kanjI kana MajIrI bun STORIA ED EVOLUZIONE DELLA SCRITTURA GIAPPONESE Relatori: Prof. Fuga Giangiorgio Prof.ssa Marino Susanna Tesi a cura di: Laura Sansotera 749620 DESIGN DELLA COMUNICAZIONE A.A. 2011/2012
Indice generale
Indici Indice generale Indice delle figure Indice delle tabelle Indice dei grafici
3 7 10 11
Abstract
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Introduzione
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1. breve SToria delLA SCRITTURA GIAPPONESE 1.1 · Le origini della lingua giapponese 1.2 · Storia della scrittura giapponese
25 28 30 30 33 35 35 37 38 38 39 42 44 48 54
Le origini Il primo testo in giapponese, il Kojiki Il Nihon Shoki Il Man’yōshū
1.3 · L’origine dei sillabari kana Katakana Hiragana Hiragana vs katakana
1.4 · Kanji kana majiri bun Regolamentazione dei kana
1.5 · L’avvento della stampa e le prime riforme 1.6 · Le riforme del dopoguerra 2. dALLA STAMPA AL DIGITALE 2.1 · La “svolta” digitale 2.2 · Conseguenze della scrittura digitale
59 63 65
2.3 · Non solo giapponese: CJKV 2.4 · Non coded character set vs coded character set 2.5 · Set vs encoding 2.6 · Da ASCII a Unicode
67 69 72 73 EBCDIC 73 ISO 2022 74 ISO 8859 (Latin-1) e ISO 8859-15 (o Latin-9) 75 ISO 8859-2 (Latin-2) e ISO 8859-16 (Latin-10) 75 ISO 8859-3 (Latin-3) e ISO 8859-9 (Latin-5) 75 ISO 8859-4 (Latin-4), ISO 8859-10 (Latin-6) e ISO 8859-13 (Latin-7) 76 ISO 8859-5, 6, 7, 8, 11 76 ISO 10646 e Unicode 77 2.7 · Gli standard giapponesi 78 JIS X 0208:1997 78 JIS X 0212-1990 79 JIS X 0213-2004 e JIS X 0213-2004 80 JIS X 0221:2007 80
3. Lo standard Unicode 3.1 · I principi Unicode 3.2 · Descrizione dello standard Unicode
81 84 86 Sistemi notazionali 88 3.3· L’Unificazione Han 89 Forme localizzate 90 3.4 · Limiti ed eccezioni dell’Unificazione Han 91 3.5 · CJKV all’interno di Unicode 92 CJK Unified Ideograms Extensions 92 IICore 92 CJK Compatibility Ideographs 93 I radicali 93 Altri set importanti 93
4. Regole tipografiche 4.1 · Comporre un testo in giapponese: cosa serve? 4.2 · Formato pagina e kihon hanmen 4.3 · Struttura degli ideogrammi e del kihon hanmen Misure tipografiche
4.4 · Scrittura verticale vs scrittura orizzontale Caratteri occidentali e scrittura verticale
4.5 · Ruby e bōten 4.6 · Punteggiatura e simboli
97 100 104 105 108 109 112 114 116
Spazio tipografico 116 Parentesi 116 Virgola 117 Punti di sospensione 117 Punto fermo 118 Punto di separazione 118 Part alternation mark 119 Citazioni 119 Trattino ondulato 119 Due punti, punto esclamativo, punto di domanda… 120 Legature 121 4.7 · Warichū 122 4.8 · Half-width vs full-width (e alternate metrics) 123 4.9 · Punteggiatura e a capo: il kinsoku shori 124 4.10 · Spaziare il testo 126 4.11 · Giustificare il testo 128 4.12 · Classi dei caratteri e appendici 129 4.13 · Metodi di input 131 4.14 · Tastiere giapponesi 134
Riflessioni conclusive
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Appendici Note sulla terminologia Glossario I sillabari kana La tabella gojūon Cronologia
141 143 145 149 149 153
Bibliografia Bibliografia Sitografia & Applicazioni
157 159 163
Abstract
抄 録 Quando si parla di tipografia la prima cosa a cui si pensa è spesso l’alfabeto latino, con tutti i suoi stili. Tuttavia la globalizzazione ha reso necessario confrontarsi anche con altre realtà, come quelle asiatiche, che non ne fanno uso. Scopo di questa tesi è il descrivere le origini e l’evoluzione della scrittura giapponese e come queste abbiano influito sulla sua trasposizione in digitale, dai primi computer all’avvento dello standard Unicode, con particolare attenzione alle regole tipografiche e agli aspetti tecnici più importanti oggi. Talking about typography, the first thing coming to everyone’s mind is the latin alphabet and its styles. However, globalization has made it necessary to face other realities, like asian ones, that doesn’t make use of the alphabet as we know it. This thesis’ aim is to describe the origins and evolution of Japanese writing and how those affected its digital transposition, from the first computers to the advent of Unicode standard, with a keen eye on typographic rules and technical aspects that are in use today.
