Claude Simon

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Claude Simon

Le Georgiche



collana arno 15



Claude Simon

Le Georgiche A cura di Domenico Pinto Traduzione di Emilia Surmonte


EXCEPTIONAL CIRCUMSTA BELOW MINIMUM SIZE Claude Simon Le Georgiche Lavieri editore / ISBN 978-88-96971-18-5 A cura di Domenico Pinto Traduzione di Emilia Surmonte Copyright © 2012 Ipermedium Comunicazione e Servizi s.a.s. Arno n. 15 Collana diretta da Domenico Pinto

Titolo originale dell’opera : Les Géorgiques © 1981 by Les Éditions de Minuit

Lavieri edizioni via IV Novembre, 19 - 81020 - S. Angelo in Formis (CE) via Canala, 55 - 85050 - Villa d’Agri (PZ) www.lavieri.it / info@lavieri.it


Sommario

Le Georgiche . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 7 Tradurre Claude Simon . . . . . . . . . . . . . . . . . . 357 Claude Simon, dal plurale al plurale . . . . . . . . . . . 363 Postfazione di Emilia Surmonte



a Réa



Le Georgiche



Les climats, les saisons, les sons, les couleurs, l’obscurité, la lumière, les éléments, les aliments, le bruit, le silence, le mouvement, le repos, tout agit sur notre machine et sur notre âme par conséquent. J.J. Rousseau, Les Confessions



La scena è la seguente : in una stanza di vaste dimensioni un personaggio è seduto davanti ad una scrivania, una delle gambe piegata a metà sotto la sedia, il tallone del piede sollevato, il piede destro in avanti e in piano, la tibia formando con la coscia orizzontale un angolo di circa quarantacinque gradi, le braccia appoggiate sul bordo della scrivania, le mani sostenendo in alto un foglio di carta (una lettera ?) su cui sono fissi gli occhi. Il personaggio è nudo. Benché di una certa età, come testimonia l’appesantimento del viso dai tratti marcati, dalle guance cascanti e pronunciate, la pratica regolare di esercizi fisici probabilmente, come in certi cavalieri o militari, ha conservato al corpo una robusta muscolatura, di cui, nonostante la pinguedine, si possono scorgere i rilievi sotto lo strato di grasso, essendo le pieghe del ventre disposte spontaneamente una sull’altra, possenti, come in quei vecchi lottatori il cui peso, anziché contrastare la forza, contribuisce ad aggiungervene. Un secondo personaggio, più giovane, anch’egli nudo, sta in piedi dall’altro lato della scrivania, nella posa classica dell’atleta a riposo, il peso del corpo caricato sulla gamba sinistra, il braccio destro penzoloni lungo il corpo, il braccio sinistro piegato a stringere sul petto un cartoncino rettangolare sul quale la mano viene a chiudersi. In lui, ugualmente, una pratica costante di esercizi fisici ha sviluppato una forte muscolatura, al momento senza difetti. È visibile il rigonfiarsi dei bicipiti del braccio piegato. Il torso, i cui pettorali e addominali sono nettamente disegnati, fa pensare a quei


piastroni delle corazze romane artisticamente modellati, che riproducono nel bronzo i dettagli di un eccellente studio dal vero. Nella parte inferiore del ventre, un po’ rigonfio e glabro, il sesso corto, che finisce come un capezzolo di mucca per via della piega del prepuzio, si appoggia sulle sacche piene dei testicoli che lo proiettano leggermente in avanti. Sotto la pelle sottile, si può seguire il percorso delle vene, più rilevate sugli avambracci, il dorso delle mani, le tibie e i piedi che queste avviluppano come le radici di un albero. Il contrasto tra la nudità dei due personaggi e l’ambiente, i mobili in stile, conferisce alla scena un carattere insolito, accresciuto inoltre dalla fattura del disegno eseguito su un foglio di carta (o su una tela a grana finissima) con l’aiuto di una mina in piombo accuratamente e continuamente (in maniera quasi maniacale) appuntita dall’artista durante il suo lavoro. Così come i corpi nudi sono disegnati con un distacco deliberato, riproducendo minutamente delle anatomie stereotipate apprese sui modelli classici, gli oggetti che li circondano, la stanza in cui si trovano i due personaggi, sono raffigurati con quella freddezza che caratterizza l’esecuzione dei progetti di architetti, i quali propongono agli sguardi non dei monumenti già esistenti ma combinazioni e assemblaggi di forme nati dalla loro immaginazione, che riconducono solo a se stessi, e le linee grigie, di un’incredibile finezza, assolutamente diritte o arrotondate seguendo curve perfette, tracciano confini non tra solidi (le carni, il legno, il marmo) e l’aria che li circonda, ma tra superfici bianche che si incastrano seguendo le loro curve e i loro angoli. È evidente che la lettura di un tale disegno non è possibile se non in funzione di un codice stilistico accettato preliminarmente da ciascuna delle due parti, il disegnatore e lo spettatore. Così, come in geometria descrittiva si conviene che due rette che si intersecano implicano – e non rappresentano – l’esistenza di un piano, lo spazio che i muri racchiudono è suggerito soltanto da qualche tratto che delinea gli spigoli dei diedri che essi formano tra loro o con il soffitto o anche il pavimento il cui disegno appare in una prospettiva rigorosamente calcolata. Al di fuori, attraverso i rettangoli degli alti finestroni, si scorge una lunga facciata (quella di qualche palazzo probabilmen14


te) dalle tre fila di finestre sormontate da frontoni (triangolari al primo piano, ad arco di cerchio al secondo, mentre le finestre del terzo e ultimo piano sono incorniciate in una semplice modanatura), disegnata anch’essa con la paziente e meticolosa precisione di un alzato, solo al tratto, il tutto (come i mobili, la scrivania, la poltrona) senza ombreggiature, essendo riservate queste alla raffigurazione dei muscoli sui due corpi nudi che assumono in tale quadro assonometrico un risalto tanto più singolare in quanto nessuna ombra si allunga ai loro piedi, come se essi si trovassero lì, statuari e sbalzati in avanti, simili a personaggi staccati da un bassorilievo e incollati successivamente sul foglio di carta e non seduti su una sedia o in piedi sul pavimento dal freddo effetto geometrico. Sembra che l’artista, seguendo una selezione personale dei valori, abbia cercato, nella scena proposta, di differenziare nettamente i diversi elementi secondo un’importanza crescente nella sua mente come testimoniano le fatture specifiche con cui li ha raffigurati, ossia, primo : gli oggetti inanimati (oltre al pavimento, i muri, i mobili, le finestre e il paesaggio esterno, si possono vedere anche, raffigurati nello stesso modo, cioè al tratto : una grande mappa antica appesa su uno dei pannelli, con la rosa dei venti, le catene di montagne a forma di cumuli di terra, i profili frastagliati di una costa dai capi rocciosi, i fiumi sinuosi e ramificati – e anche un grosso mappamondo, circondato all’equatore da un anello zodiacale e montato su una base a tre piedi); secondo : la carne, i corpi con i muscoli, le vene, e gli effetti di chiaroscuro accuratamente disegnati e ombreggiati, del tutto simili a marmi grigiastri; terzo e ultimo : le teste dei due personaggi che non sono più soltanto disegnate e ombreggiate ma dipinte con colori macinati all’olio, esattamente come se si trattasse di statue di cui un burlone avesse incominciato a colorare i visi e le acconciature a imitazione dell’incarnato vero e dei capelli. Per uno di essi, quello che sta in piedi dall’altro lato della scrivania (malgrado l’esistenza di una sedia che sembra essere lì ad accogliere i visitatori), lo strato di pittura applicato sul marmo si ferma un po’ al di sotto del mento. I suoi capelli nerissimi sono riportati sulle tempie in ciocche come incollate 15


