Sorgente n 93

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PERIODICO A CURA DELL'ASSOCIAZIONE TURISTICA PRO LOCO CAPOSELE FONDATO da NICOLA CONFORTI NEL 1973

Reg.Trib. S.Angelo dei L. n.31 del 29.1.74 - Sp. in A.P. art.2 comma 20/c L.662/96 Dir. Comm. Avellino -sem.- Anno XLIV -

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DICEMBRE 2016 -Direttore Nicola Conforti

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FOTO archivio CONFORTI

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EDITORIALE

a oggi inizia il conto alla rovescia per il raggiungimento del fatidico traguardo dei 100 numeri de “La Sorgente”. Dal dicembre del 1973 al dicembre del 2016 hanno visto la luce ben 93 numeri: ne mancano solo sette. Se Dio vuole e ci dà forza, vita e coraggio, raggiungeremo quel traguardo, “senza fretta ma senza soste”, e quel giorno sarà un gran giorno. La Sorgente, in un numero speciale di cento pagine, racconterà la

sua storia di circa 50 anni di vita, una storia intensamente vissuta e sofferta, che ha segnato una svolta epocale nell’ambito sociale e culturale del nostro Paese. Parlerà di tutti i suoi tanti redattori, a partire da quelli storici che non sono più con noi, a finire con quelli che ancora oggi, con grande spirito di attaccamento alle proprie radici, amano questo giornale e coraggiosamente resistono. Nel delineare il carattere di questa ulteriore fase del nostro percorso, vogliamo ribadire e riconfermare una linea editoriale rispettosa della impo-

stazione originaria, seppure in continua, costante e necessaria evoluzione. Continueremo a sollecitare amministrazioni, comitati e associazioni, affinché tutti insieme si collabori per la crescita civile e culturale del nostro Paese e che le opere avviate a fini turistici vengano riprese e potenziate. La chiusura della “cascata della Madonnina” è stato un colpo al cuore per tutti i Caposelesi ed in particolare per quelli che avevano tanto sperato in un futuro “turistico” di Caposele. Il Parco fluviale è niente senza la bellezza delle acque a monte. Bisogna

fare di tutto per ripristinare la situazione dei luoghi che tanto aveva affascinato le migliaia di persone in visita a Caposele. “Amare Caposele” non è solo uno slogan o il mero titolo di un documentario, è invece una Fede, una Filosofia ed una forza che ci convince ad andare avanti pensando in positivo e facendo del nostro meglio per migliorare il nostro contesto sociale, in nome di una passione che ci ha accompagnato e continuerà a farlo per gli anni a venire.


In seconda...

SOMMARIO Caro Nicola, Desideravo dirti che in occasione della lettura n.92 de " La Sorgente" ho continuato a constatare l'attenzione che essa rivolge verso i suoi lettori. E' stata molto lusinghiera la citazione del mio articolo sul Museo di Leonardo a Caposele. In un momento particolare, come quello che stiamo vivendo, ho verificato quanto siano importanti i contenuti di carattere storico-culturale. Emerge la grande necessità di incrementare il livello di conoscenza sui particolari riguardanti il proprio territorio, basato su evidenze del vissuto, del quotidiano ovvero sul comportamento reale delle persone nelle condizionali sociali, economiche, culturali del proprio tempo. Il contributo dei collaboratori locali, portatori di dettagli forse ancora oggi non noti, possono fornire un ulteriore incremento alla diffusione della rivista. Ritengo importante sottolineare il valore all'assegnazione del premio che ti è stato riconosciuto al V Congresso Nazionale dei giornali pubblicati dalle varie Pro Loco. L'opera svolta da più di quarant'anni di questa rivista, che si rinnova continuamente fino ai giorni nostri, doveva meritatamente essere premiata. Penso che la sua longevità potrà rappresentare per i posteri, talvolta propensi a dimenticare le proprie radici, una conferma tangibile della vita locale ormai trascorsa. Ogni congresso è una forma di reciproca comunicazione fra coloro che desiderano mantenere viva la memoria che diventa particolarmente incisiva quando sono presenti i protagonisti, in questo con-testo il primo sei stato tu quale Fondatore e Direttore della rivista. Congratulazioni quindi! A te va tutta la mia ammirazione e riconoscenza per il raggiungimento di tale traguardo! Cari saluti Cettina Ciccone

Su "Caposele Channel" è stato caricato il recente video dedicato a Caposele visto dall'alto volo ottobre 2016

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Caro direttore, scusami se ti do confidenzialmente del tu. Questo me lo consento per una profonda amicizia che ci lega da oltre 40 anni oltre che per il tuo elevato stile di saper conservare le amicizie con signorile delicatezza. Fatta questa doverosa introduzione, vengo al motivo di questo scritto. Mio genero arch. Antonio Metallo, docente presso il liceo scientifico di Calitri, mi ha regalato vecchie riviste e pubblicazioni. Tra queste, quella che ha destato la mia curiosità è la rivista dell’Ordine degli ingegneri di Avellino, dedicata alla “Mostra Collettiva d’arte” degli ingegneri: Archidiacono, Cetta, Conforti, Della Fera, Tizzani. Naturalmente ciò che mi ha interessato e incuriosito è stato leggere il nome Conforti tra gli artisti partecipanti alla mostra. Vado avanti nella lettura e leggo la recensione sulla mostra del giornalista de “Il Mattino” Giuseppe Pisano, che tra l’altro, scrive: “Il più vicino alle radici della scienza delle costruzioni mi sembra Nicola Conforti. I suoi disegni sono un esempio di come le leggi della prospettiva non sono state mai abrogate e di come si possa ancora, rievocando il profilo d’un grumo di case, gli ardimenti di una giungla, la malinconia di un rudere, far poesia nella maniera più semplice ed immediata. Conforti usa gli arnesi del mestiere (fogli di carta e inchiostro di china) cercando di far convivere la perfezione formale con l’amore profondo verso i segni dell’uomo: le case, le chiese, il palazzo del potere”. Riccardo Sica, critico d’arte, quale membro giudicante della mostra, così si esprime: “Di Nicola Conforti ho avuto modo di visionare soltanto i disegni; tuttavia, credo di essere in grado di esprimere un giudizio sufficientemente documentato in merito alle sue capacità artistiche. Egli ha il gusto di scoprire angoli remoti, o distesi panorami, o caratteristici interni di paese, e di rappresentarli “dal vero” attraverso un fitto reticolato di linee tratteggiate in cui l’immagine vibra , si muove, respira. Mentre in alcuni disegni a china il tratto indugia nella determinazione di contrappunti “chiaroscurali”, addensandosi in vere e proprie macchie scure in corrispondenza con le ombre (e ciò avviene soprattutto quando si tratta di far muovere e brulicare il tappeto erboso di un prato o il fianco di una montagna), in altre opere la superficie del foglio è volutamente lasciata bianca a respirare ossigeno, in corrispondenza con le geometriche forme delle case, precisate con l’esattezza della riga e della squadra.

Anno XLIV - Dicembre 2016 N.93

In questi disegni, tuttavia, raramente il cielo viene punteggiato e mosso dal tratteggio: esso è una valvola di ossigeno (dovuta alla candida forma di uno squarcio bianco del foglio) in un infittirsi sempre più crepitante di linee variamente incrociantisi . E’ evidente la preoccupazione dell’autore di volere immaginare, nel momento stesso in cui lo osserva, un’angolazione della realtà che egli vorrebbe vedere con l’istinto e con una sensibilità immediata. Nella dimensione del foglio nascono immediatamente le sensazioni, nello stesso attimo in cui l’artista si dispone a ricercarle. Parte dal bianco, poi l’arricchisce d’una sua tipica struttura compositiva (frutto della sua conoscenza prospettica) e di segni “riportati” in una semplicità e libertà di espressione della mano che disegna sotto gli impulsi emotivi di un cuore commosso nel momento di grazia ispirativa”. Poiché quanto precede, sicuramente per eccesso di “discrezione personale” del direttore del giornale ” La Sorgente” il contenuto di tale mostra non è stato mai pubblicato, ritengo sia molto bello far conoscere ai lettori di questo giornale le qualità artistiche di Nicola, peraltro molto noto per altri versi. Alleghiamo alcune tavole di disegno che serviranno ad arricchire maggiormente il nostro giornale. Complimenti e ad majora! Antimo Pirozzi

1.Foto panoramica – Editoriale 2.Lettere: 3. – Mar’iuoli – La cantina e li cummiti 4.Eventi e non solo 5.la pagina del Presidente 6.Cronaca - Progetto Spes – Parlando di territorio 7. SI-NO –Irpinia – La Ciclovia dell’acqua 8.Visit Irpinia, verso un progetto di marketing Il progetto Visit S.Gerardo 9. Immagini che scorrono La memoria dell’acqua 10.Convivio - Eventi letterari 11.Come un tenace e lucente filo … 12.Le mamme-maestre Un Parco Comunale 13.Dialogando con Lorenza … 15.Il Crocefisso 16.Itinerari turistici – La valle d’Ansanto La Solidarietà a Caposele 17.Dal Santuario di S.Gerardo alla the Chapel 18.Cambiare il nostro modo di pensare Premio Caposele 2016 a Nicola Cirillo 19.Congrega dei morti 1753 20.Siamo tutti nella stessa barca S. Conforti: … e i Caposelesi stanno a guardare 21.Elezioni, populismo e social network 22. Lettera di Ezio Caprio con tre poesie I monti del mio Paese – Appello ai Caposelesi campanile, storia e risorsa – Vedetta di borgo 23.Il modello campano L’intelligenza a sostegno di una società... 24.Quando i migranti erano italiani 25.La Madonna di Grienzi a Caposele – Itinerari di fede 26. Storie di intolleranza verso Emigrati di ieri 27.Piano di dimensionamento 28.Verticalizzazione del Liceo, è la mossa giusta? 29.detti e proverbi – la canzone di Sant’Antonio 30.Il Creato, dono di Dio da salvaguardare 31. Il dialetto caposelese, la presenza francese in Italia 32.Storia della famiglia Cifrodelli – albero genealogico 33.La corsa dei Tre Campanili e Stralaceno 34.Oltre le mura del silenzio 35.Da Caposele un forte messaggio antiviolenza 36.Non una di meno. Un monologo: Lo stupro 37.Progetto pilota “Altirpinia”, Benvenuti a Caposele 38.dall’Australia, storie di emigrazione 39.Anzianità, l’album della memoria 40.La foto dei ricordi 41.Le elezioni in Italia dal 1861 ad oggi 42.Non è più il tempo 43.Adeguiamo la tariffa del costo dell’acqua 44.Le conclusioni della festa de l’Unità 45.Comincia una nuova epoca? 46.Jazz&Wine all’ombra del campanile Meno è meglio/Recupero riparazione e riuso 47.Dal Parco Regionale al Parco nazionale 48. Come organizzare l’accoglienza 49.Esperienze che fortificano La meraviglia di essere padre 50.Volti 51. Dal mioBlog 52.La maestra Pinì – Ricordo di Rocco Sista 53.Lauree, Nascite, Matrimoni 54.Cara Pinì 55.Una vita interrotta, una vita che continua Persone passate all’aldilà 56.Luoghi di Caposele

Il Santuario da un recente volo col drone

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Direttore Nicola Conforti


Cultura

Fin quando ci saranno storie da raccontare vorrà dire che la vita non trascorre, come mai è trascorsa, invano. Specie nelle piccole comunità, in un tempo che si arricchiva di conversazioni e di teatralità. Di questa ricchezza continuiamo a scandire questo viaggio, riportando alla memoria aneddoti e personaggi che hanno segnato la vita lungo le sponde del Sele e che qui riportiamo con le “volute” colorature per strappare un sorriso. Non me ne si vorrà, come sempre, per alcuni necessari adattamenti narrativi. PARTE XII

Mar’iuoli

T

ornò dopo qualche anno trascorso in America. Anni di duro lavoro, durante i quali riuscì ad accumulare sufficienti risparmi per soddisfare la nostalgia del paese natìo. Tornare a Caposele fu infatti il suo costante sogno nelle insonni notti newyorkesi. Quando, sulla fine degli anni ’30, tornò a Caposele riuscì a depositare presso l’allora ufficio postale circa 50.000 lire, tante da poter vivere di rendita. Infatti, con i tassi di rendimento che correvano in quegli anni in cui si il regime mussoliniano andava preparandosi alla guerra, poteva vivere tranquillamente. Le “terze”, cioè gli interessi, che gli venivano riconosciute si aggiravano a circa 1.500 lire all’anno, quando per comprare una buona casa occorreva spenderne 8.000 e lo stipendio di una insegnante di scuola elementare si aggirava intorno alle 30 lire al mese, cioè circa 300 lire all’anno. Gerardo Peccatiello, col soprannome “Mast’ suonnu”, poteva ad ogni buon fine considerarsi un benestante. Tuttavia, egli continuò a lavorare come forgiaro, aprendosi una bottega in quella che oggi è via Giovanni Bovio. Si accontentava di fare piccoli lavori, più che altro ammennicoli per le cucine e i camini di allora: tripp’ti, palette p’ la vronza, catene p’ li callaruli, spurtieddi p’ r furnacelle, pinz’ e iusciaturi p’ ru fuocu. Il sabato si ingegnava anche ad andarsene coll’asino a commercializzare i suoi articoli a Ponte Oliveto, dove si svolgeva un grande mercato settimanale, il solo in tutta l’alta valle del Sele. Tutti i sabato, all’alba, partiva con la soma carica e, lui, a piedi. Durante il viaggio, era risaputo, svuotava tutto il tascapane che la madre provvedeva a riempirgli di ceci abbrustoliti e ben caricati di sale. Era fissato per i ceci abbrustoliti, che mangiava solo in occasione del viaggio di andata per Ponte Oliveto, anche perché al ritorno gli toccava bere litri e litri d’acqua delle sorgenti sulfuree per placare la sete causata dal palato pieno di iodio. Si narra anche che per giorni restava n’tufatu con lo stomaco e, spesso, doveva ricorrere a qualche lassativo presso la farmacia di allora. Poi venne la seconda guerra mondiale. Per tutti gli italiani si preparavano anni molto duri. I ragazzi che partivano per i vari fronti del conflitto, le notizie delle battaglie che falcidiavano migliaia e migliaia di vite, anche di giovani caposelesi. Iniziavano i razionamenti alimentari, con i contadini che

si vedevano requisire i prodotti agricoli per rimpinguare “gli ammassi” alimentari del regime. Tutto sommato, la rendita finanziaria assicurata a Girardu r mast’ suonnu gli consentiva di non patire la morsa delle ristrettezze alimentari, per sé e per la sua famiglia, anche negli anni della borsa nera. Continuava ad essere un benestante, per quanto morigerato e sobrio. Anche a Caposele, con l’8 settembre del 1943 o meglio nei giorni seguenti lo sbarco alleato sul litorale di Salerno, si sarebbe chiusa una pagina dolorosa e ci si apriva, con fatica, ad un’era nuova, pur continuando la guerra in tutta Europa e nell’Italia centro-settentrionale. Con l’arrivo degli americani, lentamente, si instauravano nuovi strumenti amministrativi delle zone liberate. Si instaurò anche una nuova e temporanea divisa monetaria chiamata AMLira (AmericanMoneyLira), che seguiva l’andamento del rapporto di cambio con il dollaro statunitense. Gli interessi assicurati ai depositi di Girardu r mast’ suonnu si ridussero, non di tanto, ma cominciarono a ridursi rispetto a quelli fino ad allora riconosciutigli dalla Posta. Finalmente giunse il 1945, finì la guerra e l’Italia si avviò nel lungo processo di ricostruzione, certamente dei paesi e delle città distrutte dalla guerra e dai bombardamenti. Ci si avviò anche nel processo di ricostruzione politica, si scelse la Repubblica e il Re dovette partire per l’esilio in Lusitania, il moderno Portogallo. Ci si avviò a definire la nuova Costituzione repubblicana. Si rimise mano all’ossatura dello Stato democratico. La Lira fu riconfermata la divisa monetaria del nuovo Stato. Girardu r mast’ suonnu, tirò un sospiro di sollievo. Ritenne che i suoi depositi potevano dirsi sicuri. Solo che, ignorando alcuni princìpi economici, non considerò che, per contenere l’inflazione, tra le prime misure del Governo (composto da tutti i partiti che avevano dato vita al Comitato di liberazione nazionale), ci fu quella di ridurre pesantemente gli interessi riconosciuti a depositi finanziari. Le “terze” per Girardu r mast’ suonnu si ridussero enormemente, tali da non assicurare l’equilibrio con l’aumento del costo della vita. Conclusasi la fase costituente, per il 18 aprile del 1948 si fissarono le prime elezioni legislative, con la contrapposizione tra il Fronte popolare (comunisti e socialisti) e la Democrazia Cristiana di Alcide De Gasperi. Anche Caposele fu terreno di

confronto elettorale. I comizi si tenevano “miezzu a lu chianu” dal balcone r Ron zavino. Capitò, una sera, che giunse da Avellino un deputato del Partito Repubblicano, l’on. Freda, che volle enfatizzare – con la prosopopea del linguaggio politico di quegli anni - il ritorno della democrazia, dopo la riconquista della libertà, e l’apertura per l’Italia di anni di prosperità economica e di crescita. Girardu r mast’ suonnu, dal fondo della piazza, udendo quelle parole sentiva il sangue ribollirgli dentro le vene. Mentre l’on. Freda dava tono, con enfasi, al suo ragionamento, Girardu nun n’g la feci chiù e, senza controllo, urlò con voce stentorea: mar’iuoli. Ripetè una, due volte: mar’iuoli. E si mosse verso il vicolo che portava verso casa, in Via Giovanni Bovio. L’on. Freda, letteralmente freddato da quell’improvvisa ed inattesa e non compresa interruzione, non fu più in condizione di terminare, come avrebbe voluto, il comizio e, con frasi di circostanze, si avviò alla brusca conclusione. Mai avrebbe compreso, anche negli anni a seguire, perché quell’uomo leggermente ricurvo lo interruppe con quell’epiteto infamante, per quanto declinato al plurale: mar’iuoli. Si manifestava quella sera, a Caposele, un sentimento che negli anni dopo si sarebbe riassunto nell’uomo qualunque: siccome mi sento leso, so’ tutti mar’iuoli. Nacque così, probabilmente, il voto di pancia. Precursore: Gerardo Peccatiello, quiru r mast’ suonnu. E tant’è.

La cantina e li cummiti

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l bar come luogo di incontro, a Caposele, è un’invenzione recente. C’è stato un tempo, collocabile ovviamente prima del terremoto, tragedia che ha segnato il calendario delle vicende umane in un prima e in un dopo.

Capitava che lo stare insieme voleva per lo più dire mettere insieme una compagnia di buon temponi, capaci di divertire e divertirsi. Il luogo prediletto era la cantina, dove poter mangiare ma soprattutto bere, cantando e canzonando storie, uomini e donne. Si rafforzavano sodalizi umani ma anche politici. Spesso si faceva il giro, una cantina alla volta, a rotazione. Una sera, una decina di loro, si diedero appuntamento alla cantina di Don Ciccio Caprio, poco sopra la Pietra dell’Orco, verso lu Cannavale. Della

di Gerardo Ceres

combriccola faceva parte anche Salvatore Ciccone, meglio conosciuto come Tirucciu r pecuranguoddu, che abitava sopra il bosco, prima r la muccata verso Lioni. La serata trascorse come sempre, tra il serio e il faceto, tra risate grasse e ragionamenti sottili. Di certo scorse molto vino, che non veniva lesinato dal padrone di casa, anzi di cantina. Si tirò notte e Tirucciu, stanco dopo una giornata di lavoro nei campi ma anche annebbiato – ad un certo punto – dai fumi del vino, crollò. Crollò letteralmente con la faccia nel piatto. A nulla valsero gli scuotimenti dei compagni. Sembrava morto, ma respirava. Non vi fu niente che potesse rianimarlo, così da poterlo accompagnare a casa. Su valutazione e proposta di Don Ciccio, ch’era pur sempre il sindaco, tutti convennero su una soluzione estrema. Scartata l’ipotesi di portarlo via di peso e trascinarlo penzoloni, decisero di adagiarlo dentro una tinozza e lasciarlo lì dentro per tutta la notte. La mattina seguente, raggiunta la cantina, Don Ciccio e un dipendente comunale dovettero constatare che Tirucciu ancora dormiva pesantemente e decisero di lasciare la porta socchiusa così ché, una volta sveglio, potesse guadagnare l’uscita e tornarsene a casa. A casa, Tirucciu, ci tornò la sera, esattamente ventiquattro ore dopo che ne era uscito. Con la moglie dovette inventarsi una scusa che tirava in ballo direttamente Don Ciccio, raccontando e ribaltando la storia, aggiungendo che per non lasciare solo il sindaco si era reso disponibile a restare in cantina, in attesa che si svegliasse. Peraltro, non c’erano ancora i telefoni senza fili e quindi non potette avvisare che non sarebbe tornato. Qualche giorno dopo capitò che la moglie di Tirucciu, incontrando per strada Don Ciccio, gli chiedesse se quanto raccontatogli dal marito corrispondesse al vero. Don Ciccio, che non conosceva la circostanza del ribaltamento della storia, non ebbe dubbi a rispondere subito: sì. La moglie se ne tornò a casa soddisfatta e Tirucciu tirò un sospiro di sollievo e pensò che il sindaco fosse davvero un gran signore nell’addossarsi la figuraccia. Da qui, si rafforzò la stima anche politica di Tirucciu nei confronti di Don Ciccio. Una stima che non durò per sempre. Come fu e come non fu, questa è un’altra storia, che rimandiamo più in là, nel "corso delle cose".

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eventi e...

...non solo

Gruppo sagra 2016

La foto ritrae la squadra REAL CAPOSELE che sta disputando il campionato di 3^ categoria. Il Presidente Massimo Cetrulo, allenatore Toni Biondi- Collaboratore Salvatore Malanga. Auguri e in bocca al lupo. STRALACENO 2016

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LA SELETECA fotografica

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no straordinario catalogo fotografico on line a completare il nostro progetto della "SELETECA".Circa 10.000 fotografie del nostro archivio saranno caricate per poter essere fruite in HD. Caposele in tutti i suoi aspetti e diviso per categorie per poter meglio individuare e scaricare le immagini che partono da quelle storiche degli inizi del 1900, fino ai giorni nostri. All'interno, dunque, le cartoline, i volti, gli eventi, i luoghi, i personaggi raccolti in tanti anni di catalogazione. Un progetto che completa ed arricchi-

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sce lo sforzo notevole che la nostra redazione sta compiendo intorno alla cultura e al mantenimento di valori, storie, immagini e scritti su Caposele. Con un solo clic e come succede, ultimamente, per i nostri lavori, sarà possibile connettersi ai vari portali per guardare, film, documentari, foto, libri e le nostre pubblicazioni. "La SELETECA" è un catalogo dinamico che continua, nel tempo, a raccogliere gli eventi e tutto il materiale che sarà possibile implementare anche con la vostra collaborazione.

La Sorgente Caposele

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Anno XLIV - Dicembre 2016 N.93

Come sempre nella splendida cornice dell’Altopiano del Laceno si è svolta la XXVIII edizione della corsa Stralaceno. Circa una cinquantina quest’anno i concorrenti al via, tutti giunti al traguardo. Vincitore assoluto è stato ancora una volta Daniele Caprio con il tempo di 18’51’’, rimanendo in tempi incredibili, pur non riuscendo ad abbattere il suo stesso record, realizzato lo scorso anno. Vincitrice della categoria donne è stata Annarita D’Elia col tempo di 26’03’’, confermando il primato anche quest’anno. La classifica completa è consultabile sul sito: www.pceres.altervista.org/stralaceno/

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La pagina del Presidente

IL PAESE CHE VOGLIAMO

E

rieccomi, di anno in anno, da quando ho l’onore e l’onere di presiedere l’associazione Pro Loco Caposele e soprattutto in occasione dell’uscita invernale del nostro giornale associativo, a tirare le somme dell’ultimo semestre di attività, cogliendo l’occasione per condividere questo ennesimo pezzo della nostra storia fatto peraltro della storia di tutti noi, soci o meno. Ovviamente è occasione molto gradita, di scambio e di confronto su temi che spaziano da quelli canonicamente l'associazione si occupa, tradizioni, territorio, produzioni, emergenze culturali e ambientali, accoglienza e valorizzazione turistica (che sono poi tutti collegati) a quelli più generali che riguardano il nostro paese (che nel senso della sua Comunità pure tutti li comprende) seguendo la politica stessa sia dell’associazione che di questo giornale, quindi, cari tutti, rieccomi a fare qualche considerazione sull'ultimo periodo vissuto a Caposele ma anche a proporvi una riflessione più ampia, che, visto il periodo, ci sta, credo. Allora: sono proseguite le attivita' ordinarie, si sono tenuti due incontri della rassegna " parlando di territorio" con la presentazione di libri e autori e, sopratutto sono andate avanti le attività progettuali. E' stato, ad esempio, aperto al pubblico il Centro di Recupero, Riparazione e Riuso realizzato col progetto Meno e' Meglio, i cittadini iniziano a cogliere il senso del portare quello che non usano più e del venire a prendere quello di cui hanno bisogno anche se si fa fatica a far capire la strategicita' del posto in merito alle problematiche ambientali. Noi ci speriamo. Grazie alla promozione dei nostri prodotti, sopratutto i PAT, siamo stati chiamati a partecipare a rassegne regionali, un'esperienza bellissima e' stata quella di streEAT Food Irpinia, per la quale abbiamo realizzato dei laboratori sulla preparazione delle Matasse, che hanno piacevolmente colpito e incuriosito i tanti cittadini intervenuti. È' stata ultimata la fase generale di formazione del gruppo del progetto Festival Art, giovani per il paese dell'acqua, a breve quella specifica, riguardante l'accoglienza di persone diversamente abili presso le nostre strutture, una fase sicuramente esaltante e concretamente operativa. Il Dipartimento gioventù ci ha

stanziato la prima trance del cofinanziamento e il comune di Caposele ha fatto altrettanto, bene! Possiamo proseguire, ma anche in questo caso, dobbiamo sperare che si colga appieno la valenza delle attività e non si dia nulla per scontato o peggio per malfatto senza nemmeno informarsi o interessarsi, come è già successo. Sempre quest'anno, infine, con la sagra delle Matasse magnificamente rallegrata da Tonuccio Corona con la sua Pink folk band, che vorrei anche in questa sede, ringraziare insieme alle signore che hanno fatto e cucinato la pasta e a tutti coloro che hanno collaborato, per disponibilità e spirito di servizio, abbiamo raggiunto il top delle presenze ad un evento a Caposele, tutto apprezzatissimo, cucina, atmosfera, conte-

Ma

si debba ammettere di no, quantomeno non sempre…e, ovviamente ho pensato, per quali motivi? Tanti, questo sì: Mancanza di stimoli socioculturali? Forse, ma anche tanta superficialità! Mancanza di proposte e coinvolgimento da chi sarebbe deputato ufficialmente a farlo (Amministrazione, associazionismo, politica)? A volte, certo! Ma anche tanta noncuranza, tanto menefreghismo, mancanza di solidarietà vera, per i luoghi, addirittura a volte per le stesse persone…diciamocelo onestamente! Non sono pensieri semplici, non allegrissimi, non facili da esternare nè oggi, nè in genere ma credo siano necessari, ripeto necessari, se vogliamo pensare concretamente al futuro di Caposele, se vogliamo occuparci come necessita della nostra realtà, della nostra qualità delle vita?

di Concetta

Mattia

la nostra volta, che regge e protegge tutti se la costruiremo bene, deve essere Caposele! Buone feste a tutti, che siano serene e rinvigorenti….ci sarà tanto da fare, anche nel 2017, Auguri!

il paese che vogliamo, quello che

giustamente chiediamo, è quello che ci meriteremmo?

sto ma...ci siamo dovuti confrontare con mancanze logistiche (dannati parcheggi, non degne degli sforzi (non indifferenti) che pure abbiamo dovuto fare per realizzare la manifestazione. Peccato, un vero peccato che, nonostante tutto il resto, questa mancanza sia rimasta impressa nelle menti delle migliaia di persone venute da tanti paesi vicini ma anche da noi cittadini che, al momento, avremmo voluto solo essere altrove! Questa panoramica commentata (non esaustiva ma rappresentativa) mi è utile per introdurre la riflessione di fine anno che vorrei porre alla vostra attenzione, la domanda alla quale credo che tutti dovremmo almeno provare coscientemente a dare una risposta è pertanto questa: Stanti tutti i livelli di criticità evidenziati mi sono chiesta: Ma il paese che vogliamo, quello che giustamente chiediamo, è quello che ci meriteremmo? Quando facciamo le nostre, voglio anche ammettere tutte giuste richieste, contempliamo correttamente quanto queste implichino una nostra corresponsabilità? Siamo sempre i cittadini che quel paese bello e funzionale meriterebbe? Facciamo tutti quanto dovremmo per quel che amiamo chiamare il “nostro” paese? Francamente credo

Per questo, ho voluto condividerli con i lettori de La Sorgente, e chiedere questo tipo di regalo di Natale collettivo e per la collettività: Tra i tanti pensieri e bilanci che faremo fino alla fine dell’anno, tra i tanti propositi, tra le promesse e i progetti futuri, mettiamo anche la nostra risposta a questa riflessione e parliamone! Parliamone per condividere idee, percorsi e modi per risolvere le criticità e non solo per evidenziarle come se non fosse cosa che debba riguardarci! Una comunità vera, opera quotidianamente per celebrare e costruire se stessa, la sua forza, che deriva da ogni suo componente e, si pone i problemi, tutti (e di tutti) e chiede che ci si ponga nella posizione di chi vuole dare una mano a risolverli, senza giudicare o essere giudicato ma comprendendo dal profondo, che serve il contributo di ognuno per stare bene tutti! Già migliaia di anni fa, un filosofo universale come Seneca scriveva “… siamo nati per vivere in società . La nostra società è molto simile a una volta di pietre: essa cadrebbe se le pietre non si sostenessero a vicenda, sostenendo così tutta la volta”. L’augurio che faccio a tutti noi è pertanto questo, riscoprirci pietra tra le pietre e capire che, di qualsiasi tema sociale si tratti, è la struttura della volta che garantisce la migliore resistenza e Anno XLIV - Dicembre 2016 N. 93

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di Concetta Mattia

2° incontro della Rassegna “Parlando di territorio” In un soleggiato pomeriggio, nell’ambito di questa Rassegna, curata dalla Pro Loco Caposele per favorire l’incontro e lo scambio tra i protagonisti socioculturali ed economici che operano sul nostro territorio, è stata presentata la raccolta di racconti curata da Michele Vespasiano e Giandonato Giordano, “E’ verde il Paradiso”. Una serie di storie diverse scritte da autori diversi ma con un denominatore comune: la nostra terra e le sue tradizioni e contraddizioni ataviche, ben raccontate e descritte dagli stessi curatori che hanno piacevolmente coinvolto tutti i presenti!

Una nuova pubblicazione del prof. Michele Ceres In occasione del 36° anniversario del sisma che sconvolse l’Irpinia, lo scorso 23 novembre 2016 alle ore 10.00, presso il Centro di comunità di Sant'Angelo dei Lombardi, nell'ambito della manifestazione “1980-2016 Irpinia: dalla ricostruzione allo sviluppo”, relativa all’analisi critica del dopo-sisma del 1980, curata dagli onorevoli Bianco e Zamberletti, è stato presentato in anteprima l’ultimo saggio letterario del nostro amico Michele Ceres "Viaggio nell'Irpinia del terremoto e dei nostri giorni - il dramma, i pregiudizi, la rinascita" che ha mirabilmente riportato, in questa sua ennesima ricerca, la sua esperienza di vicesindaco di Caposele dell’epoca. Ringraziamo l’autore per la sua opera fatta, come sempre, di professionalità e dedizione. Il progetto SPES anche a Caposele Anche nel nostro Comune, l’informazione e le attività concrete di analisi e monitoraggio del progetto SPES. SPES è un'iniziativa Regionale promossa nell'ottica di "Campania Trasparente" che riguarda un'indagine ambientale, nello specifico vertente su un analisi sul territorio e sull'impatto dei metalli pesanti sulle persone. In pratica, prenotandosi, diversi cittadini si stanno sottoponendo ad una serie di analisi gratuite e specifiche utili a verificare, la presenza di metalli pesanti nel sangue. Una buona procedura per la prevenzione e il monitoraggio di diverse malattie , una ricerca necessaria che speriamo aiuti a capire di più e ad affrontare nel migliore dei modi il rapporto tra la salute pubblica e il rischio ambientale. Una buona idea per la mitigazione ambientale del pozzo "A" della Pavoncelli. E alla fine, è stato scelto di fare un bando pubblico di idee per cercare di migliorare l’impatto paesaggistico della “famigerata” copertura del pozzo A nella zona Saure. Per quanto riguarda la Pro Loco, come peraltro scritto e pubblicato, abbiamo da sempre chiesto, dato il pregresso amministrativo e procedurale del progetto, che si operasse in tal senso e quindi, dopo aver visto il resoconto della commissione esaminatrice (riunitasi lo scorso 15/11), plaudiamo all’ottimo contributo della pur unica proposta presentata, da parte dell’arch. Sandro Russomanno, che speriamo venga recepita almeno nella sua essenza principale, quella di operare col “mountainscape” per riconnettere tutto l’insieme dell’ambiente montano in cui sono contenute anche le cantine, il campanile e l’insieme del Catapàno, con una serie di rampe e percorsi che avvolgono il tutto, migliorandolo. Speriamo!

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Wake Up da 15 anni ! Un traguardo di tutto rispetto e di sicuro di grande effetto, quello raggiunto dai gestori del bar wake up! Da ben 15 anni continuano nei più svariati modi a “svegliare” i loro clienti che giungono anche dai paesi vicini. Al caro Tommaso Cibellis, agli instancabili fratelli Rocco e Franco, e a tutti i loro collaboratori, i nostri migliori auspici per il futuro! Ad majora al wake up!

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I fichi di Caposele a Speranza verde. Il noto conduttore Luca Sardella, è stato in visita, accompagnato da Agostino Della Gatta (Irpinia Turismo) nel nostro paese per raccogliere materiale utile alla trasmissione di questo suo nuovo programma “Speranza verde” che va in onda su canale 5 in uno spazio interno al programma “Striscia la notizia”. L’occasione è stata utile a diffondere la bontà dei nostri fichi e delle nostre tradizioni rispetto alla loro trasformazione. Ovviamente siamo stati coinvolti come Pro loco insieme all’agronomo Raffaella Spatola grazie alla quale siamo stati ospitati splendidamente dall’azienda agricola Antonetta Di Masi” che come si vede nella foto, ha fatto fare a Luca Sardella davvero una bella esperienza! Grazie a tutti per la disponibilità!


Piccola cronaca Le matasse di Caposele anche a Irpinia StreEat Mood ! La seconda edizione di Irpinia StreEat Mood si è tenuta dal 16 al 18 settembre scorso, lungo Corso Vittorio Emanuele ad Avellino. E’ una grande manifestazione patrocinata da Regione Campania, Provincia di Avellino, Camera di Commercio di Avellino, Confindustria Avellino e realizzata in collaborazione con Slow Food Condotta di Avellino e Ais Avellino alla quale ci è stato chiesto di partecipare per far conoscere e valorizzare la nostra pasta tipica, oggi anche PAT. E’ stato realizzato un programma vario, fatto di preparazione dei piatti tipici, workshop, corsi di cucina, approfondimenti sulle colture tipiche irpine, e momenti di spettacolo con un unico obiettivo: mostrare il bene che già abbiamo in Irpinia, metterlo in rete e farlo diventare un vero modello di sviluppo economico. Per noi (ma anche per il pubblico presente) una bellissima esperienza nonostante l’inclemenza del tempo! Le “nostre esperte” hanno coinvolto allegramente, preparato e distribuito tanti vassoi di matasse a chi ha partecipato al laboratorio (cosa apprezzatissima!), risposto alle curiosità sulle ricette tipiche e su varianti possibili….tanti affascinati dalla lavorazione che hanno voluto provare a replicare…per tutti, appuntamento alla prossima sagra!

La ciclovia dell’acqua che partirà da Caposele Per la prima volta, con la legge di Stabilità 2016, è stata prevista la progettazione e la realizzazione di un sistema nazionale di ciclovie turistiche, con priorità per i percorsi: • Verona-Firenze - Ciclovia del Sole • Venezia-Torino - Ciclovia Ven-To • da Caposele (AV) a Santa Maria di Leuca (LE) - Ciclovia dell'acquedotto pugliese o dell’Acqua • Grande raccordo anulare delle biciclette - GRAB di Roma. Sarà un’ottima occasione di sviluppo per tutto il territorio e, seppur si sono dovute superare, al solito, alcune piccole polemiche iniziali (partirà da Cassano, sarà annesso un tratto che collega anche Cassano ecc.) rimane questa buona iniziativa perorata, mai come questa volta, dal basso, dai comitati cittadini di cui anche la Pro loco Caposele fa parte. Il cicloturismo è un’opportunità da praticare, da sostenere in quanto sostenibile e integrabile sul e per il territorio.

Referendum Costituzionale Registriamo con piacere come, in occasione del referendum costituzionale svoltosi lo scorso 4 dicembre, a Caposele non sia mancata l’offerta culturale informativa e la possibilità di dibattito pubblico. Inoltre un paio di mesi di campagna referendaria, sono state realizzate dai diversi schieramenti, movimenti e partiti politici e da associazioni culturali, incontri pubblici durante i quali sono state illustrate, con passione e convinzione le proprie motivazioni di scelta. Grazie a tutti per aver favorito e alimentato con impegno tale utile dibattito vista anche la complessità e l’ampiezza degli argomenti in discussione!

CAPOSELE 1980, IL TERREMOTO SI RACCONTA!

https://www.flickr.com Il terremoto del 1980 lo abbiamo raccontato in tutti i suoi aspetti. Storie, tragedie, illusioni e tante immagini a contorno di cotante sensazioni. Oggi a distanza di tanto tempo, vi proponiamo una MOSTRA FOTOGRAFICA ON LINE con la quale ripercorriamo quei momenti e trasmettiamo gli attimi e le angosce, ma anche le speranze alle nuove generazioni che, fortunatamente, di quel terremoto hanno solo sentito parlare. Dalla “SELETECA FOTOGRA-

FICA “ abbiamo raccolto oltre 250 immagini (georeferenziate) che mostrano le tragiche macerie, ma anche una difficile e speranzosa fiducia. “CAPOSELE 1980, il TERREMOTO si racconta!” Il nostro catalogo on-line a disposizione di tutti!

gato alla “SELETECA pubblicazioni” che, già on-line da qualche tempo, riscuote un enorme successo di visitatori. Oggi contiene 224 pubblicazioni dedicate a Caposele e ai suoi autori.

La “SELETECA” è un catalogo-archivio fotografico de “La Sorgente” ancora in fase di allestimento e che conterrà circa 10.000 immagini in HD di Caposele, divise per categorie. Il progetto è colle-

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Turismo

Fare

Turismo

Visit Irpinia …

verso un progetto di Marketing Territoriale per l’Irpinia

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i avviamo a salutare un anno che è passato troppo velocemente, in un clima di grandi contrasti e grande confusione strategica e politica per la nostra Irpinia, un anno “perso” per la nostra concezione di tempo; un tempo considerato prezioso per la crescita della nostra terra e per il nostro futuro “turistico” di cui non andrebbe sprecato nemmeno un istante. Ci prepariamo a vivere intensamente il 2017, un anno che vedrà la celebrazione di un decennio di presenza on-line del portale irpiniaturismo.it, e di circa 14 anni di impegno, di sacrifici, di presenza e rappresentanza della nostra agenzia; una data per noi molto importante e che vorremmo segnare nelle nostre agende come occasione di rilancio e di “risultati” condivisi. In quest’ottica stiamo lavorando da oltre un anno alla realizzazione del nuovo portale aziendale a cui abbiamo voluto affiancare un importante e necessario progetto, basato sempre sulla condivisione territoriale e sul brand unico “irpinia” da tempo fermo in un cassetto; abbiamo ripreso un’azione lanciata

già nel 2010, elaborato un’idea concepita nel 2013 e lavorato al progetto tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e culturale, ma soprattutto facendo tesoro di dieci anni di esperienza sul campo. Il 10 ottobre 2016 l’Agenzia Irpinia Turismo e l’Associazione Terre Italiane hanno presentato, ai 118 comuni della provincia, il progetto “Visit Irpinia …verso un progetto di Marketing Territoriale per l’Irpinia”; un progetto che nel 2017 troverà una prima attuazione attraverso la pubblicazione e messa in rete di tutte le risorse territoriali dei 118 comuni all’interno del portale internet dedicato visitirpinia.it, per poi proseguire con tutte quelle attività per la definizione di progetti, programmi e strategie necessarie allo sviluppo dell’Irpinia, intesa come unico comprensorio territoriale (con i suoi 118 Comuni); attività che ci auguriamo possano continuare a vedere coinvolta in maniera sinergica e strategica sia la parte pubblica che quella privata, a differenza di quanto sino ad oggi

accaduto. Nell’immediato, per quello che è il nostro impegno, il lavoro iniziato consiste nell’individuazione e catalogazione di tutte le risorse del nostro territorio, rendendole fruibili ai potenziali visitatori/turisti in maniera esaustiva e tecnologicamente avanzata, considerato che ad oggi (nonostante un fiume di denaro pubblico speso in tale direzione) non esiste un canale unico in grado di fornire adeguate informazioni. A tal fine abbiamo chiesto la collaborazione attiva e diretta (e senza alcun onere) di tutte le amministrazioni comunali, somministrando loro un questionario da noi elaborato, oltre alla sottoscrizione di un protocollo d’intesa e la concessione del patrocinio morale all’iniziativa quale segno tangibile di riconoscimento e di impegno reciproco. Ad oggi ci riteniamo molto soddisfatti dei risultati che giorno per giorno stiamo ottenendo, a differenza di un fallimento accusato tanti anni fa per una iniziativa analoga, segno anche di una maggiore attenzione e/o interesse alle opportunità che il turismo può generare. A circa trenta giorni dai primi contatti

di Agostino Della Gatta oltre trenta amministrazioni hanno già aderito al progetto e stanno lavorando alla elaborazione dei contenuti, circa 25 stanno predisponendo gli atti amministrativi, e le altre stanno man mano valutando e dando la loro disponibilità. Tra i tanti comuni che ad oggi hanno aderito è con piacere che segnaliamo anche Caposele; un’adesione di cui ovviamente siamo ben felici, viste le nostre tante attività e collaborazioni che da diversi anni condividiamo con la comunità caposelese. Una adesione che vedrà anche il coinvolgimento dei tanti ragazzi impegnati con il progetto Festival Art che, oltre alle attività di progetto, collaboreranno attivamente alla compilazione del questionario con l’elaborazione delle conoscenze acquisite nel loro percorso formativo, grazie sempre al continuo sostegno e coordinamento della locale Pro Loco. Con l’auspicio che anche questo nostro ulteriore impegno possa vederci ancora partecipi e presenti nella vostra comunità, l’occasione è gradita per augurarvi buone feste.

IL PROGETTO "VISIT S.GERARDO"

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San Gerardo qualcosa si sta muovendo dal punto di vista della promozione turistica, spinti dalla necessità di fare gruppo e avviare un progetto serio intorno al Santo ed alla Valle del Sele, nell’ottica della definizione di una strategia chiara di Destination Management. Un gruppo di imprenditori, supportati da 4 giovani, tra studiosi e appassionati della materia, si stanno facendo promotori di un ambizioso progetto lanciato proprio il giorno di San Gerardo, domenica 4 settembre: www.visitsangerardo.it Da più parti, infatti, si parla da sempre della necessità di fare rete e di collaborare ma, purtroppo, soprattutto a causa dell’assenza di una promozione turistica pubblica, non si è mai riusciti a costruire un vero percorso di collaborazione produttiva che punti ad un obiettivo chiaro con la definizione di strategie, azioni e tempi. Cosa che invece visitsangerardo.it spiega benissimo, in maniera chiara e precisa sul portale che illustra l’iniziativa. Un progetto il cui obiettivo principale è quello del dialogo e della rete

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per arrivare a promuovere meglio la destinazione San Gerardo e Alta Valle del Sele attraverso l'aggregazione e le opportunità che la rete d’impresa offre. Un progetto che parte dal basso, supportato degli stessi privati che si sono fatti comitato promotore, con l’idea di allargare la compagine a più imprese (del comparto turistico e non) possibili. Tutti i dettagli e gli obiettivi sono ampiamente specificati su sito web dell’iniziativa, dove si legge chiaramente che si vuole “organizzare la destinazione turistica San Gerardo e Alta Valle del Sele attraverso su sistema di Destination Management Organization promosso da privati. Il progetto punta a costruire una destinazione turistica completa con la definizione di una strategia in grado di favorire l’incontro tra la domanda e l’offerta turistica per proporsi sul mercato in maniera vincente”. Il comitato promotore però, prima di valutare la tipologia di forma aggregativa da costituire, ha aperto

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una call a tutti coloro che voglio contribuire (consapevoli dell'impegno e dell'importanza di mettersi in gioco in prima persona), chiedendo di iscriversi al progetto. Per partecipare ed essere informati sugli sviluppi basta compilare il format sul sito web. Ad oggi già diversi operatori hanno aderito all’iniziativa, e si è in attesa di definire la tempistica per il primo passo: la costituzione di un organismo in grado di realizzare tutto ciò che è stato programmato. A differenza del passato c'è una linea guida, degli obiettivi chiari, azioni e tempi in cui realizzarli, scritti nero su bianco. Non più parole o promesse non mantenute, ma determinazione e chiarezza sul da farsi, senza supporto iniziale di finanziamenti pubblici, contro la classica cultura irpina. Per competere su scala naziona-

di Letizia Malanga

le non è più possibile agire da soli. E’ necessario aggregarsi e fare rete, ed il progetto visitsangerardo.it può davvero essere un serio punto di partenza.


Attualità

Dal diario di Marcella

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os’è un’emozione? Usualmente si è portati a rispondere con la tipica accezione da vocabolario: un’impressione viva, un turbamento, un’eccitazione. Ma cos’è veramente? Qual è quest’impressione viva che così forte sembra possederci e diventar una cosa sola col nostro corpo? Si potrebbero dire tante cose, dalla cosa più effimera a quella più duratura e profonda. Che poi, non son anche le cose effimere quelle più profonde e durature, che arrivando e andando via all’improvviso ci lasciano il desiderio di riviverle di nuovo? Qual è l’emozione più grande che provi quando torni a Caposele? Mi hanno chiesto. Non ho potuto far a meno di rispondere che ogni volta che torno a casa non posso non recarmi in un posto, dove le emozioni scorrono velocemente; non faccio in tempo a raggiungerne una che la prossima arriva di già. Ogni volta che torno a casa devo

andare lì, necessariamente, al parco fluviale. Che sia d’estate, d’inverno, d’autunno.. non c’è luogo che mi dà più pace, non c’è luogo che mi dà più tranquillità… Quegli alberi che sembrano abbracciarti dall’alto come a proteggerti, quel ponticello che sembra poter venire giù da un momento all’altro ma che, ogni volta che mi ci siedo con i piedi a penzoloni, non fa altro che confermare la sua stabilità, la sua certezza… come quelle persone delle quali sei sicura che saranno lì a sorreggerti anche domani. Ma soprattutto… quel fiume. L’emblema dei miei pensieri, che insieme ad esso scorrono velocemente… Dal ponticello, seduta, rivolgo lo sguardo verso il basso, appoggiando le braccia sulla staccionata… sono rilassata, sempre. Osservo il fiume che scorre sotto i miei piedi, e ogni piccola increspatura prende significato. Osservo con attenzione, quasi come a cercare un qualcosa di nascosto fra le varie pietruzze disposte come a prender forma… sono attenta, ma è un’attenzione che

di Marcella Salicone

tende a dissolversi in tanti pensieri, effimeri, non li riesco a controllare. Scappano via… come il volto di quel fiume che non è mai lo stesso. Sembra raccontarmi sempre qualcosa di diverso. Osservo, e ci vedo un sorriso, uno sguardo…comincio a volare con i ricordi, a vedere persone, a riaffiorare discorsi, parole.. a pensare al futuro, a quello che sarà, e a quello che sarò. Il riflesso dei miei piedi sull’acqua mi riporta al presente. Sono di nuovo sola, ma viva, intrisa di emozioni e di vita. Sono a Caposele… e sto bene. È speciale. È quel paese che… basta un fiume che scorre e ti senti completa; basta un fiume che scorre per poter essere dove vuoi, rimanendo nel posto più bello.

LA MEMORIA DELL’ACQUA

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ocufilm del cileno Patricio Guzman, così il critico Fabio Ferzetti sul “Messaggero” di

Roma: “poema cosmico, saggio stravagante, ricognizione storica, grido d’amore e dolore per il suo paese”. Parole e sentimenti che ritrovo a Caposele quando nei discorsi che accompagnano l’inevitabile passeggiata alla Sanità, si affaccia il tema dell’acqua. Il film parte dalla Patagonia, regione all’estremo sud dell’America, e dai suoi abitanti, indigeni che si sfidavano Capo Horn in canoa, con trasmigrazioni famigliari che duravano anche un anno. Vivevano di acqua e di cielo, che con le sue stelle, anime dei morti, faceva loro compagnia nelle estati buie del Polo. Le stelle, oggi scrutate con il più potente telescopio del mondo, proprio lì installato, le dipingevano sui propri corpi, con un tatuaggio denso di spiritualità ed esistenzialità. Così mi sento anch’io, di origine caposelese, quando non posso fare a meno di passeggiare lungo il percorso delle sorgenti o salire di notte alle cantine, dove le stelle sovrastano e completano la vista su Caposele.

