SINTI e ROM - Origini, storia e cultura di un popolo sconosciuto

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Sinti e Rom

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SINTI e ROM Origini, storia e cultura di un popolo sconosciuto

Testo di documentazione per il progetto

“Gestione dei Conflitti e cittadinanza attiva” realizzato presso

ISIS Marco Polo e Carlo Cattaneo Cecina (LI) Anno scolastico 2008 - 2009

Progetto realizzato con il sostegno dell’Autorità Regionale per la Partecipazione

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Copyright Laura Calciolari


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Indice

Origini etniche

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Sinti e Rom nel XX secolo

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Lingua

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Cultura

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Musica e danza

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Famiglia e società

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Religione

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I molti nomi degli “zingari”

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Rom e Sinti in Italia

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Bibliografia

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SINTI e ROM Origini, storia e cultura di un popolo sconosciuto

Origini etniche

La loro migrazione inizia intorno all’anno mille quando tra il 1001 e il 1027 il nord della penisola indiana viene attaccato dal conquistatore musulmano Mahmud Al Gazni (969 ca.-1030) che mette a ferro e fuoco città e villaggi, costringendo intere comunità alla fuga e tra queste ci sono i Rom. Fino a quel momento i Rom si spostano unicamente per cercare nuovi mercati visto che sono ammaestratori di cavalli, musicisti, giocolieri, saltimbanchi e allevatori. Dal nome di questo violento conquistatore, Gazni, deriva il termine "Gagi" (o Gagè) col quale i Rom definiscono tutti coloro che non appartengono alla loro comunità Una volta giunta a Bisanzio, la gente delle carovane è confusa con la setta eretica degli athsingani e per questo emarginata e costretta alla fuga. I Rom e gli athsingani, detti «intoccabili», hanno infatti in comune la prassi di evitare il contatto con i membri delle altre comunità, ma è la comune conoscenza delle arti divinatorie che crea la sovrapposizione. Il che, se può sembrare poco importante, ha un valore storico fondamentale. Dalla parola athsingano deriverà la parola «zingaro» che nel corso dei secoli diventa emblema di discriminazione. Tanto che la comunità romani la rifiuta per autodefinirsi, preferendo il termine rom che vuol dire «uomo». Così dopo la svolta del Mille, le strade d'Europa si trovarono percorse da genti varie, mercanti e pellegrini, vagabondi e soldati, e sulle sponde del Mediterraneo orientale appare anche un popolo mai visto prima in Europa. Parlavano una lingua mai udita e praticavano la divinazione, leggendo la mano e predicendo il futuro. Ma forse ciò che più inquietava era la loro abilità nel lavorare i metalli. Storicamente i fabbri e i calderai sono sempre stati considerati reietti o maghi, temuti o segregati, ma

Le origini dei popoli Sinti e Rom sono antichissime. E’ ormai dimostrato che esistono molti elementi comuni con la cultura, la civiltà e le lingue dravidiche, cioè di quelle popolazioni che, arrivate in India prima del 3500 a.C., si stabilirono nelle regioni del Deccan e del Punjab e fondarono la città di Harappa1 insieme a quella civiltà urbana di circa mille anni precedente l'invasione degli arii2. Nella cultura dei Rom e dei Sinti si incrociano molti influssi, a cominciare dalla cultura dei Veda.3

I progenitori degli attuali Rom, Sinti, Kalé, Manouche e Romnichals, i vari gruppi etnico-identitari in cui si suddividono le comunità nomadi, provengono dall’India. Discendono da un’antichissima popolazione di origine indo-ariana, i domba (da cui dom, la cui pronuncia palatale ha prodotto il termine Rom). 1

Hara è uno dei nomi del dio Siva Popolo di lingua e provenienza indo-iranica (antica Mesopotamia) 3 Testi religiosi degli arii immigrati in India. 2

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questi migranti vivevano ai margini della società, sempre sul piede di partenza con i loro carri e le loro tende, e non si fermavano mai a lungo nello stesso posto. Il loro arrivo in Europa è documentato intorno al 1417, e un decennio più tardi, nel 1427, sono segnalati a Parigi degli zingari guidati da capi che si facevano chiamare duchi e voivodi. Infatti, per essere ben accolti, dicevano di essere dei pellegrini provenienti dal piccolo Egitto (regione del Peloponneso) e da qui si ritiene abbia origine il nome di gitani (trasformazione di «egiziani») a loro attribuito in seguito all’equivoco sorto circa la provenienza. Agli inizi del XV secolo gruppi di zingari arrivarono, come testimoniano le cronache del tempo, nell'Europa dell'Est. Nacquero allora tra le popolazioni locali molte leggende sulla provenienza di questi nomadi, alla cui creazione contribuirono le loro caratteristiche somatiche: capelli molto scuri e pelle olivastra, la pratica della decorazione della pelle e dei tatuaggi, il modo di abbigliarsi e di ornarsi.

ra, in seguito i Balcani (dove vennero ridotti in schiavitù) e tanti altri paesi, popolando anche le Americhe.

Vlad III Tepes, principe di Valacchia (1431-1476) Al momento del loro ingresso in Europa, i Rom vengono accolti con grande stupore, ma tale slancio lascia ben presto il posto al timore, e il rifiuto si trasforma in persecuzione. Ad acuire l'odio verso i Rom, quantomeno in Italia, fu senza dubbio la Chiesa Cattolica con la sola eccezione di papa Martino V (Ottone Colonna, papa dal 1417 e fino alla morte nel 1431). Tra il 1483 e il 1785, il 37,6% dei bandi contro la comunità romani è ad opera del papato. Primato che non trova eguali in nessuno degli Stati europei.4 Nel mirino degli stanziali sono innanzitutto le attività che i Rom svolgono. L'indubbia capacità di lavorare metalli, produrre utensili e creare gioielli è avversata da commercianti e artigiani. Da questo momento gli Stati europei adottano formule repressive per arginare il radicamento dei “figli del vento”, costringendoli a muovere continuamente verso nuove mete. La Santa Inquisizione costringe al rogo centinaia di donne rom accusate di stregoneria e contatti col demonio, mentre gli uomini finiscono sul

L'arrivo in Italia è attestato all'inizio del XV secolo. Il percorso che le carovane compiono per giungere nella nostra Penisola è lungo e complesso. Dalla Grecia passano attraverso i territori della Ex Jugoslavia e tramite il Friuli scendono nel nostro Paese. Qui trovano un potente protettore: il pontefice Martino V che rilascia loro un importante salvacondotto in cui sono dichiarati pellegrini penitenti alla ricerca di protezione. Presto percorrono tutta l’Europa, prima Francia e Italia, poi Spagna e Inghilter-

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Questo atteggiamento con il tempo si mitigherà e La Chiesa Cattolica ‘riconoscerà’ il popolo degli ‘zingari’ ad opera di Giovanni Paolo II in occasione delle celebrazioni per il Giubileo dell’anno 2000.