da un colpo di vento che l’avesse investito dalle spalle. Il suo viso, dai tratti già induriti benché giovanili, è impassibile, mascherando forse una vaga ironia o un vago disprezzo. La testa è leggermente spinta all’indietro, in una posizione regolamentare di cui egli sembra esagerare di proposito la rigidità. Emana da lui qualcosa di al tempo stesso servile e altero, probabilmente la reazione istintiva di un uomo giovane in presenza d’una personalità più anziana e più importante. Su quest’ultima, seduta alla scrivania, il lavoro di coloritura è stato più ampio. Non contento di dipingere il viso massiccio e sanguigno, vagamente congestionato, la fitta capigliatura castana che comincia a ingrigire, l’artista, spingendosi oltre, ha vestito le spalle con una tunica blu Savoia, dal collo alto e rosso, su cui ricade la folta criniera. Lo strato di pittura blu si interrompe decisamente (tranne qualche sbaffo del pennello) al di sopra dei capezzoli, e la tunica è impreziosita da spalline a frange dorate che ricadono sulle braccia dalla carne grigiastra, nuda fino alle mani che il colorista ha, per così dire, inguantato di pelle umana, anche leggermente rubiconda, soprattutto verso l’estremità delle dita che si stringono sul foglio di carta d’un bianco avorio, dipinto minuziosamente a trompe-l’œil, con le blande ombre dovute alle piegature della carta e le righe di scrittura tracciate con un inchiostro color ruggine. È significativo che i due volti non siano solo abbozzati, come fa di solito un pittore quando comincia un quadro, dando qua e là qualche rapido tocco di colore per impostare l’armonia generale, salvo poi a ritornare su una parte o su un’altra, riprenderla anche interamente a seconda dell’evoluzione dell’opera in corso : proprio al contrario, la fattura di ognuno di essi è di un «rifinito» che arriva sino ai minimi dettagli (per esempio una verruca sul bordo di una delle narici del personaggio seduto) e che indica che l’artista non vi cambierà più nulla. Inoltre, benché l’ampia stanza prenda luce solo dalle tre alte finestre situate su uno stesso lato, la luce diffusa (all’opposto, tra l’altro, delle luci realiste e a contrasto di certi pittori olandesi) contribuisce ulteriormente all’insolito della scena, bagnando i visi da ogni parte, come quella, artificialmente riflessa, che viene proiettata dalle vetrate de16


gli studi di artisti dove, nel silenzio, posano su pedane i modelli nudi i cui fianchi respirano con calma senza interrompere l’immobilità dei loro corpi irrigiditi in pose da statue davanti a paraventi drappeggiati di serge verdi. Questo aggiunto all’assenza di ogni altro colore (tanto sui corpi ombreggiati che sul fondo, i mobili) e al fatto che l’artista ha curato quanto più possibile la finitura delle parti dipinte (solo un blu leggero, una semplice velatura, più indicativo che rappresentativo, è stato passato al di sopra del disegno minuzioso della struttura su cui insistono le finestre, e senza neanche arrivare alla parte superiore di queste) sembra confermare che non si tratta affatto di una tela incompiuta, ma di un’opera considerata dal suo autore come perfettamente ultimata e dove, per via del colore, sono intenzionalmente privilegiati e distinti dal contesto i due visi, le spalline dorate, le mani del personaggio seduto e la lettera che sta leggendo. Tuttavia, un esame più attento dell’immagine fa pensare che il suo autore abbia esitato quanto al momento dell’episodio che ha scelto di rappresentare. Si può vedere in effetti (benché sia stata accuratamente cancellata e appaia ora di un grigio pallidissimo, come fantomatico) che la mano destra del personaggio seduto è stata inizialmente disegnata in una posizione diversa : staccata dalla lettera che continua a tenere l’altra mano, si solleva un poco, le dita semi-aperte a ventaglio, in un gesto al tempo stesso distratto e imperioso, come quello di qualcuno che congedi un inferiore o un importuno, l’indice in direzione della porta. Rimane ancora aperta la domanda se questo gesto (questo congedo) si collochi prima che il destinatario abbia preso conoscenza del contenuto della lettera (che l’altro personaggio, dall’espressione leggermente beffarda a dispetto del suo atteggiamento rispettoso, sembra già conoscere), oppure durante la lettura, o dopo questa, al fine di salvaguardare la sua solitudine per leggerla ancora, poiché, mentre continua ad agitare lentamente la mano, l’uomo seduto non rialza la testa, lo sguardo costantemente puntato, come ipnotizzato, sul foglio di carta dispiegato. 17



I

Ha cinquant’anni. È generale d’armata dell’artiglieria in Italia. Risiede a Milano. Porta una tunica con collo e sparato ricamati d’oro. Ha sessant’anni. Sorveglia i lavori di completamento della terrazza del suo castello. È freddolosamente imbacuccato in una vecchia palandrana militare. Vede dei punti neri. La sera sarà morto. Ha trent’anni. È capitano. Va all’opera. Porta un tricorno, un’uniforme blu attillata in vita e uno spadino da cerimonia. Durante il Direttorio è ambasciatore a Napoli. Si sposa una prima volta nel 1781 con una giovane protestante olandese. A trentotto anni è eletto contemporaneamente membro dell’Assemblea nazionale nei dipartimenti del Nord e del Tarn. Durante l’inverno 1807 dirige l’assedio di Stralsund nella Pomerania svedese. Compra un cavallo a Friedland. È un gigante. Scrive con fare scherzoso a un amico che è ingrassato troppo per la sua modesta stazza di cinque piedi e nove pollici. Nel 1792 è eletto alla Convenzione. Scrive alla sua intendente Batti di provvedere a far infoltire le siepi di biancospino. Cacciato da Napoli deve noleggiare precipitosamente una nave genovese per scappare. Crea una società con un certo Garrigou per lo sfruttamento delle miniere di ferro della valle dell’Aveyron. Vota la morte del re. È nominato rappresentante del popolo. Porta un bicorno ornato di piume tricolori, un’uniforme dai revers rossi, degli stivali con risvolto e una cintura ugualmente tricolore. Il 16 ventoso dell’anno iii entra nel Comitato di salute pubblica. Da Milano stabilisce il cerimoniale per la visita dell’imperatore nel


regno d’Italia. In pieno Terrore è eletto segretario della Convenzione e salva una realista che sposerà in seconde nozze. Un rapporto dice di lui che ha una salute di ferro e un coraggio da leone. Per più di un anno tiene testa in Corsica con meno di duecento uomini agli insorti paolisti sostenuti dalle flotte di Hood e Nelson. È ferito alla gamba a Farinole. Il veliero su cui si è imbarcato a Napoli è catturato in mare da una nave corsara turca. Batte in ritirata con il suo reggimento attraverso il Belgio. Per quattro giorni è impossibile dissellare i cavalli. In Pomerania si lamenta del freddo, della sua salute e delle ferite. È membro del primo Comitato militare dell’Assemblea legislativa. Fa votare un decreto che condanna a morte i comandanti delle fortezze assediate che dovessero consegnarle al nemico. Sono perseguitati dall’aviazione e il reggimento subisce perdite considerevoli. La nave corsara turca lo consegna al bey di Tunisi. Siede nel Consiglio degli Anziani. Porta un tocco celeste, una cappa bianca drappeggiata, una cintura rossa i cui lembi ricadono sul fianco, delle calze e scarpe con la fibbia. Prende le difese dei babuvisti. Si adopera per far costruire la strada da Cahors ad Albi. La sera della domenica di Pentecoste riattraversa precipitosamente la Mosa prima che saltino i ponti. L’ispettore generale d’Orbey gli riconosce fermezza, competenza, educazione e capacità di comando. È decorato con la croce di Saint-Louis. Cattura e fa fucilare il capo delle truppe paoliste. A Tunisi compra uno stallone arabo a cui dà il nome di Moustapha in ricordo di Sidi Moustapha, il cognato del bey, che ha alleviato la sua prigionia. Raccomanda alla sua intendente di raccogliere molto letame. Con Carnot e Bubois-Crancé ottiene il maggior numero di voti all’elezione del secondo Comitato militare. Al suo ritorno dalla Prussia fa osservare a S.M. Imperiale che l’ha sempre servita con abnegazione e che è il solo dei generali della Grande Armata a non essere stato fatto ancora conte e a non aver ricevuto nessun appannaggio. La Mosa scorre nel fondo di una valle stretta tra rive scoscese e boscose. Una frotta di religiose in cornetta dalle ali bianche e ostacolate dalle lunghe gonne blu attraversa correndo il ponte insieme agli ultimi cavalieri in ritirata. Frusta il suo cavallo stremato con la dragona stac20