Siamo indigeni con le stelle sul corpo e l’acqua nell’anima, l’acqua che all’origine della vita e nei lunghi percorsi storici ha rappresentato tutto per Caposele, direi la sua ragion d’essere. L’acqua che nel suo perenne movimento accumula storia, ricordi, emozioni, fatti di speranza e di disperazione, risultati esaltanti e tragedie enormi. L’acqua che scendeva dalle colline e dai monti intorno a Roma e che rendeva la città unica al mondo, contribuendo in modo determinante alla sua forza. L’acqua dell’Atlantico, che ha inghiottito i dissidenti politici delle dittature del Sudamerica, o quella del Mediterraneo, che nelle due guerre mondiali ha accolto migliaia di uomini e che ancora oggi continua ad inghiottire migliaia di persone che fuggono da condizioni di vita divenute atroci. L’acqua di Caposele, dai miracoli della Sanità durante le epidemie della peste e del colera, alle attività produttive lungo il fiume, alla fertilità dei campi, così libera nel suo percorso naturale. L’acqua, oggi convogliata verso

la Puglia, essenza vitale di una regione che ne ha sempre sofferto la mancanza, secondo un percorso lungo e ramificato, scolpito nella pietra commemorativa collocata al punto finale dell’acquedotto a S. Maria di Leuca. “Acqua che danza, che dorme, che gorgoglia, che aspetta. Acqua che salva, trasforma, tramanda. Film vertiginoso ma limpido, lirico e fattuale, straziante e molto illuminante. Unico e indispensabile” (Fabio

di Ernesto Caprio

Ferzetti, Messaggero). Insomma è proprio da vedere questo film (“El boton de Nacar”, La Memoria dell’acqua, di Patricio Guzman), palma d’oro 2016 al festival di Cannes per la migliore sceneggiatura.

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Eventi letterari

Eventi letterari

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on grande onore “La Sorgente” ha dimostrato la sua presenza in forma di patrocinio ai due eventi in Costiera Amalfitana: Raitolibri 2016 e Premio Nazionale Letterario Borgo Albori 2016”. A Raitolibri 2016 l’autrice Sina Merino ha presentato il suo libro “La Cartiera” le quali origini sono proprio alla Preta vicino Caposele. All’evento le è stato conferito il titolo “Ambasciatrice Culturale nel Mondo” dell’associazione Joseph Beuys ed oltre, presidenziato dalla dott. Maria Grazia Salpietro con sede a Cava de Tirreni.

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L’autrice ha avuto il grande onore di premiare Toni Capuozzo, noto giornalista e documentarista del programma televisivo “Terra” che va in onda su Rete4. Toni Capuozzo ha ricevuto il premio speciale “Borgo Albori” per la sua prestigiosa carriera da giornalista e la sua ultima opera “Il Segreto dei Maro’”. All’evento stesso Sina Merino ha premiato anche Vincenzo Fresa, che alla fiera età di 90 anni, ha scritto il suo primo romanzo “La Breve Giornata di Diego Muscariello” edito da Edizioni Paguro.

CONVIVIO

a legna scoppietta allegramente nella stufa, il coperchio della “pignata” borbotta al sobbollire dei ceci, Lucia osserva soddisfatta le matasse di pasta sulla spianatoia, pronte per essere tagliate, mentre scrolla la farina dalle mani, getta uno sguardo circolare sulla cucina: nell’acquaio, una “conga" attende l’acqua di scolatura della pasta, che mista a soda sgrasserà le stoviglie, un’altra mostra quella limpida della sorgente, pronta a sciacquarle, di fianco la ciotola con acqua ed aceto, per rigovernare fornelli e rame…dal piano della credenza i porcini trifolati spandono il loro profumo e sul tagliere le fette di muffletto, ancora tiepide, rilasciano lievi sbuffi di condensa: tutto è a buon punto! Il debole sole, che rischiara quella fredda giornata invernale, scivola nel suo arco, e Lucia accorre a ritirare dal davanzale l’imbottita, con rapido gesto l’allarga sul letto, rimboccando la piega sui cuscini. Prima di uscire nell’orto, rinvigorisce il fuoco con una fascina di vite,

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di Sina Merino

e avvolge le spalle in una mantella di lana. L’aria è frizzante, avanza sul terreno incerto sorreggendo una “sporta” e, sollevato lo sportello della “nevera” scavata nel terreno, rimestando tra i pacchetti, ne trae un panetto di burro e le trote pescate nel laghetto. Un muggito la richiama dalla stalla, e si appresta a travasare, dal bidone in una brocca, il latte da bollire. Le galline accorrono ai suoi piedi chioccianti, è l’ora del primo pasto. Lucia preleva granaglie dalla tramoggia, e gorgogliando un richiamo, sparpaglia sul terreno pugni rigonfi di pastone. Infine, dalla cantina, fa incetta di due bottiglie di vino color rubino e di una dozzina di uova conservate nel sacco della crusca: ha già tritato le nocciole, e mentre le trote arrostiranno sulla fiamma, avrà tempo per preparare gli amaretti! Nella cucina i profumi si mescolano nell’aria, e mentre Lucia sforna l’ultima teglia di rigonfi pasticcini, dalla strada giunge il rumore di zoccoli. La tavola già è imbandita e le matasse si «‘namorano» dei ceci nella

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di Milena Soriano

zuppiera, sulla “fornacella” è pronto il bricco per l’orzo, e il treppiede, con la padella colma di castagne, attende il dopo pasto accanto al camino! La porta si spalanca! Con vociare allegro e confuso irrompono i bambini, impazienti di mostrare ciò che hanno portato dalla fiera. Li segue sornione e soddisfatto il capofamiglia, con la tabacchiera in una mano, e l’altra nascosta nel panciotto di velluto. Con rude e veloce pudore, sfila dalla tasca un pacchetto, e porge alla moglie quel nastro per la sottana nuova,

che lei aveva tanto desiderato! Il mercato è andato bene, egli ha venduto e comprato: sul barroccio cassette e stie sono vuote, accanto ad esse sono impilati sacchetti di sementi, e lucidi falcetti e zappe scintillano al sole, finanche il mulo ha un sonaglio nuovo! Dalla cucina giungono rumori di stoviglie, scoppi di risate, e un abbaiare allegro…televisori e cellulari non sono ancora entrati nelle case, e la famiglia è unita nel lieto convivio!


Cultura

COME UN TENACE E LUCENTE FILO DI SETA

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aro Direttore, so che il tuo desiderio è che si scriva di Caposele, ma per questa volta ti chiedo di fare una deroga, considerata l’eccezionalità del personaggio di cui vorrei parlare: Micol Fontana, delle celebri Sorelle Fontana, storico Atelier di Alta Moda. Ora anche Micol non è più con noi; ci ha lasciato più di un anno fa. Di lei e della sua lunga intensa vita hanno scritto nel tempo le più prestigiose testate del mondo ed io vorrei ricordarla anche sulle pagine del tuo bel giornale, che lei conosceva attraverso me. Esco quindi dai confini geografici per raccontare una storia che rammenta quella di tanti altri “grandi vecchi” di cui è ricca la narrazione de “La Sorgente”: i loro valori, le speranze, lasciare il proprio paese di origine per inseguire il sogno della vita e cercare di realizzarlo con determinazione e sacrifici, lottando contro ostacoli e malinconie. Chi più, chi meno: l’inesperienza della giovane età, lo smarrimento, la forte emozione del distacco, la nostalgia sono state le stesse. Rimane il messaggio ancora attuale di guardare avanti, di “lanciare il cuore oltre l’ostacolo”, anche se diversi evidentemente saranno i traguardi raggiunti a seconda dei talenti in possesso. Micol, Zoe e Giovanna sono entrate nella leggenda. Pioniere del made in Italy nel mondo per la moda, quella Alta Alta, la loro vita è come un romanzo, tanto da ispirare una ben fatta fiction televisiva di grande successo, seguitissima anche all’estero. Perché? Perché narra la storia delle” tre ragazze di Traversetolo,” un paese vicino Parma, che lasciano il laboratorio della mamma sarta, come era sarta la nonna, poiché quel “piccolo mondo”stava loro stretto, partono per Roma alla fine degli anni Trenta” in cerca di fortuna” e ci riescono alla grande. E’ un affascinante percorso di affermazione artistica e professionale e, dal punto di vista umano, una significativa lezione di tenacia, di fede, di ferrea volontà, di coraggio nel superare le avversità e i dolori che non sono mancati. E’, soprattutto, un ammirevole esempio di legami familiari strettissimi, di affetto e condivisione. Ecco il grande motore della loro fama internazionale, suggellata dalla creazione di abiti da sogno per donne belle e importanti: da Linda Christian a Audrey Hepburn e Ava Gardner, da

Jacqueline Kennedy a Grace di Monaco, dalle Principesse di Casa Savoia a Soraya Imperatrice di Persia. Un’attività di raffinato artigianato che ha abbracciato più di cinquanta anni di successi, coniugando tradizione, creatività, eleganza, innovazione, bellezza, uniti a passione e tanto lavoro. Queste mie righe vogliono essere un piccolo omaggio ad una grande donna, che insieme alle sorelle ha molto significato per me, con la quale ho avuto il privilegio di collaborare per tanti anni. Quindi oggi voglio ricordare Micol così… È il giorno del suo centesimo compleanno: 8 Novembre 2013. La festeggiata è attesa dal Sindaco e dalle più alte autorità di Roma nella imponente Sala di Marco Aurelio in Campidoglio, gremita di amici, giornalisti, fotografi. Entra accompagnata dai nipoti, accolta da una lunga standing ovation. Cento anni hanno lavorato su di lei in modo amabile; è più minuta, più fragile, la mente vivace e lucida, lo sguardo attento e incuriosito. I capelli sempre perfetti sono trattenuti in modo vezzoso da piccoli fiocchi; al collo la collana di perle, dettaglio inconfondibile di tutte e tre le sorelle; le mani, un tempo abilissime nel plasmare i tessuti, sono sottili e sempre curatissime. L’abito che indossa, rigorosamente “un Fontana”, scelto da lei, è verde, come verde è ancora la voglia di vivere e comunicare. Con orgoglio esibisce, appuntata sulla giacca, l’Onorificenza di Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica conferitole dal Capo dello Stato tempo fa: giusto riconoscimento per aver dedicato la vita a rendere bella ed apprezzata la nostra moda nel mondo, simbolo dell’eccellenza italiana. Mi guarda e sorride. Lo so che per lei sono sempre “una fanciulla”. Ero così quando entrai nel celebre Atelier di Piazza di Spagna e incontrai prima Zoe, poi Micol e Giovanna, le mitiche Signore della Moda, iniziando la mia attività di disegnatrice e poi anche di indossatrice. Non immaginavo allora quali legami di affetto e di stima sarebbero nati, quanta strada della nostra vita avremmo percorso insieme e quanto con loro sarei cresciuta professionalmente in un campo tutt’altro che effimero. Felice, ringrazia commossa per le tante affettuose testimonianze di ammirazione. E’ toccante ascoltare da voci di-

di Luisida Caprio

Luisida Caprio con Micol Fontana

verse gli episodi che, seguendo il filo del tempo, vanno a comporre la trama avvincente di una lunga vita vissuta intensamente. Si narra di famiglia e di affetti, sfiorando delicatamente i ricordi del passato; si celebra il presente augurando una luminosa continuità. Si parla non solo di splendidi abiti esposti in Musei importanti, ma anche di prestigiosi incontri con Presidenti, Re e Papi; di collaborazioni con famosi nomi del mondo dello spettacolo e dell’arte; di amicizia con personalità di scienza, di letteratura, di fede. La osservo, fieramente invecchiata, e penso alla giovane donna che armata di talento, coraggio, tenacia iniziava un’avventura: non poteva allora supporre quanto sarebbe diventata grande e bella la sua storia. Micol Fontana continua a” vivere”nella Fondazione che porta il suo nome, da lei fortemente voluta nel lontano’94 a ricordo delle amate sorelle, alla quale si è dedicata totalmente dopo la chiusura del loro celebre Atelier. Dichiarata Archivio storico di notevole importanza, nonché Istituto culturale della Regione Lazio, la Fondazione è un prezioso scrigno che racchiude abiti, ricami, figurini e altre memorie della grande Casa di Alta Moda, resa fruibile mediante visite guidate, incontri, mostre. Vi si avverte un’atmosfera densa di storia, di creatività “fatta a mano”. Accanto alle varie attività culturali e sociali, quella didattica ha una valenza particolare, con l’istituzione di Seminari, voluti dalla grande stilista, da me diretti, dove si insegna ai giovani

creativi come nasce un abito di Alta Moda, nonché la preziosità e l’impiego dei diversi tessuti. Durante le lezioni era uno spettacolo vedere Micol con i giovani. Cento anni di esperienza e saggezza a contatto con i ragazzi affascinati dalla sua personalità e dal suo emblematico passato, ultima testimone della grande “battaglia”effettuata e vinta negli anni Cinquanta per l’affermazione dello stile italiano nel mondo della moda, fino a quel momento sovranità francese. Alle tante domande rispondeva volentieri, in maniera costruttiva, da ottima comunicatrice, rivelando modernità e aderenza alla realtà, con un consiglio perentorio: lavorare, lavorare, lavorare e con uno specifico avvertimento: bando alla volgarità, sì all’eleganza, all’equilibrio, al buon gusto. Per lei la moda con la M maiuscola era un insieme di fantasia creativa, tecnica artigianale finissima, ricerca e sperimentazione. Fino all’ultimo è stata il faro, maestra di stile e di vita, perfettamente a suo agio tra gli irripetibili abiti delle sue illustri clienti ed amiche, custode e paladina delle radici della nostra moda, ma sempre pronta a nuove iniziative e progetti. Ora la Fondazione è amorevolmente condotta dagli affezionati nipoti, ma lei c’è sempre e tra preziose sete e ricami sembra di sentire ancora il suo profumo. Tutto continua... “nel nome di Micol”.

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Ricordi

LE MAMME-MAESTRE

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’improvvisa e dolorosa scomparsa della Sig.ra Piny, la “maestra Pinì ”, mi ha fatto percorrere a ritroso il nastro della memoria dando forma e voce ai ricordi più belli della mia infanzia ,in particolare a quelli legati alla scuola elementare. Ed il pensiero è corso alle mamme-maestre (Sisina, Pinì,Rinuccia, Assunta, Ines, Velia, Amina), insegnanti di quella scuola che ancora non conosceva il “brainstorming” o la “flipped-classroom” della didattica moderna. Mamme - Maestre , le chiamo così non solo perché mamme di alcune delle mie più care amiche , ma anche perché insieme alle “ nubili”, come la “ signorina Freda” e la maestra Annamaria Sena, erano insegnanti che nell’accogliere generazioni intere di alunni esercitavano un vero e proprio ruolo genitoriale piuttosto che quello di semplici precettrici. Chi non ha apprezzato il sorriso e la serenità di tutte loro, di fronte alla espressione di sofferenza che mostravamo nel varcare la soglia del portone della scuola, carichi delle rigide ed incolori cartelle più grandi delle nostre piccole spalle?

Io me li ricordo tutti i compagni di scuola delle elementari ,soprattutto “li cumpagni r for”, quelli cioè che abitavano in campagna. Ripenso al lungo percorso che erano costretti ad affrontare per arrivare a scuola a piedi da “Pasano” , “ lu Macchione”, “la Palmenta”(allora gli scuolabus erano sconosciuti),tutti con le mani ed i volti “rubicondi” d’inverno quando, talmente infreddoliti, avevano difficoltà anche solo ad impugnare le matite e le biro per scrivere. Eppure destavano tanta invidia ! Erano loro ad annunciarci che la primavera era alle porte, quando recavano in dono alla “signora maestra”quei mazzetti di viole che raccoglievano durante i pomeriggi di guardia al gregge e che li sfidava ,in una sorta di gara, a comporre il bouquet più bello e colorato. Competizione dalla quale io -come tutti gli alunni “ r’ lu paese”- eravamo inevitabilmente esclusi, con evidente rammarico perché ci sembrava che quei “doni” potessero orientare la benevolenza delle maestre anche nei voti. Il profumo così intenso di quei pic-

di Paola Majorana coli fiori, che ogni giorno venivano rinnovati, riempiva la nostra grigia aula così come irradiava il volto delle mammemaestre che, con quei mazzetti in mano all’uscita da scuola, finivano per arricchire anche le loro case. Mi commuove il ricordo della mia mamma di ritorno da scuola con le sue colleghe Sisina, Piny ,Rinuccia,Annamaria, Assunta, sempre a braccetto. L’appuntamento con loro era immancabile : al mattino prima dell’inizio delle lezioni si intratteneva nel lungo e buio corridoio a discorrere di scuola e non solo , approfittando dell’indimenticabile Peppe Competiello, solerte e diligente bidello che durante questa “pausa didattica” si barcamenava tra le varie classi “scoperte” tentando di mantenerne l’ordine. Quei confronti ,quegli scambi di idee ,poi, continuavano brevemente nel tragitto durante il rientro a casa mescolandosi con i discorsi più propriamente casalinghi , quando ciascuna di loro, terminate le incombenze lavorative pubbliche diventava semplicemente ed esclusivamente “mamma di famiglia”. Questo rituale è rimasto lo stesso per

tanti anni fino alla scomparsa di mia madre e poi, penso, anche oltre . La scuola di allora era veramente una “grande famiglia “ed i rapporti che si instauravano erano solidi, duraturi e veri, andando ben oltre i rapporti di colleganza : MAI uno screzio, MAI una discussione, MAI un fraintendimento, MAI una maldicenza. Mia madre mi raccontava, per esempio, dei bellissimi pomeriggi trascorsi tutte insieme a casa della maestra Sisina (ndr D’Auria) , a gustare i babà, i cannoli, i susamielli, “li pezzetti” ( i mustacciuoli ) e tutte le prelibatezze che preparate magnificamente con quelle “mani di fata”,ancor oggi, nulla hanno da invidiare alla grande “patisserie”. Nel ricordo mi sembra di rivivere quei momenti di convivialità e di semplicità ma sono convinta che le mamme maestre ,quelle che incutevano un certo timore riverenziale anche nelle giovani generazioni di insegnanti,non torneranno più perché il tempo, la fiducia e la genuinità che le avevano generate non si addicono ai nuovi tempi, ai nuovi registri ed ai nuovi discepoli.

UN PARCO COMUNALE VICINO AL FIUME

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ei miei tanti giorni trascorsi in un campo sportivo, ho notato una cosa. Spesso mentre ci allenavamo arrivava qualche persona: chi per leggere un giornale, chi per portare fuori il cane, chi per far respirare un poco d’aria buona al proprio bambino. Queste presenze mi piacevano molto, ero contento che vedessero il duro lavoro dei miei ragazzi durante la settimana; ci facevamo compagnia a vicenda. Ovviamente si defilavano per lasciarci spazio e si accontentavano della parte di campo che non utilizzavamo. Ciò accadeva sia a Palmenta che a Caposele in particolare, e mi veniva di pensare che mancasse qualcosa nel nostro paese: UN PARCO COMUNALE. Uno spazio, cioè nel quale ci si potesse muovere in tranquillità, passeggiare, leggere. E forse quello era, anzi è veramente il posto giusto. Ricordo che allo stadio “A.Liloia” era in progetto qualche anno addietro il rifacimento dell’impianto, con la prospettiva di un sintetico e con le relative utenze. Ricordo di essere stato contrario a questa idea e di aver espresso il mio pensiero anche qui su “La Sorgente” con un articolo, oltre che nelle sedi opportune. Ritenevo che un impianto sportivo ci fosse già a Palmenta e che andasse potenziato quello, magari con l’installazione del sintetico al calcetto per far da motore al tutto il resto. Tornando al tema centrale

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dell’articolo, ovvero le sorti del Campo di Caposele, io ho un’idea chiara: andrebbe trasformato in un Parco Comunale. Attualmente l’impianto versa in uno stato molto transitorio e viene utilizzato sporadicamente; non vi si fa più allenamento, né tornei da un bel poco. Io, in verità, ci vado tutt’ora spesso, anche da solo; mi alleno e intanto sento intorno a me l’eco delle migliaia di allenamenti svolti, delle tante partite fatte; è un luogo che certamente dà tranquillità. Ma questa nostalgia va superata. In realtà il gioco fatto lì negli anni passati non è mai stato calcio, né tantomeno calcetto: diciamo che si trattava di una sorta di calciotto a 11, che tuttavia ci piaceva. I reparti lunghi non esistevano, la difesa non c’era bisogna che salisse, gli attaccanti non necessitavano di rientrare, i centrocampisti potevano fare fase offensiva e difensiva senza problemi….scusate la digressione, capita. Però ora è il momento di guardare avanti come dicevo. Io un’idea ce l’ho, e lì in quello schizzo che vedete e la propongo qui adesso, lanciando la palla, è il proprio il caso di dirlo, a chi la vorrà raccogliere. Facciamoci una Villa Comunale dunque: siamo sul fiume, uno dei posti più belli di Caposele. Guardate il disegno, meglio definirlo uno schizzo di un’idea: 1) Il calcio non lo si abbandona:

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facciamoci un ampio calcetto (rigorosamente non in sintetico nella natura!) nel versante in fondo, occuperebbe meno di una metà campo attuale, ovviamente da poterlo rendere polivalente così da sfruttarlo anche per altri sport 2) Smaltiamo quel vecchio prefabbricato e facciamoci un piccolo spogliatoio 3) Perimetralmente facciamoci una pista, sterrata magari, per rimanere sul naturale, vedrete quanta gente andrà a correrci 4) Nella parte centrale mettiamoci una serie di giochi per bambini, scivoli, piccole giostre, dove tante mamme potranno portare i loro bambini 5) Nell’altra metà campo, quella che dà sulla strada, mettiamoci tante panchine, facciamo delle aiuole e delle piazzole con qualche alberello: in mezzo una bella fontana ovviamente, siamo il paese dell’acqua. Tante persone andranno lì a leggere, a portare il proprio cane, a rilassarsi. Non sono un tecnico, anche se conservo gelosamente il mio Diploma da Geometra più della Laurea, ma credo che con 50.000 euro si possa avviare tranquillamente

di Roberto Notaro il tutto. Ci sono poi tanti fondi a cui attingere o progetti da presentare per la valorizzazione del verde e delle zone urbane centrali. Valorizzare gli spazi limitrofi, migliorare il campetto da bocce, mettere il tutto in sicurezza e garantirne la pulizia e la sorveglianza. Una bel Parco Comunale a Caposele, vicino al fiume. Una cosa che manca, una cosa facile da realizzare, una cosa che credo serva.


Dialogando

DIALOGANDO CON… LORENZA ILARIA, Di Luigi Nerio Fungaroli “LA MIA VITA? GESÙ CRISTO!” Continua la rubrica di interviste “DIALOGANDO CON…”. Protagonista di questa intervista è Lorenza Ilaria, ventenne caposelese postulante delle Suore Gerardine. La nostra cara Lorenza ci parla, con la saggezza e la profondità d’animo che da sempre la contraddistinguono, del suo importante percorso che la porterà, come dice lei stessa, a diventare “Sposa di Cristo”. Domande identikit: - Colore preferito? Verde. Più acceso è e meglio è. - Film preferito? “La teoria del tutto” del 2014 di James Marsh - Canzone preferita? “ Penso positivo” di Jovanotti. Anche se mi piace ascoltare ogni tipo di genere musicale. - Libro preferito? “ Le Confessioni” di S. Agostino. Ma adoro anche i classici come Leopardi, Ungaretti, Montale. - Dolce o salato? Salato tutta la vita! - Quale personaggio del passato ti piacerebbe incontrare? Non mi dispiacerebbe incontrare Albert Einstein, sinceramente. D. Lorenza, qui a Caposele, bene o male, ci conosciamo tutti. Se tu dovessi presentarti a chi non ti conosce, cosa diresti? Salve, mi chiamo Lorenza, ho 20 anni e sono una postulante delle Suore Gerardine. Mi spiego meglio. Ho iniziato il percorso che mi porterà, se Dio vuole, a diventare una consacrata, una suora Gerardina, sposa di Cristo, insomma. La passione più grande che ho è per l’Inter (ahimè, nessuno è perfetto!) e più in generale per il calcio. Passione che coltivo costantemente anche in convento, seguendo ogni domenica il campionato e costringendo, quasi, le altre suore a vedere le partite che trasmettono in tv, dalla Nazionale alla Champions! Porto sempre con me la mia inseparabile amica: la macchina fotografica. Mi piace immortalare il momento, così come viene (non sempre bene!), in modo da renderlo visibile anche agli altri e non solo averlo impresso nel mio cuore e nella mia mente. Adoro la montagna e il verde, di più se in compagnia delle persone a cui tengo maggiormente. Come tutti ho anch’io i miei numerosi difetti. Il peggiore, a mio parere, è l’essere un pochino, non esageratamente, testarda, “capa tosta”, cocciuta! Se poi lo uniamo con un tantino di suscettibilità ne esce fuori un mix difficile da gestire. Ma col crescere e maturare sto, pian piano, imparando a gestirmi. Che dire in più. Questa sono io. Nel bene e nel male, nel mio piccolissimo, seguendo Cristo, e con il Suo aiuto, qualcosa di buono posso riuscire a farla. Spero con tutto il cuore che delle tante persone migliori di me che si trovano in giro, la stragrande maggioranza possa fare tanto bene a chi si trova in difficoltà. “Cristo non ha mani, ha soltanto le nostre mani per fare il suo lavoro oggi. Cristo non ha piedi, ha soltanto i nostri piedi per guidare gli uomini sui suoi sentieri. Cristo

non ha labbra, ha soltanto le nostre labbra per raccontare di sé agli uomini d'oggi. Cristo non ha mezzi, ha soltanto il nostro aiuto per condurre gli uomini a sé. Noi siamo l'unica Bibbia che i popoli leggono ancora. Siamo l'ultimo messaggio di Dio scritto in opere e parole. E ora tocca a voi battervi, gioventù del mondo; siate intransigenti sul dovere di amare. Ridete di coloro che vi parleranno di prudenza, di convenienza, che vi consiglieranno di mantenere il giusto equilibrio. La più grande disgrazia che vi possa capitare e' di non essere utili a nessuno, e che la vostra vita non serva a niente.” (Don Giovanni Bosco) D. Lorenza bambina, Lorenza liceale e la Lorenza di oggi. Associa ad ogni fase un aggettivo che la rappresenti. Lorenza bambina è molto semplice definirla: MASCHIACCIO. Da piccola passavo la maggior parte del mio tempo con i miei cugini maschi grazie ai quali ho ereditato la passione per il calcio. Inoltre stavo sempre tra i piedi di mio zio che aggiustava ogni tipo di mezzo che possedesse delle ruote. E questo spiega come Lorenza bambina amasse ricercare il pericolo con le due ruote, che si trattassero di biciclette o motorini. Lorenza liceale è una Lorenza INQUIETA e TURBATA, ciò è dovuto sicuramente anche all’età. Ma già dal periodo liceale si insinuavano in Lorenza dubbi e domande a cui non riusciva a dare risposte esaurienti se si sarebbe dovuta basare solo sul mondo in cui viviamo. E’ già dal periodo liceale, come lo chiami tu, che Lorenza iniziava a capire qualcosa di sé … E questo la destabilizzava tanto. Lorenza Ilaria oggi è una ventenne FELICE e ORGOGLIOSA. Felice perchè, NONOSTANTE TUTTO, ha capito, e sta seguendo, quella che è la sua strada e il progetto che Dio ha fatto per la sua vita. Orgogliosa perchè è riuscita a trovare la forza e il coraggio della scelta. E ancor di più, perchè ha saputo dare un nome a tutto questo: Gesù Cristo! D. Lorenza oggi è una ragazza che ha iniziato un cammino di fede molto importante. La tua religiosità è sempre stata forte oppure si è rivelata pian piano? Lorenza non ha mai avuto niente a che fare con Gesù. Andava a messa solo per non sentire nelle orecchie catechiste e via dicendo. Non sapeva minimamente chi fosse quel Gesù che tutti avevano in bocca. Ma quando quel Gesù che tutti decantavano ha iniziato, pian piano, a parlare al suo cuore, ogni giorno sempre più forte, Lorenza ha iniziato a conoscerlo profondamente, non fermandosi alle sole parole che si sentiva dire, ma iniziando a vederlo nelle persone più sofferenti che aveva vicino. Iniziava a sentire dentro di sé che era suo dovere aiutare quelle persone perchè vedeva in loro lo stesso Gesù sofferente in croce. D. Arriviamo adesso al momento forse

più importante di tutto questo percorso. Quando hai capito che il Signore ti stava chiamando? "Se impariamo ad ascoltare scopriremo che Dio non smette mai di chiamarci" (Amedeo Cencini). Partiamo dal presupposto che tutti noi siamo “chiamati”. Tutti noi, in quanto cristiani e credenti, siamo chiamati da Dio a portare la Sua Buona Novella a tutti e dappertutto. Prima di sentire dentro di me questo forte amore e la necessità di farlo conoscere agli altri, ce n’è voluta di strada! Come già ti ho detto, non sono mai stata una persona molto credente, anzi tendevo più a servire il “nemico” che Cristo. Apparentemente non mi mancava niente. Potevo definirmi la ragazza più felice del mondo. Avevo, ho tutt’ora, una famiglia che mi ha sempre lasciata libera, amiche straordinarie, rapporti con l’altro sesso felici, tra alti e bassi, a scuola riuscivo a cavarmela sempre. In pratica, stavo da Dio! Chi stava meglio di me!? Eppure questa vita la portavo avanti, non la vivevo appieno. E’ da questo momento che dentro di me iniziava a muoversi quella che poi si è rivelata essere la mia vocazione. Non è semplice dare un nome a tutti questi sentimenti/sconvolgimenti. Le domande, le perplessità, le paure sono state, e sono ancora oggi, tante. Ma ti posso assicurare che a tutte queste domande, a tutte queste paure, a tutta questa vita, che agli occhi degli altri non ha senso e valore, io ho trovato la risposta o meglio è stata la risposta ad aver trovato me: Gesù! D. Rivelare la straordinarietà di questo messaggio non è stato sicuramente semplice, almeno credo. Ricordi quando hai detto alla tua famiglia, ai tuoi amici "Voglio iniziare questo percorso di fede, voglio farmi suora!" ? A chi lo hai detto per primo? Parlare di sé non è mai semplice. Sono una persona molto riservata e chiusa quando si tratta di me. Durante tutto il mio percorso di crescita spirituale, ma anche, e soprattutto, umana, ho serbato tutto dentro di me, nel mio cuore. All’inizio per paura dei giudizi (maledetti giudizi!) sia da parte delle persone che mi conoscevano da sempre, sia da parte delle persone estranee che non avrebbero compreso, e tutt’ora non comprendono, il perchè di questa mia scelta. Successivamente la paura si è trasformata in attesa. Attesa del momento giusto per poter dire una cosa così delicata e fondamentale che riguardava me, ma che investiva, come un uragano, tutte le persone a me più care. Il cambiamento, ormai, era diventato evidente, tanto che le persone che mi conoscevano bene iniziavano a ripetermi tutte, come se si fossero accordate segretamente, la stessa medesima frase: “Non ti riconosco più”! Era arrivato il tempo di iniziare a esternare questo desiderio di Infinito che sentivo dentro. Dapprima ne

ho parlato con Sr. Rossella, che è stata di fondamentale aiuto e sostegno nei periodi meno tranquilli. Poi è stata la volta delle amiche più strette e infine, ma non perchè meno importanti, i miei genitori. E’ stato un fatto voluto aver parlato in ultimo con loro. Prima di far conoscere il fidanzato ai genitori, di solito, si cerca di essere il più sicuri possibile che sia “quello giusto”, quello per cui vale la pena cambiare radicalmente vita. I miei sono stati gli ultimi a saperlo perchè ho voluto essere certa che Cristo fosse per me quello giusto, quello per cui vale la pena cambiare radicalmente vita. E portare Gesù a casa, far conoscere di chi mi sono follemente innamorata, chi è il motivo per cui non mi riconoscevano più, è stata per me la gioia più grande fin’ora che il Signore mi ha concesso su questo terra! D. A Ruvo di Puglia è iniziato il tuo importante cammino di fede. Com'è la tua giornata tipo? E’ una giornata molto semplice, divisa tra il portare la Gioia propria di Cristo un po’ a tutti e il ricaricarsi, di fronte al Tabernacolo, di questa Gioia. Le Suore Gerardine, Congregazione alla quale ho scelto di appartenere, oltre a testimoniare e portare Cristo lì dove è meno presente, con una carezza, un sorriso o accollandosi per������ sonalmente le sofferenze di chi si trova in difficoltà, si occupano, a Ruvo, in particolare, dell’istruzione dei bambini e dell’accoglienza e della cura di persone anziane, che altrimenti si ritroverebbero a dover vivere in solitudine l’età della piena maturità. Io, fin dal primo giorno di comunità, ho sempre cercato, e cerco tutt’ora, con la spensieratezza propria dei vent’anni, di trasmettere un po’ di questa sana leggerezza anche a loro, a queste anziane sole che sentono, come un macigno, il peso dell’età e dei dolori che, inevitabilmente, affiorano. Non è sempre facile farlo. Le giornate storte le hanno anche le suore. Su questa terra siamo tutti esseri umani e, in quanto tali, tutti, abbiamo anche dei difetti. E’ proprio in questi giorni che si fa più impellente il bisogno di ricaricarsi di quella Gioia di cui ti ho detto prima. D. Il sociologo Franco Garelli nella continua a pag 14

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sua ricerca "Nel nostro paese piccoli atei crescono" pone l'attenzione sulla religiosità dei giovani italiani (un campione di 1500 giovani) di età compresa tra i 18 e i 29 anni. Il dato dei giovani non credenti è cresciuto di 5 punti percentuali in pochi anni: dal 23% del 2007 al 28% del 2015. Inoltre, se si sommano i non credenti dichiarati ai "credenti per tradizione" che però ammettono di non credere in Dio si può concludere che i non credenti a livello giovanile siano oltre un terzo del totale. A cosa pensi sia dovuto tutto questo? A questa domanda ti rispondo con questa simpatica, ma quanto mai reale, vignetta di un sacerdote: don Giovanni Berti. In questa ricerca possiamo rientrare anche io e te, vista la nostra giovane età. E chi meglio di noi può conoscere quelli che sono i nostri coetanei?! Vedi, io non credo a tutte quelle frottole che raccontano su noi giovani, sulla nostra generazione senza valori e senza ideali. Non ci credo affatto! La nostra generazione è una generazione stanca di parole, di teorie e concetti. Noi amiamo i fatti concreti. Questa ricerca ci dice che un terzo di tutti i giovani DICE di non credere ma sono sicura, perchè io sono una di loro, giovane come loro, che il comportamento, il modo di vivere, e forse, anche gli ideali, sono cristiani! I giovani di oggi dicono di non credere ma si comportano più loro da cristiani che i cristiani che si professano tali! Ti porto un esempio concreto: il “problema” immigrazione. Io non ho MAI sentito un mio coetaneo parlare di barriere o di lotta al clandestino, cosa che, ahimè, ho sentito dire da cristiani praticanti. I giovani di oggi non fanno altro che mettere in pratica la parabola di Gesù del Buon Samaritano. Al tempo di Gesù, esisteva una grande ostilità fra Giudei e Samaritani, i quali venivano considerati quasi dei pagani. Ma Gesù sceglie proprio uno di loro, un Samaritano, come esempio per spiegare l'attenzione che bisogna avere verso il prossimo (Luca 10,25-37), mostrando che è preferibile un "eretico" "senzadio" come un Samaritano, ma che si comporta con amore verso il prossimo, che dei sacerdoti e dei Leviti (possiamo identificarli come i custodi del Tempio Santo), che pur conoscendo la Legge

antica e il messaggio da portare avanti, si comportano senza alcuna carità verso il loro prossimo. Il vero credente, per questa parabola, è chi nelle azioni segue l'esempio di Cristo. E io credo che molti giovani questo sappiano farlo meglio di me! D. Un'altra indagine dell'Istituto Toniolo sui giovani e la religione fa emergere che molti giovani intendono "il cristianesimo" più che religione una sorta di insieme di valori, un' etica fatta di "amore, rispetto, eguaglianza" un "volersi bene", in contrasto alla istituzione "Chiesa" che ricollegano a esteriorità, corruzione e regole. Ma la Chiesa è davvero tutto questo? E’ doveroso fare una piccola precisazione prima di esporti la mia visione su questo argomento. Il Cristianesimo è la sequela di una persona: Gesù Cristo! La Chiesa è formata da uomini e donne scelti da Gesù per portare avanti il Suo messaggio di Speranza e Gioia al mondo. A questi uomini e donne “privilegiati”, siamo affiancati anche noi laici, non consacrati, a cui Gesù chiede le stesse cose che chiede ai preti o alle suore: testimoniare Cristo con la propria vita. Gesù chiede questo ad ognuno di noi, personalmente. Lo chiede a me, a te, a un prete, al Papa. Ognuno di noi, consacrato o non, è in cammino verso il Paradiso. Tutti, indistintamente. Camminando però, c’è il rischio di inciampare e cadere, creando ostacolo a chi si trova a camminare dopo di te. La chiesa, a mio modesto e insignificante parere, per troppi anni, invece di risollevare chi è caduto, evitando così di creare ostacolo a chi venisse dopo, ha preferito, inspiegabilmente, coprire. E tutti sappiamo che se accumuliamo la polvere sotto il tappeto arriverà il momento, presto o tardi, che questo tappeto non riuscirà più a contenerne. La Chiesa siamo noi, credenti in Cristo! E abbiamo il dovere di cambiare le cose che vanno contro il messaggio dello stesso Cristo. Se così non fosse saremmo, anche noi, io e te, complici della visione sbagliata che si ha oggi della Chiesa. A Madre Teresa fu chiesto una volta di dire quale fosse, secondo lei, la prima cosa da cambiare nella Chiesa. La sua risposta

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a presentazione del libro di Michele Ceres “Viaggio nell’Irpinia del terremoto” ha suscitato un notevole interesse da parte del folto pubblico presente in sala per un duplice ordine di motivi: finalmente una presentazione chiara ed approfondita sul tema molto scottante del terremoto grazie ad un “maestro” della parola qual è Gerardo Ceres, e poi per l’originale ed interessante intervista che Luigi Fungaroli, vera promessa del giornalismo, ha fatto

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fu: Lei ed io! Se oggi si ha una visione solo norme e corruzione della Chiesa è anche perchè io e te, in quanto cristiani, non siamo stati capaci di far capire che la Chiesa è un’enorme famiglia, dove tutti accolgono tutti, dove a chi sbaglia viene data una seconda possibilità, dove viene tesa una mano in segno di aiuto e non mostrato l’indice per giudicare. La Chiesa è un enorme porta in cui tutti possono entrare perchè a tutti è concesso credere e sperare in Gesù. La Chiesa non è il Vaticano, ma è l’insieme di tutti coloro, laici e consacrati, che continuano a credere in Cristo e a portare il Suo messaggio di Speranza, nonostante tutti gli scandali che la coinvolgono e che, implicitamente, riguardano personalmente ognuno di noi credenti in Cristo. D. Tutti noi conosciamo almeno una parabola di Gesù. Gesù usava le parabole per comunicare a tutti in modo semplice i valori cristiani, i giusti modi di comportamento. Qual è la parabola che ti affascina particolarmente e perché? “Disse anche questa parabola: «Un tale aveva un fico piantato nella vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. Allora disse al vignaiolo: Ecco, son tre anni che vengo a cercare frutti su questo fico, ma non ne trovo. Taglialo. Perché deve sfruttare il terreno? Ma quegli rispose: Padrone, lascialo ancora quest'anno finché io gli zappi attorno e vi metta il concime e vedremo se porterà frutto per l'avvenire; se no, lo taglierai”. (Lc 13, 6-9) Forse questa è una delle parabole meno conosciute di Gesù. Ma è quella che maggiormente sento più vicina a me, alla luce della mia esperienza di fede. Così come il vignaiolo nutre la speranza che il fico possa riprendersi e riportare frutto, dopo averlo curato a dovere, così deve essere anche il nostro comportamento nei confronti di chi, apparentemente, non “porta frutto”. Il padrone avrebbe voluto tagliare l’albero, togliergli ogni speranza di rinascita. Quante volte anche noi preferiamo tagliare ogni sorta di speranza di fronte a situazioni difficili da gestire o a persone con cui è difficile rapportarsi. “Non ci posso fare niente.” “Così deve andare.” “Ci vuole solo un miracolo.” “ E c’amma fa, si Dio vol accussì, io nun pozz all’autore del libro. Michele Ceres ha avuto, in tal modo, la possibilità e l’opportunità di integrare e di chiarire molti aspetti trattati nella sua opera, in particolar modo parlando del dramma , dei pregiudizi e delle falsità circolate sulla stampa nazionale in merito alla famigerata “Irpinia gate”.

fa niendi!” Queste sono frasi che sento ogni giorno, e che anche a me capita di dire. E’ più comodo abbandonare, tagliare il fico che non porta frutto, che curarlo, spendere energie, tempo, lavoro, e magari pure soldi, per farlo rifiorire. Tutti noi, almeno una volta, ci siamo comportati come il padrone della vigna, preferendo rinunciare che impegnarsi per ottenere qualcosa. Ma di fronte a questo nostro atteggiamento di rinuncia, di scoraggiamento quasi, ci sarà sempre un vignaiolo che non ci farà abbattere di fronte a una realtà poco felice, che ci spronerà ad andare sempre avanti, certi che il futuro riserverà tempi migliori! A noi ci è chiesto solo di non perdere la speranza, di dare una seconda opportunità a quel fico che ha bisogno solo di un po’ di cure in più. D. Il Natale è alle porte, Gesù rinasce e si rivela in mezzo a noi e gli "auguri di buone feste" sono all'ordine del giorno. Cosa ci auguri e cosa ti auguri? L’augurio più grande che faccio a voi, e anche a me, è di avere coraggio. Il coraggio di scegliere, di andare controcorrente, di seguire il cuore e non le scelte di comodo. Così come Gesù ebbe coraggio, fin dal giorno della sua nascita e per tutta la sua vita, anche noi, ogni giorno, siamo chiamati ad avere coraggio. A partire dalle nostre piccole cose. Dobbiamo avere il coraggio del silenzio di fronte alle chiacchiere inutili. Il coraggio della pazienza quando sentiamo che stiamo per crollare. Il coraggio della speranza quando tutto sembra andare contro di noi. Non sono cose impossibili da fare per noi semplici esseri umani. I Santi esistono proprio per ricordarci questo. E la nascita di Gesù, di cui ogni anno celebriamo il memoriale, ci ricorda che ci è data sempre una seconda possibilità da Dio, che mai ci chiude una porta, mai taglia l’albero che non porta frutto. Sta a noi cogliere l’opportunità di questa seconda occasione. Non è mai troppo tardi per migliorare il mondo in cui viviamo, Gesù nasce ogni anno sperando di trovare il mondo leggermente migliore rispetto all’anno prima. E questo miglioramento siamo noi chiamati a farlo!

VIAGGIO NELL'IRPINIA DEL TERREMOTO La pubblicazione, come è avvenuto per le precedenti di Michele Ceres, sarà pubblicata on line sulla nostra "Seleteca".


Storie di Alfonso Merola

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on vi diro' dove ma cento anni fa, anno più o anno meno, in un borgo dell'Alto Sele tutto arroccato attorno al suo castello con tante viuzze che si attorcigliavano su per una rocciosa altura , si ergeva una chiesa che sarebbe divenuta ,suo malgrado, famosa per un episodio ivi accaduto . Quella chiesa era retta da un parroco del luogo molto anziano, il quale era solito avvalersi per l'amministrazione delle anime anche di figure ecclesiali esterne , per cui in caso di feste comandate e di ricorrenze religiose locali spesso nelle processioni e nelle celebrazioni liturgiche si vedevano su pulpiti ed altari predicatori di buon livello . Non di rado, perciò, nel bel borgo dell'Alto Sele in tali occasioni affluivano numerosi devoti dei paesi vicini ; in genere si trattava di veri e propri estimatori di prediche prosaiche ed omelie forbite i quali frequentavano quei luoghi sacri come i melomani bazzicano i teatri lirici . Saremmo omissivi se non aggiungessimo un altro particolare. Il parroco non se la passava bene coi suoi amministrati : a torto o a ragione , riteneva che le sue pecorelle fossero tra le più riottose della valle e meritavano continue ramanzine e rimproveri . Perciò aveva stabilito che l'unica medicina, da somministrare al suo gregge impenitente e poco osservante , era una buona dose di prediche infarcite di minacce tutt'altro che larvate. E tra le cure più sbrigative e più radicali rientravano, a suo dire, le opportunità offerte dalle annuali Giornate Missionarie in Parrocchia . In effetti era una settimana di forte brain-storming della Fede in cui si alternavano oratori di grande esperienza ed in chiesa dovevano essere presenti tutti, nessuno escluso. Per dirla in chiare lettere a casa dovevano restare solo cani, gatti, somari e capre ! Si dà il caso che quell'anno le Giornate Missionarie coincidevano con la Settimana Santa : occasione più ghiotta non si sarebbe mai più presentata a parere del parroco ...che per il Giovedì Santo s 'era assicurata la presenza di un predicatore coi fiocchi; per intenderci, uno capace di recuperare le pecore smarrite con le buone o con le cattive. in un paesucolo in cui il prete aveva sempre più poca voce in capitolo ... Il curato già immaginava lo scenario e pregustava la reazione di certi parrocchiani peccatori. Giunse il fatidico Giovedì Santo, s' era fatto buio e ,come nell'arena si attende con ansia il più famoso tra i toreri , così in quella chiesa stipata a più non posso tutti aspettavano che, finita la Messa , prendesse la parola Padre Alessandro, il principe degli oratori passionisti, la cui fama travalicava i confini del Principato Citra. Le funzioni strettamente liturgiche , dunque, erano terminate e in chiesa calò un silenzio, dopo che il sacerdote officiante ebbe preso posto accanto ad altri preti,anch'essi in attesa che la scena fosse occupata da quel fine dicitore. Dopo qualche minuto dalla sagrestia sbucó fuori sul transetto un omaccione che indossava una tonaca nera stretta in vita da

una cintura di cuoio che penzolava lungo la gamba sinistra fino a terra ; egliaveva sul suo petto il distintivo del Sacro Cuore sormontato da una croce bianca con la scritta JESU XPI PASSIO. Questo frate aveva un tozzo viso marmoreo schiacciato tra una lunga capigliatura nera e riccia ed un'altrettanto lunga barba nera.Spiccavano su tutto due occhiuzzi scuri e severi e due mani enormi, bianchissime ed ossute. Questi con passo sicuro e felpato, dopo una lenta genuflessione verso il.tabernacolo ed un fermo segno di croce montò i due scalini dell'altare, prese saldamente in mano il crocefisso poggiato sulla tavola liturgica e se lo strinse teatralmente al petto. Infine lo osservo' attentamente quasi in adorazione e dovette certamente notare che la figura del Cristo in gesso era screziata da piu' di una lesione. Qualche anno prima una malaccorta spolverata del sagrestano lo aveva schiodato dalla parete e fatto cadere a terra; così dal quel giorno il povero Cristo aveva aggiunto alle sue antiche ferite anche quelle Involontarie del pio uomo di chiesa. I fedeli, a dire il vero, si erano affezionati a quelle nuove ferite, in quanto il crocifisso non sembrava accusare quel colpo subìto e poi quelle lesioni rendevano più plasticamente drammatica la statuina sacra. Si direbbe in questi frangenti che il capolavoro dell'ignoto artigiano era stato mirabilmente completato dal Caso. Il predicatore a quel punto, conquistatosi il silenzio che aleggiava tra le navate, salvo qualche colpo di tosse soffocato qua e là tra le panche, si diresse verso il pulpito ricavato in una colonna centrale della navata sinistra. Aprì la porticina che cigolo' pesantemente e poi si arrampico' su per la scaletta ripida, ritrovandosi quasi sospeso in aria su una marea di fedeli con lo sguardo incollato verso l'alto,in attesa dell'incipit del missionario. Si compiaceva Padre Alessandro, ben sapendo che le sue omelie erano apprezzatissime come potevano essere i melodrammi della tradizione italiana o le rappresentazioni di certo teatro popolare strappalacrime .. Padre Alessandro sapeva di essere il beniamino sia di certa classe di benpensanti, sia del popolino minuto ; ma sapeva anche di aver ricevuto dal parroco un mandato ben preciso che lo obbligava a scuotere con forza tutte le anime neghittose restie ai precetti della Chiesa . Vero è che quelli che abitualmente sedevano di solito nelle prime file , nella malata convinzione che Dio si concedesse piu' radioso e benevolente ai palchi di prima classe, in questa occasione avevano abbandonato i posti privilegiati, occupando, per così dire, la piccionaia.sottostante il pulpito. Una voce robusta da tenore, allora, soppesando le parole, cominciò a tuonare: " Qualcuno ben informato di persone e di fatti mi ha riferito dello stato di peccato di questa comunità sorda ai richiami di una Chiesa premurosa tutta intenta a salvare anime in questo mondo che attrae più di

ogni sano consiglio dei rappresentanti di Cristo sulla Terra ... Per tagliare a corto nessuno si tiri fuori da queste schiere che inquietano il Padreterno e lo rendono triste fino a spingerLo a chiedersi se è valsa la pena di sacrificare il Figlio.per tutti voi..." Così esordì e può immaginare il brusìo di tutti i presenti che non preparati a quell'esordio.Essi non si erano mai considerati dei santi, ma a ritenersi un'accolita di diavoli, beh, questo era veramente troppo ! I più nervosi ed offesi erano tutti quei ricalcitranti che in chiesa erano stati letteralmente trascinati dalle loro mogli e sorelle. Il profluvio di epiteti sembrava essere pronunciato per ciascuno di loro, per cui i loro sguardi minacciosi si posavano ora sui parenti, colpevoli di averli costretti a quella tortura, ora sul parroco che non alzava gli occhi dal pavimento, nella temuta convinzione di essere percepito come un delatore del passionista da parte di quella schiera di presunti peccatori . Intanto il Padre Passionista continuava con impeto la sua cavalcata tra le minacce di un Inferno pronto con le fauci spalancate ad ingoiare infedeli e delle porte del Purgatorio e del Paradiso sbarrate quasi a tutti. Che tortura e che disperazione quando il predicatore si spinse a parlare di cruna dell'ago e di cammelli , di parabole dure a digerire e di mercanti scacciati dal tempio. La predica si trascinava avanti da quasi mezz'ora e l'uditorio era stato cotto alla perfezione, quando l'oratore, dopo una pausa prolungata ed un bel sorso d'acqua utili a rinfrescare il respiro e la gola, si preparava al colpo finale tanto sognato dal parroco che vagava col pensiero verso la volta della chiesa . Col piglio di un attore consumato prese il crocifisso e , brandendolo in alto come una spada, disse : "Lo vedete questo crocifisso? Lo vedete ? Nessuno si nasconda dietro le colpe degli Ebrei ! Quella mano è stata armata da tutti voi! Siete tutti voi ad uccidere il Figlio di Dio giorno dopo giorno con le vostre azioni malvagie e sconvenienti.Voi siete degli assassini. Pentitevi, pentitevi prima che giunga la vostra ora! E soprattutto siate obbedienti ai precetti che vi indicano i ministri di Dio ! Vi vedo smarriti, perplessi ed increduli, ma chi se non voi ha ucciso l'Agnello di Dio , bestie malvagie ? " A quel punto lo smarrimento prese una certa consistenza, le teste si agitavano di qua e di là come se fosse scoppiata un'epidemia di torcicollo . Scalpiccìo di piedi, panche che cigolavano, colpi di tosse e soffi di nasi : insomma, l'insofferenza cominciava ad irrobustirsi, ma nessuno osava abbandonare il posto, temendo di essere rampognato , magari con tanto di elenco di peccati mortali e veniali . Il predicatore, dall'alto del pulpito, aveva contezza del mutato clima tra i presenti , ma , come il pastore che rincara la dose di bastonate al cane ogni volta che lo sbandamento delle pecore aumenti, così il cura-

tore delle anime riprese a darle di santa ragione e disse: "Lo avete trascinato dal Getsemani come un masnadiero, lo avete incatenato e imprigionato, bastonato come un cane idrofobo, gli avete imposto una corona di spine. ....chi gli ha caricato la croce, chi lo ha inchiodato sul Golgota, chi gli ha sputato addosso e gli ha trafitto il costato, giocandosi a dadi le sue vesti? Chi ? Chi ? Chi ? " La foga oratoria gli aveva acceso tutto il viso di rosso, mentre le due mani spingevano in avanti verso la folla il crocifisso ligneo su cui il Cristo morente a tratti ormai traballava vistosamente. Fu a quel punto che la croce sfuggì di mano a Padre Alessandro; con una veemenza indescribile essa volò sulla testa dei fedeli, ritrovandosi sul pavimento della navata centrale con il cristo di gesso ridotto in una decina di pezzi. Il predicatore ammutolì: come per un incantesimo la sua lingua sembrò legata, mentre nella chiesa si levava un "uhhh " di stupore, annegato in un successivo silenzio imbarazzato. " Padre! " gridò con forza un contadino dalla folla :"Padre, sarà pure vero che noi lo abbiamo trascinato ,jncatenato, imprigionato e bastonato, sarà anche vero che gli abbiamo fatto tutto quello che hai predicato, ma una cosa, Padre, la devi riconoscere, noi gli abbiamo fatto quello che gli abbiamo fatto, ma voi l 'avete finito di fottere.... e questo proprio non e'bello per un monaco che minaccia lampi, tuoni e tempeste! " Gli occhi di fuoco del predicatore avrebbero voluto fulminare il contadino, tanto era la sua rabbia contro il pover'uomo; dopo qualche momento di esitazione, Padre Alessandro, discese dal pulpito e attraverso la navata sinistra deserta raggiunse il transetto e di qui, senza salutare il parroco, sparì nella sagrestia. Entrato trionfante dal portone centrale della chiesa, non visto, sarebbe uscito dalla porticina del campanile, con un cuore raggelato e anch'esso a pezzi. Di lui non si sarebbe saputo più nulla. Intanto il sagrestano raccoglieva la croce per terra, portandola al parroco ormai impietrito ed accasciato sulla sua poltrona .. Un ragazzo raccolse i vari frantumi del cristo di gesso interrogando i presenti sul da farsi, ma visto che i più rispondevano con le spallucce, se li ripose in saccoccia. Tutti avevano fretta di rientrare a casa dopo quella serata movimentata che aveva agitato la comunità. D'altronde il clima non era invitante: i saluti furono frettolosi perché quasi nessuno aveva voglia di chiacchierare e quasi tutti si congedavano con un " Arrivederci a domani sera. .. alla processione del Venerdì Santo ".,

