Ghiacciaio del FrĂŠboudze - Monte Bianco BIVACCO GERVASUTTI rassegna stampa
STAMPA QUOTIDIANI E PERIODICA
CORRIERE DELLA SERA 14 APRILE 2011 PAG.35
LA STAMPA. 8 novembre 2010 PAG.20
SOLE 24. 6 DICEMBRE 2010 PAG.13
AVVENIRE 31 LUGLIO 2011 PAG.12
IL SECOLO XIX 12 AGOSTO 2011 PAG.35
LA REPUBBLICA 22 AGOSTO 2011
!"#$%&#$$' 28 LUGLIO 2011 PAG.109
SPORTWEEK (supplemento del sabato della Gazzetta dello Sport) ottobre 2011 PAG.85-87
FOCUS GIUGNO 2011 PAG. 7 E 44
TRAVELLER SETTEMBRE 2011 PAG.24
DOMUS novembre 2011 PAG.48-53
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Imparare dal vuoto Learning from the void
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Progetto • Design
emergono in regioni prima inaccessibili, ora diventate mete di svago e lavoro. Il nuovo Bivacco Gervasutti, un prototipo replicabile aggrappato su un versante del Monte Bianco, apre la nostra rassegna di architettura in ambienti estremi • As formerly inaccessible locations become everyday destinations for work and pleasure, new design challenges—and opportunities—emerge. The new Bivacco Gervasutti, a replicable prototype anchored to the side of Mont Blanc, opens our review of architecture in extreme environments
Luca Gentilcore, Stefano Testa Testo • Text
Michele Calzavara Foto • Photos
Francesco Mattuzzi
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Nuovo Bivacco Gervasutti
Mont Blanc, Grandes Jorasses, IT
Design Architects
Lu Ca Gen TILC ore (GANDOLFI GENTILCORE ARCHITETTI) , S T e Fano Te ST a (CLIOSTR AAT)
Design team
Mar IL ena Ca Mbu LI , e doardo boero
Structural Engineering
Sezione • Section
Pianta • Plan
Lu Ca oLIV ar I / oLIV ar I Co MPo SIT e e n GIneer In G, a ndrea bruzzone
Electrical Engineering
Car Lo Sa SS o, ed F enr SP a, GIa MPao Lo PITT a Tore, e nr ICo Pon S
1
Geology
aL ber To Mor Ino
Niveology and avalanches
Feder ICo Va LF rè d I bonzo
Client
Ca I Tur In S eCTI on, S ub S eCTI on S uCa I, Sk IInG and Moun Ta Ineer InG SC hoo L
2
Total floor area 29 m2
Cost
200,000 €
Design phase
09/2009—12/2010
Construction phase 05/2011—10/2011
Manufacturers Po LIG a MMa, GVM a rreda, PL a T a ndrea
Sponsors
3
r e GIone a u Tono Ma Va LL e d’a o ST a, Fondo rIF u GI C Lub aLPI no I Ta LI ano, Fondaz Ione Ca SS a d I rISP ar MIo d I Tor Ino, Gore-Tex, ed F enr So L are
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In attesa della cosiddetta fortuna critica, a cui questo testo può forse contribuire, un neologismo come ‘fortuna burocratica’ potrebbe probabilmente dare conto, in prima battuta, di un progetto come (Living Ecological Alpine Pod ), il nuovo bivacco Giusto Gervasutti che sostituisce quello originariamente dedicato al ‘fortissimo’ alpinista torinese sulla parete est delle Grandes Jorasses, nel massiccio del Monte Bianco. Costruito nel 1948, era un esempio di prefabbricazione in legno abbastanza avanzato per quegli anni, quando quella cengia era un luogo più estremo di quanto non lo sia oggi, sempre a 2.835 metri di altitudine, ma nel mezzo di un ghiacciaio (il Fréboudze) allora più grande, tormentato e increspato di seracchi e crepacci. Dal 1961 in poi, i rimpiazzi subiti dal rifugio hanno perso quella originaria valenza tecnica. Oggi la recupera con un progetto sfacciatamente antimimetico, eppure superando il lungo elenco di autorizzazioni e vincoli previsti in un contesto così sensibile. 50
Lo fa rileggendo non le forme, ma le ragioni di un rifugio incustodito ad alta quota, incontrando una (Sottosezione domanda colta, quella della Universitaria Club Alpino Italiano) di Torino, che l’ha commissionato, e cogliendo l’occasione per avviare un laboratorio progettuale che non solo reinventa una tipologia di per sé elementare (tipicamente una capanna di legno rivestita in lamiera, e poco più) ma aggiorna il tema della prefabbricazione montana e, in prospettiva, un certo approccio all’industrializzazione edilizia tout court. Tema su cui la storia ci ha abituato a ragionare per monoculture (del cemento, del legno e così via), mentre un mix che si ponga il problema del loro incrocio integrato in un manufatto piccolo, ma complesso, non è poi così scontato. Il progetto nasce sostanzialmente in pianta: uno spazio minimo per dodici posti letto che non richieda trasporti eccezionali. Tale vincolo dimensionale ha dato un ingombro massimo
