uscito da un telefilm americano. Dall'aspetto simpatico, di corporatura robusta, folti baffi alla Peppone, con un elegante abito da lavoro. A primo impatto non sa cosa consumare. Pensa e ripensa. Il barista nel frattempo continua a guardarlo con curiosità. Dopo qualche secondo Clementino chiede un cornetto ed un caffè. Finalmente il tipo abbozza un sorriso. Chiede se il cornetto lo voglia al cioccolato o alla crema, o addirittura al pistacchio! Cavoletti!!!! Quanta ricchezza! Poi aggiunge, sul caffè, se ristretto o macchiato. Incredibile, pensa Clementino. Dev'essere un tipo molto preciso. Avrà imparato l'arte della caffetteria al Nord, dove la clientela è, di solito, molto pignola. Magari si sarà formato in una scuola alberghiera in città. Clementino sceglie un cornetto alla crema ed un caffè ristretto. Una vera delizia!!!! E così, finalmente, dopo un lungo cammino, Clementino ha fatto colazione. Ed ha fatto colazione a Caposele. Nella Terra dei Padri. La Terra dei suoi Padri. Ed erano davvero anni che non gustava un caffè ed un cornetto così buono!!!!


I proverbi costituiscono un bene culturale legato alla storia

delle tradizioni popolari.

Nei proverbi tutti possono identificarsi, scoprendo qualcosa di sé e rivisitare così, i propri pensieri e la propria

di Cettin

a Casale

esperienza di vita.

continuiamo insieme ad arricchire il nostro catalogo

DETTI Arburu spruvàtu pr'para lu catu

IL VOCABOLARIO PAESANO

Chi tēn l’uòrtu ngi àdda sta vìvu e muòrtu

di Agnese Malanga

ABBUVISCI ADDUNA' AGLIARA AMMAGLIUCA' AZZUCCULA' CAGLIOSA CAGNATA CANORCIU CAPEZZA CAVICIROGNA CILUNDAZZA CO'CCULA CRIA CUCOZZA CUGLIPIECURI FARICIEDDI GRANURINIU GRUOLLULU MUSCIULIATU N'DRIEP'TU N'DR'SSETA N'GAGNATU N'ZIRIA N'ZURATU SCARFUOGLIU SCAVUTA' SCAZZATU SCUMMIGLIATU SPATRIA' STRUNZULIATU SUPPIGNU URLIA' U'VUTU VAMMACI VRACCU

Chi tēn la vigna tēn pùru la tigna

RISUSCITARE ACCORGERSI OLEIFICIO Granurìniu a ddòi furnèdd MASTICARE vai truvann spugulatòru ARRAPICARSI FORTE BOTO La capumìlla ogni malu PEZZO DI TERRA tranquilla AVARO REDINI La chiànda s’addrìzza CALCINACCI quann’è piccirèdda / La SPORCA torta si chièca quann’è picVACCINAZIONE ciredda NIENTE ZUCCA SUSINE La cipodda nu l’addòr-n GRANDINE màncu li cani GRANTURCO BOLLORE Abbràzzi senza cesta calaSPORCATO mari senza gnòstru LENTO CRUSCA INDOLENZITO Àggiu mangiatu còru r CAPARBIETA' cardìllu sotta na pampanella r vïola. SPOSATO Àggiu fattu l’amoru cu PANNOCCHIA (PETALO) la figlia p ffà shcattà la ROVISTARE mamma can nun bbōl STUZZICATO SCOPERTO SPARGERE Bàccu, tabbàccu e tabbacSTRAPPATU chera SOTTOTETTO SCARTARE GOMITO Brutta r fàcci bella r còru COTONE GRIDO Càntu càntu e nun mi giova a nniéndi l’amoru stai lundànu e nun mi sènd

ESTRATTI DAL NUOVO LIBRO IN USCITA Cc frìddu e cc fr’ddèra pòv-r’a mmè senza miglièra si l’avèss na miglièra uh cc càllu ca s-ndèra Chi nasci bella nun mōr puvrèdda. È bella r fàcci, ma sòtta nu ru sàcciu

Aspetta ciucciu mìu ca mò ess l’erba freshca. Cànu r chianghiéru trova sèmb n’uòssu. Cu cani e figli r puttana è stà semb cu nu palu mmànu.

Fàcci s-ccàta e culu tuostu

Mègliu nu ciùcciu vìvu ca nu scinziàtu muòrtu

Fèmmn e carvùni, stutati tèngihn e appicciati còcihn

Quannu la furmica mett r'ascedd è segnu ca vol murè

Fèmmna capileggia la casa nu la règgi Gilòsa r culu vugliòsa r cazzu Jànna r li v-tiéddi, la nott a tàuri e lu juòrnu si m-ttìa paura r li v-tiéddi

Si r gatt rir-n li sùrici chiangihn

Casa p quantu basta, vigna p quantu vivi, luochi p quantu vìri. / Casa quantu cāp luocu quantu vìri.

Lu juornu tēn paura r l'ainieddu e la nott vai a tauri Mmiézzu a lu piéttu tùju ngì so nate ddoi viol: viat’a quiru amàntu ca r’addòra e si cunzòla. Na bbona ma-r-tàta né sogra né cainata R fèmmn cort sò p li mariti, quēr long so bbōn p cògli r fīch R-nàri bella mia, si vuò chi t’àmu! Àmmu mmìshcàtu zìmmiri e crapiètti.

Donne alle prese con "matasse" foto di repertorio

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UN GEMELLAGGIO SULLA STORIA E SULL’ ACQUA Gentilissima Carmina, ti scrivo a nome degli amici Amministratori e di tutti i cittadini di Caposele. Questo percorso di ricostruzione storica ed identitaria che sarà indubbiamente proficuo per i nostri paesi intrinsecamente legati, ci entusiasma. Ne siamo ancora più conviti del numero di contatti e richieste di ulteriori informazioni che abbiamo ricevuto a seguito di un articolo che è uscito su questo tema e che ti linko qui: https://www.nuovairpinia. it/2019/02/14/caposele-riprodottaa-formia-gemellaggio-su-storia-eacqua/ Poterci rapportare con la città di Formia è per noi una straordinaria occasione di crescita culturale, ma anche amministrativa. Sono altresì con-

L

a dott.ssa Carmina Trillino é Vicesindaco con delega alla cultura del comune di Formia. E' stata contattata dopo aver esposto al Vicesindaco Armando Sturchio, con delega alla cultura del comune di Caposele, il progetto di valorizzare il patrimonio storico di Caposele attraverso la narrazione del legame forte con la città di Formia. Grande intesa già dal nostro primo incontro a Formia. Dalla scheda descrittiva di Caposele, sulla sua storia e sulle sue peculiarità naturalistiche e culturali, ha immediatamente intuito su quali basi andava costruito il gemellaggio. Insieme abbiamo dato maggiori dettagli e concretezza all’idea di partenza del progetto. Sviluppando i tratti comuni sui temi della Storia e dell’Acqua si vuole iniziare un percorso di collaborazione, scambi culturali e reciproco sostegno per la valorizzazione e la crescita delle due Realtà. Nella prospettiva di un più ampio progetto di gemellaggio e reti di gemellaggi con Paesi della UE, si cercherà di avere come ambasciatori del gemellaggio Mauro e Vincenzo Gambini De Vera d'Aragona dei Principi di Caposele.

Carmina Trillino, è una scrittrice formiana “Il mare bianco” è la seconda pubblicazione dopo la raccolta di racconti “Mare di parole” che nel 2015 le è valso il premio “Giovane Golden”. Il “mare bianco” è un luogo dell’anima, il porto sereno su cui si frangono e si placano i flutti della vita. Sullo sfondo Formia, mai nominata eppure onnipresente con il mare che entra in ogni angolo, tra i vicoli dei borghi, scortato

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vinto che lo sviluppo dei nostri paesi, che con fatica ci accingiamo giorno dopo giorno a promuovere, sostenere, incoraggiare, sia imprescindibile dalla valorizzazione dei luoghi che abitiamo, della nostra storia e delle risorse che diligentemente abbiamo l’onore e l’onere di preservare, conservare e tramandare. Dai primi contatti e scambi di documenti, come tu giustamente sottolineavi, è emerso che ad accumunarci è non solo la Storia ma svariate peculiarità, elementi distintivi che trovano la propria origine in uno dei beni più preziosi in natura: l’acqua. Risorsa del nostro territorio che paradossalmente ci viene misconosciuta. Proprio in questi giorni il mio Comune chiede nuovi accordi all'Acquedotto Pugliese, ci stiamo batten-

do per il riconoscimento dei ristori dovuti. In questo momento così importante per la mia comunità sono ancora più consapevole del valore dell’unione tra territori affini. Avere l'appoggio delle Comunità Irpine ci è di grande aiuto; la certezza di un rapporto di amicizia e di comuni scopi con Formia assume ora un particolare rilievo, ci rincuora e ci dà forza. Il grande impegno richiesto a noi Amministratori in questo momento cruciale per la sopravvivenza dell'Ente e per la dignità del territorio è l'unica, imperdonabile ragione del mio ritardo nel risponderti. D'altra parte sono certo che l'arch. Maria Rosaria Corona sta continuando, con lo stesso entusiasmo con cui ci ha coinvolti, a portare avanti

dalla brezza nell’intimità delle case a marchiare pareti, utensili, genealogie familiari, a dare un sapore, sempre uguale e per questo amato, come lo sono le cose che più ci appartengono. A) CORRELAZIONE-STORICA CARLO de Ligny, Principe di Caposele, uomo di grande spessore culturale, scrittore e poeta era proprietario della Villa, presumibilmente edificata sopra i resti del "Formianum" di Marco Tullio Cicerone già Formianum di Cicerone, che prese il nome di Villa Caposele, poi Real Reggia di Caposele quando passò in proprietà dei Borbone. CARLO de Ligny, figlio di Domenico, acquisì nella seconda metà del ‘700, per successione, il titolo di principe di Caposele dalla madre Ippolita Rota, figlia di Innigo Rota al quale nel 1692 era stato per la prima volta concesso. Maria Domenica Ligny unica figlia di Carlo ne ereditò il titolo, che passò per successione materna al figlio Giuseppe de Vera d’Aragona. Mauro e Vincenzo Gambini De Vera d’Aragona sono gli attuali Principi di Caposele. Si possono far risalire le radici del Casato al feudo di Lignì, nel regno di Francia. I Ligny o Lagny arrivarono in Italia e a Napoli a seguito dell’esercito Francese.

ziale a est, organizzato su tre terrazze; al centro sono due ninfei di età repubblicana. È la testimonianza meglio visibile della romana Formiae, che era dotata di un impianto termale presso piazza della Vittoria, di una peschiera in corrispondenza della Villa comunale, e di un teatro, in parte fungente da appoggio per le abitazioni soprastanti. A oriente del nucleo abitato inizia il Parco regionale suburbano di GianolaMonte di Scauri, una superficie di 290 ettari a prevalente macchia mediterranea. Oggi è di proprietà della famiglia Rubino Della villa faceva parte un porticciolo, ristrutturato negli anni Cinquanta, denominato appunto porticciolo Caposele. L‟insenatura del porticciolo Caposele in una incisione del 1810

VILLA CAPOSELE E IL PORTICCIOLO DI CAPOSELE via Porticciolo Caposele 04023 Formia (LT) I resti, attribuiti alla residenza di Cicerone, si stendono sotto villa detta Caposele; la compongono vari ambienti rettangolari a nord e un settore residen-

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(DA UN GIORNALE LOCALE) I Principi di Caposele in visita alla città di Formia Formia - Una lunga passeggiata tra le bellezze della città del Golfo per Mauro e Vincenzo Gambini De Vera d’Aragona

COMUNE DI FORMIA

di Raffaele Capolino

COMUNE DI CAPOSELE

Ricerche

V. Sindaco Armando Sturchio

questa straordinaria esperienza, rappresentandoci degnamente, in attesa che io, in qualità di Vicesindaco delegato alla Cultura, possa personalmente portare i saluti della mia Comunità e fare visita alla splendida Città di Formia. A presto. Caposele 01/03/2019 Cordialmente

La Redazione 18/04/2018 20:32 Sono arrivati in visita stamattina a Formia Mauro e Vincenzo Gambini De Vera d'Aragona dei Principi di Caposele. Nomi altisonanti per due moderni Principi legati da sempre alla storia della città del Golfo. Incuriositi dal libro del Presidente Daniele Iadicicco - "La Reale Villa Caposele a Formia già Villa di Cicerone" - hanno preso contatto con lui per visitare le antichità formiane legate alla storia della loro famiglia. Accompagnati sia dal Daniele Iadicicco che da Raffaele Capolino, i Principi di Caposele hanno potuto visitare la tomba del loro più antico antenato in città, il Duca di Marzano Adrea Laudati, la cui magnifica tomba si conserva nella Cattedrale di Sant'Erasmo. La passeggiata è continuata, grazie alla disponibilità del Dott. Vito Auriemma, al Cisternone Romano per poi finire finalmente alla Villa Reale di Caposele, con una passeggiata al molo. Un luogo per loro magico in cui tutto prende il nome dal titolo della loro famiglia: la via, il circolo ed il porticciolo appunto Caposele. Grande è stata l'emozione dei due di-


Ricerche scendenti del mitico Principe di Caposele, Carlo Ligny, nel passeggiare nell'area Archeologica e poter ammirare sui lembi di quella che fu la Villa dei loro antenati lo splendore dei luoghi……... Senz'altro hanno lasciato Formia con negli occhi la sua bellezza e proponendosi di fare da ambasciatori della nostra città al quale sono legati dai vincoli e ricordi indissolubili. B) FORMIA come CAPOSELE CITTÀ DI SORGENTI, GUALCHIERE MULINI e GRANDIOSE OPERE DI INGEGNERIA IDRAULICA Raffaele Capolino appassionato di storia e delegato al patrimonio archeologico del comune di Formia, fa risalire, citando Sesto Giulio Frontino (40 dc – 103 dc. – Funzionario storico e scrittore) le possibili origini del nome della città alla presenza delle numerose sorgenti e corsi d’acqua nel suo territorio, anche sotterranei e sfocianti nel mare. Tra queste: -Le sorgenti di S.Maria La Noce rifornivano il Cisternone attraverso uno o piu’ condotti che lungo il percorso dovevano essere intervallati da serbatoi per la decantazione ed il contenimento della pressione idrica, per garantire il rifornimento idrico dell’antica città di Formia -il Cisternone romano è una meraviglia dell’ingegneria idraulica romana ancora oggi integro. Ubicato sulla sommità dell’arce, corrispondente all’attuale borgo medievale di Castellone, lungo il lato interno della primitiva cinta di fortificazione, è una monumentale struttura idraulica a pianta irregolare, lunga 65 metri, larga 25 e con oltre 60 grandi pilastri alti sei metri e mezzo. Ha molte affinita’ tipologiche con la celebre “Yerbatan Saray” di Istanbul, costruita sotto Costantino, che somiglia ad una basilica, in cui l’acqua diventa l’elemento della magia”. Il Cisternone Romano di Formia e l’acquedotto pugliese portano l’attenzione sulla importanza che l’acqua ha sempre avuto per le popolazioni, in merito anche suo utilizzo e alla distribuzione -Le sorgenti a monte della zona di

Mola, alimentava l’acquedotto, che quasi con certezza serviva nei secoli scorsi alle attività collegate alla Gualchiera e forse anche ad un mulino posto nelle vicinanze sempre in Via della Conca

Formia e la sua storia 3 aprile 2016 IL VICO GUALCHIERA E IL VICO CAPOSELICE A FORMIA Come nascono questi due toponimi del Rione Mola? La Gualchiera era una macchina mossa dalla potenza idraulica fornita da un corso d'acqua e serviva nel medio evo a pestare i tessuti per ammorbidirli dopo un preventivo trattamento con acqua e soda o acqua e urina. Era costituita da una grande ruota di legno, movimentata dalle acque, che manovrava una serie di poderosi martelli di legno atti a schiacciare tessuti da ammorbidire e poi da colorare. I tessuti e la lana, appena usciti dai telai, erano rigidi, sporchi e ruvidi e, pertanto, non pronti all'uso. Occorreva sgrassarli tenendoli prima immersi in soluzioni acquose con soda e urina per poi pestarli assieme ad argilla con un attrezzo chiamato Gualchiera allo scopo di renderli morbidi e pronti per essere indossati. In questo antico Vico, da molti chiamato anche "Varechera", in effetti sgorgava un poderoso corso d'acqua proveniente dalla zona retrostante di via della Conca. "Gualcare" o "follare" i tessuti era in uso fin dai tempi dei romani in laboratori chiamati "fulloniche" (ne sono stati trovati tanti a Pompei) dove gli addetti chiamati "fullones" pestavano con i piedi i tessuti da ammorbidire per farlo poi, in epoche successive, con l'impiego di macchine chiamate "folloni" movimentate da un flusso d'acqua. I "folloni" romani, in periodo medioevale furono chiamati "gualchiere" e venivano usate anche per pestare stracci per farne carta, come le famosa Gualchiera conservata in un museo di Fabriano. Altrettanto famose erano le Gualchiere di Caposele, movimentate dalle acque

Mauro e Vincenzo Gambini De Vera d'Aragona dei Principi di Caposele. tumultuose del fiume Sele. Ma Caposele non è la piccola cittadina campana in provincia di Avellino , luogo di provenienza della nobile famiglia dei Lagni divenuti Ligni e poi Ligny? Carlo Ligny principe di Caposele proveniva proprio da questo centro avellinese prima di diventare proprietario della Villa Marzano di Formia, divenuta poi Villa Caposele e ritenuta da tutti la Villa di Marco Tullio Cicerone. E Caposelice, che dal suono sembra derivare da Caposele, nella parte terminale e discendente di Via Lavanga, non è la zona dove è proprio il Vico Gualchiera? Com'è nato allora il toponimo Formiano "Caposelice" ? Sappiamo che è il nome antico di un quartiere di pescatori di Mola proprio in prossimità del Vico Gualchiera sopra menzionato. Giovanni Bove, dai suoi libri, ci fa sapere che il toponimo risulta citato in un antico regesto del 1421 della Rubrica delle Carte del Monastero di S.Erasmo in Castellone come "Capu de seuce" che corrisponde proprio al modo dialettale, anche di oggi, di pronunciare il termine "Caposelice" da parte dei "murunele" così chiamati gli abitanti di Mola. Abbiamo quindi a Formia il Principe di Caposele e la Gualchiera a Caposelice e in provincia di Avellino la Gualchiera di Caposele che è il paese di origine del Principe Ligny divenuto proprietario della Villa di Cicerone. Chiamarle coincidenze mi sembra eccessivo. Da considerare, comunque, che anche in altre città quando si riscontrano toponimi come: - Via dei selci - Via dei sottoselci - Via Capo di Selce

il riferimento è alla Via Appia Antica lastricata in " selce " e ciò riguarda anche la nostra città di Formia. In conclusione potremmo azzardare a dire che i "Gualchierai e tintori" di Formia sono stati la prosecuzione dei "fullones e tintores" romani, oppure che qualche famiglia di "Gualchierai" di Caposele abbia seguito nel 1400/1500 un suo conterraneo Principe che si trasferi' a Formia per diventare proprietario di una Villa che si pensa essere appartenuta a Marco Tullio Cicerone. Potrebbero esserci altre spiegazioni a questa piccola storia Formiana che , in ogni caso, esclude il termine errato "Capossele" con doppia esse, spesso incontrato negli ultimi tempi in titolazioni di strade e che, almeno a me, ha dato sempre l'impressione di un suono di una parola fuori posto e non riguardante la storia di Formia. Suppongo, personalmente, che la parola italiana "inguacchio" derivi proprio dall'attività dei gualchierai che "ingualchiavano" i tessuti con i vari colori dopo averli ammorbiditi. Come pure gualcito e gualcire che derivano da" gualca" termine arcaico collegato a "Gualchiera" per dire" follatura" che conferisce ai tessuti di lana o di feltro, compattezza, leggerezza e morbidezza. Sono sicuro che, escludendo i vecchi di Mola, pochi sapevano dell'esistenza a Formia di questo Vico Gualchiera e del Vico "Caposelice" e pochi ancora sapevano come essi sono nati e si sono modificati nel corso dei secoli. Raffaele Capolino

GIOVANI ATTIVISTI AMBIENTALI CRESCONO!