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patibolo per la loro abilità nella lavorazione dei metalli, anch'essa emanazione della potenza diabolica.

mente i Rom-Sinti e di farne cittadini come tutti gli altri, li spogliava di tutte le loro tradizioni, cioè senza espulsione né genocidio, tendeva ad annullarli come popolo (politica dell’inclusione). I provvedimenti dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria5, di Federico II di Prussia e dell'imperatrice Caterina II di Russia, mirarono ad assimilarli alla popolazione locale con mezzi coercitivi, anche se dettati da idee filantropiche e illuminate: la forzata sedentarizzazione, l'abbandono dei loro usi, costumi, linguaggio e persino del loro nome, per cancellare per sempre la loro entità etnica ed eliminare qualsiasi elemento di distinzione dal resto della popolazione.

Tra i capi d'accusa rivolti ai Rom-Sinti, che sono stati all'origine della loro cacciata da quasi tutti gli stati europei, ci fu perfino quello di antropofagia. Ma già prima, nel 1482, in Ungheria, l'accusa di cannibalismo costò la vita a 200 RomSinti. A partire dal primo provvedimento emanato in Spagna nel 1492 che condannava all'esilio mori, ebrei e RomSinti, cominciò lo stillicidio di leggi e decreti dei sovrani europei impegnati a cacciarli dai propri territori con la minaccia di tremende punizioni: tratto di corda, fustigazione, perforazione delle narici, amputazione delle orecchie, marchio a fuoco, galera e impiccagione. L'unico paese che si dimostrò abbastanza clemente con la popolazione Rom e Sinta fu la Russia, dove, a metà del Settecento, essi divennero oggetto di curiosità come lo erano stati al loro arrivo nel resto d'Europa quattro secoli prima. Le cose cominciarono a cambiare solo a partire dalla seconda metà del XVIII secolo, quando il dispotismo illuminato di alcuni sovrani europei ebbe l'ambizione di mettere fine a secoli di persecuzioni. Ma con l'intento di assimilare completa-

Rom valacchi di fine ‘800 Nel caso dell'Austria, l'imperatrice Maria Teresa e suo figlio Giuseppe II decisero di “realizzare la felicità” dei Rom-Sinti, loro malgrado. In Ungheria e in Transilvania, dove vivevano da secoli secondo le loro usanze, dovettero perdere persino il loro nome, chiamandosi non più Rom ma nuovi coloni o nuovi Magiari.

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Regnante dal 1740 al 1780


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Divenuti obbligatoriamente sedentari, erano obbligati ad abbandonare il romanes, esprimendosi solo in ungherese o tedesco; dovevano abitare in case, esercitare mestieri senza mai mendicare, frequentare le chiese e vestirsi come la gente del paese. I figli sarebbero stati allontanati dai genitori per essere educati lontano dalla famiglia. In cambio il governo distribuiva case, bestiame e attrezzi agricoli. Inutile dire che l’iniziativa fallì. Essi non poterono reggere questo tipo di vita e alla fine si rifugiarono in montagna, dove si diedero al brigantaggio, mentre i bambini scappavano per raggiungere i loro genitori. Il governo fu costretto a tornare un po' alla volta a una politica più liberale. Con la liberazione di tutti gli schiavi Rom-Sinti della Romania, avvenuta tra il 1848 e 1856, iniziò una grande emigrazione verso la Russia, la Bulgaria, la Serbia, l'Ungheria, l'Europa centro-occidentale, e anche verso le terre d'oltremare. Già nella prima metà dell'Ottocento aveva avuto inizio una grande migrazione di Rom-Sinti verso gli Stati Uniti, il Messico e l’America latina -in particolare Brasile e Argentina- che andarono ad affiancarsi agli altri Rom-Sinti deportati dall'Europa quali indesiderabili a partire dal primo decennio del 1800.

durante la seconda guerra mondiale, per sfuggire alle persecuzioni naziste. Da sfatare è il mito che siano apolidi. Sono moltissimi i Sinti-Rom italiani per nascita o nazionalizzazione e che, come tali, hanno combattuto nell’esercito italiano durante le due guerre mondiali e prestato il servizio militare di leva. In tutta Europa, durante la seconda guerra mondiale, un gran numero di Sinti e Rom ha combattuto in Francia, Germania, Inghilterra, Belgio, Olanda e Austria, come soldati e come partigiani. Il nazismo riservò ai Rom-Sinti lo stesso trattamento riservato agli Ebrei. Essi furono deportati in campi di concentramento o massacrati nei paesi occupati (politica dell’esclusione). Sebbene ariani puri, secondo l’aberrante logica nazista, si erano imbastarditi con sangue di razze inferiori, come quella slava; il verdetto finale del Centro di Ricerca sulla Ereditarietà di Berlino fu di ‘irrecuperabilità’.

Sinti e Rom nel XX secolo Alle soglie del XX secolo, nonostante espulsioni, messe al bando e deportazioni, li troviamo ancora portatori di un modo di vita proprio, di una lingua propria, di una fiera dignità e profondamente ‘pacifici’. Il rifiuto della guerra come istituzione e il desiderio insopprimibile di mantenere la propria identità e il proprio modo di vivere, inducono i Sinti-Rom a continuare a migrare, a piegarsi in mille modi mai violenti - pur di sopravvivere. Il fenomeno delle migrazioni intercontinentali, che interessò specialmente i Rom di origine balcanica, ebbe punte elevate nella seconda metà dell'Ottocento con l'emancipazione degli schiavi rumeni, poi all’inizio del 1900 dopo la prima guerra mondiale (in seguito allo sfacelo dell'impero austro-ungarico) e in seguito

Provenienza dei Sinti e Rom uccisi nei campi di concentramento. (da: Stichwort Sinti und Roma) Dopo lo scoppio della guerra molti SintiRom, sia tedeschi che europei, furono deportati nei ghetti polacchi e moltissimi furono costretti a lavorare gratuitamente, e in condizioni oltremodo difficili, per le grandi imprese che si erano alleate con le SS nello sfruttamento dell’immenso materiale umano disponibile. Il 16 dicembre 1942 iniziò la fase finale