kanjI kana MajIrI bun STORIA ED EVOLUZIONE DELLA SCRITTURA GIAPPONESE
感 謝
Questa tesi non avrebbe mai visto la luce senza l’aiuto e il sostegno dei miei relatori: il Prof. Fuga, che si è lanciato coraggiosamente con me in un’avventura mai affrontata prima in una tesi in ambito tipografico, e la Prof.ssa Marino, docente di Lingua e letteratura giapponese presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca, che pur non essendo io una studentessa del suo ateneo ha accettato con un entusiasmo inaspettato di seguire la parte storica e linguistica. Tuttavia sarebbe ingiusto non ringraziare anche tutti coloro che mi hanno aiutato nelle mie ricerche: la Prof.ssa Rossella Marangoni e l’IsIAO, nella cui biblioteca cui ho passato interi pomeriggi a leggere e scansionare articoli; le mie insegnanti di giapponese, Yumiko e Ylenia (e l’Accademia Hokusai al completo); gli autori di tutti i libri che ora affollano la mia libreria, quelli a cui ho scritto per avere informazioni aggiuntive e che si sono dimostrati sempre gentili e disponibili a dipanare dubbi e fornire indicazioni aggiuntive: in particolare un grazie di cuore va a Ken Lunde e allo staff O’Reilly; Shuji Takahashi e Tomoyuki Ishida, che mi hanno permesso di utilizzare le loro fotografie; la prof.ssa Sato Hitomi e la Scuola Giapponese di Milano, che mi hanno aperto le porte durante le mie ricerche sui testi scolastici. Ultime, ma non meno importanti, Francesca e Valentina, per il supporto tecnico e morale. A tutti loro, e a chiunque abbia contribuito alla realizzazione di questo volume, grazie.
IntroduzIone
概 論
Quando si parla di Estremo Oriente viene spesso fatta questa domanda: “Come mai dei popoli di civiltà così complessa come i cinesi e i giapponesi, ricchi di un patrimonio culturale superbo, avanzatissimi sulle vie della modernizzazione, si servono ancora della scrittura ideografica?” In questa frase l’elemento più cospicuo, addirittura decisivo, è quell’avverbio ancora: esso sottolinea l’opinione diffusissima secondo cui in origine, sì, vi furono l’ideogramma e il geroglifico, ma che poi questi santi arcaici mostri abbiano lasciato il posto a notazioni più semplici, più demotiche e snelle della lingua parlata - le notazione fonetiche, nelle due varietà, sillabita e alfabetica.