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Itinerari

ITINERARI IRPINI La valle d’Ansanto “Al centro dell’Italia e circondato da alte montagne c’è un luogo famoso e conosciuto in molte nazioni: le valli d’Ansanto. Un bosco oscuro, perché fitto di grandi alberi, lo stringe da tutt’e due i lati. In mezzo fragoroso e tortuoso torrente rumoreggia tra i sassi … “ (Virgilio, Eneide, VII,vv.562 e segg.). Il nostro poeta amava profondamente queste contrade ed i suoi versi ci offrono quasi sempre lo spunto per parlare di questa meravigliosa terra che oggi, come ieri, è rimasta intatta nelle sue caratteristiche. Vorrei, sia pure succintamente, tracciare gli aspetti e cantare le bellezze ancora selvagge di questa immensa e stupenda vallata che sii estende a ridosso dell’estremo lembo della provincia di Avellino, non troppo lontano dal capoluogo di Rocca San Felice, percorsa nella quasi totalità dell’Appia, incastonata tra colline e monti densi dii vegetazione. Non scopriamo, del resto, l’uovo dii Colombo se affermiamo appena che l’Irpinia è una delle più belle contrade della Campania per cui al visitatore, all’appassionato di cose antiche e di archeologia, reduce dalla stressante vita del mondo tecnologico e dalle rumorose città, non resta l’occasione di visitarla al fine di gustare una visione idilliaca e densa a volte di aspra bellezza. La valle d’Ansanto era già molto nota ai tempi dei Romani soprattutto per la notevole incidenza che essa aveva tra Roma ed i popoli del versante adriatico meridionale, ma più ancora per le ottime virtù terapeutiche che avevano ed hanno

tuttora le acque termali, termominerali ed i fanghi sulla salute dell’uomo. “I corografi chiamano questo luogo l’ombelico d’Italia. E’ situato tra la Campania e la Puglia, nella terra degli Irpini. Contiene acque sulfuree molto pesanti perché è circondata da selve. Si crede una porta dell’inferno perché l’aria viziata uccide quelli che si avvicinano” (Servio, Eneide, comm.). Il paesaggio oggi come allora è rimasto intatto ed incontaminato dal progresso della civiltà consumistica e le stesse popolazioni che per molte generazioni sono vissute in condizioni assai disagiate e ‘inferiorità, e questo è l’unico vantaggio, hanno forse contribuito notevolmente a salvaguardare l’ambiente che si è magicamente conservato e, che in un domani, speriamo non troppo lontano, possa questo favorire il turismo non solo di elite ma anche di massa. Fu proprio qui, infatti, che gli antichi romani elessero un tempio dove si praticava il culto per la Dea Mefite presso una spelonca da cui esalavano, come tuttora, dei gas e vapori pestiferi e soffocanti. “Nella Valle d’Ansanto una voragine soffia un alito micidiale. Il gregge ed il pastore deviano il loro cammino alla larga, lontano vola l’uccello perché non incorra nella sacra Mefite ed infelice non cada con morte improvvisa” (Pontano). Qui cantarono Virgilio, Plinio, Orazio e Cicerone, e qui vennero anche in tempi remoti e presenti uomini illustri, storici, poeti e studiosi, tra cui: Alessio, il figlio dello zar, Pietro il Grande, Placi-

do Imperiale, Michele Torcia, archiviario di Ferdinando IV, il maggiore Klaro, inglese eruditissimo, Domenico Cotugno, professore di anatomia nell’Università di Napoli, il quale per primo sperimentò i ritrovati medicamentosi per curare la scabbia e altre affezioni cutanee, manipolando i prodotti della Mefite. Anche un martire della Repubblica Partenopea, Giuseppe Domenico Cirillo, grande medico e scienziato volle visitare la Mefite. Non mancarono di visitare questo luogo alte personalità straniere tra CUI Zimmermann, il botanico Sir John Hill, Swinburne e Sir Guglielmo Hamilton scozzese, ambasciatore di Giorgio IV d’Inghilterra presso il re di Napoli, nonché il generale Acton dii Napoli e D. Lazzaro Spallanzani e più vicino ai nostri tempi l’illustre botanico Vincenzo Gussone che qui vi scoprì la genistra ansanctica che rigogliosa vegeta solo in questa zona. Qui la natura ha profuso a larghe mani un vasto campionario di bellezze come in un magico giardino, offrendoti immediatamente l’impressione di trovarti in un mondo di sogni, in un’oasi di pace che ti fa assaporare , finalmente, il prezzo di incontaminati ed ancestrali silenzi. Qui potrai ammirare ancora le misteriose ed infinite vie del cosmo senza essere per nulla disturbato perché anche le nuvole sembrano favole viventi e gli uccelli con la loro sinfonia sembrano il coro di una preghiera. Quando la sera dopo una giornata di intenso lavoro sull’amena valle, il venticello di luglio sfiora appena come impal-

di Renato Agosto

pabile volo di farfalla il tuo capo, provi nel cuore simile all’affettuosa carezza materna, l’attrazione per i luoghi ed in questo angolo solitario e saluberrimo, potrai gustare ancora la gamma impareggiabile dei paesaggi con tutta la forza rigeneratrice della natura e tutto ad un tratto un forte fremito di commozione ti assale. Poco lontano, alla luce del giorno che lentamente muore, spaziando nell’orizzonte infinito, ti si para improvvisamente il pittoresco paesello di Rocca San Felice, col suo castello carico di miti e di leggende, con le sue rocce e le sue casette saldamente abbarbicate alla dura pietra che stanno lì inerme e sole a testimoniare la gloriosa storia del passato. Sullo sfondo di un azzurro smeraldo si perde intanto il paesaggio fra interminabili tramonti, valli e monti, fra boschi e fiumi lontani e vicini, come in una tavolozza policroma e sconfinata. Ma la Valle d’Ansanto non è soltanto paesaggio, acque minerali, fanghi e vegetazione, l’Alta Irpinia è soprattutto Arte, archeologia e storia. Qui si possono ammirare chiese come S.Gerardo in Caposele, castelli ed Abbazie, in particolar modo quella del Goleto, fondata da S.Guglielmo da Vercelli, nel XII secolo, dove appunto possiamo vedere le stupende strutture architettoniche dello stile gotico che testimonia un’epoca di splendore per l’Arte italiana. Su questa fonti di immensa ricchezza vorremmo che fossero appuntate le attenzioni e l’interesse dei responsabili per un ampio e meritato decollo turistico e culturale della zona.

La solidarietà a Caposele Diverse le manifestazioni di solidarietà per le popolazioni terremotate Ferragosto e oltre. Si è costituito da subito dopo gli eventi, anche un coordinamento cittadino a cui ha aderito oltre all’amministrazione tutta, tutte le associazioni e le aggregazioni presenti ed operanti a Caposele che sono state suppordel centro Italia ma non solo, realizzate durante il

tate dalla cittadinanza e dagli operatori economici locali durante le

diverse manifestazioni. Anche da queste pagine, un ringraziamento a tutti coloro che hanno dato una mano e continuano ad essere sensibili verso i problemi degli altri!

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Ricerche

DAL SANTUARIO DI SAN GERARDO ALLA THE CHAPEL ROSSLYN

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ncora una volta sono lusingata dell'invito a scrivere sulla Rivista “La Sorgente”. Ad essa sono molto affezionata per l'impegno che profonde nel dare notizie della nostra bella zona facendolo con uno stile, con una veste tipografica ed un apparato fotografico di qualità: non a caso, infatti, il Direttore e fondatore della Rivista Ing. Nicola Conforti è stato meritatamente premiato al V Congresso Nazionale dei giornali editi dalle varie Pro Loco e rappresenta un primato fra le pubblicazioni similari. Da tempo sono lontana da Materdomini. Lo studio ed il lavoro mi ha portato a Bologna ed ho spesso occasione di recarmi all'estero per convegni internazionali. Poiché sono nata nel paese di San Gerardo, quando mi trovo in altre località (italiane o estere) si accende in me il fascino del ricordo del nostro santuario in maniera così forte da indurmi a cercare altri Santuari e Chiese del mondo, altrettanto evocative del sacro. In ottobre del 2016 quasi in coincidenza del Dies Natalis di San Gerardo mi trovavo ad Edimburgo e mi viene consigliato di visitare la “The Chapel Rosslyn”, chiesa definita la più bella ed enigmatica della Scozia. Ho seguito il consiglio e sono andata a Roslin (così si chiama il paese dove è situata la The Chapel Rosslyn), Si tratta di un borgo circondato da un incantevole verde, molto più piccolo di Caposele , sito a 15 km. a sud dal capoluogo della Scozia (circa mezz'ora di auto). Lì giunta ho imboccato una stradina per raggiungere la Chiesa che rimane nascosta in fondo ad essa. Non è agevole avere una visione immediata e completa dell'edificio, perchè al riparo di alberi e costeggiata da un alto muro per tutto il lato settentrionale. Il lato occidentale , di dimensioni inconsuete, si staglia imponente. Fu costruita nel quattrocento da William Saint Clair (definito l'architetto scozzese del Tempio di Jahvè) e denominata Rosslyn Chapel. Riguarda un Santuario “Templare” di bellezza e complessità artistica. E' come un libro medioevale scritto in pietra per la combinazione di simboli ed immagini sia celtici che templari, tutti scolpiti con grande maestria e posti in relazione con la ricerca misteriosa del Santo Graal. E' molto probabile che il villaggio di Roslin si sia sviluppato per ospitare il gran numero di artigiani che lavorarono alla costruzione della Cappella durata 40 anni.I cavatori spaccavano le pietre, i mastri scalpellini le intagliavano, i fabbri affilavano gli utensili ed i falegnami creavano modelli in legno prima che i mastri scalpellini li scolpissero nella pietra. Il pensiero di questa brulicante operosità ha richiamato alla mia mente quella relativa agli abitanti di Caposele dove in passato l'economia locale era legata a

diversa operosità, quali i mulini, i frantoi, le gualchiere situate lungo le sorgenti del Sele (poi scomparse con la costruzione dell'Acquedotto) ed all'agricoltura. L'accesso alla Chapel di Rosslyn è stata ricavata in un piccolo cottage dal cui retro si accede ad un sagrato con tombe cimiteriali risalenti nel tempo. Lo splendore di questa Chiesa, unica nel suo genere, appare subito evidente: bellissime guglie e torri in stile gotico a sesto acuto. Ci sono contrafforti verticali che si innalzano dal suolo con archi rampanti e pinnacoli decorativi. Gli archi esterni assorbono il peso degli interni , il che ha permesso di costruire la cappella senza colonne centrali. Internamente la chiesa è ricca di bassorilievi di eccezionale maestria. Si tratta di elaborate sculture in miniatura che contrastano con lo stile architettonica dell'epoca e contengono simboli ammantati di mistero. Molte di esse, come ci si aspetta in una Chiesa, rappresentano scene bibliche , altre invece denotano la copiosità dei frutti che la natura elargisce all'uomo (come la scultura dell ”uomo Verde”, simbolo della fertilità). Nel soffitto il tema naturale è illustrato su vasta scala con piante, fiori e stelle. Nascosti tra le stelle ci sono quattro angeli ed una piccola figura di Cristo con una mano alzata in posizione benedicente. Si possono poi ammirare figure recanti in mano libri o fogli manoscritti probabilmente di pergamena o papiro. Un piccolo fregio sembra illustrare la deposizione di alcuni rotoli dentro contenitori di legno, una sentinella tiene in pugno una chiave con la parte terminale quadrata ( per chiudere lo scrigno?). Ciò ha fatto pensare ad alcuni studiosi a preziosi ed antichi manoscritti provenienti dalla Terra Santa, portati da cavalieri Templari ed ora nascosti nella Chapel Rosslyn. Un' epigrafe latina, incisa su un architrave, contiene un curioso messaggio morale …“Fortior est vinum. Fortior est rex. Fortiores sunt mulieres: super omnia vincit Veritas” La traduzione italiana recita così: “ Il vino è forte, un re è ancora più forte, le donne sono ancora più forti, ma la verità vince su tutto” . Questa espressione, a mio parere, pone l'accento sul valore immutabile ed eterno della verità. Nella Lady Chapel (Cappella della Madonna) ci sono le sculture più elaborate e due colonne celebri: quella del maestro e quella dell'apprendista che si dice superò in bellezza decorativa il maestro. Sotto la colonna dell'apprendista una leggenda narra che sia nascosto il Santo Graal. La descritta particolare e sofisticata decorazione che avvolge tutto l'interno ha portato a credere che si trattasse di una specie di codice da decifrare, ma le interpretazioni sono incerte. Nel 400 lavorare con un livello di

di Cettina Ciccone qualità così elevato su uno spessore di pietra sottile (30 cm , ridotto a 15 cm nella parte centrale) era prova di autentica maestria. Secondo il racconto di due noti biblisti, il Prof. Philip Davies (Dipartimento di Studi biblici Università di Sheffield )ed il Prof. Graham Auld (Preside Dipatimento di Teologia dell'Università di Edimburgo) ottimi conoscitori della città di Gerusalemme, l'opera muraria ricorda lo stile del Tempio di Erode nei cui resti si insediarono i cavalieri Templari. Non assomiglia dunque ad un luogo cristiano ed evoca l'impressione che sia stato costruito per custodire un grande segreto medioevale. Il successo del romanzo di Dan Brown IL CODICE DA VINCI e del film che ne è stato tratto, ha condotto numerosi visitatori in questa Chiesa (presente nel finale del romanzo). I Templari formavano una comunità religiosa di “monaci guerrieri, Ordine cavalleresco sorto subito dopo la prima crociata con l'obbligo dei tre voti di povertà, castità ed ubbidienza. Essi inizialmente vivevano secondo la regola di Sant'Agostino. Successivamente nel 1128 ,con il concilio di Troyes ( dove pare sia intervento di San Bernardo di Chiaravalle) fu stabilito per essi il passaggio alla Regola di San Benedetto. L'immaginario collettivo ricorda i Templari come proprietari di immense ricchezze e primi banchieri della cristianità occidentale. Quella stessa ricchezza che, per mano del Re di Francia Filippo il Bello, li condusse alla catastrofica fine del loro Ordine. Il pretesto fu quello di essersi dati all'eresia con deviazione dal loro carisma. Ma il ricordo dell'accusa di esoterismo deviante è rimasto nella memoria tramandata, alimenta leggende di sopravvivenza clandestina dell'Ordine e della

presenza di Chiese, ad essi collegate nel mistero, come appunto si dice della The Chapel Rosslyn. Concludendo nasce spontaneo un confronto fra la Spiritualità dei Templari e quella di San Gerardo. La spiritualità dei Templari, assai distante dal nostro sentire per la lontananza dei tempi si può definire di servizio a difesa dei pellegrini in Terra Santa e del regno cristiano di Gerusalemme. La Spiritualità di San Gerardo racchiude il segreto della Santità che si raggiunge con l' “amare, operare, patire nella più perfetta uniformità alla Volontà di Dio”. Ricordiamo che l'ultimo desiderio di questo nostro grande Santo fu che alla porta della sua stanza venisse affisso un bianco cartello con questo scritto: “Qui si fa la Volontà di Dio -come vuole Dio- e fino a che vuole Dio”. Con queste parole che inducono a profonda meditazione mi accomiato dai lettori che avranno avuto la pazienza di leggermi e formulo gli auguri più calorosi di serene e liete Festività Natalizie.

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Storia “Ero intelligente e volevo cambiare il mondo. Ora sono saggio e sto cambiando me stesso”. Una frase su cui riflettere che mi ha personalmente colpito, scritta dal Dalai Lama, e che racchiude una grande verità. Nei miei due ultimi articoli nei numeri precedenti de La Sorgente ho parlato di cambiamenti, di cose da fare qui a Caposele, ma con tutta franchezza devo dire che le cose cambiano se cambiamo prima il nostro modo di pensare, e di conseguenza cambierà anche il nostro modo di agire. Il denaro solo, non basta per migliorarsi. Apertura, confronto con le altre realtà, potere decisionale, disponibilità a sacrificare vantaggi privati per vantaggi collettivi, rispetto delle regole, sono elementi fondamentali per pensare ad una crescita socioeconomica di un luogo, in questo caso di Caposele. Parlare di crescita vuol dire parlare di sviluppo, di riorganizzazione di servizi, di senso estetico di un paese. Ecco tutto questo si può ottenere se in primis il cittadino si impegna, oltre alla buona amministrazione della cosa pubblica da parte dell’organo amministrativo locale. Quando parlo di confronto con le altre realtà, parlo di esempi, da prendere in considerazione , come fanno gli altri così possiamo fare anche noi. Allora usciamo da Caposele e vedia-

Cambiare il nostro modo di pensare mo cosa si fa negli altri paesi (realtà), quando parlo di altri paesi intendo in tutta Italia, non solo quelli vicini, e prendiamo ciò che è buono, e facciamocene tesoro. Quando mi riferisco al potere decisionale, mi riferisco a chi invece ha il potere di poter decidere ma che non prende decisioni, perché non ha voglia, o semplicemente per il timore di rompere dei rapporti amicali. Quando parlo di disponibilità a sacrificare vantaggi privati per vantaggi collettivi, parlo anche di rispetto delle regole. Questi due elementi sono concatenati. Assisto spesso a parcheggi selvaggi a Caposele e a Materdomini, certo ci sono poche aree di parcheggio, ma quelle che ci sono, vengono sfruttate male oppure sono “lontane “ dalla destinazione del singolo cittadino. Spesso con la macchina si tenta di entrare nei negozi, occupando il loro ingresso, occupando marciapiedi, mettendo così in difficoltà l’accesso stesso. Le autovetture sono spesso lasciate in doppia fila, con il tipico “un minuto e me ne vado”e coloro che sopraggiun-

gono devono stare attenti a non scontrarsi con chi arriva dal senso opposto. Basterebbe poco, per risolvere tutto questo, fare qualche passo a piedi, che gioverebbe anche tanto al fisico. Ci sarebbe più ordine più senso civico e abitueremmo anche i nostri figli a fare lo stesso. Non dobbiamo giustificare il nostro comportamento per multe che non sopraggiungono, lo dovremmo fare a prescindere, poi certo, i vigili dovrebbero fare anche la loro parte. Occupare marciapiedi con la propria autovettura, oppure con la propria attività commerciale, laddove è vietato da ordinanze comunali, ci porta a non rispettare le regole, ed a svantaggiare la collettività. Occupare l’accesso al parco fluviale con una propria attività commerciale, vuol dire non rispettare le regole e svantaggiare la collettività. Quando non contribuiamo alla raccolta differenziata, perché negli appositi cassonetti troviamo di tutto di più, non rispettiamo le regole e svantaggiamo la collettività. Quando parlo di senso estetico del paese, parlo del senso dell’ordine che ogni cittadino dovrebbe avere, non possiamo

Premio Caposele 2016 al prof. dott. Nicola Cirillo

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na edizione davvero particolare del Premio Caposele, quella di quest’anno. Come ho avuto modo di dire la sera della manifestazione, da presidente della Pro Loco è stata la prima volta che ho premiato qualcuno che conosco da quando era piccolo lui e non, come è accaduto più spesso, da quando ero piccola io! In effetti, non capita spesso dalle nostre parti, di assegnare ad un giovane under 40 premi “alla carriera”, che riguardano percorsi e successi di vita che possano essere d’esempio per la cittadinanza, ma nel caso del “nostro” prof. dott. Nicola Cirillo è stata cosa semplice e sentita non solo da noi assegnatari ma dai tanti cittadini, parenti, amici e conoscenti che sono venuti giustamente ad omaggiarlo. E’ riuscito e continua a realizzare imprese davvero importanti nel suo settore professionale, quello della medicina odontoiatrica. Il suo, un curriculum quantomeno invidiabile: Oltre al massimo dei voti possibili e al plauso di ogni commissione che ha esaminato i suoi lavori di laurea o di specializzazione, ha conseguito un Dottorato di Ricerca in Immunopatologia presso il Dipartimento di Medicina Sperimentale (SUN) e il Department of Cell and Tissue Biology, University of California San Francisco, ha conseguito Master, Diplomi e Perfezionamenti universitari in Public Health (University of Manchester), Strategia e competizione nell’Università (Harvard University), Tecniche di Insegnamento Universitario (University of Melbourne), Executive coaching (University of Cambridge) e fatto Training clinico in Patologia e Medicina Orale in Italia, USA, India e UK. Nel 2008 ha guadagnato la pagina di Copertina sulla

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rivista “Experimental Dermatology” e ha la Biografia indicizzata su “Who is who in the world”. E’ Direttore e membro del comitato editoriale di 7 riviste scientifiche internazionali ed è autore di un piano di sviluppo universitario per le discipline biomediche in Medio Oriente. Oggi, è professore di Patologia e Farmacologia orale, University of Melbourne (dal 2012), con la cattedra di Dental Medicine and Surgery e di Dental Research Project ed è consulente della University of Dammam in Arabia Saudita. Nel 2013 è stato riconosciuto (QS ranking) il professore (level D/E) più giovane al mondo nelle prime 10 più prestigiose Facoltà di Medicina. A lui dobbiamo anche la scoperta di markers tumorali utilizzati per diagnosi e prognosi di tumori testa e collo (head and neck cancer). E’ riuscito e continua realizzare tutto questo ma riusciamo ad incontrarlo spesso per strada a Caposele mentre passeggia chiacchierando con suo padre! Quando gli ho chiesto come ci riesce, mi ha risposto che certo serve essere molto organizzati ma che al piacere di quelle passeggiate non riesce a rinunciare, come al resto, agli amici, alla famiglia, al quartiere dove è cresciuto (la Purtedda) e quindi trova spazio e tempo anche per questo…bè complimenti! Questo è il senso che incarnano le persone a cui assegnamo il premio Caposele, la capacità di affermarsi positivamente mantenendo stretti i legami con la propria terra, con le sue particolarità, nel bene e nel male, caposelesi che danno lustro al proprio paese anche realizzandosi altrove, e ri-

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uscirci da giovane, quando le aspirazioni sono tante e varie e spesso non coincidono con gli stretti confini locali è cosa ancora ancora più preziosa! Oltre alla mia presentazione c’è stata un’accorata prolusione del sindaco, e non poteva mancare l’intervento del prof. Vespucci, oggi Dirigente scolastico del nostro Istituto Comprensivo, ieri docente di Nicola al Liceo scientifico, da sempre molto legato alla nostra Comunità, che ha portato con sè anche una serie di articoli scritti “dal giovane Nicola” durante quel periodo, cogliendo al volo l’occasione per parlare, ricordando alla platea tutte le iniziative realizzate sul e per questo territorio, di quanto sia importantissima palestra di vita quella che si svolge nelle nostre scuole superiori che, evidentemente producono ottimi professionisti di cui Nicola è un mirabile esempio. Certo sono soddisfazioni, ed è stato bello condividerle, credo anche per lo stesso Nicola che si è mostrato a tutti noi, visibilmente emozionato nel ricevere il nostro modestissimo premio, non certo paragonabile ai tanti e meritatissimi che ha già ricevuto o a quelli ancora più prestigiosi che gli auguriamo. E’ stato ancora più bello sentirgli ammettere, dopo aver ringraziato la Pro Loco per l’attenzione rivoltagli ma anche la sua famiglia e sua moglie Francesca per l’indispensabile supporto, che questo più di tutti, era un riconoscimento che lo emozionava perché veniva dal suo paese, dal paese a cui, come anch’io avevo evidenziato, più gira il mondo, più rimane legato e dove continuerà a tornare, dove

di Gabriella Testa

pensare di dare un’immagine di degrado appena si entra in un paese Turistico come Materdomini, e non solo all’ingresso. Occorre più cura. E un pò come quando invitiamo un amico a casa nostra, vogliamo fare una bella figura, allora mettiamo ordine in casa, offriamo il cibo migliore, facciamo dunque, tutto ciò che può rendere piacevole il suo soggiorno in casa nostra, dando una buona immagine di noi, così dovrebbe essere per il Turista che giunge qui da noi. Cari amici l’impegno che ogni cittadino deve assumersi è quello di voler bene di più al proprio paese, come fa una famiglia per la propria casa. Fermiamoci un attimo e riflettiamo su cosa fa ognuno di noi, quale contributo da ogni singolo cittadino. I nostri figli crescono con il nostro esempio, e saranno gli amministratori di domani. Loro dovranno crescere con la consapevolezza che una crescita economica culturale la si ottiene se ci tiriamo su le maniche e puntiamo meno il dito, perché i problemi hanno tutti una soluzione, ma la si trova se solo lo vogliamo davvero!!! di Concetta Mattia

avrà sempre casa e affetti. Un bell’esempio per tutti, di attaccamento concreto ed attivo alle proprie radici, quell’attaccamento che non limita ma esalta il tuo essere. Ad majora Nicola!


Storia

CONGREGA DEI MORTI 1753:

UN’ELEZIONE ALQUANTO TORMENTATA

di Mario S

ista

E

ra il 6 Gennaio dell’anno 1753, solennità dell’Epifania. Per i freddi vicoli di Caposele, molti uomini si erano incamminati, avvolti nei loro mantelli, verso il vecchio ponte, dove sorgeva l’antica chiesa parrocchiale, richiamati dai rintocchi della ‘Laurentina’, la campana maggiore della chiesa, che risuonava nell’aria invernale ed umida. I membri della Congrega dei Morti, lasciate le loro case, si accingevano a riunirsi per assolvere ad un compito importante: l’elezione degli ‘officiali’, ovvero delle persone che avrebbero dovuto guidare, per il nuovo anno, la Congrega stessa. I congregati, in numero di più di duecento, rappresentavano quasi tutti i ‘fuochi’ di Caposele; essi, infatti, erano in massima parte i capifamiglia del paese. Nessuno, in un paese profondamente religioso com’era il nostro nel Settecento, voleva essere escluso dai benefici spirituali che derivavano dal far parte di questa pia istituzione tanto voluta e sostenuta dal clero. Essa, infatti, assicurava ai suoi membri, dietro il pagamento di una modica cifra mensile e l’impegno di partecipare a tutte le adunanze, la vicinanza nella preghiera nonché, soprattutto, la celebrazione di funerali decorosi ed il ricordo per tutti coloro che avrebbero lasciato questo mondo. In un paese poverissimo, dove nessuno poteva permettersi una bara e due candele, la Congrega era davvero l’ultima spiaggia per lasciare, con cristiana compostezza, la vita terrena. Quella sera di quasi trecento anni fa, varcato il portone lapideo della chiesa madre, i congregati si riunirono sotto il soffitto ligneo della navata centrale, ornato da un bellissimo “San Lorenzo nella gloria del Paradiso” dipinto dal maestro Michele Ricciardi anni prima. L’assistente spirituale, il sacerdote don Giacomo Bozio, fatti accomodare tutti i congregati, dopo aver guidato le preghiere di rito, dichiarò aperta la riunione. Quella sera, però, qualcosa andò storto. L’elezione, infatti, non fu come tutte le altre tenute negli anni precedenti. Furono commessi degli illeciti e la pia assemblea ben presto si trasformò da assise di uomini di chiesa in una accesa riunione di condominio: le silenziose e mistiche volte della chiesa madre, infatti, risuonarono, più che delle preghiere dei presenti, delle accorate proteste degli stessi. Tutta colpa del pio vedovo mastro

Giovanni Freda, un vecchio membro della Congrega. Se si fosse stato zitto, se avesse anche lui accondisceso alle decisioni prese da altri, se avesse evitato di accendere la miccia, tutto si sarebbe svolto nel migliore dei modi. Purtroppo, mastro Giovanni, che aveva servito la Congrega per molti anni, proprio non seppe tacere su quanto di irregolare quella sera si stava commettendo sotto i suoi occhi. E parlò. Purtroppo si sa, la storia non manca mai di prepotenti, e quella sera il prepotente di turno fu proprio il sacerdote don Giacomo Bozio il quale, per farla in breve, non seguì le venerabili regole della Congrega per eleggere i Priori ma, per ragioni a noi ignote, fece di testa sua imponendo suoi candidati. Secondo la tradizione, i due officiali maggiori uscenti - il Priore ed il Sottopriore - avrebbero dovuto proporre ciascuno due nomi di persone probe e capaci che avrebbero dovuto assolvere al delicato compito di guidare una adunanza numerosa qual era, per l’appunto, la Congrega dei Morti. I Fratelli, allora, tramite voto segreto, avrebbero dovuto scegliere tra questi quattro candidati i due nuovi officiali maggiori i quali sarebbero stati, così, insediati nel loro nuovo incarico al termine stesso dell’elezione. Don Giacomo Bozio, però, propose al voto dell’assemblea soltanto il nome di due candidati, presumibilmente indicati solo dal Priore, giacché al Sottopriore, il notaio Giuseppe Fungaroli, non fu dato spazio di aprire bocca. I candidati imposti dal sacerdote furono il dottore don Donato Cafullo e don Andrea Cozzarella, il primo come Priore e l’altro come Sottopriore. I fratelli presenti rimasero meravigliati dinanzi a questa novità: si aspettavano, infatti, altri due nomi tra i quali poter scegliere, ma don Giacomo Bozio, senza dare possibilità ad alcuno di rimostrare, dichiarò aperta la votazione. Vennero chiamati a votare i singoli membri e già venti fratelli, borbottando, avevano espresso il loro voto;

senonché, quando fu chiamato a votare mastro Giovanni Freda, “persona avanzata in età, che aveva esercitato molti anni da officiale in detta Congregazione”, questi si rifiutò di votare e disse, ad alta voce, che l’elezione non andava bene, in quanto non si erano rispettate le regole della Congrega. Non solo, dichiarò, altresì, che si sarebbero dovuti proporre come candidati alle due cariche di Priore e di Sottopriore persone più anziane, capaci di porre rimedio allo stato disastroso delle casse della pia associazione, dovuta alla poca attenzione degli officiali precedenti. A questa unica voce fece, allora, eco la voce di tutti e duecento gli altri fratelli congregati i quali iniziarono a sostenere quanto mastro Giovanni aveva con coraggio detto. Tutti, infatti, rinfacciarono a don Giacomo che l’elezione non andava bene, che i candidati non erano adatti a svolgere i compiti per cui erano stati proposti e che il tutto si doveva rifare. Insomma, in chiesa madre scoppiò un mezzo pandemonio. Don Giacomo Bozio, allora, vedendo che la situazione volgeva al peggio, cercò di porre rimedio nel meno opportuno dei modi. Alzatosi, iniziò a sgridare mastro Giovanni, rimproverandolo perché aveva osato contraddire (giustamente) quanto si stava facendo. Lo umiliò dinanzi a tutti e lo cacciò letteralmente dalla chiesa, sospendendolo per due mesi dalla Congrega dei morti. Dinanzi ad un trattamento così ingiusto, tra l’altro contro un pio vecchietto stimato da tutti, le proteste dei congregati dalle volte della chiesa raggiunsero il Cielo. Dinanzi ad esse, don Giacomo, nella sua arroganza, chiamò il sacrestano al quale diede ordine di far suonare le campane a morto, segno della avvenuta elezione

di don Donato Cafullo e don Andrea Cozzarella e, per nulla intimorito di avere oramai contro tutta l’assemblea dei fratelli che gridava oramai allo scandalo, andò oltre: sordo a tutto e a tutti, procedette lui stesso alla nomina degli altri officiali ‘minori’ della Congrega, ovvero il sacrestano, il maestro dei novizi, gli infermieri ed altri ancora. Il tutto nel totale silenzio degli officiali maggiori uscenti. Non calmandosi affatto l’agitazione tra i congregati, terminata l’imposizione degli officiali, don Giacomo giocò, allora, la sua ultima carta: rivolto verso l’altare maggiore, intonò solennemente il Te Deum di ringraziamento a Dio che, per tradizione, chiudeva ogni importante assise. I presenti, che non intendevano mancare di rispetto a Dio durante una preghiera così solenne (il furbo don Giacomo l’aveva intonata apposta: sapeva che sarebbe calato il silenzio) tacquero di botto ed ascoltarono in religioso silenzio l’antico inno. Terminato il canto, il sacerdote subito se ne andò ed i congregati, non potendo far nulla, scontentissimi per come erano andate le cose, fattisi il segno della croce se ne uscirono mormorando dalla chiesa e si riavviarono alle proprie case. Fonte: ARCHIVIO DI STATO DI AVELLINO, Notai di S. Angelo de’ Lombardi, Busta 668 Notaio Pasquale Ilaria, protocollo del 6 Gennaio 1753.

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Sociale

Siamo tutti nella stessa barca d'ipocrisia... "Imparerai a tue spese che nel lungo tragitto della vita incontrerai tante maschere e pochi volti". Pirandello avrebbe avuto molto materiale a disposizione, oggi più di ieri, per parlare di maschere ed ipocrisie... Gli sarebbe bastato scorrere la sua home per poter scrivere trattati infiniti su quei travestimenti indossati dagli esseri umani...Facebook, il contenitore di link volti ad esaltare anche il più bieco degli esseri umani con pensieri preconfezionati, ne è un esempio. Ma si sa, è storia vecchia...L’uomo ama fingere di essere quello che nemmeno lontanamente è, ama trasmettere un’immagine completamente differente da ciò che realmente sente. E per quale ragione? La risposta è lapalissiana. In un mondo ipocrita, per ottenere dei vantaggi, o più semplicemente, per permettere che la vita possa scorrere in modo agevole, senza scossoni e colpi di scena di qualsiasi genere, bisogna fingere. Si impara a mentire da bambini, si impara ad essere ipocriti da giovani. Al diavolo, la sincerità del bambino non esiste più! L'ingenuità, la purezza del fanciullo, è morta sotto la corruzione della società odierna. Infatti, già da piccoli ti dicono cosa devi dire e cosa devi tenere per te. O meglio, ti dicono che mentire è "peccato", ma se dici quello che pensi realmente e non è conforme a quel "pensiero unico", ti lanciano dei messaggi per nulla velati, volti a farti chiudere velocemente la bocca o ad edulcorare ciò, che in molti casi, dovrebbe essere sbattuto in faccia senza esitazione. A scuola, sai già che scrivere: «La mia maestra è bella e buona», anche se pensi tutto il contrario, ti porterà dei vantaggi. E poi, basta accen-

P

iù andiamo avanti e più mi è chiara la fine che farà il mio Paese! Chiedo scusa anticipatamente per lo sfogo e per l’indignazione, ma vedere sbriciolarsi giorno dopo giorno intenzioni, sogni, prospettive e sacrifici a causa di un’amministrazione comunale (in toto) inesistente e deleteria, mi fa male sul serio. Che peccato!

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dere la televisione, guardare pochi minuti un semplice talk-show, dove persone pagate profumatamente da noi, fingono di preoccuparsi del nostro presente e futuro, per cambiare velocemente canale o spegnere definitivamente quel contenitore di falsità, in cui si dedicano minuti di silenzio per lutti di persone considerate importanti, dimenticando tutti coloro che soffrono quotidianamente per la sopravvivenza. Faccio solo alcuni esempi concreti, per riportarci tutti coi piedi per terra...L’altro giorno un pensionato che non riusciva ad arrivare a fine mese, è stato colto in fragrante mentre “rubava” una fetta di carne in un supermercato. Io credo che sia ipocrita il commento di una signora impellicciata che si scandalizzava per “il furto”, lei che per la propria vanità, ha “rubato la vita” di qualche animale, per mettersi la sua pelle addosso. Ritengo ipocrita considerare “ladro” chi deve compiere un atto di sopravvivenza e non considerare “ladra” una società che gli ha rubato la dignità. Considero ipocrita chi prima sparla alle spalle di qualcuno e poi lo frequenta. Lo reputa nel peggiore dei modi e poi ci ride e scherza come nulla fosse. È ipocrita il sessantottino che combatteva il baronato ed oggi è barone e pretende servilismo in cambio di improbabile carriera. Ebbene sì, viviamo tempi d’ipocrisia... Le parole che ci vengono dall’alto hanno un significato diverso dal loro suono. Eufemismi, understatement, menzogne, soprattutto gli aggettivi sono ipocriti. Prendiamo a caso: c'è chi fa politica contro gli “immigrati clandestini”, ma si sente benissimo che la qualificazione è farisaica. E’ l’immigrato disaggettiva-

Assistere ad inutili recuperi in corner sul progetto della ciclovia "Cassano - S. Maria di Leuca”, (questione che risale al 2015) ….; - ad assenze ingiustificate nel Piano di Zona ed in Enti sovra-comunali; - ad un’assoluta trasparenza (nel senso che non ci calcola nessuno) nel Progetto Pilota (siamo fanalino di coda

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to che dà fastidio: razzismo travestito da “law and order”, perché se l’immigrata fa la badante e serve davvero, non è più clandestina, bensì benvenuta. Brutta bestia l’ipocrisia e sottovalutarla è anche peggio. Perché si scivola nel fango dell'ipocrisia? La questione non è nata oggi, non è nata quando la corruzione della società è arrivata a tal punto da far arricciare il naso pure a noi. La questione è sempre esistita. Da quando l'uomo esiste, esiste l'ipocrisia. Per esempio nella Bibbia, gli inganni di Pietro e Giuda nei confronti di Gesù, nell'antica Roma, in cui la virtus era sovrana, l'inganno di Bruto a Cesare. Ma non solo in storia. Che dire di Madame Bovary, uscita dalla penna di Gustave Flaubert, che rivendica il suo ruolo di donna libera, in una società beghina e con una mentalità retriva, che pure la costringerà a un atto estremo. Che dire di don Abbondio? E' l’ipocrisia per antonomasia, con le sue paure, la sua vigliaccheria, la sua piaggeria, la sua pochezza. Quanto assomigliamo a don Abbondio nei nostri comportamenti quotidiani? Tanto, soprattutto quando fingiamo un sentimento che non proviamo, quando facciamo un complimento che non sentiamo, quando lusinghiamo chi non stimiamo o invidiamo, quando diciamo in occasione del successo di un nostro “amico” o conoscente: “Quanto sono contento per te”, pensando esattamente il contrario, o quando in televisione è tutto uno spropositare di complimenti falsi e menzogneri. Allora, cosa bisognerebbe fare, a parte evitare gli ipocriti, ovvero la maggioranza dell’umanità? Non esiste ovviamente una

dopo Cairano, Teora e Senerchia nella branca “turismo”); - non riuscire ad intercettare nessun fondo regionale/europeo (e questo è l’ultimo treno); - far agonizzare nelle mani incompetenti, ignoranti e prepotenti di qualche assessore di turno, la questione vitale del Turismo; - assistere impotenti al malfunzionamento costante in tutti gli aspetti, della macchina amministrativa con relativi ed enormi sprechi di denaro pubblico (vigili, uffici, spazzatura, patrimonio….)….. è veramente come quell'inutile presenza, con count-down compreso, ai piedi del MALATO AGONIZZANTE! Sono dispiaciuto ed amareggiato per cotanta superficialità, di chi ci governa, ma anche per l’assenza netta e poco efficace della MINORANZA (minorata da probabili accordi sottobanco), dei PARTITI (il PD), dei MOVIMENTI ed ASSOCIAZIONI, ai quali chiedo, per l’ennesi-

e

a Monteverd

di Gelsomin

risposta...Estraniarsi da un ambiente negativo è l’unica soluzione, anche se non è facile. Ridere silenziosamente delle loro vite fasulle, è un atteggiamento che, con il passare del tempo, diventerà abituale. Si tratta di un comportamento difensivo per sopravvivere ad un mondo ipocrita. Circondarsi nei ritagli di tempo, di persone sincere, operando un’accurata selezione ed evitare di competere con gli ipocriti. La vita è troppo breve per perdere tempo con simili individui. Il rendersi conto che la maggioranza degli esseri umani è così, apre la strada ad un percorso nuovo, allontanandosi da tutto ciò che può farci stare male. La natura umana è infida, dobbiamo farcene una ragione. Ciò che importa è stare bene con se stessi, anche nella convivenza forzata con esseri immondi e non smettere mai di sorridere di fronte a simili bassezze. L’ipocrisia poi, in una società tutta basata sull’immagine e la competizione sfrenata, l’inganno e il falso buonismo, sta dietro la porta. L’allargamento delle relazioni, il posto di lavoro da difendere, il politico di turno o il portaborse da adulare a fini utilitaristici, rancori mai sopiti da riscattare, frustrazioni, colleghi da incenerire, amici da scaricare, amiche da ridimensionare, si sono moltiplicate le occasioni per dimostrare sentimenti falsi, traendo soddisfazione dalla altrui disgrazia. Ma sì...come disse il grande John Lennon: "Puoi nascondere il tuo volto dietro ad un sorriso, ma c’è una cosa che non puoi nascondere, è quando tu sei marcio dentro".

ma volta, di organizzarsi in una sorta di “GOLPE” civico, che abbia come scopo principale il SALVARE il SALVABILE. Le feste sono oramai finite; FACCIAMO, adesso UNA ASSEMBLEA PUBBLICA che possa dare spiegazioni e approfondire questioni! Non è possibile che si possa ancora continuare in questo modo, per altri due anni, con il rischio e la responsabilità collettiva di PERDERE OCCASIONI ogni giorno che passa!!! Chiedo ancora scusa per i “francesismi” e l’esasperazione civica, ma mi convinco sempre di più che, solo “a morte certificata”, il Caposelese (italiano mediobasso), si possa indignare, rialzare la testa ed accorgersi che la salita è dura; e noi, purtroppo, restando a guardare, non siamo ancora partiti!

di Salvatore Conforti dal blog politico su Facebook


Attualità

Elezioni, populismo e social network

M

anca poco più di un anno alle elezioni amministrative a Caposele ed i protagonisti del prossimo confronto, o gli aspiranti protagonisti, stanno già scaldando i motori. A breve si archivierà l’esperienza dell’amministrazione Farina, la prima del nostro paese ad aver dovuto fare i conti con i social network. Un tempo non troppo lontano la critica politica agli amministratori veniva esternata attraverso sporadici manifesti o assemblee. Se consideriamo che Facebook è esploso in Italia nel biennio 2007/2008, possiamo dire che la compagine uscente sia stata la prima a essersi dovuta confrontare con i social. E’ stata quindi la prima a potersi giovare di una comunicazione diretta con i propri concittadini. Allo stesso tempo, per il rovescio della medaglia, è stata anche la prima a potere essere quotidianamente impallinata dagli utenti del web, che non hanno mancato di esercitare il loro diritto di critica. La possibilità, offerta per la prima volta dai social, di una critica quotidiana, ininterrotta, a volte aspra, ha formato – nell’immaginario collettivo del web – l’idea di una assoluta prevalenza di censure a questa amministrazione rispetto agli apprezzamenti. Non sapremo mai se il giudizio apparente del web corrisponda al giudizio dell’intera popolazione – anche perché la legge preclude al sindaco uscente di ricandidarsi – ma non è questo il punto. Oggi non è più importante la realtà, ma l’emotività che la Rete riesce a scatenare. Il web ha assunto un ruolo fondamentale nel dibattito politico. Se non può ritenersi affidabile per decifrare gli umori dell’elettorato – sui social vengono di gran lunga amplificate le critiche ai governanti, rispetto alle poche lodi – la Rete è diventata un fenomenale strumento di propaganda. I prossimi candidati alle amministrative caposelesi dovranno tenere in grande considerazione questo strumento e sfruttare al meglio, se vorranno vincere, le possibilità che offre. Per avvantaggiarsene, purtroppo, dovranno usare il linguaggio dei nuovi politici, compiacere il proprio pubblico dicendo quello che vuole sentire e – soprattutto – soprassedere sulla verità. E’ un piccolo scotto, ma necessario. Basti pensare che dopo la Brexit e la vittoria di Trump alla presidenza americana, l’Oxford Dictionary ha

scelto “post-truth” come parola internazionale dell’anno. Post-truth significa post-verità: significa che la verità stessa è diventata irrilevante, si va oltre. Con post-truth si sancisce la supremazia dell’emotività sui fatti reali, delle bufale rispetto alla conoscenza. Siamo oltre la verità, in un mondo in cui più che i fatti conta il modo in cui vengono espressi i concetti. A prescindere se poi siano veri o falsi. Per vincere, quindi, occorre essere populisti oltre misura. Dire all’elettorato quello che vuole sentire, a prescindere dalla realtà dei fatti. Occorre parlare, come si dice, alla pancia. Giocare sulle emozioni di un messaggio semplice, preferibilmente contro l’amministrazione uscente, che non costringa a troppe analisi. A problemi complessi occorre rispondere con soluzioni semplici, seppure inefficaci. Ma non importa. Ci penseranno poi i propri follower a diffondere il messaggio in maniera tanto massiccia da farlo sembrare possibile. Una bugia, ripetuta mille volte, diventa una verità. Ecco, quindi, un prontuario per l’aspirante candidato. Messaggi sem-

di Alfonso Sturchio

mai i contatori nelle abitazioni. 2) Il capannone Saure. Il capannone alle Saure è abusivo. Gli indici di fabbricabilità della zona non permettono quel tipo di costruzione. Poco importa che la galleria Pavoncelli sia stata classificata come “opera strategica” dal governo. Notificheremo un ordine di demolizione del capannone il giorno successivo all’insediamento e dovranno pagarci pure i danni. 3) Il turismo. Per il turismo a Materdomini occorre semplicemente fare un grosso parcheggio. Occorre localizzarlo all’uscita della superstrada, di modo che le macchine non debbano attraversare il centro del paese. Faremo scendere a Caposele la maggior parte dei turisti che si recano a Materdomini. Tutti i negozi ed i bar di Caposele beneficeranno di questo flusso.

Dire all’elettorato quello che vuole sentire, a prescindere dalla realtà dei fatti. Occorre parlare, come si dice, alla pancia plici su ogni argomento da inserire nelle discussioni, nei comizi, nelle interviste sui giornali, nelle assemblee o da postare sul proprio profilo social. 1) La convenzione con l’Acquedotto Pugliese. L’acqua delle sorgenti del Sele appartiene a noi caposelesi e nessuno può togliercela. La convenzione è illegittima perché è stata firmata solo dal sindaco e non da tutti i caposelesi. I 363 litri al secondo erano destinati a Caposele ed alla sua popolazione, quindi il sindaco non poteva decidere per tutti. La convenzione è illegittima e noi la faremo dichiarare nulla. Andremo a Bari, anzi, convocheremo i vertici dell’AQP sul comune e ridiscuteremo l’intero accordo. Riserveremo 100 litri al secondo per il nostro consumo e pagheranno per i litri restanti secondo la tariffa che loro applicano agli utenti. I caposelesi hanno il diritto di usare gratuitamente tutta l’acqua che occorre. Non metteremo

4) La galleria Pavoncelli. La galleria ha provocato un danno ambientale incalcolabile al nostro paese. Chiederemo al commissario straordinario un adeguato ristoro economico e, all’istante, il raddoppio del numero di caposelesi assunti sul cantiere. Al termine dei lavori costringeremo l’impresa appaltatrice a riparare tutte le strade del paese – da Boiara fino ai confini di San Giovanni – ed a finanziare opere pubbliche come il nuovo Liceo Scientifico, la copertura in erba sintetica e la tribuna al campo Liloia. 5) L’economia. La centrale idroelettrica nasce nel nostro paese, sfruttando la nostra acqua, e quindi appartiene ai caposelesi. Decine di giovani saranno impiegati per il funzionamento della centrale e l’energia elettrica ricavata sarà sfruttata negli edifici comunali e per l’illuminazione pubblica.

