Perdonare come Dio mi perdona

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PERDONARE

COME DIO MI PERDONA

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“Perdonare come Dio mi perdona” © 2018 Marco Delle Monache Basato sul ciclo di predicazioni omonimo Proprietà letteraria riservata Edizioni “La Vera Vite” “Chiesa Cristiana Evangelica della Vera Vite” Via Delio Ricci - 01027 Montefiascone (VT) www.laveravite.it laveravite@gmail.com Tel. 347/9740488

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Introduzione Il perdono è una fase cruciale della vita di ogni credente. E' l'inizio e, purtroppo spesso, la fine di una relazione solida e costante col Padre e con le persone che ci ruotano attorno Capire il perdono, capire come Dio mi ha perdonato, è fondamentale per capire quale tipo di perdono Dio vuole che noi diamo agli altri, ma anche chiediamo agli altri. Dare o ricevere e chiedere il perdono mi rende non solo più simile al modello che Dio mi ha dato in Gesù, ma anche mi libera dalla schiavitù del rancore o della vergogna. Questi cinque brevi studi , e i diagrammi “a piramide” che li accompagnano, non vogliono in alcun modo essere esaustivi dell'argomento perdono, ma vogliono essere esclusivamente uno spunto da cui partire per metterci in gioco, per iniziare a sperimentare il vero perdono cristiano, per esercitare in minima parte la prima caratteristica del nostro Padre, quella per cui lo possiamo chiamare padre ed avere rapporto con lui: perdonare come Dio mi perdona. Buona lettura. Past. Marco Delle Monache

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1 Perdonare come Dio mi ha perdonato Cosa significa "perdonare" per il mondo? E cosa significa per Dio? Ha a che fare con qualcosa che devo ricevere, o piuttosto con qualcosa che devo fare?

Il perdono è, assieme alla croce, il centro dell'essere cristiani. Siamo figli di Dio poiché Dio ci ha perdonato. Non siamo più sotto la legge che ci condanna ma sotto la grazia che ci salva perché abbiamo ricevuto il perdono da Dio. Capire bene cosa significhi “perdono” è fondamentale per chi crede in Cristo. Vorrei partire da una domanda: cosa significa per te“perdonare”; non mi riferisco al perdono di Dio verso di noi ma a quello più umano di tu che perdoni un altro o che vieni perdonato da un altro. Cerca di scrivere la tua definizione tipo: ritornare assieme, cancellare il passato, ecc. Hai scritto? Bene, queste sono le tue definizioni di perdono: sono “accurate”? Esiste un solo modo di perdonare, oppure ci sono più modi? C'è un modo che è migliore degli altri? Cerchiamo, per prima cosa, di “inquadrare” il significato della parola. Partiamo da un po' di etimologia: la parola italiana “perdonare” viene dal latino: “donare” = dare, concedere + il rafforzativo “per” = completamente” (esempio: qualcosa “perforato” è “forato completamente”). In francese in spagnolo e in portoghese la parola è la stessa. In inglese la parola è “forgive”, di derivazione germanica che non è altro che la traduzione del latino: “give” = dare + “for” = completamente”. Questo è il modo in cui la società definisce il “perdono”: concedere all'altro senza limite, completamente. Vedi che già c'è un concetto fondamentale: il perdono è qualcosa che riguarda soprattutto chi perdona: colui (o colei) che perdona “cede” qualcosa, dà qualcosa all'altro. 4


E nella Bibbia? Nella versione “Nuova Riveduta” la parola “perdonare” è presente 143 volte: 85 nell'Antico Testamento e 58 nel Nuovo Trestamento. L'Antico Testamento usa due parole : “salach”, che ha il solo significato di perdonare, e “nasha”, che significa anche, sollevare, elevare, far risalire. Nel Nuovo Testamento "perdonare" è la parola greca “aphiemi”. Significa liberare; lasciare andare; rilasciare, slegare; per scaricare; o per liberare completamente. Veniva usata quando un debito veniva cancellato, o contratto, un impegno o una promessa. Una parafrasi moderna di questa parola greca perdere!

quando veniva sciolto un

sarebbe semplicemente lasciar

Aldilà del fatto che Gesù ci chieda di perdonare (e vedremo cosa significa nei prossimi capitoli), quando perdoniamo qualcuno significa che non abbiamo più il privilegio di tenere le persone in ostaggio per quello che hanno fatto in passato. Per cui la Bibbia definisce il perdono non tanto come un atto di dare all'altro, ma come un cambiamento di posizione, tra noi e l'altro. Quando perdoniamo “solleviamo” qualcuno, lo facciamo risalire alla nostra posizione dal basso. Quando perdoniamo qualcuno, lo sleghiamo, tagliamo delle corde con cui lo abbiamo intrappolato. E, vedi, qui già c'è il concetto che siamo noi, la parte offesa che ha creato delle corde, delle catene, per legare l'altro.

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Gli antropologi (coloro che studiano i comportamenti umani) hanno individuato nove fasi che portano dall'offesa al perdono. La piramide è riferita al perdono nell'ambito dell'amicizia e del matrimonio, ma funziona anche in generale anche con le altre persone.

Un perdono vero secondo la società è quello che ristabilisce il rapporto attraverso la scalata della piramide dal basso verso l'alto. Da qui si capisce perché spesso è così difficile perdonare. Il problema è che molti si fermano a qualche livello della piramide. Dove si ferma il tuo perdono? Su quale gradino della piramide ti siedi normalmente? Forse alla “tolleranza”, o al perdono condizionato ( (io ti perdono se...) o alla riappacificazione, o persino al perdono vero, ma non all'amicizia. Sai perché è difficile perdonare? Perché scalare una piramide è faticoso! E' tutto in salita, la “gravità” lotta contro di te”. Ci vuole un gran dispendio di energie, e alla fine ti stanchi... e ti siedi su qualche gradino senza arrivare alla vetta.

