Arno Schmidt - Brand's Haide

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Arno Schmidt

Brand’s Haide

avieri


Con Brand’s Haide Arno Schmidt ha scritto una sorta di ideale continuazione di uno dei più bei racconti del Novecento, Il Leviatano, in cui egli narrava gli ultimi bagliori della guerra in Germania. Come in quel racconto, è formidabile la sua capacità di mescolare dati e personaggi assolutamente quotidiani e “volgari” con una vertiginosa riflessione sulla Storia e sul nazismo, sulla grandezza e inefficienza della cultura e dell’arte per contrastare i mali del mondo. Qui siamo in pieno dopoguerra, ma lontano dai centri della Storia, ed un privato rapporto d’amore, destinato a finire nella separazione (di cui sono causa, in definitiva, la fame, gli obblighi della sopravvivenza), si mescola alle riflessioni almeno in parte autobiografiche di uno scrittore a caccia di documenti per una biografia su Fouqué, l’autore di Ondina, erede del fallimento illuminista. Pannello centrale di Nobodaddy’s Kinder (la trilogia che ha per estremi il Fauno e *Specchi neri), Brand’s Haide non solo elabora strategie e modi di narrare d’incredibile maestria, ma mette a nudo ancora una volta la sconfitta di ogni pretesa di razionalità, assieme a un caustico, furioso, comico e disperato bisogno di essa. Questa traduzione ci permette di godere e soffrire fino in fondo l’opera del più spericolato, inventivo e geniale tra gli scrittori tedeschi del Novecento. Goffredo Fofi


collana arno 5



Arno Schmidt

Brand’s Haide a cura di Domenico Pinto

avieri


Arno Schmidt Brand’s Haide Lavieri editore / ISBN 978-88-89312-38-4

Traduzione di Domenico Pinto Copyright © 2007 Ipermedium comunicazione e servizi s.a.s.

Titolo originale dell’opera: Brand’s Haide

© 1951 by Rowohlt Verlag GmbH, Hamburg. By permission of S. Fischer Verlag GmbH, Frankfurt am Main

Questo libro è stato pubblicato con il contributo della Arno Schmidt Stiftung (www.arno-schmidt-stiftung.de).

Lavieri Via IV Novembre, 19 81020 S. Angelo in Formis (CE) www.lavieri.it / info@lavieri.it


Sommario

Brand’s Haide . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Cronologia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 107 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 113


La traduzione di Brand’s Haide è stata condotta sul testo della Bargfelder Ausgabe, ricalcandone il sistema di grafie e l’impianto interpuntivo. Questa punteggiatura, che potrà apparire insolita al lettore italiano, è in Schmidt una tecnica per stenografare il pensiero e eliminare il superfluo della narrazione. Ringrazio la Arno Schmidt Stiftung per aver reso possibile la pubblicazione del romanzo, in particolar modo Susanne Fischer per l’aiuto prestato in corso d’opera. Un caro ringraziamento, inoltre, a Stefano Gallerani, Michael Herrmany, Antonio Pane, Diana Politano, Gabriel Luca Popper, Andrea Raos, Daniele Ventre, John Woods.

D. P.


Brand’s Haide



Blakenhof ovvero i sopravvissuti

21. 3. 1946  : su carta da cesso britannica. Giallo bicchiere giaceva la luna incrinata, mi venne fatto di ruttare, in fondo alla foschia violetta (più tardi di nuovo). «Conigli» dissi; «proprio così  : come i conigli  !» E li seguii con lo sguardo, una mezza dozzina, cartelle a pendolo nell’aria fredda, con gambe a spillo. Poi tre più robusti  : dunque figlioletti dei contadini locali. I genitori che ancora mettono figli a questo mondo bisognerebbe punirli (i.e. fiscalmente  : per il primo bambino dovrebbero pagare 20 marchi al mese, per il secondo 150, per il terzo 800). «Perché proprio 800  ?» Lo osservai  : un uomo anziano (meglio  : d’una certa età). Vestiti di lana grezza, stivali, davanti a lui un carretto di magnifiche foglie d’autunno, spente, rosse e rossicce. Con cautela ne tirai una (acero) e ne tenni la trasparenza contro la luce  : magistrale, magistrale. (E che sperpero  ! Dev’esserne stufo  !) «Be’» dissi cordiale (volevo ancora un’informazione geografica  !), «per quanto mi riguarda  : 1.000. – Non pensa che sarebbe una buona cosa  ?» «Hm», spinse assorto, «per me sì. Ce n’è troppi al mondo  : uomini». «Ebbene», feci il punto (di questo argomento)  : «emigrare non è consentito. Perciò non resta che una rigida limitazione delle nascite; la ciacola pretesca è quantité négligeable –» (lui annuiva, assolutamente convinto) «– entro 100 anni l’umanità calerebbe a 10 milioni, poi si tornerà a respirare  !» Avevo poco tempo; in più arrivò un freddo cane giù per il bel sentiero inerbito; chiesi a Stivale-foderato (un lavoro di fino  : a un tratto mi sopravvenne la parola «pelliccia d’orso»  !)  : «Ci vuole molto per Blakenhof  ?» Accennò con la testa larga  : «Là  !» sbottò stringato  : «un buco di posto» e  : «forse che torna di prigionia  ? – Da Ivan  ?  ?». «Noo», bleffai, troncando spiacevoli ricordi  : «Bruxelles. Con gli Inglesi.» «E  ? Com’erano questi  ?» Feci di no  : «Acciuffavano uno e l’usavano per dartele. Certo un po’ meglio dei Russi.» Ma  : «Capitava di non andare