Una residua parte dell’energia elettrica sarà destinata ai caposelesi, cui spetta dal 1905 l’uso civico delle acque, con conseguente dimezzamento delle bollette della luce. Avvieremo una fabbrica di imbottigliamento delle acque chiedendo finanziamenti all’Unione Europea e alla Regione Campania. Dozzine di caposelesi saranno impiegati nell’azienda, sia con mansioni da operai che con profili lavorativi più qualificati. 6) I profughi. Nessun profugo sarà inviato a Caposele. Non vedremo uomini di colore a zonzo per le nostre strade e non permetteremo soluzioni calate dall’alto. Insomma, questo è lo schema. Certo, le bugie prima o poi verranno a galla. Ma, di questi tempi, la verità è ancora importante? ELEZIONI AMMINISTRATIVE CAPOSELE 2018 CAPOSELE NEL CUORE 2

ALENO ARCOB O FUTUR

SOLE E ACQUA

I simboli e le ipotesi sulle 3 liste sono una proiezione politica dello stato attuale, ma potrebbe risultare errata e completamente stravolta.

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Poeti e poesia

In data 25 ottobre scorso è pervenuta in redazione la lettera e tre poesie di Ezio Caprio che pubblichiamo integralmente

Ti ringrazio molto, come sempre, carissimo Nicola: il Tuo entusiasmo è davvero esemplare e coinvolgente. Pertanto, questa volta, vorrai realizzare, verso le ultime pagine della Sorgente, da dedicare alla cultura, un piccolo angolo riservato alla "poesia" che, però, non può essere soltanto locale e/o dialettale perché, infatti, essa deve sempre riferirsi a "valori universali". Provvedo, intanto, fin da ora ad inviartene tre. Una dedicata a tutte le meravigliose Mamme di Caposele; l'altra che riguarda un nostro illustre comprovinciale, di Chiusano San Domenico, che è stato collaboratore dell' Avv. Pasquale Acone, Padre del Prov. Avv. Modestino Acone, fin dal primo anno di Giurisprudenza in Napoli, fino all'esame di Procuratore Legale. Poi, illustre e noto Avvocato in Milano. Una terza, dedicata a tutte le Maestre di un tempo. Nella fattispecie trattasi di una Maestra, nata nel 1903 in Vietri di Potenza che chiamavasi Giuseppina Di Pasca. Grazie, carissimo Nicola, e …a presto! Affettuosità, Ezio

DI CASA NOSTRA

Settembre 99 Or volge l'anno, da quando, preso da male oscuro, ponesti un termine alla Tua sofferenza antica. Dicesti: Basta, ed andasti via, in punta di piedi, chiedendo scusa. Ma di che, non lo dicesti. Si scoprì dopo, con la Tua Morte, quale mai fu la vita Tua: L'inferno! Ammantato di dolcezza. Si capisce, ora, il perché dei Tuoi silenzi. Le intense udienze e le ordinate carte eran per Te rifugio certo. Così il Tuo ingegno, nel diritto, con signorile tratto, ritrovò il riscatto. Or vivi in pace, vicino alla Tua Mamma, come facesti quando Ella morì, rimasta sola, quasi per gioco. Un gioco sciocco, che presto finì.

Poi che nascesti, in Vietri,

avesti felice infanzia: Ma, fu subito sera! Maestrina, "con la penna blu", conoscesti la mondanità di Milano: Ma. solo per poco. E venne il "ventennio", e l'Africa Ti portò via il primo amore. Così, rimanesti tra i monti lucani ed i lupi, nelle notti di neve, bussavano alla Tua porta. Ma, Tu restavi al Tuo posto, con i piccoli allievi, pastori e scalzi. Finché venne un Signore, e Ti portò in Balilla. E furono giorni d'amore. Eri la "Maestra", con la casa in Piazza: rosso e forte il Tuo Uomo, rossi e ricci i Tuoi bimbi. Poi, di nuovo, s'incattivì il destino. E rimanesti sola, con il Tuo bagaglio, viaggiando e correndo tra monti e mare. Alfin, giunse il riposo: e fosti a lungo serena. Salerno, 18 settembre 1999

Un semplice appello rivolto ai Caposelesi da Vincenzo Di Masi Salviamo le bellezze di Caposele… facciamo rivivere la Cascata del parco della Madonnina!!! Quando ho saputo della chiusura della Cascata del Parco della Madonnina, nei pressi della sorgente di Santa Lucia, sono rimasto allibito.. com’è possibile che un’attrazione naturalistica del nostro paese, che destava ammirazione presso numerosi forestieri venga eliminata? Il nostro paesaggio, unico per bellezza naturale esaltiamolo…in caso contrario, si ammirerà come una cartolina di una realtà lontana o trattato come un mero luogo di passaggio.

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Natale 99 E' volato anche il primo Natale, verso di Te Ed i nostri pensieri han cercato, qualcosa di Te. Ora sei impietrita, nel freddo. E il Tuo sorriso, Mamma, si intreccia e confonde col Tuo ultimo sospiro. Quando eri, sola, tra noi eri li ad aspettare, come sempre, con il Tuo cesto pronto e pieno. C'erano strufoli e c'erano zeppole ed il miele caldo univa gli uni e le altre: come il Tuo amore, avvolgeva noi tutti. Cadono, ora, le nostre certezze. Resta, soltanto, il ricordo delle Tue rare carezze, nei nostri fuggevoli incontri. Ezio, con Franco e Giuseppe

MONTI DEL MIO PAESE di Vincenzo Di Masi O dolci monti del Leon del Sele soave ricordo mi resta di Te del panno verde che su Te si trova di pecore e agnelli grande ristoro. Sembro lontano ma son vicino con l’animo mio che sempre Ti amò lontano da Te di fronte al buon Dio, prego e ripeto alla Sua Santa virtù: cittadini felici che vivete nel Sele nell’acqua brillante di puro colore che dolce ristoro vi dà nell’arsura nei giorni più caldi dell’anno. Leone rampante Tu sembri davvero per l’acqua imponente che sgorga da Te il mondo ne parla del bene che fai alla gente di Puglia che vive per Te.

… e la terra bussò ... Nell’autunno avanzato Il profumo d’estate Avvolge i colori fra i rossicci tramonti. Un fischio nella sera Irrompe nel silenzio Semina terrore ad ogni vivente. Un’onda devastante Squarcia la storia in qualche istante. La luna sfumata Brilla Tra le polveri Dà luce Oltre la paura. Cuori lacerati Soffocati dalle macerie Lacrime smorzate Da un amico sconosciuto. Tristi ricordi Sfumature passate L’uomo rammenta Il tempo cancella. Michele Merola

NU SCAPPATI,R’STATI

di Gerardo Porreca

A sta luntanu ra Capussela Nunn’è cosa ra pocu, ma si ti guardi tuornu tuornu n’gè semp nu p’cché. Li giuv’n r’ oi p’ li sturii C’hannu fattu vunduleiene!!!! Cu tutta la bona vuluntà Ma p’ r’stà qua Avess’ra n’vntà nata facoltà. Nu pazziati, ragiunati! La cosa vai pensata e sturiata. Cu li sturii c’aviti maturatu lu paiesu a cresci avita aiutà e nu sulu a criticà. Li viecchi so viecchi li criaturi so criaturi ma vui ca siti prufussuri nu vi f’rmati sulu a scrive e mett manifesti m’pietta a li muri e roppu buonanotte a li sunaturi! Addu iati addu iati vui ggiuv’ni lauriati? Nun scappati, r’stati! lu paiesu ten b’suogn r’ vui Figli ca qua siti nati. Tuttu l’oro r’ stu munnu nu serve a niendi si na musica ti n’dona inda a li suonni tutti li iuorni: “quann tuorni”? “quann tuorni”?.


Politiche giovanili

IL MODELLO CAMPANO SULLE POLITICHE GIOVANILI Noi Giovani

abbiamo un obbligo

morale, quello di impegnarci per creare un futuro migliore. le, la regione

CaposeCampania, l’Italia,

l’Europa sarà quel che ne vorremo

fare noi: con le energie che possediamo, con la volontà che intenderemo impiegare.

Egregio direttore e cari lettori del “La Sorgente” voglio condividere con voi, attraverso quest’articolo, il mio entusiasmo per la nuova legge sulle Politiche Giovanili della nostra Regione, la L.R. n.26 del 08/08/2016. Un testo normativo importante, che rappresenta un segnale chiaro della Politica al mondo giovanile. Il Testo Unificato “Costruire il futuro. Nuove politiche per i Giovani” infatti riveste un particolare significato per una serie di motivi: perché si rivolge alla parte più giovane della nostra comunità regionale e perché viviamo in Campania, la regione più giovane d’Italia per dato anagrafico, dove un milione e mezzo di cittadini sono ragazze e ragazzi che hanno meno di trentacinque anni. Credo che se non si investa sui Giovani non si possa investire sul futuro e soprattutto sul presente. Questo è solo il punto di partenza per una rivincita generazionale per la quale possiamo e dobbiamo lottare! Rivincita che già stiamo pregustando po-

nendoci come modello, in materia di politiche giovanili, per le altre regioni d’Italia e non solo. Per intuirne la portata della riforma in esame basta elencarne gli aspetti toccati. Infatti essa prevede uno strumento programmatorio nella forma del Programma triennale per le Politiche giovanili che individua i collegamenti tra le diverse Policy, adotta strumenti condivisi di prevenzione e tutela dei Giovani e promuove progetti finalizzati ad accrescere l’informazione e la loro partecipazione a tutte le iniziative di interesse; istituisce il Forum Regionale dei Giovani presso la Presidenza del Consiglio regionale, quale sede stabile, materiale ed immateriale, del confronto tra i Giovani, la Regione e gli enti locali, l’Osservatorio regionale delle politiche giovanili con funzioni di conoscenza e di monitoraggio delle diverse realtà giovanili, il Registro regionale delle associazioni giovanili. La legge prevede spazi di aggregazione giovanili, la promozione di mobilità ed esperienze mediante le politiche per il volontariato e gli scambi con i Paesi dell’Unione Europea, le azioni di comunicazione ed informazione favorendo l’accesso ai servizi informativi e i canali social network, la partecipazione dei Giovani alla vita politica la valorizzazione del volontariato, la “Settimana dei Giovani” in

concomitanza con la Festa dell’Europa del 9 maggio. All’attuazione della legge è destinata la spesa complessiva di un milione di Euro per il triennio 2016/2018. E’ una serie massiccia di previsioni normative che investono tutto il nostro agire di Giovani rappresentanti e Youthworkers. In particolare, il sistema dei Forum viene potenziato aumentandone la rappresentatività territoriale. I Forum comunali diventano totalmente elettivi e il Forum regionale dei Giovani (dalla nuova nomenclatura) sarà per il 70% elettivo superando quasi totalmente il regime di nomina dei partiti e delle singole associazioni. L’obiettivo primario sarà proprio quello di migliorare il sistema dei Forum attraverso una partecipazione articolata su più livelli. Il Forum locale partecipa, con i rispettivi delegati, a quello provinciale (area vasta), che a suo volta partecipa a quello regionale. Inoltre, stiamo avviando diverse azioni per incentivare forme di finanziamento per i Giovani in vari ambiti. A tal proposito ricordo la linea di finanziamento rivolta ai Comuni “Ben-Essere Giovani Organizziamoci” uscita lo scorso 2 dicembre e che avrà un termine di 60 giorni. Con la speranza che qualche amministratore

di Giuseppe Caruso – Presidente Forum Regionale dei Giovani

locale, tra una lettera a Babbo Natale ed una calza alla Befana, prenda consapevolezza che nella gestione della cosa pubblica esistono forme di finanziamento che si chiamano BANDI, ai quali bisogna rispondere attraverso un progetto per provare a ricevere qualche risorsa per creare un futuro migliore alla nostra comunità. Ma forse quando si parla di PROGETTO – FUTURO si sta chiedendo troppo! Ritornando al ambito di cui mi sto occupando in questo momento della mia giovane età posso garantirvi che ce la sto mettendo tutta, avendo avuto la fortuna di trovare un governo favorevole che, fin da subito, ha mostrato interesse verso il tema delicato delle politiche giovanili attraverso anche un assessorato ad hoc e un gruppo di ragazzi con tanta voglia di fare. E, allora, non ci resta che ottenere straordinari risultati. Noi Giovani abbiamo un obbligo morale, quello di impegnarci per creare un futuro migliore. Caposele, la regione Campania, l’Italia, l’Europa sarà quel che ne vorremo fare noi: con le energie che possediamo, con la volontà che intenderemo impiegare. Buone feste e Buon 2017 a tutti noi!

L’intelligenza a sostegno di una società umana più giusta

I

l nostro mondo è diventato tanto piccolo e conosciuto che gli uomini di scienza hanno rivolto la loro attenzione ai segreti dell’universo. Si cercano, ora, le origini del cosmo e altri pianeti simili alla terra che possano ospitare la vita. Il futuro riserva certamente traguardi impensabili ma quali esiti avrà su di noi tanta conoscenza e sapienza? I risultati eccezionali raggiunti in campo tecnologico non hanno avuto finora gli effetti benefici auspicati sulle nostre società che continuano a soffrire di forti disuguaglianze. E’ tempo di usare le indubbie capacità umane per lenire i mali che ci affliggono. spirare a grandi cose ma è sacrosanto chiedere aiuto alla parte migliore dell’umanità affinchè scopra le cause del cambiamento climatico e dell’inquinamento, combatta le pandemie e la fame e formi una cultura

di pace che contrasti la violenza, il terrorismo, le guerre e quant’altro tormenti il genere umano. Far fronte con successo a queste minacce richiede una politica che difende in ugual misura i diritti di tutti, un forte cooperazione fra gli stati e la consapevolezza che con le scelte giuste nessuno di questi mali è insanabile. Continuare a ignorare i bisogni della gente e far prevalere sempre gli egoismi e gli interessi di pochi privilegiati è sbagliato di per sé ma anche perché genera avversione e rifiuto nei confronti del potere costituito ritenuto responsabile e complice di tale situazione. Agire così crea “mostri” e alimenta, in modo esponenziale, il malcontento dei “diseredati” e dei delusi e la conseguente tentazione di affidarsi alle illusorie soluzioni offerte da capipopolo che puntualmente spuntano nei momenti di crisi e di insicurezza. La nuova crisi è dovuta all’arrivo di migliaia di esseri umani in fuga

verso la salvezza la cui accoglienza è un dovere civile e cristiano che riguarda tutti. Il modo e il come gestire un fenomeno complesso è compito dell’intera comunità europea altrimenti l’incapacità di trovare soluzioni unitarie e condivise renderà sempre più consistente il pericolo che si ritorni ai nazionalismi più spinti, ai muri e ad un modo chiuso a riccio nei suoi confini ristretti. La paura dell’altro e le difficoltà che trova l’Europa a stare insieme non ci devono indurre a ritornare alla società medievale che richiama alla mente un mondo limitato ed arretrato. E’ più saggio ed opportuno tendere a un “nuovo umanesimo” aperto al dialogo ed alla cooperazione e perseguire una politica che finalmente “vede” le esigenze altrui, le studia e le risolve togliendo, tra l’altro, molto spazio agli opportunisti e creando i presupposti di un mondo più libero e sicuro. Anno XLIV - Dicembre 2016 N. 93

elli o Cozzar

di Rodolf

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Attualità

Quando i migranti erano gli Italiani

L

’emergenza sociale e la rilevanza politica del fenomeno migratorio in Italia e in tanti altri Paesi europei ha spinto diversi intellettuali ad interrogarsi sulle emigrazioni degli Italiani in un tempo molto precedente all’attuale e cioè quando i migranti erano i nostri connazionali. E’ ben noto, infatti, che l’Italia ha un passato di emigrazione molto remoto che dovrebbe farci riflettere ed assumere un atteggiamento più umano verso gli immigrati presenti nel nostro territorio. Gli anni di punta dell’emigrazione si ebbero dal 1890 al 1924. Tutti andavano alla ricerca di una nuova e promettente vita. Gli uomini di solito emigravano prima per cercare lavoro e casa. Poi arrivavano le mogli, i figli e i genitori: tutti parte del più grande movimento di persone nella storia del mondo. Alcuni passavano le frontiere in Europa, ma molti si dirigevano verso l’Australia, la Nuova Zelanda, il Brasile, l’Argentina ed il Canada. La maggioranza degli Italiani partiva verso gli Stati Uniti, verso la libertà e la ricchezza. Le navi a vapore che trasportavano gli emigranti erano come dei grandi villaggi galleggianti che potevano ospitare fino a 2.000 passeggeri di terza classe. I dormitori, divisi per uomini, donne sole e famiglie, erano affollati da schiere di cuccette di metallo a castello a tre posti. In questi lunghi e stretti compartimenti l’aria puzzava di cibi avariati, vomito e corpi sporchi. Non c’era privacy e la mancanza di bagni adeguati rendeva difficile mantenere la pulizia. Le condizioni di viaggio migliorarono solo verso il 1910. Le compagnie di navigazione italiane servivano pasta e vino; il cibo di solito consisteva in patate, uova, carne fibrosa, pesce, prugne e qualsiasi cibo che gli emigranti si portavano da casa. C’erano spesso casi di malnutrizione. I passeggeri di terza classe sbarcavano sui moli del fiume Hudson e poi venivano trasbordati in maniera sbrigativa e precipitosa su dei traghetti che li trasferivano a Ellis Island (l’isola delle lacrime). Alquanto diverso era il trattamento dei passeggeri di prima e seconda classe, i quali, quando le navi a vapore approdavano nella Baia settentrionale di New York, erano già stati ispezionati e autorizzati allo sbarco. Mentre le ancore s’insabbiavano nel fondale del porto al fischio dei piroscafi, la moltitudine della terza classe si arrampicava sulle pareti interne dell’alloggio per stamparsi per sempre nella memoria il primo sguardo dell’America. Dall’altra parte del fiume Hudson svettava la mitica visione della statua della Libertà, con la sua armatura d’acciaio verde rivestita di rame, che offriva un benvenuto silenzioso ma potente. La stazione di smistamento Ellis Island era destinata ad incanalare e filtrare quella che sembrava un’infinita disponibilità di energia umana, che veniva a stimolare l’economia americana in sviluppo. In seguito, una decisione del Dipartimento della Giustizia del 1954 decretò la chiusura definitiva di Ellis Island, che precipitò col passar del tempo nel degrado totale. La ristrutturazione dell’Edificio Principale, voluta dal Governo e terminata dopo otto anni nel 1990, è stata la più vasta di qualsiasi edificio degli Stati Uniti. Oggi, oltre due milioni di persone all’anno si recano al Museo dell’Immigrazione di Ellis Island, così chiamata dal nome di Samuel Ellis che l’acquistò nel decennio del 1870, per visitare l’emozionante rassegna di testimonianze scritte, passaporti sbiaditi, valigie di cartone, vestiti ornati di fantasiosi ricami, oggetti personali, fotografie d’epoca, carte geografi-

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che, documenti vari, un grande inventario di immagini e di vita dei nostri antenati che si snodano sulle infinite declinazioni della parola emigrante. Con l’avanzamento dei lavori del restauro sono stati scoperti dagli operai i graffiti lasciati dagli immigrati, nascosti sotto vari strati di vernice. Incisi nell’intonaco d’origine sono venuti alla luce, dal 1900 al 1954, nomi e iniziali corredati di poesie e ritratti. Una mano italiana aveva scritto “Maledetto il giorno in cui lasciai la mia terra”. Il tema dell’emigrazione ci invita, dunque, a rimetterci in discussione e a riflettere sui diffusi fenomeni di xenofobia che attualmente si verificano a livello territoriale, anche in paesi a lungo protagonisti di flussi migratori. Nel contesto provinciale dei fenomeni migratori, Caposele costituisce per alcuni aspetti un caso anomalo. La sostanziale tenuta della popolazione residente dall’Unità ad oggi rappresenta la testimonianza di come il Comune sia stato interessato da flussi migratori sia in uscita sia in entrata. I flussi in uscita transoceanici degli ultimi due decenni dell’Ottocento furono, infatti, compensati, durante i lavori di costruzione dell’acquedotto pugliese, da trasferimenti da altre regioni d’Italia di interi nuclei familiari, quali: i Montanari, i Meo, i Notaro, gli Auriemma ed altri ancora. Dopo la pausa del fascismo, nel dopoguerra l’emigrazione caposelese, di dimensioni consistenti, si diresse prevalentemente verso i paesi del SudAmerica e verso quelli dell’Europa centrooccidentale. Il fenomeno, tuttavia, agli inizi degli anni Settanta cominciò ad affievolirsi, per poi ridursi considerevolmente, fin quasi a scomparire, in concomitanza con lo sviluppo delle attività commerciali e ricettive legate al turismo religioso della frazione Materdomini. Oggi i migrantes sono altri: una folla di disperati allocati ai margini delle grandi città, clandestini o autorizzati spinti alla partenza dal loro Paese da fame, povertà, guerre, terrore politico, morte, disperati che pagano somme esose per un viaggio pieno di pericoli e disagi sperando nell’asilo politico e in una vita migliore. Le loro condizioni sono di estrema precarietà economica. Spesso sono mortificati nei loro valori culturali e nella loro dignità umana, frutto di una rabbia repressa di chi mal digerisce la cosiddetta invasione del proprio territorio. Non di rado emerge la tendenza ad evidenziare nei flussi migratori, con conseguenti reazioni sociali e xenofobe, gli aspetti più drammatici: criminalità, prostituzione, terrorismo politico e clandestinità. Molto spesso, però, dimentichiamo un aspetto particolare dell’emigrazione italiana che ebbe luogo soprattutto dopo la seconda guerra mondiale, cioè la condizione, in molti casi, di clandestinità verso svariati Paesi europei. Da una lettura del saggio, Il cammino della speranza, dello scrittore Sandro Rinauro, si evince, infatti, che la nostra nazione è stata per decenni la protagonista internazionale delle migrazioni illegali e che solo verso la fine degli anni Sessanta gli emigranti delle altre nazioni ci hanno sottratto il primato dell’esodo clandestino nell’Europa occidentale. Proprio come accade al giorno d’oggi per tanti profughi in cerca di fortuna. Dunque, corsi e ricorsi storici. Una storia che si ripete e che evidenzia tante somiglianze ma anche molte differenze che emergono perlopiù dal processo di integrazione. Una storia da raccontare alle giovani generazioni per suscitare lo spirito di comprensione tra i popoli, per favorire la pace e l’accoglienza necessarie a scambiar-

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di Dora Garofalo

ci quelle ricchezze spirituali portatrici di una grande speranza. E’ la conoscenza la chiave che apre tutte le porte e rende libera l'umanità, ma perché questa sia disponibile per tutti, intendo soprattutto per i Paesi più poveri e più arretrati, occorre una precisa volontà politica, che devo ammettere, mio malgrado, molto spesso non c'è, a volte per distrazione e indifferenza ma il più delle volte perché non conviene mettere tutti alla pari, allo stesso livello. Tale volontà espone i mediocri al rischio di essere criticati, o peggio superati magari da nuovi modelli o menti più capaci e intelligenti. Essere lungimiranti richiede coraggio e capacità di osare, uscire dagli schemi, dal dejà vu, da ciò che conviene. Finché non si capirà che bisogna osare, essere capaci persino di sfidare se stessi e promuovere la conoscenza, che equivale al dialogo tra culture e credi diversi nel rispetto reciproco, l'umanità non compirà grandi passi verso la pacifica convivenza, ma si predisporrà a guerre fratricide, atti di terrorismo e barbarie di ogni genere. Siamo in un momento difficile, in cui anche il modello di società occidentale, finora ritenuto vincente, si è rivelato fallimentare: dovremmo fare della crisi che ci attanaglia un'occasione per “guardarci dentro”, ripristinare l'etica nella nostra vita, nel sociale e nella politica che più di tutte in questa fase ha bisogno di un forte rinnovamento. Oggi apprendiamo, quasi quotidianamente, notizie che riguardano gli immigrati ed i continui sbarchi di clandestini dall’Africa settentrionale o dall’Europa dell’est alla Sicilia o alla Puglia. Partono su zattere improvvisate, su barconi malandati, ammassati in modo disumano, convinti di lasciarsi alle spalle frustrazioni e miseria, ma non sempre trovano una società accogliente, spesso trovano la morte durante il viaggio della speranza. Dovunque vanno costituiscono una comunità isolata rispetto al nuovo contesto; manca perlopiù un lavoro sicuro e regolare. La gente solitamente non conosce il motivo per cui chi emigra va alla ricerca di un possibile futuro in un paese nuovo fuggendo da terre devastate da guerre, conflitti etnici e calamità naturali. È un fenomeno che va avanti da anni, che non è ancora stato risolto ma che comincia a spaventare la popolazione del Paese ospitante per il timore di una minaccia terribile: infiltrazione di terroristi dell’Isis tramite l’immigrazione clandestina. Da non dimenticare che anche gli Italiani furono i più malvisti tra gli immigrati della prima e seconda metà del Novecento. Prima furono accusati di essere “uccelli di passaggio”, di deprimere il livello dei salari e di favorire con comportamenti illegali l’incremento della criminalità. La nomea di mafiosi e di camorristi finì così per essere applicata a tutti i meridionali approdati negli Stati Uniti, a causa del coinvolgimento di alcuni di loro in attività illegali. La conseguenza fu che un po’ dovunque, dalla Francia all’Argentina, dal Nord America al Brasile, gli Italiani si trovarono vittime di violenze gratuite. E allo stesso modo oggetto di persecuzione e di rifiuto sono spesso le migliaia di persone che arrivano oggi nella nostra penisola. Nessun valore viene rispettato, neanche il diritto alla vita. In un mondo contraddistinto da tensioni sociali sempre crescenti, spesso sottovalutate da politici e non, i giovani rappresentano un indispensabile baluardo contro i mali provocati dall’odio e dall’egoismo, in difesa della dignità di ogni essere umano e della giustizia. Ma cosa intendiamo per giustizia? Per giustizia deve intendersi in primis il diritto di ciascuna creatura umana alla vita, alla terra, al

cibo, all'acqua, ad una cultura che ci renda pienamente consapevoli dei propri diritti, capaci di autodeterminazione, e soprattutto di una cultura che renda ognuno consapevole della dignità di ogni persona, della libertà di ognuno di professare la propria fede senza discriminazione a motivo di razza e sesso. Il bene personale presuppone il bene comune, che altro non è se non quella tranquillitas ordinis che insegnava Sant’Agostino, che è presupposto e sostanza di pace e di fraternità universale. Intervenire concretamente per ristabilire la tranquillitas ordinis dovrebbe significare per le Istituzioni non soffermarsi su quelle poche cose positive che si portano avanti con dibattiti e convegni per mettere a punto una strategia che diventi strumento operativo valido per ogni Paese, ma cercare soluzioni adeguate e vie di uscita. Di qui la necessità di puntare sulla scuola nell’intento di iniziare un percorso educativo che miri a chiarire i principi, le visioni teologiche e culturali delle confessioni odierne, ma anche l’uso che si fa a livello popolare di particolari retaggi religiosi. Un percorso, dunque, che si ispiri alla morale Kantiana che si riassume nella massima fondamentale “ Rispetta l’uomo come persona”. Purtroppo, tra le tante emergenze sociali che stiamo vivendo ve n’è una che sembrava superata dal cammino dell’umanità, ed è la guerra di religioni e culture diverse nel quadro della cosiddetta globalizzazione. Da questa guerra nessuna società al mondo è al riparo. In nome di una distorta interpretazione di fede si commettono stragi e violazioni dei diritti umani che allontanano sempre di più il desiderio di tolleranza, di pace, di dialogo creativo ed interculturale in questo tempo caratterizzato sempre più da strepitio di armi e commemorazione di uccisi. Stragi e rivoluzioni stanno prevalendo in tutte le nazioni. Le orribili stragi, i genocidi, gli scontri nel Medio-Oriente e nell’Occidente Europeo, di cui siamo a conoscenza, manifestano la difficile convivenza tra culture diverse, incutono paura ed allontanano sempre di più i presupposti necessari alla convivenza civile e concreta dei popoli. Spesso lo scontro non ha nulla a che vedere con il credo religioso o con un Dio, quale che sia, oggi lo scontro è solo per la conquista del potere. Molti scambiano l’emergenza immigrazione col terrorismo sfruttando l’ignoranza e la paura, ma una buona fetta della nazione pensa che individui di fede e tradizioni culturali diverse possono e devono convivere pacificamente insieme senza rinunciare alla propria identità. Pace e fede sono due sinonimi in cui crediamo. E penso che si debba credere nel Dio che ha creato gli uomini, non nel Dio che gli uomini hanno creato, un dio in nome del quale si massacrano intere popolazioni.


Attualità

La statua della Madonna di Grienzi a Caposele Bella e sentita l’iniziativa “Itinerari di Fede” che ha unito in modo dinamico e non solo spirituale, le comunità parrocchiali di Caposele e Calabritto. Per la prima volta, almeno rispetto alla storia moderna, è stata portata in processione da un territorio all’altro la statua della Madonna di Grienzi, ripercorrendo il pellegrinaggio che normalmente molti fedeli compiono dal nostro paese verso il suo santuario di montagna. Mentre la statua è stata ospitata nella chiesa di S.Lorenzo la comunità calabrittana che l’accompagnava è stata accolta dalla nostra anche con un corroborante buffet nella piazzetta dietro la chiesa. Si sono tenute celebrazioni comuni durante tutto il periodo di permanenza della statua, durato sino al giorno dopo la prima festa di S.Gerardo, quella in cui la statua del Santo scende da Materdomini a visitare simbolicamente i fedeli di Caposele, facendo così assistere ai cittadini riuniti per l’occasione, anche una simbolica quanto speciale celebrazione alla presenza dei due graditi ospiti. Un bel modo di mantenere viva la tradizione religiosa dei cammini di fede. Grazie ai partecipanti e ai due parroci che hanno coordinato l’iniziativa, don Vincenzo e don Alfonso.

MADONNA DI GRIENZI A CAPOSELE

L

Lo scorso 28 agosto è stata una giornata storica per la comunità cattolica di Caposele. Per la prima volta è stata portata nel nostro paese una delle tre madonne di Calabritto e cioè la Madonna di Grienzi, alla quale molte persone sono devote. Pur di non mancare all’appuntamento religioso molti sono disposti ad andare a piedi fino alla cappella della Madonna situata in montagna nel territorio di Calabritto per dedicare la giornata alla preghiera. Quest’anno è stato deciso di trasferire la statua della Beata Vergine di Grienzi per più di una settimana e cioè dal 28 agosto fino al 5 settembre, nella Chiesa Madre San Lorenzo Martire di Caposele per poi portarla a Montella per il restauro. Mi hanno riferito che la mattina del 28 di agosto molte persone di Caposele devote alla Madonna sono partite la mattina presto per andare a piedi fino a Calabritto, passando per la Portella poi per San Giovanni, poi per Persano fino ad arrivare alla Chiesa di Calabritto dove molte persone insieme alle autorità comunali del paese erano in attesa. Molti pensavano di dover arrivare in montagna per prendere la Madonna, ma non è stato cosi altrimenti si doveva partire la sera prima, visto il lungo percorso per arrivare fino alla cappella. E cosi si è deciso di portare la statua alla chiesa per poi trasferirla direttamente a Caposele. La mattina di domenica 28 agosto la Madonna, coperta da un lenzuolo di colore celeste, è stata portata dai

di Giuseppe Casale

devoti di Caposele, insieme a quelli di Calabritto, accompagnati dal sindaco e dalle forze dell’ordine, a piedi lungo le strade di Persano, san Giovanni, Pianello, la portella e il ponte, poi per tutto il tratto del fiume Sele, via san Gerardo fino a Tredogge. Le persone del posto hanno riservato alla Madonna applausi e grande accoglienza. Poi, dalla piazza Sanità ci si è diretti per via Roma fino ad arrivare alla chiesa Madre. In ogni contrada è stato allestito un tavolo coperto da un lenzuolo bianco per deporvi la Madonna e quindi fermarsi un pò per rinfrescarsi e riposarsi le gambe, prima di raggiungere la Sanità dove aspettavo io insieme alle autorità di Caposele. La processione, con la banda che suonava e con i fuochi d’artificio che tuonavano, ha proseguito fino alla chiesa per la celebrazione della messa solenne. Molte persone hanno partecipato alla messa celebrata dal nostro parroco Don Vincenzo insieme al parroco di Calabritto Don Alfonso. E’ stata una cerimonia religiosa tutta dedicata alla Madonna con preghiera e canti. Dopo la messa, molte persone di Caposele e di Calabritto sono state invitate ad un pranzo offerto dai volontari della parrocchia di Caposele. Abbiamo mangiato tutti insieme nella piazza della chiesa e siamo rimasti lì per tutto il pomeriggio io compreso a divertirmi con loro; ho rivisto molti amici che erano con me al mare tanti anni fa a Mondragone; durante il pranzo abbiamo cantato e scherzato fino al tardi pomeriggio,

poi finito il pranzo ci siamo salutati con grande affetto e ci siamo ritirati tutti a casa dopo aver fatto visita alla Madonna in chiesa. Molte di queste persone nelle serate successive hanno partecipato al santo rosario dedicato alla Madonna con grande passione e preghiera fino alla serata di domenica, prima della processione di San Gerardo.

Dopo la messa l’hanno portata in processione per le strade di Caposele. dimostrando tanto affetto alla Madonna insieme agli amici di Calabritto. Alla fine ci siamo pure affezionati a questa Madonna che per più di una settimana è stata a Caposele; l’abbiamo messa insieme a san Gerardo quando è venuto qui a Caposele nello scorso mese di settembre.

In vero la Madonna di Grienzi è molto simile alla Madonna della Neve e alla Madonna del Fiume: le tre statue hanno la stessa impostazione, gli stessi atteggiamenti e gli stessi simboli, tipo una maestosa matrona assisa su un trono di nubi, con manto ampio e lungo. Regge sulle proprie ginocchia il bambino Gesù, che a sua volta tringe nella sinistra la etimologia del nome Grienzi suggerita da Filippone, che scrive: "Grienzi dal greco “agrios” ": Secondo una mia ricerca storica trovata su Internet relativa alla storia di Calabritto, potrebbe indicare un terreno selvatico e la relativa flora dei contadini che andavano in montagna per dedicare una semplice preghiera alla Madonna durante il riposo lavorativo.

L’ultimo giorno di permanenza della Madonna a Caposele l’abbiamo salutata con grande affetto. E cosi finisce la settimana religiosa di Caposele dedicata alla Madonna di Grienzi.

Nel corso della permanenza della Madonna a Caposele le persone non hanno mai fatto mancare il loro attaccamento religioso, dedicandole il rosario tutte le sere.

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Sociale

Storie di Intolleranza verso Emigrati di ieri ed Immigrati di oggi.

N

di Cesara Maria Alagia

el lontano 51, la mia famiglia partì alla volta dell'Argentina per raggiungere mio padre già a Buenos Aires, partito per sfuggire ad una vita di povertà, di mancanza di lavoro e nella speranza di offrire, a noi figli, un futuro migliore. Si partiva, come tantissime altre famiglie, portando con sé pochissima roba messa in una valigia di cartone consumato con dentro "na panedda r' panu" (che poi si aveva paura di consumare perché consapevoli che con il suo odore, sarebbe svanito anche tutto ciò che ci lasciavamo alle spalle) oltre alla "panedda" avevamo una “surbssata” regalata per l'occasione da mia nonna. Eravamo angosciati, con un morso che ci attanagliava dentro, perché non sapevamo quale fosse la cosa peggiore: lasciare il nostro paese, seppure con tanta povertà o andare in una terra straniera e così lontana da Caposele e dalla nostre origini, noi che fino ad allora non c’eravamo mai allontanati, nemmeno per andare nella vicina Lioni. I parenti cercavano di consolarci dicendo che a Buenos Aires ci attendevano papà e gli zii materni, ma la tristezza era tantissima. Il viaggio sulla nave durò un'eternità, eravamo "stipati" in una cabina di terza classe, da dove non si usciva se non per andare "sopra" a pigliare qualcosa da mangiare; ci sentivamo già stranieri fra la gente che stava nelle prime classi e che si immaginava tanto diversa da noi, diversi anche i bambini sicuramente con bei vestiti, capelli lisci o ricci, ma certamente più puliti di noi, perché giù anche le condizioni igieniche erano precarie. Dopo interminabili e sofferti giorni, arrivammo in Argentina e appena sbarcati vedemmo papà, gli zii e ci sembravano felici di vederci, lo erano ma contestualmente erano tristi per motivi che giorno dopo giorno si palesarono anche a noi, anche se piccoli, anche se ragazzini. Arrivammo in una periferia di Buenos Aires, una periferia molto povera che sembrava un deserto popolato solo da misere case, distanti l'una dall'altra, quasi ad indicare quel senso di solitudine che non ci avrebbe abbandonati per tanto tempo. Ci accolse una casa che papà aveva cercato, anche con l'aiuto dei parenti, di rendere quando più accettabile, sicuramente era molto più desolata di quella lasciata a Caposele, perché priva di tanti, seppur semplici oggetti e ricordi della vita del nostro paese oramai lontano. I giorni, i mesi, gli anni che seguirono, furono segnati dalla diffidenza della gente, dalla difficoltà di sentirci estranei in un posto che sentivamo non appartenerci e tutto trascorreva senza che qualcosa di nuovo subentrasse a cambiare una vita che tutti avevano sognato molto diversa.

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Poi un giorno arrivò dall'Italia zia Gerardina che si era sposata " per procura" con zio Giorgio; a rendere la nostra vita più accettabile, era la presenza degli zii e cugini con i quali si avvertiva forte il senso di appartenenza alla nostra famiglia, cosa che, almeno in parte, ci ripagava del fatto di sentirci invisibili in una terra straniera, sempre relegati ai suoi margini. Eppure tutti noi conservavamo integra la nostra dignità sempre e comunque andassero le cose. Con panni, troppe volte riciclati, zia Sisina ci aiutava nel confezionare vestitini che a noi sembravano bellissimi; per gli altri, però, continuavamo ad essere "coloro che venuti da lontano" pretendevano una vita più “comoda” senza accontentarsi di quel poco che, ai loro occhi, era già troppo. Poi un giorno papà si ammalò e fu costretto a stare in ospedale per parecchi mesi, quindi le nostre vite già modeste, subirono un ulteriore duro colpo. Quando papà fu dimesso, gli fu consigliato, per motivi di salute, di tornare in Italia e per noi tutti iniziò un altro interminabile viaggio, questa volta per far ritorno al paese e questa volta senza avere neppure l’illusione di una vita migliore. Nel ricordare questo spaccato appartenente alla mia famiglia, non posso fare a meno di pensare alla tragedia odierna dei migranti: essi partono per sfuggire alle persecuzioni, alla violenza, alla miseria, alla morte e sono consapevoli che prima di arrivare alla meta, (stipati all'inverosimile da efferati trafficanti in precarie carrette) potrebbero trovare la morte in mare. Eppure partono, scappano, e troppo spesso, si trovano tantissimi cadaveri in

mare, anche corpicini di bambini, alcuni ancora aggrappati alle mamme, nel disperato tentativo di salvarsi, altri senza vita e soli su qualche spiaggia, dove avrebbero desiderato arrivare nell'illusione di iniziare una vita diversa. Scappano perché i loro Stati, ed anche gli altri Stati, non sono capaci di garantire loro stabilità e pace nei propri territori di appartenenza. Coloro che arrivano portano con sé solo sogni, e qualche volta, una bustina con dentro un poco della terra del loro paese e invece cosa trovano? Fili spinati, muri che si ergono sempre più alti a separare le loro tristi vite da quelle degli altri, a negare loro, dignità umana. Anche per i più fortunati che riescono ad arrivare nei centri di prima accoglienza, la vita sarà un crescendo di delusione, di umiliazioni per essere trattati come dei "diversi" e come una minaccia che, qualche volta, li porterà a delinquere come, a volte purtroppo, accade perché manca un progetto di accoglienza mirata e diffusa. Partendo dall’assunto che chi delinque (alla pari degli italiani che lo fanno) debba essere espulso, bisogna pero, nel contempo, sforzarsi di analizzare il problema dei migranti con una maggiore capacità di analisi, scevra da pericolose paure preconcette. Ritengo che, in ciascuno di noi, l’interesse emotivo di qualche minuto alla notizia dell’affondamento di barconi pieni di migranti, dovrebbe tramutarsi nella capacità di un’analisi libera da preconcetti nei confronti di questo tragico esodo umano che non si fermerà presto. Dobbiamo saper riportare la nostra analisi verso i valori della solidarietà, dell’equità sociale e del rispetto della dignità umana, senza farsi condizionare

Immagini di profughi vecchi e nuovi: A sinistra l'emigrazione negli anni '40 degli Italiani del Sud. A Destra l'attuale emigrazione del popolo del Sud del mondo

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da una componente discriminante basata su stereotipi, dovuti alla connotazione etnica ed alla diffidenza che essa, spesso, comporta. Spesso, infatti, succede che, quando, questa continua emergenza ci costringe a considerare i migranti non come un problema lontano, non come storie invisibili e che non ci riguardano, ma come persone che avrebbero bisogno della nostra accoglienza, ecco allora che emergono tutti i nostri stereotipi, i nostri pregiudizi i quali ci impediscono di comprendere che dietro quei volti, dietro quelle richieste di aiuto, vi sono storie di un'umanità violata dalla paura e dalla violenza. Se invece riuscissimo a considerarli come portatori anzitutto di dignità, e di una diversità che non è sinonimo di pericolo, se fossimo capaci di allargare, prima delle nostre braccia, le nostre menti, liberandole da pericolosi preconcetti, impediremmo che questo mondo diventi una polveriera di razzismo e discriminazione, polveriera che si ritorcerà prima o poi contro tutti gli ultimi, anche contro quelli, fra di noi, che potranno essere costretti a partire per cercare un lavoro fuori dal nostro paese e che verranno etichettati a seconda del luogo di provenienza e già, in quanto tali, considerati, anzi più esatto dire sottoconsiderati. Concludo dicendo che dobbiamo fermare questo pericoloso dilagare di Intolleranza e Disumanità, evitando di fare terrorismo mentale e fomentando pericolose derive estremiste. Bisogna, invece, essere capaci di saper programmare un’accoglienza integrata che sappia considerare l'altro, portatore sì di diversità ma anche di umanità e dignità e dentro il cui sguardo si legge paura, sgomento e una pressante richiesta d'aiuto che non può essere non accolta, seppure prefigurando, come dicevo prima, possibilità, contesti e progetti mirati ed impedendo, così, che si possa lucrare sulla pelle di disperati e che la disperazione, possa, a volte, convertirsi in una pericolosa diffidenza.


Scuola PIANO DI DIMENSIONAMENTO E RAZIONALIZZAZIONE DELLA RETE SCOLASTICA E PIANO DELL’OFFERTA FORMATIVA RICHIESTA DI COSTITUZIONE DI UN ISTITUTO OMNICOMPRENSIVO TERRITORIALE NELL’ALTA VALLE DEL SELE PER L’ANNO SCOLASTICO 2017-18

RELAZIONE PRELIMINARE DEL DIRIGENTE SCOLASTICO

L

a presente premessa intende dimostrare non solo l’opportunità, ma anche la necessità che si giunga alla costituzione di un Istituto Omnicomprensivo, con sede in Caposele, quale risultato della fusione tra l’IC Francesco De Sanctis di Caposele e il Liceo di Caposele, attualmente sezione annessa dell’IISS Francesco De Sanctis di Sant’Angelo dei Lombardi. Del resto, i due istituti, che con questa richiesta si chiede di unificare, sono stati essi stessi il risultato di precedenti fusioni che la storia, più o meno recente, ha orientato. Per quanto riguarda l’IC di Caposele, esso è il risultato del dimensionamento previsto nel 2012 dalla Giunta Regionale che mise assieme l’IC di Caposele con l’IC di Calabritto Senerchia. Questi, del resto, erano stati formati nel 2000, allorquando furono verticalizzate le scuole medie di Caposele, Calabritto e Senerchia con le scuole elementari degli stessi paesi. Per quanto attiene il Liceo di Caposele, esso nacque nel 1975 come sezione staccata del Liceo scientifico di Calitri, mentre nel 1995 esso fu aggregato al Liceo classico Francesco De Sanctis di Sant’Angelo dei Lombardi: come si può ben comprendere, nessun motivo didatticamente fondato, né una scelta organizzativa sostanziale hanno mosso all’aggregazione, ma solo ragioni contingenti ( per il Liceo, si disse che faceva parte dello stesso Distretto Scolastico!). Nell’attuale fase storica, invece, consapevoli delle inedite condizioni sociali e culturali – tra immigrazioni e globalizzazioni- bisogna avere il coraggio di osare scelte inedite, ridando alle decisioni una consistenza strategica, che, però, può definirsi solo se si guarda alla realtà con occhi più disincantati e scientificamente fondati. In pratica, bisogna avere una assoluta capacità di effettuare diagnosi precise, per quanto dolorose esse possono essere. Già lo scorso anno, la Dirigenza di questa Scuola propose la formazione dell’Istituto Omnicomprensivo con un articolato “Progetto educativo” su cui si espressero gli organi Collegiali – Collegio dei docenti e Consiglio d’Istituto – condividendolo ( e che si ripropone). Tra le tante affermazioni, si faceva riferimento ai dati demografici sia territoriali che della Scuola, che, con 470 alunni, lasciava intravedere la fine dell’autonomia nel breve volgere di qualche anno. Ebbene, l’atteggiamento peggiore da evitare, parlando di progettazione e di “piani”, è quello di intervenire sempre a valle, costatando l’impossibilità di risolvere il problema, e mai anticipando qualche opzione positiva capace di superare, a monte, la difficoltà. Ad imporre oggi la necessità di un atteggiamento ancor più prospettico è l’esistenza della così detta AREA PILOTA ALTA IRPINIA, su cui sperimentare la Strategia Nazionale Aree Interne, che si occupa, tra l’altro, del Settore Scuola. Ebbene, tra gli interventi previsti vi è la “Razionalizzazione della distribuzione (dimensionamento) degli Istituti superiori sul territorio – anche in coerenza con la domanda effettiva” formulando” con “ipotesi di accor-

pamento o integrazione con altri interventi sulla scuola ai fini di una migliore focalizzazione della strategia”. Se le parole hanno un senso, allora si tratta di indicare con assoluta oggettività i problemi, per anticiparne gli esiti, trasformando, così, i punti di debolezza in punti di forza, ed i rischi in opportunità (analisi SWOT!). Ed allora, entrando in medias res, la nostra Scuola conta oggi 444 alunni, tra infanzia, primaria e secondaria di primo grado dei tre paesi (Calabritto, Caposele e Senerchia); nel mese di giugno prossimo si licenzieranno 52 allievi delle terze medie: per il prossimo anno scolastico 2017-18, resterebbero solo 392 alunni, con perdita dell’autonomia scolastica, giuridica, economica ed organizzativa! Certo, a questo numero si aggiungeranno i bambini dell’infanzia, i cui numeri, purtroppo, si stanno avvicinando sempre più alle unità, se non allo zero: sono sempre più i paesi dell’ Area Pilota in cui le nascite non superano le cinque unità! In ogni caso, è già evidente ora quel che potrà accadere nel prossimo, o, al massimo, tra un altro anno: ecco perché si tratta di intervenire immediatamente, cercando di capire cosa implichi qui – nei nostri piccoli centri sempre più abbandonati- ed ora , in questa fase di gravissima crisi economica ( il lavoro che non c’è!), demografica ( emigrazione e rarefazione della popolazione) e sociale ( anche per chi resta, la qualità della vita mette a dura prova la capacità di resistere ! ) organizzare un presidio di formazione e di cultura al servizio del territorio. La domanda che ci deve assillare, come Scuola nel suo insieme, è proprio questa: cosa possiamo fare per dare un contributo al futuro delle nostre terre e non lavorare, invece, per il re di Prussia, come si dice: cioè ridurci a formare centinaia di giovani consapevoli e colti, preparare le loro competenze, e poi vederli partire – senza più fare ritorno! - per fare ricchi altri territori d’Italia e del Mondo intero! Evidentemente, se vogliamo cambiare lo stato di cose presenti bisogna, come hanno invitato i grandi del passato e non solo, produrre uno sforzo di conoscenza e mettere in atto qualcosa di nuovo e di diverso dal solito, perché se continueremo, tutti, a fare sempre gli stessi passi, arriveremo esattamente sempre allo stesso posto, cioè in queste attuali condizioni! Abbiamo bisogno, però, di evitare ora il peggio e garantire subito il primum vivere, per deinde philosophari : questo, per fortuna si può fare semplicemente dando vita, già dal prossimo anno scolastico, all’Istituto Omnicomprensivo Francesco De Sanctis di Caposele, il quale porterebbe il numero degli allievi a 598 (444 del Comprensivo +154 del Liceo), assicurando la sopravvivenza dell’autonomia scolastica per almeno un altro decennio! Assicurata la sopravvivenza, allora si può passare anche al progetto di interventi sulla realtà economica sociale e culturale, anche per tentare di ribaltarne gli andamenti che ci stanno portando ad una vera e propria desertificazione, con una nuova ed inedita emigrazione di massa di giovani scolarizzati e laureati. Senza illusioni facili,questo può avvenire anche perché la visuale ottica dell’istituendo Istituto Omnicomprensivo si potrà concentrare finalmente sul vero orizzonte che ha davanti e che lo sostiene, ossia l’Alta Valle del Sele. Attualmente, invece, lo sguardo del Liceo è strabico, dovendo guardare con un occhio verso nord a Sant’Angelo dei Lombardi e con l’altro verso il Sud del corso del Sele. Se si dovesse addirittura perdere l’autonomia, il Comprensivo passerebbe di sicuro con il Comprensivo diLioni e si avrebbe lo stesso risultato, con moltiplicazione dei problemi di

di Gerardo Vespucci ordine sia organizzativo che didattico, psicologico e sociale. L’Omnicomprensivo, al contrario, consentirà più facilmente ad un vasto territorio di incontrarsi, riconoscersi e soprattutto fare rete, proprio in nome del bene più prezioso posseduto, qual è l’acqua: Castelnuovo, Santomenna, Laviano, Valva, Colliano, a sinistra Sele; Oliveto Citra, Senerchia, Quaglietta, Calabritto a destra Sele e Caposele alle sorgenti! Quindi attorno a questa grande Scuola da far nascere, si potranno stringere i nostri piccoli paesi, che hanno mille limiti, ma sono anche, da migliaia di anni, luoghi di vita perché: immersi in una natura ancora in1. contaminata, ricca di acque pure, di aria tersa, di vegetazione lussureggiante, di montagne imponenti e colline attraenti; 2. ricchi di storia e di civiltà, costruite in circa tremila anni, a far data dall’età del ferro; 3. pieni di emergenze architettoniche e di centri storici bomboniere di impianto medievale, pieni di castelli; 4. caratterizzati da un’agricoltura ed allevamenti di pregio con prodotti tipici sempre più di qualità, dall’olio al latte; 5. famosi, da secoli, per attività artigianali di gran pregio. Sarebbe facile far corrispondere alle risorse sopra indicate i tanti luoghi dei paesi dell’Alto Sele corrispondenti, caratterizzati tutti da vari apparati montuosi su cui domina la catena dei Picentini, che ospita immensi boschi di faggi, castagneti e noccioleti, e che dà origine a tre fiumi ed alimenta due acquedotti, a partire dall’imponente Acquedotto pugliese che ha origini a Caposele e che può offrire terme di acque sulfuree, alle terme di Contursi. Tutto questo, che oggi è ancora poco valorizzato e rappresenta un punto di debolezza del nostro sistema economico e sociale, messo con sapienza in relazione e a disposizione delle nuove generazioni, anche attraverso la scuola, potrà diventare una occasione di sviluppo economico e di crescita civile e morale e non più solo fattore di povertà e causa di abbandono. Ma ciò può accadere soprattutto se sapremo indicare la nostra area geografica come il nostro “libro della natura” da far leggere e studiare in ogni aspetto naturalistico, storico e di civiltà agli allievi dei diversi gradi di studio affinché essi possano conoscerli, amarli e valorizzarli. Questi nostri ragazzi, avranno finalmente la fortuna di abitare e vivere i nostri paesi, e per la prima volta potranno convivere ed interagire, partendo dai primi passi dell’infanzia, passando alla prima fase dell’apprendimento di gruppo della primaria, poi alla prima crescita dell’identità della secondaria di primo grado, a finire con la prima sistemazione del sé della secondaria di secondo grado, che finalmente porterà all’individuazione del proprio daimon da far crescere e sostenere nel prosieguo della propria vita. È noto il rifiuto pedagogico che gli esperti hanno verso gli Istituti Omnicomprensivi, dovendo far convivere favorevolmente, non tanto gli allievi di assai diversa età, quanto gli operatori scolastici, docenti in primis, di diversa provenienza e formazione. In realtà, la convivenza fisica – che può essere un punto di debolezza - è piuttosto limitata, nel tempo e nello spazio; mentre quella progettuale ed ideativa, che rappresenta un rischio o una grande opportunità, è definita dalla abilità della direzione e dalla capacità di

operatività didattica: già ora, del resto, negli Istituti Comprensivi bisogna far convivere gradi di scuola e di approfondimenti tematici differenti e spesso distanti, riuscendoci bene! A nostro avviso, invece, proprio alla luce delle nuove esigenze imposte dalla L.107/2015, cosiddetta “Buona scuola”, si può sperimentare con favore l’istituzione degli Istituti Omnicomprensivi, perché sarà possibile: 1. costruire maggiori intersezioni tra i diversi gradi scolastici, curando gli aspetti psicologici e conoscitivi degli allievi nei passaggi dall’ uno all’altro; 2. guidare gli allievi in uscita con maggiore continuità, anche al fine di ridurre la dispersione scolastica, specie dal primo al secondo grado; 3. definire attività di accoglienza in ingresso con obiettivi meglio definiti rispetto alla scelta della secondaria di secondo grado; 4. orientare nella scelta post secondaria, alle scelte lavorative e professionali, anche in relazione al contesto di risorse territoriali; 5. organizzare con maggiori possibilità di autonomia, l’alternanza scuola lavoro, con una continuità tra la secondaria di secondo grado ed i precedenti gradi della Scuola; 6. creare gruppi di lavoro in verticale, tra allievi di grado diverso, anche con l’ausilio delle nuove tecnologie; 7. favorire la formazione e l’aggiornamento con scambi di esperienze all’interno; 8.creare una didattica di percorsi a spirale. Un ruolo fondamentale nel nascente Istituto Omnicomprensivo, ovviamente, lo giocherebbero i due indirizzi liceali, i quali avranno l’onore e l’onere di unificare tutta la Valle del Sele, sia per favorirne lo studio più approfondito delle risorse e sia perché dovrà costituire il naturale approdo di tutti gli allievi della secondaria di primo grado di quei Comuni. In ogni caso, i due Licei – scientifico e delle scienze umane – avranno il compito di offrire risposte più specialistiche ai bisogni del territorio, anche in prospettiva occupazionale: è enorme il numero di attività connesse alle discipline di studio specifiche dei due corsi di studio e che si potranno attivare per rendere più visibili i due indirizzi. Una visione di scuola di territorio che si è inteso proporre inevitabilmente dovrà fare i conti con le difficoltà reali, dal trasporto alle mense, dal tempo prolungato alle spese per il diritto allo studio: è evidente che ogni scelta che cambia lo stato delle cose implica dei rischi; che non potrà essere una scelta da vivere in solitudine; che le Amministrazioni locali dovranno fare la propria parte, non solo quelle dei tre Comuni coinvolti, ma anche dell’intera area del Sele. Ma una simile novità deve avere il supporto di tutti i cittadini, a partire dai portatori di interesse che abitano il territorio, e che trovano nella Scuola un interlocutore essenziale anche alla loro vita. In ogni caso, nulla si ottiene facilmente, infatti, come dicevano gli antichi, per aspera ad astra; questa volta, però, i decisori non potranno essere distratti, poiché ne va della sopravvivenza, non tanto di una scuola e della sua autonomia didattica, bensì di un’area geografica ricca di rischi e di opportunità ed è bene ricordare che ormai, in una realtà sempre più interconnessa, nessuno si salva da solo, ma simul stabunt simul cadent!