cata dalla guardia della sua sciabola. Il suo cattivo stato di salute gli impedisce di essere nominato al comando dell’artiglieria di un esercito in Spagna. Scrive a un amico che non vi sarà sparato neanche un colpo e che non c’è nessuna gloria da conquistare. È grand’ufficiale della Legione d’onore. Dà alla sua intendente istruzioni dettagliate per l’imbottigliamento del proprio vino. È inviato in missione presso l’armata del Nord. Con il suo collega Choudieu risparmia i duemila inglesi della guarnigione di Nieuport. Robespierre e diversi membri del Comitato di salute pubblica l’accusano di debolezza. Viene salvato dal Termidoro. Il sole illumina di una luce radente la mano che sfoglia i quaderni formato registro dalle pagine riempite con una scrittura regolare. È generale d’armata dell’artiglieria sul Reno. Compra in Svizzera una giumenta che chiama La Fribourgeoise. Fa un’ispezione delle piazzeforti dell’Italia del Nord. Ritira presso la ditta Gerit Wanhorsgstraten et Fils tre cambiali, una di 3669 lire in scadenza il 10 ventoso dell’anno 14, la seconda di 3974 lire in scadenza il 10 ventoso dell’anno 16, la terza di 4281 lire in scadenza il 10 ventoso dell’anno 18. La pelle rinsecchita della mano è di un ocra pallido, appena colorata di rosa sulle sporgenze delle ossa e solcata da migliaia di rughe, come fosse crêpe georgette. Firma a nome del Comitato di salute pubblica la promozione di Pichegru a comandante delle armate riunite della Mosella e del Reno. Acclude le sue congratulazioni personali al decreto. Esorta i rappresentanti a difendere la Mosa ad ogni costo. Le incollature dei cavalli sono inzuppate dal sudore che incolla i peli color mogano in ciuffi scuri. Si addensa in una schiuma grigia là dove sfregano le redini e sulle superfici interne delle cosce. Nel 1811 è governatore militare di Barcellona. Scrive di aver avuto un colpo apoplettico ma che si è completamente ristabilito. Scrive versi per un’attrice. La domenica di Pentecoste c’era un gran sole. Quando varcano il ponte il fondo stretto della valle è già invaso dall’ombra. La sua prima moglie muore dopo aver dato alla luce un figlio nel castello di Saint-M … Appena arrivato in Corsica scrive contento alla Convenzione Vado a Calvi, vi porto delle griglie per rendere incandescenti le palle, se i nemici verranno ad attaccarci non ci 21


avranno, dovessi farmi saltare con la piazzaforte. A Milano la sua seconda moglie si fa seguire dappertutto da un negretto di nome Salem che lei si compiace di vestire all’orientale con un turbante e dei pantaloni a sbuffo. Si pettina alla greca per imitare Giuseppina de Beauharnais a cui dicono assomigli. Al suo arrivo a Barcellona si arruola nelle milizie popolari. Combatte durante l’inverno sul fronte di Aragon. Fa la campagna del Belgio. Fa la campagna d’Olanda. Fa la campagna svizzera. Fa due campagne in Italia. Fa la campagna di Prussia. Guida l’assedio di Ostalrich, in Spagna, quando la sua salute indebolita lo obbliga a lasciare il servizio. Uno stormo nero di cornacchie volteggia al di sopra della terrazza in un lento battito d’ali e uno schiamazzo di gridi striduli. È stanco. Chiude gli occhi. La macchia luminosa del registro dalle pagine rischiarate dal sole gli resta impressa sulla retina. Sotto le palpebre chiuse vede un rettangolo rosa che spicca su uno sfondo porpora. Il rettangolo scivola lentamente verso destra. Trattenuto lontano per circa vent’anni per via delle sue funzioni politiche, le missioni militari e i comandi può fare a casa sua solo brevi e rare apparizioni tra le quali intercorrono a volte molti anni. È denunciato al Comitato di salute pubblica dalla Società popolare di Bastia che l’accusa di aver riunito delle truppe a Calvi per la sua sicurezza personale. A nome del Comitato di salute pubblica scrive ai generali Jourdan, Moreau, Lechère e Kellerman che non può praticamente rifornirli né di muli, né di cavalli, né di denaro contante, né di viveri, né di foraggio. Li incita a prendere ciò di cui abbisognano dal nemico. Da dovunque si trovi scrive lunghe lettere alla sua intendente Batti per indicarle in modo dettagliato a seconda delle stagioni i lavori da fare sulle terre di sua proprietà. Si lamenta dello stato delle strade in Italia su cui spezza al tempo stesso le sue reni e le sue vetture. È cavaliere dell’ordine della Corona di ferro. Si rallegra dell’arresto dell’«infame Pichegru». Intenta un processo interminabile contro il suo socio Garrigou. Fa il conto delle sue spese di servizio di posta che invia al ministro della guerra. Ci sono 2 stazioni di posta da Primaro a Ravenna, 5 stazioni ½ di posta da Ravenna a Rimini, 8 stazioni di posta da Rimini a Bologna, 3  ½ da Bologna a Modena, 22


3  ½ andata e ritorno da Modena a Spilimberto, 3  ¾ da Modena a Formigui, etc. I cavalli di posta costano 3l e 10s da Milano. Alla battaglia per Verona, è gravemente ferito alla gamba durante l’attraversamento dell’Adige. Vota la pena di morte contro ogni emigrato rientrato in Francia che sarà preso con le armi in pugno. Sulla riva destra della Mosa la strada scende tra ville sontuose dai giardini fioriti (cespugli di ortensie dai grandi fiori celesti gli pare) e dai viali di ghiaia. Tutto è deserto. Uno dei cavalli zoppica. I calzoni di uno dei cavalieri sono strappati da una pallottola all’altezza del ginocchio. Dal buco scende un rivolo di sangue coagulato, nerastro, che sparisce nel gambale, continuamente rimpinguato da sangue fresco che scende a brevi fiotti, di un rosso vivo. Il 17 germinale informa i rappresentanti presso le armate dell’arresto dell’anarchico Choudieu e degli altri congiurati. Durante uno dei suoi giri d’ispezione ammira a Mantova la statua di Virgilio e si ferma sulla Trebbia per studiare il teatro delle battaglie di Annibale, di Souvaroff e di MacDonald. Scrive che l’armata che si troverà sulla riva sinistra sarà sempre battuta se non attacca dalla sua destra e viceversa. È membro dell’accademia di Milano. Fa un discorso alla Convenzione contro coloro che si oppongono alle nuove idee. Scrive a suo padre per dirgli della sua intenzione di sposare la giovane olandese che ha conosciuto all’opera di Besançon. Nella speranza di vincere la sua opposizione mette in risalto la consistenza della dote. È ricevuto in udienza dal bey di Tunisi che rimane su un divano ricoperto di seta verde in una sala dai muri decorati con armi d’ogni tipo. Fa aggiungere nel suo castello una terrazza rivolta a mezzogiorno. Ha undici anni. È seduto in platea accanto a sua nonna. Il vestito di quest’ultima è sobriamente chiuso al collo da un cammeo in cui spicca su uno sfondo malva una danzatrice pompeiana. Da un buco praticato nel sipario dipinto a trompe-l’œil, l’occhio del direttore guarda la sala piena di spettatori. Le donne agitano velocemente i loro ventagli. Alla domanda se Luigi Capeto meriti la morte, risponde sì. A causa dell’ostracismo della corte di Napoli occupa il tempo visitando le rovine di Ercolano e Pompei. Scrive Se avessimo dovuto l’anno scorso fare i calcoli seguendo le regole generali della guerra la no23


stra campagna sarebbe finita a Bruxelles, mentre noi siamo arrivati fino ad Amsterdam. Scrive al suo amico il generale Miollis che in una tappa serale, a Goro, ha passato la notte con una giovane italiana. Dice che se le zanzare che infestano il delta del Po succhiano la ragazza, anche lui poteva fare altrettanto. Compra ad Amsterdam una giumenta di cinque anni, pelo baio al cento per cento, altezza 4 piedi 7 pollici con l’ippometro. Al suo arrivo a Strasburgo si scaglia con forza contro la sciatteria e la disorganizzazione che regnano nell’armata del Reno. Possiede nelle sue scuderie trentaquattro cavalli, giumente, muli, bardotti e un asino. Scrive che all’attraversamento del Tagliamento ce n’era per tutti e che se altri hanno colto rose lui ha raccolto solo spine. Scrive una diatriba contro Massena i cui carri sono la favola dell’esercito e che ha avuto l’indegnità di prestare solo 25 luigi a Soult rimasto sul campo di battaglia con una gamba rotta. Fa erigere per la prima moglie una tomba nel parco di sua proprietà. Tra le teste delle due spettatrici sedute davanti a lui vede la scena illuminata dalla ribalta delle luci. Il tenore cammina senza girarsi tenendo per mano la cantante vestita di un lungo abito bianco e con in testa una coroncina di fiori. Il gruppo attraversa lentamente lo spazio che separa le teste oscure delle due donne. Il suo incedere è interrotto da lunghe pause. Alla domanda se si debba soprassedere all’esecuzione di Luigi Capeto risponde che questa deve avvenire immediatamente. Scrive al prefetto di Charente-Maritime che ha tutte le ragioni di credere che suo fratello sia stato ucciso mentre era nell’armata del Reno e che il prigioniero può essere solo un impostore. Comunica a Hoche il biasimo che gli rivolge il Comitato di salute pubblica per aver lasciato partire senza scorta una diligenza nella regione infestata da Chouans. Smette di sfogliare i quaderni e guarda la sua mano nel sole che mette in evidenza le migliaia di rughe più o meno larghe che si accavallano, si incrociano, ma tutte orientate nello stesso verso, come dei corrugamenti del terreno. Si dirigono obliquamente cominciando dal taglio del palmo verso l’indice, ondeggiando, stringendosi o allontanandosi, infilandosi tra le basi delle dita come l’acqua di una corrente. Vede confusamente delle forme nere. Scrive una diatriba contro Sieyès e i 24


