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PERIODICO A CURA DELL'ASSOCIAZIONE TURISTICA PRO LOCO CAPOSELE FONDATO NEL 1973

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Reg.Trib. S.Angelo dei L. n.31 del 29.1.74 - Sp. in A.P. art.2 comma 20/c L.662/96 Dir. Comm. Avellino -sem.- Anno XLIV -

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AGOSTO 2016 -

Direttore Nicola Conforti

confortinic@gmail.com EDITORIALE “Si riconosce l’autorevolezza di una istituzione se essa è utile, giusta e competente, se le persone che vi lavorano sono colte e civili, se in essa vive il rispetto che si deve per i cittadini, al cui servizio quella è posta”(anonimo). Sono principi che sanno di saggezza e di buonsenso. Le nostre istituzioni (chiamiamole così), “azzoppate” a seguito di eventi recenti, hanno perduto non solo quel poco di autorevolezza che avevano, ma anche la capacità di soluzione di problemi piccoli e grandi del nostro paese. Tra l’altro non hanno avuto rispetto per un giornale che per oltre 40 anni si è battuto in maniera dignitosa e coraggiosa contro soprusi di ogni genere e a favore del progresso della nostra cittadina. E’ bastato criticare le “cosiddette Istituzioni” per le scorrettezze perpetrate contro persone fattive e per bene, per scatenare invettive e prese di distanza. Ma le amministrazioni passano; i vari protagonisti, se sono stati veramente tali, lasceranno un buon ricordo, in caso contrario resteranno fatalmente relegati in un meritato “dimenticatoio. “Ai posteri l’ardua sentenza” ”La Sorgente” rimane; in oltre quarant’anni di vita ha resistito a tutte le “intemperie” delle varie stagioni politiche, senza mai debordare dalla sua principale missione che è stata la promozione del territorio e, senza tradire la sua innata professione d’amore per Caposele, continuerà sicuramente a privilegiare le cose buone e belle del nostro paese, da qualunque parte esse provengano.

Un PREMIO PRESTIGIO SO a pag. 4

aria Cittadinanza onor la a Vinicio Caposse

Angelo Ceres a pag. 36

C’è la Pro Loco che, malgrado le difficoltà del momento, continua con forza a difendere e a mantenere in vita i vantaggi culturali e turistici che l’unità e la compattezza “di un tempo” aveva contribuito a creare. E’ capofila di un grande progetto: saprà essere all’altezza del compito e ne saprà certamente interpretare ruoli e significati. Temo solo che, senza un supporto culturale, giusto e competente da parte delle istituzioni, qualcosa possa non andare per il verso giusto. Ma, come sempre, non c’è da disperarsi e, parafrasando un pensiero di Voltaire secondo il quale “ il tempo è galantuomo e rimette a posto ogni cosa”, sono certo che i contrasti, le incomprensioni e, in sintesi, il bene e il male, torneranno ad assumere, “con il tempo”, un significato più giusto e più vero, in una dimensione ed una luce più reale e meno traumatica. Veritas filia temporis


In seconda...

SOMMARIO

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FORUM DEI GIOVANI:

RIPARTIRE DALLA CONDIVISIONE E PARTECIPAZIONE di Alessio Merola Don Pasquale Cascio, Fabio Giuliani di Libera Campania e Giuseppe Caruso, Presidente del Forum dei Giovani della Campania (sempre pronto a supportare il Forum di Caposele); Successivamente ci sono state collaborazioni con alcuni locali di Caposele, come ad esempio il Concerto del 1° Maggio caposelese che ha riscosso successo ed interesse anche da parte dei paesi limitrofi;il grande impegno e dedizione per la festa della Musica 2016, alla quale il Forum ha dedicato tanto lavoro ed attenzione, cooperando con l’Associazione Festa della Musica. Rispetto alle precedenti edizioni la festa della Musica ha subito un salto di qualità su ogni punto di vista, da quello musicale a quello della partecipazione, dal sociale all’organizzativo, quindi si può essere soddisfatti del lavoro svolto e dei risultati ottenuti. Attualmente si lavora in ottica dell’estate caposelese, proponendo le consolidate “Caccia al Tesoro” e “Summer Games”, oltre che il “Ciao Darwin” in collaborazione con il Gruppo Silaris, e la festa di una fine estate.

Un Forum dei Giovani, in definitiva, dinamico, ma che lo è solo grazie all’impegno e la forza di volontà che ogni singolo membro mette in campo e al costante supporto fisico e morale che i loro genitori mostrano. Di vitale importanza deve essere, però, la continuità per riacquistare e far riacquistare ai giovani, la fiducia persa nelle istituzioni, percorrendo tutti insieme la strada della partecipazione e della condivisione. Un ringraziamento infine, va all’Amministrazione Comunale per il supporto mostrato fin’ora al Forum (con l’auspicio che possa continuare nel tempo) e alla redazione de “La Sorgente” per aver dato l’opportunità di scrivere sul periodico.

La Sorgente il Direttore

Caro amico Caposelese, La Sorgente con gli ultimi numeri ha segnato un grande e prestigioso traguardo: in poco più di quaranta anni di attività ha realizzato ben 92 pubblicazioni raggiungendo uno standard qualitativo di notevole pregio. Oltre 50 pagine di cronaca, di storia locale, di immagini e di ricordi,e senza alcuno spazio pubblicitario, hanno caratterizzato un giornale che, oltre ad avere avuto un notevole successo in sede locale, è riuscito a mantenere i contatti con tanti Caposelesi in Italia ed all’estero, risvegliando sentimenti di amore e di attaccamento alle origini. Per continuare in questo meraviglioso ma faticoso e costoso lavoro, abbiamo bisogno di tutti quelli che hanno a cuore il nostro impegno a favore di Caposele. Un contributo, anche di piccola entità, ci darà la sensazione che ciò che facciamo è di vostro gradimento e ci aiuta a sostenere uno sforzo economico di notevole entità. In attesa di un cortese riscontro, porgo cordiali saluti. Nicola Conforti

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AI LETTORI E SOSTENITORI

rogressivamente, nel corso dei suoi 12 anni di vita, il Forum dei Giovani di Caposele ha acquistato un posto di rilievo nel panorama culturale e sociale provinciale, diventando un punto di riferimento valido per Caposele. Non a caso l’associazione è cresciuta molto nell’ultimo anno, in termini di iscrizioni, arrivando a 35 adesioni. Se il Forum sta ottenendo questi risultati è sicuramente grazie alla tranquillità del posto in cui questo opera; all’impegno che tanti giovani dedicano per amore e passione del loro paese; alle numerose iniziative che vengono promosse e positivamente realizzate, come l’Assemblea pubblica, svoltasi nel mese di marzo, dove il Forum si è aperto ai giovani e alla cittadinanza, spiegando il ruolo che esso ricopre nella società e i programmi delle attività da svolgere nell’arco di 5 mesi, costituendo una rete tra associazioni locali e Forum dei paesi dell’Alta Irpinia; l’incontro informativo riguardo il “Referendum Abrogativo sulle Trivellazioni” realizzatosi l’8 aprile con esperti del settore, dal punto di vista legale, medico ed ambientale analizzando in maniera neutrale, le ragioni del si e del no; il convegno “Parliamo di legalità”, svoltosi con sole due settimane di differenza dal precedente convegno, alla quale ha partecipato con piacere, il procuratore della Repubblica di Avellino, Rosario Cantelmo, ospite illustre per Caposele, oltre al vescovo

1. Nicola Conforti – L’autorevolezza... 2. Alessio Merola – Ripartire .... 3. Gerardo Ceres – Il corso delle cose 4. Eventi e non solo 5. Concetta Mattia – La scommessa..... 6. /7 Concetta Mattia Piccola cronaca 8. Ernesto Caprio – Dialogo ... 9. Antonio Ruglio – Un nuovo inizio 10. Cesarina Alagia - paese dei veleni .... 11. Paola Majorana – Il nostro piccolo mondo... 12. Gelsomina Corona e Luigi Fungaroli – Chissà 13. Gerardo Ceres – Cittadinanza onoraria... 14. Alfonso Merola – Il dialetto caposelese 15. Arte e poesia 16. Il diario di Marcella Salicone 17. Mario prof. Sista – Lettera di S.Alfonso ... 18. Fiorenzo Iannino – Diario di un pellegrino... Lettera aperta a Vinicio Capossela 19. Mirella Merino – La vera bellezza – 20. Milena Soriano – Quando Berta filava … 21. Dora Garofalo – Un ritorno alle radici 22./23 Giuseppe Grasso – Una realtà .... 24. Pasquale Ceres – Storia delle famiglie ... La foto dei ricordi 25. Michele Ceres – Le acque Irpine.... 26. Agostino Della Gatta – Distretti Turistici … Alberto Pigliapochi – Il chewin gum .... 27. Alfonso Merola - I migliori 28. Rodolfo Cozzarelli – Cambiare idea Gabriella Testa – Quali i punti di forza .... 29. Cettina Casale – Statti cittu.... 30. Alfonso Sturchio – Tatore ‘o schiattamuort’ 31. Gerardino Calabrese - Imprenditore ... 32. Fiorella Merino – Le sfide della famiglia... Vincenzo Ciccone – Radici & Futuro 33. Don Vincenzo Malgieri – 2016 Anno Santo .. 34. Breve Storia di Caposele – Le località ... 35. Gerarda Nisivoccia – Questione di punti .... 36. Angelo Ceres –I benefici del Territorio... 37. Mario Sista (romano) – Il dialetto .... 38. Giuseppe Ceres dall’Australia – Storie .... Giuseppe Rosania – Sogni in una notte d’estate 39. Umberto Malanga dal Brasile - Puro affetto 40. Gelsomina Monteverde – Tutti pensano ... Eugenio Russomanno – Il mio piccolo saggio 41. Armando Sturchio – Sintesi della relazione ... 42. PD – Che stagione si apre? 43. Giuseppe Casale – Una pigotta per l’Unicef 44. Giuseppe Caruso – Il Forunm Regionale .... 45. Giovanni Viscardi – Critici ma propositivi Gerardo Ceres –Festival-art.... 46. Rosamaria Ruglio – VI Giornata Mondiale... Tania Imparato – Riflessioni 47. Salvatore Conforti – Turismo a Caposele 48. Giuseppe Grasso – Quando la politica ... 49. Roberto Notaro - GS Olimpia: trent’anni... 50. Le squadre dei grandi successi – le foto Gessi e Giada Casale vincono al tennis.... 51. Salvatore Conforti – Programmare ... 52. Alfonso Merola – La Maestra Annamaria Gerardo Ceres – Ricordo di Lisandro 53. Giorni lieti 54. Gerardo Vespucci - Salvatore Di Napoli 55. Ricordo di:.... 56. Luoghi da visitare

La Madonnina di Piazza F. Tedesco

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Direttore Nicola Conforti


Cultura

Proseguiamo questa narrazione che si estende lungo i sentieri delle memorie dirette come in quelli di tante persone, cui ho trafugato storie poi ricomposte per schemi tematici. Anche questa volta ci cimentiamo a ricordare aneddoti e personaggi che hanno segnato la nostra giovinezza.

Con annessi e connessi. PARTE XI di Gerardo Ceres

Fin quando ci saranno storie da raccontare vorrà dire che la vita non trascorre, come mai è trascorsa, invano. Specie nelle piccole comunità, in un tempo che si arricchiva di conversazioni e di teatralità. Di questa ricchezza continuiamo a scandire questo viaggio, riportando alla memoria aneddoti e personaggi che hanno segnato la nostra giovinezza e che qui riportiamo con le “volute” colorature per strappare un sorriso. Non me ne si vorrà, come sempre, per alcuni necessari adattamenti narrativi. (Bande e banditori, sui generis)

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e bande musicali hanno sempre rappresentato un vanto per Caposele. La loro storia sarebbe lunga e complessa da raccontare. Di certo, la prima in assoluto nacque per volere di Fratello Antonio, un Liguorino del Santuario di S. Gerardo, a Materdomini. All’interno di quel nugolo di giovani “musicanti”, due in particolare mostrarono l’attitudine necessaria a “fare impresa con la musica”: Pepp’ ‘r farconu (Malanga) e Gaetano ‘r m’n’straru (Vitale). All’inizio insieme poi, come a volte capita, i due intrapresero strade diverse, diventando i capi di due diverse bande: quella di S. Gerardo con Peppe e quella Città di Caposele con Gaetano. Ma i numeri di musicanti erano limitati e pertanto si rinsaldavano le fila ricorrendo ad un’altra gloriosa scuola bandistica, quella di Calabritto, arruolando negli anni vari strumentisti. Le due bande acquisirono presto un certo prestigio, tanto che era di loro appannaggio l’ingaggio per le Feste patronali e religiose in ogni dove delle provincie avellinese, salernitane, lucane, con non rari sconfinamenti addirittura in Puglia e Calabria. Più importante era la Festa, più ricco era il paese e il comitato che la organizzava, tanto più veniva richiesta una composizione numericamente larga della banda. Veniva per lo più ritenuto che facesse la differenza non solo la qualità degli strumentisti ma anche l’imponenza numerica della formazione. E il costo variava anche a secondo degli elementi allineati, cioè del numero di musicanti impiegati. A volte diventava complesso, per il numero richiesto al momento della stipula del contratto, trovare la disponibilità di musicanti. Poteva capitare, solo per fare qualche esempio, che per la Festa di San Canio a Calitri o per quella di San Francesco da Paola a Pescopagano, si richiedessero 32 elementi e che non si riuscisse a raggruppare un numero così elevato di strumentisti. Ma capitava pure che per talune feste,

tipo quella di Sant’Antonio ch’era venerato contemporaneamente in più di un paese diverso, per far fronte alle molteplici richieste, si spacchettasse la banda in piccoli gruppi, con tre o quattro musicanti bravi, altri così-così ed altri ancora… E, allora, si ricorreva ad artifizi, per non dire a vere e proprie canagliate e furfanterie, pur di raggiungere il risultato che, in ogni caso, soddisfacesse i committenti e, in generale, il popolo in festa. Semplicemente, si assoldavano per poche lire, due panini e qualche birra, delle figure senza arte né parte. Si dava loro qualche improbabile divisa e qualche strumento a fiato “upp’latu”, cioè impossibilitato ad emettere il benché minimo suono. Per meglio intenderci, nella canna della tromba o del trombone veniva inserito un piccolo straccio che impediva allo strumento di assurgere alla sua funzione. Garantito il numero richiesto, la festa poi scivolava liscia. E le feste degli anni cinquanta e sessanta erano una miscellanea di mercati e fiere brulicanti di persone di ogni età e ceto sociale, giostre, fuochi d’artificio, ammiccamenti erotici. Per i musicanti era comunque una bella avventura, condita – negli orari vuoti della festa, cioè negli spazi dell’attesa – di mitiche partite a tressette, di grandi bevute di birre o di qualche furtivo imboscamento con qualche dama del posto. Per chi musicante non era, soprattutto, la festa era maggiormente gustosa: si mangiava e si beveva a sbafo: la qual cosa non era del tutto assicurata restando – in canne – a Caposele. Quindi, per Peppe, da un lato, e per Gaetano, dall’altro, non era mai difficile assicurare i numeri richiesti. Di candidati a reggere gli “strumenti upp’lati” ce n’erano a volontà. Ogni mito ha anche il suo lato oscuro o quanto meno controverso. Per le bande musicali di Caposele, questo era certamente il più sottaciuto seppure noto ai più. E qui si vuol lasciare traccia, solo per farne storia minore, memoria non rimovibile di un passato comunque glorioso.

(Peppino e il suo sax tenore)

menti a fiato. Credo che il suo preferito fosse il sax tenore, che suonava quando la formazione era a pieni ranghi, cioè nelle grandi occasioni delle feste maggiori, con le processioni più rituali e sentite dal popolo credente. A Caposele la processione in assoluto più partecipata è quella della prima domenica di settembre, quando nel tardo pomeriggio, da Materdomini viene portata la statua di S. Gerardo Majella. Accolta al Ponte, con tutti gli onori civili, la processione si snoda per la via dedicata allo stesso santo fino a giungere alla Chiesa Madre, miezzu a lu chianu. Durante il percorso si alternano, secondo un copione secolare, le preghiere liturgiche e le arie musicali eseguite dai musicanti, col disincanto di chi viene da una lunga giornata di lavoro e da qualche birra nelle gambe. Nel caso di Peppino, forse, le birre dovettero depositarsi copiosamente nella vescica. Infatti, giunta la processione all’altezza del muraglione del Palazzo scolastico, di fronte alla vecchia trattoria “La Rosa”, divenuta negli anni recente birreria “Wake-up”, a cento metri dalla sosta nella Chiesa Madre, la musica raggiunge l’apoteosi e la banda dà il massimo delle sue potenzialità. Si dà il caso che nel muraglione

v’erano incavati i vecchi bagni pubblici: due antri chiusi per gli atti più complessi ed uno, aperto, tipo vespasiano riparato alla vista dei passanti. Peppino, schierato al lato destro della formazione, giunto in prossimità della porta d’ingresso del bagno pubblico – sperando di non dare nell’occhio – furtivamente, vi si infilò dentro. Ne uscì dopo almeno due minuti, facendo l’indifferente, rassettandosi la patta dei pantaloni, guadagnò la posizione mentre la banda si era fermata prima di svoltare per via Roma. Il sax tenore, appeso al collo, gli dondolava a destra e a manca. Sperava di non dare nell’occhio. Il caso volle – quando il diavolo ci mette le corna e poi anche la coda – che dalla ringhiera sovrastante, ad osservare la scena, vi fosse un impunito Antonio Sena, fustigatore ironico degli accadimenti più particolari cui gli capitava di assistere. E quello lo era, nel suo piccolo ma lo era. Non è ripetibile, su queste pagine, la sequela di battute nelle settimane successive. Battute che Peppino sapeva parare e respingere imitando e ripetendo le sconcerìe verbali – anche queste irripetibili di Bombolo, con allusioni sulla lunghezza ricurva del sax tenore, come estensione improbabile di un altro strumento (bip). Ma tant’è.

La Banda "r farconu (Malanga)

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ra le diverse generazioni che sono state allevate nel vivaio delle scuole bandistiche caposelesi, ritroviamo personaggi già simpaticissimi di loro nella normale vita di tutti i giorni. Ne potremmo segnalare diversi. Ma qui ci soffermiamo su di uno in particolare, di uno solo, sopra tutti. Egli è Peppino Casale, lu figliu ‘r Lisandru, detto anche Bombolo per la sua capacità d’imitare l’attore romano dei cine-panettoni degli anni settanta ed ottanta. Bravo, Peppino, anche ad imitare la voce del grande Totò o quanto meno del suo doppiatore, Carlo Croccolo. Ma veniamo al punto. Peppino, come quasi tutti i musicanti, era un polistrumentista, nel senso che suonava diversi stru-

La Banda r' Gaetano ‘r m’n’straru (Vitale) Anno XLIV - Agosto 2016 N. 92

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eventi e...

...non solo

V Convegno Nazionale dei giornali editi dalle Pro Loco a Cimitile, nello splendido scenario delle Basiliche Paleocristiane, dove il nostro giornale e l'esperienza del suo Direttore, Nicola Conforti è stato premiato quale esempio di pubblicazione! Sono soddisfazioni che vogliamo condividere con tutta la nostra Comunità. Ad majora a La Sorgente, motivo di vanto per tutti noi! al

UN PREMIO IMPORTANTE

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abato, 4 Giugno 2016. È una giornata di sole. Arriviamo davanti casa dell'ingegnere Conforti. Busso alla porta. Ecco uscire un emozionato ingegnere vestito da grande occasione. Eh sì, oggi è davvero una grande occasione: lui e la sua invenzione "La Sorgente", il nostro giornale, ricevono un importante premio al V convegno Nazionale dei giornali editi dalle Pro Loco. Raggiungiamo poi, insieme a Concetta Mattia e Michele Cuozzo lo splendido scenario delle basiliche paleocristiane di Cimitile, posto scelto quest'anno come location per il ritiro del premio. Subito l'ingegnere e "La Sorgente" vengono onorati con parole bellissime. Ma è soprattutto la grande fama a "stupirci": "La Sorgente" viene

vista come simbolo e punto di riferimento da tutti i giornali delle Pro Loco d'Italia vista la sua longevità e il suo particolare stile che da tempo racconta Caposele, diventando archivio storicosociale di grandiosa bellezza! Nel momento della premiazione ho provato una forte commozione... Ho visto la passione, i sogni di un uomo che ha superato le montagne del menefreghismo e della passività. La passione di chi da oltre quarant'anni con tenacia non smette di credere ai propri sogni. Dopo la premiazione, percorriamo, sottobraccio, il percorso che ci conduce alla macchina. Sono momenti belli, fatti di parole sentite e vere, dette da un uomo che deve essere esempio per noi giovani generazioni! Esempio di chi, riesce, con la forza delle idee e del cuore,

a credere nelle proprie passioni e a vederle sempre realizzate così belle, colorate, e persino "sfogliabili"! È questo un valido motivo (tra i tanti) che mi lega a questo giornale, un giornale che ho amato, amo e che, come dico sempre, continuerò ad amare... Grazie direttore, fiero di poter dire " io c'ero!". Luigi Fungaroli

Alcuni momenti della manifestazione

Rifletto sulla GRANDE FORZA DELL'ACQUA.... apace di dividere, unire, arricchire ed impoverire i popoli. Triste sorte per chi lascia fare al destino, agli assetati di potere ai superficiali e ai prepotenti; a chi non capisce che questa straordinarietà della natura è l’occasione di ogni generazione per uscire da un torpore e dalla nostra pigrizia atavica che dura oramai da oltre 100 anni. L’acqua ci può salvare, ci può arricchire dentro e fuori; ci può unire per una battaglia che è utile a noi e ai nostri figli. ....L’IMMAGINE NON è ANCORA LIMPIDA, ma nulla è ancora perduto, soprattutto la speranza che il Sele ci dovrà fondere in un costruttivo afflato, che permetterà di utilizzare la sua grande potenza e la sua trasparenza. Valori imprescindibili per la realizzazione di un nuovo modo di vedere la Politica. BUONA FESTA DELL’ACQUA! S.C.

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Alcuni componenti del Direttivo della Proloco ad accompagnare il Direttore


La pagina del Presidente

LA SCOMMESSA PIU’ GRANDE, CHE QUANTO PRIMA DOVREMO FARE.

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i ritroviamo, come sempre in questa pagina dedicata all’associazione, a fare valutazioni sulle attività svolte, sul contesto, sulle prospettive e anche se, quale il presidente in carica, tendo ad avere un atteggiamento positivo “quasi ad oltranza” (ma solo perché credo che serva per cercare di gestire un’associazione nel nostro paese) devo ammettere che negli ultimi tempi e nonostante i vari appelli e le azioni concrete fatte nel senso ampio della collaborazione (partenariati di progetti, iniziative culturali, servizi ai cittadini oltre che ai soci, partecipazione e supporto anche alle iniziative di altri) che ancora e sempre più spesso (pericolosamente, aggiungo) sono le chiacchiere e le questioni personali (che grazie alle feroci chiacchiere, buttate al vento in modo strategico, non si risolveranno mai, temo) che tengono banco. E’ ancora, più accattivante inciuciare che operare e, quel che è peggio, in questo limbo, chiunque provi a proporre o a partecipare qualcosa, viene prima di tutto e subito, sottoposto al pregiudizio e, senza che nemmeno ci si preoccupi di prendere in considerazione la cosa, già questa è stata etichettata e smistata quale appartenente ad una o all’altra fazione del momento. Pazzesco, ma se ci si pensa un attimo, è quello che si sta vivendo oggi a Caposele: tutti sono esperti di tutto, e giudicano (sempre negativamente, guarda caso), soprattutto e spesso solo quello che fanno gli altri! Risultato: Chi le faceva, fa sempre meno cose (per timore o per snervatura) e chi dovrebbe farle, perde tempo prezioso a battagliare sulla pelle di tutta la comunità, e non lo impiega più proficuamente per ascoltare, migliorarsi, imprendere strade nuove! Io, molto modestamente ma seriamente, credo che serva, e non solo in materia di progetti per migliorare l’accoglienza turistica e la vivibilità in paese, una onesta e seria moratoria per recuperare tranquillità, confronto aperto e utile per infrastrutturarsi, anche culturalmente e procedere verso le sfide che attendono il futuro dei piccoli paesi come il nostro, un futuro che è già oggi, con la necessaria serietà e determinazione oltre che competenza. Quanto aveva ragione il mio prof. di Lettere, quando citava il sempre verde Catone: “Rem tene, verba sequentur”, Padroneggia l’argomento, le parole seguiranno…magari si facesse sempre precedere la conoscenza al commento! Ma non voglio commentare troppo quelle che ritengo assolutamente non discussioni costruttive, ma piuttosto sterili “palleggi solo on-line” che sviliscono il confronto diretto che ripeto, è necessario se si vogliono affrontare e/o risolvere le questioni (infatti credo che chi insiste in questo senso non voglia risolvere o proporre nulla, perché gli basta FB evidentemente, per darsi un tono, che peraltro dura come le polemiche che si imbasticono in questo modo, il tempo del post successivo o al massimo fino all’inciucio

successivo di qualche secondo dopo… peccato!), voglio invece scrivere, e aggiornarvi sull’evoluzione del progetto “FESTIVAL ART – GIOVANI PER IL PAESE DELL’ACQUA” che, superando ogni polemica, e qualche forca cautina (che ha scatenato questo personale sfogo che mi sono permessa), ha finalmente chiuso una prima importante fase del percorso ed è giunto alla tanto sospirata convenzione con il Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale che è stata firmata lo scorso 9 febbraio a Roma, in una sede amministrativa della Presidenza del Consiglio dei Ministri (siamo diventati da allora, il plico 120). Dopo la firma, sono stati realizzati gli adempimenti richiesti e avviate ufficialmente le attività amministrative, l’8 marzo scorso. Si sono dovute adeguare alcune attività di progetto al gruppo che ovviamente si è andati a costituire definitivamente solo in questa fase, dopo aver verificato le mutate condizioni dei partecipanti rispetto a due anni fa, ma la struttura progettuale di base è rimasta pressochè immutata. Quasi non ci contavamo più ma, ecco le risorse per fare le cose, Evviva! Il progetto, del quale abbiamo già detto anche nel numero precedente del giornale, fu immaginato tempo fa quale strumento per coinvolgere concretamente i giovani attraverso un impiego temporaneo (purtroppo, ma almeno è un contratto legale e riconosciuto) per realizzare attività di promozione e valorizzazione turistica per Caposele. Il percorso progettuale è strutturato in più fasi e avrà la durata di due anni. Ad oggi, è stata iniziata una prima fase di formazione dei giovani che sono coinvolti nel progetto, 41 ragazzi di età compresa tra i 18 ed i 35 anni. Successivamente un gruppo di questi ragazzi (il gruppo divulgazione) andrà in 60 classi di scuole della Regione Campania per presentare le valenze territoriali del nostro paese e preparare gli studenti alla visita che realizzeranno durante la prossima primavera. In pratica verranno offerti dei brevi corsi, per ciascuna classe, durante i quali verranno illustrate le peculiarità di Caposele sotto il profilo storico culturale, enogastronomico ed ambientale. In una seconda fase successiva, l’altro gruppo di ragazzi (il gruppo accoglienza) accoglierà gli studenti che, a seguito dei corsi fatti presso le scuole, verranno a visitare i luoghi sui quali hanno avuto le informazioni. In questa fase di accoglienza i ragazzi di Caposele, provvederanno ad accompagnare i giovani visitatori presso i luoghi più rappresentativi di Caposele, dalle Sorgenti del Sele, al Santuario di San Gerardo, passando per il Parco Fluviale, per il Museo delle acque di Caposele e per il museo delle Macchine di Leonardo. Il progetto prevede infine la realizzazione di diversi eventi tematici, una mostra fotografica e la produzione finale di un racconto di quanto fatto nelle

varie fasi, un resoconto “artistico” del percorso ancora tutto da definire. Diverse attività con un denominatore comune che dovrà fare da collante al quantomeno complicato binomio giovani e territorio. Chissà “i nostri giovani eroi” cosa saranno capaci di fare, quali proposte, quali alternative, quali altre idee da valutare… solo per la posta in gioco che tutti questi interrogativi hanno, credo valga la pena di seguire e supportare l’iniziativa. A ben pensarci, tutta la Comunità potrà trarre giovamento da questo percorso che se anche dovesse fallire (mettiamo in conto tutto) di certo almeno non farà male a nessuno. Proseguendo nell’evoluzione delle attività, lo scorso 16 maggio è stata così organizzata e realizzata, anche la presentazione ufficiale e pubblica di questo progetto che è certamente e non smetterò mai di ripeterlo, (nonostante anche i soliti tre o quattro detrattori professionisti solo su FB e, permettetemi, nemmeno troppo professionali, che pure in questo caso, non hanno fatto mancare le loro illazioni, al solito evidentemente prive di costrutto e fondamento) una buona opportunità per il territorio,(non certo la soluzione a tutti i suoi mali, ovviamente) anche e soprattutto perché coinvolge concretamente tanti giovani che non solo saranno impegnati nelle varie attività, ma avranno modo di conoscere direttamente, più da vicino e quindi meglio, la nostra realtà e far scaturire nuove proposte, nuovi punti di vista da cui analizzare le prospettive di valorizzazione e realizzare percorsi concreti in un settore, quello turistico, utile per il prossimo futuro, loro e di tutto il nostro paese. A nome della Pro Loco Caposele capofila dell’iniziativa, voglio anche in questa sede ringraziare quanti si sono spesi per la riuscita dell’evento e si stanno spendendo, a tutti i livelli, per fare in modo che un’occasione come questa si colga al meglio! Un ringraziamento particolare alla prima progettista, la dott.ssa Marilisa Pallante con la quale resteremo sempre in contatto in quanto “giovane per il paese dell’acqua” essa stessa, alle associazioni/enti partner (Comune di Caposele, Irpinia Turismo srl., Pubblica Assistenza Caposele, Gruppo attivo Luciano Grasso ed Associazione Silaris) che hanno partecipato e supportano sempre con slancio le attività, e grazie anche alle altre associazioni presenti quella sera, come il Forum dei giovani di Caposele che speriamo affiancherà le iniziative in futuro. Grazie a chi sta curando l’immagine di

di Concetta

Mattia

questo percorso, il grafico Pasquale Pallante, valida risorsa tutta locale e a quanti contribuiranno per realizzare altre e sempre nuove “visioni” per promuovere Caposele. Grazie ai giornalisti che hanno seguito e stanno seguendo e diffondendo ai vari livelli le attività, in particolare alla “nostra” Letizia Malanga e a Michele Miele di Telenostra, che lo hanno fatto impegnandosi in prima persona. Grazie a quanti sono e saranno vicini a questa attività, a quanti contribuiranno anche e soprattutto con la loro critica costruttiva (come peraltro già fatto, noi le critiche utili le riconosciamo, le accettiamo e le implementiamo sempre volentieri) a migliorare le iniziative. E dunque così voglio chiudere (ancora una volta) questa pagina, sempre più contenta di poter contare su qualcuno e di poter ringraziare per la collaborazione. Nel ricordo dell’inizio di questa nuova sfida e con l’orizzonte delle tante attività che ancora si potranno realizzare. Ma, permettetemelo, il mio grazie più grande oggi va ai ragazzi, ai 41 che hanno scelto, attraverso le loro associazioni di appartenenza (e non attraverso chissà quali canali preferenziali ma solo così, come prevedeva il bando – sia chiaro) ognuno con le sue capacità, coi suoi limiti e con la sua passione, di mettersi in gioco senza avere alcuna certezza se non quella che ci sarà molto da fare e ci sarà da farlo insieme, per tutti e nonostante tutto. GRAZIE A VOI CARI, e a tutti coloro che vorranno seguirci dimostrando che a Caposele, si vogliono e si possono fare cose belle e utili. Provateci, insistete (e questo vale anche per le altre associazioni, enti ecc. non solo per i ragazzi del progetto), senza sentire il bisogno di affossare, prima ancora di conoscerle, le iniziative degli altri, proponete e realizzate vostre iniziative e altri progetti, coinvolgeteci! Se avranno l’obiettivo comune di valorizzare Caposele, la Pro Loco sarà, come ha sempre cercato di essere, al vostro fianco (e sappiamo, prima ancora che lo pensiate, che non sempre le cose sono andate come pure si era sperato ma sappiamo anche, e lo continuiamo a sperimentare, che si può e si deve migliorare), sarà disponibile a provare e, se serve, anche a rischiare con voi, che siete, ed è bene però che iniziate a tenerlo in giusto conto, sentendovene addosso la giusta responsabilità, la scommessa più grande e il futuro migliore di questo paese. Buona Estate a tutti noi, buona Esta-

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uest'anno il premio Quartiere del Fuoco lo ha meritato il gruppo del quartiere "Portella" che per pochi punti, ha avuto la meglio sul quartiere "Serra Castagno" terzo si è classificato il quartiere "Pietraquaresima". Elementi della tradizione storica legata a S.Antonio, coinvolgimento del quartiere, cucina, allestimento e coinvolgimento esterno, questi sono stati gli elementi valutati. Comunque davvero complimenti a tutti i 9 quartieri che la giuria popolare della Proloco Caposele ha valutato perché, tutti, sono riusciti ancora una volta a sorprenderci. Noi possiamo solo ringraziare, anche in questa sede, per l'ospitalità e l'accoglienza ricevuta in ogni singolo quartiere visitato! Ci siamo divertiti, abbiamo assaggiato pietanze ottime (e tante!) della nostra tradizione e abbiamo ballato intorno ai vostri fuochi….che bella serata! Speriamo che si continui a portare avanti questa festività così caratteristica di Caposele, che è anche un bel momento per ritrovarsi tra cittadini che divertendosi, si riappropriano dei propri luoghi.

di Concetta Mattia

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on grande successo il gruppo teatrale del Liceo di Caposele, guidato dai professori Cinzia Malanga e Carmine Pirozzi, il 29 Maggio presso il Teatro del Santuario a Materdomini hanno messo in scena la famosa commedia di Eduardo De Filippo "Non ti pago". La commedia, sarà messa in scena anche quest'estate a Caposele!

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n occasione della "Giornata mondiale del libro", evento patrocinato dall'Unesco con l'obiettivo di promuovere la lettura e ricordare il ruolo degli autori per il progresso sociale e culturale dell'umanità, la Pro Loco Caposele, nel suo piccolo, ha voluto onorare questo evento con l’inaugurazione di una rassegna di incontri denominata “Parlando di territorio” iniziata con la presentazione di un bel libro di Nicola Di Iorio "Rosso dalla terra" che parla dei nostri luoghi, della nostra storia, dei nostri tesori spesso nascosti e poco conosciuti e nella calda e accogliente atmosfera della sala del Crystal bar, si è intrattenuto piacevolmente, coi diversi “cultori e amanti della materia” intervenuti, a discutere appunto di queste potenzialità, del futuro ma soprattutto del Taurasi, vino rosso per eccellenza, soggetto principe della sua trattazione che è stato anche amabilmente degustato. Vi aspettiamo ai prossimi incontri !

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aposele: Festival Art, giovani per il paese dell’acqua 15/05/2016 Di Redazione IrpiniaPost Qualche anno fa il Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, ha bandito un avviso, “Giovani per la Valorizzazione dei beni pubblici”, con l’obiettivo di valorizzare i beni demaniali di proprietà di soggetti pubblici, favorendone l’accessibilità e la fruizione da parte della collettività, attraverso il coinvolgimento attivo dei giovani. La Pro Loco Caposele, in qualità di capofila, il Comune di Caposele, in qualità di proprietario dei beni pubblici e le Associazioni “Silaris”, “Gruppo Attivo Luciano Grasso”, “Pubblica Assitenza Caposele” e Irpinia Turismo Srlcr, hanno partecipato al bando con il progetto “FESTIVAL ART – GIOVANI PER IL PAESE DELL’ACQUA” . Il Progetto è stato finanziato ed è stato avviato. Lunedì 16 maggio verrà fatta la presentazione pubblica del progetto, alle ore 18 in Piazza Sanità. Il progetto Festival Art è stato immaginato per coinvolgere i giovani e

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contestualmente per fare promozione turistica per Caposele. Il progetto si struttura in più fasi e ha la durata di due anni. Inizialmente è prevista una fase di formazione dei giovani che sono coinvolti nel progetto, che sono oltre 40 ragazzi di età compresa tra i 18 ed i 35 anni. Successivamente un gruppo di questi ragazzi andrà in 60 classi delle scuole della Regione Campania per fare “informazione” su Caposele. In pratica verranno offerte dei brevi corsi, per ciascuna classe, durante i quali verranno illustrate le peculiarità di Caposele sotto il profilo storico culturale, enogastronomico ed ambientale. Verrà illustrato il territorio e le sue ricchezze. Nella fase successiva, l’altro gruppo di ragazzi accoglierà i giovani che, a seguito dei corsi fatti presso le scuole, verranno a visitare i luoghi sui quali hanno avuto le informazioni. In questa fase di accoglienza i ragazzi di Caposele, adeguatamente formati, provvederanno ad accompagnare i giovani visitatori presso i luoghi più rappresentativi di Caposele, dalle Sorgenti, al Santuario di San Gerardo, passando per il Parco Fluviale e per il Museo delle Macchine di Leonardo, giusto

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l 2015 si è chiuso, per la nostra associazione, con la partecipazione, il 29 dicembre scorso, alla rassegna "Book fair festival " organizzata dall’editore Arturo Bascetta e tenutasi al Circolo della Stampa di Avellino, nell’ambito della quale è stato presentato il libro "Le vie dell'acqua" del caro amico, il prof. Michele Ceres. Ovviamente l’argomento e i commenti dei presenti hanno suscitato un ampio e partecipato dibattito definendo il buon successo dell’iniziativa. Ad majora !

per accennare ad alcuni dei luoghi interessati da questo progetto. Oltre a quanto descritto, il progetto prevede degli eventi a tema, una mostra fotografica e la produzione di un racconto di tutto quanto verrà fatto nelle varie fasi. Quindi lunedì c’è l’avvio ufficiale di questo progetto che è certamente una bella opportunità per il territorio, anche perché coinvolge tanti giovani che non solo saranno impegnati nelle varie attività, ma avranno modo di conoscere meglio la nostra realtà.


Piccola cronaca

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roviamo ad essere, quando troviamo occasioni simili, un’associazione di servizio e in questo senso, abbiamo aderito lo scorso aprile, al Progetto regionale “I-Proloco” per l'alfabetizzazione informatica, finalizzato ad ottenere a prezzi agevolati e dopo adeguata formazione (8 lezioni fatte a Caposele) la Patente Europea del Computer. Grazie a questo percorso sono stati “patentati” 14 ragazzi e dopo il positivo riscontro avuto, si realizzeranno altri percorsi simili. Seguiteci, vi aggiorneremo! Trivelle: si o no? onvegno informativo sul Referendum del 17 aprile scorso, su un tema, quello delle trivellazioni petrolifere, che ovviamente ha suscitato un ampio dibattito nazionale ma, come spesso accade, poneva quesiti molto più ampi e complessi di quanto si potesse immaginare. Per recuperare in questo senso, corretta informazione, bene hanno fatto i ragazzi del Forum dei giovani ad organizzare, un incontro con professionisti del settore che hanno perorato entrambe le ragioni del contendere, per fare chiarezza e informare laicamente gli elettori locali. Ottima cosa e speriamo che si segua questo esempio di cittadinanza attiva anche in futuro!

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Caposele nel Distretto Turistico Alta Irpinia l ministro di Beni culturali e Turismo, Dario Franceschini, ha firmato il decreto che rende l’Alta Irpinia un distretto turistico, definito anche, speriamo realisticamente, “area a burocrazia attenuata”. I comuni che ne fanno parte, oltre a Caposele (che ha aderito con DGC n.40 del 28.06.2016) sono: Sant’Andrea di Conza, Morra De Sanctis, Lioni, Bagnoli Irpino, Calabritto, Andretta, Bisaccia, Montella, Senerchia, Aquilonia, Calitri, Cairano, Lacedonia, Conza della Campania, Guardia dei Lombardi, Cassano Irpino, Rocca San Felice, Sant’Angelo del Lombardi, Torella dei Lombardi, Teora, Villamaina, Monteverde, Nusco, Castelfranci. Un’area (già inserita nel Progetto Pilota) con delle diversità evidenti anche al suo interno, che i sindaci però sono riusciti a rendere almeno giuridicamente omogenea. Idea portante è potenziare le imprese legate al turismo per migliorare l’attrattività generale. Quindi alberghi, bed and breakfast, ristoranti, operatori in genere. I vantaggi riguarderanno le vecchie imprese già esistenti, che dunque potranno richiedere autorizzazioni per ampliamenti e ammodernamenti o comunque ottenere benefici fiscali. Ma riguarderanno anche nuovi investimenti, magari strutture da far nascere ex novo. La tempistica? Ancora troppo presto per definirla. Per ora è arrivata la firma, lo strumento c’è, ora può iniziare il percorso, da definire bene e da seguire, in tempi congrui e utili speriamo.

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uest’anno oltre alla suggestiva e solidale accensione collettiva dell'albero di natale, alla quale si sono affiancate come di consueto attività quali il mercatino, le visite guidate, mostre, musica ed enogastronomia , anche uno stand coi lavori dimostrativi realizzati con materiali riutilizzati, dalle associazioni partecipanti al progetto Meno è Meglio (Pubblica Assistenza Caposele, Proloco Caposele, Gruppo attivo L.Grasso) grazie al quale stiamo realizzando un Centro di recupero, riparazione e riuso a Caposele: Per dimostrare che insieme e con un po’ di creatività gli oggetti usati possono avere una nuova vita e ri-essere utili a tutti! A breve l’inaugurazione del Centro, dove tutti i cittadini potranno portare gli oggetti che non usano più e prendere quelli depositati da altri, di cui necessitano. Un bel modo di ridurre i rifiuti, di non sprecare e di essere d’aiuto alla Comunità!

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’ di Caposele il Presidente dei Forum dei giovani della regione Campania! Vogliamo, anche in questa sede, segnalare questo bel traguardo di impegno che attraverso l’amico, oltre che compaesano Giuseppe Caruso, rende orgogliosa tutta la nostra comunità. Lo scorso 26 febbraio, infatti, è stato eletto presidente dei Forum dei giovani della regione Campania. Un incarico regionale che da subito ha ricoperto dimostrando impegno e dedizione in un settore, quello delle Politiche giovanili, particolarmente delicato, problematico quanto strategico per il nostro territorio. Da parte di tutta la redazione de La Sorgente, e dalla Proloco tutta, auguriamo a Giuseppe i migliori auspici per le prossime attività, i progetti e le proposte che, siamo sicuri, coinvolgeranno positivamente tanti ragazzi a Caposele e in tutta la regione. Ad majora!

Formazione sulle possibilità dal marketing territoriale con Agostino della Gatta (Irpinia Turismo srl) e la dott. ssa Pina Casale Da Caposele per Libera a delegazione di Caposele per l’appuntamento, quest’anno anche ad Avelino, del 21 marzo di Libera: Forum dei giovani, Proloco, Pubblica Assistenza e diversi studenti dell’Istituto De Sanctis, hanno partecipato alla manifestazione provinciale, un grande corteo che si è chiuso al Rione Ferrovia con la consueta e molto emozionante lettura dei nomi di tutte le vittime delle mafie.

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Giovanni Viscardi e Gerarda Cetrulo nel selfie di rito a fine attività: da accompagnatori ad amici, il passo è stato breve!

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Attualità

Nonno, che cos’èsessantotto il ’68? DIALOGO FRA DUE GENERAZIONI

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’utopia di fermare il tempo. Il tempo di correre, di produrre vertiginosamente, di consumare avidamente, di accaparrare elettrodomestici, metri quadrati, cilindrate, titoli di studio. Fermarsi a riflettere, a valutare, a interrompere questo turbinio, a chiedersi quanto ciò fosse giusto, e perché, malgrado tutte queste conquiste, ci si sentisse vuoti o addirittura infelici. Perché i rapporti interpersonali divenivano sempre più freddi e problematici? Insomma l’ "alienazione” dei film di Michelangelo Antonioni e di Elio Petri era in tutti noi? Era insita e reale anche in coloro che avevano poco a che fare con la fabbrica ed il mondo della produzione industriale? - Ci siete riusciti? - Io direi di sì. Per un paio di anni si è scatenata una forza giovanile di contestazione totale e di messa in discussione di tutto ciò che stava avvenendo in noi e presso di noi. A partire dalle università. Per la prima volta abbiamo rotto quella monade esistenziale nella quale eravamo stati indotti ed abbiamo avuto la percezione che il problema di ognuno di noi non fosse un fatto singolo e personale, ma una cosa comune e che andava affrontata insieme attraverso la partecipazione alla “lotta”. - Lotta con chi? - Noi si diceva con l’establishment, cioè tutta quella monumentale architettura di rapporti piramidali di potere economico, sociale e di vita, che aveva nel mondo del business la sua più piena ed evidente realizzazione. Così dalle università il movimento si diresse verso le fabbriche, futuri nostri luoghi di lavoro, per abbattere i rapporti in essere e proporne di nuovi, più umani, meno parcellizzati, meno alienanti. - Eravate preparati per un progetto così grande? - Sicuramente ci abbiamo creduto e questa è stata la nostra forza. Ci siamo immersi completamente in questa dimensione, ne abbiamo fatto il nostro stile di vita. Ci siamo mossi in modo istintivo, così come solo gli adolescenti sanno fare, così come soltanto loro sanno vagliare al lume di una logica rigorosa la vita alla quale si stanno affacciando, individuandone le contraddizioni e sperimentando le soluzioni alternative e risolutive.

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- Che cosa è rimasto di tutto questo? - Tantissimo. Il successivo sviluppo tecnologico ha tenuto in gran conto le esigenze degli addetti, che sono esseri umani e non macchine , ed in questo sono stati di grande aiuto i successi dell’informatica, dell’automazione e della robotica. I lavoratori sono stati tutelati nella difesa del diritto alla salute, allo studio, alle ferie, alla dignità della propria esistenza anche economica. Il diritto allo studio si è concretizzato nel coinvolgimento di tutte le classi sociali, ed i successivi “Decreti delegati” della scuola hanno fissato un metodo di gestione democratica di grande rilievo per la formazione del futuro cittadino della Repubblica. Il movimento femminista ha trovato in questo humus culturale nuova linfa al difficile cammino verso la parità fra i sessi. L’arte, in tutte le sue manifestazioni, ha dato grande impulso alla sperimentazione invadendo e creando nuovi territori di produzione artistica e culturale: un esempio per tutti la multimedialità. Insomma nei modi e nelle forme irruenti, tipici dei giovani, e, forse in modo anche inconsapevole, abbiamo contestato e lottato a che la Costituzione della Repubblica Italiana divenisse realtà. Cioè avvenisse e si completasse quel passaggio dal fascismo alla democrazia, che, per motivi anche comprensibili, aveva avuto bisogno di così tanti anni. L’Italia postfascista era a grande prevalenza agricola e non è un caso che il ’68 sia esploso quando la realtà industriale ha cominciato ad assumere un ruolo importante e prevalente nella produzione della ricchezza nazionale. - Come ebbe inizio? - Il ’68 nacque nell’Università di Barkley negli Stati Uniti per le motivazioni già dette, alle quali si aggiungeva la drammatica prospettiva per gli studenti americani, che, alla fine del loro corso di studi, trovavano la lettera di chiamata alle armi per andare a combattere in Vietnam una guerra atroce ed anche poco comprensibile nella sua inevitabilità. Subito si propagò in Euro-

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pa, prima a Parigi, poi a Roma e così nelle altre università europee. Fu quindi un fenomeno globale che, partendo da una condizione di fondo comune, trovava nelle varie realtà, anche del mondo cattolico e della Chiesa, manifestazioni ed applicazioni specifiche e caratterizzanti. Un’esigenza mondiale di profondo rinnovamenti culturale, che segnò un passaggio che prima di allora era sempre avvenuto attraverso guerre tra nazioni o interne alle stesse. - Insomma, che cosa avete fatto, qual è stato lo stile di vita che tu hai detto? - Quando cerchi e sperimenti il nuovo vivi un’ebbrezza creativa esaltante e, se lo fai con la serietà dello studio e nella consapevolezza dei tuoi limiti e quindi della necessità di acquisire strumenti di lettura e di espressione, avverti che ogni giorno cresci ed ogni giorno vuoi acquisire nuove conoscenze ed esperienze. Quando poi questo atteggiamento si espande ad un’intera generazione, allora ogni contatto ti dà un contributo enorme di crescita e di soddisfazione. Penso che per ora ci possiamo fermare qui, però prima di chiudere questa conversazione voglio suggerirti un libro da leggere, che ti sarà utile per penetrare l’atmosfera di quegli anni attraverso un’ottica interna alla vita personale ed ai pensieri dell’autrice: “Via Ripetta 155”di Clara Sereni (Giunti 2015). Il titolo del libro indica l’indirizzo in quegli anni della casa a Roma dell’autrice e lì in quella casa, nell’estate 1969, ho girato il mio primo film cortometraggio, a 16 mm., con la saltuaria presenza di Francesco De Gregori, che, diciassettenne, aveva chiesto a Clara di poter assistere alle riprese di un film.

di Ernesto Caprio


Attualità

Un nuovo inizio

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e proprio dovessimo parlar male di Caposele, dei suoi abitanti e più in generale della Terra d’Irpinia magari sotto tortura o sotto l’effetto di ingenti dosi di stupefacenti (perché altrimenti non lo faremmo mai) ci verrebbero in mente una serie di particolarità alcune delle quali dovute a situazioni storico – geografiche altrettanto particolari altre invece tipiche del nostro modo di essere e di pensare o semplicemente frutto di luoghi comuni tutti da verificare. I due piani inevitabilmente si sovrappongono e il condizionamento reciproco determina e plasma il nostro carattere. Il fatto, per esempio, di vivere nelle cosiddette aree interne ci porta ad essere (o almeno è così che si parla di noi) più riservati, meno espansivi e più introversi (sebbene io conosca persone simpaticissime nate e cresciute in questi luoghi); altri sostengono invece che il fatto di vivere in mezzo alle montagne ci renda poco inclini ai grandi spazi, agli orizzonti sconfinati che solo il mare riesce ad evocare (eppure conosco caposelesi dotati di una apertura mentale tale da essere guardati con sospetto). Come si vede, non sempre le cose appaiono per quello che sono veramente, spesso sono luoghi comuni che lasciano il tempo che trovano. Però qualcosa c’è che forma il carattere delle persone soprattutto quando si tratta di vere e proprie trasformazioni che cambiano il costume e le abitudini, incidono sulla sensibilità e i sentimenti di ciascuno di noi. Guardiamo per un attimo la storia sociale e politica dell’Alta Irpinia, essa ha prodotto effetti devastanti dal punto di vista dell’assunzione di responsabilità personale e collettiva. Il potere tenuto in vita e alimentato attraverso le cosiddette “clientele” sulla base di un principio molto elementare quale quello dello “scambio” di favori ha inevitabilmente portato alla derespon-

sabilizzazione dell’individuo che preferisce “delegare” anziché assumere decisioni e fare delle scelte coraggiose. Ma c’è dell’altro. Ci sono eventi e situazioni che riescono a plasmare il carattere e condizionare l’esistenza delle persone a prescindere dalla volontà degli interessati. Mi riferisco in particolare al terremoto del novembre ’80 che tante ferite ha aperto allora molte delle quali mai definitivamente chiuse. Chi ha l’età giusta per ricordare come eravamo prima di quell’evento non può non pensare e non dare il giusto valore a quello che abbiamo perso. Eravamo una comunità sana, consapevole e fiera della propria identità, una comunità che si accontentava di quello che aveva senza rinunciare a sognare, che sapeva apprezzare il senso vero della vita. Eravamo una famiglia profondamente unita e solidale capace di gioire delle proprie fortune e sempre pronta a dare una mano a chi ne aveva più bisogno; persino la politica (pur tra mille contraddizioni), nel suo essere al tempo stesso presidio di democrazia e luogo di confronto, aveva una dignità tutta sua che si concretizzava nel tentativo di risolvere i problemi quotidiani della comunità facendo proposte concrete influenzando le decisioni. Oggi, chi abbia veramente voglia di riflettere e di guardare le cose con occhi sinceri non può non riconoscere che molte cose sono cambiate da allora. La tragedia del terremoto ha determinato una cesura profonda che non siamo più riusciti a ricucire, abbiamo abbandonato la nostra vera anima per inseguire il benessere a tutti i costi. L’aver visto la morte da molto vicino ha probabilmente fatto scattare nella nostra mente l’idea che bisognasse godersi la vita a tutto spiano senza pensare a niente e nessuno al di fuori del nostro tornaconto con la conseguenza di smarrire l’altra parte di noi, quella collettiva.

di Antonio Ruglio

Ciascuno ha combattuto la propria battaglia personale alla conquista di qualcosa che niente o quasi ha a che fare con la comunità che lo circonda molto agevolati, in questo, dai media e da un certo filone di pensiero politico che ha nel corso degli anni teorizzato il principio dell’auto-affermazione con qualunque mezzo e ad ogni costo. Per decenni ci è stato detto in mille modi che il proprio successo passava necessariamente per la disfatta dell’altro, siamo stati abituati a considerare chiunque un potenziale antagonista che va battuto sul tempo per impedirgli che possa nuocerci in qualche modo. Tutto questo è vero in generale ma è vero anche nel nostro infinitamente piccolo, è vero per Caposele e per la nostra gente. Oggi, (mi rendo conto che molti potrebbero non essere d’accordo con me) non siamo più capaci di ritrovarci tutti insieme intorno a qualcosa di importante e di veramente nostro, non siamo più orgogliosi e fieri della nostra identità perché non riusciamo più a riconoscerla, non ci aggrappiamo alla nostra storia perché abbiamo dimenticato di avercela, non abbiamo un riferimento credibile e un progetto forte in grado di proiettarci verso il futuro. Al punto in cui siamo, credo sia giunto il momento di fare ciascuno una profonda e seria autocritica; lo deve fare la politica sempre più incapace di dialogare e confrontarsi con la gente, sempre meno attrezzata e vogliosa di incidere concretamente nella realtà; lo devono fare le istituzioni, nel nostro caso lo deve fare l’Amministrazione Comunale da troppo tempo chiusa e arroccata a difesa di se stessa come se non fosse più giusto e saggio aprirsi al dialogo quotidiano con i cittadini; dovremo farlo noi per troppo tempo dominati dall’idea che tutto quello che ci circonda non è affar nostro e non ci appartiene. Abbiamo bisogno di un nuovo inizio, abbiamo bisogno di riscrivere

tutto da capo e ricominciare. Di questi tempi, lo sapete, sentiamo parlare spesso di riforme costituzionali e di referendum benché non avverta minimamente la solennità che solitamente accompagna eventi di questo tipo cosa che invece vi fu (ce lo dicono i documenti storici disponibili) quando fu scritta la nostra Costituzione, quella entrata in vigore nel 1948 per intenderci. L’Assemblea Costituente da cui tutto nacque seppe tradurre in un documento preziosissimo la voglia di riscatto di un intero popolo, seppe tradurre in realtà il sogno di rinascita dopo i disastri della Seconda Guerra Mondiale, seppe gettare le basi per un futuro di progresso e crescita civile. Facendo le dovute proporzioni senza voler minimamente mancare di rispetto a quella nobile pagina della nostra storia e tenendo in considerazione il fatto che non veniamo da una guerra, credo che abbiamo bisogno anche noi di una nostra piccola Assemblea Costituente. Abbiamo bisogno e ne sono sempre più convinto di chiamare a un tavolo permanente il meglio della nostra comunità in termini di competenze, professionalità, serietà e responsabilità, per riscrivere le regole della nostra convivenza ed elaborare un metodo di lavoro che ci consenta di approntare progetti operativi sulla base di idee credibili che abbiano a loro volta la concreta possibilità di ottenere i finanziamenti necessari. Sarebbe veramente imperdonabile al punto in cui siamo continuare a far finta di niente e a non capire che quello che ci manca è la capacità di intercettare le opportunità finanziarie che esistono soprattutto a livello europeo. “REPETITA IUVANT”, dicevano i latini, chissà che ripetendo in continuazione le cose non ci sia veramente qualcuno che alla fine decida di prenderle per buone e di farne un buon punto di partenza.

