PERIODICO A CURA DELL'ASSOCIAZIONE TURISTICA PRO LOCO CAPOSELE FONDATO da NICOLA CONFORTI NEL 1973
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Reg.Trib. S.Angelo dei L. n.31 del 29.1.74 - Sp. in A.P. art.2 comma 20/c L.662/96 Dir. Comm. Avellino -sem.- Anno XLIV -
facebook La Sorgente Caposele
DICEMBRE 2017 -Direttore Nicola Conforti
confortinic@gmail.com
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EDITORIALE
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FOTO archivio CONFORTI
EDITORIALE
icembre 2017. La Sorgente compie il suo 44° anno di vita. Per la prima volta, dopo tanti anni, qualche difficoltà legata a varie situazioni particolari, ha fatto temere un ritardo nella presentazione del giornale e quindi di saltare questo numero. Fortunatamente dopo questo piccolo accenno di “fibrillazione” dovuto a stanchezza o forse ad una “crisi di crescenza”, la Sorgente ha ripreso a correre con più vigore e forza di prima, pronta a risalire la china e, senza rinunziare agli standard di qualità raggiunti nel tempo, puntare diritto al prestigioso traguardo dei 100 numeri. Anche questa Sorgente, malgrado le difficoltà iniziali, si presenta ricco di articoli, interessante per i temi trattati, bello nella forma e, come sempre, puntuale nel rispetto delle date di uscita. Il tema dominante, riscontrabile nelle varie pagine del giornale, riflette un po’ il clima che si respira da qualche tempo, dovuto all’imminenza delle prossime elezioni amministrative. In tutti gli articoli che si occupano di politica locale, si avverte l’auspicio per un futuro diverso e di superamento dei tanti ostacoli e problemi accumulati negli anni scorsi. Tutti si augurano un cambiamento di rotta ed un impegno serio e concreto a favore del nostro Paese. Da parte nostra, parliamo della Sorgente, puntiamo in particolare ai tanti problemi irrisolti del Turismo. Dai futuri amministratori ci aspettiamo, al di là delle promesse elettorali, dimostrazioni di vero attaccamento per il nostro Paese. Dare cioè l’importanza che meritano alcuni problemi che rappresentano i punti di forza e di partenza per un turismo non soltanto religioso. Ripristinare la cascata della Madonnina, valorizzare l’intero parco fluviale, sistemare in via definitiva la pavimentazione della strada principale del paese, riprendere i lavori del parcheggio, valorizzare lo svincolo di Materdomini. E tanto altro ancora. Sosterremo con forza coloro che si faranno carico di questi problemi. Speriamo bene.
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LETTERA AI LETTORI
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Caro amico lettore, la lievitazione dei costi di stampa e di spedizione ha messo in seria difficoltà il normale proseguimento del nostro lavoro. Per mantenere lo” standard “ di qualità raggiunto in questi ultimi anni di pubblicazione è necessario un contributo straordinario da parte di tutti i veri amici di Caposele e de "La Sorgente".
Confidiamo nel tuo appoggio e siamo certi che non ci farai mancare il tuo incoraggiamento. Con tale auspicio porgiamo a te ed alla tua famiglia i più cordiali saluti. Il Direttore Ing. Nicola Conforti Caposele 10 Dicembre 2017
Per inviare un contributo intestare:
Associazione Turistica Pro Loco Caposele Conto Corrente Postale~
n. 14947832
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IN COPERTINA
Chiesa Madre, interno
Causale: "contributo a la Sorgente"
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Direttore Nicola Conforti
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Anno XLIV - Dicembre 2017 N.95
Caro Direttore, mi riferisco all'editoriale del giornale "La Sorgente" nr.94 agosto 2017. Esternavi con grande tristezza l'annuncio del tuo commiato dal giornale. Io, comunque con enorme dispiacere leggevo l'editoriale e contemporaneamente tanti pensieri vagavano nella mia mente. Il ricordo di tante battaglie affrontate e vinte, spesso accompagnate da critiche non sempre benevoli, anzi molto spesso cattive, hanno un po’ intralciato il cammino, di per sé già molto gravoso, per portare avanti l’ impegno assunto con te stesso e con i Caposelesi. Alla fine vince sempre l’audacia, la passione e la volontà. Nulla ti ha fermato. Io, quale,”gregario e compagno di avventura," ho appreso molto da questa esperienza, contribuendo sia pure in piccola parte al tuo appassionato e defaticante lavoro. Purtuttavia penso che stai per commettere un grave errore nel lasciare la direzione del giornale. E' pur vero che l'età avanza e la salute lascia a desiderare; però la saggezza, il bagaglio di 'esperienza acquisita, l'equilibrio e la capacità di affrontare e risolvere le varie situazioni non incidono sulla salute e sull'età. Perciò, caro ingegnere, mi permetto di esortarti a un ripensamento e rientrare nella mentalità di continuare nella "DIREZIONE" anche perchè sei circondato da un nutrito ed efficiente gruppo di cosidetti "redattori" che collaborano in una maniera magnifica e concreta nella realizzazione delle 56 (cinquantasei) pagine del giornale. Come dicevo, ripensamento è anche frutto di intelligenza, e riflessione . Tu che sei stato un maestro di riflessione e di moderazione, devi far ancora prevalere il tuo proverbiale equilibrio, specie in un particolare momento come quello attuale in cui versa la situazione sociale e politica del nostro paese. In definitiva, nella vita non bisogna, mai porre i limiti alla PROVVIDENZA. Con fiducia, ti auguro un sereno ritorno alla DIREZIONE del giornale "La Sorgente Affettuosamente, Antimo Pirozzi
Pro Loco Caposele Caro Direttore, in un primo momento, quando mi anticipasti la tua intenzione di lasciare la direzione de “La Sorgente”, pensai un po’ disorientata, di non divulgare la notizia nemmeno in associazione, sperando in un tuo ripensamento. Poi però, quando inviasti a tutti noi redattori, l’anteprima dell’editoriale di commiato, pur comprendendo e condividendo le tue motivazioni quali decisioni serie e sofferte, ho deciso, insieme a tutto il direttivo della pro loco Caposele, di non rassegnarmi all’idea e di cercare, discutendone, una modalità che ti permettesse invece di continuare quantomeno a collaborare e non a distaccarti totalmente, come sembrava volessi fare, da quello che ho e abbiamo sempre identificato come il tuo progetto più appassionato e appassionante: il periodico di Caposele, La Sorgente! Non era ancora il tempo, non riuscivamo a pensare ad un nuovo assetto e, in realtà, ci siamo accorti subito di non essere certo gli unici a sentire questa esigenza: Le tante, tantissime testimonianze di sgomento, preoccupazione e vicinanza, hanno confermato i nostri sentimenti e così organizzammo quell’incontro in sede durante il quale, una volta di più, ti esternammo l’apprezzamento per il tuo lavoro e il nostro pensiero rispetto al legame praticamente indissolubile che esiste tra te e il tuo operato di direttore, un legame che riteniamo debba rimanere tale e che pertanto, oggi vuole che tu attinga alle riserve di spirito, di passione e abnegazione ove quelle di vigore fisico fossero un po’ limitate, e ti permetta col nostro maggiore supporto, di continuare insieme questa opera meritoria. Così hai scelto di fare fortunatamente e, ringraziandoti affettuosamente per questo essere tornato sui tuoi passi, abbiamo intrapreso nuovamente il cammino verso le prossime pubblicazioni, convinti tutti che saranno tante, particolari, belle e sempre dedicate alle vicende del nostro amato paese. Grazie davvero caro, per tutto quello che hai sempre fatto e che farai ancora per questo giornale, per questa associazione e per la nostra comunità. A presto, direttore! Con la stima e l’affetto di sempre. Concetta Mattia
Cultura
Fin quando ci saranno storie da raccontare vorrà dire che la vita non trascorre, come mai è trascorsa, invano. Specie nelle piccole comunità, in un tempo che si arricchiva di conversazioni e di teatralità. Di questa ricchezza continuiamo a scandire questo viaggio, riportando alla memoria aneddoti e personaggi che hanno segnato la vita lungo le sponde del Sele e che qui riportiamo con le “volute” colorature per strappare un sorriso. Non me ne si vorrà, come sempre, per alcuni necessari adattamenti narrativi.
PARTE XIV
(Il banditore)
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’era un tempo in cui la sola forma di pubblicistica e di informativa veniva affidata a figure oggi del tutto scomparse. Erano i banditori. Ogni comunità ne aveva almeno uno. Il banditore, a Caposele, più conosciuto e ricordato, se non altro perché l’ultimo, è stato Giuseppe Amendola.
Infatti, Pepp’ lu bannitore, con la sua voce flebilissima e per nulla baritonale, per molti anni ha calpestato i lastricati delle vie, dei vicoli e delle piazze di Caposele per fare i suoi annunci. A quel tempo ancora non v’era, come oggi, il mercato settimanale del mercoledì. Gli ambulanti si presentavano in giorni non stabiliti e fissi della settimana e davano incarico a Pepp’ di segnalare la loro presenza e la mercanzia messa in vendita sul banco predisposto nell’attuale piazza XXIII novembre, allora piazza D’Auria. Gli annunci avevano generalmente la stessa struttura e lo stesso tono: “miezza ‘a la chiazza è arruvatu lu scarparu, scinniti e affacciativi, li prezzi so’ buoni e p’ tott ‘r sacc’ “. La voce sottile sapeva essere un suono di violino capace di perforare timpani e pareti. Quella del banditore era la sola voce ufficiale della comunità, come se la sua fosse, in scala ridotta, la Gazzetta Ufficiale. L’annuncio aveva, in questo senso, una sua indiscutibile credibilità. E il banditore aveva uno status che lo qualificava come persona dabbene, per quanto umile. E Pepp’ quanto ad umiltà ne aveva da vendere. Fuori dal compito ufficiale di “annunciatore per il popolo” egli
faceva il prestatore d’opera a giornata come spaccalegna. Lo si poteva incontrare sovente nei vicoli e negli spiazzali intento a taglia e spaccare la legna per le famiglie più facoltose: ore ed ore di lavoro senza mai fermarsi. Ma nonostante questo, per le persone, lui era solo e soltanto “lu bannitore”. Ci fu, tuttavia, una circostanza dettata non dalla goliardia ma dalla fragilità della mente di un noto professore di liceo classico che, in un atto di dissociazione psichica, intese o tentò di rubare il mestiere a Peppu’. Sul finire degli anni settanta, in alcune giornate di un agosto cocente, per le vie di Caposele fu avvertita una voce insolita. Non era quella di Peppu’. Con a tracollo due scamorze e qualche salame, con una montatura di occhiali “professorali” e con voce alterata e tonante, da un uomo quasi calmo si sentì diffondere il seguente annuncio: “ miezza ‘a la chiazza è arruvatu lu cuntursanu, ca venne furmaggi e salami, nun p’rditi tiempu ca si no funiscin’ “. Ugualmente nei giorni seguenti altri annunci vennero fatti dalla stessa persona. Pepp’ se ne preoccupò a tal punto che manifestò a qualche amico il suo dispiacere per quella sottrazione di funzione. In realtà, qualche giorno dopo, si scoprì che il professore non aveva da nessuno avuto l’incarico di fare il banditore. Semplicemente, aveva provveduto a comprare le mercanzie e, per gioco, aveva voluto vestirsi di un ruolo non suo. Ebbe anche modo di fermare per strada il soppiantato Pepp’ Amendola e dirgli: “vedi, io ho voluto dimostrare che, io, professore di latino e greco, posso anche fare il tuo mestiere, ma che tu, banditore, non potrai mai insegnare latino e greco”. E, ridendo sonoramente, si allontanò prendendo la via di casa, sotto la Pietra dell’Orco. Pepp’, forse, non ebbe chiaro il senso del sillogismo propostogli dal professore, ma certo che avrebbe ripreso ad essere lui, solo lui, il banditore di Caposele, guadagnò – leggero - anche lui la via di casa.
(Le bancarelle)
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’è stato un tempo, a Caposele, in cui la vita all’aperto si era dotata di due luoghi, a loro modo simbolo di un nuovo modo di concepire lo stare insieme. Erano le due bancarelle di piazza D’Auria, quella del “Cinema Sele”, che occupavano due dei tre angoli dell’agorà moderna. Una era gestita da Vincenzo Russomanno, Carluccieddu, e l’altra da Antonietta Tobia, "la Paccia". Il primo aveva una clientela pomeridiana, più tradizionale e matura, mentre la seconda si rivolgeva ad una clientela notturna, più giovanile e moderna. Visto il clima particolare di Caposele, i due chioschi (in caposelese definite bancarelle) svolgevano la loro attività da maggio a fine settembre. Soprattutto il fine settimana, la piazza si animava di presenze, nel corale svolgersi del rito dello sdruscio, molto rinomato ed invidiato dai valliggiani dei paesi prossimi a Caposele. La bancarella di ‘Ndunetta offriva più di un motivo per sostarvi, sia perché era adiacente alla via nova del passeggio, con la possibilità di osservare ed essere osservati, sia perché capitavano fatti e discussioni di cui si sarebbe parlato anche nei giorni successivi. In qualche modo ‘Ndunetta poteva essere considerata come un’innovatrice, avendo predisposto il chiosco in modo da poter fare panini, toast, vendendo pizzette, birre anche non nazionali, si ascoltava musica: insomma è stata una precursora di quelli che abbiamo conosciuto, negli anni a seguire, come pub o paninerie. Le birre, come il resto delle bibite, venivano rigorosamente raffredate dall’acqua della fontana posta sotto la casa del maestro Cenzino e non di rado capitava che ‘Ndunetta doveva uscire dalla
di Gerardo Ceres
bancarella con un grande coltello per sventare qualche improvvido furto. Alcune domeniche, Colomba ‘r Cafaio, che a lato della fontana provvedeva a vendere lupini o fette di angurie, svolgeva anche la sorveglianza per conto di ‘Ndunetta. N’dunetta aveva però un punto debole. Era letteralmente pazza d’amore per lo zio paterno di un mio caro amico. Questa circostanza ci rese un poco “paraculi”, nel senso che tutto ciò che ordinavamo ci veniva offerto. A distanza di anni posso confessarlo: ne approfittavamo consapevolmente. ‘Ndunetta è stata un simbolo del decennio che ha preceduto il terremoto del 1980. Dopo il sisma collocò la sua attività in un prefabbricato al villaggio Fornaci, il Lux Caelestis, ma - per più ragioni – iniziò la parabola discendente, vittima anche della paranoia e delle paure dell’anima. Rimasta sola dopo la scomparsa del padre, ha consumato la parte finale della sua vita in una casa di accoglienza nella zona di Paternopoli, lontana dal paese natio, che non può non menzionarla tra i personaggi che hanno animato la vita di Caposele, prima che finisse un’epoca e un’altra ne cominciava.
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eventi e...
...non solo
Record di partecipanti ala corsa dei tre Campanili. Ben 130 atleti, provenienti da tutta la Regione hanno preso il via a questa "classica" del podismo
Donatella Malanga la sera della premiazione
3 Caposelesi campioni, premiati per le loro prestazioni
Cettina Casale e Giusy Meo alle prese con le matasse
Nicola Di Domenico, campione europeo con i suoi piccioni viaggiatori
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portanti e l'augurio che possa sempre, come fa trattare bene i volatili che gli danno (e adesso anche a noi) tante soddisfazioni.
APERTA AL PUBBLICO LA STRUTTURA TURISTICA “IL GIARDINO DEI CILIEGI” Dall’inizio dello scorso ottobre, in località Piani, è in funzione l’area pic-nic denominata “il giardino dei ciliegi”. La struttura turistica polivalente ha, oltre allo spazio attrezzato con tavoli, panche e altro per cucinare e pranzare, annesso uno spazio per la vendita di prodotti agricoli locali di produzione propria. All’interno dello spazio potrete trovare nello specifico: tavoli coperti con panche; barbecue per ogni tavolo; area giochi per bambini; parcheggio; servizi igienici; acqua potabile; campetto da pallavolo. I gentili proprietari, la sig.ra Antonetta Di Masi con tutta la sua famiglia, saranno a vostra disposizione anche per attività di campeggio o per l’organizzazione di feste e/o convegni per i quali è disponibile un locale coperto di oltre 80 mq. e un eventuale servizio catering. Dall’inizio del prossimo anno l’area sarà compendiata anche da una pista per i cavalli.
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La mini corsa dei più piccoli, per la gioia delle mamme Facciamo i nostri migliori auspici per questa iniziativa che migliora la strutturazione e offerta turistica del nostro comune e il livello dei servizi, cosa che non può che farci piacere! Ad majora Il giardino dei ciliegi vi aspetta! Per info e prenotazioni 338.3085078 – 345.2721805
Sossio Aurilia e Margherita Di Masi, proprietari del "Giardino dei ciliegi
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piccioni viaggiatori sono considerati purosangue del cielo e vengono pagati in base alla velocità, alla loro resistenza e alla loro capacità di svolgere il proprio incarico. I piccioni viaggiatori sono in grado di viaggiare per 600 miglia al giorno. Come riescano a ritornare a casa è uno dei misteri della natura. E' una passione infinita mantenerli e preparali alle gare nazionali ed internazionali. E' quello che fa un nostro compaesano che possiede centinaia di piccioni da gara che amorevolmente e con tanta passione vengono accuditi per le gare e per pura passione. E' Nicola Di Domenico di Caposele che vince anche tante gare nazionali ed internazionali. Non è proprio come il gioco del Calcio, ma bisogna comunqe dare atto ed onore a Nicola che negli ultimi tempi vince delle belle prove con in suoi piccioni viaggiatori. Per esempio nell'ultima gara internazionale in Polonia (555km) raggiunge il 2° posto e possedendo il miglior colombo tra gli 835 partecipanti, porta i colori dell'Italia e di Caposele all'apice della classifica. Chi l'avrebbe mai pensato che Caposele esprime un campione europeo di questa taratura? A Nicola auguriamo altri successi im-
IL GIARDINO DEI CILIEGI
La pagina del Presidente
Da capodanno a natale
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n questo periodo, siamo generalmente presi dal fare bilanci più o meno positivi, resoconti, paragoni ecc. e ci sta, è nel corso delle cose e, per quanto poi queste spesso non cambino molto dopo il 31 dicembre, ci ritroviamo a riflettere su quanto e quante cose vorremmo che cambiassero nel prossimo anno, oppure a sperare che alcune cose non cambino mai…a volere di meglio, di più, di meno, di smettere, di ricominciare e via così, ognuno seguendo i propri desideri e speranze. Praticamente nessuno si sottrae a questo rito sociale collettivo e farò pertanto anch’io, sicuramente, le mie buone analisi, i miei buoni propositi e magari anche qualche “proclama” ma quest’anno, in ossequio al mio modo di intendere la cittadinanza operativa e solidale e anche rispetto ai diversi ruoli di rappresentanza che sto modestamente ricoprendo, ritengo sia giusto fare qualche riflessione in più, più generale, che riguardi non solo il mio di futuro ma quello di tutta la Comunità in cui vivo. Non posso e non possiamo tutti, far finta di non sapere che il prossimo anno, essendo un anno di scadenza elettorale, sarà per Caposele un’ennesima possibilità di svolta, di cambiamento, un anno con una scadenza (a breve termine, visto che le elezioni si prevedono per la prossima primavera) che impone una riflessione e una responsabilità quanto più collettiva possibile che analizzi con onestà mentale, per quanto si abbia un’opinione anche precisa della storia amministrativa locale, tutti gli avvenimenti passati per poter poi scegliere le alternative possibili, le idee in campo, le strategie, gli obiettivi concreti per migliorare la qualità della vita nel nostro paese, partendo dal presupposto che sia questo il compito della politica organizzata ma sempre di più, anche di ogni singolo cittadino. Facciamo dunque i nostri bilanci di fine anno, prepariamoci per passare nel migliore dei modi la settimana da Natale a Capodanno ma, cari tutti, bisognerà impegnarsi sempre più concretamente a discutere quali dovranno essere i progetti per Caposele da Capodanno a Natale! Ovviamente i partiti e i raggruppamenti politici locali hanno già iniziato ad incontrarsi tra di loro, per immaginare scenari e definire strategie, del resto, non manca molto ma, personalmente, credo che il problema più grande (per alcuni versi però
di Concetta
Mattia
I temi, le responsabilità, le esigenze di una comunità sono tante e a volte complesse, serve ponderare e cercare di prevenire ogni tipo di deriva e preferire gli slanci creativi, la lungimiranza, la positività, la concretezza, l’attenzione, la professionalità, l’attaccamento e la passione per l’impegno. E allora, cari concittadini tanti auguAl tavolo della presidenza, Gerardo Ceres, Nicola, Salvatore Conforti e Concetta Mattia ri a tutti noi, con un pensiero e un’attenzione maggiore verso chi non potrà presenta la metodologia più complicata anche il meno evidente) che ci si rifesteggiare, alla solidarietà necessaria, che però, verrebbe supportata dall’avetrova a dover affrontare, e non solo alla vicinanza, ai diritti ma anche ai re un obiettivo ampio e comune per il in politica, sia lo scollamento cultudoveri, ai desideri di felicità e di reaquale impegnarsi. rale, sociale e materiale dei cittadilizzazione, alla loro soddisfazione, al Ora è il tempo per provarci, per riproni dalla cosa pubblica, la mancanza rispetto delle regole, delle persone e varci se credete e la Pro Loco Caposele, quasi totale e della quasi totalità dei del territorio! nel suo piccolo ci sarà e continuerà ad cittadini di Caposele di interessarseTutti auspici che valgono, e insieme esserci come da oltre quarant’anni, per ne. Negli ultimi anni, e sì, diamo andobbiamo pretendere di far valere, non il suo territorio e la sua gente. che la colpa ai tempi che corrono ma solo in queste due settimane di ineChiederemo a quanti vorranno imè evidente una serie di errori che per briante festa, ma, nei nostri interessi, pegnarsi, da amministratori o cittadini, quanto non possono essere riferibiper tutti gli anni a venire. di venire a confrontarsi pubblicamente li solo ad una parte o ad un gruppo Buone feste per Caposele! per realizzare programmi e discutere (ovviamente pure le responsabilità idee e progetti per il futuro. sono differenziate e alcuni ne hanno Parteciperemo alle iniziative simili più di altri) ma comunque oggi ricache altri vorranno organizzare. dono su tutta la comunità che risulta Chiederemo di costruire insieme spesso quasi disamorata rispetto ai percorsi anche alternativi tra loro per temi della qualità della vita, dei serfarli correttamente scegliere alla gente, vizi, dello sviluppo comprensoriale facendo in modo che abbiano una base del nostro territorio quanto di quello comune di discussione e non di scontro, locale, quasi non ne sentissero la nefacendo in modo che si possa scegliecessità e nemmeno la responsabilità re un progetto a lungo termine e una che invece è e deve sempre esserne squadra che lo realizzi per e insieme ai parte integrante. cittadini. Io credo che questo rapporto, tra Non si riproponga l’idea dell’ulchi vorrà amministrare e chi dovrà tim’ora dello stratega di turno che, un essere amministrato, dovrà essere gruppo pure assemblato all’ultimo miricostruito quanto prima e che tanto nuto si ritroverà poi a dover realizzare. tempo ed energie dovranno essere Anche se è stata cosa necessaria in spese in questo senso! passato, questo modo di fare, con tutto Per quanto mi riguarda da cittadiil rispetto, non dà i risultati sperati. no e ancor di più ci riguarda, come Abbiamo già dato. storica associazione culturale votata alla promozione e alla valorizzazione turistica, saremo promotori di questo riavvicinamento, cercando di realizzarlo, in questa fase, attraverso momenti e occasioni di incontro e confronto pubblico, facendo proposte e dando la nostra disponibilità per la costruzione di un modo nuovo di intendere e volere che il nostro amato paese funzioni meglio e per tutti. Senza pretese ne giudizi di parte ma contribuendo con quel minimo di esperienza che abbiamo realizzato sul campo, commettendo errori (solo chi non opera – anche se poi è il primo a chiacchierare o a giudicare – non ne commette) e trovando altre soluzioni. Spesso ho detto e scritto che “insieme” per le nostre realtà, è la parola chiave da praticare anche se ovviamente rapAnno XLIV - Dicembre 2017 N. 95
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di Concetta Mattia Spazio antistante il Museo delle acque, recentemente pavimentato
VALORIZZATO IL PARCO DEL MUSEO DELLE ACQUE DI CAPOSELE
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ompletato un altro segmento delle attività finanziate dal progetto FestivalART, giovani per il paese dell’acqua riguardante la valorizzazione di una delle strutture del SIMU Caposele, il museo delle acque nello spazio del quale, sono state realizzare alcune opere edilizie volte al miglioramento della fruizione pubblica di questo spazio. E’ stata, nello specifico, rifatta la pavimentazione, rinnovati pozzetti e griglie di copertura dei canali di scolo delle acque, sistemato e ridipinto il cancello d’accesso, ridipinte la panchine, i cassonetti ed altro arredo urbano e sistemati i marciapiedi dello spazio antistante. Pur non avendo molti fondi a disposizione per questo tipo di attività, siamo riusciti grazie innanzitutto alla richiesta di diversi preventivi ma soprattutto alla disponibilità di chi poi ci ha fatto il preventivo migliore, l’impresa edile Sozio Lorenzo, che come associazione capofila di progetto vogliamo ringraziare anche in questa sede per disponibilità, elasticità e attaccamento all’iniziativa che ha svolto tutte le lavorazioni previste e diverse migliorie per poter arrivare ad un miglioramento generale dello spazio che è stato riconsegnato e a disposizione di tutta la nostra comunità. Un altro passo verso il miglioramento generale delle aree museali di Caposele, sempre nella speranza che si metta a sistema l’offerta turistica locale e si possa finalmente, come si sta cercando di fare coi ragazzi che partecipano al progetto, dare concrete opportunità lavorative a chi decidesse di impegnarsi in questo settore strategico.
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l 25 novembre scorso presso il salone parrocchiale il Gruppo Luce d'Amore ha organizzato la festa di accoglienza giovani della parrocchia di Caposele. Il gruppo, così, potrà contare su nuovi elementi che contribuiranno ad organizzare sempre nuove iniziative. Congratulazioni, ancora, per un nuovo anno di attività! Nella foto il seminarista Cristian in un suo intervento
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NUOVA ANNUALITA’ DEI PROGETTI DI ALTERNANZA SCUOLA LAVORO COL SIMU CAPOSELE
UNA SERA PER IL FIUME CON LELLO GAUDIOSI CELEBRATA LA FINE DELLO SCAVO DELLA GALLERIA PAVONCELLI BIS
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na data storica quella del 10.10.2017 che ha visto il completamento della Pavoncelli bis, la galleria di 8 km che completa un lavoro avviato nel giugno 2012 e che, una volta ancora, determinerà la massima sicurezza per l’approvvigionamento idrico della Puglia sostituendosi alla vecchia condotta. La necessità di costruire questa nuova galleria emerse all’indomani del terremoto del 23 novembre 1980, da allora ad oggi la vecchia galleria è in esercizio non senza problemi vista la storica impossibilità di ripararla e mantenerla operativa senza interrompere l’approvvigionamento idrico. Per festeggiare degnamente l’evento, lo scorso 24 ottobre è stata poi organizzata dalla struttura commissariale di Governo (coordinata dall’ing. Roberto Sabatelli) una manifestazione alla presenza del ministro Graziano Delrio e del sottosegretario Umberto Del Basso De Caro. Per onestà nei confronti del direttivo dell’associazione che presiedo e di quanti altri lo hanno notato, devo ammettere, almeno in questa sede, di essere rimasta un po’male, non dispiaciuta più di tanto (per ovvie ragioni) ma certo stranita, che tra i tanti e anche “tanto eterogenei” inviti a partecipare alla cerimonia organizzata, sia mancato quello alla nostra associazione e al Forum dei giovani, (non so se anche altre realtà) e non ho compreso la motivazione di certe dimenticanze ma solo perché, come pure abbiamo commentato coi ragazzi, in generale ad eventi del genere, sarebbe stato il caso di invitare tutta la comunità e le associazioni, a maggior ragione, quelle che sono votate da sempre, alla valorizzazione del territorio e delle sue risorse. Un’occasione di confronto persa, peccato. Speriamo che ora, procedendo verso l’ultimazione dei lavori si ripristinino le infrastrutturazioni territoriali investite dall’intervento, come ad esempio le strade e si operi nel senso consigliato (dalla Pro loco Caposele in particolare) e sbandierato (dalla struttura commissariale e dall’impresa appaltatrice) della mitigazione ambientale del pozzo A e di tutta l’opera, cercando di ottimizzare e compensare nel miglior modo il nostro territorio, perché per quanto sia fondamentale e strategica l’opera, altrettanto necessaria è la sua corretta e sostenibile integrazione .
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o scorso 7 settembre la nostra sala polifunzionale ha ospitato un tappa del tour di Lello Gaudiosi, presidente dell’associazione “Amici del Sele”, che ha l’obiettivo di mostrare, tramite il filmato “Canti alla bellezza”, il fascino degli angoli più reconditi del fiume Sele. Il nostro amico, artista-ambientalista ha, in quest’occasione, sollecitato proposte per l’incremento della disponibilità idrica del fiume. Buona l’occasione di presentare ai cittadini intervenuti, il suo ultimo accorato cortometraggio “Canti d’amore alla bellezza” sempre dedicato al fiume e un documento di richieste per le comunità della Valle del Sele e per il presidente della Regione De Luca, col quale continuare a chiedere l’impegno di preservare la sorgente “Tredogge” da ulteriori captazioni per la salvaguardia del fiume. Una serata che ha ben messo insieme l’arte, l’impegno sociale e quello ambientale a difesa del nostro territorio.
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' stato distribuito durante la manifestazione "Un albero per tutti" il calendario 2017 dedicato a Caposele e alle immagini belle del Paese. Vi invitiamo ad acquistarlo anche per dare un contributo alla causa benefica dell'associazione che raccoglie, ogni anno, una DISCRETA somma da destinare alla ricerca sul cancro.
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nche questo nuovo anno scolastico ci ha visto come operatori del sistema museale comunale, sul fronte dei progetti di alternanza scuola-lavoro. Siamo stati ricontattati sia dal liceo Medi di Battipaglia, che inizierà tra qualche tempo che dal liceo linguistico di S.Angelo dei Lombardi che invece ha già iniziato il percorso “Per imparare a leggere e divulgare il territorio: l’accoglienza turistica” che sta svolgendo la sua seconda annualità per perfezionare le attività avviate precedentemente. Rimane l’obbiettivo generale relativo al miglioramento della capacità dei ragazzi di leggere ed interpretare il territorio e le sue emergenze artistico-culturali che, agggiunto la base culturale data dal liceo linguistico, rappresenterebbe una valida opzione lavorativa. Dopo l’esperienza di accoglienza ed accompagnamento di gruppi in visita e l’utilissima attività di traduzione, di tutto il materiale descrittivo delle strutture del SIMU Caposele nelle lingue inglese, francese e tedesco, oggi i ragazzi stanno realizzando un report fotografico e un filmato delle emergenze turistico naturalistiche locali che poi dovranno associare ad un messaggio turistico finalizzato a visitare questi luoghi e ad una base musicale, anch’essa selezionata e mixata col loro particolare gusto. Tutto per realizzare un vero e proprio videomessaggio plurilingue di promozione turistica del SIMU Caposele che andrà ad aggiungersi ai prodotti già realizzati dai ragazzi del progetto Festivalart, sempre finalizzati al miglioramento dell’offerta turistica locale. Piccoli passi ma concreti e utili. Grazie ai ragazzi, alla loro disponibilità, creatività e capacità messa a disposizione di questo territorio!
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a nuova Rappresentante degli Studenti del Liceo di Caposele è la cara Aurora Cetrulo. Facciamo un grande augurio ad Aurora per questo importante e spesso delicato incarico che saprà svolgere sicuramente in maniera ottimale! Ad Maiora semper!
Scuola
ECCOCI
ISTITUTO COMPRENSIVO DE SANCTIS CAPOSELE CALABRITTO SENERCHIA
PRESENTAZIONE A CURA DEL DIRIGENTE SCOLASTICO GERARDO VESPUCCI
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’undici settembre, in anticipo di tre giorni sulla data ufficiale, ha avuto inizio il nuovo anno scolastico, 2017-18, il secondo della mia Presidenza: quest’anno, però da titolare! Per questa ragione, ho pensato bene di salutare in auditorium l’intera comunità scolastica, dalle famiglie agli alunni al personale tutto, cercando di indicare i punti essenziali dellavisione della scuola che anima la mia azione quotidiana. AUDITORIUM DI CAPOSELE Il primo giorno di scuola dell’anno scolastico 2017-18 Ho cercato di contenere al massimole idee che mi reggono nel lavoro di direzione, sintetizzando quanto più possibile il mio saluto, che qui riassumo con questi titoli: 1. La scuola è il momento magico della crescita degli alunni: alla scuola spetta il compito di far emergere le qualità di ogni allievo per meglio potenziarle. 2. L’arte è lunga e difficile e l’errore è necessario per apprendere. 3. La famiglia i docenti la scuola sono impegnati dalla stessa parte per il bene dei figli. 4. La scuola e il territorio si sostengono a vicenda: insieme vivono, insieme rovinano. Ma, in una società post materiale come la nostra dove la realtà virtuale e le immagini la fanno da padrone, la scuola è anche, se non soprattutto, comunicazione; con linguaggio più ufficiale, diremo che è rendicontazione all’esterno, essendo espressione massima di un bene essenziale della vita pubblica. Ecco perché Noi siamo qui, su queste pagine, perché vogliamo che tutti quelli che leggono la Sorgente, non solo di Caposele, ma dell’intera Valle del Sele ed oltre, possano sapere come vivono l’esperienza didattica i loro figli, i loro nipoti, i loro concittadini. 1.I ragazzi delle classi terzedi Caposele, Calabritto, Senerchia, il giorno 19 ottobre hanno partecipato all’uscita didatticaagli impianti fotovoltaici di Serre Persano, un punto di riferimento dal punto di vista tecnologico, economico e della storia energetica italiana. Collegata alla rete nel 1994, infatti, questa centrale è stata il primo impianto fotovoltaico di Enel in Italia, ed è rimasta a lungo la più grande d'Europa con 3,3 MW di potenza installata. Dal 2011, inoltre, in seguito a lavori di ammodernamento, Serre Persano opera con 6,6 MW di capacità installata ed è in grado di produrre 9 milioni di kWh l'anno. I ragazzi guidati dai docenti e dagli ingegneri dell’Enel Green Powerhanno visitato l’impianto. Gli ingegneri ne hanno spiegato il funzionamento e risposto alle curiosità degli alunni. Si è affiancato all’esperienza didattica un momento ludico, coinvolti da animatori, in giochi edattività ricreative sul tema dell’energia, i ragazzi hanno vissuto una giornata speciale.
2. Il 26 ottobre 2017, i ragazzi della Secondaria di I° grado di Senerchia sono stati coinvolti in un’uscita didattica all’Oasi Valle della Caccia filmata da una troupe televisiva della RAI. Il tema del servizio: i giovani e l’educazione all’ambiente.L’Istituto Comprensivo F. De Sanctis ogni anno promuove nell’ambito delle proprie attività progetti finalizzati all’educazione ambientale per sensibilizzare i giovani alla cura e all’amore per i beni ambientali e paesaggistici del proprio territorio. Questa è stata per loro un’occasione interessantissima per dimostrare le proprie competenze. I ragazzi, guidati dai docenti, dalla guardia ambientale e dalla guida naturalistica dell’Oasi, con l’assessore alla cultura del Comune di Senerchia, hanno percorso i sentieri dell’Oasi naturalistica fino alla cascata Acqua Bianca. Sono stati coinvolti attraverso il gioco all’osservazione dell’ambiente naturale e delle sue specificità, intervistati dalla giornalista della RAI, Antonella Maffei, hanno vissuto un’esperienza formativa speciale e si sono anche divertiti. 3.Tutti a scuola di...CODING, prime esperienze di coding nell'Istituto Comprensivo di Caposele. Grande coinvolgimento ed entusiasmo hanno riscosso le attività di avviamento al pensiero computazionale proposte negli eventi del 19 e 21 ottobre 2017, nell'ambito delle iniziative dell'Europe Code Week 2017, la settimana europea del coding promossa per favorire l'organizzazione di eventi ludici e formativi che avvicinino giovani e giovanissimi al pensiero computazionale e al problemsolving. Gli alunni della Scuola Primaria di Caposele, Calabritto e Senerchia dell'Istituto Comprensivo Statale “F. De Sanctis” hanno avuto l'opportunità di sperimentare, nei laboratori multimediali dei tre plessi dell'istituto, un approccio logico alla programmazione, in maniera immediata, intuitiva e piacevole. L'Animatrice Digitale dell'Istituto Insegnante Adele D'Alessio, organizzatrice degli eventi, referente e coordinatrice delle attività,ha accolto nelle due mattinate alunni e docenti delle diverse classi e, dopo la visione di brevi e divertenti video di introduzione al Coding, ha invitato gli alunni ad effettuare, in coppia al pc, alcuni esercizi didattici, mirati e graduali, mediante l'utilizzo della programmazione visuale e l'ausilio di blocchi grafici da movimentare con meccanismi di tipo "drag and drop", in modo da poter osservare e correggere il risultato degli algoritmi progettati per le azioni di personaggi accattivanti di videogiochi o cartoni animati conosciuti dai bambini. I bambini che si avvicinano al coding non sono più fruitori passivi ma diventano soggetti attivi della tecnologia, piccoli produttori di tecnologia.
Visita degli studenti all'Oasi della Caccia di Serra Persano,punto di riferimento dal punto di vista
tecnologico, economico e dellstoria
4. Il giorno 27 ottobre 2017, le classi terze della Secondaria di I° grado di Caposele, Calabritto e Senerchia hanno partecipato al Convegno: I giovani e il lavoro, che si è tenuto a Calabritto nell’Aula Consiliare, della casa municipale. Hanno partecipato rappresentanti politici, i dirigenti prof. Gerardo Vespucci e prof. Sergio Siciliano, imprenditori del territorio. Imprenditori di successo, dirigenti di società come ACCA e Solar Power, hanno testimoniato la loro esperienza personale, di grande successo, pur vivendo in un territorio che presenta tante difficoltà per l’occupazione giovanile. L’iniziativa imprenditoriale e lo spirito d’iniziativa potranno essere di esempio per i nostri giovani per realizzare il sogno di un futuro migliore. 5.Nei giorni 22 e 23 novembre gli studenti dell’Istituto Comprensivo F. De Sanctis hanno assistito alla proiezione di Loving Vincent, presso il Cinema Multisala di Lioni. Il lavoro congiunto di docenti e delle funzioni strumentali ai viaggi di istruzione ha consentito la visione del film già presentato nelle grandi sale cinematografiche, esclusivamente in tre giornate di ottobre. Loving Vincent è il primo lungometraggio interamente dipinto su tela è stato realizzato elaborando i quadri dipinti del pittore Vincent Van Gogh e composto da migliaia di immagini create nello stile del pittore realizzate da un team di 125 artisti che hanno lavorato anni per arrivare a un risultato originale e di enorme impatto.
Un lungometraggio poetico e seducente che mescola arte, tecnologia e pittura, si è aggiudicato il Premio del Pubblico all’ultimo Festival d’Annecy. Un prodotto estremamente originale, che attraverso l’animazione dei dipinti ha coinvolto i nostri giovani studenti nell’esperienza tormentata dell’autore e allo stesso tempo liha introdotti nel suo mondo visivo, emozionale e artistico sollecitandoli alla riflessione e alla critica.
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La foto dei ricordi Amato e Rosetta Patrone con Ferdinando Mattia, Amato, Alfredo e Raffaele Alagia Andrea Iannuzzi e Pasquale Corvino amici per la pelle
Cenzino Russomanno e Pietro Pallante Cerimonia di montaggio della Campana. Sono presenti, da sinistra: Prezioso Galdi, Tonuccio Corona,Cenzino Malanga, Lorenzo Caprio, Cenzino Cozzarelli, Angiolino Conforti, Tiruccio (R’Giosa Gerardo Bruno, Gerardino Freda (l’esattore), Gerardo Cirillo, Rocchino Petrucci e Gerardino Farina
Armando Russomanno (r’ Mieuzu) suonatore di organetto
Agosto 1990: Il preside Lorenzo Malang presenta il libro di Santorelli “IL fiume Sele ed i suoi dintorni. E’ presente il Sindaco dell’epoca Alfonso Merola. Salvatore Iannuzzi e il suo trombone
Una foto del 1979 Trasferta con raduno davanti casa Mattia a Brugherio (Mi) per un gruppo di caposelesi in occasione della partita Avellino - Inter, qui da sinistra verso destra:Rocco Russomanno, Rocco Mattia, Gerardo Casale, Pierina Casale, Gerardo Casale, Anna Casale, Tania Mattia, Antonio Sena, Pietro Spatola, Manlio Sturchio (accosciato), Rodolfo Cozzarelli, Gennaro Caruso e Salvatore Cione
Agnese Malanga e Gerardina , amiche inseparabili
Manlio e Vincenzo Di Masi: calciatori di ottimo livello
I GIOVANI E LE SFIDE DEL PRESENTE
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ingrazio il direttore Conforti per aver, ancora una volta, dato spazio, su questo importante periodico, alla voce dei giovani e a chi prova a rappresentarli. In un momento storico in cui la diffidenza verso le istituzioni, soprattutto da parte della comunità giovanile, diventa un problema che assume dimensioni sempre più significative e gravi, il Forum dei Giovani di Caposele ha cercato di avviare un processo di sensibilizzazione verso tematiche che potessero essere di orientamento e di risposta alle problematiche sociali e politiche. Nello specifico, nell’ambito del bando ‘Verso Nuovi Orizzonti’, promosso dal Forum della regione Campania, a cui abbiamo partecipato in collaborazione con i Forum di Oliveto Citra, Calabritto e Lioni, abbiamo organizzato due seminari incentrati sul binomio Giovani-Lavoro. Nel primo incontro, focalizzato sull’orientamento universitario, lo spirito di leadership e le competenze trasversali ricercate nel mondo del lavoro e patrocinato dal DIIN e dal servizio placement dell’Università degli Studi di Salerno, sono intervenuti Luigi Nataloni, manager nella multinazionale Cargill, Marco
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Maroncelli Cerquitelli, ingegnere presso Cargill e Marco Stoller, professore del dipartimento di ingegneria chimica presso l’Università La Sapienza di Roma. Nel secondo incontro, invece, si è posta l’attenzione sulle misure e le opportunità previste dall’Europa a favore dei giovani e dell’imprenditorialità giovanile mediante un seminario formativo in cui sono intervenuti Giuseppe Caruso, presidente del Forum Regionale dei Giovani, Marco Lamonica, membro dell’associazione di progettazione MusicalMente e Ferdinando Finale, vicepresidente di Europportunity. Inoltre il Forum dei Giovani, in una visione aperta e collaborativa, ha dato il proprio supporto ad altre associazioni locali, partecipando con la Pro Loco Caposele e l’ARS, all’organizzazione della sagra dei fusilli e delle matasse, della corsa dei tre campanili e della stralaceno; con il Comune di Caposele alla definizione dell’idea progettuale per il bando ‘Benessere Giovani’; con l’Olimpia Caposele alla realizzazione del progetto ‘Un’idea per il campo Liloia’ e del primo memorial in ricordo di Rocco Sista; in ultimo, ha collaborato con la Pubblica Assistenza Caposele in merito al progetto 'Onde Arancioni' e
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con l’associazione ‘Un albero per tutti’ nei tre giorni dedicati ai mercatini di Natale. Oltre alle attività tenutesi a Caposele, il Forum dei Giovani, con l’obiettivo di realizzare una rete di confronto e cooperazione con il territorio provinciale e regionale, ha preso parte al ForumDay-stati generali delle politiche giovanili della provincia di Salerno, che si è svolto a Giffoni Valle Piana e al dialogo strutturato organizzato, ad Avellino, dal Forum regionale; due importanti eventi che hanno visto coinvolti più di 300 giovani, provenienti dall’intera regione Campania, in momenti di dialogo e progettazione finalizzati alla realizzazione di proposte poste all’attenzione delle istituzioni regionali. Importante, in questa direzione, anche la partecipazione di un membro del Forum, Giovanni Viscardi, al progetto Erasmus plus, in rappresentanza del Forum Regionale dei Giovani nel sud della Spagna, con l’obiettivo di promuovere, oltre all’esempio regionale di coordinamento, esperienze locali di partecipazione attiva e di intraprendere idee progettuali da pianificare nell’immediato futuro a livello locale, regionale ed europeo, in nome delle politiche giovanili.
Un ultimo evento, a conclusione dell’anno corrente, sarà organizzato in collaborazione con Libera, associazione che combatte le mafie, che, a seguito di un momento di confronto sul tema, darà al possibilità ai presenti di tesserarsi. Queste le più importanti attività promosse dal Forum nei pochi mesi successivi al rinnovo del direttivo che hanno permesso di distinguerci e di risultare, ad oggi, tra i Forum più attivi dell’Irpinia; l’auspicio è di continuare in questa direzione, puntando a colmare la distanza tra i giovani e le istituzioni, sperando in una sempre maggiore partecipazione della comunità giovanile del nostro territorio. Vincenzo Russomanno
Turismo
Turismo?
Cosa fare per migliorarlo corre che quest’ultimo si indigni! Io preferisco un cittadino indignato piuttosto che rassegnato. Non alziamo le spalle, per dire che nulla si può cambiare. NO! Occorre anche questo, occorre che ogni singolo cittadino dica No a certi comportamenti scorretti, anzi ogni singolo cittadino dovrebbe essere parte attiva di una comunità come la nostra, cercando non solo di rispettare la cosa pubblica, ma di farla rispettare anche a gli altri, un po’ come fa un fratello maggiore in una famiglia. E deve poter proporre soluzioni ad eventuali problemi, che si presentano. Utopia?Mah forse. Una mia proposta è quella di creare una associazione di commercianti, di Materdomini e Caposele. Questa associazione dovrebbe essere parte attiva nell’ambito turistico, dovrebbe poter proporre, creare eventi, e parte dei proventi dovrebbe poi reinvestirli in attività di promozione turistica. Sarebbe questo un primo passo per poter parlare di unione e collaborazione nel nostro paese. Sarebbe auspicabile anche creare una sinergia con i comuni limitrofi per fare in modo di creare una serie di eventi e di luoghi da visitare, in modo tale da offrire ai turisti un soggiorno ricco ed interessante. Per poter realizzare un progetto di questo tipo, non sono necessari ingenti risorse finanziarie; basterebbe un limitato contributo economico e parte del proprio tempo di ogni commerciante. Per una buona promozione turistica, dovremmo comunque affidarci a persone specializzate, a persone che si occupano di comunicazione e marketing, non possiamo affidarci all’improvvisazione. Nel nostro paese, molti giovani intraprendono sì percorsi universitari, ma purtroppo, quasi nessuno intraprende un percorso in materie turistiche. Avere una certa formazione in questo settore aiuterebbe sicuramente allo sviluppo e alla crescita. Un modo per superare inoltre il dualismo tra i caposelesi e i materdominesi è quello di immaginare i due centri meglio collegati tra di loro . Pensiamo alla strada via Aldo Moro, che collega Materdomini con Caposele, che dovrebbe essere valorizzata, creando un percorso pedonale e ciclabile ben illuminato. Poi, in tutta la zona Piani, andrebbe migliorato l’arredo urbano, anche con la creazione di un parco giochi là dove
attualmente sono situati i cassonetti dei rifiuti. Infatti i bambini di quella zona, purtroppo, non hanno un luogo dove giocare. Il parco fluviale Tredogge andrebbe pulito in maniera ordinaria tutti gli anni, quest’anno infatti abbiamo potuto ammirarne la bellezza, anche di notte, perché sono stati posti dei faretti lungo il corso del fiume, rendendo così il luogo suggestivo. Poi, ci starebbe anche un punto di ristoro stagionale, gestito da giovani. La zona Cantine, in località Catapano, luogo altamente suggestivo, andrebbe valorizzata con interventi appropriati. Lo scorso anno lo Stato ha finanziato con ingenti fondi il recupero di Borghi antichi, Caposele purtroppo non ha saputo approfittare di questa occasione. Sarebbe il caso che il comune istituisse un apposito assessorato che curasse l’intercettazione di Fondi Europei e statali per la realizzazione di progetti, che potrebbero apportare dei benefici a livello economico e sociale. Ribadisco, le cose da fare sono tantissime, tra queste ci sarebbe la creazione di aree parcheggio. Un’area di parcheggio alberato, potrebbe essere creata a Santa Caterina, i turisti potrebbero parcheggiare lì e poi con apposite navette essere accompagnati a Materdomini. Si farebbero due cose buone. Una, verrebbe bonificata tutta la zona che attualmente risulta in
PIANO DEFINITIVO
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volte mi sento come Alice nel paese delle meraviglie, ma solo con l’immaginazione, purtroppo. Nei numeri precedenti ho descritto un po’ di cose da fare a Caposele, e quando parlo di Caposele intendo anche Materdomini, naturalmente, perché io ho sempre inteso che facessero parte di una stessa comunità. Si parla sempre di cambiare le cose, di migliorare, ma se ci fermiamo un attimo e fotografiamo Caposele oggi, con quello di 50 anni fa, ci rendiamo conto che molte cose sono cambiate sì, però in peggio. Infatti non c’è piu il cinema, non c’è piu la piscina all’aperto che era luogo di incontri ludici, non ci sono più Feste ferragostane di una volta. A Materdomini, se il pellegrino bambino vedeva tanti anni fa, suo padre girare intorno al paese per trovare un parcheggio, oggi diventato padre a sua volta si ritrova lo stesso problema. Problema antico, quindi, direi. Si perché se arrivi a Materdomini nei periodi di grande afflusso turistico, verso le 10.00 di mattina, si vedono code interminabili di autovetture fare il giro del paese, in cerca di un parcheggio, disturbando chi invece vorrebbe passeggiare tranquillamente senza spostarsi continuamente e respirando gas di scarico, immaginate i bimbi nei passeggini che sono ad altezza scarico, e non solo, pensate ai disabili che oltretutto non hanno neanche percorsi preferenziali. Inoltre persiste un parcheggio selvaggio su tutto corso Sant’Alfonso, fino al Ristorante Testa. Creando disagi e disordine. Se si scende poi via Santuario, invece, si nota la strada libera, ma i marciapiedi sono occupati dalle attività commerciali, in maniera irregolare. Se si vuole parlare, invece, di cambiamento di miglioramento, allora occorre avere obiettivi comuni. In una società individualista come la nostra dove ognuno pensa al proprio orticello, bisogna lavorare sulla collaborazione , facendo opera di sensibilizzazione con la popolazione , che deve essere interpellata, coinvolta, informata. Lo si può fare anche nel nostro paese, con incontri pubblici, con giornali locali, locandine. Non bastano i social. La popolazione deve essere coesa e quando c’è da portare avanti una battaglia, deve scendere in prima linea. Se ci sono cose che al singolo cittadino non vanno bene, oc-
di Gabriella Testa
netto abbandono, due, contribuirebbe a decongestionare il caos a Materdomini. Un’altra area parcheggio la creerei anche al villaggio Duomo, a Materdomini, bonificherei tutta la zona, togliendo anche i cassonetti dei rifiuti che attualmente regalano un triste spettacolo di degrado. All’inizio dell’articolo ho parlato di disabilità e di mamme con il passeggino, per loro occorrerebbe creare un ascensore che collegasse il parcheggio del Santuario con Corso San’Alfonso, di fronte il Ristorante 7Bello. Potrei continuare con ulteriori proposte, le cose sono tante da fare, e vorrei che tutte le volte che ritorno a Caposele trovassi qualcosa di cambiato, ma tutte le volte mi guardo intorno, e rimango delusa , perché nulla è cambiato. Mi rendo conto che non è facile, ma bisogna provare a cambiare le cose, soprattutto occorre imparare a ragionare per il bene della collettività e non per il bene individuale. Alle prossime amministrative guardiamo i programmi proposti, che non devono essere utopistici ma realizzabili, altrimenti ci ritroveremo fra 30 anni a parlare sempre delle stesse cose. Concludo ringraziando l’Ing.Nicola Conforti, per la sua disponibilità, e la sua tenacia a portare avanti un giornale come la Sorgente che ha scritto parte della storia di Caposele.