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del genocidio quando gli zingari europei vennero concentrati ad AuschwitzBirkenau. Lo sterminio dei Sinti-Rom documentati in 261.000 con nomi e cognomi, ma stimati almeno il doppio, iniziò in modo massiccio a partire dal febbraio 1943 per concludersi nell’agosto dell’anno seguente realizzando il barò porrajmos (in lingua sinta: grande divoramento). Con la fine della seconda guerra mondiale i Rom-Sinti si rimettono in movimento. Nel dopoguerra Rom Kalderàsha, Lovara e Curara si sono spostati dalla Ex Jugoslavia, dall’Ungheria e dalla Turchia verso l’Europa occidentale, mentre altri sono affluiti dalla Carelia verso la Finlandia. A partire dagli anni ’50 le Nazioni ospitanti hanno cercato di inquadrarli e di inserirli in programmi di integrazione sociale, culturale e lavorativa, ma senza l’esito sperato. I millenari pregiudizi nei confronti degli zingari e l’identità SintiRom, caratterizzata dal forte desiderio di libertà e indipendenza, li spinse inizialmente a non accettare la sottomissione alle regole dei Gagi che loro reputano controllabili, ricattabili, costretti a lavorare non per vivere ma, dal punto di vista dei Rom-Sinti, per arricchire ricchi e potenti. Questa particolare visione della società è andata di pari passo con il rifiuto della loro presenza sul territorio, come l’azione del mitico oroborus6, dato che dove c’è stata accettazione e apertura essi sono diventati in larga misura ‘stanziali’ e si sono integrati nel tessuto lavorativo e sociale. In Italia dopo la seconda guerra mondiale ai sopravvissuti al porrajmos si presentò, fino a metà degli anni sessanta, l’ultimo periodo di relativa prosperità. L’industrializzazione e la progressione del consumismo, inteso come usa e getta, sottrasse rapidamente ai Sinti-Rom la loro principale fonte di sostentamento derivata dalla lavorazione e riparazione di attrezzi e utensili che si potevano trovare con facilità e costavano meno della riparazione di quelli vecchi. Altri due fattori hanno contribuito alla sottrazione di aree economiche alle tra6

dizionali attività dei Sinti in Italia: il nuovo Codice Tributario entrato in vigore il 1° gennaio 1973 e il diverso modo di vivere e organizzare il divertimento. Da una parte l’entrata in vigore del Codice Tributario impose modulistica e regole che essi non furono in grado di affrontare perché analfabeti e dall’altra il rapido declino dei luna-park, dei piccoli circhi e degli spettacoli itineranti, a vantaggio dei parchi tematici di stile americano, li hanno portati alla marginalità estrema.

Rom ungheresi (1935 circa) Sempre a partire dal dopoguerra e fino alla dissoluzione dell’URSS, i Sinti-Rom hanno vissuto in apparente eguaglianza con le altre popolazioni residenti nei Paesi Balcanici e dell’Est Europa. Il modello sociale, politico ed economico dell’ex Unione Sovietica, con la quasi totale assenza della proprietà privata e la garanzia dei livelli di sussistenza minimi per tutti, offriva loro un ombrello protettivo e ugualizzante. Dopo il crollo del muro di Berlino nel 1989 e la conseguente ripresa dei modelli economici “occidentali” l’integrazio-

Il serpente che si morde la coda.

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ne dei Sinti-Rom in questi Paesi si è progressivamente ridotta fino ad azzerarsi, facendo riaffiorare con prepotenza le disparità e il rifiuto nei loro confronti che darà origine a un’altra grande ondata migratoria verso l’Europa Occidentale e l’Italia. Studi e analisi sociologiche realizzate negli anni ‘90 hanno evidenziato che i Rom-Sinti di questi Paesi sono quelli che maggiormente hanno subito i contraccolpi negativi dovuti al superamento del modello sovietico, sia sotto profilo economico-sociale che identitario. Infatti, nei Paesi d’influenza sovietica, per accedere alle risorse economiche (sussidi) i Rom-Sinti dovettero in parte rinunciare a molti dei loro usi e costumi (come era accaduto anche con l’ imperatrice Maria Teresa) e spesso anche alla loro lingua, realizzando un progressivo affievolimento della loro identità culturale ed etnica. Attualmente i Rom e i Sinti italiani ed europei si trovano nella posizione più difficile che abbiano mai vissuto dal loro ingresso in Europa. Oltre ad essere da sempre mal tollerati, mal sopportati e discriminati dai residenti nei Paesi ospitanti, ora sono di fatto costretti alla convivenza forzata con i nuovi immigrati “Rom”, anche violenti, dai quali si sentono minacciati e derisi per il loro stato di indigenza. Nascono da queste situazioni le sempre più frequenti richieste dei Sinti-Rom italiani di vivere in aree di proprietà, dove sono riunite le famiglie allargate, i clan. Questa tipologia abitativa –acquisto e residenza su terreni agricoli– però è andata in crisi con l’entrata in vigore del Testo Unico n.380/2001 e delle conseguenti leggi regionali che definiscono la roulotte un abuso edilizio. La realtà dei Sinti-Rom non è una peculiarità italiana ma è di rilevanza comunitaria, tant’è vero che in questi ultimi anni l’Unione Europea, il Consiglio d’Europa e altre istituzioni internazionali sono intervenute sulle problematiche vissute da Sinti e Rom, dando origine, ad esempio, alla Raccomandazione 1557/2002 e la conseguente Risoluzione del Parlamento Europeo del 28 aprile 2005, sulle Minoranze Etniche, che ad oggi non hanno ancora trovato applicazione in Italia.

Lingua E’ importante fare un accenno al loro linguaggio, al loro modo di esprimersi, prima di parlare della loro lingua. Il loro linguaggio non rivela mai note aggressive e solo raramente è appassionato. Il loro è un discorrere simile ad una lenta passeggiata che consente di osservare ciò che sta intorno, così sono le loro risposte: nè categoriche, nè assolute, e anche quando sono completamente d’accordo, pur annuendo con il capo, le loro parole sono sempre sommesse, come i loro pareri, ed esprimono possibilità diverse da quelle del loro punto di vista. Parlano in prima persona, non generalizzano, parlano solo di ciò che conoscono direttamente, non giudicano, non condannano, non criticano. Non dicono “io al suo posto avrei fatto o detto” perché loro non sono l’altro. Hanno un pensiero lineare che non esclude nessuno, ma che è formato sull’esperienza personale diretta. Dicono che nessuno può sapere qual è il ramo secco della foresta che uno ha dentro e quindi ognuno può solo ascoltare e capire per cercare di non fare lo stesso errore dell’altro, ma non si può giudicarlo. Allo stesso modo il silenzio è giudicato una grande medicina, una sorta di oasi rinfrancante. E’ quindi comprensibile che rom e sinti evitino con cura di far trasparire il dolore, la paura e la contrarietà. La lingua dei Sinti-Rom è costituita da una molteplicità di dialetti affini tra loro ma allo stesso tempo molto diversi per lessico, fonetica e morfologia. L’affinità tra questa lingua e alcune lingue neoindiane fu dimostrata verso la fine del 1700 da due studiosi tedeschi, Grellmann e Rüdiger, e dall’inglese J. Briant. In epoca più recente l’inglese Bernard Gilliat-Smith tentò una classificazione della lingua in due branche principali: i dialetti vlax (gruppo danubiano-balcanico) e non-vlax. I primi influenzati dal rumeno soprattutto a livello lessicale (kalderaš, lovara, curara ed altri), i secondi, parlati dai Sinti, dai Rom italiani (centro-meridionali), Manouches, Zingari finlandesi ed altri. Da queste due suddivisioni rimangono escluse le parlate kalè