di corpo per 14 giorni. A luglio ci hanno fatto cantare Stille Nacht, Heilige Nacht  : altrimenti non si rompevano le righe.» «Non per nulla  : più bianco del Persil non si può  !» (i.e. libertà  !) Colsi dai suoi occhi blu altre domande  : «Il Landrat», spiegai disgustato, aggrondandomi  : «mi ha assegnato al maestro». «Ah  : lui sta da quella parte  !» levò gli occhi in alto  : «Lassù, dove c’è la chiesa. – – Al maestro  ?  ?  : ma non c’è più posto  ! Pure lei è maestro  ?» Scrollai energicamente, mi decisi  : «Scrittore», dissi, «e giusto giusto vicino alla chiesa  ? Deus afflavit . . .» (e feci di no con uno sbadiglio). Se la ghignò (quindi manco lui se la beve  : buon nocciolo, qui in Bassa Sassonia  !). Ma era anche curioso  : «Scrittore  !» disse vispo; «tipo per giornali, no  ?». «Nient’affatto», replicai sdegnato (non stimo il lavoro del giornalista)  : «brevi racconti; un tempo dolci, adesso furiosi. Negli intervalli una biografia di Fouqué  : il mio lumino perpetuo.» Lui meditò e arricciò il muso grigio  : «Fouqué –» disse dandosi arie  : «un uomo religioso, quello. – – un barone, vero  ?» «E anche un grande poeta», dissi brusco, «io non sono né l’uno né l’altro. Modestamente  !» Poi mi parve singolare  : «Lei sa di Fouqué  ?  !» mostrai tiepido interesse (mani rozze, ma un naso fenomenale. E il vento cominciò di nuovo a fischiare, come provenisse dai Siginni  : quelli coi cani dal pelo fitto). «Tutti noi erementalici, qui, conosciamo l’Ondina», ribatté con dignità; c’era una parola che non avevo capito; però non volevo perdere tempo, ché le ossa mi dolevano per lo strascinio. Mi alzai dallo scanno  : «Allora di lì –» dissi stanco; «Sì  : qua –» prese un ramo e raspò nella sabbia della ciclabile  : «Per la salita; la chiesa è sulla destra; a sinistra abita il soprintendente –» (feci di no  : solo Palafox e Sarpi erano degni di rispetto; forse ancora Muscovius; forse altri ancora. Bah, che importa.)  : «– quello nuovo è l’edificio scolastico  : di lì  !» – «Grazie.», sollevai la cassa delle munizioni (un esemplare magnifico  : l’interno rivestito di zinco, guarnizione di gomma, come i pacchi tropicalizzati)  : «’Rivederci». Si passò una mano sul viso e fu sparito (oggidì chiunque può dileguarsi; ’na volta ho visto un tale a cui è esplosa una 28 a due passi  !) Il tubo dell’acqua  : alla casa del pastore, uno che lo tendeva nelle mani lardose  : Del Laocoonte, ossia Dei limiti della pittura e della poesia. In alto il cielo devastato, desolante come un campo 12