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ulla scia dell’effetto Greta Thumberg, la giovane attivista diventata un’icona internazionale grazie al suo appello alle Nazioni Unite per mobilitarsi con azioni concrete per la salvaguardia dell’ambiente, il 15 marzo scorso, in pieno stile “Fridays For Future” (l’iniziativa “sciopero per salvare il pianeta”) è scesa in piazza la nostra green generation! Gli studenti della scuola secondaria dell’IC De Sanctis, dopo aver lavorato a scuola con i loro insegnanti per realizzare manifesti, schemi illustrativi e appelli, hanno colorato e animato le

strade di Caposele gridando a tutti i cittadini le loro motivazioni ambientali, leggendo i loro cartelli e invitando i cittadini ad essere tutti più attivi e rispettosi dell’ambiente e del territorio che ci circonda!Che bel progetto scolastico sul territorio! Che bella manifestazione di piazza! Che bella campagna di sensibilizzazione! Belli e bravi ed entusiasti come sono stati, ci hanno insegnato l’allegria e la passione per quella divulgazione scientifica che ci riguarda molto da vicino! Anno XLVI - Agosto 2019 N. 98

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Storia di Mario Sista

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ono socio dell’A.N.PO.S.DI. (Associazione Nazionale Poeti e Scrittori Dialettali Italiani), nata nel 1952, che da sempre porta avanti la cultura del dialetto. Negli ultimi anni questo è stato fortemente rivalutato dal mondo accademico e dai linguisti, sia in Italia che in Europa, come fonte di storia e base della cultura linguistica di ogni Paese. Ogni anno con l’Associazione facciamo due viaggi culturali, uno al sud e l’altro al nord Italia, generalmente in primavera e in autunno, prevalentemente all’insegna del dialetto. Quest’anno dal 9 al 14 Maggio siamo stati a Maratea, in Basilicata. Devo dire che Maratea è veramente uno spettacolo sia per gli occhi che per la mente. Il paesaggio è incorniciato da tre parchi nazionali; il tratto di costa lucana, con i suoi contrasti, scogliere a picco sul mare cristallino, laghetti e spiagge incontaminate, danno alla vista un piacere enorme. Sulla vetta del monte S. Biagio, promontorio a picco sul mare, c’è l’enorme statua del Redentore, alta 22 metri e con una apertura delle braccia di ben 19 metri, seconda in grandezza solo al Corcovado di Rio de Janeiro. C’è il lago di Rivello, con una natura mista e incontaminata. Molto interessante da visitare è il museo Micro Mondo, costituito di circa venti sale in cui, in ordine progressivo, si viene guidati dal Big Bang a come si è formato il globo terrestre, gli oceani, gli strati ter-

5 GIORNI A MARATEA

restri, a come avvengono i terremoti ecc. fino ai giorni nostri. Auguro a tutti di poter un giorno visitare questi luoghi che fanno bene allo spirito e alla mente. Tornando alle cinque giornate culturali, tutte le mattine sono state dedicate alla visita di musei, chiese, parchi ecc., mentre il pomeriggio è stato dedicato a convegni di vario genere. Ogni pomeriggio professori e scrittori conosciuti a livello internazionale ci hanno presentato dei loro libri inerenti ai posti dove eravamo. Successivamente venivano declamate poesie da poeti provenienti da tutta Italia nei rispettivi dialetti. Le poesie erano tutte riportate su di un libretto che ci era stato consegnato, con accanto la loro traduzione in italiano. E’ stato veramente un piacere ascoltare tutti i dialetti italiani in poesia! Ho proposto al presidente dell’ A.N.PO.S.DI. di venire a portare questi convegni nel nostro paese, essendoci sia a Caposele che a San Gerardo molte cose interessanti da vedere. Vi propongo qui di seguito le due poesie che ho declamato al convegno, intitolate ER PANE DE ‘NA VORTA e GNENTE TASSE, poesie in romanesco che qui per questo articolo ho tradotto anche in caposelese.

RU PANU R’ ‘NA VOTA Quannu er’mu uagliuni ru ppanu nun si ihttava, quannu era siccu: o cuottu, o spunzatu cu salu e uogliu, ‘na vota ca era missu ‘ngimm’ a la tavula… tuttu si mangiava, basta ca ci riempiemmu la panza. Puru roppu la guerra, mangu si pazziava, nun era semp’ chiena la f’rsora, la carna, tanta ggenta…s’ la sunnava, lacqua era quera r’ la funtanedda. ‘Na vita r’ stiendi e chiena r’ p’nzieri, ma cu tuttu ca era brutta… a nui ci parìa bella, cu tanti amici ca ci vuliemmu bben’, Ru ppanu r’ nu iuornu, mo nun ngiu lu mangiamu, quanta cos’ ihttamu cumm’ niendi, accattamu tanta robba e po’ nun l’addupramu. Tu mi rici: ma ch’ facimu? i’ mo nun so’ tantu p’liusu, nun mi lamentu, ma quacch’ vota nu pochu r’ panu spunzatu cu salu e uogliu m’ r’ mangiu!

NIEND’ TASS’ ‘Namicu miu facia lu sbruffoun’: i’ niendi tass’! Quannu ca m’arrivn, i’ strappu tuttu, no’ p’cchè so’ nu farabbuttu, ma nun mi piaci r’ ‘ngrassà r’ cass’. E’ nu modu r’ parlà can un conclud’ niendi, vabbuò, simu raccordu ca r’ tasss’ so’ tropp’ car’ e vann’ abbassat’, ma tieni puru lu curaggiu r’ ti lam’ntà, unu accussì è cumm’ ‘nalbru can un dai nisciunu fruttu! Iddu penza ca è cchiù furbu r’ lati. I’iu inveci ca pagu r’ tass ’ e puru parecchiu, nun penzu ca so’ cchiù fessa, mi sentu sulu cu r’ sacch’ vacand’ e nu pocu cchiù tristu. Spissu li ricu ca… nun adda esaggerà, Tu rici ca r’ tass’ nu r’ paghi, e p’cchè, si megliu r’ lati’. Si tu r’ tass’ nu r’ paghi, i’ raggia pagà assai cchiù car’, e nun mi piaci!

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LA FONTANA DEL PONTE

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di Giuseppe Casale uest’anno la fontana del ponte compie 100 anni; fu costruita nel 1919. Per le persone come me rubinetto tutte le fontane di Caposele, nate, cresciute e vissute in località “Ponnon ha più senso guardarle e ammirarle te” questa fontana rappresenta un punto nella loro bellezza naturale. Per una perdi incontro oppure un ricordo per chi non sona che abita al Ponte, sentire il suono ci abita più. dell’acqua che scorre è un enorme piaceLa fontana è stata un’indimenticabire come pure per i turisti che si vogliono le compagna dei nostri giochi, dei nostri fotografare vicino alla fontana. svaghi e dei nostri incontri quotidiani sia Per un paese come il nostro le fonin estate è sia in inverno, per altri un pritane sono parte della nostra comunità mo amore, un primo bacio, le prime foto e della nostra natura che va ammirata di gruppo all’aperto. Ancora oggi, pur salvaguardata e difesa. non abitando più al Ponte, per me questa fontana rappresenta un ricordo dei miei anni di gioventù dove ho fatto tante cose: dai giochi con gli amici ai frequenti in CENTO contri con persone che si fermavano non solo per bere ma anche per scambiare due di Mike Merola chiacchiere e salutarsi con altre persone. La fontana del ponte, costruita nel Cento, e ancora 1919 in un posto diverso da quello attuaUna vita passata le, è stata spostata sempre nella zona del Ti ha messo su strada ponte, per tre volte prima di arrivare alla Sul ponte incastrata collocazione definitiva attuale. È stata costruita per la prima volta Da una mano virtuosa lungo la salita della portella, all’incrocio Scolpita con cura. della strada che inizia via san Gerardo per Scomposta dal vento chi viene dal ponte. Negli anni trenta è Nel verde frastuono stata abbattuta per permettere di costruTrovi riparo ire le case abitative, per cui decisero di All'ombra del tempo ricostruirla così com’era e nel posto dove Immersa nel ricordo si trova tuttora. Al grido del Risorto. Piccoli spostamenti ha subito negli Ristori il vicino anni 80 anche da quest’ultima posizione; E chi passa in preghiera ma si è trattato di un arretramento di circa due metri per dare più spazio alle macchiProvato in cammino ne parcheggiate in zona. Sale in collina L’autore di questa fontana di cognome In ginocchio dal Santo fa De Rogatis. Il suo nome, con l’anno Chiede una grazia di costruzione, appare sul triangolo in alto Una volta nell'anno della fontana. Non vi so dire nulla di queNell'autunno che avanza. sta persona perché non so chi sia e non Prosegui la corsa so nemmeno come a lui sia venuta l’ idea Finché acqua ci sarà di costruire questa fontana e in che modo Ad alimentare la tua presenza lo abbia fatto 100° anni fa, esattamente Nel sentiero della storia nel 1919. Né so quali materiali sono stati usati per costruirla. Posso solo dire che Dipingi la fetta con il tempo e gli anni questa fontana è Passata senza fretta. rimasta così come era nel suo progetto iniziale nonostante che sia stata spostata e ricostruita tre volte in posti diversi. Questa fontana è una delle tante di Caposele, ma è quella che anche se poi qualcuno propone di mettere il rubinetto per non sprecare l’acqua, io, anche per questione ideologica che con l’acqua non c’entra niente io dico questo: le cose belle vanno tutelate e difese in tutti i modi. Se chiudiamo con La fontana del Ponte costruita dall'A.C. De Rogatis nel 1919


Storia

Radio Caposele

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rendi un adolescente dei nostri giorni. Un nativo digitale, per intenderci. Adesso prova a togliergli il suo smartphone, il suo computer, la sua Playstation 4 e tutti i suoi accessori elettronici. Quando avrai finito – se mai ci sarai riuscito – troverai un ragazzo degli anni ’80: curioso senza avere il conforto di Google, desideroso di socializzare prima ancora che i social fossero stati inventati e fortemente affascinato dalla musica. Adesso immagina questo ragazzo nel suo paesino dell’entroterra. La provincia di qualche anno fa non era quella di adesso. Oggi basta avere un computer o un telefonino che le distanze si dissolvono e ogni nuova forma d’arte, pensiero scientifico o culturale sono a un solo un tiro di clic. Una volta si era tagliati fuori per davvero, anche nell’aspetto. Bastava mettere un piede in città e subito ti riconoscevano per quello che eri: un provinciale. Ma non divaghiamo. Eravamo rimasti a questo ragazzo in una strada desolata di un paesino dell’entroterra che potrebbe essere Aracataca, ma che invece è Caposele. In pieno inverno cammina sotto il bagliore fioco dei lampioni sopravvissuti al terremoto e non c’è un’anima in giro dalla Sanità fino al Comune. Ma ecco che finalmente raggiunge la sua meta. Sale quattro scalini, apre la porta e di nuovo si sente parte del mondo. La meta ovviamente non è casa sua – in quel tempo non c’era nessun buon motivo per restare a casa – ma i locali di Radio Caposele. Gli amici sono già dentro, a fumare o a chiacchierare sulle note della canzone in sottofondo. Il disc jockey dietro il vetro ha le mani sul mixer e lancia dediche sdolcinate al microfono. Qualcuno aspetta il suo turno per iniziare il “programma”, una coppia amoreggia, qualcuno parla di politica. L’importanza di un posto simile, adesso, non è facile da comprendere. Ora che basta un telefonino per sentire tutta la musica che vuoi, per comunicare con gli amici o connetterti col resto del mondo, non si sente più l’esigenza di un luogo del genere. Invece allora quel posto era uno dei pochi strumenti che si avevano a disposizione per sfuggire alla realtà ed esternare al mondo la propria personalità. Si potrebbe pensare che la funzione di una radio privata fosse solo quella di trasmettere musica o dedi-

di Alfonso Sturchio

che a richiesta. Niente di più sbagliato. Radio Caposele era molto altro. Qualcuno passava ore intere della propria giornata in quei locali. Un mio amico, di cui ho perso le tracce, per un periodo ha praticamente vissuto nella radio. Una volta, durante il mio programma, risposi al telefono ed una vocina timida femminile chiese dall’altra parte del filo “Pronto, casa Russo?”. Dovetti dirle che il mio amico, al momento, non era in casa. Queste pagine non basterebbero per descrivere tutta la storia (e tutte le storie) di Radio Caposele, i suoi protagonisti e gli aneddoti che li riguardano. Nessuno di noi era propriamente un DJ dalla parlantina sciolta e un vocabolario fra i denti. Quindi si può immaginare quante cose siano passate attraverso quei microfoni e quelle frequenze: “88 e 500 o 92 e 600 Megaherz!” Per un certo periodo fu appeso in sala regia un decalogo per mantenere la barra più dritta. Non ricordo tutte le regole – qualcuna aveva a che fare con la musica straniera tramessa in maniera troppo insistente e con gli speaker che parlavano troppo sulle parole delle canzoni – ma un punto mi è sempre rimasto impresso, non so perché. Diceva “Non accettare le dediche da un anonimo per un anonimo”. Sì, perché capitava spesso che, per esempio, veniva messo il 45 giri di Miguel Bosè e il DJ annunciava “La prossima canzone, Ti amerò, è stata richiesta da un anonimo per un’anonima con tanto amore”. Adesso potrebbe sembrare impensabile che qualcuno non trovi il coraggio di manifestarsi alla propria amata o che utilizzi la radio, anziché un social qualsiasi, per dichiararsi. Ma a quei tempi era così. E la cosa era talmente diffusa che fu messo un paletto. Ma torniamo a quel ragazzo. Radio Caposele era questo e molto altro, dicevo. Era socialità, ma anche cultura. Gli LP allineati in quei due scaffali di legno alle spalle del mixer erano come pepite d’oro nel Klondike. Si potevano toccare, guardare le copertine, scorrere i titoli, aprirli, leggere i testi delle canzoni. Ognuno di noi aveva i suoi dischi preferiti, naturalmente. Poteva capitare di sentire una canzone alla radio e pensavi “Ah, c’è Michele adesso…”. Ma in generale si riusciva a sentire un po’ di tutto e la mente si espandeva. Quel ragazzo poteva ricordare tutti gli LP allineati nei due scaffali, e le

foto sulla copertina davanti e dietro, e l’esatta sequenza di brani nel lato A e nel lato B, ed anche alcuni graffi che facevano saltare alcune canzoni sempre nello stesso punto. Ci sono delle parole in alcune canzoni che non si sono mai ben capite e solo trent’anni dopo, grazie a Google, si sono potuti sciogliere alcuni misteri della nostra adolescenza. “Per me che senza Gloria, contenuta sul divano” oppure “Per me che senza Gloria, con te nuda sul divano”? Ho ritrovato le stesse atmosfere della nostra radio in due film che sono usciti diversi anni fa: “Radio Freccia” e “Lavorare con lentezza”. Anche lì – come per Radio Caposele – la radio aveva una funzione che andava molto al di là della musica che si trasmetteva. Radio Caposele era una

luce in mezzo al buio dell’entroterra, era un’isola dove trovavi ragazzi che avevano le tue stesse passioni, con i quali ti confrontavi e crescevi. Parafrasando “Nietsche e Marx che si davano la mano e parlavano insieme”, si potrebbe dire che tra quei giovani c’era un po’ di tutto, ed era bello così.

Storica tombolata del 1992 - Presentano: Antonella Caruso; Armando Sturchio; Gerardo Ceres; Pasquale Cozzarelli

Le prime trasmissioni nell sede principale della "maxin tours" in via Roma- Daniele e Gina Chiaravallo, Donato Conforti; Giovanni Caprio.