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dei Gitani e l’anglo-romani, che rappresentano una sintesi tra la lingua in uso nei paesi ospitanti ed il substrato lessicale romani.7

cesso di riunificazione linguistica data soprattutto la notevole diversità e le scarse relazioni esistenti tra i vari gruppi che costituiscono il popolo Sinti-Rom. La lingua zingara non fu solo oggetto di studio in passato, ma fu motivo di dure persecuzioni, tra le quali vanno ricordate quelle avvenute in Spagna ai tempi di Filippo IV, il quale riesumando un testo del 1566 che considerava questo idioma come “mezzo di tradimento”, nel 1633 proibì ai Gitani di parlare la loro lingua. La stessa proibizione fu decretata in Ungheria nel 1768 dall’Imperatrice Maria Teresa d’Austria. Negli ultimi vent’anni la lingua sinta parlata in Italia non ha subito alterazioni se non quelle dovute ad una mancata trasmissione alle giovani generazioni che ha portato al conseguente impoverimento linguistico. Inoltre il progressivo abbandono della lingua materna da parte dei Sinti ha determinato un processo di “criptizzazione” della stessa, attualmente considerata uno strumento di difesa e usata come tale: perciò non sorprende la forte reticenza che hanno i Sinti italiani nel divulgarla agli estranei. Va sottolineato che l’impoverimento della lingua romani, ad apparente vantaggio della lingua italiana, non è indice di maggiore integrazione, bensì è il sintomo di un malessere e di una rassegnazione difficilmente arginabili, dovuti ad una profonda crisi di “identificazione etnica” che rende sempre più difficoltosi gli sforzi per la loro integrazione. E certamente non gioverà alla loro integrazione il fatto che la legge per la tutela delle minoranze linguistiche (L.169 del 1998) approvata dopo tre diverse legislature, dove si è discusso di tale materia, abbia escluso la lingua Romani, che pure era citata nel testo originario. Ad oggi la tutela è limitata a 12 lingue: friulano, sardo, albanese, germanico, catalano, greco, sloveno, croato, francese, franco-provenzale, ladino, occitano.

Tuttavia, gli studi degli ultimi vent’anni hanno rilevato tali e tante difformità linguistiche, non solo tra i Rom-Sinti europei ma anche tra i vari gruppi italiani, da far cadere in disuso la suddivisione tra vlax e non-vlax. Il lessico che i Sinti-Rom acquisirono nel corso delle migrazioni dall’India verso l’Europa in parte ha integrato e in parte sostituito il precedente. La lingua romani si è arricchta di termini persiani, greci, armeni e slavi. La diaspora più consistente, che ebbe come diretta conseguenza una rapida diversificazione dei dialetti, avvenne intorno al 1350 a partire dalla regione balcanica.

Cortès, il più famoso danzatore di flamenco, è stato rappresentante dei Sinti-Rom al Parlamento Europeo nel 2006.

Cultura

La lingua romani più di ogni altra costituisce un sistema soggetto a continui e incessanti mutamenti ed allo stato attuale riesce difficile pensare ad un pro-

La situazione dei Sinti-Rom sul piano socio-politico è del tutto particolare e riflette quella “ambivalenza del loro status etnico” che è alla base della loro originalissima cultura. Da una parte gli Zingari

Sergio Franzese “Grammatica Sinta” Edizioni O’ Vurdòn, 2002 7

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formano un gruppo minoritario all’interno del paese nel quale si trovano; e dall’altra costituiscono un vero popolo, senza un proprio territorio ma con caratteri culturali comuni che li qualificano come “minoranza transnazionale”.

dei "figli del vento", come loro si definiscono. Per molti secoli i Sinti e i Rom non hanno conosciuto la scuola, imparavano vivendo in famiglia e nel clan. In questo modo imparavano tutto ciò che era utile ed importante per sopravvivere. I giovani conoscevano la storia del loro popolo dai racconti dei vecchi, che tramandavano solo oralmente la cultura, e nello stesso modo imparavano arti e mestieri. Questo modo di apprendere ha iniziato ad entrare in crisi negli ultimi due secoli, dopo che la rivoluzione industriale ha imposto nuovi modelli economici e culturali. Il fatto di essere analfabeti, per esempio, ha creato loro non pochi problemi nel momento in cui hanno dovuto avere rapporti con la burocrazia dei vari Stati perché anche il solo attraversare un confine diventa un grosso problema per chi non sa leggere e scrivere. Questa cultura, già molto differenziata tra i diversi gruppi, ha perso molti dei suoi tratti tipici nell'ultimo secolo a causa dell’imposizione della cultura dei Gagi basata sulla tecnologia e sulle comunicazioni. Nelle case, ma anche nelle roulotte, nelle baracche e nelle tende abitate dagli zingari, è sempre più facile trovare un televisore e sempre più facilmente le tradizioni, gli usi ed i costumi di questo popolo scompaiono di fronte ai nuovi modelli di vita che l’attuale società dei consumi impone a loro come a noi.

Il vessillo dei Rom-Sinti europei: in alto il cielo azzurro, in basso l’erba verde e al centro la ruota rossa a 16 raggi del “vurdòn” (il tipico carrozzone di inizio secolo) In conseguenza di questo fatto ogni zingaro è membro dello stato di cui è cittadino, ma nello stesso tempo è portatore di una cultura che travalica i confini di quello stato. E’, insomma, per fare qualche esempio: italiano e rom, francese e sinto, spagnolo e gitano, americano e zingaro. Come abbiamo visto le migrazioni si sono realizzate in tempi e con itinerari diversi, perciò è difficile parlare di un'unica cultura dei tanti gruppi Rom e Sinti. Gli elementi comuni a tutti non sono molti poiché nelle loro secolari migrazioni sono entrati in stretto contatto con molti altri popoli assumendone in parte usi e costumi. Elementi culturali comuni sono: il forte senso di indipendenza, la famiglia, la vita (considerata più importante di qualsiasi idea o valore), il rifiuto della guerra, l'autorità paterna, il ruolo subordinato della donna, l'amore per la musica e la danza, il senso del magico. Poiché fino all'inizio del XX secolo, né il Romani né i vari dialetti della lingua Sinti e Rom sono stati usati in testi scritti, il lavoro di ricostruzione organica della loro cultura è complicato e deve rifarsi alla sola tradizione orale; risulta perciò molto difficoltoso conoscere origini, cultura, miti, leggende, religione, arti e mestieri

Musica e danza La musica e la danza hanno sempre avuto grande importanza nella cultura dei Sinti-Rom, con la doppia valenza di elemento unificatore e distintivo dei vari gruppi etnici. Gli strumenti musicali più utilizzati sono quelli che per dimensioni e maneggevolezza si prestano ad essere trasportati: violini, viole, balalaike, pifferi, flauti verticali, clarini, chitarre, organetti e tamburelli, ma anche contrabbassi, cembali e arpe. I ritmi e gli strumenti utilizzati per il canto e la danza mutano a seconda delle etnìe e dei clan, con la sola eccezione dei gitani spagnoli che, con il flamenco, utilizzano canoni musicali immutati da oltre due secoli.