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Storia

Verticalizzazione del Liceo: è la mossa giusta?

È

i Viscardi

sempre un piacere ritornar a scrivere sulla voce stampata che meglio rappresenta la nostra piccola Comunità, lo diventa ancor di più quando nel dover stendere qualche riga mi ritrovo a rincontrare il passato, tra un tema che tanto dovrebbe suscitar attenzione nei cittadini di Caposele e gli innumerevoli ricordi che uniscono la mia vita con il Liceo. Ormai sono passati ben 3 anni, quasi 4, da quando da liceale varcai per l’ultima volta la soglia di uscita di quella grande famiglia, e addirittura 5 anni da quando ebbi l’onore di sedere al tavolo del Consiglio d’Istituto del Liceo di Caposele, sezione associata del Liceo “Francesco de Sanctis” di Sant’Angelo dei Lombardi, votato in rappresentanza degli studenti di Caposele. Da allora tempo ne è passato, molto è cambiato, io mi sono laureato, mentre la grande famiglia ha cambiato volti e colori, ma una cosa è restata immutata, il mio interesse verso gli eventi che riguardassero il Liceo, per tal motivo non potevo esimermi dal soffermarmi su una scelta che condizionerà in maniera significativa il suo avvenire. Non da poco tempo è divenuta fondata la voce che si voglia effettuare la cosiddetta verticalizzazione del Liceo. Si tratta di una procedura che si realizzerebbe mediante un’aggregazione di tipo verticale tra il Liceo di Caposele e l’attuale Istituto Comprensivo “F. De Sanctis”, volta a garantire da una parte la sussistenza dell’Istituto Comprensivo e dall’altra parte un’autonomia gestionale e strutturale del Liceo di Caposele a discapito del rapporto di collaborazione/subordinazione con il Liceo di Sant’Angelo dei Lombardi. Detta in tali termini sembrerebbe l’occasione giusta per rivendicare un ruolo di primo ordine per il Liceo di Caposele, apparirebbe quindi un’opportunità da cogliere al volo, due piccioni con una fava direbbe qualcuno, da un lato garantire vita all’istituto Comprensivo, dall’altro ridare l’identità e l’autonomia che merita al Liceo di Caposele. Ma siamo certi che tutto ciò sia tanto semplice? Che il successo che si avrebbe valga quanto il rischio in cui si incorre? Che sia la mossa giusta per il futuro del nostro cotanto amato Liceo? In economia si chiama Swot Analysis la procedura che consente di analizzare e individuare i punti di forza e di debolezza interni all’organizzazione aziendale e le minacce e le opportunità provenienti dall’ambiente esterno, a cui si ricorre prima di procedere all’implementazione di una politica che vada a modificare l’assetto istituzionale e organizzativo, soprattutto se in maniera radicale, come accadrebbe con la verticalizzazione del liceo. Proverò quindi a dar una mia prospettiva di analisi, senza voler giudicare le scelte di qualcuno, ma solo per spiegare il mio punto di vista, ponendo soprattutto attenzione sui punti critici, sui dubbi e sulle

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di Giovann

incertezze a cui spero avrò risposta con le parole e soprattutto con i risultati, che smentiscano in particolar modo il mio scetticismo. Innanzitutto in un’epoca in cui assume sempre più necessità e rilevanza strategica la ricerca di concertazione e collaborazione, di apertura e dialogo tra diverse realtà, particolarmente se di piccola dimensione, che si concretizzi in confronto, unione e sviluppo, la verticalizzazione del Liceo potrebbe apparire un controsenso, un’azione di isolamento, venendo a mancare in tal senso l’apertura verso l’esterno che attualmente si concretizzerebbe nel rapporto di associato distaccato con il Liceo di S. Angelo dei Lombardi. Senza alcun dubbio andrebbero lo stesso riviste in maniera determinante le modalità e i pesi della relazione, in cui dovrebbe prevalere un nesso di collaborazione e coinvolgimento e non di subordinazione e indifferenza. Ai miei tempi tentammo, e in parte ci riuscimmo, ad armonizzare il rapporto tra le due sedi liceali, ma non fummo in grado di dar continuità all’incipit iniziale. Sembrerebbe che oggi poco resti del lavoro fatto e che vi sia stato un forte raffreddamento del rapporto. Nonostante ciò ho sempre visto nel Liceo di Sant’Angelo dei Lombardi un’opportunità, non una minaccia. Posto come assunto che il rapporto con il Liceo di Sant’Angelo dei Lombardi sia ormai in declino e non abbia speranze di rivitalizzazione, diverrebbe necessaria e legittimata la procedura di verticalizzazione, che attribuisca autonomia e indipendenza al Liceo di Caposele. Ma si sbaglia chi crede che basti ciò per garantire la sopravvivenza del Liceo, il mercato dei servizi pubblici non è meno agguerrito del mercato dei privati, sarà perciò necessario fin da subito che vi sia una politica forte e lungimirante, che vi sia razionalità, visione e progettualità, se non si vorrà lasciar che il Liceo decadi lentamente e inesorabilmente. È riguardo a tal punto che il mio scetticismo giunge all’apice. Non basterà realizzare un Liceo autonomo ma servirà realizzare un Liceo che sia competitivo e attrattivo, che diventi polo di riferimento per i comuni, le famiglie e gli studenti dei territori limitrofi mediante una strategia a lungo termine che sia ben definita e che consenta di offrire un’offerta formativa, maggiormente ampia e diversificata, di livello soddisfacente, che sia tale da ridurre il gap con i licei vicini e che consenta di sottrarre agli altri istituti e coinvolgere una sempre più ampia fetta di studenti e famiglie. Da tal punto di vista sembrerebbe che il Liceo di Caposele dovrebbe spostare il centro di riferimento e di azione, ponendo attenzione residuale al territorio dell’Alta Irpinia, nel quale presumo assumeranno con il tempo oligopolio assoluto i Licei di Sant’Angelo dei Lom-

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bardi e di Montella, e attribuendo la principale destinazione dell’attività formativa all’area della Valle del Sele.

L'ingresso del Liceo scientifico a Materdomini Ma quanto flusso potenziale di studenti una tale politica possa generare resterebbe un dato del tutto aleatorio, e poco rassicurante, considerando il forte spopolamento di alcune realtà attraversate dal Sele e la forte e fidelizzata presenza degli Istituti di Buccino e Eboli. Sarebbe quindi indispensabile attuare una politica efficacie e ben elaborata di audit e di marketing che consenta prima di identificare le famiglie e gli studenti, definendo le loro esigenze e richieste, e poi di coinvolgerli nell’attività di orientamento e definizione dell’offerta formativa, creando un solido rapporto di interscambio, affidabilità e fiducia. Il solo miglioramento della struttura organizzativa, materiale e intangibile, nonché ampliamento dell’offerta formativa, che dovrebbe ineluttabilmente differenziarsi per novità e originalità, servirebbe a far diventare il Liceo un polo appetibile, ma per far sì che da appetibile diventi realmente e concretamente attrattivo e usufruibile diverrebbe necessario, se non urgente, già da ora, l’implementazione di una linea di indirizzo politico ed economica forte, coerente, permanente e condivisa da parte dei comuni limitrofi, delle istituzione e delle rappresentanze politiche provinciali e regionali che garantisca una razionalizzazione efficiente e una copertura finanziaria ed economica, non solo del Liceo ma, in egual misura, dei servizi accessori, che riguarderebbero, in maniera essenziale, una struttura stradale accettabile e un trasporto pubblico che attualmente manca anche tra i paesi più vicini, ma che dovrebbe servire per ridurre le distanze concrete tra il Liceo e chi usufruirà del servizio offerto. Ciò è necessario per evitare il peggio, che la progettualità si interrompa, che non si garantisca continuità e che del Liceo resti solo un contenitore semi-vuoto che faccia compagnia ai già tanti del nostro paese. In ogni caso, in tale tentativo di analisi previsionale, la verticalizzazione andrebbe, per fisiologia, a snaturalizzare il Liceo di Caposele, andando a intaccare i valori per cui noi tutti l’abbiamo scelto e vissuto, i valori di una grande famiglia, che non potrebbero continuare a vivere

per incompatibilità con le esigenze, con i numeri e con gli obiettivi necessari a un Liceo autonomo e indipendente, che nello sviluppo e nella crescita esponenziale vedrebbe un vincolo necessario per garantire la propria sopravvivenza. Le teorie manageriali insegnano che una identica politica attuata in contesti diversi non condurrà agli stessi risultati, ciò a dir che se la verticalizzazione ha avuto esiti pregevoli in altre realtà non è detto che nel Liceo di Caposele si assisterà allo stesso, considerando anche le particolari peculiarità e caratteristiche dello stesso, che se negli anni, per nolontà progettuale da una parte e per indifferenza e scarsa attenzione dall’altra, non ha saputo trarre il potenziale vantaggio dal rapporto con il Liceo di Sant’Angelo dei Lombardi, se non grazie a persone che davvero avevano a cuore il futuro del Liceo, incontrerà con questo procedimento di aggregazione verticale non poche difficoltà e complessità di tipo strutturale e gestionale, le quali potranno esser contenute e superate solo mediante un progetto serio, costruttivo, meditato, organizzato e finanziato che non si esaurisca nell’entusiasmo del momento e con l’intervento degli attuali promotori, ma che garantisca la costruzione di una solida realtà definita e lungimirante. Si tratta, dunque, di una scelta di natura non solo politica, ma anche economica e in particolare sociale, in cui studenti, famiglie e cittadini dovrebbe avere un ruolo centrale, quanto meno di consulenza, nella definizione delle linee di indirizzo su cui lavorare. Una scelta tanto valida quanto rischiosa, in cui si potrà solo aver successo o fallire, non ci saranno vie di mezzo. Spero venga data la giusta importanza e attenzione, per il bene della collettività e di chi giustifica la vita stessa di un liceo: gli studenti. Il mio scetticismo e le mie preoccupazione trovano conforto nel saper che tra i promotori di tale scelta vi è una persona che sa bene ciò che fa e che conosce il Liceo meglio di chiunque altro, il Professor Vespucci. Spero tanto che i miei dubbi saranno presto e negli anni smentiti. Ai posteri l’ardua sentenza.


I proverbi costituiscono un bene culturale legato alla storia

delle tradizioni popolari.

Nei proverbi tutti possono identificarsi,

scoprendo qualcosa di sé e rivisitare così, i propri pensieri e la propria

di Cettin

a Casale

esperienza di vita.

continuiamo insieme ad arricchire

Canzone per Sant’Antonio

di Giuseppe Cifrodelli dedicata al fratello Antonio

Sant’Antonio predicava Scese l’angelo e gli parlava Voi che state a predicare Il vostro padre alla morte và Subito a Lisbona arrivato Col giurgiu andò a parlà Ferma ferma gran giustizia Dai parole costanti e forti Perché mio padre adda andare alla morte? Se vuoi sapere la verità Andiamo dal morto a domandà Se quillo sono sei mesi che è morto Come mai vuole parlà So sei mesi che è sotterrato Polvere e cenere è riventato Arrivato alla sepoltura Sant Antonio s’inginocchiò Risuscita santu muortu Ma chi mortu a te t’ha dato Parla e dilla la verità Chi ti ha dato alla morte alla morte và Parla e dico la verità Vostro padre non è stato Chi m’ ha vunnuto alla morte và Dio lu pozza perdonà Parla e dilla la verità Chi t’ha vunnuto alla morte và Parla e dilla la verità Vostro padre non è stato E la scomunica ‘ncuollo tengo Mi hanno cacciato i santi Padre santo padre santo Io mi voglio confessà Non sono padre di confessore Nemmeno padre di assolvere Sant’Antonio lo confessava Con le sue mani lo comunicava Con le sue mani lo comunicava E in paradiso lo mandò In paradiso lo mandò E issu al pulpito a predicà Abbi pazienza popolo mio Questo pocu che ho ritardato Un’anima a Dio l’ho mandata La morte a mio padre L’aggiu liberata E lu populo di questa gente Nu miraculu veramente E cu tutta sta gentarìa Quest’ cos’ nun crìria Lu currieri into è munuto Sei mesi ci avia mittuto Sant’Antonio giglio e giocando Sei nominato per tutto il mondo Sant’Antonio mio divino Porta in braccio Gesù bambino E lo porta con tanta gloria Facci grazia Sant’Antonio Io so lu padre di Sant’Antonio E chi lo tene per suo avvocato Da Sant’Antonio sarà aiutato Dacci intelletto alla mia memoria Facci grazia Sant’Antonio.

il nostro catalogo

DETTI Addunn’ è assuta sta voci… stà rrar’ca r’ noci

La cipodda mancu li cani l’addor’n

Quannu pass’n li gruoi pungi a li vuoi

C’addor’ r’ casu, rammenn’ nu picca

‘ngimma lu wicciu wacciu ‘nge na cosa chiatta, ca nun ver’ e nun sent’ ma chiama la gent’

Cani e cani s’addor’n ‘nculu

S’adda fa lu pir’tu p’ quantu è gruossu lu culu

Si nun puoi avè la polpa, attacchiti a l’uossu

A la briscula si ioca cu li soldi

Chi nun ten’ soldi, vai truvann’ zell’

Quiru ca paga è semb’ lu cchiù fesso

Na bbona ‘mmar’tata, né sog’ra e nè cainat’ P’ ‘ghiè annanzi t’è aiutà a cauci e a muorzi

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R’ cos’ proibbit’ sò cchiù sapurit’ Addu lu chianchieri tuovi semb’ n’uossu Li r’ritti mor’n’ p’ manu r’ li fessa Meglio murì sazio ca campà riunu Meglio puttana ca figlia r’ puttan’

Crona longa, cuscienza corta Ra nu malu pagatoru, scepp’li queru ca puoi

Il vocabolario paesano di Agnese Malanga

Airalli Ammunnatu Arzulu Buffetta Callarulu Cannacca Carcagnu Carpina Cav'cirogna Chiurnicchiu Cilonda Cintredd' Cunnuci Cup'rtinu Fascitieddu Fruugliusu Fucagna Fursora Garamieddu Guagliotta Guall'ra Lagh'naturu Lorda Maccaturu Mappina Matrella Mbolli 'mballi M'salu N'garratu

Se#no&per&granone Sbucciato Orcio Tavolo Paiolo Collana Tallone Talpa calcicaccio Se#no&per&i&grano Sporca Chiodi inghio?re Coprile9o Fascina Ghiro Camino Padella Polso Ragazza Ernia Ma9erello Sporca Fazzole9o Straccio Madia Altalena Tovaglia Indovinato

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Picca Pignonu Quatraru Rigiola R'stucci Rugna Ruòciulu Scaglindà Scampaturu Scarrafonu Scatizzu Scapizzu Scazzìa Sciamarru Scidd'cheia Stringituru Tarraturu T'nieddu Trummulà Tumpagnu Vand'sinu Vass'calu Vècciu V'sazzotta Zaaglia Zicu Zìmmuru Zòca Zuzzosa

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Poco Covone Bambino Ma9onella Stoppie Scabbia Tro9ola Riscaldarsi Te9oia Scarafaggio Pisolino Cispa Piccone Pioviggina Torchio Casse9o Tinozza Ruzzolare Spianatoia Gembiule Vivaio Tacchino Bisaccia Fe9uccia Poco Montone Fune Sporca

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Religione

di Don Vincenzo Malgieri

Il Creato, dono di Dio da salvaguardare

I

l 24 maggio , giorno di Pentecoste, nel suo terzo anno di pontificato, Papa Francesco ha emanato l’enciclica “ Laudato sì” sul rispetto e la cura del creato. Il titolo si rifà al Cantico delle Creature, l’inno di lode e di ringraziamento per il dono di ciascun elemento del creato, scritto da san Francesco nel XIII secolo. Per il Pontefice il poverello di Assisi, da cui ha derivato il nome, è guida e punto di riferimento per avere vissuto “con semplicità ed in una meravigliosa armonia con Dio, con gli altri e con se stesso e perché in Lui sono inseparabili la preoccupazione per la giustizia verso i poveri, l’impegno nella società e la pace interiore” . Di qui l’impronta del sui ministero e l’ispirazione della sua enciclica, parola derivante dal grac che significa lettera circolare. Il lungo testo di circa 200 pagine, è anch’essa un canto di lode per la bellezza del mondo e delle creature,, ma nello stesso tempo è anche una denuncia forte e documentata verso coloro che hanno sfruttato , avvelenato e deturpato la nostra “casa comune”, la terra. Dopo aver ricordato, nella premessa, che si sono interessati alla problematica ecologica già Papa Paolo IV, Giovanno Paolo II e Benedetto XVI e tantissimi scienziati, filosofi, teologi ed esponenti di confessioni religiose diverse, tra cui il patriarca ortodosso Bartolomeo, il Papa, come fece Giovanni XXIII nella sua Pacem in terris, si rivolge ad ogni persona del globo per invitarle ad un cambia-

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mento di rotta ed a una “conversione ecologica” di fronte alla minaccia che incombe sul nostro pianeta che per noi è “come una madre bella che accoglie tra le braccia ed una sorella con la quale condividiamo l’esistenza”. Il creato è un atto di bontà da parte di colui che è all’origine di ogni cosa. “Suolo, acqua, montagne, tutto è carezza di Dio”. Siamo di fronte ad una bellezza irripetibile e a valori che eccedono qualunque calcolo, ma il rischio attuale è che l’uomo che l’uomo no accompagni più la natura e che si imponga ad essa con la conseguenza di un suo generale depauperamento. A tal proposito l’enciclica fa un’ampia ricognizione della situazione attuale ed affronta temi quali: l’inquinamento, i cambiamenti climatici, la questione dell’acqua, la perdita della biodiversità, lo spreco del cibo, il debito ecologico del Nord nei confronti del Sud del mondo, la debolezza delle reazioni e la diversità delle opinioni. Dalla disanima scaturisce che purtroppo la terra è in sofferenza e la causa proviene da noi uomini. Citando il teologo Romano Guardini, Papa Francesco ricorda che esistono due forme di “incultura”: quella data a noi da Dio per trasformarla in cultura mediante il mandato di curare, far crescere e dominare la terra e la seconda quandoo l’uomo non rispetta il compito ricevuto e non cura e custodisce il creato. Chiedersi quale tipo di mondo desideriamo trasmettere a coloro che verranno dopo di noi

ed ai bambini che stanno crescendo è il punto di partenza per comprendere che è da correggere la nostra condotta e che non è accettabile un’economia che fa del profitto l’unico motore ed affama i poveri, distrugge la biodiversità estinguendo migliaia di specie e degrada il clima planetario. Preservare la terra è il compito che il Papa affida a tutti gli uomini e le donne di buona volontà, per il quale sollecita alleanza tra scienza e teologia, uomini di fedi diverse e professionisti dell’economia e dell’ambiente per rovesciare le logiche del profitto ad ogni costo e dello sfruttamento forsennato delle risorse. La “conversione ecologica” a cui siamo chiamati riguarda tanto la cura del creato quanto gli esseri umani, verso i quali ci si comporta in maniera altrettanto irresponsabile. Per la loro reprocità non si soffrono due crisi separate da una sola complessa crisi socio ambientale e ed un problema ecologico integrale. La “cultura dello scarto” e le nuove forme di antropocentrismo dispotico portano l’uomo a considerarsi l’unico dominatore, disinteressato al prossimo ed alla natura, considerati “oggetti” di cui servirsi, ma “ quando tutte le relazioni con se stessi, con gli altri, con Dio, con la terra, quando la giustizia non abita più sulla terra , la Bibbia dice che tutta la vita è in pericolo”. Per modificare il nostro stile di vita Papa Francesco ci suggerisce di “evitare l’uso di materiale plastico e di carta, ridurre il consumo di acqua, differenziare i rifiuti cucinare

solo quanto ragionevolmente si potrà mangiare, trattare con cura gli altri esseri viventi, utilizzare il trasporto pubblico o condividere un medesimo veicolo tra varie persone piantare alberi, spegnere le luci inutili”. I gesti consigliati non richiedono grandi sacrifici ma solo una maggiore attenzione alle nostre abitudini consumistiche. Siamo in periodo natalizio e questa può essere l’occasione per accogliere i messaggi dell’enciclica. Impariamo ad apprezzare le bellezza di ciò che ci circonda per non abusarne e mostriamo gratitudine per il dono elargito dalla tenerezza di Dio. Egli come un Padre amorevole, insieme al figlio e alla presenza dello Spirito santo che è in ogni essere vivente , riverbera su questo mondo tutto l’amore di cui è intessuta la Trinità. Godiamone e non perdiamo la speranza di poter superare la nostra dimensione egoistica per ritrovare una dimensione di spiritualità cosmica; impariamo a vivere con più sobrietà e a dare ascolto ai bisogni degli altri. Teniamo sempre presenti le parole di Papa Francesco: “La natura è piena di parole di amore, ma come potremo ascoltarle in mezzo al rumore costante, alla distrazione permanente e ansiosa, o al culto dell’apparire?”. Affidiamoci, dunque, al Signore che ci indica la via da seguire; il suo amore concreto e operoso. Il mio auguro per il Santo Natale e il Nuovo Anno è che possiamo rendere la nostra vita sempre più conforme alla volontà di Dio e più ricca di amore, di misericordia e di opere buone. A tutta la comunità pace e serenità.

La processione di San Gerardo a Caposele nella prima domenica di Settembre Anno XLIV - Dicembre 2016 N.93


IL NOSTRO DIALETTO di Alfonso Merola

DAL FRANCESE AL CAPOSELESE

FRANCIA

NATALE A CAPOSELE

di Vincenzo Ciccone

Mentre nelle principali città della vicina Svizzera, già sono pronti e visitabili, i famosi mercatini Natalizi,la nostra piccola "Caposele" non è da meno. Difatti con il calo delle temperature di questo mese di Dicembre ed accompagnati da odori e sapori dei nostri prodotti nostrani,ne sentiamo già l'allegra vicinanza del nostro "Santo Natale". Siamo già alla quinta edizione del mercatino natalizio di Caposele e dell'accensione dell'albero più alto d'Europa ed io aggiungerei anche più luminoso, addobbato a più non non posso. Quest'anno per la prima volta anche io presente all'accensione, un qualcosa di veramente emozionante, bisogna esserci per poter apprezzare ciò che offre Caposele a te che vieni. L'atmosfera del Natale è un qualcosa che ti coinvolge anche se non vuoi,il bello di vedersi,salutarsi lo stare insieme ed i mille volti delle persone che festanti, passeggiano per il corso principale di Caposele dove, secondo me, fede ed accoglienza la rendono ancora più bella. Un pensiero particolare va anche a tutte quelle persone sofferenti, che affrontano la loro vita con dignità e speranza. Venire a Caposele è una ottima opportunità per scoprire le meraviglie di questo stupendo territorio posizionato, per costituzione geografica, al centro della nostra verde "Irpinia" Caposele un borgo da vivere giorno dopo giorno, con il trasporto di queste fredde giornate prossime al Natale, è ancora più affascinante, se poi siete fortunati nel vederlo innevato, ne resterete entusiasti, quasi come vivere in una favola senza fine.

La presenza francese o francofona che dir si voglia è databile in Italia Meridionale a partire dall' intervento armato di Carlo d'Angiò che esaudendo una richiesta del Papa Urbano, Manfredi a BePolitica nevento (1266) e Corradino a Tagliacozzo (1268 ). Gli Angioini, dunque, governarono stabilmente Napoli e la sua Provincia dal 1266 al 1442, anno quest'ultimo in cui saranno gli Aragonesi a subentrare (1442-1503 ). Ritroveremo i francesi da queste parti all'epoca della drammatica esperienza della Repubblica Partenopea (1799 ) e più tardi con i governi napoleonici di Giuseppe Bonaparte e di Gioacchino Murat (1806-1815 ) CAPOSELESE

SIGNIFICATO

CAPOSELESE

ORIGINE

Abblaccatu abbattuto accabler Accatta' comprare acheter Accatta e binni commerciante acheter et vendeur Accattatoru compratore acatar (Normanno) Accivisci calmarsi achevir Accuccia' calmare a' coucher Accurciatu accorciato racourci Adduna' accorgersi adonner Angrippa' acchiappare agrippet Aita soccorso aide Allappia' catturare a' l'apion Alluma' illuminare a' lumer Ammarratu legato amarrer Ammuccia' tacere ammoser Ammucca' convincersi a' moquer Ampressa in fretta empresser Argia' denaro argent Arraccia' tritare hachier Arrangia' adattarsi arranger Assuca' asciugare essorer Austu agosto aoùt Appaisatu calmato apaiser Bisciu' gioiello bijou Blusa camicetta blouse Brilloccu ciondolo briloque Buatta scatola boìte Buffetta tavolino buffet Burzacchinu borsellino brosequin Burzacconu grassotto brosequon Boldero' nota bordereau Bucculi riccioli boucles Buteiglia bottiglia bouteille Bracalone comico braquelon Buttonu bottone bouton Capoccia testa caboche camelionu camaleonte cameleon Cardonu cardo cardon Carsella lume a petrolio carselle Chiappinu malizioso scapin Ciaraole salsiccioni charout Cimurru catarro equino chamoire Ciuetta civetta chouette Cimentu cemento ciment Citrunata limonata citronnade Ciumm'nera ciminiera cheminèe Cuculicu' papavero coquelicot Cumo' comò commode Curriiola / cinghia courroie Curreia Cusutu cucito cousu Cr'renza credito creance Cruce' uncinetto crochet Cucinieru cuoco cuisinier Fanatacaria puntigliosita' fanatiquerie Fevraru febbraio fevrier Finezza raffinatezza finesse Forgia fucina forge Fruscia' sperperare froisser Fuina faina fouine furmica formica fourmi Nfurratu foderato fourreau fuitina fuga fuite Garzetta mento garcette Garzonu ragazzo garçon Giaiantu gigante gèant Gorgia gola gorge Granognela rana grenouille Lepp'la Liepru lepre lievre Lionu leone lion Lourdu pesante lourd

(A)mmasonu Mallardo Marmitta Marpione Mastressa Mena' Mercu Miaula' Musciu Mustazzu Mpigna Nappina Nciarma' Ngarra' Nguacchiu Ntamatu Ntramatu Ntrattieni Nnoglia Picuozzo Povru Pareglia Pircia' Piluscia Piscialiettu Priezza Pupa Putrella R' frisca' Raggia Rammiggiana Rasa' R'turna' Arresilia' Renzerra' Ribbusciatu R'terata Rumu Saccoccia Sauzicchiu Scartu Sciarma' Salvietta Sgurgia' Sieggiu Sparatrappa Spingule A la sinfason Santaloia Sciamissu Sciantosa Scigliatu Sgarra' Spunza' Spr ' vieru Sturdutu Turnu Trezza Treglia Tresoru Trumpa' Tuppu Vaiassa Velanza Viermini Vietta Vitri Zenz'le Zibb'llina

SIGNIFICATO

ORIGINE

dormitorio à la maison anatra selvatica malard pentola marmite parassita morpion donna dirigente maitresse potare emmener segno marque miagolare miauler disgustoso moche baffo moustache tomaia empigne tovaglia nappe armare encharmer riuscire engarer imbroglio guache contuso entamer ben ordito entramer passatempo entretien salsiccia andouille frate bigoz povero pauvre paia pareil forare percier velluto peloso peluche incontinente pisselit gioia gioia bambola poupè trave poutre rinfrescare rafraichir rabbia rage damigiana dame- jeanne radere raser ripassare retourner raccogliere resilier chiudere renserrer traviato debouche' pensione retraite raffreddore rhume borsa sacoche salsiccia saucisse eliminato ecart disarmare decharmer tovagliolo serviette scannare egorger sede siege cerotto sparadrap spille epingles a modo suo sans facòn maniscalco saint Elois camicia chemise cantante chanteuse scarmigliato essilier sbagliare egarer bagnare ammollo sponge sparviero esprevier stordito etourdi giro tourner treccia tresse bastone treuil tesoro tresor ingannare tromper toupe' toup servetta volgare bajasse bilancia balance vermini vermines presto vite vetro vitre cenci cince zibellino zibeline

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Sportdelle famiglie caposelesi Storia

STORIA DELLE FAMIGLIE CAPOSELESI

"Il capostipite del ramo Cifrodelli di Caposele è Pasquale Cifrodelli, originario di Laviano. Il padre di Pasquale, Pietro, aveva avuto 3 figli, tutti nati a Laviano: Sabato, Vito Antonio e Pasquale. A causa di sopravvenuti problemi economici, Pasquale fu mandato a lavorare come pastore a Caposele (più precisamente a Buoninventre). Stabilitosi nel nostro comune, si sposò qui. Anche i fratelli di Pasquale in seguito si trasferirono a Caposele, portando il padre Pietro con loro (la presenza di quest'ultimo nel territorio del nostro comune è confermata dal suo atto di morte nel 1910). Sabato non mise su famiglia, mentre Vito Antonio, sposato anch'egli a Caposele nel 1921 con Teresa Cuozzo, purtroppo mancò prematuramente, tant'è che Teresa si risposò dopo soli 2 anni. Pasquale fu più fortunato, e diede origine ad una numerosa famiglia: si sposò 2 volte: nel 1912 con Colomba Angiolina Di Maio, da cui ebbe 3 figli, e, rimasto presto vedovo, nel 1919 con Maria Celeste Damiano, da cui ebbe altri 11 figli). Era una famiglia numerosa, ma a quei tempi era normale: c'era bisogno di molte braccia. Inoltre bisognava tener conto di un'evenienza purtroppo frequente, cioè delle morti in tenera età: dei 14 nati, 2 mancarono prestissimo. I figli di Pasquale oggi sono diventati nonni (in alcuni casi bisnonni): essi hanno avuto complessivamente 28 figli, 45 nipoti, e parecchi pronipoti.

di Pasquale Cer es

Pasquale Cifrodelli

Rocco Cifrodelli

Il 7 novembre purtroppo è mancato all'affetto dei suoi cari Vito Antonio Cifrodelli: la ricostruzione dell'albero genealogico della famiglia Cifrodelli di Caposele è stata possibile anche grazie a lui e alle informazioni sulla sua famiglia che ha tramandato negli anni ai figli e ai nipoti. Insieme ai fratelli, infatti, ha conosciuto il capostipite originario di Laviano, ma ha anche visto crescere le ultime generazioni, fino a diventare bisnonno. Sicuramente gli avrebbe fatto molto piacere leggere questo articolo e scorrere con figli e nipoti il grafico, in cui è presente anche lui. L'albero genealogico è dedicato a lui!"

Vito Antonio Cifrodelli

Fratelli Cifrodelli

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Sport di Donato Ceres CORSA DEI TRE CAMPANILI E STRALACENO I DUE APPUNTAMENTI ESTIVI DELL’ATLETICA CAPOSELESE

C

ome ormai da anni, la corsa dei Tre Campanili e la Stralaceno sono i due piu’ grandi appuntamenti dell’atletica del nostro paese. Col passare del tempo però, se per la Stralaceno (riservata solo ai caposelesi), la partecipazione e il format della gara si sono ormai affermati e consolidati, per la corsa dei Tre Campanili negli ultimi anni, si era assistito ad una forse inevitabile flessione che però ha preoccupato non poco gli organizzatori tant’è che è stato necessario intervenire su alcuni aspetti sia tecnici che organizzativi che, pur solo coi primi risultati ottenuti, oggi possiamo dire che stanno funzionando e valorizzando una corsa tradizionale e particolarissima come questa. Per la disponibilità in questo senso, ringrazio la Pro Loco Caposele che ha raccolto al volo le proposte dell’ARS Amatori Running Sele, supportandone la realizzazione. Lo scorso 12 agosto si è svolta dunque la 42° edizione della nostra storica manifestazione podistica, nata nel lontano 1974, grazie all’intuito dell’ing. Nicola Conforti, allora presidente della Pro Loco. L’albo d’oro dell’evento registra nomi di atleti eccellenti; tra i tanti spiccano quelli dei campani Massimo Santamaria, Luigi Pastore e Pietro Carpenito, oggi validi tecnici federali. Nelle ultime edizioni si sono afferma-

Podismoincampania.it

4 agosto 2016 LA CORSA DEI TRE CAMPANILI

N

el Comune montano di Caposele (città delle sorgenti) in provincia di Avellino, la locale Pro Loco, l'ARS Amatori Running Sele e l’U.I.S.P. fissano appuntamento per venerdì 12 Agosto per la gara podistica alla sua quarantaduesima edizione denominata “Corsa dei Tre Campanili”.

ti Kamel Hallag, Massimiliano Fiorillo ed il caposelese Daniele Caprio. La Pro Loco Caposele, con gli operatori tecnici dell'ARS Amatori Running Sele, il patrocinio del comune di Caposele e l’indispensabile supporto della polizia municipale e della stazione locale dei carabinieri, del Forum Dei Giovani, del gruppo Luce D’amore, della Pubblica Assistenza Caposele, del Gruppo Attivo Luciano Grasso, della G.S. Olimpia Caposele, del gruppo S.I.L.A.R.I.S. e con il patrocinio morale dell’ U.I.S.P., è riuscita a realizzare una autentica giornata fatta per il “podismo insieme”. In una reale cornice di festa, ha coinvolto il numeroso pubblico, i partecipanti provenienti da più parti della regione e i graditi villeggianti che hanno scelto la città di sorgente, piazza Sanità con le sue splendide fontane allestita per l’occasione di questa 42° edizione della “Corsa Dei Tre Campanili”. Dieci i chilometri del nuovo tracciato che hanno comunque unito i due borghi di Caposele e Materdomini e i tre campanili di riferimento in un percorso che mette in risalto la personale performance dell’atleta. Alle ore 18:00 la manifestazione è iniziata con la “Corsa Del Sele”, gara riservata ai ragazzi di ogni fascia di età nelle varie distanze. All’indirizzo dei piccoli atleti non sono mancati applausi e incoraggiamenti, i genitori a vederli gareggiare

hanno sprizzato nell’aria un’adrenalina particolare che ha riempito di gioia la piazza e il cuore dei presenti. Il buonumore, il divertimento e la vitalità, sono stati gli ingredienti che hanno caratterizzato la prima parte dell’appuntamento. Alla gara podistica, rinnovata nel percorso ma non solo, hanno partecipato sia atleti giovani della categoria assoluta, alla conquista del buon piazzamento e dei tre gradini del podio ma anche tanti veterani che hanno coperto ogni fascia di età fino a quella degli “over 75”. Nell’albo d’oro della manifestazione, viene così inserito nell’ anno 2016 il nome di “Raffaele Giovannelli” atleta tesserato per l’associazione Astro 2000-Agropoli, giunto primo all’arrivo tra due ali di folla, con un tempo finale di 33’57”. Giovannelli con la sua marcia in più, si è lasciato alle spalle i valevoli coetanei Giorgio Mario Nigro e il “nostro” Daniele Caprio. Prima donna a tagliare il traguardo, la seniores Annamaria Damiano (Montemiletto Runners) sessantanovesima assoluta, con il tempo finale

di 46’10”. Secondo e terzo gradino del podio femminile per Daniela Calicchio e Vincenza Colantuoni. Lo staff organizzativo ha continuato a sorprendere per l’apertura del ricco buffet dell’arrivederci al 2017. A commentare magistralmente il programma della kermesse, e a supportare per le premiazioni, oltre alle storiche presenze locali e al media partner Radio Lontra, la voce dell’esperto Gennaro Varrella. Insieme a tutto il gruppo operativo voglio cogliere l’occasione di questa cronaca per ringraziare i partners ufficiali della manifestazione che hanno offerto un grosso supporto economico: il Ristorante Sette Bello, l’Autofficina Di Vincenzo e l’azienda Infissi F.lli Nisivoccia. Un grosso grazie va a tutte, e sottolineo tutte, le attività commerciali ed artigianali di Caposele e Materdomini che in un unico coro hanno aderito al progetto, sostenendoci con ogni tipo di offerte. Ci vedremo l’Estate prossima, cercando sempre di rendere speciale questo nostro evento sportivo. Vi aspettiamo!

La manifestazione con la sua corsa su strada nasce nel 1974 per la passione sportiva e all’attaccamento del territorio dal dinamico Nicola Conforti storico presidente della Pro Loco Caposele. I dieci chilometri del percorso (ampiamente rivisitato) uniscono i due borghi Caposele e Materdomini. L’albo d’oro dell’evento registra nomi di atleti eccellenti, tra i tanti spiccano quelli dei campani Massimo Santamaria, Luigi Pastore e Pietro Carpenito oggi validi tecnici federali.

Nelle ultime edizioni si sono affermati Kamel Hallag, Vito Fiorillo e il locale Daniele Caprio. Dalle ore 16:00 Piazza della Sanità fino a tarda sera sarà sede di tante iniziative attrattive, in tema di sport si segnala la “Corsa del Sele” giovani a confronto nelle varie distanze. La partenza delle colorate canotte per la gara agonistica è prevista per le 18:30. Commenterà la parte sportiva Gennaro Varrella. In questa realtà dei monti Picentini nota per la presenza delle sorgenti del

Sele i suoi parchi fluviali, il museo delle macchine di Leonardo e il Santuario di San Gerardo Maiella a Materdomini, rappresentano per il podista e famiglia è una piacevolissima meta per trascorrere la giornata con la Natura, Fede, Gastronomia e Sport. Programma e regolamento lo trovi in: www.garepodistiche.com Altre informazioni mettersi in contatto al numero 3209325901 oppure visitare la pagina facebook: “Corsa dei tre Campanili Caposele”.

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Attualità

OLTRE LE MURA DEL SILENZIO

È

questo il titolo del convegno organizzato il 28 e 29 ottobre scorso dalla Pubblica Assistenza di Caposele e incentrato sulle politiche di prevenzione, di contrasto e di tutela delle donne vittime di violenza. L’evento vuole essere, attraverso l’arte, le mostre, la ricerca, il cineforum, il dibattito, un atto di denuncia, di cronaca di quel che accade nelle famiglie e nella società. Il convegno ha interessato una platea costituita da un pubblico molto vario, dalle scolaresche, agli operatori sociali, a specialisti del settore, fino a semplici figure connotative della nostra Comunità di appartenenza. Simili iniziative mirano ad informare e sensibilizzare la comunità, in quanto pensiamo che soltanto attraverso il confronto e diffondendo la cultura della non violenza e del rispetto si possa fermare la violenza sulle donne. Le due giornate hanno avuto l’obiettivo di andare “Oltre le mura del silenzio”, quel silenzio che per varie ragioni non diventa denuncia, ma che ha bisogno di essere spezzato, con le strutture, con i centri di ascolto e antiviolenza, di accoglienza, con una rete di professionisti sul campo. Ma soprattutto con una rete solidale che passi per la scuola, la famiglia, le istituzioni, le strutture sanitarie. È per questa ragione che la presidente della Pubblica Assistenza di Caposele, Cesara Maria Alagia, ha fortemente voluto un confronto allargato a molte voci, invitando a relazionare le autorità locali, gli esponenti della scuola, della ricerca universitaria, i giornalisti e i referenti dei centri antiviolenza e delle case di accoglienza che hanno portato una testimonianza diretta della realtà che vivono le donne maltrattate. La prima giornata dell’evento è stata animata da un cineforum, che ha visto la proiezione di “Ti do i miei occhi”, un film drammatico del 2003 di Iciar Bollain e di un cortometraggio “Piccole cose di valore non quantificabile”, scritto e diretto nel 1999 da Paolo Genovese e Luca Miniero, oggi affermati registi di note commedie all’italiana. Alle pellicole, motivo di importanti riconoscimenti, ha fatto seguito un dibattito, moderato dalla dott.ssa Giuseppina Casale e dalla dott.ssa Loredana Aiello, durante il quale si è discusso di temi che le due proiezioni sapientemente toccano: dal problema della violenza fra le mura domestiche, alla violenza non solo fisica ma anche psicologia e morale, dall’importanza di sensibilizzare e coinvolgere alla problematica anche e soprattutto gli uomini, dalla difficoltà di comunicare e denunciare i drammi individuali, dalla paura di raccontarli, alla capacità di accogliere e decifrare i segnali di chi tali abusi li subisce ogni giorno. La seconda giornata dell’interessante e importante convegno, moderato da Ivana Picariello, vice direttore di “Quotidiano del sud”, inizia con i saluti istituzionali. Prevenzione, formazione, attenzione,

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discussione sulla violenza di genere, sensibilizzazione, sono gli elementi introdotti nei primi interventi, quelli del vicesindaco di Caposele Donato Cifrodelli, del presidente del Consorzio dei Servizi Sociali “Alta Irpinia” Stefano Farina e dal direttore dello stesso Consorzio Generoso Trombetta, e del sindaco di Calabritto Gelsomino Centanni. La sezione dei relatori si apre con una domanda: qual è il ruolo della scuola nel contrasto alla violenza di genere? Il dirigente scolastico dell’istituto “F. De Sanctis” di Caposele, Gerardo Vespucci mette al centro dell’attenzione la vita, quella che si nega doppiamente, quando si uccide una donna, compagna e madre. La società è a un bivio, ha avvertito il dirigente, è afflitta da una crisi economica e morale e per questo va aiutata a non sbagliare. Ecco che la scuola può creare un programma di supporto per una società solidale e umana. “Chi fermerà queste croci” è la domanda che invece pongono le ragazze, Mara Russomanno e Rosamaria Spatola, impegnate in uno dei monologhi, che hanno intervallato gli interventi dei relatori, mentre scorrono le immagini di donne offese, rapite nell’intimo, violate, bruciate, ferite a morte. Donne vittime di uno stereotipo sociale e culturale che si è andato affermando lungo tutto il corso della storia umana e che ha condizionato direttamente e indirettamente la (ri)produzione di uno scenario di violenza e di discriminazioni di genere, che relega la donna ad assumere nel contesto attuale un ruolo quasi esclusivamente domestico, di madre e di moglie e ancora secondario o minoritario rispetto all’uomo. Le scarpe rosse sulla grande scrivania dell’aula polifunzionale raccontano ognuna una storia di vita, di una donna, ragazza, o bambina, torturate da qualche compagno, familiare, congiunto. A ogni paia di scarpe corrisponde una vittima di femminicidio, estrapolato dal libro “Se questi sono gli uomini” di Riccardo Iacona, e frutto di un reportage sul territorio nazionale, in collaborazione con l’inviata di “Presa Diretta” Sabrina Carreras. Sabrina, coautrice del libro, parla da cronista che sul campo ha incontrato le sopravvissute alla violenza e ha ascoltato le testimonianze dei loro familiari. La giornalista insiste sulla necessità di realizzare strutture, di aiutare le donne che hanno il coraggio di denunciare quei contesti che sanno ma che fingono di non sapere e quegli uomini insospettabilmente violenti, accompagnandole nelle difficilissime fasi di ritorno alla vita. L’emozione che attraversa il pubblico in sala diventa più forte quando Clelia Conforti e Luigi Fungaroli recitano un monologo sulla violenza alle donne in ambito familiare, già interpretato in una pièce memorabile da Paola Cortellesi. Una triste realtà di un’emergenza senza fine che, la sociologa dell’università della Calabria, Giovanna Vingelli, ricostruisce in secoli di stratificazioni, sedimentazioni

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di Giuseppina Casale

rozze e incolte, avvenute attraverso la filosofia e la letteratura: i giganti Aristotele, Rousseau, Hegel, Kant nelle loro elaborazioni riducono la donna a “sottoprodotto” della società. La docente ha ricordato che il deputato di fine ottocento Giovanni Bovio introdurrà il concetto di donna “extrastorica”, simile alla condizione a suo dire “preistorica” dei cinesi. Possiamo andare avanti di questo passo, con Gioberti, o il contemporaneo Odifreddi. Un fardello millenario, con un po’ di conti da fare: il silenzio, la non denuncia, la violenza, la persecuzione costano, secondo una recente ricerca coordinata dalla stessa prof.ssa, fino a 17 miliardi all’anno allo stato italiano. Una sofferenza individuale e collettiva a fronte di un investimento di oltre sei milioni. Numeri che devono crescere, nella controproposta, altrimenti la battaglia sarà difficile da sostenere. I professionisti sul campo, le dott.sse Michelina Iuliano e Patrizia Delli Gatti, referenti CAV “Accoglienza & Cultura Innovativa”, confermano gli alti costi economici e sociali della violenza sulla donna. Esse tramite il Consorzio dei servizi sociali in Alta Irpinia, 25 comuni, un ambito molto vasto, si dedicano alla formazione attraverso svariate iniziative e costruiscono giorno per giorno la rete inclusiva accanto ad una politica socio-sanitaria che resta al centro di tutta la loro impostazione di lavoro. Un’esperienza che ha portato alla nascita del centro antiviolenza “DiDonna” presso l’ospedale “Criscuoli” di Sant’Angelo dei Lombardi. Il direttore sanitario P.O., Angelo Frieri dà subito il senso delle cose: la volontà di istituire il centro antiviolenza all’interno dell’ospedale è stata strategica, voler aiutare costruendo un progetto di accoglienza che entri nei meandri del sommerso e sia punto di riferimento fermo e sicuro. Il suo è un messaggio di fiducia e di speranza, come quello lanciato da Concetta Gentili della cooperativa Eva, casa di accoglienza per donne maltrattate nella Provincia di Caserta. L’avvocata partendo dall’esperienza personale, e in riferimento all’attuale sistema normativo, spinge per una cultura sistemica, che costruisca una rete solidale per la libertà di autodeterminazione della donna. Conclude il convegno l’On. Rosetta D’Amelio, Presidente della Giunta Regionale della Campania, facendo riferimento alla necessità

di investire sulle norme a sostegno e a tutela della donna e su politiche sociali e di genere da attuare nell’immediato, quali l’insediamento di una commissione che dovrà lavorare sul censimento di quanto accade in regione. “Se una società ha bisogno di leggi significa che la parità non è un dato ancora acquisito” ed è per questo che il significato vero di una società paritaria deve essere trasmesso alle giovani e giovanissime generazioni. A fare da scenografia durante le due giornate c’è una rassegna di tavole dell’illustrAutrice, vignettista e blogger di l’Espresso Stefania Spanò in arte Anarkikka http://anarkikka.blogautore.espresso. repubblica.it/, che racconta in maniera illuminante e creativa, attraverso un percorso di denuncia sociale, le problematiche femminili. La mostra dal titolo “Non chiamatelo Raptus” contribuisce con coinvolgente sarcasmo a decostruire molti dei pregiudizi più diffusi che alimentano la violenza contro le donne. Insieme alla mostra itinerante compare un vistoso striscione con incisa la frase: “la violenza sulle donne è una sconfitta per tutti”. L’affissione di tale slogan sottolinea bene che il dramma della violenza sulle donne deve essere all’evidenza di tutti, ogni giorno, nessuno deve abbassare lo sguardo o voltarsi da un’altra parte. È una questione di civiltà e dovere di ognuno fermare questi massacri infiniti, consumati per lo più in famiglia ma anche per strada o nei luoghi di lavoro e sempre per mano degli uomini. L’eliminazione della violenza contro le donne è alla base della dignità delle persone, e deve sempre di più diventare azione consapevole per costruire la cultura del rispetto e del riconoscimento dell’altro.