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Racconti

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a clinica era acquartierata in una palazzina noiosamente ben squadrata : il suo intonaco giallo paglierino si confondeva col verde smorto delle montagne in un autunno che ormai avanzava decisamente. La clinica gestita con un certo disinteresse dai frati che lì avevano convento era intitolata al Santo che in quegli anni richiamava nel piccolo borgo in collina numerosi pellegrini i quali di anno in anno irrobustivano le loro presenze devozionali .. Era stata perciò geniale l' idea di impiantare in quei luoghi una piccola struttura ospedaliera ancorché sfuggisse la sua missione medica. Certo non doveva essere estranea alla scelta la considerazione che il territorio, un tempo desolato, si stava timidamente avviando ad attrezzarsi per un turismo religioso che prometteva bene. In quei tempi l ' intitolazione di ospedali a Santi era all' ordine del giorno. Si faceva per così dire leva su suggestioni ed emozioni, (come ai giorni d ' oggi il proliferare di marche d' acqua minerale scomoda santi di ogni dove per garantire purezza, leggerezza e salubrità al più naturale dei beni che ai viventi sia dispensato .dalla natura) Orbene, per tagliarla corto questa clinica per un buon lasso di tempo aveva goduto di un certo successo ma esso, come tutte le cose terrene , non poteva essere eterno. Accadde cosi che ad un certo punto la sua fama cominciò a scricchiolare. Non si sa se fu una particolare congiuntura o se il diavolo ci volle mettere la coda , fatto sta che i decessi improvvisi ed inspiegabili cominciarono a subire delle vere e proprie impennate per cui le buone referenze di un passato recente cedettero il passo ad una pessima reputazione. Non di meno la clinica continuava a vivacchiare, anche se di degenti locali, complice il venticello della calunnia che spirava robustamente in paese, se ne vedevano pochi nelle brande .... Molti erano, invece, i pazienti appartenenti al clero dei borghi rurali limitrofi che di volta in volta si ricoveravano in quella struttura, evidentemente sorretti da una fiducia che ad altri difettava. Non è da escludere, però, che la cattiva fama della clinica fosse ingenerosa ed in parte dovuta alla diffidenza di una popolazione che si affidava prevalentemente a medici condotti (che erano ritenuti principio e fine di ogni riferimento sanitario) e che vivevano il rapporto con i medici ospedalieri in modo conflittuale talvolta. D ' altra parte alla medicina di base che aveva sudato sette camicie per sradicare certe pratiche magiche , non scendeva proprio giù di essere accusata da altri livelli sanitari di faciloneria. In conclusione, se la clinica non navigava ancora in pessime acque, essa menava una vita grama e la situazione si riverberava sia sulla conduzione sanitaria che sulla relativa qualità dei servizi. Era ormai il mese di novembre, quel particolare periodo del mese conosciuto come Estate di San Martino e la palazzina della clinica era tutta imprigionata da impalcature di legno atte a garantire una relativa sicurezza nei lavori di manutenzione della facciata che in genere è la carta da visita in luoghi in cui sono per lo più di scena il dolore e talvolta la guarigione. Le maestranze avevano preventivato di

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LA SCOMMESSA lavorare per non oltre due settimane, approfittando del bel tempo residuale, senza sfidare i rigori di dicembre. Era il secondo giorno di lavoro e, pur non volendo, capomastro, operai ed apprendisti dall' alto dell' impalcatura, sbirciavano attraverso i vetri delle finestre a serrande alzate nelle stanze a due letti in cui giacevano i pazienti ricoverati. Era una fotografia di un' umanità anonima colla quale quelle maestranze appollaiate all' esterno, giorno dopo giorno familiarizzavano, divenendo inconsapevolmente i confessori laici di acciacchi e malori vari. Nessuno pensi che la clinica accogliesse, per così dire ," grandi malati ". Nella prima stanza era ricoverato un giovinetto sofferente di tonsillite, più avanti passeggiava nervoso in camera un anziano in attesa di essere anestetizzato e preparato per la sala operatoria per sospetta peritonite, più in là una ragazza che soffriva di appendicite ... e così via di seguito. Circolavano poi con una certa disinvol-tura monache-infermiere e qualche prete col breviario in mano evidentemente intenti e solleciti a curare ed alleviare anime e corpi, a secondo dei bisogni . Ciò che colpiva un po' tutti, scatenando lunghe discussioni tra i lavoratori, era il fatto che in quelle stanze l ' avvicendarsi di degenti era molto frequente, nel senso che nel medesimo letto un paziente non permaneva più di tre, quattro giorni. Il fatto non poteva che incuriosire gli operai, i quali classificavano quelle improvvise assenze come vere e proprie sparizioni. " La camera di Don Anselmo è vuota ed il materasso rivoltato ! " disse un operaio. " Forse è guarito e sarà stato dimesso ." aggiunse un altro . "Macche' guarigione ! Proprio ieri mi ha salutato prima di essere portato in sala operatoria ..." preciso' un altro ancora. Per tagliare a corto il capomastro disse : "Pensate a lavorare . Ma dove poteva andare quel prete con quella faccia da morto che aveva. Sarà sicuramente in qualche altra stanza o se lo è richiamato il Creatore! "Quando davanti alla clinica circolano certe macchine nere c'è poco da stare allegri ." sbotto' un apprendista, mentre qualcuno gli mollava uno scappellotto, ricordandogli di non intromettersi in discussioni tra adulti. Parola più, parola meno, questo era il canovaccio che si sgranava quotidianamente, salvo poche variazioni nei dialoghi incrociati. Ed ovviamente ogni dibattimento terminava con una sentenza dì condanna o di assoluzione. E’ superfluo precisare che il piatto della bilancia era generalmente favorevole a propendere a favore dei decessi. Ed ahinoi ci azzeccavano sempre: erano ormai divenuti degli esperti in diagnosi ed in prognosi. Quando, poi, non si raggiungevano pareri unanimi, ci scappava sempre qualche scommessa. C 'era chi ci provava gusto in quel gioco perverso, al quale sembrava estraneo solo il capomastro per il suo coriaceo attaccamento al soldo. Mancava meno di una settimana al termine dei lavori , quando un mercoledì

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mattino, sbirciando nelle camere, gli operai adocchiarono un nuovo arrivato che subito si affrettarono a salutare. Per la verità il paziente era molto abbottonato e, salvo che contraccambiare il saluto con un certo fastidio malcelato, non si spingeva oltre al punto che i deambulanti sulle impalcature si sentivano offesi e feriti per quel comportamento eccessivamente riservato . L 'uomo in questione era di statura bassa e di corporatura tozza, calvo al punto da non capire se fosse un prete o un frate. Il suo viso rubicondo oltre che tondeggiante, con un naso che sembrava posticcio e delle labbra appena accennate. Egli andava avanti ed indietro nella stanza quasi in modo meccanico, come certi robotini a molla che si muovono a scatti quasi barcollando. L ' andirivieni nella stanza di suore e frati lasciava presumere che fosse un uomo di chiesa, ma non ci si poteva accontentare di ipotesi. Fu allora che il capomastro, vestendosi di autorità, chiese alla portineria chi fosse quel nuovo ospite; gli fu garbatamente risposto che si trattava di un parroco dell' entroterra napoletano ricoveratosi per delle analisi di routine. A quel punto una spia si accese in testa a mastro: partecipare alle consuete scommesse con i suoi dipendenti, ben guardandosi dal dare loro troppe informazioni sulla salute di Don Peppino, questo era appunto il nome del parroco napoletano. Ovviamente confidava nel fatto che i suoi compagni di lavoro accettassero non solo la scommessa con lui, ma anche la certezza di puntare sulla circostanza più negativa : il decesso del parroco. Dal suo canto mastro Peppe non aveva dubbi : un ricoverato per semplici analisi, nel giro di qualche settimana sarebbe ritornato a casa dopo essere stato rimesso a nuovo. Per rendere allettante la scommessa fissò la posta in gioco nella somma di salario settimanale spettante a ciascun lavoratore . Non ci volle molto per convincere gli operai ad accettare la proposta, un po' perché come si faceva a dire di no al mastro così insistente; un po' perché le probabilità in negativo non avevano mai deluso gli scommettitori più pessimisti sugli esiti che si erano susseguiti nel tempo . Mastro Peppe già pregustava la vittoria, vedendo passarsi davanti il faccione rubicondo di Don Peppino ed allora cominciò a canzonare i suoi sottoposti per innervosirli: "Ehi, vedete che viso da mela rosa ha il nostro Don Peppino ! È come se scoppiasse di salute, Questo gode di una speciale benedizione ...." Il solito apprendista si intromise nella discussione, dato che gli altri presi da dubbi , erano ammutoliti "Mastro Pè, più che rosa, il viso di Don Peppino sembra paonazzo e se guardi bene le mani, esse sono diventate tumide e rossicce, come se fossero coperte di geloni ..." Gli arrivò un bel man rovescio , accompagnato da un " Pensa a lavorare , tu che non capisci un cavolo " Per la verità il mastro cominciava a preoccuparsi e gli operai iniziarono a riavere

di Alfonso Merola coraggio e speranza . Il giorno successivo un nuovo elemento arricchì la vicenda: per la prima volta il primario chirurgo seguito da assistenti e da infermiere letteralmente accerchiò il nostro parroco con un' insistenza a dir poco martellante. A quell'insistenza si opponeva un'altrettanta caparbia resistenza. Il prete, dai gesti che si captavano dai vetri, come in film muto, proprio non ne voleva sapere. Il chirurgo gli leggeva dei fogli che Don Peppino gli strappava dalle mani , lanciandoli in aria, a significare il suo dissenso. Ad un certo punto il primario di medicina entrò, prese sotto braccio il parroco e con una calma ed un sorriso disarmante riportò quel vagone umano deragliante sui giusti binari. Riportata la quiete, uno ad uno , si guadagnò l 'uscita ed il povero Don Peppino restò solo con suo breviario e la sua corona di grani neri. Il suo viso, però, era teso e provato, sudaticcio a tratti: il colore violaceo a chiazze cedeva poco, a poco il posto ad un pallore sempre più marcato . La comitiva di operai era ammutolita, interessata solo a non provocare l' ira del capomastro: era, infatti indubbio che la sorte stava volgendo a favore loro. Doveva esserne convinto lo stesso capomastro, il quale stava perdendo il suo aplomb ed era divenuto più loquace e disponibile non poteva che convenire sul fatto che la situazione stava precipitando a suo danno. Bisognava, a quel punto, correre ai ripari ed inventarsi una via d' uscita onorevole. Senza perdere tempo o perdersi d' animo, prima di salire sulle impalcature, trattenne le maestranze al pianoterra ed esordì, dicendo :" Non c'è dubbio, quella che sembrava una scommessa facile per me, ora si sta rivelando in tutte le sue incognite. Ma tutto non è ancora perduto . La presenza del chirurgo ci dice che dalle analisi si sta passando all' intervento chirurgico, ma non è detto che Don Peppino si sottoponga ad esso o che l'operazione non riesca....Però i lavori stanno terminando e noi non possiamo stare qui in eterno ed allora devono cambiare le condizioni fissate. Le nuove condizioni sono queste: Don Peppino parte o non parte, si operi o non si operi, se l'ultimo giorno di lavoro, che è martedì prossimo, egli è ancora a letto, la scommessa la vinco io. Prendere o lasciare! "Dinanzi a quell'ultimatum, gli scommettitori furono presi alla sprovvista ; però si diedero un' occhiata e quasi che fossero influenzati da un comune suggeritore all' unisono risposero : " Vabbe',mastu Pe' , facimu cumm rici tu ! " . Era un giovedì e in meno di cinque giorni i lavori sarebbero sicuramente terminati salvo improvvisi cambiamenti meteorologici. Il venerdì fu una giornata cruciale perché dal mattino fino al tardo pomeriggio ne accaddero di cose nella camera di Don Peppino. La mattinata si aprì con un alterco tra il prete e il primario, una scenetta da teatro napoletano dove sembrava che il primo giurasse di trovarsi là per sbaglio ed


Racconti e Politica il secondo di essere chirurgo per caso. Don Peppino era agitatissimo e il chirurgo in atteggiamento disarmato, apriva le braccia, dava un' occhiata all'orologio alla parete e faceva le spallucce. Era del tutto chiaro che le sollecitazioni del primario cercavano di spingere il paziente a prepararsi per la sala operatoria. Entrò infine un frate confessore che si diresse rapidamente verso la finestra per chiudere le serrande avvolgibili e poi non si seppe più nulla. L' azione scenica a quel punto si trasferì sull' impalcato dove da un lato si leggeva il nervosismo del capomastro, quasi che sotto i ferri ci fosse lui, e dall' altro il drappello di operai era particolarmente euforico, come se si approntassero ad una festa. La giornata lavorativa, volgeva al termine , la finestra rimaneva serrata e di notizie dall' interno nemmeno l'ombra. Le maestranze si accomiatarono, dandosi appuntamento al lunedì. Cosa accadde

a fine settimana è presto detto: le sorti di Don Peppino erano divenute argomento da bar, perché la notizia sulla scommessa tra mastro e operai si era diffusa in paese. Era una nota stonata, però che i curiosi si dividessero nel parteggiare tra gli scommettitori in lizza, fregandosene della sorte del povero parroco napoletano. Tra sabato e domenica non trapelarono notizie su decessi o dimissioni dalla clinica. D 'altra parte chi aveva interesse a divulgare informazioni sanitarie su forestieri? Il lunedì seguente furono tutti solerti a buttarsi fuori dal letto, spinti dalla curiosità (e non solo) a carpire la notizia alla quale era appeso l' esito della scommessa. Anche Mastro Peppe tradiva questo sentimento anche se cercava di celarlo ai presenti; egli voleva evitare che al danno di dover sborsare un bel gruzzoletto si aggiungesse anche la beffa di far godere i suoi sottoposti .

Fatto sta che sull' impalcato si ritrovò per primo il solito apprendista che subito fece notare agli altri che le serrande erano aperte e che le ante della finestra erano addirittura spalancate. Con un paio di balzi il ragazzo raggiunse la finestra e, con un viso raggiante, ridacchiando a squarciagola , si rivolse al mastro e gridò : " ZI MA' , DON PEPPINO È PARTITO !!! " La stanza era vuota e la branda dove riposava il parroco era ripiegata col materasso schiacciato al suo interno; segno inequivocabile di una partenza o di una dipartita improvvisa. Mastro Peppe avrebbe voluto dileguarsi al solo pensiero che l' unica scommessa giocata fosse stata così rovinosa per lui. E poi, a vedere il suo garzone sghignazzare su di lui, avrebbe voluto trovarsi sull ' impalcatura e prenderlo a calci ... Poi con un fare serioso che reprimeva tutta la rabbia vulcanica che si portava den-

tro, disse alle maestranze, che ancora indugiavano nel gustarsi la vittoria ,: "Dai , non perdete più tempo ed ognuno di voi al suo lavoro, io non vi tengo qui all' ingrasso ." Avrebbe voluto rinfacciare a tutti loro che la settimana appena iniziata a lui , in termini di salario sarebbe costata il doppio. Ma si trattenne dal dire ciò che gli ribolliva dentro. " Ormai la frittata è fatta e non c' è verso per rimediare "egli disse . "Spero solo a questo punto che nelle prossime settimane io non diventi lo zimbello nei bar! " La sua speranza ovviamente fu vana: in men che si pensi la notizia della scommessa, come un rivolo, dalla collina s'era sparsa giù nei piccoli borghi della valle.

A CAPOSELE IL "NUOVO" NON PORTA BENEFICI

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entilissimo Direttore, approfitto per ringraziarla ancora un volta per l’invito e per la dedizione con cui da anni porta avanti questo giornale. Prima di iniziare, vorrei scusarmi con Lei e con tutti i lettori per non aver scritto nulla nel numero precedente, ma è stata una scelta voluta e ponderata e, sicuramente di opportunità. Dico questo perché non mi sembrava corretto a soli 6 mesi dalle elezioni del 2018, scrivere della situazione amministrativa di Caposele. Oggi invece, trascorsi abbondantemente i famosi “ 100 giorni” e dopo il primo bilancio di previsione approvato dall’attuale maggioranza, possiamo parlare di cose concrete. Già nel Consiglio Comunale del 31 Marzo scorso, dove erano sottoposti a votazione tutti gli atti propedeutici al bilancio, ho avuto due certezze: - la prima, che non fosse cambiato nulla, infatti sono stati approvati dall’attuale maggioranza gli stessi atti del 2017 e del 2018 deliberati nei Consigli Comunali, dall’amministrazione che mi vedeva in maggioranza; - la seconda, che chi contestava in quegli anni l’operato e gli atti, ricoprendo un ruolo in minoranza, lo faceva solo per demagogia, altrimenti non avrebbe mai riproposto gli stessi alla propria maggioranza. Poi sono rimasto senza parole e basito nel Consiglio Comunale successivo con all’ordine del giorno "Bilancio di previsione", a mio avviso il più importante, dove si dovrebbe portare a conoscenza attraverso la lettura

dei numeri l’attività che vuole mettere trasporto scolastico, mensa scolain campo nell’anno un’amministra- stica, tassa occupazione suolo pubblizione. co nella frazione Materdomini . Dopo un relazione tecnica, dove Ricordo in ultimo la tassa sui rifiuti non vi era traccia concretamente di (TARI), dove dopo tante rassicurazioquali fossero gli obbiettivi da raggiun- ni date in consiglio comunale (non gere, all’invito dello scrivente ad un vi preoccupate non ci sono aumenconfronto con il resto del consiglio ti anzi, addirittura diminuzioni), ci vi è stato un silenzio tombale, come a siamo visti recapitare bollette con dire : “non conosciamo il contenuto di aumenti medi a persona di circa 23 questo documento”. euro, vale a dire un aumento medio Un Bilancio di previsione che, fra a famiglia che, si aggira dai 70,00 ai l’altro, non mira e non porta a Capo- 90,00 euro. sele nessun beneficio. Nessuno stanziamento per miglioAd oggi, si registrano da un parte rare o ampliare opere infrastrutturali aumenti sconsiderati e, dall’altra sernecessarie alla ricettività dei tanti tu- vizi peggiorati se non assenti, lancianristi che si UN BILANCIO DI PREVISIONE CHE, do in uno recano nel stato di diffiNON MIRA E NON PORTA nostro Cocoltà le tante A CAPOSELE mune; la famiglie caNESSUN BENEFICIO voce poselesi. promozione del territorio è quasi La cosa che più mi ha fatto irriscomparsa, per poi non parlare del So- tare è stato l’atteggiamento avuto ciale, dove, dopo non aver corrisposto dall’amministrazione rispetto ad un nel 2018 nemmeno un’ euro rispetto bando della Comunità Montana, di ad uno stanziamento di 10.000 euro, cui afferiamo come Comune, per la previsti per gli indigenti e per le fami- selezione di giovani, per acquisire la glie in difficoltà, nel Bilancio 2019 la voce è scomparsa del tutto. E’ inutile parlare poi di manutenzione delle strade e del verde pubblico (ad oggi il parco fluviale, ingresso del paese, è praticamente abbandonato). Non ho visto un’euro nella manutenzione o promozione delle nostre montagne e del bosco difesa. Dico questo perché dopo una campagna elettorale di questi Signori con slogan, promesse, ricette in tasca per risolvere qualsiasi problema e chi più ne ha ne metta, ad oggi come Consigliere e come cittadino registro solo un aumento sconsiderato di tasse e servizi:

di Donato Cifrodelli Consigliere di Minoranza qualifica di idraulico forestale , valida e spendibile anche nel mondo del lavoro privato. Bando per niente pubblicizzato, privando tanti giovani di un’opportunità. La cosa più grave è che continuo ad ascoltare le solite parole che, ormai annoiano tutti: “ quelli di prima…..” “ abbiamo vinto noi “; Voglio ricordare a chi non ha ancora preso coscienza che i caposelesi hanno votato dando un mandato preciso : AMMINISTRARE.