preti. Si congratula con il suo amico Miollis che ha appena arrestato il papa. Invita il generale Murat a scendere da lui a Plaisance dicendogli che il suo cuoco lusingato dall’elogio che egli ha fatto della sua bravura desidera fargliela apprezzare ancora. A Stralsund la sua vecchia ferita alla gamba gli procura dei forti dolori quando deve rimanere troppo a lungo a cavallo. Scrive alla sua intendente che non gli restano più di quattro o cinque anni da vivere, che vuole godere in pace del tempo che separa la vita dalla morte e ordina che si affrettino i lavori della terrazza. Dopo aver lasciato l’armata vegeta ancora un anno, malato e solo, chiuso nel suo castello di Saint-M … Oltre il quaderno aperto sul tavolo e le volute del balcone può vedere in basso il cortile della caserma in cui si avvicendano i cavalieri. Questi ultimi indossano tuniche nere. Sulla pagina del registro il nome di Moustapha così come le tre righe dei suoi dati segnaletici sono sbarrate con tratti obliqui. La medesima penna dal tratto spesso ha aggiunto al di sotto : Morto a Saint-M … l’8 dicembre 1811. Guarda la sua mano sul cui dorso due grosse vene grigio-blu in rilievo scavalcano i tendini corrispondenti all’anulare e all’indice. Tra l’indice e il pollice divaricato la pelle forma due pieghe che si intersecano, come membrane, di colore più rosa. Il quaderno è messo leggermente di traverso sul tavolo. La carta avorio dei fogli colpita dal sole riflette la luce che illumina dal basso il volto rugoso. Strizza gli occhi. Le pagine con le righe fatte a matita sono coperte dalla scrittura regolare del segretario. Sui margini sono riportati i nomi dei destinatari di ogni lettera : uomini d’affari, ministri, fornitori, amici, subalterni, colleghi, parenti, generali, domestici. Ordina dodici paia di calze di seta precisando che non porta giarrettiere. Tenta di recuperare tramite il suo avvocato una parte dei capitali investiti dopo il fallimento delle miniere di ferro. Assillato da richieste di denaro dalla sua seconda moglie e da suo figlio, risponde loro che per vivere ha solo la sua paga di generale e che gli utili della proprietà vengono inghiottiti dai debiti. Al Bardo ammira la voliera del bey piena di uccelli d’ogni specie e colore. Il rumore del loro cinguettio è assordante. Dice che la corte di Napoli complottava per farlo assassinare come gli inviati della Repubblica a Rastadt. Scrive a suo padre : 25


La nostra conoscenza è dovuta al caso, ha qualcosa di romanzesco; vi basti per il momento che vi dica che è avvenuta a uno spettacolo. Dal pubblico che riempie la sala si alza un rumore confuso. Gli orchestrali accordano gli strumenti. Al di sopra dei suoni discordanti, incerti o bruscamente interrotti si sente ogni tanto la corda pizzicata dal primo violino che dà il la. Tra le due torri decapitate rimane della terrazza solo un piccolo terrapieno coltivato a orto e circondato dalle ortiche. Alcune piante avvizzite di pomodori e fagioli attaccate a canne sono accanto a cavoli da seme. Tre o quattro polli e un gallo gironzolano di qua e di là grattando la terra. In platea e sulla balconata i ventagli nelle mani delle donne palpitano di nuovo come ali di farfalla. All’assedio di Stralsund comanda più di quattromila artiglieri francesi, italiani, spagnoli, amburghesi, wurtemberghesi, badenesi, assiani o olandesi. Alloggia con il suo stato maggiore nel castello di Mittelhagen. Dorme nei palazzi. Dorme nelle stalle. Dorme nei boschi. Dorme sotto la tenda. Dorme in una chiesa incendiata. Dorme in un campo incolto, nascosto da erbe alte, in un cantiere abbandonato, rannicchiato sulla scala di un rifugio antiaereo dal fondo riempito d’acqua putrida. Durante la giornata sfugge ai suoi inseguitori frequentando ristoranti di lusso e bagni pubblici. Dorme coricato per terra, avvolto nel suo pastrano. Quando apre gli occhi al risveglio questi sono ostruiti da una materia granulosa, scintillante, di un bianco grigiastro e opaco. Il suo viso e il suo pastrano di stoffa scadente sono coperti di neve. Raccomanda di aver cura del suo materasso da campo in pelle di montone berbero. Il sipario dipinto in trompel’œil si solleva su uno sfondo scuro raffigurante delle grotte. Le ali dei ventagli smettono di agitarsi. La sera del 10-Agosto un decreto dell’Assemblea nazionale lo manda con Carnot il giurista, Prieur, Gasparin, Antonelle e sette altri rappresentanti ad annunciare alle armate la destituzione del re. La resistenza delle guardie svizzere si sta esaurendo. Dall’interno dell’Assemblea si possono sentire gli ultimi echi della sparatoria. Dal suo posto di guardia può vedere tutta l’enorme città adagiata tra le colline e il mare che scintilla in lontananza. Al di sopra dei tetti di tegole si ergono qua e là calotte e cupole dallo stile pesante e i campanili gotici della città vecchia. La 26


città è scossa dalle esplosioni delle bombe che punteggiano il rumore della sparatoria e le raffiche delle armi automatiche. Siccome nessuna colonna di fumo si alza ne deduce che né da un lato né dall’altro si è fatta intervenire ancora l’artiglieria. Compone un epitaffio per la tomba della sua prima moglie. Sui praticabili sono disegnati a trompe-l’œil dei cumuli di rocce d’un bruno rossastro, come carbonizzate da un fuoco sotterraneo, ferruginose. Orfeo indossa una corta tunica alla greca. Sta in una posa di afflizione. Le sue gambe sono inguainate in calze rosa. Per decreto è autorizzato a sospendere provvisoriamente sia i generali che tutti gli altri ufficiali e funzionari pubblici o militari e a farli arrestare se necessario. Giura di mantenere la libertà e l’uguaglianza e di proteggere il mondo dai tiranni. Dopo la crisi apoplettica è talvolta soggetto a degli stordimenti. Vede volteggiare dei punti neri. Questi malesseri diventano sempre più frequenti. La tomba che ha fatto erigere per la sua prima moglie si trova in fondo a un vallone, vicino al ruscello del Callèpe, circondato da un bosco di pioppi Carolina. Dalla terrazza non si può vedere la tomba. Si scorgono soltanto le chiome dei pioppi Carolina le cui foglie sono agitate da un incessante tremolio, anche se non spira nessuna brezza, come se si muovessero da sole, in un silenzioso fruscìo, senza tregua. Scrive al Comitato di salute pubblica che nell’armata dei Pirenei Occidentali la penuria di camicie e di scarpe è spaventosa, che per mancanza di muli da trasporto l’attacco su Bilbao ha dovuto essere rinviato, che l’armata dei Pirenei Orientali è considerevolmente indebolita a causa delle diserzioni, che intere compagnie abbandonano bandiera e armi e se ne vanno. Al di sotto di lui può vedere il fogliame primaverile dei platani del viale, verde pallido. I germogli lanuginosi alla punta dei rami sono di un rosso anch’esso pallido. È armato di due bombe agganciate alla cintura e di una pistola. La città scossa da esplosioni è immobile sotto il sole. Il suolo del viale è cosparso qua e là di ramoscelli spezzati dalle pallottole. Le foglie sono ancora verdi ma cominciano ad appassire. Il tenore canta Euridice Euridice ombra cara ove sei ? A Calvi riesce a incendiare una fregata inglese che si era avventurata nella rada e a colarla a picco malgrado l’intervento di altre navi della flotta. Compra 27


a Torino dei muli e dei cavalli che invia con una scorta militare alla sua intendente. Deplora che il mulo piemontese non valga quello berbero. Alla Restaurazione la sua vedova Adelaïde indirizza una richiesta di aiuto a Luigi xviii supplicandolo di dimenticare il pregiudizio legato al nome che porta. Ella ricorda che la sera del 10-Agosto è riuscita a entrare nell’Assemblea mentre stavano abbattendo gli ultimi difensori delle Tuileries e a consegnare al re un biglietto del duca di Clermont-Tonnerre. Spuntando dalle ortiche al di sopra del bordo crollato della terrazza appare la testa del gallo. Questa si muove con circospezione a destra e a sinistra con scatti repentini che fanno oscillare la cresta fatta di materia carnosa e granulosa. Scrive a Hoche per metterlo in guardia contro un possibile sbarco delle forze inglesi a Belle-Isle dopo l’equinozio. Fa un’ispezione delle difese della costa ligure. Disegna una pianta della sua proprietà che invia alla sua intendente. Ci sono nove divisioni dal lato dei noci che è di colore giallo. La prima divisione comincia all’olmo campestre della pianura di Le Change scendendo nel frutteto. La parte piantata a ciliegi attraversa perpendicolarmente il campo fino al fossato. Fa utilizzare un nuovo affusto di cannone che sette uomini possono manovrare agevolmente al posto di dodici. L’ombra nodosa della mano che si allunga, deformata, in cima alla pagina di destra del quaderno formato registro copre le parole : notte sentiva i miei lamenti trovava su una bara quando cambiata l’Europa di volto movimento della rivoluzione correre rischi di ogni tipo più grandi pericoli ho proprio che concludono le sei prime righe redatte con una scrittura obliqua e bella, la penna a volte schiacciata con forza e schizzando un po’ nei pieni. La seconda divisione arriva fino al Carretal. La terza che segue è la divisione del grosso noce e di colore blu. La tomba si trova nella divisione blu. Il collo del gallo è coperto di piume rosse dai riflessi malva e rosa. A seconda delle posizioni della testa il sole gioca attraverso la cresta, la rischiara in trasparenza di un 28