Fosco Maraini, Scrittura ideografica e scrittura fonetica
“Quando Boswell si oppose a Johnson che chiamava “barbari” i cinesi, quest’ultimo tagliò corto e rispose: “Mio caro signore, non hanno un alfabeto!”. È Eric Havelock a ricordarci questo aneddoto nel suo libro, originale e provocatorio, sull’alfabetizzazione nell’età classica; un promemoria quanto mai opportuno, dato che lo studio della scrittura è stato tormentato in passato – e senza dubbio lo è ancora – da numerosi fraintendimenti e pregiudizi. Nessuno di essi, tuttavia, è più dannoso della credenza, che tuttora persiste, secondo cui la scrittura in genere e particolari forme di scrittura debbono in qualche modo esser considerate indici diagnostici di livelli di civiltà o progresso mentale raggiunti dai vari popoli del mondo.” Roy Harris, La tirannia dell’alfabeto
Introduzione
Il giapponese è, dopo l’inglese, il cinese e lo spagnolo, la lingua più parlata online, da circa 99 milioni di persone: un risultato niente male, per una lingua parlata da “solo” circa 126 milioni di persone1. Allo stesso tempo, la globalizzazione ha reso sempre più fondamentale l’interazione tra popolazioni, e quindi lingue e scritture, lontani non solo geograficamente ma anche culturalmente. Aprendo un libro di tipografia, tuttavia, è molto probabile trovare descrizioni e approfondimenti su stili calligrafici, stampa a caratteri mobili, giuste crenature e disegnatori di caratteri: in quasi nessun caso, però, verranno nominati sistemi di scrittura diversi da quello alfabetico. Il che è prevedibile, e in fondo anche giustificabile, se si considera che l’alfabeto latino oggi viene usato come sistema di scrittura primario (o in alternativa a un sistema ufficiale) in più di metà del mondo. Allo stesso tempo, è innegabile il fatto che l’altra metà del mondo utilizzi sistemi di scrittura differenti: molti stati africani, mediorientali e asiatici si affidano a scritture differenti, antiche quanto e anche più di quella latina. Il fatto che tra questi Paesi ci siano anche alcuni di quelli in più rapida ascesa economica, come Cina e India, non è un dato da trascurare, ma è indicativo anche il fatto che più del 40% di coloro che usano Internet risiedono oggi in Asia2. La popolazione asiatica è numericamente di molto superiore a quella europea o americana, quindi questi dati non devono stupire, ma devono far riflettere sull’importanza che diamo alle scritture di questi Paesi. Di esempi come quelli citati in apertura da Fosco Maraini e Roy Harris si potrebbe elencarne a centinaia, di ogni epoca e in ogni dove: ovviamente, ovunque sia utilizzato l’alfabeto latino (o una delle sue varianti). Senza considerare i giapponesi emigrati e i loro discendenti, che non necessariamente conoscono la lingua del loro Paese d’origine, e gli studenti stranieri. Per queste categorie, infatti, non si dispone di dati precisi. 2 (http://www.internetworldstats.com/stats7.htm#links). 1
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La “tirannia dell’alfabeto”, come la definisce Harris, affonda le sue radici nell’antichità, nella concezione di scrittura che da Platone in poi ha fatto parte della cultura occidentale: la scrittura come imitazione della voce, come mezzo per “fissare” le parole in maniera (più o meno) eterna, ben si concilia con un’idea di scritura alfabetica, in cui a ogni suono corrisponde un simbolo che lo rappresenti. Tuttavia, anche la scrittura alfabetica si è piegata a usi più liberi: basti pensare alla pronuncia inglese, o a quella francese, le quali non sono così rigidamente codificate, tanto che molte parole oggi non rispecchiano più la pronuncia originaria della parola scritta, pertanto scritto e parlato non coincidono se non per convenzione. Questa tesi non vuole certamente mettere in discussione centinaia di anni di tradizione scritta, né da una parte né dall’altra (numerosi sono i testi di linguistica e di semiotica che se ne occupano), ma si pone come un tentativo di analizzare senza pregiudizi una scrittura, quella giapponese, da un punto di vista storico e culturale, per capire come si è arrivati