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Recensioni Postfazione

Rossella Scherl

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a poesia di Nicola Guarino è ramo d'ulivo che traccia sentieri da percorrere più e più volte, per gustarne i suoni, i profumi, le sfumature. È luogo dell'anima che invita a fermarsi, per riflettere sull'essere uomo nel nostro tempo. Ritroviamo in questa silloge i temi centrali della sua poetica: memoria, impegno civile, speranza, amore: una rosa dei venti con centro in terra madre, strumento per navigare a vista tra quesiti senza soluzione, in una spirale ascendente radicata nel bene prezioso della cultura di appartenenza, alla ricerca del senso della vita. La voce del poeta affonda le radici nel bagaglio dei ricordi, mettendo a nudo le proprie fragilità, i propri dubbi. La consapevolezza di fronte agli ostacoli non cede mai al pessimismo, ma è punto di partenza per nuove domande a cui provare a dare risposta. La sensibilità poetica di Nicola Guarino, fucina di sentimenti profondi, si carica di particolare forza espressiva nel momento in cui il suo sguardo incontra quello di chi soffre e la parola scritta diventa risonanza empatica del dolore al trai. Accade, in particolare, quando affronta tema-

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rande successo di pubblico per l’inaugurazione della mostra Arte in Fiera avvenuta il 23 maggio 2019 a Materdomini (Avellino) negli splendidi ed ampi spazi del Polo Fieristico. La mostra, a cura del critico d’arte Antonella Nigro, organizzata dall’Ass. Lartecontinua, su progetto, coordinamento e all’allestimento dell’Arch. Nicola Guarino, presenta 13 artisti in esposizione con una selezione di 65 opere. Si spazia da eleganti informali, giocati sulle grandi dimensioni, a opere che indagano la sacralità ed il rito; dagli astratti, costruiti su rigorose geometrie e sapienti equilibri cromatici, a sculture che sublimano la realtà attraverso forme mutevoli e disattese; dalle installazioni ispirate alla natura ma create con materiali contemporanei, alle opere ove la magia della tessitura, dell’intreccio mistico di trama e ordito, ne costituiscono l’essenza. In mostra: Augusto Ambrosone, Enzo An-

tiche di grande impatto sociale e la poesia si fa denuncia. Ne sono prova i versi che parlano del dramma dei migranti di ieri e di oggi; delle ferite inferte dai terremoti, che stravolgono vite e territori; delle politiche poco attente all'ambiente; di Fabrizia Di Lorenzo, vittima del terrorismo. La cifra stilistica di Nicola Guarino è immagine di luce e ombra, è malinconia pennellata di giallo. Se la poesia non è bacchetta magica con soluzione ai problemi, col pensiero di solitudini antiche, porta comunque a raccogliere aurore, a differenza delle nuove solitudini del terzo millennio, che pagano dazio alla ragione e la mente non resiste, perché la logica è la sconfitta della speranza, è l'impossibilità di interrompere il sogno durante il terzo atto non programmato. È il momento di chiudere il sipario. Ma il sipario deve restare aperto. È la speranza il motore che ci permette di sognare un futuro possibile. La sua forza non può che essere l'amore per quanto ci circonda, è, in quanto esseri umani, l'impegno di una vita responsabile. Il mondo di Nicola Guarino è un sentimento d'amore I per questa terra. I Un viaggio, I un biglietto AIR I pagato col cuore. Immensità, nell'infinito.

giuoni, Gianfranco Duro, Salvatore Galante, Francesco Giraldi, Vincenzo Guadagno, Nicola Guarino, Michele Mautone, Antonio Picardi, Gianni Rossi, Pasquale Simonetti, Rosa Spina, Franco Tirelli. La prof.ssa Nigro così scrive in conclusione al suo intervento sulla mostra “Arte in Fiera”: “Materdomini è luogo di silenzio, di preghiera, d’intensa corrispondenza con una dimensione superiore, sito davvero congeniale per la proposta artistica che, da sempre, anela a mettere in contatto il fruitore con se stesso ed invitarlo ad abbracciare l’oltre, nascosto dalla superficialità del reale.”

di Antonella Nigro

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Nicola Guarino Da una recensione di Paolo Saggese

… Nicola Guarino ci insegna che la poesia non solo è una "cosa seria", ma è anche una ricerca complessa che porta il "sé" ad incontrarsi con l'altro e con il mondo. La poesia è dubbio, perciò è rivoluzionaria. Il poeta non a caso si domanda, e ci domanda: Cosa sono se di non respiro in terra secca muoio, se di polvere bruciata di certezze false vivo? [False certezze] Nel libro riconosciamo un autore, che ha ormai una sua storia, e riconosciamo un percorso iniziato apparentemente per caso, ma che era già scritto da sempre, perché questi versi sono frutto di una vocazione autentica, che è segno distintivo e impareggiabile di un'intera vita. * Direttore scientifico del Centro di Documentazione sulla Poesia del Sud

Amore immenso di Nicola Guarino

La musica della notte ha adornato sogni che fecero di te desiderio/incubo struggente. La luce del mattino ha colorato speranze che si trasformarono in amara sconfitta. Il drappo di una sposa nascose lo strappo nell'azzurro del cielo dipinto da grida di dolore. Come in un universo telescopico ho riletto la lontana storia che ha segnato lo scorrere del tuo sangue. Ho toccato il corpo freddo dei tuoi figli senza chiamarli, ed ora vorrei salire oltre le nuvole per avere ancora una ragione di esistere, per riconoscere la pietà consolatrice / traditrice. Non ho più tempo di guardare oltre lo spirito che ti ha sorretto, mi chiedo: come hai fatto a resistere? Io? Mi distruggo nell'incapacità di capire, nutrendomi della sola possibilità di poterti amare ancora.

Interno del Centro Fieristico allestito con quadri e sculture


Salute

L’olio di Caposele: gli effetti benefici

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'uso quotidiano di tre cucchiai di olio di oliva combatte il colesterolo ed aiuta la circolazione sanguigna, perché contribuisce a mantenere la pervieta'delle arterie. Svariati studi scientifici hanno confermato che l'azione benefica dell'olio extravergine di oliva è svolta dagli acidi grassi monoinsaturi che favoriscono la riduzione del colesterolo LDL, quello cattivo,e fanno lievitare considerevolmente il livello del colesterolo LDL, quello buono. Quanto olio consumare al giorno? Secondo Andrea Ghiselli, primo ricercatore dell'istituto nazionale di ricerca sugli alimenti e la nutrizione (Inran), tre cucchiai al di sono raccomandati, al posto di altri condimenti, in una dieta sana ed equilibrata:uno per condire la pasta o il primo piatto, gli altri due per i secondi e le due porzioni di verdura consigliate al giorno dall'Inran. Nei lavori particolarmente faticosi, dove il dispendio di energie è maggiore (con fabbisogno quotidiano di 2600 chilocalorie ed oltre) sono consentiti

quattro cucchiai. Bisogna, comunque, rimarcare con forza che l'olio d'oliva non è un farmaco e il suo consumo eccessivo fa aumentare anziché diminuire il livello di colesterolo. Crudo o cotto? Meglio, se è possibile aggiungere olio a crudo. In ogni caso va detto che l'olio di oliva sottoposto a cottura non è dannoso nei cibi cucinati, poiché è stabile alle alte temperature:il connubio tra resistenza al calore e il contenuto di antiossidanti lo rende ottimo per la cottura..Infatti l'olio extravergine di oliva contiene molte sostanze antiossidanti, che sono in grado di contrastare e combattere l'azione dei famigerati radicali liberi, ritenuti responsabili dei processi di apoptosi, cioe' di invecchiamento cellulare. L'azione stabilizzatrice della membrana cellulare viene svolta in particolare dai polifenoli, che conferiscono all'olio il suo caratteristico sapore e posseggono spiccate proprietà' antiossidanti ed antinfiammatorie. Tale azione sinergica e combinata viene esaltata dal consumo contempo-

IL SUD SCOMPARSO

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gosto, per i paesi dell’Irpinia, è il mese del ritorno. Ritorno dei paesani che vengono a passarvi le ferie, per riaprire case disabitate e ristrutturate con i fondi del terremoto, per salutare i vecchi genitori o, magari, per far conoscere ai loro figli i luoghi dove sono nati e perché attratti dalla nostalgia delle montagne, dei paesaggi, dei linguaggi dei quali hanno perso l’uso e l’accento. Ma i paesi non sono più gli stessi che hanno lasciato quando se ne sono andati al Nord in cerca di lavoro. Ora li trovano ben squadrati, con le strade acciottolate, le case tinte a nuovo, le fontane e le piazze con le panchine ed i pali di illuminazione in ghisa. Sono scomparsi gli asini, mezzo di trasporto di una volta e le capre che lasciavano dappertutto le loro tipiche escrementi. Non vi ritrovano le strade che li hanno visto bambino, non i muri scrostati, non i tetti pendenti, le scale di pietra, i portoni di legno di castagno, le fontane per attingere l’acqua; non le pietre lavate dalla pioggia, non le siepi che odoravano di sambuco, non i greti dei torrenti, sui quali crescevano le canne e qualche gelso. Non sentono più l’odore della natura che sembra anch’essa mutata.

Sono scomparse le lucciole ma non le mosche segno di un inquinamento profondo. Financo i panorami e le vedute, con le centinaia di pale eoliche e la cinipide, che ha devastate molte selve con le moltissime foglie ingrigite e rattrappite, che deturpano il bellissimo verde tipico dei boschi irpini, non sembrano più quelli di una volta e l’emigrante che ritorna non trova più il suo vecchio paese. Non ritrova i personaggi di allora, e questo è naturale che accada, ma non ritrova più neanche i luoghi della sua infanzia, non riconosce i posti, i vicoli, dove giocava da bambino, i portoni rifatti in alluminio, le vecchie pietre nelle quali cresceva il muschio. Non riconosce più neanche le abitudini. Ed anche le tradizioni, che una cultura di massa cerca di tramandare alla meno peggio, con sagre, fiere e spettacoli antichi, tolte dal loro contesto originario, sono altra cosa. Anche la folla è cambiata. Non è più quella stracciona e anonima, senza protagonismo individuale, spesso silenziosa e con il capo chino per i pensieri e le ambasce quotidiane che è stata il vero motore del divenire e del progresso di queste contrade e ne ha costituito la molla e l’identità. La folla meridionale che assurge a

di Salvatore Russomanno

raneo di molta frutta e verdura,che a loro volta sono ricchissime di antiossidanti. L'olio d'oliva e' il migliore anche per friggere? La risposta affermativa, poiche' contiene una maggiore quantità' di acidi grassi stabili alle alte temperature rispetto agli altri oli. E il burro? Va riservato unicamente alle preparazione di alimenti da forno e dei risotti. E' consentito un sottilissimo velo sul pane con la marmellata a colazione. La definizione di olio extravergine implica la considerazione che tale alimento va estratto ad un temperatura tale da non provocare alterazioni negative sul prodotto finale. Le olive non subiscono alcun altro trattamento diverso da lavaggio, decantazione,centrifugazione e filtrazione. Una volta verginevutì olio puo'essere denominato extravergine

quando determinati parametri di qualitalcidita', indicatori di perossidazione, caratteristiche organolettiche) raggiungono livelli particolarmente restrittivi. L'olio d'oliva è l'unico alimento per li quale la normativa vigente prevede il'analisi organolettica. L'extravergine, specialmente l'/ottimo olio di Caposele,contiene più' composti aromatici,che danno sapore grato.e sostanze antiossidanti,che lo rendono più' efficace contro i radicali liberi. E allora consumiamolo con moderazione e consideriamo che alla base della vita c'è un disegno imperscrutabile che trova un sua logica anche nell'esistenza di alimenti che rallentano l'invecchiamento e favoriscono benessere e salute.

di Nino Lanzetta

protagonista della storia, intrisa di diversa umanità, non amorfa e senz’anima, incapace di compiere scelte razionali perché mossa dall’istinto della conservazione e che induce alla violenza, ma quella che ha creduto e sgobbato per progresso dei loro figli e per assicurare loro un futuro migliore del proprio. Oggi quella folla di umili e e rudi, contadini è stata sostituita dal branco che non ha individualità: tutti uguali nel vestire, con il telefonino incollato all’orecchio o intenti a chattare sul web, scoprendosi populisti e razzisti e interessati al più aggressivo personalismo, che parlano male di tutti e sparano giudizi in linea con il loro pressapochismo culturale, alimentato da una televisione commerciale senza scrupoli che impone e vende loro prodotti e cultura di massa. E’ scomparso quel Sud.

Le Onde Della Vita di Mirella Merino

Non c’è differenza nell’Ammirare la Bellezza della Vita e dell’Acqua. In entrambe ci sono Onde in Movimento… E si alterna alle lievi Sfumature di Colore… l’età. Eppur nelle Profondità …si nasconde sempre un pizzico di Verità. Simbolo dell’Energia Manifesta… Accompagnate da Sempre e Per Sempre… La Nascita, il Cammino e la Trasformazione, A volte con Fasi Irruenti e altre Stagnanti. Chi usa lo Sguardo dell’Anima… Va sempre Oltre e Vede Semplice Armonia. La Forza, la Calma, il Fluire, l’Aggirare l’ostacolo, l’Impeto, l’Immensità, la Profondità,

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ra le “sorprese”, che stanno caratterizzando il ministero petrino di Papa Francesco, va annoverata certamente l’esortazione apostolica Gaudete et exsultate del marzo 2018 sulla chiamata alla santità nel mondo contemporaneo. In un contesto culturale e religioso, in cui si tende sempre più a legittimare la rinunzia agli ideali e il rifugiarsi nel “così fan tutti”, il Papa ci ripropone con franchezza la gioia e il conseguente diritto-dovere di ogni persona a vivere in pienezza. Ricollegandosi al Concilio Vaticano II, Papa Francesco ci ricorda che Dio, mediante il battesimo, inonda con la sua santità la nostra quotidianità, dandole un significato nuovo e proiettandola su orizzonti di speranza. Perciò «non avere paura – egli scrive – di puntare più in alto, di lasciarti amare e liberare da Dio. Non avere paura di lasciarti guidare dallo Spirito Santo. La santità non ti rende meno umano, perché è l’incontro della tua debolezza con la forza della grazia. In fondo, come diceva León Bloy, nella vita “non c’è che una tristezza, […] quella di non essere santi”» (n. 34). San Gerardo Maiella è un testimone eloquente di tutto ciò. Il ritornello, che scandiva le sue giornate, era: Animo grande, allegramente, perché è bella la volontà di Dio su ognuno di noi! E Gerardo non esitava a suggerirlo, con semplicità e franchezza, anche a chiunque incontrava. Così nel gennaio1752 scriveva a suor Maria di Gesù: «È vero che talvolta ci vediamo confusi e deboli. Non ci è confusione con Dio, non ci è debolezza con la divina potenza! Perché è certo che nelle battaglie la Divina Maestà ci aiuta col suo divino braccio. Perciò possiamo stare allegramente ed ingrandirci più forte al divino volere». In realtà, la vita quotidiana per Gerardo non era delle più facili, tutt’altro. Rimasto ben presto orfano di padre, sperimentò già da piccolo quanto fosse duro assicurare il pane quotidiano a casa. Fu costretto anche a lasciare la sua città natale di Muro Lucano, per sfuggire all’eccessivo peso della fiscalità. Quando più tardi chiese di entrare tra i Redentoristi da fratello laico, fu accompagnato da un “biglietto di presentazione” in cui veniva indicato come un “soggetto inutile” per la fragilità della sua salute, minata da una tubercolosi polmonare che lo avrebbe portato alla tomba a soli 29 anni. Nonostante questo, Gerardo non si tirò mai indietro dinanzi ai lavori, anche più duri, anzi, come ricorda il primo biografo Gaspare Caione, non esitava a farsi carico anche della fatica degli altri fratelli laici, dicendo: «Lasciate fare a me; state voi e riposatevi!».

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Quando poi Gerardo incontrava dei bisognosi, la sua «naturale inclinazione per i poveri» – scrive lo stesso biografo – lo trasformava subito in buon samaritano pronto a farsi carico delle loro necessità, soprattutto se si trattava di mamme con una gravidanza problematica. Non si fermava neppure per la inadeguatezza dei mezzi a sua disposizione. Allora non esitava a ricorrere fiduciosamente all’onnipotenza di Dio. E il suo «caro Dio», come egli soleva dire, non lasciava inascoltata la sua preghiera. Soprattutto Gerardo aveva a cuore che tutti potessero incontrare e accogliere l’amore sconfinato di Dio per ognuno di noi, testimoniato dalla croce di Cristo, e così aprirsi nuovamente alla gioia del bene. A questo fine non risparmiava preghiere, penitenze, esortazioni, anche parole franche di rimprovero, cariche però sempre di solidarietà e amore. Quando partecipava a una missione popolare, ricordano i testi del processo di canonizzazione, «produceva da solo tutto quel bene spirituale che tutti i padri uniti insieme non avrebbero prodotto». Perciò Gerardo, ancora oggi, continua a essere per tutti coloro che si rivolgano a lui un sicuro compagno di cammino, sempre pronto a sostenere, particolarmente nei momenti più difficili. Valgono per lui le parole di Papa Francesco in Gaudete et exsultate: «I santi che già sono giunti alla presenza di Dio mantengono con noi legami d’amore e di comunione». Dobbiamo sentirci «circondati, condotti e guidati dagli amici di Dio». Con loro è possibile superare la tentazione di richiuderci nella sicurezza illusoria del “così fan tutti” e cercare di vivere in pienezza: «Non devo portare da solo ciò che in realtà non potrei mai portare da solo. La schiera dei santi di Dio mi protegge, mi sostiene e mi porta» (n. 14). Le agili pagine di questo libro del prof. Eugenio Russomanno riescono a ricostruire in maniera efficace il cammino umano e spirituale di Gerardo Maiella. Ne evidenziano in maniera viva i tratti e gli episodi più significativi. Lo stile semplice e immediato rende avvincente la lettura. Siamo perciò invitati a sentirlo vicino alla nostra quotidianità, soprattutto quando, come la sua, diventa più dura, ispirandoci fiducia. Scorrendo il libro si avverte subito l’amore fiducioso che l’autore nutre per il Santo di Materdomini: un amore e una fiducia che il libro riesce a trasmettere anche al lettore. Questo però non gli fa mai perdere il radicamento e l’uso critico delle fonti storiche, che danno consistenza e fondatezza a quanto viene affermato. L’essenzialità del racconto ci porta così a intuire il “segreto” che rendeva luminosa la vita

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«Sulla porta della sua stanza aveva fat to affiggere una cartella, in cui a lettere maiuscole si leggevano queste parole:

Qui si sta facendo la volontà di Dio, come vuole Dio e di Gerardo. per quanto tempo piace a Dio»