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Però, questo è lo schema del mondo. Esiste allora una maniera per fare meno fatica? Fino ad adesso ti ho mostrato il TUO percorso per perdonare gli altri. La Bibbia ci mostra un percorso differente, che parte da qualcuno che per primo ci ha perdonati. Anche tu ed io siamo stati perdonati da Dio. Allora, anche lui ha fatto la stessa piramide in salita? C'è una strada più semplice, meno faticosa per giungere a perdonare. Dio è partito dall'alto della piramide, ed è “sceso”: é partito dall'amicizia che una volta aveva con noi e che era stata interrotta dalle nostre offese, e senza tenerne conto, ci ha offerto subito il perdono VERO. Davide dice: “Come è lontano l’oriente dall’occidente, così ha egli allontanato da noi le nostre colpe.” (Salmo 103:12) Dio sceglie deliberatamente di “scendere” la piramide. Questo è quello che chiede anche a me e a te... perché sa che la via verso il perdono vero, non procede dal basso, non è fatta a gradini da salire (ci conosce, sa che ci stanchiamo e che alla fine ci mettiamo seduti da qualche parte). Come figli amati, ci chiede di fare come ha fatto lui. Paolo dice ai Colossesi: “Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi.” (Colossesi 3:13b)

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In questi cinque capitoli vedremo come la Bibbia ci dia un modello attraverso il quale possiamo perdonare senza dover necessariamente faticare e fallire dal perdonare davvero. Vedremo se perdonare significa mettere in un cassetto, oppure bruciare il cassetto con tutto il mobile. Vedremo anche la “fisiologia” del perdono, ovvero cosa accade nel nostro organismo a seconda che perdoniamo o che teniamo in serbo il nostro rancore. Ho detto che è più facile scendere la piramide, che ci vuole “meno fatica”. Questo non significa che per Dio sia stato senza un prezzo: lui non ha faticato a perdonarci, ma non è stato certo indolore. “Mentre eravamo nemici, siamo stati riconciliati con Dio mediante la morte del Figlio suo.” (Romani 5:10a) Dio ci ha perdonato, è sceso verso noi... ma noi dobbiamo accettare quel perdono frutto della croce. “A causa dei vostri peccati e della vostra vecchia natura corrotta, voi eravate morti, ma Dio vi ha dato la vita in Cristo.Dio ha perdonato tutti i nostri peccati, cancellando l'atto di accusa contro di noi che è stato tolto di mezzo, inchiodato sulla croce.” (Colossesi 2:13-14 PV) Dio è sceso per riappacificarsi con te, Dio ha superato tutte le fasi del perdono, te lo ha offerto gratuitamente per poter tornare ad essere il tuo migliore amico. Dio non ti accusa più per i tuoi peccati: ma neppure tu dovresti farlo, verso nessun altro. Chi è stato perdonato, perdona. 8


2 Perdonare per tornare ad essere liberi Dio vuole che le nostre vite siano un continuo perdonare gli altri, per liberare ed essere liberi dalle catene del risentimento e dell'odio.

Gesù ha detto: “Io non sono venuto a giudicare il mondo, ma a salvare il mondo.” (Giovanni 12:47b) Gesù avrebbe avuto tutto il diritto di giudicare il mondo: il mondo aveva girato le spalle col peccato a suo Padre, il mondo lo avrebbe ucciso in croce. Ma lui dice: “non giudizio, ma salvezza, non condanna, ma perdono.” Il concetto è semplice: non puoi salvare chi odi, chi detesti. Se vuoi salvare qualcuno, qualcuno che ti ha fatto male, qualcuno che ti ha offeso, (e noi tutti abbiamo fatto male ed offeso nostro Padre), la prima cosa che devi fare è perdonarlo. Per poterci salvare Dio aveva prima la necessità di perdonarci. Per poter essere suoi discepoli veri prima abbiamo la necessità di perdonare come Dio ci perdona. Abbiamo detto nel capitolo precedente che solo chi si sente perdonato perdona, ed è per questo che Gesù, quando insegna ai discepoli come pregare il Padre, inserisce quasi alla fine della sua preghiera perfetta questa frase: “Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori.” (Matteo 6:12) In altre versioni il senso della frase di Gesù è spiegato così: “Perdona i nostri peccati, come noi abbiamo perdonato a quelli che ci hanno offesi.” (Matteo 6:12 Trad. La Parola è Vita ) Guarda bene i verbi del versetto: “rimettici” o“perdona” e “abbiamo rimesso” o “abbiamo perdonato”. 9


Non voglio andare troppo sul “tecnico” ma è importante capire il tempo di questi due verbi, per capire la tempistica del perdono che Gesù ha in mente. Il primo verbo è “rimettici” o “perdona” nell'originale greco è un tempo che si chiama “aoristo imperativo attivo”: qua è tradotto con l'imperativo presente, ma non esiste qualcosa di simile in italiano : qui sembra che chiediamo a Dio di perdonarci adesso. L'aoristo invece indica una azione, ma non dice che questa azione è stata già fatta verrà fatta in futuro o si sta svolgendo adesso, ma ci dice che è qualcosa che si continua a fare. Per farvi un esempio, è come quando nelle ricette ti dicono: “scolate la pasta”: non ti dice che la devi fisicamente scolare adesso, oppure domani, oppure che la dovevi scolare ieri, ma ti dice che, tutti quelli che vogliono mangiare la pasta la devono aver scolata. L'aoristo denota una abitudine nel fare qualcosa, un'azione che viene dal passato, e verrà fatta in futuro. Vediamo il secondo verbo: “abbiamo rimesso” o “abbiamo perdonato”: nella versione italiana hanno messo il passato prossimo: così sembra che per ingraziarsi il perdono di Dio, noi dobbiamo aver prima perdonato (nel passato) gli altri. Il tempo invece è, ancora una volta “aoristo imperativo attivo”: per cui dice che non solo dobbiamo aver perdonato nel passato, ma che dobbiamo perdonare nel presente e dovremo perdonare nel futuro. Una brutta traduzione di quello che dice Gesù è questa: “Perdona nel passato, perdona oggi, e perdona in futuro i nostri peccati così come noi abbiamo perdonato in passato, perdoniamo oggi e perdoneremo in futuro quelli che ci hanno offeso.” (Parafrasi) Gesù ci conosce bene, e sa che ci piace essere perdonati... ma, quando si tratta di offrire il perdono, beh, è tutto un altro paio di maniche. 10


