Il controllo di vicinato nel Comune di Curtatone

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UNIVERSITÀ CATTOLICA DEL SACRO CUORE SEDE DI MILANO FACOLTA' DI SOCIOLOGIA CORSO DI LAUREA IN SCIENZE SOCIALI APPLICATE PERCORSO: SCIENZE DELLA CRIMINALITA' E TECNOLOGIE PER LA SICUREZZA

Il controllo di vicinato nel comune di Curtatone

Tesi di laurea di: Alessandro SECCHIATI Matricola N. 3807883

Relatore: Chiar.mo Prof. Marco DUGATO

ANNO ACCADEMICO 2010/2011

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INTRODUZIONE Il controllo di vicinato è un movimento che promuove l’attività dei cittadini nella prevenzione e nel controllo della criminalità (Titus, 1984). Esso si realizza attraverso l’implementazione di attività che favoriscono la coesione sociale tra i vicini e le Forze dell’ordine, diventando cosi un valido sistema di contrasto all’insicurezza e alla disgregazione sociale. La prime esperienze risalgono agli anni ’60 negli Stati Uniti e, in vent’anni, si sono diffuse in tutti i paesi anglosassoni, portando risultati positivi, come: 

riduzione dei tassi di criminalità;

aumento della coesione sociale;

maggiore coesione e scambio di informazioni tra cittadini e Polizia. Gli studi scientifici, fino ad ora pubblicati, sono stati effettuati negli Stati Uniti, in Gran

Bretagna, Australia, e Canada. Tali studi sono tutti abbastanza datati, perché si riferiscono alle prime implementazioni, dopo le quali il controllo di vicinato è diventato una consuetudine ed è divenuto il più vasto mezzo di prevenzione alla criminalità utilizzato da questi paesi. Per questo motivo, oggi, sarebbe difficile studiarne gli effetti, essendo entrato negli usi della popolazione anglosassone. Le più recenti pubblicazioni riguardano i metodi di implementazione, che sono adattabili ai più svariati contesti e vengono pubblicizzati attraverso l’utilizzo di internet. Grazie a questo tipo di promozione anche in Italia si è venuti a conoscenza di questa misura preventiva, ed è stato possibile applicare il programma sul territorio nazionale. Negli ultimi anni si è parlato molto della sensazione di insicurezza che affligge i cittadini italiani e spesso ne limita le attività quotidiane, per questo motivo riteniamo che lo studio di un programma di prevenzione, come il controllo di vicinato, possa fornire un utile spunto per le Amministrazioni locali. Tutto ciò al fine di creare un livello di sicurezza sia reale che percepita maggiore, considerando il fatto che tale metodo preventivo incide positivamente sia sull’andamento della criminalità che sul sentimento di insicurezza.