Attualità Sociale

Da Caposele un forte messaggio antiviolenza Ecco come si attrezza il territorio di Ivana Picariello

Q

uando Clelia e Luigi cominciano a recitare un monologo sulla violenza familiare, già interpretato in una pièce memorabile da Paola Cortellesi, le emozioni attraversano la sala, dove già un altro monologo aveva sintetizzato la nuda e cruda realtà di una emergenza senza fine, tra violenza e femminicidi. Atti di denuncia, di cronaca di quel che accade nelle famiglie, nella società, attraverso l’arte, le mostre, la ricerca, il dibattito. Due giornate, quelle organizzate dalla Pubblica assistenza di Caposele, con l’obiettivo di andare “Oltre le mura del silenzio”, quel silenzio che per varie ragioni non diventa denuncia, ma che ha bisogno di essere spezzato, con le strutture, con i centri di ascolto e antiviolenza, di accoglienza, con una rete di professionisti sul campo. Ma soprattutto con una colleganza solidale che passi per la scuola, la famiglia, le istituzioni, le strutture sanitarie. E con i fondi, tanti fondi. E’ anche il senso delle parole della presidente della Pubblica as-sistenza di Caposele, Cesara Maria Alagia, che ha fortemente voluto questo confronto allargato a molte voci. Prevenzione, formazione, attenzione e discussione sull’argomento, sensibilizzazione, sono gli elementi introdotti nei primi interventi, quelli del vicesindaco di Caposele Donato Cifrodelli, del presidente del Consorzio Servizi sociali Stefano Farina, e dal direttore dello stesso Consorzio, Generoso Trombetta, del sindaco di Calabritto, Gelsomino Centanni. La scuola, allora: tanti i ragazzi in sala, che hanno seguito con interesse la discussione, mentre il dirigente scolastico dell’istituto “F.De Sanctis” di Caposele, Gerardo Vespucci mette al centro dell’attenzione la vita, quella che si nega doppiamente, quando si uccide una donna, compagna e madre. La società è a un bivio, ha avvertito il dirigente, e la crisi morale che sta permeando la società af-

flitta dalla crisi economica va aiutata a non sbagliare. Ecco che la scuola può mettere al centro questo programma, creando una società solidale e umana. “Chi fermerà queste croci” è la domanda che pongono le ragazze, Mara e Rosamaria, impegnate in uno dei monologhi, mentre scorrono le immagini di donne offese, rapite nell’intimo, violate, bruciate, ferite a morte. Donne vituperate dalla storia, mentre le scarpe rosse sulla grande scrivania del centro polifunzionale raccon-tano ognuna una storia di donna, ragazza, o bambina, tutte torturate da qualche compagno, familiare, con-giunto. La storia, la letteratura. Secoli di stratificazioni, sedimentazioni rozze e incolte, snocciolate nella ricostruzione della sociologa dell’università della Calabria, Giovanna Vingelli. Aristotele, Rousseau, Hegel, Kant: nelle loro elaborazioni questi giganti riducono la donna a “sottoprodotto” della società. La docente ha ricordato che il deputato di fine ottocento Giovanni Bovio introdurrà il concetto di donna “extrastorica”, a fronte della condizione a suo dire “preistorica” dei cinesi. Possiamo andare avanti di questo passo, con Gioberti, o il contemporaneo Oddifreddi. Un fardello millenario. Con un po’ di conti da fare: il silenzio, la non denuncia, la violenza, la persecuzione costano. Costano fino a 17 miliardi all’anno allo stato italiano. Una sofferenza individuale e collettiva a fronte di un investimento di oltre sei milioni. Numeri che devono crescere, nella controproposta, altrimenti la battaglia sarà difficile sostenerla. Ci sono i professionisti sul campo. Torniamo al Consorzio dei servizi sociali in Alta Irpinia, 25 comuni, un ambito molto vasto. Parlano professioniste come Michelina Iuliano e Patrizia Delli Gatti, referenti di “Accoglienza & Cultura Innovativa” che lavorano alla formazione attraverso

svariate iniziative e che costruiscono giorno per giorno la rete inclusiva accanto ad una politica socio-sanitaria che resta al centro di tutta la loro impostazione di lavoro. Quella che poi porta dritto all’ospedale “Criscuoli” di Sant’Angelo dei Lombardi, dove è nato il centro antiviolenza “DiDonna”. Il direttore sanitario Angelo Frieri dà subito il senso delle cose: “abbattere” le mura dell’ospedale, e aiutare, costruendo un progetto di accoglienza che entri nei meandri del sommerso e sia pun-to di riferimento fermo e sicuro. Il suo è un messaggio di fiducia e di speranza, come quello che lancia l’avvocato Concetta Gentili della cooperativa Eva, casa di accoglienza donne maltrattate. La professionista spinge per una cultura sistemica, che costruisca una rete solidale per la libertà di autodeterminazione della donna, ma in un contesto dove ognuno sia collegato all’altro: nessuno si salva da solo. Le storie, una, decine, centinaia: le ha raccontate Riccardo Iacona a “Presa diretta”, storie che ha raccolto in un libro frutto di un reportage, su e giù per l’Italia, con l’inviata Sabrina Carreras. “Se questi sono gli uomini” il titolo del libro: le violenze subite da Stefania, Rosetta, e tante altre ancora, raccontano della grande tragedia che insanguina il territorio nazionale. Sabrina parla da cronista che sul campo ha parlato con le sopravvissute della mattanza o con i loro familiari. Sa che è necessario realizzare strutture, aiutare le donne che denunciano, accompagnandole in quelle difficilissime fasi di

Una coreografica scenografia all'interno della sala polifunzionale allestita per il convegno

ritorno alla vita, le stesse che vivono in contesti che sanno ma che fanno finta di non sapere. Con un inciso non di poco conto: servono strutture, servono soldi, serve investire. Investire sui fondi, investire sulle norme. Ne è convinta la presidente del Consiglio regionale, Rosetta D’Amelio: "Se una società ha bisogno di leggi significa che la parità non è un dato ancora acquisito. Intanto, nell’immediato, sarà insediata una commissione che dovrà lavorare sul censimento di quanto accade in regione". Quanto ai centri antiviolenza, D’Amelio rivendica la primogenitura del bando da assessore, e che ha chiesto di riattivare. Con l’ulteriore impegno ad appostare più risorse. Parla da una terra in cui la donna è vittima ma anche protagonista di forti battaglie, in una terra di terremoti, emigrazione, di battaglie per la riforma agraria. Il messaggio su tutti deve arrivare alle giovani e giovanissime generazioni: trasmettere il significato vero di società paritaria, perché c’è ancora da fare sulla rappresentanza di genere, in politica, nelle istituzioni, e nei posti chiave. La battaglia continua.

Clelia Conforti e Luigi Fungaroli interpretano un monologo sul tema proposto nel convegno Anno XLIV - Dicembre 2016 N. 93

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Attualità

NON UNA DI MENO!

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asta, non se ne può più, ogni giorno uno stupro, episodi di stalking, un femminicidio! Al posto di andare avanti si ritorna indietro. Possibile che l’uomo non si renda conto di quello che fa? Alcuni uomini trattano le donne come fossero un oggetto da maneggiare a proprio piacimento. La donna è da sempre alla pari dell’uomo, e molte volte di gran lunga superiore, ma l’uomo non ha mai voluto lasciare lo scettro della supremazia che da secoli esercita nei confronti della donna, e difficilmente lo fa tutt’ora. Da tempo la donna sta dimostrando con tenacia e orgoglio di poter e saper occupare qualunque posto al mondo, con ottimi risultati, c’è bisogno che ci rendiamo conto che giochiamo tutti alla pari. Parlando da uomo, dobbiamo prendere esempio da loro per migliorarci e avere la stessa forza che hanno per riuscire al meglio in tutte le cose che facciamo. Un esempio. La donna è madre, è sorella, è moglie, è amante ed è stata sempre colei che ha portato avanti la famiglia. L’uomo di fronte alle difficoltà della famiglia scappa, invece la donna resta e si occupa dei figli, anche quando ci sono delle difficoltà enormi. Lei non si arrende di fronte a niente e combatte, l’uomo no, scappa! Ci sono dei cosiddetti uomini che non hanno metodo migliore che esercitare la forza bruta, sia fisica che verbale, per dimostrarsi superiori, ma così facendo non si rendono conto della propria debolezza.. Ma che uomo è un padre che approfitta della propria figlia? Un marito o un fidanzato che uccide la propria donna alla fine di un amore? Uno sconosciuto che prende una donna per strada contro la propria volontà e la stupra? Un uomo che la perseguita rendendole la vita un inferno? Questi non sono degni di essere chiamati uomini!! Ci vuole una educazione fin da piccoli, sia in famiglia che a scuola. Il rispetto deve essere reciproco, e va conquistato.

Ti propongo qui un testo per il teatro che ho scritto tempo fa ed interpretato varie volte. Un testo contro la violenza sulle donne visto dalla parte del padre di uno stupratore. MONOLOGO “LO STUPRO” (Arriva una telefonata.) DRIIIIN “Pronto… pronto… sì, sono io, chi parla...? Il Maresciallo dei Carabinieri? E che cosa volete da me...? Sì sono io...! Ma perché, cosa...? Mio figlio in galera? Ma cosa ha fatto? Cosa...?? Ma no, non è possibile...! Cosa? Insieme ad altri tre compagni hanno stuprato una ragazza di sedici anni? Ma non è possibile, ci deve essere un errore, non può aver fatto una cosa del genere. Ma quando è successo...? Stamattina all’alba al ritorno dalla discoteca, ubriachi? Ma mio figlio non si è mai ubriacato….! No, no...! Non è possibile, non è possibile! Arrivo subito” (Attacca il telefono, poi riprende in mano di nuovo la cornetta e telefona all’avvocato.) DRIIIN “Pronto avvocà, sono Marco… mi ha telefonato proprio adesso il Maresciallo dei Carabinieri e mi ha detto che mio figlio Lorenzo sta in galera a Regina Coeli, perché insieme ad altri tre amici avrebbero stuprato una ragazza di sedici anni… ti prego vai tu... No, io adesso non ci vengo! Non ci riesco! Sono paralizzato!! Io non posso crederci, non ci credo….!! Sì va bene, aspetto tue notizie, e sì, a te fanno entrare, al più presto, mi raccomando che io sto sulla brace! Fammi sapere la verità, la verità, hai capito? Ciao!” (Attacca il telefono e pensa tra sè) “No, non è possibile…non è possibile… Oddio, e se fosse vero? La testa mi scoppia..Lo dicevo, troppa libertà fa male, fino a quindici sedici anni l’ho potuto controllare, poi ha incominciato a frequentare persone sbagliate e sono incominciati i guai. Lo dicevo: quello e quell’altro non mi piacciono! Mi rispondeva: sei sempre il solito, non ti vuoi fi-

CAPOSELE- PERTOSA

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n incontro “non casuale” tra operatori delle Grotte di Pertosa-Auletta e Caposele Grazie alla preziosa collaborazione della nostra compaesana Maria Testa operatore turistico da quelle parti, è stato realizzato un incontro “non casuale” tra le due realtà territoriali di Pertosa-Auletta e Caposele, realtà, che hanno molti piu’ elementi in comune di quanti si pensa che, messi in relazione, potrebbero diventare punti di forza su cui lavorare, insieme. Pensando a questo, è stato combinato un primo incontro, a Caposele,

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tra la delegazione della Fondazione MIdA (Musei integrati dell’ambiente e Grotte di Pertosa-Auletta) composta dal Presidente Dott. Francescoantonio D’Orilia, Antonio Coronato e Maria Testa e il sindaco di Caposele, l’ass.re Cetrulo e la Proloco di Caposele. Un incontro utile in realtà anche per approfondire una collaborazione che in alcune occasioni già è stata sperimentata, ad esempio con i bei progetti dell’Osservatorio sul dopo sisma; Un incontro utile a mettere in campo alcune idee che camminando

Anno XLIV - Dicembre 2016 N.93

Mario Sis dare di nessuno, sono bravi ragazzi, non li puoi giudicare se non li conosci! E se questi fossero i risultati?! Madonna mia, fammi svegliare da quest’incubo! Ma finchè non me lo dice lui non ci credo...lo devo vedere…ma mio Dio non ci riesco! Ma se sono preoccupato così io, pensa i genitori della ragazza e ancor più pensa cosa sta passando quella povera ragazza! Ma com’è possibile, è stato sempre un bravo ragazzo, io non ci credo, non ci credo! Spero che l’avvocato mi faccia sapere la verità. La verità, e se poi è vero? Che faccio, che faccio! Papà voglio questo, va bene fallo. Papà voglio andare a Londra, così lavoro e imparo la lingua, va bene mi sembra una buona idea vai. La madre poi non ne parliamo, fallo contento, vedrai che non te ne pentirai, ci darà tante soddisfazioni! Eccole le soddisfazioni! Tu pensa se qualcuno facesse una cosa del genere a mia figlia! Io lo strozzerei con le mie mani! Spero che non sia vero niente e che sia solo un incubo. Ma sono sveglio o sto dormendo?” (Si dà dei pizzicotti e degli schiaffi) “E sì, purtroppo sono sveglio. Non riesco a capacitarmi, com’è potuta capitare questa disgrazia. Cosa faccio, cosa faccio!” (Squilla il telefono) DRIIIN ” Pronto, ciao avvocà dimmi:… brutte notizie, allora è vero… la ragazza li ha riconosciuti e denunciati, con tanto di referto medico. Uno di loro era suo amico. E mio figlio che ruolo ha avuto...? Come? uno alla volta l’hanno stuprata tutti, avevano bevuto tutti, hanno preso la ragazza con inganno, lei s’è fidata perché conosceva uno di loro, l’hanno portata in un prato, poco distante dalla discoteca e sotto l’effetto di alcool e droghe l’hanno stuprata e l’hanno lasciata sul posto come fosse niente e sono ritornati a ballare? Ma i ragazzi hanno confessato oppure no?... Ah, messi alle strette hanno con-

ta, da Ro

ma

fessato. Mio figlio drogato, non ci posso credere…. Che condanna gli daranno...? Ah non si sa di preciso? Ma almeno otto dieci anni non glieli leva nessuno. Avvocà per me sono pochi...! Anche se c’è mio figlio di mezzo, spero che butteranno la chiave...! Cosa dico? Dico che in questo momento provo un disprezzo e disgusto per mio figlio e ti giuro che se l’avessi qui davanti a me diventerei un assassino, io l’ho messo al mondo e io ce lo leverei...! Non posso pensare che mio figlio abbia potuto fare una cosa del genere...! Calmarmi? E come faccio a calmarmi...! Ma tu ce l’hai una figlia? Mettiti per un attimo nei panni della ragazza e dei suoi genitori, le resterà un marchio nella mente per tutta la vita, capisci che l’hanno rovinata per sempre, lo capisci...? Calma, calma un corno...! Comunque scusa per lo sfogo e fammi sapere tutto. Ah avvocà, Io so che è molto difficile ma vorrei mettermi in contatto con i genitori della ragazza e chiedere scusa a tutti, prima di tutto alla ragazza e poi a tutta la famiglia al posto di mio figlio e stare loro vicino. Provo disgusto per quello che è successo e non trovo nessuna scusa. I ragazzi devono pagare...! Avvocà, forse hai ragione, ma io non perdonerò mai mio figlio! Non mi passerà mai! Mio figlio l’ho perso per sempre! Provo tanta rabbia e disgusto che tu non puoi capire...! Va bene adesso ti saluto. (Guarda verso il cielo) Signore, lo so che un padre dovrebbe sempre perdonare il proprio figlio, ma io non ci riuscirò mai...! Se vuoi perdonalo tu se lo ritieni giusto…. Io non perdonerò nemmeno me stesso per avere messo al mondo un figlio degenere, non lo perdono, non lo perdono...! Tutti dovrebbero sapere cosa prova un padre quando suo figlio fa una cosa del genere...! Se puoi perdonalo tu." (E si mette a piangere)

di Concetta Mattia per le strade del paese, guardando le sorgenti del Sele, le nostre chiese, le montagne e il resto, hanno iniziato a prendere forma: Caposele, Pertosa e Auletta terre di pietra, acqua, fede, alti livelli di naturalità, prodotti tipici di eccellenza, storia, archeologia… tanto potenziale da mettere a sistema! Potenzialità adatte, appunto, ad un ulteriore sviluppo dell’offerta turistica sui nostri territori, che incrocia altri target magari ma, sempre con l’obiettivo concreto di far conoscere e apprezzare le nostre bellezze naturali attraverso le storie, le tradizioni e le produzioni locali.

Altri buoni tentativi di collaborazione operativa. Ci si rivedrà a breve, a Pertosa. Ovviamente, speriamo bene!


Attualità- Sociale

PROGETTO PILOTA “ALTA IRPINIA”: IL GRANDE SCONOSCIUTO

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e solo volessimo andare a spulciare tra le notizie e le iniziative (tutte, quelle vere e quelle poco credibili) che ci riguardano più da vicino troveremmo spunti molto interessanti che ci dicono meglio di ogni altra cosa come siamo messi oggi (parlo di area e di comunità territoriale allargata). Personalmente trovo paradossale e assolutamente inconcepibile che solo alcune di queste notizie, (quasi sempre quelle negative), trovino spazio e ospitalità nella nostra mente come se volessimo riconoscere, magari inconsapevolmente, che questo sia il nostro destino ineluttabile al quale non è possibile sfuggire. Sembra quasi che non siamo più abituati a combattere, che non siamo più capaci di raccogliere e vincere le sfide, dubitiamo di noi stessi e delle nostre possibilità confidando sempre che ci sia comunque qualcuno pronto a tirarci fuori dai guai (in questo caso fuori dal torpore e dalla crisi economica e sociale che ci attanaglia). C’è una notizia, in realtà vecchia di quasi due anni, di cui nessuno parla ma che può determinare e condizionare in maniera decisiva il futuro delle nostre comunità. Credo sia una delle pochissime volte (se non l’unica) in cui un territorio prova a fare sistema e immagina in maniera non estemporanea di affrontare le difficoltà della globalizzazione da una posizione di forza provando a tenere tutti insieme in un quadro di collaborazione e fiducia reciproca. Credo che il Progetto Pilota “Alta Irpinia” voglia rappresentare proprio questo. Il 22 gennaio 2015 è stato sottoscritto un Protocollo d’intesa tra 25 Comuni dell’Alta Irpinia (tra cui Caposele). L’attuazione del Protocollo è deman-

a

dato ad un organismo collettivo “Città dell’Alta Irpinia” composto dai Sindaci dei Comuni. Questo Protocollo contiene un piano strategico che individua alcuni campi di azione: Scuola, Sanità, Mobilità, Sviluppo, evidenziando quelle che sono le maggiori criticità. Elencare tutte le criticità individuate sarebbe operazione quanto mai complicata tanto più che delle difficoltà quotidiane abbiamo tutti un’esperienza diretta. Quante volte ci siamo lamentati dei trasporti poco efficienti, della mancanza di un piano serio sulla mobilità, di presidi ospedalieri assolutamente inadeguati e insufficienti a garantire un servizio sanitario e di pronto soccorso al passo con i tempi, di una scuola che non riesce, nonostante l’impegno e la dedizione, a svolgere a pieno il proprio ruolo a causa di carenze strutturali e organizzative dovute alla esiguità dei finanziamenti pubblici, quante volte infine abbiamo lamentato la scarsa collaborazione/cooperazione fra produttori locali e operatori turistici. Parliamo di questioni aperte che ogni mattina ritroviamo irrisolte come il giorno prima e sono solo una piccolissima parte del pesante fardello che ci portiamo dietro. Quindi il merito del Progetto Pilota non è quello di ricordarci che esistono problemi seri che vanno risolti quanto piuttosto quello di indicare i percorsi e gli strumenti attraverso i quali diventa possibile migliorare le condizioni di vita delle nostre popolazioni e rendere il territorio finalmente protagonista del proprio futuro. Tra le tante soluzioni prospettate voglio sottolinearne alcune che possono avere un impatto immediato anche sulla realtà caposelese. In più d’una occasione abbiamo evidenziato quanto sia importante per una comunità che si definisca realmente tale realizzare un monitoraggio attento sullo stato di salute della popolazione e

di Antonio Ruglio

mi riferisco in particolare allo studio delle patologie più ricorrenti e all’attuazione di un sistema di telecontrollo e monitoraggio degli anziani soli e dei soggetti socialmente deboli. Tutto questo favorirebbe una rete di assistenza domiciliare sociale e integrata di qualità tanto più che a Caposele abbiamo realtà come la Pubblica Assistenza che hanno già maturato importanti esperienze nel cosiddetto terzo settore e svolgono un ruolo di primo piano nel campo ampio e variegato della solidarietà. In che modo valorizzare l’istituzione Scuola dandole finalmente il posto che le spetta di diritto nel cuore di una società sana che guarda al futuro? Il Progetto Pilota indica un percorso e prospetta una soluzione. Parla apertamente di valorizzazione dei percorsi scolastici più strettamente legati alle vocazioni dei territori (come non cogliere il legame di questo tema con la stretta attualità della difesa dell’autonomia dei nostri istituti scolastici che dovrebbe vederci tutti impegnati proprio con l’intento di offrire una proposta formativa che sia espressione del territorio). Ma si parla apertamente anche di percorsi di alternanza scuola/lavoro e di periodi di stage in aziende o laboratori artigianali, stage all’estero e scambi internazionali tra scuole, tutte cose che abbiamo sempre visto da molto lontano considerandole fuori dalla nostra portata e che oggi, grazie a un approccio metodologico diverso, possono diventare realtà. Che dire poi dello sviluppo del territorio, ne abbiamo parlato a lungo ben sapendo che tutto quanto potevamo immaginare era destinato a rimanere sulla carta senza la benché minima possibilità di diventare realtà. Nel Progetto si parla di mappe delle eccellenze territoriali, di analisi specialis-

tiche domanda/offerta finalizzate alla promozione internazionale del prodotto “Alta Irpinia”. Come non essere d’accordo con la proposta di mettere in rete i produttori agricoli e zootecnici, come non essere d’accordo – cito testualmente - con “il recupero e la valorizzazione dei suoli abbandonati anche attraverso iniziative di innovazione sociale e programmi di ampliamento delle dimensioni medie delle aziende agricole”. C’è questo e molto altro nel Progetto Pilota dell’Alta Irpinia. A questo punto diventa doveroso porsi alcune domande. Visto e considerato che il Comune di Caposele fa parte del Progetto e che sul nostro territorio convivono tutte le criticità cui abbiamo fatto cenno, quale migliore occasione per rendere i cittadini artefici principali di un nuovo protagonismo attraverso il confronto e il dialogo quotidiano? Quale migliore occasione, in capo all’amministrazione comunale, per spiegare ai caposelesi come si vuole stare nella Città dell’Alta Irpinia e con quali strumenti, per valorizzare che cosa in vista di quali obiettivi? Quale migliore occasione per informare le persone sugli eventuali passi già compiuti nella direzione da tutti auspicata del definitivo rilancio dei nostri territori?Personalmente credo sia giusto aspettarsi risposte chiare e convincenti tanto più che l’occasione che ci si presenta ha in sé tutti i requisiti perché possa diventare realtà, c’è una cabina di regia, c’è una chiarezza d’intenti di base e c’è una dotazione finanziaria che però presuppone la capacità di ogni comunità di progettare, prospettare soluzioni, pianificare il proprio futuro. Come dire, non è più il tempo di stare fermi, non ce lo possiamo permettere.

Materdomini, Omaggio a Mondrian

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al 2 al 16 ottobre 2016 a Materdomini ho mostrato pubblicamente alcuni miei quadri in una esposizione intitolata “Omaggio a Mondrian”. Piet Mondrian (1872-1944) è stato un pittore olandese inventore di uno stile pittorico: ai primi del Novecento inventa un linguaggio composto di una griglia nera e di rettangoli colorati di rosso, giallo e blu. Linee nere si intrecciano ad angolo retto e i rettangoli ottenuti da questi incroci sono colorati di rosso, giallo e blu creando un effetto di equilibrio e di armonia. Occorre ricordare che il rosso, il

giallo e il blu sono colori primari, mentre il bianco e il nero sono non colori. Un suo amico pittore, van Doesburg, volle introdurre la diagonale nei quadri; Mondrian si oppose – tra l’altro interrompendo la reciproca amicizia – perché riteneva che la diagonale fosse un elemento dinamico che spezzava ogni equilibrio compositivo. Una frase di Mondrian è semplice e chiara: «Costruisco combinazioni di linee e di colori su una superficie piatta, in modo da esprimere una bellezza generale con somma coscienza. … Credo sia possibile che, attraverso linee orizzontali e verticali costruite con coscienza, ma non con calcolo,

di Eugenio R

ussomanno

guidate da un’alta intuizione, e portate all’armonia e al ritmo, queste forme basilari di bellezza, aiutate se necessario da altre linee o curve, possano divenire un’opera d’arte, così forte quanto vera». Con la mia esposizione e con i miei quadri ho voluto rendere omaggio al grande Piet Mondrian. prof. Eugenio Russomanno Anno XLIV - Dicembre 2016 N. 93

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Storie di emigrazione ITALIANI EMIGRATI IN AUSTRALIA

Cap. XI

STORIE DI EMIGRAZIONE

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e grandi difficoltá e ristrettezze vissute e superate a fatica dai figli Degli Emingrati Italiani in Australia e rispettive famiglie, nel tentativo di integrarsi, per vivere meglio la loro esistenza in Australia, ha costituito poi un grosso vantaggio, rispetto ai coetanei australiani, soprattutto nello sfruttamento del proprio ingegno, a vantaggio delle proprie attivitá professionnali. Vediamo come e perché. La storia della formazione della cultura italiana é lunga, grande e molto articolata e, come tale, si auto impone alle culture di altre nazioni, quando viene a contatto con esse, specialmente con quella Australiana. Gli Italiani Emigrati in Australia, dopo tanti anni di permanenza in territorio australiano e tra la sua popolazione, sono stati favoriti dall’oportunitá di poter analizzare la loro cultura nei suoi minimi dettagli. Ció che non é stato possibile fare, anche volendo, agli australiani. Loro sono stati a contatto con noi italiani, ma non a contatto anche col nostro territorio nazionale e con la nosra cultura nella sua dettagliata interezza. Per esempio gli italiani in Italia, che sanno fare il vino, per trasformare il MOSTO dell’uva in vino sfruttano il fermento SACCAROMICES che si forma e si accumula intorno all’acino dell’uva. In Australia gli italiani che sanno fare il vino, fanno la stessa cosa, aggiungendo al fondo del grosso tino soltanto un chucchiaio da tavola di meta-bisolfito di sodio per ogni Kg. 20 di uva, per avviare la fermentazione aperta del mosto, appena ottenuto, dalla pigiatura dell’uva, fresca raccolta, nella via giusta. Lo zolfo del composto evapora via, durante la fermentazione, che dura da giorni 15 a 18 e nell’ottimo vino, cosí ottenuto, rimane soltanto una quantitá insignificante di Sodio, non dannoso. Gli australiani, che credono di saper fare il vino, usano il LIEVITO DI BIRRA, o altri lieviti , per far rifermentare il MOSTO, sterelizzato con meta bisolfito di sodio, mescolato all’uva appena pigiata pari a Kg0.5 in Kg50 , per sicurezza. Per cui, la qualitá e il sapore del vino australiano cambia, considerevolmente rispetto al vino italiano, fatto con la stessa qualitá d’uva. La stessa differenza di qualitá e sapore esiste nella manifattura del formaggio e i latticini fatti in Italia e quelli fatti in Australia dagli australiani. Gli Emigranti italiani in Australaia, non si sono dedicati alla pastorizia e perció non fanno formaggio, né latticini di vero stile italiano. Gli australiani fanno il formaggio stile italiano (Italian Style) ma che esso non ha nulla a che fare con la qualitá del formaggio stile italiano, fatto in Italia, oggiorno per convenienza finanziaria, meno importato in Australia. Per esempio. Nella cagliata gli italiani in Italia usano il CAGLIO, consistente in latte acido secco, contenuto nello stomaco pieno, dell’agnello e succhiato come

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unico nutrimento dalle mammelle della mamma pecora, pochi minuti prima di essere ucciso dopo quindici o venti giorni dalla nascita, per uso carne. Anche il formaggio del latte di mucca viene fatto col CAGLIO secco. In Australia il formaggio e i latticini vengono manifatturati, usando fermenti diversi; molto differenti da quelli ottimali del caglio. La manifattura e la cura del formaggio vengono eseguite con altri concetti e altri metodi. L’ambiente di stagionamento differisce molto da quello usato in Italia. In Australia il formaggio viene semistagionato nelle camere frigorifere e viene messo in vendita il più presto possibile, per ricavare una maggiore quantitá di moneta. Gli australiani mangiano soprattutto formaggi freschi o semifreschi a fette, custodite in buste di plastica, scatole-cartoncino. Quando esso viene grattugiato, perché non ben stagionato, si attacca alla grattugia. I Giovani Emigranti Italiani che vengono oggigiorno in Australia, rispetto ai coetanei australiani, sono avvantagiati dal loro bagaglio cognitivo di cultura generale grazie alla Maturitá raggiunta nella Buona Scuola Italiana. Il bagaglio conoscitivo col quale il giovane italiano esce dalla scuola liceale italana, é più ricco e di gran lunga superiore, come completezza, a quello del liceale australiano, il cui il numero delle materie studiate per obbligo imposto dal programma scolastico statale è inferiore ed é inferiore il numero delle idee, di cui puó benificiare. “ L’ uomo tanto puó, quanto sa.” ( Francesco Bacone. Filosofo inglese. 1561 + 1626 ). ITALIANI EMIGRATI IN AUSTRALIA Cap. XI. Emigrazione Contemporanea

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ggigiorno gli italiani che emigrano in Australia hano giá sentito parlare dell’Australia e della vita che conducono gli australiani autoctoni e la vita che si troveranno ad affrontare coloro che vi emigrano oggi e sanno anche che non esiste più il Viaggio Assistito, goduto da molti vecchi emigranti degli Anni settanta. Gli italiani che emigrano oggi in australia hanno un grado d’istruzione di Scuole Secondarie e Secondarie Superiori e conoscono meglio la lingua inglese, in particolare la Grammatica e l’inerente Fonetica anche se sempre in maniera imperfetta. Una lingua detta ‘ITLIESE’ che é costituita da ITALIANO imbrogliato con l’INGLESE. Secondo la definIzione del Professore De Biase, Docente presso l’Universitá di Sydney Australia. Il tempo e la qualitá della vita e migliorats, durante l’ambientamento dei nuovi emigranti italiani in questa terra, dal duemilaquatto ad oggi con speciali permessi permanenti e temporali di scambio socioculturale tra i Governi Italiani e i

Anno XLIV - Dicembre 2016 N.93

di Giuseppe Ceres

Governi Australiani relativamente a studenti, professionisti, lavoratori villeggianti , imprenditori sponsorizzati, varia secondo le categorie degli emigrati e le loro capaciatá di comunicara in lingua inglese australiano. Riporto qui appresso una specie di tabellina circa il numero degli italiani emigrati in Australia negli ultimi dieci anni e più. Lista dei Principali Visti di Entrata in Australia per categorie di attivitá sottoelencate negli anni 2004 / 2015. Categorie Entrata temporanea 2014-- ’15 n.54954 1 - Lavoratori villegianti 14138 2 - Persone d’affari Lunga permanenza ‘ 2010 3 – Visti per Studenti 5602 4 – Emigranti Soci 521 4 – Imprenditori finanziati 636 5 – Indipendenti specializzati 97 La maggior parte degli emigranti italiani residenti da lungo tempo in Australia

e di queti nuovi emigrati italiani, avanti elengati non sanno poco o nulla, essendo tanti di loro in pensione diversi di loro addirittura in Istituti Statali di Pensionati. Molti sono soltanto interessati a coltivarsi l’orto proprio nel retro casa e partecipare a pranzi apparecchiati per loro il ristoranti italoaustraliani nei giorni di festeggiamenti per le ricorrenze di santi patronali e pochi altri motivi.


Dal Brasile

ANZIANITA’: l’Album della Memoria! Umberto Gerardo Malanga ugmmaterdomini@bol.com.br

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erche’ i nostri sogni ritardano tanto a realiz zarsi e poi, immediatamente, tutto a cade, si risolve e, ahime’, e’ la fine! Ha punti che la vita disegna e sembrano per caso, ma questi hanno un senso. Frequente, oltre ai tanti parenti, un mio amico, collega di scuola degli anni cinquanta, mi chiama via Skype, raccontandomi le novita’ del Paese, i miglioramenti, gli innumeri eventiche si svolgono, special mente in primaveraestate, lasciandomi con una voglia ardita di far presenza, di sentire quella gente in tutto darsi da fare, una attività contagiante, Nelle campagne, sinfonie di ruscelli, prati, alberi fioriti, campi dorati, monti sublimi, valli che incantano, l’allegre scroscio del caro fiume Sele, una fauna cantante, che nel pensare vado in esaltazione passionale! Si’, io piango! Perche’, c’e’ qualcuno che non si emoziona con tanta bellezza, serenita’, esuberanza ambientale! C’e’ qualcuno ch’e’ andato via e non ha portato seco la nostalgia del suo Luogo, che ha dimenticato la sua gente, non ha lasciato un’amore e tante cose, seppur semplici, ma per chi vive a distanza sono d’un valore inestimabile! Direte che io, per non percepire il tempo passare, mi rifugio nella memoria del passato! Sto sognando si e’ vero, perche’sognare e’ vi ere, e’ bello! Ritornando al nostro dialogo, si commenta di quei tempi andati, come dice il poeta, quando al sabato sera c’era sempre un modesto locale, in quei vicoli stretti, poco

illuminati, dove si strusciava un tango, una mazurca, al suono d’un semplice quattro bassi, ma lo spazio era piccolo, la concorrenza numerosa, ragion per cui alcuni spasimanti approfittavano dei scambievoli contatti piu’ intimi. Era uma impresa un tanto difficile, perche’ l’ambiente era ben controllato da rigorose matriarche che, con quei severissimi sguardi, intimidivano le coppie a mantenere una certa distanza, perche’, secondo elle, “balla’ troppu azz’ccati e’ br ’ogna!” Ma era divertito: un sorriso, un flert, un timido occhiolino, sfiorando un viso, alimentavono i nostri sogni, provocavano mille illusioni. Alle ventitre’ in punto, senza contestazioni, Zi Carminuccio ammutoliva lu ricanettu che Peppino, faticosamente, arronzava e poi, con modi garbati, augurava a tutti la buona notte! . Ricordi settantenni infilati dentro di noi. Non se ne vanno e, per lo piu’, noi li custodiamo. Adesso, quivi, tali minuzie sono sconosciute, ma rimaste indimenticabili nella nostra memoria. Trovano protezione in noi perche’ ne siamo dipendenti. Un mutuo compenso. Quanto piu’ intricata e’ la nostra vita, piu’ permangono. Siamo ostaggi, non possiamo liberarci, non c’e’ scampo, e’ impossibile il biglietto di ritorno, siamo carichi di responsabilita’ materiali, morali, sociali, siamo coscienti dei nostri doveri e sprattutto abbiamo sentimenti, ovvero, siamo veri italiani! Nel settembre 2015, son ritornato al mio Villaggio. In verita’ vi dico

ch’e’ imbarazzante, per persone anziane, loquomuoversi tra un Borgo all’altro, portare un fiore al cimitero e viceversa. Privo d’una macchina sei malconcio. Non esiste una navetta che circola, l’impossibilita’ d’un taxi, seppur i compaesani sono gentilissimi ad aiutarti. L’Amministrazione Comunale dovrebbe creare qualcosa, dare alternative al turista e chi affronta una maratona per visitare il suo paese. Ma le Autorita’ gia’ di allora erano insipide, per cui bisognava farsi strada. Un di chiesi ad un scansafatiche informazioni e questi ebbe la sfacciataggine di dirmi: “ma ch’ ‘ngi m’niti a fa qua!” A malincuore, risposi: “fannullone, prima di te, qui, c’ero io e di mentalita’ ben diversa!” Caposele, dai vicoli stretti, stradette tortuose. Desolante bellezza agreste! Masserie sgretolate, nei fondi di proprieta’ private, poveri di alberi fruttiferi, ortaggi e... Innumeri roditori, serpenti che si muovono in terre incolte, abbandonate. Niente case coloniche,neanche un pagliaio, ma rovi in abbondanza, vestigi di alberi che un di’ scalammo per raggiungere la cima e coglierne i frutti piu’ vistosi. Una civilta’ contadina cancellata completamente. Fiero, io, coldiretto ero! Nell’orizzonte emergono, disposte sui picchi dell’alto piano di Buoninventre, Sant’Andrea di Conza, Castelnuovo, Santomenna e altri paesi che ci circondono, le enormi pali dell’energia eolica che girano incessantemente.

Tanti casolari stravolti dal sisma del novembre 1980, in attesa d’un promesso risorgimento che giammai arriva. Tutto e’ sparito, poco si scorge della mite, serena vita di agricoltori. Rimasti alcuni angoli di memoria, che son sopravvissuti alla scossa dell’ottanta, infinitamente luttuosa e devastante. Ma la rilevante bellezza del Luogo, terra dei miei primi anni, dei miei antenati, rinasce dall’amore dei suoi figli e di coloro che continuano ad amarLo. La natura, puntuale, sfolgorante esplode a primavera, il mitico fiume Sele, seppur affannato, mormora, in un canto lento, il suo scroscio, ci fa sognare i primi anni del secolo venti, quando ancora era libero, non imprigionato. Io, con ansia di ricuperare il tempo, da Materdomini, di nuovo, scendo a Caposele, procuro locali, persone che nel passato mi appartenevano. Poco incontro. Ecco l’ANZIANITA’: e’ come un’Albero a fine autunno dove pochissime foglie restano a ricordare. E’ un’Album di fotografie che ingialliscono e poi spariscono una ad una. Sfogliandolo, la’ s’incontrano tutti i fantasmi del passato, giovani, sorridenti e felici come una volta lo fummo. Allora, amici miei, sempre di piu’ ho la coscienza che le nostre fotografie occuperanno gli spazi a loro riservati, nelle cornici delle assenze, solo che un di’, quando predestinato, non piu’ sfoglieremo l’Album della Memoria! BUONE FESTE!

MATERDOMINI di Caposele

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Foto ricordi Una pagina dedicata, da sempre, ai ricordi, alle immagini sbiadite, ma emozionanti del nostro archivio. Tante occasioni per rivedere volti, luoghi, eventi e impressionanti momenti che non torneranno più. La nostra raccolta da oggi si espande sul web attraverso la " SELETECA" Vi invitiamo a recuperare la voglia di venire ad aprire il nostro catalogo. Una foto degli anni 40: il funerale per la morte dell’arciprete Francesco Malanga

LA FOTO dei RICORDI

La vecchia via Santuario

Il soffitto settecentesco della vecchia chiesa San Lorenzo Un brindisi tra don Ciccio Benincasa e l’avv, Michele Farina – presenti Angelo Farina, Gerardina Sturchio e Emidio Alagia

Ci siamo adeguati ai tempi e nell'occasione del 36° anniversario del terremoto del 1980, riproponiamo una mostra fotografica che, con la tecnologia, è diventata, MOSTRA PERMANENTE. All'interno della "Seleteca" il catalogo multimediale de "La Sorgente", un contenitore lo abbiamo dedicato alle immagini del terremoto. Oltre 250 gotografie dal nostro archivio a disposizione di tutti coloro che vogliono approfondire, scaricare e rivivere quei momenti del dopo terremoto. LA SELETECA è rintracciabile on line e gratuitamente all'indirizzo: SELETECA / LA SORGENTE su FLIKR

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Storia

LE ELEZIONI IN ITALIA DAL 1861 AD OGGI di Michele Ceres

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hiunque assista ai lavori di un Consiglio comunale di un qualsiasi piccolo comune non può non rimpiangere i tempi in cui a Caposele e in tutti i comuni con popolazione inferiore a cinquemila abitanti si votava con un sistema maggioritario, in cui l’elettore poteva esprimere un massimo di sedici preferenze scelte nell’ambito della stessa lista (il famoso colpo in testa) oppure tra liste diverse. Il sindaco e la giunta municipale venivano eletti in consiglio, che era composto da una solida maggioranza di sedici consiglieri su venti. Nel 1993 questo sistema elettorale fu abolito, quando, invece, sarebbe stata preferibile la sua applicazione anche ai comuni con popolazione superiore a cinquemila abitanti, in cui si votava con il sistema proporzionale. Con la riforma, il sindaco veniva eletto direttamente dagli elettori, la giunta diventava un organismo non più di fiducia del consiglio, ma del sindaco stesso, che così diventava una specie di podestà fascista con poteri quasi assoluti; per di più veniva soppresso anche il CORECO, ossia il Comitato regionale di controllo, che era preposto all’esame della legittimità delle delibere. Fu, in buona sostanza, una scelta operata in ossequio ai desiderata di non pochi demagoghi, a danno dell’efficienza del consiglio comunale e della governabilità delle comunità. La riforma del 1993 è stata solo una tappa del lungo percorso dei sistemi elettorali in Italia, la cui storia, sia pure in pillole, riteniamo che possa essere gradita ai lettori de “La Sorgente”. Per mere ragioni di spazio, in questa fase diamo la preferenza alle elezioni politiche rispetto alle amministrative, le quali saranno oggetto di specifica trattazione nel prossimo numero del giornale. Possiamo considerare la storia delle elezioni in Italia da un duplice punto di vista: come progressivo allargamento del numero degli elettori aventi diritto al voto e, almeno fino al 1919, come ampliamento delle basi sociali dello stato liberale in forme rigidamente controllate dalla classe dirigente. Le varie riforme elettorali portarono ad un continuo aumento del numero degli aventi diritto al voto ed aprirono, in tal modo, la carriera politica anche a cittadini che, per censo, non appartenevano ai gruppi dominanti. Queste riforme non costituirono, però, una conquista da parte della popolazione che ne beneficiava, bensì furono concesse dall’alto, secondo una strategia rivolta ad evitare che l’allargamento del corpo elettorale mettesse in pericolo il potere della classe dirigente. Il primo parlamento italiano fu eletto nel-

Caricatura del trasformismo di De Pretis

le elezioni del 27 gennaio e 3 febbraio 1861. Gli aventi diritto al voto furono 418.699, ma votarono soltanto 293.583 elettori. I deputati vennero eletti con un piccolo numero di voti. In media, nel 1861, occorrevano 824 elettori per eleggere un deputato. Alcuni parlamentari furono eletti, addirittura, con meno di cento voti. La legislatura fu aperta a Torino da Vittorio Emanuele II il 18 febbraio 1861 in un clima di grande festa. Dopo tre giorni, il 21 febbraio, il Senato emanò la legge che proclamava Vittorio Emanuele re d’Italia, approvata il 17 marzo anche dalla Camera dei deputati. La classe politica di governo aveva uno spiccato carattere di notabilato. Per la destra storica, che governò l’Italia dall’Unità al 1876, base della rappresentanza erano il censo altissimo - 40 lire - e i titoli connessi alla corte. La destra elesse per lo più proprietari terrieri, esponenti di un’aristocrazia media, che avevano partecipato al movimento risorgimentale. È vero che era una classe dirigente eletta su base assai ristretta, ma rimane il modello, mai più raggiunto, di classe politica ideale del nostro Paese, anche se nel 1868 fu toccata dal cosiddetto “scandalo dei tabacchi”, il primo nella storia dell’Italia unita. Il numero degli aventi diritto al voto ancora nel 1880 era rappresentato da appena 621.896 elettori, cioè il 2,2% degli italiani. L’apporto maggiore all’approvazione di una nuova legge elettorale lo diede Agostino Depretis, che fu più volte presidente del Consiglio. La sua riforma elettorale divenne legge il 24 settembre 1882. Con questa nuova legge, per votare era necessario essere cittadini italiani, aver frequentato la seconda elementare (sapere cioè leggere e scrivere), pagare almeno 20 lire di imposte l’anno più cinque di imposte locali oppure, indipendentemente dalle condizioni economiche, essere alfabeti e aver frequentato con esito positivo un corso elettorale. Erano esentati da tale prova coloro che erano in possesso di un titolo di studio superiore, gli impiegati pubblici, ad eccezione degli uscieri e degli addetti ai lavori manuali, coloro che avevano tenuto per un anno l’ufficio di consigliere comunale o provinciale, di giudice conciliatore, di presidente o direttore di società commerciali, i decorati di medaglia d’oro e d’argento. In sintesi, il nuovo testo di legge elettorale, pur continuando a parlare di norme suddivise nei due sottoinsiemi di censo e capacità, affermava la maggiore importanza della seconda rispetto al censo. I cittadini, infatti, venivano iscritti nelle li-

ste elettorali soprattutto perché capaci, capaci di seguire il dibattito politico, capaci di scegliere i deputati giusti per la nazione. E, per essere capaci bisognava aver seguito i corsi elementari obbligatori per legge. Il meccanismo inaugurato dalla nuova normativa prevedeva, dunque, un allargamento consistente del corpo elettorale. I votanti passarono da 621 986 a 2 milioni 17.829, vale a dire il 6,9% della popolazione; gli elettori iscritti per censo nelle liste elettorali passarono dall’80% al 34,7%. Si trattava di un numero ancora molto alto, eppure questa limitata riforma non mancò di preoccupare finanche uomini della sinistra. In quel tempo, la propaganda non si faceva tramite i comizi, bensì con i “banchetti” elettorali, in cui il candidato leggeva il suo discorso alla fine delle degustazioni e stringeva la mano agli elettori che, poi, controllava strettamente tramite i suoi uomini di fiducia. Questi discorsi erano rari, ma divennero spesso memorabili. Agostino Depretis, dal 1875 al 1886, ne pronunciò solo quattro, tuttora ricordati come i “Vangeli di Stradella”, dal nome del paese nativo di Depretis. Paradossalmente, il nuovo sistema elettorale finì, però, col danneggiare le popolazioni meridionali. Questo inconveniente fu efficacemente descritto da Gaetano Salvemini, il quale osservò che il numero degli elettori in Italia meridionale diminuì, perché la legge, sgravando i meridionali, in buona parte analfabeti, di alcune imposte locali, aveva prodotto l’effetto di far cancellare d’ufficio dalle liste elettorali tutti quei piccoli contribuenti analfabeti, che non pagavano più le cinque lire di imposte locali e le circa venti lire di imposte nazionali. Nel 1882 la composizione sociale della Camera dei deputati mutò in modo considerevole. I deputati non appartenevano più, com’era stato in passato, alla media aristocrazia terriera, ma soprattutto ai professionisti, in prevalenza agli avvocati (anche se, soprattutto nel Mezzogiorno, molti professionisti erano anche proprietari di terre). Inoltre, alla rappresentanza organica della classe sociale di appartenenza dei deputati della destra, si sostituì quella personale ed elettorale dei nuovi eletti. Tale sostituzione finì col favorire la diffusione dei legami di tipo clientelare tra i maggiori rappresentanti della borghesia economica e i politici che in Parlamento ne rappresentavano gli interessi. In pratica si era avviato il processo di formazione di un ceto di professionisti della politica. Nel 1913, verso la fine di quella che viene definita “l’età giolittiana”, venne concesso il suffragio universale maschile. Con questa riforma Giolitti riconobbe la necessità di allargare le basi sociali della rappresentanza politica, ma nello stesso tempo si preoccupò dei pericoli che potevano derivarne per il probabile rafforzamento dei socialisti. Un riflesso di queste preoccupazioni può essere visto nel fatto che gli analfabeti per poter votare dovevano aver compiuto il trentesimo anno di età. Una svolta politica importante si ebbe solo con la riforma elettorale del 1919. Questa non fu dovuta tanto alla volontà della classe dirigente di allargare la base sociale della sua legittimazione politica, quanto alle profonde trasformazioni sociali determinate dalla 1a guerra mondiale, che resero inevitabile l’inserimento nella vita della nazione di larghe fette di popolazione prima escluse. Il numero degli aventi diritto al voto, salito a 10.239.326, corrispondeva ai cittadini maschi che avevano compiuto il 21° anno di età.