Ci conosce così bene, perché ha avuto per amici persone come me e come te, erano riluttanti, “stitici” a concedere perdono. Non ci credi? Guarda questa conversazione, allora! “Allora Pietro si avvicinò e gli disse: "Signore, quante volte perdonerò mio fratello se pecca contro di me? Fino a sette volte?” (Matteo 18:21) Che razza di domanda è? Sembra strana, ma è basata sul fatto che la legge ebraica imponeva di perdonare una persona almeno tre volte, dopo di che, ognuno per la sua strada non mi passare davanti che ti metto sotto. Il buon Pietro, che sa che deve perdonare per legge, che ha ascoltato il Padre Nostro, (siamo al capitolo 18, e il Padre Nostro è al capitolo 6), che ha ascoltato Gesù fino a un minuto prima spiegare che dovevano perdonare le offese (vedi i versetti dal 15 al 17), cerca di fare “bella figura” con Gesù: “Vediamo, raddoppiamo il numero, e aggiungiamo uno; così stupirò Gesù per la mia magnanimità! - Ehi, Gesù, che ne dici di 'sette volte'?- Questo dovrebbe fare colpo su di lui!”. Gesù conosce il cuore di Pietro e il suo calcolo... e lo gela: “E Gesù a lui: Io non ti dico fino a sette volte, ma fino a settanta volte sette.” (Matteo 18:22) Io mi sono fatto due conti: sette per sette fa quarantanove, lo moltiplico per dieci.... 490 volte! Se perdono un'offesa al giorno fanno un anno tre mesi e cinque giorni di perdono incondizionato! Qui Gesù non vuole far ripassare le tabelline al buon Pietro, ma vuole spiegargli un principio: “Vuoi sapere quante volte devi perdonare? Ogni volta che qualcuno ti offende lo devi perdonare per 490 giorni... E ad ogni nuova offesa devi ricominciare il conto da zero. Figlio mio, tu dovrai perdonare fino a che avrai questa vita sulla terra!” 11


E, per chiarire meglio il principio, Gesù racconta una storia: “Perciò il regno de' cieli è simile ad un re che volle fare i conti coi suoi servitori. E avendo cominciato a fare i conti, gli fu presentato uno, che era debitore di diecimila talenti.” (Matteo 18:23-24) Al cambio attuale, diecimila talenti fanno circa 8.600.000 Euro! Lo stipendio medio dell'epoca di un servo era di 0,86 centesimi di Euro al giorno... Fatevi i conti di quanto gli ci voleva per ripagare il debito! “E poiché quello non aveva i mezzi per pagare, il suo signore comandò che fosse venduto lui con la moglie e i figli e tutto quanto aveva, e che il debito fosse pagato.” (Matteo 18:25 ) Il re ha tutto il diritto di chiedere questo: il debito è enorme, la situazione non è più sanabile, e cerca di recuperare quello che può... Ma il servo cosa fa? “Perciò il servo, gettatosi a terra, gli si prostrò davanti, dicendo: "Abbi pazienza con me e ti pagherò tutto". (Matteo 18:26) Ma va? 8.600.000 Euro? Con 0,86 centesimi al giorno? Se non fosse tragica, la proposta del servo sarebbe quasi comica: ma il re, comunque, si commuove, e gli cancella il debito. “Il signore di quel servo, mosso a compassione, lo lasciò andare e gli condonò il debito. (Matteo 18:27) Nella storia, ovviamente, il re rappresenta Dio. Quale verso ha scelto il padrone nella piramide? E' salito, o è sceso? Ovviamente, è sceso. Per Gesù, ovviamente, questo è quello che Dio intende come vero perdono. 12


Qualcosa di immeritato dal servo, qualcosa di immotivato (il servo non avrebbe mai potuto pagare). Qualcosa che ha a che fare non con quello che è successo (il debito, la promessa del servo) ma con CHI è la persona offesa (il Re!). Gesù dice che il re ebbe “compassione”: è la stessa parola che verrà usata quando Gesù guarderà Gerusalemme dall'alto e avrà “compassione” perché la gente era come “pecore senza pastore”. Il verbo usato da Gesù è “splagehnizomai”, e significa “sentire qualcosa che si muove nella pancia” (ricordate che per gli ebrei la pancia era il centro delle emozioni e il cuore della logica ). Il re non ha perdonato perché il servo gli ha chiesto scusa; piuttosto, il servo gli si è parato davanti con una balla spaziale: “Aspetta e ti ridò tutto.” Non ha percorso la piramide dal basso offrendo un “perdono condizionato”: “Ti perdono SE mi ridai 8600 Euro.” Il perdono non nasce dalla “logica” ma dalla “pancia”: devi sentire qualcosa che si muove dentro, che ti fa stare male, e da cui TU per primo vuoi liberarti, e vuoi liberare anche l'altro. L'immagine che ho scelto per la copertina è quella di una catena rotta che si trasforma in uccello. Quando tu perdoni spezzi le catene che imprigionano l'altro nel tuo odio, nel tuo risentimento ma liberi anche (e soprattutto) te dalla medesima catena. Perché ogni catena è fissata a qualcosa, e nel caso dell'odio uno dei due capi è fissato a te stesso, a te stessa. 13


Finché non perdoni non sarai libero, non sarai libera. Ecco perché Gesù ci ha insegnato a pregare “Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori.” ci ha insegnato a pregare “Perdona nel passato, perdona oggi, e perdona in futuro i nostri peccati così come noi abbiamo perdonato in passato, perdoniamo oggi e perdoneremo in futuro quelli che ci hanno offesi.” Per avere una vita felice, devi continuare costantemente a perdonare: Davide dice questo: “Beato l'uomo a cui la trasgressione è perdonata, e il cui peccato è coperto!” (Salmo 32:1) La parola “beato” significa semplicemente “felice”: tu ed io siamo “felici” perché Dio a provato compassione, ha sentito qualcosa muoversi nella pancia, ci ha lasciati andare, ha spezzato le catene. Chi è stato perdonato da un debito che non avrebbe mai potuto pagare deve perdonare. Gesù chiude il Padre Nostro con queste parole: “Perché se voi perdonate agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche a voi; ma se voi non perdonate agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe.” (Matteo 6:14-15) Vuoi essere felice, oppure vuoi vivere nelle catene del tuo risentimento? Se trovi difficile perdonare, forse non hai ancora accettato pienamente il perdono che Gesù ti ha offerto gratuitamente. Gesù vuole che tu ti senta pienamente perdonato, pienamente perdonata, e che tu sia capace di spezzare qualsiasi catena terrena affinché tu viva nella sua gioia.

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3 Perdonare per essere guariti Dio non ci ha creati per vivere nel risentimento. Per guarire e per vivere senza stress devo vivere una vita di perdono: perdonare come siamo stati perdonati.