LA PRO LOCO SI RINNOVA

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omunichiamo anche in questa sede che nell'assemblea ordinaria dei soci, tenutasi lo scorso 21 febbraio, sono state rinnovate tutte le cariche associative. Sono state accettate, nello spirito costruttivo dello statuto vigente, tutte le richieste di candidatura e pertanto si comunica che il nuovo assetto

organizzativo della Pro Loco Caposele è composto da Concetta Mattia, confermato Presidente e da Giuseppe Casale, Concetta Casale, Angelo Ceres, Michele Cuozzo, Antonella Di Vincenzo, Luigi Fungaroli, Paola Majorana e Raffaele Russomanno, quali componenti del Direttivo. Il Colle-

gio dei Probi Viri è composto da: Gerardo Casale, Michele Ceres e Nicola Conforti, il Collegio dei Revisori dei Conti da: Eliseo Damiano, Beppe Corona e Antimo Pirozzi. A tutti va un ringraziamento per la disponibilità dimostrata e il migliore auspicio per le prossime attivi-

tà di rilancio e valorizzazione del nostro territorio, sempre tese alla collaborazione e al coinvolgimento positivo dei soci e di tutta la Comunità di Caposele.

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Socialmente

Caposele: Paese dei veleni o della rinascita??

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i sono state persone, molte delle quali scomparse, che vedevano in Caposele la loro terra d’amare, una terra per la quale si facevano dei ritorni o si rinunciava a delle partenze; il tutto in nome di un attaccamento al paese, che significava amore per le proprie origini, ma significava anche assumersi il coraggio di realizzare e vivere un presente sereno, condiviso e pregnante di sogni e prospettive. Avevano l’idea di un paese, nel quale ciascuno ricopriva un suo ruolo che gli veniva riconosciuto e che si cercava di realizzarlo, con coerenza, con lealtà e rispetto dell’opinione altrui. Si era intimamente convinti che il Tutto era dato dalle Parti, in un equilibrio che non bisognava rendere precario, altrimenti si vanificava l’idea del Bene Comune. Oggi parlare di Caposele, significa parlare di un paese sempre più lacerato, sfilacciato nei sui legami; sembra di vivere in una “Comunità Autistica”, dove ognuno crede che la sua convinzione sia l’unica Realtà perseguibile, senza saper ascoltare l’altro, continuando, così, a violentare un Territorio sempre più povero di relazioni rispettose. Forse quei pochi che percepiscono questo crollo valoriale, sono i giovani che cercano di recuperare e di guardare in avanti, riappropriandosi del loro diritto-dovere di essere cittadini attivi, protagonisti e non più semplici spettatori delle scelte degli adulti. Credo che per “bonificare” la nostra Comunità dai veleni, alcuni serpeggianti, altri molto palesi, per difendersi dai preconcetti sempre più dilaganti, vi sia bisogno di recuperare (come dicevo prima), ciascuno il proprio ruolo sapendolo assolvere con lealtà e coerenza. La Politica deve essere intesa come Servizio ai cittadini e non come personalismo o strumentale contrapposizione; essa deve essere in grado (come tutte le Istituzioni) di ristabilire un patto fiduciario con le persone che, giustamente, rivendicano prospettive e soluzioni ai loro problemi, rivendicano una Democrazia condivisa e partecipata, senza dover assistere a dei copioni, già tante volte rivisti, che contribuiscono solo ad alimentare sfiducia e distacco verso la cosa pubblica. La Chiesa, a sua volta, deve, come

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dice Francesco “aprire le porte” per accogliere gli ultimi e nella quale ogni pastore deve portarsi addosso “l’odore delle sue pecore”, nel senso di farsi totale carico dei problemi della gente, perché in questo modo si concretizza l’autentico messaggio evangelico. A questo proposito vorrei evidenziare come la nostra Diocesi, guidata da Monsignore Pasquale Cascio, voglia andare in questa direzione, cercando di costruire, sui nostri Territori, una “Rete di Interventi” capaci di intercettare le tantissime povertà e vulnerabilità sociali oggi sempre più pressanti. A far parte di questa “Rete”, di questo “Sistema di Interventi”, sono chiamati tutti coloro che vogliono farsi carico dei Bisogni, che sia Caritas o Associazionismo cattolico o laico, non è determinante, l’importante è “Esserci per gli altri e con gli altri”, e non girare lo sguardo, in una sorta di assuefazione apatica ed indifferente. A Caposele sono presenti svariate Associazioni con Mission apparentemente diverse, ma tutte confluenti nell’obiettivo comune del Benessere Collettivo; basterebbe questo per cercare tutti di spogliarci della nostra autoreferenzialità,di smussare toni, a volte troppo accesi, in modo da avere, rispetto alle nostre attività, alle nostre battaglie e rivendicazioni, quanta più condivisione possibile. Per migliorare la nostra Comunità, penso anche ad un maggiore coinvolgimento delle donne, perché sono portatrici sensibili ed instancabili di istanze, sia nell’ambito della famiglia, sia sociale, sia all’interno delle Istituzioni, in quanto, per troppo tempo, hanno dovuto subire il carico di un Welfare carente e le forti discriminazioni di genere. Quando dico ciò, non penso alla sola presenza della donna nelle liste amministrative in nome della parità di genere, perché a volte tale presenza sembra solo funzionale all’osservanza della normativa vigente e non viene percepita come un effettivo riconoscimento al valore della donna. Penso, invece, alla realizzazione di una “Consulta Femminile”, organismo apartitico e aconfessionale che avrebbe lo scopo, in relazione alle reali esigenze locali, di individuare, (nell’ottica di un’effettiva democrazia partecipata) degli ambiti di intervento quali potrebbero essere:

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• Famiglia-Salute-Servizi; • Istruzione-Lavoro-Imprenditorialità; • Ambiente-Beni culturali-Turismo; • Politica-Parità di Genere. La Consulta ha il compito di interloquire e fare proposte operative alla Giunta, al Consiglio Comunale, all’ A.S.L. ed al territorio nelle sue varie articolazioni, il tutto per contribuire alla soluzione delle tante problematiche presenti nella nostra comunità. Tali proposte potrebbero riguardare anche la creazione di più adeguati e funzionali servizi sociali (centro per l’infanzia a tempo prolungato, maggiori servizi assistenziali, realizzazione di una casa di riposo per anziani, etc.) il tutto a sostegno della famiglia e a vantaggio della comunità intera, nel quadro di un’efficace collaborazione tra Comunità, Istituzioni e Famiglie. Prima ho parlato di giovani, ebbene ritengo che, sovvertendo il modo tradizionale di intendere i ruoli, dovrebbero essere anche loro a mediare per superare situazioni di stallo e riuscire, così, a realizzare scelte nuove e coraggiose, in quanto vi è la necessità di far rinascere il nostro paese, di far rivivere i vari luoghi deputati all’incontro ed al confronto, senza pensare a sostitutive “piazze virtuali”. In anni, non molto lontani, si è ricostruito, nel bene e nel male, un paese facendolo risollevare dalle macerie ma, forse, abbiamo dimenticato di rimuovere e far rinascere dalle rovine, un imprescindibile valore, quello di appartenenza a un paese che aveva delle tradizioni, dei valori, dei colori e delle suggestioni che non trovavi in nessun altro luogo, perché ogni posto, ogni luogo, è unico e non replicabile.

di Cesara Maria Alagia

Ridare un Vero Volto al nostro paese è un imperativo al quale nessuno si può sottrarre, perché solo in questo modo riusciremo a raccontare, pur nella differenza di idee e programmi, una Storia nuova, della quale ciascuno di noi sarà una Parte di quel Tutto indispensabile affinché il nostro paese recuperi la sua Identità di vera Comunità.

Vicoli "arretu a lu Castieddu". Nella nuova toponomastica: via degli Aragonesi"

La nuova Piazza Sanità nel giorno dell'inaugurazione


Ricordi

IL NOSTRO PICCOLO MONDO

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’ incredibile come una foto pubblicata in rete possa scatenare una tempesta di sensazioni ed emozioni riportando alla luce ricordi, apparentemente sopiti,di momenti e di luoghi vissuti durante l’infanzia. Chi se lo ricorda il portone del vecchio asilo “Cav. Amato” con il suo cortiletto ed il ponticello? Un posto che non esiste più, ma che è impresso nella mente di tutti quelli che hanno varcato quella soglia carichi del proprio “cestino” di vimini ( per i più fortunati) o di “cartone”, nei quali le mamme erano solite riporre le posate “di ferro” ed il “secondo”. Allora la mensa dell’asilo prevedeva solo la distribuzione di un “primo piatto” e le posate di plastica sarebbero arrivate solo qualche decennio più tardi. Quel portone rugoso di colore verde, stinto dal tempo, fungeva da linea di confine tra due quartieri “LU CHIAZZINU ‘R LU GUARDIU” e “LA PURTELLA” ed era il nostro facile riparo quando giocavamo “a trentuno salva tutti” (il nascondino).Chi faceva la conta la concludeva dicendo “ Trenta e trentuno : chi è dinto è dinto e chi è for’ è for’” ed al tramestio della fuga seguiva il momentaneo silenzio del nascondiglio raggiunto. Di solito accadeva che ci nascondessimo dietro l’altro portoncino quello che dava accesso alla “terrazza” delle Suore, posto di fronte alla “nicchia dell’Angelo” la pittura rupestre raffigurante l’Annunciazione della quale non ho che un vago ricordo del colore dello sfondo , di un azzurro intenso. Com’era bello “ LU CHIAZZINU” trasformato in “ludoteca” all’aperto! Ludoteca intesa non nella comune odierna accezione come zona di parcheggio dei figli, ma luogo da cui i no-

stri genitori erano costretti a strapparci con la forza per tenerci un poco a casa con loro. Se solo penso alle generazioni contemporanee alienate dinanzi agli schermi dei loro smartphone o dei PC ,incapaci di fare gruppo e di tessere solidi rapporti di amicizia, mi vengono in mente le intere giornate trascorse ad inventarci giochi semplici in una condivisione che superava anche le differenze anagrafiche: gli amici dei miei fratelli erano anche i miei, con legami che il tempo ha reso indissolubili! Nei miei ricordi c’è, ad esempio, un memorabile “girotondo” serale sul “Piazzino”,bimbi, ragazzetti ed adolescenti tutti insieme: io, Antonietta, Gilda, Giulia, Antonella (ndr Palmieri), Annamaria (ndr Cafasso) in sella a scomodi tricicli di ferro ed Antonello, Salvio, Benny, Massimino (ndr Cafasso) ed i miei fratelli imprecanti su biciclette a cui fuoriuscivano sempre le catene, con Salvatore (ndr Conforti) unico fortunato a bordo di una rumorosa e scoppiettante mini-moto, altamente inquinante si direbbe oggi, visto il fumo che produceva! Il nostro mondo e la nostra vita si svolgeva tutta lì, tra “Piazza Madre” con i fili della corrente attaccati a quelle tazze bianche che sembravano servizi di ceramica in perenne esposizione, pieni di rondini che, di tanto in tanto, si alzavano stridendo rumorosamente in voli leggeri per sorvegliare e rifornire i numerosi nidi che nessuno si sognava di toccare (tranne qualche ragazzino scalmanato) ed i basoli di Via Matteo Renato Imbriani, calpestati dai muli tenuti “a capezza” dai contadini di ritorno dalle campagne al suono dei rintocchi del vespro. Via Roma, a nord, era la strada che percorrevamo unicamente per recarci a scuola spostandoci al massimo fino

Un'immagine storica di via Imbriani e del Piazzino "r' lu guardiu". A sinistra il mitico tabacchino di "Giovanni Di Mattia"

ANTICO

alla bottega di Salvatore Auriemma, mentre a sud, alla Portella, eravamo soliti spingerci il 13 giugno per ammirare il sontuoso “faor’” di Sant’Antonio che i ragazzi del quartiere organizzavano sempre in grande stile e che tanto invidiavamo perché il nostro falò, nonostante l’impegno impiegato nella raccolta delle ginestre , si spegneva inesorabilmente in poco tempo . Lu Chiazzinu era il salotto all’aperto di Caposele, delimitato dal “Bar Romualdo” con i suoi tavolini e le pesantissime sedie di formica verde che per noi bambini era un grosso sforzo spostarle, frequentato unicamente dalla borghesia del tempo e con la prelibatezza di quella raffinatissima specialità di gelato artigianale “Bacio”, divenuto, ben presto, agognato premio offerto dalle maestre agli alunni nell’ultimo giorno di scuola prima delle vacanze estive. Intorno era tutto un proliferare d’attività artigianali e commerciali: “lu tabacchino r Giuvannu” dove con cinque lire compravamo “barchetelle”,“giugiole” e “pipparelle” di liquirizia, il salone di barbiere “r Funztiello” poi passato in gestione a Feleppa, l’alimentari di Funzinella, per anni unico posto pubblico telefonico, crocevia delle notizie e degli avvenimenti del paese e più giù il negozio di scarpe” r Falucciu”. Ricordo sempre con piacere la bonomia di Raffaele, quest’omone dagli occhi di ghiaccio, che rivedo seduto su uno sgabellino in mezzo alle tante scatole di scarpe disseminate nel piccolo e buio anfratto che occupava. Senza mai scomporsi, lasciava che aprissimo tutte le scatole nell’affannosa ricerca del modello di calzatura desiderato e non reclamava mai anche quando, dopo aver creato ulteriore disordine, andavamo via senza comprare nulla. Il Piazzino era il nostro palcoscenico, ogni giorno era un proliferare di attivi-

Un vicolo Caposelese prima del terremoto - Grafico di Nicola Conforti

di Paola Majorana

E' l'elemento originario che ha caretterizzato il "piazzino", oggi luogo destinato al solo parcheggio auto.

tà da inscenare : “la settimana”, ”la cavallina sotta a lu muru” , “a batt’ “(cioè a far capovolgere le figurine col solo spostamento dell’aria provocato dalla mano battuta a coppo). L’avvento delle prime Barbie, poi, alimentava la nostra fantasia nella ricerca di atmosfere e luoghi lontanissimi. Per rendere le nostre ambientazioni più credibili ed originali, finivamo per controllare a scuola i nomi delle città più disparate sull’unica vecchia cartina geografica del “Mondo”, appesa alle pareti della classe Quinta. Gilda era l’unica a possedere tutto delle Barbie, persino il “fidanzato Ken”, ma siccome abitava in Via Roma per evitare di trascinare ogni giorno con sè i suoi giochi, li lasciava in custodia a la Cummara Desiderata che riponeva tutto in uno scatolone posizionato sotto una pericolante scala di legno della sua umile dimora, ubicata proprio sul Piazzino. A ben pensarci è ammirabile la generosità con la quale questa mite ed anziana signora apriva le porte della sua casa ad uno stuolo di ragazzine vocianti, desiderose solo di aprire quello scatolone magico pieno di meraviglie. Genera un senso di nostalgia rivedere oggi il Piazzino: non è più luogo di giochi, punto di ritrovo di professionisti ed intellettuali, palcoscenico delle sfilate carnascelesche, luogo principe degli annunci di Peppu “lu bannitore”. Eppure riguardando oggi quelle piante di oleandro che la mia cara maestra Annamaria Sena aveva provveduto a piantare ed a curare mi tornano in mente e nelle narici i rumori e gli odori delle case strette l’una all’altra e risento le voci amate di quel piccolo mondo antico.

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Scuola

"CHISSÀ, CHISSÀ... DOMANI" Pensieri sul passato scolastico e progetti futuri di due giovani redattori che hanno appena affrontato l'esame di

Stato.

Di Gelsomina Corona e Luigi Nerio Fungaroli

Cosa pensa Gelsomina:

L

a fine di qualcosa e l'inizio di un'altra ci destabilizza sempre. Sì, destabilizza è proprio il termine adatto, infatti viviamo in una condizione di confusione annessa a tanta nostalgia. La nostalgia di lasciare quella cosa che per noi è stata quotidianità per tanto tempo. La scuola è un po' come se fosse casa nostra, è un po' come se ogni figura professionale al suo interno prendesse il ruolo di qualche componente della nostra famiglia. E sapere che per me quei cancelli si chiuderanno per sempre mi porta una strana malinconia, mi fa pensare ad ogni singolo attimo vissuto tra quelle mura. Ora che questo capitolo importante della mia vita è stato scritto guardo al futuro con tanta nostalgia ma anche tanta voglia di crescere, crescere nella mia bella terra. Dopo l'esperienza scolastica vorrei intraprendere un percorso che mi porti alla valorizzazione del territorio e alla salvaguardia di esso. Un progetto nuovo e innovativo che faccia di Caposele una vera area turistica, sfruttando le sue meravigliose risorse, ma soprattutto sfruttando le conoscenze apprese dietro il banco della mia aula. Per ora sono solo sogni, ma infondo a vent'anni è lecito sognare!

Però, se da una parte frequentare un corso di studi "non adatto" può essere poco stimolante dall'altro mi ha fortificato. Sono cresciuto, maturato e ho imparato a "sopportare" e a capire che nella vita, ahimè, non abbiamo sempre momenti idilliaci. Ecco, la parentesi liceale la definirei una parentesi "agrodolce"... Però, come ho scritto anche sul giornalino scolastico Fortapàsc, sono stati tanti i momenti belli. Il Luigi del primo giorno di scuola, le risate tra i banchi, le imitazioni che amo regalare a chi incontro nei corridoi, gli amici veri e quelli travestiti da tali che hanno contribuito a farmi capire cosa è davvero l'amicizia, il "Luigi presidente d'Istituto" (che esperienza magnifica!), i dibattiti delle assemblee d'Istituto, i professori (indistintamente tutti perché ognuno di loro mi ha lasciato qualcosa che ricorderò nella vita, nel "bene o nel male"). I momenti più belli? Il progetto teatrale in tutte le sue meravigliose sfumature. Ultimo anno, ultima commedia. "L'ultimo applauso" che ho condiviso con tutti gli amici "teatranti" e con loro, i professori C. Pirozzi e C.Malanga, che hanno sempre creduto in me anche quando ero io a dubitare di me stesso. Il mio futuro? Lo immagino coerente con quello che sono da sempre. Ho una forte passione per l'arte, per la scrittura, la comunicazione, lo spetta-

colo, il mondo del teatro. Amo il teatro e tutto ciò che è emozionare: il teatro di Ibsen, Shakespeare, Pirandello, il maestro De Filippo, il cinema neorealista, i grandi: Mastroianni, la Loren, la Magnani, Gassman, Vittorio De Sica, Fellini, con tutti i loro capolavori potrei continuare all'infinito... Vorrei rincorrere questo sogno, questa passione che spero di realizzare con tanto sacrificio e un pizzico di fortuna. L'imperativo categorico di Kant (TU DEVI!) sembra non darmi pace! Devo e dobbiamo, tutti noi ragazzi, imparare a mettercela tutta perché dalle forti passioni si realizzano le cose più belle. Spero un giorno di poter incontrare tutti i miei colleghi liceali realizzati nei propri sogni, penso non esista augurio più bello."Chissà, chissà... Domani! " canta Dalla. Caro lettore, ricordi l'emozione e il senso di pugno allo stomaco di quando anche tu, stavi per affacciarti alla vita vera, quella fatta di sogni da realizzare e idee da portare con tenacia? È questa, la sensazione che provo...

Cosa pensa Luigi:

V

enditti ha ragione. La "notte prima degli esami" è davvero una notte difficile da dimenticare. Al di là del risultato, dei ricordi più o meno piacevoli, resterà comunque un punto fisso nella vita di ognuno. Il Liceo è concluso. Strano a dirlo ma è vero. Il liceo scientifico? Beh, forse non è stata una scelta completamente giusta perché, ora come ora, totalmente lontana da quello che sono.

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L'11 Aprile durante l'assemblea d'Istituto del Liceo di Caposele Antonio Di Pietro, magistrato simbolo delle inchieste giudiziarie "Mani Pulite", ha parlato ai ragazzi del Liceo di Legalità insieme al Preside Giovanni Ferrante, alla professoressa avv. Paola Majorana e al moderatore Eugenio Liloia, rappresentante degli studenti


CITTADINO ONORARIO DI CAPOSELE

Cultura

"PRIMA DI DIRCI PERCHE' SIAMO QUI, E' IMPORTANTE DIRE DOVE SIAMO" Prolusione, tenuta da Gerardo Ceres, alla cerimonia di conferimento della onoraria a Vinicio Capossela, cui è seguito un inatteso concerto dell’artista.

S

ignore e signori, amiche ed amici, siamo qui, per ritagliarci una parentesi all’interno della quinta edizione della Festa della Musica di Caposele, cominciata ieri e che si concluderà il 21, giorno del solstizio d’estate. Prima di dirci perché siamo qui, è importante per noi raccontare brevemente, a chi di Caposele non è, dove esattamente siamo. Questo è il luogo che da solo ci dice della nostra identità silara. Alle nostre spalle, dietro e sotto il Campanile fuoriescono, fresche e limpide, a forma di polle, le Sorgenti più importanti e copiose di tutta l’Italia meridionale. Quattromila litri al secondo di acqua che si liberano dal contrafforte orientale del Monte Paflagone, a sua volta appartenente alla catena appenninica del Terminio-Cervialto. Sotto i nostri piedi l’acqua delle sorgenti del Sele viene convogliata nella Galleria Pavoncelli, per servire l’acquedotto, ancora oggi, più lungo al mondo e definito “opera che non conosce eguale”, per la cui realizzazione, 110 anni fa, furono impiegati oltre 1.000 tra tecnici, minatori e maestranze operaie – provenienti dalla Sicilia, dalla Toscana e dall’Emilia - alcuni dei quali poi sono rimasti a vivere e a mettere qui radici. Di molti altri, che perirono durante i lavori, la storia non ci ha consegnato neppure i loro nomi, rimuovendo dalla memoria ufficiale il loro sacrificio. Dai 420 metri sopra il livello del mare, spinta a semplice caduta, l’acqua del Sele raggiunge Bari e prosegue fino all’estremità del Salento, ossia fino a S. Maria di Leuca. Prima della regimentazione, le acque delle Sorgenti del Sele costituivano uno spettacolo naturale tale da destare emozioni uniche: ce lo dicono le rare testimonianze fotografiche che precedettero la costruzione dell’acquedotto. Acque che alimentavano mulini, tintorie e gualchiere, che facevano di Caposele una realtà ricca e prosperosa. Dopo la costruzione dell’acquedotto non restò che scrivere la pagina dolorosa della prima dirompente emigrazione verso le Americhe. Questo è il luogo delle cantine, costruite per metà nella roccia e molte delle quali possono vantare la presenza di feritoie direttamente collegate al

sistema idrico sottostante e che contribuiscono a mantenere una temperatura costante di 12 gradi, sia in inverno che in estate. Questo è il luogo che, pur violato dalla mano sfregevole degli uomini, per noi resta pur sempre luogo di bellezza, seppure un poco sdrucita e acerba, cui pure quest’occasione vuole essere pretesto per esaltarla, a dispetto di tutto e di tutti. Questo è il luogo di antri e di grotte che hanno arricchito di paure il nostro immaginario di fanciulli, abitandolo di inibizioni e fobie: la pietra dell’orco, il vallone della cupa, la pietra paradiso che -a dispetto del nome- è luogo abitato da serpenti. Luoghi di leggendari tesori ma di temibilissimi briganti ed animali feroci (così ci veniva raccontato), veglianti a loro custodia. Questo è il luogo – Caput Silaris dove nasce il Sele, il fiume che giunge sino a Paestum, cantato da narratori dell’antichità e sulle cui sponde ritroviamo le gesta di Spartaco e di viaggiatori ellenici. Oggi questo fiume viene alimentato con solo 500 litri al secondo e che raccoglie le acque di diversi torrenti a valle di Caposele: un fiume che, al pari delle nostre genti, ha rinunciato - per umana generosità - alla sua naturale ricchezza per dissetare “la sitibonda” terra di Puglia. Generosità – solo per inciso - mai sinceramente ed effettivamente ricambiata appieno. Questo è il luogo che dovette sembrare degno di raccogliere i segni della spiritualità divina se un Dottore della Chiesa, quale Alfonso dei Liguori, decise di costruire qui – sulla collina di MaterDomini - un convento del costituendo ordine del Santissimo Redentore, dove qualche anno più tardi veniva a consumare gli ultimi anni di vita il giovane Gerardo Majella, religioso non consacrato, venerato da oltre 250 anni dai poveri e dal popolo per i prodigi realizzati in loro favore. Questo è il luogo che, ancora più recentemente, ha dato ispirazione a Giuseppe Ungaretti col suo “Viaggio alle fonti dell’Acquedotto”. Ancor prima ha ispirato Nicola Santorelli –medico della Scuola medica salernitana- che col suo “Il fiume Sele e i suoi dintorni” compie un singolare viaggio dal capo del fiume sino alla foce. Ma non possiamo dimenticare Vincenzo Malanga che in una delle sue opere ebbe

cittadinanza

a scrivere dell’amore assoluto per Caposele: “Vedo il mio paese: / non ne uscirò più! / paese dove nacqui e vivo!”. Versi che racchiudono un sentimento esclusivo, che è caratteristico dei silari. Questo è il luogo dove i silari si forgiano di quel “senso che - io stesso ebbi a scrivere in ‘Seletudine’ - nasce aprendosi alla vita e che ci portiamo ovunque fino all’istante finale che si chiude, per sempre, alla vita”. Questo – ma non solo questo- in estrema sintesi è Caposele, cui sarete sempre i benvenuti. Ora – dopo questo, per noi importante, prologo - veniamo al perché siamo qui. La Festa della Musica sin dalla prima edizione ha inseguito un sogno e lo ha rincorso negli anni a seguire, ossia avere qui un artista poliedrico – narratore errante della nostra epoca- che durante una lectio magistralis all’Università del Sannio –in occasione della giornata mondiale dell’acqua- ebbe a citare Caposele e le sue Sorgenti quale santuario della natura. Ebbe a fare, inoltre, riferimento a questo toponimo quale “origine del suo cognome”, cosa che ci conferma la nostra amica Luisa Corona, ricercatrice universitaria, ritenendo che l'arrivo a Calitri, agli inizi del settecento, di una colonia di mugnai, pastai e panificatori di Caposele, spieghi verosimilmente l'attribuzione del cognome per indicarne la provenienza: "quiru 'r capussela". Per questa singolare ragione, il Sindaco di Caposele ha voluto che si realizzasse questo ricongiungimento con le origini dei propri avi, proponendo al Consiglio Comunale il conferimento della cittadinanza onoraria, come auspicio per consolidare negli anni futuri un proficuo legame umano ed artistico. Il Consiglio comunale ha votato la proposta all'unanimità. Lo abbiamo inseguito –dicevamo - in tutti questi suoi anni di forte impegno creativo a tutto tondo. Ma i ripetuti inviti, ulteriormente rafforzati e qualificati dall’amicizia con Tonuccio, il folk-singer del batticulo della quadriglia caposelese, hanno trovato nella provocazione di due nostre amiche Giusy Meo ed Anto-

nietta Testa, provocazione suggerita da Michele Maffucci, presidente dello SponzFest, che salutiamo e ringraziamo con affetto, la motivazione –secondo me- decisiva. “Maestro, se vieni ti faccio mangiare “la fica ‘r Capussela”. All’idea del frutto, tipico di questo luogo, e che qui si declina al femminile, il Maestro non ha potuto o saputo resistere. Abbiamo voluto che la quinta edizione della Festa fosse anche la prima della Città dell'Alta Irpinia, una terra diventata riconoscibile internazionalmente non più solo per i disastri del sisma, ma grazie alla narrazione che ne è stata fatta dal Maestro. Egli ha assicurato di certo più risultati che le migliori intenzioni della politica impegnata nel Progetto pilota. Pertanto per noi, senza voler esagerare, da stasera egli è simbolicamente il primo cittadino della Città dell'Alta Irpinia Non ha resistito – si diceva - ai tanti richiami e, dunque, con estrema e sincera gioia lo invito a salire sul palco, accogliendolo col calore dei nostri applausi. Signore e signori, un benvenuto a Caposele, al Maestro Vinicio Capossela. “Da dove venite? A chi appartenete? Cosa andate cercando ?”

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Attraverso

Cultura e radici

una ricerca paziente e meticolosa stiamo tentando di individuare

le fonti di contaminazione arricchito il dialetto di si sono susseguiti.

IL DIALETTO CAPOSELESE A questo punto, è utile soffermarsi su ciò che è accaduto ai dialetti italiani, in un arco storico nemmeno troppo remoto. L'UNIFICAZIONE LINGUISTICA ITALIANA ED I DIALETTI

L

'unificazione linguistica in Italia è molto recente e, fatto quasi unico in Europa è più una conseguenza politica che una causa ( 1860 ), a meno che non si voglia surrettiziamente risalire all' uso convenzionale risalente all'epoca di Dante . È quindi al Novecento che dobbiamo rapportarci per parlare di lingua nazionalpopolare. Questa conquista linguistica è stata lenta, difficile e faticosa per alcuni motivi : - l' unificazione peninsulare è avvenuta per annessione e non per scelta ideale; - la piemontesizzazione non ha aggredito solo i dialetti ma addirittura vere e proprie lingue regionali: non è casuale che i linguisti in certi casi parlino di" lingue tagliate ". La lingua italiana percepita come strumento collaterale alla conquista politica ha così dovuto fare i conti con un potenziale di contestazione delle comunità locali che psicologicamente hanno usato dialetti e lingue regionali come mezzo di difesa e di contrasto contro altri ritenuti all'inizio dei semplici colonizzatori. E a ben ragione, se si pensa che da epoca immemorabile la penisola ha subito scorribande e dominazioni le cui tracce si riscontrano non solo nell' inconscio collettivo di comunità ben strutturate oltre che nei loro idiomi contaminati. Si pensi al Siciliano, al Napoletano, al Sardo qui a Sud, ad esempio . Se è vero che il dialetto è un sistema linguistico orale di area molto circoscritta e che la lingua, invece, è un sistema complesso (fonologia, ortografia, lessico, morfologia, sintassi), non si può fingere di sapere che a Sud i confini tra i due sistemi erano e sono molto labili . Diventa perciò problematico sradicarli in quanto significherebbe annullare un codice consolidato. .. quando non si possiede ancora quello dominante. Demonizzarli come fecero i Piemontesi fu un errore, perché alla loro forzata azione di sradicamento si oppose un'eguale reazione di resistenza. Ma oggi ha senso ancora disputare sui dialetti? Innanzitutto bisogna convenire sul fatto che nelle nostre comunità l'uso del dialetto persiste accanto alle lingue sotto varie forme, spingendosi talvolta ad interferire. Esso spesso si insinua nella lingua, e a prescindere dal successo costituito dai mass media nell' insediare le lingue nazionali , familiarizza con esse . Infatti il dialetto si fa assorbire non solo lessicalmente ma anche dal punto di vista fonologico, ortografico e morfosintattico, a guisa di spore parassitarie .

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Noi facilmente le bolliamo come scorrettezze formali ma in effetti esse sono sedimentazioni che rivivono nella nuova lingua. ECCO PERCHÉ LA SCUOLA DOVREBBE IMMERGERSI NELLA LINGUA PER CONSENTIRE L'EMERSIONE DI UN PATRIMONIO CULTURALE CHE COSTITUISCE UN UNICUM PER LE VARIE COMUNITA'. Immergendosi nel lessico dialettale , comprenderemo il valore della contaminazione di altre culture che si sono storicizzate ( greca, latina , normanna, angioina, aragonese , spagnola , germanica, araba etc. ) Le lingue che si sono imposte nelle varie epoche sono penetrate nei nostri dialetti sulla base di onorevoli compromessi comunicativi tra vincitori e vinti. Studiare un dialetto è un'operazione di dragaggio del passato, una sorta di ARCHEOLOGIA DELLE STRATIFICAZIONI LINGUISTICHE che inorgoglisce la comunità dei cultori del dialetto . Scandagliare un dialetto ha anche una funzione socio-politica: ricorda ai puristi della razza che le vere invasioni sono avvenute secoli e millenni fa . Il nostro DNA ed anche i nostri dialetti, se opportunamente interrogati ce lo confermerebbero senza ombra di dubbio. LO SPAGNOLO Il primo insediamento della lingua spagnola in Italia e più precisamente nella macro-area napoletana ( quindi anche a Caposele ), risale al XIII e al XIV secolo, ovviamente nella versione castigliana, catalana ed aragonese. L' influenza massima fu avvertita nel Mezzogiorno d'Italia. Fu soprattutto il Napoletano a subirne il fascino sia come veicolo idiomatico che come assuefazione al costume ispanico. A partire dal Seicento, poi, le Casate spagnole si legarono fino all'Unità d'Italia al Sud per il tramite delle loro dinastie e delle conseguenti successioni. Fu soprattutto allora che lo Spagnolo lasciò tracce indelebili nel nostro dialetto. Il lessico che segue può dare un'idea approssimativa di come il dialetto caposelese abbia veicolato e metabolizzato tanti ispanismi.

ABBASCIU giù ABAJO ABBRAZZA' abbracciare ABRAZAR ABBRAMA' desiderare ABRAMAR ACCASARSE sposarsi ACASARSE ACCRIANZATU educato ACRIANZADO ADDONNE da dove ADONDE AUANNU quest'anno AGUANNE ALLIFFA' lisciare ALIFAR AMMANCA' diminuire AMANCAR AMMUINA' fare chiasso AMOINAR AMMULA' affilare AMOLAR APPARA' addobbare APARAR ADDUVINA' indovinare ADIVINAR

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linguistica, e segnatamente, i barbarismi che hanno

Caposele nell' evoluzione dei vari quadri di civiltà che

Una ricerca apprezzabile, se si pensa che anno dopo anno i dialetti vanno spegnendosi , trascinando nell'oblio sicuro memorie culturali di qualche pregio . In fondo si sa che il destino dei dialetti è segnato, in quanto, a differenza delle lingue non è possibile avvalersi di codificazioni scritte, per cui mai come in questa circostanza, è giusto ricordare che " VERBA VOLANT ET SCRIPTA MANENT " FORE

fuori

AFUERA

AMMUNTUNA' ammucchiare AMONTONAR ARRAVUGLIA' avvolgere ARREBUJAR ARRUNGHIA' restringersi ARRONJAR AVANTIERI l'altro giorno ANTEAYER APP'LA' accatastare APILAR TAVUTU bara ATAUD BABBUCCE pantofolina BABUCHA BASCHINA veste attillata BASQUINA UANTIERA vassoio BANDEJA BURRACCIA fiasca BORRACHA BUFFETTU schiaffo BOFETADA BUFFETTA tavolino BUFETE BUSCA' cercare BUSCAR CALANTRELLA sole forte CALENTURILLA CAPEZZA testa, briglie CABEZA CAPUZZIELLU prepotente CABEZUTO CASATIELLO sfornato di formaggio QUESADILLA CAPISCIOLA filo di canapa CAPICHOLA CAMMISA camicia CAMISA CIAMARRU giubbone CHAMARRO CIAPPETTA fermaglio CHAPETE CIRASA ciliegia CEREZA CIRNULIA' dondolarsi CERNER CUMMITU pranzo COMIDA CU MICU con me CONMIGO CU TICU con te CONTIGO CURREIA cintura CORREA CRERENZA credito CREENCIA NZERTA' infilare ENSARTAR RIZZU riccio ERIZO SCUPPETTA fucile ESCOPETA STRUPPIA' guastare ESTROPEAR . FRI I friggere FREIR FUSILLI fucile FUSIL GABARDINU soprabito GABARDINA GADDINARU pollaio GALLINERO GORGIA gola HORGE CARRAFONU caraffa GARRAFON VUORDO pieno GORDO URDURA grasso GORDURA IELU ghiaccio HIELO OI oggi HOY GIARLA brocca JARRO IUNTO unito JUNTO LAURU alloro LAUREL LINTERNA lanterna LINTERNA MACCARUNI pasta MACARONES MACCATURU fazzoletto MOCADOR MALACRIANZA maleducazione MALACRIANZA MAZZACANU masso MATACAN MANIA' maneggiare MANEJAR MANERA maniera MANERA MANZU mansueto MANSO MARAVIGLIA meraviglia MARAVILLA MASSAMENU più o meno MAS O MENOS MITA' metà MITAD MUNTONU mucchio MONTON MUORTU morto MUERTO MURCIGLIA sacco sgonfio MOCHIL NTURCIGLIA' torcere ENTORCER NUSCU muschio MUSGO NATA' nuotare NADAR NINNELLA bambina NENELA NEVERA neviera NEVERA NINNILLO bambino NINO PACIENZIA pazienza PACIENCIA PAISANU compaesano PAISANO PALIA' bastonare APALEAR PALOMMA colomba PALOMA PAPOSCIA pantofola PAPOCHA PASSIA' passeggiare PASEAR P' LEIA cavillo PELEA PRI IEZZA gioia PRIAR

PANZA pancia PANZA PAPIELLU carta/documento PAPEL PARIGLIA coppia PAREJA PISCONU roccia PENASCO PR' SEBBIU presepe PESEBRE PICCA pizzico PIZCO POLVA polvere POLVA PRENA gravida PRENES PRESSA fretta PRISA PROBBIO proprio PROPIO PUCA spina PUA PUORCU porco PUERCO CASU formaggio QUESO RASCA' raschiare RASCAR RILOGGIO orologio RELOZ RASCO graffio RASCO RICITA' parlare RECITAR RUMA' ruminare RUMIAR SALVAGGIU selvaggio SALVAJE SBALANZA' scrollarsi ABALANZAR SBALIA' delirare DESVARIAR SCAMETTA schiaffo ESCAMOTEAR SCARFA' scaldare ESCALFAR SCIAMMERECA giubbino CHAMBERGA SCIARRA' litigare CHARRAR SGUARRA' spalancare DESGARRAR SGUIZZERO svizzero ESGUIZARO SPANTA' rincrescere ESPANTAR SUBBR ' SSATA salame SOBRASADA SCAZZAMARIELLU diavoletto MATAMARELLE SIENSI cervello SIEN SOPRATTUTTU cappotto SOPRETODO CUNSUBRINA nipote CONSOBRINA ZOCA fune SOGA SIGLIUZZU singhiozzo SOLLOZO SUOGRO suocero SUEGRO SURCU solco SURCO SUIU suo SUYO TUIU tuo TUYO SUSTA paura SUSTO TALLO germoglio TALLO TAMARRU villano TAMMAR TIRZIA' scoprire TERCIAR TIEMPU tempo TIEMPO TINA tinozza TINA TUAGLIA asciugamano TOALLA NTUPPA' urtare TOPAR TUOSCU rustico TOSCO STRAFUCATU inghiottito TRAUGADO NTRUPP' CATU inciampato TRUSPEGADO TURRONU torrone TURRON USUMA' annusare OSEMAR VAINA guaina VAINA VARRA barra VARA ABBEIA burla VAYA VIENTU vento VIENTU JEMMA gemma YEMA YERM' TU incolto YERMO YU.U giogo YUGO VUOZZU gonfiore BOZA ZUMPA' saltare ZUMPAR

di Alfonso Merola

SPAGNA


Continuiamo

a dedicare molto spazio alla presentazione ed alla

recensione di libri e riviste, alla pubblicazione di poesie ed a tutto ciò che fa cultura.

Poesia

“La

mente, è il più fecondo veicolo di pace, è il cibo dell’anima, è il

F

orse un giorno il rumoroso scrosciare dell’acqua che correva precipitosamente a valle , per riposarsi nella piana di Eboli e trovar pace nel mare da cui proveniva, tornerà a farsi sentire con forza e a deliziare i discendenti di coloro che avevano scelto questo paradiso per costruirci un paese ed abitarci. (da una recensione su “Caposele città di Sorgente” di Raffaele Loffa

U

n tempo, non dimenticato, nel posto più ampio del ripiano, vi era il laghetto, ove affluivano, filtrando dai fianchi rocciosi dei contorni montuosi , disposti ad arco, le gelide acque del Sele. Anche dal fondo fuoriuscivano le rigogliose polle di acqua a comprovare un’inesauribile fonte. (di Vincenzo Caruso) FIORE DI LOTO

N

ell’immensità dell’acqua ho visto riflesso il tuo sguardo. Dolce ragazza innamorata della Vita… Porti nel cuore i colori dell’Arcobaleno E la tua Luce traspare oltre i veli dell’illusione. Come il diamante anche Tu brilli… In tutte le sfaccettature del tuo Essere: Meravigliosamente e semplicemente Donna. Danza leggiadra come una farfalla… E fluisca in te e con te… Per sempre…la Bellezza Dell’Amore.

di Mirella Merino

cultura è l’alimento senza cui non esiste la civiltà, non es-

iste il futuro; è l’identità dei popoli, è il libero dispiegarsi della motore dello sviluppo”.

DI CASA NOSTRA LETTERA AI TUOI OCCHI di Stefania Gaudiosi

Q

ui, altrove, prima e sempre Da bambina abitavo nei tuoi quadri. Era un mondo che sapeva di cardi e trementina. Trascorrevo i pomeriggi a contare i puntini sul dorso della trota e – a guardare bene – erano stelle e, no, erano lucciole e pollini, e minuscole ginestre. Potevo azzardare un volo nell'alto dei cieli, sul dorso di un gabbiano bianco e nero, guardare, minuscoli, i mondi dall'alto per via di quel punto di vista lunare conquistato misurando con le dita l'orizzonte. E tornare. Posarmi sulla pietra ed essere lucertola, ridestarmi farfalla e, volando, impersonare tutti i ruoli silvestri, fino a capitolare ruzzolando nel piccolo segreto di un campo; decidere di sfoderare antenne lucidissime e annunciare: sono una formica, prima di saltare via come un grillo tra le nuvole infinite che stringevo nella mano. Rosso di tramonto, blu di notte, mattino azzurro profondo e freddo. Neve, nebbia, sole e vento che fa danzare i papaveri nel grano dell'estate. Nella tua stanza c'erano le stagioni e tutte le ore del giorno. Il fiume scorreva ovunque silenzioso e trascinava i rami del bosco, le luci dei riflessi, tutti i pensieri, tutti i desideri. Insetti, sovrani del minuscolo, tessevano la trama della tela, per far sì che tu gli disegnassi una dimora nuova, di iris e di calle. Ho giocato con le rane e con le bisce. E dalle lontre, le maestre, imparavo a nascondermi e apparire, solo per mostrarmi inafferrabile. Tutti gli animali di questa terra prossima hai salvato, nei tuoi quadri, dal diluvio dell'incuria e della distrazione del mondo artificiale. E hai salvato il fiume, nei tuoi quadri. Nello spazio di una solitudine. Dov'è l'uomo – mi chiedevo – in questa scena allontanata dal tempo, separata non dal luogo ma dallo spazio? Non c'era mai nessuno, in quei viaggi. Non c'era mai l'uomo, lo sconosciuto. Si era soli con i luoghi. Soli con i monti. Soli con il fiume. Oppure, c'era tutto in quei viaggi? Si era in compagnia dei luoghi, in compagnia dei monti, in compagnia del fiume. Nessuna presenza è tanto vera quanto quella che si compie nel silenzio. E la pittura è silenzio.

Lucania, oggi Anche qui, in questa terra trattenuta a stento sull'orlo di una crepa da cui filtra un buio traslucido e denso. In questa resistenza. Ci sono i campi e i piccoli paesi, gli alberi e i fiori, le terre e i cieli. Ci sono lune e aloni, calanchi e crepe. Ma dov'è l'uomo? Ci sono i testimoni dell'implacabile turbinìo del naturale: uccelli, asini e cavalli, buoi e ogni sorta di buona anima animale che anela al selvaggio. C'è qualunque furore di microcosmo nell'invisibile dell'erba, del ramo, dell'acqua. Eppure, l'uomo, è altrove. È parte di un esilio volontario. Oltre la scena, alieno. Sebbene le tracce dei solchi sulla terra, la luce da finestre remote e i fili d'alta tensione ne dicano la presenza in un altrove, è presenza minima, allontanata. Potresti sentire i suoni di un brulicare selvatico e campestre. Potresti sentire, a prestare orecchio, i suoni dei moti planetari. Ma nessuna voce. Dove l'uomo è assente, accade l'immenso. Ma no, non è vero. L'uomo non è assente. L'uomo è l'occhio che percorre, in soggettiva, la strada maestra che attraversa i territori del profondo. Fanno questo gli artisti: prestano al mondo i loro occhi. E dagli occhi alla pelle, dalla pelle all'aria, al cosmo, dobbiamo tornare tra le cose. All'amicizia con la selva, alla confusione caotica che abbiamo smarrito nella razionalità illogica delle nostre case. Che cosa sono i luoghi se non un frammento di universo in espansione in cui è stato dato il tempo all'uomo di abitare? Così, il viaggio (il selvaggio) è la riconciliazione. È l'indice che indica la luna e tutti guardano la luna. E la luna guarda noi, perché la luna è lo specchio, il confine superato, il testimone. Dal fiume – dalla sorgente – hanno inizio tutti gli spazi possibili. Ha questo di bello, il fiume: è un tempo futuro. È un augurio di fecondità. (E tu, non so come, lo sapevi e lo hai chiamato bellezza.) Adesso lo so: tutti i tuoi quadri sono i pezzi di un puzzle gigantesco e lo spazio della tela è un confine inesistente, una finzione: hai dipinto un solo, immenso, quadro. Ed è la mappa di tutte le cose salve. Di tutta la bellezza che – nonostante – rimane. Un giorno ti sorprenderò, senza meraviglia, a firmare i sassi del fiume, a dare nomi alle libellule, a plasmare l'acqua e ad aggiustare con un tocco il tono di una nuvola. Solo per custodire, difendere, salvare, salvarci. E poi me lo insegnerai, ce lo insegnerai.

Vedetta di borgo

C

alma, tranquilla e inarrestabile rovesciavi ai tuoi piedi la linfa della terra. Spaventata dal vento bagnavi l’intorno baciata dal sole ristoravi il passante. Gioiosa indugiavi chi di Te, usava e servivi. Ad ogni fischio T’immaginavi bella ma comparivi unica a dissetare l’asinello. Sentinella indiscussa non temevi le stagioni frusciante, colmavi le ore. Un deflusso continuo segnava il cammino del tempo a chi, dal letto immaginava un tramonto di pace. Vestita di buio, eri musica per chi soffriva d’insonnia. Assopita da una stirpe sterile presenti la sconfitta ai prossimi innati. Celata nel vuoto alla luce del buio prigioniera di una sfera resti avvolta nel silenzio. Il tuo flusso cristallino Giovamento! A predoni e cortigiani. Impaziente, attendi Chi dà voce alla tua presenza. di Michele Merola

La generosità dei Caposelesi non ha eguali proprio come le straordinarie opere di captazione delle sorgenti e di costruzione del grande acquedotto,ancora oggi primo nel mondo

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Il diario di Marcella

Dal diario di Marcella Quell’ultima sera …

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d è bella proprio quell'ultima sera. Quell' ultima di una settimana. Quando ti rendi conto di voler fare di tutto, goderti ogni singola persona, ogni singolo posto…consapevole del fatto che stasera dirai "ciao" senza sapere quando potrai dirlo di nuovo. Ma sai anche che… quando sarà, sarà...troverai sempre quelle poche ma buone persone lì, per te. E forse è proprio questo che rende Caposele quello che è, un posto da cui vuoi andar via anche per riviverlo diversamente quando si ritorna, forse più attentamente, forse più accuratamente… E andare via, sì, senza sapere quando si tornerà, ma sapendo già che quando si farà, tutto sarà nello stesso posto in cui quel tutto ti ha salutato l'ultima volta.

Come fugge il tempo

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ome fugge, il tempo.. e nonostante il suo correre senza sosta ricordo perfettamente quel giorno...nonostante siano passati 12 anni sento ancora le mani di mio nonno che mi spingevano su quella pseudo altalena. Ci si divertiva con poco, ci si meravigliava di tutto. Quella corda e quel pezzo di legno che mi sembravano essere la giostra più bella del mondo. E poi davanti a me i miei genitori, e di fianco mio fratello che mi osservava come se stessi volando. Sì, in quel momento stavo volando ..."sono diventata Tarzan".. tutto era possibile. Quanta immaginazione, quanta voglia di vivere. La mia allegra stupidità si è rafforzata con il tempo, ma purtroppo ho lasciato a quel periodo tante e troppe cose che vorrei avere adesso, qui. Quegli occhi pieni di gioia, quelle risate senza fine, quell'amore incondizionato per la vita, quel sole che non tramontava mai... solo grazie a piccole cose, come in questo caso grazie a una lunga corda e un pezzo di legno e l'amore intorno a me.

Cambiamenti

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passato un anno e 6 giorni esatti da quando mi son sentita finalmente libera. “È finita” dissi verso le undici di quella mattina tanto attesa, desiderata e temuta; ma non ero perfettamente consapevole del fatto che, quello sarebbe stato solo l’inizio. L’inizio della libertà sì, ma di una libertà un po’ diversa da quella che in realtà mi aspettavo; prima di quel periodo ne avevo una visione un po’ distorta, e non mi rendevo conto delle varie e innumerevoli sfaccettature che questa intrigante parola possedeva: Limitazioni, perché la libertà è anche non eccedere; Responsabilità perché la libertà non è solo festa; Rinunce, perché la libertà è saper dire di no. E soprattutto, non mi rendevo conto e forse preferivo non pensare a ciò che mi stava aspettando altrove. Ora, a 600 chilometri da casa, mi rendo conto che l’indipendenza tanto desiderata poteva aspettare ancora un po’. La bellezza di fare nuove esperienze, la meraviglia nel conoscere nuove persone, l’esplorazione di dimensioni e sensazioni mai assaporate prima………..bello, bello davvero… Ma io, ad un anno e 6 giorni dal fati-

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19 marzo La festa del papà.

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uella festa che dall'asilo alle elementari è una delle feste più belle. Quando a scuola con le maestre ti diletti a preparare quei lavoretti, che per te sono i capolavori più belli del mondo, e anche per il tuo papà, quando in realtà son solo dei cartoncini colorati, ma che racchiudono tutto l'amore che c'é. Quando torni a casa dopo la scuola e con quell'aria un po' emozionata, anche un po' imbarazzata per paura che quel piccolo ma grande lavoretto non sia riuscito alla perfezione. Forse i colori erano sbagliati, forse "auguri papà" era scritto male... e ti avvicini come se dovessi consegnare un pezzo di cuore che sapevi sarebbe rimasto in buone mani. Poi c'è quella fase intermedia in cui la festa del papà si riduce ad un "auguri" e un bacio sulla guancia. E poi adesso, quando ti trovi altrove, e osservi dalla finestra una piccola creatura che corre tra le braccia del padre, emozionata come io tanti anni fa lo ero, e vorresti tornare indietro per ripreparare ancora quei cartoncini colorati, pieni di cuori disegnati male ognuno dei quali racchiudeva in sè l'augurio più bello del mondo.

di Marcella

Salicone

Ascoltando Einaudi

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remono le mani quando avverti quel bisogno necessario di suonare, fonte di sfogo, libertà per la mente, libertà per le mani che sembrano volare su quei tasti bianchi e neri, sembrano essere gesti meccanici quando invece riesci a chiudere gli occhi, continuare a suonare, e ti accorgi che è solo sentimento, solo passione riversata in una miriade di note l'una dopo l'altra...ognuna delle quali ti sussurra qualcosa di profondo e segreto che solo tu sai comprendere.

di Marcella Salicone dico esame di stato, tornerei indietro; anche solo per un’ora, anche solo per cinque minuti, per ricordare l’odore di quell’istituto, per ricordarne i rumori, le voci, i silenzi… Non voglio descrivere quello che poi è successo tra quelle quattro mura il 3 Luglio del 2015, la soddisfazione è stata molta, l’ansia altrettanto, le sensazioni provate, anche se propriamente soggettive, in queste circostanze son quasi universali. Ciò che è davvero importante è che quel giorno ha dato inizio ad una nuova vita, ad un nuovo percorso, ad una nuova Marcella. Niente di più bello, ma allo stesso tempo niente di più nostalgico. L’esame di stato, lo rifarei, una, due, tre volte.. con i professori di una vita, cinque anni sembran pochi, ma son davvero tanti quando ti ritrovi a passare con loro gran parte di tutte le tue giornate; con gli amici di sempre, uno per tutti e tutti per uno. E qui, all’università.. un esame continuo, con professori che non conoscono nemmeno il tuo nome; un numero 532292… questa sono io. Io, con nessuno, sola verso il futuro che sta già lì ad aspettarmi. Voglio solo augurare ai maturi di

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quest’anno di gioire, di gioire tanto, di guardare sempre avanti ma concedendo un po’ di tempo al pensiero di ciò che è stato, perché forse solo oggi, solo domani o fra qualche tempo…vi accorgerete che è stato tanto. E mi auguro che questi cinque anni siano stati i migliori anni della vostra vita, senza rimpianti, senza rimorsi…. Perché non ritorneranno, ma in compenso, saranno sempre con voi. Riprendendo un pezzo di una canzone di De Gregori.. “come del resto alla fine di un viaggio, c’è sempre un viaggio da ricominciare”, e io mi auguro che come è successo a me, scegliate di percorrere una strada che sia quella giusta per voi e per nessun altro, senza condizionamenti, con razionalità ma non troppa. Da ignorante vi dico: seguite ciò che volete davvero, pensate sempre al vostro obiettivo, senza farvi condizionare dal fatto che “tutto questo sembra irraggiungibile”, senza pensare che “non ce la farò mai”. Faber est suae quisque fortunae. Sei tu a decidere dove andare.