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Sinti e Rom fatti, sono resi ancor più complessi da ripetuti intrecci e da passi rapidi. Famiglia e società La famiglia costituisce per Sinti e Rom l'elemento fondamentale della loro vita sociale. Il vincolo con la famiglia e con il clan cui appartengono è molto forte perché sono solo queste istituzioni a garantire la loro protezione e sicurezza. Questa istituzione risulta per i Sinti-Rom più importante di quanto lo sia per i gagi, infatti la famiglia si deve occupare anche di quelle funzioni che nella nostra società sono affidate ad altre istituzioni, come la scuola, l'amministrazione pubblica, lo stato. Per loro non ha nessun senso parlare, per esempio, di ospizi o case di riposo per i vecchi; nessuno abbandonerebbe mai una persona anziana che è membro della famiglia a tutti gli effetti. Per loro, inoltre, una famiglia numerosa è una grande fortuna. I diversi gruppi presentano una notevole varietà ed eterogeneità di elementi sociali dovuti per lo più alla diversità del vissuto storico di ogni gruppo. I segni più evidenti sono i nomi (Harvati, Kalderasa, Ursari…) sotto i quali gli individui si raggruppano e che hanno la funzione essenziale di identificazione e di riconoscimento. La loro società non è affatto immobile e fissa, come potrebbe sembrare, ma è in continuo movimento alla ricerca di sempre nuovi equilibri. La tradizione di cambiamento e di rinnovamento che hanno sviluppato nel corso dei secoli ha permesso e permette oggi una relativa stabilità. Si tratta di una società patrilineare9 basata su un sistema egualitario in cui i rapporti fra le persone sono caratterizzati dai semplici concetti di "dare", "avere" e "ricambiare"; non esistono classi sociali, e i rapporti sono di tipo orizzontale. I valori centrali, comuni a tutti i gruppi, sono la solidarietà, la reciprocità fra i

Danza tzigana (festa di matrimonio,1973) I gruppi di Rom-Sinti che hanno avuto contatti prolungati con le popolazioni tedesche, polacche e russe, hanno subìto la forte influenza dei ritmi e delle musiche klezmer, ebraiche, armene e russe, creando un tipo di musica che a volte si distingue con difficoltà da quelle tradizionali di questi popoli. Le danze rappresentano un momento di grande socialità, forse l’unico, durante il quale uomini, donne e bambini possono stare liberamente insieme senza distinzione di clan. Le danze tradizionali più antiche, con una forte identità etnica e ben riconoscibili sono tuttora portate in tournée e sono principalmente tre: Kolo serbo, facilmente riconoscibile per la gioiosità, entusiasmo e precisione dei passi di danza. I movimenti sono complessi e ritmati, con repentini cambi di direzione ma non associabili al fraseggio musicale. Hora rumena è la danza più diffusa nelle valli del Danubio, nei Carpazi e in Romania. Questa danza in cerchio, tenendosi per mano, è capace di coinvolgere interi villaggi per ore. Meno praticata è la variante della Hora rumena a coppie che è di provenienza alpina. Horo bulgaro è una danza solenne e non ha tracce della gioiosità che caratterizza le prime due. Probabilmente ciò è dovuto alla lunga oppressione ottomana che ha lasciato segni evidenti di contaminazione derviscia8. I ritmi serrati, in-

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Dervisci: membri di confraternite mistiche sorte nel mondo islamico nel XII secolo che cercavano il raggiungimento dell'estasi attraverso il ruolo potentissimo della danza (dervisci rotanti) su musiche

molto ritmate e ipnotiche (flauto verticale, timpani e piatti di rame). 9 I diritti di successione e le eredità passano solo attraverso i maschi.

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membri, il rispetto, l'amicizia, la sacralità della vita, l'amore per la natura. Uno dei concetti chiave della cultura zingara è la pace: pace all'interno della comunità, pace fra i popoli di diverse nazionalità (sono sempre stati contrari a qualsiasi guerra e sono l’unico popolo che non ha mai combattuto una guerra), pace nella famiglia, e ricorrono alla violenza solo in casi rarissimi. La caratteristica principale della loro visione della vita e organizzazione sociale è la percezione dualistica del mondo. Una di queste è la dualità puro-impuro (susìpé-mellipé): sono puri i comportamenti e le azioni che onorano un individuo, quali il rispetto, la cordialità, l'igiene personale. Impuri sono i comportamenti disonorevoli come l'indecenza, l'impudicizia, l'adulterio, l'omicidio. Molta attenzione viene data al corpo: sono pure le parti interne, mentre sono impure quelle esterne, come la pelle e i capelli.

deve passare un periodo di isolamento in casa dopo il parto. La purezza fisica è molto importante perché sottende la purezza morale e influisce sullo status sociale. I gruppi di Rom che non rispettano tali regole sono considerati ‘indesiderabili’ e vengono banditi dall’accampamento. Questi in seguito si aggregheranno con altri fuoriusciti e condivideranno un degrado crescente stabilendosi in aree dove la qualità della vita diventa insostenibile. Sono questi i “campi nomadi” che associamo di solito agli “zingari” e che sono il risultato dell’incapacità del capofamiglia di provvedere economicamente al sostentamento dei familiari. A questo punto inizia un circolo vizioso dal quale è difficile uscire: la mancanza di risorse porta alla mancanza di vita sociale (per loro indispensabile), alla depressione profonda, alla crisi di identità e infine all’alcolismo che a sua volta impedisce di riuscire a trovare lavoro e così si ricomincia a bere… Anche lo spazio è molto importante: l'est è puro perché è il luogo dove sorge il sole, dove nascono il calore e la luce; l'ovest è impuro poiché è il regno degli spiriti. Il giorno è puro, la notte è impura. Un'altra grande dualità è rappresentata dai concetti di onore (che si raggiunge con il prestigio) e di vergogna. Elemento fondamentale di prestigio è la virilità. L'onore personale e della propria famiglia è mantenuto attraverso un comportamento irreprensibile (rispetto, cordialità, convivialità, solidarietà, ospitalità), e attraverso una profonda conoscenza della tradizione; ne consegue che gli uomini anziani sono quelli dotati di maggior prestigio. L'uomo di prestigio (barò rom) deve saper badare alla propria famiglia, senza farle mancare niente. Il timore di perdere la faccia di fronte agli altri (e quindi la vergogna) lo impegna in un'aspra competizione. Ciò comporta un altro dualismo: da una parte la fortissima solidarietà tra tutti i membri del gruppo, dall'altra, tensioni e rivalità per la ricerca del prestigio che viene messo in atto un complesso sistema di doni e controdoni per accaparrarsi le simpatie degli altri individui.