È vero che l’estensione del diritto di voto a tutti i cittadini maschi costituì un elemento di democrazia, ma è altrettanto vero che questa fu parziale, perché le donne rimanevano ancora escluse dalla vita politica. Inoltre, l’aspetto democratico della consultazione elettorale fu dovuto, in buona parte, ad altri fattori, quali: l’adozione del sistema proporzionale, l’intervento più organico dei grandi partiti di massa (era nato anche il Partito Popolare Italiano, in cui i cattolici potevano avere una rappresentanza diretta dei loro interessi) ed infine, per la prima volta, la neutralità del governo. In tal senso, significative furono le disposizioni che il primo ministro Francesco Saverio Nitti diede ai prefetti di impiegare la massima energia nell’impedire ogni abuso, sia che fosse dovuto alla violenza rossa, sia a quella bianca o nera. I risultati delle elezioni segnarono, comunque, la fine del predominio parlamentare delle forze che si richiamavano al Risorgimento, in quanto liberali e democratici persero la maggioranza assoluta, i socialisti ebbero 156 seggi e i popolari ne conquistarono 100. Con l’avvento del fascismo, al fine di consolidare il dominio parlamentare dei fascisti conquistato con la marcia su Roma di due anni prima, nel 1924 si tennero nuove elezioni sulla base di una nuova legge elettorale che fu chiamata “legge Acerbo”, dal nome del suo autore, che prevedeva un premio di maggioranza corrispondente all’attribuzione dei 2/3 dei 535 seggi disponibili alla lista che avesse conseguito soltanto il 25% dei voti validi. Dopo le elezioni del 1924, per oltre vent’anni, non ci furono elezioni libere in Italia. Il Decreto Luogotenenziale del 23 febbraio 1945 estese finalmente il diritto di voto alle donne. Nel 1946 fu reintrodotto il sistema proporzionale e le prime elezioni politiche coincisero con il referendum istituzionale tra monarchia e repubblica. Il sistema elettorale è stato fino al 1994 fondamentalmente pluralistico (molteplicità di partiti), che ha dato luogo, spesso, a situazioni politiche non molte chiare. Ma, quando le elezioni sono state polarizzate su un tema preciso, sul quale si sono formati due schieramenti, gli Italiani si sono pronunciati con chiarezza ed anche con saggezza, come, per esempio, nel 1948, quando scelsero una democrazia rappresentativa di tipo occidentale invece di una repubblica popolare di paese satellite dell’Unione Sovietica. I guai iniziarono con lo scandalo di “tangentopoli”, quando si pensò di porre rimedio alla crisi della credibilità della politica modificando soltanto il sistema elettorale, come se le colpe fossero state del sistema e non degli uomini. Le elezioni dal 1994 al 2001 si sono svolsero sulla base del cosiddetto “mattarellum”, da Mattarella, oggi presidente della Repubblica, firmatario della legge, un sistema misto: 75% maggioritario, 25% proporzionale. Un buon sistema, colpevolmente mandato in soffitta solo per meri interessi di partito o, per meglio dire, dei capipartito. In sua vece fu approvata, su proposta dell’on. Calderoli, una nuova legge elettorale, definita dall’autore stesso una porcata. Da qui il nomignolo “porcellum”. Qui preferiamo fermarci, perché la successiva approvazione di una nuova legge elettorale, nota come “italicum” è oggi oggetto di aspri e inconcludenti scontri tra i partiti e all’interno dei partiti stessi.

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Politica

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uando si amministra la Cosa Pubblica si possono commettere degli errori, ma quando gli errori sono una costante e per giunta sono grossolani e dannosi per i cittadini essi sono dovuti ad incapacità amministrativa. Fin dal suo insediamento, l’attuale Amministrazione del nostro Comune, targata “Caposele nel cuore ”, ha inanellato una serie di errori e strafalcioni dovuti a scriteriate decisioni e comportamenti assurdi, propri di chi, testardo e sprovveduto ,non vede più in là del suo naso. Per dare il senso di che cosa si sono resi responsabili i nostri amministratori, mi limito ad evidenziare solo alcune delle più gravi e dannose decisioni da loro prese negli ultimi quattro anni: 1.Convenzione con l’Acquedotto Pugliese: Con la speranza che su questo argomento si possa fare, una volta per tutte , chiarezza, mi piace invitare i lettori ad alcune riflessioni e considerazioni. La convenzione Farina, per la prima volta nella storia di Caposele, ha sancito l’integrale vendita di tutte le acque delle sue sorgenti, senza riserva alcuna. Di conseguenza , il Comune con l’avvenuta installazione di contatori sulla mandata dell’acquedotto comunale dovrà pagare all’A.Q.P. l’acqua consumata dai suoi cittadini, compresa anche quella dei fontanini pubblici e delle perdite della rete idrica comunale. A tal proposito viene spontaneo chiedersi : -Come ci si può vantare ed esserne contento di aver alienato un bene così prezioso e duraturo nel tempo, se poi si deve riacquistare lo stesso con maggiorazioni, al prezzo imposto dall’acquirente ?; - Come si può rinunciare con lo stesso atto a dei diritti acquisiti nei tanti anni precedenti, come la manutenzione gratuita di tutti gli acquedotti esistenti sul territorio e di tutta la rete fognaria del Comune di Caposele, oltre all’uso dell'acqua senza limiti e al versamento di una somma di danaro all’anno come indennizzo?; - Come ci si può accollare l’onere della salvaguardia delle sorgenti , da sempre a carico dell‘ A.Q.P,secondo quanto stabilito perfino dalla legge? ; ed infine, - Come si possono accettare tutte queste condizioni arrivando alla stipula di un accordo con un colosso come la società per azioni A.Q.P. , senza il dovuto supporto di persone qualificate e competenti? Tutto questo solo in cambio di 1.350.000 euro all’anno con pagamento posticipato di un semestre? I motivi di quanto sopra sfuggono a qualsiasi mente razionale. Di fronte all’evidenza di un simile sbaglio, si insiste ancora nel ritenere la convenzione un’operazione finanziaria vantaggiosa per tutta la comunità, tant’è che, non a caso durante la seconda serata della festa dell’Unità del 2016 il sindaco Farina ne ha tessuto nuovamente le lodi, definendola la migliore delle convenzioni possibili. E’bene allora, che il tutto venga confutato da cifre. Da buoni praticoni e come farebbe

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NON E’ PIU’ IL TEMPO … una massaia accorta al bilancio familiare ci tocca fare un poco i conti e constatare la validità o meno dell’ultima convenzione sottoscritta. Il comune di Caposele , come per convenzione, incassa € 1.350.000 in cambio della fornitura di mc. 11.447.568 di acqua all’anno, pari a a € 0.1179 a mc. A sua volta, sempre per convenzione, il Comune acquista l’acqua dall’A Q..P. e la paga € 0.462 a mc( IVA compresa) senza considerare che la fornitura avviene alla sorgente. Il confronto tra incasso e spesa rende in modo inequivocabilmente chiaro che tutta la convenzione porta grandi vantaggi solo all’acquedotto Pugliese, anzi ogni cittadino , con la sottoscrizione della convenzione, ha contratto con A.Q.P. un debito di circa 300,00 euro.. 2.Raddoppio Pavoncelli Bis: L’argomento è coperto dal più assoluto silenzio. Alle varie interrogazioni e alle insistenti richieste d’intervento e controllo , di fatto, non è stata data alcuna seria e precisa risposta : • sull’inquinamento del fiume Sele e della frequente moria dell’intera fauna per sversamenti perpetrati nel tempo; • sullo scempio delle strade comunali causato dai mezzi pesanti utilizzati per il trasporto dei materiali. Il sindaco, anche in questo caso , si è limitato a ridimensionare il vincolo all’adeguamento della viabilità necessario a sopportare il trasporto del materiale di risulta a mera raccomandazione. Chi pagherà gli eventuali danni prodotti ?; • sul percolato di strani liquami sulle strade del Comune di Caposele; • sulla natura e le caratteristiche del materiale risultante dalla scavo della nuova galleria; • su ciò che sta avvenendo nel sottosuolo del territorio a seguito delle trivellazioni; • su intercettazioni di falde idriche che, a causa degli scavi, vanno in depressioni, e che chi sa se ritornano poi in falda per alimentare le sorgenti del Sele ( Di nessun monito è stato ciò che successe nel1992. Se non ci fosse stata allora un’ amministrazione attenta e soprattutto legata al bene di Caposele, le conseguenze sarebbero state davvero disastrose ); • sulla sicurezza del territorio per costruzioni autorizzate con tanta superficialità in zona in piena frana e a ridosso delle sorgenti, in barba alla fascia di rispetto delle stesse; • E per finire , “In cauda venenum” , per una strana magia perpetrata dal Sindaco Farina la centrale idroelettrica connessa alla Pavoncelli Bis, finanziata con fondi europei e nazionali, da proprietà del comune di Caposele, nel 2015 diventa proprietà dell’acquedotto pugliese. In tal modo l’A.Q.P. , disponendo di un impianto alimentato dall’acqua, a costo zero,

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potrà azzerare anche la propria bolletta energetica, accedere alle agevolazioni e al sostegno riconosciuti dall’Europa in materia di energia e vendere l’eccedenza prodotta dall’impianto sulla nostra terra. Anche in questa situazione Caposele si è accontenta delle briciole accettando una somma di circa 400.00 euro da utilizzare per l’illuminazione di alcuni luoghi pubblici. 3.Lavori Capannone e pozzo “A”: Per quanto riguarda quest’opera, l’Amministrazione Farina, rendendosi complice del peggiore dei delitti urbanistici, ha permesso di distruggere l’unica zona bella e a vocazione turistica che Il Comune di Caposele potesse vantare,. Trattando l’argomento come questione personale, per il tramite dell’assessore responsabile del servizio e della commissione comunale di cui lo stesso è presidente, egli ha espresso frettolosamente, su un’opera così fortemente impattante, parere urbanistico favorevole, non rilevando alcuna osservazione dal punto di vista di impatto paesaggistico . In barba agli interessi della comunità, stranamente tra Il Sindaco e l’assessore responsabile del servizio si apre una gara DI CAPTATIO BENEVOLENTIAE. Tutto questo a che pro? Evidentemente per la nostra amministrazione sono più importanti gli interessi dell’A.Q.P. che quelli della comunità caposelese. L’elenco potrebbe continuare per molte altre pagine , ma l’intento è quello di portare avanti politiche e proposte che possano risolvere le questioni. La situazione attuale dimostra che nessuna lungimirante piattaforma politica guida l'agire dei nostri amministratori. I fenomeni di degrado politico a cui assistiamo oggi rivelano una "mancanza di progettualità" e una "resa ad interessi di corto respiro". Le cose stanno veramente male. Sarebbe lecito a questo punto chiedersi cosa fanno i partiti a Caposele e in special modo cosa fa il PD, che da sempre è stato il paladino, il garante della democrazia e del rispetto delle regole e dei diritti . Bisogna convenire che, in questa fase storica, è irriconoscibile, risulta troppo appiattito, impegnato a far trionfare il proprio egoismo o qualche interesse privato a scapito di quelli della comunità, poco critico e soprattutto privo della forza di rivendicare quella che è stata per diversi decenni la sua identità locale. Difensore dei diritti dei cittadini, garante della democrazia e rispettoso delle regole, quale è stato per anni, oggi il partito subisce passivamente le decisioni di chi lo rappresenta in giunta e diventa complice degli eventi e del degrado, tanto dannosi per la comunità e il territorio. Spesso non dimostra coraggio politico , più volte disattende quanto deciso dall’assemblea,

di Raffaele Monteverde

legato com’è a qualche politico che considera Caposele solo come bacino di voti a cui attingere alla bisogna. Quale via d'uscita per Caposele? Come riprendere la strada dello sviluppo? Non c'è dubbio che bisogna reagire rapidamente, superando la sindrome di disorientamento da Paese bloccato. Ma questo richiede anzitutto un'analisi realistica che allunghi lo sguardo, legando le risposte immediate a una prospettiva di lungo periodo. La situazione è a tal punto compromessa che le forze sane della società civile dovrebbero oggi chiedere scelte efficienti e allo stesso tempo veramente eque per essere accettate. Non è rimasto più tempo!. Non so quanti si siano resi conto del crollo etico che sta investendo settori sempre più ampi della classe dirigente del nostro Comune. La deriva morale è sempre più spesso vera e propria questione criminale, che rischia di disintegrare la nostra democrazia. Credo che non si possa più attendere, né si possa rimanere alla finestra a guardare. E' il momento di riflettere , decidere ed assumere responsabilità piena. I politici e cittadini tutti che interpretano il loro ruolo come orientato a realizzare il solo interesse pubblico si riuniscano, immediatamente, per preparare un programma che sia, allo stesso tempo, di resistenza costituzionale e di governo per la costruzione di un'altra Caposele. L’unità di intenti diventi la nuova forza!. La parte sana della società civile partecipi, in tutti i modi pacifici che si possano ipotizzare, alla realizzazione di una mobilitazione culturale senza precedenti in quanto il pericolo dell'oblio, della metastasi istituzionale e del crollo finale con questi nostri amministratori sono dietro l'angolo. Non lasciamo più che pochi individui continuino a infangare il buon nome di una Caposele democratica e trasparente. I tempi sono maturi per lanciare da queste pagine un “ PATTO PER CAPOSELE” Un patto di corresponsabilità, che abbia l’obiettivo esplicito, indipendentemente da interessi di parte, da beghe politiche e da opportunismi, di definire in maniera chiara e condivisa i diritti e i doveri nel rapporto tra l’istituzione e i cittadini. Un patto basato su un positivo dialogo fra tutti i soggetti coinvolti per una responsabile crescita qualitativa e quantitativa, tesa a garantire un vero progresso socio - culturale e a prevenire i disagi e gli insuccessi; un patto che ci faccia soprattutto recuperare la qualità della vita e la crescita morale e civile che ci ha sempre contraddistinto. Necessita che tutti, senza alcuna preclusione o vecchi retaggi, siano pronti e aperti al dialogo con chiunque, siano essi forza politica o semplice associazione, purché abbiano ideali di democrazia e di moralità, voglia, senza secondi fini, di


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adoperarsi per un futuro migliore e prosperoso per Caposele. Ed è per questo motivo, in tutta modestia, che consiglio alle componenti fondamentali della nostra comunità di : • contrarre un patto, cioè un insieme di principi, di regole e di comportamenti, che ciascuno si impegnerà a rispettare per consentire a tutti di operare per una efficace realizzazione del comune sviluppo economico, produttivo ed occupazionale dell’area, un patto mirante anche alla sostenibilità ambientale ed alla sicurezza del territorio, morfologicamente già tanto instabile; • Individuare le linee di sviluppo, identificare gli interventi prioritari; • definire gli obiettivi da conseguire entro breve tempo. Quali potrebbero essere i pilastri portanti di questo patto: 1. Il rispetto dei diritti di tutti i cittadini senza distinzione di appartenenza; 2. La costante ricerca della pace sociale, perché siamo convinti che solo con la pace una comunità può progredire sia

moralmente che economicamente; 3. La realizzazione della piena democrazia con la partecipazione di tutti; 4. Il rispetto delle norme riconoscendo i diritti e i doveri dei cittadini; 5. La difesa delle necessità di tutti, assicurando pari opportunità e risoluzione dei problemi; Su questi principi fondamentali si possono costruire idee e progetti che permettano a questa cittadinanza, oggi così disastrata e divisa , di portarsi avanti in modo unitario al fine di migliorare sia socialmente che economicamente. Tra l’altro, più di una volta Caposele e i Caposelesi hanno dato dimostrazione di saper ragionare e mettersi insieme per la risoluzione dei problemi. Dobbiamo convenire che, per il boicottaggio e i danni arrecati da questa amministrazione, nessuno singolarmente sarebbe capace di venir fuori dal fosso paludoso in cui siamo stati, nostro malgrado, catapultati. Dobbiamo convenire che reagire a tutto questo è un atto dovuto per Caposele, per

il suo futuro e soprattutto perché ci ha,da sempre,inculcato grandi ideali di democrazia e libertà di pensiero. Non è più il tempo…! Oggi è un nostro dovere riportare Caposele e i Caposelesi al ruolo che per anni essi hanno svolto.

Non è più il tempo di sopportare, di Annotiamo questa pagina della stosubire, di stare inermi a guardare!. ria del nostro paese come una delle più buie, come periodo di oscurantismo e di di Raffaele Monteverde degrado, come un brutto incidente che ha segnato fortemente la nostra comunità. Diamo una lezione di vita e uniti risolleviamoci più forti di prima affinché questo non si verifichi più. Abbandoniamo la mediocrità di questi ultimi anni e aspiriamo a camminare con incedere sicuro e rivolto ad unica meta: il bene di Caposele, destinato ad avere un futuro prosperoso e di guida, avviato ad una visibilità non solo locaIl capannone delle Saure in fase di ultimazione

Adeguiamo la tariffa del costo dell’acqua. De Luca medi con la Puglia

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’ stato confronto importante quello aperto a Caposele nell’ambito della ‘Festa dell’Unità’, organizzata dal circolo di Caposele. Al centro del confronto, un tema dirimente per Caposele e per tutta la provincia di Avellino: la risorsa idrica alla luce del nuovo quadro normativo regionale, con particolare riferimento al cuore della cassaforte idrica irpina, e quindi alla specificità di Caposele paese di sorgente. Altro argomento all’ordine del giorno è stato il Referendum sulla riforma costituzionale. Il pensiero del circolo è stato rivolto anche alle popolazioni colpite dal tragico sisma che si è verificato nel centro Italia, e abbiamo cercato di dare un piccolo contributo per la raccolta fondi in sostegno delle popolazioni umbre e marchigiane. Il parterre di ospiti convocati dal circolo ci ha consentito in breve, di approfondire il rapporto fra Irpinia e Puglia, ma anche fra Irpinia e Regione Campania e fra Campania e Puglia. Il dibattito è stato affrontato dal Presidente di Alto Calore Servizi, Lello De Stefano, dal deputato del Pd Luigi Famiglietti e dal vicepresidente della Giunta regionale, Fulvio Bonavitacola. Prima di entrare nel vivo del dibattito, il Commissario Delegato di

Governo per la Pavoncelli bis ci ha guidati nel cantiere della galleria di valico, ed in particolare della centrale idroelettrica, che è un’opera particolarmente attesa dalla comunità e su cui intendiamo aprire una riflessione. L’incontro promosso in occasione della ‘Festa de l’Unità’ è stato fortemente voluto dal circolo, in quanto cade in un momento decisivo nel percorso di ridisegno dell’organizzazione del servizio idrico in base a quanto disposto dalla legge regionale 15. Al vaglio degli amministratori in questo momento è il ruolo del nuovo Ente Idrico Campano, il ruolo dei Piani d’Ambito e soprattutto la salvaguardia dei gestori esistenti, che attraverso un’aggregazione potranno ottenere l’affidamento diretto ed evitare l’indizione di gara europea. In questo scenario il Comune di Caposele, così come tutti i comuni di sorgente restano alla finestra in attesa di sciogliere alcuni nodi dirimenti, che hanno a che vedere tanto con la definizione di una tariffache non può essere la stessa che viene applicata dall’acquedotto pugliese per Santa Maria di Leuca, tanto sull’installazione dei contatori e sulla possibilità di preservare una fetta di autonomia nella gestione. In ultima analisi, c’è stato l’annuncio

le, considerate le sue risorse. E’ un dovere civico e morale liberarsi da questo senso di servilismo e di sudditanza in cui è sprofondata l’amministrazione Farina per tutti gli atti prodotti a discapito del bene comune.

Armando Sturchio segretario della sezione locale del PD da parte del Ministero per le Infrastrutture, dell’ufficialità della ciclovia che collega Caposele a Santa Maria di Leuca, su cui Caposele pretende di avere un ruolo istituzionale già affidato peraltro dal Ministero incaricato. Altra questione è la partita sui gestori, su cui al momento, non entreremo nel merito, ma ci riserviamo di programmare altre occasioni di confronto e dialogo per chiarire questioni e ostacoli. La priorità del circolo in questo momento, è quella di chiedere un intervento al Vice governatore e assessore all’ambiente Bonavitacola per risolvere la questione che maggiormente interessa il nostro Comune. Il Comune di Caposele si sta impegnando per la revisione della tariffa del costo dell’acqua stabilita nella convenzione sottoscritta tra lo stesso Comune e l’Acquedotto Pugliese. A tale scopo, il Comune ha richiesto ed ottenuto una riunione con l’assessore ai LL.PP Giannini della Regione Puglia il quale, viste le motivazioni, si mostrava favorevole alla richiesta di riduzione, ma riteneva necessario un assenso a tale revisione anche da parte della Regione Campania. Vogliamo ricordare che la Regione Campania aveva già stabilito una tariffa

agevolata per le aree di sorgente ed, in particolare, per l’area Sele, una tariffa pari a 0,054 euro/m3 (Delibera AGC 05 n. 1488 del 25.09.2009). Il Comune di Caposele, invece, versa all’Acquedotto Pugliese un costo pari a 0,36 euro/m3, lo stesso sostenuto dagli utenti pugliesi. Questa tariffa non tiene conto del fatto che l’acqua sia a “km zero” e non tiene conto delle agevolazioni di cui alla citata delibera per la cessione di acqua all’ingrosso, condizione in cui ci troviamo a Caposele, visto che gli unici costi sostenuti dall’Acquedotto Pugliese sono solo clorazione e vettoriamento, mentre tutti i costi di manutenzione della rete idrica sono a carico del Comune di Caposele. A fronte di tutto quanto sopra sintetizzato, il Comune di Caposele avrebbe necessità, come richiesto dalla Regione Puglia, di un assenso da parte della Regione Campania, in forma scritta, che contenga, all’incirca, la seguente dicitura: “assenso/nulla osta da parte della Regione Campania all’adeguamento della tariffa del costo dell’acqua del Comune di Caposele da parte dell’Acquedotto Pugliese.”

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Politica

Le conclusioni della Festa de l’Unità 2016 di Caposele

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uona sera a tutti e grazie di essere qui anche stasera, in questa piazza – Piazza Dante – la piazza storica dove sono state pronunciate le parole ed i discorsi più importanti della storia del nostro paese. Voglio allora ricordare, da qui, in questo momento di Festa, almeno 4 persone che hanno fatto con la loro passione ed il loro lavoro la storia della Festa de L’Unità a Caposele. Sono gli indimenticabili Donato Mazzariello, Peppino Curcio ed i fratelli Amato e Ferdinando Mattia. Questa sera era prevista solo una serata di festa con musica e stand gastronomici ma dopo quello che è successo ieri sera ci è sembrata doverosa e necessaria una conclusione da parte del segretario del circolo, almeno facendo un bilancio di quello che sono stati i dibattiti politici, fare delle precisazioni e ricordare la linea che ci siamo dati alla Assemblea degli iscritti di maggio. Solo ricordarla, appunto, perché noi siamo un partito che ha degli organismi che si riuniscono, ne discutono e l’approvano. E questa linea politica rimane scritta, pubblica e facilmente consultabile da tutti sul nostro sito web www.pdcaposele.it, ma anche su Facebook, su Twitter, e finanche (questo per chi, come il Sindaco, che non utilizza i nuovi mezzi di comunicazione) sul cartaceo poiché ne è stata fatta un’ampia sintesi sul periodico locale che entra in tutte le nostre case, che è “La Sorgente”, … ringrazio il direttore Conforti per lo spazio che ci dedica. E non è che questa linea la cambiamo ogni settimana con un post umorale su Facebook, oppure dobbiamo sentire il bisogno di rimarcarla ogni giorrno perché sennò non facciamo contenti i rancorosi, quelli che non è mai sufficiente se non hai la loro stessa rabbia, quelli che hanno il dito facile sulla tastiera ma non lo alzano mai per prendersi un impegno per la comunità. Quelli che fomentano odio quotidiano, che usano a sproposito e continuamente la parola vergogna senza sapere cosa essa sia perché non ce l’hanno. Non si guardano. La linea del Partito Democratico di Caposele non cambia ed è la stessa dal maggio 2015, quando abbiamo “tolto il disturbo” alla maggioranza poiché non condividevamo nessuna azione politica e di programmazione amministrativa messa in campo. E non devo sentire il bisogno di ripeterla ogni qual volta che mi vedete vicino al dr Farina solo per far contento chi non ha la capacità di mantenere i rapporti civili e non ha l’intelligenza di saper distinguere i piani ed i ruoli. Mi dispiace dover ripetere in piazza quello ho detto al circolo tempo fa: io voglio bene a mio cugino Pasquale, con il quale ho rapporti familiari fraterni; io ammiro e stimo il dottore Farina con il quale ho rapporti professionali; io non condivido le decisioni politiche e molte di quelle amministrative messe in atto dal Sindaco Farina con il quale, da segretario di circolo, in 3 anni mi sono seduto per confrontarmi in sole 3 occasioni. Scusatemi se, come premessa, ho do-

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vuto ribadire dei concetti che sono elementari per la maggioranza delle persone ma sembrano, giustamente, assurdi per chi scrive concetti sgrammaticati. Berlusconi, giustamente, quando nacque FI faceva lezione a quelli che dovevano candidarsi con lui e ripeteva l’insegnamento dicendo: “voi dovete parlare come se aveste di fronte un bambino di 5a elementare”. Questa dritta, noi di sinistra, per formazione, purtroppo non la teniamo sempre in conto e diamo per scontato che tutti ci capiscono. Ma venendo al bilancio della Festa noi dobbiamo essere soddisfatti di quello che abbiamo fatto. Siamo tra i pochi che ancora riusciamo a fare manifestazioni di questa natura. Giovedì abbiamo allestito un convegno con i maggiori esperti legislativi sulla materia che maggiormente ci interessa: l’acqua. Abbiamo chiamato al tavolo Lello De Stefano, presidente dell’Alto Calore e Fulvio Bonavitacola, vice presidente della Regione Campania, assessore all’ambiente, quello che ha fatto la legge regionale su questo argomento. Quello che se ne occupa concretamente. Ed a lui ci siamo rivolti per fargli visitare le nostre sorgenti e fargli capire le nostre problematiche ed i nostri interessi per Caposele (speriamo di aver sortito lo stesso effetto positivo che abbiamo constatato con il Presidente De Luca che da quando è venuto in visita a Materdomini e Caposele ci cita in ogni occasione importante, finanche nella Assemblea Nazionale del PD davanti a tutti i vertici del Governo). A Bonavitacola gli abbiamo chiesto, anche lasciandogli una nota esplicativa, di prendersi l’impegno di interfacciarsi con la Regione Puglia per poter rivedere le tariffe dell’acqua che noi paghiamo all’AQP. Di insistere affinchè vengano applicate le tariffe della Regione Campania area Sele rispetto a quelle che versiamo oggi. Solo questo significherebbe circa 700.000 euro all’anno nelle nostre casse comunali, che si possono tradurre in servizi. Allora si che parleremmo anche di programmazione estiva. Di questo il Partito Democratico si è occupato l’altro ieri. Di voler risolvere un problema enorme. Lo ha fatto con competenza impiegando settimane per poter definire i dettagli della visita e quello che era possibile ottenere. Questo è per noi impegno politico per la collettività. Perché non serve gridare davanti ad un bar la solita cantilena e lamentarsi se poi non si hanno gli strumenti per risolvere. Serve per raccogliere consenso, questo si, ma non certo per fornire soluzioni. Veniamo, invece, ad ieri sera. Un’altra serata di cui poter essere orgogliosi allo stesso modo. Sfido chiunque a citarmi una sola occasione pubblica, che non fosse il consiglio comunale, in cui si sono confrontati in piazza gli amministratori comunali, l’opposizione, i circoli politici, le associazioni. Già solo questo tentativo era da apprezzare. Fatelo voi. Provateci a metterli insieme.

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Abbiamo voluto quel tavolo e non il solito comodo parterre in cui si confrontano solo le anime del partito, per dimostrare la nostra vera natura democratica, che si toglie il proprio spazio, o la propria possibilità di parlare ed argomentare le sue ragioni alla gente in piazza, per darla invece a tutti. Possiamo dire che per buona parte della serata in questo siamo riusciti, tanto che stavo preparandomi per ringraziare gli ospiti per il coraggio e per i toni utilizzati. Constatiamo però, con amarezza, che siamo talmente disabituati al confronto politico da non averne proprio le minime basi civili. Non si ha il rispetto dei ruoli, dei tempi, del luogo ne tantomeno per il fatto che sei ospite in casa altrui. Si è ad una Festa dove chi si è impegnato per le cucine ti fa segno, giustamente, che è tardi, sono le 11 ed anche il gruppo musicale, che hai pagato con la Siae, non gli rimane nemmeno un’ora per suonare. Si deve avere rispetto anche di questo e di chi organizza. Io, di rispetto ne ho avuto fin troppo, e da padrone di casa ho dovuto rinunciare al mio intervento ed alle conclusioni perché il clima si era completamente trasformato. Questo perché non si è abituati al confronto ma sono allenati solo per i comizi, da soli. La sfortuna nostra è che sono i comizi di 8 anni fa con il Sindaco che ha “sbracato” sui temi e sui tempi impedendo così ogni possibilità di continuare così come era il programma. Ma la nostra intenzione non era quella di fare un match e stabilire un vincitore. Noi non siamo in campagna elettorale. Non si può vivere costantemente per tutti i 5 anni con l’idea delle elezioni, dello scontro, perché solo quello si è capaci di fare, e impedire qualsiasi analisi, qualsiasi suggerimento costruttivo per migliorare la nostra situazione. La nostra intenzione era quella di aprire una breccia nella discussione, speravamo in una sorta di autocritica dell’amministrazione soprattutto riguardante la loro chiusura. La nostra intenzione era di stimolare gli amministratori su questioni pratiche e reali della nostra qualità di vita. Non era nostra intenzione censurare nessuno. La nostra intenzione era di favorire un nuovo clima in modo da prepararci in tempo alle prossime elezioni selezionando le migliori competenze ed esperienze del nostro paese, a partire dall’associazionismo.

di Armando Sturchio

CAPOSELE Devo dire, allora, che NOI SIAMO ALTRO. Le analisi storiche sulla convenzione sono importanti, come le sono le analisi di una sconfitta elettorale. Quando non se ne capiscono gli errori e non si ammettono le ragioni degli errori vuol dire che si rifaranno. Noi siamo altro e non vogliamo perdere il nostro tempo a discutere della Convenzione di Mauriello se era migliore o peggiore. Noi vogliamo risolvere dalle storture quella che abbiamo oggi. Noi non possiamo permetterci di rimanere impantanati su temi che andrebbero analizzati, ormai, più su un lettino di uno psicoanalista che in una riunione politica. A noi interessa cosa fare domani per migliorare il nostro paese e lo faremo con chi si impegna davvero, a partire dall’associazionismo. Certamente non lo faremo con chi non accetta consigli e confronti, né tantomeno con chi vuole strumentalizzare ogni cosa per alleggerire il rancore, né a chi guarda solo al passato senza indicare cosa ha davanti. Non lo faremo nemmeno con chi non è abituato a costruire con pazienza ed impegno, e per questo si arrabbia alla prima difficoltà denunciando, scrivendo note politiche dettate dalla pancia e non dal cervello. Non rischiamo di fare patti con chi dopo un mese, alla prima incomprensione, può mettere in crisi un programma ed una maggioranza. Noi, dopo l’esperienza del Cuore, non daremo certamente in mano il paese alla Pancia. Quindi calmatevi, riprendetevi, riattivate il cervello e continuiamo a ragionare, se avete la voglia e capacità di farlo. Ma questa è una Festa, scusatemi dello sfogo dovuto, e diamo il via alla musica dei Rewind ed alle ottime pietanze della cucina. Torneremo ad approfondire le questioni ed i temi che ci eravamo proposti nelle prossime occasioni. Buona serata e buona Festa de l’Unità.


Giovani

Comincia una nuova epoca

O

ggi 5 dicembre 2016 l'Italia si è risvegliata con due grandi novità: un'affluenza straordinaria alle urne e un risultato netto in favore della conservazione della Carta Costituzionale rispetto alla proposta di modifica sostanziale voluta dal Governo di Matteo Renzi. Da oggi l'Italia cambia verso, finisce l'epoca di un Governo voluto dall'emerito Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano per riformare l'Italia, ed incomincia una nuova epoca. Quale? Non lo sappiamo. Sappiamo solo che la maggioranza degli italiani ha detto No a Matteo Renzi e lo ha costretto alle dimissioni da Presidente del Consiglio dei Ministri. Come si sia giunti a questo drammatico epilogo è importante capirlo. Bisogna da subito precisare che l'errore più madornale lo ha commesso lo stesso presidente Renzi che non si è reso conto che quello che lui stava facendo era un azzardo troppo grande e che lo avrebbe potuto portare a sbattere. E' stato un madornale errore di valutazione e di sopravvalutazione delle sue capacità. Lui ha voluto trasformare un referendum costituzionale in un plebiscito sul suo governo, commettendo un errore di vanità. Voleva ripetere lo strepitoso risultato delle elezioni politiche europee in cui il Partito Democratico aveva raggiunto il risultato eccezionale di raccogliere voti oltre il 40% dei votanti. Ma quello non era un referendum pro o contro il suo governo ma la partecipazione ad una competizione elettorale, dove partecipavano numerosi altri partiti. Oggi, invece, il voto si è diviso tra i favorevoli ed i contrari al suo governo. Bisogna pure dire che il risultato odierno, se viene letto in maniera corretta, è pressoché lo stesso di quello delle elezioni europee. La differenza è che mentre il Partito Democratico, depurato di una percentuale interna che gli ha votato contro, con l'aggiunta, invece, degli altri sostenitori del governo, ha raggiunto quel 40%, tutti gli avversari messi assieme, incrementati di quella parte del PD che ha votato contro la riforma, hanno raggiunto quel 60 % circa

di voti. Adesso dimissioni evitabili, anche perchè, come ha detto lo stesso Renzi, “lui non è uno che sa galleggiare” e questo gli fa onore. Quello che accadrà da domani in poi non lo sappiamo ma possiamo già dire con certezza che non sarà un percorso facile e che farà sicuramente inceppare la macchina delle riforme che, piacenti o non piacenti, il governo Renzi aveva messo in atto. Di riforme questo governo ne ha fatte, toccando tutti i settori della vita pubblica: riforma del terzo settore, riforma del “dopo vita”, riforma della “buona scuola”, riforme della giustizia, riforma del lavoro (Job Act), abolizione dell'Equitalia e tante altre che non sto qui a ripetere. Buoni risultati in campo economico: dopo numerosi anni il PIL anziché avere il segno negativo davanti è passato al segno positivo (+ 1), circa 600 mila nuovi posti di lavoro; inversione di tendenza del debito pubblico, che dopo circa dieci anni di continuo incremento ha incominciato di nuovo a scendere. Solo col governo Prodi noi italiani avevamo visto scendere il debito pubblico mentre tutti i governi Berlusconi lo avevano visto aumentare. Diciamo che la riforma costituzionale doveva essere il passaggio più importante della stagione delle riforme, invece si è arrestata nella maniera che mai ci saremmo aspettati, per mano del voto popolare, lasciandoci con l'amaro in bocca. Non voglio essere presuntuoso ma credo che di quel popolo chiamato alle urne, molte persone non hanno sufficientemente valutato il contenuto della riforma, è stato piuttosto un voto contro il governo Renzi, a volte, di mera antipatia verso il presidente del Consiglio. Comunque la democrazia è un valore in sé ed il popolo ha sempre ragione, così come quando per circa 20 anni ha votato i governi di Silvio Berlusconi. Bisogna prenderne atto e dire che è giusto così. Vedo, però, che mi sto addentrando in un discorso che è un poco fuori tema. La Sorgente è un giornale locale e al suo lettore piace leggere fatti ed opinioni che interessano la sfera della nostra comunità locale. Ma va pure detto che il voto

di S.C.

I dati del Referendum a Caposele

di Giuseppe Grasso

nazionale va analizzato anche nel nostro comune perchè anche noi facciamo parte della nazione Italia e non sarebbe sbagliato se qualche volta aprissimo delle discussioni che vanno oltre il nostro ristretto campanile, per capire in che contesto noi ci muoviamo. Il risultato del referendum a Caposele è stato: votanti 61,41%, voti per il SI 36,85%, voti per il NO 63,15%. Una prima considerazione da fare è che, come a livello nazionale, anche a Caposele l'affluenza alle urne è stata eccezionale. Una percentuale del 61% è un risultato buono, se si considera che la mobilitazione da parte delle forze politiche locali è stata quasi assente. Infatti il tutto si è limitato a qualche incontro pubblico in ambiente chiuso (sala polifunzionale). Partecipazione popolare pressoché scarsa. Certo qualcuno si è pure dato da fare ma niente di particolarmente effervescente. Quindi quello che ha fatto molto sono stati i talk show televisivi e molto ancora hanno fatto i social network che giorno per giorno hanno inondato il web di post pro SI e post pro NO. Spesso il web, però, era pieno di bufale e falsità e i più sprovveduti non sono riusciti a distinguere tra le notizie vere e quelle false, per cui molti frequentatori del web sono stati tratti in inganno da falsità vere e proprie. Ma tant'è, purtroppo, e dobbiamo farcene una ragione. L'esito del referendum a livello locale è stato pure questo in linea con il risultato generale, ma rispetto a quello nazionale il SI sembra essere più in linea con i risultati delle regioni meridionali che quasi tutte hanno penalizzato il SI. Ho analizzato il risultato del referendum facendo la comparazione tra i risultati del nostro comune e quelli del comune di Nusco ed ho pensato nell'immediatezza: se a Caposele, che ha un’amministrazione con esponenti PD, il SI ha raggiunto il magro risultato del 36% a Nusco sarà stata una disfatta per il SI in quanto il sindaco di Nusco è niente poco di meno che l'on. le Ciriaco De Mita, grande sostenitore del NO. Invece no. I sostenitori del SI nel comune di Nusco hanno ottenuto il dignitoso

U

n #SI o un #NO hanno sempre grande ed uguale dignità! È una scelta su idee, fatti e visioni. Le dimissioni, invece non hanno MAI avuto senso dopo una sconfitta. Si rischia l’inevitabile collasso. È necessario rimettere tutto in gioco, coinvolgendo vincenti e perdenti su scelte globali e di grande prospettiva comune... È inquietante, invece, (riportandoci al locale) il "NON SO" dei nostri amministratori al cospetto di qualsivoglia questione politica (referendum compreso). Ad ogni domanda e faccenda posta dal cittadino, uno scuotere le spalle in segno di un’assoluta mancanza di progetti, soluzioni prospettive. Il solito inutile sorriso che

risultato del 45,12%. Come mai? Delle due l'una: o a Caposele l'impegno degli amministratori vicini al PD è stato scarso per sostenere le ragioni del SI, oppure a Nusco ci sono tante persone che hanno un grado di criticità superiore al nostro, per cui la presenza di un pezzo da novanta non scalfisce per niente il proprio orientamento politico. Da qui vorrei partire per fare un'ultima considerazione. Il referendum per Caposele possiamo già ritenerlo acqua passata ma rimangono dinanzi a noi numerosissimi problemi da affrontare. Il nostro amato paese è lasciato in balìa di se stesso ed i problemi aumentano in maniera vertiginosa e si aggravano sempre di più giorno per giorno. Oramai la sensazione è che il paese vada avanti per inerzia. E', per usare una metafora, come se un treno procedesse senza macchinista, col rischio o con la certezza di andare a sbattere o a deragliare alla prima curva pericolosa. Noi non facciamo niente, non dico di fare progetti ambiziosi per il futuro delle nostre giovani generazioni o di pensare e programmare il nostro domani, partecipando in maniera attiva in un sistema di strutture sovra comunali, ma almeno di gestire in maniera adeguata quello che viene chiamato l'ordinario. Un paese, non certo povero, come il nostro, invidiato da altri comuni viciniori per le sue risorse economiche, rinuncia pure a gestire le attività minime, ordinarie. Un paese in cui non vigono più regole per il traffico locale, strade esterne al centro urbano completamente abbandonate. Un parco fluviale in totale abbandono. Il centro di Materdomini, centro turistico(!), lasciato in un completo abbandono. Spesso di assiste a strade piene di rifiuti, l’ingresso del centro senza un minimo decoro ambientale, la zona Duomo piena di rifiuti abbandonati. Meritiamo tutto questo? Forse sì perchè noi siamo questi: un popolo incapace di reagire a tanta sciatteria. Buon Natale e Buon Anno a tutti.

accompagna i nostri DISamministratori locali in attesa forse esclusivamente dell’indennità mensile. Qui le DIMISSIONI, invece, assumono la giusta connotazione in una logica d’immediata sostituzione in un meccanismo politico che si è inceppato da un bel pò! Nè un SI, nè un NO, ma nel caso caposelese, un "SICURAMENTE" RITIRARSI IN BUON ORDINE, sarebbe la cosa migliore ( riferito a maggioranza e minoranza). EVITIAMO, in questo modo, altri due anni di inefficienze, mancanza di rispetto e regole per una comunità in cerca di affermarsi con grande dignità!

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Eventi

Jazz&Wine all’ombra del Campanile

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a rassegna Jazz dell’Irpinia e Valle del Sele “Jazz&Wine all’ombra del Campanile”: Musica, Enogastronomia tra Tradizione, Innovazione e Promozione del Territorio. Caposele 12 agosto 2016 Si è svolta lo scorso 12 agosto una delle manifestazioni musicali, più attese nel periodo ferragostano irpino. La rassegna, giunta alla sua quarta edizione, ha presentato anche quest'anno una programmazione di assoluto livello, il piccolo centro irpino, diventando per un giorno, capitale della musica Jazz di grande qualità con artisti italiani e internazionali di indiscussa fama internazionale. Non ha deluso la grande attesa per il concerto di Roberto Gatto, uno dei più versatili e affermati batteristi di casa nostra. La sua performance ha avuto un enorme successo, affiancato da due artisti attualmente in tourneè nelle maggiori manifestazioni Jazz italiane ed europee: il musicista romano Max Ionata, Sax Tenore e soprano, considerato uno dei maggiori sassofonisti italiani della scena jazz contemporanea e Matteo Bortone al Contrabbasso e voce. A seguire, si è tenuto il concerto del pluripremiato fisarmonicista irpino Carmine Ioanna , accompagna-

to dal francese Eric Capone piano, Vim Zabsonre (Burkina Faso) percussioni, chitarra e voce a formare lo “ZIC Trio”. Una performance esclusiva e coinvolgente, tra sonorità miste: italiane, africane e francesi che ha ammaliato il pubblico attento ed appassionato. Un ruolo determinante della kermesse è stato offerto dalla possibilità di degustare una selezionata carta di vini provenienti dalle maggiori cantine italiane, ma con un occhio di riguardo alle eccellenze campane, vanto ed orgoglio di questa terra in cui sono riposte le aspettative di future promozioni turistiche . L’Irpinia e la Valle del Sele, hanno tutte le carte in regola per diventare, in un prossimo futuro, meta di turismo enogastronomico legato alle specifiche caratteristiche dell’area solcata dal fiume omonimo. La tendenza, assume un ruolo centrale nelle aspettative dei turisti alla ricerca di paesaggi mozzafiato immersi nella natura, in zone autentiche con ritmi tranquilli prodotti genuini, vino e cibo della tradizione e di altissima eccellenza. L‘enogastronomia dei nostri territori quindi, non viene vista più solo come una risorsa utile alla sod-

disfazione di un bisogno primario di alimentazione e nutrizione, ma come un esperienza culturale, come una vera e propria attrazione turistica capace di muovere un target di viaggiatori alla ricerca di tali traguardi. Quando poi queste aspettative vengono proposte coniugandole a manifestazioni musicali ad elevato spessore qualitativo, il gioco è fatto! Questo l’ambizioso progetto degli organizzatori della IV edizione del “Jazz&Wine all’ombra del Campanile” 2016.

di Concita

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magiche atmosfere, della verde e bella Irpinia. Un successo reso possibile grazie all’impegno incondizionato di tante persone, unite dalla passione per la buona musica, ma anche da bella e sana amicizia. Senza questi ingredienti fondamentali, nulla sarebbe stato possibile.

Il concerto si è tenuto nella ormai consueta location, all'esterno delle storiche cantine di "Catapano", in località Saure, zona sempre più apprezzata ed ammirata, specie da chi viene da fuori. Ricapitolando quindi: grande musica live, promozione dei prodotti enogastronomici locali P.A.T. D.O.P. DOCG , attraverso degustazioni guidate (vini biologici, formaggi, salumi, olio evo, mieli, confetture, prodotti della panificazione), rivalutazione della identità territoriale dell'area storica delle cantine/grotte di zona Saure, con visite guidate all’interno delle stesse, il tutto in uno dei borghi più suggestivi e dalle

Il Centro di Recupero, Riparazione e Riuso a Caposele

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uesto nostro concetto tradizionale, ormai messo da parte da un po’ di tempo, ripercorre le logiche dei concetti di riuso , riutilizzo del materiale e dell’immateriale, dall’oggetto quotidiano alle conoscenze sedimentate nell’intelligenza collettiva ed individuale. L’obiettivo generale di “Meno è Meglio” è stato quello di incentivare la riduzione dei rifiuti indifferenziati sui territori dei Comuni partecipanti, valorizzando i prodotti “rinati” dai processi virtuosi di riuso e riciclo, per intraprendere il passaggio fondamentale verso la strategia “Rifiuti Zero”. Il riuso si propone come una pratica efficace ed utile nell’affrontare la crisi ambientale in cui ci troviamo. E’ importante confrontarsi con la possibilità di riusare ciò che era destinato ad essere un rifiuto, e anche nel centro a Caposele, beni durevoli come mobili, vestiti, passeggini, giocattoli, libri, elettrodomestici, computer e altro hardware in disuso, che costituiscono circa il 3% degli scarti, vengono prima esaminati e testati, eventualmente riparati e poi riutilizzati seguendo in linea di massima i concetti e le logiche del re-design. Infatti, abbiamo una sezione dedicata al Riciclo e Riuso Tessile che permette al cittadino di consegnare gli abiti o ac-

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“Nun si ietta nie’nti !” cessori tessili in disuso che verranno riconvertiti in nuovi prodotti tessili ricevendo cosi una “seconda vita” come beni di consumo di massa, oggetti nuovi reinventati grazie a capacità e cretività. Oltre ad essere una “buona pratica”, recuperare e riciclare, incidono positivamente sulla salvaguardia e tutela dell’ambiente riducendo la produzione di rifiuti indifferenziati, l’emissione di C02, il consumo dell’acqua, l’uso di fertilizzanti e pesticidi! Presso il Centro MèM Caposele è inoltre presente anche un laboratorio del “Trashware” (parola composta derivata dalla contrazione dei termini inglesi trash=spazzatura e hardware). Secondo una ricerca, i Computer vengono dismessi ogni 2-3 anni, in obbedienza a logiche di mercato dettate dalla continua rincorsa tra hardware e software che finiscono per svantaggiare gli utenti inconsapevoli. Grazie al Trashware è possibile recuperare vecchio hardware o in disuso (monitor, schede madri, schede grafiche, processori, memorie, tastiere, mouse e quant’ altro) e anche in questo

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Palumbo uso - Rosalba ar C no ia dr A di tiello Alfonso Pecca aposele) Centro MèM C (operatori del

caso, i componenti vengono testati e riassemblati, allungando il ciclo di vita di un computer ( anche di 5-6 anni !!! ) attraverso una gestione più efficiente del software. Le apparecchiature rese nuovamente funzionali, possono essere così messe a disposizione di persone o Enti impossibilitati e/o ancora non informaticamente alfabetizzati, per colmare il divario digitale (digital divide). Questa ulteriore “buona pratica” del Trashware è mossa da più esigenze convergenti ( la necessità di smaltire grandi quantità di computer,diffondere l’uso consapevole delle tecnologie, divulgare le informazioni sul software libero e di GNU/ Linux, dare il giusto decorso alle tecnologie evitando il frenetico ritmo di consumo

imposto dalla “legge” del profitto, ridurre quantità di rifiuti nocivi ed inquinanti) , per arrivare ad un utilizzo corretto delle risorse tecnologiche. E allora? Non vi resta che provare! Per la consegna, il prelievo, una semplice visita o per qualsiasi informazione , il Centro di Recupero, Riparazione e Riuso “MenoèMEGLIO” è aperto e aspetta tutti voi il Martedi dalle 9.30 alle 12.30 il Venerdi dalle 15.30 alle 18.30 In via Aldo Moro, vicino alla sede della Pubblica Assistenza Caposele, ingresso alla sinistra, il Centro “MenoèMEGLIO” ora c’è!