D

ue nuove attività commerciali a Caposele che, aperte in un momento di crisi, hanno un grande valore anche sociale. Auguri a Luigi Guarino che ha rilevato la Macelleria di Sergio Monteverde, e a Ciro Castrignano che ha delocalizzato il suo negozio di elettronica da Materdomini a Caposele centro. Entrambi gli esercizi sono aperti in via Roma.


Ricerche

LETTERA DI SANT’ALFONSO A PAPA BENEDETTO XIV

I

l seguente scritto, di capitale importanza per la storia della Congregazione del Santissimo Redentore, fu stilato da Sant’Alfonso Maria de’ Liguori il 30 Marzo 1748. Esso è una lettera in cui il Santo chiede a papa Benedetto XIV di approvare la sua nascente Congregazione che, in quell’anno, contava già quaranta membri ed era in continua crescita. Erano trascorsi sedici anni da quel 9 Novembre 1732, allorquando Alfonso ebbe a Scala l’ispirazione di fondare una adunanza di sacerdoti dediti alle missioni nei paesi più abbandonati del Regno di Napoli. Nonostante il Re, gli Arcivescovi ed i Vescovi delle Chiese del Regno gli avessero permesso di operare liberamente con le sue seguitissime missioni, ad Alfonso mancava ancora l’approvazione dell’Istituto redentorista da parte del Papa: cosa, questa, di capitale importanza per la prosecuzione della sua opera. Il bene operato da Sant’Alfonso era giunto già da molto tempo alle orecchie del Pontefice e grande era l’ammirazione che egli raccoglieva in Roma nella Curia. Ciò fece sì che la desiderata approvazione non tardasse ad arrivare. Benedetto XIV, infatti, di buon grado acconsentì alla richiesta di Alfonso e, fatta fare la debita istruttoria sul nascente Istituto, fece recapitare al Santo, il 25 Febbraio 1749, il Breve apostolico “Ad Pastoralis dignitatis fastigium” con il quale riconosceva ed erigeva canonicamente la Congregazione alfonsiana. Il lettore noterà come il nome primitivo della Congregazione era “del Santissimo Salvatore”, poi mutato nell’attuale “del Santissimo Redentore” perché già esisteva, nella Chiesa Cattolica, una congregazione religiosa con quel nome. La lettera è importante anche per il nostro paese, perché in essa si parla espressamente di Caposele e della chiesetta di Santa Maria Mater Domini. “Beatissimo Padre, Il sacerdote Alfonso de' Liguori napoletano, insieme cogli altri sacerdoti missionari suoi compagni, congregati sotto il titolo del SS.mo Salvatore, umilmente supplicando espongono alla Vostra Santità come, essendosi per più anni esercitato nelle sante missioni come fratello della Congregazione delle Apostoliche Missioni, eretta nella cattedrale di Napoli, ed

avendo osservato il grande abbandono, in cui si ritrova la povera gente, specialmente delle campagne, ne' vasti paesi del Regno, fin dall'anno 1732 si unì con detti sacerdoti suoi compagni, sotto la direzione del fu Monsignore Falcoia, vescovo di Castello a Mare, affine d'impiegarsi nell'aiutare colle missioni, istruzioni ed altri esercizî le anime de' poveri della campagna, che sono i più destituti di soccorsi spirituali, mancando spesso chi loro ministri i santi sacramenti e la divina Parola; tanto che molti di loro, per mancanza d'operai, giungono alla morte senza sapere neppure i misteri necessari della Fede, poiché pochi sono quei sacerdoti che attendono di proposito alla coltura de' poveri contadini, per ragione delle spese ed anche degli incomodi che bisogna sofferire per questo impiego. E perciò essi supplicanti sin d'allora colle missioni sono andati aiutando questa povera gente, girando per le campagne e per li luoghi più abbandonati di sei provincie del Regno, con tanto profitto universale, ch'essendone giunta la notizia alla Maestà del Re, specialmente le fatiche fatte a beneficio del gran numero de' pastori della Puglia, Sua Maestà con più dispacci ha procurato di fare un annuo assegnamento per lo mantenimento di detta santa Opera, commendandola come utilissima per lo bene universale del suo Regno. Benanche l'Eminentissimo Arcivescovo di Napoli, che con tanto zelo governa la sua Chiesa, si è degnato di chiamare essi supplicanti a servirlo, come hanno fatto nelle missioni de' casali della sua diocesi. A questo intento essi supplicanti, coll'approvazione canonica degli Ordinari e col beneplacito ancora del Re, si sono congregati a vivere in alcune Case o siano ritiri, posti fuori dell'abitato in diversi luoghi del Regno, cioè nella diocesi di Salerno, di Bovino, di Nocera ed ultimamente nella diocesi di Conza, in cui, coll'assenso Apostolico della Sacra Congregazione de' Vescovi e Regolari, è stata ad essi supplicanti ceduta la chiesa di Santa Maria Mater Domini colla casa ivi adiacente, insieme con alcune rendite di un beneficio dal clero della terra di Caposele ed altre rendite, assegnate da diversi benefattori, specialmente dall'Arcivescovo di detta diocesi. In queste Case, oltre le missioni, colle quali essi supplicanti continuamente sono usciti, si è dato ancora il

di Mario S

ista

comodo a' contadini di venire da' loro paesi, dove hanno avuto le missioni, a rinnovare le confessioni, e ristabilirsi colle sante prediche. Di più, nelle medesime Case si sono dati, più volte l'anno, gli esercizî spirituali chiusi, così agli ordinandi, come a' parrochi e sacerdoti mandati da' loro Vescovi, ed a' secolari ancora: cosa ch'è riuscita di sommo lor profitto, così proprio come degli altri; mentre con tali esercizî i sacerdoti di là poi usciti e riformati, sono divenuti degni ministri del Santuario, a beneficio de' loro paesani. E tutto ciò si continua a praticare, aumentandosi sempre più il concorso e profitto della gente. Il Signore poi colla sua mano ha molta benedetto quest'Opera, non solo colla conversione di tante anime abbandonate, e col profitto de' paesi, dove han faticato essi supplicanti, ma di più coll'aumento de' soggetti, che sinora si sono aggregati a questa lor Compagnia, sicché ora giungono al numero di quaranta in circa. Beatissimo Padre, questo è lo stato in cui sta l'Opera mentovata. Ma se la Vostra Santità non si degnerà di concedere la sua Apostolica approvazione, l'Opera non potrà avere il suo felice proseguimento. Posti dunque a' piedi della Vostra Santità, esso supplicante e suoi compagni La supplicano, per l'amore che Vostra Santità conserva della gloria di Gesù Cristo e della salute spirituale di tanti poveri contadini, che sono i figli più derelitti della Chiesa di Dio,

a concedere il suo Apostolico assenso, che la suddetta lor Compagnia si erigga e stabilisca in Congregazione di preti secolari, sotto il titolo del Santissimo Salvatore, soggetta sempre alla giurisdizione degli Ordinari de' luoghi, ad instar delle Congregazioni de' Padri della Missione e de' Padri Pii Operai; col distintivo di dover sempre abitare i Congregati fuori dell'abitato, e nel mezzo delle diocesi più bisognose, affine di meglio impiegarsi in beneficio de' contadini, e d'esser così più pronti a porger loro aiuto; degnandosi insieme la Santità Vostra di approvare le Regole che a suo tempo s'umilieranno a' suoi piedi, sperando da Vostra Santità che ha tanto zelo per la salute delle anime, specialmente di questa povera gente della campagna, (come ha dimostrato colle sue Lettere Circolari inviate a' Vescovi del Regno di Napoli, procurando al possibile d'aiutarla colle sante missioni) che voglia stabilire, colla sua autorità suprema, un'Opera non solo sì utile, ma ancora sì necessaria per l'aiuto di tante povere anime che, ne' luoghi rurali di questo Regno così vasto, vivono abbandonate di soccorsi spirituali. E l'avranno a grazia, ut Deus. Alfonso Maria de’ Liguori”.

Interno Santuario di San Gerardo - Nuova basilica Anno XLIV - Agosto 2016 N. 92

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Storia

di Fiorenzo Iannino

N

ei primi mesi del 1910 lo scrittore e viaggiatore francese Yves d’Aubieres si trovava in Sicilia. Poco prima di far ritorno in patria, una sua parente gli scrisse di un incredibile miracolo compiuto in Inghilterra da san Gerardo Maiella, solennemente canonizzato da Pio X appena sei anni prima. Il prodigio si era verificato nella casa servita fondata da pochi anni nel distretto londinese di Stamford Hill: ne era stata beneficiata una non meglio definita suora Imelda, ventottenne vittima di atroci sofferenze che, da oltre due anni, la costringevano immobile a letto. Tutti i medici avevano disperato di salvarla, ritenendola ormai prossima alla fine. Un padre redentorista di passaggio le donò una piccola reliquia del santo, da indossare “fino alla guarigione o fino alla morte”. In breve volgere di tempo la sorella si ristabilì completamente. La parente di d’Aubieres gli chiese pertanto di recarsi a Materdomini per ringraziare il taumaturgo in nome della miracolata e delle sue consorelle. Lo scrittore si recò allora presso la casa redentorista di Palermo per sollecitare una lettera di presentazione a padre Costa, rettore del santuario irpino. Sbarcato a Napoli ed ancora incerto se recarsi o meno dal santo, fu incoraggiato dai padri gesuiti di Napoli, che ben conoscevano i luoghi e la fama di Gerardo. Il resoconto del pellegrinaggio fu quindi narrato in un reportage pubblicato dal periodico cattolico “La revue du monde”. A Lioni Giunto in treno (dopo circa sette ore) nella piccola stazione di Lioni, il viaggiatore francese era atteso da una giovane ragazza accompagnata da due bambini che vennero ben presto alle mani per avere l’onore di prendere le valige. Sedata la piccola rissa, la ragazza gli diede il benvenuto a nome dei padri, già informati del suo arrivo. Sullo spiazzo della stazione una carrozza era pronta per condurlo subito a Matedomini ma ormai era sera: un compagno di viaggio (amabile “gentiluomo di campagna”) lo aveva ammonito a non incamminarsi nell’oscurità. Senza perdersi d’animo, la giovane donna lo accompagnò allora in una assai rustica locanda. Nonostante l’evidente modestia (se non povertà) dell’ambiente, d’Aubieres ricordò di non essersi trovato male: “Insieme attraversammo una parte del paese, accidentato e pittoresco come tutti quelli distesi sull’Appennino. Dopo avermi condotto in una corte rustica dove stazionavano dei cavalli che ella scansò con un gesto virile per aprirci un varco, mi presentò a Pasquale Carfagno e alla sua famiglia di cui dovevo essere ospite. Ella stessa aiutò la giovane ‘padrona’a scuotere vigorosamente i materassi e a riporre delle lenzuola ben bianche e bene asciutte in uno dei due letti che erano i soli arredi dell’immensa camera col pavimento di nuda terra e col soffitto sfondato in alcuni punti, dove stavo per passare la notte. La temperatura era glaciale; mi portarono un braciere di rame riempito di cenere e

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carboni, che in breve tempo riscaldarono mollemente la stanza. Il menu della mia cena consistette in una omelette enorme e ben dorata, qualche pezzo di salame, mandorle, arance ed una caraffa di vino nero locale preso da Pasquale nella taverna vicina. Dopo feci un lungo sonno fino alla mattina successiva, dolcemente e tiepidamente sepolto sotto un ammasso di coperte”. A Caposele Nonostante il rigore dell’inverno, la partenza per il santuario venne fissata presto: “All’alba del giorno dopo, verso le sei, mi trovai un po’ meno comodamente su un malagevole ‘carrozzino’ trainato da un piccolo cavallo bianco. Pasquale volle che mi coprissi con una delle coperte usate la notte precedente, perché la temperatura non s’era affatto addolcita. La nebbia mattutina annunciava una giornata splendida. Man mano che avanzavamo per l’erto ed arduo cammino, coperto di brina, la nebbia si diradava ed il paesaggio si scopriva grandioso”. Durante il tragitto, mentre incontrava i contadini che si apprestavano al lavoro (“numerosi gruppi di uomini, donne e ragazzi con la vanga o la zappa sopra le spalle, si dirigevano ai campi. Quasi tutti ci salutavano gioiosamente: “buongiorno”), il viaggiatore francese venne informato dall’ormai amico carrettiere sui comuni e le curiosità del circondario. Apprese, così, che nei pressi di Sant’Angelo dei Lombardi (“che ha rango di sottoprefettura”) si trovava la famosa valle di Ansanto, celebrata da Virgilio come una delle bocche degli Inferi. Dopo “due ore e mezzo di lenta ascensione tra villaggi simili a Lioni” finalmente apparve la meta. Il paesaggio era suggestivo: “le mura del santuario e del collegio di Materdomini erano al sommo di una collina e, dietro di quelle, svettavano le montagne boscose e ricoperte di neve. In basso, a valle, brillavano sotto il sole già alto le tegole rosse dei tetti di Caposele”. Nel paese, che pure non era “più importante di quelli vicini”, d’Aubieres notò con stupore enormi e diffuse strutture di tipo industriale. Un signore gli spiegò che erano in corso i lavori dell’imponente acquedotto che, nel volgere di pochi anni, avrebbe risolto i problemi e la perenne siccità delle assetate province pugliesi. La cordialità dei frati L’accoglienza dei padri redentoristi fu molto cortese: “Al mio arrivo a Materdomini sono graziosamente accolto da un religioso che subito mi accompagna al piano superiore del convento, nella camera trasformata in cappella ove visse e morì san Gerardo e dove si

celebra la messa. Ho la fortuna di comunicarmi vicino ad un giovane e robusto contadino che come me compiva al suo pellegrinaggio”. Dopo aver conosciuto nei dettagli la gloriosa vicenda biografica del santo (ampiamente descritta ai lettori della rivista) e contemplato le notevoli opere del santuario ed i tanti ex voto dei miracolati, d’Aubieres fu portato al refettorio, dove si trovava un enorme crocifisso risalente ai tempi di sant’Alfonso: “ era di un forte realismo, quasi tremendo, che ben si accorda con il gusto delle popolazioni meridionali”. In quella sala gli venne riservato un trattamento da “gran signore”: “pur essendo per loro un giorno di digiuno e astinenza, io divorai con un po’ di vergogna, ma con un appetito stuzzicato dall’aria viva delle montagne, due piatti di carne, una omelette con erbe raffinate, un gran piatto di maccheroni e frutti squisiti del loro giardino. Fu un vero banchetto.

Mi si fece festa sino alla fine e , dopo i ringraziamenti, si permise a tutti di parlare in mio onore”. Alla fine dell’allegro convivio, il pellegrino salutò i padri con sincerità d’animo e rinnovato spirito: “alle quindici lasciai Materdomini portando una forte impressione di santità. Dopo centosessanta anni, tutto in questo convento parla dei grandi servitori di Dio che vi hanno vissuto. Senza grande sforzo d’immaginazione, io li vedevo ancora passeggiare attraverso i lunghi corridoi, pregare nella chiesa della Madonna o nella loro cella divenuta cappella, distribuire le elemosine ai mendicanti e agli storpi. Nella carrozza di Giacomo, che mi riconduceva a Lioni dove arrivai verso le diciotto, dimenticai di ammirare le grandiose bellezze degli Appennini, assorbito com’ero dalla meditazione degli eventi sovrumani che mi erano stati narrati e nell’ammirazione di questo santo strano, che conoscevo appena di nome due giorni prima”.

Una lettera a Vinicio Capossela che ha ricevuto la cittadinanza onoraria presso il parco "Saure", durante una manifestazione pubblica nell'ambito della "Festa della Musica 2016". Il gesto del comitato "Saure" è stato utile a ricordare quello che è accaduto da quelle parti....


Cultura

Caposele incontra la cultura La cultura è l’alimento senza cui non esiste la civiltà, non esiste il futuro; è l’identità dei popoli, è il libero dispiegarsi della mente, è il più fecondo veicolo di pace, è il cibo dell’anima, è il motore dello sviluppo.

La Vera Bellezza “La Bellezza salverà il Mondo!” diceva Dostoevskij e anche oggi, come ai suoi tempi, ove il Caos sembra primeggiare, seppur in modo poco evidente… oserei dire quasi nascosto agli occhi di tanti, una voce femminile e delicata parla della sua terra e delle bellezze del territorio, portando con sé luoghi, paesaggi, racconti, castelli, statue e persone nei suoi lavori artistici, poesie e racconti fantasy . Usa da sempre uno sguardo differente, o per meglio dire Uno Sguardo D’Amore proprio come il titolo della sua poesia in vernacolo, rientrata nell’Antologia E chi di Poesia Dialettale 2015 - premiazione in Bonito con il patrocinio dell’Unesco; associato ai versi quasi surreali …racchiusi nel Messaggio Della Grande Madre per parlare, in chiave femminile e di rinascita del Sisma del 1980. Tanti ne ricordano la distruzione e il dolore per un tratto di storia e cultura dell’Irpinia, che continua ancora oggi, invece lei l’ha fatto, impreziosendo il tutto con le immagini di quel paese fantasma (Conza Della Campania - AV) che ancora oggi ne è testimone vivente, segnalando il suo cortometraggio anche al Laceno D’Oro per la sezione Nuovi Occhi sulla Città. Ebbene sì, forse il gioco, il caso, la passione e l’amore infinito, proprio come in una favola, hanno mosso a piccoli passi, colei che ha pensato ad una filastrocca

dal titolo Io, Principessa ( per l’evento Poesia nel Borgo 2014 nel Castello di Quaglietta), integrata e omaggiata di un bellissimo e preziosissimo scatto fotografico dei Carpazi dall’artista rumeno Arian e in seguito scelta insieme alla poesia In questa Notte D’Estate per la Rivista n.26 Liburni - Open Space Poesia - Attraverso I Sentieri Dell'Anima. In seguito si è trasformata anche in Fatina per dar vita al racconto fantasy della bellissima statua l’Angelo Hermes e la Fatina Iris in Valva (SA), suscitando l’interesse anche di storici d’arte visto la perdita della documentazione con il terremoto del 1980 e riuscendo così a segnalare, per la catalogazione del movimento artistico Italian Liberty, oltre alla statua in questione, (arrivata al 1° posto, come scatto amatoriale con stampa su tela, al Concorso Internazionale Avellino In Versi 2015 - per la sezione Arte e Fotografia – per i Luoghi della Memoria e in seguito finalista con segnalazione di merito per il Premio Michelangelo Buonarroti 2015 a Seravezza - LU ) anche le bellissime Donne della Battaglia Dei Fiori dello scultore Donatello Gabrielli. La Grande Alda Merini l’ha scelta due anni fa, per iniziare questo cammino poetico e artistico (sezione speciale per la collana Sentire della casa editrice Pagine srl di Roma) e ne ha conclamato la sua sensibilità e dolcezza con la poesia Esisto

per l'Antologia Alda Nel Cuore - Accademia Ursini- alla Cerimonia di Premiazione del 04/07/2015 in Catanzaro (RC) dalla regione Calabria. La stessa regione a marzo di quest’anno l’ha vista protagonista del suo primo racconto inedito, ma che descrive la delicata storia delle donne della sua famiglia e dell’Irpinia, della condizione sociale e dei limiti e dei soprusi raccolti nel Diario Segreto di Sara, classificandosi al terzo posto per il Premio Internazionale di Letteratura Corona e di recente ha conseguito attestato speciale per l’originalità poetica al Concorso Nazionale Poesia è Bellezza in Cosenza, con i versi ispirati a se stessa e racchiusi nel suo bellissimo Fiore Di Loto. Le sue idee e i suoi pensieri sono stati valorizzati nell’Antologia Dei Poeti Contemporanei premio Parnaso 2016 – dall’ accademia di Canicattì in Sicilia, conseguendo attestato di merito per i versi della poesia dal titolo. E’ Davvero Sbagliato… e nell’Antologia Libera Verso per il Premio Nuovi Occhi sul Mugello, con le due poesie dai titoli Ascolta e Se Tu Avessi… Ovviamente la Vera Bellezza non ha limiti e nel campo artistico quella voce ha conseguito doppia segnalazione di merito per l’opera pittorica l’ Energia Dell’Amore, sia alla la Rassegna Internazionale D’Arte Visiva e Contemporanea - I Colori Dell’Arte 2015 - in Salerno e sia al

di Mirella Merino

primo Concorso Internazionale - Il Canto Delle Muse 2016 - in Bellizzi (SA); Ha dato voce, insieme ai ragazzi del Centro Storico di Avellino, in collaborazione con il Presidente dell’associazione - Social District - Antonio Chiummo e il referente del Forum Dei Giovani, Francesco Celli , al video di presentazione per il progetto Dogana Verde, avvenuto il 09 giugno 2016 al Teatro Comunale Carlo Gesualdo. Ragazzi che come i loro predecessori e in particolare, come la Principessa De Cardona amano il territorio, la cultura, la storia e l’arte a tal punto da essere la Vera Bellezza dell’Irpinia. Di questo viaggio intrapreso, ovviamente non poteva non “decantare” le sue origini: Caposele e le sue Acque; e vuoi anche per quell’incontro casuale dell’anno scorso con il Maestro Lello Gaudiosi (che ha rappresentato in opera il Sele) e i suoi complimenti che hanno valorizzato ancora di più le poesie sul tema dell’acqua di questa piccola e dolce voce, oggi, tutto ciò l’ha portata a rappresentare in chiave poetica, la Valle del Sele e dell’Ofanto, con la versione in vernacolo delle liriche: Le Onde Della Vita - per il VII Raduno Nazionale Dei Poeti Dialettali in Montemarano (AV) il 03 luglio, e la Dea Dell’Acqua - per l’Antologia Echi di Poesia Dialettale 2016 in Bonito (AV) il 24 luglio.

Il Messaggio della Grande Madre

I

n una notte tranquilla come tante, all’improvviso un boato. La Terra avanza e si apre, squarciando e inghiottendo tutto quello che è su di Lei. L’uomo distratto ha costruito senza rispettarla e molte volte ha violato le sue Leggi Armoniche: Simbolo di perfezione dell’Intero Creato. La gente fugge…ha paura. Trema e prega… cercando di placare l’Ira della Grande Madre che si è Risvegliata. Paura… terrore e sgomento sono ora presenti. Pianti, lamenti e grida d’aiuto: è il Caos. Il Cuore del genere umano per troppo tempo è stato deviato. Non conosce più la Saggezza dello

Spirito, ma… unicamente la corruzione del genere umano. Non capisce che non è il Terremoto il problema… ma ciò che l’ha generato. Ad un tratto quiete e non si sente più nulla. Esiste ora il niente: né esseri, né case, né voci, né tuoni. Compare, inesorabilmente il dolore… Racchiuso nel Silenzio Delle Parole… negli Occhi Spenti di Chi E’ Rimasto… e nelle Mani solo Cenere e Polvere. Ora… la Signora del Creato… Osserva… Ha ristabilito la sua Volontà… e dice agli Esseri Umani:

di Mirella Merino

“Ricordate… Voi Siete Parte di Me ed Io di Voi. Vi custodisco nel Mio Ventre, ma … Voi continuate a non Capire questo Nostro Legame D’Amore. Il Vostro Cuore …è legato a Me… all’Universo… e a Tutto ciò che vi Circonda. Fino a quando lo travierete… piangerete sempre. Non sapete vedere… oltre la reale apparenza. Non sapete ascoltare… i Suoni che Insieme Cantiamo. Non sapete custodire …l’Antico Segreto.

Non sapete più cercare … il Vero Valore che Insieme abbiamo Nascosto. Il Tempo …passerà… e Tutto Rinascerà. Di questo momento… fate in modo… che non rimanga unicamente il Ricordo… ma, Insegnate Consapevolmente… il Rispetto per la Vita… in Tutte le Sue Forme.”

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Sociale

Quando Berta filava…

L

e risa dei monelli si rincorrono sul sagrato. Mormorii avanzano dalla cappella, si fanno vicini, diventan voci e, all’apparire degli sposi sotto la volta, si rompono in uno scoppio di allegria. I monelli si disperdono in due ali, attendendo impazienti. Si compone il corteo di “compari”, genitori ed invitati ed una pioggia di monetine e caramelle vola sulla folla, i bambini festanti si tuffano a raccogliere i tesori. Quella mattina il banditore ha “menato lo banno”, ora capannelli di persone attendono all’angolo dei vicoli e lungo le strade del paese. La carovana si snoda sulle vecchie pietre, arricchendosi di amici e conoscenti. Dai portoni delle case le donne lanciano frasi d’auguri, le finestre si spalancano su visi sorridenti… infine, dopo il giro del paese, il lungo serpente variopinto si dirige verso la casa della sposa! L’ultimo mese è passato in un baleno! Un gorgo di impegni e preparativi ha assorbito ogni secondo. Scelta dei compari, scambi di promesse, visite ed inviti…rosolio e vassoi di pasticcini! Regali esibiti pomposamente su credenze e ripiani, il documento della dote...bello e firmato, la cassa del corredo in mostra, ricca di biancheria! Nell’arco degli anni, le donne di casa hanno cucito e ricamato. Nelle belle giornate le si potevan vedere tutte se-

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dute all’uscio, impegnate in complice compagnia…e dopo l’ultima prova, anche il lungo e vaporoso abito è appeso all’anta dell’armadio! La madre della sposa ha già approntato l’alto giaciglio. Dalle lenzuola di primo letto, di lino sbiancato con il ranno, si diffonde il profumo di alloro e lavanda. In casa non ci sono servizi, solo un capanno sul retro della casa, ma in un angolo della stanza, nascosto dal paravento, c’è ciò che occorre, e un asciugamano, con cifre ricamate e lunghe frange, ingentilisce brocca e catino. Per le serate fredde, la nonna ha cucito una morbida imbottita, e posto sul pavimento, c’è un prete di lucido massello. Dalla parete un’icona della Natività, di legno e gesso, protegge con dolcezza quell’alcova. Tutto è pronto per il grande giorno, ed i giovani fidanzati sono sereni, si conoscono fin da bambini: nelle loro vene scorre sangue dello stesso ceppo, perché terre ed averi non vadano dispersi! Ora, la cucina è in fermento, profumo di ragù e agnello arrosto si sprigiona dalla stufa. Nell’aia un lungo tavolo si snoda sotto la pergola, due lunghe fila di sedie impagliate attendono… Ma, ecco che un brioso tafferuglio annunzia l’arrivo degli sposi, tra abbracci e richiami ognuno prende

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di Milena

posto, e dopo il discorso ed il brindisi augurale, inizia il convivio più bello di questa storia! Tra il rumore di posate e tintinnio di bicchieri, le voci si confondono in aneddoti, ricordi e risate. I piatti fumanti vengono serviti…e quando i primi desideri del gusto sembrano appagati, compaiono fisarmonica, chitarra e violino. Con motteggi allusivi iniziano “trezzetti” e musica, poi i canti si fanno corali, mutano di stile, e gli sposi aprono le danze. Il sole cala lentamente, e sul prato i gruppi dei fanciulli sbrigliano la fantasia nei loro giochi fatti con “nulla”! Qualcuno gareggia con tappi e bottoni, altri, con legnetti rimediati, improvvisano una partita a “mazza e pivoso”. Seduti sui gradini, alcuni si sfidano “co’ le cinco prete”. I più riflessivi intessono la “tela del ragno,” con uno spago sulle dita grassocce, e su tutti si alza la filastrocca delle bambine, che girano in un felice girotondo. Intanto, alla lunga tavolata il chiacchiericcio unisce le persone, c’è chi non disdegna un’altra portata, chi attinge nettare vermiglio dal rubinetto di una grande botte, qualcuna fa scorta d’acqua al pozzo. All’improvviso, ad un richiamo perentorio, quel vociare confuso si assopisce per un istante, per poi trasformarsi in un’ovazione gioiosa. Le donne arrancano sul selciato

Soriano

sorreggendo una enorme torta, appaiono vinello spumante e dolce lambiccato, quindi tutti circondano gli sposi, per rinnovare speranze e predizioni di una prole numerosa che, con il prezioso aiuto nei campi, diverrà rendita per la famiglia! Sulla cascina è scesa la sera, le lampade a petrolio rischiarano l’aia con la loro luce gialla, e in qualche punto lontano brillano lucciole ritardatarie. Gli ospiti prendono commiato con lo stesso frastuono gioioso dell’arrivo. Abbracci e pacche sulle spalle tra gli uomini, delicati rossori sulle gote delle giovani, qualche lacrima doverosa sulle gote delle anziane. Poi nella casa scende un silenzio imbarazzante, e dopo gli auspici di una serena nottata, tutti si ritirano nelle proprie stanze! La giornata è stata lunga, e darà nuova vita alla famiglia. L’indomani non ci saranno viaggi, ma la visita d’obbligo al fotografo, per immortalare quel ricordo. Per qualche giorno continueranno convenevoli, dolcetti e rosolio, poi, sotto la vigile guida della madre, la sposa assolverà i mestieri di casa, accudendo anche gli animali da cortile, ed il suo sposo lavorerà la dura terra... E per i figli, ed i figli dei figli, tutto sarà ancora così, fin quando semplicità, rispetto ed amore regneranno indisturbati!


Radici

UN RITORNO ALLE RADICI I LUOGHI DELLA CULTURA IN ALTA IRPINIA di Dora Garofalo

Q

uanti sono i giovani di origine irpina nel mondo? Precisarne il numero, con i dati che abbiamo a disposizione, è praticamente impossibile. Ma sicuramente sono moltissimi e, quasi certamente, della terra di provenienza dei loro nonni e bisnonni sanno poco o nulla. Probabilmente, la gran parte di essi non parla l’italiano e anche se qualcuno ne mastica un po’ ha più familiarità con i vari dialetti delle nostre località che con la lingua madre italiana. Sarebbe bello ed opportuno far riscoprire a questi giovani irpini nel mondo le loro radici attraverso la conoscenza dei tanti luoghi di cultura e di fede dell’Alta Irpinia. Protagonisti di questa operazione culturale potrebbero essere gli stessi ragazzi del nostro territorio coinvolti in una produzione di un lavoro da destinare a coetanei, di origine irpina, residenti in un qualsiasi angolo della Terra, da loro stessi individuati. Riteniamo che questa iniziativa possa contribuire a far recuperare a chi è lontano da noi l’identità delle proprie origini e l’orgoglio di essere i discendenti di un popolo onesto e lavoratore. E, allo stesso tempo, possa anche concorrere a valorizzare la presenza dell’italianità nel mondo. L’iniziativa interessa soprattutto l’Alta Irpinia, in particolare quei comuni in cui sono operanti Istituti Scolastici di istruzione superiore: Lioni, Caposele, Sant’Angelo dei Lombardi, Nusco, Montella, Vallata, Bisaccia, Calitri e Lacedonia. Il territorio dell’Alta Irpinia ha una grande ricchezza paesaggistica, culturale e di opere ingegneristiche relative alle sue copiose sorgenti di grande portata, ricchezza che si deve promuovere e sviluppare perché può costituire una potente attrazione d’interesse turistico ed economico. Degni di particolare attenzione sono i borghi e le numerose chiese ricche di storia e di opere d’arte: l’Abbazia del Goleto a Sant’Angelo dei Lombardi, il Convento di S. Francesco a Folloni di Montella, il Santuario di San Gerardo Maiella a Materdomini (Caposele), il Castello Candriano a Torella dei Lombardi, il borgo medievale di Rocca S. Felice. Non si possono, infine, trascurare le bellezze paesaggistiche dei Monti Picentini con i luoghi più significativi di Laceno e dell’oasi della caccia di Senerchia. Altrettanto importanti sono le opere di ingegneria civile che riguardano le strutture di captazione delle sorgenti del Sele a Caposele e quelle del Calore a Cassano Irpino. L’economia dell’Alta Irpinia è storicamente costituita, in prevalenza, da imprese di piccola e media dimensione, operanti nel settore agricolo ed artigianale, rafforzata negli anni ’80 dagli investimenti industriali, realizzati ex legge 219/81. In fase di espansione sono da segnalare i servizi connessi al settore terziario. È, comunque, l’agricoltura che si configura come il settore prevalente. Il limite maggiore delle imprese agricole è, però, in tutta l’Irpinia, l’eccessiva polverizzazione e la mancanza di un reale approccio imprenditoriale nella gestione, soprattutto

rispetto al mercato. Sicuramente si tratta di un settore che presenta potenzialità interessanti, ma la strada verso una gestione più competitiva sembra lunga. La rete dei servizi non ancora esaurientemente efficiente e l’assunzione di modi comportamentali non proprio corretti da parte di imprenditori con pochi scrupoli hanno determinato la crisi di molte aziende. Tuttavia, il problema cardine del settore industriale resta la formazione e la presenza in loco di personale tecnico che sappia padroneggiare le nuove tecnologie. Le attività terziarie di servizio alle imprese ( ricerca, gestione, consulenza, ecc.) risultano scarsamente diffuse, nonostante le necessità delle aziende industriali. In fase di espansione sono le attività connesse al turismo, il quale interessa per la gran parte i beni storico – culturali come l’Abbazia del Goleto fondata da San Guglielmo da Vercelli intorno al 1132. E’ questo un vasto complesso di edifici, comprendenti due corpi distinti di fabbriche, l’una medievale, l’altra settecentesca opera del Vaccaro. Nel 1807 il sovrano di Napoli, Giuseppe Bonaparte, soppresse l'Abbazia. Dal 1807 al 1973 il monastero restò abbandonato e gli appelli per il recupero del venerato monumento di padre Lucio Maria De Marino, un monaco verginiano che fu nominato rettore e curatore del cenobio nel 1973, risultarono vani. Così chiunque poté trafugare portali e pietre, i tetti e le mura crollarono, i rovi diventarono padroni incontrastati insieme ad animali di ogni tipo. Solo il casale dei contadini continuò la sua vita secolare. Il periodo d'oro abbraccia circa due secoli, poi dal 1348, anno della peste nera, la lenta inesorabile decadenza. Oggi, dopo i recenti lavori di restauro, possiamo ammirare alcuni tesori artistici che resero famoso il Goleto. Con decreto papale di Pio XII San Guglielmo è stato nominato nel 1942, per l’ottavo centenario della sua morte, Patrono Principale dell’Irpinia. A Rocca S. Felice si può ammirare il Castello medievale. La fortificazione venne edificata in epoca longobarda. Essa è ricordata soprattutto perché nelle sue segrete fu rinchiuso nel 1236 dall’imperatore Federico II suo figlio Enrico. I resti sono stati restaurati dopo il terremoto del 1980, quando fu anche rifatto il borgo sottostante. Suggestivo e mistico si erge il Santuario di San Gerardo Maiella che sorge sulla collina di Materdomini. La fama di questo luogo si deve al Santo che giunse nel 1754 al convento dei frati Redentoristi, fondato da Sant’Alfonso Maria De’ Liguori. Dopo la sua morte, avvenuta il 16 ottobre 1755, la fama di santità si diffuse celermente. Il 29 gennaio 1893 Gerardo Maiella fu beatificato a Roma da Papa Leone XIII. Con la beatificazione i pellegrini accorsero alla sua tomba e i Redentoristi pensarono di ampliare il piccolo tempio dedicato alla Vergine. Il Beato è divenuto in seguito San Gerardo Maiella dopo la canonizzazione dell'11 dicembre 1904 ad opera di Papa Pio X. Nel 1974 venne eretto un nuovo e più ampio Santuario con ampi locali per accogliere degnamente i pellegrini. Il santuario era

in stile neoclassico a croce latina e a tre navate. Distrutto a causa dell’ultimo terribile terremoto, è stato riaperto al culto nel 2000. Il Convento di San Francesco a Folloni di Montella, altro prezioso bene storico-artistico, vanta una storia plurisecolare che ha inizio nel XIII secolo. Il monastero ospita un museo di arte sacra e di oggetti legati alla storia locale, di varia cronologia. Tra questi, particolare rilievo occupano i reperti relativi alla sepoltura del conte Diego Cavaniglia, vissuto nel 1400, scoperti sotto il monumento sepolcrale a lui dedicato. La biblioteca del convento è stata ultimamente sistemata nell'antico dormitorio cinquecentesco e vanta un patrimonio bibliografico di circa 20.000 volumi, dei quali 5000 coprono l'arco cronologico che va dal 1500 al 1800. Degno, altresì, di considerazione è il Castello Candriano di Torella dei Lombardi. Fu costruito nel XII-XIII secolo dalla famiglia dei Saraceno, su strutture preesistenti d’epoca longobarda. Dopo il sisma del 1466, fu munito di due torri cilindriche tuttora visitabili, una con funzione difensiva che accoglieva le postazioni di tiro, l’altra con funzione di servizio. Verso la metà del 1500 divenne proprietà dei Caracciolo, i quali tennero il possesso dell’edificio fino al 1959, quando divenne proprietà comunale. All’interno del castello, ricostruito dopo il terremoto dell’80, è possibile apprezzare gli ambienti con scene graffite, realizzate nel XIV secolo, le torri e i locali sotterranei dove, in 12 vetrine distribuite in cinque sale, sono esposti circa 30.000 reperti rinvenuti nel corso degli scavi archeologici. I Caracciolo furono anche signori del Castello di Sant’Angelo dei Lombardi nel XVI secolo. Le trasformazioni più sostanziali di tale struttura, che risale al X secolo, furono volute proprio dai Caracciolo e più tardi, nel 1768, dal Principe Placido Imperiale. Una forte attrazione di rilevante interesse culturale è offerta anche dal castello dei Principi Biondi Morra di Morra De Sanctis. Era una fortezza edificata in età longobarda, rifatta in epoca normanna e ampliata durante la dominazione sveva. I Morra, durante il periodo normanno - svevo, sono stati feudatari non solo del paese che da loro prende il nome ma anche di tanti altri paesi irpini, quali: Sant’Angelo dei Lombardi, Calabritto, Caposele, Viario (oggi Teora). L’Irpinia sin dai tempi antichi è stata attraversata da numerosi popoli: Etruschi, Greci, Sanniti, Romani, Goti, Longobardi, Bizantini che l’hanno arricchita di un patrimonio culturale di notevole importanza. E’ una terra ricca di storia, cultura e tradizioni, terra antica, nasconde infiniti percorsi tutti da scoprire. Ai monumenti e ai reperti archeologici si affiancano le antiche tradizioni enogastronomiche che costituiscono un validissimo strumento di conoscenza della nostra storia e della nostra cultura. Numerose sono le iniziative che sono state adottate da parte di Enti istituzionali per

valorizzare le produzioni tipiche irpine, che sempre di più si stanno affermando per la loro genuinità. L’Alta Irpinia è terra di vini, la cui generosità è riconosciuta da marchi DOC, IGP, DOP e DOCG; Fiano di Avellino e Aglianico di Taurasi sono gli esempi più significativi. Ma non si può non accennare all’olio extravergine di oliva, ai funghi, ai fichi, ai tartufi, al miele, al peperoncino piccante, alle noci e nocciole, alla castagna DOC e IGP di Montella, ai formaggi freschi e stagionati, ai latticini e ai salumi. La genuinità di tali prodotti si associa alla bontà della pasta fresca fatta a mano (“lagane”, gnocchi, ravioli, cavatelli, fusilli, orecchiette, matasse e “cecatielli”) e al gusto prelibato e antico della “menestra” con la pizza di mais, dei “mogliatielli”, delle salsicce e delle soppressate. Tutti questi prodotti, unitamente all’artigianato locale, costituiscono un’ importante fonte di lettura del nostro territorio che la classe dirigente non dovrebbe ignorare. Da sempre si tramandano in Alta Irpinia, di generazione in generazione, i segreti e le tecniche di lavorazione di materiali diversi. Tali attività, oggi, sono ancora vive e rappresentano un esempio dell’abilità e della perizia di lavorazione dei nostri artigiani. La lavorazione della pietra a Fontanarosa e a S. Andrea di Conza, le terracotte di Calitri, le botti per il vino e gli amaretti di Caposele costituiscono solo le punte di diamante dell’artigianato locale. Gli amaretti, che oggi costituiscono un vanto della locale produzione dolciaria caposelese, furono importati a Caposele da operai settentrionali. Infatti, quando nel 1906 iniziarono i lavori di costruzione dell’Acquedotto Pugliese, il paese divenne un immenso cantiere e vide aumentare la popolazione residente in misura esponenziale con maestranze e tecnici provenienti da più parti d’Italia. Il contatto tra persone di così disparata provenienza non poteva non avere conseguenze sugli usi e i costumi dei Caposelesi, anche in materia di gastronomia. Poiché per gli amaretti la produzione di mandorle localmente era insignificante, le massaie caposelesi le sostituirono con le nocciole tostate. Ne venne fuori un dolce di sapore e fragranza eccezionale, tanto da essere inserito nel 2011 nell’elenco nazionale dei “Prodotti Agroalimentari Tradizionali” (PAT), al fine di tutelarne la tipicità e per conservarne la metodica di produzione. Unitamente agli amaretti, altri due prodotti della gastronomia locale sono stati inseriti nei PAT: le “matasse” e una focaccia del posto detta “muffletto”. Le bellezze e le risorse dei nostri paesi sono enormi, penetrano nelle pieghe più profonde del nostro essere infondendo e rivitalizzando il senso di appartenenza e predispongono ad una percezione di pace, di armonia, di autosufficienza, sentimenti che in un momento di crisi morale, sociale ed economica costituiscono il tappeto su cui poggiano la nostra realizzazione personale, il futuro dei nostri giovani e il recupero della propria identità, soprattutto per i discendenti dei nostri emigrati.

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Presentazione del n. 91

Una realtà che varca i nostri confini

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nnanzitutto buona sera a tutti voi e un ringraziamento per essere intervenuti qui in maniera numerosa. Voglio da subito ringraziare il direttore del giornale, l'ing. Nicola Conforti, che questa volta ha ritenuto di affidare alla mia persona il prestigioso incarico di presentare il giornale La Sorgente. L'incarico mi rende felice ma nello stesso tempo sono pure cosciente che l'impegno deve essere massimo per non deludere l'attento uditorio, nonché lo stesso direttore che mi ha conferito l'incarico. La storia illustre di questo giornale, che oramai si avvia al mezzo secolo, rappresenta per la nostra comunità un fiore all'occhiello e un vanto con le comunità viciniore. Una realtà che varca il confine della nostra valle e si estende un pò per tutto il pianeta. E sì, senza voler esagerare, sapete tutti che il giornale viene letto e viene richiesto da tanti nostri conterranei che vivono sparsi nel mondo. Anzi possiamo senz'altro dire che questi attendono con un interesse maggiore l'uscita del giornale. Il legame interrotto col luogo di nascita per la necessità di cercare altrove un lavoro , rende ancora più forte il desiderio e la voglia di “toccare” anche se solo con la carta, quello che accade nel nostro paese. La Sorgente, lo voglio ricordare, rappresenta per la nostra comunità uno strumento importante, non solo per i suoi contenuti, di cui parlerò più avanti, ma perchè rappresenta, senza soluzione di continuità, oltre 40 anni di notizie e documenti. Gran parte del merito va al presidente, ing. Nicola Conforti e al figlio Salvatore Conforti, che, innovando con gli strumenti di comunicazione, attraverso la rete e l'informatica (Caposele channel, Soundcloud e Issuu e l'archiviazione online del giornale e di tutti i materiali) ha saputo apportare un prezioso contributo alla riuscita del giornale. Un plauso, ovviamente, va anche agli altri collaboratori del giornale che hanno fornito, sempre con abnegazione, un valido contributo. In questa rivista possiamo leggere la storia del nostro paese attraverso quella che al momento dell'uscita del giornale viene considerata cronaca, ma, a distanza di anni, anzi di decenni, diventa storia locale. Nel giornale troviamo fatti, opinioni, ma anche tanto materiale fotografico e audio-visivo. La rivista assume un valore aggiuntivo perchè non è stata e non è una rivista faziosa, di parte. Hanno potuto scrivere tutti e se qualcuno non ha scritto o non ha voluto più scrivere è stata solo una sua libera scelta. Quindi un giornale aperto, pluralista, attento alle varie sensibilità locali. Certo non è un giornale impersonale, senz'anima: ogni uomo, quantunque voglia essere obiettivo, è sempre condizionato dalle sue idee e dai suoi principi. E l'ing. Conforti e gli altri suoi collaboratori certo che hanno avuto ed hanno un loro modo di pensare ma questo non ha impedito che altri potessero esprimere un parere diverso. E' un vero arricchimento culturale. Il pensiero del direttore si esprime attraverso l'editoriale ed è preludio dei contenuti del giornale. Nel passato gli editoriali del direttore erano per lo più di condivisione dell'attività amministrativa, a volte di rispettosa critica di quanto l'amministrazione del momento andava facendo. Oggi non può sfuggirci quello che il moderato direttore scrive nel suo editoriale: “non condivido le tue idee, ma mi batterò fino alla morte affinchè tu possa esprimerle”, citando, come ho fatto io poi nel mio articolo, l'importante e celebre frase del filosofo illuminista francese Voltaire. Aggiungendo poi: “tu più insisti nel sostenere le tue idee ed io più continuo a fare il contrario di quello che dici”, riportando le parole del sindaco Pasquale Farina in un recente consiglio comunale. Perchè queste citazioni? Per la scellerata decisione dell'attuale maggio-

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ranza di dichiarare la decadenza del consigliere Salvatore Conforti dal consiglio comunale. L'indignazione del direttore non deriva unicamente dalla decadenza ma dall'aver utilizzato un siffatto strumento per eliminare la dissidenza interna alla maggioranza. Il risentimento e la delusione del direttore nei riguardi di questa attuale maggioranza si estende, poi, al mancato raggiungimento di obiettivi minimi riguardanti il turismo e l'ambiente, temi su cui il giornale è sempre stato sensibile. Vengono citati da Conforti due esempi emblematici di fallimento: la scomparsa della cascata della Madonnina e l'abbandono del Parco fluviale, elementi fortemente attrattivi del nascente turismo ambientale di Caposele. La nuova linea scelta dal direttore, che segna una discontinuità con il passato, viene poi ripresa in numerosi articoli che seguono. Possiamo ricordare l'articolo di Gerardo Ceres, che, in coda al giornale, esprime tutta la sua delusione sull'attuale amministrazione, delusione che possiamo sintetizzare con l'abstract del suo articolo: “appaiono tradite tutte le aspettative che si riposero con quel voto, così come appaiono traditi tutti gli impegni assunti pubblicamente dallo stesso sindaco”. Troviamo poi la pubblicazione del manifesto del 3 settembre 2015, sottoscritto dal PD di Caposele, il Circolo l'Arcobaleno, i due consiglieri di minoranza, Lorenzo Melillo e Antonio Cione e il consigliere Salvatore Conforti, di contestazione all'amministrazione comunale sulle modalità di assegnazione della piscina comunale. Troviamo ancora il documento del PD, approvato nella seduta del direttivo del 1° novembre 2015 in cui il partito chiedeva all'amministrazione di soprassedere sulla iniziativa di decadenza del consigliere Conforti; ci sono gli interventi di Antonio Ruglio, del sottoscritto, del consigliere Salvatore Conforti, dei giovani Giuseppe Caruso e Giovanni Viscardi, di Loredana Aiello, che, ognuno a suo modo, criticano lo stato attuale delle cose. La Sorgente, perciò, come tutti i giornali che si rispettano, dà voce alle diverse sensibilità per diffondere le loro idee e le loro proposte. Un giornale laico e aperto deve dare la possibilità a tutti di poter esprimere le proprie idee. Aggiunge il direttore nel suo editoriale: “Il sindaco pur invitato, come sempre, a scrivere per la Sorgente, ha pensato bene di non farlo. Eppure questo giornale ha sempre evidenziato i suoi scritti, elogiandone le iniziative” . Ma il giornale non è solo politica, è anche un conglomerato di articoli culturali che lo arricchiscono di un alto valore sociale. Possiamo partire dall'articolo di Concita Meo che evidenzia in maniera egregia la riuscita della terza edizione del festival Jazz & Wine, celebratasi il 14 agosto 2015 all'interno delle storiche cantine di “Catapano”, con artisti di assoluto livello, in un'atmosfera raffinata e di alto spessore. Gruppo ospite, ricorda la Meo, Ipocontrio. Il loro jazz classico raffinato e colto, molto conosciuto, è stato poi integrato con altri due grandi musicisti del jazz Filippo Bianchini e Carlo Gravina. Stand enogastronomici hanno accompagnato la musica surreale degli artisti. Gerardo Ceres ritorna col suo rituale articolo sulla pagina del “corso delle cose” dove, partendo da quattro aneddoti, ricorda tre personaggi locali. Parlando di Olindo Martino, cittadino di Caposele ma con radici teoresi, rammenta una simpatica e emblematica vicenda del nostro vivere quotidiano. Ci parla poi di Mattia Matteo, gestore del famoso mister Bar, e delle frasi per le quali è divenuto celebre: “non putiti consuma' solo lu pavimento” o ancora: “arte perchè non parli” riferita al suo lavoro iniziale di falegname ed infine “tu si fessa