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PIANO STRATEGICO E METODOLOGICO
PIANO DEFINITIVO
Caposele aprile 2014
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Il piano turistico di cui il Comune di Caposele già dal 2014 si è dotato. Le line guida e le connessioni con il PUC e con le possibilità turistiche da implementare e ricostruire, si possono dedurre da questo piano e magari, con un po' di buona volontà, attuare. E' l'unico esempio di piano turistico presente in Provincia di Avellino. Partire da questa analisi potrebbe essere un buon inizio.
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Presentazione Sorgente n. 94
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scandisce il trascorrere del tempo
di Francesco Ceres
’ per me un onore presentare il numero 94 de “La Sorgente”, di questo straordinario caso editoriale che da oltre quarant’anni scandisce, qui a Caposele, il trascorrere del tempo. Certo, i contenuti sono importanti – e dopo ci torneremo – ma c’è dell’altro che desta attenzione, curiosità e attesa nei tanti lettori, molti sparsi per il mondo. Vi è di certo la caparbietà dell’ingegnere Nicola Conforti che vi ha messo, per oltre quarant’anni, una cura straordinaria, quasi maniacale e senza pari e senza la quale questo giornale non sarebbe mai esistito o avrebbe avuto solo pochi anni di vita. Ricordo che in occasione di un’altra presentazione fu posto il tema di come un giornale di una piccola comunità sopravvivesse alla crisi della carta stampata, in un’epoca in cui – appunto - internet e i giornali on line hanno preso il sopravvento quasi totale ed asfissiante. Per “La Sorgente” deve valere probabilmente un’altra riflessione. Nel tempo di “un mondo largo”, effetto della globalizzazione anche dei sentimenti, delle opinioni e persino delle pulsioni culturali e politiche, un giornale di comunità ci rassicura, ci rende riconoscibili in quello che credo possa definirsi “senso identitario” che nella o con la “globalizzazione” non sappiamo più ritrovare. Nel mondo ci sentiamo persi e senza riferimenti e quindi abbiamo la necessità di ritrovare ancoraggi identitari certi. Caposele e, quindi, un giornale che se ne fa voce, rispondono a questa necessità. Le storie del passato, le vicende attuali, i racconti su uomini e donne che qui, sulle rive del Sele, hanno lasciato traccia e memoria, le accogliamo come qualcosa che ci appartengono e le sentiamo come fossero nostre. Non riusciremmo a spiegare, altrimenti, come oltre cinquanta persone – che nella vita tutto fanno tranne che i giornalisti o semplicemente i pubblicisti – trovino il tempo e la voglia di mettersi a scrivere per questo giornale e ciascuno offrire il proprio contributo basilare per comporre e stampare 56 pagine, senza pubblicità. Questo è un “valore aggiunto” non rintracciabile in altre analoghe esperienza. E, tuttavia, se questo è stato possibile è pure grazie alla capacità motivazionale che il Direttore Nicola Conforti ha saputo infondere nel tempo, sollecitando e stimolando i tanti collaboratori. Ma per raggiungere questo risultato v’è stato bisogno di una sua grande dote “inclusiva”. Perché i grandi traguardi li si raggiunge, certo, grazie al ruolo di un grande capitano, ma pure col contributo umile e a volte silenzioso di tanti. Penso a quelli che due volte l’anno provvedono a spedire il giornale per il mondo. Con questo numero 94, il Direttore ci comunica il suo commiato dalla guida de “La Sorgente”. Lo fa con uno stile sobrio e secco, quasi privo di emozione, da “english-man”. Già qualche anno fa era stata dichiarata questa sua volontà, poi fortunatamente smentita con la prosecuzione. Vorremmo tanto che fosse così anche questa volta. Ma se così non fosse, ne comprendiamo tutte le ragioni e ne apprezzeremmo comunque lo spirito. Mi sento – nonostante la mia giovane età – di fare mio il suo appello conclusivo rivolto a chi dovrà e vorrà dare continuità a questa esperienza de “La Sorgente”: La mia speranza, scrive il direttore nell’editoriale, è che il giornale conservi l’impostazione originaria e che resti sempre “il luogo vivo e vitale di dibattito, di confronto tra idee, di passione civile”. Sostituire un’autorevole e storica direzione provocherà sicuramente qualche contraccolpo di assestamento. La solidità del progetto dovrà essere assicurata dalla partecipazione collegiale di tanti che hanno a cuore questo giornale e che in
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tanti anni hanno contribuito a qualificarlo per quello che è stato. Una direzione inclusiva e, ripeto, quanto più collegiale per onorare la storia di questo giornale. E sarebbe anche il modo più rassicurante per il suo fondatore. Passando ora ai contenuti di questo numero 94 de La Sorgente, ho pensato di leggerlo ed analizzarlo per macro-tematiche, invece che per ordine di pagine, seppure spesso ogni articolo potrebbe rientrare in più ambiti. Inizierei dalla Sezione storica: - Mario Sista traccia la storia del culto, qui a Caposele, per Santa Lucia, un culto antico e sentito dai caposelesi già intorno al 1200 e ricostruisce le motivazioni per cui, nel nostro calendario liturgico, la festa per la Santa ricorrono il 13 maggio e non il 13 dicembre, ricollegando la consuetudine ad un episodio accaduto 400 anni fa, nel 1600, nella città di Siracusa, di cui la Santa è oggi patrona. - Michele Ceres contribuisce alla sezione storica con due articoli. Il primo tratto dal suo libro “Dalla neviera al frigorifero”, in cui delinea la situazione storica e politica dell’Itala del dopoguerra, dalla ripresa industriale al nord alle battaglie del movimento contadino al sud, seguite poi dal referendum istituzionale del 1946 e dall’elezione dell’Assemblea Costituente, non mancando però, di fare riferimenti a Caposele. Nel secondo traccia l’evoluzione storica del sistema elettorale per le elezioni amministrative, dall’Unità d’Italia al giorno d’oggi e le varie ricadute sul comune di Caposele. All’articolo è allegato un elenco dei sindaci dal 1944 ad oggi. -In questa categoria non possono che rientrare anche le ricostruzioni storiche delle famiglie caposelesi. Pasquale Ceres, in questo numero, ricostruisce l’albero genealogico della famiglia Conforti, risalendo fino a quando il capostipite Michele Conforti arrivò qui a Caposele da Calvanico. Fatti e aneddoti caposelesi: - La rubrica IL CORSO DELLE COSE di Gerardo Ceres giunge alla parte XIII, raccontando vari fatti legati all’arrivo e alla diffusione delle prime automobili a Caposele. - Alfonso Merola, invece, riporta un episodio in cui è protagonista Don Peppe, definito “maestro dell’iperbole”, perché bravo nell’ingigantire o diminuire la realtà così da rendere più incisive le sue argomentazioni. Anche di questo articolo, come per quello di prima, preferisco soltanto accennare, per non cadere in spoiler e rendervi la lettura a casa meno piacevole. Attualità: - Per l’attualità, in un lungo articolo di Dora Garofalo dei Lions dell’Alta Irpinia ripropone l’intervento di Giulio Tarro, virologo di fama internazionale. Lo scienziato è intervenuto a Lioni, presso l’Istituto Comprensivo, ad un convegno su una tematica attuale di grande importanza quali i vaccini. - A pag. 26, si parla del rinnovo, in data 15 luglio, del direttivo del Forum dei Giovani di Caposele. Questo sarà coordinato da Vincenzo Russomanno, già membro del vecchio coordinamento, che elenca, in questo numero, i nuovi obiettivi che proverà a raggiungere, insieme alla sua nuova
squadra e a quanti vorranno contribuire al lavoro del Forum. - Antimo Pirozzi, invece, ricorda a tutti noi lettori de La Sorgente come, trasformazioni verificatesi nell’ambito di alcune Istituzioni dello Stato, abbiano riguardato anche un nostro illustre concittadino. Ci riferiamo al Direttore Generale della Forestale, Cesare Patrone, corpo che è stato assorbito dall’Arma dei Carabinieri. Antimo racconta la carriera di Patrone, non dimenticando che nel 2002 la ProLoco gli assegnò il Premio Caposele. Politica: Quella politica è una sezione da sempre presente all’interno del giornale, tutt’al più in prossimità delle tornate elettorali che determineranno nuovi assetti nel governo della nostra comunità. - Il primo articolo politico, sfogliando questo numero, è quello di Armando Sturchio, segretario del locale circolo Pd, che sollecita una presa di coscienza civile e sociale, che guardi all’interesse collettivo e non a quello personale. Un’argomentazione, la sua, che mette al centro la politica, affinchè si percorrano nuove strade, smettendo di parlare e iniziando a fare. C’è bisogno di un nuovo patto, dice Sturchio, rispondendo favorevolmente all’Ing. Monteverde che lo lanciava nello scorso numero de La Sorgente, che rompa i perimetri ideologici del passato. - Raffaele Monteverde del Circolo Arcobaleno, critica aspramente l’operato dell’amministrazione attuale prendendo ad esempio la tanto discussa TARI, la tassa sui rifiuti che ha fatto molto discutere nelle ultime settimane. E non si limita a sottolineare la scorrettezza morale dell’operazione, ma propone delle misure volte a compostare l’organico all’interno del territorio comunale, organico che rappresenta il 40% sul totale delle raccolte differenziate, abbattendo così i costi di trasporto e smaltimento. - Sull’argomento TARI scrive anche Alfonso Sturchio, affrontando tecnicamente, ma in maniera chiarissima, la Tassa Rifiuti e evidenziando l’illogicità delle variabili che hanno portato al calcolo della tassa. Alfonso crede che, per evitare un nuovo salasso negli anni a venire, bisogna mettere in campo politiche adeguate per ridurre i costi di smaltimento dei rifiuti, prendendo esempio da altri comuni più virtuosi. - In vista delle prossime elezioni, Antonio Ruglio, cerca di tracciare un identikit del prossimo candidato ideale, che abbia tempo da dedicare all’impegno, che abbia competenza e voglia di fare. - Giuseppe Grasso tira le somme di questi quattro anni di amministrazione, valutando negativamente l’operato dell’amministrazione Farina, eviden-
ziando come il primo problema fosse stato quello di non aver saputo creare una amalgama nella squadra amministrativa. Come l’incapacità dei consiglieri a saper collaborare. Anche lui, indica dei requisiti che possono essere utili nell’individuare i prossimi candidati a sindaco, tra i tanti, soprattutto quello di essere determinante negli organismi sovracomunali (anche gruppi di partito), dove evidentemente si decidono programmi e finanziamenti per il territorio. - Mimino Grasso, propone delle idee per il rilancio economico e sociale di Caposele, valorizzando non solo il turismo religioso di Materdomini ma puntando anche sulle bellezze paesaggistiche, sui prodotti enogastronomici, sull’artigianato e sulla riqualificazione di zone del paese come le Saure o la zona Castello. - Il consigliere Conforti torna sulla vicenda che lo ha riguardato, essendo stato escluso dal Consiglio Comunale. Attraverso una cronistoria segna le tappe che hanno portato alla sua autonomia dal gruppo di maggioranza prima e successivamente alla sua fuoriuscita dal Consiglio, e che solo l’intervento del Consiglio di Stato ha potuto ristabilire la situazione, reintegrandolo. Società: Mi scuserete se non citerò tutti gli articoli ma i tantissimi contributi che anche questo numero del giornale ha ricevuto, mi impongono una certa austerità nel presentarlo. -Sicuramente importante è il contributo offerto da Tania Imparato, una cronaca del convegno “Acqua bene comune e le sfide dell’inquinamento e della privatizzazione”, organizzato dalla Conferenza Episcopale Campana. L’incontro che ha visto la partecipazione del nostro parroco e del nostro vescovo, oltre che di tanto altri illustri esponenti della comunità laica e clericale. - Davvero coinvolgente, poi, la lunga intervista di Luigi Fungaroli a Cesarina Alagia, Presidente dell’Anpas, che si racconta sotto varie vesti, da emigrata in Argentina, da insegnante, da volontaria. - Angelo Ceres incentra il suo articolo sull’importanza di tutelare le risorse idriche e ci porta a conoscenza dell’iniziativa di Legambiente Campania, “Goletta dei fiumi campani 2017”, per monitorare le acque e la biodiversità del fiume Sele. - Concita Meo, ricorda dell’appuntamento annuale, a dicembre, del Mercatino di Natale, organizzato dall’Associazione culturale “Un albero per tutti”, col patrocinio del Comune di Caposele, e approfitta per ringraziare quanti, durante collaborano per la riuscita della manifestazione.
La Sala Polifunzionale durante la presentazione del n. 95 de La Sorgente
Sociale
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a parola meridionale è formata da undici lettere, sei vocali e cinque consonanti. E’ un pentasillabo
piano. E’ una parola che ci invita a pensare e pone interrogativi sui mali atavici del Sud, sulla desertificazione dei piccoli comuni, sulla fuga dei giovani alla ricerca di un futuro, sulla mancanza di forza dei poteri locali di aggredire i problemi perché non sono ancora poteri reali, sulla mancanza di democrazia e sull’atonia di una classe dirigente. Una parola che sprona le coscienze dei singoli a svegliarsi e a trovare il coraggio civile dell’indignazione. Necessita un nuovo meridionalismo in grado di liberarsi dal trasformismo di tanti politici e dal clientelismo, un clientelismo che è retaggio del feudalesimo abolito nell’800, causa di arretratezza e stato di soggezione verso chi promette la soddisfazione dei bisogni. Il trasformismo dei tanti parlamentari meridionali, anche di spessore, ha dato inizio alla nascita dei partiti personali. A questi mali sociali si affiancano le realtà territoriali caratterizzate dall’assenza di una borghesia dinamica ed intraprendente. Così si sta rubando il futuro ai giovani, non offrendo loro possibilità di vita dignitosa, non dando l’opportunità di una affermazione sociale e la speranza di poter esercitare la propria funzione nella propria terra in un clima di legalità, di meritocrazia, di spirito civico, di sicurezza, di uguaglianza. Per cui non è pensabile risolvere la questione meridionale senza intervenire innanzitutto sulla questione sociale, che della prima costituisce base e struttura portante. Oggi riaffiorano i chiaroscuri storici di una identità e di una unificazione che vengono messe in discussione. A distanza di oltre un secolo e mezzo dall’unità si continua a parlare di localismi, di federalismo, di autonomismo. E ciò che preoccupa di più è l’atteggiamento di profondo scetticismo sulla possibilità di cambiamento, scetticismo che non promette bene ai fini del recupero della visione unitaria del Paese. La stessa cancellazione da tempo remoto dall’agenda politica della questione meridionale è la manifestazione lampante dell’incapacità della classe dirigente di pensare al futuro del Paese, perché il dramma che vive il Meridione non investe solo una parte di Italiani, ma appartiene a tutti. La nostra terra è stata sempre considerata terra di periferia, misera e arretrata. Senza ombra di dubbio si può affermare che alla desertificazione morale, sociale e culturale ha contribuito il susseguirsi dei vari governi stranieri, Normanni, Castigliani, Aragonesi, Borboni, passaggi di signorie che hanno avuto un’ importanza determinante sulla differenza di formazione del costume collettivo, sulla mentalità e sulla cultura. Non si può negare l’influenza di tanti fattori storici, culturali, economici ed anche geografici che hanno avuto nel tempo sempre un riflesso negativo sullo sviluppo economico e sociale del Sud. Carlo Luigi Farini, luogotenente a Napoli di Vittorio Emanuele II, in un dispaccio a Cavour, definiva queste terre “Africa”, anzi i beduini erano più evoluti dei meridionali. Nino Bixio,
Meridionale garibaldino autore del sanguinario evento di Bronte, definiva queste terre indietro di tre secoli rispetto al Nord. Il Croce indicava un momento felice per il nostro Meridione soltanto nella monarchia angioina. Il Mazzini soleva ben dire dopo l’unità: l’Italia sarà quel che il meridione sarà. Francesco De Sanctis ai giovani diceva: Giovani, studiate, educatevi, siate intelligenti e buoni. L’Italia sarà quel che sarete voi. Guido Dorso, irpino di Avellino, alle prese con la crisi politica, sociale ed economica del primo dopoguerra sosteneva: la rivoluzione sarà meridionale o non sarà. Ma già il Dorso sosteneva il bisogno di una nuova classe politica formata da 100 uomini di ferro dotati di virtù e valori morali che riscattassero il Sud dall’inferiorità in cui si trovava. Bisognerà attendere il secondo dopoguerra per constatare una vera presa di coscienza della questione meridionale da parte della classe politica nazionale che varò la straordinaria riforma agraria, sostenuta principalmente da Manlio Rossi Doria, che mirava a migliorare le condizioni delle popolazioni meridionali, e la Cassa per il Mezzogiorno che fu il momento del grande slancio, anche morale, dell’Italia che realizzò la sintesi politica della lunga elaborazione del pensiero meridionalista, un intervento capace di colmare la divaricazione tra le due Italie. Finalmente lo stato interveniva con politiche di sviluppo nelle zone più depresse del Paese. Nato dalla mente del meridionalista Pasquale Saraceno e voluto da Alcide De Gasperi nel 1950, tale intervento ridusse al minimo il differenziale economico tra Nord e Sud per almeno 15 anni, anche se i risultati furono inferiori alle aspettative perché le amministrazioni pubbliche ordinarie, a partire dai ministeri di spesa, tradirono l’impegno assunto di concorrere alla realizzazione dei piani pluriennali dirottando sistematicamente nelle altre aree del Paese circa la metà degli investimenti spettanti al Sud. La storia del Sud è una storia di scippi: dai fondi Fas , fondi Cipe, al Mezzogiorno tagliato fuori per molto tempo dall’alta velocità Salerno –Reggio Calabria- e dall’alta capacità del tratto Napoli –Bari. Vediamo ancora oggi vaste aree sprovviste di banda larga e annullati per decreto importantissimi presìdi sanitari e giudiziari , assegnati pochi fondi per la messa in sicurezza delle scuole e quant’altro, il tutto accettato passivamente da una classe dirigente sempre più intenta a salvaguardare i propri interessi, una classe politica che ha permesso che i meridionali venissero calpestati nella loro dignità di popolo da beceri insulti inneggianti alla superiorità e alla secessione, partiti che negli anni hanno esercitato l’agio della loro golden share
contribuendo ad affondare il Paese, anche se beffarda come tutte le nemesi è arrivata la rivincita della storia. Praticamente da qualche tempo si è registrata una inversione di tendenza. Si è giunti così al paradosso che la “questione settentrionale” ha sostituito la “questione meridionale” tanto da renderla, come ha scritto, Gianfranco Viesti, perfino noiosa e inattuale. La conseguenza è stata l’assenza, per oltre un ventennio, di qualsiasi politica meridionalista, con effetti che solo oggi cominciano ad essere percepiti come negativi non solo per il Sud, ma per l’intero Paese. Il problema del Nord non si risolve con le autonomie, bensì con il recupero della questione meridionale a livello nazionale. La soluzione è principalmente nella crescita culturale e nella formazione di una coscienza civile. Bisogna rivolgere lo sguardo al passato perché ci aiuta da un lato a comprendere il presente e a individuare per un verso i grumi da rimuovere, come la debolezza dello spirito civico che rende acquiescenti verso la criminalità organizzata, il grande cancro del Sud, dall’altro aiuta a comprendere i valori da salvaguardare e i mondi vitali dai quali ripartire: il ruolo della scuola e del sistema formativo, la corretta amministrazione del diritto, una classe politica capace e preparata che persegua il bene comune, il civile ed armonico rapporto tra le comunità locali, il ruolo decisivo degli enti locali. E’ essenziale partire dalle amministrazioni comunali per un Mezzogiorno ancorato alla legalità, all’ efficienza e alla crescita, nell’indispensabile raccordo con gli interventi dello Stato centrale. Certo, non è possibile sottovalutare il contesto di crisi generale che ci coinvolge sia il modo di configurarsi della dimensione culturale. Oggi si fa sempre più grave e profonda la spaccatura tra le aree caratterizzate da un forte sviluppo e quelle in cui il problema primario è ancora la sopravvivenza. Il presente impone, perciò, di recuperare una nuova coscienza politica che sia anche una nuova coscienza civile. Sono le comunità locali a rappresentare oggi la dimensione intorno alla quale si possono accumulare le speranze e le energie dei territori. E’ necessario che ogni paese valorizzi la propria specificità, le proprie risorse affinché ogni giovane si senta a casa sua, dove poter trovare risposte al posto della fuga e non sia soltanto vittima della sindrome di Anteo. Volendo fare un’analisi del nostro territorio si evince che è il turismo il settore economico delle nostre zone che si sta dimostrando più dinamico e vivace rispetto agli altri e potrebbe costituire la valvola di sfogo della crisi occupazionale se si investe sul vasto patrimonio artistico e sul turismo religioso legato a santuari, chiese, abbazie, conventi e cattedrali, come il santuario di San Gerardo
di Dora Garofalo
Maiella a Materdomini di Caposele, l’Abbazia del Goleto, la Cattedrale di Sant’Angelo dei Lombardi, il Convento di San Francesco a Folloni a Montella, la Chiesa di San Rocco a Lioni, la Chiesa di Santa Maria delle Grazie a Guardia dei Lombardi, solo per citare alcuni monumenti e luoghi d’interesse. La disoccupazione è purtroppo il dramma che coinvolge la maggior parte dei meridionali, frutto di uno squilibrio tra realtà diverse che richiede ai giovani di porsi come nuova classe dirigente, capace di contrastare lo spirito di mafiosità e di clientelismo che riassumono gran parte dei mali del Sud. I giovani nati intorno agli anni '80/‘90 sono la generazione delle grandi speranze e dei grandi sogni, del proliferare delle università pubbliche e private, del benessere economico, del mito della felicità da raggiungere con ogni mezzo a disposizione. Sono i giovani nati in una società che sembra non accettare la sofferenza, la sconfitta; sono giovani dal desiderio di apparire a ogni costo, di raggiungere il successo in ogni ambito, da quello scolastico a quello sentimentale, ma soprattutto nel settore lavorativo. A questa generazione, che rispetto alle precedenti ha avuto tutto, non può essere concesso il fallimento, il dolore , la fuga. Sono giovani che, dopo aver terminato gli studi universitari, si ritrovano in molti casi a cercare un'occupazione attinente alla laurea conseguita e che dolorosamente si scontrano con una realtà che sembra non avere uno spazio lavorativo per loro. Ma, per coloro che oggi non riescono a realizzare il loro sogno lavorativo, dopo anni di studio e di sacrifici, dico che guardare e analizzare strade alternative non significa aver fallito, ma aver avuto il coraggio e l'intelligenza di guardare oltre, in una situazione di emergenza. Sono i governanti quelli che debbono sentire il fallimento della loro politica e il dovere morale e istituzionale di fornire l'ascolto attento dei bisogni; essere in grado di guardare i giovani negli occhi; creare gli strumenti per affrontare un’economia più equa; rifiutare le istanze basate sul potere e sui tornaconti materiali; guardare alle esigenze di tutti e assicurare un futuro alle nuove generazioni. Non si può assistere inermi ad un presente costituito da fabbriche senza operai, da uffici senza impiegati, da industrie che diventano cattedrali nel deserto, da paesi desertificati con un preoccupante aumento della criminalità, da tribunali cancellati. Il Paese ha bisogno di una classe politica capace e preparata che riscopra, finalmente, il gusto di far politica e restituisca ai Meridionali l’orgoglio, da tempo sopito, e il senso di appartenenza nazionale.
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Il liceo scientifico di Caposele
Quando fu istituito il Liceo Scientifico
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ino agli anni Sessanta, ossia fino alla riforma che introdusse la scuola media unica, avere un figlio professionista era per i genitori, appartenenti ai ceti meno agiati, un sogno che, se realizzato, garantiva migliori condizioni di vita ed anche il presupposto necessario per l’ascesa sociale, per la cui realizzazione erano disposti a sottoporsi a sacrifici e a privazioni. Le scuole superiori, però, in realtà, erano poche. In quasi tutti i piccoli comuni, prima della riforma, vi era soltanto la scuola elementare. Conseguita la licenza di quinta elementare, alla gran parte dei ragazzi non restava che imparare un mestiere o, peggio, aiutare i genitori nel lavoro dei campi. Mandare i figli agli studi, come allora si diceva, comportava costi enormi, che potevano essere affrontati solo con non pochi sacrifici. Caposele poteva dirsi un paese fortunato, perché, già dalla seconda metà degli anni Trenta, era sede di una scuola di avviamento professionale maschile di tipo agrario e femminile di tipo industriale. Era una scuola professionalizzante che avviava al lavoro e non consentiva l’iscrizione automatica a una scuola superiore, se non sostenendo un non facile esame integrativo. La scuola di Caposele era, comunque, frequentata non solo da ragazzi del posto, ma anche da altri provenienti dai paesi vicini dell’Alto Sele. In un contesto siffatto, era oltremodo difficile che un artigiano o un contadino potesse permettersi di far frequentare ai figli la scuola media, figuriamoci un istituto scolastico di istruzione superiore. A partire dal 31 dicembre 1962, quando fu approvata la legge che istituita la scuola media unica, tutti i comuni d’Italia, anche i più piccoli, ebbero la loro scuola media. L’obbligo scolastico fu, di conseguenza, portato a quattordici anni. Fu un enorme passo in avanti; frequentare una scuola superire ed accedere, quindi, ad una professione divenne molto più facile. Pur tuttavia persisteva ancora un forte ostacolo all’applicazione del diritto allo studio, sancito dalla Costituzione repubblicana, ostacolo rappresentato dalla carenza di scuole superiori, specie nelle zone interne e rurali, come l’Alto Sele e l’Alta Irpinia. Agli inizi degli anni Settanta gli istituti di istruzione secondaria superiore più vicini a Caposele erano il Liceo Classico di Sant’Angelo dei Lombardi, istituito nel 1945, il Liceo Scientifico e l’Istituto Professionale per l’industria e l’Artigianato di Montella, il polo scolastico di Calitri, costituito da un Istituto Tecnico Commerciale istituito nel 1953, da un Istituto d’Arte e da un Liceo Scientifico istituiti rispettivamente nel 1959 e nel 1961. Calitri, comune tra i più popolosi dell’Alta Irpinia, poté giovarsi della presenza e dell’operosità di Salvatore Scoca, politico democristiano di prestigio, calitrano di nascita, due volte ministro e poi Avvocato Generale dello
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Stato. Vi era, infine, a Lioni un Istituto Professionale per l’Industria e l’Artigianato operativo dal 1957 e dal 1962 un Istituto Tecnico per Geometri. Nonostante le nuove fondazioni scolastiche, vi erano, nel concreto, ancora poche scuole superiori che, per l’esiguo numero, non erano in grado di soddisfare la crescente richiesta di frequenza, conseguente alla riforma della Scuola Media e alle accresciute possibilità economiche delle famiglie. Poche scuole che, tra l’altro, non erano facilmente raggiungibili per la carenza dei trasporti pubblici. Ancora oggi non è facile, se non impossibile, per un ragazzo di Caposele frequentare, eventualmente, l’Istituto d’Arte di Calitri, utilizzando il trasporto pubblico. Sarebbe stato più agevole frequentare una scuola di Salerno o Avellino, come in effetti accadeva. L’Italia era interessata in quel tempo dal “boom economico”, un periodo unico nella sua ultracentenaria storia di Stato unitario, un periodo di intenso sviluppo economico e sociale, mai conosciuto né prima né dopo. L’acquisito benessere motivava i genitori ad investire nell’istruzione dei figli, con la speranza, se non con la certezza, che questi non avrebbero conosciuto le sofferenze di una vita di stenti, che loro avevano patito. Occorreva, allora, che la politica rispondesse positivamente a questa nuova esigenza, sia a livello romano sia a quello periferico.
E fu in quel contesto che maturò l’idea, nell’ambito della locale sezione della Democrazia Cristiana, di cui ero il segretario politico, di spingere la nostra deputazione parlamentare, in primo luogo il maggior rappresentante Ciriaco De Mita, ad attivarsi presso il Ministero della Pubblica Istruzione, affinché a Caposele fosse istituito un Liceo Scientifico. Bisognava, però, coinvolgere nell’operazione l’Amministrazione Comunale, perché di essa era il compito di deliberare la richiesta ufficiale al Ministero della Pubblica Istruzione, di essa era il compito di reperire i locali. L’Amministrazione Comunale era allora costituita da civici e comunisti, storicamente avversati dalla Democrazia Cristiana. Sindaco era Francesco Caprio, con il quale e con la sua Amministrazione la DC locale aveva già, qualche anno addietro, prestato utile collaborazione, quando bisognava creare le condizioni politiche per la definizione della controversia giudiziaria con l’Acquedotto Pugliese con il fine di stipulare una convenzione risolutiva, che poi fu sottoscritta nel 1970. Sostenuto da tali antefatti, mi recai dal Sindaco Caprio e gli formulai, a nome della Democrazia Cristiana locale, la proposta di istituzione del Liceo Scientifico, che, invero, trovò più che accoglienza entusiasmo, tant’è che subito furono attivate le conseguenti procedure amministrative. A questo punto partì l’offensiva politica,che doveva a distanza di un anno e mezzo portare all’istituzione del nostro Liceo, superando, in primis, analoghe ini-
di Michele Ceres
ziative politiche di amici di partito di altri comuni, ad esempio Calabritto, che miravano allo stesso obiettivo. Fu così che il 20 settembre 1973 mi fu comunicato dall’allora Ministro dell’Industria De Mita, con telegramma che ancora conservo, che il Ministero della Pubblica Istruzione aveva deliberato l’istituzione, a Caposele, del Liceo Scientifico. Come, poi, i Caposelesi ci gratificarono? Pensavamo, come partito, che la gente ci premiasse per l’impegno profuso nella realizzazione di un obiettivo di crescita sociale di primaria importanza per tutte le famiglie, obiettivo che, tra l’altro, faceva di Caposele un polo della cultura dell’Alta Irpinia e dell’Alto Sele. Invece alle elezioni amministrative del 1975 subimmo un’amara delusione. La nostra lista subì una cocente sconfitta, essenzialmente perché era espressione di un partito, che si era, sì, impegnato per la istituzione del Liceo, ma per farlo aveva commesso per molti elettori, facili e disponibili prede di un partito socialista settario e oltranzista, l’imperdonabile delitto di aver collaborato con il nemico, ossia con l’Amministrazione Comunale. “Chi morde la mano che lo nutre generalmente bacia i piedi che gli danno dei calci.”
IL VECCHIO LICEO, PATRIMONIO DA RIQUALIFICARE
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accolgo con preoccupazione l’appello di alcuni genitori Caposelesi in relazione alla pericolosità della vecchia scuola in via Pianello. A pochi passi dal polo scolastico, infatti e facilmente raggiungibile, lo stabile versa in condizioni precarie e COSA GRAVE, ha sempre le porte sguarnite. L’ invito a METTERE IN SICUREZZA con relativa inibizione dell’entrate, trasmesso anche ufficialmente a chi dovrebbe “valorizzare” il patrimonio, spero possa essere accolto, PRIMA CHE ACCADA QUALCOSA DI IRRIMEDIABILE. Mi sono già occupato dell’abbandono scellerato di strutture comunali, denunciandone la mancanza di attenzione dell’A.C., ma è necessario sapere che, nel caso di specie, qualche anno fa, fu redatto un progetto di ristrutturazione che avrebbe trasformato la sua destinazione d’uso, a beneficio di associazioni e giovani. Un gran bel progetto di riqualificazione strutturale e sociale. A causa di una stupida e testarda scelta politica, alquanto discutibile, però, si sono persi oltre 1 milione e mezzo di euro di finanziamenti per non averlo cofinanziato con soli 50.000 euro di fondi comunali (di cui il comune, in quel tempo, disponeva). Speriamo che si possa intervenire immediatamente con una
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di Salvatore Conforti messa in sicurezza e soprattutto che si possa ricandidare quel progetto all’ottenimento di qualche finanziamento europeo. Sarebbe un vero peccato continuare ad abbandonare un luogo che è stato simbolo della cultura di Caposele e che potrebbe diventare polo social-culturale per le tante attività che si svolgono nel nostro Paese.
Racconti
PROFUMO E MUSICA ........ IN CAPOSELE
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rofumi, sapori, colori, musica rimandano talora a frammenti di vita, quasi sempre lontani nel tempo, creando una densa atmosfera di emozioni. Semplici episodi, piccole cose, per fortuna il più delle volte racchiuse in contesti sereni. Quando ciò accade è come se si spalancasse una finestra! Velocemente vedo una sequenza di immagini legate alla durata dello stimolo sensoriale: sono pochi attimi e mi lascio coinvolgere volentieri. I profumi, i sapori agiscono, per quanto mi riguarda, sul vissuto, sulla memoria, sui sensi, e sovente li cerco , li rincorro, desiderando di riviverli con gli occhi di allora, con la spensieratezza di allora ed a volte si concretizzano. E' accaduto poco tempo fa a Caposele. Un dono inaspettato e gradito: un cestino di uva fragola, adagiata su un letto di foglie, bella da dipingere, con quel colore caldo di frutto sano e quell'inconfondibile profumo...... Immediatamente eccomi bambina, al paese dei miei nonni, durante il periodo della vendemmia. Mi vedo
intenta a staccare con cura i grappoli dai tralci e sistemarli per bene nella cesta, cedendo spesso al desiderio di assaggiare quegli acini saporiti. Al paese mi conoscevano tutti, erano tutti amici fidati e quindi con spensieratezza mi univo alla compagnia correndo e nascondendomi tra le ceste colme di frutta, le mani tra i grappoli ed i piedi nell'erba. Profumi, sapori, amicizia, libertà per me che amavo la campagna, i fiori, gli alberi........ Quanto è durato il ricordo così realistico e così lontano? Il tempo di ritrovare nell'uva donata il sapore di allora. La musica, invece, al di là dei ricordi, suscita in me sensazioni che toccano l'animo, investono la sfera dei sentimenti ed il mondo delle relazioni, sconfinando talvolta in una dimensione onirica. Una musica in Caposele per me é il suono delle sue campane! Quest'anno, nel periodo dedicato alle vacanze estive, ho potuto ascoltare in modo più frequente ed incisivo le campane della Chiesa Madre. Il campanile è lì da secoli, legame indis-
Premio Caposele 2017 alla dott.ssa DONATELLA MALANGA
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o già scritto di quanto, e non solo formalmente, mi faccia piacere assegnare il premio Caposele, di quanto mi prenda la sensazione di condividerlo ogni qual volta lo assegno e pertanto, potete immaginare cosa sia stato assegnare lo scorso 19 Agosto, in una sala polifunzionale piena di amici e parenti, il premio di quest’anno alla cara Donatella Malanga. Un’altra bella emozione, certo, ma soprattutto una particolare empatia rispetto alla sua storia di donna che si è distinta in un settore strategico ma ostico e non particolarmente supportato come quello della ricerca scientifica, in un modo del lavoro in cui, è dato ufficiale che la parità di genere non è assolutamente garantita e/o praticata. Una donna che quindi ha dovuto fare e ancora fa, maggiori sacrifici, anche se, da quello che ci ha raccontato, fatti sempre con abnegazione, col supporto fondamentale di alcuni soggetti e dell’affetto dei familiari ma soprattutto, con tanta passione e dedizione. Uno dei sacrifici è rappresentato proprio dal voler fortemente mantenere i legami col suo paese, e pertanto, pur lavorando in Calabria, rientra sempre a Caposele, a casa, dalla sua famiglia ma
anche dalla sua gente, dagli amici, dai suoi interessi e dai suoi luoghi d’elezione. Donatella è stata pertanto scelta quale persona giusta per aiutare quel radicamento di valori positivi nel nostro paese auspicato dal nostro premio, un premio da lei ampiamente meritato, così come recita la motivazione associata “per la sua stimata e appassionata attività di Docente Ricercatore nel settore importante e strategico della Patologia Generale, affinché con la sua opera, aiuti a sensibilizzare la nostra comunità a fare sempre meglio, a fare di più e soprattutto, a fare insieme”. Riportiamo dunque, anche in questa sede, alcuni riferimenti del suo interessante quanto prestigioso curriculum: Nel 2001 si laurea col massimo dei voti in Scienze Biologiche, presso l’Università Federico II di Napoli Dal 2006 è Dottore di Ricerca in Biologia Avanzata, indirizzo di Sistematica Molecolare, facendo anche esperienza presso il Laboratorio di Oncologia Molecolare, BioGem, Ariano Irpino (AV). Dal 2007 collabora col Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università Magna Grecia di Catanzaro di cui, dal 2012 è Ricercatore in Patologia Generale, presso il quale segue queste importanti linee di
solubile con il passato. E' rimasto per lungo tempo, dopo il devastante terremoto dell'80, in fiera solitudine, sentinella ferita, in attesa di ritornare ai suoi significati. Ora è accompagnato dalla Chiesa nuova, lui così antico, venerabile custode di tanti episodi di vita. Quanti sguardi nel tempo si sono levati verso di lui, la cui voce rassicurante scandiva i ritmi della giornata lavorativa nei campi ed annunciava alla comunità gli eventi festosi e dolorosi. Le sue campane continuano ad essere strumento di richiamo alle celebrazioni liturgiche ed ai momenti di preghiera, nonché di annuncio delle grandi festività e dei lutti, con accenti e timbri differenti: squillanti, acuti, vibranti, oppure cupi, lenti, tristi, a seconda del messaggio loro affidato. I rintocchi si spandono per tutto il paese e sono uditi da tutti. E' un antico mezzo di comunicazione che usa un linguaggio tradizionale e crea un'onda di condivisione. Non è necessario essere connessi con chissà
di Luisida Caprio
quale tecnologia! Il campanile è un mio venerabile vicino di casa, la sua amichevole presenza è inconsueta per me che vivo il resto dell'anno in città. Per questo il suono delle sue campane, quelle vere, forgiate nel metallo nobile, mi coinvolge diventando una familiare e serena consuetudine nelle mie giornate caposelesi. I battiti che annunciano la Messa, il Rosario, il saluto vespertino a Maria, mi inducono a fermare i pensieri e sospendere ciò che sto facendo. E' uno stacco dal quotidiano, seppur breve, per qualcosa di più intimistico, una pausa di riflessione, un caldo suggerimento a prendere le giuste distanze dagli inevitabili affanni. E a guardare infine in alto, in su........, più su!
di Concetta Mattia
ricerca: • Caratterizzazione fisiopatogenetica di una mutazione somatica di AKT1 nel tumore al polmone; • Generazione e caratterizzazione di modelli murini rilevanti nella ricerca oncologica polmonare, mammaria e tiroidea; • Caratterizzazione di cellule staminali tumorali derivanti da tumori polmonari e ruolo del pathway PI3K/ AKT nel loro mantenimento; • Identificazione di signature molecolari dipendenti dal pathway PI3K/PTEN/AKT nei tumori polmonari. Come associazione che assegna il premio Caposele, siamo orgogliosi del percorso di segnalazione fatto ad oggi e ringraziamo sin d’ora Donatella per la costruttiva presenza nella nostra
comunità e per quanto saprà essere un valido supporto in questo senso, continuando ad essere l’ottimo professionista e la bella persona che è sempre stata. Ad majora cara!
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Storie una storia continua di identita’, creativita’ e talento
CAPOSELE E LA MUSICA
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’ cosa nota che a Caposele le realtà musicali sono diverse e varie, una bella e buona tradizione che si rinnova e viene sempre più riconosciuta; E’ pertanto con grande piacere e una punta “d’orgoglio paesano” che riportiamo questa bella intervista, rilasciata ad un giornalista della Federazione delle associazioni italiane in Svezia dove i nostri giovani concittadini vivono e si stanno facendo conoscere con la loro band, i Valerihana, che ha sdoganato un genere particolarissimo, il prefab-rock, nato dall’esperienza post sisma in Irpinia e diventato il loro marchio di fabbrica. Siamo fan di parte ma, crediamo sia davvero un bel modo questo per affermare l’essere caposelese! Lunga e bella vita a voi ragazzi! Questa redazione vi augura sempre maggiori successi! Intervista rilasciata a Valerio De Paolis per italienaren.com, il sito della Federazione delle associazioni italiane in Svezia
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ggi raccontiamo la storia di tre ragazzi, Gerardo Monteverde ed i due fratelli Pasquale e Sandro Russomanno, che da un paese dell’Irpinia sono arrivati qui in Svezia, Stoccolma per la precisione, portando con loro una passione, quella della musica. Ciao a tutti e tre. Voi siete i Valerihana e venite da Caposele, uno sperduto paese dell’Irpinia, ci raccontate la vostra storia? Cominciamo proprio dall’inizio, le vostre origini. Ciao! Prima di iniziare dobbiamo fare una precisazione, il nostro paese ha subito il sisma disastroso del 1980 e noi apparteniamo alla generazione post terremoto. Dopo il sisma comparvero su tutto il territorio prefabbricati in legno, usati come abitazioni temporanee dagli sfollati. Negli anni novanta la maggior parte di queste costruzioni vennero abbandonate poiché la gente si trasferì nelle case ricostruite. Noi usammo questi prefabbricati come sala prove, infatti il nostro genere, più che garage rock come definito in America, lo abbiamo preferito chiamare prefab-rock. La band nasce nel 2007 come cover band, ma molto presto scattò la voglia di andare oltre ed iniziare a fare pezzi propri. Con le vicissitudini della vita, la formazione della band è cambiata più volte, fino a trovare un equilibrio stabile di tre componenti, essenziale per l’evoluzione della band soprattutto dopo lo spostamento all’estero (Polonia e Svezia). Come avete detto, la band nasce nel 2007 e continua tutt’ora la sua attività. Nel periodo in cui eravate divisi, come avete fatto? Avete preso una pausa? No, le canzoni andavano avanti esattamente come l’attività del gruppo. A volte ci si incontrava in Polonia e a volte qui in Svezia per provare e
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definire i pezzi. Quindi durante questo periodo la band ha potuto godere di vari visioni europee che sicuramente hanno influenzato la nostra musica. Da un punto di vista pratico, è successo anche che le prove o la realizzazione delle canzoni venivano fatte su Skype, e proprio alcune di queste canzoni sono poi finite nel nostro primo album “Out of Regulation”. Una delle difficoltà del lavoro con Skype era dovuto al ritardo che avveniva durante le chiamate, rendendo ancora più complicato il processo compositivo. Quindi non si poteva comunque prescindere dall’incontrarsi e provare dal vivo. Bene, quindi siete delle persone che sanno come adattarsi alle condizioni avverse. Siete praticamente una band europea, Italia, Svezia e Polonia hanno ispirato il vostro essere artistico? C’era un momento in cui vi riunivate dal vivo tutti insieme? Sicuramente il fatto di vivere in posti con realtà culturali, sociali e musicali diverse da quella del nostro posto di origine e la possibilità di entrare in contatto con persone con un background diverso l’uno dall’altro ha avuto un forte impatto sul nostro approccio musicale. Questo impatto è chiaramente presente sia nelle nostre canzoni che nel nostro vivere quotidiano. Il periodo dell’anno in cui avevamo la possibilità di soddisfare maggiormente il nostro bisogno creativo ed espressivo era l’estate. Infatti in questo periodo ci ritrovavamo nel nostro paese, Caposele, a provare e comporre quanto più possibile. Andavamo in questo nostro rifugio dove vi lasciamo immaginare il caldo infernale, ma noi imperterriti lì tutti i giorni, dalla mattina alla sera. Quello che veniva creato durante questi intensi momenti di prove veniva successivamente discusso e rifinito a
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Salvatore, Pasquale Russomanno e Gerardo Monteverde
distanza. Con tutto questo bagaglio europeo che vi portavate e portate ancora, cosa vi ispira di più nelle vostre fatiche artistiche, la vostra città o l’Europa? L’Europa in generale ci permette di concretizzare le nostre idee, è il punto di arrivo della nostra musica. Ma a dire la verità tutto quello che abbiamo visto nelle nostre varie sedi non riesce a competere con quello che ci dà il nostro punto di origine ossia il sud Italia, specialmente Caposele. Tutto ciò che siamo e che facciamo deriva da quella realtà di provincia, nel bene e nel male. Una delle cose che ci ha dato la spinta a portare avanti il nostro progetto è stata la mentalità del nostro paese che non ci ha sostenuto molto inizialmente, ma noi nonostante ciò abbiamo continuato sulla nostra strada senza rabbia o rimorso. Quando abbiamo avuto la possibilità abbiamo anche organizzato eventi, in collaborazione con Emergency, incentrati sulla creatività con al centro varie forme di espressione artistica oltre la musica. Qui in Svezia percepite qualcosa di diverso? Stoccolma come ha accolto la vostra musica? Qui a Stoccolma abbiamo trovato quell’appoggio che non avevamo più avuto da quando iniziammo a fare pezzi nostri. Purtroppo finché si continuava a suonare cover tutto era ben accetto, ma nel momento in cui si è iniziato ad avere una nostra identità, le cose sono cambiate, molti ci criticavano perché cantavamo in inglese o semplicemente avevamo maggiori difficoltà ad essere capiti. Questa visione di perfezione che si ha delle band estere ingabbia molti talenti dentro dei confini che potrebbero
superare facilmente, poiché in realtà è tutto molto più semplice di quanto si crede. Per concludere, a Stoccolma abbiamo avuto la libertà di poterci esprimere senza pregiudizi. Naturalmente noi parliamo della nostra esperienza avuta in un piccolo paese del Sud Italia da cui veniamo, poi è chiaro che anche in Italia, nelle città più grandi, ci sono visioni più aperte e simili a quelle che troviamo qui in Svezia. La cultura musicale italiana è stata di aiuto o di impaccio nella formazione musicale dei Valerihana? Assolutamente di aiuto, siamo stati attenti soprattutto al cantautorato italiano, ad artisti come Bruno Lauzi, Pierangelo Bertoli, De Gregori, Battisti; insomma questi grandi autori sono il nostro valore aggiunto. La nostra musica, ha una potenza ed irruenza nelle chitarre, ma anche un lato melodico, siamo un po’ nel mezzo, a chi piace il pop dice che facciamo metal, mentre a chi piace il metal dice che facciamo pop. Voi usate dei nomi d’arte, che ricordo sono: Jack Adamant alla voce/ basso, Adam Sebastian alla chitarra e Johann Sebastian alla batteria. Chiaramente non sono i vostri veri nomi, come mai questa scelta? La scelta non è una sorta di allontanamento dalle nostre origini, che ovviamente rispettiamo e soprattutto non denigriamo, ma è un modo per essere ascoltati senza avere pregiudizi, essendo questi tre nomi comunque molto internazionali. Capisco. Passiamo all’ultima domanda, quella più sorniona. Descrivete i Valerihana con tre parole? Eh questa è complicata! Sicuramente energia, ribellione e passione. Bene grazie per averci raccontato la vostra storia, anche se purtroppo due pagine sono troppo poche e ci vorrebbe molto più spazio per riportare tutti gli aneddoti e considerazioni che vi appartengono. Prego e grazie a te per averci dato l’opportunità di raccontarci.
Dialogando
DIALOGANDO CON… ROSY PATRONE,
di Luigi Nerio Fungaroli
“LA MIA VITA IN… GENERALE!”