A.Modigliani – Donna zingara con bambino Le parti superiori, come testa e bocca sono pure, mentre i genitali ed i piedi sono impuri. La donna ha il potere di contaminare l'uomo perché, a causa del parto, la sua sessualità è impura, mentre la sessualità maschile è pura in quanto segno di fertilità. Così la donna per mantenersi pura, non deve esporre il proprio corpo, deve avere un abbigliamento che la scopra il meno possibile,

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L'eccessiva ostentazione di ricchezza e di generosità però dà luogo a derisione e disprezzo: questo è un modo per mantenere la competizione entro limiti socialmente accettati. Per evitare che l'uomo di maggior prestigio del gruppo assuma comportamenti eccessivamente autoritari e dispotici, ci si affida all'importanza del consenso sociale: il responsabile del gruppo non può esserlo senza il consenso della comunità e deve giungere a questo ruolo per designazione degli altri; e benché responsabile di una grande famiglia, magari quella più numerosa della comunità, non può essere considerato rappresentante di altre famiglie, perciò esistono più responsabili e non un solo capo.

bendi; tuttavia è sempre la comunità che ratifica l'unione con la sua approvazione. All'interno della famiglia i ruoli della donna e dell'uomo sono stabiliti rigidamente: l'uomo si occupa della sfera pubblica, delle attività socialmente rilevanti; stare in casa è segno di mollezza e debolezza. La donna deve occuparsi della vita domestica e il suo prestigio è determinato dalle attività di moglie e madre; per evitare che possa compromettere l'onore della famiglia (per esempio con il tradimento) è sottoposta al controllo ferreo, prima del padre e poi del marito, e questo spiega l’assenza totale della prostituzione tra i Sinti e i Rom. Nella famiglia inoltre riveste grande importanza l'uomo anziano (phuro): in quanto capofamiglia, protegge l'onore e il prestigio, prende le decisioni importanti sul futuro dei figli; la sua autorità non è coercitiva ma la sua autorità morale è tenuta in grande considerazione. I figli costituiscono la massima ambizione per i genitori: la nascita è l'evento che finalizza il matrimonio, soprattutto se si tratta di figli maschi. Con la nascita di un figlio maschio, infatti, la donna diventa una "romni", cioè una donna a tutti gli effetti, mentre il marito diventa "rom", cioè uomo. L'educazione dei figli è collettiva, assicurata da tutta la famiglia; non c'è separazione fra il mondo del bambino e quello degli adulti: sono in continuo contatto fisico e sociale. Il bambino ha tre tipi di educatori: gli anziani, i genitori e i fratelli maggiori. Il bambino apprende per immersione nella famiglia: l'esperienza, l'iniziativa personale, la responsabilità sono continuamente sollecitate; i bambini vivono in assoluta libertà, crescendo imparano le restrizioni morali a cui dovranno sottoporsi nel corso della loro vita. La libertà di cui godono non è mancanza di controllo, in quanto il controllo è globale da parte del gruppo, ma si tratta di un'educazione all'indipendenza, alla responsabilità e all'autonomia. Questo tipo di educazione spiega l'avversione dei Sinti-Rom verso la scolarizzazione dei propri figli perché nelle ore che sono lontani il “gruppo” non ha il

Famiglia Sinta del Friuli (1921) Fulcro della società è la famiglia (familije), non solo quella coniugale, ma soprattutto la famiglia estesa (clan). L'appartenenza è profondamente sentita; significa sentirsi parte di un complesso di valori etici vincolanti e così l'individuo esiste perché dotato di un'identità sociale determinata dalla famiglia di appartenenza. Il punto di forza della famiglia estesa è la solidarietà, la protezione morale, il sostegno psicologico e materiale, la condivisione di tutte le risorse, ed essere esclusi dalla famiglia costituisce inoltre una vera e propria morte sociale. Il matrimonio (biav) conferisce prestigio sociale, ed è quindi un dovere perché garantisce la sopravvivenza della famiglia anche se i ruoli non sono paritari: la donna, infatti, non può imporre nessun comportamento al marito. I matrimoni possono essere legali o di fatto, ma sono per lo più combinati dai genitori dei nu-

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controllo su di loro, sul loro comportamento e su ciò che viene loro insegnato, non tanto dal punto di vista culturale (matematica, scienze, storia, geografia) quanto da quello dei “valori”. Il sistema di mantenimento dell'ordine sociale è costituito da un insieme di leggi morali tramandate oralmente che regolano la convivenza. L'efficacia di questo sistema giuridico dipende dal consenso sociale. Non adeguarsi a queste norme significa in molti casi non solo essere esclusi ma addirittura espulsi dalla comunità. Esiste una specie di corte di giustizia (kris) che regolamenta le controversie che turbano l'ordine sociale e indeboliscono la comunità: gli uomini che ne fanno parte sono scelti in funzione della loro reputazione e della loro rispettabilità ed esprimono il pensiero della collettività. L'aspetto "comunitario" si manifesta anche attraverso le sanzioni: qualunque sia il tipo di sanzione inflitta al colpevole, da una parte la sanzione colpisce tutta la famiglia, perché la responsabilità è collettiva, e dall'altra è una sanzione innanzitutto sociale, accompagnata dalla riprovazione della comunità intera. Il potere della kris è innanzitutto di coesione sociale: senza il consenso del gruppo la punizione non avrebbe più senso in quanto non esiste nessun individuo incaricato di esercitare il potere. Per quanto riguarda il lavoro tutti i mestieri sono concepiti come se si trattasse di una vendita,di beni o servizi a clienti Gagi: l'aspetto del negoziare è sempre presente in tutte le loro attività. Quello che li caratterizza nell'esercizio delle loro attività economiche è la polivalenza: a seconda del luogo, del momento, dell'occasione, sviluppano differenti attività e questa disposizione rende l'organizzazione economica dinamica e adattabile alle risorse offerte nel luogo. Un'altra caratteristica dei mestieri dei Rom e Sinti è quella di essere creativi: nel corso della storia hanno sempre saputo sfruttare alla perfezione le loro abilità manuali, diventando ottimi professionisti. Il lavoro è ritenuto una necessità; il Sinto-Rom lavora per il sostentamento, non per arricchirsi: il lavoro deve togliere

meno tempo possibile agli affari sociali. Oggi la loro situazione economica va peggiorando: le risorse da sfruttare sono sempre più limitate, la differenza fra gruppi familiari poveri e ricchi diviene sempre più marcata e la disoccupazione diventa dilagante così come la dipendenza dai servizi sociali. Religione Non esiste una religione tipicamente Rom-Sinta, ma esistono diverse religioni che diventate prevalenti a seconda del paese di stabilizzazione. Inizialmente, adattarsi agli usi religiosi del luogo, era un modo per evitare le persecuzioni, ma nonostante questo, le diverse Chiese li hanno sempre esclusi, anzi hanno dato spesso un forte contributo alle loro persecuzioni.