Fin qui abbiamo cercato di capire cosa intendesse Gesù per “vero perdono” quando diceva: “Rimettici i nostri debiti come anche noi li abbiamo rimessi ai nostri debitori.” (Matteo 6:12) Ovvero, in un'altra traduzione: “Perdona i nostri peccati, come noi abbiamo perdonato a quelli che ci hanno offesi.” (Matteo 6:12 Trad La Parola è Vita ) E avevamo visto che Gesù dice che per chi crede perdonare non deve essere un episodio, ma una abitudine. E abbiamo visto la prima parte del racconto che lui fa del re che perdona il debito al servo. Vale la pena di leggerlo di nuovo: “Perciò il regno de' cieli è simile ad un re che volle fare i conti coi suoi servitori. E avendo cominciato a fare i conti, gli fu presentato uno, che era debitore di diecimila talenti. E poiché quello non aveva i mezzi per pagare, il suo signore comandò che fosse venduto lui con la moglie e i figli e tutto quanto aveva, e che il debito fosse pagato.Perciò il servo, gettatosi a terra, gli si prostrò davanti, dicendo: "Abbi pazienza con me e ti pagherò tutto”. Il signore di quel servo, mosso a compassione, lo lasciò andare e gli condonò il debito. “ (Matteo 18:23-27 Il Re aveva deciso di scendere la piramide, aveva dato il perdono incondizionato qualcosa di immotivato (il servo non avrebbe mai potuto pagare). 15


Qualcosa che ha a che fare non con quello che è successo (il debito, la promessa del servo) ma con CHI è la persona offesa (il Re!). Il servo era “libero” dal suo debito, il Re non era più legato a lui da quel debito. Da ora in poi Re e servo sarebbero stati di nuovo in pace e nessuno sarebbe stato legato all'altro. Ho detto più volte che solo chi è stato perdonato perdona. Ti voglio fare una domanda: perché è venuto Gesù? Per salvarci? Senza dubbio! Ma essere salvati non basta! Gesù non vuole solo salvarci ma vuole che diventiamo suoi “discepoli”. La parola “discepolo” significa “colui che apprende”. Ricordate il brano di Matteo 28 che chiamiamo “Il Grande Mandato”? “Andate dunque e fate miei discepoli tutti i popoli battezzandoli nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutte quante le cose che vi ho comandate.” (Matteo 28: 19:20) Dio ci salva affinché impariamo da Gesù e possiamo insegnare ad altri quello che Gesù ci insegna. Tutto ciò che ha fatto e detto Gesù contiene perciò un insegnamento che noi, se vogliamo essere suoi discepoli,dobbiamo imitare. Quale era l'insegnamento di un Re che perdona un servo (ricordate che il Re rappresenta Dio)? La natura di Dio è quella di perdonare anche cose che sembra impossibile perdonare. Se il servo avesse appreso la lezione, la storia potrebbe essere finita qua. Ma Gesù ci conosce, e per questo spesso le sue storie non sono “ideali” non raccontano di come gli uomini si dovrebbero comportare ma sono “reali”, ovvero di come l'uomo generalmente si comporta. E il servo rappresenta (ovviamente) come generalmente ci comportiamo noi. 16


“Ma quel servo, uscito, trovò uno dei suoi conservi che gli doveva cento denari; e, afferratolo, lo strangolava, dicendo: "Paga quello che devi!" Perciò il conservo, gettatosi a terra, lo pregava dicendo: "Abbi pazienza con me, e ti pagherò". Ma l'altro non volle; anzi andò e lo fece imprigionare, finché avesse pagato il debito.” (Matteo 18:28-30) Cento denari, ovvero 12 Euro! Un nulla a paragone degli 8.600.000 suoi! Ma il servo era nel suo pieno diritto! C'era infatti una legge romana che autorizzava lo “strangolamento del debitore” da parte del creditore fino al quasi soffocamento. Da che parte ha deciso di iniziare la piramide il servo? Ovviamente, dalla base! Questo, ci sta dicendo Gesù, è la maniera normale di agire degli uomini e delle donne. Non ci credi? Quante trasmissioni TV conosci dove ci sono persone che litigano? Grande Fratello, Isola dei Famosi, molti talk show... quante! In quante di queste trasmissioni ci sono persone che si perdonano per le offese ricevute? ZERO! La società moderna indica il perdono come un segno di “debolezza”. Tra Dio che ti ha perdonato e te che lo avevi offeso, chi dei due è il più debole? Chi il più forte? Dio non è il “più forte”, Dio è ONNIPOTENTE! Nel momento in cui tu perdoni, stai attingendo all'onnipotenza di Dio, stai imitando uno dei tratti distintivi del tuo Signore, la capacità di perdonare partendo dall'alto della piramide. Gesù ci sta dicendo: “Io voglio che tu come discepolo apprenda a perdonare anche la più piccola cosa come sei stato perdonato per il tuo debito enorme.” Secondo voi, perché il servo non perdona 12 Euro (13 giorni di paga)? Probabilmente il servo non perdona, perché non aveva ancora compreso che non gli servivano più soldi per ripagare il Re. In una parola: si sentiva ancora “colpevole”. Più le persone si sentono colpevoli, più tendono a non perdonare. 17


Chi è perdonato, chi sa di essere stato perdonato grandemente, perdona grandemente. Paolo ci esorta così: “Siate invece benevoli e misericordiosi gli uni verso gli altri, perdonandovi a vicenda come anche Dio vi ha perdonati in Cristo.” (Efesini 4:32) Genesi 1:27 dice che “Dio creò l’uomo a sua immagine; lo creò a immagine di Dio”: e non voleva dire che Dio ha due braccia, due gambe, due occhi, un pancreas. Ma voleva dire che Dio ci ha strutturati in modo che la nostra vita rifletta le le SUE caratteristiche, la SUA natura. Immagina un cavatappi: è stato studiato per togliere i tappi. La sua forma è in funzione di ciò che deve fare. Fintanto che lo uso come cavatappi, non avrò alcun problema. Ma supponiamo che un giorno decida che il mio cavatappi non debba solo solo togliere i tappi, ma anche aprire le scatole di tonno. Vuoi provare? Rischierai di farti male, forse riuscirai a farlo ma con grande fatica, e gran tempo. La stessa cosa vale per noi uomini e donne: non siamo stati studiati per odiare, per serbare rancore, ma per perdonare, poiché la caratteristica di Dio sulla base della quale sono stato creato è di perdonare scendendo dall'alto della piramide non salendo. Ne vuoi una prova? Abbiamo detto con l'esempio del cavatappi che la forma ne determina l'uso, e fintanto che lo uso per ciò per cui è stato creato non avrò problemi. Ha una forma adatta a sopportare lo sforzo di cavare un tappo. Se lo uso come apriscatole, probabilmente si romperà. Allo stesso modo, se sono stato creato per poter mantenere il peso del rancore e non perdonare, allora questo non dovrà provocare danni al mio fisico. 18