di patate vuoto, ci mancano solo i solchi di trattore e un istrice, don’t ask me why. Figura imponente, fra l’altro, il grassone, i.e. dopo la morte valeva bene il suo carro e mezzo di letame. E accanto alla chiesa  : c’è da bere il calice sino alla feccia  ! – Nello spiazzo mi sentivo, come dire, esposto  : se ora mi piombasse sulla cuticagna una stella filante; e voltai l’angolo immusonito. (Mi saltò in mente il titolo d’un libro  : «Senti qua  !» = Conversazioni con Dio.) «Oddio  !» disse lei, stagionata e smilza. Io feci quante spallucce potei  : «Mi ci ha mandato il Landrat» dissi, come se la faccenda si fosse svolta con forti shake-hands, e fissai implacabile timbro e sigla (in hoc signo vinces; si spera). «Va be’; prego, si accomodi», capitolò. Misi lo scanno nel corridoio, presi la grossa cassa per la maniglia di corda e ce la misi sopra, poi seguii lei nel soggiorno  : tutto verde, dal taglio dorato. Di fronte c’era appesa una pirografia; a quel tempo dava un tocco di decoro e opulenza (anche i miei genitori . . .); dopo essermi presentato per le spicce mi accostai subito a una libreria; volumi. Circa 200. «Abbiamo tutto il Ganghofer», fiera; e indicò la collana verde-cacciatore. «Sissì, vedo» risposi tetro  : dunque pirografie e Ganghofer  : qui mi sarei sentito come a casa mia. Un canuto Brockhaus  : estrassi con freddezza il volume F; Fouqué; . . . «dopo le guerre di liberazione visse fra Nennhausen e Paris (sic  !)», lessi e sorrisi glaciale. Giusto  : c’era pure il Vertikow; specchietti, bitorzoli, merlature; un Borobudur di mogano. Autentico. Con il legno si può fare di tutto  : contegnosa e felice, passò la mano intorno a una colonnetta tortile, prosperosa  : così Tristano deve avere accarezzato Isotta, o Kara ben Nemsi il suo Rih. «Schorsch» era il nome del figlio, il maestro. Era stato allievo ufficiale. E i suoi occhi superbirono come vetruzzi di Gablonz. O di Pforzheim. Eppure tutti gli uomini giravano in uniformi da tommy colorate; tutte le donne portavano calzoni. Femmina ridicola. «Scrittore –  ?» fece curiosa, e apparve di colpo a suo agio, al suo livello sociale. «Sì, però . . . .»; in breve  : lei me lo mostrò  : Lo stambugio  : di dietro, voltando l’angolo; sul sagrato della chiesa. 2,5 metri per 3,0; ma prima bisognava sbattere fuori il ciarpame; vanghe, zappe, attrezzi, e mi offrii di farlo da me (avevo comunque bisogno di martello e tenaglia, chiodi  : veramente cosa rara, no  ?) 13


«Molto lieto» disse lui con disinvoltura. Neanche trent’anni e già una bella pelata; in più quelle maniere sgradevoli che da sempre distinguono gli ufficiali. Bifolchi. Parole, parole; scemo, scemo  : inoltre uno di coloro che già a 20 anni non bevono e non fumano per «riguardo alla salute» (la domenica, poi, molti di questi si fanno non meno di 60 km a piedi, in fogge bavaresi e con il collo scoperto, gli stessi che impazziscono per le ciotole di legno e i fiori di campo nei vasi rustici); costui ballava; «con passione», come amava dire  : ma che ne sai tu della passione  ? «Di là ci sono due ragazze» vi accennò col mento di un uomo che le conosca per dritto e per rovescio, fino alla noia  : poi grazie a Dio c’era di nuovo lezione e se ne andò; vamoose plenty pronto. Gli scolari già intonavano un canto con voci ferme; un rammollito avrebbe detto  : limpide; ma io previdi con esattezza mortale il bercìo di queste ugole di bronzo durante la ricreazione. (Allora non sapevo che il soprintendente Schrader aveva proibito di far chiasso sul sagrato, e in compenso loro sfogavano i nervi sul campo da calcio). Forse i miei abiti sbrendolati venivano presi per una geniale stravaganza; d’un tratto mi sopravvenne Dumont d’Urville e il viaggio dell’Astrolabe. Illustrazioni stupende. Ma non era il momento. Attraversai la minuscola anticamera imbiancata a calce  : un rubinetto che gocciolava in segno di attività  : buono  ! (i.e. non il gocciolio; ma che c’è pure l’acqua  !) Io bussai  : «Mi perdoni  : – mica potrebbe prestarmi uno scopino e una paletta  ? E il secchio con uno straccio  : per mezzora – ?» – – – Una ragazza piccola, tranquilla, sui 30, ma plain Jane, insomma brutta, stava vicino al tavolo (arredamento molto carino, tra l’altro, anche se era solo una stanza. Però bella spaziosa; lunga; 8 metri almeno  !); mi guardò in silenzio e imbarazzata  : «Sì . . . .» disse esitando  : «– perché . . . .» e da dietro, alle spalle di un paravento dove ci saranno stati i letti, provenne una voce tagliente e nuda  : «Sì  : perché  ?  ! – Non se ne parla affatto  ! –» disse dell’altro; ma io già richiudevo la porta  : «Oh, pardon –» aggiunsi in un eccesso di cortesia  : non male venire offesi all’inizio; così poi crescevano gli obblighi verso di te; si gettavano sicure basi per scroccare ancora. Ma per ora restavo con un palmo di naso  ! Com’è che si chiama  : una chaise longue senza molle e poggiatesta a cui manca anche la fodera  ? Me la vendé la madre del maestro, 14