S
crivere è sempre un momento che permette di capirsi meglio, un ascolto interiore che si trasforma in parole... Una lunga serie di dialoghi, questa, che ha lo scopo di ricostruire Caposele tramite persone, volti, storie che l'hanno vista cambiare ed evolversi... Protagonista di questo “dialogo”, è la Generale dell'Arma dei Carabinieri Rosy Patrone, la più giovane Generale tra le tre Generali donna in Italia. Per me, però, prima del grado, è semplicemente Rosy. "GIOIA". Questa è la parola che, per diversi motivi, associo a lei. La prima volta che la incontrai, mi salutò proprio così, con un forte abbraccio, uno degli abbracci più forti che abbia mai ricevuto esclamando un “GIOIA!” e così continua a fare. Una "gioia" che mi pervade, un piccolo istante di felicità, la felicità di chi condivide con te le proprie radici. Sì, è proprio "Gioia" la sua parola. La gioia di chi conosce nuovi pezzi di famiglia, di chi comprende quanto, credendoci, si può volare alto nella vita. Di strada Rosy, la Generale Patrone, ne ha fatta tanta, ha sempre guardato fisso l'orizzonte, senza dimenticare mai la terra da dove era partita. Rosy, però, che ho potuto scoprire meglio nelle dinamiche di questa intervista, è esattamente un vulcano di idee, vitalità, progetti, sogni, esperienze, ricordi. Sono e dobbiamo essere fieri e orgogliosi di condividere con lei le origini e il senso di famiglia che, insieme, dobbiamo sempre più veder crescere, come mi ha detto. Cara Rosy, sarà fatto! Signorsì, Signora Generale! DOMANDE IDENTIKIT • COLORE PREFERITO: Il colore amato è il lilla, né rosa,
Rosy insieme al Padre Domenico
né viola: lilla. Lilla è la mia camera da letto, lilla è il mio bagno, lilla è il colore della mia penna… ed anche dell’inchiostro. • FILM PREFERITO E PERSONAGGIO DEL PASSATO CHE TI PIACEREBBE INCONTRARE: I film mi piacciono tutti perché non ne vedo nessuno… Mi addormento sempre prima della fine. Rivedo volentieri, se capita, “La vita è bella”, “Balla coi lupi”, “Pretty woman”, “Qualunquemente”. Insomma…preferisco tutto. Mi incanto davanti a Brancaleone. “Brancaleone alle crociate”, una maestria unica nei dialoghi, esaltato dal personaggio del recente passato che mi piacerebbe incontrare ma da lontano, solo per ascoltarlo dal vivo; non reggerei il confronto nel dialogo con Vittorio Gassman. • C A N Z O N E / C A N TA N T I PREFERITA/I: Liguabue, Vasco Rossi, Stadio: tutte le canzoni ma urlo quando la radio passa “Piccola stella senza cielo”, “Anima fragile”, “C’è”. • LIBRO PREFERITO: Tutto ciò che scrive Luca Goldoni e, naturalmente, “Un grande avvenire dietro le spalle” di Vittorio Gassman. • DOLCE O SALATO: Salato tutta la vita! Al dolce non sono stata abituata da piccola. Mi piace esagerare dipingendo la mia infanzia “triste: senza Nutella!”. Da molto grande, per caso, ho scoperto le barrette Kinder; ogni volta maledico quel caso che mi ha “drogato” senza via di salvezza. Domande: 1. Cara Rosy, zio Minguccio, tuo padre, nella poesia “Con gli occhi del ricordo”, scrive “Con gli occhi del ricordo son tornato, con gli occhi del ricordo t’ho guardato, paese mio, mio paese…”. Non possiamo non iniziare da qui, da dove tutto ebbe inizio. Al nome “Caposele” qual è la prima immagine che ti viene in mente? R. Caposele è nonna Cesaria; nonna Cesaria e il suo eterno fazzoletto in testa, nonna Cesaria e i tre scalini della sua casa, nonna Cesaria e le sue gonne (chissà quante ne portava tutte insieme! Chissà com’era veramente nonna Cesaria: magra, magrissima o larga quanto le sue gonne?) e le tasche di quelle gonne dove infilava le sue mani per tirare fuori manciatine di piccole
caramelle Mou (la mia prima “droga”, poi, quella delle barrette Kinder). 2. I tuoi genitori sono partiti da paesi di montagna per poi approdare a Roma, dove tutt’ora vivi, realizzando aspirazioni e sogni, armati di spirito decisionista e forza di volontà. Potresti descriverli? Cosa ti hanno trasmesso e per cosa, in particolare, ti senti di ringraziarli? R. Mia madre aveva un fidanzatino adolescenziale dal nome assai bizzarro, tale Morgan; da piccola, ma neanche tanto, io, con decisione e quasi spaventata da questo tipo dal nome di un pirata, sgrammaticata, con forza, sostenevo: “Se mammina sposava Morgan, io andavo con papà!”. Ecco, di questo li ringrazio, di essersi incontrati per incontrare me e per incontrare mio fratello. Ringrazio mia madre per aver chiesto all’allora sconosciuto mio padre, il belloccio forestiero capitato, per lavoro, al suo paese: “Cosa vuol dire CFS?” [la targa della macchina di servizio del Corpo Forestale dello Stato] e ringrazio mio padre per aver fatto scoccare quella scintilla, che dura da quarantasei anni, con la sua prontissima risposta: “Cosa fai stasera?”. E lì tutto ebbe inizio: i loro sogni, le loro ambizioni, l’unione della loro forza, le loro delusioni, la loro felicità. 3. Torniamo indietro nel tempo. Cosa sognava di fare da “grande” la Generale Patrone? R. I sogni nel cassetto sono ancora sogni; quel cassetto ogni tanto lo apro per mentire, sorridendo, a me stessa, convinta che “Sì! Non è detto! È ancora possibile! Potrò fare il direttore d’orchestra, che ci vuole! Mi metto sul piedistallo e agito le mani con la bacchetta! Ma che ci vuole!!!” 4. Jack London diceva: “L’adolescenza è l’epoca in cui l’esperienza la si conquista a morsi.”. Che tipa eri da adolescente e quale esperienza di quegli anni, in particolare, ti ha aiutato a crescere? R. Se Jack London diceva: “L’adolescenza è l’epoca in cui l’esperienza la si conquista a morsi.” qualcun altro scrive “L’esperienza è il tipo di insegnante più difficile: prima ti fa l’esame e poi ti spiega la lezione”. Ecco, questa è l’esperienza delle mie esperienze. Ho fatto diversi esami e, a volte, la lezione non l’ho ancora imparata. È per questo che, ancora dopo tanti anni, continuo ad adorare FF che, da un po’ più in là dell’adolescenza, non smette di insegnarmi i passi per crescere.
Rosy Patrone nelle nuove vesti di Generale dei Carabinieri-Forestali
5. Prima di diventare Generale dei Carabinieri sei stata Comandante Regionale del Corpo Forestale dello Stato del Molise. Cosa ci racconti di questa importante esperienza? R. Quasi cinque anni in Molise. Una parte della mia vita, una parte della mia famiglia. Indimenticabile; i viaggi di andata il lunedì mattina, quelli di ritorno il venerdì sera, in mezzo, tanta vita; la casetta a Bojano, essenziale ed essenzialmente mia, l’ufficio a Campobasso, me lo hanno “consegnato” di color lilla; persone di rara umanità, i colleghi, le istituzioni, le conoscenze per caso. Tutti ringrazio per avermi supportato e per avermi insegnato quanto mai avrei potuto comprendere da dietro una scrivania. Fuori, il territorio è diverso; la carta scritta non potrà mai dire il colore, il sapore, il profumo, il dolore, la felicità, il bisogno, la ricerca d’aiuto che nascondono poche righe su un foglio. Non è banale, è proprio così… Si piange quando si lascia il Sud; ho pianto quando ho trovato i “miei forestali” in staffetta, con il saluto alla visiera, lungo la strada dell’ultimo venerdì di ritorno; ho pianto, commossa e senza parole, alla festa di saluto che, a sorpresa, hanno voluto dedicarmi tutti i forestali del Molise. Rarità pura. Emozione pura. 6. A poche ore dal terremoto di Amatrice eri lì a dare il tuo aiuto insieme a tanti altri forestali. Le immagini del lavoro del Corpo hanno fatto il giro del mondo inorgogliendoci. Cosa ricordi di quei giorni?
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R. Il terremoto del Centro Italia mi ha visto protagonista come Comandante Regionale del Lazio. Alle cinque del mattino, del 24 Agosto, poco ore dopo la scossa, la prima scossa, eravamo tutti in ufficio; alle 10:00 riuscivo a raggiungere Amatrice, via elicottero. Da quel momento e fino alla domenica successiva sono stata lì con i miei uomini, accanto a loro e a tutti quegli “angeli” intervenuti per cercare di salvare vite umane. Lo strazio sta nelle parole dei primi intervenuti: “Dottorè, una cosa così non si era mai vista”; ci siamo abbracciati forte, oltre il grado, oltre il ruolo, oltre il vincolo e le nostre mimetiche erano bagnate di lacrime. 7. Con la legge Madia il Corpo Forestale dello Stato è stato accorpato nell’Arma dei Carabinieri. Quali sono i sostanziali cambiamenti di questa dibattuta scelta? R. Un amico americano al quale raccontavo il D. Lgs n. 177/2016 che ha disciplinato l’assorbimento del Corpo Forestale dello Stato nell’Arma dei Carabinieri ha serenamente e lapidariamente sentenziato: “Normal! It’s Normal! È una fusione di aziende.”. È decisamente ancora troppo presto per fare valutazioni e per tirare somme. Di certo, di sostanziale innegabilmente è cambiato il fatto che è un altro il “condominio”, altri è “l’am-
ministratore del condominio”, sostanzialmente è diverso il “regolamento del condominio”, tutti nuovi i vicini di casa, i vicini di questa nuova, solida, grande casa. 8. Sei diventata una delle prime tre donne Generali dell’Arma dei Carabinieri rivestendo l’incarico, delicato e di rilievo, di Capo Ufficio del Personale, settore nel quale avevi lavorato per 18 anni e che ti fa gestire i 7000 forestali che sono transitati nell’Arma dei Carabinieri, numeri da capogiro. Come riesci a gestire un tale fardello di responsabilità e come si rapportano i tuoi sottoposti di sesso maschile nei riguardi di unA Generale? R. Permettetemi il vanto di sottolineare di essere la più giovane donna Generale. Il ruolo di Capo Ufficio Personale dei carabinieri forestali che gestisce circa 7000 uomini non mi spaventa. Come allora, come prima di partire per il Molise, faccio il mio lavoro con dedizione e con passione e soprattutto con l’umiltà sia nei confronti del personale che, disorientato dal cambiamento, cerca conforto, cerca un faro, cerca risposte; come allora non mi sottraggo e non mi sottrarrei mai ad una richiesta di aiuto, una richiesta di consiglio o di indirizzo. E la mia grande fortuna sta nel personale che lavora con me, preparato, professionale, competente, pronto a
Nei nuovi panni da Generale dei Carabinieri insieme al Ministro della Difesa Pinotti e alle altre due donne Generali: Gagliardi e De Guz non tirarsi indietro; se io “funziono” è perché ci sono loro, senza se e senza ma, senza distinzione di sesso, razza o religione! Io sarei nulla senza di loro, senza il loro apporto, senza il loro appoggio che non mi fanno mai mancare e li ringrazio. 9. Nel weekend la Generale Patrone chiude la porta dell’ufficio per godersi i suoi momenti privati, come spero tu faccia. Hai passioni che ami coltivare al di là del lavoro e come ti descriveresti nel privato? R. Dopo l’ufficio restano il sabato e la domenica e, con loro, l’amore, gli affetti, la famiglia, una tranquilla serata SKY o una cena in compagnia; di certo non manca l’attività fisica… l’età non fa sconti. 10. Il Natale è alle porte. Come trascorrerai le feste? Cosa ti auguri e cosa ci auguri? R. Il Natale è casa, da sempre; il Natale è casa mia, da tanto. Il Natale è io e mia madre, romagnola, in cucina: cappelletti in brodo per tutti. Li voglio tutti qua, tutti insieme, anche il mio miciogatto.
Jazz&Wine all’ombra del campanile
E spero, grazie a te, Luigi, cugino caro, che mi hai cercato come non ci siamo mai cercati troppo noi cugini, lontani e un po’ dispersi ognuno con le proprie parallele strade, di rincontrarci, di ritrovarci, forti di quel legame che niente può cancellare.
Durante la mattina del 24 Agosto 2016 nella zona rossa di Amatrice
di Concita Meo
Un appuntamento unico nel suo genere capace, come nelle passate edizioni, di stupire per qualità e ricchezza di proposte, confermandosi come rassegna baluardo del genere jazz non solo nel comprensorio provinciale ma nell’intero panorama campano. Coinvolgimento di sensi tra musica d’autore e vino di qualità. E’ andata in scena il lunedì 14 agosto 2017 la quinta edizione del “Jazz&Wine all’ombra del Campanile” in programma a Caposele, nel cuore dell’Irpinia e della Valle del Sele. Una congiuntura magica di 2 concerti live e bollicine, visite guidate, degustazioni di prodotti locali. La musica jazz di livello internazionale è stata la protagonista della serata agostiniana, così come i vini delle più prestigiose cantine nazionali, ma soprattutto irpine, vanto per la nostra terra. Siamo orgogliosi della fiducia che grandi cantine irpine ci hanno dedicato quest’anno: l’azienda montemaranese di Salvatore Molettieri, Feudi di San Gregorio con il Rubrato Irpinia Aglianico DOC, ed il Taurasi DOCG; Cantine Antonio Caggiano con il Fiagré Campania Bianco IGT ed il Taurì Irpinia Aglianico; la Cantina Antico Castello Winery con il Tau-
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rasi DOCG e l'Irpinia Aglianico DOP. Queste realtà territoriali, hanno lanciato con il loro brand, un nuovo modo di vivere e di enunciare il territorio e le sue eccellenze, riuscendo progressivamente a guadagnare posizioni nel panorama enologico mondiale. Musica jazz di livello internazionale con la straordinaria presenza di Stefano Di Battista, accompagnato dal DEA Trio (Andrea Rea piano, Daniele Sorrentino Double Bass ed Elio Coppola Drums). Ad aprire il concerto i RADEVA Trio (Giovanni Rago guitars; Domenico De Marco Drums; Ergio ValenteBaas e Keyboards). Anche quest’anno la possibilità di ascoltare gratuitamente, raffinate proposte del jazz italiano e internazionale, coniugando però al piacere dell’ascolto, quello del buon bere. Già a partire dagli anni 90, Caposele punta a diffondere e divulgare un genere musicale dalla forte radice popolare ma considerato ancora di nicchia,
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rivolgendosi ad avvicinando in particolare i giovani affinché possano conoscere ed apprezzare questo mondo. Musica, vini e cibi espressione autentica di un territorio, che ne descrivono la storia, la qualità ed il pregio, tutto offerto nella suggestiva location di parco Saure, ai piedi dell’antico campanile, sentinella delle sorgenti del Sele. Ad accompagnare i grandi vini campani ed italiani, non sono mancati gli ormai classici taglieri della tradizione, ricolmi di prelibatezze genuine e a Km “0”, i Muffletti di Caposele e nuove idee offerte all’ospite della manifestazione musicale. Un appuntamento dunque unico nel suo genere, capace, come
nelle passate edizioni, stupire per qualità e ricchezza proposte, confermandosi come rassegna baluardo del genere jazz non solo nel comprensorio provinciale ma nell’intero panorama campano.
Racconti
L
assù, tra i tetti rossi, il bianco del Santuario si staglia nell’azzurro. I raggi del sole giocano tra foglie ed arbusti, e su colline e monti un’ola serpeggiante si accende e spegne al soffio della brezza. Lo scrosciare delle acque copre l’aria, cascate e sponde ribollono cristalline. Campanelle fanno capolino tra ciuffi d’erba color smeraldo, si arrampicano sulle staccionate, e i primi profumi si spargono nella valle e tra le vie del paese. Nei campi fervono i lavori. Gli aratri solcano il terreno grasso tra sonori muggiti e tintinnio di campanacci, le zolle smosse respirano preparando il letto per la nuova semina, e nelle vigne si intrecciano i rami lungo i filari. Le case spalancano le finestre, le botteghe gli usci, e nel mercato, dalle sporte sorrette delle massaie, spuntano ciuffi di verdura ed erbe profumate ondeggianti al passo. Nei vicoli dei bambini rincorrono un pallone, alcune bambine saltano la corda, e da lontano giunge il suono della corriera. Ben presto il sole sale più in alto, e sul sagrato affollato della chiesa alcuni pellegrini riposano all’ombra, altri dividono vivande, qualche bimbo sonnecchia tra braccia rassicuranti ed il giorno è gravato dai primi calori.
COLORI
di Milena Soriano
Stormi di rondini si incrociano in giri ripetuti disegnando parabole perfette. Planando ed innalzandosi come piccole falci, mostrano ora il bianco del ventre, ora il viola-azzurro del dorso, e l’aria è satura del loro garrire. Il rosso di gerani spicca sulle facciate in pietra e le colline si stemperano nelle gradazioni cangianti delle foglie assetate. L’azzurro del cielo si perde nel bianco intenso e luminoso, tra i filari delle vigne pendono perle violacee, i fiori bianchi dei meli lasciano posto a verdi frutti profumati, e lì, lungo l’argine del fiume raganelle gracidano di foglia in foglia. In paese si sprecano i saluti, i ritorni da terre lontane allargano sorrisi sui visi e gli abiti leggeri e variopinti si mescolano nella piazza. Da un uscio aperto si diffonde una musica allegra ed un’automobile interrompe la scena frusciando sul selciato rovente. Poi, lentamente, i colori sbiadiscono, il verde è sopraffatto dal giallo, e lungo i marciapiedi foglie rossicce si
arricciano rotolando. Nei campi si innalzano i covoni, le vigne spoglie protendono i rami scuriti. Le partenze segnano il tempo, i saluti diventano tristi, ma i cuori speranzosi già si allargano nell’attesa del prossimo incontro. Le acque della sorgente scorrono più veloci e la piacevole brezza si tramuta in folate fredde e sferzanti. Per strada poca gente frettolosa, ma al Santuario continua il rinnovo della fede tra le persone giunte a pregare. In alto qualche cirro si sposta leggero, una poiana allarga le ali in volo planato sul paese, e tra i vicoli continua la vita mentre la natura inizia a riposare. Sulle colline brulle il vento smuove la vegetazione spoglia ed il turbinio delle acque rompe il silenzio ovattato. Nell’umido sottobosco si distende un verde tappeto di muschi e licheni con un invisibile mondo di piccole vite. Nel buio il Santuario risplende come un faro, mentre più giù, lungo le vie del paese, gli addobbi illuminano le fredde serate con mille colori.
Le botteghe attraggono visitatori con mercanzie invoglianti, e le persone si scambiano auguri ed abbracci attardandosi a sbirciare le bancarelle. Ad un angolo della strada il rosso della brace spicca nell’ombra, e si diffonde il profumo delle caldarroste che riscalderanno gusto e mani infreddolite. Il fumo sale dai comignoli disperdendosi nell’etere, e dal cielo scuro ed odoroso di legna bruciata scende qualche timido fiocco di neve. Tutto lascia presagire che sarà un soffice bianco Natale!
E’ MAGNA GRECIA?
I
l Comune di Metaponto, antica colonia greca al centro del golfo di Taranto, unitamente ad alcuni Comuni della costa ionico calabrese- ai quali molto probabilmente si unirà la stessa Taranto – hanno presentato all’Unesco una richiesta di riconoscimento della Magna Grecia quale patrimonio dell’umanità. Tale richiesta trova forte motivazione nella storia di questi luoghi, dove fiorirono numerose ed importanti colonie greche, caratterizzate tra l’altro da una vivace attività di ricerca, elaborazione e produzione culturali in senso lato, quale unicum del sapere e del pensiero con risultati tuttora vigenti nei concetti di base del settore scientifico ed anche in alcune strumentazioni matematiche. A questo punto inevitabilmente si è posto un interrogativo: quali sono i confini in Italia della Magna Grecia? Napoli vi appartiene? E la Sicilia? Ed, io aggiungo, Caposele? Sulla piazza della Sanità, nei pressi dell’ingresso del cantiere dell’Acquedotto Pugliese, in una bacheca sono riportate due ipotesi sull’origine di Caposele: una, per la quale propendeva lo studioso Santorelli, indica in un insediamento romano la prima
struttura abitativa e residenziale, l’altra, valutando l’importante presenza greca di Paestum alla foce del fiume Sele, ritiene quasi inevitabile che ci sia stata una espansione dell’antica comunità marina verso l’interno, risalente il fiume, anche per l’approvvigionamento di materiali a lei utili, tra i quali ad esempio il legno. A supporto di questa tesi viene citato il nome del monte che sovrasta Caposele, il Paflagone, di chiara origine greca. Quale delle due? Non ho le competenze per poter realizzare una approfondita verifica storica delle due ipotesi, però mi è inevitabile fare qualche osservazione di tipo culturale e quindi qualche parallelismo tra l’atmosfera culturale caposelese e quella dell’antica Grecia. Innanzitutto “l’assenza del tempo”. A Caposele il tempo non esiste – cosa che trovo affascinante e di grande benessere spirituale -, è una categoria secondaria, quasi uno sgradevole intoppo, quel che conta, e nel quale ci si immerge totalmente, è il presente dell’azione, dell’incontro, della dialettica del discorso. I Greci avevano un tempo verbale, “l’aoristo”, – letteralmente “ senza limiti “, senza inizio, né
fine –, che ha un carattere di sospensione del tempo, fortemente diverso nel suo spirito intrinseco dal tempo verbale presente. Perciò è la modalità dell’azione, della vita, quel che conta; direi l’eticità. Forse chi è dentro questa cultura, che ogni giorno in ogni azione incarna, non se ne avvede, ma essa appare più chiara a chi, come me, frequenta in modo discontinuo Caposele ed ogni volta rivive questo gradevole processo di immersione affascinante nel non tempo. La ritualità. Feste religiose e laiche, ma soprattutto religiose, intrise di una profonda spiritualità e fortissima e tenace partecipazione. La ritualità, rigidamente e da sempre praticata, e non perché oggi sia di moda riesumare antiche feste e rappresentazioni anche religiose a scopo turistico ed economico, ma gelosamente conservata in un’assenza temporale, diventa elemento caratterizzante del fare sociale. La coralità, che segna gli eventi della vita: i matrimoni, i funerali, appuntamenti del calendario liturgico quali la nascita e la morte, l’assunzione al cielo ed altri momenti che da soli racchiudono, come per secoli hanno racchiuso, le istanze spirituali degli uomini.
di Ernesto Caprio
Il meraviglioso giugno con il Corpus Domini, la ricorrenza di San Vito con la benedizione dei pani ed i fuochi di Sant’Antonio, dove la parte più nobile dell’animo caposelese prorompe su ogni altra considerazione, generando una festa ed una competizione di magnanimità e di ospitalità interna agli abitanti senza nessuna ambizione turistica o di rientro economico. La partecipazione. L’importanza dell’esserci, la presenza nell’agorà. Ogni manifestazione pubblica fa il pieno, la stagione dei comizi elettorali, poi, si caratterizza per un grande impegno organizzativo e di partecipazione quasi totale, in un momento in cui a livello nazionale i comizi si fanno in ambiti sempre più ristretti e la partecipazione alla politica è sempre più rarefatta. E poi l’irrinunciabile “Agosto capolselese” con le infinite tarantelle notturne ed il “batticulo”, che tenacemente e gelosamente (essendo un’invenzione autoctona), resiste a tutte le mutazioni del ballo, quale incontro “senza tempo” di una comunità che io mi auguro resista e sia in condizione di resistere come tale.
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Ricerche
IL NOSTRO DIALETTO
Q
DALGRE CO AL CAPOSEL ESE
ualche accenno molto sbrigativo sull'influenza della lingua greca sul nostro dialetto, precisando che chi scrive non ha grande conoscenza di questo antico idioma, per cui le trascrizioni di questa lingua sono riportate direttamente in italiano. La ricca presenza di un lessico greco nel caposelese non è, per così dire estremo, come nel grecanico calabro-salentino ,in quanto dalla colonizzazione greca fummo semplicemente lambiti per ragioni geografiche. Non di meno, essendo un'isola linguistica rispetto ai dialetti circostanti Caposele ed ancor di più, avendo la fonetica caposelese molta comunanza con la calabrese, è lecito azzardare una familiarità col greco.
AGONOS ADIAZO ATHANOS ANAG NAGAI KATARIUCOS COLOROS GLICOMAI SCHIDAS ZALE NAOS ARTRIDOS MORMOS COPAS AKIROS. ALEVRONOS ALAHZO. ANARTO. ARPAZO VAMVAKI VARELI. VAROS. VASSILIKOS VERIKOKO VORIOS. VUTIRO. VUTO. GAVATHA GHEMATOS GONATISTOS GULIA DIAVATIKOS DRAPETIS DREPANI ENARTHOS ZEVGARONO ZUMA THEMITOS KAVUKI KAMBANARIO KAMBIA KANDONIO KANISTRO KARAFA KARVUNI KARKINOS KATARAKTI KATASCHO KATHORTOS KATSAROLA KERASSIA S.KLAMA KORMOS COPROS KATAGAIOS IAUO' VALANOS PITON OICHEO ELIX
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Si tratta, per così dire , di una contaminazione "frontaliera" , essendo stato il nostro territorio terra di confine tra almeno tre civiltà ( la greco - appulo- lucana, la etrusco-latina e la sannita D'altra parte la suddivisione augustea dell'Italia in regiones ci localizza come crocevia delle regiones l ( Latium et Campania ), ll (Apulia et Calabria ) e lll ( Lucania et Bruttii ), a confermare la strategicita' di un fiume da più popoli ritenuto oltre che sacro utilissimo. Non è, perciò, da scartare l'ipotesi che Capita Silari fosse una zona franca. Ma il greco da queste parti è approdato anche grazie alla dominazione bizanti-
CAPOSELESE
ORIGINE
IL GRECO ... E NOI
angone iazzu attanu. nghiana' catafuorchiu culumbri gliummri scarda nzalanutu artet'ca mammonu cupa cria. levronu allazzu. nartu. arrapare. vammacia varliru. avary. masilicolia percoca voria. butirro. vutta' gavetonu ngamatu ngunucchiatu guliu. vatecalu trappetu trappanu nnarti. Zagaronu zeuma. Temm'ta cavutu campanaru campa cantonu canistru carafa carvuni carcina catarattu catacatasciu catuorciu cazzarola cirasa shcama curmi cuopru catuorzu iazzu ualanu petuoiu aulecina
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SIGNIFICATO
RAMO SECCO LUOGO VUOTO PADRE SALIRE SOTTERRANEO FICHI GOMITOLI SCHEGGIA MENTECATTO GOTTA MOSTRO BOSCAGLIA NULLA INFARINATO CAMBIARE OGGETTO SOSPESO RAPIRE COTONE BARILE PESO BASILICO ALBICOCCA SETTENTRIONALE BURRO TUFFARSI SCODELLA RIEMPITO INGINOCCHIATO SORSO PASSEGGERO EVASO trappanu ARTICOLI ZAGARONE BRODO LEGALE SVUOTATO CAMPANILE BRUCO ANGOLO CESTO CARAFFA CARBONE CANCRO BOTOLA catacatasciu COSA MALFATTA CASSERUOLA CILIEGIA GRIDO GAMBI STERCO SOTTANO RIPOSO BOIARO FAINA LUMACA
na (di cui i termini CATAPANU, SANTULIA e ILARIONE sono certamente indizio). D' altronde i bizantini, noti più da dominatori da esattori di tasse e balzelli vari, non potevano farsi sfuggire un luogo come Caposele dove le acque attiravano acquirenti e venditori. Un'ultima ipotesi che ci lega alla lingua greca è collegabile al periodo antibarocco dell'Arcadia, movimento letterario che esaltava i modelli bucolici greci e latini. Vuoi purché la Terra di Caposele è stata feudo di famosi letterati (Sannazaro) e musicisti (Gesualdo), vuoi perché i successivi signori ebbero legami coi movimenti culturali napoletani, il greco ci giunse come ORIGINE
CHEIR KEO CHERALULES CHINON OPE TRULLOS STIUPOS CRIUOS MILACOS CONICOS PIDIINO SAGMA COTIULE CUCCUMAS MATTERAS LAGANOS TIUEIDON TEGANON TALLOS TAFOS PAIZO PERSICON CHIMARON COFINOS XIFURGOS IXOS MIUCTER TZILOS TZELOS SPEIRA ZEUG NUMI RAFES CARASSOS ROTIAZO GAULOS BAMBACHION DIUS OSTRACON KUTA KUTSOS KRAVGHI LAMBA LIPOS LITANIA LICHUDIA LUKUMA LUTRO MAGAZI MASKA MILO M' TRIA MUSTAKI MOCHTHIRIA BASTUNI BATARIA BRATZO ZEUGMA OSME'
di Alfonso Merola
moda dell'epoca. Un esempio per tutti: è nota la pratica arcadica di sostituire toponimi locali con nomi geografici suggestivi. Ebbene se l'operazione non riuscì col nome Sele (troppo sedimentato nel greco antico), la stessa andò in porto col nome Paflagone (che cancellò dalla memoria locale l'antica attestazione) Non è infine da escludere che l'eredità greca ci derivi più semplicemente dalla contaminazione napoletana, le cui radici greche sono innegabili. Un excursus che parte da lontano e ci riporta ai giorni nostri per dire che anche scavando nel dialetto si può fare ricerca storica locale.
CAPOSELESE carocchiola ciaraule chioppa ntrugliu stuppieddu chiatru melogna cunocchie pizzu sarma cutula' cuccuma matrella lagana tiedda tiana taddi tavutu pazzia' priessucu zimmuru cuofnu furgiaru isci qua! maccaturu zilu zella spara zoca ravaiuoli carusieddu rodda autu vammaci cria graste KUTA cuozzu vracchi lamba lippu litania leccardia leccuma lutru magazeu masca milu matreia mustazzi mucciaria bastuni battaria vrazzu nzeuma usumu.
SIGNIFICATO
COLPETTO CIARAMELLA COLLARE MISCUGLIO STOPPINO GHIACCIO TASSO FUNGO LUOGO SOMA RACCOGLIERE VASO MADIA SFOGLIA TEGAME TEGAME GERMOGLI BARA GIOCO PESCO CAPRONE COFANO FABBRO FERMO ! FAZZOLETTO DIARREA LITE TORCIGLIO CORDA RAVIOLI MONETE PORCILE TRUOGOLO BAMBAGIA NULLA COCCI cuta PIATTO RICHIAMI LAMPADA GRASSO LITANIA GOLOSITA' FRITTELLA BAGNO DEPOSITO MASCHERA MELO MATRIGNA BAFFI MALEDECAZIONE BASTONE BATTERIA BRACCIO MISCUGLIO FIUTO
Politica “Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?” Sono questi i massimi quesiti esistenziali dell’uomo ai quali, probabilmente, non daremo mai una risposta in questa vita terrena. La statistica, tuttavia, ci fornisce una risposta sicura ad un’altra domanda, pure fondamentale: “Dove siamo?”. La classifica pubblicata in questi giorni dal Sole 24 Ore sulla qualità della vita nelle varie province italiane ci fornisce, infatti, una risposta impietosa: su 110 province analizzate, la provincia di Avellino si colloca al 102° posto. E poco ci consola il fatto che altre tre città della nostra regione – Salerno, Napoli e Caserta – si piazzino sotto di noi, rispettivamente al 105°, 107° ed ultimo posto. La nostra provincia è agli ultimi posti in Italia per qualità della vita, all’interno di una regione che offre poco in termini di servizi, lavoro o sicurezza. Tutta la retorica dell’aria pulita e del provolone impiccato cede il passo di fronte ai freddi numeri della statistica. Ma quali sono gli indicatori che ci fanno precipitare in fondo a tutte le classifiche? Ambiente, lavoro, cultura e tempo libero, demografia e società, innovazione, ricchezza e consumi: tutte queste voci, prese singolarmente, ci fanno scoprire che non brilliamo in nessun campo, anzi. Gli stessi indici, se riferiti solo a Caposele, non ci porterebbero a risultati più incoraggianti. Basta viaggiare un poco per avere la conferma che siamo indietro rispetto a molti altri comuni per la qualità dei servizi di cui disponiamo e siamo lontani da tante zone della penisola quanto a ricchezza e consumi. Nondimeno, leggendo tra le righe dell’indagine, si colgono segnali di un territorio che avrebbe tutte le potenzialità per emergere. Siamo tra i primi posti per numero di laureati (in proporzione al numero di abitanti), non siamo messi male in termini di sicurezza e siamo piuttosto rispettosi dell’ecosistema. Eppure, nonostante ci siano tutte le condi-
Caposele ha bisogno di amministratori che sappiano offrire una visione del futuro, che diano prospettive ambiziose a tutti noi e che non si limitino alla gestione del quotidiano. I futuri amministratori dovranno avere la capacità di andare oltre l’interesse del singolo e studiare piani che interessino la crescita dell’intero paese, dalle infrastrutture al turismo, dall’ambiente fino all’economia di Alfonso Sturchio
La qualità della vita a Caposele zioni, non riusciamo ad ingranare la marcia e districarci dall’impasse in cui siamo impantanati. Quali sono i motivi? Da una parte non abbiamo fiducia in noi stessi: siamo al penultimo posto in Italia per impiego dei nostri capitali rispetto ai depositi. In altre parole, pensioni e risparmi restano congelati negli uffici postali piuttosto che impiegati per investire su se stessi (o sui propri nipoti). Dall’altra parte, a mio avviso, il risultato sconfortante è la diretta conseguenza di una classe politica che non è mai stata all’altezza del suo compito. Se guardiamo alle nostre spalle, quanto meno agli ultimi trent’anni, osserviamo che nella nostra regione, nella nostra provincia e nel nostro comune, vi è stata una democratica alternanza di tutte le forze politiche. Da destra a sinistra, tutti hanno avuto la possibilità di amministrare. Con le necessarie distinzioni del caso, si può dire che le responsabilità della situazione attuale possono essere equamente divise tra tutti coloro che si sono alternati al governo. Il concetto di familismo amorale di Banfield – secondo il quale nei paesi come il nostro gli individui sembrerebbero agire massimizzando unicamente i vantaggi materiali di breve termine della propria famiglia nucleare, supponendo che tutti gli altri si comportino allo stesso modo – può ben essere applicato ai nostri politici. La loro azione è votata unicamente al benessere della ristretta cerchia dei propri elettori forti senza alcuna visione strategica o interesse alla crescita collettiva. E così non sono mai stati capaci di connettere le infrastrutture con il capitale umano, di pianificare una crescita del territorio al di sopra dei miseri campanilismi, di programmare un futuro che vada oltre il singolo
posticino nell’ospedale o negli enti parastatali. La scorsa estate si è celebrata l’inaugurazione di un treno che impiega un’ora e mezza per arrivare da Avellino a Napoli. Questo dice tutto sulla capacità di progettare il futuro dei nostri politici. Se questo è il quadro di insieme, sembrerebbe che per Caposele non ci sia scampo. La condizione di paesino dell’entroterra, all’interno di una provincia ed una regione in coda a tutte le classifiche, ci darebbe poche speranze. I nostri giovani saranno sempre costretti a fuggire altrove, con conseguente spopolamento del paese ed impoverimento di tutta la comunità. Eppure non deve essere necessariamente così. Nella nostra regione convivono le realtà più disastrate insieme a eccellenze riconosciute in tutto il mondo, nel campo del turismo, della cultura e dell’imprenditoria. E’ a questi primati che dobbiamo guardare. Di paesi come il nostro, che sono riusciti ad emergere e ad elevare la qualità della vita dei propri abitanti a livelli di eccellenza, l’Italia ne è piena. Il destino di Caposele è legato solamente alle capacità degli uomini che lo guideranno negli anni a venire. In ultima analisi, il nostro futuro è condizionato solo dalle nostre scelte e dalla volontà di far prevalere il bene collettivo rispetto agli interessi individuali. Nei prossimi mesi tanti uomini e donne si proporranno per guidare la nostra comunità. Tutti saranno armati di buona volontà ed intenzioni oneste. Ma queste qualità, da sole, purtroppo non bastano. L’onestà e la buona volontà sono i requisiti minimi per poter amministrare una comunità come la nostra, che deve fare uno scatto in avanti per
mettersi al passo con i comuni più intraprendenti. Caposele ha bisogno di amministratori che sappiano offrire una visione del futuro, che diano prospettive ambiziose a tutti noi e che non si limitino alla gestione del quotidiano. I futuri amministratori dovranno avere la capacità di andare oltre l’interesse del singolo e studiare piani che interessino la crescita dell’intero paese, dalle infrastrutture al turismo, dall’ambiente fino all’economia. Dovranno essere capaci di pensare globalmente ed agire localmente, interloquendo in maniera costante con le centinaia di burocrati che detengono le chiavi del nostro futuro, dalla Provincia alla Regione fino all’Unione Europea. E’ evidente, inoltre, che per le spiccate competenze che servono ed i tanti campi dove esercitare l’azione amministrativa, dovranno avere anche la capacità di fare squadra e non considerarsi detentori assoluti della verità. L’augurio che dobbiamo farci – se vogliamo nutrire qualche speranza per Caposele – è che i prossimi candidati posseggano questi requisiti e si adoperino per la crescita dell’intero paese.
Via Castello
Su "CAPOSELE CHANNEL" (you tube) una serie di filmati e documenti video su Caposele e il suo territorio. Il canale video de "La Sorgente" insieme alla "Seleteca" e al canale audio, è l'impegno costante per la conservazione di storia, tradizioni, immagini e documenti a rischio estinzione. Tutto il materiale è scaricabile e consultabile gratuitamente. Su "Caposele Channel" anche il documentario "Amare Caposele" di recente realizzazione.
TUTTI I DOCUMENTARI prodotti da "La Sorgente" Anno XLIV - Dicembre 2017 N. 95
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Sociale
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ra il 23 novembre 1980 quando un violento terremoto colpì l'Irpinia e la Basilicata causando la morte di 3000 persone . “FATE PRESTO per salvare chi è ancora vivo, per aiutare chi non ha più nulla” “ Qualsiasi parola è vuota retorica” “ Il modo migliore di ricordare i morti è quello di pensare ai vivi.” Si chiudeva così l'appello lanciato 37 anni fa dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Fu quel grido di aiuto, o meglio, come qualcuno lo ha definito, quell'urlo dal fango che impressionò il mondo intero e fece scattare tanta solidarietà e tanta attenzione verso un popolo, quello irpino castigato dalla natura con attimi di autentico terrore e di improvviso sovvertimento della realtà. Sofferenze e lutti si trasformarono in aggregazione, confronto, partecipazione, discussione e organizzazione collettiva. Furono costituiti coordinamenti di comitati popolari che agivano in sinergia con i Sindacati e le Amministrazioni Comunali. Con a Cgil in particolare e i Comitati vi fu un ampio dibattito per una rinascita delle zone terremotate su basi nuove, per individuare le dinamiche e le strategie comuni da adottare nell'area terremotata. La principale forma organizzativa che i terremotati sperimentarono come risposta per il rilancio delle attività produttive e per garantirsi una forma di occupazione lavorativa fu la creazione di cooperative. Uno dei casi più significativi della fondazione e della diffusione delle cooperative nella zona terremotata fu quello della cooperativa “ La Metà del Cielo” di Teora. Questa cooperativa nacque dal confronto tra la compagna sindacalista della Fiom Lombardia, Luisa Morgantini 2 e le donne l’ 8 marzo 1981. Fu proprio il presidente Sandro Pertini, che constatando l’inefficienza dello Stato nel gestire i soccorsi decise di creare un sistema basato sulla collaborazione tra Stato, regione ed enti locali, ponendo le basi per quella che attualmente è la Protezione Civile. 2 Prima donna eletta nella segreteria della FLM di Milano. È stata eletta parlamentare europea nel 1999 e riconfermata nel 2004. Nel 2007 è stata eletta Vicepresidente del Parlamento Europeo con l'incarico delle politiche europee per l'Africa e per i diritti umani. È membro della Delegazione per le relazioni con il Consiglio legislativo palestinese. È tra le fondatrici della rete internazionale delle Donne in nero contro la guerra e la violenza. Era composta da 10 giovani donne e si occupava di ricamo di tessuti e di lavori tessili, che venivano venduti inizialmente al dettaglio e attraverso la partecipazione a fiere e mostre in molte parti d'Italia. Il caso de “La Metà del Cielo” esprime bene la dinamica che si era messa in moto con l'intervento esterno dei volontari. Sulla base dell'iniziativa di una sindacalista era stata avviata un' esperienza che aveva come protagoniste giovani ragazze del luogo ma che senza l'aiuto e la sperimentazione di una forma organizzativa per loro nuova, la cooperativa, difficilmente
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LA FORZA DELLE DONNE IN PROVINCIA DI AVELLINO DI FRONTE AL TERREMOTO a cura dell’Esecutivo Donne Fisac Cgil Campania L’articolo ci è stato gentilmente trasmesso da Raffaele Alagia al quale va il nostro ringraziamento. A pochi giorni dall’anniversario del terremoto del 23 novembre 1980 e prendendo spunto dalla recente iniziativa promossa dalle compagne della FISAC CGIL Marche e dal forum donne CGIL Marche, dal titolo “la forza delle donne di fronte al terremoto”, vogliamo far conoscere quale è stata la forza e il coraggio delle donne irpine di fronte a quell’immane tragedia. Vi inviamo pertanto una nostra breve riflessione. avrebbero avuto la possibilità di intraprendere un'attività lavorativa nel proprio paese di origine a vocazione contadina e dilaniato dal sisma. La testimonianza della carica di entusiasmo e di voglia di fare di queste donne, è il manifesto appeso alla parete del prefabbricato dove lavoravano: “Siamo un gruppo di donne, riunitesi in una cooperativa di lavoro da pochi mesi a Teora, un paesino dell'Irpinia duramente colpito dal terremoto del 23 novembre 1980. Il terremoto ha tragicamente messo in evidenza una realtà di noi gente del sud: l'emigrazione. Noi abbiamo risposto così “Vogliamo viaggiare e non emigrare3” [questo slogan è tratto dal film “Ricomincio da tre”, diretto e interpretato da Massimo Troisi. Il protagonista sceglie di andar via dalla famiglia per fare nuove esperienze; ogni volta che qualcuno gli chiede da dove viene, e lui risponde che viene da Napoli, allora gli chiedono “Emigrante”? E lui risponde di no, che vuole solo viaggiare e conoscere, chi l'ha detto che chi viene dal sud è per forza emigrante?] (“Vogliamo viaggiare e non emigrare”) e siamo rimaste a Teora. I condizionamenti e i gesti di chiusura che da sempre sono esistiti – soprattutto nei confronti di noi donne – sono stati difficili da superare. Poi la voglia di lottare ha vinto! Noi ora siamo “La Metà del Cielo” e con il nostro lavoro vogliamo conquistarci l'altra metà del cielo che da sempre ci è negata. Non è un sogno! ci siamo e siamo vive! Lavorare e discutere insieme è difficile e la comprensione non è sempre facile ma ci aiuta a scoprire e conoscere noi stesse e a imparare più in fretta. È la rivoluzione di fare le cose con le nostre mani e lasciare libera la fantasia. Ha ricevuto il premio per la pace delle donne in nero israeliane e il premio Colombe d'Oro per la Pace Archivio disarmo; è tra le 1000 donne nel mondo che sono state candidate a Premio Nobel per la pace. All’epoca del sisma del 1980 fu volontaria nel paese di Teora. Il suo impegno sarebbe dovuto durare poco settimane, ma il rapporto creatosi con i terremotati e in particolare con le giovani donne, la indusse a tornare a Teora per trascorrervi molti mesi. Una briciola di vita, per iniziare ma soprattutto per continuare a lottare nella nostra terra. Prima del terremoto la donna, al di là degli stereotipi, aveva uno spazio di azione che era di solito limitato alla
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famiglia, all’educazione dei figli, all’economia domestica ed agricola, alla sfera religiosa. Il terremoto e l’interazione improvvisa e quotidiana con i volontari venuti dall’esterno, insieme alla necessità di rinascita sociale ed economica, trasforma e rivaluta il ruolo femminile nelle comunità, in particolare per le ragazze più giovani. Se un’affermazione della donna al di là della famiglia sembrava un traguardo difficilmente realizzabile prima del sisma, l’accelerazione verso la modernità mette in discussione la rigidità sociale delle piccole comunità e apre prospettive e opportunità nuove e inattese per le donne4.” Furono sei le cooperative organizzate da donne: - Il Lucignolo (Sant'Angelo dei Lombardi, ceramica) - La Verde Valle (Conza della Campania, lavorazione pelle), - La Spiga D'oro (Santomenna, confezioni), - La Ginestra (Rapone, ricamo) - Il Gomitolo (Castelgrande, maglieria) Negli anni successivi si verificò un mutamento di clima nei confronti elle cooperative, che coincise con la partenza del grande piano di sviluppo industriale nelle zone terremotate. Le aree industriali create dopo il 1980 hanno certamente creato posti di lavoro e realtà imprenditoriali attive, ma i risultati ottenuti, rispetto allo sforzo finanziario realizzato, sono stati inferiori alle attese. Negli ultimi tempi si è assistito ad una crisi che ha riguardato non solo le aziende più piccole, sparse per le venti aree industriali del cratere ma anche quelle aziende consolidate e legate a grandi gruppi industriali del nostro Paese; probabilmente sarebbe servito affiancare al piano di sviluppo industriale e di infrastrutture un percorso di creazione e di formazione di una classe imprenditrice locale che
potesse essere n grado di legare destini dell'industria alle esigenze e alle prospettive del territorio. Il cambiamento della scena economica nazionale e internazionale, la delocalizzazione nella produzione di prodotti e merci, e quindi la concorrenza di realtà dal minor costo del lavoro, l'introduzione dell'euro e altri fattori macroeconomici condizionarono fortemente le sorti di queste piccole realtà, indipendentemente dalla volontà delle protagoniste. La memoria, più ancora che un dovere, è un diritto, ed in più è qualcosa che privandoci della quale non saremmo in grado di interpretare il presente e di progettare il futuro. La memoria come progetto, ricordo del terremoto e delle sue conseguenze, ben lontana da quella legata agli scandali e agli sprechi ma vicina a chi ha pianto i propri morti a chi si è visto portare via i riferimenti fisici e morali di una vita, ha dato le basi alle esperienze di organizzazione per progettare il proprio futuro abbandonando la triste abitudine di attendere la “carità dalla provvidenza divina”. La memoria del terremoto e le sue conseguenze devono servire anche a far emergere suggestioni e possibili sfide valide anche oggi, per dimostrare che l'organizzazione collettiva e partecipata e lo spirito di protagonismo delle donne possono essere ancora vincenti come testimonia l’attività che è in essere tutt’oggi della cooperativa “La Metà del Cielo”. Il cammino e la costruzione di una memoria collettiva e consapevole deve prima di tutto partire dalla forza di queste donne che hanno rappresentato e rappresentano la tenacia e il coraggio di chi non si abbatte davanti alle difficoltà, agli ostacoli talvolta insolubili, ma è sempre alla ricerca di nuove strade e possibilità di riscatto per il bene della collettività. “E’ un atto di rispetto dovuto a chi perse la vita in quella sera di novembre”.
Storia AMARCORD CAPOSELE DA IERI A OGGI E’ la nuova rubrica suggerita dal dott. Salvatore Ilaria che, riferisco testualmente le sue parole, tenta di “estrapolare da tutti i numeri pubblicati, in particolare dai più' remoti, una o due interviste o bozzetti fatte a personaggi in ...,arrivati all'onore della carta stampata, noti e meno noti, da ripubblicare sistematicamente ed ovviamente ad intervistati diversi in ogni nuovo numero, (sindaci ,professionisti, sacerdoti , imprenditori, gente comune etc) al fine di slatentizzare la Caposele di allora parametrandola con la Caposele di oggi in tutti i suoi aspetti (costumi di vita, mestieri ormai scomparsi , personaggi con verve comica o poetica ,ideali, politica, iniziative culturali , sport (calcio in particolare -vedi gli undici con la casacca dei leon del Sele-) , momenti di gioia e di dolore , senso di forza e di emozione per le prime e importanti opere pubbliche realizzate e così' via e sottoporre il tutto al giudizio dei lettori de La SORGENTE che potranno esprimersi a mezzo lettera al Direttore o in qualsivoglia altra maniera. I giovani in particolare ,ma anche i meno giovani , potranno ritrovare le radici del nostro amato paese e ricollegarlo ai giorni di oggi in un continuum di storia ma financo di cultura( tante abitudini culinarie e di vita ormai quasi scomparse).Sic itur ad astra ! ...Parafrasando GIOVANNI PAOLO II direi "Prendete la Sorgente e fatene un capolavoro".