Tre momenti della fase di montaggio in quota. I quattro moduli, elitrasportati dalla base in val Ferret (Courmayeur) e già completi degli interni, vengono inseriti a scorrimento sulla trave trapezoidale agganciata alla roccia grazie a sei meccanicamente. Queste operazioni hanno richiesto due giorni di lavoro. Il motivo rosso a jacquard rende il bivacco ben individuabile a distanza, creando allo stesso tempo un richiamo della montagna. L’involucro è un sandwich strutturale ad alta densità in e vetroresina, stampato a infusione sotto vuoto
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S oggiorno · Living Ingresso · Entrance Letto · Bed S ervizi · Bathroom 1m
• Three phases of the on-site assembly. The four modules, already complete with interiors, are transported by helicopter from the Val Ferret base (Courmayeur) and runner beam which is clamped to the rockface by six “paws”. These operations took two days to complete. The red jacquard motif makes the hut clearly distinguishable from a distance, while echoing a traditional mountain iconography. The outer cladding consists of a structural sandwich in vacuum-infusion moulded high-density
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dotato di sensori esterni e di connessione internet, il bivacco può registrare e trasmettere dati relativi alle condizioni meteorologiche. pannelli compositi: sandwich isolanti con anima in balsa e pelle in multistrato di betulla • equipped with external sensors and an Internet connection, the hut can record and transmit data on meteorological conditions. with composite panels made of insulating sandwiches, with a balsa core and multilayered birch cladding
(8 x 2,40 metri) risolto su basi strettamente ergonomiche. L’involucro, dopo una prima ipotesi (non praticabile) di riutilizzo di un trancio di fusoliera di aeroplano, sorta di readymade la cui sezione avrebbe fornito tutto l’occorrente, ha preso corpo in un guscio strutturale in materiale composito, resistente per forma, in grado di risolvere tutte le prestazioni (meccaniche e coibenti, di peso) in un’unica soluzione. Ottenuto incrociando il mondo della nautica e le competenze della filiera legno-arredo brianzola, la sua sezione tubolare è il punto di equilibrio tra resistenza e abitabilità, risultante di un compromesso funzionale: una cuspide più pronunciata avrebbe lavorato meglio da un punto di vista strutturale, ma anche sacrificato spazio nelle corsie laterali. Dovendo ridurre al minimo le operazioni in quota, da subito il progetto è stato pensato in moduli, realizzati a valle e trasportati da un elicottero
‘standard’ (il peso di ognuno è di 600 kg, allestimento interno compreso), infine agganciati a una trave-binario trapezoidale, anch’essa in composito, fissata alla roccia in sei punti distribuiti su metà della lunghezza. Il resto è a sbalzo, una posizione scomoda e davvero estrema, dovuta non solo al piacere della sublime vertigine, ma anche a dettagliate analisi nivologiche, per sottrarsi alla spinta inesorabile superficie ridotta ad accumuli di neve sui pannelli fotovoltaici integrati nel tetto. L’aspetto impiantistico , peraltro, è particolarmente complesso, dovendo garantire un funzionamento senza manutentore. Ma l’aspetto forse più interessante di è che, fin da subito, si propone come modello replicabile al di là dell’occasione specifica. Di conseguenza, combinatorio: il modulo di base, lungo 2 metri,
è un anello strutturale nudo; sottomoduli da 1 metro accolgono gli eventuali accessori (oblò, porte laterali); gli elementi terminali, la ‘palpebra’ vetrata in aggetto sul vuoto e il ‘tappo’ di chiusura contro la parete rocciosa, sono di fatto intercambiabili. Ma in realtà ogni componente è opzionale. Tale flessibilità promette un prototipo adattabile, potenzialmente, a qualsiasi contesto naturalisticamente sensibile, il cui approccio ecologico risiede (anche) in una notevole reversibilità, non certo in una mimesi naturalistica. Anzi, erede di una certa utopia irrompe nella natura in modo tecnologica, dichiarato e in punta di piedi a un tempo, come una Walking City (volante) e, allo stesso modo, ‘discreta’ e impermanente. — MICHE LE CALZAVARA Architetto 51