Articolato in tre parti, il libro propone un percorso in crescendo che, partendo dalla sintetica narrazione della vita del santo, arriva al suo messag- San Gerardo Maiella gio, facendone emergere l’attualità. In Una delle figure più singolar i della vita millena ria della Chiesa Prefazione di Sabatin o Majorano questo mi sembra prezioso il richiamo alla lettera,€con 10,00 cui, nell’agosto 2004, www.edizionisegn o.it san Giovanni Paolo II ha voluto unirsi allo speciale anno gerardino in occasione del 250° anniversario della morte del Santo: «Veramente Gerardo Maiella EUGENIO RUSSOMANNO è uno dei piccoli, in cui Dio ha fatto riSan Gerardo Maiella splendere la potenza della sua misericordia!». Scorrendo le pagine del libro, il lettore si sentirà sempre più incoraggiato «Sulla porta della sua stanza aveva fatto affiggere a far sua la calda esortazione di Papa una cartella, in cui a lettere maiuscole si leggevano queste parole: Francesco: «Lascia che la grazia del tuo Battesimo fruttifichi in un cammino di Qui si sta facendo la volontà di Dio, come vuole Dio e per quanto tempo piace a Dio» santità. Lascia che tutto sia aperto a Dio e a tal fine scegli Lui, scegli Dio sempre di nuovo. Non ti scoraggiare, perché hai la forza dello Spirito Santo affinché sia possibile, e la santità, in fondo, è il frutto dello Spirito Santo nella tua vita» (Gaudete et exsultate, n. 15). € 10,00 www.edizionisegno.it

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Introduzione dell’autore

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er conoscere la vita, le opere e i miracoli di s. Gerardo Maiella, straordinaria figura di santo vissuta nel Settecento nel Mezzogiorno d'Italia, occorre affidarsi a testimoni credibili. Testimoni credibili sono innanzitutto i Padri Redentoristi del Santuario di San Gerardo Maiella in Materdomini, che sul sito del santuario ne pubblicano una piccola ma ricca biografia. Il saggio è redatto sulla base delle Notizie della Vita del Fratello laico Gerardo Maiella del SS.mo Redentore, pubblicate nel bellissimo volume FONTI GERARDINE (Materdomini, 2005), scritte dal suo primo biografo e contemporaneo, il padre redentorista Gaspare Caione (1722-1809), ultimo superiore di Gerardo, che ne raccolse le memorie per ordine di s. Alfonso. È di Caione anche un'altra vita di Gerardo, cui si è fatto di tanto in tanto riferimento, Notizie del nostro Fratello Gerardo Maiella, pubblicata in Spicilegium Historicum CSSR, 1960. Un testimone altrettanto credibile è un altro padre redentorista, Nicola Ferrante (1910-1986), curatore della voce «Gerardo Maiella» nella Enciclopedia dei Santi Bibliotheca Sanctorum (Città Nuova Editrice) e autore del saggio «Storia meravigliosa di San Gerardo Maiella». Fonte di sicura fiducia è il professore Sabatino Majorano, CSSR, che ha curato numerose ed importanti edizioni critiche degli scritti del Maiella. Mi sono servito pure di due volumetti: Ciro Vitiello, «San Gerardo Maiella», Edizioni San Paolo, Roma 1998, e Pasquale Mocerino - Claudio Spina, «San Gerardo Maiella. Un testimone credibile dell'amore di Dio», Elledici - Editrice Velar, Gorle (BG) 2015. Infine, ho fatto riferimento alla testimonianza del santo pontefice Giovanni Paolo II, che il 6 agosto 2004, da Castel Gandolfo, scriveva una "Lettera al Superiore Generale della Congre¬gazione del Santissimo Redentore" in occasione della celebrazione dell'«Anno Gerardino». Buona lettura, nella meraviglia della vita mera¬vigliosa di San Gerardo Maiella! Eugenio Russomanno Caposele, maggio 2019

San Gera

Una delle figure più singola Prefazione d


Storie

La lettera scarlatta: la verità vince sempre

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l Primo marzo 2019 è stato un grande giorno!!! Un giorno di Libertà e Giustizia!!! Ho dovuto aspettare molto tempo prima di poter scrivere questo articolo ma oggi finalmente posso farlo. Vorrei premettere che non è un semplice articolo ma si tratta di uno sfogo personale: uno sfogo scaturito da un’ingiustizia subita. Gli ultimi due anni sono stati i più brutti della mia vita. Sarebbero dovuti essere i più belli perché erano gli anni delle prime volte di mia figlia Clara, dei primi passi, del primo papà, del primo dentino. Tutto ciò non l’ho potuto vivere con la dovuta serenità a causa di false accuse che hanno invaso brutalmente la mia sfera personale macchiandomi di atteggiamenti lontani dal mio modo di fare e di essere. Il tutto è iniziato, per ironia della sorte, l’11 novembre 2016, giorno del primo compleanno di mia figlia. Quel pomeriggio due mie amiche (che non finirò mai di ringraziare) mi riferirono che una persona, che si fingeva mia amica e che svolgeva attività di volontariato nella stessa associazione di cui sono dipendente, aveva riferito loro che da qualche anno subiva ripetutamente molestie sessuali da parte mia all’interno dei locali della Pubblica Assistenza di Caposele. Preso da un sentimento misto di incredulità e rabbia decisi di non dire niente a mia moglie perché da li a qualche ora avremmo dovuto festeggiare il primo compleanno di mia figlia e non mi andava di rovinare quel giorno speciale. Il giorno successivo le raccontai tutto ed ella immediatamente informò il Presidente della Pubblica Assistenza Caposele di quanto accaduto. Il Presidente, visto la gravità dei fatti raccontati, immediatamente convocò un Consiglio Direttivo per l’audizione mia e della persona che mi accusava. Sono state necessarie tre convocazioni e quasi un mese di tempo per far si chi mi accusasse di un reato talmente grave potesse liberamente dare la sua versione dei fatti. Il Consiglio Direttivo aveva tutta la volontà di risolvere e dirimere la controversia ma innanzitutto voleva capire se realmente le condotte riprovevoli da parte mia fossero accadute e se fossero state realizzate all’interno dei locali della Associazione. Chi diceva di essere vittima continuava a sottrarsi ed era reticente nel raccontare la propria verità oltraggiando il consiglio direttivo che così votò all’unanimità la sua sospensione. Alla quarta convocazione finalmente la volontaria si presentò raccontando la sua versione dei fatti, minacciando querele ed accusando i membri del Direttivo di non aver fatto nulla per evitare le molestie. Alcuni membri del Direttivo si difesero ricordando che avevano più volte spronato la stessa a denunciare la cosa, scrivendo una lettera al Direttivo e/o magari registrandomi usando un telefonino durante le presunte molestie. La mia accusatrice a sua difesa dichiarò la sua incapacità a scrivere una lettera e registrare

a mezzo del telefonino. Altri membri del Direttivo seppur a conoscenza delle accuse non avevano mai portato nulla in Consiglio a conoscenza di quanto sapevano in via confidenziale perché constatavano quotidianamente che il rapporto intercorrente tra la presunta vittima ed il sottoscritto era un rapporto fatto di gentilezza, di amicizia, di affetto, un rapporto di durata decennale tranquillo e molto familiare. Le accuse risultavano ai più come frutto della sua fantasia, create ad arte per attirare attenzione su di lei. Dopo quell’audizione, nonostante fosse stata ulteriormente e regolarmente convocata, la mia accusatrice non ha mai voluto più interloquire con i membri dell’Associazione, limitandosi a denigrare all’esterno la Pubblica Assistenza e chi per anni aveva collaborato con lei. Il Consiglio Direttivo, preso atto dei comportamenti lesivi dell’immagine dell’Associazione e del poco rispetto dimostrato nei confronti dell’organo direttivo, concluse il procedimento disciplinare aperto nei confronti della volontaria, con una espulsione votata all’unanimità stante la violazione di norme regolamentari e statuarie. L’associazione ha operato nel rispetto delle norme tant’è che il provvedimento preso è stato confermato anche dall’Anpas Nazionale che nulla ha eccepito in merito, vista l’impugnativa che la mia accusatrice aveva presentato presso i loro uffici. E’ stata analizzata la mia posizione ed è emerso che non vi erano elementi per l’apertura di un procedimento disciplinare a mio carico. Vorrei, inoltre, precisare, a dispetto di quanti hanno affermato il contrario, che non vi era nessun conflitto d’interesse all’interno del Consiglio Direttivo che ha proceduto all’emanazione del provvedimento di espulsione. Tutte le persone coinvolte nella storia hanno lasciato la seduta del Consiglio Direttivo non partecipando alla votazione, quindi nè io e nè mia moglie abbiamo votato in tal senso. Il provvedimento di espulsione è stato impugnato innanzi al Collegio dei Probiviri, così come previsto dallo Statuto. I Probiviri hanno proceduto all’audizione delle due parti: nel mese di febbraio 2017 la mia accusatrice, nel mese di marzo dello stesso anno il sottoscritto. Il Collegio dei probiviri decise di confermare l’espulsione della stessa per reiterati comportamenti lesivi dell’immagine della Pubblica Assistenza Caposele e poiché in sede di audizione affermò chiaramente di non aver subito molestie sessuali. Di tali dichiarazioni è stato redatto verbale, così come di tutti i Direttivi, che sono stati attentamente visionati dalle forze dell’ordine e dai magistrati. Oltre alla mia persona, la Pubblica Assistenza di Caposele in questi anni ha subito critiche su molti fronti e non ha potuto difendere la propria immagine a causa di un procedimento penale a carico del sottoscritto, dipendente dell’associazione.La nostra volontaria aveva presentato nel dicembre 2016 querela per violenza sessuale indicando me come il suo

di Michele Cuozzo aguzzino. Il reato di cui sono stato ingiustamente accusato è forse il reato più vile, ignobile e vergognoso che un uomo possa compiere nei confronti di un altro essere umano. Vorrei però porre all’attenzione di chi legge le date degli accadimenti. Il 23.12.2016 ( giorno del mio compleanno) viene depositata la querela per violenza sessuale perpetrata per oltre due anni . L’8 febbraio 2017 innanzi al Collegio dei Probiviri, la querelante nega di aver subito molestie. La giustizia deve però fare il suo corso ed ha i suoi tempi. Iniziavano una serie di indagini svolte dai carabinieri della Stazione di Caposele all’esito delle quali mi veniva notificato avviso della conclusione delle indagini preliminari. Risultavo indagato (cito integralmente,) “in ordine al reato previsto e punito dagli artt. 81 cpv e- 609 bis c.p. perché, con condotta perdurante nel tempo a far data dal mese di marzo 2015 costringeva…… a subire molestie sessuali dapprima rivolgendole chiare richieste di rapporti e poi approfittando di ogni situazione in cui restavano soli toccandole il seno o il sedere. (evito di riportare per intero quello scritto sulla denuncia, per non offendere la sensibilità dei lettori di questo giornale). Da li a poco si sarebbe fissata la data della prima udienza. Io sgomento e atterrito mi sono sentito crollare il mondo addosso. Grazie ai miei difensori, l’Avv. Raffaella Corona e l’Avv. Giuseppe Grasso, sono venuta a conoscenza di quanto emerso dalle indagini. Ho potuto leggere le dichiarazioni delle persone ascoltate, le dichiarazioni della psicologa sulla stabilità emotiva delle presunta vittima. Dalle lettura degli atti ho potuto prendere atto delle finte amicizie, di quante persone possono voltarti le spalle. E’stato il periodo più brutto della mia vita. Qui è cominciato il mio calvario. E’ ben differente essere imputato davanti ad un Tribunale Penale dall’ essere accusato davanti ad un Consiglio Direttivo di un’associazione di volontariato . E’ stato un calvario anche per la mia famiglia, coinvolta direttamente in questa storia. In questo periodo abbiamo subito di tutto. Abbiamo dovuto subire gli sguardi delle persone che senza sapere nulla si sono messi a giudicare. Sono stato male fisicamente. Mia moglie mi ha trovato bloccato in uno stato catatonico ed è stato necessario l’intervento del 118 e una notte in pronto soccorso sotto effetto di sedativi per riprendermi. Ho dovuto accettare l’idea di essere aiutato da una persona esperta per uscire da questa forma di depressione. Ho avuto bisogno di aiuto qualificato. È stato un periodo difficile e travagliato. Ci sono state persone che subito ci hanno espresso vicinanza e sostegno, ma ci sono state persone che senza sapere cosa fosse successo e cosa stessi vivendo avevano già decretato

la mia colpevolezza. Mi avevano cucito la lettera scarlatta sul petto. Essere continuamente additato come un mostro, un violentatore ha influito sulla serenità mia e dei miei cari. Ho visto mia moglie isolarsi sempre di più evitando di trovarsi in situazioni in cui poteva esserci una pluralità di persone come ad esempio il mercato comunale. Molte persone le puntavano il dito definendola come la moglie del mostro. Stessa sorte è capitata a mia madre che ha dovuto sorbirsi commenti poco felici sul figlio. Contemporaneamente alla leggerezza della gente che si erge a giudice, andava avanti il processo innanzi al Tribunale di Avellino. Sono stati ascoltati diversi testimoni, depositati documenti. Siamo arrivati al 01 marzo 2019. Udienza di discussione. Non smetterò mai di ringraziare tutte le persone che hanno messo da parte tutto (lavoro, famiglia, etc) e sono venute in Tribunale a raccontare la verità, quella verità che mi avrebbe fatto avere Giustizia. Grazie, il Vostro gesto sarà parte costante della mia vita e lo porterò sempre con me. Io ho presenziato a tutte le udienze. Ho sentito ogni singola parola del giudice, dei P.M. , degli avvocati. La mia accusatrice si è limitata ad una querela di quattro righe e poi il disinteresse totale. All’udienza di discussione ho ottenuto giustizia. Chi conosce il funzionamento dei Tribunali sa che il Pubblico Ministero per definizione è un organo dell'amministrazione giudiziaria dello Stato e nel caso specifico è una figura che fa da garante alla parte lesa, nel caso specifico garante della parte che ha subito le presunte violenze. Il Pubblico Ministero, dopo un’attenta e curata analisi dei fatti ha chiesto al Giudice il “NON LUOGO A PROCEDERE PERCHÉ I FATTI NON SUSSISTONO, perché, cito testualmente,“è vero che la violenza avviene in segreto ma è altrettanto vero che la parte lesa si è più volte contraddetta nelle sue dichiarazioni, ed i testimoni portati dal Cuozzo, hanno smentito in toto le accuse fatte dalla parte lesa”. Non vi nascondo che sentendo le parole del PM sono scoppiato a piangere, perché chi mi doveva accusare, chiedeva la mia assoluzione. In seguito alle arringhe dei miei Avvocati, il Giudice ha rinviato l’udienza per la lettura del dispositivo alle ore 13,00. Preso da un misto di adrenalina, gioia e ancora preoccupazione, le 13:00 sono arrivate in un batter d’occhio e il Giudice puntuale si è presentato in Aula. Quando ha letto il dispositivo” ASSOLTO PERCHE’ IL FATTO NON SUSSISTE”, è stato come se un peso dal mio cuore fosse andato via; è stata una

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Storie liberazione, una sensazione di leggerezza. Sono state riconosciute le false accuse nei miei confronti e il Tribunale ha evidenziato la necessità di procedere d’ufficio per la tutela della mia persona. Riporto un estratto della sentenza :“ non può questo Giudice, all’esito di un’attenta lettura del fascicolo processuale, esimersi dal disporre la trasmissione degli atti al P.M. in Sede per quanto di competenza, alla luce dei gravi indizi per il delitto di calunnia emergenti a carico “ di colei che mi ha accusato. Il giudice ha riconosciuto “il movente di ritorsione lavorativa” con il fine di screditarmi innanzi ai vertici dell’Associazione per cui lavoro e far si che fossi allontanato dalla Pubblica Assistenza di Caposele. Finalmente la verità dei fatti è emersa. L’ordine naturale delle cose è stato ripristinato. Il Tribunale mi ha ridato la dignità di uomo per bene, di buon padre di famiglia, di lavoratore. Ha ridato splendore e lustro alla mia cara Associazione, luogo di accoglienza, volontariato e che combatte ogni forma di violenza. Perché ho deciso di raccontare tutto

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lavoro e nelle mie attività di volontariato. Vorrei chiedere scusa ai miei suoceri e a mio cognato per quanto hanno dovuto subire indirettamente. Vorrei chiedere scusa a mia madre, a mia sorella, a mio fratello con relative famiglie. Scusatemi se avete dovuto sopportare tutto questo. Siamo cresciuti senza una figura importante come quella di nostro padre, nostra madre ci ha cresciuti da sola difendendoci da tutto e tutti e con dignità ed orgoglio ci ha fatto diventare adulti responsabili e brave persone. Mai avrei voluto che nostra madre avesse dovuto affrontare una simile avversità. Scusate ma non è stata colpa mia; scusa mamma. Chiedo scusa a mia moglie che insieme a me è stata quella più tartassata da questa vicenda; vederla soffrire, vederla piangere senza poter fare nulla mi ha lacerato ulteriormente il cuore. Devo chiederle scusa per tutte le volte che a causa del forte stress mi sono arrabbiato con lei. Ma soprattutto devo chiedere scusa a mia figlia Clara. Devo chiederle scusa perché in questi ultimi due anni ho sottratto tempo a lei; devo chiederle scusa perché

molte sere mi ha visto nervoso senza capirne il perché; devo chiederle scusa perché invece di concentrarmi sulla sua crescita, ho dovuto concentrarmi su altro. Ti chiedo scusa amore, ti chiedo scusa per tutto. Papà da oggi in poi penserà solo ed esclusivamente alla tua felicità. Questo mio articolo vuole essere un monito per tutte quelle persone che come me si trovano a subire accuse infondate. Trovate la forza necessaria per superare le difficoltà nelle persone a voi care! La verità prima o poi verrà a galla! Vorrei che la mia storia fosse anche un sostegno a tutte quelle donne che nella loro vita hanno subito e subiscono veramente violenza. E vorrei che nessuno giocasse con un argomento delicato e nel contempo terribile come la violenza sessuale. Per le donne vittime di violenza e al loro fianco, continuerò ad impegnarmi nella mia attività di volontariato e nella mia vita. Continuerò a difendere tutte le donne e soprattutto la mia verità per rendere mia figlia una futura donna orgogliosa del proprio papà.