con alcune assi che tagliai alla svelta e su cui inchiodai un telaio di legno (peraltro molto solido). Avanzò perfino qualcosa; se squarcio il mio cinturone posso farci un paio di zoccoli; intuizione luminosa. Agricoltori di spicco, nel paese, uno deve avere 28 capi di bestiame  : il suo nome è Apel (lo chiameremo il Granvitelliere). Ovvio che adesso era tutto pieno di segatura e vecchio lerciume; le pareti ben imbiancate a calce; pavimento in pietra. Non si riusciva neanche a chiudere; solo il chiavistello di ferro e una graffa  : ciò presupponeva un lucchetto  : e allora niente. Inoltre sembrava che le madamigelle tenessero la porta d’ingresso sempre chiusa; c’era infilata puntualmente la chiave. Fuori un cartellino scritto a mano, però sotto decoroso cellophan (o Transparit; così alla Wolff & Co. non s’offendono); lodato sia il Mil Gov  : uno sa subito chi abita in un dato posto. Nessuna donna potrà più celare i propri anni (come questa Albertine Tode  : una cosa pazzesca, il fatto che Fouqué stesso non sapesse l’età di sua moglie. Ben curioso.). «Lore Peters, 32 anni, segretaria». «Grete Meyer, 32, operaia»  : perciò quella con la boccaccia era certamente la Peters (o forse no  : anche le operaie sono delle facce toste, scafate come camionisti; non c’era modo di capirlo, per ora). Presi dalla tasca il mozzicone di matita (nel campo di prigionia era stata un bene prezioso; ma soprattutto la carta; io scarabocchiavo sulla rara carta igienica, calcolandovi sigma e tau) e vi aggiunsi  : nome. Anch’io 32. Piccolo piccolo, sotto, per la mancanza di spazio  : scrittore  : non malaccio come presentazione; perché di straforo venivo già osservato dalle tendine civettuole (finestra in grembiule da domestica). Poi passai per il sagrato, alla volta di uno scopino. Un laghetto rotondo viveva da 300 anni nella cava di sabbia. Anche la signora Schrader mi sbatté fuori diffidente  : ama il prossimo tuo come te stesso  : quod erat demonstrandum. Dalla signora Bauer (Dio mio  : la maestra  !) non ci andai  : temevo per la mia reputazione. Isolato, fuori, il gabinetto tutto lindo, a tre posti; una bella casetta in pietra, cabine pulite; forse costruito per gli scolari; l’acqua scorreva; superbo. «Ma per uno scopino devo farmela sino al paese  ?  !» (e poi non lo rimedio di sicuro  !) Così stavo di nuovo sulla strada provinciale, bieco e infreddolito. 15


Rrumms, il camion si fermò; un tommy balzò a terra, si appressò e domandò concisamente  : «Dis way to Uelzen  ?  !» Feci quello che non capisce (Dym Sassenach) – ma sul serio non sapevo se dovesse prendere a destra o a sinistra –; meditai obediently e esibii cortese il mio documento d’identità, blu, ap n° 498109. La sua bocca prese una piega divertita e annuì  : tutto a posto; sollevò il dito ancora una volta  : «Iul–zenn  !» insisté  : niente. Niente di niente. Spiccò sopra di nuovo  : scarpe fantastiche, us-made, spesse suole di gomma  : la nostra naia non poteva tener testa  : by by. Se avessi avuto uno scopino forse avrei cicalato un po’, ma così no; e andandomene, già riflettevo su quel che avrei potuto dire, scacciai i pensieri oziosi  : che strano che è l’uomo, incluso Schmidt . . . . . magari le madamigelle, sopra, ora stavano davanti alla porta, i.e. una da palo; l’altra, la Peters, di sicuro già nel Taj Mahal; forse chiamava dentro la Grete, si faceva beffe del mobilio, scannocassabranda  : pietà, vergogna, migliori propositi  : eccellente. Un pezzo di cartone  : va bene come paletta, e un ramo eventualmente. Una scopa di frasche. Ero daccapo al bosco di poc’anzi  : anche il Vecchio aveva di quegli attrezzi da trincea, per quando spolverava i sentieri forestali. Gridai di nuovo salve; ma non si vedeva più Nessuno; mica avrebbe trascorso il crepuscolo della sua vita nello stesso identico punto. Mi addentrai irresoluto per un tratto di sentiero  : per me è dura recidere cespugli e rametti (a tale riguardo sono antivegetariano); estirparli neanche a parlarne, e un coltello non ce l’avevo; che palle. Bello qui. Ecco che piovigginava; e dovevo comprare ancora il pane; entro un’ora faceva scuro  : era questa la parola  : scuro  ! In tale stato d’animo mi volsi di nuovo  : e la canaglia se ne stava giù all’ingresso. Io dissi, senza fiato  : «Mi perdoni se ho urlato così. Le volevo solo domandare in prestito per – – 40 minuti – i suoi attrezzi. Glieli riporterei subito.» E raccontai molto alla svelta what’s what. «Hm – si vede che lei non è di queste parti» rise soddisfatto (in realtà lo sapeva già da prima; a che pro dunque l’osservazione  : perché non sembrava tipo da farla solo per amore del discorso, troppo scaltro. Doveva intendere qualcosa. – Quien sabe; io no). «Massì», disse benevolmente; sollevò la testa, indagatore  : «Però cosa cercava là dentro  ?» Non glielo nascosi; ero un amico 16