Nuovo Bivacco Gervasutti
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Monte Bianco, Grandes Jorasses, IT
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high-altitude shelter, by responding to a cultivated (the Italian Alpine Club brief specified by the University Subsection) in Turin that commissioned it. In addition, the opportunity was seized to set up a design workshop which not only reinvents a type of construction in itself elementary (typically little more than a metal-clad wooden hut), but also updates the theme of mountain prefabrication as well as a certain approach to industrialised building, the history of which has accustomed us to think of it in terms of monocultures (of concrete, wood and so on). A mixture, on the other hand, which sets out the problem of their combined integration in a small but complex product, is a departure from that tendency. The project is substantially horizontal, providing enough room to accommodate 12 persons and not maximum floor surface of 8 by 2.4 metres, laid out on a strictly ergonomic basis. Initially, the possibility (which proved unfeasible) of adapting part of an aeroplane fuselage was considered, as a sort of readymade whose section would have provided the necessary frame. Instead, a structural shell in composite material was favoured, which would be resistant in form and meet all the mechanical, insulation and weight specifications in a single solution. Achieved by merging the expertise of boatbuilding and of Brianza’s wooden furniture industry, the refuge’s tubular section sets the balance between resistance and habitability in a functional compromise. A more pronounced apex would have worked better structurally, but it would also have sacrificed space in the lateral passages. In view of the necessity to minimise operations in situ, the project was conceived in terms of modules right from the start. These would be manufactured in the valley, transported by “standard” helicopter (the weight of each module is 600 kilos, including its interior fittings ), and then clamped to a trapezoidal rail-beam, likewise in composite, attached to the rock at six points distributed along half its length. The rest is an overhang, an inconvenient and truly extreme position, due not only to the pleasure of sublime heights, but also to detailed snowfall analyses, so as to resist the merciless force of avalanches and landslides as well as minimise the
n ella parte esterna superiore della scocca sono integrati dei pannelli fotovoltaici per generare l’energia elettrica necessaria al bivacco, che viene convogliata in accumulatori situati sotto il pavimento. Il calore interno sviluppato dalle celle fotovoltaiche impedirà la formazione di ghiaccio e di accumuli nevosi. La batteria di accumulo delle celle, fornita da Fiam, sfrutta un principio di elettrolisi del sale marino ed è completamente ecologica
• Photovoltaic panels are built into the upper external part of the bodyshell to generate the hut’s electricity, which is collected in accumulators internal heat developed by the photovoltaic cells will prevent the formation of ice and snow drifts. The cells’ accumulating battery, supplied by Fiam, exploits a principle of sea-salt electrolysis and is fully ecological