L'evidenza clinica non è proprio d'accordo: guardate questa scheda della Johns Hopkins University (la maggiore Università di ricerca al Mondo) circa gli effetti del non perdonare sul fisico: “Gli studi clinici hanno evidenziato che lunghi periodi di non perdono provocano nel cervello una diminuzione dell'attività nella corteccia prefrontale e un aumento dell'attività nel sistema limbico, il quale comporta: aumento dei livelli di cortisolo (aumento di peso peso, infiammazioni) aumento della pressione sanguigna e battito cardiaco (aumentato rischio di infarto) aumento del livello di colesterolo LDL (aumentato rischio vascolare/ictus) diminuita funzionalità del pancreas (aumentato rischio di Diabete) disturbi del sonno (aumentato rischio di depressione) immunodepressione (riduzione delle difese immunitarie e aumentato rischio di infezioni/cancro)” (Psichiatric Department - Johns Hopkins University USA) In sintesi: stai cercando di fare l'apriscatole, quando sei un cavatappi. Ogni qualvolta provi rancore e risentimento verso qualcuno, qualcuno: a) b) c)

sappi che quel

non ne subisce alcuna conseguenza probabilmente neppure si ricorda del motivo del tuo rancore l'unico che ne paga le spese sei te.

Giobbe afferma: “Il cruccio non uccide che l'insensato e l'irritazione fa morire lo stolto.” (Giobbe 5:2) Siamo stati studiati per perdonare, non per mantenere il rancore e il risentimento. Gesù ha prima mostrato la natura di Dio (perdonare) e poi la tendenza dell'uomo (non perdonare). Ora tira le somme e mostra la conseguenza della tendenza umana.

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“Allora il suo signore lo chiamò a sé e gli disse: "Servo malvagio, io ti ho condonato tutto quel debito, perché tu me ne supplicasti; non dovevi anche tu aver pietà del tuo conservo, come io ho avuto pietà di te?" E il suo signore, adirato, lo diede in mano degli aguzzini fino a quando non avesse pagato tutto quello che gli doveva.” (Matteo 18:34) In pratica il Re condanna all'ergastolo il servo, essendo un debito impossibile, da ripagare. La parola “aguzzini” in greco è “basanistace” che significa “torturatori”. Gesù è arrivato al punto: se colui a cui Dio ha perdonato gli 8.600.000 Euro strozza un suo collega per 12, allora lo si dia ai torturatori. Se tu a cui è stato perdonato moltissimo non perdoni il poco che ti deve l'altro, allora devi essere dato al torturatore. E sarà la tua stessa natura, sarai te stesso a torturarti! Cosa è che non riesci a perdonare? Quale cosa ti tortura tutte le volte che ci pensi? Lasciala andare! Liberatene! E' per il tuo bene, non per quello dell'altro! C'è nel racconto di Gesù sul perdono, un'ultima e fondamentale indicazione: “Così vi farà anche il Padre mio celeste, se ognuno di voi non perdona di cuore al proprio fratello". (Matteo 18:35) Ti prego di notare la frase “di cuore”; Gesù chiede di perdonare non con la testa “io so che debbo perdonare perché lo dice la Bibbia/gli amici credenti/il pastore” ma col cuore (in questo caso la parola greca “kardia” intendeva proprio il sentimento, non la logica) “io sento il bisogno di perdonare”-: lo so, lo sento, lo faccio, sono libero, sono libera! Dio non ti ha creato per serbare rancore, ma per lasciare andare, perdonare, usare grazia. Gesù ti chiama per il tuo bene a perdonare con la stessa grazia con cui sei stato perdonato, sei stata perdonata.

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4 Quando sono io a chiedere il perdono Come credenti siamo chiamati non solo a perdonare dal cuore, ma anche a chiedere perdono agli altri.

Qualche anno fa comparve sui muri di una cittadina del sud un manifesto, dove un anonimo diceva così: “Ciao Angela, ti devo chiedere scusa. Scusa per essere mancato come marito e come padre, travolto da una tempesta di lavoro, che mi ha fatto fare molti errori e mi ha fatto dedicare il mio tempo a cose inutili e futili, perdendo di vista la cosa più importante che avevo al mio fianco, Tu e le nostre bimbe. Chiedo scusa alla tua famiglia, ai tuoi amici che ti hanno visto stare male per colpa mia, chiedo scusa alle nostre piccole, alle quali dobbiamo dare solo felicità. Quando un uomo sbaglia deve saper chiedere perdono, dimostrare con i fatti amore, rispetto e attenzione ed essere un punto di riferimento per i suoi cari… Ho la fortuna di aver ricevuto il dono di Dio per averci uniti e fatti divenire un’anima sola!”. Dobbiamo ammettere che il modo di questo marito per chiedere scusa alla propria moglie è stato di sicuro originale! Fino ad adesso abbiamo parlato di cosa accade quando IO sono stato offeso, e sono IO a dover perdonare, quando gli altri offendono noi... Ma cosa accade quando gli “altri” siamo noi? Quando non siamo dalla parte del giusto, quando siamo quelli che abbiamo bisogno di grazia e di perdono? Dobbiamo solo augurarci di avere davanti un buon credente che applichi quello che abbiamo visto negli altri tre capitoli, che non tiene in eterno, si libera, perdona in grande. Oppure l'essere credenti noi dalla parte sbagliata della palizzata ci deve spingere ad agire? E se si, come? Se c'è ci perdona, ci deve essere qualcuno che è perdonato. E nella nostra vita ci capiterà non solo di dover concedere il perdono, ma anche di doverlo chiedere. 21


Perché dovrei chiedere il perdono? Già, non potrei semplicemente... aspettare? Attendere che sia l'altro ad agire, magari interrompere qualsiasi mia attività contro di lui o di lei, dimostrarmi pentito o pentita, ma senza dover passare sotto le “forche caudine” del dover chiedere scusa? Ci sono almeno quattro buoni motivi perché come credente sono chiamato, sono chiamata a chiedere perdono. 1. Perché Gesù me lo chiede La risposta è molto semplice: se sono discepolo, se sono discepola di Gesù, debbo obbedire ai suoi comandamenti. Rifletti: perché è venuto Gesù? Per perdonarci i peccati! E quale era l'effetto dei nostri peccati? Che saremmo stati eternamente separati da Dio. La stessa cosa vale per le relazioni interpersonali; quanto io “pecco” contro qualcuno, il mio peccato mi isola da lui o da lei, e così mi impedisce di adempiere ad uno dei comandamenti che Gesù ha detto di essere il secondo più importante "«Maestro, qual è, nella legge, il gran comandamento?» Gesù gli disse: «“Ama il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente”. Questo è il grande e il primo comandamento. Il secondo, simile a questo, è: “Ama il tuo prossimo come te stesso”. Da questi due comandamenti dipendono tutta la legge e i profeti».". (Matteo 22:36-40) Non è un caso che la frase “gli uni gli altri” sia presente nel Nuovo Testamento come terza (58 volte) dopo “amore” (145) e “peccato” (106) ben prima di “salvezza” (44). Se devi adempiere la Legge di Dio, non puoi avere “conti aperti” con nessuno. Quando una persona chiese a Gesù chi fosse il suo prossimo (in Luca 10:29) Gesù raccontò una storia prendendo come protagonista un Samaritano, che era la razza 22


più odiata dai Giudei, dipingendolo come la migliore Quello è il tuo prossimo!

delle persone possibili.