Caposele nella prima parte del secolo scorso
C
erte volte mi fermo a guardare Caposele dalla località Piani. Il mio paese è sempre lì, allo stesso posto, accovacciato ai piedi del Paflagone, da secoli. Eppure tale fissità è ingannevole, in quanto essa non consegna alla storia sempre lo stesso volto: Caposele cambia continuamente nel corso dei decenni, degli anni. E cambia perché cambiano le persone che hanno la fortuna di viverci. In questo articolo vorrei proporre all’attenzione dei caposelesi quella che era la Caposele di cinquanta, sessanta anni fa. Cercherò, insieme al lettore, di fare una passeggiata per le strade del paese alla scoperta di quelle realtà che, dal punto di vita sociale e lavorativo, animavano la vita locale: parlo delle diverse attività artigianali. La bottega di questa o quella persona, le immagini, i rumori, gli odori che si sentivano passando magari davanti al fabbro o al barbiere sono rimasti nel cuore e nella memoria di tante persone che ancora ricordano, magari con un po’ di nostalgia, ciò che era Caposele al tempo della loro gioventù. Mi si scuserà se qualche volta, per dare una indicazione precisa della ubicazione delle attività e delle persone oggetto della trattazione, farò riferimento a persone, ad attività o ad abitazioni attualmente esistenti in paese. Come pure chiedo venia per l’uso degli stuortinòmi di famiglia, convinto che essi, lungi dall’essere un qualcosa di offensivo per chi ha la fortuna di averne uno siano, al contrario, un elemento di identificazione formidabile, se è vero che ancora oggi spesso riusciamo a capire di chi si parla in un discorso solo con un preciso riferimento al soprannome. Non chiedo invece assolutamente scusa per l'uso che farò qui e là del dialetto, convinto come sono che esso sicuramente darà maggior gusto alle cose narrate. Per facilitare la lettura di questo viaggio alla riscoperta di una Caposele che fu, indicherò di volta in volta le attività sulle quali verrà focalizzata l'attenzione. Buon viaggio. SCARPÀRI Abbiamo parlato di passeggiata per le strade del paese, e per camminare c'è bisogno delle scarpe: è normale perciò che la prima categoria di artigiani che prenderò in considerazione sarà quella dei calzolai. Ad essi era demandata la cura dei piedi dei caposelesi: le loro abili mani creavano cianfrùni, scàrp cu r cintrédd, scarpìni, zuòcchili e tanto altro ancora. A Caposele i calzolai erano ben otto. Ma partiamo con ordine circa la loro collocazione nel paese: Rocchinu Farina aveva la sua bottega ubicata a lu Chiazzìnu r lu guàrdiu, poco più sotto di piazza Di Masi. Più avanti, in un angolo meridionale di piazza Dante, c'era invece Pèppu chiamato, proprio per il suo mestiere, lu scarpàru. Giràrdu Farina, invece, si trovava giù per la discesa che
attualmente mena al polo scolastico. Nella parte bassa della zona Purtèdda era situata la bottega artigianale di Pashcàlu Manente, precisamente dopo la seconda curva a gomito. Anche via Bozio aveva il suo scarpàru nella persona di Cìcciu lu scarpàru appunto, che aveva il suo locale a metà via, di fronte a dove attualmente ci sono la fontanina e l’atrio che immette in uno dei culti evangelici di Caposele. Falùcciu Faleccu si trovava, invece, in via Ogliaro, ma poi optò per la professione di barista che svolse nel locale dov'è oggi il bar Roma il quale, negli anni Sessanta, era conosciuto con il nome di Cremlino, in quanto spontaneamente lì si adunavano gli aderenti all’allora Partito Comunista. Infne, erano scarpàri anche Lauriènzu Pallante e Romèu r Casciunàru: il primo si trovava in via Roma, il secondo aveva la sua bottega in via Pallante. SARTI E PANNAZZÀRI Undici erano coloro che per professione avevano a che fare con i tessuti: mi riferisco ai sarti e a coloro che i tessuti li vendevano. Partendo dalla parte bassa del paese, alla Purtèdda c’era Giràrdu Farina alias Jangònu, situato appunto in Corso Garibaldi di fronte alla fontana. Più su, in via Castello e precisamente nella strèttla r lu Castiéddu, accanto alla chiesa madre, nel primo vano entrando ra lu Chianu c’era Nicola Vetromile. Mmiézzu a lu Chianu invece c’era Viciènzu r Roccu Ilaria. Lasciando invece questa piazzetta e salendo in via Santorelli (la via dov’era la vecchia caserma) c’era Giràrdu Petrucci. Poco oltre Piazza Di Masi, suppergiù dov'è attualmente il negozio di Mariolino, c'era Tubìa r Savèriu, col suo negozio di vestiti, al quale poi subentrò sua figlia Finùccia, chiamata appunto r Tubìa. Tirucciu r la Carifana vendeva, invece, i suoi tessuti in piazza Tedesco nel suo negozio raggiungibile salendo in fondo alla piazza, appena iniziava la salita del Casale. Scialapòpolo invece aveva il suo di negozio in Corso Europa di fronte alla casa dell’Ing. Nicola Conforti. Salvatòru Ceres esercitava, invece, in piazza XXIII Novembre, lì dove fno a pochi mesi fa c’era l’alimentari di Auriemma. Nella parte del paese andando verso la Sanità c'erano infne tre sarti: Gaitànu lu simpàticu, sito alla Preta r la ténta, e Roccu e Fònzu r la Pustèra, dove attualmente c'è il Maff, cioè a fne corso Europa. FALIGNÀMI E CASCIUNÀRI Anche la falegnameria era molto sviluppata a Caposele, cosa comprensibile, questa, in un’epoca in cui i mobili già pronti non esistevano. Sèggie, panche, càsce, tavulini, buffètte, scanntiéddi e quanto altro ancora serviva per la casa doveva essere per forza fabbricato in loco da loro. I falegnami erano sei, così dis-
tribuiti: Lì Roccu vicino all’arco di Sant'Elia in prossimità di piazza Dante, che poi allora si chiamava piazza della verdura; Ruccùcciu r'Art'mìsia, nel primo tratto di strada tra lu Chianu e piazza Dante, lì dove anche prima del terremoto c’era ancora la scala esterna alla sommità della quale cinquanta anni fa sorgeva la sua falegnameria; Robèrtu r la Luna invece si trovava immediatamente prima della Croce di Sant’Angelo, andando verso la Sanità sullo stesso lato. Particolarmente simpatico era poi tra questi Matteo Mattia, sito in via Pallante, il quale, dopo aver fatto nu ndìcculu (si, insomma un pezzettino di legno per chiudere le imposte) affermò: "Arte, perché non parli?”. Matteo divenne poi barista. Farinèlla invece stava prima nella baracca delle Lavanghe, poi in vicolo Santa Lucia, salendo sulla destra a circa venti metri da via Roma. Infne, Ptrùcciu r Minzion, aveva la sua falegnameria in via Roma. Sempre nell’ambito del discorso relativo alla falegnameria rientra anche la fgura dei casciunàri, i quali si interessavano della fabbricazione dei granai in legno (li casciùni appunto) per la conservazione del grano. Casciunàri erano: Giuànnu r Ciuòlu che abitava e lavorava in via Santorelli, di fronte al forno di Juccia, e Laurienzu r Casciunàru, in via Bovio. FURNÀRI Quattro erano le fornaie a Caposele; la preparazione del pane a Caposele è stata sempre una prerogativa tutta femminile. I forni storici erano quelli di Falùccia r lu castiéddu, in via Castello, del quale già ho abbondantemente parlato in un mio precedente articolo; di Juccia la furnàra all’imbocco di via Santorelli salendo sulla destra; di Pippinella r Tirisèlla in via Bovio e, infne, di Ze’
Lu furno R' Ze Peppa
di Mario Sista
Mina (la mamma di Ze’ Peppa, quest’ultima scomparsa da pochi anni) situato alla Croce di Sant’Angelo. MULUNÀRI Grazie alla notevole disponibilità di energia idrica, da sempre Caposele ha registrato una forte presenza di mulini, gualchiere, oleifici e di altri edifici ospitanti macchine mosse dalla forza motrice delle acque. Per quanto riguarda i mulini, Caposele nel periodo considerato ne contava ancora cinque, quasi tutti però animati ormai dalla corrente elettrica e non più dall'acqua. Salendo lungo il fume il viandante che dal Ponte entrava nel paese poteva ammirare il mulino di Zi Lauriénzu r Patiérnu, un casotto a ridosso del fume per raggiungere il quale si scendeva giù per una strada da sotto al Ponte, sulla riva destra del Sele. Più su c'era il mulino di Mattia, ubicato in prossimità dell’attuale mulino di Elvira, e del quale a quanto pare esiste ancora il canale per l’acqua. Salendo per via San Gerardo, Gilardiéllu aveva il suo mulino dove ora è il garage di Casillo all'angolo di via Peschiera, conosciuta cinquanta anni fa coll'epiteto di via degli Assessori. A Capodifume infne, e precisamente dove oggi c'è il capannone per materiali edili di Nesta, c'era il mulino di Ulìndu r'Amatuccètta. Il quarto ed ultimo mulino era quello di Falùcciu lu Mulunàru a Materdomini, situato in via Santuario scendendo sulla destra, poco prima dell’attuale chalet. FRUTTAIUÒLI, CHIANGHIÉRI E PUTIÀRI I venditori di frutta, verdura, alimentari, carne ed altro erano ben quattordici: una realtà alquanto animata era, dunque, quella di Caposele sotto questo punto di vista. Tutti si può dire omogeneamente distribuiti per il paese. Comunque, partendo dalla parte bassa di Caposele, salendo per la Purtedda ammòndu la prima putèja che si incontrava era quella di T'rsùccia la vèrua in corso Garibaldi. Tra piazza di Masi e piazza XXIII Novembre c’erano rispettivamente: Lorènzu Pizza in piazza Di Masi, esattamente dove ora sono i medici Russomanno. Lorènzu vendeva generi vari. Il suo negozio prima di essere tale era stato un bar. Salendo per la strada principale del paese si incontrava sulla destra la barracca r Crapariellu, sita esattamente dov'è l'attuale Comune e nella quale si vendevano principalmente frutta e verdura, poi, successivamente, anche alimenti; nell’intermedia piazza Dante erano invece ubicati i negozi di Gesummìnu r mast'Alìggi, il quale vendeva elettrodomestici e bombole, e di Girardìna r Garòf'nu con i suoi dolci, i confetti e pure il baccalà in inverno. II suo alimentari era situato in piazza Dante dov'è l'attuale cartoleria di Colatrella. Nel vicino vicolo Sant’Elia c’era invece Dianìsia. Proseguendo per via Roma si incontrava l’angusta bottega r la Pirniciola che offriva ai clienti le sue verdure. Tale negozietto si trovava all’inizio di vicolo Santa Lucia, salendo sulla sinistra, e faceva ad angolo con via Roma sulla quale si affacciava, del resto, la sua entrata. Esso era scherzosamente conosciuto con il nome de “la Rinascente” per le sue minute dimensioni; salendo ancora per vicolo Santa Lucia in via Bovio, all’altezza della piazzetta
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Storia dedicata alla santa, c’era il negozio di generi alimentari di S'ppùccia. Le due macellerie di Caposele erano anch’esse ubicate su via Roma. La prima era gestita da Austìnu r Innariéllu, il quale conduceva anche un negozio di generi alimentari. Una curiosità: la macelleria si trovava esattamente dove oggi cla macelleria di Sergio: uno dei pochi, dunque, esercizi caposelesi a non aver mai mutato di posto. Sempre per restare in tema, la seconda macelleria era invece quella di Falùcciu r Silvio sempre in via Roma. Ho detto che Austìnu aveva anche un alimentari, quest’ultimo si trovava in via Imbriani. Anche il suo parente, Tatòru r Innariéllu gestiva un negozio di alimentari e diversi sito in via Roma, nel locale subito dopo l’attuale bar di Giulio. Completavano questa nutrita carrellata di commercianti Vicienzu r’Annarella in piazza Francesco Tedesco, salendo sul lato sinistro della piazza prima r lu purtònu r lu Scigliàtu; Ròn Savìnu Russomanno, in via Caprio appena salendo sulla destra, e Ulìndu Capriu chiamato mastu Brìshcu, il quale originariamente era un barbiere, e solo successivamente divenne gestore di un emporio dove si trovava un po’ di tutto. SCARPLLÍNI E STUCCATÚRI Antica e rinomata era, qui a Caposele, anche l'arte della pietra. Non mancavano, infatti, gli scalpellini che ascendevano a cinque. La loro attività non si limitava soltanto alla preparazione delle p'trèll per le strade e le piazze; a volte, infatti, veri e propri capolavori uscivano dal loro paziente lavoro. Portali sontuosi e poveri impreziosivano con la loro ricercata o umile e semplice bellezza le case dei caposelesi. Non solo, pietre angolari, basamenti, vàs'li e tanto altro ancora usciva dai feri o dai delicati colpi del loro scalpello. Ma chi erano e dove abitavano questi specialisti della pietra? Paschcàlu r Gilardètta, scalpellino solo per un certo periodo della sua vita, in quanto poi diventò marmista, abitava a lu Pontu, come pure Paschcàlu r Pasqualònu. Lu Sandandriànu, invece, abitava alla Purtèdda. Questi a Caposele era conosciuto come lu Santandriànu appunto, mentre a Sant’Andrea era conosciuto come lu Capussulèsu. Una particolare menzione meritano anche Vicienzu e Girardu r Carlucciéddu, fratelli, autori cinquanta anni fa dell’ottima e bella pavimentazione di piazza Di Masi. Oltre agli scalpellini, Caposele vantava anche la presenza di esperti nella stuccatura e nella decorazione: questi erano Salvatore ed Angelo Conforti, che abitavano sopra al forno di Juccia in via Santorelli. Essi si imponevano all'attenzione anche dei paesi vicini per le loro apprezzate capacità artistiche: ancora oggi la nostra Chiesa della Sanità testimonia in loco la loro bravura e la loro maestria. VARL'LÀRI
Il Barilaio
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La presenza dei barilai a Caposele è attestata già dalla prima metà del XVII secolo. Un'attività, questa, mai interrottasi nel corso dei secoli e tuttora forente. Comunque, sessant’anni fa erano barilai Vicienzu e Lisandru r Salamònu e Gesummìnu e Antoniu r Salamònu, tutti domiciliati in via Bovio. MURATÚRI Nutrito anche il numero dei muratori e dei manovali che, qui a Caposele, lavoravano nel settore dell'edilizia. Ricorderò soprattutto il nome dei "mastri", cioè di coloro che erano esperti nella costruzione di manufatti in muratura che richiedevano una certa perizia ed abilità, in quanto realizzati con pietre e calce. Otto erano quelli impiegati in questo settore: Lisandrìnu e Gaitànu r Suffrìggiu, che abitavano in corso Garibaldi; mastu Toru, domiciliato in via San Gerardo presso l’attuale scuola guida; Girardu r Carlucciéddu in via Castello; mastu Runatu r Peppu in via Bovio; mastu Peppu r Suffrìggiu in corso Europa, la cui casa era più o meno nei pressi della casa dell’ex sindaco di Caposele Donato D’Auria; mastu Tirùcciu, in corso Europa; Runatu Curciu in piazza Francesco Tedesco, il quale successivamente se ne andò in America; Antoniu r mastu Toru, figlio appunto del già citato mastu Toru, che attualmente vive in Venezuela. BARBIERI In genere ogni paese aveva il suo barbiere in piazza. Ora, la storica piazza principale del paese, piazza Francesco Tedesco, non registrava nessuna barbarìa, perché molto fuori mano. I barbieri, a Caposele, infatti, erano quasi tutti localizzati mmiézzu a lu Chianu. Iniziamo dal più antico barbiere che la memoria ricordi: Tonino Scutese, il cui padre era stato a sua volta anch'egli barbiere. Tonino riceveva i suoi clienti in un locale di proprietà dei Caprio sito appunto in piazza Di Masi, vicino alla fontanina. Tonino non era bravo soltanto a maneggiar rasoi, ma suonava bene anche la chitarra: elemento importante in un paese in cui non c'era sera, si può dire, in cui non si ballasse in qualche casa. A Tonino successe poi, sempre nello stesso posto, Pilipésciu, e a questi, successivamente, subentrò Cìcciu lu barbiere, che poi se ne andò in Canada. Vicino al locale di Pilipésciu, scendendo per via Imbriani, dove attualmente c’è un alimentari, c’era la barbarìa di Funziniéllu r Casciunàru. Chiudeva la costellazione dei barbieri Vicienzu F'léppa, il cui salone era ubicato di fronte all’attuale Mister Bar. TR'PPTÀRI La forza impetuosa delle acque non muoveva soltanto, qui a Caposele, le macine dei mulini, ma anche quelle dei frantoi. Niente di strano, allora, se molti erano in antico anche gli oleifci nel nostro paese. Ovviamente, come già detto per i mulini, nel periodo considerato la forza dell'acqua era già stata sostituita da quella dell'elettricità. Ciononostante, sessanta anni fa ancora si potevano contare sei frantoi. Questi i nomi dei sei tr'pptàri del nostro paese: Zi Lauriénzu r Paternu al Ponte; Funzìcchiu, il cui oleifcio era ed è tuttora in via Pallante alias zona Prèta r la ténta; Antoniu Mattia, in via San Gerardo; lu Scigliàtu, in piazza Francesco Tedesco, appunto dov’era lu purtònu detto r lu Scigliàtu; Ulindu r’Amatuccetta che, ricordiamolo, era pure mugnaio e, per finire, Francìscu r Fuluppiéddu a Materdomini, dov'è l'attuale albergo Pafagone. FABBRI E FURGIÀRI Vi era una certa differenza tra lu fabbru e lu furgiàru. Il fabbro era più specializzato in lavori in ferro di un certo spessore: cancelli,
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ringhiere ed altro, tant'è che era impropriamente chiamato meccanico (come i geometri fno a poco tempo fa venivano chiamati dai più ingegneri, tanto per capirci). Lu furgiaru, invece faceva lavori molto più umili. Compito di questi, infatti, era ad esempio fabbricare i ferri per gli zoccoli dei cavalli e dei muli, oppure fabbricare r cintrèdd, una sorta di chiodi che venivano applicati alle suola delle calzature (a tal riguardo, r cintrèdd non erano tutte uguali; c’erano, infatti, r cintrèdd tonn che erano quelle più signorili, e quelle a rròi bòtt che erano quelle più grossolane). I fabbri erano tre: mastu Pashcàlu domiciliato in via Imbriani a scenderei dove c’era la vecchia farmacia; Falùcciu , r Sciampàgna in corso Europa, sul lato! sinistro a salire, quasi al termine; Girardul r Cacacrìtu che lavorava col sunnominato! Falùcciu. Erano invece furgiari, per un totale di sette persone, salendo dal Ponte: Eugeniul e Girardu r Manganese al Ponte; Trimàndul alla Purtédda, in un locale adiacente alla cappella dell’Angelo; Frannicòla, che lavorava nello stesso locale di Trimàndu; Viciènzu Spinelli, sempre alla Purtèdda; Saverio Spinelli a lu Chiazzìnu r lu guardiu, accanto a Rocchìnu Farina; Lauriénzu r màstu suònnu in via Palladino di fonte all’ex culto evangelico. SACRASTÀNI Un'altra figura, importantissima nel Settecento e nell'Ottocento, tanto è vero che percepiva uno stipendio dalla chiesa, era quello del sacrestano. j A lui spettava il compito della nettezza della chiesa, del servizio all’altare durante le funzioni, della custodia dei vasi sacri e delle vesti liturgiche. Circa settanta anni fa questo compito era ricoperto da Francìscu lu sagrastànu, il quale era allo stesso tempo lampionaio, sacrestano della chiesa madre, bidello unico delle scuole elementari ubicate dietro la chiesa e, infne, incaricato di dare la corda all’orologio sempre della chiesa madre. A lui subentrò in questo uffcio il fglio Innàru, il quale, a differenza del padre, fu solo sacrestano. Dopo Innàru lu sacrastànu fu la volta di Girardu Muscìddu, ultimo sacrestano della vecchia generazione, nel senso che fu l’ultimo dei sacristi ad indossare ogni giorno la cotta e a servire la messa all’altare, rispondendo in un latino imparato a memoria alle preghiere del sacerdote.
ricordarle tutte in questo paragrafo. Ma procediamo per ordine. Il più antico bar di Caposele era situato a lu Chiazzìnu r lu Guardiu, poco sotto piazza Di Masi: stiamo parlando dell’ex Bar Romualdo, attivo fino a prima del terremoto. Sessanta anni fa esso era gestito da ze' Catarina r Varvarùlu. Oggi al suo posto c'è un negozio di mobili. Per quanto riguarda, invece, gli stagnini, Màstu Sàbb'tu in corso Garibaldi provvedeva all’applicazione del sottile strato di metallo sulle caccavèll r ràma rossa usate per cucinare. Ultimo rappresentante, poi, di una secolare e storica attività artigiana di Caposele, relativa alla tintura dei panni, era Giuannìnu r simpàticu, che non poteva non tener bottega in quella zona di Caposele il cui nome tuttora testimonia la trascorsa esistenza di quest’arte: la Prèta r la ténta appunto. L’arte della fotografia aveva invece tre suoi esponenti: Aitànu lu ritrattista e Antoniu e Amerigu Conforti, questi ultimi dimoranti nella loro casa sita sopra il già citato forno di Juccia in via Santorelli. Esiguo era, altresì, il numero dei medici: due. Ron Dunato Nisivoccia abitava nel palazzo r la Rosa, dove oggi c'è il Wake up; Ron Pashcàlu Cozzarelli, che riceveva nel palazzo di famiglia in piazza Francesco Tedesco. Due anche le farmacie di Caposele: quella di Ron Raffaele Russomanno e la farmacia De Rogatis. Circa invece le oreficerie, sessant’anni fa Ronn’Armandùcciu Caprio, ricordato anche per il bastone con l’impugnatura di argento col quale passeggiava, aveva la sua orefceria in piazza Francesco Tedesco, salendo sul lato sinistro della piazza, al primo portone sul quale campeggiava la scritta “orefceria” appunto. Girardìnu Freda, invece, aveva l’oreficeria, nella quale vendeva ed aggiustava orologi, attigua al bar Romualdo. Nello stesso tempo si occupava anche dell’esazione delle tasse comunali. Per concludere, Caposele contava, alla luce di quanto detto, su un esercito di 106 artigiani, commercianti e professionisti, così distribuiti: 8 scarpari, 12 sarti, 6 falegnami, 2 casciunari, 4 fornaie, 5 mulini, 14 putiàri, 5 scalpellini, 2 stuccatori, 4 barilai, 8 muratori, 5 barbieri, 6 addetti ai frantoi, 3 fabbri, 7 furgiàri, 3 sacrestani, 12 vari. Tutto si poteva dire fuorché che la nostra realtà fosse poco vivace. Tempi belli di una volta…...
BARISTI, STAGNÍNI, TINTÚRI, FOTOGRIFI, MIÉRICI, FARMACISTI E OREFICI A causa dell'esiguità delle persone occupate in queste specifiche attività, ho voluto
La bottega artigianale r' 'Nzuccio lu meccanico
Il venditore di vino
Il Bar di Graziapia (ex Bar Romualdo)
Fatti di Paese
Mario lo Pretore, scarparo
A
veva il basso vicino alla Scala santa, angusto, buio e umido, ma con la buona stagione metteva fuori il deschetto e lavorava all’esterno, mettendo la sedia, che aveva accorciata tagliandole metà dei piedi, proprio sulla soglia, forse per impedire l’accesso agli estranei. Amalindo, la guardia comunale che bazzicava nella zona, a mò di scherno, diceva che era un “solachianielli”. Di scarpe, infatti ne faceva poche, perché, per mancanza di clienti che li ordinassero, era costretto più a ripararle che a farle nuove. Quando, però, capitava di farne delle nuove la sua professionalità era davvero elevata. Ho visto fare le scarpe dall’inizio alla fine e davvero occorreva passione, tecnica, inventiva per poter creare un prodotto che, dall’Italia ha conquistato il modo intero. Era della generazione e della scuola di tanti artigiani come Mario lo pretore, il famosissimo Salvatore Ferragamo che emigrato in America, giovanissimo, da Bonito Irpino, mise a frutto l’arte imparata al paese e, con un colpo di genio inventò il tacco a spillo, facendo i miliardi e la fortuna dei suoi discendenti che hanno aperto negozi di moda in tutto il mondo. Lo pretore non ebbe analoga fortuna e fu condannato, suo malgrado, a fare per tutta la vita il solachianielli. La scarpa, nasceva nelle sue mani, e passava, solo per lavori marginali e sempre sotto il suo vigile controllo fatto di sgridate e ordini perentori, in quelle dei due discepoli, Salvatore e Annibale, che gli sedevano ai lati come due angeli custodi. Di solito raddrizzavano “puntine”, tiravano gli spaghi con la pece, lustravano scarpe sozze, inondandole con grandi sputi e strofinandole, con tutta la forza che avevano in corpo, con una “scopetta” mezzo consumata, stando attenti ad ogni ordine del “masto”. Il rito cominciava con la compera della tomaia. Lo pretore si alzava, si rimboccava il grembiule da un lato, indossava la giacca e si recava da Felice, che allora aveva il più attrezzato negozio di forniture per calzolai della zona e clienti sparsi in tutti i paesi vicini. Tornava esibendo la classica tomaia, quasi sempre nera, di vitello, ma talvolta, anche di più pregiato capretto. Prendeva una forma di legno tra quelle che facevano bella mostra appese alle sue spalle, secondo la misura che gli occorreva. Erano, per la gran parte, annerite dall’uso e piene di buchi lasciati dai chiodi che venivano utilizzati per fissare la tomaia. Dopo averla adattata al piede del
di Nino Lanzetta
In questa rubrica intendiamo far rivivere vecchi temi della vita del paese, ricchi di fascino e suggestione. Racconteremo fatti, leggende, usanze, costumi popolari, canti paesani e popolari, comuni a tanti paesi del nostro circondario. Ringraziamo Nino Lanzetta che ci ha trasmesso una serie di “quadretti” molto interessanti sulla vita dei nostri paesi.
cliente, appositamente studiato nelle eventuali protuberanze “cipolle”, con pezzi di cartone pressato opportunamente ritagliati, applicava la tomaia, tirandola delicatamente, ma in modo deciso, con una tenaglia piatta, per non intaccare la pelle, e la fissava con chiodi lunghi e sottili. Poi ai bordi cominciava a cucire il “guardione”, una striscia di suola sottile che sarebbe, poi, servita per cucirvi sopra la suola. Man mano che procedeva con la cucitura, toglieva i chiodi che erano serviti a mantenere la tomaia alla forma. Al guardione veniva, poi, cucita la suola dopo che era stata a deposito nell’acqua e martellata a dovere su una forma di ferro, retta da apposito sostegno, che manteneva sulle gambe. Per mettere la suola a mollo aveva a terra, al suo fianco, una cardarella da muratore nella quale cambiava l’acqua ogni morte di papa. Si sentiva il tanfo tutte le volte che l’acqua veniva rimossa per prendere la suola, che a volte, quando era di piccole dimensioni per le varie “’mposte” che faceva, metteva in bocca per stirarla con i denti. In bocca metteva, comunque sempre i piccoli chiodi, le “semenzelle” in buona quantità che poi prendeva, una ad una, per l’uso. Credo che ne abbia inghiottito molte, anche perché non poche volte gli amici, che si fermavano davanti al banchetto specie d’estate quando stava fuori davanti al basso, gli davano a parlare a bella posta per fregarlo. Raramente ci cascava. Quando batteva la suola con martellate veloci e precise, quasi a cadenzarne il tempo, ripeteva cantando e a mò di nenia il ritornello che ha ripetuto per anni: ” ò cavallo e Michele Saggese se ferma a la ‘nghianata e corre a la scesa”. Dopo la cucitura della suola e del tacco, che faceva diventare alto nella giusta dimensione a furia di cartone pressato, più economico della suola, o con rimasugli, con i quali faceva veri capolavori di collage, la scarpa veniva sformata e completata nell’interno con l’incollatura della “soletta, e rifinita all’esterno con lucido e cera. Oggi un paio di scarpe così costano più di un migliaio di euro, allora solo poche lire, e non tutti potevano permettersele. Si chiamavano “scarpini” per
non confonderle con le scarpe di anfibio che avevano le salvapunte e i salvatacchi di ferro e le grandi “ciandrelle a due botte” ricoprivano i lati delle suole per non farle consumare. Un paio di scarpe dovevano durare molti anni: ragione per la quale venivano continuamente riparate e risuolate, e finivano in poco tempo per diventare un campionario di mposte e mpostecelle. All’occasione si usava la gomma dei copertoni delle ruote delle macchine e abbondavano le scarpe militari e quelle che i parenti americani mandavano con i pacchi del Piano Marshal per la ripresa europea che arrivavano a centinaia una o due volte al mese. Ad avere il pacco erano quasi sempre gli stessi e all’arrivo del camion, in paese si avvertiva un’insolita animazione ed una agitazione. Scanio, che non aveva un lavoro fisso, ne faceva quasi un commercio e campava vendendo i vestiti che riceveva. A volte agiva su ordinazione e diversificava le richieste ai suoi parenti americani. Ne doveva avere parecchi se riceveva sempre dai due o tre pacchi per volta. A casa non arrivavano mai pacchi e mio padre, che pure faceva il sarto, era costretto a comprare qualche vestito che adattava alla nostra statura. Io ero più fortunato perchè più grande e quindi il vestito veniva prima adattato alle mie misure e poi, negli anni successivi, a quelle di mio fratello. Ma poiché la stoffa veniva girata all’altro verso, meno consumata, il taschino per forza di cose, veniva a trovarsi sulla destra, e questo era fonte di proteste e di pianti. Un tipo di calzature, molto utilizzato dalle donne, erano i “chianielli”: ce n’erano di tipo invernale, più pesanti e fascianti e di tipo estivo, più leggeri e aperti. Il nostro ciabattino ne aggiustava tanti. Non tutti pagavano alla consegna, ma quando incassavano dalla vendita dei prodotti agricoli che producevano. Ragione per la quale Masto pretore segnava il credito in un quadernetto che sapeva interpretare solo lui. E’ rimasto famoso il conto fatto ad un malcapitato contadino. “mezze sole a Nannina, ‘mposte a Michele, chiuovi a te e “dietro” a Claudina in totale cinque lire.” E il malcapitato, cacciando dal misero borsellino e contandole lentamente,
molte monetina le poneva sul banchetto ripetendo sconsolato: “m’è la misso arreto a me, altro che a Claudina!” Ogni tanto, a noi ragazzini, che lo importunavamo con scherzi e lazzi, ripeteva “tutti dovremo andare all’albero pizzuto” cioè al cimitero, che individuava per i numerosi cipressi del viale di accesso. E voleva far intendere che, prima o poi, avremmo pagato le nostre colpe. In quegli anni di estrema povertà non tutti avevano le scarpe, e molti andavano scalzi anche d’inverno. Ho visto bambini, scalzi sulla neve, correre e giocare come se fosse estate, con le mani e i piedi pieni di geloni. Quella dei geloni, che oggi è una malattia che non esiste più, allora era assai frequente. Oggi ognuno ha in casa decine di paia di scarpe, da non sapere dove metterle. Allora possederne due era un lusso e ricordo ancora Smok che invidiava un amico comune, più grande di noi, che di scarpe ne aveva più paia e che stava sempre a pulirle e, quando le calzava, erano una meraviglia a vedersi. Poi anche Smok ebbe le sue belle scarpe lucidissime, che un suo zio gli regalò, comprandole nel negozio più esclusivo di Avellino. Un po’ stonavano nel resto dell’abbigliamento, ma facevano la loro bella figura fino a quando, anche con esse, cominciò a dare calci al pallone quando se ne presentava l’occasione, dimentico di avere ai piedi le scarpe nuove. Ma le scarpe non erano il solo problema, specie per i ragazzi che erano molto “scommonecati” cioè discoli e consumavano molto in fretta i panni che indossavano. Specie nel didietro e sulle ginocchia perché si giocava per terra e ci si faceva scivolare sulle superficie lisce ed inclinate. Ragione per la quale molti pantaloni, mai abbastanza lunghi e mai cortissimi – che venivano detti a zompafuossi - erano pieni di pezze, quasi mai dello stesso colore e spesso vistosamente contrastanti con il tessuto d’origine. Le pezze di dietro, i funnielli, erano rotondi come l’o di Giotto e molto appariscenti A pensare che oggi i vestiti si lacerano apposta e i buchi lacerati aèppsota! E’ cambiato il mondo avrebbero detto le vecchie nonne, segnandosi il capo!
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Attualità
La FACOLTÀ della MEMORIA è GRANDIOSA!
‘L
e sofferenze, pure le più degenerate, servono per conservare la memoria del passato.”
A.D. 2017, una primavera splendida. Le tante desiderate vacanze, tra la mia gente, si presentano allegremente Mi sento presente in questo Paesetto, dove io vissi venticinque primavere. Riporto una frase di Dante, che dice:“La mia Patria, adesso, è dove vivo”. Ma il mio intimo non concorda, contesta! Abito, da tempo, in un Paese meraviglioso e ivì ho formato famiglia, mi sono realizzato e vivo a mio agio. Ma, essendo un italiano nostalgico, sempre retrocedo nel tempo e, ansioso, memoro quelle scese a Caposele, la Scuola, rivivere tanti preziosi e vecchi ricordi. Da Materdomini, m’azzardo a scendere, pedoni, con mia moglie, per l’antica strada che ha un nome ben appropriato: Via Calvario! Da dimenticare! Ci fermanno all’inizio del percorso, invitati da un’ombra di una secolare quercia, e nella cui sosta mi fè ricordare le frequenti e salutari discese e salite, che facevo negli anni cinquanta. Devo riconoscere che il Paese ha fatto dei progressi, da quando andai via, oltre mezzo secolo, colmo di risentimenti, ma è sempre con immenso piacere che quìvi approdo frequente, dove vivono mi sorella e mio fratello, attempatucci, e tanti parenti e un vastissimo eccetera. Indelebile caro Paese, dei miei preziosi tempi, tu mi fomenti infinite emozioni, ricordare quei ingenui amori. --------------------------------------“A Natal’ nun ti mangà li struf-li cu li riavulieddi!” ----------------------------------------------Quindi, memoro quelle discese e salite in tutti i particolari. Dal gaio Belvedere del caro mio Villaggio, pedoni, per accedere a Caposele, si ammirava la fantastica Valsele. Una stradina curvilinea, ben conservata, soavi e continui mormorii di limpidi ruscelli che scorrevano a valle. Una diversità di volatili, in distacco usignoli, a brulicare tra gli alberi di querce, alberi fruttiferi, come il ciliegio, pesche, fichi e... Scontrosi musi allungati, sorvegliavano proprietà private. In un fiorito prato di lupinella, un vistoso gregge allattando i suoi neonati. Un rumoroso coccodè di piumose, difese e capitanate da un galante e grintoso gallo. Che pace per il sereno Coldiretto! -------------------------------------------“Il presente del passato è la memoria!”
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Negli orti un sordido ronzio di api, succhiando il nettare dei fiori e frutti. Seduto, su un ceppo di pioppo, un gaio rampollo, il quarto di sei, rintocca stridenti stornelli, al suo bel organetto. Persone che falciano il fieno, raccolgono i ortofrutti, mietono il frumento precoce. I gelsi colmi di bacche bianche e nere per un allegre rifocillare di innumeri oviperi. Alberi di ciliegi splendenti e sfarzosi, stracarichi di meravigliose e seducenti ciocche. Nespole, albicocche dorate, preponderanti tra piantagioni di mele, pere, pesche, prugne e ’li culumbri’! Vigneti e pergolati di viti gremiti di grappoli d’uva da tavola e per fare il mitico aglianico! In uno specchio d’acqua, un allevamento di diversificate trote. Nei dintorni del laghetto un tappete verde ricamato da fiori multicolore, ripieno di meravigliose fragole, tra graziose margheritine, viole, in sintonia con la ca-
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momilla, questa una piantina con fiori gialli, delicati, profumati ed è ricca di proprietà teraputiche... e il profumo inebriante delle rose, garofani e tanti altri! Nelle scarpate, folte ginestre disegnando un manto giallo color oro. Un tiepido vento soffia leggero, formando onde sulle messi bionde e, birbante, strappa, porta via con se i petali degli inodorosi, ma simpatici papaveri onnipresenti. Attrattivi giardini, maestosi uliveti, siepi di pungenti rovi, ma con fiori e brune more. La strada ci regalava anche infide accorciatoie. ----------------------------------------------Sogno che quì è rimasto tutto com’era. Parole tristi mormorate a me stesso! ----------------------------------------------L’aspro ciarlare delle cicali, urla un banditore girovagando per le contrade: è il pescivendolo su un traino trascinato a stento, da uno stremato equino.Allegra il percorso il din, don, dan delle campane del Santuario di S. Gerardo Maiella: emozionante invito alla meditazione. Esclamazioni di piacere: arrivo a Caposele. Quante mirabili fonti d’acqua corrente. Ognuna col suo incanto. ‘N-gimma a lu pond’ i bravi furgiari fucinano, plasmano sull’incudine gli incandescenti metalli, calzano gli zoccoli ai ciuchi destrosamente. I bottai, maestri falegnami, con l’ascia in mano, precisi, sgrossando il legno, altri con cerchi di ferro montano botte, tine...
Umberto Gerardo Malanga ugmmaterdomini@bol.com.br Quivi, ritengo che a quei tempi esistevano sì, solidi e valorosi intenti didattici. Torno al reale, e quindi decidiamo affrontare la famigerata discesa, a qualsiasi sacrificio. Difatti, sono veramente deplorevoli le sue condizioni, tanto che a metà strada mi guadagnai una scivolata non molto gradevole. Lungo il tragetto una infinità di spine, cardi, i parapetti totalmente marciti, in condizioni indescrivibili. Incontriamo solo un paesano disposto, come noi, a quella avventura. Gli domandammo perchè tutta quella oscenità, e lui, ansimando, disse: “Quà, a lu Cumunu, tutti vol-n’ ess’ Ass-ssuri, ma nun fannu nu...cacchiu!” Tacemmo! Finalmente siamo arrivati ‘n-gimma a lu pond’. Involontario, l’istinto mi spinge a seguire a destra, per passare davanti ai mitici furgiari:
oggi secca, un coltivo di musco, tante farfalle impazzite alla procura di una goccia d’acqua: incredibile, come si fa per dimenticare!
Entrata del Parco Fluviale
Le Panchine e il gagliardo Cardo
La cascatina, giugno 2017.
Via Calvario, Primavera 2017
Anziani seduti davanti a botteghe, bar, alimentando la loro pipa con trinciato forte e raccontando frottole. R’ Cummar‘ che tartagliano sulle balconate, mentre innaffiano piante; dotti ciabattini battono il cuoio ed i barbieri a raccontare bravate. Vecchi mulini a macinare il grano, le olive, per estrarrere l’olio super vergine. Il bar Miezzu a lu Chianu, gremito di persone. Prendo un bel caffè. L’allegre chiasso di bambini nelle scuole. Quattro passi dal centro, via Roma, per la Sanità, tra i memori stretti vicoli, incantevoli piazzette con monumenti in memoria di concittadini d’un glorioso passato. Nell’ammirare i ruderi del castello, tracce del periodo borbonico, mi viene in mente quando la mia Mamma, espressiva, roccontava mirabolanti imprese d’un leggendario Brigante Irpino. Un’occhiata alla mitica Scuola d’Avviamento, digerire quella tortuosa, ingreme ma molto graziosa stradetta, che misura circa tre braccia di larghezza mal misurata e alcune decine di metri di lunghezza. L’indimenticabile immobile possedeva innumere e grandi sale con mobili rinascimentali, banchi di legno abbondanti, un pò graffiati. Il vecchio portone, l’artistico arco, le insigne scalpellate con arte. Le finestre, la scalinata bramavano cura, l’ampia facciata parzialmente sgretolata, ma, per me, un memorabile luogo che per due anni frequantai, per aquisire un pò di sapere.
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Via Calvario: tempi in cui si passava con più agio... e i Ruderi del Castello
memoria ossessiva, difficile fargli capire la realtà. Allora, entriamo a sinistra per montare il duro Corso G. Garibaldi, allungandoci fino al Panificio San Giovanni, della famiglia Ceres. Varchiamo Piazza Di Masi e via Roma, poi un gelato al bar omonimo, e ancora via Mulino o Molino, boh! (!?). ---------------------------------“Si sona vintunora nunn’è niendi, ru bruttu è quannu sona l’ancunia! -------------------------------------------Un silenzio in quei vicoli, poca gente circolando, non esistono più quelle chiacchierate con vicini, davanti alla porta. Visitiamo il solitario campanile, il quale merita essere custodito: è un patrimonio di valore storico! Sorpassiamo il ponte Treddoge, per un relax al Parco Fluviale. Una vera calamità! Procuriamo dov’è l’entrata, ma i cardi, rovi, ortiche avevano invaso tutto, alberi caduti, ostacolando l’accesso! Due panchine “scungignat’”, un silenzio, dove due anni fa si ascoltava una sinfonia della tal cascatina,
La cascatina, agosto 2015. Ho iniziato questo dialogo riconoscendo che il mio Paese ha fatto dei progressi. Non è proprio così. Molte perdite ci sono e dolorose, specialmente in relazione al patrimonio immateriale! Tanti che non s’impegnano in difesa della propria terra: costoro non si amano! Auspico che le mie osservazioni non siano intese come critica distruttiva, al contrario, però, porto con me, una tristezza immensa!
“Niente ferisce quanto la delusione!”
Buone Feste! Auguro a tutti
Ricerche
STORIA DELLE FAMIGLIE CAPOSELESI
FAMIGLIA PROIETTO
G
iuseppe Proietto (1905-1980), figlio di Rocco e di Maria Teresa Esposito, era contadino e commerciante di frutta e verdura. Dalla moglie Alfonsina Ruglio ebbe 7 figli: 3 maschi e 4 figlie. All'età di 12-13 anni il figlio più piccolo, Nunzio, che frequentava lascuola media di avviamento al lavoro, decise che non voleva più andare a scuola, e lo comunicò al padre. Quest'ultimo gli chiese se fosse sicuro di questa decisione, e Nunzio annuì. Il padre fu d'ac-
cordo senza fare nessuna scenata, e sentenziò 'Ok, per me va bene, ma se non vai a scuola dovrai aiutarmi in campagna: non puoi stare senza far niente. Domani mattina vieni con me "a vutá l'acqua a 'ru Munutu"'. Il ragazzo accettò contento, perché non c'era stata nessuna scenata o altro (e perché non sapeva l'attività che l'attendeva il giorno dopo). La mattina seguente Giuseppe si svegliò alle 5 e chiamò il figlio Nunzio per andare in campagna. Il lavoro consisteva nel deviare una parte del corso d'acqua,
di Pasquale Ceres piazzando delle pietre in modo da irrigare il campo. Il lavoro era duro, tanto che dopo 2/3 ore Nunzio disse al padre che ci aveva ripensato e che era meglio finire la scuola. Giuseppe gli fece notare che per quel giorno non avrebbe fatto in tempo ad arrivare a scuola, ma Nunzio ribatté: "Non ti preoccupare, ce la faccio", e scappò via verso la scuola. C'era tempo per crescere e lavorare: finché si poteva, conveniva studiare!
1953 circa - foto con i genitori dello sposo, in occasione del matrimonio di Rocco Proietto con Maria D'Elia - in piedi, da sinistra: - Alfonsina Ruglio (madre dello sposo) - Maria D'Elia; - Rocco Proietto; - Giuseppe Proietto (padre dello sposo) bambini, da sinistra:nipote della sposa; - Nunzio Proietto;
1948: Giuseppe Proietto con la moglie Alfonsina Ruglio e 6 dei 7 figli Foto in bianco e nero con tutta la famiglia di Giuseppe Proietto ed Alfonsina Ruglio, scattata per mandarla ad una sorella di Alfonsina, emigrata in America. da sinistra:- Rosa Proietto; - Alfonsina Proietto (madre)- Nunzio Proietto (in fasce) - Rocco Proietto; - Salvatore Proietto (bambino avanti) - Giuseppe Proietto (padre) - Vincenza Proietto; - Teresa Proietto;
Cugini di nome Giuseppe, tutti discendenti di Giuseppe Proietto 1905-1980 Da sinistra: - Giuseppe Colatrella, figlio di Pasqualina Proietto - Giusepe Proietto, figlio di Rocco - Giuseppe Malanga, figlio di Rosa Proietto - Giuseppe Proietto, figlio di Salvatore - Giuseppe Proietto, figlio di Nunzio
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Sociale
DOVE SAREI VOLUTA NASCERE…
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e mi si chiedesse dove sarei voluta nascere e vivere, nonostante tutto, direi sempre e comunque a Caposele. Nonostante tutto perché è da un po’ di tempo che sento il peso degli anni che passano e questo non perchè le rughe mi segnano il viso e gli acciacchi, che come è normale che sia, si fanno sentire. Non è per tutto questo che mi pesa lo scorrere del tempo, sento, invece, la stanchezza e un senso di impotenza per una vita vissuta in un paese che sembrava promettere tanto e che, invece, viene sistematicamente depauperato della sua identità. Un paese, direi trascurato, che sembra lasciare poco spazio alle speranze e al futuro, per lasciare, invece, spazio ad una pericolosa rassegnazione che sembra pervadere tanti. Oggi se si gira per le strade di Caposele, a parte quel mese di vitalità estiva e i mercatini di Dicembre, che poi finiscono per essere risucchiati da un interminabile letargo, dicevo, se si gira per Caposele c’è un vuoto che sconcerta e ti fa avere nostalgia del passato, di quando nelle stradine si sentiva il rumore familiare del fabbro, del ciabattino, dei bottai e le persone camminavano senza essere ossessionate dalla fretta spasmodica odierna, bensì con il desiderio di salutarsi, di fermarsi, di ascoltare chi si incontrava, non per entrare nei fatti degli altri, bensì per condividerne spaccati di vita, di serenità ma anche spaccati intrisi di problemi. Ritornando alla mia vita, ne ricordo i passaggi adolescenziali e giovanili segnati dalla voglia di crescere, perché noi giovani di allora riuscivamo ad intravedere un futuro, fatto di un lavoro che prima o poi sarebbe arrivato quasi per tutti noi; in contrapposizione a ciò, oggi sembrano mutati anche i passaggi della vita: si aspetta di crescere e quando si è cresciuti, si aspetta un lavoro che sembra diventare sempre più un miraggio e quando si ha il privilegio (che dovrebbe essere un diritto) di averlo, spesso è perché qualcuno ha deciso di “offrirti un aiuto” che ti sarà, in un modo o nell’altro, sempre ricordato. Così i diritti, gli ideali, scompaiono lasciando il posto ad una pericolosa rassegnazione e alla consapevolezza che “tanto le cose devono andare così”. Non solo Caposele è cambiato, lo sono la società, il mondo intero, in-
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gabbiati in una profonda crisi economica e sociale, in una globalizzazione dalla quale da noi non si intravedono i vantaggi, ma tutt’altro. Io, però, di contro a queste amare costatazioni penso ancora che le piccole realtà, i piccoli paesi, Caposele, possano essere un modello alternativo e positivo di vita sociale e civica. Questo, però, può essere possibile se riusciamo a riappropriarci di quella lealtà, di quel senso di rispetto, della determinazione, tutte qualità che hanno contraddistinto nel passato, i nostri concittadini. Rispetto a questo, vi è anche un’altra necessità, indispensabile per poter essere credibili nel dire le cose: quella di saper dare dei contenuti autentici a parole e paroloni che fra non molto ci travolgeranno, ma forse e mi auguro sinceramente di sbagliare, apporteranno ben pochi cambiamenti, quei cambiamenti, invece, di cui Caposele ha bisogno per non essere più vittima di un continuo declino. Le parole devono essere contenitori (per non rimanere in una dimensione astratta ed illusoria) entro i quali calare delle proposte, delle soluzioni ai tanti problemi e non sarebbe utopistico farlo: basterebbe guardarsi intorno per capire le cose da dover realizzare e quelle a cui dare priorità. Il mio far parte di un’associazione di volontariato mi porta ad essere pragmatica ed operativa, in quanto ai bisogni concreti delle persone, necessita dare delle risposte, altrimenti si corre il rischio di perdere la propria credibilità e, soprattutto, di venir meno a quell’impegno umano e civico che ciascuno di noi assume nel ricoprire dei ruoli. Bisognerebbe che si guardasse ad un BENESSERE comune e diffuso che assuma in sé i diritti e i bisogni di ciascuno, nessuno escluso. Ma quali sono i bisogni di Caposele? Mi viene da pensare ad un wellfare locale più inclusivo, ad esempio ad una Casa di Riposo per anziani, ad un centro semi-residenziale per diversabili, il tutto andrebbe incontro alle esigenze di alcune famiglie sgravandole da un eccessivo carico di cura, nonché si darebbe la possibilità, a persone con diverse abilità di aggregazione e di mantenimento delle capacità residue per un tempo più dilatato e nel contempo si creerebbero nuovi posti di lavoro. Se pensiamo ai giovani come portatori di esigenze e diritti e come
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di Cesarina Alagia
Una vecchia cartolina illustrata che riprende la piazza r' lu Chianu
agenti di un effettivo cambiamento del nostro territorio, dovremmo garantire loro servizi (vedi Informagiovani e altro) nonché garantire l’occasione di poter avere un lavoro dignitoso e questo lo si può realizzare, in maniera innovativa, nei settori di potenziale sviluppo caratterizzanti Caposele: agricoltura, artigianato, turismo e rispetto a quest’ultimo vedrei anche la possibilità di una capacità ricettiva diffusa, penso ad una Fattoria Sociale gestita da una cooperativa di giovani. Mi piace, infine, e non per ultimo, pensare ad un Territorio capace di intercettare quei finanziamenti utili a realizzare interventi strutturali che garantirebbero qualità della vita e capacità occupazionali. Leggendo questo mio scritto, molti penseranno e diranno che è “facile parlare, più difficile concretizzare quanto detto”. Rispondo a queste legittime perplessità che è possibile, anzi doveroso, iniziare a fare qualcosa per Caposele per uscire da una situazione di stagnante immobilismo. Sicuramente per farlo diventa fondamentale un cambiamento del modo di intendere la Politica, una politica fatta, il più delle volte, di stressanti e incessanti diatribe da parte di opposte fazioni. Bisogna che la Politica, per essere credibile, riesca a fare sintesi di punti di vista diversi ma comunque convergenti nel perseguire un obiettivo comune, quello di accogliere e di rispondere alle necessità del proprio Territorio; in questo modo potremmo riavere un paese che saprà abbandonare la sua rassegnazione ed apatia per cogliere,
così, quelle sfide necessarie a farlo diventare un modello alternativo di comunità. Se mi si chiedesse dove sarei voluta nascere e vivere, direi sempre Caposele, una Caposele così…
Piazza F. Tedesco
Via Bovio con la sua caratteristica pavimentazione di pietra calcare locale
DI CASA NOSTRA Piccolo angelo di Michele Merola
NATALE
di Domenico Patrone
DONNA
Dov'è la neve del mio Natale? In un Mondo di pari opportunità… I pastori del mio presepe? ho dovuto imparare ad “Essere Uomo” Tutto è rimasto là, al mio Paese: indossando a volte… la fanciullezza, la gioia, l’amore, maschere che non appartenevano è rimasto l'affetto dei miei; alla mia personalità. è rimasto il mio primo amore; Nella società del terzo millennio son rimasti gli amici più cari; e per volontà di alcune donne del passato… i canti dolci della notte Santa. ho usato spesso… la forza irruenta e l’aggressività. E’ rimasto anche il mio cuore! Il trascorrere del tempo però, Il mio Natale in città!: mi ha permesso di comprendere… la gente va in fretta, senza guardare. che esiste in questo Universo… Le vetrine ricche di luci, son senza qualcosa di ancor più bello della sola Femminilità: calore; “Essere Me Stessa… Semplicemente… Donna.” la pioggia leggera che cade dal cielo, La lezione più importante della Vita… penetra nelle ossa, fredda, gelata. non me l’ha insegnata… Commino solo, in una strada illumimia madre, mio padre o le persone nata, che mi hanno circondato, assorto in ricordi struggenti: bensì i miei sogni, le mie emozioni, guardo l’ora: mezzanotte! i miei errori e le mie fragilità. Adesso, pertanto…posso dire all’Umanità… che esiste qualcosa di Unico e Meraviglioso: la Sensibilità…spesso soffocata da tanta Indifferenza e Vanità. Mirella Merino
Strappato con forza dall’innocente cammino su eventi impazziti corrono i sogni nel buio orizzonte ti fermi a guardare la tua libertà tra le stelle trovi rifugio non basta l’appello del mondo ad appagare chi di sangue si nutre in lacrime! ingoi il singhiozzo sofferente! abbassi lo sguardo l’anima sale a Dio racconti l’ingiusto dolore con l’atroce destino un piccolo trono che il male ti dona un cuore amico a seppellirti
Caposele: ci sei e ci sarai sempre, ancora tra le maglie del tempo Il Lascito
cioè i ricordi, le esperienze, le affettuosità le amicizie, gli slanci, i gesti, le avventure i volti, le piccole eredità senza valore materiale che ognuno semina intorno a sé. Il lascito è questo: è la nostra storia. Arriva sempre il momento di ricordare antiche schegge di quotidiano per possederle di nuovo per riprovare incantati una felicità semplice, nuova, minore. Forse l’unica a portata di mano. Grazie all’amico Salvatore, sto “facendo” un escursus tra i ricordi della mia infanzia/gioventù lì a Caposele. I profumi, l’accoglienza,il tipo di vita, semplice i parenti, le partite di pallone, i giochi le allegre ragazzate sono ancora presenti tra le “rughe” dei ricordi. Caposele è “lì” a testimoniare il valore della sua presenza. Una presenza “modificata”-“stravolta” nella sua essenza ma non ha stravolto né modificato il senso morale ed affettivo impresso nel mio animo. Enzo Pietropinto
La laurea di Rocco Patrone è l'occasione per riunire tutti e brindare al grande evento Michele Spiotta e Gerarda Forlenza hanno aperto una l esposizione di quadri e lavori artistici in via Petrucci. Auguri!
La famiglia di Amato Patrone con la sua gioiosa e sorridente filosofia.
A Francesco Bruno un omaggio dalla nostra redazione. Spesso e volentieri lo vediamo a Caposele di ritorno da Londra dove vive con la famiglia. Evidenziamo di Franco la sua grande passione per la musica e speriamo di sentirlo suonare e cantare presto in qualche serata estiva.
Ludovica Apicella al saggio di fine anno
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Attualità
LA CURA E L’ATTENZIONE MANCATA PER IL NOSTRO PATRIMONIO COMUNALE
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’ molto complicato trasmettere la mia delusione da cittadino, da consigliere, da operatore politico che, storicamente si è sempre fatto in 4 per dare un minimo contributo al Paese, in vista di un piccolo progresso. Ed è ancora più complicato comprendere se le varie mie “lagnanze” che hanno sempre avuto il piglio e la potenzialità di stimolo a “fare” e a “costruire”, possano essere intese e ben interpretate da chi, cocciutamente, ha, di fatto, abbandonato il Paese e i cittadini che lo hanno eletto. Ci riprovo ancora una volta, tenendo ben in mente sia il mio precipuo ruolo da Consigliere Comunale, che gli svariati “consigli”, trasmessi nel tempo, senza ricevere alcuna considerazione. Ebbene, centrando il tema, mi focalizzo sui tanti piccoli aspetti negativi che circondano il nostro vivere quotidiano in un comune che, abbandonato a se stesso, fatica a ritrovarsi come COMUNITA'. Piccoli grandi ESEMPI di superficialità nell’ ordinaria gestione, che ci riportano ad un confronto perdente con realtà certamente meno civili della nostra: - Un Paese alquanto SPORCO e senza una logica di raccolta per l’immondizia; - Una MONTAGNA che ha necessità di tanti interventi, anche per arginare il rischio idrogeologico in considerazione dei tanti incendi verificati recentemente; - Le STRADE urbane completamente sconnesse (via Roma e corso Europa, via A. Moro, via Pianello e varie strade di campagna); - FOGNATURE intasate e poco efficaci; - Le FONTANE, simbolo della nostra terra, completamente chiuse o mal funzionanti; - Una TOPONOMASTICA abbandonata, non completa ed in fase di deperimento; - Un continuo PARCHEGGIO SELVAGGIO, anche su marciapiedi e zone interdette al traffico veicolare; - Un’assoluta MANCANZA DI PROGETTUALITA' sulla manutenzione di strutture comunali come, ad esempio, la sala polifunzionale senza sedie e con porte spalancate anche di notte da mesi; come l’area sportiva del campo Liloia, storico centro sociale in cerca di un’identità; come le strutture scolastiche non più utilizzate dell’ex liceo e della scuola media a Materdomini che presto subiranno un’implosione strutturale a danno dell’intera comunità e dell’incolumità pubblica e privata; per non parlare poi del CENTRO FIERISTICO per il quale si prospetta l’identico destino dell’abbandono. - PICCOLE DISATTENZIONI se volete, ma che restituiscono un grande e negativo esempio di trascuratezza e di cattiva gestione della “cosa pubblica”.