Pending good reviews, to which this article may perhaps contribute, a neologism like “bureaucratic success” could probably account for a project like (Living Ecological Alpine Pod ). The new Giusto Gervasutti alpine hut replaces the one originally dedicated to the “mighty” Turinese mountaineer on the East Face of the Grandes Jorasses, in the Mont Blanc Massif. Built in 1948, at that time it was a fairly advanced example of a prefabricated wooden construction, when that narrow ledge was a more extreme site than it is today. At an altitude of 2,835 metres, it was in the middle of a glacier (the Fréboudze) which in those days was larger, broken and wrinkled by blocks of ice and crevasses. Since 1961 the various alterations made to the shelter had has lost the original technical quality. Now recaptured that quality with an unashamedly antimimetic design which, however, overcomes the long list of permits and restraints involved in such a sensitive context. This feat was accomplished not by re-examining the forms, but rather the reasons for an unattended
drifts on the photovoltaic panels built into the roof. The layout moreover is particularly complex, since it must operate perfectly without maintenance. But perhaps the most interesting aspect of is that from the outset it was envisaged as a model to be repeated beyond this specific occasion. Consequently, its modularity was tackled in a duly combinatory way: the basic module, two metres long, is a bare structural ring; sub-modules of one metre house accessories (portholes, side doors); while the end units, the glazed “eyelid” projecting into empty space, and the closure “stopper” against the rocky wall are interchangeable. In actual fact, though, every component is optional. This flexibility promises a prototype that is potentially adaptable to any nature-sensitive context. The ecological approach to such contexts (also) lies in a notable reversibility, and not by any means as an imitation of nature. On the contrary, as the heir to a certain technological overtly breaks into nature, albeit on utopia, tiptoe—like a Walking City (in this case flying) that is simultaneously “discreet” and impermanent. — MICHE LE CALZAVARA Architect 53
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22 Professioni & formazione COURMAYEUR (AOSTA). Gusci metallici traslucidi e aerodinamici; sistemi di prefabbricazione e soluzioni per minimizzare ogni consumo; cantieri meticolosamente organizzati perchè impiantati in ambienti estremi, in alta montagna oltre i 2500 m, laddove non arrivano le strade e si può operare solo d’estate (meteo permettendo). Tiene banco una serie di progetti conclusi o in corso che presentano un denominatore comune: si trovano tutti nel massiccio del Monte Bianco, massima vetta delle Alpi. L’ambito dei rifugi alpini sembra infatti destare sempre più l’interesse della cultura architettonica, che v’individua possibilità di sperimentazione tecnologica ma anche formale: basti pensare al successo dell’elvetica capanna Monte Rosa, inaugurata nel 2009 a 2880 m.s.l.m. e subito diventata landmark del Gornergrat, al punto che le autorità del Club alpino svizzero devono mettere in guardia circa la natura della meta gli sprovveduti turisti che si avventurano sui ghiacciai in scarpette da ginnastica: è un ricovero alpinistico e non un hotel a quattro stelle.
IL GIORNALE DELL’ARCHITETTURA, N. 98, OTTOBRE 2011
COSTRUZIONI IN ALTA QUOTA
NUOVO RIFUGIO GOÛTER
I cantieri estremi del Monte Bianco Sono numerosi i progetti conclusi o in corso per rifugi, bivacchi e funivie sul tetto delle Alpi
GONELLA
RIFUGIO GONELLA
Dopo tre estati di lavori, finalmente inaugurato il 24 luglio il punto tappa di proprietà della sezione di Torino del Club alpino italiano. Sorge al Dôme (3071 m), lungo la via normale italiana di salita al Monte Bianco, laddove fin dal 1891 fu costruito il primo rifugio, poi ampliato nel 1925 e sostituito da una nuova struttura nel 1963, ora smantellata. Il progetto, costato 1 milione, è di Antonio Ingegneri ed Erica Ribetti di Torino. Struttura a telaio in legno lamellare; pareti e solai in pannelli sandwich prefabbricati di legno o compositi con isolanti e rivestimento in lamiera a doppia graffatura in alluminio verniciato o a doghe estruse ondulate in alluminio anodizzato; serramenti a triplo vetro e doppia camera con gas inerte. E ancora, recuperatori di calore, pannelli solari ad aria e 30 moduli fotovoltaici (4 kW di picco, che coprono il fabbisogno di energia elettrica) per un consumo annuo di 37 kWh/mq e una classificazione CasaClima B.