Che colpa hanno

l 21 maggio 2019 il TAR Campania Napoli si è pronunciato sulla correttezza del piano di gestione dei cinghiali della Regione Campania. Ritorno su questo argomento perché continuano a manifestarsi pensieri, opinioni e fatti distorti. Condizioni che hanno portato, fino ad oggi, ad una deficitaria ed approssimativa amministrazione della fauna selvatica. La sentenza del Tar ha fatto chiarezza su alcuni aspetti, raddrizzando le storture. Negli anni passati in Italia sono stati introdotti, a scopo venatorio, cinghiali provenienti dall’est Europa, più grandi e prolifici rispetto a quelli italiani. Questo per consentire ai cacciatori di avere a disposizione un numero maggiore di selvaggina che fosse in grado di riprodursi cospicuamente e, quindi, soddisfare la bramosia dei predatori bipedi. Regioni, Province, ATC ed associazioni di cacciatori hanno avallato questa smania attraverso massicce introduzioni di ungulati, avvenute fino a pochi anni fa. Ed accanto alla via ufficiale si è aggiunta quella clandestina con immissioni non autorizzate (che con elevata possibilità continuano ancora). Nonostante gli avvisi del mondo ambientalista sul modo sconsiderato ed antiscientifico di siffatta gestione, la pubblica amministrazione ha con-

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dalle pagine di questo giornale? Semplicemente perché La Sorgente è il giornale dei Caposelesi, è il giornale che leggono sia le persone che mi hanno creduto sia le persone che hanno dubitato di me. E’ arrivato il momento di scucire la lettera scarlatta dal mio petto. Vorrei pubblicamente ringraziare chi in questo periodo mi è stato vicino, chi mi ha sopportato e supportato, chi è passato sopra ai miei sbalzi d’umore, chi nonostante tutto ha creduto in me e mi ha anche difeso pubblicamente; sono tante le persone che mi hanno aiutato, soprattutto psicologicamente; Vorrei ringraziare particolarmente tutte le volontarie donne della Pubblica Assistenza Caposele che, incuranti di tutte le chiacchiere e le dicerie sul mio conto, hanno continuato a svolgere attività di volontariato insieme al sottoscritto, compreso turni di 118 notturni; grazie perché la vostra vicinanza è stata importante; vedere delle donne fidarsi di me e svolgere con me attività quotidiane è stato un gesto molto importante. Questo mi ha dato la forza necessaria per riuscire ad andare avanti nel mio

i cinghiali? tinuato ad accontentare interessi settoriali, ignorando quelli generali (mondo ecologista, agricolo, la sicurezza stradale ecc.). La situazione è sfuggita di mano e gli enti, che hanno permesso questo, oggi fingono di impegnarsi simulando attenzioni verso gli agricoltori ed il mondo “verde” ma, in realtà, cavalcano sempre e solo gli interessi di una sola categoria, quella venatoria. Infatti, il Piano di Gestione dei Cinghiali è stato concepito con questo scopo. Ed intanto gli agricoltori hanno visto ridimensionarsi i loro raccolti, si sono alterati gli equilibri ecologici ed avuti migliaia di incidenti stradali. Che colpa hanno i cinghiali? Nessuna. Cercano solo di sopravvivere. Si trovano qui per responsabilità dell’essere umano. Se non ci fossero state quelle immissioni il problema non sarebbe nato, milioni di euro risparmiati ed investiti per fare altro. Ma alcune categorie di agricoltori abboccano all’illusione e spingono per soluzioni che vanno contro i loro associati. E ritorniamo alla sentenza del TAR, dove sono stato direttamente coinvolto. La bocciatura di tale

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di Angelo Ceres

Piano, approvato ed adottato dalla Regione Campania, è stata determinata dal mancato rispetto della legislazione nazionale. Se fosse stato attuato sarebbero aumentati in modo ancor più forte i danni all’agricoltura, il numero di incidenti stradali, aggiungendosi anche i danni per gli allevatori. Ancora una volta ad essere perseguiti non sarebbero stati gli interessi generali ma quelli particolari. Se lasciassimo svolgere alla Natura il suo ruolo, senza l’intervento di immissioni abusive di cinghiali, nel giro di pochi anni l’equilibrio ecologico sa-

rebbe garantito, perché già lo sta facendo, con forti riduzioni dei danni in agricoltura. Nel frattempo la Regione dovrebbe indennizzare o risarcire in tempi certi e rapidi. Una corretta gestione amministrativa senza interferenze eviterebbe conseguenze negative per la generalità. Il cattivo management della fauna selvatica è solo uno dei tanti casi. Immaginate in Italia quante intromissioni settoriali ci sono. Interessi particolari che prevalgono su quelli collettivi, senza potevamo vivere molto meglio.

2012 Un'immagine del parco fluviale della Madonnina inaugutrato da poco tempo. Oggi è in uno stato di completo abbandono


Sport

Alla scoperta di un Sud inedito lungo la ciclovia dell'Acquedotto Pugliese

I

l cicloturismo in Italia è una realtà in grande espansione: i dati di Legambiente parlano di un +41% dal 2013 al 2018. I cicloturisti rappresentano circa l'8% delle presenze complessive nelle strutture ricettive. Questi numeri dovrebbero far pensare a opportunità occupazionali e di guadagno per soggetti privati e pubblici. Ma i problemi sono molti, soprattutto le infrastrutture e la sicurezza (mancano le piste ciclabili e manca la cultura della condivisione e del rispetto diffuso delle regole della strada). Tra le leggi non scritte della FIAB (Federazione italiana Amici della bicicletta) c'è quella che dice “prima il più debole”: in una gita non si lascia indietro chi va più piano o chi fora o ha problemi meccanici o fisici. E' altrettanto importante la libertà che permette a tante persone diverse, per carattere, età e abitudini, di convivere, condividere e solidalizzare per tanti chilometri e per vari giorni. Più che parlare di cicloturismo in senso astratto, è meglio pedalare e sperimentare in concreto, con sudore e mettendo le ruote sull'asfalto e sui sentieri. E' quello che hanno fatto, dal 17 al 21 maggio, 42 cicloturisti della FIAB di Siena. La traccia seguita è quella contenuta nella guida della “Ciclovia dell'Acquedotto Pugliese”, scritta da Roberto Guido (Ediciclo editore, 2018). Altrettanto importante è stato il lavoro del coordinamento dal basso per la Ciclovia dell'Acquedotto Pugliese, un gruppo informale di cicloturisti, amministratori, esperti di turismo e sviluppo locale che hanno pensato e messo in piedi questo progetto. Il percorso degli AdB di Siena è stato leggermente diverso per coprire circa la metà di tutto il tratto da Caposele a Santa Maria di Leuca (Lecce), uno degli ultimi punti raggiunti dall'acquedotto nel 1939. Il viaggio della FIAB di Siena è durato quindi 5 giorni e da Caposele ci ha condotto a Trani, poco meno di 300 km di pedalata. L'Acquedotto Pugliese rappresenta un'opera dall'alto valore ingegneristico e sociale poiché ha dato da bere e portato l'acqua alla “siticulosa Apulia” (la definizione è del poeta latino Orazio), attraverso un lavoro di scavi, tubature, condotte e canali, realizzato tra il 1906 e il 1915 da circa 20mila operai, come ci è stato illustrato nelle prime ore del viaggio dalle giovani e preparate guide della Pro Loco Caposele visitando la sorgente e il museo dell'Acqua. Il sistema dell'Acquedotto prevedeva di sfruttare la pendenza naturale tra l'Irpinia e la Puglia e far calare l'acqua lungo i tubi delle condotte seguendo le idee visionarie dell'ingegnere Camillo Rosalba. E' stato impressionante pensare al sacrificio fatto a inizio '900 da quegli operai e dai tecnici e ha indotto a riflettere con un po' di magone anche aver incontrato una delle lapidi che ricordava un giovane di 23 anni morto durante i

lavori, come è accaduto per molti altri lavoratori. I cicloturisti hanno dato la caccia a fontanine, serbatoi, casottini che riportassero il celebre logo dell'EAAP (Ente autonomo Acquedotto Pugliese), così come è stato faticoso e istruttivo cercare i ponti-canale nei dintorni di Atella, nel Bosco di Bucito, antico luogo di rifugio per i briganti che dopo l'Unità erano attivi nella zona del Vulture. Il viaggio è partito dall’Irpinia, zona del Sud che per chi non l'ha mai visitata può sembrare un territorio ostile, cupo, dell'interno, famosa per la sua ferita più lacerante, il terremoto del 23 novembre 1980. Invece i paesaggi hanno riservato abbagli di verde e vasti spazi in cui far svariare lo sguardo. Trovare ospitalità in paesi così piccoli per un gruppo così numeroso non è stato semplice, alla fine però ce l’abbiamo fatta e va ricordato in positivo il modo in cui siamo stati accolti, l’ospitalità semplice e dignitosa che le persone ci hanno riservato. La scelta della struttura in cui trascorrere la prima notte è stata facile grazie alla immediata disponibilità, alla cortesia e anche all’ottimo rapporto qualità/prezzo della struttura di Materdomini che ci ha ospitato, l’hotel Settebello: trovare poi in omaggio un pacco di taralli per ognuno dei cicloamatori con sopra il logo degli Amici della bicicletta di Siena è stata poi una sorpresa graditissima. Più di una volta qualche signore anziano si è avvicinato incuriosito alla comitiva e ci ha rivolto parole accoglienti e di incoraggiamento (come quel signore che a Ruvo del Monte ha esclamato in dialetto lucano: “beati voi che avete questa volontà”). Da sottolineare è anche la civiltà degli automobilisti che non si sono mai lamentati per le 42 biciclette trovate lungo le carreggiate e nei paesi. Per chi scrive questi appunti di viaggio, è poi stato doppiamente bello e emozionante percorrere le prime due tappe, poiché sono le mie strade di casa e sono i paesi del terremoto che è stato argomento di studio e di lavoro a lungo. Il terremoto è stato un altro elemento narrativo importante, attraversando i paesi dell'epicentro del Cratere del 1980 (Caposele, Laviano, Teora, Conza, S. Andrea di Conza, Calitri). Nel gruppo erano presenti alcuni volontari che nel 1980 vennero in alcuni di questi paesi (Caposele, Teora, Calitri), in maniera più o meno organizzata, per portare soccorso e aiuto. In particolare a Calitri questo ricordo è stato celebrato nello specifico, riannodando un filo che riporta a quarant’anni fa, tra i volontari di allora e qualche cittadino e amministratore di Calitri. Lo sguardo di chi

di Stefano Ventura

ha rivisto i paesi sventrati dal sisma a distanza di tanti anni è servito anche a far emergere considerazioni e opinioni che, quando si parla di terremoto dell'Irpinia, spesso non vengono citate lasciando spazio solo all'elenco degli scandali e degli sprechi. Invece attraversare i paesi e i posti in bicicletta vuol dire viverne meglio l'essenza e lo spirito e ha permesso di capire quale sofferenza hanno provato gli irpini nel perdere affetti e luoghi cari e quali sono stati poi i risultati della ricostruzione, in positivo o in negativo. Per farlo è stato utile sentire le testimonianze che raccontavano quella sera di novembre dalla voce, diretta o riportata nelle pagine scritte, di chi la visse, nella semplicità e nella quotidianità delle persone comuni. A Calitri, poi, si percepivano anche l'aria e le storie che Vinicio Capossela, originario proprio di Calitri, ha messo nei suoi dischi e nell'organizzazione dello Sponz Fest, il festival da lui pensato che si tiene a fine agosto che ha riscosso e riscuote molta attenzione. La terza tappa, da Calitri a Venosa, si è dimostrata impegnativa per i dislivelli e i passaggi in tracciati poco battuti che caratterizzano i paesi del Vulture. Rapone, Ruvo del Monte, Atella e Rionero, i paesi attraversati, sono ricchi di acque che sgorgano dal Vulture e ricchi di vigne dell'Aglianico. Venosa poi ha aperto alla comitiva le sue vie fatte di storie secolari, fino ad arrivare a Orazio, il poeta latino del “Carpe diem” (“cogli l'attimo”) che induce alla riflessione filosofica sugli stili di vita e sull'attualità delle parole di quel poeta; e poi abbiamo potuto ammirare i resti della città romana e il quattrocentesco castello di Pirro del Balzo. Abbandonando Venosa e andando verso le Murge il paesaggio è cambiato, fatto da lunghe distese di campi di grano verde costellati di papaveri, da frutteti e da uliveti. Qui, abbandonato l'appennino, le pendenze da affrontare in bicicletta cambiano, si riassapora la pianura, si incontrano centri abitati nettamente diversi dai paesini dell'entroterra campano e lucano. La meravigliosa visita a Castel del Monte

ha portato tutti indietro nel tempo, a contatto con quello straordinario personaggio che è Federico II. Il cosiddetto Puer Apuliae (“fanciullo delle Puglie”) o Stupor mundi (“stupore del mondo”) era indubbiamente un uomo di governo, di cultura e di azione che anticipò di diversi secoli lo spirito europeo, e l'idea architettonica del castello ottagonale sta lì maestosa a darne una notevole dimostrazione. Altra cosa strana che si nota è la discrepanza nel saper rispondere a una domanda che un ospite viandante a pedali chiede: quanti abitanti ci sono? A Spinazzola abbiamo ascoltato rispondere 3mila, 5mila e 12 mila, facendo sempre una puntualizzazione sugli emigranti. Stessa cosa a Ruvo di Puglia, dove il gruppo ha potuto sostare, accolta da un consigliere che ha a cuore lo sviluppo della ciclovia. In effetti qui a Ruvo, nelle sue campagne, abbiamo incontrato i primi cartelli con vari percorsi ciclabili e escursionistici. Le stradine del centro storico, il ristorante ricavato da un vecchio forno dove abbiamo mangiato i prodotti locali e dove si è svolta la premiazione goliardica e romanzesca di chi si è distinto nel corso del viaggio per storie e carattere (menzione speciale per la bicicletta indemoniata, protagonista di due forature contemporanee!). Ultima tappa a Trani, con la sua maestosa cattedrale che affaccia sul mare e il suo bel centro storico. Parlare di turismo per i paesi dell’Appennino meridionale è certamente difficile, prima vengono tante emergenze e difficoltà nei servizi primari di chi li abita (salute, scuole, collegamenti). Però da progetti come quello della Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese possono venire opportunità importanti, visto che per andar in bicicletta non servono molti interventi e grandi spese, basterebbe qualche cartello e qualche indicazione lungo il percorso e magari qualcuno a fare da guida nei punti più significativi lungo il tragitto. Inoltre, la bicicletta e il turismo lento in generale favoriscono il contatto con l’aria aperta, la natura e l’ambiente. Basta davvero poco, quindi, per valorizzare cose che già ci sono. (17-21 maggio 2019)

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Sport

NoiConVoiOlimpia3 Progetto “Sport è Scuola” GS: da 8 amministrazioni al servizio del paese

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PREMESSA. itolare che siamo presenti sul territorio da 8 amministrazioni, dal 1986 ad oggi, in sostanza è una spicciola provocazione per attirarvi a leggere l’articolo. Di fatto c’entra poco con la giornata che vado a descrivervi, anche se serve a ben capire il quadro storico locale in cui siamo inseriti. Ma visto che oramai siamo in tema e che l’argomento è presente, un piccolo pensiero su amministrazione e sport lo faccio prima di parlare della bellissima giornata vissuta coi ragazzi dell’IC di Caposele. Dico che lo sport è il cuore di questo paese e che occorra investirvi. Chi fa calcio a Caposele, coinvolge mediamente almeno 150 persone fra categorie e giovanili per un intero anno, non solo per una serata. Caposele resta l’unico paese a fare questo con soli giovani del posto. Il miracolo sportivo è da sempre qui, non altrove. L’Olimpia è di certo la società più longeva coi suoi oltre trent’anni, ma tutte le società che hanno fatto pallone a Caposele dal dopo-terremoto ad oggi (poi nel prossimo articolo parlerò proprio della storia calcistica agonistica caposelese dal dopo sisma) hanno dato un forte contributo, anche quelle che hanno fatto attività per pochi anni o solo per uno. La partita, due allenamenti settimanali, cene insieme, viaggi, visite mediche e tutto ciò che è condiviso in un anno, sono un patrimonio per il paese. Un patrimonio che occorre fare attenzione a non perdere. Insisto nel dire che non si debba dare per scontato che ci sia per sempre chi metta a

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disposizione il proprio tempo e la propria passione: noi ad esempio stiamo prendendo una boccata d’aria, una pausa compensata da altre attività socioculturali e sportive, ma agevolata dalla convinzione che chi ci sta seguendo, la Real Caposele con la quale lavoriamo in sinergia, stia facendo cose eccellenti per i ragazzi di Caposele. 8 AMMINISTRAZIONI compresa l’attuale, quindi, con le quali ci siamo confrontati: non sto qui a dire chi ci abbia dato di più, chi di meno. Dico però, che si può fare di più, si deve fare di più per l’aggregazione che il pallone crea. Occorre capire a fondo la valenza sociale concreta del nostro lavoro. Già…lavoro. La chiudo qua, augurando agli amministratori attuali di essere attenti a questa situazione. Noi, per quanto ci riguarda, siamo sopravvissuti e sopravviveremo a tutto ed a tutti, perché la passione che ci guida non ha freni. SPORT È SCUOLA. In una mattinata di marzo abbiamo vissuto emozioni uniche, come solo i giovani ti possono dare. Conferenza, storia dell'Olimpia, il perché del Progetto, prevenzione, formazione BLS/D, interventi e ...ovviamente...CALCIO. Sport è scuola, quindi, ed è proprio l’accento messo sulla lettera e, che va rimarcato: fare attività sportiva è fare scuola, l’attività sportiva è basilare per i nostri ragazzi sia dal punto di vista motorio che sociale. Ho pensato a questa giornata cercando di mettere insieme aspetti a cui

di Roberto Notaro l’Olimpia tiene da sempre: il calcio e la prevenzione. Parto con dei ringraziamento all’IC di Caposele, nella figura del Preside Vespucci che da subito si è mostrato entusiasta della nostra idea. Fare attività in una scuola è quanto di più stimolante ci sia, soprattutto perché si ha il piacere di beneficiare della miglior platea possibile: i ragazzi. La giornata si è aperta con la presentazione del progetto "NoiConVoi3" che ha seguito la gior-nata di Amatrice e la donazione del DAE, insieme ad immagini della nostra storia sportiva e sociale. Comincio col dire che subito i ragazzi hanno partecipato, anzi mi hanno anche aiutato dal punto di vista tecnico, allestendo microfoni, soluzioni audio e video con la scioltezza del miglior assistente tecnico. Dopo la presentazione è venuto il momento della donazione del materiale sportivo: casacche, palloni, cinesini, aste, coni ed altro materiale, ma soprattutto una divisa completa per gli alunni della scuola che la potranno indossare nelle manifestazioni sportive ufficiali. Il momento della consegna, grazie alla preziosa collaborazione della professoressa De Respinis, è stato molto bello coi ragazzi e le ragazze che sono arrivate in auditorium in divisa giallo-nera. Poi è arrivato il momento della Prevenzione e la palla è passata ai nostri

partner del Progetto, la Pubblica Assistenza di Caposele, oramai nostro partner fisso in queste manifestazioni, e di queste ringrazio di cuore il Presidente Cesarina Alagia. I volontari, coordinati da Michele Cuozzo e dal Presidente della Pro Loco Concetta Mattia, hanno illustrato le manovre di Primo Soccorso ed hanno simulato un intervento. Gli studenti si sono mostrati attentissimi alle spiegazioni ed hanno potuto ben capire l’importanza dell’ANPAS quando è arrivata una chiamata d’intervento reale ed alcuni volontari sono immediatamente partiti.A completare la giornata è venuto un terzo momento: ci siamo tutti trasferiti in palestra dove i ragazzi ed i presenti, hanno potuto ammirare un’altra importante donazione da noi fatta: le protezioni per le colonne in cemento che circondano lo spazio di gioco. Si è giunti, quindi, al momento della partita di calcetto che gli studenti e le studentesse hanno disputato indossando le divise ed hanno completato la giornata. Le donazioni sono state finanziate dalla nostra solita lotteria, alla quale novanta caposelesi hanno contribuito credendo nelle nostre idee. Calcio, prevenzione, socializzazione, donazioni. Questa è stata la giornata #NoiConVoiOlimpia3…… un bel momento.