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Le applicazioni italiane sono molto recenti e non sembra siano state studiate scientificamente, per questo motivo ci apprestiamo ad effettuare l’analisi del controllo di vicinato nel comune di Curtatone, dove il programma è attivo dai primi mesi del 2011. Il lavoro è stato svolto attraverso la somministrazione di interviste a cinque osservatori privilegiati che hanno collaborato durante l’ideazione, l’organizzazione e l’ applicazione del programma a due piccoli quartieri del comune. Lo scopo della ricerca è stato, pertanto, quello di analizzare il controllo di vicinato nel contesto italiano, comprendendo i motivi della scelta di questo programma ed evidenziando le esigenze che hanno spinto i cittadini a seguire questa scelta. È stata analizzata, inoltre, l’organizzazione e il rapporto tra Amministrazione ed abitanti, elemento fondamentale per l’effettiva efficienza dei programmi. Durante l’analisi è stata data particolare attenzione al metodo di promozione e pubblicizzazione utilizzato per diffondere l’iniziativa ai cittadini e sensibilizzarli alla partecipazione del programma. Si è deciso, infine, di analizzare l’organizzazione adottata dai coordinatori nelle loro aree per attivare in modo pratico il controllo di vicinato e i risultati da loro ottenuti. In questo studio, si cercherà di introdurre nel contesto scientifico italiano un’ attività di prevenzione che si discosta dalla concezione di sicurezza limitata e garantita dall’attività delle Forze dell’ordine, ovvero un’attività che stabilisce le sue basi nella partecipazione dei cittadini nelle attività di contrasto alla criminalità e alle situazioni di degrado locale. Il lavoro è stato dunque suddiviso in tre capitoli, ognuno dei quali tratta una parte diversa dell’analisi svolta. Il primo capitolo si concentra sull’analisi della letteratura, fornendo le basi al lettore per affrontare uno studio critico del caso studio. Per questo motivo sono stati raccolti tutti gli studi fino ad ora effettuati sul controllo di vicinato nei paesi anglosassoni. Si è cercato di riportare tutti gli elementi che possono favorire l’efficienza del programma e sono stati spiegati i motivi della rapida diffusione del programma. Molti studi hanno effettuato analisi di tipo quantitativo, riportando semplicemente gli effetti del controllo di vicinato sui tassi di criminalità e, nella maggior parte dei casi, l’analisi statistica si è concentrata sui furti in abitazione, considerato il reato più influenzabile. Le esperienze sono state analizzate in modo critico riportando oltre alle statistiche anche eventuali lacune o punti di forza della ricerca o dell’implementazione. In questo capitolo sono stati analizzati anche i manuali, riportando quelli che sono i consigli per un applicazione efficiente ed efficace, dividendola in 5 fasi diverse:

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Ideazione: le motivazioni che spingono alla scelta del controllo di vicinato

Organizzazione: il rapporto tra cittadini e Amministrazione

Pubblicizzazione: come promuovere il programma

Implementazione: organizzazione tra i cittadini

Sviluppi: come mantenere il programma attivo negli anni Nel secondo capitolo si è proceduto con la spiegazione della metodologia utilizzata,

specificando lo scopo e i motivi della scelta del caso studio. Si è provveduto all’esplicitazione della selezione dei temi affrontati con ognuno degli osservatori privilegiati intervistati: ogni macrotema è stato suddiviso in argomenti per ottenere il punto di vista di ogni intervistato. In questo capitolo, inoltre, è stata motivata la scelta dei diversi osservatori privilegiati dividendoli in tre macrogruppi, per ognuno dei quali si è proceduto ad illustrare le componenti che ne fanno parte e spiegato il ruolo che ricoprono nel programma. Nel terzo, ed ultimo, capitolo, è stata riportata l’analisi della metodologia di implementazione utilizzata nel comune di Curtatone, identificando punti di forza e di debolezza e sottolineando eventuali problemi riscontrati dagli osservatori privilegiati. Per favorire la lettura, il capitolo è stato suddiviso in sei macro temi, alcuni dei quali suddivisi a loro volta in micro temi, per analizzare in modo adeguato ogni aspetto del programma. Per quanto riguarda le macrocategorie ci siamo basati sulla differenziazione utilizzata dai manuali analizzati nel primo capitolo, aggiungendo una breve recensione dei risultati ottenuti dal programma. Grazie a questa analisi abbiamo riportato gli elementi per una corretta applicazione del controllo di vicinato in una cultura diversa da quella anglosassone, sottolineando, inoltre, gli errori che è facile commettere nelle varie fasi di progettazione. È di nostro auspicio che lo studio riportato in tesi possa essere utile nelle future applicazione del programma in altri comuni italiani.