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di Giuseppe Grasso

dalla presentazione del n. 91 de La Sorgente

a lu metru cubu”. Ultimo, non per importanza, è l'altro barista Faluccio Chiaravallo, proprietario del bar “Roma”, che, interrotto durante una sacra partita di tre sette da un avventore che gli chiedeva un caffè, rispose “ma ru cafè, probbiu mo ru vù”. Il presidente della Pro Loco, arch. Concetta Mattia, ritualmente presenta il bilancio di un anno dell'attività dell'associazione, ricordando in particolare il progetto Festival ART – Giovani per il paese dell'acqua, presentato in virtù di un Avviso pubblico della Presidenza del Consiglio. Il Progetto approvato per una somma di €. 200.000,00, permetterà l'acquisto di strumentazione, il miglioramento del patrimonio comunale, la valorizzazione dei Beni Culturali di Caposele e Materdomini. Questo Progetto è in fase di definizione, e ad esso hanno collaborato l'Amministrzione Comunale, le associazioni della Pubblica Assistenza, Gruppo Silaris, Gruppo Attivo L. Grasso, Irpinia Turismo srl. Per la pagina della “Piccola cronaca” a cura di Concetta Mattia e Salvatore Conforti, viene ricordato il progetto pensato per la valorizzazione e la promozione di una serie di percorsi turistici, attraverso la realizzazione di eventi culturali, ispirati a varie forme espressive ed artistiche. Il progetto ha come capofila il comune di Gesualdo, famoso per il suo bellissimo castello, e coinvolge anche il nostro comune. Mi preme inoltre ricordare il brillante risultato del nostro concittadino Pasquale Pallante, ottimo grafico, che ci ha onorato con la sua pubblicazione del Calendario 2016 della Polizia di Stato. Da ricordare ancora, nella “piccola cronaca”,la settimana europea per la riduzione dei rifiuti che ha coinvolto le associazioni locali con il progetto “Meno è Meglio”, la presentazione a Caposele del libro “La brigante e lo Sparviero” di Lucia Giaquinto, l'esibizione dell'artista Peppe Servillo in p.zza XXIII Novembre nell'ambito della manifestazione del Sele d'Oro, in cui abbiamo gustato musica di alto livello. Da ricordare, infine, l'impegno costante del Gruppo Attivo Luciano Grasso per la pulizia e la valorizzazione del Bosco Difesa. Nel giornale,inoltre, troviamo, riguardo allo sviluppo del Turismo l'ottimo articolo di Agostino Della Gatta che lamenta, pure lui, ritardi e mancate occasioni per un vero ragionamento sullo sviluppo del Turismo che, insieme all'agricoltura, potrebbero costituire il motore dello sviluppo. Il suo augurio è quello di allargare l'orizzonte, non ragionare in termini campanilistici ma avviare un discorso sinergico tra più realtà in cui gli attori fondamentali rimangono gli enti territoriali. Lui immagina di agire su tre livelli di aggregazione: comprensorio territoriale, provinciale e anche interregionale. Da citare è pure l'articolo dell'avv. Alfonso Sturchio che si diletta nell'individuare quello che lui chiama “il figlio più illustre del nostro paese”. Passa a rassegna alcuni personaggi storici, come il poeta Jacopo Sannazzaro, pur essendo stato interessato al nostro territorio, per aver ricevuto dagli Aragonesi il Feudo di Caposele ed essersi ispirato ai Monti Picentini per comporre la sua opera più conosciuta, il prosimetro pastorale Arcadia, non è ritenuto sufficiente dall'articolista per designarlo figlio del nostro paese. Ugualmente esclude Carlo di Ligni, che pur sottoscrivendo le sue opere come “Carlo di Ligni, principe di Caposele” non mostrò mai un legame con il nostro paese. La scelta di Alfonso ricade sull'insigne medico e studioso Nicola Santorelli, che si

dedicò anche ad una generosa attività assistenziale in tutta la valle del Sele e il suo amore per il nostro paese è testimoniato nell'introduzione del suo capolavoro “Il fiume Sele e dintorni” in cui descrive il suo ritorno a casa insieme al fratello Lorenzo. Ottimo è anche l'articolo della nostra conterranea dott.ssa Cettina Ciccone, che, dopo aver espresso il suo apprezzamento per la realizzazione del DVD “Amare Caposele”, descrive, in maniera appassionata, le bellezze del nostro paese. Traccia elementi storici e religiosi, soffermandosi sulla storia di Materdomini, sulla costruzione della chiesetta, avvenuta nel lontano anno 1733, e dedicata alla Madonna Madre di Dio. Parla della venuta del fanciullo Gerardo Maiella, dal suo paese natale, Muro Lucano, in compagnia della madre, che rimane stupìto, immobile, con le pupille dilatate, a guardare la statua della Madonna. La dott.ssa Ciccone rammenta poi le gesta del Santo e il suo valore nell'aiutare il prossimo. Apprezza l'istituzione del Museo di Leonardo per la sua ottima collocazione scenografica in prossimità delle sorgenti, stante la contiguità delle sorgenti con gli studi dell'eclettico scienziato sull'acqua, l'aria e la terra. Ecco è un articolo che va letto per arricchirsi di cultura e amore per la nostra terra. Nel giornale non manca la pagina dei poeti e della poesia di casa nostra. Accanto alle belle poesie del mai dimenticato e compianto “Maestro” Vincenzo Malanga, troviamo opere di altri poeti locali: Domenico Patrone, Michele Merola, Fabrizio Di Sacco, il compianto ing. Gerardo Monteverde, ed infine l'eclettico artista Mario Sista. Un angolo particolare è dedicato all'incontro tra due artisti, l'ottimo pittore Lello Gaudiosi e la poetessa Mirella Merino, che insieme hanno creato un gioco sinergico fra due forme artistiche: fotografia e poesia, racchiudendo il tutto in un messaggio unico. Nell'articolo vengono ricordate varie tappe artistiche tra i due, nella bellissima valle del Sele. Antonio Ruglio tenta un approccio al problema atavico del cosa fare per migliorare lo stato attuale delle cose. Antonio, senza usare un linguaggio aggressivo, evidenzia l'attuale carenza di confronto e invita a raccordarsi con esperienze altrui, citando, non a caso, un argomento forte, il Progetto Pilota dell'Alta Irpinia, dove il gruppo di numerosi comuni, ivi compreso Caposele, si devono cimentare per proporre un progetto complessivo di sviluppo della zona, con un badget di 20 milioni di euro. Antonio stigmatizza la poca forza e la mancanza di determinazione dei nostri amministratori al tavolo della discussione, fanno parte ma non partecipano; invita le autorità politico-amministrative a sedersi intorno ad un tavolo per elaborare un piano di intervento per offrire opportunità, percorsi innovativi, predisporre incentivi. All'uopo evidenzia un maggiore raccordo, oggi inesistente, con la regione Campania per accedere a fondi pubblici, in particolare i fondi europei. La pagina dell'intervista del giovane studente Luigi Fungaroli al “Maestro – sindaco” Alfonso Merola è una delle più belle pagine del giornale, in cui vediamo un giovane, assetato di cultura, che si rivolge ad un pedagogo e


Presentazione del n. 91 politico di età matura. Il Maestro con saggezza e sagacia trasmette al giovane Luigi concetti e parole importanti. Qui mi limito a ricordare l'affermazione: “sono sicuro che saranno i giovani, che oggi la crisi espelle da Caposele, a dare prima o poi la risposta giusta. Quando ritorneranno e se ritorneranno, contaminati dal mondo, porteranno aria nuova, capace di spazzare via incertezze, doppiogiochismi, contraddizioni ed inerzia che allo stato attuale ci dominano e ci condizionano”. La prof.ssa Dora Garofalo, nella pagina delle storie, parla di migranti, facendo un excursus storico. Si augura che la politica sappia elaborare strategie dove i migranti non siano considerati capri espiatori per altri problemi sociali, né minaccia alla sicurezza e alla stabilità. Salvatore Conforti nel suo articolo mostra tanta delusione nei confronti dell'attuale maggioranza amministrativa; delusione, frammista a rabbia, che trova le sue radici nel progetto incompiuto in cui lui aveva speso le sue energie iniziali, all'avviarsi dell'avventura amministrativa. Un progetto, come lui ricorda, basato sull'acronimo F.A.C. (Fede, Ambiente e Cultura). La sua rabbia nasce dal fatto che quella che era una efficace e moderna programmazione turistica è finita nel nulla con ritardi impressionanti, difficili da recuperare. Un altro articolo che mi ha particolarmente colpito è quello di Mario Sista : “le spese del comune di Caposele nel 2014”. Vi devo confessare che al primo approccio, vedendo numerose tabelle numeriche ero tentato di rinunciare alla lettura. Mi sono subito ricreduto appena ho potuto verificare l'impostazione dell'articolo: un capolavoro politico. Sì un capolavoro politico. Questo articolo è pedagogia politica, ci fa capire come la politica deve essere fatta. Molti di noi si lasciano andare a giudizi politici, molto spesso in maniera approssimata, superficiale, da saccenti, a volte spinti da interessi personali dopo aver ricevuto il solito piacere dal politico di turno, o in attesa di riceverlo. Mario Sista invece, in punta di piedi, ci insegna come deve comportarsi il buon cittadino. Informarsi, valutare con dati obiettivi l'attività amministrativa e quindi giungere ad un giudizio finale. Quale metodo usare? Lui usa il metodo della comparazione. Prendo due comuni, similari per territorio, popolazione, conformazione geografica ed altri parametri e metto a confronto le spese fatte e i risultati raggiunti attraverso la qualità della vita che ne è derivata. La bontà del metodo Sista è che lui attraverso questo metodo, senza inveire, con una lettura comparata dei due bilanci consuntivi dei due comuni analizzati, Caposele e Ardesio (in provincia di Bergamo), l'altro comune di riferimento che lui conosce bene, evidenzia che nel nostro amato comune abbiamo speso, per l'anno 2014 ben 1.545.000,00 euro in più del comune di Ardesio, con un risultato dei servizi offerti dal nostro comune di gran lunga inferiore. Una chicca che ci viene offerta dall'analisi dei bilanci pubblicati, il comune di Ardesio ha speso 7.351,00 euro per spese di lite mentre il comune di Caposele ha speso 57.159,00 euro, ben l'800% in più. Per completare il discorso nell'anno in corso la somma impegnata per liti nel nostro comune ha raggiunto la cifra astronomica di €. 130.000,00. Assurdo. Se imparassimo a leggere il bilancio faremmo molte meno chiacchiere inutili. Bravo Mario! Gelsomina Monteverde nel suo articolo affronta il tema del “come muore una comunità”, passando ad una disamina delle cause che portano allo spegnimento. Voglio solo ricordare la sua frase finale che mi ha colpito: “I nostri pensieri, per quanto buoni possano essere, sono perle false fintanto che non vengono trasformati in azione”. E' tutto dire. Il nostro parroco

Vincenzo Malgieri affronta, dal suo punto di vista, in maniera efficace il tema della famiglia, mettendone in risalto il grande valore sociale. Molto belle le sue parole: “se nel focolare domestico regna amore, serenità, pace, misericordia, Dio è presente e l'esperienza di fede dei figli sicuramente ne sarà influenzata e li accompagnerà per la vita”. Altro passaggio interessante è quando afferma che la chiesa si mostra Madre che non giudica, ma accoglie chiunque bussa”. Si sente forte l'insegnamento di papa Francesco, che sta rivoluzionano la Chiesa. Alfonso Merola, nella pagina delle cartoline del passato, ricorda la figura della prof. ssa Antonietta Fenizia, napoletana di nascita, maritata con l'insegnante Giocondo Corona. Alfonso ricorda le alte qualità, da tutti apprezzate, della professoressa che insegnò in maniera incisiva negli anni '50 presso la Scuola di Avviamento di Caposele e fu la prima donna consigliere comunale, che seppe conquistarsi il rispetto di tutti. Il professore Michele Ceres, nella pagina della storia, ricorda il passato e la nascita del cinema a Caposele, allocato negli anni '50 nel locale comunale dell'ECA, evidenziando l'orgoglio nell'essere il nostro comune uno dei pochi della provincia a poter vantare la presenza di un cinema. I suoi ricordi giovanili sono quelli di tanti altri suoi coetanei ed è bello non dimenticarli. Bello l'aneddoto sul film “I figli di nessuno” con Amedo Nazzari. Leggerne mi ha fatto tornare alla mente quello che mi diceva mia cugina, Minuccia Robertazzi, dopo averlo visto e forse emozionata anche lei da questo, e cioè che somigliassi al bambino nel film. Non manca, ovviamente, la bella pagina di Cettina Casale sui detti e proverbi di Caposele. “Statti cittu ca mo tu lu contu”, nonché le ulteriori ricerche di Pasquale Ceres sulla storia delle famiglie locali. In questo numero Pasquale tratta della famiglia Cibellis. Da “Il Diario di Marcella”, mi riferisco alla studentessa, oramai universitaria, vengono riportati i bei ricordi del periodo liceale. Chi non ricorda con piacere gli anni della scuola superiore, gli anni della spensieratezza che avremmo voluto non finissero mai. Gabriella Testa pure ricorda la sua infanzia a Materdomini e dei sogni connessi. Partendo dalle parole di una canzoncina di allora recitata in chiesa “Materdomini che fa, cresce cresce crescerà e presto una città diventerà”, racconta i suoi sogni di allora: una città, tanta gente strade larghe e parchi in cui giocare. Solo sogni e desideri. Molti di quei “Vorrei” sono rimasti desideri. Qualcosa di positivo, però, volendo vedere il bicchiere mezzo pieno, c'è: l'airone che è comparso nel fiume che ci rende tanto felici di vivere in questo meraviglioso posto. La pagina dei giovani riporta il rinnovo del gruppo dirigente del Forum giovanile, operativo da 11 anni, l'elezione del nuovo coordinatore Alessio Merola, eletto con 63 voti, mentre il suo concorrente Giovanni Viscardi ha raccolto 52 voti. E' di Giovanni poi un interessante articolo sull'impegno dei giovani per Caposele che esprime appieno la sua tanta buona volontà, classica dei giovani che vogliono impegnarsi. Bella la metafora del legno che va lavorato per diventare pregiato, altrimenti è buono solo per ardere. Interessante la citazione di Francesco De Sanctis a proposito dell'impegno dei giovani. Giovanni è la prova provata che bisogna investire sul futuro, sulle nuove generazioni. La politica deve fare spazio a questi giovani sani di principi, volenterosi di fare, colti. Mi hanno colpito quelle sue citazioni: “o stai con me o sei contro di me”, la sua denuncia contro la politica del “do ut des”. Caro Giovanni è proprio così, partiamo da là.

91 Quelli che tu chiami le ideologie degli ani '80 – '90 sono purtroppo ancora attualità. Bisogna partire da questo. La lotta deve partire da un discorso culturale che non è facile abbattere, è troppo radicato il malcostume. Pure io pensavo 30 anni fa, “qui devono passare altri 40 – 50 anni per cambiare” , purtroppo si è cambiato sì, ma in peggio. Anche la giovane Gelsomina Corona affronta l'argomento della politica, lamentando che si parli troppo il “politichese”. Purtroppo è vero, cara Gelsomina, siamo lì, più che al politichese, alle chiacchiere inutili. Bisogna fare. Anche Giuseppe Caruso, lamentando dell'attuale stato di crisi profonda, non solo amministrativa, ritiene di uscire dai vecchi schemi ed aprirsi a nuovi dialoghi attraverso i quali costruire nuovi percorsi. Una citazione particolare la voglio fare per l'articolo del volontario Michele Cuozzo, che ci porta a conoscenza della costituzione dell'associazione ADMOS ALTA IRPINIA, dei suoi obiettivi e della sua attività. Admos si occupa della prevenzione del tumore al seno, ma oggi, ci riferisce l'articolista, l'attività dell'associazione spazia anche in altri ambiti della prevenzione di altri tipi di tumori. Il pioniere è stato il dottor Carlo Iannace, chiurgo oncologo, che, con abnegazione, si sta impegnando, appunto, nell'attività di prevenzione attraverso ripetute giornate dedicate allo screening. Un cenno va pure fatto all'articolo di Rodolfo Cozzarelli che affronta con coraggio e moderazione il tema scottante degli atti di terrorismo accaduti in Francia. Come dice Rodolfo, la via d'uscita dalle barbarie di un gruppo minoritario di uomini disumani e feroci, non è quella della guerra di religione o di ogni altro tipo di vendetta, ma quella della cooperazione tra tutti gli Stati “virtuosi” e tra gli uomini di fede di tutte le religioni. Molto interessante, poi, l'articolo del conterraneo Umberto Gerardo Malanga che affronta un tema molto importante che meriterebbe di essere approfondito in un apposito convegno: il NON dei tempi che furono. Malanga dice che quando lui era piccolo tutto si svolgeva con un non davanti: non potevi fare questo, non potevi fare quell'altro, non potevi partecipare a qualcosa. Tanti divieti. Umberto, però, conclude affermando che quel NON, seppure autoritario, ci ha condotti fino ad oggi. Afferma: “coi nostri discendenti, poco usiamo la parola NON, ma un po' di saggezza antica non farebbe male!” Ho letto con attenzione l'articolo di Loredana Aiello e ho ritrovato nelle sue parole lo spirito di denuncia già trovato in altri, come se a guidarli vi fosse un filo conduttore. Il discorso ricorrente è sempre lo stesso: un paese in mezzo al guado, abbandonato a se stesso, con una classe dirigente non all'altezza del compito. L'articolista cerca, però, una via d'uscita, affermando che è necessaria una voglia di riscatto, di fare e di mettersi insieme per il bene comune per ricostruire una comunità autenticamente democratica. Nella pagina dei ricordi l'insegnante Alagia

continua la sua chiacchierata con l'ultracentenaria Alfonsina Malanga che il 3 dicembre ha compiuto i suoi 101 anni, ricordando il suo passato fatto di lavoro, di amore per i figli ma anche di tanto dolore per la perdita dei familiari. Uno spaccato di vita di una donna che ha vissuto quasi per intero il XX secolo, portando con sé tante esperienze e tanti ricordi. Interessante è anche la pagina della GS OLIMPIA CAPOSELE, raccontata dal suo presidente Roberto Notaro, che ha coinvolto nell'attività sportiva tanti giovanissimi per 30 continuati anni, tenendoli lontani dall'apatia spesso diffusa nei nostri paesi. Un grande risultato che merita di essere ricordato e incentivato. Nel giornale trova posto anche un dettagliato articolo di Nino Lanzetta sulla recente legge regionale che disciplina l'uso dell'acqua potabile. L'argomento è importante e ampio e, quindi, non è possibile affrontarlo in questa sede. Auspico che le forze politiche, in primis il PD, si facciano carico di organizzare un dibattito pubblico per affrontare in maniera dettagliata l'argomento, atteso che il Comune di Caposele è sicuramente il più interessato alla disciplina della materia. Mi preme anche ricordare l'articolo del “compagno” Gelsomino Grasso, il quale, dopo aver rivendicato la sua appartenenza al PD, ma all'area cosiddetta riformista, fa appello a tutti coloro che si sentono ancora elettori e militanti di sinistra, di riunire le forze per dare a Caposele e all'Italia il giusto equilibrio sociale, politico ed economico. Michele Ceres, sempre nella pagina della storia, parla del meridionalista Umberto Zanotti Bianco, patriota, filantropo, archeologo, ambientalista e, infine, politico. Un articolo da leggere che arricchisce culturalmente. Nel giornale viene poi ricordato il ventennale (95-2015) della P.A., delle sue numerose ed importanti attività che, man mano, nel tempo sono aumentate ed ha acquistato sempre maggiore spessore. Viene, poi, ricordato dal presidente della P.A. Il giovane Gerardo Russomanno che da poco tempo ha perso la vita. Un giovane sfortunato, ma ricco di tanta umanità. Caposele festeggia un'altra centenaria, Gerardina Carola; ne parla Alfonso Merola in un suo articolo a pagina 44. E' bello leggere del nostro passato attraverso le storie di donne ancora viventi. Anch'io mi associo all'augurio di Alfonso: “Gerardina, ancora cento di questi anni”. Avrei voluto parlarvi di tanti altri articoli, ugualmente importanti, ma so che vi stancherei eccessivamente e quindi mi scuso con le persone che non sono riuscito o ho dimenticato di citare, ma posso dire con certezza che tutti gli scritti sono interessanti. Concludo invitandovi a leggere il giornale dinanzi a un caminetto acceso in questi giorni di festa, magari accompagnato da un ottimo bicchiere di vino. Ne varrà sicuramente la pena! Grazie dell'attenzione. Approfitto dell'occasione per augurare a tutti buone feste! Giuseppe Grasso

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“ STORIA DELLE FAMIGLIE” è il titolo di questa nuova rubrica inaugurata nello scorso numero de La Sorgente. La rubrica è a cura di Pasquale Ceres, opportunamente collaborato dalla redazione del giornale. Pasquale Ceres è uno specialista nella individuazione e redazione dell’albero genealogico di qualsiasi famiglia di Caposele. Nel prossimo numero prenderemo in esame un’altra famiglia di Caposele e così via per i prossimi numeri. Chi è interessato a veder pubblicato l’albero genealogico della sua famiglia, deve fornirci foto e notizie di antenati e discendenti. Al resto ci penseremo noi. IN QUESTO NUMERO : LA FAMIGLIA MEROLA

STORIA DELLE FAMIGLIE CAPOSELESI

ll cognome MEROLA è largamente attestato e diffuso nel Napoletano.

Quanto a Caposele, è il Cronista Conzano a dichiararne la presenza fin dal 1600 nei registri parrocchiali locali, elencandolo tra le famiglie contadine possidenti. Ovviamente i Merola sono numerosi a Caposele ed appartengono a differenti nuclei originari. La famiglia presa in esame dal nostro Pasquale Ceres in questo numero è quella degli SCIAMPAGNA. I nuclei familiari erano particolarmente numerosi e come accadeva in quegli anni molti emigravano. Li ritroveremo all inizio del 1900 quasi tutti in Newark ad eccezione di Alfonso che, continuando la tradizione familiare ebbe dalla sua coniuge Elisa una decina di figli. Di essi solo due emigreranno in Venezuela e Svizzera. Tutto il resto è cronaca. ...come a dire che la storia di piccoli comuni non è fatta da grandi eroi ma da persone molto normali.

Corsa Campestre 15 agosto 1983

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Dall'album fotografico di Carla Manente

di Pasquale Cer es


Attualità

Le acque irpine, trasferimenti e perdite

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e sezioni molisane e campane dell’Appennino Meridionale, in particolare i Monti Picentini, sono zone ricche di acqua. Le notevoli disponibilità idriche dipendono dalla buona permeabilità dei terreni, la quale permette nelle visceri della terra una diffusa circolazione di acqua meteorica, generando fiumi sotterranei, che alla base dei massicci, per la presenza di terreni impermeabili, formano vaste zone di deposito idrico, il quale sotto la spinta dell’acqua che giunge dall’alto dà origine a copiose sorgenti. Queste acque, secondo le stime di enti internazionali che si occupano di potabilità, sono di eccellente qualità, soprattutto pulite e pure, che necessitano soltanto della clorazione, ma solo perché ciò è stabilito per legge. Dai Monti Picentini, vera cassaforte idrica, circa 15.000 l/sec di pura acqua, attraverso un sistema acquedottistico tra i più importanti al mondo, vengono trasferiti in zone lontane dalle sorgenti anche centinaia di chilometri, in Puglia, Basilicata e fascia litoranea della Campania. Infatti, le sorgenti del Sele, del Serino e del Calore Irpino, insieme a quelle emergenti di Calabritto, Senerchia, Quaglietta, dell’Ausino, di Sorbo Serpico e di Beardo, in agro di Montemarano, quotidianamente alimentano le esigenze idropotabili di oltre quattro milioni di persone al di fuori e all’interno della Regione Campania. Fin qui abbiamo trattato esclusivamente dell’acqua sorgiva dell’Irpinia, ma per avere un quadro conoscitivo dell’entità complessiva dei trasferimenti idrici per uso domestico occorre altresì considerare le acque dell’invaso sull’Ofanto rese bevibili dal potabilizzatore di Conza della Campania della capacità di circa 1500 l/sec. Ma, di tutta questa ricchezza d’acqua quanto ne giunge a destinazione? La risposta è la stessa per tutto il sistema di distribuzione idrica in Italia. L’ultima rilevazione dell’Istat sullo stato delle reti idriche in Italia, che risale al maggio del 2015, fotografa impietosamente le pessime condizioni delle condutture di acqua potabile, che determinano enormi quantitativi di perdite del prezioso liquido, che si aggirano intorno al 40%. Ne è un esempio emblematico la voragine apertasi, per una perdita d’acqua, a Firenze, che ha interessato un tratto di 200 m. del Lungarno. In altre parole, su cinque litri di acqua immessi nelle reti, un litro abbon-

dante non giunge a destinazione. La distribuzione geografica del disservizio, pure in questo caso, vede in testa il Mezzogiorno d’Italia, anche se, riducendo l’analisi ai capoluoghi di provincia, Venezia, Trieste, Firenze e Roma registrano un quantitativo delle perdite superiore alla media nazionale, mentre, a sorpresa, Reggio Calabria, Palermo e Trapani hanno tassi di perdite inferiori alla media. La gravità della situazione, dovuta all’elevata entità delle perdite, può ben essere valutata, riflettendo sul fatto che essa corrisponde ad un volume che, se non fosse sprecato, consentirebbe di soddisfare le necessità idropotabili di oltre il 30% della popolazione. Studi recenti hanno permesso di scomporre le perdite totali nei vari elementi che costituiscono un sistema acquedottistico, stimando le perdite al prelievo nell’ordine del 2%, quelle delle condotte di adduzione in ragione del 15%, quelle relative allo stoccaggio nell’ordine del 4% e, infine, le più consistenti, quelle relative alle reti di distribuzione urbana dell’ordine del 20%. Di chi la colpa di tale sciupio? Tutto è da addebitare ai modi di essere e di porsi della politica dell’ultimo ventennio, che ha reso precario l’indispensabile, ossia la manutenzione ordinaria delle opere pubbliche: dalla cattiva gestione delle strade agli interventi mancati del consolidamento e del risanamento idrogeologico, dalle “reti idriche colabrodo” alle scuole che crollano e via dicendo. Un’indagine condotta dall’Università Federico II di Napoli raggruppa in quattro categorie i fattori di influenza delle perdite: disponibilità della risorsa idrica; condizioni delle infrastrutture; atteggiamento istituzionale; politica di controllo delle perdite. In merito al primo fattore, cioè alla disponibilità della risorsa, va da sé che nelle zone ricche di acqua le perdite sono tollerate in misura diversa rispetto a quelle dove l’acqua scarseggia, ne è un esempio Caposele. Relativamente al secondo fattore, cioè alle condizioni delle condutture, lo studio rileva che le stesse sono le maggiori responsabili delle perdite. Infatti, la natura dei materiali, di cui sono costituite, non sempre è conforme ai parametri della qualità. Spesso, per di più, a tali inconvenienti si associano i guasti dovuti a tecniche di posa delle condotte in terreni aggressivi, sotto il profilo della corrosione chimica, che non prevedono un’adeguata protezione delle

di Michele Ceres

tubazioni. Gravi sono altresì le perdite dovute alla non integrità e/o alla mancanza di tenuta degli elementi che costituiscono la rete idrica, quali i giunti, le derivazioni di utenza, gli organi idraulici, le pareti dei serbatoi ed altre, perché tali perdite, in molti casi, possono rimanere non individuate per mesi o addirittura per anni. Non marginale, infine, è l’atteggiamento delle Istituzioni, che condiziona significativamente l’individuazione e la ricerca delle perdite, influenzando il capitale

L'intero libro è pubblicato sulla nostra "SELETECA" : www.issuu/lasorgente e il personale che ha la funzione di controllarle. Un controllo carente, e siamo al quarto fattore, ha contribuito e contribuisce a determinare l’attuale spaventosa condizione delle reti idriche nell’intero Paese. Fin qui abbiamo parlato delle perdite idriche cosiddette” reali”. È il caso ora di accennare per la loro importanza, sia pure brevemente, alle perdite dette “apparenti” o “amministrative”, che sono dovute: ai volumi idrici autorizzati ma non misurati, quali ad esempio quelli utilizzati per idranti, bocche antincendio, lavaggi di strade, innaffiamento di giardini, fontane; ai volumi utilizzati per il corretto funzionamento della rete idrica, come lavaggi della rete e pulizia dei serbatoi; ai volumi perduti per sfiori dei serbatoi ed errate aperture degli scarichi; ai volumi dovuti ad errori di lettura; ai volumi, infine, prelevati illegalmente. Il metodo classico per l’individuazione delle perdite idriche è quello acustico, costituito da tecniche basate sul rilievo delle onde sonore prodotte dall’acqua in uscita da una rottura e

rilevata da uno strumento detto “geofano”. Oggi la tecnologia sta sperimentando nuovi e più sicuri metodi di accertamento delle perdite. L’Acquedotto Pugliese sta testando, in tal senso, due nuovi strumenti per trovare le perdite di acqua: il primo consiste in un drone subacqueo costruito per sondare il canale principale della lunghezza di 244 chilometri; il secondo in un apparecchio che sfrutta le microonde prodotte dalle perdite stesse. Il problema, in ogni caso, va affrontato con decisione e risolto senza indugi e in tempi brevi. È un vero e proprio delitto continuare a sciupare un bene che in tante parti del pianeta è il più prezioso, in quanto non ve n’è a sufficienza o manca del tutto. Ancora oggi, nel mondo, quasi novecento milioni di persone non hanno accesso all’acqua pulita. Ne sanno qualcosa le tante donne africane che, come schiave, percorrono a piedi tutti i giorni grandi distanze, oltre venti chilometri, per procurarsi una tanica d’acqua peraltro torbida.

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Turismo

Distretti Turistici, aggregazioni verso

….Sviluppo e Innovazione?

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on grande ritardo consegno questa mia breve riflessione alla redazione de La Sorgente scusandomi con il paziente direttore, che ringrazio sempre per l’ospitalità e per la tenacia nel portare avanti questa straordinaria pubblicazione. Un ritardo a causa di tanti impegni concomitanti che però proprio in questi giorni mi hanno permesso di poter ragionare su nuovi argomenti, spunto di riflessione per le tante attività in programma, da programmare e condividere. Parto dalla recente notizia del “Distretto Turistico” dell’area Alta Irpinia, coincidente con l’area pilota della Città dell’Alta Irpinia, strumento con gestione e percorso autonomi, oggetto già di numerosi ragionamenti. Questa volta, almeno in questa fase, evitando le critiche (o meglio le necessarie e dovute precisazioni) visto che ancora non si conoscono i dettagli operativi ma solo la certa istituzione suffragata dalla firma del Ministro Franceschini. Il Decreto Dirigenziale n. 50 del 30.06.2016 della Regione Campania, avente ad oggetto L. 106/2011 - DELIMITAZIONE DEL DISTRETTO TURISTICO "ALTA IRPINIA" ha di fatto dato il via per il riconoscimento così come previsto dal D.L. 13 maggio 2011, n. 70, cosiddetto “Decreto Sviluppo”. Secondo i promotori (gli stessi 25 Comuni dell’Area Pilota) con questo strumento si potranno

perseguire azioni a sostegno della filiera turistica, per garantire la competitività del sistema economico, sociale e produttivo di tutto il comprensorio. Aggiungo, speriamo in tempi brevi! Legandomi sempre alla realtà Caposele/San Gerardo, e all’ottimo lavoro che si sta portando avanti anche con il progetto Festival Art, il Distretto Turistico potrebbe essere un altro importante tassello per convertire una serie di idee, o attività preliminari di formazione e sviluppo, in altrettante imprese turistiche a supporto di un territorio che ha necessità di evolvere. Una evoluzione necessaria sia per adeguarsi alle richieste del mercato sia per adeguarsi alle nuove forme di turismo; e per questo, vivendo Caposele, penso al turismo sostenibile, così come approfondito alla conferenza "Destination Greenitaly” tenutasi recentemente a Roma dove, imparando dalle buone pratiche esistenti e con il supporto di un panel di esperti nazionali ed internazionali, si è riflettuto sulle opportunità di organizzazione e gestione sostenibile del turismo italiano. Diverse esperienze italiane in materia di turismo sostenibile, così come innumerevoli esempi da altri paesi europei, sono stati d'aiuto per disegnare orizzonti possibili per il turismo green in Italia. Il risultato atteso è un documento di sintesi che permetta di contribuire ad un percorso di riorganizzazione e sviluppo del

di Agostino Della Gatta turismo italiano in base ai principi di sostenibilità e competitività, guardando alla governance del sistema e alla potenzialità dei prodotti nelle diverse realtà regionali; un percorso da attuare necessariamente anche nelle nostre zone e che ben si sposerebbe con la realtà caposelese e del relativo comprensorio. Per le conclusioni mi affido ad alcune considerazioni del prof. Giancarlo Dall’Ara ribadite nel convegno sulla “Ricettività nei Borghi Rurali della Campania” tenutosi a Castelvetere Sul Calore lo scorso 28 giugno: “Quel che è certo è che lo Scenario del turismo ha oggi ritmi di cambiamento inimmaginabili solo pochi anni fa.

anche noi innovativi, non solo di cavalcare l’onda dell’innovazione, ma di trovare anche noi un posizionamento nell’innovazione. L’innovazione è dunque una necessità Ecco, con questo il mio invito a portare avanti un percorso di innovazione, condivisione e sostenibilità per questa terra di sorgenti ricca di opportunità ancora tutte da cogliere.

La rivoluzione digitale ha mutato radicalmente, assieme al panorama delle offerte, anche i ruoli e le prospettive di chi si occupa di turismo e di ospitalità. Insomma il mondo del turismo e dell’ospitalità oggi va considerato un “Mondo Nuovo” e non può essere affrontato ripetendo le cose che si facevano solo poco tempo fa, o prima della rivoluzione digitale. Anzi direi che l’unica modalità di convivere con questo scenario è di essere

Il chewing-gum di Winston Churchil di Alberto Pigliapochi

Q

uando da piccolo disegnavo davanti alla maestra il posto in cui ero stato durante l’estate, coloravo sempre montagne lussureggianti, fiumi con acque impetuose e vallate puntinate da castelli in rovina. Puntualmente mi chiedeva in quale piccolo borghetto bavarese e/o nordeuropeo mi fossi divertito. E puntualmente dovevo spiegare che io tutte le mie estati le passavo a Caposele, in CAMPANIA. Da piccolo mi stupivo che nessuno capisse cosa si stesse perdendo, ora non tanto. A dire la verità per niente. Nessuno, fatta eccezione per la gente del posto, conosce e apprezza a dovere l’Irpinia. Per il turista medio è soltanto una macchia di terra sulla cartina tra la pizza e le orecchiette alle cime di rapa. La mia famiglia è tutta qui, sotto il Paflagone, ma io vivo fuori. Al tanto sovrastimato “Nord”. Non che io disprezzi Bologna e dintorni, ma sorrido amaramente quando, durante le notti di luglio, vado a Riccione e noto con un particolare senso di disorientamento (perdonate il gioco di parole) quanta gente si riversi a fiumi, tanto per restare in tema, in località che nel concreto non hanno nulla da offrire se non infrastrutture organizzate.

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Se non vi raccontassi almeno un paio di aneddoti alquanto insoliti, temo releghereste questo articolo nel mare magnum di opinioni di sdegno e discorsi da bar triti e ritriti a cui nessuno dà la minima importanza se non per lamentarsi e fare il bastian contrario, che di questi tempi va di moda un po’ ovunque. 2009: Un giovane me stesso si trova in un minuscolo agglomerato di case in Gran Bretagna per una vacanza studio. La guida del posto fa da Cicerone alla mia combriccola in un museo. Teche di qua, quadri di là, ma una sola reliquia attira la mia attenzione. Un manufatto con una didascalia quasi illeggibile. “Chewing-gum masticato da Winston Churchill durante incontro diplomatico con Franklin Delano Roosevelt, 1944.” "Gli inglesi sono capaci di sfruttare un oggettino tanto insignificante e guadagnare soldi e risorse da una cosa simile?” mi chiesi. Sì. Ne sono capaci. Non solo loro credo. E temo sia un ingegno che nei posti meravigliosi in cui trascorro regolarmente due mesi all’anno, non esista. E quando esiste non è sostenuto abbastanza, perlomeno. Vi avevo parlato di due aneddoti, giusto? Ecco il

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secondo. Flashback di una estate fa. Sono con mio zio in un allevamento di trote vicino Senerchia. Alla cassa trovo un piccolo depliant col nome di un Bed&Breakfast poco distante. Per attirare clientela scrivono sul volantino una serie di luoghi limitrofi allegandoci delle foto. Mi tengo stretto quel volantino e non lo butto fino a quando non ho visitato tutti i posti su quella cartina sgangherata. Ho trattenuto il fiato su un Ponte Sospeso a Laviano, contemplato la sacralità dell’Abbazia del Goleto a Sant’Angelo dei Lombardi , ammirato la vastità di opere d’arte che si fondono con la foresta alla Villa D’Ayala di Valva, antica dimora dell’Ordine dei Cavalieri di Malta, guardato il Sele scorrere impetuoso da sotto la Montagna e riversarsi giù per la cascata della Madonnina, e infine fotografato l’OASI DEL WWF nella stessa Senerchia. Tutto ciò informato a caso da un volantino di una baita a sua volta adocchiato in un allevamento di trote in un giorno estivo qualunque. Ora, quello su cui rifletto e su cui mi piacerebbe riflettessero i lettori di questo giornale è: cos’è un foglietto colorato in confronto ai mezzi istituzionali? Alle nuo-

ve generazioni non basta accendere un cerino a San Gerardo e riempirsi la pancia di matasse e ceci (che restano comunque la fine del mondo). Vogliono un motivo per tornare. Magari più numerosi, magari con una spinta in più. Citando un ricorrente slogan che ritorna spesso sui pochi mezzi di diffusione del turismo locale, “Caposele: Ambiente, Cultura, Fede.” e ORGANIZZAZIONE vorrei tanto ci fosse aggiunto. Questa è la valle dei Lupi, la valle in cui trovò la morte il valoroso Spartaco mentre sosteneva la rivolta degli schiavi contro Roma. Questa valle è stimata davvero meno di una caramella masticata quasi un secolo fa? Nutro forti dubbi su questo. Perché tante volte tornando a Caposele, nel posto che posso senza dubbio chiamare casa, vedo davvero tanto potenziale turistico inespresso e che potrebbe rilanciare davvero in maniera esplosiva l’economia di questo territorio. Perché la gente oltre che avere fame fisica ha fame di viaggi e di stupore, ma va attirata. Non abbiamo da invidiare niente a nessuno.


Racconti

I MIGLIORI

di Alfonso Merola

L

a salma di un uomo alquanto anziano era stata esposta per la consueta veglia notturna su un robusto tavolo di noce al centro di uno stanzone che fungeva da cucina e sala da pranzo. In fondo c'era un mastodontico caminetto di pietra al quale si raccordava la tradizionale "fornacella " ricoperta di mattonelle in maiolica e accanto a quest'ultima un'alta credenza di legno verniciata di grigio. Dal soffitto ingrigito dal fumo del focolare penzolavano salsicce, sopressate, pancette , prosciutti di un maiale che aveva anticipato la dipartita del suo padrone di qualche settimana. Si poteva trasferire tutto quel ben di Dio in luogo più conveniente per continuare l'affumicazione ? Sì e no : chi si sarebbe preso la responsabilità di quella scelta, se tutti gli insaccati fossero andati a male? La vedova , avvolta nel nero scialle del suo indicibile dolore, quando fu sola coi suoi figli ed i suoi parenti più stretti, di fronte al dilemma, trovò la forza di sentenziare: " I morti coi morti ed i vivi coi vivi, lasciateli dove si trovano. Tanto nessuno li noterà ." Intanto tutti i parenti s'erano seduti attorno a quel catafalco improvvisato che ospitava la bara ed alla vedova era stata riservata la sedia accanto alla testa del morto, in una posizione dalla quale riusciva a scrutare ogni angolo della casa e comunque ad una certa distanza dal focolare caricato all'inverosimile di legna secca che ardeva, spandendo dovunque il suo calore. Anche il gatto gironzolava attorno alla bara, come se ispezionasse quell 'assembramento di persone note o sconosciute che fossero: la consuetudine voleva che estranei e conoscenti rendessero una breve visita di cortesia durante la sera e anche di notte . "Come è commovente quel gatto, anche lui soffre per la dipartita del padrone di casa. Avesse il dono della voce umana, piangerebbe e si lamenterebbe assieme alla vedova" ebbe a dire una vicina di casa. Ma la vedova, appena il gatto cominciò ad acciambellarsi attorno ad una gamba, lo allontanò assestandogli rudemente un calcio. " Mi sta sfilacciando le calze nuove..." ebbe a dire quando fu colta sul fatto da una signora che le sedeva accanto. A quel punto il gatto non si diresse verso la porta; col freddo che entrava a fiotti dall'esterno. Chi sarebbe stato tanto stupido da uscire? E così il felino si appallottolo' vicino al fuoco : di là ascoltava distrattamente la moglie del morto alternare pianti e lamenti a lunghi silenzi . Invero, quando nello stanzone rima-

nevano i parenti stretti, si stava zitti o si ragionava del più e del meno ; ma, appena entrava un visitatore estraneo la vedova si esibiva in disperati lamenti, seguita a ruota da altri familiari in un tono più sommesso e meno teatrale .. Se n'era accorto anche il gatto di quella manfrina, per cui dopo un po' distolse lo sguardo da quella compagnia piagnucolosa alla ricerca di altre cose più interessanti: gli piaceva o meno la notte sarebbe trascorsa in bianco, per cui bisognava rassegnarsi a scacciare la noia in un modo o nell'altro . Ad un certo punto la fame si fece sentire, anche perché nel trambusto della giornata nessuno s'era curato di dargli da mangiare, né c'era speranza che qualcuno si ricordasse di lui. ...... "È d'uopo che io mi arrangi da me ! "pensò il gatto " da questi squinternati non c'è da attendersi nulla di buono ! " Allora si stiracchio' sul lastrico, puntò il muso in aria, tentando di dragare ogni punto della casa dove potesse procurarsi del cibo.: niente da fare,tutto era ben serrato e sotto chiave . Così sconsolato raddrizzo' la testa in procinto di uscire , malgrado il freddo di gennaio , ed il suo sguardo impatto' una selva di salumi appesi che quasi lo invitavano a farsi coraggio per afferrarli . Il gatto dapprima indugiò, poi lanciò un' occhiata ai presenti tutti inchiodati con lo sguardo sulla bara, infine si fece coraggio e cominciò a studiare il modo per appropriarsi di qualche salume. Alla fine disse tra sé e sé : " L 'impresa non è difficile : una passeggiata , qualche acrobazia e tutto andrà liscio come l'olio . E così il bel gatto tigrato diede inizio alla sua scalata, leccandosi i baffi a marcare la pregustazione di quel bottino, nel momento luttuoso in cui per opportunità e decenza nessuna padrona al mondo avrebbe potuto bloccare la sua impresa . Eccolo allora con falcata felpata saltare sulla fornacella sgombra del solito pentolame e delle ordinarie cianfrusaglie. Il gatto si muoveva su quella superficie linda con la stessa disinvoltura di una mannequin ad una sfilata di moda. Di là ,con uno slancio elastico da acrobata, il gatto si ritrovò sulla mensola del caminetto; il tepore che quel focolare sprigionava lo fece sdraiare e stiracchiare oziosamente per qualche istante e quasi dimenticò la missione che s'era dato . Si alzò, allora, di scatto con un ultimo scatto atletico atterro' sulla credenza. A quel punto casualmente fu captato in volo dalla padrona che, presagendo una tragedia nella tragedia, scatto' in piedi dalla sedia dov'era seduta,lanciando un urlo acuto nell'aria, nella speranza che il gatto avesse inteso la vera ragione di quel grido improvviso. Ma il gatto non si scompose affatto e

si accinse all'opera che aveva in testa, pungolato tra l'altro da una fame che non gli dava tregua. Invero trovò alleati tra i presenti, i quali attorniavano la vedova affranta , non consentendo alla poverina di seguire con la coda dell'occhio l'impresa malevola del gatto. Intanto il nostro eroe s'era posizionato in modo tale da piantare le zampe posteriori sulla credenza ed una zampa anteriore sulla pertica di dove pendevano i salumi, tenendo disimpegnata l'altra zampa necessaria per ghermire ed afferrare la "preda ". "Se sono un vero campione ad acchiappare sorci, non sarà per niente difficile afferrare quelle sopressate grassocce..." disse. Ma al suo peso la pertica cominciò ad traballare come la corda di un funambolo e coi suoi artigli ricurvi al massimo riusciva a graffiare irrimediabilmente i salumi che ormai oscillavano secondo una traiettoria incostante ... La vedova tra un salmo ed un requiemaeternum , non perdeva d'occhio il gatto e i suoi tentativi acrobatici e, vedendo tanti insaccati sfregiati , tirò un sospiro e grido': "Chi me lo doveva dire che a guai passati si dovevano aggiungere altre disgrazie e a tanta sfortuna si dovesse unire pure quest'altra jella, ,,..." Ci fu chi da curiosa chiese a chi le era acconto a cosa si riferisse la vedova con quelle imprecazioni e da saccente qualcuna rispose : "Perché non lo sai che solo qualche mese fa ha perso anche la suocera? È proprio una santa donna chi mostra pietà e dolore oltre che per i propri consanguinei anche pei i parenti acquisiti" L'altra donna tacque e pensò dentro di sé :" Boh ! È la prima volta che sento parlare di grande strazio per la perdita di una suocera. Però tutto può essere..." Intanto il gatto innervosito era ancora a bocca asciutta e stremato dai suoi inutili tentativi, ridimensiono' le sue pretese e rivolse la sua attenzione alle salsicce che effettivamente erano più a portata di zampa. A quel punto si riposiziono' in modo sicuro e zafff.... sfilo' la prima salsiccia, divorandola con avidità: la stessa sorte toccò ad altre due salsicce . La vedova, ormai si agitava come un ossesso storcendo bocca ed occhi al cielo : c'era anche chi pensava che la donna in nero fosse stata colpita da un malore, di quelli per cui urgeva la presenza di un medico . Fu letteralmente accerchiata dalle donne presenti che le toglievano il respiro: il volto rossiccio, i capelli scomposti e madidi di sudore e poi rigagnoli di lacrime che venivano giù per il viso.

Si creò un po' di trambusto, almeno fino a quando la donna agitata non si fu calmata, gridando di non aver bisogno di nessun dottore. Nel frattempo il gattone, per niente scomposto da tutto quel parapiglia continuava a torturare e giustiziare i salami. Non trovando una via d'uscita che la soddisfacesse la vedova, con voce più robusta del solito e con tono baritonale riprese il suo lamento funebre nella speranza che al gatto capitasse il messaggio minaccioso della padrona : " Signoru ., " esordì col dire " unu roppu l' atu ti stai pigliann' li megli megli ...caress ' nu truonu addu' ricu iu, Signoru. Signoru, quala jastema ngi hannu m' natu ngimma a sta casa..... Pozza chiove p' ddui juorni scistu e lu terzu juornu ngi np' zzass' nu lampu e nu truonu. ...." E così seguitava la povera signora, biascicando in bocca come in una litania sempre le stesse parole:" Li megli megli, li megli megli, cche duloru, cche duloru, allattarr' cu lu lattu r'aucieddi ngrassarli cu li cunti cchiu megli e roppu v'rerli strafaccia' ra nu risgrazziatu e ra na mala sorta ...." " Che donna straordinaria e che disperazione" continuavano a ripetersi i presenti. Intanto il gatto era satollo e gonfio come un pallone e si era sdraiato sulla credenza, in attesa che la veglia funebre cessare e con essa tutti quei brontolii fastidiosi che non gli rendevano conciliante il sonno. Anche la padrona di casa s 'era calmata. Invero rassegnata e sotto voce, ella andava ripetendosi: " Cch ' mi lamentu a ffa', maritu miu, la fr 'ttata è fatta e nun gi' so' pezze ra' nghiongi . Lassa passa sta nuttata e rimani matina puru , ca roppu quiru risgrazziatu li cunti ra' dda' fa' a ccu mme !!! È megliu ca si vai a ffa' la casa a R 'vuzzulu , si no a ccu quera mazza t ' lu stingenu e bbai a truva' lu patronu addu' si trova...."

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Storia

E

’ giusto cambiare idea. In una realtà come la nostra, in continua evoluzione, rimanere legati a una convinzione è spesso segno di scarsa elasticità mentale. Le persone dotate di intelligenza e di giudizio adattano la propria mentalità ed il proprio modo di intendere la vita alle circostanze che mutano senza sosta. Eccede e dunque sbaglia chi però è sempre pronto a dare ragione a tutti, sempre in sintonia con il mondo che lo circonda, attento a non ferire la suscettibilità delle persone e non ha una sua opinione personale da esprimere. Come Zelig, il protagonista di uno dei film di Woody Allen, si adegua alla realtà che lo circonda e gli dispiace di non poter essere nero con i neri, cinese con i cinesi e grasso con i grassi. Non si comporta così per pura meschinità ma semplicemente perché dare ragione agli altri è più forte di lui. Forse nel segreto della propria coscienza, vorrebbe formulare un’idea sua ma proprio non ci riesce visto che

CAMBIARE non se la sente di dare torto a nessuno e il solo pensiero di sostenere una discussione lo atterrisce. Una simile realtà composta di conformisti contrasta fortemente con la nostra esistenza dove siamo sempre chiamati a prendere posizione e ad operare scelte ben precise che impegnano a fondo le nostre capacità di giudizio. Diventa indispensabile formare la propria mente al pensiero critico ed autonomo per scegliere in modo adeguato la via da seguire nelle varie circostanze della vita. Nel passato la disinformazione, la scarsa istruzione ed il conformismo hanno contribuito a generare un atteggiamento di sottomissione da parte dei più e aperto la strada all’affidamento delle scelte vitali a “pochi eletti”.

IDEA

La sudditanza mentale ha indotto i popoli a rinunziare alla democrazia ed a consegnare a falsi illuminati la propria sorte con conseguenze terribili per loro. Oggi non è più concepibile lasciarsi irretire da imbonitori politici che, spacciandosi per difensori della nazione, predicano false verità per promuovere se stessi a fini elettorali. La società in cui viviamo è composta di uomini istruiti ed informati che non si lasciano più sedurre e non si perdono dietro assurde chimere a scapito della democrazia conquistata con tanta fatica. La maggioranza rifiuta un mondo dove tutti la pensano alla stessa maniera e dove i cittadini portano il cervello all’ammasso delegando ad altri il difficile compito di pensare. Tuttavia le frange di violenti esi-

elli o Cozzar

di Rodolf

stono ed esplodono in atti di ferocia inauditi nei confronti di chi la pensa diversamente. L’aggressione alla parlamentare laburista Jo Cok ne è la testimonianza più recente. La signora Jo Cok aveva la sola colpa di essere favorevole alla permanenza dell’Inghilterra in Europa e per questo è stata aggredita e uccisa da un fanatico di parere contrario. L’intolleranza genera odio e va contrastata con tutte le forze come la peste della società umana. Scegliere di essere con Jo Cok significa essere contro il fanatismo e la ferocia del suo assassino e dei suoi simili e credere nella realizzazione di un mondo dove la violenza venga sostituita dalla tolleranza.

Quali i punti di forza del nostro Turismo?

Q

uando nasci in un luogo e poi vai a vivere altrove, ci si rende conto che con il tempo assapori meglio tante cose. La stessa Piazza, la stessa Chiesa, la stessa Strada, che frequentavi e attraversavi da ragazza, assumono sembianze diverse. I luoghi in cui ho vissuto durante gli anni passati, e sono stati diversi, mi hanno portata al confronto con la mia realtà natia. Caposele è un paese che ha tante risorse. Tra queste, sappiamo bene, le risorse naturalistiche, enogastronomiche e paesaggistiche. L’Acquedotto Pugliese e il Santuario di San Gerardo lo hanno reso famoso, ma non abbastanza. Prima di parlare di “turismo” vorrei precisare il significato della parola stessa: “attività del tempo libero consistente nel visitare luoghi diversi da quelli abituali, a scopo d’istruzione o diletto. L’insieme delle attività e dei servizi connessi a tale pratica”. San Gerardo sappiamo che ha reso possibile, da anni, un turismo religioso, ma seppure sia conosciuto da molte persone, non lo è abbastanza in tante regioni d’Italia. Il motivo, forse, è la scarsa promozione? Credo proprio di si! Ma prima di parlare di promozione occorrerà chiedersi, cosa si offrirà al turista che verrà? Intendiamo davvero che permanga solo il turismo religioso? Vogliamo davvero che si fermi qui? Ad un punto e basta? Si vuole crescere nel

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turismo oppure no? Allora via !!! Perchè non offrire un luogo piacevole, curato, organizzato, dove gli spazi pubblici sono rispettati, ben tenuti, dove l’area antistante ciascuna abitazione sia ben curata, dove ciascun cittadino tenga davvero all’immagine del suo paese? Un luogo dove le peculiarità enogastronomiche, storico culturali, e socio organizzative possano diventare un tutt’uno. Da anni si parla in Italia della valorizzazione dei centri storici e dei borghi di valenza storico-culturale. La valorizzazione del centro storico di Caposele, potrebbe avvenire, non solo ristrutturando i suoi monumenti, le sue piazze, le sue cantine, i suoi vecchi mulini, ma anche utilizzando gli stessi, svolgendovi eventi artistici (mostre d’arte di artisti locali e non), eventi enogastronomici (degustazione dei prodotti locali), eventi commerciali (mercatini di artigianato locale), eventi musicali (concerti musicali di vario genere),dando origine ad un valore aggiunto, motivo in più per fare promozione. La posizione geografica, inoltre, permetterebbe, uno sviluppo di un turismo di tipo escursionistico sportivo. I Monti Picentini, il Monte Calvello e Pollaro, la vicina oasi di Senerchia, i Santuari della Madonna della Neve, la Madonna del Fiume, lo stesso Laceno potrebbero essere

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mete di percorsi di trekking, mountain bike. Inoltre ricordiamoci di aggiungere, alle ricchezze naturali, le strutture sportive che Caposele possiede, come la piscina olimpionica, i campi da Tennis, e l’area attrezzata del bosco Difesa in cui anni fa, esisteva un percorso vita in mezzo alla natura. Quando si parla di crescita e di sviluppo turistico, si parla anche di formazione. Non ci si improvvisa di certo, promotori di marketing del turismo o guide escursionistiche o guide turistiche. Corsi di formazione mirati, svolti da personale tecnico competente del turismo, con rilascio di patentini, e/o diplomi, certificati, ai giovani che, rappresentano il capitale umano su cui investire, e di cui Caposele ne è ricco, farebbero da trampolino di lancio ad un turismo in crescita. Da non tralasciare la conoscenza della lingua inglese. In un mondo sempre più globalizzato, la conoscenza linguistica apre nuove frontiere. Non dobbiamo precluderci l’arrivo di turisti stranieri, perché anche questo è crescita. Da anni trascorro parte delle mie vacanze a Caposele, e se ho espresso questo mio pensiero è perché credo davvero che potrebbe esserci un cambiamento reale. Credo che Caposele possa essere un luogo dove ci si possa rilassare e non annoiarsi, dove una persona,

di Gabriell

a Testa

che non abbia legami affettivi e non ci sia nato, possa trascorrere qualche giorno di vacanza integrandosi nella cultura locale, interagendo con quelle che sono le tradizioni, il folklore, e la gente del posto. Parte attiva di questo cambiamento è la popolazione, che deve essere coesa ed avere come unico obiettivo, il miglioramento del proprio paese. Basta dire: bisogna migliorare, io direi bisogna agire! Farsi dell’autocritica, porsi delle domande, aiuterebbe a comprendere quali potrebbero essere i punti di forza e i punti di debolezza, valutando e considerando le vere opportunità che si potrebbero creare e che durino nel tempo. Se prendiamo in considerazione che paesi vicini, come Laviano, ha saputo creare un’attrattiva turistica, costruendo un ponte Tibetano, cercando in qualche modo di apportare valore aggiunto all’economia locale, Materdomini e Caposele non hanno nulla di meno, per diventare un fiore all’occhiello dell’ Irpinia, che non deve piu essere riconosciuta, soprattutto, per il tragico evento dell’80 .


I proverbi costituiscono un bene culturale legato alla storia

delle tradizioni popolari.