Krumau o se vuoi vedermi ancora una volta

Il vento, il vento  : veniva a lunghi solchi, la testa bassa da bufalo trasvolava, sopra Brands-Haide, sopra la strada transitata, ad altezza di collina sopra nessuna foglia  : poi si gettò nello spiazzo, sprizzando ghiaia fino a noi; tuttavia rimanemmo saldi, le braccia scarne avviticciate, Lore, io, Grete. (Intorno a noi tre case  : Schrader, la nostra catapecchia, la casa del Signore  : ma a nulla serviva con un vento simile; solo le nostre braccia). Per qualche tempo l’ippocratico viso affilato della luna si sporse là in alto, obliquo, fra i lini imbrattati, da far vacillare, da far spavento  : strano  : una luce così pallida e il vento  : e frattanto essere uomini  ! (Per fortuna sentivamo le nostre membra attraverso la stoffa sottilissima, stretti forte l’uno all’altro (Dio, che braccia magre aveva Grete  : le donne non dovrebbero «lavorare»  ! E però sempre robota, robota  : maledetto ritornello  !) Un rotolio sulle nere foreste, imbambolate dalla luna;  : «Arriva», sibilò Lore (la mia Lore  !) e si premette, come un bacio; chinammo le fronti caparbie, e la folata si schiantò intorno e sopra di noi  : in un battibaleno il macabraltissimo fu sparito  : chi ci resisterà  ?  ! Grete trasalì; infilò la mano destra (libera) dentro il mio colletto; priva di fiato disse  : «Tu  !», e Lore accanto ronfava come una dea  : tutto, Lore  ! (Avere tre biciclette, e fianco a fianco tagliare la corda, senza poter smettere di darsela a gambe  !) Tirai fuori la fiaschetta dal cappotto; sia benedetta Mrs. Kiesler  ! e loro ripeterono, lente e solenni, un sonante  : God bless her  ! E così facemmo l’ultimo sorso. E vento  : Passi pesanti in alto, nelle nubi, e noi ce la battemmo in tutte le direzioni. Tirare di scherma con l’ubiquo  : ecco cos’è essere uomini. «Accidenti  : Ridammi l’infinito  !» gemé Lore (la mia Lore  !) accanto a me. Io ruotai verso di lei (con Grete nelle braccia); dissi  : «Tu  !»