Processione a Les-Saintes-Maries-de-la-Mer Camargue, Francia

Buona parte delle credenze e dei rituali cristiani sono stati assorbiti nel complesso culturale sinto-rom. È il caso del culto di certi santi, che non sono santi zingari, ma che determinano pratiche religiose e sociali, trasformate dalla cultura. È il caso della devozione che molti hanno per la Madonna. Nella società zingara, il sacro è sempre presente nel quotidiano e il quotidiano fa sempre riferimento in qualche modo al sacro. I pellegrinaggi costituiscono l'aspetto più visibile delle pratiche religiose dei Sinti e Rom: nati come giustificazione ai loro spostamenti, alcuni sono diventati oggi veri e propri pellegrinaggi zingari riconosciuti tali dalle autorità religiose. Negli anni Cinquanta è nato in Francia un movimento pentecostale che si è ampiamente esteso in Europa e che in Italia

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accoglie la stragrande maggioranza dei Sinti. Vi sono poi altri riti religiosi legati al buddismo e all'induismo, praticati quando ancora vivevano in India, ma sono praticamente scomparsi del tutto: ne rimangono solo alcune tracce, come, per esempio, il bruciare tutto ciò che apparteneva al defunto. Secondo la loro tipica visione dualistica, i Sinti-Rom credono nell'esistenza di una forza benefica (Devel)10 e di una forza malefica (Beng); a queste forze, presenti in ogni momento della giornata, sono collegati i concetti di buona (baxt) e cattiva (bibaxt) sorte. I Rom-Sinti sono molto superstiziosi e fatalisti e pensano che gli eventi della vita siano regolati dalla fortuna (Devel) intesa come tutto ciò che è desiderato e realizzato con successo.

Molti nomi con i quali vengono chiamati rimandano alla storia di questo popolo. In Francia vengono chiamati Bohemiens, poiché quando gli zingari arrivarono in Francia, poterono esibire un salvacondotto donato loro dall'Imperatore Sigismondo (1368-1437) che era anche re di Boemia. In Spagna vengono chiamati anche Ungaros riferendosi al loro lungo soggiorno in terra d'Ungheria. Molti altri termini con i quali vengono chiamati gli zingari rimandano sia ad una errata identificazione con esiliati egiziani che a causa della loro fede religiosa erano stati cacciati dall'Egitto e assimilati a quelli provenienti dal Piccolo Egitto (Peloponneso). Gitani, Gitans, Gypsies, Yeftos, sono tutti nomi che si rifanno a questa leggenda. Spesso anche il modo di vivere ha determinato il loro nome. E' questo il caso del termine italiano nomadi con il quale vengono chiamati gli zingari e in Sicilia si usa ancora il nome camminanti. Questi appellativi generalizzano la caratteristica di non avere una dimora fissa, anche se esistono molti nomadi stanziali. I nomi Zingari, Zigeuner, Tsiganes, sono i più diffusi in Europa, tuttavia questo termine ha in tutte le lingue una connotazione negativa. Il termine che gli zingari usano maggiormente per definirsi è Rom (al plurale: Rom, Roma). É questo il nome che ormai usano per designare tutto il loro popolo anche se i Rom che nel tardo medioevo (XIV-XV secolo) nelle loro migrazioni arrivarono in Occidente (Germania, Austria, Boemia, Slovenia ed Italia del Nord) preferiscono essere chiamati Sinti. Questo nome deriva da Sindh: la regione del Pakistan occidentale, attraversata dal fiume Indo, dalla quale erano partiti. I nomadi che invece sono arrivati più tardi, per esempio, dalla seconda metà del XIX secolo in poi e negli ultimi anni, provenienti dalla ex Jugoslavia si sono stabiliti soprattutto nell'Europa del Sud e dell'Est – cioè la gran parte dei nomadi europei - si definiscono Rom. Le eccezioni però sono molte e possiamo segnalare, ad esempio, che gli zingari dell'Iran non conoscono e quindi non usano il nome Rom, quelli di Spagna preferiscono chiamarsi Kalo (plurale: Kale)

Spiriti buoni o cattivi intervengono continuamente nella vita degli uomini. Ancor di più ascoltando i racconti dei vecchi zingari si sente spesso parlare di esseri demoniaci (Nivasha, Phuvasha...), di streghe, di spiriti dei morti (Cohane), o di spiriti benigni. Anche loro, come gli induisti o i buddisti, credono nella metempsicosi, credono cioè che l'anima di un essere umano nel momento della morte si trasferisca in un oggetto, in un animale o in un uomo. Hanno un grande rispetto per il defunto, tant'è che giurare sui propri morti è segno di assoluta credibilità e sincerità. modo sincero. I molti nomi degli “zingari”

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In lingua Romani significa Dio e deriva dal termine indiano-sanscrito Deva.

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e quelli dell'Armenia usano per se stessi il termine Lom. Il popolo dei Rom che per molto tempo ha abitato le regioni dei Balcani, usa inoltre chiamarsi con altri nomi che ricordano il lavoro che facevano in quelle regioni. Così troviamo i nomi Lovara, dalla radice linguistica ungherese lov che significa cavallo e che ci ricorda che erano allevatori di cavalli, e Kalderaš (o Kaldaras), dal vocabolo tardo latino caldaria usato in Romania che significa paiolo; molti zingari infatti lavoravano come fabbri il rame e il ferro.

sovo-Polje nel 1392, sono il gruppo più legato alla tradizione romanì conservando intatto l'uso dell'idioma romani. Il loro mestiere tradizionale è l'allevamento e il commercio dei cavalli e, nel caso delle donne la chiromanzia (romnìa). Rom napulengre (napoletani) Vivono in comunità tutto intorno a Napoli. Fino a trent’ anni fa erano ben inseriti nell'economia campana al punto da gestire, quasi esclusivamente, la fabbricazione di arnesi per la pesca. Esperti di intrattenimento, hanno praticato per secoli lo spettacolo ambulante. Rom cilentani Stanziati da secoli in diversi centri del basso Salernitano. Circa 800 rom si trovano ad Eboli dove alcune donne hanno raggiunto alti livelli di scolarizzazione, fino alla laurea. Rom lucani Anche loro in passato erano allevatori di cavalli e artigiani dei metalli. Vivono in tutta la Basilicata con alcune comunità nell'alto cosentino. Sono tra i gruppi più integrati nel sud: una romnì lavora nella segreteria del sindaco di Melfi e il sacrestano di Lauria è un rom. Rom pugliesi A Palo di Bari è segnalata con certezza una delle testimonianze più antiche delle comunità rom in Italia. Hanno un tenore di vita più basso rispetto ai rom lucani. Tra di loro è ancora diffusa la lavorazione del metallo. Rom calabresi Sono i rom più poveri del nostro paese. Presenti in tutte le province calabresi, eccetto Vibo Valentia. Sono diffusissime le baraccopoli. Dopo aver abbandonato il commercio di cavalli e l'attività di fabbri, hanno cominciato a dedicarsi alla rottamazione. Camminanti siciliani Semi-stanziali, sono diffusi anche a Milano, a Roma e a Napoli. Assieme ai rom kalderasha e ai sinti giostrai conservano mestieri antichi come quello di arrotino e ombrellaio. La più grande comunità vive a Noto. Sinti giostrai Assieme ai rom abruzzesi sono tra i più antichi a livello di insediamento e sono diffusi nelle regioni del centro-nord. Data la grande integrazione di questa comunità col territorio, l'utilizzo della lin-