Nei proverbi tutti possono identificarsi,

scoprendo qualcosa di sé e rivisitare così, i

di Cettin

a Casale

propri pensieri e la propria esperienza di vita.

continuiamo insieme ad arricchire

PAISA?

ch’pisci amma piglià

di Gerardo Porreca Mo caggiu fattu la maturità, vogliu fa L’UNIVERSITA’, ma, siccom a lu viecchiu la fatìa è vunuta a mancà, aggia v’rè ch via piglià, cuacch cosa aggia truvà …!!! A casa lu CENTESIMU amma SPARAGNA’. Lu viecchiu faci sulu sulu “3x13”=39, fazzu li cunti e nun mi trovu. La vecchia parla, ma iddu nu li rai retta, z’zzatu a tavulinu guarda l’ut’ma bulletta e cu n’aria accigliata SCIABULEIA, n’gi mancava stata n’ginata. La vecchia stai sculann li fusiddi e dici ra sola ogni ghiuornu na cosa ra pa-à, ma si nun gi SO SOLDI , nu povuru Cristu ch pisci adda piglià? Mo pensa a mangià, cà rimani quacch cosa adda cangià, accussi nun si po’ campà. Mangiann mangiann, lu viecchiu mi squadra, cumm si nun m’avess mai vistu, e rici: Uagliò!! Si tu vuò fa l’Università, quacch sacrificiu le fa, ch’ vò fa, so tiembi tristi p’ nui pov’r cristi. Sulu a p’nzà, a nu paru r’anni fa, la famiglia cu n’entrata t’nia nata purtata. Oi, addu ancora n’gè la stessa enrata sbatt’n cumm na trota appena P’SCATA. La pasta s’è r’fr’ddata v’renn la vecchia ca mi ten la manu, m’ha tuzz’catu lu frontu cu na man usurata, la voci li tr’mava e tuttu na vota ha n’dunatu …!! Uagliò … ma tu, la scola Le “STAGLIATA”?

il nostro catalogo

DETTI Si tuttu lu munnu foss’ paravisu la requia r’ l’omm’ne foss’ la casa ***** Votta a’ la via l’an’ma r la atta si vuò mangià la carna crura e cotta. ***** Iu ccu ttè, figliola, fazzu n’atu pattu: Tu mi guvierni lu iuornu e iu ti guvernu la nott’ ***** Chi nasc’ bella nu mor’ puv’redda

In collaborazione con: "sei di Caposele se..."

La vita … è n’affacciata r’ f’nestra ***** Cchiù pochi simu cchiù belli parimu ***** Aggiu appisu lu fierru a sant’Aloja (s. Eligio)! ***** E’ cchiuta la putturrina mman’ a li criaturi ***** Nu riavulu n’ caccia n’atu! *****

***** Quiru mesu can un ti fa ben’ nun chiamà né quann’ ven’ né quann’ nun ven’ ***** Nunn’ è la carna ca puzza la chianca ***** Iu ti canoscu piru! ***** Nu pizzucu n’copp’a la panza ***** E’ muortu lu re ebbiva lu re ***** Aùri senza canistru cumm’ si nun avess’ vistu

Quann’ ess’ l’estrazion’ ogni fessa è pruf’ssor’ ***** Rotta cu rotta mitti la pezza

***** Taglia ch’è russu Chi si guarda li puorci sui nu'n' è chiamatu, purcaru.. ***** Carn’ r puorcu scaglienda e mena ‘nguòrpu ... ***** Quann ' viri li gru'oi pungi li vùoi.. ***** Aspetta ciucciu miu, ca mo ess’ l'erva freshca. ***** Cumm prer'ca lu parrucchianu accussì n'dona lu sacrastanu... ***** "Stu vinticiéddu ca a te t'arr’crèia a mme mi vai ‘ngulu!" *****

***** Squagliatella tu sta ‘nzogna ***** Chi nun’ è vustutu aùstu nu catarru l’è vunutu ***** Lu viecchiu s’adda accir’ quann’ è ancora uaglionu ***** Cazzu quanda mon’che

Tu v’nnigni e tu puorti r’ fesc’n! ***** Canùsci lu cirasulo,la mauta e puddàro? ***** Signor’ mai peggiu, riss’ quiru ca ìa p’ l'acqua abbàddi. ***** ..P' li fessa nu ‘ngè miricina!

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Storie

A

Tatore o’ schiattamuort’

l termine del primo anno di pratica forense ero diventato uno dei massimi esperti dell’architettura del Nuovo Palazzo di Giustizia. Un mostro in perenne evoluzione che si estendeva alla periferia nordorientale di Napoli per oltre trecentomila metri quadri, un milione e duecentomila metri cubi di volume e quattro torri che si allungavano in alto fino a trenta piani. Vi arrivavo di buon mattino, quando nelle cancellerie avevano appena acceso le luci e le centinaia di avvocati, praticanti e segretarie provenienti da tutta la regione ancora non imprecavano in fila davanti ad un ascensore o ad una porta sbarrata. Mi infilavo negli ascensori di servizio per guadagnare qualche minuto sugli altri, attraversavo le torri da un punto all’altro attraverso percorsi sconosciuti ai più. Scavalcavo file di mezz’ora salendo per le scale antincendio due gradini alla volta come uno sherpa sul K2. E fu proprio sulla rampa delle scale esterne alla Torre C che incontrai il mio primo cliente: Tatore o’ schiattamuort’. Stavo volando giù per la scala antincendio, dopo avere disseminato tra le varie cancellerie una dozzina di atti giudiziari, quando mi sentii afferrare un braccio. Mi girai sorpreso e mi ritrovai davanti un ometto dall’aria spaesata, che si aggrappava al mio braccio come un naufrago ad un pezzo di legno. “Scusate, avvocato. Siete avvocato, sì?” Aggiustai la borsa a tracolla sulla giacca e cercai di assumere un aspetto meno trasandato. “Sì, sono un avvocato.” In realtà, tecnicamente, ero ancora un “praticante avvocato abilitato al patrocinio legale”. Ma se il suo scopo era di ottenere una qualsiasi informazione per uscire da quel labirinto, non era necessario mettersi a sottilizzare. “Scusatemi tanto, ma è un’ora che faccio avanti e indietro. Chi mi manda in un posto, chi in un altro ed adesso non so nemmeno dove mi trovo. Tengo paura che ho fatto pure tardi. Mi potete aiutare?” E mi porse un atto sul quale emergeva sopra tutte le altre la scritta “Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli – Decreto di citazione a giudizio”. Lessi il numero della sezione in cifre romane ed il nome del giudice e feci per restituirglielo. “Dovete scendere di quattro piani per queste scale e poi rientrare nel palazzo per la porta laterale. Attraversate metà del corridoio e poi andate verso destra. Ad un certo punto vi troverete in una specie di piazza coperta. Lì c’è il tabellone con il numero dell’aula dove si tiene il vostro processo. Ma il tabellone grande non funziona, non fidatevi. Cercate lo schermo piccolo vicino agli ascensori e aspettate che compaia il nome della sezione e del giudice Alfano. La sua aula dovrebbe essere al quarto livello. Ma se prendete l’ascensore dovete schiacciare il numero tre perché lo schermo indica il numero dei livelli, che sono quattro, mentre nell’ascensore è indicato il numero dei piani, che sono tre.” Rimasi qualche secondo con il braccio teso per restituirgli il decreto, ma l’uomo continuava a fissarmi perplesso e non se lo riprendeva. “E vi dovete pure sbrigare che a quest’ora già possono avere chiamato la causa” aggiunsi scuotendo il foglio.

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Visto che non si muoveva, gli infilai il decreto in una mano e mi rimisi a scendere, lasciandolo sul pianerottolo con il vento che gli scompigliava il riporto dei capelli. Ma dopo avere fatto una rampa di scale mi girai a guardarlo. Era rimasto fermo con l’avviso tra le mani e stringeva gli occhi per individuare tra quelle centinaia di frasi bizantine qualche parola che potesse indirizzarlo verso la sua meta. Mi massaggiai velocemente il cervello per pensare. Non ce l’avrebbe mai fatta a trovare l’aula in tempo. “Venite con me che vi accompagno” gli dissi alla fine". Fece uno scatto verso di me e scendemmo insieme fino al primo livello per poi rientrare nell’edificio attraverso una porta socchiusa. “Mi fate rivedere quell’atto?” Mi porse il decreto e, dopo avere ricontrollato il nome del giudice, buttai un occhio sul capo di imputazione. Era accusato di avere sottratto dalle bare dei defunti, lasciate nella camera ardente prima della tumulazione, alcuni oggetti di valore: fedi nuziali, orologi, occhiali, scarpe, bracciali e catenine d’oro. Lo guardai mentre camminava di buon passo al mio fianco e non potei fare a meno di soffermarmi sulle sue scarpe di pelle lucida e sull’orologio dorato che sbucava quando allungava il braccio. Immaginai la bara di legno ed il cadavere al quale doveva averli sfilati. Dopo avere verificato sul monitor dove si teneva il processo, gli feci cenno di entrare in un ascensore affollato e lo accompagnai fin dentro l’aula. Controllai l’elenco delle cause sul banco del Pubblico Ministero e mi accertai che la sua non fosse stata già chiamata. “Aspettate su una di quelle sedie in fondo” gli dissi dopo averlo tranquillizzato. “Quando chiameranno il vostro nome alzatevi in piedi e dite che siete presente.” “Va bene” replicò porgendomi la mano. Ma quando gliela strinsi aggiunse “comunque, lo giuro sulla vista degli occhi, quelle cose che ci sono scritte io non le ho fatte.” Mi strinse la mano più forte e sibilò “Mi credete?” La voce era leggermente commossa. Qualche anno prima gli avrei creduto senza esitazioni, ma da quando frequentavo le aule di giustizia avevo imparato a non credere a niente di tutto quello che veniva detto. Avvocati, testimoni, imputati, giudici: la verità vera era sempre diversa da quella che veniva descritta, testimoniata, invocata, ricordata, suggerita, accertata. “Non conta quello che credo io. Conta quello che crederà il giudice” gli risposi per chiudere la faccenda. “Lo so. Ma io voglio sapere se mi credete voi.” Mi lasciò la mano e rimase a fissarmi in attesa della risposta. Nell’aula di udienza erano rimaste poche persone e tutte sembravano avere le idee chiare su cosa stessero facendo in quel posto. Il giudice, il cancelliere, gli avvocati immersi nella lettura di un fascicolo, i carabinieri in borghese con la relazione di servizio sotto il braccio in attesa di testimoniare. L’unico corpo estraneo in quell’ambiente era proprio lui. Con il vestito buono di quindici anni prima che adesso sembrava troppo largo e con l’espressione incerta di chi si trova fuori

Anno XLIV - Agosto 2016 N.92

dal proprio ambiente. “Sì, vi credo” gli dissi con convinzione. “Buona fortuna.” “Non ve ne andate ancora” aggiunse, bloccandomi sui miei passi. “Voglio che mi difendete. Per favore.” “Ma non ce l’avete un avvocato?” “Mi mettevo scorno di andare da un avvocato. Ma adesso che sono qua tengo paura.” Per la prima volta vidi quell’ambiente attraverso gli occhi di un imputato. Tutti i mesi trascorsi in quei corridoi ed in quelle aule mi avevano reso immune a certe situazioni. Ma ora mi rendevo conto di quanto potessero turbare la vista di una cella, delle guardie carcerarie, di un giudice con indosso la toga. Rilessi il capo di imputazione e, con l’imputato davanti che mi supplicava di assisterlo, decisi di buttarmi. Del resto Tatore, al momento, non avrebbe trovato di meglio. Senza perdere altro tempo chiesi il fascicolo al Pubblico Ministero e cominciai a spulciarlo. Le indagini erano partite dalla denuncia di una signora che, dopo aver fatto riesumare la salma del marito per trasferirla in un altro loculo, aveva scoperto che dalla bara erano spariti l’orologio “con le iniziali sotto la cassa”, la fede nuziale e finanche le scarpe, che a verbale venivano descritte “di pelle nera lucida, suole in cuoio, indossate la prima volta dopo la dipartita, strette in punta”. Il sollievo del defunto quando gli erano state sfilate dai piedi doveva essere stato enorme. Non era la prima denuncia di quel genere ed erano partite le perquisizioni a casa dei becchini del cimitero di Poggioreale. A casa del mio cliente, “Salvatore Di Cosimo alias Tatore”, era stata sequestrata una scatola contenente “un orologio con la cassa dorata, un paio di scarpe di camoscio marca Picone ed un accendino d’argento con incise le lettere CP”. Sulla scatola c’era scritto il nome “Crescenzo dottore Pisapia”, che le indagini avevano accertato essere morto sei mesi prima e sepolto nel cimitero di Poggioreale. La relazione di servizio dei carabinieri spiegava che presumibilmente l’indagato usava riaprire le bare nella camera ardente la notte prima della tumulazione per impossessarsi degli oggetti di valore. Chiusi il fascicolo e feci un cenno al mio cliente affinché mi seguisse fuori dall’aula. “Mi avevate detto che non c’entravate niente con questa storia”, gli dissi appena ci trovammo nel corridoio. “Ve l’ho detto e ve lo ripeto: avvocà, sono innocente. Non mi sono mai permesso di aprire un tavùto per rubare qualcosa. Non esiste.”

L'ingresso del Cimitero di Caposele

di Alfonso

Sturchio

“C’è un verbale di sequestro che parla chiaro. Quando verrà a testimoniare la vedova del dottore Pisapia riconoscerà le cose di suo marito e una condanna non ve la toglie nessuno. Siete incensurato? Fatemi chiedere un patteggiamento e riusciremo a cavarcela con la pena sospesa. La vedova è già in aula? L’avete vista?” “Sì, la vedova era seduta vicino a me e ci ho parlato. Ha detto che si ricorda dell’orologio, delle scarpe e dell’accendino del marito.” In quel momento si sentì la voce del giudice chiamare il nostro processo. “Salvatore Di Cosimo. E’ presente?” “E’ presente”, risposi agitato entrando in aula seguito dal mio cliente. “Presidente, le chiedo cinque minuti per valutare la possibilità di un patteggiamento” aggiunsi appena giunto dietro al mio banco. Il giudice Alfano mi squadrò da sopra gli occhiali e sbuffò al microfono: “Sospendiamo l’udienza. Riprenderemo tra dieci minuti”. L’aula si svuotò delle poche persone presenti e rimasero solo un avvocato seduto al banco dietro al nostro ed una signora anziana nelle ultime file. La vedova Pisapia. Mi rivolsi allora a Tatore “Una condanna con la pena sospesa è il massimo che possiamo ottenere con queste prove. Non vedo proprio alcuna possibilità che possiate essere assolto.” “Una condanna, così il giorno dopo mi licenziano” mi rispose alterato. “Non se ne parla proprio.” “Ma voi che pretendete da me?” Si avvicinò con la sedia e cominciò a parlarmi più pacatamente. “Vedete avvocà, le cose non sono come sembrano. Io vi ho detto che non mi sono mai permesso di aprire un tavùto per prendere qualcosa, ma vi dovevo pure dire che invece li aprivo per metterci delle cose.” “Mi volete spiegare meglio?” “Allora seguitemi. Tante volte capita che un familiare si accorge di avere dimenticato di mettere nel tavùto degli oggetti che erano di fondamentale importanza per il defunto: i suoi occhiali da lettura, il fazzoletto di cotone, un mazzo di carte napoletane. Il giorno del funerale viene così tanta gente a casa e ci sono tante di quelle cose da fare che uno si dimentica del morto e delle abitudini che teneva finché era ancora in vita. Ma vi pare che uno che abbia portato il cappello per trent’anni dev’essere seppellito senza che nessuno si sia ricordato di met-


Politica

Storie terglielo nella bara?” “Ancora non vi riesco a seguire.” “Allora ascoltatemi bene. Quando qualcuno della famiglia si ricorda di avere dimenticato queste cose, oppure quando gli vengono richieste…” “Da chi gli vengono richieste?” lo interruppi perplesso. “Ma dal morto! Chi volete che le richieda? Avvocà, ma voi mi dovete seguire…” “Andate avanti” gli dissi rassegnato. “Quando qualcuno vuole mandare questi oggetti al familiare che è morto, l’unico modo che tiene è di portarli da noi al camposanto. Ci consegnano il pacco e noi – mica solo io, pure gli altri colleghi fanno questi favori – e noi, vi stavo dicendo, provvediamo a spedirli al defunto.” “Ma come li spedite al defunto? Ma volete pazziare?” “No, avvocà. Queste sono cose serie. Quando teniamo un pacco da spedire, noi aspettiamo il primo funerale e, prima di piombare il tavùto, ci mettiamo il pacco dentro. Così, quando il morto arriva all’altro mondo, viene fatta la consegna. Naturalmente chiediamo prima il permesso ai familiari. E chi si è mai sognato di dire di no! Anzi, è un onore potere fare un servizio del genere davanti al Padreterno.” Allargò le braccia come se mi avesse fornito la spiegazione più logica del mondo. Lo guardai perplesso e mi rimisi la penna nel taschino preoccupato. “Avvocà, ma non mi dite niente?” “Ma veramente volete che vi difenda con questa storia che mi avete raccontato? Le spedizioni nell’altro mondo. I morti che richiedono il cappello e il fazzoletto. Ma che…” “Ah, le richieste. Mò quasi mi dimenticavo”, mi interruppe eccitato. “Certe volte capita che il morto esce in sogno al familiare e gli chiede una cosa. Non è che glielo chiede sempre chiaramente. Può pure capitare che una si sogna la buonanima del marito che se ne sta in mezzo alla strada, tiene il bavero della giacchetta alzato e non si riesce a riparare dal freddo. Allora la vedova capisce la situazione, viene da me e mi porta un cappotto di lana e una sciarpa da fargli recapitare. Io prendo il pacco e – alla prima occasione – prima di chiudere un tavùto, glielo metto dentro. E la vedova sta più tranquilla. L’anno scorso la

signora Pezzella, che abita nello stesso mio palazzo, si è sognata per tre volte la buonanima del padre, Don Antonio ‘o chianghiere, che giocava a carte ma non riusciva mai a finire una partita. E stava sempre nervoso e non riusciva a trovare pace. Allora mi ha pregato di fargli avere un mazzo di carte nuovo, perché quello che gli avevano messo nel tavùto quand’è morto dodici anni fa, evidentemente, o si era consumato, oppure si era persa qualche carta...” “E il mazzo di carte pensate che gli è arrivato?” “E certo!” mi rispose soddisfatto. “Da allora la signora Pezzella dice che il marito sta bene e se lo sogna sempre sorridente come quando stava a casa. La stessa cosa è capitata con la vedova Pisapia.” “La testimone?” “Proprio lei. Venne da me una sera che stavamo quasi per metterci a tavola. Potevano essere le otto e mezza, eravamo io e mia moglie. Ci disse che la notte prima si era sognata il marito, la buonanima del dottore Pisapia, che doveva andare a un ricevimento…” “Un ricevimento all’altro mondo?” “Ma perché in Paradiso vi credete che di feste non se ne fanno? E che Paradiso sarebbe?” Si sistemò meglio sulla sedia e ricominciò a parlare. “Insomma, vi stavo dicendo che si era sognata il dottore che doveva andare a questo ricevimento. Ma stava tutto agitato perché le scarpe che teneva non erano quelle eleganti, e gli mancava pure l’orologio d’oro e l’accendino che gli aveva regalato suo padre quando era diventato dottore. Allora la signora Pisapia aveva messo tutte queste cose in un pacchetto e le aveva portate a casa mia, pregandomi di farle avere al marito il prima possibile. Io le dissi che il giorno dopo le avrei fatto il servizio perché dovevamo seppellire un professore dell’Università e che sicuramente si conosceva con suo marito. Ma la sorte ha voluto che la mattina successiva, alle sette in punto, sono venuti a casa i carabinieri e hanno trovato il pacchetto. Hai voglia a spiegare che il pacchetto non lo avevo preso dal tavùto del dottore Pisapia, ma che lo tenevo a casa perché lo dovevo mettere in quello del professore. Non ne hanno voluto sapere. Comunque, adesso la signora Pisapia sta qua, voi la interrogate, il giudice sente come sono andate le cose e si risolve l’equivoco.” Appoggiò le spalle sullo schienale della

sedia ed incrociò le braccia, sfidando la mia mancanza di fiducia. Era la mia prima causa. Avrei dovuto convincere il giudice che il mio cliente forniva un servizio su richiesta dei defunti. Che gli faceva arrivare gli oggetti di cui avevano bisogno nell’aldilà infilandoli nelle bare di quelli che dovevano essere tumulati. Sarei diventato la barzelletta di tutto il tribunale di Napoli. “La buonanima di mio padre soffriva di mal di testa e per più di trent’anni ha preso sempre la stessa pillola: Toplor, così si chiamava”, intervenne l’avvocato seduto alle nostre spalle. “Se le faceva portare dall’America perché solo là si trovano. Le tengono in una specie di buàtta di plastica in confezioni da trecento pillole. Ogni pomeriggio, come si alzava dal letto, mammà gli faceva trovare la pillola di Toplor vicino alla tazzina del caffè. Lui se la prendeva e se ne andava allo studio. Ogni pomeriggio la stessa pillola per trent’anni. Una volta siamo dovuti tornare di corsa da un matrimonio a Sant’Antonio Abate perché si erano scordati il Toplor e a papà gli stava scoppiando la capa.” Avvicinò la sedia verso di me e continuò curvando le spalle. “Comunque, l’anno scorso, dopo che abbiamo seppellito a papà, ce ne siamo tornati a casa e siamo rimasti un poco tutti insieme. Mammà voleva preparare il caffè e che cosa ha trovato vicino al buccaccio? La confezione di Toplor. Si era dimenticata di metterla nel tavùto. Dal soggiorno abbiamo sentito il rumore del buccaccio di caffè che si rompeva per terra e mammà gridare per la disperazione. Per farvela breve, siamo tornati al cimitero e abbiamo trovato una persona di cuore che ha capito subito la situazione. La sera stessa ha chiamato da parte un brav’uomo di Ercolano che era venuto al funerale della zia e hanno messo due buàtte di Toplor dentro il tavùto. Per qualche anno dovremmo stare a posto.” Detto questo, l’avvocato si rimise al leggere il suo fascicolo come se niente fosse, guadagnandosi un’occhiata soddisfatta del mio cliente. Di patteggiamenti non ne parlammo più. Quando il giudice tornò in aula ci trovò pronti a dare battaglia ed a difenderci con tutte le forze. Fu sentito il carabiniere che aveva sequestrato il pacchetto con gli effetti

personali del dottore Pisapia che ne confermò il contenuto. Ma durante il mio controesame dovette anche ammettere che in casa dell’imputato non avevano trovato altri beni riconducibili a persone estranee alla famiglia. Quando fu la volta della vedova Pisapia a salire sul banco dei testimoni, mi resi conto che ce la potevamo fare. Le chiesi se fosse stata lei a portare quel pacchetto a casa dell’imputato e lei, prendendosi tutto il tempo necessario, ricamando sui ricordi, dopo avere descritto l’orologio d’oro che il marito portava al polso il giorno del loro matrimonio e l’accendino che il padre gli aveva comprato al borgo degli orefici quando aveva superato l’ultimo esame e che gli aveva dato il giorno della laurea sulla scalinata del Rettifilo, confermò la storia che mi aveva raccontato Tatore. Era stata proprio lei, rivelò compiaciuta, ad incaricare l’imputato di spedire quel pacchetto al marito. E lamentò pure che l’intervento dei carabinieri aveva impedito la spedizione e sicuramente il marito “si era risentito perché da allora non se l’era più sognato”. Il ricevimento in Paradiso era saltato. E pure il processo contro Tatore. Una volta che la prova principale era evaporata, tutto il resto era aria fritta. Con oltre venti dipendenti impiegati al cimitero con le stesse mansioni del mio cliente, non era possibile collegarlo con certezza ai furti nelle bare. Spiccicai la mia prima arringa con una sicurezza che non mi sarei aspettato ed attesi la sentenza passeggiando con Tatore nel corridoio. Fummo richiamati in aula meno di un’ora dopo. Il giudice attese che ci posizionassimo di fronte a lui e cominciò a leggere la sentenza. Quando pronunciò la parola “assolve”, provai una gioia nuova. Un misto di sollievo e felicità che rappresentò il primo raggio di luce dopo mesi passati tra ascensori, stanze traboccanti di fascicoli e scale antincendio. Tatore mi invitò a casa sua per festeggiare e mi presentò ad una decina di amici, familiari e colleghi come “l’avvocato”. Ognuno di loro aveva un problema “gruosso” da risolvere, ma questa è un’altra storia. Alfonso Sturchio

Gerardino Calabrese Imprenditore Irpino all’avanguardia _ da Altirpinia – La redazione - _______________

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a Rotostampa srl di Lioni si è aggiudicata la gara per la stampa dei modelli “730” e “Unico 2016. Si tratta di un importo pari 1,5 milioni di euro che ha portato all’assunzione di 27 nuovi lavoratori per poter consegnare il materiale in tempo. Ancora una volta la personalità, il carisma e la mentalità imprenditoriale di Gerardo Calabrese, capo dell’azienda, danno risultati brillanti. La sua, infatti, è l’unica rotostampa ad emergere in tutta Italia. Orgoglio irpino e non solo. I numeri sono impressionanti: 14.000 quintali di carta, tre milioni di copie per il

“730” e 900.000 per “Unico 2016”; quattro rotative in attività, mezzi e persone sempre in movimento, giorno e notte. Alla guida di un lavoro faticoso, complesso, ma allo stesso tempo gratificante c’è sempre lui, Gerardo Calabrese, che con zelo e passione si sveglia all’alba, con entusiasmo e gran voglia di fare è pronto a lavorare, tornando a casa a notte inoltrata, dopo essersi assicurato che il lavoro non abbia intoppi. “Soprattutto i primi giorni di lavoro non dormivo – confessa – “il pensiero era troppo grande, i tempi molto stretti”. Oltre 70 anni di attività, pezzi di storia sono passati nelle sue mani e tra i macchi-

nari per la stampa. Un’azienda che è stata portata avanti con impegno, determinazione, coraggio. Gerardo Calabrese è un uomo che si è saputo inventare e reinventare sempre, ogni giorno, senza mai darsi per vinto, anche quando le battaglie sembravano essere troppo più grandi, troppo impegnative. Un grazie particolare a lui, esempio di grande onestà. Anno XLIV - Agosto 2016 N. 92

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Sport in cammino Giovani

Le Sfide della Famiglia Post-Moderna di Fiorella Merino Assistente Sociale

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el contesto post-moderno in cui oggi viviamo, c'è ancora bisogno di definire dei punti fermi, dei principi e dei valori che possono essere fondamento e guida della famiglia di oggi? È stata questa la domanda che ha portato alla presentazione di una serie due incontri sulla famiglia dal titolo “Le sfide della famiglia post-moderna”, tenutesi a Caposele, nell'aula polivalente, nelle serate del 16 e17 Aprile 2016. Ospiti speciali della serata, organizzata dalla Chiesa Cristiana Evangelica di Caposele, sono stati i coniugi Dott.ri Sandro e Martina Gianneramo, entrambi sociologi e docenti incaricati presso diverse Scuole Bibliche ed esperti in tematiche riguardanti la famiglia, la coppia, l'adolescenza e i nuovi mezzi di comunicazione di massa. Martina inoltre, essendo lei stessa costretta su di una sedia a rotelle dal 1990, conduce anche seminari sull'handicap, testimoniando personalmente di come la disabilità può non essere

considerata solo un “impairment” ma una possibilità di valorizzare la persona nelle sue capacità residue o non scoperte “empowerment”. Due serate speciali in cui si è avuta la possibilità di conoscere innanzitutto una coppia affiatata che con grande complementarietà e “bravura” ha affrontato, nella prima serata, il tema della post-modernità e dei fattori di cambiamento alla luce del contesto odierno, mentre, nella seconda serata, si è soffermata a scoprire il progetto divino per la famiglia e quali sono gli scopi, le funzioni e i principi che possono esserle di guida. Parlare di famiglia, in un momento storico di grandi cambiamenti, rivendicazioni di nuovi diritti e ricerca di nuove definizioni, è già di per sé una SFIDA. In una realtà di grande confusione, talvolta, ci si sente smarriti e senza più punti di riferimento solidi e certi che consentono alla famiglia, ma alla coppia in primis, di riconoscersi in ruoli e scelte educative che

RADICI & FUTURO

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a scelta di voler titolare questo mio articolo,con due semplici ma significative parole non e' una scelta casuale,ma fortemente pensata e voluta. Volendo fare una rapida analisi delle due parole, vi accorgerete da subito che gli elementi base della nostra esistenza in vita,sono proprio queste due parole. La prima,dopo la nostra nascita ci segue quasi a ruota,come se fosse un lascito ereditario, mentre la seconda dipende dalle nostre capacità, nel voler fare qualcosa per il nostro futuro. Dopo questa breve ed esaustiva introduzione,che mi fa da spalla su cio' che sto per scrivere, non mi resta altro che introdurvi nel mio scritto. Da circa un paio di anni,usando un linguaggio molto metaforico, anche il sottoscritto ha mollato gli ormeggi da Roma Capitale, puntando la propria prua verso il paese natio di mio padre,con relativa residenza. La mia è stata una storia all'incontrario, perchè prima mi sono realizzato con il mio”FUTURO” mentre dopo ho riposizionato le mie “ RADICI “ dove erano. Oggi 10 Giugno 2016, mentre sono intento a scrivere questo mio,mi distraggo per un attimo, vibra il mio cellulare, vi è una notizia ANSA che bacia perfettamente con cio' che sto' scrivendo:” in Italia per la prima volta in 90 anni calano i residenti,siamo 60,6”milioni”. A cavallo fra gli anni 50/60 il nostro Paese Italia,ed in particolare quella meridionale registro' un forte flusso migratorio

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verso Paesi Europei ed anche oltre oceano, invece adesso come allora le nuove generazioni si ritrovano a dover fare i conti con quelle stesse problematiche ma in tempi diversi, estirpando le proprie “ RADICI “ nella speranza di un “ FUTURO “ migliore. Ma non è il caso di Vincenzo Cifrodelli originario di Laviano,dove il suo papà Raffaele Cifrodelli gestisce un avviato mobilificio, coadiuvato da altri due figli Antonio Cifrodelli e Gabriele Cifrodelli . La storia del nostro Raffaele, classe 1948 per similitudine non è altro che la identica storia dei tanti nostri emigranti che con la classica valigia di cartone,partivano in cerca di lavoro, per dare ai loro figli un futuro più agiato e dignitoso. Passano gli anni, ad un certo punto la decisione è drastica,anche lui come tanti altri paesani, a soli 17 anni decide di emigrare in Germania, i mestieri che farà sono tanti e variegati a volte anche umili,ma lui è determinato vuole stare meglio, anche se un pensiero fisso gli logora la mente giorno dopo giorno, l'idea che un giorno farà rientro al suo amato paesello lo esalta mentalmente. Ancora una volta, la vita mette a dura prova Raffaele. Con il disastroso sisma del 23 Novembre 1980 che colpì in modo violento anche Laviano, la sua amata terra era completamente devastata, ma non era scomparsa dai suoi sogni. La decisione è presto presa, pochi

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siano condivise. In mezzo a tanto disorientamento, sembra prevalere una sorta di delega e delegittimazione di qualsiasi autorevolezza. Da una famiglia “Tradizionale” di qualche decennio fa, dove i ruoli erano ben strutturati, oggi la famiglia si è trasformata in “Negoziale” dove invece si è alla continua ricerca di negoziare i ruoli e l’autorità all’interno d’essa. Il prezzo più alto di questo smarrimento, purtroppo, viene pagato proprio dai più piccoli e deboli, dai bambini, da coloro che cioè per primi reclamano il bisogno di regole, di autorevolezza e di essere contenuti all’interno di punti fermi. Questa è l’esperienza che personalmente, da circa 5 anni, sto raccogliendo a livello professionale come Assistente Sociale presso il Comune di Napoli. Certamente Napoli si presenta come una realtà ad alto rischio sociale ben lontana da quella di una piccola comunità di paese, in quanto

in una grande città si addensano svariate problematiche sociali, eppure, ci sono denominatori comuni rintracciabili sia nella famiglia multiproblematica del quartiere di periferia sia in quella benestante e “protetta” dei quartieri “alti” dove in entrambi i casi, i figli, i più piccoli, manifestano in svariati modi il malessere di una genitorialità mancata, non definita e di punti di riferimento stabili sempre di più difficile delineazione. “Per crescere dei bambini autonomi è necessario guidarli” questo il punto cardine del seminario condotto dai Dott.ri Gianneramo, e per guidare i propri figli, la famiglia deve riscoprire innanzitutto lo scopo per il quale essa è stata creata e che consiste ancora oggi in una manifestazione di amore che è sacrificio e dono di se e non considera invece l’altro come “oggetto” che serve per la propria felicità. Questi e molti altri i temi toccati dalla splendida coppia Gianneramo, tanto da lasciarci l’acquolina in bocca per un prossimo appuntamento, con la speranza di trattare uno dei temi in oggetto all’interno del loro recente libro pubblicato, dal titolo “La spiritualità nei bambini e le responsabilità degli adulti.” (Fondazione Chàrisma Edizioni)

di Vincenzo Ciccone

anni ancora in Germania ed il rientro definitivo stava per concretizzarsi, se pur con tempi molto anticipati. Dopo aver lavorato per diversi anni nel settore della ristorazione, si avventura in una nuova attività che nasce nel 1983 in Laviano con la seguente denominazione:”LAVIAN-MOBILI” oltre ad essere un settore nuovo per lui, pensò bene di assumere anche i suoi figli,visto che l'attività da lui creata dava dei buoni risultati. Per i primi anni di vita della neonata attività, venne portata avanti da lui e dal figlio Antonio che oltre ad occuparsi delle vendite,si interessava anche del trasporto e montaggio degli arredi. Successivamente dopo la maturità, anche Vincenzo ed in seguito pure Gabriele, vennero assunti dal loro papà. Ad un certo punto,Vincenzo Cifrodelli uno dei tre fratelli, recandosi molto spesso a Caposele avendo praticato per circa 5 o 6 anni la piscina Comunale, ed avendo avuto l'opportunità di conoscere le genti del posto, come persone umili, perbene

ma con tanta allegria da vendere, a questo punto di tutte queste belle cose Vincenzo si innamorò, non solo ma gli piacque tantissimo anche il territorio, da lì poi maturò l'idea di un punto vendita anche a Caposele, staccandosi così da Laviano, ed inserendosi in un contesto sociale diverso dal precedente. L'attività commerciale venne inaugurata a Caposele lo scorso 28 Novembre 2015 restando così con le “ RADICI “ ben salde ed un “ FUTURO “ in crescita, con lunga strada da percorrere.


Religione

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’8 dicembre 2015, solennità dell’Immacolata Concezione e cinquantesimo anniversario della chiusura del Concilio Vaticano Secondo, Papa Francesco, aprendo la Porta Santa della Basilica di San Pietro in Roma, ha dato inizio al Giubileo straordinario della Misericordia, che avrà termine il 20 novembre 2016, nel giorno della festa di Cristo Re. Le due date, di apertura e di conclusione, sono molto significative. Con la celebrazione dell’Immacolata si esalta il volto misericordioso di Dio che non ha voluto lasciarci in balia del male, ma ha chiesto a Maria di diventare Madre di Gesù Redentore. La festività del Cristo Re è la manifestazione della regalità di Gesù Cristo. Sintesi dell’Anno Giubilare sono un logo ed il motto ”Misericordiosi come il Padre”, tratto dal Vangelo di Marco, che invita a vivere la misericordia sull’esempio del Padre che chiede di non giudicare e di non condannare, ma di donare amore e perdono senza limiti. Il logo è rappresentato da un’immagine che mostra Gesù dallo sguardo benevolo e con i segni della passione sulle mani e sui piedi. Caricato del peso di Adamo sulle spalle, il Cristo sembra fuoriuscire da tre ovali per proiettarci verso la risurrezione e portare in salvo, fuori dal peccato e dalla morte, l’uomo smarrito e con lui l’intera umanità. Colpiscono i suoi occhi che si confondono con quelli di Adamo. L’uno vede con l’occhio dell’altroe Adamo coglie nello sguardo di Gesù tutto l’amore che gli proviene dal Padre. Il Giubileo, per i cattolici, è un anno straordinario di grazia, dedicato alla riconciliazione ed alla remissione dei peccati. Il primo Giubileo fu indetto da Papa Bonifacio VIII nel 1300. I successivi quasi sempre si sono svolti con cadenza venticinquennale. l’ULTIMO SI è AVUTO NEL 2000. Il Pontefice può, però, indire Giubilei in concomitanza di eventi o di periodi storici particolari. L’obbiettivo di questo Giubileo è di natura del tutto spirituale e la motivazione ce la offre il Papa quando afferma che questo “è tempo per la Chiesa di ritrovare il senso della missione che Cristo le ha affidato il giorno di Pasqua: essere segno e strumento della misericordia del Padre”. Siccome il nostro è un secolo caratterizzato da mancanza di comprensione, di solidarietà e gli uomini non sono più capaci di tendersi la mano, occuparsi degli altri fa sembrare deboli e ingenui, secondo Papa Fran-

di Don V incenzo Ma parroco di Capos lgieri ele

2016: Anno Santo Straordinario

della Misericordia

cesco, questo è i”il tempo favorevole per offrire a tutti la via del perdono e della riconciliazione. Per offrire a tutti la possibilità di sentirsi amati dal Padre”. Di qui il tema della misericordia. Ma che cosa è la misericordia? Molti la confondono con la compassione, la pietà, il perdono, la tolleranza. Possiamo essere tolleranti, compassionevoli, ma non misericordiosi se non condividiamo la sofferenza dell’altro e non interveniamo per aiutarlo a uscire dal suo stato di malessere , come avviene nella parabola del buon samaritano che non abbandona l’uomo lasciato abbandonato, sanguinante sul ciglio della strada; ma si ferma, lo soccorre e provvede che venga curato a sue spese. In questo orizzonte si colloca l’esortazione del Papa a riservare un posto importante alle opere di misericordia corporale e spirituale. Solo ascoltando il grido di aiuto di tanti fratelli che sono privati della dignità possiamo avviarci verso un cammino di cambiamento spirituale. Non sono richiesti grandi gesti; si può iniziare a piccoli passi e quando viene sollecitato il calore della nostra presenza , dell’amicizia, della fraternità, non tiriamoci indietro. Con l’amico, con i parenti è facile e naturale, ma quando è uno sconosciuto a tendere la mano verso di noi diventiamo insensibili e sordi. Un piccola rinuncia a qualcosa che per noi è superfluo dare un aiuto concreto a chi vive nella indigenza; una parola di cortesia, di comprensione, di gentilezza, può restituire il sorriso, dare il conforto a una persona sola, anziana, ammalata o a chi è nel lutto, nell’abbandono e nella solitudine. Naturalmente non siamo in grado di eliminare il male quando è incurabile, però possiamo rimanere accanto al fratello sofferente per non fargli mancare la nostra presenza, come il Cireneo che condivise con Gesù il peso della croce. Per consentire a tutti la possibilità di vivere pienamente il Giubileo, Papa Francesco ha voluto un Anno Santo decentrato, non legato solo a luoghi o itinerari particolari quali la Basilica di San Pietro e le altre basiliche romane.

In tutte le cattedrali delle diocesi del mondo cattolico e nei santuari più significativi, scelti dai vescovi locali, sono state aperte Porte Sante della Misericordia. Il 16 dicembre 2015, anche a Materdomini è stato inaugurato l’Anno Giubilare con l’apertura della Porta Santa nell’antica Basilica dedicata alla madre di Dio. Varcare la Porta Santa ha un valore simbolico. La Porta è segno di Gesù buon pastore che accoglie tutte le sue pecore: è Porta, quindi , di accoglienza, do salvezza, anche dei più lontani, cioè di quelli che non si sentono degni di essere accolti dal Padre. Oltrepassarla è rito di natura spirituale che permette di ottenere l’indulgenza plenari a concessa dal Sommo Pontefice, mediante la quale si ha la possibilità di beneficiare per sé o per le anime dei defunti della cancellazione, davanti a Dio, della pena temporale conseguente ai peccati. L’indulgenza è frutto della misericordia di dio che perdona tutti dimenticando il peccato commesso. Per acquistarla, ogni fedele, oltre al pellegrinaggio ad una chiesa giubilare, deve accostarsi ai sacramenti della Confessione e della Eucarestia, pregare secondo le intenzioni del Papa e compiere un’opera di misericordia.

Il pellegrinaggio è l’emblema del cammino di conversione che si deve compiere sulle orme del Redentore : ovvero un percorso di pentimento per le proprie fragilità e di preparazione interiore da farsi attraverso la Confessione e l’Eucarestia. Mediante il ministro della Confessione Dio perdona tutto e sempre, con la Comunione Eucaristica riscopriamo l’amore di Dio che si dona. Non stanchiamoci di chiedere perdono e di impegnarci ad essere misericordiosi con gli altri come il Signore lo è con noi ed affidiamoci alla Madre della Misericordia perché vegli sul nostro cammino di conversione. Buon anno giubilare.

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Storia

BREVE STORIA DI CAPOSELE

N

on ci sono notizie sulle origini di Caposele per cui sono possibili solo delle ipotesi in base agli indizi disponibili. Secondo una ipotesi Caposele deve il suo nome al fatto che si trova vicino alle sorgenti del fiume Sele. Il toponimo antico Caput Sylaris, tramandato da varie fonti storiche, è perfettamente conservato dal nome moderno Caposele e nella pronuncia dialettale: Capussela. Secondo l'ipotesi dello studioso Antonini l'origine di Caposele risalirebbe al periodo delle lotte fra tribù sannitiche e Romani. L'Antonini opinò che Caposele e gli altri paesi vicini fossero stati fondati da coloro che si ritiravano dai luoghi di passaggio militare come risultavano essere quelli dell'Alto Ofanto, teatro di furiosi scontri tra Sanniti e Romani impegnati nella conquista dei territori del Sud dell'Italia. Sul monte Oppido, che si trova tra Caposele e Lioni, sono stati ritrovati i resti di un'antica muraglia lunga qualche centinaio di metri raggruppante quattro ambienti che possono far pensare ad una fortezza di tempi vetusti, a guardia di una serie di casamenti. Alcuni pezzi di queste mura, che si confondono con le fabbriche di un castello medievale, costruite senza malta testimoniano che i blocchi di pietra non lavorati furono messi l'uno sull'altro in modo da tenersi fermi con il loro stesso peso. Quest'ultima ipotesi è avvalorata dal fatto che in età romana, la tranquillità dei luoghi favorì la ubicazione di un collegio del dio Silvano, prima delle foreste, successivamente identificato con il dio Pan. Questa presenza è confermata dal ritrovamento di una lapide con iscrizione latina in località Preta , a ridosso delle sorgenti del Sele, oggi custodita nel Museo Archeologico di Avellino. Il borgo, che i primi abitanti costruirono presso le sorgenti, si disponeva ad anfiteatro addossato alla montagna, intorno ad una grande quantità di polle sorgive che formavano un irrequieto laghetto, le cui acque davano origine al primo tratto del fiume Sele. Il luogo non ha subito mutamenti fino ai primi del 1900. Con l'energia sprigionata dall'acqua si attivavano i mu-

LOCALITA’ DI MONTAGNA

DEL COMUNE DI CAPOSELE 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12.

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Cannavale Preta r’ r’ gatt’ Cisterna Arbanella Conche Canale Varo r’ la Ciredda Sierro Rùtulo Varicelle C’sine L’uorto tunno Aria longa

lini, le gualchiere, gli oleifici e le tintorie. Comunque, qualunque sia la sua origine, la prima notizia di un feudo di Caposele, e di un probabile Castello, risale ai tempi dei Normanni, all'incirca al 1160, quando ne era signore Filippo di Baldano. I Baldano, conti di Conza, erano dei guerrieri potentissimi. A questo periodo risale anche l'esistenza, nel territorio di Caposele, di altri piccoli feudi, come la Terra di Boiaro, la Terra di Maliventre, poi Boninventre e la Terra della Torricella, con la torre, le fontane, le case, la chiesa e il convento fondato dal futuro vescovo di Bisaccia Francesco di Caposele sotto il titolo di San Francesco dei Minori Conventuali. La Torricella fu distrutta e i superstiti si rifugiarono a Caposele, Santomenna e Teora. Intorno all'anno 1000 risalirebbe la nascita del primo Torrione di Caposele innalzato a difesa del territorio. I Baldano erano entrati in possesso di queste Terre dopo che, nel 1079, il duca di Calabria Roberto Guiscardo fece bruciare messi e casolari con tutti gli uomini, distruggendo torri e interi castelli. Filippo Baldano di Caposele, ai tempi delle crociate, inviò i suoi uomini più forti a Dudon di Conza, nobile guerriero decantato anche da Dante, spedito in Terra Santa con 3 cavalieri, 60 crociati e centinaia di fanti del circondario per contribuire a liberare il Santo Sepolcro e a conquistare Gerusalemme. Morto Filippo nel 1239, Caposele, appartenuto nel 1190 a Ruggiero, passò nelle mani del discendente Raone Baldano, ultimo signore prima che la famiglia si estinguesse con l'arrivo di Federico II, prima di finire al demanio imperiale degli Svevi. Secondo un documento del 1241, Caposele, Senerchia e Calabritto dovevano concorrere alla riparazione del Castello imperiale di Campagna. Gli Svevi avevano abbandonato la politica normanna delle torri in ogni feudo, avevano preso a costruire poche e robuste fortezze nell'enorme provincia, scegliendo il Castello di Campagna come sede politica del giureconsulto regio, insediatosi per riscuotere gabelle e per amministrare il territorio, come un sottoprefetto assoggettato a Foggia. Caposele fu poi donata

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Varlantico Ciredda Puzzu r’ Carm’nella Vadda Castagni Maglitieddi Ciraso r’ ron Peppe Pollaio r’ indu Puddaro r’ for’ Le grande raie della montagna Piano di Santa Maria Lacerieddi Aria vardaro Tonze Valle dei Vacinesi Fosse delle masi

Ripubblicare una breve storia del nostro Paese, è utile a chi, a mò di "twitt" vuole conoscere immediatamente

i passaggi che ci hanno condotti fino ad oggi

BUONA LETTURA da re Manfredi di Svevia a Minora Gentile che lo porto' in dote a Federico Maletta, conte di Apice, finendo sotto la giurisdizione amministrativa del Castello imperiale di Apice. Dopo la congiura dei signori, passati con i nuovi conquistatori Angioini, e la cacciata degli Svevi, re Carlo I d'Angiò, nel 1284, diede il feudo di Caposele al suo fido Pietro Anni Baldo, prima di giungere nelle mani di Anselmo di Caore. Questo nobile cavaliere morì nel corso della spedizione di Serbia e, non essendo tornato nel Regno nonostante la proroga di Pentecoste, come si usava allora, l'8 giugno 1289, gli decadde ogni titolo. Per premiare i suoi fedeli figli e per esaltarne la memoria, Carlo II d'Angiò assegnò i feudi di Caposele e Stigliano, per 80 deca annue, al nobile Guglielmo Della Marra, che li consegnò al figlio Ruggiero. Alcune fonti rivelano l'esistenza nel 1322 di un vero e proprio Castello, affidato ad un Ballini che fornì ancora una volta uomini e fanti per la ennesima spedizione in Terra Santa. Il borgo, incluso in una cinta muraria, riuscì a svilupparsi divenendo sempre più importante. Il feudo, rimasto a Ruggiero II Della Marra, in quanto dote della moglie Mansella di Salerno, fu rivenduto a Giacomo Arcuccio, conte di Minervino, nel 1376. Una parte di esso, forse dove sorge l'insediamento di "Capo di fiume", giunti gli Aragonesi a Napoli, fu del poeta Iacopo Sannazaro, che l'ebbe in dono dalle mani dei sovrani. Nel 1416 la regina Giovanna II affidò le rendite del feudi di Caposele ad Antonio Gesualdo. Nel 1445 Caposele era di Roberto Gesualdo, al quale successero Elia, Luigi, Sansone, Nicola e, nel 1480, il fratello Luigi II, a cui re Ferdinando I D'Aragona oltre Caposele, Conza ed Andretta, concesse anche i feudi di Cairano e Calitri. E' grazie a Luigi II Gesualdo che Caposele assurge, nel 1494, al titolo di Università, cioè di Comune a sé, capace di eleggere un sindaco e un parlamento

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Fao dell’acqua Noveru r’ Calavieddu La punta di Calvello Luochi r’ li Farina Vallone r’ la Mauta detto Strut’caturo Cirasulu Acqua r’ r’ brècchie Fastiano La preta r’ la Maronna Castagneta Sarracinu Santu Biasu Pastena Saure L'ELENCO E' IN AGGIORNAMENTO

liberamente, per alzata di mano dei suoi abitanti. Il borgo si conquistava così il titolo di Terra di Caposele. Il paese divenne autonomo intorno al 1500. Ad amministrare i suoi beni in Caposele, i Gesualdo mandarono sicuramente delle case blasonate alle loro dipendenze concedendo titoli e terre. E' qui che entrano, nel gioco della storia, le prime famiglie nobili residenti, come i Benincasa, i Bozio, i Ceres, i Cozzarelli, i De Rogatis, gli Ilaria, i Masi, i Russomanno, i Santorelli. Nel 1498 Luigi II Gesualdo fu ribelle alla Corona, per cui il re affidò il feudo di Caposele allo spagnolo Consalvo Fernandez de Cordova fino al 1505, quando Luigi II, perdonato, riprese il possesso delle sue terre. Caposele fu poi donato nel 1518 da Ferdinando il Cattolico, al figlio Luigi, Fabrizio Gesualdo, ed ereditato nel 1566 da Luigi IV e, nel 1584 da Fabrizio II e quindi , nel 1586 da Carlo Gesualdo, il quale non avendo figli maschi, lo fece slittare a Nicolo' Ludovisio marito della figlia Isabella, nel 1613. A Isabella successe la figlia Lavinia nel 1629 che, morta senza lasciare eredi diretti, fece incamerare il feudo e gli immensi beni che aveva dalla Regia Corte in quello stesso 1636. Il feudo di Caposele fu ricomprato dallo stello duca di Fiano Niccolò Ludovisio che, nel 1658, lo fece ereditare al figlio Giovan Battista. Nel 1656 il borgo si vide decimato dalla peste di 642 abitanti e dal terremoto del 1694 di 40 persone. Varie comunità religiose avevano occupato l'intero territorio e le innumerevoli chiese; in particolare vi era la chiesa Madre di San Lorenzo, nella quale erano custodite, oltre le reliquie del Santo protettore, anche quelle di S. Nereo, S. Achilleo e S. Emerenziana. Il feudo di Caposele arrivò nelle mani di Inigo Rota che, sposata Beatrice Mastrullo, ottenne dal re il titolo di Principe di quella Terra; i Signori preferivano la bella Napoli alle rupestri alture. Caposele fra un terremoto e un'alluvione, rimase ai Rota passando, nel 1714, da Marcantonio a Inigo II e, nel 1771, ad Ippolita Rota, che lasciò il Principato nelle mani del marito. Carlo Lagni fu l'ultimo signore fino all'abolizione delle feudalità con la legge francese del 1806, allorquando il paese contava quasi 4.000 abitanti.