Scuola

IL TEATRO AL LICEO

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a cura di III ALS

inalmente il grande giorno è arrivato. Debuttano sul palco per la prima volta “I Fratelli Pasqua”, la loro governante e i due bizzarri fratelli. Tra tanta ansia, insicurezze, errori e correzioni il palco del mythos festival di palinuro e nostro. Per la prima volta lontani dalle critiche e le correzioni dei professori, per la prima volta al cospetto di una giuria. Siamo partiti così, senza sapere nemmeno cosa significasse teatro e nel corso di alcuni mesi, che sebbene fossero intensi, erano troppo brevi di fronte a tante emozioni. In effetti siamo stati catapultati su un palcoscenico per provare cosa significasse vincere, non tanto il concorso, bensì le nostre paure. Per superare, non tanto gli altri concorrenti, ma piuttosto le nostre incertezze. Dopo tante emozioni, torniamo vittoriosi, non di un pezzo di carta ma di un esperienza che ci ha dato tanto, che ci ha messo a nudo e ci ha rafforzati. Gli errori non sono mancati eppure i giudici ci hanno definito “un ottimo legno su cui lavorare” , tant’è che il teatro ci ha dato dapprima una speranza di crescita e in secondo anche questa magnifica esperienza.

Nessuno aveva il coraggio di crederci, nemmeno noi stessi. Eppure il personaggio di Pietro, interpretato dal nostro dolcissimo Rocco Ciccone, ci ha sbalorditi tutti con una forza e una determinazione che ha sconfitto tutte le difficoltà e ci ha dato la forza di sorridere e sentirci fieri di quel che abbiamo raggiunto. Un ringraziamento speciale a chi ci ha seguito dietro le quinte il cui aiuto è stato vitale, alla professoressa Cinzia Malanga, Maria Assunta Eletto e Giovanni Sbordone che tra tanti “cazziatoni” hanno fatto si che tutto cio accadesse.

Momenti di teatro a scuola con la presenza di studenti-attori, ma a cneh di esperti esterni. L'arch. Giovanni Sbordone, appassionato di questa nobile arte, ne ha curato molti particolari, infondendo ai ragazzi stimoli e esperienze.

GIOVENTU' STUDIOSA DONATO LILOIA laurea magistrale in scienze del corpo e della mente votazione: 110 e lode con dignita’ di stampa

06/06/2018 vincitore con borsa (presso l’universita’ degli studi di torino) del concorso per dottorato di ricerca quadriennale in scienze psicologiche, antropologiche e dell’educazione; titolo del progetto: schemi patologici di co-alterazione nella schizofrenia; inizio lavori: 01/10/2018 Dal 9 al 13 giugno 2019, partecipa

presso l’Auditorium Parco della Musica in Roma, al 25° Congresso Annuale della (OHBM), l’organizzazione per la mappatura del cervello umano che si dedica alla comprensione dell’organizzazione anatomica e funzionale del cervello umano mediante l’uso del neuroimaging. Il prestigioso evento, che ricopre un ruolo di straordinaria importanza a livello mondiale nel campo dello studio delle basi cerebrali delle funzioni mentali nell’uomo, torna in Italia dopo 13 anni dall’edizione di Firenze 2006, e testimonia la lunga tradizione della ricerca scientifica italiana nel campo delle neuroscienze di base e cliniche. Il congresso, presieduto dal Prof. Pietro Pietrini e dal Prof. Emiliano Ricciardi della Scuola IMT Alti Studi Lucca, comprende nel Comitato Organizzatore scienziati rappresentativi di ciascuno dei principali centri di ricerca in Italia; inoltre, sulla base dei contributi pervenuti,

è prevista un’affluenza di oltre quattromila studiosi dei vari campi delle neuroscienze di base e cliniche, dalla neurobiologia alla psichiatria, alla neurologia, alla neurochirurgia e neuroradiologia, provenienti da tutto il mondo. Come da tradizione, l’Organizzazione si impegna soprattutto a supportare dal punto di vista economico la partecipazione ai lavori congressuali di giovani ricercatori, che utilizzano le metodiche di neuroimmagine nell’ambito delle attività sperimentali di neuroscienze di base e cliniche. Durante le sessioni, scienziati junior e senior dei vari campi illustrano gli sviluppi più recenti e innovativi del settore, tra cui tecniche di apprendimento automatico, imaging ad alta risoluzione e metodi scientifici aperti, di discutere individualmente con esperti del settore e di mettersi in contatto con colleghi di tutto il mondo.

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Dal mio blog, perchè la critica COSTRUISCE

Blog

di Salvatore Conforti

RISERVE NATURALI “FOCE SELE - TANAGRO” E “MONTI Un fiume in piena come il nostro Sele di questi giorni, ci restituisce emozione e la speranza di superare nuove sfide. Con la collega Carmela Monteverde, stiamo affrontando un lavoro che è molto affascinante e anche intricato da realizzare per l'esito che ne potrebbe scaturire; ma è sicuramente un modo di mettersi a disposizione della comunità per un recupero di un pezzo di storia importante per Caposele. Spero che possa risultare un progetto interessante di ricucitura del tessuto urbanistico e storico della parte più turistica del paese e che, inoltre, nello stesso, l’A.C. possa ritrovare stimoli e voglia di intraprendere un nuovo cammino per riqualificare quell'area da collegare alle Sorgenti al Museo dell'acqua e delle Macchine di Leonardo, alle Cantine. Al n. 13 di via delle Gualchière, il Mulino Russomanno è l'oggetto di un lavoro di recupero e restauro che potrebbe divenire nella sua nuova destinazione d'uso, un punto informativo, un museo, un cafè letterario, un modo comunque di far rivivere le ruote di pietra mosse dall'acqua del Sele, che oltre 100 anni fa, fu incanalata per altri scopi, certamente più nobili, ma che, di fatto, decretò la morte di tante attività produttive del tempo. Oggi quell'acqua puo' essere ancora motore di un nuovo sviluppo che passa anche da queste riqualificazioni e attraverso un finanziamento non eccessivo, il mulino, uno dei pochi simboli della storia del nostro Paese, puo' essere ancora protagonista di un percorso che, auspichiamo porterà un indubbio beneficio alla nostra “Città di Sorgente”.

2 maggio 2019 ggi, cade il 500enario della morte di Leonardo Da Vinci. Da qualche anno, per una combinazione “fortuita” il nome del Genio viene accostato anche alla nostra terra, alla nostra acqua e dal 2013 MIGLIAIA di “turisti” (con migliaia di euri introitati dall'Ente), hanno apprezzato, di conseguenza, il museo dedicato alle sue macchine,godendo con il mini tour F.A.C., anche delle bellezze culturali e di rilevanza ambientale di cui noi disponiamo. Una scommessa che possiamo dire vinta da allora grazie anche alla costanza e alla perseveranza di chi ha sempre creduto che intorno a piccole operazioni di questo tipo, si possa smuovere e costruire un flusso turistico in grado di far ricavare anche un ritorno economico e di occupazione. Già da quel periodo, che io ricordo come un momento di grande ascesa culturale e turistica della nostra Comunità, si sono intrecciate occasioni importanti che hanno portato a Caposele pezzi artistici e storici di spessore mondiale come per esempio l'autoritratto originale di Leonardo da Vinci, oggi in esposizione nei più grandi musei del mondo. Momenti di impulso fondamentali che ridanno carica e stimolo alle visite turistiche e utili, tra l'altro, a mantenere vivo il desiderio di essere scelti come piccola ma interessante meta turistica dai tour operator e da ogni tipo di scuola; (altro che turismo di cartone).

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La premessa è necessaria per lanciare quella che mi pare sia un' ulteriore tessera culturale da poter inserire in un quadro, che potrà riportare Caposele al centro dell'attenzione nazionale. Di accordo con il Comune di Caposele, la Proloco, Enti territoriali ed alcune associazioni del territorio, infatti, si sta profilando la possibilità di realizzare nel nostro territorio una delle opere di Leonardo che è a stretto contatto con il nostro elemento principale. Una FONTANA e alcuni elementi che il Maestro studiò nel suo codice DEDICATO ALL'ACQUA. Un'idea straordinaria che ci consentirà di avere qui a Caposele storici e studiosi che potranno, accompagnare la realizzazione di quest'opera mai ricostruita. Sono molto contento di tale opportunità che Caposele spero possa cogliere a volo, ripensando a quello che è stato Leonardo nel mondo intero, ma anche per una piccola realtà interna come la nostra, a dimostrazione che la cultura e la voglia di scommettere su idee del genere, possa restituire a tutta l'area, un piccolo stimolo per andare avanti in momenti di grande crisi come questi che stiamo vivendo. Ne parleremo prossimamente attraverso un imminente evento pubblico dedicato alle celebrazioni per Leonardo in cui la Proloco Caposele e il Comune, principali attori dell'iniziativa, potranno diffondere i particolari e dare lo start ad un'altro tassello di stimolo e di crescita per tutta la nostra Comunità Irpina.

EREMITA-MARZANO”

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a sfida della mobilità sostenibile, le coordinate e le forme di un nuovo disegno di sviluppo turistico, capace di "sentire il Sele": questo il tema del convegno "Viabilità, trasporti e mobilità sostenibile. Verso la ciclovia del Sele". Un'iniziativa per presentare il progetto della "ciclovia del Sele", un incontro per raccontare l'importanza di un percorso che, da Caposele fino a Paestum, attraversi l'intera Riserva Naturale, connettendo risorse ambientali e beni culturali. Un percorso base che sarà ampliato con splendide connessioni sul Tanagro, territorio condiviso con il Parco Nazionale del Cilento - Vallo di Diano - Alburni, e sul Parco dei Monti Picentini, con i Presidenti delle tre aree protette ad operare in strettissima sinergia. Fondamentale, in questa operazione, sarà la capacità di coinvolgere e dare ascolto alle comunità locali, decisivo sarà l'apporto del territorio, chiamato a

investire energie su un disegno che ha già ottenuto riscontri favorevoli dalla Regione Campania, come testimoniato ieri dall'Onorevole Luca Cascone, Presidente della Commissione Trasporti. Tanti i cittadini che hanno partecipato, tantissimi gli operatori e le associazioni pronti a dare il proprio contributo.


Blog Una suggestiva ed emblematica immagine di piazza Sanità . Nella domenica delle Palme ritrovo una fontana che funziona e le fioriere recuperate con magnifici fiori. Apprezzo molto lo sforzo di attenzione per il decoro urbano, in questo caso, della A.C. Mi compiaccio sperando che sia l’inizio di un percorso di cura, manutenzione e miglioramento del nostro patrimonio, utile a stimolare la crescita civile del nostro Paese.

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ncora un post dedicato alla cultura e alla possibilità che la stessa possa trainare turismo e voglia di bellezza. Mi sono ritrovato oggi alla presentazione di una nuova scoperta del meraviglioso dipinto di un allievo di Leonardo, tale Bernardino Luini. Sarebbe magnifico come accadde a Caposele nel 2013 per la “tavola Lucana”(autoritratto originale di Leonardo) - oggi in mostra a Madrid- poter portare in esposizione in Irpinia quest’altra straordinaria opera d’arte; magari in occasione di una celebrazione dedicata al

500esimo della morte del genio di Vinci. Portare nelle aree interne cultura ed arte è una delle operazioni straordinarie da implementare sulle quali la politica e il Mondo imprenditoriale devono assolutamente puntare per uno sviluppo territoriale intelligente. Si vedrà... ma sono convinto che con l’aiuto di tutti potrebbe essere possibile realizzare tali eventi. Nel frattempo grazie al prof. Nicola Barbatelli che ha accettato nuovamente la scommessa di far divenrare capitale della cultura Irpina Caposele.

La convenzione del 2012 finalmente riabilitata !

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o assistito al Consiglio Comunale sulla discussione del bilancio di previsione del mio Comune. Devo dire che, al di là dei complicati e freddi numeri da cui evinco la grande difficoltà della nuova A.C., (la bacchetta magica non è in dotazione a nessun politico), mi ha ben impressionato il ragionamento del Sindaco sulla “famigerata” convenzione acqua del 2012. Penso che finalmente sia stata certificata la fine della DEMONIZZAZIONE di quell’atto firmato con l’A.Q.P., con la chiara evidenziazione che lo stesso (grazie anche alla riduzione della tariffa per alcuni comuni, Caposele incluso ) sia stato un OTTIMO accordo. Certamente da correggere, migliorare, implementare, ma finalmente non più drammatico come era stato dipinto fino ad oggi. Dopo la riduzione della tariffa acqua) sulla quale sono convinto si possa fare di più), insieme ad altre operazioni sulla riduzione del consumo, su interventi di riparazione e monitoraggio e sulla razionalizzazione della distribuzione della nostra risorsa principale, si potrà, anzi si dovrà ottenere ancora PIÙ’ RISPARMIO dai soldi pugliesi , in modo che il bilancio comunale possa, già dall’anno prossimo, restituire (grazie alla convenzione del 2012) grandi risorse economiche, alla stregua dei primi anni, dopo la firma del compromesso. Più risorse vorrà dire tanti servizi, meno tasse e investimenti progettuali che però, quest’anno, ahi noi, non sono riuscito a ritrovare nelle pagine del bilancio approvato. Il percorso è appena cominciato; tempo al tempo si dirà ;Giusto!

La partita adesso che la palla è tornata al centro, può ricominciare! Qui, però finiscono le scusanti e le attese di tanti che hanno affidato alla nuova Giunta, speranze e aspettative. Oggi è tempo di “accorciarsi le maniche”! Il percorso è duro e in salita, ma d’altronde per le nostre piccole comunità non è mai stato facile in ogni epoca e per qualsivoglia Amministrazione ! Buona fortuna!

IL BICCHIERE E' MEZZO PIENO!

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i va di parlare ancora di Convenzione acqua - Caposele – A.Q.P. ,anche sapendo che accenderà le solite e strumentali polemiche nei più suscettibili. Però è necessario che si ascoltino altre campane, senza demonizzare chi si è impegnato per lo sviluppo del Paese nel recente passato, pur con evidente ammissione su qualche peccato veniale di superficialità. La convenzione del 2012 proviene da una lunga storia che ha visto protagonisti molti locali personaggi politici gloriosi e meno, ma ha origine sopratutto dal desiderio di stravolgere, in positivo il rapporto tra il Comune di Caposele e l'A.Q.P. Tante questioni potevano essere messe sul tavolo allora, ma il compromesso che vede sempre due parti a confrontarsi, ha fatto sì che ci si dovesse accontentare di alcune intese, tra l'altro avallate ed accompagnate da molti cittadini ed organizzazioni sociali e politiche. Non voglio annoiarvi con una disquisizione storica-tecnica, di cui si sono riempite pagine e pagine di libri e blogs, ma devo sottolineare invece, che oltre ai benefici avuti fino ad oggi (circa 4 milioni di euro nelle casse del Comune in 5 anni), se dovesse essere modificata l'iniqua tariffa che l'A.Q.P impone alla nostra Comunità, la convenzione del 2012 potrebbe di nuovo produrre per Caposele un discreto REDDITO ANNUALE. Non dimentichiamo che insieme a tale operazione (già definita nel BURC del 2011 e riportata esplicitamente in convenzione – art. 4 C.s.d.) sarebbe necessario tentare di RIDURRE sia i nostri consumi giornalieri di acqua - paragonabili a quelli di grandi città-, che CONTINUARE con la sostituzione e riparazione di acquedotti colabrodo i quali, aumentano, di fatto, tale consumo. (Il vantaggio di una manutenzione in capo al Comune – anche questa messa sul

banco degli imputati- risiede proprio nell'immediatezza dell'intervento di riparazione che evita le enormi lungaggini dell'A.Q.P e quindi lo spreco). Mi pare, da quel che sento, che oggi, il percorso politico stia dando buoni frutti nella direzione del mutamento della tariffa acqua e non volendo assolutamente sminuire quel che l' attuale A.C. sta tentando di fare, vorrei spezzare una lancia (con un minimo di sofferenza) a favore della “compagine Farina” che, non più di qualche anno fa, aveva già messo in moto un processo del genere proponendo anche al Governatore Emiliano (Regione Puglia) di riportare, nelle more del cambiamento tariffario, gli accordi scontistici di inizio convenzione con l'A.Q.P. Tutto però (NON DIMENTICHIAMOLO), al netto di una normativa sull'acqua pubblica che potrebbe, a breve, stravolgere qualsivoglia convenzione e ogni encomiabile piano locale! Al di là dei meriti o demeriti (a secondo del punto di vista), sono speranzoso che il ritorno alla “GIUSTA TARIFFA” possa materializzarsi in tempi brevi e rispetto ai punti specificati, sarei molto soddisfatto se ciò potesse portare subito Caposele fuori dalle sacche di una crisi anche sociale e di divisione, che probabilmente si alimenta, purtroppo, anche per una sofferenza dovuta alla rinnovata mancanza di lavoro. Molto sommessamente sicchè, il mio modesto suggerimento va in direzione delle forze politiche locali affinchè evitino, attraverso un'esagerata enfasi e additando colpe regresse, di esasperare gli animi di una popolazione, già spaccata dalle ultime elezioni amministrative. Auguri, quindi, per un buon inizio di un'arrancante primavera con un bicchiere ottimisticamente MEZZO PIENO!