rosso luminoso, come una lanterna, poi questa sembra spegnersi, violacea ed evanescente. Arriva allo spuntare del giorno all’arsenale di Peschiera. Si fa consegnare le chiavi dei magazzini e si accorge che contengono pezzi di artiglieria che non sono riportati nell’inventario. Scrive al ministro che i depositi dell’armata francese sono stati saccheggiati con la complicità degli ufficiali italiani. Ci sono due stazioni di posta da Borgo Buchiano a Lucca, 2 da Lucca a Viaregio, 1 da Viaregio a Pierro Santo, 1 da Pierro Santo a Massa, 1 da Massa a Lavenza, 17 e 2/3 da Lavenza a Modena, etc. Attraverso le volute e le foglie di ghisa del balcone continua ad avvertire confusamente al di sotto di lui le ombre oscure dei cavalieri che si susseguono sullo sfondo di luce. Succedendosi a una quindicina di metri di intervallo escono da un portico nel muro dei dintorni, si muovono perpendicolarmente alla finestra, girano a sinistra e spariscono sotto un altro portico. I ferri dei cavalli risuonano sul selciato. Il rumore ripercosso dai muri è diverso quando entrano sotto il secondo portico. I busti vestiti di tuniche nere si dondolano piano al passo dei cavalli. Le loro ombre di statue equestri si allungano sul selciato con la stessa angolatura di quella proiettata sul quaderno dalla mano. Strizza gli occhi per leggere le parole : una tomba; la l’aurora mi ri l’avvenimento che ha il grande mi ha fatto in mezzo ai con cui cominciano le sei prime righe, redatte sulla parte della pagina che il sole colpisce, abbagliante. Volta varie pagine in un colpo solo. Nel 1792 dopo la distruzione del trono, quando il popolo francese riunì una convenzione nazionale, l’armata dei Coalizzati era a solo 40 leghe da Parigi, servivano degli uomini di polso in una sessione che si preannunciava tempestosa e in cui c’erano in apparenza più possibilità contro che a favore; gli ambiziosi non si misero molto in vista e il popolo voleva portare alla Convenzione degli uomini di carattere : io fui nominato. Nel movimento che fa 29


per prendere l’angolo superiore delle pagine tra il pollice e l’indice le grinze e i rilievi delle vene si cancellano e la pelle si tende sul dorso della mano che sembra allora fatta d’un marmo liscio e rosato attraversato da un pallido groviglio bluastro. La più giovane delle due spettatrici ha i capelli raccolti in uno chignon. Sulla sua nuca sottile si arricciano dietro le orecchie alcune corte ciocche ribelli. La luce che proviene dalla scena crea riflessi madreperlacei su un lato del collo e il principio del seno scoperto dal decolleté. Il volo delle cornacchie si allontana a poco a poco. In realtà si scompone in una moltitudine di voli vorticosi, senza legami apparenti, così che lo sciame nero è animato da un doppio movimento : quello che lo porta via lentamente e, all’interno, la quantità di mulinelli, di ritorni indietro, di volute tracciate dentro piani verticali o obliqui che danno l’impressione di un disordine che non ha nessuna influenza tuttavia sullo spostamento dell’insieme, i ritardatari raggiungendo il gruppo ad ali spiegate mentre gli altri si mettono a volteggiare, come una serie di staffette. L’impronta luminosa lasciata sulla retina dal rettangolo del quaderno aperto diminuisce di grandezza mentre cambia colore, di un verde giada ora su fondo scuro. Fa realizzare il suo busto in un marmo grigio ocra leggermente venato di grigio scuro. È obbligato a sporgersi per vedere il tenore e il soprano che si sono di nuovo immobilizzati sulla scena proprio alla sinistra dell’intervallo tra le teste delle due donne. Da questa angolazione può vedere di sbieco il profilo del delicato viso della più giovane. Orfeo volta le spalle a Euridice che canta Che mai t’affanna in sì lieto momento ? Conversa in italiano con il bey a cui chiede di far rilasciare insieme a lui il vascello genovese e l’equipaggio che il bey si ostina a considerare «un bel bottino». Osserva che i volteggiamenti delle cornacchie all’interno del volo riguardano sempre due individui, probabilmente maschio e femmina, che volano di concerto e come per conto proprio (inseguimento amoroso, caccia di insetti ?) ma senza per questo separarsi dal gruppo e smettere di seguire il suo spostamento. A nome del Comitato di salute pubblica informa il rappresentante Rittes, à Tolone, dello stato di grande indigenza in cui versa l’armata d’Ita30


lia. Difende sulla tribuna della Convenzione le nuove disposizioni militari. Dice che quando si presentano agli uomini grandi verità bisogna aspettarsi grandi contraddizioni, che essi mettono in ridicolo colui che propone un’idea nuova e tacciano di disorganizzatore colui che offre soltanto una soluzione migliore. Le cornacchie sono ora radunate su tre degli alberi del frutteto che spariscono quasi sotto la loro massa nera, funebre, come escrementi. Sotto le sue palpebre chiuse i colori si invertono. Il rettangolo verde giada della finestra si scinde in due rettangoli ciliegia su fondo oliva. 

Per più di un’ora e fino al sopraggiungere della notte i tre cannoni in batteria mimetizzati dall’altro lato della strada forestale sparano senza interruzione. Le partenze producono un rumore assordante, seguito dal fischio della granata che decresce rapidamente. Un breve silenzio precede l’eco lontana dell’esplosione. I cavalli sono adunati in una radura a una cinquantina di metri dalla batteria. Mentre la giornata finisce i boati più o meno lontani dei bombardamenti si distanziano e si esauriscono a poco a poco. Nel crepuscolo e nel silenzio ristabilito la foresta che si intenebra lentamente esala un immobile e umido profumo vegetale. Il canto intermittente di un merlo si ripercuote qua e là sotto l’alta fustaia. A poco a poco la leggera bruma bluastra che trasuda dal fogliame si oscura e ben presto quest’ultimo si staglia nero contro il cielo. I cavalli adunati nella radura formano un gruppo scuro e confuso. Riflessi indefiniti luccicano sul cuoio liscio delle selle e sulle groppe. Le uniformi relativamente pulite e le facce degli artiglieri contrastano con quelle dei cavalieri dai tratti tirati, dalle barbe di più giorni e dai pastrani polverosi. I cavalieri guardano gli artiglieri seduti su delle casse mangiare una zuppa calda. Gli ultimi uccelli si sono zittiti da molto tempo quando risuona nel bosco lo stridio di una civetta. Gli uomini di guardia sobbalzano nervosamente. Malgrado la fatica i soldati stesi sul terreno avvolti nei loro pastrani si rigirano senza riuscire a prendere sonno. Gli uni dopo gli altri fini31