Punti di vista

Questione di punti di vista

C

erte mattine, specialmente quando c’è il sole (ma a dire il vero anche quando non c’è) mi prende un po' di nostalgia e penso: "Che ci faccio qui?" Mentre cammino per andare a lavoro, tra le eleganti case bianche del quartiere in cui vivo, tra le macchine veloci, tra le vetrine scintillanti, dove tutto è molto stylish (anche gli amici a quattro zampe sembrano essere V.I.P. con i loro collarini griffati), mi dico: <<Non dovrei essere a casa in questo momento?>> Oppure mentre vado a fare la spesa e resto a guardare quella frutta e quelle verdure che sembrano cosí tristi, pallide e scarne. O ancora, quando sono seduta in metropolitana, con tutti quegli inglesi educati e silenziosi, immersi nelle loro letture o nei loro cellulari, ma allo stesso tempo pronti a balzare fuori dal treno per correre a lavoro o chissà dove. Beh, proprio in quei momenti penso: <<Ora uscirei col cane o in bici, oppure farei una passeggiata nell’orto di casa, respirando un po’ d’aria frizzantina, mi siederei a guardare la natura e le sue incredibili meraviglie. Poi magari andrei in paese a salutare il barista, mi prenderei un buon caffè (come Dio comanda) ed un cornetto appena sfornato, mi farei una bella chiacchierata per tenermi aggiornata sulle news del paesello. Passerei davanti al fornaio solo per sentire l’odore del pane o della pizza usciti dal forno, ma poi li comprerei (perché non saprei resistere). E poi andrei alla fontana di Santa Lucia per farmi un gran bel sorso d’acqua fresca e sedermi accanto al fiume, mi fermerei ad ascoltare il rumore dell’acqua che scorre e che prepotente si infrange contro tutto ciò che incontra...>> E invece no. Sono qua, a Londra, una delle città più belle ed affascinanti del mondo. E non me ne lamento, che sia chiaro. Ma da quando sono qui ho cominciato a fare il confronto, non per una questione critica, piuttosto per avere una visione realistica di come cambia la nostra vita ed il nostro modo di guardare le cose a seconda del posto in cui ci troviamo, o meglio viviamo. Cosa ho capito del mio paese da quando mi sono trasferita in Inghilterra? Beh, ho sicuramente capito che l’Inghilterra non è meglio dell’Italia, ma sono due realtà completamente diverse, che per essere capite vanno

di Gerarda Nisivoccia vissute, comprese ed accettate. Di Caposele mi mancano tante cose, tante altre invece no. Per fare un esempio: qui per comprare un po’ di verdura decente o vai in uno di quei supermercati che vendono prodotti bio (che ti costano un occhio della testa) oppure vai in qualche mercato di quartiere. Che poi la qualità non è mai quella che ti aspetti, rischi sempre di trovare la zucchina che sa di patata o il pomodoro che sa di melanzana. Ma forse sono io ad essere abituata troppo bene. Da quando ero piccola ho sempre avuto la possibilità di raccogliere la frutta direttamente dall’albero e mangiarla al momento, ho sempre avuto verdura fresca in tavola o pasta fatta in casa, latte fresco, salumi artigianali (e qui mi fermo altrimenti mi viene fame). Ma la differenza non sta solo nel cibo, ma in tantissime altre cose. I rapporti umani ad esempio (e mi riferisco a tutto ciò che concerne le relazioni tra individui, come il contatto visivo, fisico e relazionale). La prima cosa che ho notato è il modo in cui le persone ti guardano. In Inghilterra il contatto visivo e fisico è decisamente minimo, si cerca di evitare ogni tipo di coinvolgimento emozionale. In altre parole sono “freddi”, “rigidi”. Noi invece amiamo questi tipi di contatto; per noi è essenziale guardare negli occhi le persone, osservarle, toccarle con una semplice pacca sulla spalla. Cose che qui non esistono, a meno che non ci si trovi il venerdì o il sabato sera in un pub, magari dopo la partita di calcio e dopo una decina di birre. È fantastico vederli trasformare da composti ed educati signorini a scalmanati e festanti giovanotti. E parlando ancora di relazioni mi viene in mente il modo in cui si organizzano le uscite con gli amici. Innanzitutto la maggior parte delle amicizie sono temporanee, essendo questa una città in continuo movimento e cambiamento. Spesso si cambia lavoro, casa e abitudini ed è difficile instaurare rapporti duraturi a meno che non ci sia davvero qualcosa di speciale. Uscire vuol dire organizzarsi con largo anticipo, perché tutti programmano i giorni liberi in base alle esigenze, gli orari, gli amici, gli altri impegni. Vero è, però, che a Londra non ci si annoia mai, c’è sempre qualcosa da fare, c’è sempre un concerto, una festa,

un evento a cui partecipare (e non mi riferisco solo al fine settimana). Per non parlare poi dei party tra colleghi, ogni scusa è buona per organizzarne uno il venerdì sera. Proprio a proposito di colleghi e di lavoro mi viene in mente un’altra delle profonde differenze. Qui il lavoro è una cosa seria. Ci si impegna responsabilmente sul rispetto delle procedure, degli standard, della puntualità e della precisione. Qui sembriamo tutti un po’ dei robot, ma allo stesso tempo le cose funzionano ed anche bene. Cosa importante è il rispetto reciproco e il rispetto dei ruoli, si agisce sulle cose di cui si parla, non si resta a guardarle campare in aria. Ergo, si raggiungono dei risultati e per ogni risultato c’è una gratifica. Ci sarà sempre il superiore di turno che si congratulerà con te e che ti darà una meritata promozione. Non come nel nostro paese, dove per avere un misero posto di lavoro ti devi raccomandare politico di turno o (come si suol dire) riempire a qualcuno la casa di prosciutti. Qui il lavoro si basa sul dinamismo, sulla competizione, sulle effettive capacità delle persone (vale la regola del più forte). In parole povere se c’è qualcuno “realmente” più capace di te, nessun personaggio rilevante (o prosciutto) sarà in grado di evitare che ti rimpiazzino. E questo argomento richiama uno dei maggiori aspetti critici del popolo inglese: l’inflessibilità. Per me che vengo da un paese completamente flessibile e malleabile è un elemento di “quasi” disturbo e disagio. In Inghilterra non si “sgarra”: a partire dalla puntualità al lavoro alla chiusura di negozi e uffici, dalla vendita di alcolici e tabacchi alla porzione dei cibi al ristorante, dal parcheggio della macchina alla coda per salire sull’autobus. Soggettivamente tutto molto maniacale, ma oggettivamente corretto. Questa inflessibilità la si riscontra anche nel meteo. Non esiste settimana dell’anno in cui non piova almeno un paio di giorni. Anche solo dieci minuti, ma deve piovere. Inoltre ci si può tranquillamente dimenticare delle maniche corte e dei sandali estivi (ovviamente esistono tipi che vanno in giro anche d’inverno mezzi nudi e a piedi scalzi, ma quello è un altro discorso), perché le temperature, anche d’estate, non superano i 23-24 gradi. Ma tutto sommato va bene così, si impara ad apprezzare di più il sole quando c’è. E poi ancora le abitudini e lo stile di vita. Qui non c’è un vero e proprio

orario per il pranzo o la cena. Mangi quando hai fame. Ristoranti, fast food, caffetterie e pub pullulano di gente in qualsiasi momento della giornata, è incredibile. In questo non esiste alcuna regola. Si è completamente liberi di decidere quando sedersi a tavola senza rischiare di ricevere dieci telefonate dalla tua famiglia che ti ricorda che sei in ritardo e che ti stanno aspettando tutti per mangiare. Dal mio punto di vista è una cosa abbastanza triste perché i valori della famiglia esistono poco o quasi per niente. Non si sente l’esigenza di stare insieme nei momenti più importanti della giornata perché si va sempre di corsa non si è mai tempo di fare nulla. Eh già, è il tempo il motore di tutto. Bisogna calcolare bene i propri tempi per essere puntuali a lavoro, ad un appuntamento, per andare a fare la spesa, per fare una telefonata o per non perdere l’ultima metro. Un’altra delle caratteristiche differenze tra paese e città riguarda proprio i mezzi di trasporto. Qui i trasporti funzionano alla grande, puoi spostarti da una parte all’altra della città senza grandi problemi, puoi facilmente decidere di prendere un aereo (c’è l’imbarazzo della scelta per la varietà di aeroporti), gli autobus sono puntualissimi e mai stracolmi di gente. L’unica nota dolente è il costo di essi, ma più in generale il costo della vita, decisamente molto più alto degli standard del paese. Tutto proporzionato ovviamente, nel senso che uno stipendio medio ti permette di fare una vita decente. Ed il discorso sulle differenze potrebbe andare avanti per ore, ma preferisco fermarmi qui perché sono giunta ad una conclusione è cioè che secondo me nessun posto è davvero perfetto. Ci sono cose più perfette in alcuni posti piuttosto che in altri. Tutto qua. Ovviamente questo è il mio punto di vista, che è dettato da una personale esperienza. Ma la cosa certa è che non importa a che latitudine si vive, perché alla fine le proprie radici rimangono addosso come fossero un marchio di fabbrica e la propria cultura è un abito impossibile da dismettere. Forse è proprio questo che ci permette di apprezzare ancor di più i nostri valori e le nostre tradizioni.

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Attualità

L

a domanda che tutti si fanno (compreso i Sindaci), dopo essere stati confusi dalle “opinioni” più o meno organizzate di chi si oppone e di chi ne parla senza sapere cosa dice, è: “Perché avere un Parco? Quali sono i suoi benefici?” Il nostro territorio già proviene dall’esperienza (pessima, in riferimento alla gestione) di un Parco Regionale. Ma prima di rispondere a questa domanda è opportuno ricordare, innanzitutto ai Sindaci e poi ai cittadini, che il Parco regionale dei Monti Picentini ha leso l’immagine stessa di un’area protetta perché non ha saputo dare risposte, pareri, opinioni mancando, tranne per un brevissimo periodo, di una gestione amministrativa corretta (rectius: non è stato amministrato). E’ come se un ente comunale fosse governato solo dal sindaco, senza giunta, senza consiglio comunale, senza dipendenti e senza risorse! Quindi la domanda da porre ai sindaci (e contemporaneamente ai loro amministrati) è: sareste stati in grado di gestire una comunità in questo modo? Che immagine avreste dato a terzi (compreso i cittadini)? Avreste risolto i problemi che vi venivano sottoposti? Credo che siano domande retoriche. Ma, torniamo alla questione posta. Una prima risposta indiretta sul fatto che i benefici ci sono davvero, si ha osservando gli altri Parchi. E’ un dato di fatto che dopo i tentennamenti e le resistenze iniziali (che ci sono sempre), una volta fatto il Parco non ci sono “ingessamenti” o “blocchi” del territorio e neppure “tentativi di fuga” ma piuttosto sviluppo e richieste di ingresso. I Parchi Nazionali godono di discrete somme (autonomia finanziaria) e di propri dipendenti, condizioni messe a disposizione verso tutti (anche agli enti locali). Nasce un sistema necessario e capace di fare rete tra i Comuni, che va incontro alle esigenze sempre maggiori degli investitori e dei cittadini. Tutelare l’ambiente naturale significa non solo preservarlo dal degrado, dagli incendi, dal dissesto idrogeologico ecc., ma, anche, reperire ed investire le risorse necessarie per migliorarlo, attraverso: riforestazioni, rinaturalizzazioni degli alvei fluviali, miglioramento della depurazione delle acque, bonifica di discariche e siti inquinati, creazione di invasi naturali, manutenzione di strade e sentieri, predisposizione di strutture, piani di tutela e di intervento in caso di emergenze ambientali e sociali (terremoti, frane, incendi, alluvioni ecc). Queste attività sono essenziali ma, allo stesso tempo, estremamente dispendiose in termini economici. Un parco nazionale, che ha autonomia finanziaria ed organizzativa, permetterebbe di reperire le risorse adeguate e le competenze necessarie per un’attenta ed oculata gestione e valorizzazione del patrimonio forestale, dei pascoli, delle risorse idriche ed energetiche, dei siti archeologici, dei centri storici, dell’ingente patrimonio immobiliare attualmente in svendita, in modo da garantirne ed aumentarne il valore. Da quanti anni non si fanno investimenti del genere? Tutti gli esempi riportati nel seguito

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sono presi da progetti già realizzati in Parchi italiani. Ovviamente l’obiettivo principale di un Parco è la protezione dei suoi elementi ambientali in senso stretto: acqua, aria, terra, flora e fauna. Grazie alla presenza dei Parchi in Italia sono state salvate 11 specie di animali che erano a rischio estinizione: grifone, camoscio appenninico, falco pescatore, orso bruno alpino, stambecco alpino, gipeto, lupo, aquila reale, cernia bruna del mediterraneo, foca monaca, orso marsicano. E come non ricordare la lontra nel Parco nazionale del Cilento (presente anche nei Picentini), la vipera dell’Ursini nel Parco nazionale Gran Sasso e monti della Laga. E poi il pino loricato nel parco nazionale del Pollino. Le aree protette, fondamentalmente, rappresentano la grande banca in cui tali beni, indispensabili alla vita come all'economia, si generano e rigenerano. Finiscono per acquistare, quindi e sempre di più, anche un formidabile valore macroeconomico. Il buon funzionamento di un Parco dipende dalla qualità della sua gestione. Le esperienze di cui parleremo sono di Parchi gestiti da persone capaci che si preoccupano del bene comune. Secondo la legge 394/91 l’organo che scrive le regole del Parco e ne cura la gestione è l’Ente Parco. Esso è costituito perlopiù dagli amministratori locali (Sindaci e Presidenti di Provincia e di Regione). Un Parco non funziona quando gli amministratori locali non sono all’altezza del compito e/o lo boicottano. Molto spesso accade che gli amministratori locali, invece di pretendere dal Ministero l’operatività dell’Ente Parco, preferiscono accettare il commissariamento da parte di persone non preparate a cui spesso viene dato quel posto (retribuito) come premio “politico”. Dobbiamo quindi avere ben presente che se il Parco non funzionerà bene, noi cittadini dovremo prima di tutto cambiare gli amministratori locali con altri capaci di farlo funzionare e che abbiano a cuore lo sviluppo del territorio e il benessere dei residenti. Molti detrattori descrivono il Parco come un insieme di vincoli per le attività e per le libertà imprenditoriali. Gli svantaggi di un Parco esistono invece solo per chi vorrebbe continuare a sfruttare le risorse del territorio senza alcun impedimento e trarre profitto anche da attività dannose per la salute dei cittadini (i bracconieri, coloro che tagliano abusivamente i boschi, coltivano cave abusive, appiccano incendi, aprono discariche abusive, inquinano l’ambiente e che traggono profitto attraverso attività dannose per la salute dei cittadini). Nei loro confronti, il Parco rappresenterà un formidabile deterrente contando su personale e risorse proprie. Per agricoltori, operatori del turismo, commercianti, ristoratori, imprese e per tutti i residenti, il Parco è un efficace strumento per la promozione dell’immagine del territorio, una straordinaria opportunità di crescita occupazionale, di svilup-

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po economico e culturale e di miglioramento della qualità della vita. Un efficace strumento per la promozione dell’immagine del territorio, in Italia, in Europa ed anche nel mondo (i cittadini sono sempre più attenti al territorio protetto e di qualità). L’Unione Europea ha individuato su questo territorio (monti Picentini) ben sette siti di importanza comunitaria ed è area ZPS a dimostrazione che la comunità internazionale vede grandi potenzialità ambientali e di sviluppo economico. Ma anche la normativa nazionale già individua il territorio dei Picentini come area di reperimento prioritaria per l’istituzione a Parco Nazionale (l.394/91). In pochi anni altre regioni (Abruzzo, Toscana, Umbria, Marche), con un' intelligente e attenta opera di promozione del territorio (marketing territoriale), sono state capaci di far diventare mete di grande successo anche località minori, marginali, lontane dai percorsi turistici maggiormente frequentati. In modo simile, le aree ricadenti all’interno del Parco – che oggi soffrono la disoccupazione, l’abbandono delle terre e la svendita del patrimonio immobiliare e ambientale – se ben valorizzate, offriranno importanti opportunità di lavoro e d’impresa. In nessun Parco, piccolo o grande che sia, ci sono operatori che ne contestano la straordinaria utilità; poi c’è chi ci investe e chi no, ma ciò dipende dallo spirito imprenditoriale dell’operatore e non dal Parco. -Il primo obiettivo centrato dai parchi italiani è stato pertanto quello di ridare identità a territori marginali. I parchi sono stati accettati poiché contenevano un’ipotesi di riscatto e scommessa sul futuro fondata sull’identità territoriale, più che per le questioni ambientali. In realtà, per esercitare politiche di salvaguardia dell’ambiente naturale occorreva costruire un contesto di egemonia culturale, interpretando l’ansia e la voglia di riscatto da parte di territori rimasti ai margini delle traiettorie dello sviluppo. In molti territori il parco è stato una risposta a questo. Territori montani abbandonati a seguito dello sviluppo urbano, delle pianure e delle coste sono tornati ad essere centrali. L’attenzione all’ambiente, alla salubrità, alla qualità della vita, collegato alla possibilità di attingere risorse esterne, ha agito come attivatore di un nuovo localismo, con innegabili elementi negativi (rischi di chiusura identitaria, visione angusta dei processi di sviluppo, ecc.) ma anche con effetti virtuosi. L’istituzione dei parchi naturali in aree marginalizzate è stata dunque debitrice di una ratio risarcitoria, che tuttavia ha consentito una presa di parola e una mobilitazione del territorio, lasciando intravedere forse per la prima volta un’alternativa al sottosviluppo. Il secondo obiettivo raggiunto dai parchi italiani è stato quello di portare un contributo all’implementazione di una via sostenibile allo sviluppo economico. I parchi, laddove sono stati realizzati, sono stati sovente rimorchiatori per lo sviluppo del settore agroalimentare, dell’agriturismo, delle iniziative per l’ambiente. Nei

di Angelo Ceres territori adiacenti o interni la maggioranza delle imprese agricole fa agricoltura biologica, prodotti per lo “slow food”, partecipano alle manifestazioni d’eccellenza. Le esperienze più interessanti, tra quelle indagate, riguardano proprio l’innesco di sentieri di sviluppo basati su formule creative e originali di intreccio tra forme di tutela, conservazione e microeconomie locali. Soprattutto, i parchi hanno contribuito significativamente al cambio della mentalità dei produttori. Il terzo e ultimo obiettivo centrato dai parchi italiani è stato quello di agganciare i territori al sistema della produzione e diffusione di conoscenza. I parchi, in questi anni, sono stati importanti committenti per il sistema della ricerca e le Università, ma anche dell’editoria e dell’educazione. In una certa misura, si potrebbe affermare che essi hanno rappresentato la porta di accesso all’economia della conoscenza per territori che altrimenti ne sarebbero stati inesorabilmente esclusi. Per riportare con altre parole questa linea di tendenza, si può affermare che le opzioni su cui si giocava la scommessa dei Parchi appare vinta, in buona misura. Si può affermare che negli ultimi quindici-venti anni i parchi abbiano contribuito in misura rilevante, nell’insieme, a schiudere le prospettive di un’altra via dello sviluppo. Già negli anni 1979 e 1980 nel Parco Nazionale d’Abruzzo circa 200 persone avevano trovato occupazione diretta, in condizioni dignitose e per scopi protezionistici, nell’ambito della struttura del Parco. Ed erano nate 6 cooperative di giovani per i Servizi Turistici, ed altri evidenti benefici economici indiretti si sono verificati. Siamo poi passati a circa duemila persone occupate nei Parchi nazionali, diecimila quelle che lavoravano nei cantieri aperti al loro interno, e altre mille impegnate nella manutenzione del territorio. E nell’indotto si registrano cifre ancora più interessanti: 500 le cooperative di servizi e di lavoro nei parchi, e circa 10mila giovani gestiscono i centri visite e l’assistenza ai visitatori, ma sono 60mila complessivamente le attività impegnate nel settore, suddivise tra turismo, artigianato, commercio e agricoltura, con un trend in continua crescita.

DISPONIBILE SULLA "SELETECA"

DAL PARCO REGIONALE AL PARCO NAZIONALE DEI MONTI PICENTINI: I BENEFICI PER IL TERRITORIO


Attualità- Sociale Da ultimo (anno 2010, stima Federparchi) sono circa 83 mila i lavoratori occupati nell’indotto economico generato dai parchi (4 mila diretti, 12 mila nell’indotto dei servizi, 4 mila nella ricerca e nei servizi in 500 progetti di studi e ricerche, 63 mila nell’indotto del turismo, dell’agricoltura, dell’artigianato e del commercio) e ben 35 milioni i visitatori annui dell’intero sistema delle aree protette. Un successo possibile grazie alle strutture e alle conoscenze messe a disposizione dai parchi con 2.760 tra centri visite, strutture culturali e aree attrezzate, più di 10 mila chilometri di sentieri attrezzati e oltre 120 mila chilometri di sentieri complessivi. Va sottolineato anche che sono 630 le cooperative di servizi e di lavoro che orbitano intorno al sistema dei parchi e 210 le associazioni onlus impegnate. I parchi nazionali sono parte attiva nell’importante processo che è volto a rendere sostenibile il turismo nelle aree protette tramite l’adozione da parte dei parchi della “Carta europea del turismo”. Un percorso importante fatto da azioni concrete e formative che il parco intraprende per poi passare queste conoscen-

ze pratiche agli operatori turistici che nel parco o nelle aree limitrofe lavorano. (Oggi i posti di lavoro ed i turisti sono ancora cresciuti). Questi in sintesi i dati sull’occupazione legata alla protezione del territorio. Allora vale la pena insistere ad avere un parco nazionale che sappia governare il territorio? Nel 2015 i parchi nazionali italiani hanno ricevuto un finanziamento medio di 60 milioni di euro. Circa 2.500.000,00 euro a Parco (il Parco regionale dei monti Picentini riceve un finanziamento di circa 100mila euro all’anno!). In Italia un bel lavoro di ricerca e divulgazione è stato svolto recentemente dall’Università del Molise in collaborazione con la direzione Aree protette del mistero dell’Ambiente. Nel volume Il nostro capitale. Per una contabilità ambientale dei Parchi nazionali italiani, si forniscono aggiornamenti, si illustrano criteri e metodologie, si avanzano anche dati e valutazioni circonstanziate. Per esempio si stima il valore economico totale dei Parchi nazionali in circa 400 milioni. A fronte di un finanziamento medio di

60 milioni di euro, i Parchi nazionali produrrebbero un surplus annuo di oltre 340 milioni di euro. Il solo Parco nazionale dell’Appennino tosco-emiliano, a fronte di un costo per cittadino italiano di 3 centesimi di euro/anno, investe risorse per 5 milioni di euro/anno: sul territorio interessato il “carico fiscale” aggiuntivo è stato di 30 centesimi in 10 anni per cittadino, a fronte di una spesa/investimento sul medesimo di circa 45 milioni. A questo va ad aggiungersi (Parco nazionale della Majella) un altro dato: per ogni euro che lo Stato italiano spende annualmente per il sistema Parchi, beneficia di un ritorno di cento euro in tasse per il maggior reddito generato. I vincoli alle attività o opere, che vengono continuamente richiamati dai detrattori del parco, sono pure congetture che trovano linfa nella tutela di singoli e particolari interessi e che contrastano con lo sviluppo socio-economico-ambientale. Questi (vincoli) esisterebbero comunque a prescindere dall’area protetta. Anzi l’istituzione a Parco nazionale accellererebbe i tempi di concessione del-

le autorizzazioni. L’unico vincolo, oltre a coloro che agiscono illegalmente, è il divieto di caccia. Vorremmo perdere i benefici ad avere un parco nazionale, con tutti i risvolti occupazionali, a favore degli hobbys di poche centinaia di persone? E poi anche tra i cacciatori ci sono i favorevoli al Parco (c’è da aggiungere che la legge impone una percentuale minima di territorio in cui deve vigere il divieto assoluto di caccia). Oppure gli interessi economici più forti stanno spingendo segretamente sugli amministratori affinché si oppongano a qualsiasi forma di tutela ed allo sviluppo (economico) generale, collettivo a danno dell’interesse dei cittadini e, soprattutto, delle future generazioni. I sindaci, gli amministratori dovrebbero spingere, accellerare verso il raggiungimento di tale condizione. Ma il disinteresse e l’inettitudine spesso la fanno da padrona. Allora vale la pena investire in un Parco nazionale? I dati e le esperienze degli altri territori dicono di si! Angelo Ceres

IL DIALETTO- ER DIALETTO- LU DIALETTU

N

emmeno si può dire: “questo sconosciuto”. Infatti è conosciuto in tutto il mondo, ogni paese ha il suo dialetto, anche a distanza di pochi chilometri l’uno dall’altro. Mi dicono che qui a Roma, quando si parlava quasi solo il dialetto, si notava la differenza anche da un rione all’altro. Vi sono dei dialetti molto difficili da comprendersi, come ad esempio in Italia del nord il Friulano, e al sud il Siciliano o il Calabrese. Fino agli anni trenta/quaranta, specialmente nei piccoli centri urbani, dove la maggior parte delle persone erano analfabete e si dedicavano per lo più all’agricoltura, tutti parlavano il dialetto del proprio paese. Erano poche le persone che si potevano permettere di studiare e anche loro, quando si parlava in famiglia o con gli amici, usavano il dialetto. Poi specialmente nel dopo guerra, sia con il benessere, sia con l’avvento della televisione, tutti hanno avuto la possibilità di andare a scuola e imparare l’Italiano, ma il dialetto non è mai scomparso. Ci sono stati degli anni in cui nelle scuole non si accettava che gli alunni potessero parlare in dialetto. Oggi la cosa è leggermente cambiata, in molte scuole si promuovono movimenti culturali basati sul dialetto, ad esempio si fanno molti concorsi di poesia dialettale e vi concorrono molti ragazzi. Il dialetto è un modo di parlare più diretto, una madre al proprio bambino anche appena nato gli parla in dialetto, una barzelletta o una poesia detta in dialetto acquista un altro effetto, e anche se devi mandare a quel paese qualcuno, ti viene spontaneo mandarcelo nel proprio dialetto. Per ognuno di noi è come una carta d’identità, sentendo parlare le persone ci accorgiamo da che località provengono. Anche la CEE ha stabilito e promuove incontri culturali sul dialetto. Molti linguisti importanti, a partire da

Tullio de Mauro, promuovono incontri e studi di dialettologia. Io personalmente qui a Roma frequento da dieci anni il CENTRO TRILUSSA, un laboratorio di poesia Romanesca dove si studia la metrica, l’endecasillabo, gli accenti al punto giusto e tutto il resto per ottenere una poesia con la P maiuscola. E’ frequentato da personalità di alto rango, con una cultura sul romanesco da fare invidia a professori universitari. Spesso vengono al nostro centro anche giornalisti professionisti a prendere lezioni di Romanesco. Avendo una biblioteca fornitissima di libri scritti in Romanesco, parecchi studenti universitari vengono da noi per preparare la tesi di laurea appunto sul Romanesco scritto e parlato. Noi del CENTRO TRILUSSA spesso promoviamo incontri e concorsi di poesia romanesca e, siccome andiamo anche nelle scuole ad insegnare come si scrive un sonetto, con la relativa metrica, coinvolgiamo in special modo gli insegnanti d’Italiano, e al momento del concorso li invitiamo ad aderire all’iniziativa, magari con una sezione per studenti, e loro sono ben felici di partecipare anche con risultati soddisfacenti. Naturalmente il dialetto di adesso non è più quello di cento anni fa, come tutte le cose, c’è stata un’evoluzione. C’è una bella differenza dal dialetto scritto e parlato al tempo del Belli con quello di Trilussa, poiché a distanza di un centinaio d’anni l’uno dall’altro, con l’evoluzione della lingua tanti vocaboli arcaici non si usano più, ma si possono usare solo se si parla di un tempo passato, magari con un nota sotto. Già Trilussa, scrivendo su giornali di larga diffusione, dovendo farsi capire sia all’estremo sud che al nord, aveva un po’ italianizzata la poesia rispetto al passato. Poi negli anni Settanta s’è riunito un gruppo di poeti di alta cultura, con a capo il presidente del Centro Trilussa, uno fra

i migliori poeti del Novecento, Giorgio Roberti, e con la Nouvel Vague hanno deciso di cambiare ancora una volta i parametri della nuova poesia allargando un po’ i confini e il modo di scrivere, trattando di argomenti più universali, data la globalizzazione mondiale, e anche togliendo alcuni vocaboli desueti che non si usano più. Anche il teatro dialettale ha contribuito con le commedie scritte, appunto in dialetto, a farlo conoscere di più sia in Italia che nel mondo. Un esempio per tutti, per non dilungarmi troppo, è quello del grande Eduardo de Filippo che con le sue commedie ha fatto sì che il Napoletano, anche questo leggermente italianizzato, per i soliti motivi, fosse conosciuto di più in tutto il mondo anche da persone più acculturate. Io non so se a Caposele si fa qualche cosa per far sì che il dialetto parlato dai nostri avi, magari un po’ rimodernato, non vada messo nel dimenticatoio. Conoscere di più aggiunge sempre qualcosa al nostro sapere. Noto con piacere che una pagina della Sorgente è dedicata al dialetto Caposelese; leggendo mi vengono in mente tante parole che a volte faccio fatica a riconoscere e a volte mi faccio anche qualche risata, il che non guasta. Aggiungo una mia poesia scritta sia in dialetto romanesco che in quello Caposelese. Un augurio di Buon Ferragosto a tutti i lettori della Sorgente, a te Nicola un forte abbraccio e un arrivederci a presto a Caposele.

Mario Sis

ta, da Ro

ma

consola, Mattia appena po’, je scappa via, s’abborba quanno ariva in sacrestia, è tristo e poi nun dice ‘na parola. Dentro un libbro, s’un fojo c’è ‘na scritta, “quell’omo brutto me fa tanto male”, er nonno dentr’ar core cià ‘na fitta. “Sto viscido fottuto pederasta, j’ha messo l’occhi addosso e n’approfitta, mo vado co’ sta corda: adesso basta”!!! LU NONNU S’E’ ‘NGAZZATU Marcellu ten nu n-pot, Mattìa, la matina l’accumbagna a la scola, lu pallounu, lu catichismu, lu tiempu “vola”, su issu ngi puoi cundà, ngè garanzìa. Nu pocu r tiempu ‘n guà, nun si cunzola, Mattìa appena pot, s- n-fui “via”, si nzorfa quannu ch’arriva a la sacrastìa, è n-rvusu e nun rici ‘na parola.

ER NONNO FUMANTINO Marcello cià un nipote ch’è Mattia

‘Nda nu fogliu r quadernu ngè ‘na scritta, quir’ommunu bruttu mi faci tantu malu, a lu nonnu nda lu coru li ven ‘na “fitta”.

Da un po’ de tempo in qua, nun se

Stu ricchionu pidofilu e pedrasta l’ha missu l’uocchi ‘nguollu e n’apprufitta, mo vacu cu sta funa, accussì abbasta!!!

e la matina l’accompagna a scola. Er calcio, er catechismo, er tempo vola, su lui ce poi contà, c’è garanzia.

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Storie di emigrazione ITALIANI EMIGRATI IN AUSTRALIA

Cap. X

STORIE DI EMIGRAZIONE SKYPE INTERNET VIDEO TELEFONO UN NUOVO MEZZO DI COMUNICAZIONE DA PROMUOVERE TRA ITALIANI IN ITALIA IN AUSTRALIA E A L’ESTERO IN GENERALE.

L

a comunicazione tra gli italiani emigrati in Australia e in altre nazioni di questo mondo molti anni fa, si é impoverita. Per gli italiani rimasti in Italia, oramai, gli italiani emigrati in Australia sono divenuti ITALIANI ALL’ESTERO. I numero di Italiani oltre i settantanni rimasti in Italia e gli Italiani della stessa etá in Australia si é rimpicciolito. Il passar del tempo li ha decimati e molti sono invecchiati al punto che fanno fatica parlare chiaro per telefono come una volta. Si ha sempre meno da dire sia tra gli italiani rimasti in Italia che tra quelli residenti in Australia e ció che si dice non é sempre bene espresso, o ben capito anche perché la lingua di comunicazione tra quelli in Australia é diventata ITALIESE. Si parla molto in italiese anche con gli autraliani, buona parte dell’italiano anche come lingua regionale, in parte é stata dimenti-

cata, o fu male imparata, quando erano in Italia – Del resto anche la lingua parlata oggi nella strada dagli italiani in Italia si va imbrogliando con parole inglesi, per giunta, mal pronunciate e spesso coniugate secondo la grammatica e la fonetica italiane e, di conseguenza, eccetto per gli italiani anziani, anche in Italia si parla più volentieri ITALIESE, sia per necessitá o molto volentieri per esibizionismo – italiese che é mal compreso, soprattutto dagli stessi italiani che ne fanno uso. In RAI. It TV ho osservato il nuovo metodo di comunicare via Internet Skype Video telefono. Comunicazione che, per nostra buona fortuna, si va sempre più diffodendo tra italiani a l’Estero e tra quelli in Italia in RAI.IT. IL numero di Italiani che scelgono questi modo di comunicare Video telefono, vanno moltiplicandosi e aumentano rapidamente. Questa nuova tecnica si avvantaggia, per fatto che offre possibilitá di vedersi oltre che sentirsi. Essa viene offerta, ripeto, da Skype Video telefono e costa molto meno della comunicazione soltanto via telefono. Per Skype video telefono si comunica gratis con un altro

membro di Skype e per un tempo indefinito. Questo nuovo mezzo di Comunicazione Video Telefono compie, pensandoci su, una specie di miracolo perché favorisce e migliora l’intercomunicazione umana tra vecchi e giovani nella famiglia moderna e tra amici. Rai italia, per esempio, sta avendo un grosso successo, collegandosi via Skype Internet VIDEO TELEFONO con italiani residenti in tutto il mondo. I quali forniscono alla Rai.It molto interesanti storie vissute che, sono seguite con molto interesse da altri spettatori tv in tutto il mondo in cui Rai. It é visibile. Questo metodo di comunicazione per Internet Skype Video Telefono é possibile soltanto se si é muniti computer, opprtunamente attrezzati con audio video e moderni televisori intelligenti o televisori resi inteligenti con appropriati aparecchi elettronici. Sono usati anche Ipocellulari, Ipotablette. Questi apparecchi speciali molto vicini ai (computer ), detti elaboratori elettronici, oggigiorno se ne trovano giá in molte case italiane d’italiani benestanti e sono molto più diffusi nelle nazioni straniere occidentali e in quelle orientali più

SOGNI IN UNA NOTTE D’ESTATE

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ome si sa, sognare, aiuta la mente a rilassarsi e a riposare meglio rendendo il confronto con la realtà meno arduo. Certo i problemi restano in tutta la loro drammaticità senza che si riescano a trovare delle soluzioni che il buon senso e la logica richiederebbero. Ed allora sogno ad occhi aperti un paese più pulito, meno caotico e disordinato con spazi di vivibilità idonei, dove i cittadini abbiano un senso di convivenza democratica che si realizza nel rispetto degli altri, intesi come “persona”. Sogno anche che chi ha responsabilità istituzionali possa adottare scelte a favore della comunità tutta, che si ritorni a dialogare democraticamente e politicamente, cosa che non è più avvenuta all’indomani delle ultime consultazioni elettorali e questa è davvero una cosa senza senso. Sogno una maggiore considera-

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zione dei partiti politici, soprattutto quello presente nel nostro territorio, il PD, che dovunque ha accompagnato l’ultima campagna elettorale dei paesi confinanti vicino a noi e che li ha visti trionfare e far festa anche grazie alla presenza di esponenti regionali davvero importanti; e non si comprende l’assenza dei nostri amministratori, di maggioranza e minoranza, a tutte le loro kermesse. Sogno che si possa vivere la gestione politica della nostra Comunità senza ricorsi alla Magistratura, senza litigi tra componenti, senza esclusione di nessuno, con il coinvolgimento di tutti, sapendo che soltanto il confronto e la ricerca del bene comune possano rappresentare moralmente un vero uomo politico. Sogno persone di buona volontà che sappiano agire nell’interesse delle nuove generazioni, che possano

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di Giuseppe Ceres

evolute tecnicologicamente. Il costo di queste speciali apparecchiature é ancora molto alto, ma tende a scendere rapidamente verso prezzi più convenienti e sempre più accessibili al ceto medio con il portafogli meno gonfio di moneta. Ció signica poter soddifare il desiderio di poter acquistare questi mezzzi di comunicazzioni Internet Video Telefono. Nello stesso tempo andrebbe aumentato presso i negozi di vendita il numero del pesonale tecnico in grado di istallare questi mezzi di comunicazionene e mettere i proprietari di questi stessi mezzi in grado di poterli usare senza alcuna difficoltá che, senza dubbio, viene superata dalla buona volontá e motivato interesse. In questo modo i nipoti che sono più praticamente esperti, possono aiutare e compiacere i nonni a parlare vedendosi con i loro fratelli e sorelle e nipoti e altri parenti e amici all’Estero. È facilmente intuibile che in questo modo si creano nuove sorgenti di lavoro tecnico elettronico, di cui gli stessi giovani in Italia e all’estero possono avvantaggiarsi nel campo impiegatizio.

di Giuseppe Rosania

creare cultura e nuove prospettive di progresso e sviluppo, partendo dalla ridiscussione della Convenzione con l’AQP e da tutte quelle problematiche che il “Cambiamento” prefigurava e che non sono state attuate. Concludo con le parole di uno dei politici italiani più amati del Novecento: “Lavorare tutti, casa per casa, azienda per azienda, strada per strada, dialogando con i cittadini, con la fiducia per le battaglie che abbiamo fatto, per le proposte che presentiamo, per quello che siamo stati insieme …”. Enrico Berlinguer Che queste parole possano apporta-

re grandi motivazioni a quanti abbiano a cuore la “res publica”, che significa letteralmente “cosa del popolo” e designa l’insieme dei possedimenti, dei diritti e degli interessi del popolo. Buon lavoro a tutti.


Punti di vista

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Opinioni

“Tutti pensano a cambiare il mondo, nessuno pensa a cambiare se stesso”

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a gogna era un antico strumento di punizione, utilizzato prettamente durante il Medioevo, che aveva lo scopo di esporre il colpevole al pubblico ludibrio. La cittadinanza aveva una certa libertà d'infierire sul reo, e normalmente lo copriva d'insulti, sputi e percosse. La pena, che otteneva anche lo scopo di rendere note al pubblico le persone giudicate pericolose, fu aspramente criticata da Cesare Beccaria in quanto fortemente lesiva della personalità e fu abolita subito dopo la Rivoluzione francese. Oggi la gogna assume nuove forme, quella mediatica anzitutto, che negli ultimi tempi ha raggiunto anche e soprattutto le piattaforme social. Siamo in un’era in cui tutti parlano senza sapere, giudicano senza i mezzi per poter giudicare e sparano sentenze su ogni questione messa al macello dai mezzi di informazione. Infatti, facebook, twitter e i blog di mezzo mondo, sono diventati fabbriche di opinionisti e moralizzatori da due soldi. Un tempo li chiamavano giustizialisti, i primi a puntare il dito e a nascondere gli scheletri dentro l’armadio, ma anche i giustizialisti combattevano una crociata, quella della giustizia, con una, seppur non condivisibile, sorta di coerenza. Si lavorava sulle carte dei tribunali e fu in ogni caso un’era che segnò

l’inizio della politicizzazione del terzo potere, quello della magistratura, che almeno in Italia ha il fine di cui tutti siamo al corrente. La questione di cui si tratta adesso non riguarda più il tema della giustizia, perché quando la gogna mediatica si muove, non lo fa per senso di giustizia, lo fa per ignoranza, per costume. La "degenerazione culturale mondializzata" ha prodotto sempre meno persone in grado di provare un minimo senso di appartenenza e di rispetto verso il prossimo e sempre più persone ciniche, ignoranti e arroganti, mosse dal relativismo e dall’individualismo imperante della nostra era. Tutti giudicano, nessuno produce! La modernità ha creato un esercito di opinionisti non certificati da esperienza o competenza, per distruggere tutto quello che si cerca di creare, tutte le persone e le comunità che si espongono provando a proporre qualcosa seppur sbagliando. L’uomo o il gruppo che produce va abbattuto, questo vuole il sistema moderno! Chi nella vita ci mette la faccia, deve essere sempre degno di rispetto, sempre! Le categorie umane sono divise in due: chi passa la vita a giudicare gli altri e chi passa la vita a giudicare se stesso. La seconda categoria è fatta di persone che producono e sbagliano, commettono errori, persone spesso incoerenti, ma che ci provano, ogni

Un mio piccolo Saggio

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el mese di marzo del 2016 ho concluso ed editato una piccola pubblicazione sul “Beato” don Nicola De Mita, un ottimo sacerdote di Nusco del Settecento. Ciò cosa e come potrebbe interessare “La Sorgente” e i cittadini di Caposele? Provo qualche risposta. In primo luogo chi scrive è figlio di un cittadino di Caposele e quindi il 50% del mio sangue è caposelese; in secondo luogo vivo a Caposele per motivi di lavoro dal 2010 considerandomi così un poco un poco di Caposele; in terzo luogo la causa principale del piccolo saggio è un politico irpino, l’onorevole Ciriaco De Mita. Pertanto, proseguo raccontando… Il piccolo saggio sulla vita del “Beato” don Nicola De Mita è nato così… Qualche anno fa, trovandomi a Nusco, scoprii esistervi una strada intitolata a tale «Beato Nicola De Mita». Il cognome mi fece pensare subito all’onorevole Ciriaco De Mita e cominciai a cercare notizie riguardo al Beato. Ma né nella Enciclopedia dei Santi Bi-

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bliotheca Sanctorum né in altra fonte trovai alcuna notizia; ricordo che chiesi informazioni al parroco di Nusco, don Dino Tisato, il quale mi rimandò al professore Gennaro Passaro, cittadino nuscano. Poi però, preso da altri impegni, non approfondî la questione. Nel febbraio 2015 mio padre è stato ricoverato per importanti problemi di salute in una struttura socio-sanitaria di Nusco. Questa circostanza ha rimesso in moto la mia curiosità e la mia ricerca, anche data la maggiore vicinanza all’onorevole De Mita; sono andato a salutare il professore Gennaro Passaro, che ho scoperto essere uomo di grande cultura e probabilmente “l’uomo di cultura” di Nusco. Il professore mi ha rivelato esistere una biografia di don Nicola De Mita, autore tale Amato Maria Sant’Agata, pubblicata sul finire del Settecento, e altre preziose informazioni; tra esse il fatto che il Nostro è figlio di un antenato del Presidente De Mita. Ho cercato il saggio del Sant’Agata e ne ho trovata qualche copia presso alcune biblioteche. Per fortuna una bi-

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(Lev.Tolstoj)

giorno con umiltà. La prima categoria passa il tempo a giudicare chi fa parte della seconda categoria. “Tutti pensano a cambiare il mondo, nessuno pensa a cambiare se stesso” scrisse Tolstoj, i più non capendo che cambiando se stessi si cambia il mondo. Ebbene sì...,la modernità ha creato un esercito di opinionisti, spara sentenze, moralizzatori della patria, tutti bravi a giudicare e mai pronti ad essere giudicati. Ma d’altronde, chi fa sbaglia, chi non fa, non sbaglia mai. Dove nasce il confine tra il giudicare una persona in modo obiettivo, ed il violare la sensibilità e la vita personale di qualcuno? Non c'è una linea immaginaria che divide questi due aspetti. Quando si parla di qualcuno, magari conosciuto bene, o addirittura un caro amico, o semplicemente un conoscente, troppe volte ci si spinge ad un giudizio senza conoscenza....questo crea solamente violenza psichica verso l'altro... Quante volte veniamo giudicati e giudichiamo gli altri senza sapere realmente i fatti e senza conoscere realmente le loro posizioni a riguardo, il loro agire, la loro sensibilità e i loro ideali....??? Sempre....!!! Si giudica in base a quello che si crede di sapere dell'altro, facendosi un'idea che molto spesso si ferma alla superficialità del corpo e non scende nel profondo dell'animo.... Questo diventa violenza!!! Diventa vo-

blioteca, quella della Società Napoletana di Storia Patria, si è detta disposta, al prezzo di un ragionevole compenso, a digitalizzare il prezioso testo e ad inviarmi le pagine tramite la posta elettronica. Così è accaduto. Quindi, ho cominciato a studiare il saggio del nuscano Professore di Teologia Antonio Maria Sant’Agata con l’intento di farne una mia pubblicazione. Nel frattempo, chiedendomi come mai un Beato non fosse presente nella autorevole Bibliotheca Sanctorum, ho approfondito la ricerca rivolgendomi prima all’archivio de “L’Osservatore Romano” e poi all’archivio della “Congregazione delle Cause dei Santi”. Ebbene, né nel primo né nel secondo archivio era presente il Beato Nicola De Mita. Eppure una strada di Nusco è intitolata al Beato Nicola De Mita! Successivamente, studiando il saggio del Sant’Agata ho concluso trattarsi di un Beato vox populi vox Dei. In un processo di beatificazione e canonizzazione la Chiesa prende certo in considerazione la vox populi vox Dei, ma la accerta con la verifica accurata

di Gelsom

ina Monte

verde

ler sapere tutto di una persona, quando invece sapere tutte le piccole sfumature, le sensazioni e le emozioni che prova è impossibile!!! Entrare nel cuore di qualcuno non si può fare, ma si deve cercare di fare...e questo lato del giudizio non viene quasi mai preso in considerazione... Troppe volte si soffre nel venire giudicati, è questo che fa male: sapere che qualcuno ha detto qualcosa a tuo riguardo di cui non aveva la piena conoscenza, non lo ritengo un metro di giudizio adatto e soprattutto giusto... e credo che, prima di parlare di qualcuno, bisogna innanzitutto guardare se stessi nel profondo e soprattutto chiedersi se realmente le proprie convinzioni sull'altro siano reali fino in fondo, o siano semplicemente voglia di prevalere, di dimostrarsi superiori anche nel regolare un pensiero altrui, o soprattutto dare alla forma esterna che ci appare davanti, un'importanza che non rispecchia l'effettiva realtà..... Diceva Molière: bisogna fare un lungo esame di coscienza prima di pensare a criticare gli altri. Ebbene sì, siamo dei buoni avvocati con i nostri errori, ma degli ottimi giudici con quelli degli altri.

di Eugenio R

ussomanno

dei fatti; essa da sola non basta per proclamare un Beato o un Santo. Per quanto mi riguarda il Beato don Nicola De Mita è certo un “Beato” tra virgolette, ma è stato sicuramente un grande sacerdote della Nusco del Settecento.


Politica

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n anno fa l’Assemblea degli iscritti giunse a delle conclusioni, in parte sofferte e in parte frutto di una valutazione lucida e cosciente sugli effetti che avrebbero provocato e prodotto. Ci dicemmo che un partito, che aggrega uomini e donne che discutano e dedicano il proprio tempo all’interesse collettivo, non può essere considerato elemento di disturbo e, dunque, isolato e marginalizzato quando esprime opinioni e proposte. Quelle conclusioni, troppo a lungo strumentalmente equivocate, hanno ricollocato il partito in una nuova fase. L’aver detto che saremmo stati altra cosa rispetto ad una amministrazione comunale chiusa ad ogni confronto, più preoccupata a trovare continui equilibri interni, ma tuttavia chiusa a riccio ed incapace di percepire il diffuso malessere tra i cittadini e in larga parte dell’elettorato del Cuore, non ha in alcun modo significato, per il Circolo di Caposele, l’abbandono di una funzione e di una presenza di prospettiva nella nostra comunità. Abbiamo osservato, discusso, approfondito le cose che nel frattempo sono via-via accadute e ci siamo più volte detti che “i valori del Partito Democratico, la visione su come la politica – per noi - deve essere strumento di ascolto, di partecipazione e coinvolgimento sulle scelte strategiche di una comunità” ci obbligano ad essere cosa diversa. La politica è discussione, in cui si registrano anche posizioni diverse, ma che consenta approdi comuni. La politica non è solo discussione da bar, non è solo un post lanciato in rete. La politica è approfondimento, è il tentativo di rendere leggibili le cose complesse. La politica buona è quella che non si accontenta di gestire il quotidiano, ma di allungare lo sguardo in direzione del futuro. E’ avere visione progettuale, inserita in una sfera strategica che dia motivazioni e aggreghi persone e aspettative. Abbiamo espresso, lo scorso anno, anche la nostra idea sulle modalità con le quali la politica deve orientare l’azione amministrativa e non sostituirsene, fino ad eliminare i confini di separazione tra il governo politico e la gestione tecnico-operativa. La nostra idea continua ad essere la stessa: chi è investito del mandato popolare deve programmare, fare scelte politiche, produrre atti, verificarne i risultati. Alle strutture tecniche deve essere assegnata la responsabilità di attuazione di quelle scelte. A Caposele questo confine non è stato mai delineato. Solo le vicende giudiziarie hanno determinato (con le scelte ultime operate dal Sindaco) il superamento di questa anomalia nel modo di concepire l’amministrazione della cosa pubblica. Non per convinzione ma per oggettiva costrizione, il Sindaco ha, di fatto, dato ragione alla nostra posizione. Occorre ancora capire se questa scelta sarà foriera di un cambio di atteggiamento complessivo o, appunto, solo lo sforzo di giungere – in ogni modo - alla conclusione del mandato amministrativo. I due anni che restano non potranno colmare i ritardi e gli errori politici. Ma può essere un tempo utile per concentrare l’attenzione sugli aspetti del programma elettorale del 2013: turismo, ambiente, vivibilità e decoro urbano, comunicazione e trasparenza degli atti amministrativi, protagonismo nella dimensione sovra comunale … Ma non dobbiamo essere interessati, in questa sede, ad illustrare, ancora una volta passivamente, l’elenco delle mancanze amministrative a cui abbiamo assistito… ..e la nostra missione da qui in avanti, sarà quella di costruire argini robusti e contenitori d’acciaio in cui far confluire le nostre idee; non solo per non disperderle, ma soprattutto per alimentare il nostro percorso comune. … Non vogliamo mai più, dover assistere a frasi

CAPOSELE del tipo “ma io non lo sapevo”! Non si poteva non sapere che intorno alle Saure sarebbe nato un edificio di quelle proporzioni… …Il nostro obiettivo da qui in avanti non vuole essere quello di muovere critiche, seppur costruttive, ma deve essere quello di coinvolgere i concittadini e a portare la politica casa per casa, per richiamare quanti finora non hanno mostrato nessun interesse per la cosa pubblica. ... E’ arrivato il momento per Caposele, di compattarsi sotto un’unica voce, e costruire il senso di appartenenza ad una comunità che non riscopre solo in campagna elettorale, e che non si lascia confluire solo in consensi personali... Le uniche tabelle a cui vorremmo guardare da domani, non possono essere quelle delle statistiche sulle spese legali sostenute dal comune, ma quelle della crescita e dell’occupazione. Quelle dei nuovi residenti, delle nuove aziende che si aprono e delle nuove strade che si costruiscono. Sta cambiando la geografia delle zone interne, ma non abbiamo ancora definito una rotta su cui disegnare le coordinate di riferimento. Non abbiamo bisogno di grandi manovre, ma solo di mettere a sistema un potenziale enorme pronto a moltiplicarsi: dall’agricoltura al turismo, al commercio. Senza contare le sorgenti, che da sole valgono più della piattaforma di Tempa Rossa in Basilicata. Basta guardare alla cartina geografica per avere un’idea chiara delle nostre potenzialità: Caposele, con Senerchia e Calabritto rappresentano la cerniera fra l’Irpinia e il salernitano, e dispongono di un asse di collegamento in grado di consentirci di raggiungere in 20 minuti l’autostrada Sa-RC, … vicino all’aeroporto di Pontecagnano, al porto e alla stazione ferroviaria di Salerno. Sul fronte interno, invece, guardiamo al completamento della Lioni-Grotta, … Noi siamo la porta d’accesso della Campania interna... La nuova politica regionale annunciata dal Governatore De Luca si fonda su un’attenzione diversa e particolare per l’entroterra: “la vera risorsa su cui investire non sono più le zone costiere, ma l’interno”. A livello nazionale dobbiamo invece confrontarci per l’adozione delle riforme del Governo Renzi, che altro non fanno che adeguare il sistema amministrativo italiano alle condizioni imposte dall’Unione Europea. Parliamo ad esempio di nuova organizzazione dei servizi al cittadino,... Le Unioni dei Comuni, così come sono state definite dal Ministro Delrio, sono niente altro che l’aggregazione di piccoli comuni che si mettono insieme per gestire i servizi in maniera centralizzata, e partecipare ai bandi europei per ottenere risorse. Le comunità dei piccoli centri come il nostro si trovano a dover affrontare una delle sfide più difficili e più affascinanti degli ultimi anni. … Per creare sviluppo non ci si può rinchiudere ognuno nel proprio campanile, in un mondo che diventa sempre più piccolo ed interconnesso non si può immaginare di continuare ad amministrare i territori con una visione ristretta... Nasce l’esigenza di iniziare a ragionare in maniera diversa, di cominciare a valicare i confini comunali per dare avvio ad un percorso che possa creare le sinergie giuste e le reti adatte per trasformare le potenzialità dei nostri territori in vere e proprie leve dello sviluppo. E’ questo proprio perché siamo il Partito Democratico, con la nostra rete di amministratori, siamo i più titolati a farlo. Mettendo in rete i comuni, iniziando a pensare ad una vera e propria fusione fra questi enti ormai in affanno, si potrebbe iniziare davvero a fare dell’am-

Sintesi della relazione approvata dall’Assemblea degli iscritti del PD Caposele maggio 2016 Armando Sturchio segretario della sezione locale del PD ministrazione pubblica un soggetto attivo nel processo di sviluppo, capace di utilizzare i fondi messi a disposizione dell’Europa... L’esempio del Progetto Pilota avrebbe dovuto aprire la strada ad una condivisione vera tra le varie comunità dell’Alta Irpina, purtroppo la classe dirigente ha dimostrato di essere troppo concentrata sul consenso per fare scelte difficili che però oggi risultano l’unica possibilità per rimettere al centro i nostri territori,…. Quindi non basta adeguarsi alla legge e aggregare un paio di servizi o dividersi la segretaria comunale per mettersi a riparo da sanzioni o richiami- come sta facendo oggi Caposele. La vera novità è saper guardare oltre, con lenti più spesse, non solo ai vicini confini di Calabritto e Senerchia. … … Siamo stati eccessivamente offuscati dalle trattative con l’Acquedotto Pugliese per il trasferimento della nostra acqua, e ci siamo dimenticati di sederci ai tavoli di contrattazione con Avellino e Salerno, …E’ arrivato il momento di mettere nero su bianco idee e progetti realizzabili per spazzare ruggine e ragnatele e dare un senso alla nostra partecipazione. Siamo un naturale incubatore dell’industria del turismo, e a differenza del resto della provincia, abbiamo attività ricettive in grado di fare turismo di massa. Fuori da queste mura gli operatori continuano a ripetere che abbiamo tutto ma non posti letto per consentire, a chi arriva da fuori, di restare a dormire da noi. Appena una settimana fa il governatore De Luca ha inaugurato l’albergo diffuso di Quaglietta, … ha definito quel taglio del nastro come il completamento di un circuito turistico già disposto dalla Valle del Sele, con la guida affidata a Materdomini con il santuario di San Gerardo Majella. A seguire, si elenca Villa D’Ayala a Valva, il ponte tibetano a Laviano e l’oasi del Wwf di Senerchia. Tutti siti disposti lungo il tracciato del fiume Sele, l’imponente bacino acquifero che giace in profondità. Fuori da questo paese, si dice che l’Irpinia non è ancora pronta per partecipare ai saloni del gusto internazionali perché non ha ancora costruito un marchio di tipicità. Noi di produzioni tipiche, riconosciute da certificazioni ministeriali ne abbiamo tre: la matasse, gli amaretti e il muffletto, riconosciuti come Pat (prodotto agroalimentare tradizionale). Un riconoscimento che può e deve diventare centrale rispetto all’intera provincia. C’è bisogno che Caposele faccia scuola e rivendichi un ruolo di capofila. Il Santuario di San Gerardo è il secondo sito religioso più visitato della provincia: facciamo in modo che Materdomini si sviluppi quanto Pietrelcina nel beneventano, e che abbia un effetto domino su tutti i comuni altirpini. Il piano turistico comunale è stata un’intuizione brillante: trasferiamolo ai tavoli sovracomunali, diventiamo indispensabili e guidiamo i processi. Il Ministro Franceschini ha illustrato un piano per la mobilità dolce, ovvero un sistema di trasporti innovativo capace di innescare turismo, soprattutto nelle zone interne e periferiche, per consentire di accendere giuste luci su quel museo a cielo aperto e su quei tesori che ancora restano nascosti.