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Insomma, penso che sia necessario che ci si ATTIVI immediatamente a programmare un po’ di OPEROSITA' MANUTENTIVA almeno per le questioni più urgenti e pericolose, per le quali una procedura di urgenza (spesso utilizzata a sproposito) potrebbe velocemente rendere giustizia ad un Paese che cerca solamente di vivere l' ordinario, nella spasmodica attesa di un repentino ed efficace cambiamento del vertice gestionale amministrativo. L’assoluta mancanza di cura ed attenzione al nostro patrimonio, rende poco vivibile ed attraente dal punto di vista anche turistico, la nostra terra e soprattutto ci fa retrocedere (per usare la solita metafora calcistica più comprensibile ai nostri governanti) in una bassa categoria che NON FA ONORE alla nostra storia. Sono convinto che quanto riportato che è assolutamente sotto gli occhi di tutti, passerà, invece inosservato da chi ci governa, riproponendo la solita bugia, come succede da più anni, che tutto sta procedendo per il meglio e che la mia, è solamente una FANTASIA. Grazie allora, per aver letto la mia ulteriore lagnanza politica, che rimarrà agli atti, alla stregua delle altre decine prodotte le quali, purtroppo, non hanno procurato nessun beneficio in termini di MIGLIORAMENTO DELLA COSCIENZA di chi è preposto a “governare”, “gestire” la cosa pubblica con un unico obiettivo: l’interesse comune, il BENE di ogni cittadino, di TUTTI i cittadini.
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ggi, sono stato destinatario di un invito per la cerimonia di apertura dell’ultimo diaframma della #Pavoncelli bis qui a Caposele prevista per il giorno 24 ottobre p.v. Dopo aver tanto lottato (nel mio piccolo) per alcune questioni che hanno riguardato i rapporti, spesso conflittuali tra la nostra Comunità e la grande opera, mi sono incuriosito e non poco, sulle motivazioni di questa “opportunità”. Penso, però sia il caso sicuramente di assistere alla manifestazione organizzata dal #Ministero con la presenza del Ministro #DelRio e del sottosegretario #DelBasso De Caro e, comunque, di cercare di essere in quei frangenti, portavoce di tanti Caposelesi che hanno ancora l’amaro in bocca, per le tante occasioni sprecate per il territorio. Non si tratta di rivendicare l’inutile tentativo di alcuni personaggi, di non far realizzare l’opera, ma di gridare, con forza, che il nostro territorio POTEVA ESSERE TRATTATO UN PO’ MEGLIO, solo se la politica locale fosse stata coesa e rivolta all’ esclusivo interesse della nostra terra. La costruzione del capannone delle Saure è l’esempio più emblematico di questo enorme disinteresse di chi, con la fascia tricolore, ha lasciato che qualsiasi cosa potesse essere consentita fino al termine dei lavori. Addirittura non si parla nemmeno più di una colorazione e di un mascheramento ambientale di tale obbrobriosa opera,
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La cascata della Madonnina
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di Salvatore Conforti
opo gli incendi sulle nostre montagne sono seriamente preoccupato che gli smottamenti storici (ogni 20 anni circa) con detriti convogliati nei nostri “canaloni”, possano essere una seria minaccia, atteso che stiamo andando incontro alla stagione delle piogge. Ciclicamente anche questo rischio, amplificato con i recenti avvenimenti e come paventato in altre occasioni, mette a dura prova la tenuta dei nostri canaloni montani (su via Paflagone per es.) e collettori fognari urbani già occlusi, provocando enormi danni con alto rischio per l’incolumità dei Caposelesi. Non è allarmismo, ma solo l’invito a chi è preposto alla cura e monitoraggio
che pure era già prevista nei progetti iniziali; figuriamoci se è possibile pensare ad altre questioni e soluzioni più serie richieste da un comitato cittadino e politico nato contro tale scempio. Oggi, però dobbiamo PENSARE AL FUTURO e, mettendo da parte rivendicazioni e brutte vicende del recente passato, sarà necessario proporre al Ministro e a chi rimarrà ancora nel nostro territorio, di costruire un pò di occasioni PER IL NOSTRO AMBIENTE mal ridotto, per le nostre STRADE portate ai minimi termini, per la nostra GENTE che, dopo aver partecipato, in parte, (come se fosse un miraggio) con l’impiego di forza lavoro, fa i conti con il brutto pensiero di quello che accadrà da oggi a qualche mese. Sarà sicuramente difficile che qualcuno, ad opera oramai realizzata, possa ascoltare una comunità che rischia di
sprofondare ulteriormente senza una guida politica, ma il tentativo di rappresentare alla Politica che conta le nostre legittime istanze è assolutamente necessario! C’è speranza? Chissà! Ne parleremo nelle prossime puntate!
della nostra montagna ad EVITARE un RISCHIO IDROGEOLOGICO attraverso studi geomorfologici su quei suoli colpiti dagli Incendi al fine di verificarne lo stato di salute. Magari, pochi soldi anche chiesti alla Regione Campania potrebbero essere di grande utilità per farci stare tutti tranquilli e scongiurare, in tempo utile, frane e smottamenti. Naturalmente ho scritto all’A.C di Caposele, a e a chi fa politica attiva per tentare una sensibilizzazione su tali argomentazioni, ma la risposta, come in altre occasioni, sono sicuro, non arriverà. ….Prepariamoci ad un lungo inverno di SOLE TEORIE!!!!
Associazioni
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uesto gruppo nasce dal solo desiderio di conoscere, gioire ed accogliere la bellezza di Dio, con il semplice stare insieme, come fratelli. I nostri primi incontri erano quasi tutti momenti di festa, di creatività, di animazione, di dialogo e un filo di preghiera. Nel periodo 2016/2017 ,il Vescovo Don Pasquale Cascio, fortemente convinto della bellezza di tutto ciò, ci dona un periodo di catechesi sulle “ Beatitudini evangeliche “. Ed ecco il forte momento di svolta. Noi e i giovani ci siamo innamorati di questo Gesù povero ed umile di cuore ed abbiamo deciso di seguirlo. Oggi siamo un gruppo cristiano cattolico, che accoglie giovani dai 14 ai 25 anni, attraverso varie attività e formazione: POSTCRESIMA, CORETTO, CARITAS. Ringraziamo i giovani che sono la bellezza di tutto ciò, Ringraziamo Dio per questa sua opera meravigliosa.
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i aggiorniamo come sempre anche sulle attività della Pubblica Assistenza Caposele, come sempre varie e tutte dedicate al benessere della nostra comunità. Oltre alla gestione dei servizi di emergenza sanitaria, di trasporto infermi, supporto per le attrezzature mediche, le attività per il centro anziani e per il centro diversamente abili, per il banco alimentare e l’assistenza domiciliare che vengono svolte in modo ordinario dai volontari e dai ragazzi in servizio civile volontario che operano in associazione, sono state organizzate giornate di prevenzione sanitaria e donazione di sangue, partecipato alla colletta alimentare, alle campagne di solidarietà del telefono azzurro ed è ancora in corso un ennesimo corso di aggiornamento sulle tecniche di primo soccorso BLS aperto alla comunità, che informerà i partecipanti sui vari problemi di salute e sulle più corrette tecniche di rianimazione, sempre nell’ottica di avere
Giovani in cammino
A cura del Gruppo Luce d’amore Parrocchia S.Lorenzo martire Caposele cittadini più informati e protetti. Grazie ragazzi, per tutto quello che fate e continuerete a fare, senza clamore e con tanta abnegazione!
Attività del volontariato
PUBBLICA ASSISTENZA CAPOSELE
PIU' RISORSE AL NOSTRO
SANTUARIO E AL NOSTRO TURISMO
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vendo ben in mente che Caposele e il suo territorio, con le grandi potenzialità possedute, può essere il TRAINO per lo sviluppo di un’intera e vasta area territoriale, è stato sottoscritto da gruppi politici locali, indirizzato ai PadriRedentoristi, un documento di INVITO ad una CONDIVISIONE sull' opportunità di progettare un futuro possibile costruito su concrete iniziative ed impegni, affinché SanGerardo e Caposele, per quello che rappresentano in termini di flussi turistici, possano ottenere dalla RegioneCampania la giusta legittimazione di luoghi di “assoluta IMPORTANZA STRATEGICA”. L’iniziativa, che è il primo passo verso un coinvolgimento più ampio e rafforzato, ha il precipuo scopo di condividere la partecipazione ad
un percorso lungo, ma da affrontare unitariamente, senza indugi e che deve inquadrare il Santuario e il nostro territorio come assoluti protagonisti e soggetti utili e beneficiari DI ALTRI SOSTANZIALI FINANZIAMENTI COMUNITARI. Si evidenzia, come poche volte è accaduto, una "unione di intendi" politica.
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Voci dall'estero
L’eco mondiale di una sconfitta DALL’AUSTRALIA
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ergogna nazionale? No. Ció è capitato pure ad altre grandi nazionali di calcio straniere. Ma certamente un’altra possibile mancata opportunitá di poter vincere nel 2018 la quarta coppa mondiale di calcio. La vergogna nazionale sará, possibilmente sentita soltanto dagl’Italiani amanti del calcio e da pochi calciatori membri della fuoriuscita nazionale, di non potersi più sentire lodati e applauditi come protagonisti vincitori per sè e per l’Italia della QUARTA COPPA MONDIALE DI CALCIO nel 2018. Molti gli altri calciatori membri della fuoriuscita squadra nazionale, essendo calciatori famosi e ricchi sfondati coglieranno, credo, la sfortunata occasione, per farsi una lunga vacanza e ingegnarsi soltanto di divertirsi e di farsi onore e onorare con il loro impegno professionale, il padrone dell’Associazione Calcistica, di cui sono dipendenti e che paga loro ricchissimi stipendi. La nazionale italiana di calcio non si è qualificata per scarso impegno agonistico e coseguente scarso rendimento e scarsa preci-
di Giuseppe Ceres
sione durante le competizioni calcistiche di qualificazione. Il setirsi costretti segnare due reti nell’ultima competizione contro la Svezia, ha giocato loro svantaggio psicologico, con conseguente insufficiente concetrazione durante la competizione calcistica. La Svezia ha capito ció e ne ha approfittato, adottando una riuscita strategia di vantagiose posizioni e azioni di gioco corrette ed efficaci durante la competizione. La necessitá della nazionale italiana di dover segnare almeno due reti, non è stato loro di aiuto, ma di ostacolo. Contro la Svezia si doveva adottare la coraggiosa strategia di gioco della squadra napoletana. Ció, credo, avrebbe avvantaggiato la Nazionale italiana. Gli australiani ora ci ridono in faccia: ‘ La GRAND’ITALIA fuori, la piccola Australia dentro.’ E
guarda un po’; una delle squadre avversarie australiane al primo turno sará proprio la Svezia. Noi ilataloaustraliani in Australia per ora rimaniamo il attesa di vedere come finirá per l’Australia alla fine primo turno d’i incontri del prossimo Campionato Mondiale 2018 in Russia. Il Calcio, peró, è e dovrebbe essere sempre anche e soltanto un gioco, praticato dalla gioventù per divertirsi e fare divertire e fare esercizio fisico confrontandosi; undici giocatori da una parte: squadra calcistica, contro undici giocatori dall’altra parte del campo sportivo e tutti si litigano il possesso di gioco un pallone, seguendo delle regole che vengono fatte rispettare da un uomo esperto: l’Arbitro: direttore di gare sportive per 0h.90’diviso in due tempi di 0h.45’ ciascuno. I mem-
bri che formano le due squadre. Essi sono avversari ma non sono nemici, per cui giocando, sono soltanto autorizzati a tirare calci al pallone, ma non alle gambe degli aversari. Il calciatore che non rispetta le regole, dopo essere richiamato per tre volte dall’Arbitro, viene considerato pericoloso e perció spulso, senza possibilitá di essere sostituito. La sua squdra giocherá fin all fine del secondo tempo, con un calciatore in meno. Vincerá l’icontro di calcio; 1) la squadra che ha segnato più reti. Non sempre vincerá perchè ha giocato meglio e correttamente; 2) a volte la squadra vincente è favorita dalla fortuna e o dagli errori, commessi involontariamente,o ad arte, dall’arbitro o dai guardalinee. E sia l’arbitro che i guardalinee sono insindacabili nei loro giudizi; corretti o, a volte, camuffatamente scorreti. Ciao e Grazie per aver letto con interesse e passione LA SORGENTE Caposele.
DEDICATO AI GIORNALISTI, AI REPORTER, A CHI RACCONTA LA STORIA DEL NOSTRO TERRITORIO
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on è adulatoria piaggeria per una categoria che noi conosciamo bene, ma un sentito ringraziamento a chi negli anni e sono veramente tanti, si occupa quotidianamente della nostra terra. Tanti i sacrifici, anche economici ma la passione regge tutte le sofferenze dei tanti che scrivono, intervistano, fotografano, riprendono gli eventi del territorio. La comunicazione e il trattare le questioni che riguardano i nostri piccoli paesi, sono fondamentali per mettere in evidenza non solo spicciola cronaca, ma le nostre bellezze, culturali ambientali e gli eventi che pure si realizzano alla stregua di altri posti più blasonati. Nella difficoltà di lavorare da giornalisti e crediamo che sia un sacrificio importante per quello che le organizzazioni multimediali possono elargire
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come ricompensa, è sempre la grande passione per questo lavoro che fa muovere tutto quello che si vede, si sente, e si legge nei multimedia territoriali. Radio, televisioni e giornali locali avrebbero bisogno sempre di più sostegno da parte di tutti, affinchè la pluralità e la forza delle emozioni che i nostri giornalisti esprimono quotidianamente, non debba spegnersi, a volte, per mancanza di sostegni economici. E' un appello, ma anche una speranza trasmessa dalle pagine di un piccolo giornale di Paese, ma con un enorme cuore e che sintetizza, secondo noi, lo sforzo e la grande forza che la stampa locale rappresenta. Sostegno ai giornalisti locali e Auguri per migliori traguardi
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La redazione
Politica
L’arte ed i successi A
quanto pare la piccola fatina Iris, protagonista del primo racconto fantasy e dell’opera artistica di Mirella Merino, non è più semplicemente un essere che appartiene al mondo fantastico, visto che l’artista Francesco Caloia, ad agosto 2016, rapito dai colori dei versi poetici, sorprende la stessa autrice, al suo evento artistico e poetico “Le Due Anime Meridiane – Tra Miti e Riti – Santi e Madonne in Irpinia” - presso il Castello Carlo Gesualdo, omaggiandola dell’attribuzione del titolo Iris del suo componimento poetico, alla propria opera pittorica. Proprio qualche settimana prima, altre bellissime poesie dell’autrice, avevano ottenuto riconoscimenti ufficiali: segnalazione di merito e targa per Donna – Antologia poetica “Nel Nome di Alda V edizione” dall’Accademia dei Bronzi di Catanzaro, presidente Vincenzo Ursini; attestato di merito per la poesia Nel Tutto e Nel Niente, per il Premio “Nunc est bibendum” di Jenny Capozzi -Comune di Preturo Irpino. Successivamente, anche se il territorio non riconosce i meriti ai piccoli artisti locali, ci pensa invece la Vita in particolare le città di Venezia - Mostra Art Escape 2016 presso il Palazzo Zenobio che ospita l’opera “L’Angelo Hermes e la Fatina Iris” di Mirella Merino dal 3 settembre al 3 ottobre; e poi Roma che premia al terzo posto il libro dell’autrice, alla IV edizione del Premio Poesia e Narrativa “ La Forza Dei Sentimenti” per la sezione D - Teatro con scrittura a temadell’Associazione Culturale e Teatrale Luce Dell’Arte - di Carmela Gabriele. Sempre la città di Roma, a novembre ospita l’opera astratta Pensieri Profondi presso la Galleria Domus Romana per l’evento Artists In The World di Angelo Ribezzi. Il panorama artistico di Iris o Mirella, si conclude per l’anno 2016 davvero in bellezza visto che a dicembre un’altra sua opera astratta Anima In Colore è presente all’evento The Artbox.Project Miami. E se il 2016 le ha portato fortuna, il 2017 inizia davvero in modo speciale, con l’assegnazione del diploma di merito per la poesia Il Messaggio Della Grande Madre, ( interpretazione femminile del sisma del 1980 dell’ Irpinia, vibrando sulle chiavi della speranza e dell’armonia fra essere umani e natura), per il Concorso di Poesia “ Il Parnaso” II edizione di Calogero La Vecchia - Universa Parnassia Canicattinensis - in Sicilia; la premiazione per il componimento dal titolo Il Vero Amore all’evento “ 2° Galà dell’Amore – Romeo e Giulietta” – del Club della Poesia di Andrea Fabiani in Cosenza e il riconoscimento d’onore per il breve racconto inedito Donne di Terre Lontane al Concorso Internazionale “Il Canto Delle Muse II edizione” – sezione Favola e Racconto – di Luciana Esposito in Bellizzi (SA). Infine sempre la regione Calabria, prima con la città di Cassano
allo Ionio ( settembre 2017 ) e poi con Cosenza ( 21 ottobre 2017), conferisce Menzione Speciale al racconto inedito, dal titolo Il Pianto Della Cascata ( una favola che racconta in stile fantasy un tragico avvenimento realmente accaduto nel proprio territorio ) al “Premio Letterario Internazionale Corona II edizione” di Mihaela Talabà e la premiazione al terzo posto, del racconto inedito dal titolo Solo Te… per l’VIII edizione del Concorso “Club della Poesia” di Andrea Fabiani. La vena artistica la conduce invece a ricevere altri due riconoscimenti importanti a Mirella: L’esposizione dell’opera su tessuto, Donna Tra I Fiori all’evento The ArtBox. Project Basilea; e Il Ritratto di Una Sposa per The Art Circle Magazine; A quanto pare i piccoli passi della Vera Bellezza e i colori dell’Anima Artistica hanno mosso dal 2014 e continuano a muovere, colei che quest’anno, a settembre, presso il Maschio Angioino, nella città di Napoli è stata proclamata al Premio Internazionale Socio-ArtisticoLetterario “L’Ambasciatore Del Sorriso” IV edizione 2017 dell’Associazione Culturale Vesuvius – presidente Angelo Iannelli – Ambasciatrice del Sorriso per la sezione Poesia con il componimento in lingua: NELLE ACQUE PROFONDE… Già nella precedente edizione, alla sua prima partecipazione a questo evento, nel settembre 2016, era arrivata finalista con il racconto inedito L’ Artista: Ambasciatore Del Sorriso di cui ne riportiamo il testo qui sotto, e forse proprio in quella fase di ispirazione e di stesura del suo scritto… il cuore le “aveva già parlato”… di chi poi fosse, l’anno seguente la Madrina della serata: Elena De Curtis, nipote del grande Totò. “Cosa si può dire quindi a questa Bellezza Unica, Semplice e Vera che costruisce da sola, portando in sé e con sé le sue origini, le sue virtù, il suo territorio e la voce di chi a volte non ha la possibilità di parlare?” ; Io che ho avuto la fortuna di incontrarla e di scrivere per lei, posso soltanto dire… “La Vera Bellezza è come il Fiore della Vita insito in ogni Essere Umano , pertanto non posso far altro che inchinarmi al suo cospetto, nella speranza di esserne degno” *** Fin da bambina, mi sono sempre chiesta chi fosse mai un’artista. Guardavo Chaplin che con i suoi gesti mi arrivava al cuore senza aver bisogno delle parole. Mi piaceva la canzone “ Femmena” e da grande ho scoperto che l’aveva scritta quell’uomo che nei suoi film diceva sempre: “ Se Permettete Signori Si nasce…ed io lo nacqui.” Così come l’incontro casuale con Edoardo su youtube con i suoi pensieri sull’Amore e sull’Abito, per non dimen-
di Mirella Merino Ambasciatrice Del Sorriso
ticare i film che guardava mia madre, con le splendide donne ricordate ancora oggi come sex-symbol, ma che per me erano e sono ispirazione ed incarnazione della Vera Bellezza. In questo scorrere di anni e di volti cerco di dare una spiegazione a questa bellissima parola “Artista” e lo faccio nel modo più semplice, osservando e ricordando tra le tante cose, il bellissimo aforisma di San Francesco : “Chi lavora con le sue mani è un Lavoratore, Chi lavora con le sue mani e la sua testa è un Artigiano e Chi lavora con le sue m ani, la sua testa ed il suo cuore è un Artista”. Mi faccio pertanto questa domanda: “ Ma, Tu cara Mirella che vedi il mondo con uno sguardo diverso e come dice anche una tua poesia dal titolo Uno Sguardo D’Amore… che parla della tua terra d’Irpina e del tuo modo di sentire, chi è per te o cos’ è l’Artista?” Ebbene non posso far altro che rispondere che l’Artista non è altro che un indomabile e inguaribile sognatore! “Un che se ne va in giro con l’aria sbarazzina…e che la prima cosa che mostra di se stesso è semplicemente il sorriso, anche quando le lacrime gli rigano il viso!” – “ Un semplice bambino che sente con il cuore e che come un giocoliere tiene in equilibrio le parole.” – “ Un che osserva la Vita che lo circonda e che non la capisce con l’uso della mente, perché per prima cosa sa che deve comprenderla …e ciò accade solo conoscendo e usando l’Amore.” Inoltre, forse a non capire per davvero la Vita sono quelle belle e brave persone che distinte e apparentemente ben istruite da importanti titoli e ruoli, gli mancano di rispetto … accusandolo a volte di non aver educazione; lo deridono per la sua indole determinata e la caparbietà e arrivano perfino a dirgli di non essere Nessuno e di andare a lavorare per davvero, perché le sue idee non sono conformi alla realtà, tanto folli e strampalate da non cercare la vanità!” “ A volte gli si dice che è Pazzo, quando alcune note escono per magia dalla sua penna senza firma… e che spesso sporcano muri, tele, scalinate, fogli, fazzoletti e anche pezzettini di carta colorata buttati qua e là, e che alla fine qualcuno usa per incartare vino e cioccolatini come nuove tendenze della moda e della pubblicità; note che a volte pur non essendo degne di diventare musica, nascondono pura melodia e armonia.” “ Sovente beffato per quei colori di cui è fatta la sua anima e che spesso imbratta le persone con le quali viene in contatto, ma che ahimè non sempre ne vedono il talento al punto da deriderlo, perfino per quei piccoli ed insignificanti gesti di gentilezza…oggi tanto passati di moda e che al mondo non interessano; per quei passi di abile ballerino quando danza ascoltando se stesso, anche se tante e tante volte, inciampa, prima di fluire…proprio come
quando era un bimbo che iniziava a camminare.” “Per chi non capisce tutto questo l’artista è il Niente, ma per chi invece comprende…Lui è il Tutto e allora chi è mai quest’artista cara Mirella?” La risposta è alquanto semplice se si l asciasse cadere la fame di notorietà! “ Lui è uno dei tanti poeti, pittori,sc rittori,scultori,musicisti,cantanti,giocol ieri,ballerini e saltimbanchi; attori, scenografi, costumisti, produttori e registi dello spettacolo e del mondo del varietà. Ha i volti dei tanti personaggi della vita quotidiana, eppure ciò nonostante non è mai come tutti gli altri, perché ha osato staccare i fili che mantengono i burattini e da solo, va alla ricerca della sua personale avventura.” “ Indossa l’abito dell’umiltà che nessun stilista mai produrrà e la sua essenza ha lo stesso profumo dei fiori.” – “Si sposta con le nuvole e a volte si addormenta contemplando la luna, per svegliarsi con il sole.” “ Profondo come il mare viaggia con la fantasia, poiché sa bene che nella sua esistenza non è mai solo in questo viaggio sulla terra e anche se a volte è in balia della tristezza, sa che non è l’unica a fargli da compagnia.” – “ Piange e sogna con le stelle e non riceve spesso tante carezze, ma sicuramente schiaffi e porte chiuse in faccia; eppure non abbandona mai l’idea di continuare il suo viaggio, anche se fatto di sconfitte e di qualche misero risultato.” “In cuor suo sa che per il mondo il dono più bello è essere se stesso e pertanto non rimane confinato nel tempo che gli è concesso, ma intuisce che continuerà a vivere e a sognare, anche con chi ci sarà dopo di lui, perché la sua sensibilità, che l’accompagna da quando è nato, la conosce l’intero universo…ovviamente lui ne fa sempre parte…insieme a tutto il resto!”
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Sport Sociale
" Il senso morale di una società si misura su ciò che fa di Gelsomina Monteverde per i suoi bambini "
È
da questa frase di Bonhoeffer che ho preso spunto per fare alcune riflessioni su un tema che mi sta particolarmente a cuore, in qualità di educatrice: lo ius soli. La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza afferma in modo netto ed inequivocabile che: TUTTI i bambini del mondo hanno gli stessi diritti, senza distinzione di razza, sesso, lingua, religione e a prescindere da ogni considerazione di opinione politica o altra del bambino o dei suoi genitori..... Sono rumeni, cinesi ed ecuadoriani, arabi e senegalesi, italiani del sud e del nord...sono bambine e bambini, giocano e crescono assieme, per questo nessuno di loro è straniero. Sono nati qui o ci sono arrivati, nella migliore delle ipotesi con i propri genitori, ed ora, questa è la loro casa. Parlano già l’italiano o lo impareranno da chi avrà cura di comunicare con loro, tra i banchi di scuola o nel quartiere, facendo sport o nel tempo libero. Ad alcuni piace la pasta al pomodoro, altri preferiscono cous cous, empanadas e kebab e tanti potranno assaggiarli tutti grazie ai giovani amici. Gli asili e le scuole di un paese a
natalità zero hanno scongiurato il pericolo di chiudere grazie a questi nuovi piccoli abitanti del mondo. Il mondo è cambiato, il mondo è qui e mai come ora, il mondo dei bambini, la loro quotidianità, è di tutti i colori. Diritti uguali per tutti, riconosciuti
re, ma è anche un’opportunità di incontro e conoscenza, di miglioramento per chi vive lungo questo cammino o lì dove finalmente giunge. L’accoglienza ha un valore per tutti e si basa su valori che ci rendono persone migliori. Chi lavora e si impegna nel mon-
L’accoglienza umana è un’esigenza vitale per tutti coloro che sono in cammino verso un’esistenza migliore, ma è anche un’opportunità di incontro e conoscenza, di miglioramento per chi vive lungo questo cammino o lì dove finalmente giunge. L’accoglienza ha un valore per tutti e si basa su valori che ci rendono persone migliori
solo da uno ius soli autentico, è davvero il minimo che si meritano. Invece in Senato interessi politici e di partito fermano uno ius soli “temperato” che vincola questi diritti a condizioni stringenti e quindi, motivo ancora di discriminazioni a danno dei bambini. Gli accordi con lo Stato libico, i confini e le leggi dello Stato italiano sono motivo di morte ed esclusione per centinaia di migliaia di persone e crescentemente, di bambini. L’accoglienza umana è un’esigenza vitale per tutti coloro che sono in cammino verso un’esistenza miglio-
za chiama in causa noi educatrici ed educatori in prima persona per una questione elementare di coerenza, necessaria in ogni relazione educativa. Bisogna dare pari dignità e ascolto a tutte le bambine e i bambini, a tutte le ragazze e i ragazzi, non possiamo tollerare che alcuni di loro abbiano di fronte a se una prospettiva di non cittadinanza che è una forma violenta di discriminazione. Le bambine e i bambini di questo nostro paese troppo chiuso, impaurito e triste, hanno bisogno di tutto il nostro impegno per progettare un futuro migliore insieme, aperto a tutte e tutti.
do dell’insegnamento e dell’educazione conosce l’importanza di questi valori, del rispetto della dignità umana di ciascuno, della solidarietà e dell’amicizia che permettono la migliore convivenza. Piero Calamandrei sosteneva nel primo dopoguerra che la scuola è il luogo dove avviene il miracolo della trasformazione di sudditi in cittadini. Beh, oggi il tema della cittadinan-
LA PESTE del 1656 a CAPOSELE
L
a peste ci fu dagli anni 16541659 fu una delle gravi tragedie che colpì il nostro paese dopo il terremoto del 1980 e dei bombardamenti della seconda guerra mondiale del settembre 1943. L’epidemia iniziò nel 1654 con i primi focolai che colpì il Regno di Napoli e tutto il sul della penisola italiana, a Napoli pare che la peste fosse arrivata dalla Sardegna provocando circa 240.000 morti su un totale di 450.000 abitanti, che del resto, il tasso di mortalità oscillava fra il 50 e il 60 per cento della popolazione. Le fonti indicano che furono più di 44.000 i senza tetto che cercarono il rifugio a Napoli mentre i restanti furono accolti a Nola ed a Avellino ed in altri paesi che sono stati dimenticati dalla storia e dai libri ha rappresentato una delle più grandi tragedie del sud dell’Italia. Secondo fonti storiche da me scoperto a caso non su internet ma dai libri di storia locale, Caposele fu colpita dalla peste sempre in quegli anni in maniera discontinua rispetto alle al-
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tre zone cioè una volta all’anno per 5 anni sempre dall’anno 1654 al 1659 e quasi sempre in primavera-estate che morirono 2500 persone e rimasero in vita circa 500 persone. Nel libro, Nicola Santorelli racconta che i Caposelesi sopravvissuti alla tragedia erano molto devoti a Dio onnipotente dopo la fine della peste e dopo aver celebrato il rito funebre dei defunti vollero ringraziare il Signore che li ha salvati la vita dall’Angelo Salvatore fecero realizzare una colonnina di pietra, su bastimento, sormontata da una croce viaria di pietra detta la croce dell’Angelo che oggi si trova in via Ogliaro uno dei punti storici più antichi del paese. Così come noi oggi ricordiamo le vittime del terremoto con un monumento in piazza 23 novembre in quegli anni loro credevano al Signore Dio per essere sopravissuti alla tragedia e fecero costruire quella lapide in segno di ricordo della loro sopravvivenza. E proprio in quel momento oltre
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di Giuseppe Casale
alla croce dell’angelo i caposelesi sopravvissuti per ringraziare il signore fu deciso di celebrare San Rocco all’inizio di settembre poi fu fissata in data 10 di settembre e confermata definitivamente qualche anno dopo. Alla base della pietra veniva scolpita l’arma civica del Comune, ancora evidente in parte (tre gigli, la testa di un’aquila dal cui becco sgorga un profluvio d’acqua e tre cime di monti) Alla conclusione di questo racconto voglio dire che i nostri simboli storici non sono stati costruiti in quel posto così tanto per bellezza ma hanno un vero e proprio significato storico del nostro paese poi toccherà a noi ricordare e studiare per capire il loro significato e il valore storico che essi rappresentano.
La "Croce di Sant'Angelo" uno dei pochi simboli storicidel Paese
Storia
IL TENORINO
Q
uando il portinaio Eraldo Fortis ebbe la sua prima licenza, dopo quasi due anni di guerra, gli abitanti della grande casa lo festeggiarono con tanto entusiasmo, che non avrebbero potuto fare di più e di meglio per un loro congiunto. Perfino la signora Allegra Pignatelli si materializzò sullo scalone, cosi magra e gialla che sembrava uno spettro, per chiedergli notizie di suo fglio Amedeo: come se la guerra si fosse combattuta in un posto soltanto, e quel posto fosse stato un piccolo villaggio dove si sapeva tutto di tutti! «Mi dispiace, signora, disse il portinaio; -ma credo proprio che suo figlio si trovi in un'altra parte del fronte. Siamo in tanti, sa: c'è chi dice che siamo un milione, e chi ancora di più...». Maria Maddalena e Maria Avvocata, in poche ore, organizzarono un incontro pubblico con il loro reduce nel salone del comitato patriottico, pieno di bandiere tricolori e di manifesti di propaganda per il ”fronte interno". Il portinaio raccontò la sua guerra: quella guerra di cui poteva parlare per esperienza diretta, delle trincee e delle stazioni telefoniche in trincea a cui era stato assegnato quando i suoi superiori, disse, si erano resi conto di avere a che fare con un uomo dotato di un naturale talento per le cose tecniche. Tra le avventure vissute in guerra dal sergente Fortis c'era un incontro con il comandante in capo delle truppe italiane: quel generalissimo Cadorna, su cui circolava la canzoncina disfattista «el general Cadorna el mangia el bev el dorma», e lui invece se lo era trovato davanti all'improvviso alle sei di mattina, senza altri accompagnatori che il suo capitano. Un'altra avventura era stata quando aveva dovuto far parte di un plotone che aveva fucilato quattro nostri soldati, colpevoli di essersi nascosti durante un assalto; ma questa non era una storia da potersi raccontare alle dame e ai dami del comitato patriottico, e il portinaio lo sapeva. Lui stesso, del resto, se avesse potuto dimenticarla, se ne sarebbe dimenticato più che volentieri... «Raccontateci un episodio della vostra vita in trincea, - disse un uomo già avanti negli anni. - Un fatto qualsiasi, che per qualche minuto ci dia l'impressione di essere laggiù insieme ai nostri ragazzi. Qualcosa che avete visto con i vostri occhi, e che non dimenticherete tanto facilmente...» Il portinaio ebbe un momento di esitazione, pensò: cosa gli racconto ? La memoria gli si affollò di tante piccole cose: i geloni, i pidocchi, i topi,
In questi giorni di celebrazioni del centenario della Prima Guerra Mondiale anche la Sorgente vuol ricordare le vittime caposelesi di quell'evento luttuoso.. Lo fa ripubblicando un breve racconto di un fine scrittore piemontese, scomparso qualche anno fa. Perché mai Sebastiano Vassalli? Semplicemente perché il suo breve racconto " il tenorino " intercetta la vita di un caposelese in trincea. Realtà o fantasia? Noi giuriamo che è realtà. Quel racconto, quando eravamo adolescenti, lo abbiamo ascoltato tante volte dal protagonista nelle serate estive trascorse sugli scalini dell'allora Palazzo Scolastico. Pensavamo che si trattava di esagerazioni del nostro compaesano . Ed invece Sebastiano Vassalli ci testimonia che è una storia vera.
che però non potevano interessare quegli ascoltatori. Disse: «Vi racconterò la storia di Caruso». «Non sarà stato il nostro grande cantante! -esclamarono le signore. Forse, un suo nipote ? Uno che ha il suo stesso cognome?» «No, - disse il portinaio. - Caruso era il soprannome di un soldato napoletano, un portaordini che doveva tenerci collegati con il comando di compagnia nel primo inverno di guerra. Noi allora eravamo in un caposaldo sopra la val Sugana a millequattrocento metri d'altezza, e non avevamo il telefono. I portaordini uscivano alla sera con il buio e rientravano prima di giorno; ma gli austriaci avevano messo una fotoelettrica in alto dietro le loro trincee, e quando l'accendevano sembrava di essere a teatro, con quel cerchio di luce che si spostava sulla neve come su un immenso palcoscenico, e con il buio della notte tutt'attorno... Avevano già ammazzato tre portaordini: un Pedretti di Bergamo, un Porzio di Casale e un altro di Rovigo che tutti chiamavano Bistecca, non so più perché. Il quarto portaordini doveva essere questo napoletano di cui sto parlando, un certo Esposito... si, mi sembra che il suo vero cognome fosse Esposito, e che il nome fosse Pasquale... Pasquale Esposito... » Nella sala del comitato patriottico il silenzio, adesso, era assoluto. Alcuni ascoltatori anziani erano venuti a sedersi di fronte all'oratore, per sentire meglio; e c'era un uomo quasi completamente sordo, il commendator Porzano, che gli teneva il cornetto acustico a pochi centimetri dalla bocca. «S'avvicinava l'ora dell'uscita serale, - disse il portinaio, ed Esposito era più morto che vivo per la paura. Chi non lo sarebbe stato, nei suoi panni ? Per mandarlo fuori dalla postazione bisognò fargli bere un'intera bottiglia di cognac. Alla fne, a calci e spintoni, usci nel buio e scomparve; ma a metà della pista si mise a cantare un brano d'opera, non proprio a squarciagola ma nemmeno piano. "Che gelida manina, se la lasci riscaldar..." A noi che eravamo in trincea venne la pelle d'oca. Pensammo: ha bevuto troppo e adesso i crucchi lo ammazzano. Si accese la fotoelettrica; il nostro portaordini era là, vestito di bianco in mezzo alla neve, e dalla trincea dei crucchi una voce gridò in italiano: Caruso! Canta più forte! Sono stati gli austriaci a chiamarlo per primi Caruso. Allora lui riprese a camminare nella neve senza cercare di ripararsi, proprio come se fosse stato su un palcoscenico, mentre la luce della
fotoelettrica lo inquadrava e lo seguiva, e camminando cantava con una bella voce da tenore: Cercar che giova? Al buio non si trova. Ma per fortuna, è una notte di luna... " Quando arrivò in fondo al vallone si voltò prima di uscire di scena, ci fece un inchino e ci ringraziò degli applausi con un gesto, anzi a dire il vero i gesti furono due, uno rivolto a noi e l'altro rivolto ai crucchi, perché anche loro lo stavano applaudendo; poi la fotoelettrica si spense e il vallone tornò buio. Be', - disse il portinaio dopo un breve silenzio, - forse voi non mi crederete, ma vi giuro sul mio onore che questo fatto è accaduto davvero e che si è ripetuto ancora, nelle notti successive, almeno altre quattro volte... » Il commendator Porzano si alzò in piedi, tenendo l'apparecchio acustico nell'orecchio. «E una storia inverosimile, - gridò, con la voce che gli tremava d'indignazione. - Una storia stupida: e voi, giovanotto, dovreste vergognarvi di raccontarla! Questo soldato italiano, se davvero c'è stato, che si è messo a fare il pagliaccio in una situazione cosi grave, dovrà essere giudicato da una corte marziale... Sissignore! Mi stupisco che non abbia già ricevuto una punizione adeguata... Dov'erano i vostri ufficiali, giovanotto, mentre voi vi davate buon tempo, e cosa stavano facendo?» Molti soci e socie del comitato patriottico insorsero per farlo tacere («Per favore! Lasciate parlare il sergente Fortis! Lasciate che finisca il suo racconto! State zitto! »), ma il commendator Porzano aveva un metodo infallibile per non ascoltarli. Si levò il cornetto dall'orecchio e se ne andò, non prima, però, di aver pronunciato un severo giudizio sui "giovani di oggi", e di aver espresso qualche amara considerazione sull'esito che avrebbe potuto avere una guerra combattuta da soldati come quel portaordini: «Che, - disse, - ci renderanno ridicoli agli occhi del mondo». Eraldo Fortis scosse la testa. «Le guerre, - disse, - si vincono eseguendo gli ordini e salvando la pelle, e Caruso è riuscito a fare tutt'e due le cose, in
di Sebastiano Vassalli
condizioni estremamente diffcili... Non sarà un eroe, ma non è nemmeno un traditore e non merita di essere giudicato come ha fatto il signore che è appena andato via. Forse gli austriaci avrebbero dovuto sparargli e hanno sbagliato a non farlo, dal loro punto di vista: sono loro, e non noi, che dovrebbero essere processati per questa faccenda... Ma certe situazioni si capiscono soltanto se si sono vissute, perché le parole non bastano a spiegarle. Si era creato qualcosa, lassù a millequattrocento metri in quell'inferno di ghiaccio, una specie di incantesimo che ci faceva sembrare la voce del nostro portaordini non meno bella di quella del vero Caruso. La notte che lui ha intonato l'aria della Tosca: "E lucean le stelle, e olezzava la terra... " io avevo gli occhi pieni di lacrime; e credo che anche molti dei nostri nemici abbiano provato la stessa emozione. Perché avrebbero dovuto ammazzarlo ? Era laggiù, in mezzo al cerchio di luce, e cantava per loro... » «E poi? - domandò una signora. Cos'è successo che l'ha fatto smettere di cantare ?» «E’ successo - disse il portinaio allargando le braccia -che ci hanno mandati in un'altra valle, e che non abbiamo avuto più bisogno di un portaordini. Del resto, - aggiunse dopo un momento di silenzio, - una situazione come quella, non poteva mica durare in eterno! Ma Caruso era già diventato famoso. Da una parte e dall'altra del fronte, di trincea in trincea, i soldati raccontavano la leggenda di questo artista straordinario, di questo grande tenore costretto a fare il portaordini fnché una pallottola l'avesse tolto di mezzo... Fu chiamato a Udine, al comando supremo dell'esercito, dove prestavano servizio alcuni musicisti che lo fecero cantare: lui cantò, e i musicisti si misero a ridere. Era quello l'uomo che con la sua voce faceva tacere le armi ? Dissero che aveva una voce né bella né brutta: una voce normale, come ce ne sono milioni... Insomma, - concluse il portinaio, fu una delusione per tutti! »
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Atualità
SINA MERINO
ambasciatrice culturale internazionale
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a Cartiera“ Testimonial per Ravello Costa d’Amalfi, capitale italiana della cultura 2020 Nelle mie vene scorre sangue campano, sono fiera del nostro patrimonio culturale, anche se vivo sin dalla nascita in Svizzera e la mia casa è decorata con ceramiche vietresi. Quando sento nominare la Costiera, vibra la mia anima, perché non vedo l’ora di ritornarci ogni anno per scoprire e riscoprire altri angoli nascosti. Sono scrittrice e ho avuto la bella fortuna, di presentare la mia opera „La Cartiera“ ad Albori, Cetara, Raito e Vietri, grazie ad Alfonso Bottone, direttore de „incostieraamalfitana. it“ e l’associazione culturale Joseph Beuys, che un anno fa mi ha conferito l’incarico di ambasciatrice culturale internazionale. Nel mio percorso letterario ho trasportato la Costiera oltre in Europa, anche in Argentina, Brasile, Uruguay, Stati Uniti e Australia, grazie alle comunità italiane sul luogo, che nutrono un grande legame con la loro patria oltre la distanza. L’artista tedesco Beuys visse per un periodo in Costiera, qui sono in tanti gli artisti che godono la permanenza o un ritiro per raccogliere nuove
impressioni, perché si annusa la cultura nell’aria: musica, teatro, cinema, letteratura, arte, disegno, stile ecc. Infatti, passeggiando nei giardini di Villa Rufolo a Ravello, immaginavo qualche traccia sentimentale, si, perché l’amore italiano è il più bello del mondo. Girovagando tra le viucce dei borghi, mi piace udire le voci arrivando dalle finestre, una madre che chiama il figlio per pranzo, percepire l’odore del sugo, assaggiare un limoncello, udire il cinguettio di un pappagallino, occhieggiare le pareti colorate e logorate delle abitazioni, assorbendo l’ispirazione. La costa semplicemente è sensuale, bella e unica. I miei servizi fotografici li ho sempre realizzati nei vicoli dei borghi della Costiera, curati tra l’altro dal fotografo raitese Gino Aloisi e
Sina Merino, nata il 25.3.1969 ad Olten (SO) in Svizzera e vive ad Aarau, i genitori sono originari di Oppido-Preta ed emigrarono per la Svizzera nel 1963. L'autrice nutre un forte legame con Caposele e i suoi parenti che vivono sia a Caposele, Materdomini, la Preta, Lioni e Teora. L'autrice ha pubblicato e dedicato il suo primo libro "La Cartiera" proprio alle radici caposelesi.
Gianfranco Carozza, mio fotografo di fiducia. Fiducia, si – è questo che auguro al comitato Ravello 2020. Il vostro progetto è ambizioso e il tempo corre. Abbiate fiducia nelle collaborazioni entro il reticolo e l’innovazione. Si per Ravello 2020, io ci sarò e ci sono con voi! ... Forse anche prima, sapete, la mia anima vibra al solo pensiero!
REGOLE DI COMUNE CONVIVENZA
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iamo essenzialmente esseri sociali che trovano nel gruppo la realizzazione delle proprie esigenze di sopravvivenza, di sicurezza e di crescita. Questa naturale propensione a socializzare comporta, però, l’accettazione di norme quali la limitazione della nostra libertà personale, il riconoscimento ed il rispetto dell’altro e per finire il ribaltamento delle nostre abitudini più inveterate. Ognuno di noi ha infatti costruito la propria vita basandosi su comportamenti ripetuti e fissi che con il trascorrere degli anni, hanno assunto l’importanza di veri e propri riti. C’è chi non riesce ad addormentarsi se prima non ha letto qualche pagina di libro, chi canta mentre si fa la barba, chi tiene occupato il bagno per molto tempo ed altro. Abitudini innocenti se si è soli ma che, quando si vive in gruppo, dovranno essere accantonate.
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Le regole per andare d’accordo con tutti, anche nelle circostanze più difficili, sono poche e facili da ricordare. Non bisognerà mai prevaricare sugli altri, pretendendo per sé un trattamento di particolare favore. E quando ci si deve lamentare di qualcosa, bisognerà sempre muoversi con discrezione, senza fare chiassate o agire con prepotenza. Il fatto di avere ragione non dà diritto a comportamenti arroganti. Chi ha sempre fatto i propri comodi dovrà prendere atto dell’esistenza degli altri e modificare i propri comportamenti. Lo impongono la buona educazione e le regole del vivere civile. Un comportamento scorretto potrà rendere spiacevole se non impossibile la convivenza con gli altri e anche, in definitiva, per colui che si rende colpevole delle scorrettezze. Le regole per andare d’accordo con tutti, anche nelle circostanze più difficili, sono poche e facili da ricordare. Non bisognerà mai prevaricare sugli altri, pretendendo per sé un trattamento di particolare favore. E quando ci si deve lamentare di qual-
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cosa, bisognerà sempre muoversi con discrezione, senza fare chiassate o agire con prepotenza. Il fatto di avere ragione non dà diritto a comportamenti arroganti. La tracotanza non solo non ottiene alcun risultato pratico (si ottiene più con una parola gentile che con mille insulti) ma disturba gli altri in misura notevole suscitando la loro reazione risentita. In tutte le situazioni in cui ci possiamo trovare vale un’unica regola di comportamento: agire sempre con discrezione e rispetto nei confronti di tutti tenendo presente che gli altri non sono – né possono essere – a nostra totale disposizione.
di Rodolfo Cozzarelli Le stesse linee di condotta ispirate alla considerazione dei diritti altrui valgono tanto nei piccoli quanto nei grandi agglomerati di persone e consentono di vivere in armonia a tanti individui anche se molto diversi tra di loro. Una buona comunità, dunque, si regge su norme civili che sono seguite o fatte seguire da tutti. Dove questo non accade impera la confusione, il disordine e l’insofferenza. Dove invece vige la legalità, il pieno riconoscimento e la legittimità degli usi e costumi degli altri si vive in pace e si evita l’insorgere di malumori e ritorsioni tanto deleteri per le comunità umane.
I proverbi costituiscono un bene culturale legato alla storia
delle tradizioni popolari.
Nei proverbi tutti possono identificarsi, scoprendo qualcosa di sé e rivisitare così, i
di Cettin
propri pensieri e la propria
a Casale
esperienza di vita.
continuiamo insieme ad arricchire
Lu magnuozzu lu magnuozzu Tutti li ‘nvacinnati s’azzupp’n’ la surata rota lu sfat’atu cu la scusa ru lu catarru. Frusceia l’acqua ma nisciunu la guarda aspett’n’ lu vinu ca si r’fresch’ca. Cu la tav’la sistimata quann vodd la callara la femm’na capaci cala la matassa. L’uommini p’ g’uluju s’accurc’n’ r’ brazz strazz’n’ na s’bbr’ssata cu l’aiutu r’ li taraddi s’avascia lu fiaschiu. Quann f’nusc’n’ r’ matass na cazz r’ gratiglia chi la lassa e chi la piglia quann r’oss so spurpat’ tutti ca si scost’n’. Spruzzuliann a la buffetta passa lu vinu a ru supierchiu vurdi e ‘mbriachi si parla e si spann’n li r’fietti r’ tutti quanda. ____
Piccolo angelo
DETTI La capu r’ sotto fa perd’ la capu r’ coppa A chi nun fa pér’t’ nu li guardà lu culu
Quannu chiov’, lassa chiov’, statti indu e nun ti mov’ Lu piècuru sadda carusà ma nun sadda scurt’cà
La cicala canta canta e doppu schiatta
Il vocabolario paesano di Agnese Malanga La carne avvezza a suffrì nun sent’ duloru Casu r’ pècura e r’cotta r’ crapa Queru ca faci Diu è tuttu buonu Chi ciucciu si corca, ciucciu si sceta Chi rici la messa e chi la serv’ Faccia senza culoru, o fauzonu o trar’tòru
di Michele Merola
Strappato con forza dall’innocente cammino su eventi impazziti corrono i sogni nel buio orizzonte ti fermi a guardare la tua libertà tra le stelle trovi rifugio non basta l’appello del mondo ad appagare chi di sangue si nutre in lacrime! ingoi il singhiozzo sofferente! abbassi lo sguardo l’anima sale a Dio racconti l’ingiusto dolore con l’atroce destino un piccolo trono che il male ti dona un cuore amico a seppellirti.