NUOVO RIFUGIO TORINO
Ai due professionisti torinesi si deve anche il progetto del ricovero che, sulla cresta di confine al Colle del Gigante (3370 m), dovrebbe sostituire quello realizzato nel 1949-1952, mentre in origine la prima costruzione risale al 1875. Un sofisticato involucro vetrato simile a un blob, emblematico del tentativo di combinare le esigenze d’immagine con la climatizzazione di spazi che, accanto a quelli consueti di ospitalità, dovrebbero prevedere un centro
TORINO
GOUTER
FUNIVIA
GER VASUTTI
di documentazione e una sorta di museo per una struttura orientata più all’entertainment, cioè al target dei turisti dell’adiacente funivia dei ghiacciai, che non agli alpinisti. Esito di un concorso a inviti bandito in sordina dal Cai Torino, è ora in attesa di finanziamenti.
FUNIVIA DEI GHIACCIAI
Nei pressi dell’attuale rifugio Torino è intanto stato aperto da qualche mese il cantiere del
Un libro per saperne di più Afirma di Luca Gibello, è in uscita presso l’editore biellese Lineadaria il volume Cantieri d’alta quota. Breve storia della costruzione dei rifugi nelle Alpi (prefazione di Enrico Camanni, contributi di Pietro Crivellaro e Roberto Dini; pp. 168, euro 18): un primo organico tentativo di restituire un quadro d’insieme analizzando le motivazioni della committenza, le tecniche e i materiali edilizi, le figure dei progettisti, i valori simbolici e politici, gli immaginari collettivi. Dal 1750 a oggi, dai prodromi dell’alpinismo ai modesti ripari degli eroici scalatori ottocenteschi, dal fenomeno dei rifugi-osservatorio a quello dei rifugi-albergo, dall’alpinismo e dall’escursionismo di massa fino ai recenti landmark che rompono con lo stereotipo della baita: una rassegna di circa 190 rifugi e 20 bivacchi in Italia, Francia, Svizzera, Germania, Austria e Slovenia.
nuovo impianto che, dal 2 0 1 5,dovrebbe sostituire quello realizzato a inizio anni cinquanta dal conte e ingegnere Dino Lora Totino. La faraonica opera che, per 100.000 persone all’anno e con uno sviluppo di 15 km, consente lo spettacolare collegamento in quota con il versante francese di Chamonix, ha un budget previsto di 105 milioni. Il progetto, sviluppato a partire dal 2007 dall’Ati capeggiata dalla valdostana Dimensione Ingenierie (per l’architettura, figura il genovese Studio Progetti di Carlo Cillara Rossi), è stato appaltato l’anno scorso dalla
Funivia Monte Bianco spa (società in mano alla Regione Autonoma Valle d’Aosta) alla Cordée Mont Blanc, in cui figura il colosso mondiale del settore Doppelmayr-Garaventa. Sarà eliminato uno dei tre tronconi che, sul versante italiano, permettono di raggiungere i 3452 m di Punta Helbronner. Qui sarà ricostruita la stazione d’arrivo (così come quella di partenza a Entrèves e l’intermedia del Mont Frety, a 2172 m), con tanto di terrazza panoramica circolare da 14 m di diametro e spettacolo virtuale dello scenario paesaggistico (nel fotomontaggio): co-
GINEVRA Il tetto solare più grande della Svizzera
Sarà installato sui padiglioni del Palexpo per aumentare la produzionecittadina di energia ottenuta da fonti rinnovabili. Il progetto è frutto della collaborazione tra Sig (Services Industriels de Genève) e l’azienda emiliana Derbigum, che aveva già impermeabilizzato le coperture posando le sue membrane. Il tetto, di61.600 mq, entro la fine dell’anno sarà ricoperto da 15.000 pannelli fotovoltaici(il cui peso richiederà anche il rinforzo della struttura), che forniranno una potenza di 4.100 MWh. www.derbigum.it
sì, anche le comitive org a n i zzate che compiranno l’escursione con brutto tempo, possono dormire sonni tranquilli. Lungo i 5 km di tesata unica che scavalcano la Vallée Blanche con la nota Mer de Glace, per giungere all’Aiguille du Midi, le celebri cabine (note come le «tre caravelle») saranno sostituite con elementi circolari trasparenti, in grado di ruotare su se stessi. www. n u o v efuniviemontebianco.com