scono per alzarsi e vanno e vengono senza meta, mentre alcuni si radunano intorno alla camionetta ricetrasmittente degli artiglieri e discutono con loro. Corre voce che i paracadutisti nemici si chiamino per raggrupparsi imitando il grido del gufo. Detta al segretario del Comitato di salute pubblica una lettera ai rappresentanti nell’armata di Sambre-e-Mosa. La scrittura del segretario è ornata da una quantità di svolazzi e infiorettature. Scrive E dove andrete ? Siete voi a dire che le nostre piazzeforti sulla Mosa non opporrebbero in caso di attacco alle spalle che una debole resistenza. Allora bisogna vincere. La camionetta lascia filtrare dalla portiera posteriore una luce fioca che illumina all’interno l’operatore seduto davanti alla sua postazione. Da questa provengono una serie di gracchiamenti alternati a voci indistinte e rotte. A volte l’operatore capta un’emittente lontana e per qualche istante fuoriescono dei frammenti di musica sincopata, di sinfonie o di opere, flebili, come affievolite dalla lontananza, tiepide e incredibili nella vasta foresta tenebrosa. Più o meno vicini continuano a risuonare a intervalli gli stridii di civette o di barbagianni. I soldati smettono di parlare e ascoltano l’oscurità. Come arrivando attraverso strati di tempo e spazio la voce fragile di un tenore canta Che farò senza Euridice ? Dove andrò senza il mio ben ? Euri …, poi l’apparecchio gracchia di nuovo. Quando il rumore di frittura finisce lascia il posto ai suoni ritmici di un sassofono, anch’essi quasi impercettibili, come se i suoni stessi scintillassero a una distanza considerevole nelle tenebre « … oggetto dei desideri di molti cavalieri ebbi la meglio su tutti, la signorina H …r appartiene a una delle migliori famiglie di Amsterdam, la concordanza dei nostri gusti …» Il tenore sta ora completamente sulla sinistra della scena (in modo che sportosi questa volta in avanti e sulla destra per scorgerlo può vedere nello stesso tempo di profilo il viso della ragazza che ha girato anche lei la testa verso sinistra). Orfeo si trova vicino a un praticabile che va dal pavimento fino alle graticce come un pilastro fatto di rocce ammucchiate, semplificate dal decoratore in forme geometriche, degli spigoli vivi separando i piani che disegnano triangoli o trapezi dipinti in ocra rossa, rosso mattone, bruno rossastro o bruno 32


scuro a seconda della loro disposizione per dare infine l’impressione del rilievo. Nell’intervallo si accalcano intorno a due donne molti giovani dalle parrucche incipriate, dalle redingote e dalle tuniche strette in vita e che si svasano al di sotto come gonne. I colori sono : blu nattier, grigio trianon, rosa, argento, perla, blu reale ravvivato da macchie rosse ai risvolti. Le decisioni del Comitato di salute pubblica sono ricopiate in un quaderno di fogli cuciti insieme e senza copertina. Il rettangolo luminoso che persiste sulla retina nell’oscurità purpurea delle palpebre chiuse si allunga ora nel senso della larghezza, stringendosi nel mezzo, disegnando una sorta di clessidra orizzontale o piuttosto di diabolo, rosso lampone. Si dilata fino a riempire tutto lo spazio visibile al centro del quale appare una minuscola luna malva. Verso le due del mattino una colonna di camion coperti si ferma sulla strada forestale all’altezza della batteria. All’interno dei camion gli uomini sono seduti uno di fronte all’altro su sedili paralleli, i fucili verticali tra le ginocchia. Nell’oscurità si distinguono solo i primi di ogni fila, i più vicini alla parte posteriore dei veicoli. Non parlano. Non rispondono alle domande dei cavalieri e degli artiglieri che chiedono loro se appartengano alla divisione attesa come rinforzo. Hanno l’aria di spaventati e stanchi. Sente un tocco leggero sul dorso della mano. Riapre gli occhi. Le ali trasparenti della mosca brillano al sole come mica. La sua ombra trasparente e mostruosa allungata in diagonale sembra trasportata da uno slancio statico, ritta su lunghe zampe filiformi che disegnano con il corpo un angolo acuto mentre le ali ripiegate si allungano dietro di essa come una coda. All’interno della camionetta ricetrasmittente una musica di danza suona dolcemente. I capi della colonna di autocarri si avvicinano ai graduati dell’artiglieria per chiedere la strada da fare e dispiegano una carta geografica che illuminano con due lampadine tascabili. Dopo essersi informati si trattengono ancora un poco e discutono a bassa voce lontano dagli uomini. Nel gruppo qualcuno dice che i tedeschi hanno oltrepassato la Mosa in serata su uno sbarramento che ci si è dimenticati di far saltare. La voce preoccupata d’uno degli ufficiali dice Questa cosa costerà cara. Quando il collo del gallo si ritrae 33


le piume si arruffano in orizzontale e il loro colore ramato vira al bruno. Quando si allunga si adagiano di nuovo, di nuovo bronzo chiaro attraversato da riflessi. Nel movimento che fa la mano per cacciare la mosca le dita si distendono e la pelle si piega di nuovo in innumerevoli rughe ondeggianti al di sopra dei tendini e delle vene rilevate. Con gli occhi chiusi sente i ferri dei cavalli che martellano il selciato. Dal loro rumore improvvisamente diverso propagato dalla volta può indovinare il momento in cui ogni cavaliere entra sotto il portico. La fattura è redatta su un foglio dalla trama d’un bianco verdastro, l’inchiostro è marrone-nero, la scrittura è quella molto regolare di un contabile : Fornito al Signor Generale L.S.M. da Richard gioielliere della Cour de Harlay n. 21 : un collier di 63 castoni di brillanti montati a giorno dal peso di 21cti/4/32, con manifattura : 4.300 f; un pettine a forma di diadema con rivestimento di 109 brillanti montati a giorno dal peso di 17 cti/4/8 : 2.460 f; un paio di orecchini e pendenti di 36 brillanti montati a giorno dal peso di 10 cti/8/6/32, con manifattura : 1.960 f; un collier, un paio di orecchini e una costola di pettine in corallo, il pettine intonato al pettine in diamanti, con astuccio : 225 f, etc. Resiste sulla tomba solo una pietra rettangolare in un groviglio di rovi, sfaldata dalle gelate invernali e la cui iscrizione, semiricoperta da licheni è difficilmente leggibile. Il baccano delle conversazioni, le luci scintillanti dei lampadari, i riflessi cangianti delle stoffe, la musica, si fondono in una sorta di amalgama confuso di colori chiari, di suoni tenui, come un rumore, un luccichio lontanissimo nelle tenebre, una minuscola e irreale agitazione da qualche parte in fondo alla notte. Lo stridio della civetta si fa sentire due volte, vicinissimo. Le sue missioni continue presso le armate lo tengono lontano dagli avvenimenti del Terrore. Rientra a Parigi solo dopo la promulgazione delle leggi di Pratile. È allora che viene eletto segretario alla Convenzione. Nessuno pensa che le truppe ben equipaggiate che sono improvvisamente apparse nella città e hanno aperto il fuoco agiscano per ordine del governo. In realtà nessuno sa veramente chi spara su chi. Dopo i primi scambi disordinati di pallottole una sorta di armistizio tacito sembra essersi instaurato 34


nel settore. La mancanza di sonno e il vettovagliamento costituiscono la loro preoccupazione principale. Deve lottare contro la sonnolenza e le palpebre gli bruciano. Anche con gli occhi chiusi può sentire sul suo viso la lieve agitazione delle foglie del platano che ora nascondono e ora lasciano passare i raggi del sole. Le foglie hanno la forma di stelle a tre punte. Sotto le palpebre le due parti della clessidra orizzontale si separano per formare due sfere distinte che si fondono nell’opacità brunastra. Solo persiste un vago luccichio. La prima notte le grida ininterrotte del neonato e le due bombe agganciate alla cintura che gli premono sulle costole gli impediscono di trovare il sonno. Approfittando della tregua, scivola una mattina nelle strade e riesce a raggiungere il mercato. La maggior parte delle bancarelle è chiusa a eccezione di qualcuna assediata dai compratori. Un colpo esplode, mandando in frantumi un pezzo della vetrata, generando del panico. Ne approfitta per comprare un pezzo di formaggio che spezza in due e ficca nelle giberne accanto alle bombe. Corre voce una sera che stanno per toglier loro l’acqua. Riempiono precipitosamente tutti i recipienti che riescono a trovare e decidono di dare l’assalto l’indomani all’alba passando dai tetti all’immobile che occupano le guardie. Controlla le sue bombe e la sua pistola. Pensa che sarà ucciso. Nel mese di giugno 1789 il 7° reggimento di artiglieria nel quale presta servizio è chiamato a Parigi. Con molti altri ufficiali dichiara al colonnello che è deciso a disertare se il governo intende impiegare la forza contro il popolo. I rami intrecciati del platano lasciano sulla sua retina un’impronta che sposa vagamente la forma di un 7 le cui estremità e il vertice dell’angolo sono appesantiti da palline, simili a nodosità, come se il segno fosse stato tracciato con l’inchiostro su una carta assorbente, la penna incerta bloccandosi un attimo nei cambiamenti di direzione, la carta assorbendo l’inchiostro in macchie rotonde. Il 7 dapprima turchese su fondo arancione si deforma ondeggiando, arricchendosi in basso di una linea orizzontale, come una Z, mentre vira al blu scuro, indaco cerchiato di nero su fondo giunchiglia. Da Mittelhagen informa la sua intendente che approfitta di un convoglio per inviarle una giumenta saura bella faccia, due balzane an35