Gent’ r’ for’, campan’ r’ lèuna
R’ femm’n’ r’ ghiesia sò diavul’ in casa Callar’ e callar’ nun si tèngen’ Chi ti vol’ fott’ agisc’ a la mupegna
R’STUCCIÀ SCUNCIERTU N’ZALLANUTU SCIALLETTA PASONNA CITTU SUTTANIEDDU MASILICOIA SCATAFASCIU SCIARRA’ BABBASONU SCIUVULATURU NUN DA’ AURIENZA S’PPONTA MUTTIETTLI ACCAGNACCHE’ SCAZZARIEDDU N’DRUVLATU RAU TRUMM’LA’ N’GUTUGNA’ SEC’NAIENZA ZIZINELLA IUSCIA’ PREULA PUTUOIU
ROVISTARE MALEFATTA SCIOCCO SCIALLE SCEMA SILENZIO SOTTANA BASILICO ROVINA BISTICCIARE STOLTO SCIVOLO NON DARE RETTA PUNTELLA SMORFIA PERCHE’ FOLLETTO INTORBIDITO LUNFO PATIMENTO RUZZOLARE PICCHIARE SCADENTE PAGLIACCIATA SOFFIARE PERGOLATO PUZZOLA
IL VOCABOLARIO
di Michele Merola
il nostro catalogo
A N’drèia li fet’ lu baffu
Primo sole di primavera: Donne pensionate in piazza XXIII Novembre Anno XLIV - Dicembre 2017 N. 95
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Sport STRALACENO 2017
di Donato Ceres
CORSA DEI TRE CAMPANILI E STRALACENO
due appuntamenti estivi dell’atletica caposelese
P
rima di analizzare la gara dal punto di vista tecnico utilizzo questo spazio (e ringrazio il direttore) per fare una pre-
messa... Non è mai facile fare qualcosa... non è mai semplice organizzare una manifestazione sportiva...non è mai scontato migliorare...sicuramente abbiamo sbagliato qualcosa...non tutto è andato secondo programma...si poteva e si può fare di meglio...ma mi sento di dire che per il secondo anno consecutivo la CORSA DEI TRE CAMPANILI è stato un successo!!! Un successo vedere circa 50 bambini/ragazzini di varie età competere tra di loro divertendosi insieme... Un successo vedere genitori incoraggiare i propri figli e applaudire tutti al traguardo... Un successo vedere alla gara circa 130 atleti di cui 11 Donne provenienti da tutta la Campania e non... Un successo vedere 26 "Paesani" cimentarsi su un percorso non facile di 10 km e fare ottime prestazioni (in nessuna gara nei d'intorni c'è una così massiccia partecipazione di "paesani")... E per questo che vorrei ringraziare per il loro duro lavoro sia organizzativo che vero e proprio impegno di braccia: I Ragazzi e Ragazze del FORUM DEI GIOVANI DI CAPOSELE ormai indispensabili per quest'evento, il presidente e tutta LA PRO LOCO CAPOSELE, i gruppo Giovani Luce D'Amore, il Comune di Caposele, i vigili urbani, UISP comitato di Avellino, la Pubblica Assistenza di Caposele, la GS OLIMPIA CAPOSELE, i fotografi, i tanti volontari di tutte l'età... Un grande grazie va agli SPONSOR e a tutte e dico tutte le attiva' commerciali di Caposele...senza il loro supporto sia morale che materiale e contributivo tutto ciò non sarebbe stato possibile...GRAZIE. UN GROSSO GRAZIE A TUTTI GLI AMICI PODISTI CHE HANNO
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PARTECIPATO ALLA COMPETIZIONE E QUELLI CHE PER VARI MOTIVI NON HANNO POTUTO PARTECIPARE... Insieme si può...insieme si migliora...insieme si costruisce... GRAZIE...GRAZIE...GRAZIE... Detto ciò, prima della manifestazione piu di 50 bambini / Ragazzini hanno dato spettacolo con competizioni su varie distanze entusiasmando il pubblico nella splendida cornice di piazza Sanità. Alla gara Assoluti hanno partecipato 124 Atleti di cui 11 donne in rappresentanza di 34 società. Vince la gara Andrea Battaglia (Atletica Canavesana) che completa il percorso di 10km in 35'00" netti battendo allo sprint finale il nostro Campione di Casa Daniele Caprio (Ars Amatori running sele) terzo posto per Felice Simone (Lions valle ufita). Per le donne vince la forte atleta Napoletana Patrizia Picardi ( G.P. BUDOKAN CLUB PORTICI) completano il podio Rosanna Sarno(Irpina Italia) e Annamaria Damiano (Montemiletto team runners).
Anno XLIV - Dicembre 2017 N.95
La XXIX edizione della Stralaceno si è tenuta venerdì 25 agosto 2017. Vi hanno preso parte 55 atleti, di cui 9 donne. Straordinario Daniele Caprio che vince con il tempo di 18' 16'' (migliora il record assoluto, già suo, di 3 secondi) subito dietro si piazza il talentuoso Antonio Nesta con il tempo di 19' 46'', grande prestazione della promessa Simone D'Alessio che con un straordinario 20'27" si piazza al 4°posto, subito dietro si fa notare Donatello Cirillo che con il tempo di 21'32"
migliora il suo personale. Da segnalare le ottime prestazioni di Gerry Notato e Marco Ceres entrambi realizzano il loro "Personal Best". Nella classifica donne vince Annarita D'Elia con il tempo di 28'07" secondo posto per Gaetana Casale e terzo posto per Lia Ceres. Come sempre grande partecipazione di pubblico che fa da cornice allo splendido paesaggio dell'altopiano Laceno.
13 Agosto 2017: nella foto Donato Ceres, Donatello Cirillo e altri
Alcune vecchie e nuove edizioni della manifestazione
La partenza della "Stralaceno" con un folta partecipazione di atleti
La partenza della "Corsa dei 3 campanili" di Caposele in piazza Sanità
Giovani
ED IL VIAGGIO CLEMENTINO (VACANZA) IN IRPINIA
C
lementino ha da poco superato gli esami di maturità. Li ha
superati con il massimo dei voti. Sua mamma è fiera di lui. Il padre, con severità, lo adora. E' il suo orgoglio. Il risultato, con successo, di una vita di lavoro. Clementino merita, adesso, un premio. Un premio che Clementino desidera, da anni. Il padre e la madre chiedono a Clementino dove intenda passare le vacanze estive. Clementino non ha parole! Clementino comincia a pensare dove trascorrere una settimana. Una settimana libero da incombenze e lavori. Clementino pensa e ripensa: dove andare? Il mare è troppo caldo, e poi lui non sa nuotare. Le città d'arte: Firenze, Venezia, Roma... no, no, troppo costose. Troppo affollate. Ci vuole qualcosa che metta insieme la natura e la cultura, il buon cibo e la simpatia della gente. Soprattutto un luogo non troppo costoso. Meno riuscirà a spendere, più tempo potrà durare la sua vacanza. Nel mentre di questo pensare, a Clementino torna alla mente un breve racconto, scritto quasi un secolo prima, da un grande letterato italiano. Francesco de Sanctis. L'opera si intitolava “Un viaggio elettorale” in Irpinia, di cui descriveva l'arretratezza culturale unita alle antiche tradizioni, le pietanze ottenute con i frutti della terra, paesi nascosti da gialle colli-
ne e verdi montagne. Un posto incantato, pensa Clementino. Il Paese dei Padri, immagina nelle sue fantasie. Una sorta di Terra Promessa. Ecco, Clementino ha deciso: andrà in vacanza nella Terra d'Irpinia!!! Comincia ad informarsi su Internet: prima di tutto deve riuscire a raggiungere l'Irpinia. Aereo: nessun aeroporto nelle vicinanze; al massimo Napoli oppure la più lontana Bari... peccato dice tra se Clementino. Allora treno: l'alta velocità arriva a Napoli, al massimo a Salerno. Vediamo allora se esistono pacchettivacanze già pronti: pare che non ci siano tour operator specializzati in viaggi in Irpinia. Che disdetta!!! Insomma vedi e rivedi Clementino si rende conto di una difficoltà, la prima e la peggiore: la Terra dei Padri è irraggiungibile con mezzi “normali”. Ma Clementino è testardo, e vuole andare in vacanza in Irpinia. Allora si informa sugli Autobus: ecco, finalmente, un miracolo; esiste una linea Bus che parte da Napoli, Stazione Garibaldi, ed arriva dopo un viaggio di due ore (due ore!!!) nel cuore d'Irpinia. Quindi il cerchio si chiude: alta velocità fino a Napoli, poi Autobus fino in Irpinia. Clementino si chiede però se il pullman parta tutti i giorni, e dove dovrà fare i biglietti, e soprattutto se il ritorno, in pieno agosto,
sia garantito. Ecco allora che comincia a telefonare. Ma è sabato, ed il centralino è chiuso sabato e domenica. Rimanda allora al lunedì. Lunedì, finalmente, ottiene gli orari di andata e ritorno, e viene a sapere (strano, ma vero) che il biglietto si paga a bordo, e che (ancora più strano) non ci sono limiti nel peso dei bagagli!!!! A Clementino l'Irpinia comincia proprio a piacere!!! Una volta raggiunta l'Irpinia Clementino avrà bisogno di un mezzo di trasporto... non esistono pullman locali che collegano i comuni in modo continuativo. Ma come è mai possibile, si chiede Clementino. I comuni sono così vicini da andare a piedi? Oppure vanno tutti in bicicletta, come in Emilia-Romagna!!! dopo aver pensato e ripensato Clementino contatta un'azienda di noleggio auto. Si aspetterebbe prezzi equi, in linea con la ridotta capacità turistica dell'Irpinia, ma scopre proprio l'opposto! Un'auto di media cilindrata costa più del trenta per cento che non a Napoli. Clementino non ha alternative: se vuole restare una settimana in Irpinia deve risparmiare. Prenderà direttamente a Napoli un'auto, per raggiungere l'Irpinia. La decisione è perfetta per Clementino, ma non per l'economia Irpina. Nessun biglietto di andata e ritorno in bus locale, nessun noleggio locale.
di Michele Ceres Una volta arrivato in Irpinia Clementino dovrà dormire e mangiare. Ancora una volta mancano agenzie turistiche specializzate in incoming. Mancano portali su Internet che connettano Hotel e Ristoranti. Manca una piattaforma unica per tutta l'Irpinia. Ancora una volta Clementino contatta uno alla volta, i singoli Hotel, nei vari comuni Irpini. Contatti telefonici, naturalmente. Pagine intere di appunti, informazioni sui costi giornalieri, sui servizi offerti dagli hotel. Ma non è finita qui: Clementino non vuole andare in Irpinia soltanto per dormire e mangiare, ma anche per conoscere la storia della Terra dei Padri, i castelli, le cattedrali, le antiche città Irpine e Romane. Ancora una volta, navigando su Internet, non trova un portale unico con indirizzi, orari e costi. Ancora una volta Clementino non sa cosa visitare!!! Decide, nonostante tutte le difficoltà, di acquistare i biglietti del treno, l'auto da noleggiare, gli hotel più adatti. Clementino partirà per l'Irpinia!!! La Terra dei Padri, nonostante abbia fatto di tutto per “allontanare” l'ennesimo turista, avrà un nuovo “potenziale ottimo turista” !!!!
Il punto di vista delle associazioni
R
ingrazio il Direttore Conforti per aver ancora una volta voluto fortemente che dessi il mio contributo a questo importante periodico, sul quale scrivere per me, giovane studente sull’onda dell’entusiasmo, è sempre un onore. Siamo ormai giunti in un momento molto delicato per Caposele, termina un altro anno e giungeranno presto anche altre importanti scadenze. Questo Natale diventa perciò il momento giusto per tirare le somme e, come accade nelle migliori organizzazioni, definire un nuovo piano di gestione, non solo per l’anno venturo, ma per i prossimi cinque anni. Avrei potuto scrivere tentando di parlare di questioni politiche e di sviluppo, ci sarebbe tanto da dire, ma cedo l’arduo compito a chi ha più esperienza di me, preferendo invece assumere la prospettiva che più credo di conoscere e che più mi appartiene, il punto di vista delle associazioni. Qualche economista di vecchia scuola di fama internazionale direbbe che l’associazionismo e, più in generale, il non profit agirebbero dove il welfare e l’intervento dello Stato e delle amministrazioni locali non riesce ad arrivare, intese quindi come due essenze quasi diverse e scollegate. Io non concordo. Al contrario, ritengo, e spero che condividiate, che l’associazionismo
e gli Enti locali dovrebbero lavorare a braccetto, non sostituirsi a vicenda, ma in completa sinergia, collaborazione e metamorfosi. Questa è la regola. Questo è ciò che negli anni non è avvenuto a Caposele, se non in sporadici, sofferti e ricercati casi, e se, al contrario, è avvenuto, non con l’intensità, la responsabilità, la lungimiranza, l’efficienza e la progettualità con cui sarebbe dovuto avvenire. In questo modo, le associazioni si sono ritrovate ad esser spesso sole e disorientate, con una grande visione che non fosse parte di un progetto istituzionale e collettivo, con un forte attivismo e impegno che non fosse rafforzato da un filo diretto tra gli uomini di azione di Dorsiana memoria e gli uomini di governo, se non in qualche salvabile caso. In questo modo, ci siamo ritrovati Ferragosti sempre più poveri di colori e di appetibilità, esito di una scarsa e improvvisata organizzazione, strategica quanto concretamente gestionale. In questo modo ci siamo ritrovati associazioni che hanno dovuto letteralmente fare i salti mortali per non veder fallire i propri obiettivi e tentare di dar un po’ di vita al proprio paese. In questo modo ci siamo ritrovati eventi consolidati per i risultati ottenuti negli anni, che attendono ancora e con sofferenza di far il cosiddetto salto di qualità che tanto meritano, di cui ne beneficerebbe
in termini economici l’intero paese. In questo modo ci siamo ritrovati ad assistere alle conseguenze di una miope visione turistica, culturale e sociale non capace di prevedere e organizzare se non nella prossimità della propria ombra, in termini geografici, e se non per la mattina successiva, in termini temporali. Caposele non ha solo abbondanza di risorse naturali, ambientali e turistiche, d’altronde sempre più deturpate e depotenziate, Caposele è piena anche di risorse umane, di quello che in “economichese” è definito Capitale sociale e che trova espressione più diretta e concreta nelle associazioni, nei comitati e nei gruppi informali. Forse sono stati proprio questi anni poco brillanti a far si che si affermasse a Caposele questa necessità di lavorare e di unirsi dal basso, tra i cittadini, di creare questo Capitale sociale che in altre realtà non esiste in maniera tanto forte e autonoma, ma l’associazionismo da solo non basta. L’auspicio Natalizio è che il piano di gestione che verrà, e questa volta non mi riferisco al nuovo anno che si appresta ad arrivare, bensì ai prossimi cinque anni, possa davvero creare un percorso di sinergia, engagement e concertazione in cui il Comune di Caposele dia sostegno e accompagnamento a interventi, iniziative ed eventi, non solo ed esclusivamente con il
di Giovanni Viscardi logo sulle locandine, per necessari requisiti burocratici delle associazioni. D’altronde ci vuole poco, basta organizzare, programmare e gestire. Sperando di assistere in un’inversione di marcia, mi scuso per aver fatto troppo emergere la mia forma mentis economica e per aver voluto volontariamente evitare esempi concreti di fatti, situazioni e associazioni. Forse non è attualmente il principale problema su cui focalizzarsi, ma se Caposele in questi anni non è completamente scomparso dai giornali e dal calendario degli eventi Irpini e della provincia di Avellino, lo si deve solo alle associazioni e a chi ha lavorato per la comunità provando ad arginare un indiscutibile declino, lo si deve al Capitale sociale e a nessun altro. Purtroppo questo da solo non può bastare, ma forse, e qualcuno già da tempo mettendosi in gioco l’ha capito, è proprio il punto da cui ripartire.
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Giovani
Cogliendo le opportunità si potrà rinascere
U
n caro saluto a tutti i lettori del “La Sorgente” ed un particolare ringraziamento a chi porta avanti con entusiasmo il progetto di questo periodico. La mia riflessione, per questa occasione, tratterà un tema fondamentale per il rilancio della nostra terra: quello delle opportunità. È un tema tanto importante quanto poco conosciuto. Sarebbe bello se proprio il Comune, così come fatto in altri territori, creasse uno sportello informativo che illustri le varie opportunità e le seguisse nel loro sviluppo interpersonale. Ma, per ora come tante altre cose, questo non c’è. Proprio da questa mancanza vorrei partire nella prima parte del mio scritto, responsabilizzando gli attuali amministratori (per quel che si può, ormai) e portando alla conoscenza dei miei giovani concittadini due opportunità, appena varate dal governo nazionale, per i GIOVANI appunto. ● RESTO AL SUD: è un incentivo che sostiene la nascita di nuove attività imprenditoriali avviate da giovani nelle regioni del Mezzogiorno con dotazione finanziaria complessiva di 1250 milioni di euro. Tale incentivo permette di avviare attività di produzione di beni e servizi, con l’unica esclusione dal finanziamento di quelle attività libero professionali e il commercio. Questa opportunità si rivolge a giovani tra 18 e 35 anni residenti nelle regioni del sud Italia, tra cui la Campania. Per tutta la durata del finanziamento i beneficiari non possono essere titolari di un rapporto di lavoro a tempo indeterminato presso un altro soggetto; mentre possono presentare richiesta di finanziamento le società, anche cooperative, le ditte individuali e le persone fisiche che intendano costituirsi in società, dopo l’esito positivo della valutazione. Saranno ammissibili le spese per ristrutturazione o manutenzione straordinaria di beni immobili, per l’acquisto di impianti, macchinari e attrez-
zature, per programmi informatici e per le principali voci di spesa utili all’avvio dell’attività. Il finanziamento copre il 100 % delle spese ammissibili e consiste in: contributo a fondo perduto del 35% dell’investimento complessivo e un finanziamento bancario del 65 % dell’investimento complessivo, garantito dal Fondo di Garanzia per le PMI i cui interessi saranno integralmente coperti da un contributo in conto interessi. ● BANCA DELLE TERRE INCOLTE: la misura ha l’obiettivo di promuovere la valorizzazione e riqualificazione dei beni non utilizzati nelle regioni del Mezzogiorno, di rafforzare le opportunità occupazionali dei giovani, avvalendosi di iniziative in grado di stimolare la cultura del riuso. Per tali aree si intendono: i terreni agricoli sui quali non sia stata esercitata l’attività agricola da almeno dieci anni; i terreni incolti, ad esclusione di quelli considerati bosco, nei quali non siano stati attuati interventi di sfollo o diradamento negli ultimi quindici anni; le aree edificate e unità immobiliari ad uso industriale, artigianale, commerciale, turistico – ricettivo che risultino in stato di abbandono da almeno quindici anni. I destinatari di tale misura sono i cittadini tra i 18 e i 40 anni. Vi è una differenziazione per i terreni ed immobili dei comuni o di titolarità dei privati: per i primi i beni possono essere dati in concessione per un periodo non superiore a nove anni e rinnovabili una sola volta sulla base di un progetto di valorizzazione ed utilizzo del bene stesso; i comuni dovranno provvedere ad una ricognizione dei beni di cui sono titolari, pubblicando periodicamente uno o più bandi di tali beni; i giovani imprenditori devono presentare un’istanza e, nel caso in cui siano presentate più domande sullo stesso bene, i Comuni procedono all’assegnazione, assicurando un imparziale valutazione dei progetti, in base alla normativa sull’evidenza pubblica. Per i
di Giuseppe Caruso Vi è la necessità di raccogliere tutte le forze democratiche migliori che il paese possa offrire unite da un progetto comune, da una visione di Caposele, logicamente tenendo conto delle posizioni assunte nel corso del tempo (non tutti sono incolpevoli dello stato delle cose, dove la responsabilità deriva anche dal semplice aver taciuto), e ricominciare a coordinare, costruire, superare definitivamente il passato per volgere lo sguardo verso un futuro migliore e prosperoso
secondi, cioè di titolarità dei privati, l’iniziativa spetta ai giovani imprenditori che manifestano il proprio interesse all’utilizzo dei beni immobili privati, presentando al Comune un progetto di valorizzazione dei beni che intendono utilizzare: il progetto di valorizzazione dei indicare, mediante apposito certificato redatto da un notaio, dati identificativi, proprietà e stato giuridico dei beni richiesti in uso; il Comune, valutando positivamente il progetto di valorizzazione del bene, pubblica il progetto ricevuto e invia, mediante mezzo certificato, una comunicazione al proprietario; entro 180 giorni dall’avvenuta comunicazione e solo a seguito della manifestazione del consenso del titolare del bene, Il Comune adotta gli atti di competenza idonei a consentire l’esecuzione del progetto; il beneficiario corrisponde al proprietario un canone d’uso determinato da apposita perizia. Mi scuso, cari lettori, se sono sceso troppo nei dettagli, ma volevo essere quanto più esaustivo possibile rimandando per maggiori informazioni al sito internet di INVI Italia. Sulle opportunità, circa le idee progettuali e riguardo alla visione nel tempo dobbiamo aprire un’importante discussione, che l’epoca e gli avvenimenti ci impongono come doverosa. Queste riflessioni non possono tardare più: o si coglierà l’opportunità nei prossimi mesi o gli anni che verranno saranno
anni tristi. Spero vivamente che non ci comporteremo come i capponi ne “I Promessi Sposi”, i quali penzolanti a testa in giù, legati stretti, prossimi alla cucina “ s’ingegnavano a beccarsi l’un con l’altro.” Vi è la necessità di raccogliere tutte le forze democratiche migliori che il paese possa offrire unite da un progetto comune, da una visione di Caposele, logicamente tenendo conto delle posizioni assunte nel corso del tempo (non tutti sono incolpevoli dello stato delle cose, dove la responsabilità deriva anche dal semplice aver taciuto), e ricominciare a coordinare, costruire, superare definitivamente il passato per volgere lo sguardo verso un futuro migliore e prosperoso. Con le idee Caposele può RINASCERE. Buon Natale e Sereno anno 2018
Il nuoto a Caposele
L
’acqua, elemento indispensabile per il nostro pianeta terra, proviamo a pensare per pochi secondi se non ci fosse questo elemento basico così prezioso, la nostra terra non avrebbe motivo di esistere. L’acqua è vita, sono tante le cose che si possono fare e dire con l’acqua con l’acqua, ed è per questo motivo che il Caposele città dell’acqua, un po’ di anni fa si decise di costruire una piscina comunale, dove confluiscono diversi metri cubi di acqua , per la gioia di quanti la praticano. Tempo fa mi sono recato presso detta struttura per una visita conoscitiva dell’impianto sportivo, ma mentre gironzolavo dinanzi all’ingresso principale della piscina comunale di Caposele, vedo un giovane aitante di Teora, dopo averlo salutato gli chiedo come mai da queste parti, mi fa:” mi alleno qui in piscina a
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Caposele” con velocità e destrezza non esito a porgli qualche domanda, visto che aveva già terminato gli allenamenti, lui con molta disponibilità e sincerità, risponde a tutte domande che gli pongo: D Federico, a quanti anni hai iniziato con il nuoto? R Iniziai all’età di sei anni D Come nasce il tuo amore o passione per l’acqua? R Sono stato invogliato da mia madre in questa nuova esperienza. D A cosa pensi quando ti alleni in vasca? R Annullo tutti ii miei pensieri concentrandomi sull’allenamento. D Per te è più importante gareggiare oppure il contatto con l’acqua? R Sicuramente il contatto con l’acqua, le gare sono un elemento secondario.
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di Vincenzo Ciccone D Alla tua età i ragazzi si chiedono cosa farò da grande. Tu invece? R Non ho ancora le idee chiare, se non riuscirò con la carriera da nuotatore, mi dedicherò all’attività dei miei genitori. D Il trasporto che hai per l’acqua in piscina vale anche per l’acqua di mare? R In piscina mi sento più a mio agio. D Ti sei sempre allenato in piscina? R Si, da ben sei anni D In famiglia sei solo tu ad amare questa disciplina sportiva? R Io, mia madre e mio fratello Valerio D Quante ore trascorri al giorno in vasca? R Quattro giorni a settimana, di cui cento metri minuti al giorno.
D So che hai una fidanzata, dedichi più tempo agli allenamenti oppure a lei? R Sono due amori diversi, ma riesco a trovare il tempo per stare con lei. Il nuotatore Federico Calise, in questo momento mi sta dicendo che sua madre è di Caposele, ed io a lui non posso che augurargli un futuro pieno di successo e gioie al pari della nostra nuotatrice olimpionica Federica Pellegrini.
Attualità
Caposele, 1° Forum Ciclovia sull'acqua 2° fase - il nuovo percorso
di Salvatore Conforti
L’occasione che ci ha visto organizzare questo incontro a Caposele scaturisce da una volontà forte di riportare al centro della nostra terra le chance e le opportunità che, spesso, vengono solo declamate, ma poi accantonate o non seguite. Ci troviamo di fronte a una contingenza temporale importante nella quale la crisi che attanaglia i nostri territori, si scontra, fortunatamente con le possibilità enormi che l’Europa, il Governo, la Regione pone a favore degli stessi territori. Finanziamenti e possibilità che NON DEVONO ESSERE ABBANDONATI per pigrizia, incompetenza, mancanza di stimolo o predominanza di vecchi schemi politici. Questa della ciclovia, per esempio, è stata e spero continuerà ad essere, un’occasione per coinvolgere dal basso il territorio facendo un altro tipo di operazione che riesce ad informare e a carpire notizie per poi trasformarle in progettualità. Nasce così, questo gruppo operativo Irpino che trascina ed accompagna l’ idea di DARE UNA SCOSSA al progetto della ciclovia CAPOSELE-LEUCA. E’ stato il giusto stimolo per confrontarsi e decidere insieme, parte del percorso, attrattori, difficoltà e sopratutto, le grandi potenzialità di un progetto del genere.
Grazie all’on. Del Basso De Caro che ha saputo intercettare questa nostra voglia di rivalsa e di motivazione propositiva. Grazie anche a gruppo CISLI ed in particolare a Rosanna Repole, Mario Salzarulo, Serafino Celano, Michele Policano, Michele Carluccio, Michele Di Maio, Giovanni Sbordone, E poi un grazie importante a chi ha partecipato attivamente ai lavori del primo forum ed in particolare i Sindaci di Calitri, Conza, Castelnuovo, Il forum dei giovani di Caposele, il PD , la CIA, la Proloco Caposele, il gruppo attivo Grasso, l’associazione ciclistica di Caposele, Cosimo Chiffi e Paolo Lattanzio (che hanno fatto giungere i loro saluti scritti) ed inoltre ai tanti uditori, componenti attivi, che hanno colorato di stimoli e proposte l’assemblea. Infine un ringraziamento per l’allestimento scenografico a Angela Rosania,a Massimo Chiaravallo (biscottificio San Gerardo) con gli amaretti di Caposele, a Ruccio Gervasio (security), ai giovani volontari che hanno regolato la logistica interna. Oggi, ad un po' di tempo da quell'evento, ci siamo rimessi a lavorare intorno ad una nuova ipotesi di percorso che sia più fattibile e che, rispetti in pieno le regole della "ciclovia per tutti". Da Caposele lungo un pezzo del Sele
La Ciclovia dell’Acqua e il Contratto di Fiume Sele
È
la seconda volta che rispondo con colpevole ritardo, mentre il numero della storica rivista “La sorgente” sta per andare in stampa, all’invito dell’amico Salvatore Conforti a dare un mio contributo. Questa volta, però, ne è valsa la pena perché ho la possibilità di riportare la sintesi di un incontro pubblico che si è svolto ieri, lunedì 11 dicembre 2017, a Benevento, promosso dal comitato per il Contratto di Fiume Calore-Sabato, le cui conclusioni sono state affidate all’On.le Vincenzo De Luca, omonimo avellinese del governatore regionale, dal quale ha ricevuto la delega ad occuparsi dei Contratti di Fiume e dei Parchi della Campania. Un importante, direi decisivo, contributo alla discussione è venuto dal dott. Massimo Bastiani, responsabile nazionale del tavolo dei Contratti di Fiume il quale, dopo aver illustrato l’esperienza dei CdF italiani e il lavoro del tavolo nazionale, ha sintetizzato i contenuti dell’Art. 68 bis del DLGS 152/06, quindi dell’inserimento nel codice dell’Ambiente dei CdF come strumenti volontari di programmazione strategica e negozia-
ta che perseguono i seguenti obiettivi: “la tutela e la corretta gestione delle risorse idriche; la valorizzazione dei territori fluviali, unitamente alla salvaguardia del rischio idraulico e contribuendo allo sviluppo locale di tali aree”. Tra le esperienze emblematiche, il dott. Bastiani, ha riportato un intervento svolto in uno dei territori del nord Italia, dove con il risanamento di un ambito fluviale è stata restituita alle popolazioni locali ed ai turisti la fruibilità di un tratto di fiume costeggiato da una Ciclovia. Confesso il mio orgoglio e riconosco al gruppo di lavoro del GAL CILSI il merito di una importante intuizione, emersa a valle del Forum “La Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese”, tenutosi a Caposele lo scorso 28 luglio, alla presenza dell’On. Umberto del Basso De Caro (sottosegretario Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti). La proposta sulla quale da alcuni mesi stiamo lavorando è fondata su alcune considerazioni: il tracciato della Ciclovia, che da Caposele conduce a Santa Maria di Leuca, costeggia due grandi fiumi, il Sele e l’Ofanto; nel tratto irpino e lucano esso coincide con l’area interessata al percor-
ripercorrendo anche la storia delle risalite dei Greci verso il Paflagone; e poi per raggiugere il fiume Temete e risalire per un tratto lungo un percorso fatto di luoghi, profumi, ed occasioni anche importanti di riqualificazione di beni demaniali. Infatti lungo questo nuovo tragitto che ingloba nella percorrenza i comuni di Laviano, Santomenna e Castelnuovo, sono disponibili due strutture che risultano negli elenchi catastali dei beni da utilizzare per i turismo "slow". Due casette cantoniere che potranno essere ristrutturate ed utilizzate come presidio a sostegno dei percorsi ciclistici. Dalla Sella di Conza. poi a scendere verso il lago di Conza guardando lo splendido panorama e poi, affiancando per un pezzo la ferrovia fino a Calitri. A questo studio ne abbiamo aggiunto un'altro più folcloristico che si prefigge di restituire a chi progetterà l'esecutivo una proposta di una scultura da collocare in Piazza sanità che potrà testimoniare, in modo concreto la partenza del percorso della ciclovia dei 500 km.
Una scultura che, insieme ad altre strutture realizzate per l'occasione, daranno il senso non di una tappa del tour, ma dell'inizio di un lungo viaggio con servizi ed impianti degni di una partenza. Un ultima notazione suggerita nel programma : la possibilità che da Caposele, come da altre tappe iniziali delle ciclovie d'Italia, possa passare e fermarsi il giro d'Italia di bicclette. Sarà il modo di dare una spinta promozionale importante a tutto il territorio e al progetto, che speriamo possa partire immediatamente.
di Mario Salzarulo so, avviato nel 2014 dal GAL CILSI, verso il Contratto di Fiume dell’Alto Ofanto, primo esperimento avviato in Campania, oggi governato dall’Assemblea di Bacino; dal dibattito avviato con il forum di Caposele è emersa con forza, da parte delle associazioni presenti sul territorio e di alcune amministrazioni locali, la volontà di partecipazione attivamente ad un percorso condiviso “dal basso” per l’elaborazione di idee, proposte e strategie di sviluppo centrate sul tema della tutela e valorizzazione dell’ambiente. Da questa riflessione scaturisce la proposta del gruppo di lavoro del CILSI di attivare un percorso integrato che, dalla idea-progettuale per il tratto campano della Ciclovia, si intreccia con la costituzione del partenariato per il Contratto del Fiume Sele. Ed è sulla base delle considerazioni sopra sintetizzate che invitiamo le associazioni, gli amministratori locali, i tecnici, gli operatori economici dell’area, le istituzioni scolastiche a partecipare attivamente agli incontri che a breve saranno avviati nell’area. Per concludere, allo scopo di sollecitare il coinvolgimento delle persone e dei
La cascata (non più attiva) del Parco della Madonnina
Sele
soggetti attivi ad “investire tempo e competenze” nella costruzione di un percosso condiviso per la Ciclovia e per Contratto di Fiume, prendo a prestito una citazione di Tiziano Terzani, riportata da Massimo Bastiani nel convegno di ieri “…i fiumi sono la storia. Ci sono Paesi che non si possono capire senza percorrerne i fiumi.”
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Politica
LA POLITICA, ARTE NOBILE?
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rima di affrontare il contenuto dell’articolo che vado a scrivere mi preme spendere qualche dovuta parola per il Direttore del giornale, ing. Nicola Conforti, che ha anticipato nel suo editoriale del numero 94 de La Sorgente il suo commiato dal giornale. E’ una notizia che ci addolora tutti, e credo di poterlo dire anche a nome di tutti gli altri che hanno partecipato alla vita di questo giornale, sia come redattori e sia come semplici lettori. Nicola Conforti è una persona che merita un grande riconoscimento da parte di tutta la collettività caposelese per l’impegno profuso per questo importante impegno, è riuscito a portare avanti, grazie alle sue qualità professionali, alla sua tenacia e allo spirito di sacrificio, con assoluta costanza, un progetto durato oltre quarant’anni, con la pubblicazione di ben 95 numeri del giornale. Un disegno che ha potuto realizzare grazie anche alla sua capacità di essere vero giornalista super partes. Un giornale aperto a tutti coloro che hanno voluto cimentarsi in questa attività di giornalista, e se qualcuno non ha scritto o non ha più scritto è stato solo ed esclusivamente per sua volontà. La mia speranza è che lui possa ripensarci, magari maggiormente aiutato dagli altri, e portare avanti ancora per qualche tempo questo gioiello che in un piccolo paese, come Caposele, è un vero fiore all’occhiello, per poter raggiungere l’ambizioso traguardo di 100 numeri del giornale. Detto questo e dovendo passare a scrivere il mio rituale articolo per questo numero de La Sorgente mi sono da subito posto la domanda: Che argomento intendo trattare? Avrei voluto trattare un argomento diverso da quelli miei soliti di politica locale, sia per non cadere nella ripetizione di concetti già più volte da me trattati, sia per essere meno barboso con i soliti discorsi politici che oggi non tanto vanno di moda, specialmente tra i giovani, e sia perché tante altre tematiche sociali sono più interessanti della politica. Purtroppo, però, alla fine ho dovuto scegliere, come sempre, di parlare di politica, perché questa è la “materia” che più mi appassiona e perché questo è l’ultimo numero de La Sorgente che uscirà prima delle prossime elezioni amministrative. Peraltro sarebbe stato veramente strano che dopo aver parlato di politica in precedenti occasioni poi, alla fine, mi sarei defilato per parlare d’altro. E’ come se il contadino, per usare una metafora, dopo aver preparato il terreno per la semina, alla fine decide di abbandonare il fondo, buttando all’aria tutto il lavoro fatto. Quindi politica sia. D’altra parte voglio ricordare, specialmente ai giovani, che la politica è un’arte, un’attività umana nobile, politica significa gestione e governo della cosa pubblica. Dove cosa pubblica sta per Stato, Enti locali (regioni,province e comuni) e in genere tutti quegli organismi collettivi che gestiscono attività pub-
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bliche. Per capirci meglio poniamoci una domanda: se nessuno si dovesse assumere il ruolo di gestione e di governo della cosa pubblica, quali sarebbero le conseguenze? Drammatiche, disastrose, si vivrebbe nel caos e tanti servizi pubblici scomparirebbero. Quindi è impossibile pensare che la politica possa essere cancellata. Pertanto, nel bene o nel male, la politica deve esistere. Fatta questa premessa, però, la domanda consequenziale è: qual è, dunque, la buona politica? E qui viene il bello, la risposta generale, obiettiva ed assoluta non esiste. Ognuno di noi ha un concetto diverso di buona politica. Abbiamo così le varie teorie della politica, abbiamo politiche di destra e abbiamo politiche di sinistra, abbiamo chi vuole che si paghino meno tasse anche a costo di avere meno servizi, e chi è disposto, invece, a pagare più tasse pur di avere servizi migliori. In buona sostanza la politica viene praticata dai partiti politici o più in generale da movimenti politici che offrono, a loro modo, soluzioni spesso alternative tra loro per la soluzione dei problemi della collettività. Una cosa possiamo dire con certezza, nella politica, generalmente, ognuno cerca di realizzare i propri interessi che possono coincidere con quelli delle altre persone o possono essere con questi interessi confliggenti. Pensate, per esempio, alla pratica della politica cosiddetta clientelare, che molti politici in genere praticano per racimolare voti (promesse di posti di lavoro, di autorizzazioni illegittime, di assegnazioni di beni pubblici senza una corretta selezione, di concessioni di benefit pubblici a chi non gli spetterebbe ecc. ecc.). In tutti questi casi l’interesse del singolo non coincide con quello della collettività. Purtroppo, però, queste politiche oggi funzionano ancora, specialmente nel sud Italia. Spesso lo Stato ha cercato di introdurre nuove norme per combattere questi metodi criminali di gestire la cosa pubblica ma la prassi di ogni giorno resiste e tuttora il sistema delle clientele funziona ad ampio raggio. Quando in giro si vedono tanti fenomeni di mala gestione della cosa pubblica, quando si vede tanta corruzione, tanti problemi irrisolti, tante difficoltà economiche dovute da una parte alla grave crisi economica incombente e dall’altra alla incapacità delle amministrazioni di trovare una soluzione ai problemi, la risposta della gente è l’allontanamento dalla politica e dal giudizio severo, specialmente dei giovani, di pensare e dire che la politica “è sporca”. In genere chi gestisce il potere è favorito in un sistema basato sul clientelismo perché avendo in mano il potere di decidere, può concedere questi “favori”, per usare un detto locale molto simpatico si dice che “ha panni e fuorbici in mano”. In un sistema di correttezza
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di Giuseppe Grasso
politica e di rispetto della democrazia questi metodi dovrebbero essere banditi e puniti, ma non sempre ciò avviene. Anche perché in questo modo gli amministratori che vengono scelti sono oltre che poco corretti, per usare un eufemismo, in genere anche incapaci di gestire la cosa pubblica. Ma in questi casi, scusate la franchezza, vale il detto, ogni popolo ha i governanti che merita. Una risposta corretta dovrebbe essere: i cittadini che si recano al seggio devono comportarsi in maniera responsabile ed irreprensibile, bisogna votare chi “merita” di essere votato perché è capace e onesto. Il voto deve essere inteso non solo come diritto di scelta ma anche come dovere di contribuire a scegliersi amministratori onesti e capaci di gestire la cosa pubblica. Bandiamo la disonestà della politica attraverso un voto responsabile. Quando dicevo che al sud sono più radicati questi sistemi di disonestà bisognerebbe analizzare e capire perché ciò accade. Io penso, per esempio, che al sud essendoci più povertà e bisogno le persone sono più ricattabili e quindi meno libere, poi esiste anche una tara storica, il meridione, in genere, non ha mai avuto una coscienza civica dello Stato e dei poteri pubblici in genere, ha quasi sempre subìto detti poteri e spesso ha più condiviso chi lo Stato non lo rispetta piuttosto che sostenere lo Stato in maniera convinta. E poi c’è questo male oscuro del fatalismo. La speranza era che le giovani generazioni avessero avuto una coscienza sociale diversa, un impegno politico più diretto, purtroppo, e mi dispiace dirlo, questo non sta accadendo. Orbene, detto e premesso tutto questo, cosa dobbiamo auspicare per Caposele per la prossima tornata delle elezioni amministrative di primavera? Le voci che circolano nel paese ci dicono che potremmo avere più liste in competizione tra loro, liste per lo più locali (civiche) e non rapportate ai partiti politici. E qui già si pongono alcuni problemi. Uno è la frammentazione del quadro politico amministrativo, più liste significa meno qualità perché se uomini capaci e volenterosi ci sono in campo sarebbe più giusto che questi uomini cercassero di coalizzarsi per presentare un’offerta politica amministrativa valida, un coacervo di forze all’altezza del compito. Dall’ ultima esperienza amministrativa abbiamo visto che una compagine amministrativa, decapitata, per i noti eventi locali, di alcuni componenti, ha, obiettivamente, subìto una perdita di capacità di amministrare che ha danneggiato Caposele. Poi, diciamoci la verità, Caposele non ha taumaturghi o persone che brillano in maniera particolare per le loro capacità di amministrare, solo una convergenza tra diverse componenti può portare ad una buona soluzione. Questo significa giungere ad una lista unica? Assolutamente no, l’auspicio è di vedere in campo due liste contrapposte che si contendono il campo per portare alla vittoria un’amministrazione capace di amministrare in maniera adeguata il nostro comune.
Come arrivare a questa soluzione? Trovare due capilista simpatici? Assolutamente no, bisogna confrontare le proposte politiche che offrono i contendenti. Due programmi politici. Il popolo di Caposele ha bisogno di risposte praticabili per la risoluzione dei gravi problemi che attanagliano la comunità e non promesse inattuabili, come fanno alcuni nostri politici nazionali che la sparano uno più grossa dell’altro, promettendo miracoli (pensioni a 1000 euro per tutti, meno tasse per tutti, flat tax, ecc. ecc.) dimenticando che l’Italia ha bisogno di risanamento economico e non più spese senza entrate, il debito dello Stato, oramai alle stelle, non dimentichiamolo lo pagheranno le generazioni future. Quindi noi cittadini dobbiamo confrontare l’offerta politica dei contendenti e non parteggiare per l’uno o per l’altro per motivi diversi o solo perché qualcuno ti ha promesso qualcosa che non ti spetta e magari ti sta prendendo in giro in quanto non potrà dartela mai. Io, per la mia esperienza, ho imparato a diffidare delle belle parole che spesso i politici sanno pronunciare ma guardo a quanto di buono, nella vita, hanno saputo fare questi uomini. Se uno non è stato capace di fare alcunché, in termini di attività, se ha frequentato per anni corsi di studio e non è stato capace di laurearsi, se ha, addirittura, commesso misfatti, se ha governato e non ha saputo governare, io il mio voto non glie lo do. Quindi bando alle chiacchiere. Infine, ritengo che debba essere valutata l’offerta politica anche in termini di efficacia. Non basta promettere se poi diventa difficile mettere in atto le proprie proposte. Io, per esempio, diffido anche della politica basata sul civismo. E’ pur vero che in un paese come Caposele, costituito da una popolazione di circa 4 mila anime, è purtroppo necessario costituire alleanze di governo basate su liste civiche in quanto nessun partito politico può illudersi che da solo possa governare, ma è comunque necessario che l’offerta politica provenga da una compagine capace di interloquire con altri soggetti sovracomunali che possano dare un contributo sia in termini economici (risorse comunitarie, statali, ecc.) sia in termini di sinergia di prossimità. Diffidare, pertanto, da chi va affermando di essere “apolitico”, distante dalla politica, pensando di poter governare il paese. Ricordo a me stesso che chi in passato ha voluto praticare questa strada, dichiarandosi apolitico, ha dovuto gestire la cosa pubblica in maniera solitaria, senza avere riferimenti politici extracomunali, ed è stato costretto a limitarsi a gestire l’attività amministrativa in maniera diretta (vedi amministratori divenuti capi ufficio) in tal modo la distanza dalla politica sovra comunale ha determinato sofferenza per il nostro paese in termini di mancato godimento di risorse economiche, che pure tanti altri paesi a noi vicini hanno goduto.
Politica
ELEZIONI
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AMMINISTRATIVE DEL 2018
i avviciniamo a piè sospinto verso le elezioni comunali 2018. In altri tempi le fibrillazioni elettorali già sarebbero state alle stelle , in un paese abituato a "mangiare pane e politica ". Questa volta di entusiasmo in giro non se ne vede, se si eccettuano le nuotate in apnea di ciò che rimane (o che fortunatamente avanza ) della classe dirigente. D'altra parte se dieci anni fa CAPOSELE NEL CUORE aveva rinfocolato più di una speranza , oggi amministratori e cittadini giungono un po' tutti stremati alla meta e l'atmosfera sembra dominata dal disincanto se non dalla sfiducia. Infatti, si ripresenta il consolidato dilemma se affidarsi al vecchio, anzi all'antico, o ritentare fideisticamente la carta del cosiddetto rinnovamento. Chi ha già dato nel secolo breve non ha più energie fisiche e duttilità mentale per tracciare nuove rotte condivisibili da parte dei giovani del terzo millennio. In fondo si dovrebbe lavorare per loro. .. Manca, però, a tanti di noi la chiave interpretativa per dare la stura ad una nuova fase ( di cui Caposele ha bisogno come l'aria). Certo un 'esperienza "stagionata" potrebbe dare una mano. Ma dopo gli anni della supponenza e del rifiuto pregiudiziale della democrazia e dell'ascolto, chi mai può scommettere su un cambiamento di sensibilità istituzionale? Veniamo alla chimera del Rinnovamento, precisando che non ha alternative in quanto il tempo non corre mai all'indietro. Il rinnovamento di cui hanno bisogno gli Enti Locali, però, non può essere confuso con un generico giovanilismo senza programmi e senza bussola, tutto schiacciato sull'ossessione di un'immagine senza anima. Rinnovamento non è nemmeno un arrancare, avendo se stessi come unica misura delle cose, dimenticando i bisogni ed i punti di vista di una comunità di destino. Il rischio è nell'ordine delle cose, nel senso che la modernità, bruciando i tempi, incendia anche lo spirito critico e con esso anche la riflessione, senza la quale è facile prendere fischi per fiaschi. ..ovviamente a spese della popolazione. Irriflessione impastata col pressapochismo e nobilitata dal furore sacro dell'irresponsabilità istituzionale del " sentirsi eletti dal popolo " diventa il brodo di cultura di una concezione del potere non solo personalistica ed autoreferente ma anche
pericolosa e piratesca. Allora, che fare? Ricordare a chi si candida di non sentirsi padrone di un patrimonio di beni comuni che non sono disponibili per nessun eletto se non in un'ottica di sana gestione collettiva. Noi potremo insediare sui Comuni anche eserciti di laureati, ma se la loro missione è intrisa di rampantismo, di strafottenza e di gusto dell’opacità, è bene che se ne stiano a casa o davanti ai bar, lasciando il passo a giovani "normali "che hanno memoria di cosa significhi buongoverno. Il populismo nei Comuni non paga poiché, per quanto la massima aspirazione di tutti sia la concordia, il popolo in quanto tale non esiste. Un sindaco è costretto a scegliere tra parti di popolo e questa si chiama Politica. Un sindaco che promette di essere un sindaco che sarà di tutti e che non agevolerà nessuno, di fatto ha scelto di difendere solo i piu' forti. Questo tipo di imparzialità non ha bisogno di sindaci eletti dal popolo ma di podestà. E' del tutto evidente che i giovani devono essere i futuri amministratori, ma per carità, non seguano le orme fresche o fossilizzate degli ultimi lustri; percorrano nuovi sentieri, avendo per bussola la coscienza e null'altro. Si potrebbe pensare che quanto appena espresso sia eccessivamente caricato di un' esagerata drammaticità, ma non è così; semmai c'è una preoccupazione frammista ad una rabbia. Come non si fa ad essere preoccupati per un Comune che affonda per scelte sempre più sballate e per un tempo sprecato non facilmente recuperabile? Come si fa a non essere arrabbiati di fronte ad una maggioranza costruita dieci anni fa per dare concordia e prospettive che per il solo gusto di chiudersi a riccio si è letteralmente cappottata? Se sgranassimo il rosario, non ci basterebbero tutte le pagine de La Sorgente. ... C'erano tutte le condizioni politiche e tutte le risorse umane per aprire una nuova fase ed essere ricordati come un Rinascimento di Caposele; si è scelta la scorciatoia del tirare a campare, della guerriglia quotidiana tra assessori (non certo per fini nobili ), dello svendersi all'amico /nemico AQP (i cui effetti devastanti avvertiremo a partire dal 2018). E non aggiungo altro su questo lungo e fastidioso BLOB durato un decennio.
Oggi si riparte da zero con entrate stremate, personale stressato dal dolce far niente, da un patrimonio ed un demanio comunale abbandonato a se stesso che va in malora ed un turismo che esplode ma i cui piani di razionalizzazione restano sulla carta . Parlano alcuni monumenti muti: un cantiere per parcheggio sequestrato, un centro esposizione costoso chiuso prima di essere inaugurato, il traffico fai da te, buche, siepi, scoli, fogne in performance estemporanea....insieme all'area Castello pure essa sequestrata. Nei cassetti, per pietà e diritto all'oblio la “Convenzione delle Convenzioni "che da sola avrebbe dovuto dare futuro ai giovani caposelesi, dopo le tarantelle e le matasse in piazza in ossequio ai pugliesi. È’ del tutto evidente che bisogna ripartire daccapo, sapendo che, a parte il problema del turismo, per il resto i caposelesi non chiedono la luna. Infatti, l'elettorato italiano oggi premia la normalità di gestione e non i sogni. L'elettorato ormai si è abituato ad esigere l'essenziale: buoni servizi, economici ed efficienti, politiche manutentive dei beni comuni e poi azioni di tutela dei minori e degli anziani. Non più cose da fare, ma persone da servire. E’ roba da poco? Non credo proprio con la crisi che vivono i Comuni. Ma veniamo al nocciolo della questione. Chi guiderà la RIVOLUZIONE DELLA NORMALITÀ? Vivessero buona salute i partiti, non avrei dubbi. Ma un po' tutti abbiamo distrutto questi strumenti di buona amministrazione e allora, avendo cancellato le orme, bisogna muoversi sperimentalmente senza usare i cittadini come cavie. Chi si appresta a candidarsi sa di non raccogliere l'eredità di nessuno e questo accade per la prima volta nella storia di Caposele. E sa anche che chi nel bene e nel male è stato attore di alcuni decenni trascorsi, questa volta starà alla finestra a guardare. Ciascun candidato dovrà fare tesoro di tutto ciò che è accaduto ed evitare di fare gli stessi errori. Onestà, trasparenza, competenza, si dice sempre, sono prerequisiti, salvo poi assistere ad indecenze istituzionali rivoltanti. C 'è un'ultima domanda da porsi. Nonostante la "minaccia " di quattro liste, ma a Caposele i singoli schieramenti dispongono di risorse sufficienti ed adeguate alla situazione? Io credo di no. ...a meno che non
di Alfonso Merola
vogliano recitare a soggetto per altri cinque anni (e questo deporrebbe male per certi candidati che si sentono troppo autoreferenti. ) Il PD innanzitutto e l' ARCOBALENO devono garantire DISCONTINUITÀ, ma seriamente questa volta, non avendo paura di confrontarsi in pubbliche assemblea ed avendo fiducia nei cittadini che si attendono veramente una svolta . Mi sarebbe piaciuto rivedere al tavolo CAPOSELE NEL CUORE, ma, per usare una metafora calcistica, ha abbandonato il campo all' inizio del secondo tempo, senza tra l'altro cavare un ragno dal buco nel primo tempo...a parte un rigore fatto tirare a porta vuota ai Baresi. Quella lista non c'è più per effetto di una dissanguante cannibalizzazione; ora sono tutti lì ad attendere che sia lanciato il fischio finale del play over. Una lezione per chi lascia e per chi vorrebbe subentrare. Parafrasando una canzonetta, Libertà e Democrazia sono concetti semplici, solo se non se ne conosce il significato. Sia la prima che la seconda sono una pratica quotidiana e non un voto espresso in un secondo che determina una vittoria in nessun caso da intendersi come delega in bianco. Il voto dato da un cittadino è una speranza e come tale merita rispetto per cinque anni. Come a dire, chi vota immagina di riconoscersi in uno STATO DI DIRITTO e non di essere catapultato in uno STATO DI FATTO.