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Attualità di Sina Merino

Giornata della lettura – ad alta voce

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o scorso 22 maggio si è svolto in Svizzera la giornata nazionale della lettura ad alta voce. Ho approfittato di questa giornata di fare in nome del mio datore di lavoro il mio volontariato e voluto che i miei ascoltatori fosse il pubblico piccolo. Nel ruolo di fata madrina ho bussato a sorpresa degli alunni alla porta della prima e seconda elementare delle scuole di Olten e Zofingen e l’asilo nido Koalabär ad Aarau. Ho chiesto ai scolaretti se piacesse loro a leggere e quale sia la loro favola preferita e li ho coinvolti nella mia let-

tura. Avevo scelto di leggere due favole svizzere tratte dal libro di Trudi Gerster, l’amata raccontafavole scomparsa un paio d’anni fa. Ho voluto dare ai bimbi l’incoraggiamento e la passione di leggere, perché è molto importante per il loro futuro e sviluppo, ancor più oggi nell’era dei smartphone. I bimbi sono rimasti contenti e mi hanno raccontato dalla loro giovane vita. Ringrazio le maestre per la bella accoglienza, tra l’altro la nostra compaesana Maria Dea Covella, e il loro impegno d’insegnare. Il ringraziamento dei bimbi con i loro occhi brillanti è stato per me.

PUBBLICA ASSISTENZA CAPOSELE: OGNI GIORNO PER TUTTI

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e attività della Pubblica Assistenza Caposele non si fermano praticamente mai! Oltre alla gestione degli interventi di emergenza-urgenza sanitaria 118 che sono previsti H24, dal lunedi al sabato restano aperti il centro autogestito per anziani e il centro per persone in condizione di diversabilità. Inoltre, come sempre l’associazione la collabora con altre Associazioni nazionali per le campagne divulgative di prevenzione, così proseguono sempre con buoni risultati, gli appuntamenti con AIRC, AISM e Ass. Neuroblastoma, e la relativa distribuzione rispettivamente dell’azalea della ricerca, delle piante aromatiche e delle uova di cioccolato. Anche quest’anno poi, l’Associazione ha organizzato un percorso di accompagnamento alle cure termali convenzionate che si è svolto le ultime due settimane di giugno. Anche quest’anno sono stati avviati al Servizio Civile ben 8 giovani di Caposele. Continua anche l’esperienza del progetto DIANA e il 25 febbraio scorso vi è stato il SEMINARIO Ben-Essere Donna Percorsi di Salute Donna e Famiglia. Oltre i saluti di Carmela Malanga Delegata Politiche Sociali Com. di Caposele, Elisabetta Granata Direttore Distretto Sanitario S. Angelo dei L. e Michelina Iuliano Direttore Consorzio dei Servizi Sociali Alta Irpinia di Lioni vi sono stati gli interventi di Raffaella Monia Calia Sociologa AS.FOR.IN., Teresa Nigriello Psicologa Consultorio Familiare di Lioni, Patrizia Delli Gatti Sociologa C.O. Screening P.O. S. Angelo dei L., Maria Giuseppa Martina (Pina) Presidente AM-

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DOS Alta Irpini e di Antonella Coppola Segretaria Politiche di Genere CGIL Avellino Sempre all’interno del progetto DIANA ad inizio luglio è partito il Centro Sociale Polifunzionale per minori denominato “L’Isola che non c’è” di Caposele che ha visto la partecipazione di 16 bambini nella fascia di età 3-12 anni. Il Centro Sociale Polifunzionale ha lo scopo di favorire la socializzazione, la capacità creativa ed espressiva, l’educazione all’autonomia e alla libertà di scelta dei minori. Le attività svolte all’interno dello stesso hanno lo scopo di promuovere e potenziare attraverso il gioco, la creatività, la capacità di socializzazione, il rispetto delle regole di gruppo di ogni singolo bambino. Le attività, così come previsto dal Catalogo dei servizi residenziali, semiresidenziali, territoriali e domiciliari di cui al Regolamento di attuazione della L.R. 11/2007, vengono svolte con l’ausilio di personale qualificato. La Pubblica Assistenza Caposele sta già provvedendo al recupero dei fondi utili alla realizzazione del Centro anche per il prossimo anno. E, da marzo a maggio scorso, l’associazione ha organizzato il X° Corso di Primo Soccorso rivolto alla cittadinanza, che ha visto la partecipazione di oltre 70 persone. Per quanto ci siano problemi o criticità, i volontari rimangono a disposizione della comunità di Caposele cercando di fare del loro meglio, per tutti. Supportiamoli, un po’ d’aiuto è possibile darlo senza nemmeno impegnarsi troppo, ma intanto, sempre grazie ragazzi!

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RACCONTI DI VITA VISSUTA “

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er me lo scrivere è sempre stato uno dei sistemi più semplici ed efficaci di comunicazione, indi per cui non bisogna solo limitarsi a raccontare fatti realmente accaduti, ma sforzarsi a lasciare tracce ai posteri. Miei cari Caposelesi, oggi vi voglio parlare di una persona a voi già nota, ebbi la fortuna e il privilegio di conoscerla durante una rappresentazione letteraria in Raito di Vietri sul mare “PREMIO ALBORI“ che per l'occasione venne consegnato al cronista e giornalista Toni Capuozzo il premio alla carriera, con il suo ultimo libro: “ IL SEGRETO DEI MARO' “ Al termine della bellissima serata ,ci fu solo il tempo necessario per poter salutare il Toni Capuozzo,con a seguire una rapida stretta di mano ai presenti, ma fui lesto nel chiedere alla speaker della serata Maria Grazia Salpietro, chi fosse quella splendida donna in abito nero con un sorriso abbagliante, la sua risposta fu : “ So solo che è una scrittrice che vive in Svizzera ma ha parenti ad Eboli ed anche in un piccolo paesino della provincia di Avellino, si chiama Sina Merino “ . Ero stanco, anche perché avevo girato per tutta la mattinata Vietri sul mare a piedi, alla ricerca di qualche angolo par-

di Vincenzo Ciccone ticolare da fotografare, poi non da ultimo dovevo fare rientro in Roma. Sina Merino esordisce come scrittrice prima in territorio Elvetico successivamente la sua prima opera letteraria varca il confine tradotta in italiano, quindi iniziano i vari giri di presentazione anche in Italia, il titolo originale è : “DIE PAPIERFABRIK “ mentre nella nostra Italica lingua è : “LA CARTIERA“ . La nostra Sina ha fatto un lavoro certosino e ben articolato, man mano che si procede nella lettura dell'opera tascabile, si leggono delle frasi virgolettate da farti sentire più vicini alla tua terra natia, tu che vicino non sei, come ad esempio a pagina 33 della terza riga leggiamo : “ st' femm'n so tutt' zoccol' “ non è la volgarità che rende ma l'idioma che ci rende unici e più vicini al nostro territorio ed in particolar modo al lettore che è fuori dal suo confine italiano. Non voglio condizionarvi, ma a me personalmente piace di più e tantissimo la lettura cartacea, dove tu senti anche l'odore delle pagine che sfogli.

I bambinidella ludoteca presso la sede della Pubblica Assistenza


Questa

rubrica è disponibile per chiunque volesse pubblicare foto dei

propri eventi felici.

La redazione de "La Sorgente" è a vostra disposizione per tutto il materiale che VOI ci inviate in tempo utile prima dell'uscita del giornale. le foto publicate sono il segno della vostra collaborazione.

Giorni Lieti

Bianca Merola di Lorenzo e di Caruso Antonella nata il 03.12.2018.

Giueppe Caruso in data 17.12.2018 ha conseguito la laurea magistrale in giurisprudenza.

Ilaria Cuozzo in data 12 Aprile 2019 ha conseguito la laurea in Scienze Biologiche presso l'Università degli studi di Siena

Maria Russomanno di Eugenio e di Edyta Anna Pieszko nata il 15.05.19 18.03.2019 Gerardina Spatola si laurea in Farmacia e Farmacia industriale presso l’università G. D'Annunzio di Chieti Pescara.

Laurea Specialistica in Management e Consulenza professionale per le imprese con votazione di 110L/110 presso l’Università degli Studi di Salerno in data 18 giugno 2019. Tesi in Economia dei settori industriali: “L’innovazione nelle Start-up come valore aggiunto per la crescita economica - il caso dell’incubatore Campania NewSteel”.

Rocco Guarino in pensione Gli amici del quartiere gli hanno preparato una bella festa

Natascia Curcio e Luciano Fenu Sposi - 29.06.2019

Marcella Salicone laurea in Filosofia presso l'Università di Pisa

Andrés Notaro di Rocchina e Roberto nato il 03.06.2019

01.06.2019 Gerardo Grasso e Silvia Alagia sposi

Nozze D'ORO Davide Damiano e Gerardina Vitale. Grande è stata l'emozione per la riuscita della festa a sorpresa. 50 anni di matrimonio di amore, gioia, dolore e tanti sacrifici racchiusi in un grande traguardo. Auguri.

Federico Malanga di Giuseppe e Carmela Cuozzo, nato il 25.01.2019

AUGURI AI CINQUANTENNI Anno XLVI - Agosto 2019 N. 98

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LE ATTIVITA' DELLA I PERCORSI TURISTICI DI CAPOSELE SI APRONO A PROGETTI PIU’AMPI

UNA SERATA PER GLI AMANTI DELLA MUSICA CLASSICA

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’attività di accoglienza e divulgazione turistica che da anni si porta avanti attraverso il SIMU Caposele, continua a dare discreti risultati, sia in termini numerici che di gradimento e questo dato, raggiunto grazie soprattutto alla disponibilità delle guide volontarie della Pro Loco Caposele, ma anche grazie ai ragazzi del progetto “Festivalart, giovani per il paese dell’acqua” e oggi dei ragazzi del Servizio Civile Volontario operanti a Caposele, non può che renderci orgogliosi di quanto abbiamo iniziato e continuiamo a fare in questo settore, supportando le amministrazioni comunali che si sono succedute sempre con lo stesso slancio. In questo senso, l’adesione a programmi di cui condividiamo il senso di voler ampliare gli orizzonti dell’offerta turistica, che si propongono come tappe dello splendido mosaico rappresentato dalle varie e uniche esperienze che si riescono a fare in Irpinia, non solo nei singoli paesi che però contribuiscono con le loro specificità a rendere l’esperienza di questo viaggio davvero particolare. L’Irpinia è speciale perché c’è anche Caposele con le sue tipicità e le sue tradizioni. Vi aspettiamo a Caposele!

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razie alla collaborazione tra gli assessorati alla Cultura e al Turismo e la ProLoco Caposele, è stata organizzata e realizzata una serata dedicata alla musica classica, un concerto per pianoforte e violoncello che si è svolto nella stupenda, quanto ottimale location della Chiesa della Madonna SS. della Sanità. Intitolato Suoni ispirati, il concerto è stato molto partecipato e gradito dai partecipanti. Un grazie particolare va ai maestri Veronica Loria e Davide Cesarano, che con la loro esibizione hanno letteralmente trasportato il pubblico nella loro bella narrazione musicale. Un’altra bella serata all’insegna della musica!

LA PRO LOCO CAPOSELE E I RISULTATI DEI PROGETTI DI ALTERNANZA SCUOLALAVORO "Imparare a leggere il territorio:La divulgazione turistica" con gli studenti del Liceo Linguistico di Sant'Angelo dei Lombardi e “Arte e ambiente: Conoscere e promuovere le risorse del territorio” con gli studenti del Liceo Scientifico di Caposele, due progetti dedicati a fare esperienza di alternanza scuolalavoro in cui la Pro Loco Caposele è stata scelta come partner. Con grande soddisfazione riportiamo i risultati concreti che sono stati raggiunti grazie al supporto dei docenti interni Vincenzo Fasano e Ninetta Di Masi e a collaboratori che si sono messi a disposizione per la supervisione come il graphic design Pasquale Pallante grazie al quale è stata ideata e realizzata una nuova immagine coordinata su Caposele riprodotta su magliette, segnalibri, buste di carta e magneti che sarà possibile utilizzare in futuro per gadget o altra necessità divulgativa, con un disegno giovane, fresco e accattivante. Inoltre, dalla fine dell’anno scolastico, è disponibile, su Google PlayStore l’App "Scopri Caposele" creata dal prezioso operato di Gerardo Notaro (a supporto del progetto scolastico), una “geoaudioguida” elaborata in quattro lingue e registrata dagli studenti. Realizzata per far conoscere in modo nuovo le bellezze naturali ed artistiche del comune di Caposele: quando si usa

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l'app, camminando per il paese, in ogni luogo "sensibile" è possibile ascoltare la specifica audioguida, nella lingua selezionata, con le descrizioni realizzate e registrate dai ragazzi che sono così diventati protagonisti della valorizzazione! Due iniziative meritevoli e a disposizione di tutti! Grazie a tutti per spirito, collaborazione, capacità e per l’entusiasmo dimostrato per questa buona causa!


Almanacco

Giorni tristi Nella vita non c'è tempo per i dispiaceri rancore o tristezza?. Hai dedicalo tutta te stessa per la famiglia, insegnandoci, giorno dopo giorno, tutto ciò che potevi. E non importa quanto il tempo possa essere crudele; perché non dimenticheremo mai quello che hai fatto per noi. Il ricordo à ciò che ci hai dato vivrà per sempre e non ci sarà il tempo per essere tristi ma soltanto per essere felici dei momenti trascorsi con te nella vita.

Donatella Rosania n.20.07.1938 m.09-06- 2019

Gelsomina Salvatore in Casale - Pasquale Nesta 23.04.1939 - 02.04.2019 11.07.1930 - 08.04.2019

Ricordo di Mariarosaria Caprio di Antimo Pirozzi

Mariarosaria Caprio – 12./09.1930 – 20.01.2019

Ho appreso con molta tristezza la notizia della dipartita di Mariarosaria Caprio, vedova dell’avv. Quagliariello, originaria di Caposele. Pupetta, come confidenzialmente veniva chiamata, era una brava e stimata professoressa della Scuola Media di Sant’Angelo dei Lombardi. Donna signorile, elegante, portamento di gran signora , faceva parte delle persone più in vista di Sant’Angelo. Ma non solo perché moglie dell’avv. Quagliariello, piuttosto per aver ereditato i caratteri peculiari del papà Francesco Caprio e della mamma donna Clelia Urciuoli : persone queste di grande carisma e di indiscussa signorilità. Durante il mio servizio presso la caserma Carabinieri di Sant’Angelo incontravo spesso la signora Pupetta e si conversava piacevolmente grazie anche alla grande amicizia e comparanza contratta con il papà più volte Sindaco di Caposele. Erano

gli anni settanta: la vita cittadina di Sant’angelo era molto ravvivata dalle vicende politiche. L’avv. Quagliariello e l’avv. De Vitto, entrambi consiglieri regionali, avversari politici, tenevano alta la tensione grazie ad un dibattito sempre molto acceso e vivace. Ma la rivalità oltre che po-litica anche professionale tra i due uomini politici non aveva in alcun modo coinvolto le rispettive consorti, che coltivavano una sincera e spontanea amicizia. E questo loro comportamento di completa estraneità alla lotta politica, le faceva stimare ed apprezzare dall’intera popolazione. Purtroppo gli eventi sismici del 1980, costrinsero la famiglia di Pupetta e tante altre famiglie scampate ai danni del terremoto, a trasferirsi in Avellino ed in altri luoghi. Pupetta, accolta da tantissimi amici e parenti, è ritornata a Sant’Angelo per riposare nella tomba di famiglia. Lascia un ricordo indelebile di persona straordinaria in tutti quelli che hanno avuto la fortuna di conoscerla. Con tanto affetto, Antimo e Raffaelina

Ricordo di Francesco Di Vincenzo di Antimo Pirozzi

Francesco Di Vincenzo 25.07.1939-11.01.2019

Gerardo Guarino n. 14/10/1930 m. 10/06/2019

Nell’inseguire racconti, storie , profili, e quanto contenuto nella pubblicazione “ Gente di Caposele”, parlare di Francesco l’elettricista è conseguenziale. Nella tarda mattinata di martedì 9 gennaio scorso, il caro Franco mentre conversava con amici nel Bar del Corso è stato colto da improvviso malore. L’immediato ricovero in Ospedale non è servito, purtroppo, a salvargli la vita. Francesco Di Vincenzo, classe 1939, detto confidenzialmente “Francisco”, era una persona molto a modo, buono con tutti e sempre disponibile ad intervenire in casi di guasti o interruzione della linea elettrica. Aveva svolto il servizio di leva obbligatorio con il grado di Sergente. E di tanto era molto fiero. In tale periodo maturò la sua specializzazione di elettricista anche grazie agli esami per corrispondenza con la Scuola Elettra di Mio Nonno, molti lo conoscevano con il soprannome di “Martulluzzo r’oru” per la sua pignola precisione nel lavoro, molti con il soprannome di famiglia eriditato dal nonno “Peppantonio”, tanti altri perché è stato uno dei primi infermieri del nostro paese a prestar servizio in casa di tutti: aveva un “tocco magico” quando faceva le punture, soprattutto ai bambini, non si sentiva il minimo dolore e aveva conquistato la fiducia di molti. Si vantava di aver fatto il militare a Milano e di aver frequentato la scuola di infermiere. Lo esternava con orgoglio! Non passava donna a cui non dicesse la sua o bambino a cui non donava una caramella. Indescrivibile, quindi quello che ha potuto fare

Rocco Russomanno 1.10.1924 - 14.03.2009 per l'anniversario della scomparsa

Torino. A seguito dei disastri avvenuti a causa degli eventi sismici del 1980, si adoperò con tutte le sue forze per alleviare i danni dovuti a tale immane tragedia. Creò un gruppo di lavoro mettendo insieme dei giovani ai quali, tra l’altro, aveva anche insegnato il difficile mestiere dell’elettricista e riuscì ad elettrificare un gran numero di prefabbricati. Era molto legato alla famiglia, in particolare alla moglie Rosa che definiva “luce dei miei occhi”. La sue due figlie erano il suo orgoglio. Tantissima gente, anche da Calabritto, Teora e Lioni, ha partecipato ai suoi funerali a dimostrazione di quanta era la stima di cui godeva. Non è mancata la partecipazione del suo caro amici prof. Gregorio, venuto da Avellino nonostante le cattive condizioni del tempo. Caro Franco, ci mancherai molto nonostante il tuo carattere silenzioso e discreto, ma sempre con un atteggiamento rispettoso e gradevole.

Silvia De Angelis 07.02.1925 - 15-02-2019

Donato Liloia 22.03.1927 03.05.2019

Materdomini, 15 Gennaio 2019.

per le nipoti: Io la prima (che fortuna!), ogni mio desiderio era un’ordine; La seconda la sua Dottoressa, colei che aveva seguito le sue orme; La terza, colei che porta il suo nome e la più piccola. Ci ha lasciato, con il sorriso, inaspettatamente, la sera di un caldo lunedì di giugno. Che vuoto immenso ha lasciato!

Filomena Ilaria 17.11.1932 1.02.2019

Ciao Martellino Mio. Amore incondizionato, gentilezza, pazienza, umorismo, lezioni di vita. Così ti ricorderemo tutti.

Giusy

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