teriori, una posteriore lato destro, di 7 anni compiuti, altezza 4 piedi 9 pollici totali con l’ippometro, comprata nel Meclemburgo Strelitz e che ha chiamato Saléma. L’episodio successivo si svolge due giorni dopo la notte passata vicino agli artiglieri. Al di là del suo carattere sanguinoso, la sua importanza deriva dal fatto che segnerà per i sopravvissuti la fine della fase cosiddetta coerente della battaglia, o piuttosto che non ci sarà più da quel momento in poi nessun tipo di ordine, neanche catastrofico. Si troveranno allora tra Mosa e Sambre al di fuori di qualsiasi sistema strutturato, da soli o in gruppuscoli sparuti in un’erranza totale, senza informazioni, orientandosi a vista con la posizione del sole, fiaccati dallo sfinimento e dalla mancanza di sonno. E dove andrete ? Verso le quattro del mattino gli artiglieri ricevono l’ordine di ripiegare. Sono partiti da tempo quando i cavalieri si rimettono in sella all’alba e si dispongono in colonne. Tutta la giornata battono in ritirata su una strada ingombra di convogli di ogni tipo militari e civili, di veicoli abbandonati o incendiati (sembra che i bombardamenti più consistenti abbiano avuto luogo nelle loro retrovie), di soldati più o meno sbandati e di rifugiati che interrogano al loro passaggio gli ufficiali senza ottenere risposta. Alcune granate cadono talvolta qua e là nei campi, come lanciate a caso. Una di queste, di un enorme calibro, sviluppa un’immensa colonna di fumo nero che ristagna a lungo, verticale, nell’aria calma. Il tempo è sempre bello. Formazioni di aerei li sorvolano a più riprese ad alta quota senza attaccarli. Verso la metà del pomeriggio lo squadrone prende una strada secondaria e fa sosta in un piccolo villaggio abbandonato dai suoi abitanti che i cavalieri ricevono ordine di fortificare per la difesa. Tuttavia la loro preoccupazione principale è trovare di che mangiare, ma alcune truppe in ritirata hanno già saccheggiato le case e trovano soltanto dei sigari e dei boccali di frutta sciroppata che svuotano direttamente facendo scivolare i frutti in bocca con le dita. Verso la fine del giorno appaiono dei ricognitori nemici ma ripiegano subito. A mezzanotte i cavalieri ricevono l’ordine di ritirarsi nel silenzio più assoluto. Strappano tutti i tessuti che riescono a trovare (copriletti, coperte, stracci) per avvolgervi alla meno peg36


gio gli zoccoli dei cavalli che conducono per le briglie un chilometro circa prima di montare in sella. Cavalcano allora nelle tenebre, il loro avanzare è spesso interrotto da lunghe soste inspiegabili durante le quali restano immobili, rannicchiati sulle cavalcature. Scrive al Comitato di salute pubblica che cercano di assassinarlo e che diversi suoi ufficiali che lo precedevano per ragioni di servizio sulle strade che doveva percorrere sono caduti in imboscate e sono stati uccisi. Sobbalzano talvolta al fischio brusco di un razzo che si alza al loro passaggio, trascinando dietro di sé nel cielo nero una scia di scintille. A un certo punto superano una lunga colonna di camion incendiati, alcuni rovesciati nel fossato, che finiscono di bruciare sprigionando un puzzo di gomma e di carni bruciate. Distinguono vagamente alcuni corpi carbonizzati ritorti sui volanti dei veicoli, altri inforcando delle motociclette coricate sul lato. All’incrocio disseminato di crateri le rovine di alcune case bruciano ancora, le travature crollate lambite da fiammelle silenziose che sembrano inseguirsi lentamente lungo le travi, illuminando figure oscure di uomini e donne muniti di secchi o carichi di fardelli che si fermano un istante per guardare i cavalieri con occhi smarriti, poi riprendono il loro andirivieni. È da più di quarantotto ore ormai che i cavalieri non hanno dormito e lottano come possono contro il sonno, assopendosi di tanto in tanto, con i busti curvi che oscillano avanti e indietro al passo dei cavalli. Quando spunta di nuovo il giorno cavalcano in una vasta pianura praticamente brulla, sprovvista di alberi, punteggiata appena qua e là di radi boschetti e che non offre nessuna possibilità di riparo. Non ci sono sulla strada che percorrono né profughi, né convogli, né tracce di alcun tipo di combattimento. Non si sente nessuna eco di battaglia né di bombardamento, neanche in lontananza. Scrutano nervosamente il cielo senza nuvole, ad eccezione di alcune sottili strisce orizzontali a est che il sorgere del sole tinge di rosa. Man mano che il sole si alza nel cielo proietta in avanti le loro ombre distese e pallide di statue equestri, a forma di insetti giganti sulle zampe allungate che sembrano ritrarsi e distendersi di volta in volta senza avanzare. La luce è di una qualità perlacea e si schiarisce a poco a poco. Le ombre 37


cominciano ad accorciarsi quando esplodono i primi colpi di arma da fuoco. Alcuni cavalli si impennano o cadono di schianto e la testa dello squadrone che si era avviata sulla destra per una scorciatoia ritorna disordinatamente verso l’incrocio delle strade dove si scontra con i cavalieri dell’ultimo plotone attaccati alle spalle e che arrivano al galoppo. Capiscono allora di essere caduti in un’imboscata e di essere tutti sul punto di morire. Subito dopo aver scritto questa frase si rende conto che è praticamente incomprensibile per chi non si sia trovato in una situazione simile e rialza la mano. Tra la base del pollice e quella dell’indice la rete di rughe flaccide poi increspate avvolge il portapenne in curve quasi parallele. Alzando lo sguardo incontra in successione la parte superiore del foglio di carta coperto di cancellature, il bordo del tavolo, poi le volute e le foglie di ghisa del balcone oltre le quali continuano a scorrere le incerte forme nere. Si toglie gli occhiali e può vedere chiaramente nel cortile della caserma i cavalieri dai busti diritti vestiti di tuniche nere gallonate di rosso, con i loro stivali neri e lucenti, i loro pantaloni blu Savoia e i loro kepi cilindrici e neri. I riflessi del sole danzano sulle groppe spazzolate dei cavalli color mogano. fetné  . . . . . . . . . . . . F Zobeide . . . . . . . . . . . F Zizialé . . . . . . . . . . . F négémet . . . . . . . . . . . F giafar . . . . . . . . . . . . M abdelmelek . . . . . . . . M barmécide . . . . . . . . . . M Zoran . . . . . . . . . . . . . M almakadan . . . . . . . . . M Kalil . . . . . . . . . . . . . M Karcas . . . . . . . . . . . . M némana . . . . . . . . . . . F Simostafa . . . . . . . . . M naraïs . . . . . . . . . . . . M nadam . . . . . . . . . . . M dalhuc . . . . . . . . . . . . M 38


Kallacahabalaba . . . . . F Kokopilesobe . . . . . . . . M hicar . . . . . . . . . . . . . M pharam . . . . . . . . . . . M Xailoum . . . . . . . . . . . M La lista dei nomi di cavalli si snoda in una lunga colonna al margine di una delle pagine di un quaderno dai fogli anch’essi semplicemente cuciti a mano. Sul primo sono scarabocchiati senza nessuna preoccupazione di bella grafia le parole Memorie sulla mia ambasciata a Napoli e la mia prigionia a Tunisi. Per mantenere il carattere personale di quelle note o forse per vanità sono redatte in italiano :  … alcuni schiavi ricamente vestiti mi presentavano al Bey facendomi passare per une lunga oscura scala che termina sotto una grande uccelliera così piena di differenti uccelli che io ero stordito dal loro canto. Vidi il Bey sopra un soffa, di piccola statura, occhio vivo, sembianza viva. La sua camera contiene pochi mobili, ma molte armi. Vi ho contato 17 paia di pistole, 17 sciabole, piche e stili. Osservai una cosa sorprendente, ed è che il suo primo Ministro Jusuf non ha più di 22 anni, era un Georgiano grasso, fresco e polputo. Io ero un barbaro ma… A volte uno dei cavalli giovani si impaurisce (un rumore o soltanto qualche carta sollevata dal vento) e fa uno scarto. Controllato dal suo cavaliere piega i garretti scalpitando e i suoi ferri picchiettano sul selciato. Uno dietro l’altro e preceduti dalle loro ombre s’ingrandiscono a mano a mano che si avvicinano prima di girare ad angolo retto, profilandosi un attimo in controluce poi sparendo sotto il portico. Scrive al generale Mack reclutato dal re di Napoli :  … una cosa è essere nello studio e lì stilare un piano d’attacco e altra cosa eseguirlo : nel lavoro di studio niente disturba la mente, il tempo e la riflessione le appartengono : in battaglia la sconfitta o il successo dipendono da un istante : il rumore, il pericolo, il fumo sono altrettanti ostacoli che impediscono di veder chiaro e … Il montante centrale della finestra e due delle traverse rimaste impresse sulla sua retina formano una croce che delimita quattro quadrati turchesi che deviano lentamente a destra su un fondo rosso scuro … in mezzo ai maggiori pericoli ho molto 39


spesso creduto di vedere l’ombra di questa donna adorata coprirmi di un’egida e aprirmi un varco attraverso i pericoli; tutti gli anni io … Sobriamente chiuso al collo da un cammeo pompeiano il davantino della camicetta della vecchia signora dal viso ingessato è ricamato con una moltitudine di perle nere a forma di piccoli cilindri che riflettono luci discrete, bruno dorate, rosa, turchesi. Ella respira con difficoltà, la bocca aperta agli angoli che scendono a forma di croissant rovesciato come in quei Pierrot infarinati o in quelle maschere convenzionali della tragedia, pienotta e flaccida, coperta da una cipria grigia. Il tenore rimane ora silenzioso ai piedi dell’ammasso di rocce rossastre, fermo in un atteggiamento d’afflizione ispirato da uno di quei quadri ispirati a loro volta ai classici che rappresentano dei funerali o qualche catastrofe biblica, peste, disfatta, massacro. Copre con una mano il suo viso abbassato, il braccio sinistro leggermente arretrato, la mano aperta, come se volesse allontanare da sé qualche visione o qualche importuno che egli rifiuta di ascoltare. Dal coro delle fanciulle tutto sulla destra della scena si innalza un concerto di voci cristalline. RIEPILOGO nell’anno 13 avevo avuto dall’arabo moustapha : giumente