Tregua. «No» dissi  : «non posso, Lore  !» (La mia Lore  ! Grete fu semplicemente trascinata) – «Chissà che cosa ci aspetta –» (Giustissimo, Lore  : quien sabe  ! Io no  !) vento; vento  : ci piegammo e scattammo come molle  : Ci piegammo  ?  ! Davanti a chi  !  ? «Copri il tuo cielo, Giove, col vapor delle nubi»  : Sissignore  ! Pioggia d’ottobre  : ma senza di noi  ! Tra risa di disprezzo, entrammo incespicando  : «Senza di noi  !» «E ora leggi qualcosa  !» mi sfidò Lore; io la guardai dritto nel viso effervescente, su cui passavano le nuvole, passavano le ombre, eppure chiarità di lineamenti  : mi precederai in quel che resta della vita  !  : fece il giro del tavolo luminoso, quello con la tovaglia bianca, e mi prese nelle braccia (Grete ne pianse). E la galoppata unnica del vento su Brands-Haide, mentre lacrimava il cielo, e i nostri piccoli vetri ronzarono  : calma, calma  ! Difendiamo la posizione  ! 6 anni soldato, e nell’artiglieria pesante  : deve fare un botto terribile prima che ci spaventiamo, eh  ?  ! Una matita (: se uno dovesse fabbricarsela da sé  ! – Pensate se l’umanità fosse bell’e andata  : e voi dovete realizzare una matita  !  ! – Magia  !) in mano  : diedi uno sguardo circolare. Lore; Lore; Grete  : drizzai la punta dell’aggeggio, e lessi  : «Qualche ora più tardi venne svegliato da uno strano rumore. Gli giunse all’orecchio come il tuono lontano dal fondo di un burrone. Dapprincipio volle convincersi, ancora nel dormiveglia, che si trattasse del temporale nelle montagne, ma sempre più distintamente il suono si levava dal lato opposto, dove di giorno aveva notato la porta chiusa. / Presso questi luoghi, l’inspiegabile orrore che s’accompagna nottetempo al risveglio in un ambiente sconosciuto scosse l’animo di Alethes con forza duplicata. Il vecchio pazzo russava e proferiva in sogno parole di lamento; uno svolazzio inquieto, forse di pipistrelli, rasentò la volta della caverna, e dalle profondità salivano, carichi di minaccia, i mugghi, i sibili e gli ululati. Alethes, vinto dalle tenebre e dallo spavento, chiamò il vecchio. Questi domandò, gemendo, che cosa succedesse. «Non senti» urlò Alethes «il furioso tumulto che rimonta come da abissi insondabili  ? –» «Oh, oh» disse il vecchio con un riso di scherno  : «solo questo  ? Voglio fartelo udire ancora meglio  ! –» Ed egli fu già alla porta che conduceva all’interno della 86


roccia, la disserrò, e un vento freddo e tagliente irruppe verso l’alto insieme al tremendo, quasi assordante ruggito. – «Ma che cos’è  ? Cos’è che vuole  ? Parla, mago malvagio  !» così urlò Alethes, reso folle dallo strepito. Il vecchio si teneva presso di lui, dacché la porta era presso il giaciglio dell’ospite, e disse con voce percettibile attraverso il fragore  : «La cavità nella roccia porta nel profondo della montagna, scende per gole mai viste in una caverna di ghiaccio, dentro la quale v’è un lago senza fondo. Le sue acque sono di solito calme; ma quando una tempesta così violenta, come oggi, rotola dalle nubi, essa si spinge per passaggi ignoti fino a quelle acque recondite, e allora fischia e ulula come hai appena inteso. Ci si può inoltrare un po’ nella caverna scivolando sul ghiaccio levigato, ma bisogna esser prudenti, ché tre passi di troppo e Senzafondo ti terrà nella sua prigione fino al giudizio universale. È per tale motivo che ho sbarrato l’accesso  : non si può mai sapere, di quando in quando passano agli uomini strane idee per il capo. – E ora te ne darò prova –» Egli disse queste parole con una risata rauca, già di là dalla porta, e Alethes lo sentì muoversi intorno, scivolando sul ghiaccio. Lui stesso, sdraiato sul suo giaciglio, venne preso da vertigine, e fu come il fruscio di uno spirito malvagio della palude che gli sussurrasse all’orecchio  : chiudilo fuori, amico mio, chiudilo fuori ben bene  : così ti sarai liberato della sua ripugnante presenza  ! – Quantunque Alethes fosse lontano dal secondare lo spirito malvagio, ebbe tuttavia il timore che il vecchio scivolasse da sé nella cavità di ghiaccio, e che nel proprio animo si radicasse l’ossessione d’aver scaraventato giù quell’ospite demente  : mai nella vita sarebbe giunto a una certezza, lacerato dal penoso dubbio, non essendovi chi potesse dare parole di conforto. Infine il vecchio tornò indietro, sprangò la porta con cura, si stese sul suo letto e si assopì. Ma Alethes non riuscì più a trovare pace; aveva l’impressione, per poco che chiudesse gli occhi, di giacere lui stesso nel lago senza fondo sotto la volta di ghiaccio, precipitatovi dal vecchio, lontano dalla vita per tutta l’eternità; o ancora che il vecchio urlasse dagli abissi, attraverso il furioso tumulto, e l’accusasse di averlo ucciso. / Infine, dalla grata della porta anteriore, il mattino gettò le sue prime luci nella grotta. Alethes corse fuori, senza curarsi del vecchio che ancora dor87