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Politica
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lla domanda se Caposele sia davvero il Paese dell’acqua non avremmo dubbi e risponderemmo di si senza alcuna esitazione. Allo stesso modo, se ci domandassero se Caposele sia realmente un Paese turistico a vocazione religiosa risponderemmo nella stessa maniera. Le certezze però finiscono qui e volendo scendere nei particolari troveremmo pochi motivi di sollievo. Intanto, a fronte di opere di grande valore tecnico – ingegneristico (vedi la recente inaugurazione della Galleria Pavoncelli con tanto di copertura mediatica e con la partecipazione massiccia di politici locali e nazionali) non si sa ancora, o almeno io non l’ho ancora capito, quali saranno i vantaggi reali per i caposelesi visto e considerato che la voce “ristoro” è al momento priva di qualsiasi contenuto concreto. Il guaio è che tutto viene demandato a una futura contrattazione che sarà condizionata inevitabilmente dalla mutevolezza degli scenari politici nazionali e dalla mutevolezza degli interlocutori istituzionali con i quali confrontarsi lasciando tutto nel vago alimentando non pochi dubbi. Inoltre, pur essendo un Comune a chiara vocazione turistica (la presenza a Materdomini del Santuario dedicato a San Gerardo Maiella ne è la testimonianza più evidente) Caposele è una delle poche realtà che non ha ancora presentato un piano organico di sviluppo del proprio territorio affidandosi completamente all’improvvisazione e alla buona volontà dei singoli. Per posizione strategica, per caratteristiche geografiche, risorse e potenzialità avrebbe dovuto essere in cima a qualsivoglia prospettiva di rilancio dell’intera provincia, essere il motore principale, il centro di aggregazione indiscutibile. Abbiamo deciso invece di giocare un ruolo assolutamente marginale speculando sul fatto che qualcuno ci ha lasciato in dote risorse di inestimabile valore verso le quali abbiamo l’atteggiamento sbagliato del semplice fruitore sul quale non grava alcun obbligo di valorizzazione e di tutela, abbiamo sviluppato dentro di noi la convinzione che bastiamo a noi stessi, che stiamo bene così, che non dobbiamo fare niente per migliorarci e non abbiamo bisogno di condividere niente con nessuno. Abbiamo preferito discutere di acqua e pellegrini solo perché ci conviene, ce li abbiamo lì entrambi a portata di mano, non è farina del nostro sacco, non ci sono costati alcuna fatica (non parlo ovviamente di chi in passato in galera ci è andato davvero per difendere le nostre sorgenti) e
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NON SOLO
ACQUA E PELLEGRINI
Pur essendo un Comune a chiara vocazione turistica (la presenza a Materdomini del Santuario dedicato a San Gerardo Maiella ne è la testimonianza più evidente) Caposele è una delle poche realtà che non ha ancora presentato un piano organico di sviluppo del proprio territorio affidandosi completamente all’improvvisazione e alla buona volontà dei singoli. Per posizione strategica, per caratteristiche geografiche, risorse e potenzialità avrebbe dovuto essere in cima a qualsivoglia prospettiva di rilancio dell’intera provincia, essere il motore principale, il centro di aggregazione indiscutibile. allora non capiamo ma ci adagiamo. Altrimenti come spiegarsi il fatto – mi domando – che ormai non si parla più di ambiente nel nostro Paese? Siamo una comunità che ha vissuto sulla propria pelle la tragedia del terremoto con tutto ciò che ne è derivato con effetti che hanno inciso negativamente persino sulla morfologia del territorio, avremmo dovuto sviluppare proprio grazie a quell’esperienza una sensibilità maggiore verso la cura e la tutela del nostro habitat naturale. E invece parlare di manutenzione non interessa a nessuno e non ce ne occupiamo perché non abbiamo contezza di quello che potrebbe significare per la nostra vita in termini di maggiore sicurezza e di vivibilità. Sempre in tema di ambiente, non abbiamo ancora capito cosa fare esattamente in materia di rifiuti. Non sappiamo se continuare a fare finta di niente accettando di convivere ogni giorno con la pessima gestione di un servizio di raccolta (affidato il più delle volte solo ed esclusivamente al senso di responsabilità dei singoli operatori) molto costoso e assolutamente inadeguato oppure decidere una volta per tutte di cambiare pagina proponendo un nuovo sistema di raccolta e smaltimento veramente a misura d’uomo e al passo con i tempi. La verità è che abbiamo rinunciato in partenza a fare per conto nostro, probabilmente l’abbiamo fatto per mancanza di coraggio o perché ogni sforzo ci sembra eccessivo o fuori luogo anche quando non potrebbe che giovarci. Gestire il servizio in comune insieme ad altre realtà del territorio avrebbe non solo indubbi vantaggi economici ma anche ricadute molto positive in termini di efficienza e produttività. Ma non è tutto. Non sappiamo ancora come mettere mano alle innumerevoli opportunità che i fondi europei e quelli regionali offrono attraverso finanziamenti agevolati, tecnicamente non sappiamo come attivarli per mancanza di idee e per scarsa conoscenza della materia.
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Proprio non sappiamo da dove cominciare. Abbiamo un grosso problema di base ed è quello della tendenziale innata incapacità tecnico – politica a progettare, è come se non fosse nelle nostre corde un impegno simile. Eppure tutto è abbastanza chiaro. Ci sono norme ben precise che disciplinano il procedimento, dalla presentazione dell’idea alla sua formulazione tecnica con i dovuti approfondimenti che servono a dare fondamento e credibilità al progetto stesso fino all’impegno che dovrebbe far capo alla politica e che riguarda la sua approvazione in tempi ragionevoli. Certo, ci sono casi lodevoli di progettazione dal basso ma quello che manca è una cabina di regia unica che avvalendosi delle necessarie competenze tecniche sia in grado di promuovere una nuova stagione di iniziative che abbiano in sé la credibilità e la forza per trasformarsi in qualcosa di concreto. Il compito della politica in un quadro del genere dovrebbe essere quello di creare le condizioni perché questo sforzo non vada perduto incagliandosi tra le maglie spesse della burocrazia. Dell’occupazione poi meglio non parlarne. A un politico e a un amministratore si chiede normalmente che sia capace di dare dignità alla comunità che rappresenta attraverso comportamenti eticamente responsabili. Non gli si chiede di spendersi per qualcuno procurandogli vantaggi che altrimenti non avrebbe magari in cambio di un qualche riscontro elettorale, un comportamento del genere sarebbe oltremodo sconveniente e lesivo della dignità delle persone. Il suo compito istituzionale dovrebbe essere piuttosto quello di consentire e garantire una crescita ordinata e complessiva del territorio per mettere ciascuno nella condizione di far valere le proprie capacità secondo un principio sostanziale di eguaglianza, parlo dell’eguaglianza dei punti di partenza perché è questo che impone la correttezza e l’onestà intellettuale. Dico questo perché siamo ormai alla
di Antonio Ruglio
vigilia di importanti consultazioni elettorali politico – amministrative che nella prossima primavera coinvolgeranno direttamente anche Caposele. Le elezioni amministrative si sa sono sempre un appuntamento speciale, ci si confronta, si fanno i bilanci e si misurano le forze ricorrendo a ogni tipo di persuasione. Ma questa volta la posta in gioco è molto alta. Chi vorrà sottoporsi al giudizio degli elettori o vorrà proporsi per la prima volta e partecipare alla prova del voto avrà sicuramente a disposizione gli strumenti classici della politica quelli che hanno movimentato ogni elezione ma sa benissimo che potrebbero anche non bastare. Le promesse hanno sempre funzionato in campagna elettorale e funzioneranno ancora ma troppi sono i canali d’intermediazione a disposizione, troppe le vie traverse, troppe le scorciatoie disponibili per cui i cosiddetti “uffici di collocamento” non istituzionali potrebbero togliere forza e credibilità a chi dovesse scegliere di continuare a promettere ostentando sicurezze che non può avere. Allora meglio presentarsi agli elettori con poche idee chiare di ampio respiro senza ammiccamenti e ambiguità che non fanno il bene della comunità. In quanto a noi, abbiamo un compito importante da svolgere dobbiamo ridare alla politica la dignità perduta, dobbiamo chiedere e pretendere molto di più e di meglio. Non c’è niente di scontato ormai anche quello che in apparenza sembra naturale potrebbe non esserlo alla prova dei fatti e i voti, dal primo all’ultimo, bisogna conquistarseli davvero.
Lo spazio antistante la vecchia casa Di Masi
Politica Al Ministro delle Infrastrutture On. Graziano Delrio e p.c. Al Presidente Giunta Regionale della Campania On. Vincenzo De Luca Al Presidente Giunta Regionale della Puglia On. Michele Emiliano Al Sottosegretario Ministero delle Infrastrutture On. Umberto Del Basso De Caro Al Commissario Delegato ex O.P.C.M. del 12.03.2010 n. 3858 Ing. Roberto Sabatelli
Oggetto: memoria sulla conclusione dei lavori del raddoppio della galleria di valico “Pavoncelli” ed effetti sull’ambiente e sulle infrastrutture sociali di Caposele
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gregio Signor Ministro, a nome del circolo del Partito Democratico di Caposele, mi permetto di consegnarLe, in allegato, una memoria sintetica sugli effetti determinati dai lavori per il raddoppio della Galleria Pavoncelli e sulla necessità che siano definite soluzioni per l’equilibrio e la sostenibilità ambientale dei luoghi interessati dall’importante e strategica opera. Certi dell’attenzione che vorrà prestare ai nostri rilievi e in attesa di un Suo riscontro positivo, con l’occasione vorrà accogliere i saluti e i ringraziamenti degli iscritti al nostro circolo. Caposele, 24 ottobre 2017 Il Segretario del Circolo del Partito Democratico di Caposele dott. Armando Sturchio
APPUNTI SU CAPOSELE È storia indiscussa ed incontrovertibile che, sin dalla regimentazione delle acque delle sorgenti del Sele verso tutto il Tavoliere, il popolo di Caposele ha sempre avuto un atteggiamento di grande generosità nei confronti delle assetate popolazioni pugliesi, al costo di rinunciare ad una risorsa che alimentava importanti industrie a valle delle stesse e che ha determinato il depauperamento ambientale dello stesso fiume Sele. Ne conseguì, allora, un’imponente e lacerante fase di emigrazione che ha condizionato negativamente lo sviluppo economico e sociale della comunità locale. Ora, al netto di questa necessaria e sintetica premessa, i lavori del raddoppio della Galleria di valico, denominata “Pavoncelli-bis”, ci consegnano un quadro di indefinita soluzione di alcuni problemi da essi generati e per i quali è necessario trovare adeguate soluzioni di “equilibrio ambientale” e di “sostenibilità sociale”, mai organicamente affrontati dall’Amministrazione locale e il Commissariato straordinario. Essi sono essenzialmente i seguenti:
Per
la visita dell'on.
Graziano Del Rio
a
dell'abbattimento dell'ultimo diaframma della
Caposele in occasione Pavoncelli bis. il Pd di
Caposele, visto il breve tempo a disposizione , ha concordato di riporre nelle mani del Ministro e degli ospiti di quella giornata, una lettera di"memoria" affinchè il grande lavoro della gallera, non passi, subito dopo la conclusione, nel dimenticatoio. Ripristino dei luoghi e mitigazione ambientale I lavori hanno determinato impatti significativi su alcuni luoghi simbolo delle Sorgenti del Sele, come il Vallone di Acqua delle Brecce (imbocco della galleria) e l’area delle cantine con la realizzazione di un manufatto a copertura del Pozzo A che impatta “violentemente” in un contesto urbanistico “storico” ed a forte caratterizzazione identitaria. Specie per questa ultima opera, in una particolare fase di opposizione alla sua “soverchiante” realizzazione, erano stati assicurati interventi di mitigazione mai formalmente ratificati e ad oggi neppure avviati. Particolare attenzione andrebbe posto alla salvaguardia ed alla valorizzazione del “parco fluviale” in località Tredogge, cioè a valle dell’imbocco della galleria. Inoltre, subito dopo il terremoto del 1980, quando – a causa delle lesioni subite dalla storica galleria Pavoncelli - si rese necessario, da parte dell’allora Ministro Zamberletti, la realizzazione di un by-pass, con la costruzione di un capannone per l’installazione di motori per il sollevamento ed il pompaggio delle acque. Dopo oltre 30 anni di inutilizzo sarebbe auspicabile, da parte della Protezione Civile, attuale proprietario, prevedere lo smontaggio di tale capannone oramai vetusto ed a forte impatto visivo, restituendo una delle aree naturalistiche più belle di Caposele alla comunità ed ai futuri cicloturisti. Nel corso di questi anni, la più importante arteria di collegamento di Caposele con la frazione di Materdomini (sede del Santuario di San Gerardo Maiella, meta di turismo religioso fra le più importanti del meridione) e con l’ingresso della Fondo Valle Sele, cioè Via Aldo Moro, è stata utilizzata per il trasporto, continuo e quotidiano, di materiale di risulta della galleria, pregiudicandone fortemente la stabilità e la percorribilità. Per tale strada, ad oggi, non v’è alcun atto che assicuri, a conclusione dei lavori, il suo funzionale ripristino. La centrale idroelettrica Con delibera del CIPE del 17/11/2006 veniva finanziata la realizzazione di una centrale idroelettrica ed evidenziato, sin dalle premesse, che “la produzione della centrale
idroelettrica, che viene finanziata separatamente dal Commissario straordinario, verrà ceduta gratuitamente per gli usi pubblici del Comune di Caposele”. I lavori civili della centrale idroelettrica sono stati nel frattempo realizzati, ma non si sono esplicitati gli atti necessari a dare certezze sull’utilizzo gratuito relativo agli usi civici a favore del Comune di Caposele. Occorre, dunque, farsi carico di tale impegno e prevederne la formalizzazione di tale previsione. Si sottolinea, inoltre, che la produzione di energia elettrica da fonte rinnovabile consente di ottenere degli incentivi dal GSE (gli ex certificati verdi). Sarebbe corretto destinare anche tali incentivi alla comunità di Caposele, come, legittimamente, lascia intendere la stessa Delibera CIPE. La ciclovia Caposele – S. Maria di Leuca Con la realizzazione della ciclovia le Sorgenti del Sele dovranno inevitabilmente essere il punto di partenza, prevedendo una particolare attenzione alla “narrazione” di un luogo emblematico della storia dell’Acquedotto Pugliese. Si chiede, per questo, di valutare la possibilità di trasformare la sede storica della cosiddetta Foresteria dell’AqP (oggi occupata dalla Comando della Stazione dei Carabinieri) in Museo delle acque e/o dell’Acquedotto, recuperando alla disponibilità pubblica i giardini antistanti, non interferenti con l’area di tutela delle sorgenti, “area realmente sensibile”, del piazzale di captazione
di Armando Sturchio
delle sorgenti. Si tratterebbe di arretrare solo di qualche metro le attuali recinzioni in ferro. Sarebbe auspicabile, in tale contesto, prevedere una soluzione artistica “simbolica ed emblematica” di avvio del tracciato della ciclovia. La convenzione tra il Comune di Caposele e l’AqP Nel luglio 2012 fu sottoscritta una convenzione tra il Comune di Caposele e l’Acquedotto Pugliese relativamente all’utilizzo della quota di 365 l/s, riconosciuta per usi civici delle acque residuali. La tariffa applicata, imposta al Comune di Caposele, è illegittima, in quanto l’AqP applica la stessa tariffa prevista per la Puglia, fino a Santa Maria di Leuca (con un costo giustamente gravato dal “vettoriamento”), con l’aggravante che restano a carico del Comune di Caposele tutti i costi di gestione e manutenzione della rete. L’AqP ignora del tutto e volutamente le delibere della Regione Campania che attribuisce tariffe speciali ai comuni depositari di sorgenti (ove tra l’altro, non vi è alcun costo di “vettoriamento”). Sarebbe auspicabile un intervento politico di “moral suasion” sull’Acquedotto Pugliese per ritrattare la convenzione del 2012 e chiedere un rimborso, con efficacia immediata, degli importi derivanti dal ricalcolo della tariffa o una compensazione degli stessi.
Il Ministro Del Rio, l'on De Luca e Il Governatore Emiliano a Caposele per l'inaugurazione delle Galleria Pavoncelli bis
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Politica
UN PROGRAMMA PER IL CAMBIAMENTO … ADESSO “E’ il momento di riflettere, decidere ed assumere responsabilità piena. I politici e i cittadini tutti, che interpretano il loro ruolo come orientato a realizzare il solo interesse pubblico, si riuniscano immediatamente per preparare un programma che sia, al tempo stesso, di resistenza costituzionale e di governo per la costruzione di un’altra Caposele. L’unità di intenti diventi la nuova forza!”. Questo riportava l’articolo apparso sul periodico “” LA SORGENTE “ circa un anno fa. Al fine di mantenere fede a quanto allora si auspicava, è doveroso fare un passo avanti, anche in funzione delle prossime consultazioni elettorali, ed illustrare, in prospettiva, alcune considerazioni e proposte del “CIRCOLO ARCOBALENO”. Il cambiamento è il nostro punto di partenza, considerato che gli ultimi dieci anni hanno visto i cittadini trascurati e senza punti di riferimento, il paese sprofondato nel degrado e nel declino a più livelli preoccupante di conseguenza,i prossimi anni si riveleranno davvero cruciali per il destino del nostro paese. Il progetto dell’ARCOBALENO vuole, allora, essere una mappa attraverso la quale Caposele possa essere traguardato verso le sfide del cambiamento globale . Le possibilità che si prospetteranno a tutti i livelli non devono essere eluse o ignorate, ma trasformate in opportunità per ogni cittadino. In funzione di una democrazia integrale ciascuno deve sentirsi partecipe, orgoglioso, competitivo nella collaborazione e mai più abbandonato a se stesso. Questa è l’idea di cambiamento che da circa un quinquennio abbiamo tracciato: un passaggio verso il futuro durante il quale l’Amministrazione dovrà accompagnare ed ascoltare i cittadini, rispondere alle loro richieste attraverso la restaurazione della libertà e dei diritti, allargare la sfera della partecipazione sociale (volontariato, cittadinanza attiva ) pensando a novità anche sostanziali. Ma, se il centro di ogni riflessione è la comunità, dobbiamo riaffermare due principi dimenticati: Senza regole non esiste alcuna comunità. La politica non è l’uso di un potere arbitrario ed assoluto fine a se stesso, bensì la composizione nobile e vitale di valori ed interessi in ottica prospettica. Inoltre, se vogliamo rappresentarci come una comunità dobbiamo superare l’idea puramente leaderistica dei processi decisionali. La forza delle istituzioni esige una rete democratica!. Governare oggi significa lottare con mille difficoltà e ristrettezze economiche, significa dedicare impegno puntuale e costante ; significa intanto rispettare il quadro delle compatibilità finanziarie del patto di stabilità, fare scelte coraggiose , perdere la neutralità del quotidiano. Un approccio strategico non tattico. Un approccio sobrio popolare dell’azione amministrativa, vale a dire un governo capace di porsi alla pari con i cittadini, rappresenterà il contributo maggiore al rinnovamento della politica. Se si vuole colmare il gap della partecipazione e ripristinare la fiducia verso le istituzioni, la sobrietà dovrà essere la stella polare da seguire. Non più la pubblica amministrazione che si chiude a riccio nel Palazzo, ma quella che vive nelle strade della città e respira i bisogni dei suoi abitanti. Sta a tutti aspirare ad una pronta
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ripresa… adesso. E’ necessario attivare percorsi in cui l’identità comunale costituisca il catalizzatore per i processi di sviluppo e di crescita. Diventa perciò doveroso cogliere le opportunità , consolidare le intuizioni, attivare dinamiche di relazione sia con il livelli pubblici che con quelli privati. La qualità del nostro operare dipende, in gran parte, da noi stessi , non usiamo alibi!. Aprirsi al confronto come Comune non significa rinunciare al pilastro dell’identità; solo chi ha un corretto e forte senso di appartenenza può aprire il dialogo proficuo con ogni livello istituzionale. Se guardiamo al solo consenso immediato, senza porci il problema delle conseguenze e dell’orizzonte del significato del governare, rischiamo di trovarci in un deserto , un deserto di idee, di coesione, di sviluppo. Bisogna essere lungimiranti! E’ intollerabile che il governo cittadino venga, a stento, permeato solo dalle necessità del quotidiano o dall’urgenza della contingenza. Questo non vuol dire che non dobbiamo lavorare intensamente per l’oggi; purtroppo in dieci anni abbiamo visto la politica abdicare negativamente alle sole pulsioni del mantenimento dello status quo, blandire sistemi di potere, senza una leva strategica , senza futuro, semplicemente relegando ogni sorta di richiesta o intervento alla ripetuta e sbrigativa risposta del “Non ci sono soldi!“ Bisogna perseguire obiettivi condivisi di crescita attraverso la messa in comune di risorse e competenze ( partnership pubblico-privata per lo sviluppo sostenibile locale, vale a dire collaborazioni istituzionali con persone ed organizzazioni provenienti dal settore privato e dalla società civile impegnate a perseguire la realizzazione di opere di interesse collettivo o pubblico ( tipo project financing) , attraverso la costruzione di un processo supportato da adeguati strumenti di governance, modalità tecniche , monitoraggio per la rendicontazione degli esiti e trasparenza. Il cambiamento che si propone con le nostre linee programmatiche è basato su quattro aree strategiche: un comune affidabile, un comune scrigno, un comune innovativo e un comune coeso. Comune affidabile: capace di indurre in ciascun individuo fiducia e responsabile senso di cittadinanza; - combinare una politica di efficienza con una seria e rigorosa politica di controllo, riformando in primis la struttura organizzativa dell’Ente (non si può pensare di rispettare alcun tipo di programma se la macchina comunale non ha una organizzazione ed una struttura più confacente con l’attualità e quindi anche una forma di semplificazione); - riportare il cittadino al centro dell’azione Amministrativa e quindi il comune aperto ai cittadini; consolidare la pratica di comportamenti ed azioni che hanno come obiettivo il rispetto delle norme e la condanna dell’”abuso del diritto” e del disconoscimento dei doveri. Comune scrigno: comune con alte potenzialità e valore paesaggistico, che merita maggiore visibilità e valorizzazione turistica con una diversa risposta organizzativa e strutturale del settore (ad esempio, portando più persone direttamente nella comunità e non indirettamente solo attraverso le strutture ricettive del territorio e i viaggi dei
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CIRCOLO ARCOBALENO
pellegrini; aumentando e variando l’offerta; fornendo adeguati servizi di trasporto per visite, escursioni, partecipazione ad eventi, feste etc.; trasformando la permanenza in stanzialità con integrazione nella vita e nelle attività del luogo). Comune innovativo : capace di – indurre la crescita e lo sviluppo delle imprese giovanili , promovendo prevalentemente la realizzazione di un incubatore di azienda, cioè di quella struttura in grado di far crescere le giovani aziende, in risposta alla mancanza di posti di lavoro. Quindi, realizzazione di una incubazione di impressa di tipo comunale, incentivando la realizzazione di strutture didattiche legate alla configurazione di nuove professionalità e nuove competenze (agricole, artigianali, socio assistenziali, turistiche, culturali ed altro). Comune coeso: capace, in primis, di ricucire e poi rafforzare e consolidare le maglie del tessuto sociale ormai degradato, dopo un decennio di quiescente rassegnazione , rinunce ed abbandono. I FONDI EUROPEI Per un paese che produce è essenziale la promozione della partnership pubblicoprivata, non solo per declinare il piano di rilancio industriale, agricolo ed artigianale, ma anche per intercettare tutte le possibili opportunità offerte dai fondi europei e dare slancio ai vari settori ed aziende dell’indotto, a tutela dell’ambiente, della salute e della biodiversità. Il Comune si porrà come elemento facilitatore del contatto e della sintesi tra i soggetti interessati e coinvolti, portatori di istanze differenti eppure determinanti per l’attivazione delle iniziative e delle energie necessarie alla crescita della economia e dell’ occupazione; sosterrà la rete e promuoverà le specificità delle proposte. Come promotore di progetti integrati sul territorio o su filiera (POR,FESR,FSE, FEARSR) costruirà progetti insieme alle aziende, basati sulle esigenze e sui piani di sviluppo. TEMI CONCEPITI COME PARTICOLARMENTE RILEVANTI : 1. SOSTENIBILITA’ ; 2. SVILUPPO ; 3. SOLIDARIETA’; 4. INNOVAZIONE E QUALITA’; 5. RISPETTO DELLE REGOLE; 6. CONFRONTO; 7. EQUITA’ FISCALE; 8. PIANO DI MANUTENZIONE STRAORDINARIA; 9. TURISMO; 10. CICLO INTEGRATO DEI RIFIUTI ED AMBIENTE; 11. SUPPORTO ALL’IMPRENDITORIA ; 12. BILANCIO APERTO. 13.Ultimo, ma di rilevanza assoluta, IL PROBLEMA ACQUA. A parte gli interventi da mettere in campo per risolvere la questione che riguarda la rete e la distribuzione idrica , il problema acqua sarà al centro di qualsiasi iniziativa del Circolo Arcobaleno. Fortemente convinti che l’acqua è una risorsa vitale ed economica importante per la prosperità della comunità e del territorio, (non a caso il simbolo del circolo riporta la goccia d’acqua per indicare a tutti che il problema sarà sempre la battaglia principale della politica di governo e l’arcobaleno il
di Raffaele Monteverde modo più naturale per rappresentare la serenità ritrovata ed il cambiamento) la questione principale della convenzione richiama subito alla mente grossi ed indifferibili problemi da risolvere, problemi che potrebbero segnare per sempre il futuro di Caposele. Queste le impellenti necessità: - rivedere l’ultima convenzione, risultata essere fortemente penalizzante per i cittadini di Caposele; -riprendere e proporre a presto e con forza la questione del ristoro per le mancate opportunità. Alla luce anche dell’ultima dichiarazione del Presidente della Regione Campania On. De Luca , tutto il territorio è infatti sottoposto a vincoli , restrizioni e a rinunce per salvaguardare la risorsa ed il suo prelievo, tant’è che c’è ben poco da esultare per quanto è stato finora con tanta superficialità ed ingenuità stipulato. L’altra questione da definire riguarda la centrale idroelettrica. Stranamente e in questo complice l’intera amministrazione Farina, la centrale idroelettrica, finanziata con i fondi europei nel 1990, da proprietà del comune di Caposele con tutti i suoi benefici (ulteriori incentivazioni europee per energia alternativa), nella ripresa dei lavori è passata all’AQP con tutte le ricadute economiche. Ancora una volta, per sopperire alle incapacità altrui bisogna ribadire e rivendicarne con forza la proprietà . Caposele non ha bisogno di briciole ! Inoltre,la prossima amministrazione si troverà ad affrontare il problema del passaggio materiale della consegna dei lavori della Pavoncelli bis e del trasferimento delle acque dalla vecchia “Rosalba “ a quest’ultima opera. Dovrà perciò: -sedere ad un tavolo e svolgere un ruolo di difesa dei diritti di Caposele e di vantaggio per la Comunità; - tutelare il territorio ed accertarsi che la Pavoncelli bis sia solo una galleria di trasporto e non di derivazione; - accertare che tutte le vene idriche intercettate durante lo scavo non siano convogliate e portate in Puglia.Dovrà ,infine , fare chiarezza sul papocchio del capannone del pozzo “A”, problema non certamente marginale, ed individuare eventuali responsabilità dello scempio urbanistico . -Chiedere ed ottenere l’utilizzo delle sorgenti di Santa Lucia, la cui portata è di circa 90 lt/ sec. , per poter pensare ad un imbottigliamento a partecipazione da parte del nostro comune. Il progetto appena illustrato, non fa parte di un libro dei sogni. La strada da percorrere per raggiungere gli obiettivi prefissati a medio e lungo termine è una strada difficile , ma obbligata, è una battaglia da combattere e portare avanti per sempre con impegno concreto, leale e verificabile. C’è un pezzo di futuro da costruire insieme e il futuro di Caposele deve tradursi in una positiva ricaduta. Ne va non solo della dimensione solidale del Comune, ma del futuro della comunità e dell’immagine del paese. Nota: per esigenze di spazio editoriale lo sviluppo particolareggiato del progetto, per ogni singola voce, verrà contemporaneamente postato sul sito www.arcobalenocaposele.it .
Racconti
L
’autunno, tutt’intorno, evoca la maturità e accade che fomenti con naturalezza una spirale di ricordi confusi e vari, specie quando trascorriamo ore vuote davanti ai primi stagionali fuochi del camino. E basta mettere sulla brace un po’ di castagne per ricordare il tempo della fanciullezza, quando in ottobre, al netto delle ore trascorse a scuola, si passavano le giornate tra i castagni di Profuossi, r’ lu Suogliu e della Castagneta. Per noi bimbi era una festa. Tra un podere e l’altro quasi non esistevano confini. Le diverse famiglie si aiutavano l’une con le altre. Quando arrivava l’ora del pranzo ci si riuniva insieme e ci si scambiava i cibi preparati all’alba dalle donne di casa. Come non ricordare alcuni in particolare? Infatti, restano impressi nella memoria olfattiva i sapori delle patan’ e paparol’, patanieddi r’ muntagna cu la papr’nola, paparuoli n’zaccati inda lu scurzieddu r’ pan, sauzicchi e subb’rsate, uva s’ccata. Con un clima che anticipava il freddo dell’inverno, a scaldare l’aria si provvedeva con la musica sparata ad alto volume, alimentata dagli indimenticabili mangiadischi a 45 giri, con le ripetute canzoni di successo dell’estate ch’era appena finita. Tra le ragazze e i ragazzi c’era una costante competizione tra i fan di Gianni Morandi e quelli di Massimo Ranieri. E, in questo clima, si avvertivano i primi segni dei tempi che cambiavano. La musica consacrava l’aria di libertà che giungeva dalle città abitate dagli studenti e dagli emigranti: di nascosto anche le donne si concedevano la pausa per fare i primi tiri di sigaretta; di nascosto (ma la storia ci dice che questo era sempre accaduto) gli adolescenti si concedevano, tra i pagliai disseminati qua e là, furtivi e fugaci convegni d’amore. Pochi, allora, i mezzi di trasporto. Per lo più il ritorno, per ognuno, era segnato dal trasporto dei sacchi pieni di castagne raccolte durante la giornata: gli uomini sulle spalle e le donne in testa. Dai tanti sentieri, che collegavano i diversi poderi, ci si riversava sulla mulattiera principale che riportava in paese. Lungo la strada ci si fermava in alcuni punti di sosta come la funtana ru lu sarracinu e la funtana r’ santu biasu e poi si scendeva p’ la Pustedda fino a scendere p’ lu Cannavale abbaddi, fino a raggiungere i suttani delle proprie abitazioni. Terminata il tempo necessario per
MEMORIE DEL NOSTRO PICCOLO MONDO ANTICO di Gerardo Ceres
Una vecchia cartolina che riprende il Corso Garibaldi
la raccolta delle castagne, a cavallo della celebrazione dei morti, senza soluzione di continuità, si passava alla raccolta delle olive. A quel tempo, credo di ricordare bene, gli alberi erano unicamente quelli grandi ed alti, di foggia secolare, differentemente da quelli, generalmente, piccoli e bassi di oggi. Associo alla raccolta delle olive giornate umide e fredde, rare quelle assolate e secche. Ma non c’era altro modo se non quello di salire sugli alberi e lavorare, lavorare senza sosta. Anche in questo caso i riti delle collaborazioni tra famiglie e confinanti si confermava come una buona regola, in grado di ottimizzare la fatica e il risultato. Le soste erano brevi e solo per delle rapide colazioni al mattino, un frugale pasto a mezzodì e un’ultima sosta all’ora del vespro, prima di rincasare, mangiando il cibo rimasto di giornata. Senza seguire i dettami e gli odierni protocolli tendenti ad evitare l’innalzamento del grado di acidità, secondo i quali per ottenere un buon extravergine occorre procedere alla macinazione entro le 24 ore dalla raccolta, a quel tempo le olive raccolte restavano stese per terra, nei sottani, anche per diversi giorni prima di essere portate al frantoio.
tre molari, per poi passare alle presse idrauliche ed attendere la premitura dell’impasto e la fuoriuscita dell’olio. Noi bambini, durante le operazioni di molitura, per non dare fastidio, giocavamo sulle montagne di sansa ammassata nei locali contigui e ci combinavamo come mostriciattoli, assolti solo dalla pazienza delle mamme, costrette a sgrassare i nostri vestiti “perciati” ed unti. Il frantoio, luogo comunque di fatica, nell’attesa delle diverse fasi di produzione, diveniva salotto di conversazione sugli accadimenti nel piccolo mondo agricolo, su questioni di varia umanità e, sottaciuta, si realizzava anche una speciale olimpiade tra i produttori. Si verificavano (cosa che avviene ancora oggi) le rese di produzione realizzate da ciascuno. La valutazione si basava sulla base di quanto olio veniva prodotto in rapporto alla quantità di olive macinate. Il peso delle olive aveva (ha) come unità di misura lu tummulu (tomolo) corrispondente a 42 chilogrammi. La valutazione della resa è pertanto data da questo rapporto: quanti litri per ogni tummulu di olive. Se la raccolta
avviene anticipata è verosimile che si sconti una minore resa, a favore però della qualità e del ridotto grado di acidità. Nella personale esperienza vi sono stati anni in cui la resa media si è attestata a meno di 6 litri per tummulu, altri anni si è sfiorato anche eccezionalmente i 10 litri. La fatica di un’intera annata, fatta di potatura, di concimazione, all’epoca certamente biologica cu li favuddi, la cura costante liberare la pianta dai polloni e lasciare libero il cuore della stessa, si dissolve appena si liberano dei fili d’olio, appena prodotto, su una fetta di pane abbrustolito, recuperando sensazioni olfattive irripetibili. La conclusione della stagione della raccolta delle olive decretava, come ancora oggi decreta, la fine del ciclo annuale del lavoro agricolo. Verranno giorni e settimane di riposo, di meritato riposo, in attesa di riprendere appena il tempo allenterà la morsa delle piogge e del freddo, assecondando il ritmo delle stagioni e della natura, predisponendo la terra e le piante ad essere nuovamente fruttuose e generose.
Negli anni a cui mi riferisco, cioè sul finire degli anni sessanta ed inizio dei settanta del novecento, i frantoi operanti a Caposele erano tre: quello di Alfonso Russomanno (Funzicchiu) sotto la Sanità; quello di Francesco Ceres (Fuluppieddu) all’inizio di Via Roma a pochi metri dalla curva della Sanità; quello di Antonio e Nunziatina Mattia in Via S. Gerardo. La tecnica era uguale per tutti: la macinazione avveniva grazie a dei trappeti costituiti da portentose pieAnno XLIV - Dicembre 2017 N. 95
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Ecologia
Vicende che accadono nel nostro Paese
L
a convinzione, che diventa ipocrisia fino a trasformarsi in protervia, di saper ben gestire il territorio, l’assenza di analisi sulle esigenze presenti, il difetto a saper leggere e programmare il futuro uniti ad una voglia sfrenata di accontentare poche persone (numericamente rilevanti) circa le vicende che riguardano l’intera comunità, in quest’ultimo periodo (ed in riferimento ad un solo ambito), necessitano di una oculata considerazione. Situazioni che mi ritrovo a fronteggiare quotidianamente, per i risvolti professionali sottesi, per le questioni che mi vengono sottoposte sia dai privati cittadini, sia dalle associazioni ambientaliste, sia perché vissute direttamente durante il periodo amministrativo 2008-2013. La prima evidenza, pure già trattata, è quella relativa ai danni da fauna selvatica, in particolare dei cinghiali. A tal proposito, malgrado siano sempre più cacciati ed uccisi, i cinghiali continuano ogni anno ad aumentare ed a fare danni. Appositi studi scientifici effettuati da ricercatori di tutta Europa (ed anche dai nostri Parchi) ci spiegano come mai la popolazione di cinghiale sia cresciuta in termini esponenziali, nonostante la forte pressione venatoria esercitata e le diverse metodiche di caccia messe in atto. I motivi di questa forte crescita sono da ricercare in fattori biologici, legati all’elevato tasso riproduttivo della sottospecie, che, è stata introdotta in Italia per scopi venatori dall’Europa dell’Est, al basso tasso numerico di predatori specializzati (lupo), a inverni miti, ma anche a fattori di origine antropica, come ad esempio l’alimentazione supplementare, la re-introduzione (illegale) della specie a scopi venatori e, non ultima, la stessa attività venatoria. La mortalità naturale, infatti, data da fattori climatici, patologie e predatori (in particolar modo dal Lupo), incide maggiormente sulle classi giovanili, mantenendo una struttura della popolazione più stabile, determinando una minore dispersione di soggetti nel territorio. Per contro, l’attività venatoria, agisce principalmente sulle classi adulte, innescando delle risposte compensative nella popolazione di cinghiale. Ne consegue quindi una destrutturazione della popolazione, che comporta un maggior tasso riproduttivo, una riproduzione precoce nelle femmine, ed un maggior tasso di dispersione dei soggetti giovani (quelli che contribuiscono maggiormente a creare danni alle attività agricole). La conclusione è che si è assistito ad una crescita rilevante del numero di cinghiali a fronte di una forte pressione venatoria e, quindi, che l’attività della caccia non solo non ha assolutamente impedito la crescita della popolazione
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Si
è assistito ad una crescita rilevante del numero di cinghiali a fronte
di Angelo Ceres
di una forte pressione venatoria e, quindi, che l’attività della caccia non
solo non ha assolutamente impedito la crescita della popolazione di cinghiali, ma anzi ne è stata direttamente il fattore scatenante e contribuirà negli anni a generare ulteriori situazioni di conflitto tra uomo e fauna selvatica!
Quindi,
e l’invito è ai nostri politici e amministratori, in base
a questi dati inoppugnabili, è evidente che il potrà mai essere risolto dai cacciatori.
“problema” dei cinghiali non
E c’è dell’altro …
di cinghiali, ma anzi ne è stata direttamente il fattore scatenante e contribuirà negli anni a generare ulteriori situazioni di conflitto tra uomo e fauna selvatica! Quindi, e l’invito è ai nostri politici e amministratori, in base a questi dati inoppugnabili, è evidente che il “problema” dei cinghiali non potrà mai essere risolto dai cacciatori. Eppure, ci sono soluzioni alternative, valide tendenti a mitigare di molto questa situazione. È solo volontà politica, di buona politica, al netto delle (deleterie) derive clientelari. Solo per curiosità, sapete quanti morti e feriti ci sono in conseguenza della pratica della caccia? Da settembre al 31 ottobre sono state 44 le vittime della caccia, 17 i morti! Passiamo oltre. Durante questa caldissima estate abbiamo assistito all’enorme incendio che ha devastato la nostra montagna. Evidenti sono state le carenze sull’attività preventiva e lampante è stato il ritardo di intervento, con alcuni cittadini che si sono improvvisati (a loro rischio e pericolo) operatori antincendio. Giuste le osservazioni e le polemiche che si sono sollevate sui social. Ma a distanza di pochi mesi da quell’evento, com’era facilmente immaginabile, tutto è stato rimosso e sui luoghi del “delitto” è rimasto chi non doveva trovarsi. Da un periodo, anni 2008-2013, dove è stato combattuto, con ottimi risultati, anche il pascolo abusivo, oggi ritroviamo un’abbondanza, mai vista, di animali pascolanti. Su aree che, per dieci anni, sono estromesse all’esercizio del pascolo, causa incendio, si pratica l’illegalità. E dove l’attività della caccia è interdetta, con tutti gli effetti negativi sopra ricordati, questa viene tranquillamente esercitata, insieme ad altre attività proibite. Insomma c’è il trionfo dell’illegalità. Semplificando, tale concetto, si potrebbe dire che dove non si rispettano le regole la generalità dei consociati vive peggio, non sono e non si sentono sicuri, i problemi aumentano, il senso di libertà viene compresso. Anche chi apparentemente si ritiene immune da queste situazioni in realtà è esposto a tali pericoli (sicurezza, benessere generale, qualità della vita ecc.), solo che non ci riflette.
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Nonostante le numerose segnalazioni fatte agli organi preposti tutto tace a confermare e rafforzare lo stato dell’illegittimità. Anzi, il paradosso vuole che chi si adopera a far rispettare le regole del gioco viene indicato come causa di incomodo, noia e, addirittura, viene sottoposto ad indagini! Un altro episodio, grave, avvenuto sempre questa estate ha riguardato il nostro fiume. Sotto l’indifferenza dei politici locali. Nel mese di agosto è stato raggiunto un accordo a Caserta tra l’Alto Calore e A.Q.P. per consentire all’ente gestore irpino di avere a disposizione un quantitativo maggiore di acqua (prelevata da Cassano Irpino), che acquedotto pugliese ha “generosamente” offerto per far fronte alla crisi idrica. Si prova a giustificare la carenza idrica, dovuta esclusivamente a carenze gestionali, con cause di forza maggiore come la siccità e l’abbassamento delle sorgenti. Le numerose perdite della rete idrica di Alto Calore hanno dei costi di ripristino rispetto all’avere gratis più acqua dalle sorgenti. È il cane che si morde la coda! Questo gioco prima o poi dovrà finire, si dovrà programmare un serio piano industriale per ammodernare la rete idrica. Si rimanda sempre, è la politica della irresponsabilità. Ma cosa relaziona questo accordo al nostro fiume? Ancora una volta a patire è proprio il fiume Sele. Si perché sono stati sottratti circa 120 litri dal minimo deflusso vitale, riconosciuto ed approvato con legge regionale. L’A.Q.P. ha dato da un lato e tolto dall’altro. Nessuno ha messo in essere atti, provvedimenti, azioni per contrastare
questo accordo, per ciò che riguarda il prelievo dei 120 litri. Totale indifferenza verso il fiume, la sua biodiversità (compresa anche quella degli abitanti) e le regole. A dir la verità l’associazione Ambiente è/e Vita della provincia di Avellino ha sollevato la questione agli organi competenti, compreso il Ministero dell’Ambiente. Ma ad un primo interessamento del ministero non sono seguite altre comunicazioni. Come a dire se nessuna istituzione locale è interessata facciamo finta di niente. Eppure questo accordo poteva e doveva essere impugnato. E questo è solo quello che riguarda una piccola parte delle svariate vicende che accadono nella nostra comunità, dove l’anarchia è padrona. E così, sotto la rassegnazione e l’indifferenza, si è conclusa l’estate caposelese.
Libri
M
olto di quanto è stato detto e scritto sul terremoto dell’Irpinia del 23 novembre del 1980 rientra nella serie dei luoghi comuni e dei tanti pregiudizi, anche di natura antropologica, che gli Italiani del Nord hanno storicamente avuto verso i connazionali del Sud. […….]. Nel 1980, quando si verificò il disastroso sisma, meglio noto come “Terremoto dell’Irpinia”, la Lega Nord ancora non era stata concepita. Il suo teorico, Gianfranco Miglio, ancora non aveva riproposto e inondato i media delle sue teorie in merito alla pretesa superiorità antropologica dei Settentrionali rispetto ai Meridionali e il suo fondatore, Umberto Bossi, ancora non era passato alla ribalta nazionale con i suoi anatemi sul malaffare dominante nel Sud [……]. Tuttavia già vi erano le avvisaglie, che ad un osservatore attento non potevano sfuggire, e che, di lì a poco, sarebbero esplose in tutta la loro virulenza. Migliaia di pagine sono state scritte sul terremoto del 1980. È, comunque, un fatto degno di lode che, già all’indomani del disastroso evento, si mise in moto una poderosa macchina di aiuti provenienti dalle regioni e dalle città del Nord, che furono molto utili per sopperire alle carenze di un sistema di protezione civile, allora del tutto inesistente. Ma, ben presto, ancora nella fase della piena emergenza, pur nell’imponente mole dei soccorsi, incominciarono ad affiorare i tanti e mai sopiti pregiudizi verso i Meridionali da parte non solo della gente comune, ma anche da parte di giornalisti di grande fama. Significativo, in tal senso, è il servizio giornalistico di Chiara Valentini scritto per il settimanale “Panorama” del 5 gennaio 1981, dal titolo “Terremoto/ un’ondata di antimeridionalismo – DANNATI TERRONI! – Di fronte alla brutale realtà del Sud cresce tra gli italiani – per ignoranza e incomprensione – il vecchio pregiudizio antimeridionalista. È l’ultimo guasto provocato dal terremoto del 23 novembre”, di cui riportiamo i brani più significativi: “All’inizio la grande commozione, il brivido della morte in diretta, la curiosità un po’ morbosa di tutta la gente che andava scoprendo sul piccolo schermo di casa che cosa può essere una catastrofe di massa. E le collette, le raccolte di vestiti e roulotte, le partenze improvvise e non sempre meditate per i paesi annientati dal terremoto. Ma a mano a mano che i giorni passavano da quel tragico 23 novembre, lo stato d’animo nazionale cominciava a cambiare. Non solo nelle cronache dei quotidiani d’informazione, dove le storie strazianti dei sepolti vivi e dei superstiti venivano sostituite quasi completamente da quelle, meno edificanti, dei piccoli accaparratori, degli sciacalli, dei notabili e dei camorristi. Anche nel paese reale, nelle fabbriche di Torino come nei salotti di Milano o di Venezia si cominciava a parlare sempre meno in sordina di «meridionali buoni a niente», fino a resuscitare il vecchio e mai dimenticato epiteto di «terroni». Non erano solo chiacchiere. A Genova un corteo spontaneo di 5 mila operai, usciti in strada per protestare contro l’aumento dei prezzi della benzina a favore dei terremotati, scandiva slogan incredibili come: «Non vogliamo mantenerli» e «Meridionali sanguisughe». A To-
1980
1980, TERREMOTO E PREGIUDIZI dal libro
“Viaggio nell’Irpinia del terremoto e dei nostri giorni – il dramma, i pregiudizi, la rinascita”
rino, alla Fiat, il 40 per cento degli operai si presentava all’ufficio personale a chiedere che non gli si trattenesse dalla busta paga le 4 ore che secondo il sindacato tutto avrebbero dovuto offrire. E mentre i proprietari della seconde case sulla Domiziana si dicevano disposti a tutto pur di non dover ospitare «contrabbandieri e puttane dei bassi napoletani», si abbatteva sulle città del Nord l’ondata del ritorno dei soccorritori delusi. Nei loro racconti c’era di tutto un po’. Risentimento: «Mentre lavoravamo a spalare, i ragazzi del paese si defilavano con i vestiti nuovi che gli avevamo portato. E quando una volta gli ho chiesto di aiutare mi hanno risposto: “Eh no, bella figa”», dice sconsolata Monica Craig, 17 anni, figlia dell’attore Mimmo. Indignazione: «Quando arrivavano i camion con i soccorsi la gente li assaltava. E poi spesso buttavano i vestiti o le provviste nel fango e si accaparravano la tenda anche se la casa gli era rimasta in piedi. “Magari viene buona per il mare” ho sentito dire più volte» riferisce Silvia L., 19 anni, studentessa di Pallanza. Non tutti tornavano in queste condizioni, ma lo stato d’animo predominante fra i giovani che risalivano la penisola era comunque quello di stupore per un mondo in cui erano piombati e che spesso avevano immaginato come una specie di presepe immobile in cui andare a fare i benefattori. «Avevo visto al cinema Cristo si è fermato a Eboli e credevo che i contadini fossero ancora così dignitosi e riservati. E invece la dignità ce l’hanno solo nei confronti della morte. Verso la ricchezza, verso il lavoro c’è solo l’arraffo» dice Liliana V., 20 anni, infermiera di Genova. E Roberto Sessa, 23 anni, studente milanese: «Andare per credere, è il succo della mia esperienza. La questione meridionale nessuno di noi si sogna neanche cosa sia. Quello è un altro pianeta. Bisogna salvarlo, ma farne una specie di riserva indiana, perché è proprio inconciliabile con l’Italia dove viviamo noi». Più o meno le stesse scoperte, anche se senza la giustificazione della giovane età, le andavano facendo anche alcuni giornalisti scesi al Sud. Egisto Corradi, un inviato di lunga esperienza, tornava con le mani nei capelli dalla Valle del Sele, dove era andato per conto de “Il Giornale” di Montanelli, a cercare un paese «pulito» a cui versare i tre miliardi di sottoscrizione raccolti. «Dappertutto ho trovato camorra, violenza, insensibilità. Ho dovuto rincuorare un gruppo di brianzoli che erano andati giù con gli architetti e i muratori per costruire gratis le case e che erano stati minacciati da un sindaco. Ho dovuto consolare i ragazzi del battaglione Julia amareggiati perché dopo essersi alzati all’alba per portare il caffè caldo ai terremotati erano stati accolti al grido di “andatevene, lasciateci dormire”» si sfoga Corradi. E Indro Montanelli, che si era lanciato sulle colonne de “Il Giornale” in attacchi moralistici al Meridione: «Mi hanno dato del razzista per quello che ho scritto. E invece, proprio per non fomentare gli odi razziali, non ho pubblicato una sola delle moltissime lettere indignate che sono arrivate su quel che sta succedendo
laggiù». In chi di colpo ha scoperto che a fianco del Nord, moderno e progredito, c’è un altro pezzo di Paese in cui succede di tutto, è immancabile il richiamo al terremoto del Friuli. Dove, come ricorda con nostalgia Corradi: «Tutti erano in piedi alle 4 di mattina a spazzare le strade e le donne pulivano i mattoni uno per uno tirandoli fuori dalle macerie». O, come afferma ancor più esplicitamente Giulia V., 24 anni, operaia «dove la gente era uguale a noi. Mentre questa volta siamo piombati nel Terzo Mondo»”. A meno che non si metta indebitamente in discussione l’etica professionale della giornalista, surreali e fantasiose risultano le dichiarazioni dei soccorritori. Dalle loro parole si deduce chiaramente che si trattava di persone che non conoscevano nemmeno lontanamente le realtà sociali che andavano a soccorrere; che probabilmente pensavano di partecipare ad uno dei tanti campi di lavoro per boy-scout, che di solito si organizzano nei mesi estivi, più che andare ad aiutare popolazioni che in soli 90 secondi avevano perso tutto e che avevano bisogno di tutto, dalla A alla Z, per continuare a sopravvivere. Erano resoconti di esperienze prive di vere conoscenze, rese dubbie già all’origine dal rifiuto emotivo. Erano considerazioni, per di più, formulate a meno di un mese dal terremoto, quando ancora la gente pativa in tutta la sua gravità la prima emergenza, dovuta alla totale mancanza di alloggi provvisori entro cui ripararsi dal freddo, dalla pioggia e dalla neve. Anche il clima, diventato estremamente rigido dopo qualche giorno dal sisma, gravò su persone già duramente provate da una tragedia di immense dimensioni e di enorme entità, di cui non è facile trovare l’equivalente nella storia d’Italia della seconda metà del Novecento. Certo, il ritardo dei soccorsi finì anche col generare dei fenomeni poco piacevoli, quali la ressa all’arrivo dei camion o l’accaparramento, fenomeni che, però, è ingiusto generalizzare, perché la gran parte della popolazione certamente non aspettò i soccorsi inerte e passiva. Non si capisce, infatti, dove questi benefattori fossero arrivati per portare aiuto e solidarietà, dato che si parla, ad esempio, di case non danneggiate e di giovani che buttavano nel fango vestiti e cibo per accaparrarsi la tenda, magari “buona per il mare” e di tante altre amenità per niente riscontrabili nei paesi effettivamente distrutti dal terremoto. Probabilmente questi giovani non erano arrivati nei paesi del Cratere, ma in località soltanto sfiorate dalla scossa sismica, che poi la politica della prevalenza degli interessi localistici e di collegio elettorale su quelli generali, da sempre presente in Parlamento, avrebbe colpevolmente incluso in quel lungo elenco di comuni danneggiati. Facciamo non poca fatica a immaginare i giovani di Sant’Angelo dei Lombardi, di Lioni, di Teora, di Caposele, di Laviano o di qualsiasi altro comune del cratere vestirsi a nuovo e passeggiare nel fango che arrivava alle ginocchia in un contesto ambientale surreale e spettrale, mentre giovani soccorritori venuti dal Nord spalavano
di Michele Ceres
le macerie. Ci è oltremodo difficile immaginare che giovani volontari, di professione muratori e architetti, fossero in grado da soli, e impediti in ciò dai sindaci, di avviare l’opera di ricostruzione di paesi il cui grado di distruzione del patrimonio edilizio variava, in genere, dal 75 al 100 per cento. Il terremoto fu, invece, l’occasione per l’esplosione di un violento antimeridionalismo, che in realtà da tempo era latente in varie forme non solo tra la gente comune, ma anche tra intellettuali come i fatti poi amaramente hanno dimostrato. Ed, infatti, più che le affermazioni di questi giovani volenterosi fa rabbia leggere, ad esempio, che uno scrittore di successo e astro del firmamento giornalistico italiano, Egisto Corradi, dicesse che dappertutto nella Valle del Sele non vi era che “camorra, violenza e insensibilità”, tanto da non trovare un paese pulito per poter donare un assegno di tre miliardi; oppure che riportasse la scena di indolenti terremotati che rimbrottavano gli alpini, colpevoli di portar loro il caffè di buon mattino, svegliandoli dai loro sonni sereni, come se dormissero in comodi letti, in comode case e non in ricoveri di fortuna, in un periodo in cui la massima aspirazione era quella di avere in assegnazione una roulotte per sé e per la propria famiglia. E che dire poi del maestro del giornalismo italiano, Indro Montanelli, che, spinto da Zamberletti, “a raccogliere centinaia di milioni, per un villaggio di cinquanta villette bifamiliari, architetto e ingegnere milanese”, ebbe a dire “Ma è l’ultima volta per quei culibassi dei meridionali”. Lo riferiva Federico Orlando in un articolo su “Europa” dell’8 aprile 2009, al tempo del terremoto dell’Abruzzo. Certo, va ascritto a merito de “Il Giornale” di Montanelli il lancio di una raccolta di fondi che furono destinati alla costruzione di 54 alloggi e 9 locali commerciali a Castelnuovo di Conza, inaugurati da Sandro Pertini, ma il “culibassi” sta a rappresentare un antimeridionalismo sviscerato, diffuso anche in ambienti colti, ovvero tra quegli strati di popolazione che avrebbero dovuto svolgere una funzione di guida nella crescita della comprensione reciproca tra tutti gli Italiani. Non fu da meno Federico Orlando che nel succitato articolo su “Europa” così scriveva: “mesi fa dall’autostrada Bari-Roma non m’è venuto nemmeno il pensiero d’imboccare lo svincolo per il cratere: forse per l’orrore estetico e morale di quel che avrei visto”.