…soprattutto grazie all’intuizione dell’Acquedotto Pugliese, che ha presentato un progetto per la costruzione di una ciclovia.,. …il finanziamento di 50milioni di euro concesso dal Ministro Graziano Delrio al progetto presentato dall’AQP per la costruzione della ciclovia dell’acqua, sarà direttamente collegato ai comuni delle sorgenti altirpine. Inizialmente il percorso aveva origini a Caposele fino ad arrivare a Santa Maria di Leuca, ma il Comune di Cassano Irpino è riuscito in extremis a modificare il tracciato e a inserirsi nel progetto. … … Significa avere la forza e la compattezza di richiamare i vertici dell’Acquedotto e farli arrivare a Caposele per contrattare, magari seduti ad un tavolo di un ristorante di Materdomini a mangiare matasse e bere aglianico... Il nostro obiettivo, sia chiaro, non deve essere quello di mostrare i muscoli, ma di recuperare un peso politico ai tavoli decisionali, ed impedire che altri scelgano per noi o si approprino delle nostre risorse. Veniamo all’acqua. So bene che si tratta dell’argomento più spinoso da affrontare, ma rispetto alla data della firma della convenzione, abbiamo avuto modo di ripensare agli errori commessi e agli aspetti da correggere. Possiamo ancora farlo: basta avere le idee chiare e scegliere insieme la necessaria medicina da prescrivere, anche se sarà amara… …Non vi elencherò nuovamente le clausole inserite nella convenzione con la Puglia (a cui magari dedicheremo un appuntamento specifico), ma chiedo di lavorare insieme per una proposta migliorativa di quell’accordo, prima che sia troppo tardi e che ci saranno conseguenze gravi per le casse comunali. C’è bisogno di muoversi per gradi: …Vorrei segnalarvi che la Puglia paga alla Basilicata 17 milioni di euro l’anno per il prelievo d’acqua dal Pertusillo. In secondo luogo, sarà nostro impegno voler monitorare seriamente la rete, sia per cercare le perdite lungo il tragitto, sia per far emergere le istallazioni abusive sulle nostre sorgenti, utilizzate in particolare dagli agricoltori, e soprattutto dai paesi limitrofi. La definizione della tariffa ha dell’assurdo, e merita una correzione ad effetto immediato: Caposele non può pagare lo stesso importo di Santa Maria di Leuca e l’AQP non può ignorare la disposizione della Regione Campania che attribuisce tariffe speciali ai comuni depositari

Francesco Ceres componente giovane del Circolo locale continua a pag. 42

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Politica segue da pag 41 di sorgenti. Poi c’è la questione dei contatori, altro aspetto discutibile, che necessita di essere rivisto, con il consenso, la partecipazione e la condivisione di tutti. I finanziamenti europei della nuova programmazione stanno per essere erogati. Per Caposele ci grandi possibilità che dobbiamo essere pronti a cogliere. Il PSR è il Piano di Sviluppo Rurale che finanzia le aree interne. Da uno studio effettuato sul 2014-2020, per il quale a breve usciranno i bandi, abbiamo estrapolato le misure che più hanno rilievo per il nostro contesto e che, con una azione mirata, possono essere occasione di vero sviluppo per Caposele. La misura sulla quale noi, come comunità, possiamo e dobbiamo agire, è il GAL - GRUPPO DI AZIONE LOCALE. Il GAL è un associazione tra soggetti pubblici e privati che, come per ogni programmazione, deve essere ricostituito,... Fino ad oggi, Caposele non ha avuto un vero ritorno dalla sua partecipazione al GAL. Il GAL deve essere costruito con il contributo dei Comuni che hanno da offrire come tipicità di territorio, come prodotti, come luoghi turistici, ma anche di chi ha più capacità di pianificazione. … Questo è il momento di essere protagonisti e per farlo dobbiamo essere soggetto attivo nel coinvolgere i privati e le associazioni che rappresentano il territorio e Caposele a partecipare al GAL. …, anzi, guidare il GAL nelle scelte che poi dovranno dare il ritorno su territorio….: dobbiamo essere capaci di occupare il ruolo che ci spetta.

Il Comune di Caposele potrà aderire a varie misure del nuovo PSR, ma alcune sono, strategicamente parlando, OBBLIGATORIE. In particolare, la Misura 7.6 che prevede la riqualificazione del patrimonio culturale rurale attraverso il recupero dei borghi rurali. Il Comune di Caposele deve partecipare a questo bando e ottenere il finanziamento altrimenti i privati non potranno partecipare ai bandi per la realizzazione di agriturismi, B&B, etc. Un esempio di intervento per questo bando è la riqualificazione della zona delle cantine, recuperando le aree antistanti, la via, le facciate, per meglio valorizzare il patrimonio architettonico, storico, artistico e culturale dell’area. Il Comune con questo bando, previo accordo con i proprietari, può anche aggiustare le facciate delle cantine private. Quindi, Caposele, partecipando a questa misura, da una parte andrebbe a riqualificare paesaggisticamente un’area per avere principalmente un ritorno turistico, dall’altra da’ ai cittadini che volessero avviare un’attività come un agriturismo, la possibilità di poter accedere ai finanziamenti. Questo è solo un esempio delle possibilità che ha il comune di Caposele con la nuova programmazione. Vi sintetizzo alcuni interventi che potrebbero essere realizzati: - realizzazione o ripristino di strade in aree agricole oppure in zone forestali:... - riqualificazione ambientale e paesaggistica della viabilità pubblica già esistente con opere a verde accessorie e realizzazione di

impianti di illuminazione pubblica a risparmio energetico. - la ristrutturazione e/o ampliamento dei edifici per erogazione dei servizi assistenziali, sociosanitari e socio-culturali: qualcuno un tempo parlava di “casa della musica” io aggiungerei una “casa di riposo per anziani” per la quale ci sarà sempre più bisogno nei prossimi anni. - ..:, realizzare sentieristica in montagna, aree pic-nic, percorsi didattico-educativi, piste ciclabili, ippovie, l’area bosco, la mauta, il parco fluviale,... … Lasciamo a casa o davanti a un bar chi vuole solo commentare senza però sporcarsi le mani. E’ arrivato il momento che le persone volenterose e ricche di idee e buoni propositi si facciano avanti, per aprire un giusto dialogo e per costruire insieme l’interesse generale del paese. Non possiamo continuare a guardare al passato e proporre le solite stucchevoli analisi su quello che si poteva o non poteva fare. … Quello di oggi è solo il primo di una lunga serie di appuntamenti, e da qui cambia la storia del circolo del Pd di Caposele, che è e vuole essere altro rispetto a chi in questo momento amministra ed è concentrato a concludere il mandato elettorale. Il nostro compito, invece, da questo momento, è più delicato e duro poiché andremo a selezionare e formare una classe dirigente che abbia nel suo DNA concettuale caratteristiche profonde che potremmo riassumere con i termini di: impegno, programmazione, idee, studio, condivisione, democrazia, trasparenza,

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La nostra amministrazione, a fine mandato, sarà in grado di farci vivere questa stagione straordinaria? E’ questa la nostra unica preoccupazione. Come si colloca oggi Caposele sulle molteplici piattaforme dello sviluppo? E’ questa la domanda che poniamo agli amministratori, senza volerci minimamente interessare di eventuali deleghe da spartire. Il vice sindaco dichiara ai giornali che “ci sono i numeri per andare avanti”. Bene. Ma è bene ricordare che la squadra ha perso i due assessori che rappresentavano i pilastri su cui si è fondata la campagna

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elettorale che ha stravinto alle scorse elezioni; ha rinunciato ad ogni forma di collaborazione con il PD che da un anno non è più rappresentato in consiglio né tantomeno in giunta dal vice sindaco; ed ha subito la rinuncia alla surroga, per motivi politici, da parte della prima dei non eletti. Apprendiamo che anche a Roma si parla di Caposele. Congiuntamente all’apertura di una nuova stagione per le ferrovie turistiche, a proposito di ciclovie e piste ciclabili, e la Confederazione per la Mobilità Dolce valuta con interesse il connubio fra l’Avellino Rocchetta Sant’Antonio e la ciclovia annunciata dall’Acquedotto Pugliese, che dovrà collegare Caposele a Santa Maria di Leuca. Altrove si parla di noi con progetti innovativi pronti ad incrociarsi con i treni del paesaggio e del turismo dolce. La tematica, che sta suscitando notevole interesse tra gli addetti ai lavori, sarà affrontata anche in occasione del secondo meeting degli Stati Generali del Turismo, convocati dal Ministro Franceschini a Pietrarsa dal 7 al 9 aprile. Per legarci al turismo. L’inserimento del Santuario di San Gerardo Maiella nell’itinerario turistico dei siti di interesse religioso disegnato dal preliminare di strategia del Progetto Pilota è senza dubbio meritevole, mentre l’elenco dei prodotti tipici riconosciuti con marchi di qualità e tipicità restano lettera morta. Amaretti, matasse e muffletto (prodotti DOP) potrebbero fare scuola ed esportare un metodo.

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Gelsomino Grasso Presidente del Circolo locale

CAPOSELE

Che stagione si apre?

a Regione ha da poco presentato il POR Campania FESR 2014-2020 (Programma del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale), che mette in campo oltre 4 miliardi e 100 milioni di euro da investire in infrastrutture a supporto dell’innovazione, a tutela dell’ambiente, per migliorare il sistema dei trasporti, promuovere il patrimonio culturale e potenziare l’offerta turistica della Campania. Il Presidente De Luca, infatti, nel presentare il POR dichiara: “Si apre una stagione straordinaria per la Campania. Ora o mai più!” , Siamo, quindi, agli albori di questa grande rivoluzione politica ed economica, Caposele necessita di giocare al meglio la sua personalissima partita. Nulla a che vedere con lo storico braccio di ferro con l’Acquedotto Pugliese e gli scippi palesati a danno dei caposelesi negli ultimi anni: si apre un nuovo stadio e prima del fischio d’inizio i giocatori scelgono ruoli e prospettive.

comunicazione, pacificazione e rispetto sociale. Basta correre dietro alla estemporaneità delle tematiche, basta personalismo nella politica e, soprattutto basta a chi è condizionato da rancori personali che vengono dal passato, perché NOI il futuro non lo costruiamo con queste basi fragili e malate. Da oggi, il nostro compito è quello di dissodare il terreno e costruire la strada insieme a chiunque abbia la nostra stessa volontà e limpidezza: non importa che questa strada sia di ferro o d’asfalto, perché sappiamo che di certo, questa strada, ci porterà lontano.

L’intera provincia dibatte sulla costruzione di un brand commerciale irpino, ma Caposele si sottrae, e glissa sulla capacità già acquisita di guidare un processo e costruirsi un ruolo di primo piano. Immaginarci al governo di organismi intermedi quali l’Unione dei Comuni e la Città dell’Alta Irpinia (dove nel medio periodo ci saranno le uniche vere opportunità per imprenditori svegli ed informati) significa avere la capacità di amministrare la “Comunità” e non parte di essa. Le vicende degli ultimi anni, invece, divisive dal punto di vista sociale, hanno negato e, tutt’ora, ci privano di una programmazione su aspetti vitali. Discussioni mai avviate anche dal punto di vista della sola informazione e della “conoscenza” sulle quali imprenditori, associazioni, giovani, hanno, invece, il diritto di accedere per utilizzare al meglio le nuove opportunità offerte dal nuovo riparto. Caposele ha i titoli per farlo e deve spingere con forza in direzione dell’Unione dei Comuni, ma come si presenta ? Quali sono le risorse e le infrastrutture che metteremo a disposizione della Città dell’Alta Irpinia? Quali sono i servizi (i trasporti - considerati anche dal punto di vista turistico-religioso, la sanità, e la scuola) su cui, nella riorganizzazione territoriale, abbiamo una necessità impellente? Non capire questo, in un arco di tempo ristrettissimo, significa perdere questa grande (e sicuramente l’ultima ) occasione della Programmazione 2014-2020.

Poi c’è il tema dell’Acqua. I botta e risposta a suon di Tweet a cui è stato costretto il circolo del PD come se fosse interlocutore istituzionale e unico titolato a replicare alle fantasiose affermazioni della deputazione 5 Stelle testimoniano un difetto di rappresentanza. Ma quello che ci appassiona non è la decisione del PD nazionale, che ha deciso che l'affidamento dell'acqua deve avvenire "in via prioritaria" a società interamente pubbliche, (i grillini e altri confondono la gestione con la risorsa idrica, fino ad alludere alla privatizzazione dell’acqua), bensì è il ruolo di Caposele al tavolo dell’Ente Idrico Campano, alle clausole (se esistono) sulla gestione, e quale risarcimento la Regione Campania intende riconoscere ai comuni in cui insistono le sorgenti. Sappiamo che è stato siglato un protocollo d’intesa fra i comuni- siti di sorgenti, ma non siamo a conoscenza del percorso, né se sia stato raggiunto qualche risultato. Per questo e per tanto altro noi vorremmo che oltre ai “numeri per andare avanti”, citati dal vice sindaco, - che, ricordiamo, ricopre quel ruolo grazie al patto politico sottoscritto prima del voto fra Sindaco e Partito Democratico -, ci fossero anche le rassicurazioni sulle competenze e sulla volontà per fare meglio rispetto a quello che abbiamo assistito negli ultimi anni; che la politica, rispetto al personalismo, prenda il sopravvento e si avvii nel percorso della partecipazione e della condivisione, che finora è mancata. Altrimenti, di straordinaria sarà solo la stagione del “tira a campare”.


Volontariato

UNA PIGOTTA PER L’UNICEF

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el 2015 tra le tante attività che abbiamo svolto al centro ce n’è una che a noi ragazzi, di cui ne siamo orgogliosi, è quella della costruzione della pigotta per dare un contributo economico in favore dell’ Unicef (organizzazione internazionale per l’infanzia). E' un’organizzazione che si occupa dei bambini di tutto il mondo e aiuta a far rispettare i diritti e doveri, riconosciuta dall’ONU e da tutti i governi e le autorità politiche internazionali. Una delle attività principali di questa organizzazione è quella di costruire una pigotta di cui il ricavato economico andrà all’Unicef, io non sono in grado di dire in che modo e dove vengono costruite le bambole e in che modo l’Unicef riceve questo contributo economico che deriva dalla vendita di queste bambole, ma posso parlare e raccontavi la nostra attività di costruzione, distribuzione con il nostro contributo e promosso dal centro socio - educativo di Caposele. La pigotta in dialetto lombardo è la tradizionale bambola di pezza che può salvare la vita di un bambino, che viene realizzata a mano con fantasia e creatività uniche ed irripetibili. Viene costruita con la stoffa di raso rossa, bianca, celeste e rosa, maglina fatta a mano, la lana gialla o nera e la passamaneria dorata imbottite con l’ovatta bianca poi viene cucita con ago e filo, le trecce fatte con il filo di lana e due ragazzi per volta uno manteneva il filo e l’altro faceva le trecce. Con un’offerta minima di 20 euro, infatti puoi adottare una bambola, e aiutare l’UNICEF per comprare materiale e viveri essenziali per salvare i bambini del terzo mondo, questa iniziativa è nata nel 1988 e da allora ha avuto un crescendo successo con la raccolta di 17 milioni di euro, hanno permesso all’UNICEF di salvare più di 800.000 bambini nel mondo. Abbiamo iniziato questa attività nel mese di gennaio del 2015, la nostra operatrice Elisa ci ha detto che noi abbiamo aderito all’iniziativa dell’Unicef con il nostro contributo e così abbiamo iniziato a costruire le bambole con l’aiuto di tre donne fantastiche: Iolanda, Francesca, Dina e con i ragazzi del servizio civile della Pubblica Assistenza. Ad ognuno di noi viene assegnato un lavoro da Elisa cioè noi ragazzi ci occupiamo di fare le trecce per i capelli, le tre donne quelle di cucire il volto e dell’imbottitura con l’aiuto dei volontari poi durante il pomerig-

gio ci scambiamo i compiti a seconda della necessità. Per noi è un vero lavoro di squadra tutti insieme con lo scopo preciso quello di costruire le bambole una più bella dell’altra. Ogni mese la sede dell’Unicef di Avellino ci mette a nostra disposizione un quantità di stoffe di vari colori e noi ragazzi insieme alla nostra operatrice decidiamo quale colore prendere per poi iniziare di lavorarci sopra e noi insieme ai volontari formiamo un gruppo composto da due oppure tre persone per eseguire compiti diversi tra di loro, io e Lorenzo ci occupiamo di fare le trecce per i capelli con il filo di lana così proseguiamo ad intrecciare i fili di lana e poi nel gruppo di Francesca e Iolanda insieme alle volontarie cuciono le maglie con veri colori, poi c’è un altro gruppo che si occupa di riempire le bambole con l’ovatta bianca tipo quella farmaceutica e poi c’è Elisa che si occupa di tutto essendo il punto di riferimento per noi ;ci aiuta in caso di bisogno e ci dà indicazioni su cosa dobbiamo fare. Poi durante la settimana io, Lorenzo, Emilio e Gerardo ci diamo molto da fare per costruire le bambole ci mettiamo a riempire anche noi la stoffa insieme agli altri e ci alterniamo a vicenda a secondo delle esigenze della giornata fino a quando non abbiamo raggiunto l’obbiettivo prefissato. Poi dopo aver finito di riempire gli altri vestono e cuciono gli occhi, la bocca e il naso questo compito lo fanno soltanto quelle persone che sanno cucire con ago e filo, mentre il resto del gruppo insieme a Elisa ci mettiamo a scrivere la carta d’identità della singola bambola con nome, colore e la data della costruzione sopra una cartolina e cosi si può considerare finito il lavoro della singola pigotta e la conserviamo in attesa di essere distribuita nelle scuole. Da gennaio di quest’anno a questa attività si sono aggiunti i ragazzi della scuola elementare di Teora che insieme alle loro insegnanti hanno contribuito a realizzare le bambole in questi mesi. Io insieme a miei amici ragazzi con l’aiuto delle loro mamme e della nostra operatrice sociale ci siamo molto divertiti a costruire le bambole con ragazzi, abbiamo continuato questa attività fino allo scorso mese di giugno in attesa di riprenderci a settembre prossimo quando riapriranno le scuole con la speranza che a questa attività si possano aggiungere nuove scuole di altri paesi, Caposele compreso. Poi si decide un giorno per anda-

di Giuseppe Casale re a distribuire nelle scuole dei paesi dell’Irpinia dove la manifestazione viene chiama con il titolo ADOTTIAMO UNA PIGOTTA PER L’UNICEF SALVIAMO I BAMBINI NEL MONDO. Noi veniamo accolti con grande partecipazione e di solidarietà da parte degli alunni, insegnanti e i presidi delle scuole di ciascuno paese con canti, balli e recite scolastiche e durante la mattinata, ogni bambino della singola classe leggerà una poesia oppure un manoscritto e poi noi gli consegniamo una bambola. Successivamente arriva un altro ragazzo o ragazza che leggerà il suo scritto e poi gli consegniamo una bambola e cosi via fino a quando non si esibiscono tutti i rappresentanti delle classi della scuola. Poi ci sono i consueti discorsi delle autorità scolastiche e istituzionali e nel frattempo ci consegnano una busta con l’offerta economica da trasmettere alla sede dell’UNICEF di Avellino. In questo modo finisce la manifestazione, ma prima di andare via organizzano un buffet. Per finire torniamo a casa verso per il pomeriggio. Dopo qualche giorno torniamo al nostro "centro"; le pigotte che sono rimaste le conserviamo e continuiamo a fare le altre sempre per lo stesso intento delle settimane precedenti, dopo però, averci comunicato in quale nuovo paese dobbiamo andare a distribuirle. Nel mese di dicembre del 2015 abbiamo ricevuto un attestato di rin-

graziamento da parte del responsabile della sede UNICEF di Avellino e ci ha incoraggiato ad andare avanti in questa strada e realizzarne altre e distribuirle in nuove paesi o scuole dell’Irpinia e noi ragazzi insieme alle nostre nonne e Elisa con i volontari della pubblica assistenza siamo ben felici di continuare questa attività. Lo facciamo per dare una mano all’UNICEF e salvare migliaia d bambini del terzo mondo che soffrono per la guerra, le malattie, mancanza di cibo e di vestiti e lo facciamo anche per noi stessi che ci sentiamo partecipi per questa causa e ci rendiamo utili per qualcosa più grande di noi facendo ognuno la nostra parte con gioia e spirito di partecipazione. VIVA LE PIGOTTE DELL’UNICEF!!

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Giovani

IL FORUM REGIONALE DELLA GIOVENTU’

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ari lettori, in questo numero de “La Sorgente” mi soffermerò, su richiesta espressa dell’ encomiabile direttore del periodico, sull’esperienza personale di Presidente di un organismo della Regione Campania: “IL FORUM REGIONALE DELLA GIOVENTU’.” Per offrirvi un’analisi completa del tutto bisogna partire dal rispondere a tre domande. “Che cosa sono i forum dei giovani?” La Regione Campania è l’unica regione italiana ad avere un modello di rappresentanza diretta del mondo giovanile, nelle rispettive comunità, attraverso il forum dei giovani comunale. Il Forum nella maggior parte dei casi (lasciato alla libera autonomia statutaria) è un organismo di partecipazione a carattere elettivo, che si propone di avvicinare i giovani alle Istituzioni e le Istituzioni al mondo dei giovani. La partecipazione ha un rilievo particolare, in quanto intesa ad assicurare la consultazione dei giovani e promuovere la loro partecipazione alle decisioni che li riguardano, avendo dunque il compito di promuovere iniziative e progetti, monitorare i disagi esistenti, raccogliere le esigenze e le richieste della popolazione giovanile locale, raffrontarli con le esperienze e le iniziative degli altri forum comunali, nonché realizzare occasioni lavorative (qualora fosse possibile) e di svago in cui i giovani sono i protagonisti attivi poiché ideatori ed esecutori di tali momenti, nonché destinatari privilegiati delle azioni. Il Forum costituisce, quindi, un importante e valido strumento nelle mani dei giovani per inoltrare richieste alle amministrazioni (locali, provinciali e regionali), per abbattere quel muro di apatia e disinteresse verso la vita pubblica che caratterizza le nuove generazioni, per rendere il giovane costruttore attivo della propria comunità e del proprio futuro. Il Forum locale, prima del riordino delle province, partecipava ad un coordinamento dei Forum a carattere provinciale, luogo di discussione e di confronto tra i territori, dove far rete e sviluppare azioni ed interventi comuni. Ed infine, l’organismo di maggior importanza istituzionale nelle politiche giovanili, il Forum Regionale della Gioventù. Un organismo autonomo, la cui partecipazione è a titolo gratuito, istituito

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dalla Regione Campania con sede presso la Presidenza del Consiglio Regionale che ha il compito di rappresentare gli interessi e le aspirazioni dei giovani; di favorire la loro presa in carico da parte delle istituzioni, attraverso la loro partecipazione attiva alla vita sociale e politica e di essere veicolo per la diffusione di stimoli provenienti dall'azione dei Forum Comunali e Provinciali. Il Forum attualmente è composto da: a) 1 rappresentante per ciascuna forza giovanile regionale; b) 1 rappresentante per ciascuna Associazione iscritta presso l'Albo regionale. Ha un capitolo di spesa di 50mila euro l’anno. Dopo aver dato una descrizione generale degli organismi e delle relative articolazioni passiamo alla seconda domanda, quella che poi sostanzialmente più interessa al lettore locale: “Come mai un ragazzo di Caposele, è diventato il Presidente del Forum Regionale?” La mia avventura nei Forum parte di fatto (non avendo ancora l’età giusta) nel 2010 quando, grazie ad ottimi delegati locali che poi sarebbero diventati amici, venni a conoscenza di questo strumento di partecipazione alla vita pubblica. Io subito l’accolsi con entusiasmo, considerandolo una sorta di Consiglio comunale giovani, dove progettare e sopperire le mancanze del vero Consiglio comunale. Dopo una mia prima partecipazione di fatto, nel 2011 finalmente ne prendo parte attivamente ricevendo la delega al coordinamento provinciale dei Forum della provincia di Avellino. Esperienza fantastica nella quale conosco tanti ragazzi che hanno le mie stesse esigenze e le mie stesse speranze. Successivamente vengono eletto coordinatore del Forum di Caposele, nel 2012 appena compiuto 18 anni. Con un gruppo di giovanissimi compa-

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di Giusep

pe Caruso

gni iniziamo a sviluppare una serie di attività e otteniamo anche un finanziamento tramite un progetto provinciale. È un anno importante anche perché otteniamo la modifica del regolamento comunale adeguandolo alle esigenze temporali e superiamo, nonostante visioni diverse, la delicata fase elettorale. Approvato il regolamento mi faccio da parte per fare spazio ad altri ragazzi che abbiano una visione nuova e modus operandi diverso dal mio. Nel frattempo intraprendo la lotta contro i mulini a vento per far riattivare il coordinamento provinciale dopo il riordino delle province. Durante questa lotta vengo nominato al Forum regionale dai “Giovani Federalisti Europei” iniziando una battaglia di rinnovamento con un piccolo gruppo di delegati. Nel corso dell’anno le elezioni regionali ci danno una spinta maggiore nei numeri, acquisendo nuove deleghe oltre ad un nostro capillare lavoro di gruppo. Decido di candidarmi alle elezioni del 26 febbraio, ricevo il sostegno di un gruppo di 30 delegati (inquadrabili politicamente nel centro sinistra) con l’astensione di altri 15 delegati (inquadrabili politicamente nel centro destra). Appena eletto trovo subito un’ottima collaborazione nella conterranea Presidente del Consiglio on. Rosetta D’Amelio. Adesso stiamo sviluppando un piano ambizioso a livello regionale e provinciale. In particolare nella nostra provincia oltre alla Festa della Musica, abbiamo finanziato

un evento in collaborazione con la Uisp per i giovani disabili e gli immigrati, cercando di valorizzare al massimo le politiche di inclusione sociale. E in ultimo abbiamo avviato una campagna di promozione dei prodotti tipici locali in collaborazione con Slow Food e i Gal della nostra provincia. Ultima domanda: “Quali sono le prospettive future delle politiche giovanili campane?” L’obiettivo primario è quello di migliore il sistema dei forum attraverso una partecipazione articolata in più livelli. Il forum locale partecipa a quello provinciale, con i rispettivi delegati, che a suo volta partecipa in quello regionale. Inoltre, stiamo avviando diverse azioni

per incentivare forme di finanziamento per i giovani in vari ambiti. Io c’è la sto mettendo tutta, avendo avuto la fortuna di trovare un governo favorevole, non ci resta che ottenere straordinari risultati. Noi giovani abbiamo un obbligo morale, quello di impegnarci per creare un futuro migliore. Caposele, la regione Campania, l’Italia, l’Europa sarà quel che saremo noi. Buone cose a tutti.


Giovani

CRITICI MA PROPOSITIVI

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ritici ma propositivi, mi scuso in anticipo se ripeterò troppe volte queste due parole nelle righe che accompagneranno la vostra lettura, ma serviranno a raccontare due modi di esser, di pensar e di contribuire all’interno di una collettività: da un lato il solo critico, dall’altro, in posizione tanto antitetica quanto dicotomica, il critico ma propositivo. Nel nostro piccolo paese non manca né una né l’altra faccia della medaglia, e, in effetti, se non ci fosse l’una, l’altra non avrebbe senso di esistere. Eh già, perché bisogna, certamente, esser critici, e in questi anni a Caposele abbiamo dimostrato di esser bravi nell’interpretare tale parte, ma non basta, o meglio forse neanche serve a molto, se non si è propositivi. E, quindi, continuiamo a esprimere la nostra opinione con forza e tenacia, purché si sia anche propositivi. Propositivi nel fare, nell’osservare e nel prendersi cura del nostro territorio. Che si sia propositivi nel fare, che non manchi la volontà e l’impegno per contribuire a una giusta causa. Le tante associazioni, che sono ormai la vita di Caposele, ne sono la prova lampante di come qualcuno già da

qualche tempo abbia abbandonato la comoda sedia del criticare e abbia deciso di investire se stessi e gli altri in un percorso di partecipazione e impegno per contribuire a sviluppare nuove idee, collaborare e migliorare il proprio paese, tra incessanti difficoltà e ostacoli. I mercatini di Natale, la Festa di San Vito, Jazz e wine, la Festa della Musica, la sagra dei Fusilli e tante altre manifestazioni ne sono la più concreta dimostrazione. Immaginate cosa resterebbe di Caposele se il loro fare propositivo non ci fosse. Che siano da esempio per noi giovani cittadini di come si possa esser attenti critici ma propositivi fautori. Che si sia propositivi nell’osservare, nell’informarsi, nel cambiar punto di vista, nel superare i confini di Caposele. Che si smetta di pensare a Caposele come un’isola felice, Caposele non è un’isola, Caposele è parte del mondo e come tale non si può ancor pretender di ragionare di turismo, di agricoltura e in generale di crescita e sviluppo senza alcun percorso di concertazione e collaborazione con il territorio, senza una posizione aperta, decisa e propositiva verso ciò che sarà

di Giovann

i Viscardi

la Città dell’Alta Irpinia; il Forum dei giovani con l’Ass. Festa della musica di Caposele ha provato a esserne precursore immaginandola, ottimamente, a suon di musica e di unione tra i giovani. Le rivalità e le critiche con i paesi vicini lasciamole alle legittime discussioni “pallonare”, ora più che mai, è necessario aprirsi e collaborare in maniera critica ma propositiva. E in ultimo, non sicuramente per importanza, che si sia propositivi come civili cittadini attenti alla tutela e alla cura del proprio territorio, con ciò non riferendomi solo alle macro questioni che interessano il nostro paese, dall’urgenza di una raccolta differenziata razionalizzata alla estenuante supervisione della Pavoncelli Bis, che senza dubbio alcuno meritano una doverosa e significativa attenzione e azione, ma anche a ciò che è vita quotidiana, dalla bottiglia Tennent’s lasciata sulle scale di Casa Houston alle scatole di pizza abbandonate in piazza 23 Novembre, e mi fermo per non urtar la sensibilità di qualcuno.

URGE UNA PRECISAZIONE

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ggi, cogliendo l'occasione dell'apertura del canale di scolo delle sorgenti del Sele, è stato presentato il progetto "FestivalArt", promosso, oltre che dal Comune di Caposele, dalla ProLoco, dal Forum dei Giovani, dall'Anpas, dal Gruppo Silaris Caposele e dal Gruppo Attivo Luciano Grasso. Il progetto, finanziato con fondi pubblici, presumo abbia la finalità di valorizzare "il paese dell'acqua" con interventi (artistici?) di carattere materiale ed immateriale. Interventi sui luoghi che caratterizzano bellezze naturali non ripetibili e dunque originalissimi nella loro dimensione storica ed antropica. Ora la presenza - presumo debitamente, formalmente e legittimamente invitato - del Commissario straordinario di governo alla realizzazione del raddoppio della galleria Pavoncelli bis, ing. Sabatelli, fa sorgere più di una perplessità. Se non altro perché le scelte da egli operate sono state esattamente di segno opposto a quelle che ci si prefissa di realizzare col progetto. Egli, prima con l'approvazione dell'ipotesi progettuale e poi con la sordità dimostrata agli appelli per una sua modificazione, realizzando il capannone del pozzo A nella zona Saure ha operato uno

sfregio plastico alla bellezza (un poco rozza e naif) dell'area di poco a monte delle sorgenti. Non credo che sia venuto a Caposele per recitare il "mea culpa". I baresi, popolo levantino e bizantino, non sono votati alla redenzione, niente affatto. Quindi, la sua - a mio modesto parere - è stata una presenza distonica, architettonicamente asimmetrica rispetto alle intenzioni del progetto. C'è solo da sperare - non ero presente, ma neppure avrei fatto nulla per esserci - che non abbia utilizzato l'occasione per chiedere che il progetto, nei suoi aspetti operativi, si faccia carico di mitigare "il mostro" (lui che ha, a suo tempo, sostenuto che si potesse risolvere il problema della bruttezza dello sfregio con interventi "artistici" di mitigazione). Spero che non si sia spinto a tanto. Tuttavia, resta il plauso per le associazioni che hanno promosso il progetto, anche se alcune di loro devono aver trascorso un pomeriggio con i crampi allo stomaco. Meglio i crampi allo stomaco che l'acquolina in bocca. Poi, alcune volte, non tutte le ciambelle riescono con il buco. A questo - ne siamo certi - ci penserà l'ing. Sabatelli. Buon lavoro.

Che si sia vigili del territorio e civili difensori del nostro paese, iniziando dal piccolo, da ciò che più ci riguarda, rispettando e prendendosi cura in maniera critica ma propositiva del nostro paese. Purtroppo e per fortuna non basta sentirsi dotti tuttologi e travestirsi da attenti critici di turno per migliorare il nostro paese. Non basta e, a mio modesto parere, non serve, o almeno non quanto serve, invece, l’esser critici ma propositivi: è dall’esser costruttivi e concreti e dalla critica che vuol migliorare che si hanno i migliori risultati, lo dimostrano esperienze valide del nostro paese, che per crescere non ha bisogno di sole parole campate in aria e di slogan incitati sui social, ma di impegno da parte di chi, lasciando agli altri l’esiguo ed esclusivo compito di criticare, si accorcia le maniche e, tra tanti ostacoli, in maniera propositiva, decide di fare.

di Gerardo Ceres

Il capannone - pozzo A delle Saure

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Scuola

VI Giornata Mondiale del Libro e del Diritto D’Autore

di Rosamaria Ruglio

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ome sempre, in concomitanza con la stagione estiva, diventa doveroso fare un bilancio di attività anche per quanto riguarda l’Istituzione Scuola. Un altro anno scolastico si è concluso, un anno faticoso pieno di novità e di impegno che ha tessuto le reti di una nuova organizzazione, un anno che ha visto la nuova dirigenza scolastica affidata al prof. Gerardo Cipriano che con grande serietà ha saputo trasmettere da subito entusiasmo e spirito d’iniziativa ai ragazzi e al corpo docente. Tante cose sono state fatte, tante le iniziative, le attività, i progetti, all’interno di ogni classe è stato realizzato un lavoro, un concorso e numerose sono state le partecipazioni a iniziative culturali di livello nazionale e regionale. Il 23 aprile 2016 abbiamo realizzato la VI Giornata del Libro e del Diritto D’Autore che ha avuto come tema l’ambiente,;l’ospite è stato il prof. Giovanni De Feo, docente di ingegneria ambientale presso l’Università di Fisciano. Ha presentato il libro “Il metodo Greenopoli”, un metodo di coinvolgimento e sensibilizzazione delle giovani generazioni nei confronti delle problematiche ambientali. La scuola secondaria di primo grado ha svolto un percorso sull’ambiente e ogni classe ha dato il suo contributo, con la presenza molto gradita del Liceo Scientifico di Caposele. Altri progetti della scuola secondaria

sono stati “La doppia vita della plastica” del prof. Umberto Vietri e “La Giornata dello sport e del divertimento” voluta dal prof. Giuseppe Campuglia. La giornata è stata arricchita e resa più coinvolgente dai canti curati dalla prof.ssa Curci insieme agli alunni che hanno permesso tra le altre cose di scoprire nuovi piccoli talenti da coltivare e assecondare. Numerose sono state le iniziative e i progetti realizzati dalla scuola primaria e nei diversi plessi del nostro Istituto e ricordarli tutti sarebbe veramente un’impresa. Nel corso della giornata sono stati proposti alcuni lavori presentati alla III edizione del progetto “Ecomuseo: il futuro della memoria” progetto svolto con la Soprintendenza ai beni culturali di Salerno e curato dalla prof.ssa Onidia Ciriello con la collaborazione della prof.ssa Ruglio. I lavori proposti sono tre video su Caposele, Calabritto e Senerchia che hanno l’intento di presentare le bellezze paesaggistiche e culturali dei nostri paesi con il proposito di tutelarli e salvaguardarli. La Giornata del Libro è per noi un momento importante che ogni anno si sperimenta in modalità nuove e conferma lo stile originario, è servita da sempre a sensibilizzare e a rendere protagonisti i ragazzi consentendo loro di

RIFLESSIONI PD

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uando si toccano temi sensibili, aspetti del vivere umano che incidono nel quotidiano, la prudenza e il rispetto verso chi osserva e ascolta devono essere fortemente considerati. Le esperienze vissute mettono a dura prova la capacità di discernere, secondo coscienza, ciò che è buono e utile alla promozione e alla crescita della persona. Questi principi, a mio modesto parere, valgono in tutti i settori della vita. Ciascuno è chiamato, nel nascondimento e nell’ordinarietà, a compiere il proprio dovere con consapevolezza e dignità. Tale attenzione è richiesta a tutti i livelli, in special modo per coloro che hanno responsabilità educative di ogni genere. Questa esigenza si amplifica quando ci si cimenta nell’ “Arte della Politica”. Prendo in prestito la locuzione utilizzata nell’Antica Roma “Arte della Politica”, alla quale potevano dedicare il loro tempo soltanto i nobili perché ricchi, pensando così di scongiurare corruzioni e ladrocini. Già allora la Politica era considerata un servizio da svolgere in favore del popolo. Tornando ai nostri giorni, queste premesse mi consentono di puntare l’accento

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sullo stile e i valori che colui che intende masticare Politica dovrebbe acquisire. Gli ideali alti di libertà e di giustizia che tanti uomini politici del passato hanno saputo tramandare, non possono essere ripudiati e, mi si consenta, calpestati in nome di beceri e speculativi calcoli matematici. I promotori della nostra Carta Costituente, i pensatori come De Sanctis, Benedetto Croce, figure di alto profilo morale come Pertini, De Gasperi, Giorgio La Pira, don Sturzo e non ultimo Enrico Berlinguer, hanno lasciato testimonianze del loro pensiero valide e attuali. Insegnamenti scolpiti in noi perché non predicati, ma vissuti. A dispetto delle difficoltà affrontate in vista di scelte coraggiose da operare, essi hanno cercato e praticato uno stile coerente con la propria visione dell’Uomo e della Vita. Con ferma serietà e autodisciplina si sono spesi con passione per l’affermazione dei propri principi. I loro obiettivi erano: la crescita dell’individuo, l’ascolto e il sostegno alle nuove generazioni, la capacità di suscitare senso di responsabilità nelle

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esprimere al meglio le proprie attitudini mettendole al servizio delle proprie comunità. Ha consentito di mettere loro a disposizione uno spazio in cui esercitare la propria immaginazione e cominciare a progettare insieme un futuro migliore, aver dato l’imput a una serie articolata di iniziative dentro e fuori il nostro territorio è sicuramente uno dei meriti di questo importante appuntamento annuale con la cultura. E proprio in riferimento a questa giornata credo sia giusto e doveroso ricordare la figura del Dirigente Salvatore Di Napoli recentemente scomparso. Lui volle che questo appuntamento fosse istituzionalizzato come momento fondamentale dell’attività della nostra scuola immaginando che potesse diventare sempre più testimonianza viva e positiva del nostro territorio. Per concludere, vorrei augurare una maggiore considerazione da parte della comunità per tutto quello che è Scuola, perché i nostri figli, malgrado le difficoltà e i problemi, godono di attenzione e considerazione all’interno delle nostre classi e tutto il loro lavoro deve diventare patrimonio condiviso e rispettato da tutti. Caposele può ancora godere di un contesto sano e civile all’interno del quale i

proprie scelte, a favore del Bene comune. Se, nell’immaginario collettivo e nel mondo giovanile, il ricordo di queste figure è ancora così vivido −si vedano anche gli slogan riportati dai nuovi social media− di sicuro ciò è dovuto alla loro coerenza di vita e alla loro trasparenza. Anche il Dossetti riprende come paradigma un passo del Vangelo di Matteo (5,37): “Sia invece il vostro parlare: sì, sì, no, no. Il di più viene dal Maligno”, che potrebbe essere assunto come slogan da colui che vuole fare Politica. I nostri giovani tanto spesso offesi perché ritenuti frivoli e superficiali, sanno riconoscere la verità, sanno giudicare con obiettività la coerenza. Il grande papa Paolo VI, di cui si auspica una rilettura dei suoi documenti, affermava che: “ L’Uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri”, intendendo sottolineare la forza contagiosa e l’efficacia dell’esemplarità di vita, piuttosto che il frastuono delle sirene che oggi molti giovani sono costretti ad ascoltare. Auspico che anche le nostre zone, che spesso denomino “depresse e represse”, possano vivere un sussulto di orgoglio e di sana presa di coscienza delle potenzialità e delle risorse presenti. Auspico la crescita di nuove generazioni che con audacia, con amore verso la propria terra possano anche qui in Irpinia

genitori ci hanno sempre accompagnati con la loro collaborazione e serietà, il resto spetta a ciascun caposelese con l’auspicio che sappia difendere con forza la “Casa dei ragazzi” perché la Scuola non è altro che questo.

di Tania Imparato trovare le condizioni per rimanere, invertendo il trend dello spopolamento che significherebbe la morte dei nostri territori, della Campania, del Sud. A noi adulti il gravoso e affascinante compito di affiancarli con determinazione, ascolto, rispetto e, soprattutto, offrendo coinvolgimento e TRASPARENZA nelle scelte, negli orientamenti, nella vita delle istituzioni e nella gestione della cosa pubblica. L’imperativo deve essere quello di mettere in pratica gli evocati principi di Libertà, di Giustizia sociale e di opportunità da offrire a tutti, concetti che purtroppo e a malo modo, risultano essere strumentalizzati e uccisi da una falsa e nociva retorica.


Sport

Fare

Turismo

TURISMO A CAPOSELE –

Idee e proposte da RI-attivare Di seguito, la comunicazione inviata al Comune, alla Proloco e a chi si occupa di turismo, al fine di spronare gli operatori di questa difficile materia a proseguire gli sforzi già compiuti.

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o partecipato, qualche giorno fa, da uditore “en passant”, ad un incontro per il progetto “festival ART” nella sala polifunzionale aperta agli operatori turistici. Una bellissima atmosfera che mi ha regalato, inizialmente, una certa soddisfazione osservando i tanti giovani impegnati per il finanziamento raggiunto e per il quale mi sono speso abbastanza nella fase di preparazione; ma, di contro, mi ha trasmesso anche una sorta di sensazione per una diffusa improvvisazione intorno a questioni logistiche sul tema turismo, che pensavo fossero già risolte, ma che in effetti, sono ancora da limare e da approfondire. Andiamo in ordine: l’idea principale discussa, qualche anno fa, negli incontri preliminari e dalla quale è scaturito il progetto esecutivo del “Festival ART” è ruotata intorno alla volontà di mettere in evidenza il legame che ha Caposele con le sue peculiarità territoriali. Rispetto a tali esigenze il progetto avrebbe dovuto avere come beneficiari giovani residenti e ritrovarsi nelle indicazioni programmatiche del bando stesso e dei parametri che di seguito si evidenziano: - Formazione per guide turistiche (volontarie) di accoglienza ai siti del “Mini tour”; - Rivalutazione degli ambiti territoriali ambientali come i Parchi (della madonnina o fluviale Tredogge); - Promozione turistica del territorio attraverso brochure- depliants, spot e quant’altro possa diffondere il messaggio turistico nei nuovi mass-media; - Percorsi didattici e formazione per le scuole del territorio che comprendono visite, mostre, progetti scolastici sul “risparmio idrico” sull’accoglienza….ed altro; - Capacità di trasmissione alle nuove generazioni della passione per il territorio e delle sue caratteristiche ambientali e culturali, come possibilità di utilizzo per ricavarne un beneficio anche occupazionale; - Eventi di presentazione iniziale e finale per lanciare e promuovere ancora con più forza il messaggio delle potenzialità del nostro territorio: Intorno a tali idee e al PIANO DEL TURISMO, la volontà di rafforzare quello che rappresenta il “min tour FAC", il sistema museale e le idee di accoglienza per un turismo che deve cominciare a renderci consapevoli che, se tutto studiato e ben

di Salvatore Conforti messo a sistema, potrebbe essere utile per ricavarne benefici e soddisfazioni, anche in termini di indotto e risorse economiche. Da qui una preoccupazione che mi è sopraggiunta in riferimento al P.T.C. (Piano Comunale del Turismo approvato con delibera G.C. n. 34 a marzo 2013 e ridefinito nel 2014 anche con l’ausilio delle Dott.sse Pina Casale e Gerarda Nisivoccia) che immagino per questa importante occasione NON SIA stato preso in considerazione in riferimento alle sue linee generali e di sviluppo. Il PTC, lo ricordo, è come un Piano Regolatore Generale senza il quale non è possibile progettare alcunché e sarà complicato, nel nostro caso, mettere in pratica idee di sviluppo turistico senza prenderne in dovuto riguardo qualche capitolo. A meno che, l’idea di potenziamento turistico del Paese sia completamente altra roba, ma immagino, di NO! Per cui invito tutti a prenderlo come riferimento generale e poter ricavare le strategie utili a questo progetto che vi accingete a concretizzare. E quindi, alla luce di uno spirito costruttivo e di grande senso di collaborazione all’indirizzo di una comunità che ha necessità di essere unita e non spaccata, potrebbero essere utili alcune argomentazioni da approfondire e riattivare per dare un senso a quanto già avviato in un recente passato: 1) Turismo come accoglienza: a) corsi e info point – applicazioni dedicate (I-Caposele, già pronto); b) wifi funzionante con riattivazione dei 9 hot spot e videocamere turistiche; c) realizzazione di Caposele 3.0 con l’inserimento dei codici "QR", realtà aumentata e collaborazione attiva con i gestori commerciali-turistici d) riproposizione del sito turistico www.caposele.info abbandonato a se stesso, con un equipe di esperti dediti anche alla gestione continua e dinamica della piattaforma; e) realizzazione di sistemi di promozione turistica dedicati e specifici come brochure, promozioni sul web F.B. e google ADWORDS e con i mass-media locali e regionali; - 2) TURISMO COME CONSERVAZIONE, CATALOGAZIONE E PROMOZIONE:

a) ATTIVAZIONE E CONSERVAZIONE dei beni materiali ed immateriali nell’area museale (area della memoria con la catalogazione e

successiva utilizzazione turistica del museo della Comunità Montana) ; b) Attivazione del progetto del logo territoriale turistico – (ISNART) c) Miglioramento della tabellonistica turistica di accoglienza ed utilizzo del proximity marketing o altre forme di trasmissione del messaggio promozionale; d) partecipazione attraverso la struttura dei ragazzi coinvolti, alle mostre e fiere del settore turistico, come avveniva, in economia (grazie ad Irpinia Turismo) qualche anno fa. Modeste attività già avviate in passato che basta riprendere con l’entusiasmo e la volontà giusta per poterle rimettere nel sistema turistico e farle FUNZIONARE, grazie questa volta ai cospicui finanziamenti pubblici. Se nel primo anno di utilizzo della struttura turistica avviata nel 2013 si sono raggiunte le 8.000 presenze, adesso bisognerebbe puntare alla quota minima di 20.000 turisti/anno dei quali un buon 20% dovrà essere tipologicamente stanziale. Se questo obiettivo sarà raggiunto il progetto avrà avuto il senso per il quale è stato attivato. Naturalmente tutto questo, che potrebbe essere materia di progetto finanziato, si deve necessariamente incrociare con OPERAZIONI STRUTTURALI di cui se ne deve far carico l’A.C. : - i bagni pubblici funzionanti; le fontane che erogano acqua in modo continuativo (compre-

sa quella della sanità); il problema dell’immondizia e del porta a porta… che qui mi sembra che non si voglia risolvere (si acquistano cassonetti nuovi come se il problema sia il contenitore e non il contenuto). - I Parcheggi da far funzionare e da implementare (ma è difficile con la disastrosa gestione attuale). - Strade pulite e riparate non solo urbane, ma anche di collegamento alle emergenze turistiche (mi viene in mente via Aldo Moro attraverso la quale dovrebbe fluire il traffico turistico, invece passano centinaia di camions che stanno rovinando irrimediabilmente la strada). …. Ed altro ancora, che aprofondisco spesso nei miei interventi scritti dedicati, purtroppo, ad una Mala-gestione amministrativa fallimentare, sfarinata e rincitrullita!. E allora mi permetto, al di là di ogni polemica, di consegnare queste piccole e modeste idee da poter riprendere, ma sono convinto a malinCUORE, che nessuna questione nella quale ci sia necessità di una concreta collaborazione amministrativa, verrà risolta, NON FOSSE ALTRO PERCHE’ - se le ho pensate io….. per l’ imbecillità di una classe dirigente politica illegittima, ma soprattutto incapace, ci sarà chi farà il contrario! Chiedendo scusa per quest’ultima negatività, dettata dalla conoscenza dei fatti e delle persone coinvolte, auguro BUONA FORTUNA a tutti e BUON TURISMO…..! Caposele 31 maggio 2016

Avviso pubblico per la presentazione di progetti per la promozione ed il sostegno di interventi tesi alla valorizzazione di beni demaniali ovvero patrimoniali, disponibili o non disponibili, di proprietà di una pubblica amministrazione, al fine di facilitare l’accessibilità e la fruizione da parte della collettività e favorire la promozione di imprenditoria e occupazione sociale giovanile nelle Regioni Obiettivo Convergenza - “Giovani per la valorizzazione dei beni pubblici”

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percorsi formativi per le scuole per la valorizzazione di beni della pubblica amministrazione

per facilitare la conoscenza e la fruizione : acquedotto pugliese museo leonardiano

ABSTRACT PROGETTO Il Progetto avrà come obiettivo informare e formare gli studenti delle Scuole Secondarie di I° e di II° delle Regioni Obiettivo Convergenza sui beni della Pubblica Amministrazione del Comune di Caposele: - l’Acquedotto Pugliese; - il Mostra Permanente delle opere di Leonardo da Vinci. Il progetto, denominato il F e s t i v a l A r t d e i G i o v a n i i n A c q u a 2014, prevederà, in una prima fase, degli incontri nelle scuole, che vorranno aderire al progetto, sia con gli insegnanti sia con gli alunni, poi delle visite guidate presso il Comune di Caposele e degli eventi finali di più giornate. Il percorso formativo sarà così strutturato: -) Formazione agli operatori che si recheranno nelle scuole; -) Formazione agli operatori che svolgeranno il ruolo di “guida turistica”; -) Promozione e presentazione del progetto agli insegnanti (n.2 ore) -) Percorso formativo e di co-progettazione con insegnanti composto da una sessione di base e una di approfondimento (n.2 ore); -) Percorso didattico nelle classi - Interventi nelle classi, per tutte le scuole coinvolte (n.6 ore per classe) con elaborazione di materiale informativo, didattico-multimediale (video e/o fotografie, ecc…) che verrà utilizzato sia nella mostra che si terrà a Caposele sia sul sito dedicato al progetto, simulazione, esperimenti. Gli incontri sono propedeutici alla Visita all’Acquedotto Pugliese e al Museo Leonardiano. -) Percorso didattico – ambientale : - Visita agli impianti dell’Acquedotto Pugliese e del Museo di Leonardo da Vinci (4 ore per classe). Affiancate a queste visite ci sarà la possibilità di accompagnare gli alunni al Parco fluviale Gli alunni in questa giornata avranno in dotazione una macchina fotografica con la possibilità di realizzare delle foto per la Mostra Fotografica “Scatti d’acqua. Caposele, l’Acquedotto Pugliese e Leonardo da Vinci …” -) Realizzazione di una Mostra fotografica sull’Acquedotto Pugliese e Leonardo da Vinci -) Cinque Giornate conclusive, con Stand per la distribuzione di gadget su Leonardo da Vinci e sull’Acquedotto Pugliese. Nell’evento finale verranno premiati anche i video più originali pubblicati sul sito. Beneficiari Beneficiari privilegiati: giovani in età compresa tra i 18 anni e i 35 anni di età, di cui il 50% donne. Beneficiari intermedi: studenti in età compresa tra i 14 e i 18 anni di età. Beneficiari finali: la comunità intera delle Regioni Obiettivo Convergenza. SI PREVEDE il coinvolgimento delle SCUOLE SECONDARIE DI I° II° GRADO delle Regioni Obiettivo Convergenza.