miva; il cielo terso, l’aria serena e la dura neve che scricchiolava sotto i piedi gli promettevano un viaggio piacevole, sicché ad ogni passo poté scuotersi con sempre maggiore gioia l’orrore di quella notte. Ma d’improvviso si trovò a un pendio, ricoperto di neve alta, che non offriva più una pista al suo cammino. Tra la coltre abbagliante era possibile tanto precipitare in verticale nel vuoto che trovarvi una roccia di supporto. Sarebbe stata follia anche solo fare un tentativo di discesa, pertanto Alethes si mise a esaminare l’altro lato della montagna. Ma l’angoscia andò crescendo quando incontrò il medesimo ostacolo in ogni punto della sommità, gli si gelò il sangue, e alla fine dové convincersi di aver percorso invano, forse già due tre volte, il perimetro in cui era prigioniero. Il sole sfolgorava di già sulla neve quando infine, stremato e senza più alcuna speranza, riprese la strada della grotta. Il vecchio prendeva il sole davanti alla porta e lo accolse con una risata  : «Volevi fuggire», disse «ma siamo bloccati dalla neve per tutto l’inverno. Me ne avvidi subito, l’altra notte, quando la neve soffiava così violenta verso la montagna. Mettiti il cuore in pace  : non ti sarà fatto nulla. Sei pur sempre un mio parente  : tu sei Organtin, mio nipote, anche noto come il diavolo, per la ragione che porti un diavolo sulla tua insegna  : vedi come io so ogni cosa  ?  ! Ti sei tradito da solo con la canzone che nessuno conosce ad eccezione dei miei più stretti congiunti. Non darti cruccio  : al principio dell’estate potrai proseguire il cammino, o se c’è bel tempo anche all’inizio della primavera. Fino ad allora sarai ospite di Reinald von Montalban  ! Fa’ pure come fossi a casa tua, e non aver timore di me. Devi sapere che mi sono sempre preso cura dei miei ospiti, e che mai ho arrecato loro alcun fastidio  : entra nella caverna, Organtin  !» – Chi dal suo braccio fu serrato, / chi s’ebbe il capo in gioventù / coperto dal suo scuro manto / l’Eumenide non fuggirà  !  : I primi giorni che Alethes trascorse nella caverna del vecchio furono assai terribili e opprimenti. L’ospite non riuscì a conciliarsi con l’invitato, né l’invitato col suo ospite, e era giocoforza che il raccapriccio dell’uno si trasmettesse all’altro. Ma il culmine dell’orrore occorreva per entrambi al risveglio dal sonno, quando si fissavano come un viandante fissa la belva che nel sopore abbia scelto il suo stesso giaciglio. Tuttavia Alethes fu costretto a 88


fare buon viso a cattiva sorte; cominciò addirittura a rispondere all’appellativo di Organtin, il nome di cavaliere datogli dal vecchio, come si chiamasse davvero in tal modo, e mentre in lui si quietava il timore, viepiù s’ammansiva l’animo inselvatichito del vecchio. Egli si rallegrava del contatto umano, e non veniva colto che di rado dai pericolosi accessi d’ira che suscitavano ribrezzo. Essi prorompevano tanto più irrefrenabili e peggiori quando dalla voragine di ghiaccio risalivano i ruggiti delle acque sotterranee. Allora danzava furiosamente su e giù per la caverna, e come nella prima notte, di frequente persino oltre la porta spalancata, sopra quel fondo scivoloso, in pendenza, da dove faceva al suo ospite segno di raggiungerlo, e con aria talmente perentoria che a volte poté resistere a stento al singolare comando. Era poi un suo passatempo scagliare nel liscio abisso pietre, che scivolando e rimbalzando, e infine precipitando nelle acque sotterranee, creavano orribili suoni. / Un giorno che aveva lasciato la caverna in cerca di grandi sassi per questo gioco, Alethes decise di sbarrare per sempre l’orrido abisso, quale che fosse l’esito di una simile impresa. Prontamente strappa la chiave dalla serratura, la scaglia giù nel profondo del sotterraneo di ghiaccio e quindi, raccogliendo tutte le sue forze, sbatte la porta con una violenza che essa si schianta, e i chiavistelli di bronzo si richiudono. / Udendo il rumore, il vecchio fa precipitoso ritorno alla caverna; comprende con uno sguardo l’accaduto, lascia cadere le pietre che aveva raccolte nella sua veste e poi, al contempo, leva una mano verso Alethes in segno di grave minaccia. Questi si preparò al peggio, ma il vegliardo si pose a dormire nel suo letto in silenzio, senza mostrare altro risentimento, coprendosi per intero con il muschio, sì da essere celato alla vista come la prima sera in cui Alethes mise piede nell’antro. / Fu così fino all’indomani, quando il vecchio si alzò e disse  : «Organtin, caro nipote; è certo un bene che noi siamo parenti e che abitiamo la stessa rocca. Ma non osare mai più prenderti libertà come quelle di ieri. Sappi una volta per tutte, mio caro Organtin, che qui nella caverna il padrone di casa sono io, così come in passato a Montalban. I miei graditi ospiti del sotterraneo di ghiaccio appartengono a me e a me solo  : e che il diavolo si porti chiunque pensi di sottrarmeli. Ti avrei già torto il collo da tempo, Organtin; ma è una 89