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RILEGITTIMIAMO LA POLITICA
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uando si giunge alle competizioni elettorali Comunali, nascono in ognuno di noi velleità o ambizioni personali per affermare il principio “dell'essere io”, di sapere le cose, con la pretesa di candidarsi trasmettendo il proprio pensiero all'elettorato, presentando un opuscoletto con un mini programma, ed il gioco è fatto. Siamo alle porte della prossima campagna elettorale; già sono partite le ambizioni personali tra vari personaggi e gruppi organizzati (Associazioni, Circoli) che si affacciano alla politica. Ma da una attenta analisi sui vari candidati che si affacciano all’orizzonte politico, risulta difficile individuare la persona che meglio può interpretare i reali bisogni della popolazione e, più in generale, le reali esigenze di un Paese che da molti anni esige di essere amministrato con impegno, oculatezza e saggezza. Sono tanti i problemi irrisolti che meritano finalmente di essere affrontati nel modo giusto e con il massimo di disponibilità e capacità. Ci domandiamo se tra i candidati a primo cittadino c’è la persona idonea a ricoprire il ruolo importante e difficile che lo attende e che sia al tempo stesso capace di sacrificarsi per il bene della collettività. Chi sarà all’altezza di elaborare un programma serio e fattibile e di rispettarlo nel caso in cui venga eletto? Le soluzioni sono due: - La prima, visto che da parte dei giovani si manifesta una forte diffidenza e criticità verso chi ha già amministrato il popolo caposelese, secondo loro nessuno
ha prodotto un risultato eccellente per il progresso della nostra comunità, di conseguenza optano per una giovane figura che possa rispondere alle esigenze di Caposele. Domanda spontanea, è presente nela nostra Comunità il giovane che conosce le problematiche di Caposele? Ed ha conoscenza della macchina amministrativa? E’ disposto ad un impegno con assiduità e presenza per il prossimo quinquennio amministrativo? In ultimo, ha un programma credibile e fattibile da sottoporre agli elettori?. La seconda ipotesi, non sarebbe opportuno rileggittimare tra chi ha già amministrato con ruoli dirigenziali, avendo dimostrato sensibilità, capacità, conoscenza della macchina amministrativa ed in ultimo ha dato, anche se parzialmente alcune risposte al popolo di Caposele?. In ogni caso sia sulla prima che sulla seconda ipotesi il candidato avendo bisogno di supporto tecnico e politico deve essere in possesso del proprio c.v. sul piano politico avendo nel suo DNA la cultura della militanza politica. Sia per aver e un rapporto di collegialità con la cittadinanza ed in particolare con le forze politiche che compongono la squadra amministrativa, sia per un raccordo politico con le istituzioni superiori per attingere conoscenze e fondi per avviare la macchina produttiva, cioè lavoro. Senza questi elementi essenziali non andiamo da nessuna parte, il paese riamane ancora una volta fer-
mo al palo per altri cinque anni. I problemi da risolvere sono tanti; ne cito alcuni che interessano la cittadinanza: 1. La legge 219: un problema annoso che ci trasciniamo da ben 37 anni e l'iter per le conclusioni è ancora lungo e irrisolto. Sono tanti i cittadini ancora in attesa del saldo finale per poter finalmente donare ai propri figli l'immobile oggetto del contributo per la ricostruzione. 2. Rivedere la convenzione con l'AQP: la convenzione non ha portato molti benefici per una serie di motivazioni, è giunta l’ora dopo il quinquennio, non eccellente, di rivedere la convenzione con la partecipazione di tutti. Chiunque abbia consigli per una convenzione a forte vantaggio dei Caposelesi deve essere coinvolto nella elabaorazione di questa. 3. La pianta organica Comunale: da molto tempo sono venuti a mancare funzionari della macchina amministrativa in ogni settore, sarebbe il caso che la nuova Amministrazione non appena entra nelle proprie gestioni si adoperi per elaborare la pianta organica che possa rispondere alle nostre esigenze. 4. Le tasse Comunali; 5. Quale programma per il turismo religioso e non solo religioso: alcune iniziative erano state messe in atto, le opere di Leonardo, il trenino Materdomini-Caposele, il mini tour FAC, il Piano Turistico, Caposele 3.0, la toponomastica turistica, etc.. Ad un tratto si è fermato tutto, un
La "SELETECA" è il fiore all'occhiello di tutto il pacchetto multimediale e si riferisce all'enorme catalogo di pubblicazioni su Caposele e di autori caposelesi (circa 230). E' un contenitore semplice da utilizzare e da sfogliare on line con la presenza, inoltre di tutte le edizioni del nostro giornale. All'interno anche una particolare sezione dedicata alle tesi di laurea su Caposele e sulla nostra area. Il progetto assume una valenza straordinaria per tutte le ricerche storiche che si effettuano sul nostro territorio Il "Lifetime"(riscontro) della nostra Seleteca, vede tanti lettori che utilizzano questo nostro canale per leggere il giornale e le pubblicazioni che parlano di Caposele...
"La sorgente" in the world...circa 700.000 impressions... BUONA LETTURA!
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n lavoro importante, serio, approfondito che riguarda una bella passio-
ne. La produzione di un giornale locale che da tanti anni svolge un grande ruolo di conservazione e stimolo con l'intento di trasferire alle generazioni che verranno, le storie, i desideri, le opportunità di oggi, riferite ad una terra che merita tante altre iniziative. Pagine dense di cultura, cronaca,
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di Mimino Grasso grande peccato. In quella fase c’è stata la presenza di visitatori, di conseguenza indotto economico e lavoro per alcuni giovani come guide turistiche. 6. Ambiente: l’eternit è ancora presente e non si è saputo utilizzare la legge regionale per lo smaltimetno delle tettoie in eternit come per esempio quelle della struttura ex stalla sociale a Buoninventre e della scuola di Buoninventre; l’unica opera liberata dell’amianto è stata il DALM grazie all’impegno della Provincia (consigliere Stefano Farina) a seguito della proposta da parte dell’Associazioone LUCIANO GRASSO sottoscritta da tanti concittadini. Per la raccolta differenziata siamo molto in ritardo, nella classifica regionale (al 37 %) al cospetto di paesi limitroifi che hanno raggiunto la raccolta differenziata con oltre l’80%. 7. Altro capitolo è il territorio l’agricoltura, la montagna, l’acqua, con una programmazione di salvaguardia dell’ambiente e sviluppo economico. Sono solo alcune delle problematiche, le più urgenti. Per non parlare dell’utilizzo dei fondi che il governo mette a disposizione e che il nostro comune non ha mai richiesto e utilizzato. Chi sarà in grado di risolvere questi problemi, sarà il benvenuto.
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La Sorgente in multimedia
storia, pensieri, per un Paese migliore e da migliorare. Momenti di vita che rimarranno scolpiti ed indelebili nel tempo grazie anche alle nuove tecnologie che ci permettono di trasferire tale lavoro ad una platea immensa e senza tempo. "La Sorgente" è sopratutto questo: - il Catalogo della nostra vita e il racconto di quello che siamo stati. Il giornale, dopo un mesa dalla uscita su carta, viene distribuito gratuitamente e tutto a colori sui canali del catalogo della
SELETECA Vi si trovano tutti i numeri del nostro giornale da sfogliare comodamente seduti da un PC o tablet. Insieme al giornale il catalogo si arricchisce sempre di pubblicazioni dedicate a Caposele e di autori Caposelesi Insomma, un vero e proprio catalogo multimediale da regalare ai posteri! BUONA LETTURA! https://issuu.com/lasorgente/docs/ sorgente_n_94
Associazionismo
IN RICORDO DI EDUARDO ALAGIA di Luigi Fungaroli
E
duardo Alagia, zio Eduardo, ci ha lasciati il 13 Agosto scorso in maniera silenziosa, pacata, proprio come era in vita, lottando contro una logorante malattia. È sempre stato, fin da ragazzo, come lo racconta una commossa zia Felicetta, una persona sensibile, buona, un ragazzo dai sentimenti puri e veri. La vita, però, per Eduardo, sembrava essere circondata da un'alta muraglia invalicabile. Eduardo sognava di vedere "oltre la muraglia", sognava un posto dove tutto potesse essere puro e leale, perché poteva e doveva essere così. Zio Eduardo parte con 15 dollari in sacca verso il sogno Americano, dove lo aspettava il fratello Filippo, anche lui nel cuore di tutti. Capì subito l'alto valore del lavoro, quello onesto e presto, capì, pure, quanto importante fosse essere compresi, consigliati, semplicemente amati. Sposò, così, zia Enza, una splendida ragazza calabrese, proprio quando di donne sembrava non volesse più sentirne parlare.
Zia Enza è stata la compagna della vita, la madre amorevole dei suoi amati figli Giuseppe ed Alfredo. È stata la donna che lo ha accompagnato, mano nella mano, fino al suo ultimo giorno e che non si rassegna all'idea di non averlo più vicino. Non ho avuto la possibilità di conoscerlo di persona, in quanto, l'ultima volta che venne ero appena nato. Ci siamo sentiti, conosciuti, voluti bene grazie alle nostre lunghe conversazioni su Skype, dove ho potuto osservare i tratti di un uomo d'altri tempi, buoni e delicati. Zio Eduardo non ha mai dimenticato quali fossero le sue origini, quando arrivava "La Sorgente", da sempre sostenuta in tutto e per tutto, era come arrivasse una "Caposele sfogliabile", un antico sentimento lo riportava al piccolo Eduardo "r' miezz'a la chiazza", agli amici, una leggera carezza materna a quel giovane uomo partito troppo presto. È stato un buon padre, capace di far amare ai figli un paese lontano.
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arissimo Umberto, mentre mi trovavo al centro commerciale di Lioni m'ha allarmato il bip di uno sms.Era quello di un comune amico :"È morto Umberto ". Ho appreso così che Te ne sei andato, senza averTi potuto salutare. Leggo questa lettera a nome di tutti gli amici di "Matuccio Stadium " per esprimere il dolore e l'amarezza che in questo momento proviamo per la tua improvvisa scomparsa. A nessuno è riuscito a frenare le lacrime , il vuoto che tu lasci lo potremo colmare soltanto con il vivo ricordo della tua immagine che attirava la simpatia di tutti noi. Sei stato per noi un amico speciale da prendere come modello di bontà , capace di tenere alto il morale di quanti ti erano vicini . Sarai sempre un esempio
Berto Rosania, l'amico di tutti.
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Rocco Sista
Lettera per un amico che non c'e' piu' di Amato Patrone
a perdita di una persona cara lascia in genere un grande vuoto. La sensazione che si prova e' come un "vuoto", poiche' si tratta di una sensazione nuova, unica, in cui ci si sente assolutamente impotenti e vulnerabili. All'apparenza sembra che improvvisamente qualcosa manchi, che si sia liberato un posto che nessun altro possa occupare. Abbiamo allora i rimpianti per non aver fatto tutto nel giusto modo, di avere sbagliato qualcosa, il senso di non essere stato al posto giusto nel momento giusto. Nella fattispecie, la morte di un amico, e' la fine di una parte della nostra vita, che non tornera' piu'.
Eduardo in una foto che lo ritrae con figli, parente e amici vari
Un oceano non può dividere ciò che lega i cuori. Alfredo e Giuseppe, questo, lo sanno bene. Ha saputo trasmettere l'affetto verso una famiglia lontana come se, da sempre, vivessimo dall'altro lato della strada. È suo merito, infatti, se suo figlio Alfredo insieme a sua moglie Sheila, durante un viaggio in Italia, hanno voluto far visita a Caposele. Ricordo ancora le lacrime di chi vede nei volti e nei luoghi della memoria le proprie radici. Di zio Eduardo mi mancherà il suo tenero "Ciao, Sorellina!" nel salutare dopo una video chiamata zia Felicetta, la sua felicità per la vittoria del Napoli, il suo sguardo intelligente, la sua simpatia nel chiamarmi Luigino, i pensieri liberi e sinceri di un sensibile sognatore. Ho conosciuto un zio d'America generoso, buono ed di sensibilità e di grandezza d'animo che ci accompagnerà per la vita. Così , non solo non ti dimenticheremo ,ma ti faremo rivivere nella nostra esistenza anche se il tuo sorriso è la tua simpatia ci mancheranno moltissimo. E tu, Umberto ,ci guarderai con la tua solita dolcezza e ci conforterai sempre con il tuo aiuto di vero e inimitabile amico speciale. Ecco alcune delle tante cose per cui sei un Amico indimenticabile. Ecco perché c'è già il vuoto della Tua presenza fisica che s'annunciava con quel Tuo modo di salutarci quando ti si incontrava o quando venivi
eternamente Caposelese. Per questo e tanto altro, quando zia Felicetta, dice che le ricordo suo fratello, quanto a carattere, quanto a quella sfrenata corsa verso sentimenti sempre più veri e fraterni, non posso che dire di essere onorato. Le persone capitano sempre per un motivo sul nostro cammino e il "lontano" zio Eduardo è stato, è e sarà sempre più vicino di quanto si possa immaginare... al Matuccio Stadium a vedere e tifare le partite della tua amata squadra del cuore , per questo sarai sempre qui con noi grande juventino. Ciao Umberto , ti vogliamo e ti vorremo sempre bene. Non ti dimenticheremo mai , gli amici di Matuccio Stadium. Amato patrone
Pero' e' anche l'inizio di un bel ricordo che rimarra' per sempre in un angolino del nostro cuore, magari ce ne scorderemo col tempo, ma lui rimarra' li' e saltera' fuori quando meno te lo aspetti e ti fara' sorridere. Perche' un bel ricordo non sia la fine, ma sempre l'inizio di qualcosa. Quando si perde un amico c'e' tanta tristezza ma anche ricordi di gioia... Ti rivedo qui con me a ridere e scherzare. Ora caro Rocco, goditi l'infinita bellezza dell'eterno, prega per noi poveri pellegrini, rimasti a vivere smarriti, tribolati e piangenti su questa povera terra, ed in questo momento sono vicino alla tua famiglia che piange insieme a me.
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Blog e....
Dal mio blog, un modo per scacciare via i "brutti pensieri" di Salvatore Conforti
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on poche ore di preavviso, 18 LAVORATORI Caposelesi sono stati licenziati dal cantiere della galleria #Pavoncellibis ed altri, purtroppo, come tristemente paventato, saranno messi alla “porta” nel giro di pochi mesi. Per tante famiglie si profila nuovamente l’amara condizione di rientrare nel buio tunnel di una preoccupante DISOCCUPAZIONE. Spero solo che la nostra POLITICA LOCALE abbia avuto almeno la dignità di capire le motivazioni di un tale trattamento e cosa ne scaturirà dal prosieguo di un appalto del genere.
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ra le svariate idee proposte alla comunità Caposelese, mi piace ricordare il progetto sviluppato agli inizi del mio mandato di consigliere comunale per il restyling della ROTONDA di SanGerardo e che ebbe, tra le varie vicissitudini, anche quella di essere scopiazzato e modificato a beneficio non so di chi o di cosa. La storia però, ha consegnato agli atti un percorso esecutivo che ha avuto, come sviluppo originario, il desiderio di poter abbellire l'ingresso al Paese con una riqualificazione dell'area attraverso la realizzazione DI UNA STATUA dedicata al Santo e una fontana con vasca che accogliesse il pellegrino / turista nei luoghi dei 2 SANTUARI. La tabellonistica pubblicitaria a contorno della rotonda avrebbe ammortizzato i costi di realizzazione dell'opera comunale. Tra l'altro, anche l'ANAS coinvolta, accordò il suo consenso a questo pro-
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o partecipato qualche settimana fa a Morra de Sanctis ad una presentazione sul PUC (piano urbanistico comunale) curata dall’ architetto Michele Carluccio, al quale faccio subito i miei complimenti
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getto, che spero vivamente possa avere una riproposizione tra i programmi di una nuova ed efficiente Amministrazione comunale, che penso, non avrà alcuna difficoltà nel rispolverarlo e veicolare il lavoro svolto sulla larga strada dei finanziamenti europei. Il progetto della rotonda con relativi disegni esecutivi e computi metrici-economici, oltre ad essere inserito nel cosiddetto “PIANO MATERDOMINI” del 2013, fu approvato in Giunta pronto per poter ricevere qualche finanziamento ed è riposto nei meandri dell'Ufficio tecnico comunale (..campa cavallo). ..E anche questa idea, ahimè.. è stata, quindi, malamente accantonata e per non dimenticarla, come altre iniziative, la inserisco nel mio blog, a futura memoria per quanti si fanno prendere dal virus della “tabula rasa” pensando che nulla è stato fatto o proposto per un Paese che ha nel suo destino voglia di GRANDI TRASFORMAZIONI.
per la sua professionalità. Al termine dell’incontro è stata presentata, tra l’altro, un “app” dedicata al Paese e agli emigrati. Mi è venuta in mente la nostra APP (“ICaposele”) implementata dai bravi Pasquale Pallante e Angelo Vitale e abbandonata nei cassetti del comune (anche quella) con la quale, qualche anno fa (2013) si sarebbe dovuto dare uno slancio importante al turismo e collegare, con le sue tante funzioni i monumenti, i luoghi, i percorsi, le strutture ricettive attraverso i codici QR e la realtà aumentata. “I Caposele” era un modo straordinario di amplificare e guidare il turista verso occasioni di visita e svago, ma anche di restituire ai cittadini notizie utili del Paese e, in via sperimentale, mettere in comunicazione le istituzioni e la gente. Insomma allo stato dei fatti e con gli amministratori che ci ritroviamo è PURAUTOPIA anche solamente andare a
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Mi sa tanto, però che dopo questo REPENTINO gesto, sarà improbabile che la ditta appaltatrice dei lavori possa restituirci, ripristinandole, ALMENO le strade rovinate da un utilizzo intensivo. Sono molto dispiaciuto per tutto ciò e auspico che possano subito riaprirsi occasioni di lavoro più stabili e durature per i Caposelesi i quali, ancora una volta, subiscono, come la storia ci racconta, l’illusione per un lavoro scambiato, alla maniera di merce da baratto, con una TERRA che, da sempre, dona generosamente, il SUO BENE più prezioso.
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UNA SCULTURA SIMBOLO DELLA CICLOVIA.... a una serie di iniziative suggerite alla sezione del PD per l’arrivo a Caposele del Ministro DelRio, mi soffermo su una in particolare che mi ha stimolato anche dal punto di vista progettuale. E’ l’idea per la realizzazione di una scultura che possa ricordare la partenza da Caposele (speriamo presto) della cicloviadellacqua, voluta dallo stesso Ministero delle infrastrutture, Un'opera che sintetizzi nella sua immagine, la forza della nostra ACQUA e la consistenza della pietra, senza dimenticare il ricordo ai caduti della guerra mondiale a cui sono dedicati i lecci di piazza Sanità; elementi naturali che saranno di costante accompagnamento nei percorsi sulla bicicletta fino a Leuca. Attraverso l’incontro con Del Rio, si potrebbe tentare di ragionare anche sulla possibilità della sosta qui, come in altri luoghi beneficiati dai progetti delle altre ciclovie, di una TAPPA del prossimo GIRO d'Italia. Da tutto questo, uno sguardo al Turismo ed ai vantaggi che ne potremmo trarre. La proposta è corredata da un crono-programma e un computo della spesa occorrente che si fonda sull’idea della sponsorizzazione, in modo da sgravare le casse comunali (già in bilico) ed evitare snervanti lungaggini burocratiche-amministrative. Le altre questioni, non meno importanti e che saranno prossimamente al vaglio dell’assemblea del PD, potrebbero avviare un proficuo collegamento con la Politica e con chi, necessariamente, dovrà dare un contributo nella prosecuzione dell’attività amministrativa, recuperando l’enorme tempo perduto. C’è tanta carne a cuocere… è il momento di trovare un buon cuoco.
prendere quell’ applicazione e farla viaggiare nella fase finale, utilizzando quanto già realizzato e con lo stesso progetto, farsi finanziare il resto! Mah.... Sarà per un’altra epoca, per un’altra generazione di politici che guideranno, forse, Caposele verso altre mete, più #social, e più partecipative. ….Altre occasioni buttate al fiume!!!! P.S. Nella figura allegata, si evidenzia l’esempio di una parte dello schema di
funzionamento dell’applicazione, pronta a stupire….. Vi chiedo scusa se produco ogni tanto questi flash-back... Lo ricordo sopratutto a me stesso (divento sempre più smemorato) in modo da rimettere in fila tutte le iniziative proposte e che a causa di gente poco lungimirante al comando della nostra barca alla deriva, non si possono realizzare.... ....per il momento.
Sport
GS OLIMPIA CAPOSELE UNA BELLA GIORNATA AL CAMPO “LILOIA”: PRESENTE E PASSATO, di Roberto Notaro GUARDANDO AL FUTURO
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l 24 Agosto, in collaborazione col Forum dei Giovani abbiamo organizzato una giornata di aggregazione plurigenerazionale. Obiettivo principale della manifestazione, la visione sul futuro di quel luogo che secondo noi dovrebbe diventare Il Parco Comunale del Paese, ma senza lasciare la sua vocazione sportiva. A riguardo ho già scritto qui sulla Sorgente e non voglio ripetermi, allego solo delle foto e delle idee. Con la collaborazione di tanti giovani, degli operai della Comunità Montana, dell’Amministrazione e soprattutto col contributo decisivo del Forum dei Giovani che ha donato le nuove reti per le porte e della Ditta Deliart che le ha gratuitamente pitturate, abbiamo dato un nuovo look al campo. Inoltre, nel corso del pomeriggio è stato aperto al Pubblico il campetto da bocce che ha raccolto decine e decine di persone. Nel pomeriggio abbiamo organizzato varie partite: la prima col gruppo “Gialloneri” i tanti ragazzi cresciuti con me nell’Olimpia che con la loro sempre massiccia ed affettuosa presenza hanno disputato una gara spettacolare prima di lasciare il panorama ai giocatori del Passato (ma direi ancora del presente viste le belle prestazioni tecniche) che si sono affrontati in un Triangolare “Over 40”. Il Torneo, vinto dal Gruppo “Quelli Della Domenica” è stato veramente piacevole e già è nell’aria la prossima edizione. Molto bello vedere centinaia di persone raccogliersi intorno ad una semplice idea, con la convinzione che si può progettare al meglio il futuro valorizzando quanto si ha nel presente.
Solo alcuni giorni prima, sempre come GS OLIMPIA, avevamo avuto modo di ospitare la prestigiosa manifestazione sportiva “CAMPIONI DI FAIR PLAY”, evento di cui siamo testimonial, grazie alle tante Coppe Discipline vinte nei nostri oltre 30 anni attività. Questa manifestazione, organizzata con la partnership del Forum Regionale dei Giovani e del suo Presidente Giuseppe Caruso, diverrà un appuntamento fisso annuale e nei prossimi anni sarà associata ad un importante torneo Giovanile. Questi ed altri progetti metteremo in campo anche per la Stagione 2017/2018 che ci vede come società nuovamente affiliata all’AICS ed al CONI. Tra le attività che spiccano vi è il Settore Scuola e Cultura attraverso il quale svolgiamo progetti scolastici per l’inclusione e diamo una mano volontaria e gratuita al disbrigo di pratiche scolastiche (oltre 150 persone si sono avvalse di tale collaborazione per presentare la domanda ATA). Restando sul sociale, anche quest’anno si svolgerà la Sottoscrizione di Beneficenza #NoiConVoiOlimpia che sarà totalmente destinata all’acquisto di un DAE Defibrillatore Semiautomatico da donare alla comunità e posizionare al centro del paese. Questi ed altri progetti cerchiamo di portare avanti nel nostro piccolo, senza ovviamente dimenticare o mettere da parte le attività sportive e ciò che è il nostro centro di gravità permanente, il pallone, il calcio.
L'idea graficizzata per un nuovo polo sportivo presso il campo Liloia
“GIALLONERI” GIALLI: Vito Merola, Nico Borriello, Antonello Caruso, Vincenzo Megaro, Vincenzo Cibellis, Stafano Patrone, Gerardo Proietto, Rocco Patrone, Andrea Caruso, Gerardo Colatrella, Vittorio Nesta, Gerardo Aiello, Gerardo Cibellis, Rocco Monteverde
OVER 45 GIALLI: Alfonso Rosania, Donato Merola, Pasquale Farina, Rocco Nesta, Amedeo Di Vincenzo, Gino Amendola, Felice Causo, Giuseppe Belvedere, Giuseppe Palmieri, Alfonso Pallante
“GIALLONERI” VERDI: Gerardo Cione, MicheleGerardo Zanca, Giuseppe Caruso, Gerardo Rosania, Italo Rosania, Simone Greco, Lorenzo Megaro, Vincenzo Russomanno, Vincenzo Iannuzzi, Giuseppe Curcio, Alfonso Rosania II, Gerardo Nisivoccia
OVER 45 BLU: Enzo Malanga, Gerardo Del Malandrino, Nino Milano, Salvatore Meo, Angelo Caruso, Raffaele Sista, Vincenzo Zanca, Alfonso Curcio, Nicola Russomanno, Franco Amendola, Salvatore Corona II
OVER 45 ARANCIO: Mario Nesta, Salvatore Corona I, Rocco Meo, Michele Notaro, Tonino Rosania, Niky Russomanno, Joseph Mattiali, Alfonso Colatrella, Giuseppe Proietto, Vincenzo D’Elia Anno XLIV - Dicembre 2017 N. 95
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Ricordi
VINCENZO DI MASI
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di Alfonso Merola
'era una parola magica che faceva brillare gli occhi di Vincenzo Di Masi e che non riusciva a fargli trattenere l 'emozione, quando la sentiva pronunciare. Questa parola era Caposele. Si dirà : " Ma dai, che c'è di tanto magico in una parola priva di preziosità ? " " C'è che siamo divenuti tutti superficiali e dozzinali, noi che non proviamo alcun sentimento di quelli che un tempo costituivano i pilastri di appartenenza alle comunità di destino. " L'emozione di Vincenzo, poi, si tramutava in commozione quando si parlava della casa che lo aveva visto nascere. Palazzo di Masi in via Bovio è una costruzione sulle cui mura è scivolato un pezzo di storia locale e conserva una sua freschezza, nonostante si sia cimentato con più di un terremoto . Palazzo Di Masi col suo portale di pietra che racchiude la sapienza artigiana di autentici scultori ; e poi l'emblema araldico col suo motto gentilizio : " MENS BENE SANA VIRET ", quasi a testimoniare che solo una mente volta al Bene cresce verdeggiante in salute . Ed il nostro concittadino non tradiva questo motto: egli era intimamente buono. Vincenzo Di Masi nasce a Caposele il 3 aprile 1929 da Giuseppe e Cornelia Cozzarelli. Consegue il diploma di Liceo Classico al "Torquato Tasso "di Salerno. Si arruola da carabiniere semplice, nel 1951 frequenta la Scuola Allievi di Moncalieri per poi iscriversi al corso Allievi Sottufficiali a Firenze. Nel 1954 , da vincitore di concorso, è ammesso alla prestigiosa Accademia Militare di Modena. Qui conosce Franca Grandi che sposerà nel 1957 :dal loro matrimonio nasceranno Giuseppe, Marco e Luca. Ottiene il primo comando territoriale presso la Tenenza di Pavullo nel Frignano ( MO )e poi da Capitano a Milano, Legnago, Torino e Lodi; negli anni difficili delle Brigate Rosse, conosce e collabora col Generale Dalla Chiesa ed il suo Gruppo Operativo. Finalmente nel 1978 chiede ed ottiene il trasferimento alla Legione Carabinieri di Salerno :durante il terremoto del 1980 è al comando delle operazioni di soccorso, ricevendo riconoscimenti dal Presidente della Repubblica Sandro Pertini. Termina la sua carriera da Generale di Brigata nel 1987. Dopo il congedo, lo ritroviamo per qualche anno nelle vesti di avvocato e di Giudice di Pace. È fregiato dei titoli di Commendatore dell'Ordine del Santo Sepolcro, nonché Cavaliere dell'Ordine al Merito della Repubblica Italiana. Dopo una lunga malattia, sempre assistito dalla sua stupenda famiglia, viene a mancare il 18 ottobre 2017 . Il Generale Di Masi, i cui impegni di
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lavoro erano facili da immaginare, non mancava mai agli appuntamenti caposelesi durante il Ferragosto ma anche quando la Pro Loco o le istituzioni locali lo invitavano a presenziare. D'altra parte la sua affabilita' e le sue buone maniere non erano mai di facciata. Amava intrattenersi con i tanti che lo salutavano, mantenendosi sempre fuori e al di sopra dell'agone politico del suo paesello. Io rivedo il nostro caro Vincenzo nelle serate estive con Don Ciccio Caprio, il dottor Del Tufo, Fernando Cozzarelli, Emidio Alagia, Nicola Conforti ,Vittorio Nesta e tanti altri ,ora seduto ai tavolini del Mister Bar, ora sugli scalini del Palazzo Municipale a parlare di tutto, a ragionare di niente. Il suo era un rituffarsi all'indietro nella fanciullezza, nell'adolescenza, nei giorni duri e lieti di un passato che aveva sempre il suo fascino. Ora che è ritornato nella sua terra natía sicuramente sarà contento di riposare come un guerriero dopo la fatica ,sapendo che sarà qui ricordato ed amato non solo dalla sua Franca e dai suoi figli, ma anche da tanti di noi che lo hanno conosciuto ed apprezzato.
"Doveroso ricordo del Generale di Brigata dei Carabinieri Vincenzo DI MASI". di Antimo Pirozzi
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iovedì 19 ottobre 2017 decedeva nella propria abitazione a Pontecagnano (SA) il Generale dei Carabinieri in pensione Vincenzo DI MASI. Il giorno successivo venerdì alle ore 15 giungeva a Caposele accompagnato dai suoi cari familiari ed amici nella Chiesa Madre di S.Lorenzo per ricevere l'ultima benedizione del nostro Parroco ed il saluto dei suoi cari amici caposelesi e da un folto numero di Carabinieri capeggiati dal locale comandante della stazione. Il feretro ha raggiunto il cimitero di Caposele per essere tumulato nella storica tomba di famiglia. Il tutto si è concluso alle ore 17 circa alla presenza della cara moglie dei tre figli, nuore, familiari ed amici di famiglia: Vittorio Nesta, Alfonso Merola già sindaco di Caposele; componenti della famiglia del defunto Gerardo Di Masi e dal sottoscritto con la propria moglie. Naturalmente, nel corso di tale tristezza, affiora la figura dell'estinto e dei suoi trascorsi. Negli anni I960 sentivo parlare con orgoglio dai caposelesi dell'allora Capitano DI MASI ed ognuno si onorava della sua conoscenza e amicizia come mio suocero Antonio ZARRA e Salvatore MEROLA detto "Zi Tore". Ho avuto modo di conoscerlo personalmente alcuni anni prima del sisma del 23-11-1980 ed operativamente nella fase del dopo-sisma
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quale Vice Comandante della Legione Carabinieri di Salerno con il grado di Colonnello. Nelle varie visite effettuate alla Compagnia Carabinieri di S.Angelo dei Lombardi, ove prestavo servizio come comandante del Nucleo Comando, si rendeva molto vicino ai problemi dei militari e dei familiari. Ricordo un particolare episodio avvenuto a seguito di una Sua visita "a sorpresa"alla Compagnia. Così si definiva quando la visita dei superiori non era preannunziata. Trovò un pò di disordine connesso alla precarietà ambientale, scontrandosi elegantemente con l'allora capitano dal “carattere orgoglioso e molto operativo”. Volle conoscere cosa occorreva, per alleviare i disagi e l'operatività ambientale. Fui incaricato dal mio sig. Capitano di elencare le richieste indispensabili. Completato l'elenco lo consegnai personalmente al sig. Colonnelle DI MASI, il quale dal primo sguardo strizzò la fronte facendo intendere la difficile realizzazione. Però, disse : VEDREMO e mi adopererò. A questo punto dopo la sua partenza., il mio Capitano mi disse: PIROZZI: Lei crede ancora alla befana? Gli risposi, che conoscendo il valore de11'UOMO Vincenzo DI MASI, affermai che l'impegno che si era preso aveva enorme valore. Così fu, perché dopo alcuni giorni il Comando Legione Carabinieri di Salerno, disponeva di portarsi presso il magazzino legionale con idoneo automezzo per ritirare un elevato quantitativo di materiale. Soddisfò momentaneamente tutte le esigenze indispensabili. Il mio Capitano si ricredeva dàel proprio Colonnello. Questo era il Colonnello DI MASI, UOMO disponibile con tutti, con quel marcato sorriso dolce e nobile . Congedato con il grado di Generale di Brigata, si stabilì a Salerno per poi trasferirsi a Pontecagnano. Ai caposelesi ha lasciato un grosso patrimonio storico-culturale quale autore di svariati articoli sul giornale "La sorgente" che mi permetto di elencare perchè ognuno è più interessante dell'altro. Gli articoli che seguono sono riportati in vari numeri de La Sorgente e che possono essere rintracciati nelle sei raccolte (dal 1973 al 2017) oppure su : http:issuu.com/lasorgente In sintesi i titoli dei vari articoli: 1°) In un articolo molto interessante dal punto di vista storico ha parlato di “Cicco Ciancio” un brigante dell'Alta Irpinia 2°) Ha trattato di “un uomo straordinario”: Francesco CAPRIO, tre volte Sindaco di Caposele. 3) Altro argomento storico in più puntate: “Operation Avalanche” 4) Conclusione “Operation Avalanche” e “Occupazione di Napoli”. 5°) Ha tracciato il ricordo di Dino Orlando Preside:”Una vita per la scuola” 6°) Altro argomento storico:”Caposele all'inizio del secondo Conflitto Mondiale” 7°) Ha trattato del Direttore de La Sorgente: “Nicola CONFORTI – La capacità e l’ingegno”. 8°) Ha scritto del Direttore della Scuola Di Avviamento Professionale “ Edmondo CAPRIO ”
9°) Ancora un articolo su “Operation Avalanche” IO°)Altro personaggio di cui si è occupato: “Fernando COZZARELLI”, Primo Presidente della Pro Loco e Sindaco. II°) “I ricordi” I2°) “Vita del mio paese” I3°) “Natale al mio paese” La lunga e grave malattia che lo ha colpito ha fatto interrompere i legami e i pensieri per il Suo amato paese e per il giornale "La Sorgente". Però', in ogni occasione ufficiale ha voluto che la sua costante presenza venisse rappresentata dal suo caro figlio Luca che non ha mancato mai di sostituire degnamente il proprio genitore Generale Vincenzo DI MASI. Materdomini, li 5 novembre 2017.-
Questa
rubrica è disponibile per chiunque volesse pubblicare foto dei
propri eventi felici.
La redazione de "La Sorgente" è a vostra disposizione per tutto il materiale che VOI ci inviate in tempo utile prima dell'uscita del giornale. le foto publicate sono il segno della vostra collaborazione.
Francesco Ceres si è laureato il 21 novembre in Economia Aziendale presso l'università Pegaso a Napoli.
Giorni Lieti
Antimo Pirozzi e Raffaelina Zarra - 50 anni di matrimonio - La foto li ritrae con amici e parenti Maurizio Corona di Salvatore e di Raffaella Malanga nato il 07.09.2017
Avete condiviso tutto in questi anni, gioie e dolori, senza mai perdere il sorriso, lo stesso di 50 anni fa. Buon Anniversario a papa' Gelsomino e mamma Elisabetta dalle vostre figlie affezionate.
Marianna Alagia ha conseguito la laurea magistrale in Medicina e Chirurgia presso l'Università Federico II di Napoli il 21 luglio 2017 con voto 110/110 e lode e menzione alla carriera. La Tesi ha come titolo: "Sequenziamento dell'esoma in pazienti pediatrici con malattie senza diagnosi". Relatore : Prof. Nicola Brunetti Pierri (Tigem - telethon institute of genetics and medicine). Tesi svolta nell'ambito del progetto Telethon "malattie senza diagnosi" con lo scopo di utilizzare le nuove tecnologie di sequenziamento del Dna per raggiungere la diagnosi in pazienti con malattie sconosciute, scoprire nuove sindromi genetiche e studiare possibili approcci terapeutici.
Giuseppina Casale ha conseguito in data 28/09/2017 il titolo di Dottorato di Ricerca (Ph.D.) in Sociologia, Teoria e Storia delle Istituzioni presso il Dipartimento di Scienze Politiche, Sociali e della Comunicazione dell'Università degli Studi di Salerno con voto OTTIMO, discutendo una tesi dal titolo “Pratiche trattamentali e di reinserimento sociale dei detenuti: il caso dell'IPM di Nisida”
Benedetta Messina 27/10/2017 di Michele e Gerardina Spatola.
Celeste Acone nata ad Avellino il 7.11.2017
"Tu, inventi il tuo cielo tra linee di colore; Tu, che hai dato alla mia vita il suono del tuo nome; Tu, hai trasformato tutto il resto in uno sfondo; Tu, della mia esistenza sei l'essenza..." Mamma e papà Ferdinando Mattia di Antonio e Raffaella Testa nato il 14.10.2017
Filomena Sista di Mario e Rossella Malanga, nata il 28.07.2017
Melissa Curcio di Francesco e Marilena Gonnella 17/08/17 Rocco Patrone, laureato in Giurisprudenza. Auguri vivissimi dalla nostra
In data 28.08.2017 Donato Liloia e Concetta D'Elia hanno festeggiato con tutta la famiglia il 65° anniversario di matrimonio
L"amore non ha età, né limiti, né confini e l'esempio ci viene dato da questi due giovincelli, che oggi hanno compiuto 70 anni di matrimonio. Una vita trascorsa nel rispetto reciproco, insieme, hanno superato tantissimi ostacoli per raggiungere la meta da loro prefissa. Questi due sono i miei suoceri Gelsomino DI MASI e Serafina GERVASIO. A loro, un grandissimo augurio di una lunga vita e sempre uniti come oggi. Io,insieme a Margherita e tutti i vostri nipoti,vi diciamo AUGURISSIMI PER QUESTO MERAVIGLIOSO TRAGUARDO. Sossio Aurilia
30 Aprile 2017 50° anniversario di matrimonio di Antimo Pirozzi e Raffaelina Zarra. La foto li ritrae con la figlia Raffaella ed il genero Antonio Metallo
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Ricordo Ad un anno dalla scomparsa di EZIO
CAPRIO
Ricordi improvvisati in una sera di autunno Ma quanto è duro ricordare
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io padre amava la sua terra, il suo verde, la sua uva. Quando di questi tempi ancora tornava a casa nostra a Salerno con i “panari” pieni, era una gioia per lui e per tutti portare per tutto l’inverno un po’ di quel suo Caposele. Ora io allontano la tristezza conservando questa tradizione, cambiandola a modo mio, di necessità, non più vino fatto là per là, alla buona, in campagna, ma tanta marmellata ed anche una mezza bottiglietta di vincotto per i peperoni, alla vigilia, dentro tutto il dolce calore di un appartamento urbano. Trovo che poi è da queste piccole cose che, nella calma del crepuscolo novembrino, possa nascere una storia, forse proprio dai passi sicuri del suo incedere riconosco dentro di me quella certezza di essere, dentro i volti delle persone che cerco, che visito, che incontro passando per Caposele. Certo, riconosco che è solo un passaggio anche frettoloso, legato al bisogno di transitare proprio in quella via Roma, in quella proloco e giù fino al piazzino. E poi, salire a lungo a riposare nella nostra tanto amata “Dio Martino”. Tutti passaggi importanti, quelli di noi figli dei vecchi paesani che, noi, a Caposele, abbiamo passato sempre e solo qualche ora felice. Avanti, si scorge adesso una manciata di ore bagnate di una tristezza fitta, con il suono di quelle campane, lento, proprio quelle campane che hanno annunciato il ritorno di nonna Teresa alla terra l’11 Marzo 1999 con mio padre, chi se lo ricorda, che saliva nel carro funebre con lei ormai lì e ancora lì, a non lasciarla mai e, solo un anno fa, proprio il suo giorno, il mio amato papà, che non ha sentito ancora una parola di Addio da me. Perché, quando manca il padre, e la madre, ecco, loro non vanno via veramente, restano qui accanto e io posso prendermi il sollievo di non salutarli mai per sempre, me li sento presenti nelle cose che faccio, che dico, quando respiro quando parlo quando spiego e quando scrivo. E però, me lo sento correre nel suo paese con i suoi compagni, perché, in effetti, in una scuola di paese papà deve aver avuto moltissimi compagni di scuola, con il suo “rutiellu”, quello che divideva non senza grida con zio Franco, e poi me lo vedo a ricevere “purtualli” e taralli nella calza della befana e a tornare in quella casa, lì, giù nel vicolo, affamato come sempre papà, salire su dove immagino mia nonna…. - Ogni tanto quel soggiorno torna nei miei sogni, il cuculo sul muro, l’orto e la lontana Basilica, dall’altra parte quasi dentro casa il vecchio campanile, devo aver visto degli uccelli dentro quel campanile e un corridoio con una credenza, giuro, che dava un profumo che sento
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di Maria Teresa Caprio
ancora se torno nella memoria ad aprirla con tutti dolci appena fatti. Il carillon, qualche volta entravo fitta fitta nella stanza di mia nonna e lì, oltre il letto, caricavo per me sola la più dolce delle melodie e la ballerina girava volteggiando sopra quell’immenso copriletto…Questo tipo di ricordi sono durissimi finanche per chi, come me, classe ’72, l’ha vista la Caposele prima del terremoto e ce l’ha lì nel cuore, con tutti i suoi colori e l’allegria del fragore del fiume che si sentiva dappertutto. E conservo tutti i nodi in gola di mio padre, sempre incollato alla filodiffusione anche di notte, anche quella notte del 23 Novembre, credo che da allora non abbia più dormito. Pian piano papà si interessava a me e ai miei fratelli, curava ogni nostro affanno, mio padre c’era sempre nonostante una profonda nostalgia che lo legava sempre al suo paese e gli faceva dire spesso “ quasi quasi me ne vado a Caposele” in effetti con una telefonata a zio Giuseppe erano già in due ed andavano spesso, il Sabato mattina a sentire le novità.
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i hai lasciato ieri. Un dolore immenso ci pervade, la forza della Tua presenza in noi ci sosterrà ancora, ne sono certo. In tantissimi state manifestando in ogni modo affetto, vicinanza e amore che sappiamo essere la sua diretta promanazione. E' ciò che ci aiuterà a non sentirci soli. Il figlio Edmondo ___________
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o appreso dal manifesto la dolorosa notizia del trapasso del caro Ezio. Istantaneamente sono affiorati in me i tanti ricordi di questo amico straordinariamente simpatico e vivace. Lo conobbi negli anni sessanta, quando giunsi a Materdomini, assegnato al posto fisso Carabinieri. Ezio, quale giovane laureando in giurisprudenza, emergeva nel gruppo dei suoi tanti cari amici per entusiasmo e grande vivacità. Esternava una discreta simpatia verso i giovani carabinieri, mettendo a disposizione la sua fresca cultura professionale. L’ho incontrato per l’ultima volta in occasione della morte della cugina Pinì. Era profondamente segnato dal male che lo stava divorando. Mi abbracciò affettuosamente e con accento molto triste mi disse: “caro Antimo, la vita è anche questa. Combattiamo”. Non aveva perduto la sua voglia di vivere né la vivacità di esternare il calore della sua amicizia. Il suo trapasso lascia un grande vuoto in questa nostra comunità.
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Antimo Pirozzi
Per me era bello soprattutto il suo ritorno, dovunque mi trovassi, nei miei luoghi, compreso nella lontanissima Sanremo, arrivava papà con qualche cosa di buono da Caposele. Che poi poteva essere qualsiasi cosa, ma quel crisma di specialità lo acquisiva sempre ed il sapore si mischiava alla tenerezza e la tenerezza all’amore profondo quando solo quello rimane per sempre. Quindi è lì che torno a cercarlo, dentro le ciliegie, come diceva un film, dentro le pagine conservate delle vecchie copie della Sorgente oppure dentro tutte le cartoline lette e rilette in questa perenne ricerca del padre e del mio mondo di acqua, di confetti, di marzapane, di fratelli, di giochi, di cassetti, di studio. Ma c’è dell’altro che voglio dire su
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i zio Ezio ammiravo la sua filosofia di vita, il suo slancio e la sua ironia anche politica che lo ha accompagnato sempre durante il suo essere presente a Caposele. Da consigliere comunale negli anni ’90 fu uno dei pochi che ebbe il coraggio di affrontare i suoi compagni di maggioranza e per onore della verità e per mantenere fede alle sue posizioni contro il sistema, fu costretto a lasciare quella compagine, scombinando i piani politici, di quella giunta comunale. La sua presenza a Caposele, più frequente negli ultimi periodi e la sua passeggiata per le strade, insieme a Franco e Giuseppe, era tranquillizzante per me e mi riportava ai tempi di una spensieratezza post ferragostana nella quale era indispensabile fermarsi per confrontarsi su cose varie e soprattutto sul benessere di un ambiente così puro ed incontaminato che Caposele ha sempre offerto. Alcuni suoi consigli sulla toponomastica (mai completata) mi sono stati utili per definire aspetti di grande importanza storica dei luoghi Caposelesi. Infine, ricordo nelle ultime occasioni di confronto, il suo straordinario racconto sulla presenza nella nostra famiglia, di Giuseppe Garibaldi (generale condottiero) e di alcuni suoi segreti storici mantenuti gelosamente da una nostra parente, di cui lui era discendente diretto.Un personaggio straordinario con un animo buono e sempre disponibile a trasmettere la sua grande cultura. Stavo impaginando le sue poesie trasmesse a “La Sorgente” quando ho avuto la notizia della sua scomparsa prematura. Rileggendole, penserò che è ancora tra di noi per una nuova ed entusiasmante chiacchierata su Caposele e il suo futuro. Salvatore Conforti
mio padre, e cioè che vorrei racchiudere di lui un tutto in qualche riga. Ed intanto, tra le consegne formali che ha voluto farmi negli ultimi tempi ce n’è una particolarmente significativa ed è un saggio, un incredibile saggio che, leggendo leggendo, mi sembra essenzialmente un discorso sulla felicità. Questo ultimo ed ineludibile bene che diviene un diritto per l’individuo contemporaneo e che poi puoi trovare, tu quilibet, dovunque. E che, infine, non è possibile riportare un singolo ricordo negli spazi angusti delle pieghe di un giornale, perché un padre, un paese, un mondo e Caposele sono molto, ma molto di più. Salerno, 15 Novembre 2017
Almanacco Giorni Tristi
Rosa Ferrara 28.07.1923 m.13.08.2017
Eduardo Alagia n. 1932 m. 2017
Gerardo Bruno n.14.02.44 - m. 28.10.2017
Raffaele Farina n 25.04.1926 m. 30.10.2017 Antonetta Cibellis n. 01.01.46 m. 04-11-2017
Vincenzo Di Masi 03.04.1929 m. 18.10.2017
Rocco Sista: un anno dopo “chi vive nel cuore di chi resta non muore mai” da Face Book Molti amici di Rocco, ad un anno dalla sua morte hanno voluto ricordarlo nelle pagine di FB. Tanti ricordi:avremmo voluto pubblicarli tutti. Ma abbiamo limitato la scelta ai due più significativi. - Esattamente un anno fa ci lasciavi, il ricordo di te rimane indelebile. Manchi sempre, manchi tanto non smetterò mai di sentire la tua mancanza, la vita è strana prima dà e poi toglie . Ciao Umberto Sista ... l'anno passato di questi tempi,mi partivo dal tuo paese natio,percorrendo poco più di cento chilometri,solo per stare un po' con te e fare una partitina a carte,con il tuo sorriso spontaneo baravi un po',ma ti lasciavo fare,perché per me era più importante starti accanto ... ineve adesso la solitudine ed altri dispiaceri giunti a ciel sereno mi rendono triste.
Aniello Montuori 16.10.1959 - m. 26.11.2017
Vincenzo Ciccone
- È vero la vita ti toglie sempre le persone migliori. Ma dobbiamo pensare che loro sono sempre con noi, le loro risate, i loro sentire parlare, ma soprattutto i loro volti, sono sempre con noi, non ci abbandonano mai. Io sono sicura che Rocco, come anche le altre persone care, stanno bene, insieme sorridono e vegliano su di noi. Ciao Rocco Mina Galdi
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Fare
Turismo
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