Intervista a Giovanna Ucci, responsabile degli “Amici della ceramica di Urbino” COME NASCE IL CIRCOLO?
“Amici della ceramica di Urbino” nasce, con questo nome, dopo la morte di Paolo Sgarzini il fondatore e iniziatore della ceramica moderna nella nostra città. Dopo aver lasciato il suo ruolo di professore di ceramica alla Scuola del Libro, decise di dare vita a questo piccolo laboratorio aprendo le sue porte a chiunque fosse appassionato alla ceramica. Io, personalmente sono stata una sua allieva e da quel momento per 24 anni insieme ad altri miei amici ho portato avanti quella sua stessa passione. La sua idea era quella di una scuola, dove lo scopo era, ed è, di riprendere la tradizione della ceramica Urbinate, per poterla ancora condividere con chi la ama e chi ancora non la conosce.
COME RIESCE UNA REALTà COSì PICCOLA A SOPRAVVIVERE E AD ALIMENTARE LA SUA FIAMMA?
La ceramica certamente non paga. Infatti qui dentro non si vende niente. La passione e la forza delle persone che, da 30 anni viengono qui tutti i giorni, sono gli ingredienti delle nostre maioliche. Ci autofinanziamo. Ogni piatto che realizziamo lo paghiamo compreso anche una percentuale per i colori, la cottura e il resto. Siamo ospiti dell’Accademia Raffaello i quali ci chiedono solo le spese per la luce. Queste stanze erano anticamente i vecchi magazzini del palazzo. Pensi che quando c’è brutto tempo ancora si sente l’odore del vino. L’organizzazione è un altro fattore importante del nostro laboratorio. Ognuno ha la sua postazione con le sue cose (pennelli, colori ecc), lo spazio e i materiali comuni vanno rispettati e ogni strumento
va lavato e rimesso al suo posto. Su questa cosa sono molto precisa! COSA SIGNIFICA PER VOI L’ESPERIENZA DELLA CERAMICA?
Fare ceramica è un’esperienza fisica che qui nel circolo si amplifica attraverso la condivisione. Ognuno è libero artisticamente parlando ma molto spesso ci si confronta, si sbaglia insieme e si sperimenta. Ci siamo invecchiati qui dentro. La persona più giovane ha circa 80 anni. È sempre un’avventura, dalla prima cottura, quando il biscotto viene fuori dal forno, per passare agli smalti e ai colori, fino all’ultima infornata. Quando si apre il forno è una meraviglia, io non lo faccio mai da sola. Ogni volta è sempre la prima volta, anche se quella non me la scorderò mai più. Nelle nostre esperienze non dimentichiamo mai la
tradizione. La ricerca del nostro visivo nei vecchi libri d’arte si riflette nelle nostre maioliche. Principalmente ci occupiamo dell’istoriato e della grottesca tipica della pittura di Raffaello. Poi naturalmente ci mettiamo anche del nostro. Non è un ricopiare. Ognuno di noi ci mette la sua mano, la sua pazienza e la sua visione delle cose. Il gioco dei colori è una delle fasi più particolari. Io dico sempre che i colori devono stare prima nella testa poi nel barattolo. Questo perché il colore è una parte della realizzazione di una maiolica molto delicata. I colori che si mescolano sul piatto, non sono gli stessi che poi si possono vedere dopo la cottura. Un esempio: c’è un blu che nel colore in polvere è un viola. Per questo ogni volta è una sorpresa. L’esperienza della ceramica è una cosa che consiglio a tutti. SIETE DELLE PERSONALITÀ MOLTO
DIVERSE E QUESTO SI RIFLETTE NELLE VOSTRE CREAZIONI. LA CERAMICA É UN’ESPERIENZA CHE VI HA MOLTO UNITO ANCHE NELLA VITA?
Naturalmente. Quando eravamo tutti più giovani qui dentro si facevano delle cene con molti invitati proprio perché questo posto è per noi la nostra seconda casa. Da un punto di vista artistico siamo tutti molto diversi, ma umanamente e sentimentalmente viviamo le stesse cose. Io per esempio sono una mano completamente libera mi piace andare fuori dagli schemi, lascio sempre un’imprecisione preferisco dare vita ad un’atmosfera piuttosto che ricreare qualcosa di perfetto. La Germana invece è la precisione fatta persona, è molto meticolosa ed attenta. Le sue maioliche sono dei veri capolavori. Fiorella è padrona del suo visivo, i suoi piatti sono dei collage di grande maestria. Elvira ama il mondo del
pittorico tanto che trasforma le maioliche in veri e propri quadri. Così via Giannino, Beatrice, Paola, Maria Luisa, Rita, Lina e Rosaria. Siamo un bel gruppo di baldi giovani! FORSE BANALE COME DOMANDA E TROPPO RIDUTTIVA. IN BREVE COME AVVIENE LA REALIZZAZIONE DI UNA MAIOLICA?
Sarà difficile ma cercherò di riassumere in breve. Per prima cosa l’argilla, cioè terra più acqua, viene cotta (1° fuoco) ed esce fuori il biscotto, ossia il piatto grezzo che tutti conosciamo. Il piatto viene poi ricoperto da una base di smalto, le cui diverse colorazioni vengono date dai vari ossidi. Successivamente possiamo iniziare a decorare, o con tutti smalti o con i colori in polvere mescolati e sciolti in acqua. Dopo la decorazione il piatto viene ricoperto con della cristallina con un aerografo. Infine la seconda
cottura (2° secondo fuoco). Per alcuni colori più brillanti, ad esempio la Rosa di Pesaro c’è bisogno di una terza cottura. UN ULTIMA DOMANDA. COSA VORREBBE PER IL FUTURO DI QUESTO CIRCOLO?
Bella domanda. La cosa che spero di più è quella di portare avanti lo spirito di questo laboratorio e far conoscere il mondo della ceramica alle nuove generazioni, per far si che la nostra esperienza e la tradizione venga tutelata, come patrimonio non solo artistico ma anche umano.