Gesù mi chiede di amare tutti, indistintamente. E per farlo, non devo tenere conti aperti con nessuno. 2. Perché Dio gradisce chi chiede perdono Gesù spiega cosa fa il nostro peccato verso l'altro, e perché dovremmo essere rapidi a chiederlo. E la prima cosa che fa è quella di separarci da Dio. “Se dunque tu stai per offrire la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualcosa contro di te, lascia lì la tua offerta davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con tuo fratello; poi vieni a offrire la tua offerta.” (Matteo 5:23-24) Qui stava descrivendo ciò che accadeva ai suoi tempi: le persone si recavano al tempio con un'offerta che normalmente era un animale vivo, lo poneva sull'altare dinanzi al Tempio, e il Sommo sacerdote si occupava di ucciderlo versando il sangue, che avrebbe coperto per un anno i peccati di chi offriva. Noi sappiamo che Gesù è l'offerta, l'agnello il cui sangue ha lavato una volta e per sempre i peccati del mondo. Ed è proprio lui che ci dice: “Sappi che mio Padre gradisce l'offerta di chi si è riconciliato chiedendo perdono al fratello. Prima riconciliati, e poi offri... e visto che l'offerta è già stata fatta da me, quello che devi fare è andare a chiedere perdono, e poi venire da me.” 3. Perché sarai prigioniero/prigioniera finché non chiedi perdono Gesù prosegue e illustra: “Fa’ presto amichevole accordo con il tuo avversario mentre sei ancora per via con lui, affinché il tuo avversario non ti consegni in mano al giudice e il giudice in mano alle guardie, e tu non venga messo in prigione.” (Matteo 5:25) 23


Vi ricordate cosa avevamo detto del perdonare? Quando tu perdoni spezzi le catene che imprigionano l'altro nel tuo odio, nel tuo risentimento ma liberi anche (e soprattutto) te dalla medesima catena. Perché ogni catena è fissata a qualcosa, e nel caso dell'odio uno dei due capi è fissato a te stesso, a te stessa. Una catena ha due capi: da una parte chi deve perdonare, e dall'altra chi deve essere perdonato. Immagina di prendere una catena e di fissarla un capo a te e uno ad un'altra persona: l' uno rappresenterà chi deve perdonare e l'altro chi deve chiedere perdono. Cosa succederà? Che ora siete entrambi “intrappolati”: anche se volete andare da qualche parte, dovrete trascinare l'altro con voi. Scomodo, vero? Supponiamo che uno di voi due decida di perdonare o di chiedere perdono, mentre l'altro no; a questo punto la catena sarà fissata solo ad uno di voi. Solo chi si è sganciato sarà davvero libero, mentre l'altro porterà DA SOLO il peso di tutta quanta la catena. E se non avrà chiesto perdono o non avrà perdonato più volte avrà un bel peso da portarsi addosso. Così come tu sarai in catene finché non perdoni, allo stesso modo sarai in prigione finché non hai chiesto perdono. Gesù ti dice: “Non portare un peso che non è per te. Vai e riconciliati. Vai e chiedi perdono.” 4. Perché non c' è altro modo per ritrovare la libertà Se non chiedi perdono, non c'è cesoia, o sega, o smerigliatrice angolare che tenga: pagherai il prezzo fino alla fine. “Io ti dico in verità che di là non uscirai, finché tu non abbia pagato l’ultimo centesimo.” (Matteo 5:26) 24


Di quale prezzo sta parlando Gesù? Del prezzo del tuo e del mio orgoglio, quello che mi impedisce di dire “Si, ho sbagliato, ti chiedo perdono”. L'altro, da parte sua, potrà perdonarti, ma Gesù dice che il tuo debito rimarrà aperto “finché tu non abbia pagato l’ultimo centesimo.” La catena rimarrà attaccata su te, fino a quando non decidi di chiedere perdono. Giacomo afferma: “Confessate dunque i vostri peccati gli uni agli altri, pregate gli uni per gli altri affinché siate guariti; la preghiera del giusto ha una grande efficacia.” (Giacomo 5:16) Se vuoi guarire, devi confessare che hai sbagliato. Se vuoi guarire, devi chiedere perdono. Qualche nota “pratica” in conclusione su come e quando e cosa accade. Come debbo chiedere perdono? Devo andare di persona? O devo telefonare? Oppure scrivere? Non c'è una regola: Gesù dice: “va’ prima a riconciliarti con tuo fratello”, perché all'epoca non esisteva il telefono o WhatsApp, o le e.mail. Alcune volte, dipende dal carattere dell'atra parte il contatto fisico potrebbe essere sconsigliato almeno all'inizio. Non c'è una regola: prega, chiedi consigli ad altri credenti maturi, rifletti sul carattere dell'altra parte della catena... ma agisci! Quando debbo chiedere perdono? Prima lo fai, meglio è. Paolo dice: “Il sole non tramonti sopra la vostra ira e non fate posto al diavolo.” (Efesini 4:26b-27) 25


Tra mia moglie e me c'è un patto sin dall'inizio del matrimonio che viene (QUASI!) sempre rispettato: “Prima di andare a letto dobbiamo aver chiarito chi ha sbagliato deve aver chiesto perdono e chi è stato offeso deve aver perdonato.” Più passa il tempo, più il problema diventerà grande, meno sentirai la voglia di chiedere perdono, meno sarai disposto a concederlo. Cosa succede se non mi perdonano? Succede che tu avrai fatto tutto il possibile, che ti penti di quello che è successo e che vuoi il loro perdono. Questo è ciò che è importante per Dio. Paolo dice: “Sopportatevi gli uni gli altri e perdonatevi a vicenda, se uno ha di che dolersi di un altro. Come il Signore vi ha perdonati, così fate anche voi.” (Colossesi 3:13) Potrebbero non perdonarti, naturalmente; problema, non il tuo.