fortuna per entrambi che la tua azione non abbia avuto conseguenze  : giacché gli spiriti, nipote mio, non si curano di porte di quercia e chiavistelli di ferro  : vanno ovunque desiderino, senza incontrare opposizioni. Laggiù, al di sopra del profondo lago, è il brusio del loro volo, di ali spiegate, di ali richiuse, rasentando ora la lucente volta di ghiaccio, ora immergendosi di nuovo nello specchio delle acque mute. Essi vivono lì da molto prima dell’età di Carol Magnus. Ariovisto discorre della sua battaglia contro i Romani, e Marbod e Hermann della guerra civile in Germania. Nelle acque si riflettono armi antichissime, dalle forme singolari, e di bocca barbuta in gota barbuta vengono sussurrate cose mai udite. Vedi qui, Organtin, tu immaginavi di avermi separato da questi tremendi giudici  : come sempre, tuttavia, si compie il loro viaggio inarrestabile, per cui anche stanotte si sono recati da me  : ringrazia Iddio, Organtin; poiché altrimenti – –» Il suo viso divenne una maschera spaventosa, digrignava i denti e roteava furiosamente gli occhi . . . . . . . .» Sedeva fosca e indurita; disse con aria lugubre, enigmatica  : «Ti compiango. Ragazzo mio. –» Cioè  : io intuii subito qualcosa; udivo un timbro nuovo, cattivo, e cercai inquieto i suoi occhi, rimasi in ascolto. Pian piano. Grete deglutì; chiese debolmente  : «Non dovremmo dirgli . . .», ma Lore levò di scatto una mano forte; l’afferrai al volo, pregai  : «Jamascuna  !»; ma loro tacquero, placide. «È stato molto bello» (Grete, cupa); cincischiava con le calze  : «Troppo bello» furono le parole calme. Mi sforzai di rimanere impassibile e caparbio  : «Dunque una sorpresa –» constatai in modo distaccato, passando dall’una all’altra, e solo la piccola annuì gravemente  : una sorpresa  ! Poi disse a Lore  : «Da’ qua la tua gonna. Quella che hai strappato sulla bici –» (Lore era di nuovo andata a Krumau da sola; una volta anche in treno.) – «Ma lascia perdere –» e sentenziosamente  : «Non c’è cosa tanto urgente che non diverrebbe ancora più urgente a trascurarla  !» «Buonanotte.»  : «Che tutte le creature . . .», e quindi tesi ancora una volta la mano verso di lei  : «Lore  ! – Jamascuna –   !» (uscì subito assieme a me; ma non lo disse). In sogno si sgretolò l’inclemente cielo grigio e apparve una sommaria craquelure blu  : fatta male  ! Tanto sole (e sono di nuovo sol90



avieri

Nella stessa collana arno

Arno Schmidt, Dalla vita di un fauno Marco Palasciano, Prove tecniche di romanzo storico Maurizio Rossi, Mare Padanum Walter Kempowski, Tadellรถser & Wolff. Un romanzo borghese


Arno Schmidt (1914-1979) è l’esecutore testamentario dell’Illuminismo e dell’Espressionismo tedeschi, il «taglialemma & architetto della prosa», autore delle più vaste avventure formali nella Germania del dopoguerra. Rare le traduzioni italiane, tra cui Alessandro o Della verità (trad. di Emilio Picco, Einaudi, 1965), e Dalla vita di un fauno (trad. di Domenico Pinto, Lavieri, 2006).

www.lavieri.it/schmidt


Il vento, il vento : veniva a lunghi solchi, la testa bassa da bufalo trasvolava, sopra Brands-Haide, sopra la strada transitata, ad altezza di collina sopra nessuna foglia : poi si gettò nello spiazzo, sprizzando ghiaia ďƒžno a noi; tuttavia rimanemmo saldi, le braccia scarne avviticciate, Lore, io, Grete.

ISBN 978-88-89312-38-4

â‚Ź 13,50 (i.i.)

isbn 978-88-89312-38-4

9 7 8 8 8 8 9 3 1 2 3 8 4


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