Rom e Sinti in Italia In Italia ci sono circa 160mila Rom: 100mila di cittadinanza italiana, circa 60mila provenienti da paesi dell’Est e dall’ex Jugoslavia. Di questi ultimi un buon numero è arrivato in Italia a seguito della seconda guerra mondiale, ma la maggior parte tra la fine degli anni ‘60 e l'inizio degli anni '70. Gli ultimi sono arrivati dalla Bosnia e dal Kosovo. Sinti e Rom Italiani ed Europei, presenti sul territorio nazionale hanno proprie società, differenti culture e costituiscono vere e proprie Minoranze Nazionali. Si autodefiniscono con diverse caratterizzazioni anche su base regionale, ad esempio: Sinti Lombardi, Rom Abruzzesi, Sinti Eftavagengre, Rom Napulengre, Camminanti Siciliani. Le Minoranze Europee, presenti sul territorio nazionale, si autodefiniscono Rom, Roma e Rrom a seconda della provenienza e con diverse caratterizzazioni anche su base regionale, ad esempio: Roma Kaloperi, Rrom Ursara, Rom Shiftarjia, Rom Rudara. Ad oggi sono presenti in Italia trentuno diverse Minoranze Nazionali ed Europee Sinte e Rom. Le Minoranze Europee provengono essenzialmente da Bosnia, Confederazione Jugoslava, Croazia, Romania, Bulgaria, Polonia e Ungheria. Nel periodo estivo sono presenti Sinti e Rom di nazionalità francese. Rom abruzzesi e molisani Estesi anche nel nord della Campania e della Puglia, nel Lazio e in Umbria. Giunti in Italia al seguito dei profughi arbares’h (albanesi) dopo la battaglia di Ko-

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gua romanì è quasi soppiantato dall'italiano. Hanno ottimi livelli di scolarizzazione e istruzione; sono anche artigiani costruttori di giostre (Brescia e Mantova) e sono molto attivi nella vita sociale e politica: a Mantova c’è un sinto eletto nel consiglio comunale. I Sinti contano oggi circa 30mila unità. Rom Harvati (o Larvati) Il loro gruppo è giunto in Italia dal nord della Ex Jugoslavia, come conseguenza delle due guerre mondiali. Riconosciuti anch'essi cittadini italiani, vivono nel centro nord, principalmente nelle regioni orientali. Insieme al sottogruppo dei Khalderasha, sono l'ultimo gruppo dalle tradizioni seminomadi ancora abili nell'attività della lucidatura e della battitura dei metalli. I gruppi principali di rom stranieri Khorakhané (lettori del corano) e Shiftarija: (albanesi) sono musulmani, prove-

nienti soprattutto dal Kosovo, ma anche dalla Bosnia-Erzegovina, Macedonia e dal Montenegro. Gagikane (di origine serba), Dasikhanè e Kanjarja (di origine serbo-macedone) sono cristiano-ortodossi. Rudari: (intagliatori), cristiani ortodossi di lingua rumena. Bovara: (gli allevatori di cavalli) e Kaloperi (piedi neri): piccoli gruppi provenienti dalla Bosnia. Infine ci sono i Rom romeni: sono il gruppo in maggiore crescita e hanno comunità a Milano, Roma, Napoli, Bologna, Bari, Genova, ma si stanno espandendo anche nel resto d’Italia. A seguito dell’ingresso della Romania nell’Unione Europea, dal 2007 è in corso un afflusso consistente di rom romeni in Italia e negli altri paesi dell'Europa Occidentale in qualità di cittadini europei.

Ringraziamenti Un grazie di cuore a Carlo Berini dell’Istituto di Cultura Sinta, a Sergio Franzese studioso di cultura e lingua romani, e a Maria Teresa Spagna della Provincia di Mantova per il supporto che hanno dato alle mie ricerche, per la documentazione fornita e per la loro grande disponibilità. Un grazie speciale alle comunità Rom e Sinti di Pistoia e Prato per la loro cortesia, pazienza e ospitalità.

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Bibliografia

Letture

Adriano Calocci “Gli zingari, storia di un popolo errante” A Forni Editore, 1889

Carlo Sgorlon, Il calderas, (Romanzo), A.Mondadori, 1988

Massimo Converso “Zigeuner, lo sterminio dimenticato” Sinnos, 1996

Mirella Karpati, Fra i Rom: vita e storie zingare, (Realtà e scuola: proposte di ricerca per la scuola, n. 17), Editrice La Scuola

Françoise Cozannet “Gli zingari, Miti ed usanze religiose” Edizione Jaca Book, 2000

D.H. Lawrence, La vergine e lo zingaro, (racconti tradotti da E. Vittorini), Oscar Mondadori, 1971

Vaux de Foletier “Mille anni di storia degli zingari” Jaca Book, 1990

Autori vari, Romane Krle, Voci zingare, Edizioni Sensibili alle foglie, 1992 Diane Tong, Storie e fiabe degli zingari, Guanda editore

Alaina Lemon “Between Two Fires : Gypsy Performance and Romani Memory from Pushkin to Post-Socialism” Duke University Press, 2000

F. Lazzarato, V. Ongini, Il vampiro riconoscente. Fiabe, leggende e miti della tradizione zingara, Mondadori editore Marie Voriskovà, I quattro fratelli. Fiaba zingara, Sonda editore, (Supertascabili)

Kendrix – Puxon, “Il destino degli zingari” Rizzoli, 1988

D. e L. Williamson, La nascita dell'unicorno e altre leggende dei nomadi scozzesi, Mondadori editore.

Dieter W. Halwachs: "Romani - attempting an introductory overview " Policy Press, 1997

Sitografia

Ian Hancock “The Pariah Syndrome: An Account of Gypsy Slavery and Persecution” Karoma, 1987

www.cultur-e.it www.erc.org

Donald Kenrick “Gypsies from India to the Mediterranean” CRDP, 1993

www.gypsyloresociety.org www.provincia.mantova.it www.sucardrom.eu

Bart McDowell “Gypsies: Wanderers of the World” National Geographic Society, 1970

www.unionromani.org www.vurdon.it

Carla Osella "Zingari profughi" Edizioni Gruppo Abele, 1997 Giorgio Viaggio “ Storia degli zingari in Italia” Anicia, 1997 Krzysztof Wiernicki “ Nomadi per forza – Storia degli Zingari” Rusconi, 1997

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