ma a quel punto

diventa il loro

E' a loro che resterà la catena attaccata... non a te. Tu sarai di nuovo libero, sarai di nuovo libera. Cosa succede se la persona che ho offeso non c'è più? Alcune volte non sarà possibile chiedere perdono, perché abbiamo perduto contatto con le persone, o perché non ci sono più. A Dio interessa il tuo cuore, non quello che dice la tua bocca. Prendi ad esempio il Ladrone in croce con Gesù: “Per noi è giusto, perché riceviamo la pena che ci meritiamo per le nostre azioni, ma questi non ha fatto nulla di male». E diceva: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno!» Ed egli gli disse: «Io ti dico in verità, oggi tu sarai con me in paradiso».(Luca 23: 41:43) 26


Certo, il ladrone non è che poteva scendere dalla croce, e andare a chiedere scusa a chi aveva rubato Gesù vede l'impossibilità di chiedere perdono fisicamente vede il suo cuore, e in base a quello decide. Ma ricorda: è un'eccezione: se c'è la possibilità, devi “andare”! Sul manifesto l'uomo aveva scritto: “Quando un uomo sbaglia deve saper chiedere perdono, dimostrare con i fatti amore, rispetto e attenzione … Ho la fortuna di aver ricevuto il dono di Dio per averci uniti e fatti divenire un’anima sola!”. Sei pronto, sei pronta ad essere l'uomo di Dio, ad essere la donna di Dio e dimostrar amore, affetto, attenzione sapendo di aver ricevuto il dono della Grazia? Sapendo di essere stato perdonato attraverso Gesù?

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5 Esiste una strategia per chiedere perdono? Esiste un “modo migliore” per chiedere perdono? La Bibbia è disseminata di istruzioni, di piani, di strategie che il Signore predilige, perché sa che sono quelle realmente efficaci.

Ammettiamolo, noi siamo molto bravi a fare piani per ferire gli altri... ma quando si tratta di chiedere scusa, sovente non sappiamo da dove iniziare. C'è una indicazione nella Parola di Dio che mi aiuti a sapere “come fare”, un piano studiato da Dio attraverso cui le mie probabilità di di essere perdonato, di essere perdonata siano più alte? Fortunatamente la risposta è: si! Dico ironicamente “fortunatamente” in quanto Dio ci conosce, e sa che non siamo molto capaci a studiare piani perfetti... e allora ce li fornisce lui direttamente! Ed è per questo che la Bibbia è disseminata di istruzioni, di piani, di strategie che il Signore predilige, perché sa che sono quelle realmente efficaci. Proverbi dice che: “Ci sono molti disegni nel cuore dell’uomo, ma il piano del Signore è quello che sussiste.” (Proverbi 19:21) Spetta a noi cercali, trovarli ed applicarli. Nel Vangelo di Luca, Gesù spiega che il Padre è alla ricerca di coloro che sono perduti, e lo fa attraverso tre racconti: quello di una pecora che si è involontariamente persa, quello di una moneta che involontariamente è stata persa e infine quello di un uomo che volontariamente si è perso, allontanandosi dal padre e dalla sua casa. Mentre nei primi due racconti non c'è volontarietà di perdesi da parte di nessuno in quello del “figliol prodigo” c'è una chiara volontà e una altrettanto chiara offesa del figlio verso il padre. 28


La fine della storia, lo sappiamo tutti, è positiva: il figlio viene riaccolto in casa, si uccide il vitello grasso, gli viene ridato l'anello che simboleggia la possibilità di agire, comprare, vendere e stabilire contratti come fosse il padrone di tutto. Ma tutto questo non è avvenuto “in un attimo”, non è stato “automatico” il perdono del padre; non è stato un semplice “scusa pà ” rientrando a casa da parte del figlio a riabilitarlo. C'è stato un processo, un piano che Dio a messo lì affinché aiuti noi a sapere quale sia il piano migliore per chiedere perdono. Tutto parte dal nostro egoismo Leggiamo assieme l'inizio della storia: “Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. Il più giovane di loro disse al padre: “Padre, dammi la parte dei beni che mi spetta”. Ed egli divise fra loro i beni.” (Luca 15:11-12) Quello che fa il figlio è chiedere un terzo dei possedimenti del padre normalmente otterrebbe quando il padre muore.

che

A noi occidentali questo versetto appare come una domanda un po' “bizzarra”, un po' avventata del figlio, ma niente di più. Per gli ebrei che ascoltavano invece aveva un impatto completamente differente: il figlio, difatti, stava chiedendo al padre di andare più volte CONTRO la legge ebraica. Per prima cosa, lui non era il primogenito,ma il secondo. Il primogenito aveva, per legge, la priorità sul possesso e sulla scelta dell'eredità. Per seconda cosa, stava disobbedendo al quinto Comandamento, che recita “onora tuo padre e tua madre” e chiedendogli di avere i soldi prima della sua morte gli stava dicendo: “Per me tu sei come morto”; stava disonorando il padre.

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Per terza cosa, c'erano delle leggi che impedivano la vendita del terreno al di fuori della famiglia. Israele era un paese di allevatori di bestiame, la ricchezza si calcolava non in palazzi o azioni in banca, ma in capi di bestiame posseduti Ma, per poter nutrire il bestiame, era necessario possedere terreni. E' per questo che la legge di Mosè metteva grandissime restrizioni sulla cessione della terra ad altri, tanto è vero che che, dopo cinquanta anni, nell'anno del Giubileo, le terre dovevano ritornare ai proprietari anche se le avevi pagate. così da non disperdere il patrimonio di terreni con cui nutrire gli animali. Gesù ci da una indicazione molto chiara: il peccato, dall'egoismo.

tutti i peccati, nascono

Quando mi concentro su di me e io divento il centro dell'universo, sono disposto a passare sopra qualsiasi legge fosse anche quella di Dio. L'egoismo porta sempre alla separazione “Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, messa insieme ogni cosa, partì per un paese lontano e vi sperperò i suoi beni, vivendo dissolutamente.” (Luca 15:13)

Ormai dovresti essere familiare con questa immagine. Quando c'è un'offesa, c'è sempre una separazione. Ed è interessante che la separazione, stavolta avviene a causa di chi ha offeso di chi dovrebbe essere perdonato, non di chi dovrebbe perdonare.