Saléma odaïde almaïde palmire zéraïde

giumenta puledro

fatmé pelo haraïs    baio

cavallo cavallo

Zoran pelo abdelmelek nero pharaon pelo grigio topo

pelo grigio

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Il tetto delle scuderie è per metà crollato come le travi dell’intelaiatura d’un legno grigio e corroso dalle intemperie. Sul poggio di fronte alla terrazza, oltre il frutteto, un cane raduna la sera le mucche sparse nel prato, correndo dall’una all’altra e mordendole ai garretti. Le mucche galoppano goffamente. I suoni confusi dei campanacci attaccati al loro collo e i latrati del cane giungono affievoliti e con un attimo di ritardo, come se dovessero attraversare uno spesso strato di vetro, una pellicola al tempo stesso trasparente e opaca che isolasse il viso dal mondo esterno. I venti d’autunno hanno quasi interamente spogliato delle loro foglie le cime dei pioppi Carolina ora nudi che si muovono con rigidità. Nel racconto che fa degli avvenimenti, O. narra che ai primi spari uno sconosciuto lo prende per il braccio e lo trascina correndo. Attraversano così il viale per mettersi al riparo dal fuoco aperto dal campanile della chiesa. Una folla eterogenea di passanti sorpresi dal fuoco e tra i quali si trovano donne e bambini si ammassa nel locale in cui hanno trovato riparo. Nessuno capisce cosa stia succedendo. Un giovanotto distribuisce fucili a quelli che arrivano. Ne ottiene uno ma se lo fa rubare quasi subito. Un neonato piange ininterrottamente. Il breve combattimento dell’imboscata in cui è caduto lo squadrone sembra finito. Tutto è ora silenzioso. Un attimo dopo vede un mosaico di poligoni irregolari di diverse dimensioni, grigio chiaro, grigio bluastro, gesso, ocra o rosa. È carponi a terra. Al centro del sentiero, nella striscia risparmiata dalle ruote dei veicoli, piccoli ciuffi d’erba, minuscole piante dalle foglie a stella e dentellate spuntano tra i sassi. Non sente più sparare le mitragliatrici. La sua ombra celeste di quadrupede si allunga alla sua destra, dilatata. Circa due ore più tardi, cavalca di nuovo al fianco di un altro cavaliere dietro al capo dello squadrone e a un luogotenente (riferisce in un romanzo le circostanze e il modo in cui le cose si sono svolte nel frattempo : tenendo conto della diminuzione delle sue facoltà di percezione dovuta alla fatica, alla mancanza di sonno, al rumore e al pericolo, delle inevitabili lacune e deformazioni della memoria, si può considerare questo racconto come una relazione dei fatti quanto più possibile fedele : l’incrocio e i campi disseminati di cor41


pi, il ferito insanguinato, il morto steso dal lato opposto del fossato, la sua progressiva ripresa di coscienza, la sua brusca decisione, la sua corsa affannosa nel risalire la collina sui prati interrotti da siepi di biancospino, il superamento della strada in cui pattugliano le automitragliatrici nemiche, la sua marcia nella foresta (E dove andrete ?), la sua sete, il silenzio del sottobosco, il canto del cuculo, i rumori lontani di bombardamenti, l’incontro imprevisto dei due ufficiali sopravvissuti all’imboscata, l’ordine neghittoso che riceve di salire su uno dei due cavalli da soma condotti dall’attendente, l’attraversamento della città bombardata, etc.). La strada che viene dal Belgio e si dirige a sud di Maubeuge verso la Sambre si estende diritta approssimativamente da est a ovest tra Solre-le-Château e Avesnes, fiancheggiata d’alberi da frutto, salendo e scendendo dolcemente a seconda delle lievi ondulazioni del terreno. Le banchine e i fossati sono disseminati di rottami d’ogni tipo, camion e macchine incendiate o abbandonate, carretti rovesciati, cavalli morti, etc., e soprattutto di un’incredibile quantità di carte o di biancheria sparse d’un bianco vivo nel verde. Prova la sensazione di essere separato dal mondo esterno dalla pellicola screpolata e bollente che formano sul suo viso non solo lo sporco ma anche il suo stato di estrema spossatezza. Lotta come può contro il sonno che gli appesantisce le palpebre, oscillando avanti e indietro sulla sella al passo del cavallo. Vede confusamente i busti rigidi dei due ufficiali stagliarsi scuri in controluce su un fondo luminoso, dondolandosi sulle loro selle senza avanzare. A un incrocio vede il cartello di un palo indicatore che porta la dicitura : Wattignies-la-Victoire 7 km sottolineata da una freccia puntata verso destra. Poco dopo l’attraversamento del villaggio di Sars-Poteries i due ufficiali saranno abbattuti quasi a bruciapelo da un paracadutista nemico imboscato dietro una siepe. Con l’attendente fanno dietrofront e si lanciano al galoppo inseguiti dal tiro del paracadutista. L’attendente ha la coscia scalfita da una pallottola. Appena ritornati nel villaggio rimettono i cavalli al passo, poi si fermano. Restano lì al centro della strada (in effetti il villaggio sembra essere costituito solo da due file di case basse in mattoni rosso scuro o violacei, che si estendono per 42


piĂš di un chilometro su entrambi i lati della strada rettilinea, alternandosi talvolta con degli orticelli) disseminata di rottami, non lontano da un cavallo morto quasi interamente ricoperto, benchĂŠ il tempo sia asciutto, da uno strato liquido di fango ocra. Deve essere approssimativamente mezzogiorno. Il sole è alto nel cielo e le loro ombre equestri intrecciate formano una macchia nera sotto di loro. Dove andrete ?

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Lavieri

Nella stessa collana

1. Arno Schmidt, Dalla vita di un fauno 2. Marco Palasciano, Prove tecniche di romanzo storico 3. Maurizio Rossi, Mare Padanum 4. Walter Kempowski, Tadellöser & Wolff. Un romanzo borghese 5. Arno Schmidt, Brand’s Haide 6. Giovanni Cossu, Turritani 7. Gherardo Bortolotti, Tecniche di basso livello 8. Arno Schmidt, Specchi neri 9. Antonio Pizzuto, Sinfonia (1927) 10. Ulrike Draesner, viaggio obliquo (poesie 1995-2009) 11. Marco Ceriani, Memoriré 12. Hans Henny Jahnn, 13 storie inospitali 13. Enzo Di Mauro, Il tempo che non venne 14. Stefano Gallerani, Albacete


E allora forse quell’incontro : l’ultimo colloquio (o l’ultimo scontro) tra i due uomini, i due fratelli che dopo ciò non dovevano vedersi mai più : l’arrivo come sempre all’improvviso, inatteso del colosso che aveva appena attraversato una volta ancora indenne le trappole del destino : cacciato, espulso a dispetto di ogni prassi per la slealtà di una corte nemica, l’odio di quella sorella della regina che egli aveva rovesciato, praticamente consegnato ai corsari, prigioniero, liberato, inseguito di nuovo da altri corsari, mezzo annegato in una tempesta, sbarcando finalmente a Genova, facendosi portare direttamente (guidato, avvertito da quale istinto, quale premonizione ?) là dove in mezzo a qualche campo o a qualche bosco rimanevano aggrappati non solo un ammasso di vecchie pietre ma la parte più segreta, più viscerale di se stesso.

Finito di stampare nel mese di novembre 2012 presso Grafica Nappa s.r.l., Aversa (CE).

ISBN 978-88-96971-18-5

€ 25,00 (i.i.)

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9 7 8 8 8 9 6 9 7 1 1 8 5


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