Spostandosi sulla via normale di salita dalla Francia alla vetta del Bianco, procede il cantiere all’Aiguille du Goûter (3817 m). Concepito nel 2009 dai transalpini G roupe H e Charpente Concept per il Club alpino francese, dal 2012 il nuovo avamposto sostituirà quello del 1960 (il primo risale al 1858): un immacolato e aerodinamico volume metallico a pianta ellittica (per opporre resistenza minima a vento e neve), dalla struttura reticolare lignea (il legno, infatti, meglio della muratura, assorbe le sollecitazioni dovute all’irregolare cedevolezza del terreno, in parte perennemente ghiacciato). www.nouveaurefugedugouter.fr
NUOVOBIVACCO GERVASUTTI L’immaginario aerospaziale (e alcune delle relative tecnologie) informa anche la capanna incustodita ai piedi delle Grandes Jorasses (2835 m; versante italiano) che, in occasione del 60° anniversario della Sucai (Sottosezione universitaria del Cai di Torino), sostituisce quella del 1948, già ricostruita nel 1961. Progettata dagli architetti Luca Gentilcore e Stefano Testa, si tratta di un’inedita fusoliera metallica costituita da quattro anelli modulari prefabbricati, poggiata su «zampe» e proiettata orizzontalmente verso il paesaggio attraverso una vetrata a cannocchiale che chiude la sezione ellittica del guscio, larga circa 3,5 m. La struttura è in composito di vetroresina infusa, con isolamento termoriflettente e rivestimento interno in sandwich di semilavorati di legno. In copertura sono incollati 24 moduli fotovoltaici con celle cristalline ad alta efficienza, inglobati in tecnopolimeri a elevata resilienza: forniti dallo sponsor tecnico Edf Enr Solare per un totale di 2,4 kW di picco, alimentano (grazie a batterie Fiamm in sodio e nichel ad alta sicurezza e completamente riciclabili) l’impianto d’illuminazione, le prese elettriche, la piastra da cucina e un computer connesso al web (tutte dotazioni inusuali per un bivacco). È previsto che i singoli moduli, dopo essere stati esposti a Torino (dal 27 luglio al 3 agosto) e a Courmayeur (dal 10 al 24 agosto), siano trasportati dall’elicottero e assemblati in loco, su una trave metallica di basamento, entro settembre. Nessun tentativo di mimesi, bensì una voluta estraneità rispetto al contesto per un progetto che ambisce a porsi come modello replicabile. Il costo totale, compreso lo smantellamento del vecchio manufatto, è di 200.000 euro. www.leapfactory.it Luca Gibello
Scusate il disagio
L’Opera di Zaha già cede dopo 6 mesi
Secondo quanto riportato dal «Daily Telegraph», la faraonica fatica cinese dell’anglo irachena Zaha Hadid starebbe mostrando segni dei primi (e davvero troppo precoci) cedimenti. Sembra infatti che lunghe crepe siano apparse su muri e soff i t i e che dalle finestre siano anche caduti alcuni dei pannelli vetrati. E l’elenco non si esaurisce nell’interno dell’edificio, perché anche molte delle l a s t re lapidee che rivestono l’esterno hanno dovuto essere sostituite. Dallo studio, comunicano come i lavori siano stati eseguiti «con diligenza e dedizione». Forme troppo «fluide» o problemi con la messa in opera?
RENT. GENNAIO 2011 PAG.50-51-52
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VANITY FAIR n.46 NOVEMBRE 2011 PAG.274
MERIDIANI MONTAGNE GENNAIIO 2011
MERIDIANI MONTAGNE GENNAIIO 2011
MERIDIANI MONTAGNE n.53 NOVEMBRE 2011 PAG.75
LO SCARPONE FEBBRAIO 2011 COVER + PAG.4-5
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LO SCARPONE FEBBRAIO 2011 COVER + PAG.4-5
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QUOTA NEVE MAGGIO-GIUGNO 2011 PAG.54-55