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Quando pecchiamo contro gli altri, stiamo dicendo: “Io sono più importante di tutti, io ho più diritto degli altri, io merito di più degli altri”. E così ci separiamo dagli altri. Paolo consiglia, invece, s'esatto opposto: “Nessuno cerchi il proprio vantaggio, ma ciascuno cerchi quello degli altri.” (1 Corinzi 10:24) In un altro passo (Romani 12:10) dirà che dobbiamo fare “a gara” per renderci l'onore. In un'altro che dobbiamo “stimare gli altri più di noi stessi”. Tutto questo perché sa che se ci isoliamo attraverso il peccato dal resto del mondo, e da chi ci ama, la rovina è lì a due passi “Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una gran carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora si mise con uno degli abitanti di quel paese, il quale lo mandò nei suoi campi a pascolare i maiali. Ed egli avrebbe voluto sfamarsi con i baccelli che i maiali mangiavano, ma nessuno gliene dava. (Luca 15:14-16) Come chiedere perdono secondo Dio Spesso si dice che per risalire dobbiamo toccare il fondo, darci una spinta per tornare su. E quello che da qui in avanti Gesù illustra, è come il giovane prende coscienza, pianifica ed agisce per poter chiedere il perdono del padre. Questo è un metodo molto pratico che io e te possiamo applicare quando ci troviamo a dove chiedere perdono e non sappiamo da dove cominciare. 1. Valuta obiettivamente le tue azioni “Allora, rientrato in sé, disse” (Luca 15:17a) La prima cosa che fa il giovane, è valutare con obiettività il suo comportamento.

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Qui Gesù sta dicendo che, quando commetti peccato sei “fuori di te”. Sei stato progettato, sei stata progettata per essere felice, fintanto che segui le “istruzioni per l'uso” di chi ti ha creato. Il peccato ci porta fuori dal piano di Dio, e per poter ritornare ad essere felici, dobbiamo “ritornare” dalla nostra passeggiata fuori da noi. 2. Valuta la differenza tra prima e adesso “Quanti servi di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!” (Luca 15:17b) La seconda cosa che fa il giovane, è valutare la differenza tra la situazione prima dell'offesa, e dopo l'offesa: “qua fame, a casa di mio padre abbondanza”. In sostanza ciò che devi fare è di valutare quale beneficio hai tratto dal tuo peccato. Spesso sembra che il nostro peccato porti al nostro utile, altrimenti, perché lo faremmo! Per il figlio era stato così: mesi di donne e champagne... ma poi era arrivata la fame. Se valuti l'impatto a lunga scadenza delle tue azioni, vedrai che che il bilancio tra guadagno e perdita è sempre negativo. 3. Fai un piano “Io mi alzerò e andrò da mio padre, e gli dirò: ‘Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio; trattami come uno dei tuoi servi’”. (Luca 15: 18-19) Il giovane non ha semplicemente preso il primo autobus verso casa, ma si è fatto un piano mentale ben preciso: Questo vedremo che lo aiuterà quando vedrà il padre, a non dimenticarsi le cose importanti da dire: offesa (ho peccato contro te), conseguenza (non sono più degno), prezzo disposto a pagare (trattami come un tuo servo).

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Fare un piano di quello che dirai è importate. a) Per prima cosa perché ti “rilassa: sai perfettamente quello che dirai anche sotto stress. b) Dimostra all'altro che ci hai pensato, che non è una decisione impulsiva. c) Ti obbliga a riflettere sulle possibili conseguenze delle tue azioni. d) Offre all'altro la possibilità di mostrare grazia nei tuoi confronti. 4. Agisci “Egli dunque si alzò e tornò da suo padre.” (Luca 15:20a) Sembra quasi superfluo dirlo, ma credimi che non lo è. Non puoi immaginare quante persone facciano tutto bene nei primo tre passi... ma si blocchino sul più importante: l'azione. E questo avviene per i più svariati motivi: paura di essere rifiutati timidezza, imbarazzo, non trovare il momento giusto, e neppure cercarlo... I primi tre passi, non valgono nulla se non decidi di agire. 5. Ammetti la tua colpa senza se e senza ma “Ma mentre egli era ancora lontano, suo padre lo vide e ne ebbe compassione; corse, gli si gettò al collo e lo baciò. E il figlio gli disse: “Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te: non sono più degno di essere chiamato tuo figlio”. (Luca 15:20b-21) Quando chiedi scusa, non appellarti alle “attenuanti generiche” ai “si però anche tu...”. ai “che vuoi, io sono fatto così” ai “ho avuto un'infanzia difficile”... Quello che devi fare, è ammettere TUTTA la tua colpa, e appellarti alla clemenza della corte. Hai visto? Il giovane ha usato esattamente le parole che aveva pensato quando ha elaborato il piano. Non ha dovuto improvvisare lì sul momento, con l'emozione di rivedere casa, il padre che lo abbraccia e lo bacia. 33


Se non avesse fatto il piano, non sarebbe stato probabilmente capace di chiedere scusa per filo e per segno del suo peccato. Gesù concluderà così la storia: “Ma il padre disse ai suoi servi: “Presto, portate qui la veste più bella e rivestitelo, mettetegli un anello al dito e dei calzari ai piedi; portate fuori il vitello ingrassato, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato”. (Luca 15:22-24). Questo breve libro si intitola “Perdonare come Dio mi perdona”. Gesù vuole illustrare che Dio non sale la piramide dal basso, ma scende dall'alto ad incontrarci e perdonarci. Non posso assicurarti che troverai un interlocutore simile a Dio quando chiederai perdono. Qualche volta sarai stupito, sarai stupita di vedere che chi avevi offeso non vedeva l'ora di poterti perdonare. Altre volte sarai rifiutato, sarai rifiutata, ma tu avrai fatto del tuo meglio; il resto lo dovrai lasciare all'altro. Il percorso per chiedere perdono che Gesù ci mostra, è impegnativo, perché coinvolge tutto di noi: il ravvedersi, il fare un piano, l'agire, l'umiliarsi. Costa fatica, ma ricordati: Dio è più interessato al tuo carattere che alla tua comodità. Perché il mondo comodo prima o poi finisce, ma il carattere, quello lo porterai con te per l'eternità. Dio ti aiuti a perdonare così come sei stato perdonato, come sei stata perdonata.

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La piramide del Perdono

Il metodo dell'uomo: salire

Il metodo di Dio: scendere...

‌ e saltare piÚ gradini possibili!

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