Sport

Dal Parco Regionale al Parco Nazionale dei monti Picentini, I benefici per il territorio (2° parte)

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ontinuo il ragionamento, fatto nel precedente articolo, tendente a far riflettere gli amministratori locali (e stimolare le comunità) sulla corretta gestione amministrativa del parco regionale. L’obiettivo è duplice: 1) creare sviluppo, 2) avere una realtà (ambientale e territoriale) riconosciuta a livello nazionale ed internazionale attraverso l’istituzione a parco nazionale dando, così, un oggettivo slancio socio-economico-ambientale al nostro territorio. 1. Ridare identità a territori marginali. I parchi sono stati accettati assai poiché contenevano un’ipotesi di riscatto e scommessa sul futuro fondata sull’identità territoriale, più che per le questioni ambientali. In realtà, per esercitare politiche di salvaguardia dell’ambiente naturale occorreva costruire un contesto di egemonia culturale, interpretando l’ansia e la voglia di riscatto da parte di territori rimasti ai margini delle traiettorie dello sviluppo fordista. L’attenzione all’ambiente, alla salubrità, alla qualità della vita, collegato alla possibilità di attingere risorse esterne, non negoziate alla Regione e alle autorità del territorio, ha agito come attivatore di un nuovo localismo. L’istituzione dei parchi naturali in aree marginalizzate è stata dunque debitrice di una ratio risarcitoria, che tuttavia ha consentito una presa di parola e una mobilitazione del territorio, lasciando intravedere forse per la prima volta un’alternativa al sottosviluppo. 2. Contribuire all’implementazione di una via sostenibile allo sviluppo economico. I Parchi, laddove sono stati realizzati, sono stati sovente rimorchiatori per lo sviluppo del settore agroalimentare, dell’agriturismo, delle iniziative per l’ambiente. Grazie alla perimetrazione e alla protezione di aree consistenti del territorio nazionale, hanno funzionato da “incubatore” di percorsi di svilup¬po altrimenti difficili. Come ha osservato per esempio la Presidente del Parco dell’Etna, ancora oggi “i parchi possono e devono costituire il motore dell’agricoltura dei parchi. Prima si è fatto solo un atto di conservazione per evitare il danneggiamento dovuto ai massicci interventi di edificazione. Ora, ridando valore alle attività, i nostri prodotti, che sono di nicchia, devono essere qualificati con marchi e con tutti i sistemi necessari di promozione e di potenziamento a livello di produzione, cultura e tecnologie”. Da diversi anni, ormai, nei territori adiacenti o interni ai parchi la maggioranza delle imprese agricole fa agricoltura biologica, prodotti per lo “slow food”, partecipano alle manifestazioni d’eccellenza. Soprattutto, hanno contribuito significativamente al cambio della mentalità dei produttori. Turismo Il turismo “verde” o turismo “natura” è l’unico che non conosce crisi; un turismo non di massa, ma fatto da persone che ricercano, apprezzano e rispettano il contatto con la natura, il cibo biologico, la vita salutare, le bellezze archeologiche minori, le tradizioni locali, l’artigianato. Il territorio si dovrà quindi dare una struttura di ospitalità che nei Parchi è in buona parte fatta da piccole attività: agriturismi, bed & breakfast, case in affitto, alberghi diffusi nei centri storici. Il turismo verde chiede anche una ristorazione basata sui prodotti enogastronomici tipici ed è legato anche allo sport e quindi – oltre al trekking – ci sarà il ciclismo lungo la Via verde (pista ciclabile sul tracciato per esempio dismesso della ferrovia Avellino-Rocchetta ovvero ad un più facile rilancio come ferrovia turistica, sulla bike park realizzata a Laceno),

sci di fondo, il canyon¬ing lungo i torrenti, l’equitazione, l’importante ruolo che assumerà e che svolgerà il Laceno, ma anche il comprensoro del Terminio e così via. Un esempio lo abbiamo nel nostro territorio. L’oasi WWF di Senerchia realtà consolidata, che rispecchia in piccolo come deve essere gestito un Parco, ci indica quali capacità di sviluppo ha l’intero territorio. Le presenze annue si attestano sulle 15.000 (circa) persone, direttamente occupa 3 lavoratori e ha creato, come indotto, la nascita di due agriturismi (in uno anche l’allevamento delle trote). Ed ha ulteriori potenzialità di sviluppo in quanto inserita nell’area protetta. Edilizia Non consumare il suolo è un’altra opportunità, molto meglio aumentare l’ospitalità dei centri urbani. Il valore degli immobili esistenti aumenterà e così pure la loro redditività perché il turismo potrà essere destagionalizzato: si va meglio in bicicletta o a cavallo nella mezza stagione, mentre in estate ci si può inventare un pacchetto mare-monti, in autunno le sagre, le passeggiate-escursioni per la raccolta delle castagne e prodotti del sottobosco (qualcuno già lo fa) e in inverno il trekking con le racchette da neve, sci di fondo tra i boschi, sci alpino o seguire le orme degli animali selvatici (attività svolte nei Parchi nazionali). Ci saranno quindi occasioni di lavoro in edilizia per ristrutturazioni, manutenzioni, costruzioni, ecc. Ristrutturazione dei centri storici, riqualificazione energetica degli edifici, microgenerazione di energia da fonti rinnovabili, riduzione/ recupero dei rifiuti, valorizzazione degli alberghi diffusi e forte spinta alla loro gestione (Calabritto e Castelvetere), in un Parco Nazionale ben gestito gli impreditori del settore troveranno conveniente investire. Agricoltura ed attivazione delle economie locali Come dimostrano molte esperienze positive, il parco è uno strumento che – se ben usato – può far rinascere l’agricoltura da reddito. Come già detto: per ottenere risultati occorre però il lavoro e l’intelligenza delle persone. All’interno del Parco (escluse alcune piccole aree a protezione integrale) saranno possibili l’agricoltura e l’allevamento non intensivi; questo significa che non avremo le stalle o i campi di mais transgenico della pianura Padana ma dovremo mantenere e migliorare quel che abbiamo già, sfruttando il Parco per aumentare la redditività (non la produttività) dei terreni. Già oggi gli agriturismi offrono sempre più servizi a chi sceglie ferie sostenibili e responsabili: non solo natura ed escursionismo, birdwatching e aree benessere attrezzate, passeggiate guidate a cavallo o in bicicletta, ma la possibilità di ritemprarsi dallo stress della città imparando a fare “qualcosa” di particolare: corsi per riconoscere e utilizzare le erbe aromatiche e spontanee, corsi per preparare saponi o cosmetici naturali, corsi di cucina, ecc. . E poi attività di svago pensate per i bambini, con la possibilità di partecipare alla vita agricola dell’azienda. Senza dimenticare il fondamentale aspetto enogastronomico, con una ristorazione attenta alla stagionalità dei prodotti e menù legati al territorio e alle tradizioni locali. Il Parco dovrà fornire organizzazione, formazione ed aiuto per l’imprenditoria agricola e consu¬lenze per diffondere le migliori tecniche di coltivazione. Il Parco dovrà promuovere l´imprenditoria giovanile e femminile. Il Parco dovrà preparare progetti per accedere ai finanziamenti europei.

Il marchio del Parco aumenterà l’attrattiva commerciale dei prodotti sui mercati nazionali e inter¬nazionali. Il Parco dovrà lavorare per la diffusione del suo marchio. Il Parco dovrà avviare progetti di qualità per identificare e valorizzare commercialmente le eccellenze agroalimentari del suo territorio (castagne, vino, ortaggi coltivati in alta montagna, grano ecc.). Il Parco dovrà recuperare, tutelare e valorizzare la biodiversità agronomica, cioè le produzioni agricole ed agroalimentari tradizionali che utilizzano specie e varietà locali oggi quasi scomparse (già c’era l’idea del centro della Biodivesità a Nusco) dai campi e dalle tavole. Prodotti spesso di altissima qualità ma ottenuti da un tessuto di aziende piccole e piccolissime, o singoli agricoltori che non hanno la possibilità di promuoverle in modo adeguato. Per garantire loro adeguati sbocchi di mercato, il Parco dovrà promuoverle definendo di precisi disciplinari tecnici e associandovi il logo del Parco. E poiché la biodiversità è anche culturale si dovranno recuperare anche le tradizioni, i prodotti, le ricette legati a quelle varietà (gli esempi nel Parco d’Abruzzo, Majella, Sibillini, Appennino Tosco-Emiliano). Sarà trampolino di lancio per le certificazioni di qualità. Il turismo e l’educazione alimentare per gli abitanti del Parco aumenteranno le vendite a km-zero. Il Parco potrà/dovrà organizzare mercatini e negozi per la vendita di prodotti alimentari locali (anche associati alle strutture del Parco). Progetti di collaborazione permetteranno ai prodotti del Parco di essere venduti anche negli altri Parchi e viceversa. Per favorire l’adozione dei metodi dell’agricoltura biologica, il Parco potrà/dovrà cofinanziare le spese di certificazione che spesso, per le piccole aziende, rappresentano un ostacolo all’ingresso nel sistema di controllo previsto dall’Unione Europea. Potranno nascere cooperative per condurre i terreni di chi non è più in grado di farlo; potrebbe essere addirittura il Parco ad occuparsi di questo pagando l’affitto al proprietario per evitare terreni incolti (come avviene nel Parco delle Cinque terre). Ci potranno essere forme di cooperazione nell’uso di macchinari o nell’acquisto di materiali. La forza di un Parco sta nell’essere un’unica comunità, lo stesso può/deve accadere in agricoltura. Come detto, tutto questo richiede due cose: una capace e intelligente gestione fatta dall’Ente Parco e l’impegno delle persone con l’arrivo di nuove leve; ci vorranno anni ma è una strada più che possibile e già percorsa altrove, in Italia e nel mondo. Perché non ne dovremmo essere capaci? Altri lo hanno fatto! I Parchi italiani sono un vero e proprio scrigno di prodotti tipici tutelati con progetti specifici dagli enti parco. In questo campo si possono ricordare il caciocavallo silano (parco della Sila), la toma piemontese (parco Gran Paradiso), la soppressata di Calabria (parco Aspromonte), la mozzarella di bufala campana (parco del Cilento), il prosciutto toscano (parco Foreste Casentinesi), il peperone di Senise (parco del Pollino), il marrone del Mugello (parco Appennino ToscoEmiliano), la lenticchia di Castelluccio di Norcia (parco Monti Sibillini), il pane di Altamura (parco Alta Murgia), il pecorino di Farindola (parco Gran Sasso Laga) e lo sciachetrà (parco delle Cinque Terre). Le aree protette fin dalla loro istituzione hanno assunto un ruolo di volano economico delle zone da esse controllate. La difesa della biodiversità non è intesa con assenza d’attività economica, ma come risorsa per creare e ampliare le economie locali che seguono i princìpi dei parchi. Quest’alleanza giova sia al parco sia alle istituzioni e agli imprenditori che con il parco decidono di seguire il cammino dell’ecosostenibilità.

di Angelo Ceres Sviluppo che crea conservazione Alcuni parchi del centro Italia hanno sperimentato interessanti soluzioni di “sviluppo che crea conservazione”, capovolgendo le relazioni di causalità tra i due termini. Gli allevamenti allo stato brado di bovini, ad esempio, hanno consentito al parco delle Foreste Casentinesi di mantenere “zone aperte” all’interno delle superfici boschive, altrimenti da rigenerare attraverso opportune operazioni di disboscamento. Gli allevatori contribuiscono in questo modo alla manutenzione del territorio, ricevendone un benefit promozionale. Nello stesso parco, la necessità di controllare l’incremento demografico dei cinghiali ha favorito lo sviluppo, in accordo con le aziende di macellazione locale, di una “filiera del cinghiale”, anche in aperto conflitto con le associazioni venatorie del territorio. L’attività core del parco, il censimento dei cervi selvatici e dei daini, viene realizzato consentendo ai visitatori di assistere, dietro pagamento, alle operazioni di tele-narcosi e cattura. (da: I Parchi come luogo di incontri tra green economy e green society stampa Ottobre 2013) Alcune persone considerano di valore la sola esistenza di un parco, anche se non andranno mai a visitarlo, solo per il desiderio di lasciarlo alle generazioni future, o per altruismo, o per il solo fatto di sapere che esso consente la salvaguardia di specie altrimenti minacciate. Molti volontari, talvolta anche paganti, partecipano alle operazioni promosse dalle associazioni ambientaliste o dai Parchi stessi (come accade nel Parco Nazionale d’Abruzzo in cui giungono volontari da tutto il mondo). I parchi, grazie alla grande attenzione per il patrimonio legato all’ambiente naturale e ai suoi prodotti, generano economia portando ricchezza al Paese, ma all’interno delle aree protette non vengono tutelati solo animali e piante, anche importanti siti di carattere storico-culturale che nei parchi risiedono. Un patrimonio italiano che attira visitatori da tutto il mondo e che le aree protette tutelano e valorizzano comunicandone l’importanza. I parchi nazionali accolgono e tutelano 1.712 centri storici, 270 tra castelli, rocche e fortificazioni, 189 aree archeologiche, 291 tra santuari, monasteri e chiese rurali, 73 ville storiche e ben 149 musei. Sono quindi tante le funzioni che i parchi nazionali svolgono in modo costante per mantenere il loro ruolo di punto di riferimento per il Paese, ma nella società di oggi in cui l’immagine ha un’importanza cruciale, risulta fondamentale che i parchi si adoperino per far conoscere questa realtà. Per questo sono nati progetti di comunicazione e di educazione ambientale volti a coinvolgere la popolazione e soprattutto le giovani generazioni nei progetti dei parchi. “Vividaria” (realizzato con l’aiuto di Institut Klorane) e “Cittadini del parco” sono due di questi progetti che hanno l’obiettivo di coinvolgere le nuove generazioni per formare adulti coscienti dell’importanza che le aree protette hanno nello sviluppo dell’intero Paese. Ho provato a tastare l’interesse di qualche Sindaco, su tale questione, ma l’aspettativa (già di per sé bassa) è stata al di sotto di quello che avevo immaginato. Scarsa conoscenza del territorio, delle sue potenzialità ed una evidente protezione di interessi particolari sono state le condizioni dei tentati ragionamenti, delle giustificazioni e delle argomentazioni prospettate. A questo va ad aggiungersi la quasi totale assenza di politiche nazionali a favore di serie e corrette politiche ambientali. La speranza è che questa trasformazione culturale-territoriale-ambientale, fatta nell’interesse della collettività e non dei singoli, possa trovare terreno fertile tra gli amminitratori coscienziosi e, soprattutto, tra i cittadini.

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Politica

Come organizzare l’accoglienza dei migranti a Caposele? a cura dell’Area Riformista del PD e delle varie associazioni

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er rispondere a questa domanda, che ovviamente nasce dalla responsabilità nazionale che anche le piccole comunità possono e devono sentire rispetto a questa problematica, si è tenuto un primo incontro, lo scorso novembre presso il municipio alla presenza dell’amministrazione tutta e dei rappresentanti di alcune associazioni che solitamente supportano le attività sociali in paese (La Pubblica Assistenza Caposele, la Pro Loco, l’ass.ne Arcobaleno, Caposele futura, la Caritas locale e la comunità Redentorista di Materdomini). Si è tenuto poi anche un primo incontro pubblico organizzato dal gruppo area riformista del PD locale al quale pure sono state invitate Istituzioni politiche e cittadini per discutere e informare la cittadinanza sul tema migranti e scuola, un altro tassello importante del percorso di accoglienza ma anche di cittadinanza attiva da realizzare. Per intervenire in maniera coordinata e preventiva rispetto ad imposizioni in emergenza dettate poi direttamente dalla Prefettura, si è iniziata una discussione volta soprattutto a trovare il modo migliore per la nostra comunità per integrare non solo accogliere eventuali migranti. L’intenzione di base dell’ammini-

strazione, condivisa a grandi linee dai partecipanti ai vari dibattiti sarebbe, al momento, oltre a sviluppare percorsi di corretta informazione sul fenomeno, quella di seguire le indicazioni del Ministero dell’Interno che da sempre stimola e chiede alle amministrazioni locali di creare centri SPRAR (sistema di protezione richiedenti asilo e rifugiati) e verificare detta fattibilità anche per Caposele. Certo la discussione è in fase iniziale e va approfondita ma questo tipo di struttura garantirebbe servizi fondamentali da offrire quali ad esempio: supporto psicologico, assistenza legale, integrazione culturale, corsi di alfabetizzazione, tutte attività utili che permetterebbero agli ospiti non solo una utile e non forzata permanenza ma anche di reinserirsi nel tessuto sociale ed economico europeo, permetterebbero cioè ad ogni migrante di iniziare e di finire un percorso di accoglienza nel nostro paese durante il quale però realizza attività concrete non resta solo “parcheggiato e fuori dal contesto” dando adito a preoccupazioni e paure non utili. Il nostro è stato ed è ancora un comune di migranti che potreb-

be dare l’esempio e concretizzare quell’integrazione umana di cui c’è tanto bisogno. Seguiremo, come associazione e insieme agli altri, gli sviluppi della vicenda.

BUON NATALE

Il nuovo ingresso al Museo delle macchine di Leonardo. L'originale scultura all'entrata non sembra essere stata recuperata. Peccato!

ANGOLI NATALIZI e angoli di CUORE

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reare un angolo dedicato al Natale nel mio Paese, mi ha reso orgoglioso, voglio dire grazie di cuore all'ideatore di tutto questo il pazzo Alfonso Cardellicchio agli amici Donato Sarcone, Vincenzo Menelik Gonnella, Alessandro Sarcone, Tonino Della Fera, Raffaele etc. etc. Quest'anno è stato un anno un pò difficile almeno per me, devo dire la verità; mi sono stancato tanto, ma nn fa nnt qnd lo fai per una cosa a cui tieni;

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è stato un anno ricco di eventi sul piano politico, festivo, religioso ecc ecc, ma non ne voglio parlare, non parlo quasi mai di cose brutte, però qualcosa si è rotta in paese, quei comportamenti pirandelliani che mi fanno paura come ad esempio i recenti episodi delle nostre chiacchiere sul Prete che mette la statua di Gesù Redentore (grande Don Alfonso), delle feste che non si fanno; poi la Madonna a Caposele e tutti noi a dirne

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di cotte e di crude che più che critiche sono offese alla persona. Adesso che ha creato un angolo per Natale elogiamo nuovamente Don Alfonso, e magari, l'anno prossimo se non dovesse fare di nuovo le feste, probabilmente sarà ancora oggetto di offese da parte nostra. Ecco, qualche volta se provassimo a essere più costanti senza alti e bassi forse potremmo essere più credibili. Sul piano politico, per esempio ancora, ci sono state tante promesse da parte di tutti (senza attribuire colpe o favoritismi), credo, però, che sia più bello dire la verità a volte, senza parlare di milioni di euro di finanziamenti teorici. Ho perso tanti amici un pò per colpa mia e un pò per colpa loro, ma ho conosciuto tante altre persone che mi hanno reso migliore su tanti aspetti. A volte vedo persone che parlano, stanno insieme, dormono insieme, e poi quando uno dei due è assente, si parla maledi lui,capita anche a me questo. Io non voglio vittimizzare nessuno e nè trasmettere insegnamenti a nessuno, anzi io voglio imparare il più possibile nella vita e scrivo semplicemente il mio pensiero tutto qua. Il Natale per me è la festa più bella,

di Antonio Nigro

perché è la festa di tutti, ricchi, poveri, ammalati,vecchi, bimbi di tutto il mondo escluso nessuno, e si festeggia la Natività di colui che si è sacrificato per noi. A volte capita quando succede qualche lutto improvviso, di dire "DIO dove sei? non vedi tutto questo? Ecco Dio non è un mago che esaudisce i nostri desideri, Dio si è semplicemente sacrificato per noi salendo sulla croce perdonandoci; e questo è il gesto più grande che una persona possa fare. Dio non si alza la mattina e dice oggi devo far morire Antonio a 27 anni perché mi sta antipatico; nooo quella è magìa non è DIO. Dobbiamo superare tutto questo e spero che ci sia tanta tanta serenità in voi anche se sono brutti momenti, ma vi auguro con tutto il mio cuore di passare delle belle feste natalizie a tutti e di essere sempre felici, perché se non si è felici non si è vivi.


Associazionismo

ESPERIENZE CHE FORTIFICANO

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in da bambine desideravamo far parte del Forum dei giovani di Caposele. Ammiravamo i ragazzi che parlavano di quest’associazione e che si divertivano e si impegnavano a svolgere le varie attività. Qualche mese fa ci siamo iscritte, abbiamo iniziato a partecipare alle riunioni e a dar il nostro contributo nell’organizzazione dei convegni; inizialmente avevamo un po’ di imbarazzo e di timore, fortunatamente però i membri sono stati accoglienti e ci hanno messo subito a nostro agio, affidandoci responsabilità e facendoci comprendere l’importanza dell’associazionismo, dell’impegno e della partecipazione. Grazie a ciò ci siamo avvicinate alle questioni e problematiche di rilevanza sociale e del mondo giovanile. Tra gli eventi principali, particolare esito positivo hanno avuto il convegno informativo riguardante il Referendum abrogativo sulle Trivel-

lazioni e soprattutto il convegno sulla Legalità, con ospite il Procuratore della Repubblica di Avellino, svoltisi entrambi a Caposele con grande affluenza dei cittadini, in particolare dei più giovani. Accanto a questi momenti maggiormente formativi, non sono mancate attività ludiche, volte a favorire il confronto e l’integrazione sociale, tra cui Ciao Darwin, la Caccia al Tesoro e la festa di fine Estate al Parco Fluviale. All’interno del Forum abbiamo compreso quanto sia necessario e notevole il confronto e la collaborazione

La meraviglia di essere padre!

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o risposto anche questa volta con slancio alla chiamata del direttore de La Sorgente, come faccio ormai da qualche anno e, come sempre, terminata la telefonata inizio a pensare a quale tema trattare con il mio articolo ma questa volta, mentre ci pensavo, una voce che chiama: "papà!" mi ha risolto la scelta. Perché non parlare di mia figlia, del mio essere diventato padre e della gioia che questo evento ci ha regalato come famiglia? Perchè non far conoscere e condividere, la nostra storia? Ma si, ci provo! Tutto ebbe inizio quando nel 2005 quando ho conosciuto quella che mi parve subito una splendida ragazza e che da subito mi face uno strano effetto, da subito provavo qualcosa che non capivo bene ma che, più passava il tempo e più da confuse, quelle sensazioni erano diventate sentimenti e sempre più una certezza cresceva in me, conoscendola, la certezza che quella

di Angela Farina e Rosamaria Spatola

con le altre realtà presenti nel nostro territorio per farsi che più forze e persone unite insieme raggiungano una finalità comune. A tal proposito vale la pena ricordare l’organizzazione dei Carri di Carnevale e la Festa della Musica. Tramite questa associazione i giovani diventano parte attiva di quella che è la vita sociale, si avvicinano alle istituzioni e maturano una maggiore sensibilità rispetto alle tematiche e le problematiche del nostro paese. Abbiamo capito, inoltre, cosa vuol dire riuscire a realizzare qualcosa di

concreto, soprattutto quanto tempo e forza di volontà richieda tutto ciò e che solo con l’impegno disinteressato si può migliorare la nostra comunità L’auspicio che facciamo è che la comunità in generale e le istituzioni possano continuar a darci un sostegno psicologico, morale e materiale, incitandoci e invogliandoci a proseguire questo meraviglioso cammino e che altri giovani possano ben presto unirsi a noi per lavorare insieme e nel nostro piccolo migliorare il nostro paese.

di Michele Cuozzo

donna sarebbe stata la donna della mia vita, la madre dei miei figli! Fortunatamente anche lei ha visto il suo futuro accanto a me, infatti, dopo pochi mesi ci fidanzammo e qualche anno dopo ci siamo sposati. Per carità, è pieno il mondo di storie d’amore come la nostra o certo anche più belle, ma per me è stato subito speciale, finalmente avevo trovato una donna che mi amava per come ero veramente, una donna che è riuscita ad entrarmi nel cuore e non ne è più uscita. E così come per tutte le coppie, iniziò anche per noi la voglia di creare una famiglia, di dare un ulteriore senso al nostro matrimonio. I primi anni però da questo punto di vista, non furono "incoraggianti", purtroppo la tanto desiderata gravidanza non arrivava. E’ stato un altro periodo per molti versi critico, ma anche di grande crescita emotiva, e così, dopo più di 5 anni d’amore il buon Dio e chi per lui, ha voluto rega-

larci questa nuova possibilità, questa gioia che è anche una delle più grandi responsabilità, nostra figlia Clara.

ALBERO DI NATALE E MERCATINI DI NATALE 10-11 DICEMBRE CAPOSELE TUTTO IL RICAVATO DELLE ATTIVITA’ SOTTO L’ALBERO, E' STATO DEVOLUTO IN BENEFICENZA PER LA RICERCA E LA PREVENZIONE SUL CANCRO

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Volti Un gruppo di ragazzi in partenza per la montagna di Puddaro

Giuseppe Ilaria, 96 anni, accanito lettore de La Sorgente

Marco e Antonello Malanga

Gerardo Cibellis e Gerardo Vitale

Rocco e i suoi intarsi

Maria Trocchia originaria di Caposele da Rocky coiffeur

Minguccio si diletta all'organetto

Sturchio e Nesta

Real Caposele - Squadra ESORDIENTI

Piccoli campioni crescono... Allievi e scuola calcio Caposelese

Real Caposele - GIOVANISSIMI

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Anno XLIII - Agosto 2016 N.92

Real Caposele . ALLIEVI


Una mela al giorno

Dal mio blog, un modo per scacciare via

i "brutti pensieri"

di Salvatore Conforti

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i sono permesso, per senso civico e facendomi promotore di una diffusa apprensione sociale in un momento di tensione a causa di una straordinaria attività sismica del centro Italia, di inviare al responsabile della protezione civile di Caposele un accorato INVITO ad ottemperare agli obblighi di legge che riguardano l’attuazione pratica del locale PIANODI PROTEZIONE CIVILE. Lo stesso, APPROVATO RECENTEMENTE e pagato circa 15.000 euro, rimane chiuso in un cassetto sminuendo la funzione per il quale è stato predisposto e rimanendo così, CARTA STRACCIA! Caposele ha assoluta necessità di avere attenzione anche su questo tema, essendo ad alto rischio sismico ma anche idrogeologico.

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ono stato colto da una bella emozione, rivedendo qualche giorno fa in un servizio della RAI la scena del Dott. Nicola Barbatelli che mostra il dipinto originale di Leonardo Da Vinci. La mente è corsa a quella manifestazione culturale che, nel maggio del 2013, ha ospitato a Caposele, per una settimana quel dipinto, ora restaurato. Straordinarie giornate dense di cultura, di entusiasmo, di progetti con Caposele protagonista e con l'idea di quello che il Paese sarebbe potuto diventare. Momenti nei quali tanti sacrifici si sono allineati insieme anche a troppe energie utilizzate a difendere valori, principi,

"Costerebbe" veramente pochissimo mettere in atto le indicazioni (per ora solo teoriche) di un piano per il quale, ad oggi, non mi risulta prodotta: - nessuna informazione alla cittadinanza su segnaletica di emergenza: - nessuna verifica, censimento, esercitazione o addirittura nessuna informazione sui rischi che possono minacciare l’integrità della vita, dei beni e degli insediamenti (nemmeno la pubblicazione del piano sul sito istituzionale). E’ un modo di prevenire, con intelligenza e coscienza, i rischi per i quali la nostra terra è storicamente tormentata. E’ un modo di suonare un campanello di allarme verso un dovere istituzionale che spesso, risulta inconsistente ed assolutamente assente. E’ un piccolo tentativo, ma sentito, di rammentare a chi ci amministra che Caposele non deve dimenticare il terremoto del 1980 e deve mettere in atto tutte le azioni di prevenzione, utili alla salvaguardia della pubblica incolumità e necessarie a giustificare che, una così enorme tragedia, non è trascorsa inutilmente.

sogni, e prospettive intorno ad un turismo costituito da tante tessere che si sarebbero potute incastrare nel tempo, per restituire alla comunità belle soddisfazioni. Immagini che oggi, però, hanno innestato anche sensazioni di amarezza per un grande potenziale inespresso che, purtroppo, non solo viene trascurato, ma anche dimenticato e calpestato da chi ci governa, forse con l'intento di riportarci tutti nel "Medioevo". Mah!... Verranno giorni migliori nei quali le nuove generazioni sapranno riprendersi quei sogni e farli viaggiare nella realtà. Me lo auguro col cuore.

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hiedo scusa se a volte sembro noioso, ma è necessario, parlando di politica, diffondere il più possibile notizie di questo tipo, che FANNO MALE alla nostra comunità! L’invito ad unirsi in una sorta di "riscatto sociale", è stato recapitato, qualche giorno fa, a tutti i soggetti politici ed associativi del nostro territorio, ma neanche uno straccio di risposta mi è pervenuta. Sarà stata distrazione, indifferenza, inca-

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ella giornata internazionale dedicata alle #disabilità, elevo un forte e sentito grido di disapprovazione contro chiunque rimane “INSENSIBILE” al cospetto di questa triste condizione sociale. L'esempio più eclatante di tale arroganza proviene, in particolare modo, da chi è titolato a gestire le nostre scuole, aree e luoghi pubblici. Avevo, tempo fa, INVITATO gli amministratori a risolvere, anche se in piccola parte, il problema della SICUREZZA e FRUIZIONE degli UFFICI PUBBLICI COMUNALI e soprattutto, all'abbattimento di BARRIERE ARCHITETTONICHE, attraverso piccoli ed economici interventi; ho suggerito un modesto montascale per superare una rampa e la traslazione degli uffici più frequentati (protocollo e un ufficio istituzionale) al primo livello. Sarebbe servito, ottemperando, quanto meno, alle condizioni minime della norma, ad alleviare di poco, le grandi fatiche dei più deboli. E’ rimasto inascoltato - come tanti altri-

pacità di ribellarsi, ma devo confessarvi che spesso penso di essere rimasto l’ultimo soldato in una "GUERRA" che NON interessa a NESSUNO! Di seguito, il testo dell’invito prodotto, che diventa oggi una "lettera aperta" (ennesima) ai Caposelesi, al fine di informare e di stimolare la gente di “buona volontà” a una REAZIONE CIVILE E SOCIALE che riguarda esclusivamente il NOSTRO FUTURO! —

il mio appello e, sinceramente, non nutro molta speranza che qualche amministratore possa recuperare un po’ di coscienza civica, ma assistere a scene come quella nella foto, mi RATTRISTA IL CUORE e magari se qualcuno dei miei amici sensibili di Facebook mi dà una mano, potremmo, con più forza, raggiungere un piccolo ma soddisfacente obiettivo. Anziani e disabili non devono essere maltrattati da un’incosciente e strafottente gestione dei nostri luoghi pubblici che, assommata ad altre assurde inefficienze, riportano Caposele, come altri luoghi della nostra Provincia, indietro nel tempo di 40 anni! Ho inviato questo appello anche ai giornali, alle associazioni e a tutti coloro che sono preposti a vigilare, e a lottare affinchè si intervenga contro chi calpesta i diritti umani. La DISABILITA’ MENTALE dei nostri POLITICI ed ISTITUZIONI! E’ questo che dobbiamo combattere, senza arrenderci!

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Ricordo di...

LA MAESTRA PINI'

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a cara maestra Pinì ci ha lasciato prematuramente ed in modo inatteso da poco meno di tre mesi e si fa fatica a pensare che lei non sia più tra di noi. Da quando si era congedata dalla scuola la si vedeva di mattina affacciata alla finestra di casa in Corso Europa o al massimo fuori dal portone. Pinì adorava la sua abitazione che l'aveva vista accanto a suo marito ed ai suoi adorati figli e che era costata sacrifici ai coniugi Malanga. Di pomeriggio, poi, quando la campana della chiesa madre invitava i fedeli alla messa vespertina, la vedevi scendere, tutta sorridente e solare, lungo Via Roma e fino a Piazza Masi; finita la Messa, dopo un'occhiata fugace e nostalgica ai luoghi della sua infanzia e della sua giovinezza , ripercorreva la stessa strada salutata dai tanti .che la conoscevano e l'apprezzavano. Si sarebbe fermata per una visita lampo a casa della sorella Italia a parlare del più e del meno per poi rincasare. Pinì era la seconda figlia dei cinque rampolli di Ciccio Caprio, il sindaco più amato dai Caposelesi e andava fiera di questa eredità e guai a chi le toccava quel padre galantuomo. Il suo attaccamento era esemplare e non è per puro caso che riposi nella tomba di famiglia accanto al padre. La casa paterna per lei era un tempio. Si pensi che ,da coniugata, nonostante avesse una casa in fitto in Piazza Tedesco ,di fatto abitava presso i suoi genitori, dove era nata e aveva dato alla luce almeno uno dei due figli . Era solita dire che Piazza Masi era la " bomboniera " di Caposele con la Chiesa Madre d'un tempo ed i palazzi che le facevano compagnia su un Piano dove si disperdevano ben quattro strade che vi confluivano come ruscelli

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o appreso dal manifesto la dolorosa notizia del trapasso del caro Ezio. Istantaneamente sono affiorati in me i tanti ricordi di questo amico straordinariamente simpatico e vivace. Lo conobbi negli anni sessanta, quando giunsi a Materdomini, assegnato al posto fisso Carabinieri. Ezio, quale giovane laureando in giurisprudenza, emergeva nel gruppo dei suoi tanti cari amici per entusiasmo e grande vivacità. Esternava una discreta simpatia verso i giovani carabinieri, mettendo a disposizione la sua fresca cultura professionale. L’ho in-

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in un lago ...e poi quella nobile pietra bianca che la piantumava e che si disponeva al centro a mo' di stella. Pinì nasce a Caposele il quindici settembre 1934 e qui vive l'infanzia e l'adolescenza coltivando le sue amicizie innanzitutto con le sorelle Sena ed in particolare con Rinuccia, sua compagna inseparabile . Si iscrive all'Istituto Magistrale di Salerno e nel 1956 ne consegue il diploma di abilitazione di maestra elementare. Nel biennio successivo frequenta la Scuola per Assistente Sociale che all'epoca era una vera e propria novità nel panorama sociale e scolastico di quegli anni . Nel 1959 rientra a Caposele e comincia la peregrinazione degli incarichi di supplenza nelle scuole elementare di Caposele e del Circondario, una sorta di prova di fuoco alla quale erano abituati i maestri dell'epoca, prima di vedersi proclamare vincitori di concorso. Sempre quell'anno fu costretta a lasciare Caposele per seguire il padre segretario comunale trasferito d'ufficio a Nusco: all'epoca gli scontri politici nei piccoli paesi erano aspri ed il partito di maggioranza a livello nazionale in molte situazioni non usava i guanti di velluto. Nel 1960 partecipa al concorso magistrale e ne consegue la promozione; l 'anno successivo si cimenta in una seconda selezione ed è proclamata vincitrice Il suo primo incarico da insegnante di ruolo risale al 1962 con sede a Pasano: è lo stesso anno quando si unisce in matrimonio al maestro-poeta di Caposele,Vincenzo Malanga. Insegna poi a Materdomini per un breve periodo e poi ottiene l'assegnazione definitiva a Caposele Centro

contrato per l’ultima volta in occasione della morte della cugina Pinì. Era profondamente segnato dal male che lo stava divorando. Mi abbracciò affettuosamente e con accento molto triste mi disse: “caro Antimo, la vita è anche questa. Combattiamo”. Non aveva perduto la sua voglia di vivere né la vivacità di esternare il calore della sua amicizia. Il suo trapasso lascia un grande vuoto in questa nostra comunità. Antimo Pirozzi

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di Alfonso Merola

dove ininterrottamente sarà in cattedra fino al 1996 . Che dire, a questo punto, di Pinì collega e maestra ? Innanzitutto quello che direbbe chiunque l'abbia veramente conosciuta : chi pensa per un attimo a lei o la osservi in una fotografia, non può fare a meno di sorridere e dopo aver sorriso di avvertire un senso di serenità . Io l'ho conosciuta da sempre, nel senso che abitavamo nello stesso quartiere e le nostre famiglie erano legate da sincera amicizia e rispetto; quando poi divenni suo collega di lavoro la frequentazione si irrobustì, trasferendosi sul piano professionale Sia lei che Cenzino mi hanno guidato nei primi passi di maestro elementare: Cenzino con l'alta considerazione che aveva della Scuola e Pinì con la sua carica di positività e di ottimismo che sapeva trasmettere in ogni situazione. In fondo lei aveva scoperto "l'elisir della Buona Scuola " e consisteva nel dare tempo ai bambini che avevano bisogno di tempo ed in ogni caso di non far mancare affetto e serenità a nessuno, evitando di cadere nella sindrome della chioccia e nella trappola dei favoritismi . Diceva con convinzione: "Non affliggiamo questi bambini con tante astruserie inutili e soprattutto facciamoli sentire felici. ..perché la tristezza non mancherà di certo nel futuro! ". Pinì non ha mai creduto nei grandi sistemi didattici, ispirati dai pedagogisti di turno , convinta che ogni alunno doveva essere dotato dei soli strumenti di base per esplorare il mondo ;certo è che i suoi allievi l'hanno sempre adorata e hanno ricordato gli anni trascorsi con lei come i più belli. Ricordo con simpatia gli anni del dopo-terremoto: si era un po' tutti

IN RICORDO DI EZIO CAPRIO

scossi ed incerti sull'avvenire e lei spronava i colleghi, rammentando che peggio di quel disastro non ci poteva essere nient'altro. Che giorni quelli ! Le notti in macchina, le tende , le baracche, il piano di destinazione gli hotels di Paestum, eppoi le tende scuola a Santa Caterina, i prefabbricati in orto Russomanno, le scuole norvegesi, le scuole in via Imbriani. Mi mancherà la sua sottile ironia mai ispirata a cattiveria, il suo senso della vita guidato dalla comprensiva e religiosa accettazione del mondo e quell'incrollabile certezza che anche dalle più ingarbugliate difficoltà si può uscire. La più grande gioia di Pinì è stata aver visto il suo Franco felicemente unito ad Ofelia ed ai cari nipotini Vincenzo e Luigi nonché il suo Antonello finalmente sposato a Grazia Maria: sono certo che i suoi cari, sapendo chi hanno perduto, coltiveranno con affetto la Sua memoria, in nome dei bei giorni vissuti con lei.


Questa

rubrica è disponibile per chiunque volesse pubblicare foto dei

propri eventi felici.

La redazione de "La Sorgente" è a vostra disposizione per tutto il materiale che VOI ci inviate in tempo utile prima dell'uscita del giornale. le foto publicate sono il segno della vostra collaborazione.

Giorni Lieti

Maria Paolercio e Giovanni Ventre - 50°Anniversario di Matrimonio.

Alfonsina e Vittorio 23-07-16

Salvatore e Valentina 15-09-16 Simona e Carmine con Giovanni e il nuovo arrivato

Ettore e Olimpia 10-09-16 Luca e Maria 18-09-16

Annalisa Donatiello Laureata in Tecnico di Radiologia presso l'Università di Siena con votazione 110 e Tesi su "Analisi di immagini a basso contrastLaureata in Tecnico di Radiologia presso l'Università di Siena con votazione 110 e Tesi su "Analisi di immagini a basso contrasto in fantoccio Catphan" conseguita in data 9 novembre 2016. o in fantoccio Catphan" conseguita in data 9 novembre 2016.

Fiorenzo e Joelda 08-09-16 Nando e Nathalia 8-9-16

Tonino ed Antonella 16-07-16 Giovanni e Maria 50° anniversario di matrimonio Michele & Gerardina 8 Settembre 2016

Luca Cibellis 25 novembre 2016 Laurea in Fisioterapia presso la Seconda Università degli Studi di Napoli – Tesi: “L'importanza dell'esercizio fisico nella prevenzione e cura dell'osteoporosi”

Raffaele ed Eleonora 09-09-16

Eugenio ed Anna 24-09-16

Mariangela e Alfonso 25-06-16

Lorenzo ed Antonella 13-08-16 Grazia e Kevin 29-09-16

Alessandra ed Enrico 06-08-16

Concita ed Enzo 24-09-2016

Luca Di Trolio di Felice e di Raffaella Gonnella, nato il 19.08.2016La foto lo ritrae con il fratellino

Antonio Feniello di Carmine e di Simona Ceres, nato il 18.07.2016

Federica Megaro laurea in Psicologia applicata,clinica e della salute con indirizzo devianza e sessuologia.

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Ricordo

Cara Piny....

S

ai bene quanto è importante per me quel "cara" davanti al tuo "nome" terminante in -y, perché è così che firmavi i tuoi biglietti sempre sentiti e originali. Sai bene perché ho deciso di scriverti una lettera... Sicuramente di parole, di versi sensibili e leggeri ne hai ricevuti molti, versi che ti hanno accompagnato e sostenuto nei momenti poco felici di una storia d'amore stroncata troppo presto... Conosco bene la tua anima sognante, l'orgoglio misto a commozione di quando ascoltavi recitare le poesie di tuo marito, per poi alla fine con le lacrime agli occhi, esclamare: "Ho sposato un poeta!". È mattina presto, il sole è ancora pallido ma diventerà, quasi sicuramente, protagonista di una tarda mattinata che vedrà il consueto passeggio Caposelese. Tutto sembra in ordine come i saluti di rito dell'incontro inaspettato, istanti fugaci di un dialogo già eseguito. Ogni istante sembra essere inglobato nell'ordinaria normalità. Illusioni. Se solo pensassimo a quante cose perdiamo giornalmente e che non ritorneranno più. In tutti noi, però, Piny, è mancato all'improvviso qualcosa. Manca un pezzo importante del puzzle della stabilità, del delicato equilibrio tra passato e presente. Manchi tu. Cara Piny, avevi ragione quando dicevi, citando tuo nonno, che " Ciò che è scritto nel magno volume non si cambia né col bianco né col nero! ". Il destino è stato subdolo, potevi stare ancora con noi, senza lasciarci con il rimorso di dirci ancora tanto ma questi sono desideri umani. Il Signore, che tanto amavi, ha avuto altri progetti per te... Sei andata via in modo inaspettato, veloce e silenzioso. Ci sono giorni difficili da dimenticare, scalfendo così, le memorie della propria vita. 4 Ottobre 2016. San Francesco. Un giorno a te caro, onomastico di tuo padre e tuo fi-

di Luigi Nerio Fungaroli glio. Una telefonata. Un brivido fa slalom dentro me. Ho avuto l'impressione che per un attimo il tempo si fosse fermato, come se fosse arrivato un gelido inverno all'improvviso. In tutti noi urlava la voce del ricordo, di immagini veloci della propria vita, di interrogativi che segnano le pagine del dubbio sconfortante, dell'impotenza straziante di non poter cambiare le cose. Ti scrivo, cara Piny, in una giornata di sole. Una di quelle giornate che tu osservavi dalla tua finestra, una di quelle giornate che sicuramente avrai vissuto da bambina, da ragazza innamorata, da maestra prima di andare a scuola, da giovane donna e madre premurosa, donna che non dimentica mai l'amore anche quando la vita porta via l'amore di una vita. Il passato sembra un "ieri infinito" negli occhi di chi ti vuole bene. Guardo la tua foto con il tuo caratteristico sorriso entusiasta e mi rivedo, così, piccolo, vicino a te, nel mese Mariano da zia Felicetta. Ti osservavo mentre strofinavi le dita tra i piccoli grani della corona del rosario, comprendendo, così, che la forza della Fede e della Preghiera possono davvero risollevare i cuori. Ti rivedo nelle serate d'inverno da zia Felicetta seduta insieme ad Agnesina rivivere volti, gesti, accadimenti... La vostra era ed è un'amicizia senza tempo, fatta di parole vere, gesti sentiti, accortezze delicate e tenere. Rivedo zia Felicetta alle nove del mattino al telefono con te. Era il momento dell'ascolto reciproco, degli aneddoti dei nipotini, del racconto quotidiano, dei consigli del momento. Il racconto di due amiche. Purtroppo, però, a quella cornetta non si sentirà più la tua voce pacata e rassicurante. Vengo pervaso da un sentimento di nostalgia verso un passato che non ritornerà, è un sentimento intimo che mi

Ricordo di Rocco Sista

C

ara Angelina, caro Mimino, Umberto, Walter e parenti tutti, oggi sono sicuro che il pensiero di tutti i Caposelesi va a Rocco, ma anche a tutta la sua famiglia che tanto soffre per la prematura scomparsa e per un destino che è stato poco clemente con Rocco. Un Sindaco in genere non è mai sicuro di parlare a nome dell’intera comunità o di interpretarne i suoi sentimenti ma questa è una di quelle occasioni in cui veramente rappresenta tutti. Infatti, io non credo che ci sia un solo Caposelese che oggi non sia addolorato e dispiaciuto per questa perdita, tanto egli era amico di tutti noi, nessuno escluso. Rocco era costantemente seguito

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da strutture ospedaliere per una seria patologia, ma nonostante tutto, non faceva mai mancare un sorriso a nessuno. Nell’ultimo anno ho avuto modo di vedere quasi quotidianamente Rocco, impegnato presso il Comune nel suo lavoro, e di lui oggi voglio ricordare la sua serenità, la sua tranquillità, la sua propensione alla disponibilità, il suo modo affabile, il suo modo educato, la sua evidente bontà. Questa chiesa che oggi lo ha accolto, è triste ed addolorata perché questa perdita lascerà un vuoto tra di noi: noi perdiamo un amico… ma voglio abbracciare ancora questi genitori e tutta la famiglia che perde un figlio e che mai, avrei voluto vedergli

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accompagnerà per tutta la vita... Quando ti rivedevo dopo un viaggio, dopo qualche tempo lontano da Caposele, rivedevo casa, l'approdo... Cara Piny, è come se fossero mancate le rose dal giardino, come se il vento cambiasse rotta destabilizzando le certezze di tutti giorni. Non ti vedremo più camminare con la cara Gelsomina verso la Chiesa, uscire da casa di tua sorella Italia, sosta che ti riportava alle origini, alle proprie radici... Sarai con noi nel momento dello sconforto, negli sguardi della tua famiglia, ogni qual volta guarderò casa tua, nel cuore del paese, così come lo sei tu e lo sarai sempre... Tra noi c'era un bellissimo rapporto. Eri e continui ad essere per me una carica di autostima incredibile come quando dicevi scherzosamente "Se fossi ragazza, ti sposerei!". Chi mi dirà, adesso, dopo l'appuntamento immancabile della presentazione de "La Sorgente" : "Appena vado a casa il primo articolo che leggerò sarà il tuo!"? La tua ammirazione nei miei confronti ti portò a insignirmi (lo ricordo sorridendo) del titolo di "Bello, Buono e Bravo" secondo le famose "3 B D'ORO" di Don Ciccio, tuo padre. Un legame forte, il nostro, che nasceva molto tempo fa, capelli lunghi o corti che fossero, mi volevi un bene che partiva dall'anima. "Non piangere perchè una cosa finisce, sorridi perchè è accaduta..." diceva Gabriel García Márquez. Aveva ragione

di Pasquale Farina Sindaco di Caposele vivere questo triste giorno. Noi possiamo, solo augurarci che conservando nella memoria figure umili e buone, come quella di Rocco Sista, sapremo tutti agire con coerenza e rispetto reciproco in nome di questa nostra amata vita che è stata così avara con Rocco. È dunque con questo sentimento, unitario e sincero, avendo negli occhi la scritta che ci ha accolti davanti alla chiesa “ chi vive nel cuore di chi resta, non muore mai”, che abbraccio simbolicamente Angelina, Mimino, Umberto, Walter e tutti voi parenti. Rocco, non resterà solo nei vostri cuori ma anche in quelli di ogni Caposelese.

ma non è semplice. Non è semplice dire addio a persone come te. Sai, Piny, mi sento, però, molto fortunato. Fortunato di averti conosciuto. Racconterò a chi verrà, di una donna di "un'altra generazione " con la leggerezza di una fiaba, la storia di una donna dalle attenzioni delicate, dalla forte generosità, una donna che ha caratterizzato la vita di tanti diventando una sorta di patrimonio per tutti noi. Come è triste, però, l'abbandono, la mancanza della certezza dei contatti. Non ho un rimedio, non c'è risposta, solo opaca rassegnazione. Come sarebbe bello capire che non siamo inglobati in un barattolo di latta, che il perdono, il rispetto, l'affetto, valori che tu hai rappresentato, non andrebbero dimenticati... Con te, vola via un pezzo della vita di tanti, permettimi di dire, di tutti... Cara Piny, non conosco l'indirizzo, mi perdonerai... Spero che queste parole, questa mia lettera possa essere trasportata dalla brezza del ricordo che scalda il cuore, che si alzerà alta fino a superare le barriere di questo mondo... Arriverà dritta al tuo cuore e sono sicuro che i tuoi occhi brilleranno come quando incrociavi i nostri sguardi lungo il cammino... Con l'amore e il bene del mondo, Con la riconoscenza del tuo tempo... Tuo "Bello, buono e bravo", Luigi


Almanacco Giorni Tristi UNA VITA INTERROTTA, UNA STORIA CHE CONTINUA.

Alfonsina Testa 03.12.1914 03.10.2016

Giuseppina Caprio - 15.09.1934 04.10.2016

di Cesarina Alagia

Il 02 ottobre 2016 è volata in cielo Alfonsina Testa, una leggiadra farfalla di 102 anni, se n’è andata con il soffio impercettibile di uno sbattere di ali. Sembrava una bellissima bambola di porcellana addormentata e fino all’ultimo istante, seppure con un soffio di voce vedendo le nipoti pensava al pezzo di cioccolata da dare loro, a ringraziare per essere passati a salutarla. A noi rimane la gioia di averla conosciuta, di averla incontrata ed i suoi tanti spaccati di vita, ai quali ho potuto attingere, continueranno a segnare lo scorrere dei giorni, della nostra storia. Cara Alfonsina, continua a volare leggiadra in universi limpidi e senza fine, accompagnata dai tuoi cari ai quali desideravi, ardentemente, ricongiungerti. Ciao Cesarina.

Nicola Salvatoriello 23.06.1955 - 02.06.2016

Ci hai lasciato ieri. Un dolore immenso ci pervade, la forza della Tua presenza in noi ci sosterrà ancora, ne sono certo. In tantissimi state manifestando in ogni modo affetto, vicinanza e amore che sappiamo essere la sua diretta promanazione. E' ciò che ci aiuterà a non sentirci soli. Il figlio Edmondo

Donato Sista 17.07.1946 07.08.2016

Giovanna Nesta: 25.06.1934 28.09.2016

Anna Sturchio 17.08.1921 - 17.11.2016

Gerardo Di Masi 27.08.1923 17.10.2016

Antonio Cirodelli morto il 7.11.2016

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Fare

Turismo

Le cantine

Facciata della Ciiesa Madre

La nuova Basilica di San Gerardo

Piazza Dante

Chiesa di San Gerardo - interno

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