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Politica

QUANDO LA POLITICA E' LATITANTE

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ualche settimana fa ho avuto un'accesa discussione sul cosiddetto progetto FESTIVAL ART, in corso di attuazione nel nostro comune. Il tutto è scaturito da un mio commento sulla pagina Facebook di Salvatore Conforti, sulla mancata nomina, da parte dell’Amministrazione Comunale di Caposele, di un assessore di sesso femminile nella compagine amministrativa, in ossequio alla nota legge "Del Rio", che obbliga i comuni a comprendere nelle proprie compagini amministrative amministratori di ambo i sessi e ciò in conseguenza di una diffida del Difensore Civico regionale che ha intimato al comune di Caposele di provvedervi, pena la nomina di un commissario ad acta. Il mio ragionamento era semplice: come persona impegnata nell’agone politico locale cercavo di far capire che spesso i soldi pubblici vengono spesi male, anzi a volte, camuffati da ambiziosi progetti sociali, finiscono nei rivoli della mala gestio. Citavo due finanziamenti. Il primo un finanziamento di circa 500 mila euro per lavori di sistemazione idraulico – forestale e per il rimboschimento di una parte del territorio montano e l’altro un finanziamento di 200 mila euro per un progetto denominato FESTIVAL ART, finanziato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Il primo, finanziato a ridosso delle elezioni regionali del 2015 dalla Giunta Caldoro, sostenevo essere stato sbagliato il momento dell'intervento in quanto venivano piantumate in alta montagna piantine in un periodo sbagliato (maggio – giugno) senza che vi fosse la possibilità di irrigare la zona. Infatti, le piante non sono minimamente attecchite. Nel secondo esempio chiedevo, a chi di competenza, di sapere quali erano stati i criteri utilizzati per la selezione (pubblica) dei formatori del corso di guida turistica che si andava a fare, visto che si trattava di un progetto ambizioso che poteva dare al nostro paese un giusto input per lo sviluppo del turismo locale. La mia era, ovviamente, una domanda retorica in quando sapevo benissimo a chi era stato affidato il compito di “formare” i giovani corsisti. Dicevo questo perchè già avevo notato che il progetto proseguiva “a tentoni”, senza una adeguata strutturazione del corso e senza avere chiari gli obiettivi da raggiungere. Alle mie domande e considerazioni ne è seguita una serie di velenose invettive da parte di alcuni soggetti interessati al progetto. Ho dovuto subire ingiurie di tutti i colori. Ho peccato di

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lesa maestà. La questione è finita lì, non mi andava di procedere su una strada che non avrebbe portato a niente. Diceva il magistrato Giovanni Falcone, assassinato dalla mafia: “Si muore perché si è soli. Si muore perché non si dispone delle necessarie alleanze, perché si è privi di sostegno”. Ecco, facendo le dovute distinzioni, dalla lezione ho capito che in questo paese vale sempre di più il detto: “vivi e lascia vivere”. Infatti anziché ottenere qualche sano commento da parte di chi si interessa della politica ed aveva avuto la possibilità di accedere al link postato da Conforti, ho dovuto constatare un silenzio assordante di tutti quelli che non avevano un interesse diretto nella vicenda. Ecco, da qui nasce la domanda a cui voglio rispondere nell'articolo. Cosa fa la politica a Caposele? Cosa mi attendevo da questa provocazione? Un sano confronto tra persone che avevano a cuore le sorti del loro paese. Invece niente, solo silenzio. Tanti bravi concittadini, che pure dicono di interessarsi alla vita politica locale hanno ben pensato di far calare sulla questione un totale silenzio. Qualcuno si è spinto a dire che me la potevo risparmiare la discussione. E’ vero, me la potevo risparmiare. Avrei conservato qualche saluto in più. A questo punto mi viene di ricordare una importante citazione di Cicerone: “L’uomo è permanentemente in conflitto nella scelta tra ciò che è giusto e ciò che è utile. E l’utile prevale sempre”. Cosa dire? A Caposele la politica è latitante. Un tempo a Caposele ci si confrontava, a volte anche aspramente, ma si faceva politica. Le scelte, giuste o sbagliate che fossero, passavano attraverso un sano confronto. Oggi tutto questo non succede. Abbiamo un’amministrazione comunale azzoppata (due assessori della lista del CUORE, per motivi diversi, sono fuori la compagine amministrativa), un’amministrazione che vuole sopravvivere per altri due lunghi anni, senza che qualcuno batta ciglio. “Tutto va bene signora la marchesa” dice un vecchio detto. Attendiamo che il tempo trascorra in maniera inesorabile, perdendo così tutti i treni che passano. E' solo di qualche giorno fa un'altra pessima notizia per la nostra comunità. In una recente graduatoria stilata dall'Osservatorio sui fondi pubblici europei, la Campania ri-

sulta essere tra le ultime regioni per spendibilità. Della provincia di Avellino, Caposele risulta essere tra gli ultimi comuni che negli ultimi tre anni, hanno chiesto ed utilizzato fondi europei per progetti. Fondi a cui si poteva attingere per interventi in agricoltura, sistemazione di borghi, produzione di energia pulita, smaltimento rifiuti, turismo ecc. Ecco, nulla è stato fatto. Cosa si può uscire da questa raccapricciante situazione? Avere uno scatto di dignità e di coraggio, dicendo basta, bisogna cambiare. L’amministrazione non va? Le si chiede di prenderne atto. Si potrebbe pensare di anticipare lo scioglimento del consiglio comunale per andare al rinnovo alla prossima tornata amministrativa. In questo anno si potrebbe aprire un sano confronto tra le forze politiche e sociali del paese, in modo da giungere ad un prossimo confronto elettorale in maniera adeguata. Ai gruppi politici, compreso il Partito Democratico, partito in cui milito, chiedo di fare politica e di farla con chiarezza. Il Partito Democratico deve sciogliere l’enigma. Si è dentro o fuori l’attuale amministrazione? Bisogna dirlo con chiarezza. Se si è all’interno allora bisogna incidere in maniera forte sulle scelte amministrative, trovare soluzioni adeguate alle numerose questioni che assillano la nostra comunità. Un anno fa il Partito Democratico ha posto una serie di questioni all’amministrazione del sindaco Farina, ma fino ad oggi il PD non ha ricevuto risposta. Avevamo detto che se non venivano accolte le nostre proposte avremmo “tolto il disturbo”. Cosa è stato fatto finora? niente. Nodi irrisolti. Anzi la situazione è peggiorata. Se il PD è il partito più importante della maggioranza, come in effetti lo è, deve “pretendere” di dettare l’agenda. Cosa si può fare? Si può chiedere, per esempio: la modifica dello Statuto comunale, reintroducendo la possibilità di nomina di due assessori esterni, uno di sesso femminile, per superare l’annosa questione della nomina di un assessore di sesso femminile, l'altro una persona capace di dare un contributo effettivo alla gestione amministrativa; partecipare attivamente alle

di Giuseppe Grasso

scelte amministrative importanti che andrebbero fatte, rimettendo mano a quelle oramai da anni oscurate, quale per esempio il rilancio del turismo e non solo; riprendere progetti abbandonati, quali la sistemazione di via Santuario di Materdomini, il centro commerciale, l’utilizzo razionale del nuovo Centro fieristico; pensare ad una valorizzazione dei luoghi più importanti del centro storico (cantine Catapano, mulino Russomanno, Castello, piazza F. Tedesco, ecc); restituire in maniera definitiva le funzioni apicali amministrative ai dipendenti comunali e gli amministratori cominciassero a fare gli amministratori, a loro spetta il potere di indirizzo dell’attività amministrativa e il potere di controllo sui dipendenti comunali. Ripensare al rapporto con l’AQP, che in questo periodo ci vede in una condizione di totale subalternità. Non dobbiamo, infine, dimenticare che noi oggi abbiamo il problema dei problemi: l’uso e il consumo sconsiderato dell’acqua potabile. Oggi noi stiamo facendo, senza accorgercene o facendo finta di non accorgercene, la cosa più errata possibile. Il comune, a spese della collettività attraverso il pagamento di tributi, tasse, ecc, spreca una risorsa importante. So che per qualcuno sto dicendo una cosa inaccettabile. Ma per farmi capire meglio voglio fare un paragone: è come se il comune comprasse un bene e dicesse alla collettività: “prendetevene quanto ne volete, tanto paga pantalone”. Ecco è così, abbiamo tutti il prosciutto davanti agli occhi e non vediamo niente, ma arriverà un giorno in cui saremo costretti a svegliarci da questo torpore perenne ed avere l’amara sorpresa di renderci conto che stiamo sprecando le nostre risorse economiche inutilmente.


Sport

Trent’anni di calcio festeggiati con una stagione incredibile

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erte coincidenze talvolta sono incredibili: quest’anno abbiamo festeggiato la 30a STAGIONE SPORTIVA CONSECUTIVA (1986/2016) con una delle migliori stagioni di sempre. Ad inizio anno, pur fra tante difficoltà sociali, mi ero detto che questo sarebbe dovuto essere un anno speciale: lo è stato! Coi miei Allievi (nati 1999/2000) abbiamo stravinto il Campionato Provinciale Altirpinia (tutte vinte stabilendo un record giovanile!); abbiamo superato i Play-Off e vinto poi addirittura anche la Semifinale contro Ariano, una cittadina e società di Eccellenza. Arrivando in Finale i miei ragazzi hanno ottenuto il premio e la vetrina che meritavano. Mai nessuno c’era arrivato prima, a parte i magnifici 1992/95; mai altra società sportiva provinciale ci è riuscita con soli ragazzi locali. I nostri Giovanissimi (nati 2001/2003) allenati brillantemente da Salvatore Malanga hanno anch’essi vinto il Campionato Provinciale Altirpinia, superato i Play-Off e sono arrivati in Semifinale, piazzandosi anche al Primo posto della Coppa Disciplina di Categoria! L’Olimpia Caposele ha portato due squadre in Semifinale, unica società a farlo quest’anno (rarissime volte nella storia del Settore Giovanile irpino c’era riuscito qualcun altro). A questo grande percorso si è aggiunta la ciliegina della qualificazione in Finale dei miei Allievi, come detto all’inizio. Lo straordinario record della nostra società di 3 FINALI IN 9 ANNI (2008, 2009, 2016), forse ha fatto passare quanto ottenuto da questi ragazzi come qualcosa di normale. Non lo è credetemi. Giungere in Finale, per un paesino come il nostro che si scontra non solo contro cittadine e selezioni di vari centri, ma anche contro il pregiudizio dei tanti ai quali da fastidio che l’attenzione si decentralizzi verso “la nostra altirpinia”, è qualcosa d’incredibile. Nel nostro piccolo contesto occorre decuplicare le forze ed il lavoro, l’impegno negli allenamenti e gli sforzi economici, solo per arrivare a pensare a certi risultati. Non si faccia l’errore di credere che si tratti della normalità: magari lo fosse, ma non lo è. La Finalissima per me, è la vetrina: il palcoscenico che si sono guadagnati i ragazzi col sudore della fronte per dieci mesi: tutte le vittorie, il lavoro, i durissimi allenamenti (circa 100!) per arrivarci, vengono pri-

ma. Arrivando ai Play-Off un piccolo paese come il nostro ha già vinto: figurarsi arrivare in semifinale ed addirittura in Finale! Lo dissi ai ragazzi quando sfidammo al Partenio l’Eclanese (2008) e poi il Cicciano l’anno successivo; l’ho ripetuto ininterrottamente ai miei giovani eroi anche quest’anno. Quello è già il traguardo, poi nella gara secca si può solo dare tutto: noi arrivandoci avevamo già vinto. Ad attenderci c’era quella Virtus Avellino (selezione interprovinciale di ragazzi di un bacino almeno 30 volte il nostro), che le aveva vinte tutte, segnando ben 97 reti (con la media di oltre 5 gol a partita!) e subendone pochissime; solo quindici giorni prima aveva eliminato l’Eclanese (società di Eccellenza) battendola 4-0 fuori casa e 10 a 0 in casa! Con molta probabilità, i nostri avversari avevano anche pensato di fare solo una passerella in Finale, segnando i soliti sei-sette gol all’avversario. Ma non avevano fatto i conti coi miei ragazzi, che se la sono giocata alla pari e che hanno perso solo col minimo scarto (2-1) dopo essere andati anche in vantaggio. Restando sulla partita, la Virtus ha dimostrato tutta la sua forza, ma si è andata a scontrare contro dei RAGAZZI D’ACCIAIO, che hanno tenuto botta dall’inizio alla fine. Solo gli episodi, come spesso accade in una partita secca quando c’è equilibrio, hanno fatto pendere la bilancia dalla loro parte e, purtroppo si tratta anche di grossolane sviste della terna arbitrale. Un peccato, perché i nostri avversari non avevano bisogno di aiuti. Non voglio polemizzare su questa pagina (chi c’era ha visto oppure si potrà andare a leggere il mio post su facebook nel quale spiego dettagliatamente i torti tecnici e soprattutto sociali e morali che abbiamo subito). In questo contesto, non voglio togliere righe e parole a coloro i quali sono stati i meravigliosi protagonisti di quella che è, insieme ai nostri titoli 2008, 2009, al Regionale 2010, certamente tra le più belle pagine del calcio caposelese di tutti i tempi. Alla fine ho fatto i complimenti agli avversari. Ho abbracciato i miei ragazzi, li ho ringraziati uno ad uno ed è iniziata la festa. Sì, la nostra festa: abbiamo ritirato la nostra Coppa (la seconda di quest’anno dopo quella del Primo Posto del Campionato Altirpino) ed abbiamo festeggiato coi nostri tifosi sotto la curva. Già, i NOSTRI TIFOSI: MERAVIGLIOSI! Hanno onorato i miei ragazzi in Finale dal primo all’ultimo secondo.

di Roberto Notaro

Lo avevano fatto in Semifinale in casa e fuori casa ed anche nei Play-Off. Abbraccio i fedelissimi che ci hanno seguito, soprattutto coloro i quali già da settembre, in pieno inverno e nelle tante trasferte lontane sono stati con noi; loro hanno avuto modo di vedere passo dopo passo il travolgente percorso che ci ha condotti ai vertici del calcio provinciale.

pagine per descriverli. Certamente ciò che più rimarrà in me, saranno i volti, l’impegno e l’affetto che tutti questi ragazzi hanno avuto per me, per papà Presidente Generoso e per l’Olimpia Caposele. Tutti questi società, ma per una comunità intera, guadagnando rispetto in provincia, in regione e portando il alto il nome di Caposele ovunque.

Chiudiamo questa stagione, la XXX dell’Olimpia, da VICE-CAMPIONI PROVINCIALI, CAMPIONI ALTIRPINI e con un numero impressionante di record che questi ragazzi hanno raggiunto: -VITTORIA DI TUTTE LE PARTITE nella fase a gironi (mai fatto da nessuno) - RECORD DI VITTORIE CONSECUTIVE di una squadra caposelese in un torneo federale:14! - GOL IN OGNI PARTITA PER 7 ANNI! In tutti gli anni che siamo stati insieme, siamo andati sempre a segno, almeno un gol in ogni gara. - AL PALMENTA NON SI PASSA! Imbattibilità casalinga di addirittura 4 ANNI! (Ultima partita persa nel 2012….) con 35 Vittorie e 5 pareggi; quest’anno 9 gare giocate, 9 gare vinte! Per quanto mi riguarda, confermo che questa è la mia ultima stagione nel Settore Giovanile per questa fase di vita. Sono stati dieci anni di lavoro intenso e ricco di soddisfazioni: facendo un calcolo sommario credo che più di 1.000 pomeriggi io li abbia trascorsi con quelli che oramai definisco i miei ragazzi (i 1992, 1993, 1994, 1995, 1998, 1999, 2000, 2001…),ho disputato tra gare Provinciali, Regionali e Play-Off circa 200 partite. Ho avuto la fortuna ed il merito di arrivare a guidare l’Olimpia in 3 Finali, 1 Semifinale, 1 Storico Campionato Regionale, 1 Coppa Campania…. Ma il mio impegno è stato ripagato in maniera ancora più grande: non avrei mai nemmeno sognato di avere tanto. Tanti momenti resteranno nel mio cuore e di certo non basterebbero queste

Ragazzi: IO VI DICO GRAZIE. Non avrei potuto immaginare risultato più bello nella mia ultima stagione da allenatore giovanile. E' stato un onore, una meraviglia starvi vicino, vedervi crescere e raggiungere insieme questi traguardi. Per quello che riguarda i progetti dell’Olimpia, posso solo aggiungere che c’è e ci sarà. Nei suoi primi venti anni di vita, guidata anche come Allenatore oltre che da Presidente da Generoso, la nostra società ha partecipato a ben 15 anni di categoria (1986/2001), spesso in parallelo col settore giovanile. Negli ultimi 10 anni ci siamo dedicati totalmente al Settore Giovanile, dove abbiamo vinto più volte tutto ciò che si poteva vincere. Ora abbiamo voglia di fare qualcosa di nuovo: l’idea è quella di partecipare all’unico Campionato al quale mai abbiamo partecipato, la Juniores Regionale, insieme ad altri programmi che svilupperemo compatibilmente coi nostri progetti di vita e, soprattutto, dopo un’estate di meritato riposo sportivo, a seguito di questa Stagione che è stata e resterà per noi indimenticabile per le emozioni ed i risultati ottenuti.

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Sport

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o sport Caposelese si arricchisce anche di altri trofei che riguardano il gioco del Tennis. Campioni crescono in fretta anche utilizzando la tenacia di genitori ed amici che con sacrificio portano ad allenare i figli, per molte volte a settimana e anche a distanza di molti chilometri da Caposele. I risultati vengono fuori e la dimostrazione pratica sono le vittorie anche in campo interregionale di Gessi e Giada Casale che, anche quest'anno, vincono rispettivamente i loro tornei rappresentando Caposele e Avellino in modo egregio fuori dai nostri confini. Auguri a loro e "forza"! a chi li sprona per queste splendide emozioni.

La premiazione per il campionato "Altirpinia" - "Allievi" in alto e "Giovanissimi" in basso

Gli "Allievi" Vice- campioni Provinciali, che quest'anno hanno stabilito numerosi records Giada Casale in una fase di gioco contro Caserta, in un torneo a rappresentare la provincia di Avellino

Gessi Casale vincitore del torneo nazionale "Kinder 2016" a Salerno

Gessi Casale bissa il successo al torneo nazionale di Diamante categoria "under 14" - luglio 2016

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Senza Rancore.....

Programmare il nostro futuro,

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ari “amici”, “politici” e “fautori” di Caposele, sono stati pubblicati i primi bandi del nuovo Programma di Sviluppo Rurale (PSR), destinati ad imprenditori agricoli e associazioni di categoria; varati anche i bandi per l'erogazione d’indennità compensative agli agricoltori svantaggiati dalla localizzazione dell’azienda in zone montane. Sono state, ulteriormente riprogrammate le risorse per il completamento degli interventi finanziati con fondi europei non conclusi entro il 31 dicembre u.s. per la chiusura del precedente Bando europeo. E fra poco verranno fuori le regolamentazioni esecutive per bandi europei su altre misure. Se ci mettiamo che - il Progetto Pilota è entrato, senza un minimo di coinvolgimento sociale e politico, nella fase delle programmazioni territoriali. - Che il Comune di Caposele ha deciso in autonomia (con Del. n.12 del 14 maggio scorso) l’adesione all’Ente Idrico Campano, senza capirne le motivazioni e le conseguenze. - Che le risorse economiche nelle casse del Comune sono in esaurimento anche per la “disattenzione” dell’Amministrazione (ed è un eufemismo) a sperperare, negli ultimi anni, i soldi pubblici; e

parliamone!

di Salvatore Conforti

questo produrrà, immediatamente, un sicuro innalzamento di tasse, imposte ed un abbassamento del livello dei servizi, già ai minimi storici. - Che non esiste agli atti nessuna programmazione di tipo progettuale o anche solo a livello di idea, che possa rappresentare e configurare il nostro Paese per i prossimi 10 anni…. Beh, premesso tutto questo, sono preso da sconforto e da rabbia per le occasioni mancate e per quello che ci aspetta, se non mettiamo in atto una giusta reazione. Nel recente passato, ho fatto spesso pressione su vari temi a partiti, associazioni, politici locali, senza avere molte risposte in relazione a come noi tutti, abbiamo un compito al quale non dobbiamo sottrarci e per il quale si rende necessario UNA PARTECIPAZIONE, anche se solo, per ognuno di noi, in piccola parte. Importanti questioni politiche, sociali e di

futuro per la nostra terra, sulle quali si possa trasmettere alle nuove generazioni un’immagine, almeno di tentata contrapposizione alle scelleratezze perpetrate. L’A.C. di Caposele ha deciso di sopravvivere imbarcando acqua e sperando di raggiungere, irresponsabilmente, l’approdo dei 5 anni...ma in che condizioni lascerà il Paese? Questo mio appello, quindi, segue altri inviti prodotti negli anni e in tante sedi e vuole, ancora una volta, mettervi in apprensione sulla possibilità di intervenire, tutti insieme, su uno sfacelo programmatico dal quale, se lasciato proseguire, in questo modo, sarà difficile uscirne. Siamo a due anni dalla campagna elettorale, che cancellerà ogni buon intento, lasciando il campo solo a promesse e programmi aleatori, fantasiosi, inutili e dannosi e non dobbiamo assolutamente lasciarci trasportare pigramente e senza reagire, verso quei momenti. Oggi, invece, abbiamo bisogno di parlarne e confrontarci, alimentando ancora piccole

el Paese delle “FINTE REGOLE” ancora una volta, si è FUORILEGGE! Dopo l’8 aprile 2014 tutte le giunte d’Italia devono assicurare obbligatoriamente il rispetto della legge “DelRio” con la presenza in Giunta della QUOTAROSA . Il Comune di Caposele dopo aver ricevuto una recente DOPPIA diffida dal Difensore Civico regionale, continua a FAR FINTA DI NULLA, sfidando leggi e clausole. (forse pensano che si tratti del “Giro d’Italia"). Non c'è stato neppure il tentativo di riproporre un nome, un volto, con uno scatto di orgoglio e dignità che eviterebbe il commissariamento già diffidato! Mah!!! I miei solleciti all’indirizzo del Prefetto e del Difensore Civico deputati a far rispettare la legge, non hanno ancora ot-

tenuto risultati. Un appello lo faccio, quindi, alle DONNE di Caposele, battagliere, determinate, intelligenti e necessariamente utili a rimettere in equilibrio il mondo intero, figuriamoci una Giunta già svuotata di significato e contenuti. A voi, quindi, un ultimo tentativo di invitare il sindaco ad essere più corretto e a RISPETTARE almeno QUALCHE REGOLA! P.S. Per chi vuole approfondire la legge è la 56/2014 in materia di rappresentanza di genere. La legge per recente parere del Consiglio di Stato ha stabilito l’obbligatorietà dell'inserimento del 40% di donne, per i comuni oltre i 3000 abitanti, che dopo l’8 aprile 2014, abbiano variato la composizione della Giunta. Cosa succederà?...Mah, in Italia, nulla ha certezza, soprattutto sul diritto del cittadino.

P.S. La presente nota è stata trasmessa a tutte le associazioni, i partiti, i movimenti e le persone politicamente impegnate di Caposele ed è pubblicata con i relativi approndimenti, sul mio blog Facebook. Nel laboratorio di scultura insieme agli artisti Salvatore Damiano e Gelsomino Casula. Discutiamo di un progetto di simposio d'arte interregionale da organizzare a Caposele. Un'esperienza straordinaria già vissuta con la ProLoco tanti anni fa con le estemporanee di pittura. ....La cultura come riscatto della nostra terra.... Potrebbe funzionare!

LE REGOLE SREGOLATE

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speranze e cogliere le minime opportunità che appartengono anche alla nostra terra. Una seria programmazione sui bandi, sulle risorse, sulle problematiche che oggi stiamo vivendo, NON POSSONO ESSERE PIU’ PROCASTINATE. Vi invito a parlarne, a vederCi, a vederVi, a confrontarVi su questioni di assoluta importanza, senza delegare a niente e a nessuno ogni nostra responsabilità! Facciamolo senza pregiudizi e senza rinfacciarci il passato o questo brutto presente; facciamolo solo in nome di Caposele e dei nostri figli. Aspetto, come al solito, cenni di adesioni sulla strada della PROGRAMMAZIONE DEL NOSTRO FUTURO! Caposele 21 maggio 2016

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..."Un volto è l'anima nella sua danza che percepisce l'accordo e le stonature negli approcci che volta per volta si rivelano alla profondità del sentimento." (cit. G.Casula)

na foto con un”Caravaggio” mi fa un certo effetto. Naturalmente, è uno spudorato falso, ma l’idea di poter ripetere un grande evento culturale mi stuzzica moltissimo. Il mio amico Pasquale Rezza Sanchez, il creatore/realizzatore delle macchine di Leonardo del museo di Caposele che, dopo 4 anni, è passato a trovarmi, sta realizzando in Sicilia una straordinaria esposizione con i più famosi quadri di Michelangelo Merisi (il Caravaggio) che sta riscuotendo un sorprendente successo. La stessa mostra potrebbe essere organizzata, con la contemporanea presenza di qualche opera in originale, anche qui dalle mie parti, in Irpinia, per duplicare e amplificare il successo che ebbe l’esposizione delle macchine e della “tavola Lucana” (autoritratto originale di LeonardoDaVinci) nel lontano maggio 2013, grazie anche alla passione e disponibilità di un altro amico che mi piacerebbe coinvolgere in questo nuovo potenziale progetto: il dott. Nicola Barbatelli. La cultura ci potrebbe salvare; la cultura ha una straordinaria forza trainante per le nostre aree interne e se abbinata con l’ambiente e il turismo religioso che abbiamo la fortuna di possedere, potrebbe scaturirne un tassello importante da ben collocare, in previsione di un serio quadro progettuale sul tema di un TURISMO che ha l’assoluta necessità di essere accompagnato da forza, passione, ed unità sociale…..

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Ricordo di...

LA MAESTRA ANNAMARIA

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a qualche mese Annamaria Sena non è più tra di noi. L'abbiamo salutata per l'ultima volta in Piazza Masi, mentre la sua salma veniva accolta nella Chiesa Madre di Caposele . Eravamo in tanti e tanta era pure l'emozione per una dipartita inattesa ed improvvisa . Non di meno io continuo ad immaginarmela seduta su una poltrona del soggiorno della casa paterna in Vico Plebiscito ; eccola accanto alla finestra che si affaccia sull'Orto Cozzarelli , poco distante da un tavolino colmo di compiti da correggere, di riviste e di romanzi della letteratura contemporanea di cui era lettrice assidua. Annamaria era letteralmente legata alla sua casa e caparbiamente s 'era battuta affinché, dopo il terremoto dell'Ottanta, fosse ricostruita " com'era e dov'era ". Ricordo con quanta trepidazione ne seguiva la riedificazione quasi archeologica, dopo lo scampato pericolo di una sua cancellazione per ragioni urbanistiche; sapere, poi, che era suo fratello, giovane architetto a seguire passo passo il ritorno alla vita di quell'immobile, la rassicurava non poco. Sarà nostalgia per un mondo che si dilegua ma per le persone nubili o celibi rappresentarsi nella mente la propria esi-

stenza per fotogrammi che dall'infanzia si spingono fino all'anzianità, ridà tanta linfa vitale perché anche le cose più insignificanti ti parlano e si raccontano. Chissà quante volte Annamaria avrà spalancato le finestre sulla pergola del sottostante orto che muta il colore del suo fogliame coll'avvicendarsi delle stagioni , tra le voci amiche dei coloni radicati in quel pezzo di paradiso verde dall'alba fino al tramonto. .... La " strettola " dell ' Arco dei Cozzarelli che si precipita su Vico Plebiscito, dal quale si avvertono chiare le voci di bambine, ragazzi che giocano e schiamazzano tra il Piano e il Piazzino . A quell'epoca le amicizie erano molto selettive e marcate dai confini del quartiere .:quelli del Piano erano perciò una sorta di sodalizio che durava una vita intera . Ecco il Piazzino del "Guardio", dove gli oleandri fanno a gara per diffondere nell'aria il loro aspro profumo che tiene lontani i fastidiosissimi insetti estivi su cui regnano incontrastate le zanzare ..... un piazzino di forma rettangolare che accoglie lungo le balaustre della terrazza pubblica le panchine gradite a chi è in cerca di fresche brezze nella stagio-ne afosa .. E poi il terrazzino superiore sul quale insiste il bar Romualdo , il mitico caffè della Caposele bene con le porte di vetro, le pareti di un bianco folgorante , le poltroncine ed i tavo-lini verde pisello , e l'enorme biliardo rivestito di panno verde scuro Sono questi i luoghi che Annamaria ha sempre serbato nel cuore : essi come in tutte le saghe familiari dei romanzi di costume, sono una specie di casseforti nelle quali custodiamo gioie ma anche dolori, quei dolori che talvolta diventano il combustibile della nostra esistenza. E di dolore se n'è consumato nella famiglia Sena nel 1959, quando venne a mancare il capofamiglia che aveva avviato allo studio le sue figlie ancora mino-

IN MORTE DI LISANDRO SPATOLA

renni; a partire da quell'anno si misurerà la forza e la determinazione di sei donne che a cavallo degli anni 50 e 60 scommetteranno su un futuro migliore per loro ma anche e soprattutto per il loro fratellino. Annamaria in quegli anni conseguirà con successo la licenza di scuola media che le consentirà frequentare l'Istituto Magistrale Teresa Confalonieri di Campagna. Diplomatasi maestra elementare già nel 1957 la vedremo impegnata tra i banchi in veste di insegnante . E dico tra i banchi perché Annamaria non ha mai amato cattedre e lavagne, convinta che la partita in classe la si debba giocare in interazione continua con gli alunni. Erano quelli gli anni della forte alfabetizzazione di in epoca repubblicana; con una varietà di strumenti e di approcci lo Stato si impegnava a diffondere una robusta istruzione di base in un'ottica di modernizzazione del Paese. Annamaria la ritroveremo nella scuola sussidiata di Pianigrandi, poi nel plesso montano di Boninventre e in tanti incarichi di supplenza. Nel 1967 sarà vincitrice di due concorsi, uno speciale e l'altro ordinario e con titolarità di cattedra prima a Caposele capoluogo, poi a Pasano ed infine senza soluzione di continuità sempre a Caposele Annamaria ha cresciuto intere generazioni, accolte in prima ancora nude e crude e licenziate in quinta ormai robuste e pronte ad affrontare il successivo grado d' istruzione . È stata sempre un punto saldo di riferimento per tanti di noi che ci affacciavamo al primo insegnamento ; sempre generosa nel trasmettere esperienze e competenze da lei costruite con rigore scientifico e con la curiosità professionale di chi vuole superare se stessa , nella convinzione che la Scuola muore se si fossilizza La sua abnegazione d'altra parte era nota come noto era il suo rispetto dei colleghi.

di Alfonso

Certo soffriva un po' quando avvertiva che la Scuola di un tempo era al tramonto e quella che si affacciava all 'orizzonte non era del tutto convincente. Erano appassionate le discussioni con Pini', Cenzino, Sisina, Rinuccia ed in genere lei lasciava il segno di un tocco di classe Era nemica delle perdite di tempi e di certa moda burocratizzante che sottraeva impegno ad una genuina azione educativa. Che dire ancora dì Annamaria , se non che negli ultimi anni ha ingaggiato una lotta impari con le trappole di cui è disseminata la vita ? Registrare la morte improvvisa del suo amato fratello nello stesso mese in cui va in pensione, subire gli ulteriori colpi infami della sorte che si accaniscono prima su Elena e poi su Maria Antonietta che cosa le avrà provocato nel profondo dell'anima? Sicuramente un terremoto di quelli che sconquassano l' esistenza nitida, pacifica ed ordinata di chi accetta la vita come inevitabile testimonianza . Io di rado ho visto Annamaria dopo che è andata in pensione; le colleghe che hanno continuato a frequentarla, mi hanno sempre parlato di lei con la soddisfatta convinzione che lei non aveva perso la sua sensibilità e la sua vitalità. Spesso mi chiedo se mai è possibile alleggerire il peso dei ricordi di chi non c'è più, richiamando nella mente i soli momenti più belli. ... Ma poi mi convinco che la vita non è un libro dal quale è possibile strappare le pagine tristi e conservare quelle gioiose : il romanzo va letto dall' inizio alla fine . La vita di Annamaria è stata spesa utilmente ed in caso essa è di insegnamento a tanti di noi che ne avvertono la sua assenza .

di Gerardo Ceres

Din Don Da. Din Don Da. Din Don Da. E’ così calato il sipario sulla vita terrena di Alessandro Spatola. Non poteva calare se non accompagnato dal suono delle campane, delle sue campane. Appena raggiunto dalla notizia della sua morte, nella mente ho cominciato ad avvertire il rintocco tipico di quelle che lui ha fatto risuonare per decenni tra le vie di Caposele e le contrade del primo tratto della valle del Sele. Lisandro per almeno 40 anni è stato il messaggero di un’intera comunità. Infatti, egli ha annunciato le belle notizie, col “tocco a gloria”, così come le cattive notizie, col “tocco a morte”. Per questo, ma non solo, resterà indimenticabile nella memoria di tutti i caposelesi. Mestiere nobile ed antico il suo, che non ha trovato continuità. Tant’è che dopo la certificazione della sua cardiopatia, la parrocchia di S. Lorenzo ha dovuto adeguarsi a meccanismi elettromeccanici. Possiamo, dunque, considerare Lisandro come l’ultimo campanaro di Caposele. Ma la mitezza di Lisandro lo ha caratterizzato nel suo rapporto con le persone. Quando passava per strada non si sottraeva mai ad una considerazione di giornata o ad un semplice saluto. Lui era custode di capacità, oggi si direbbe di carattere autistica. Ricordava le date di nascita di centinaia e centinaia di caposelesi. Anche la mia. Si avvicinava, chiudeva a coppetielli le dita della mano destra e, a mo’ di toc toc, la rivolgeva al petto e aggiungeva: “Gerardo Ceres, 12/5/1962”. Come con me, lo faceva –appunto- con tantissime altre persone. Lui aveva una passione: amava la radio. Radio Caposele, prima di ogni altra, e poi anche Radio Mpa di Palomonte. L’amava così tanta che, quando invitato da Salvatore Conforti, non si sottraeva a partecipare alle trasmissioni in diretta. Oppure quando io lo invitavo nelle mie trasmissioni come "GuitarBar" o "The doors of the night". Proprio stamane, tra una telefonata di lavoro e l’altra, sono andato a riascoltare alcune registrazioni di Erreci Club, imbattendomi in una “Tombolata radiofonica” del 1992, che resta un mirabile esempio di fare radio comunitaria. Ed egli faceva parte, da protagonista, di quella comunità. Lui era mite ed umile: un valore assoluto nella società confusa e contraddittoria di oggi. La sua prematura morte ci impoverisce. Impoverisce Caposele. Egli era diventato, a suo modo, un personaggio. Ma soprattutto una persona perbene. Lo salutiamo, come se stessimo davanti al microfono della radio, mentre le campane suonano a gloria. Vogliamo che gli siano risparmiati i rintocchi “a morte”, perché i “serafini del cielo” lo accoglieranno per far festa. La festa per chi le feste le ha annunciate ed accompagnate. Con i suoni della gloria. Addio, Alessandro Spatola. Per noi semplicemente Lisandro.

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Merola


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propri eventi felici.

La redazione de "La Sorgente" è a vostra disposizione per tutto il materiale che VOI ci inviate in tempo utile prima dell'uscita del giornale. le foto publicate sono il segno della vostra collaborazione.

Dicembre lieto nella famiglia Rosania. Marianna Rosania in data 16/12/2015 ha conseguito la Laurea in Scienze Statistiche presso l’Università Sapienza di Roma, discutendo un’interessante tesi su “L’analisi dell’Activity Based Costing attraverso un modello di simulazione discreta”, relatore il prof. Paolo Dell’Olmo. Alla neo dottoressa i migliori auguri di un radioso avvenire, ricco di soddisfazioni personali e professionali da parte del fratello Francesco, dai genitori Rosaria e Giuseppe e da tutte le persone che le vogliono bene. In aggiunta, sono seguiti i festeggiamenti per il conseguimento della se-

conda Laurea Magistrale, Indirizzo Pedagogico-Didattico, di Rosaria Mastalia con la discussione: “Il Metodo di Paulo Freire e l’Educazione alla Pace nell’Era della Globalizzazione”.

Giorni Lieti

All'università La Sapienza di Roma si è laureato in Statistica Gestionale Daniele Lombardi. Da Caposele i nonni Pino e Agnese gli augurano un brillante avvenire.

Rocco Lenza di Luciano e di Maria Filomena Cuozzo nato il 5.01.2016

Il 23 maggio 2016 è nata la piccola Fede Malanga. Auguri alla piccola ed ai genitori Giuseppe e Gerarda Russomanno

Il giorno 3 Luglio scorso, nel magnifico salone del ristorante L'Angolo Verde, è stato festeggiato il battesimo di AURORA CONFORTI

di Salvatore e di Stefania Ceres Laurea Gerardo Monteverde

07-08-1976 07-08-2016 Festeggiamo 40 anni di matrimonio di Papà Salvotore Cracolici e mamma Amendola Caterina. Facciamo i nostri più affettuosi auguri: i figli Giovanni e Mariangela, Alda e Giuliano, Francesca e Gianluca, le nipotine Sofia Giulia e Carol, tutti i parenti e amici.

Silvia Ceres di Angelo e Anna Vignola

16/07/2016 Festeggiamo il compleanno di Sofia Giulia Castellano...tantissimi auguri alla nostra principessa per i suoi 4 anni da papà Gianluca, mamma Francesca e dalla piccola sorellina Carol, dai nonni, zii e amici tutti. 07/08/2016 Castellano Gianluca e Cracolici Francesca battezziamo la nostra piccola arrivata Carol insieme alla sorella Sofia Giulia, ai compari Michele Donatiello e Antonietta Imbriale, alle famiglie Cracolici Amendola e Castellano Rosati e a tutti i parenti e amici che ci vogliono bene

Il 5 giugno Marco e Carlo Russomanno di Angelo e Rosetta, hanno compiuto 5 anni. Gli auguri da tutti i parenti. In foto con lo zio Niky Russomanno

Sara Cuozzo di Pasquale e di Italia Pasquariello nata il 5.0.2016

Raffaele Aiello e Anna Cibellis Nozze d'Argento 1512-2015

Nel giardino di casa Guerrera, Elodia e Nicole hanno festeggiato il loro compleanno. Auguri affettuosi dai nonni Nicola e Italia

Patrizia Lina Del Guercio, prima autista donna del servizio pubblico a sfidare le pericolosità della tratta della costiera amalfitana. Da pochi giorni Patrizia è diventata un simbolo. Auguri

Mariangela e Alfonso Sposi

Rosalinda Nesta Laurea in graphic design 16.12.2015

Antonella Grasso e Tonino Acone Sposi

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Ricordo

Salvatore Di Napoli, una vita spesa per una scuola viva, al servizio del territorio

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uando io e Salvatore ci incontrammo per la prima volta, in quel lontanissimo 1 ottobre 1969, sembrava unirci solamente l’età, essendo nati io a febbraio e lui ad aprile del 1955. Tutto il resto ci faceva diversi: io di Sant’Andrea e lui di Calitri; lui figlio di due maestri, io di un macellaio ed una casalinga; io impegnato nei campi e con il gregge, lui cittadino; io amante della musica anglosassone, lui amante di De André; lui di destra, io di sinistra ( e questo era il modo più rapido per definirsi, all’epoca!) Tutto faceva pensare ad un’amicizia impossibile, ed invece, grazie alla nostra genuina assenza di presunzione ed arroganza, ci fu intesa immediata: debbo a lui la scoperta e l’ascolto di De André a casa sua; così come grazie a lui scoprii l’arte della fotografia, che praticava col piacere dell’alchimista: quando in quarta liceo, la Preside di Maio ci propose i primi corsi di formazione pomeridiani, tra quello di educazione sessuale e quello di fotografia, lui non ebbe dubbi a frequentare il secondo; io per darmi più aree, il primo. Per parte mia, mettevo a disposizione della classe una certa naturale predisposizione nello scrivere, nel risolvere problemi o versioni di latino e Salvatore – che era seduto proprio dietro di me – non faceva resistenze a chiedermi un ausilio, quando necessario. Nei dibattiti in classe, mai banali, spesso avevamo posizioni ideologiche opposte, ma, proprio come cantava Venditti, tutto finiva al bar Ruspa, poco distante da scuola, dove Nietzsche e Marx si davano la mano e parlavano insieme.. del futuro e di tante altre cose, che non avremmo mai finito di dirci, per oltre 45 anni, fino al giorno in cui si è sentito male. Finito il liceo, andammo entrambi all’Università di Napoli, ove le nostre vite sembrarono dividersi, avendo lui scelto, con la sua Carmela, di studiare Biologia ed io Medicina. Ma essendo morto mio padre l’anno precedente, ebbi qualche difficoltà personale e..passai a Biologia, ove nel giro di un paio d’anni eravamo di nuovo assieme ad affrontare l’esame di Fisiologia Generale con il prof Sergio Di Meo, vero terrore della Facoltà, poiché non indicava mai i libri di testo da studiare per gli esami. Fu in quella occasione che potemmo far leva sulla nostra amicizia e sperimentare le nostre caratteristiche umane e le abilità organizzative: decidemmo, io, lui, la sua Carmela ed un’altra amica, di aiutare tutti i colleghi del Corso, stampando gli appunti del professore che convincemmo a fornirceli per iscritto per poi passarli, noi, su matrici che stampavamo col ciclostile della Facoltà.

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di Gerardo Vespucci IL MIO RICORDO DI 45 ANNI DI AMICIZIA E DI COMUNE IMPEGNO PER LA SCUOLA

Non nascondo che, oltre a dare prova della nostra generosità e disponibilità, apprezzata in particolar modo dai colleghi, riuscimmo a compiere anche la nostra prima impresa economica e finanziaria, vendendo, a 5000 lire l’uno, centinaia di appunti!! Salvatore si laureò sul finire degli anni settanta, prima di me, e così ci perdemmo di vista, un’altra volta: egli, infatti, bruciò ogni tappa, tra gli amici del vecchio liceo, e riuscì, in volata, a sposarsi, avere figli, mettere su, con Carmela, il laboratorio di analisi cliniche Fleming, che tanta importanza ha avuto per il territorio altirpino, oltre che calitrano. Ma a Salvatore interessava la scuola e così, rinunciando a più lauti guadagni, si avviò verso l’insegnamento: io feci l’identica scelta, anche se in provincia di Potenza, mentre lui era in provincia di Avellino, e pertanto le nostre strade si erano di nuovo separate! Nel 1990, dopo dieci anni di insegnamento tra Venosa, Melfi, Muro Lucano, era maturata in me la necessità di saldare il mio impegno politico culturale a Sant’Andrea ed in provincia di Avellino con la mia attività di docente dei licei: del resto, era ormai diventata consapevolezza diffusa l’esigenza di collegare la scuola con il territorio e di passare dalla scuola del Ministero alla scuola dell’Autonomia; e così tornai in provincia, insegnando le scienze nei licei di Nusco e di Caposele. E fu così che incontrai nuovamente Salvatore: lui insegnava alle medie di Caposele e i miei alunni del liceo erano stati in precedenza i suoi: quante volte ho potuto costruire le conoscenze su solide fondamenta e quante volte ho provato anche un poco di sana gelosia perché gli allievi più bravi lo rimpiangevano! Non voglio dirlo per piaggeria, ma il nostro binomio costituì un saldo vascello nella rotta degli studi di decine di ragazzi, diventati nel tempo, con le loro lauree scientifiche, la vera risorsa di Caposele e oltre. Così i nostri scambi divennero più intensi, e ad ogni incontro pubblico era sempre in prima fila a prendere la parola e a propugnare il rinnovamento della scuola pubblica; l’innovazione della didattica; l’introduzione delle nuove tecnologie; la sperimentazione di una scuola laboratoriale, al solo fine di assicurare il diritto alla gioia a SCUOLA! ( come Salvatore ha scritto su FB poco tempo fa) Per meglio uscire dal conformismo degli anni che furono, giocava a fare il reazionario, ma non ci riusciva, e spesso le posizioni più progressiste erano le sue. Ecco perché mi sono convinto, e non da ora, che il suo sforzo ( fisicamente inteso, come purtroppo si è visto) per costruire una scuola nuova e di qualità, ovunque insegnasse - oltre Caposele penso che molto abbia dato alle scuole medie di Lioni - fosse espressione di una innata voglia di cambiare il mondo con le armi della cultura. Con tali premesse, non suoni strano, per questo gigante buono sedicente di destra, un richiamo addirittura a Gramsci. Infatti, secondo il giovane Gramsci - che lo scriveva il 29 gennaio 1916 - la cultura non è sapere enciclopedico, è cosa ben diversa «La cultura è organizzazione, disciplina del proprio io interiore, è presa di possesso della propria personalità, è conquista di coscienza superiore, per la quale si riesce

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a comprendere il proprio valore storico, la propria funzione nella vita, i propri diritti e i propri doveri» E con queste identiche ispirazioni Salvatore ha vissuto fino in fondo l’Autonomia scolastica, contribuendo a creare una scuola visibile, perché incide, nella realtà circostante, perché capace di farsi penetrare dalle istanze del territorio, superando l’autoreferenzialità tipica della vecchia scuola della trasmissione dei saperi, uscendo dal localismo e guardando al globale senza trascurare il locale. Negli ultimi giorni della Fiera di Calitri, di metà aprile scorso, ebbe modo di esprimere tutto il rifiuto del campanilismo, parlando di arcipelago e non di isole, facendo quasi risuonare i versi cinquecenteschi di J. Donne: “Nessun uomo è un'Isola, intero in se stesso. Ogni uomo è un pezzo del Continente, una parte della Terra”. Nel 2005 partecipò, come me, al Concorso per Dirigenti scolastici, mosso dalla mia stessa voglia di applicare ad un contesto più significativo le proprie idee ed energie: lo vincemmo entrambi, anche se lui dovette attendere un anno per avere la sede. Quindi, io scelsi l’istituto Superiore Maffucci di Calitri, a lui toccò la sua scuola di un tempo, l’Istituto Comprensivo di Caposele: non conosco i suoi veri sentimenti di allora, ma ricordo che ogni volta che ci incontravamo sull’Ofantina, in direzioni opposte, mi salutava felice di partire per la sua scuola. So che la scuola di Caposele gli deve molto, ma so anche che ha dovuto gestire con sapienza l’integrazione con Calabritto e Senerchia, per tutto quello che implica creare un rapporto di reciproco riconoscimento tra diversi collegi docenti, con un territorio che, per quanto simile, è comunque differente. Ed anche in tale occasione, il caso ci ha rimessi insieme: fui nominato Commissario ad acta di Caposele per predisporre gli atti che portassero alla elezione del nuovo Consiglio di Istituto, unico per le due scuole di partenza Caposele e Calabritto. Ogni volta, Salvatore mi chiedeva se volessi analizzare con più attenzione gli atti da lui predisposti; io ogni volta gli rispondevo, mi fido di te! So che non avrebbe mai voluto lasciare Caposele, e spesso, con me, lo ha rimpianto, ma quando a Calitri, per il pensionamento del Dirigente scolastico, Silvano Granese, che lo aveva preceduto anche a Caposele, si liberò la Presidenza, pensò che fosse l’ultima scelta che la vita scolastica gli potesse offrire, per chiudere in bellezza il suo impegno, al servizio del paese che tanto aveva amato ed onorato. Calitri! Ed è così che due anni fa ci siamo incontrati di nuovo, a Calitri, dove tutto era iniziato, 45 anni fa! Si è buttato animo e corpo nel nuovo incarico e pensava che avremmo assieme dovuto fare grandi cose, per Calitri, per l’Alta Irpinia, e soprattutto per i ragazzi, che dall’infanzia in poi avrebbero potuto godere del diritto alla conoscenza ed alla migliore formazione. Salvatore non ha saputo risparmiarsi e spesso con me trovava il modo per scaricare lo stress. Lo facevamo lamentandoci entrambi dello scarto esistente tra le nostre idee e l’impegno complessivo di tutti gli altri che, nonostante la nostra passione, restavano indifferenti.

Ed ancora una volta ho pensato che Salvatore avrebbe sicuramente sottoscritto quel famoso ed abusato pensiero di Gramsci: «Odio gli indifferenti. L’indifferenza è il peso morto della storia. È la palla di piombo per il novatore, è la materia inerte in cui affogano spesso gli entusiasmi più splendenti […] è la materia bruta che si ribella all’intelligenza e la strozza» E lui non si è arreso, neanche di fronte agli insuccessi. Per smuovere le coscienze dei suoi docenti non ha esitato a fare uso anche della provocazione come quando, richiamando il libro di Maurizio Parodi, "Basta compiti!" ha scritto su FB: «E’ questa la sfida vera per i docenti “IMPARARE A NON INSEGNARE”, così il docente si trasforma in un promotore di creatività. Non è colui che trasmette un sapere bell’e confezionato, un boccone al giorno; un domatore di puledri; un ammaestratore di foche. E’ un adulto che sta con i ragazzi per esprimere il meglio di se stesso, per sviluppare anche in se stesso gli abiti della creazione, dell’immaginazione, dell’impegno costruttivo in una serie di attività che vanno ormai considerate alla pari: quelle di produzione pittorica, plastica, drammatica, musicale, affettiva, morale, cognitiva (scientifica, linguistica, sociologica), tecnico-costruttiva, ludica, nessuna delle quali sia intesa come intrattenimento o svago al confronto di altre ritenute più dignitose.» Insomma, Salvatore si è rivelato vero visionario della didattica, non solo incoraggiando ogni seria sperimentazione, ma costruendo strumenti di analisi scientifica e spingendo i suoi docenti verso l’autovalutazione, rischiando persino l’incomprensione. In questo strano giochi di specchi, tra di noi, mi è toccato prima lavorare con lui per la continuità tra medie e superiori di Calitri; poi far parte del suo Comitato di Valutazione per il Bonus premiale dei docenti ed infine, sostituirlo nella sua scuola come Dirigente, per il tragico evento del maggio scorso. Ho avuto modo di condividere la sua vitalità, il suo entusiasmo ed anche il suo affetto immediato nei miei confronti, ugualmente ricambiato. Ma ho avuto modo di apprezzare soprattutto gli effetti del suo buon governo sulla qualità dei lavori collegiali, sui rapporti interpersonali e sulla efficacia delle azioni messe in campo. Ad un amico Dirigente che pochi giorni fa mi ha chiesto un giudizio sulla bontà dell’Istituto Comprensivo di Calitri, in vista di un eventuale suo trasferimento, per rassicurarlo ho detto: “andresti in uno dei migliori Istituti Comprensivi della provincia” ed ho pensato al lavoro dei tanti protagonisti, ma soprattutto a quello di Salvatore. Che non doveva lasciarci tanto presto, soprattutto perché serviva a dimostrare che una buona scuola è possibile e che i DS non solo non sono la controparte, ma spesso, proprio come Salvatore, non risparmiano neppure la propria vita pur di portare avanti, come si usa dire, la Mission della scuola. Ora è tempo di andare, caro Salvatore, e a te, che spesso sorridevi delle mie citazioni, dedico queste parole di Guccini: addio amico venuto per un momento appena, addio giorni andati in un soffio; ciao, giovinezza.


Almanacco Giorni Tristi Salvatore Del Malandrino nel ricordo di un suo nipote Quella di nostro nonno è la storia di un grande uomo di famiglia, un gran lavoratore. Di recente mi ha raccontato che da giovanissimo andò a mietere il grano in Puglia per un pasto e qualche lira. Il problema, lui mi diceva, non era il lavoro duro ma era che lì a lavorare o far finta di lavorare c'erano anche i furbi che non appena si accorgevano che il pasto, pane e cipolle, era arrivato, si allontanavano di nascosto e si mangiavano tutto. E gli altri, gli onesti e lavoratori, incluso mio nonno, rimanevano a digiuno. Allora mi ha raccontato che lui prese da parte il padrone e gli disse: "qua la osa accussi' nun funziona, viri tu ch'vo fa, ma nui p’ fat'a amma puru mangia". E si fece così portavoce di tutti quelli che come lui erano rimasti a stomaco vuoto. Questo breve racconto racchiude le sue grandi qualità che tutti noi abbiamo ammirato. Il suo amore per il lavoro duro e la terra, la sua onestà, il suo essere portavoce di chi non è in grado di far sentire la propria voce, la sua fierezza, la sua bontà e generosità. Dopo qualche anno, dalle campagne del sud Italia partì con la valigia di cartone alla ricerca di fortuna in Svizzera. A quel tempo non esistevano i trolley e le valigie p’savano cum nu t’rramotu, ma per un uomo forte come lui attraversare a piedi i venti binari della stazione di Milano per prendere il treno per la Svizzera era una vera e propria passeggiata. Dopo anni a lavorare in giro all'estero e per Italia è ritornato finalmente a casa dalla sua famiglia e dalla sua terra. E’ ritornato non perché aveva perso la voglia di lavorare, ma perché il male che ha caratterizzato quasi venti anni della sua vita si è ripresentato. Lui non si è fatto abbattere ed ha affrontato con forza di volontà e coraggio le difficoltà. Per anni ha avuto appuntamento tre volte a settimana con quella macchina per la dialisi che gli dava vita ma anche dolore. Poi finalmente è arrivato il giorno del trapianto che lo ha fatto rinascere. Ogni giorno, però, venti e più pillole lo aspettavano; non so come facesse a ricordarsi di tutti i diversi tipi. Lui con precisione svizzera li prendeva così come gli erano stati prescritti e se ne ricordava sempre. Orgoglioso com'era, quando andava alle varie visite voleva andare da solo per non essere di peso a nessuno. In tutti gli anni della malattia e fino a pochi mesi fa usava ancora la motozappa come fosse un ragazzo, un ragazzo di una volta, con una forza antica. Io dopo nemmeno dieci minuti ne sarei uscito distrutto. Quando tornava dalla campagna la sera tardi dopo una lunga giornata di lavoro e doveva scaricare qualcosa dalla macchina per portarla in casa, capitava che trovasse la strada chiusa alla Sanità, magari per una festa di paese o un altro avvenimento. Ma lui riusciva sempre ad arrivare davanti a casa sua con la macchina. E come fai nonno, gli chiedevo. Lui mi rispondeva fiero: “I so’Malandrino, mi fann passa". E io a sentire le sue storie mi facevo grosse risate. Ci mancherai tanto, ma ci ha lasciato molto di più. Eri cosi orgoglioso della tua famiglia e dei tuoi nipoti. Noi tre, io, Bettino ed Emiliano vivremo con il tuo esempio sempre ben presente nella mente per renderti ancora più orgoglioso mentre ci guardi da lassù. Ti ricorderemo sempre così forte, fiero, onesto, buono e generoso. Oggi è un giorno di celebrazione della tua vita, di quello che ci hai dato e di quello che ci hai lasciato. Grazie Nonno

Zia Rosa, fa male non vederti, ma molto di pù il non vederti sorridere. Il tuo sorriso ci riempiva di felicità. Eri una donna speciale, con una grande voglia di vivere, immensamente bella nella tua semplicità e spontaneità. Ed è così che noi ti ricorderemo: come una piccola stella pulsante di vita che splenderà per sempre nei nostri cuori. Lucia Meo 10/03/195204/07/2016]

Rosa Curatolo 19.09.1924 - 01.06.2016

Filomena Lallo 26.08.1926 - 15.12.2015

Per Nicolina Conforti

"Una donna è vento quando vola, e come il vento, niente mai la fermerà,non si disperderà..." Resterai nei nostri cuori per sempre Zia!

La dolcezza trasparente di una donna dipinta in un sorriso. Il tenace affetto di una madre che trepida per i suoi figli. E poi, l'amore cristallino di una moglie ćhe ha saputo coltivare nel suo tenero cuore il fiore della Memoria.

Grazie di cuore a chi ricorda donna Memena. Dire che era una gran donna è sicuramente poco. Mi riempie il cuore di gioia sapere che verso di Lei mostrate questo grande affetto. Donna esemplare, costernata e vissuta da un’ immensa gratitudine verso chicchessia. Grazie ancora. Il figlio Nicola

Nicolina Conforti 24.10.1932 - 18.12.2015

Giuseppe Curcio 01.05.1924 - 21.03.2016

Fiore Nisivoccia 20.07.30 - 21.06.2016

Rocco Curcio 08.09.1938 - 09.05.2016

Maria Carola Repole 29.11.1915 - 16.06.2016

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Salvatore Merola 23.12.1937 - 02.04.2016

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Fare

Turismo

Materdomini La nuova Basilica

Via degli Aragonesi - (nuova toponomastica)

Piazza Di Masi - il fontanino

Piazza F. Tedesco - la Madonnina e il borgo.

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Chiesa di San Lorenzo - interno


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