alla situazione attuale e quali sono stati i passaggi che hanno portato alla creazione e al mantenimento di un sistema tanto complesso quanto longevo. La scelta del giapponese non è data solo da una motivazione di interesse personale (che è innegabile) ma è dovuta anche alla particolare complessità di questa scrittura: essa è data non solo dalla grande quantità di caratteri che la compongono (il cinese per esempio ne ha molti di più), ma anche dalla sua evoluzione unica, che ha portato i caratteri ideografici importati dalla Cina ad essere affiancati da ben due sillabari, hiragana e katakana, dando vita a quella che viene definita kanji kana majiri bun, significa “scrittura mista di kanji e kana”; inoltre essa ha assorbito una quantità di simboli da altri sistemi di scrittura, primo fra tutti l’alfabeto latino (anche in diverse sue varianti, come quella greca e cirillica). L’intreccio di elementi linguistici diversi tra loro conferisce a questa scrittura il suo fascino e però dà origine anche a una serie di problematiche e contraddizioni, che si sono ampliate col passaggio della scrittura da calligrafica a digitale. La possibilità di comunicare ovunque nel mondo in tempo quasi reale ha aperto possibilità, anche lavorative, prima inimmaginabili; così, può capitare che informatici, designer o sviluppatori di software cresciuti col sistema di scrittura alfabetico si trovino da un giorno all’altro a dover lavorare a progetti diretti al mondo asiatico, con la cui lingua non hanno familiarità. Ferma restando la necessità di una supervisione da parte di chi invece comprende i testi da veicolare, non sono pochi i professionisti che decidono di imparare a gestire contenuti e software in lingue sconosciute, tramite libri e scambi di opinioni online. Tra le diverse fonti sull’argomento, tuttavia, si può notare una divisione piuttosto netta: da una parte testi di tipo linguistico, che trattano la storia e l’evoluzione della scrittura da un punto di vista letterario e legato all’evoluzione della lingua; dall’altra, testi tecnici che si soffermano sulle nozioni utili a livello pratico, senza però richiedere la conoscenza della lingua. 22
Questa tesi si pone quindi l’obiettivo di unire i due aspetti, dal momento che da un punto di vista tipografico la componente storica è importante tanto quanto quella che riguarda la conoscenza, teorica e pratica, delle regole moderne, per comprenderle e utilizzarle al meglio. Per questi motivi, nel primo capitolo si andrà a descrivere la scrittura giapponese da un punto di vista storico, dai suoi albori alle ultime riforme ortografiche. Nel secondo invece si porrà l’attenzione sui metodi di codifica e sugli standard introdotti sia prima che dopo l’avvento delle tecnologie digitali, che sfoceranno in un terzo capitolo sullo standard Unicode, a oggi il più completo e che si è confrontato ampiamente con le problematiche nipponiche. Per concludere, un capitolo riguardante le regole tipografiche e di composizione fondamentali.
Nota sulla romanizzazione
Per la romanizzazione dei termini giapponesi si è seguito il sistema Hepburn (ヘボン式 ローマ字, Hebonshiki rōmaji), che prevede una lettura molto simile all’italiano per quanto riguarda le vocali, con i e u semimute se tra due consonanti sorde o in fine di parola. Esistono inoltre tre semivocali, (ya, yu e yo), che vengono utilizzate da sole oppure nella costruzione di suoni contratti. Le vocali lunghe vengono indicate con un macron sopra le vocali: ō al posto di ou o oo, ē per ei, ū per uu, ā per aa e ī per ii (queste ultime due sono più rare). Per quel che riguarda le consonanti, si seguono le seguenti convenzioni: • k è dura, come in canto; • chi corrisponde a una c dolce, come nella parola cena; • g è sempre dura, come in gallo; • j è una g dolce, come in giocattolo; • h è sempre aspirata, come nella parola inglese home; • s è sempre sorda, come in sole o cassa; • shi si pronuncia sc, come in scena; • w viene letta u; • y viene letta i; • z è dolce, come in mezzo; • ts è aspra, come in azzimo; • r si legge come un suono consonantico a metà tra la r e la l italiane.