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CAPITOLO I

IL CONTROLLO DI VICINATO Il controllo di vicinato è un movimento che promuove l’attività dei cittadini nella prevenzione e nel controllo della criminalità (Titus, 1984), nasce negli anni ’60 negli Stati Uniti e fin da subito ottiene risultati positivi. In poche decadi viene adottato da molte città anglosassoni divenendo nel 2000 il più vasto mezzo di prevenzione di Gran Bretagna e Stati Uniti. La British Crime survey, all’inizio del nuovo millennio, effettua una stima dei programmi attivi in Inghilterra e Galles: questi risultano essere più di 155.000 ciò significa che circa il 27% delle abitazioni (sei milioni circa) si trova in una zona in cui il controllo di vicinato è attivo (Sims, 2001). Negli Stati Uniti la The 2000 Crime Prevention Survey stima che la percentuale di cittadini che abitano in una zona in cui è presente un programma è del

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41%, questo dato fa si che il controllo di vicinato sia il più vasto mezzo di prevenzione della nazione (Crime Prevention Council, 2001). In questo capitolo analizzeremo la composizione dei programmi di controllo di vicinato, evidenziandone effetti positivi e negativi e riportando gli studi fino ad ora pubblicati riguardanti questo metodo preventivo. Porremo la nostra attenzione, soprattutto, sull’evoluzione che questi programmi hanno avuto in tutti i paesi anglosassoni.

1.1 Gli elementi che compongo i programmi di controllo di vicinato Il controllo di vicinato è la componente essenziale di un programma più ampio composto da più elementi che coesistono ed interagiscono tra loro con il fine di aumentare il controllo informale, diminuire i rischi di subire reati e le opportunità criminali (Bennett, 2008). Gli elementi fondamentali che completano l’adozione del controllo di vicinato, come misura preventiva, sono due: 

la delimitazione della proprietà e la marchiatura dei propri oggetti di valore;

l’installazione di misure di sicurezza domestica, con la consulenza delle autorità competenti che possono consigliare quali sono le tecnologie più idonee. Il controllo, da parte dei vicini, della zona in cui vivono, insieme ai due elementi appena

citati, vengono definiti da Titus (1984) il “Big Three” e sono riscontrabili in ogni modello, al quale possono essere aggiunti altri fattori che possono migliorare le condizioni di vita, la sicurezza e la percezione di sicurezza degli abitanti (Bennett, 1990). Il “Big Three” è il punto di partenza, cioè la base sulla quale ogni città potrà costruire il proprio programma; sarà poi compito della comunità o dell’ente che lo promuove adattarlo alle caratteristiche della società in cui viene implementato (Bennett, 2008). La storia del controllo di vicinato conferma questa affermazione: infatti, negli Stati Uniti, dove sono nati i primi programmi, erano previsti inizialmente solo i tre elementi presentati da Titus, poi con il passare degli anni in alcune città degli Stati Uniti nacquero anche centri di ascolto per le vittime di reato (Finn, 1986) oppure programmi di educazione alla sicurezza per i cittadini e per i giovani (Decampli, 1977). In alcune città inglesi fu aggiunto fin dall’inizio un quarto elemento, cioè le ronde civili (Bennett, 1990). L’organizzazione e la struttura di ogni programma sono diverse per ogni città in cui è stato implementato il controllo di vicinato; infatti possono variare il numero delle abitazioni,

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dei quartieri coinvolti e la dimensione dell’area. Mutevole è anche l’organo che promuove il programma, in alcuni casi l’idea è nata dai cittadini, in altri dalla Polizia, in altri ancora dalla Pubblica Amministrazione. Il fattore comune resta, tuttavia, la suddivisione dei ruoli dei cittadini e la loro responsabilizzazione: infatti, in ogni programma, vi è un coordinatore o responsabile della frazione e un coordinatore del quartiere o della via, che svolgono la funzione “ponte” tra comunità e Polizia, analizzando e selezionando i casi riportati dai concittadini (Bennett, 1990). I programmi di controllo di vicinato si basano su un meccanismo molto semplice: aumentare il controllo informale dei cittadini dei loro quartieri in modo che possano segnalare eventuali attività sospette alla Polizia (Bennett, 2008). La riduzione dell’opportunità è, quindi, il fulcro su cui si basa la teoria del controllo di vicinato, questo perché la sorveglianza e le segnalazioni alle Forze dell’ordine sono ritenute un buon mezzo di deterrenza delle attività criminali (Rosembaum, 1987). Un fattore che potrebbe risultare scontato ma che si ritiene utile sottolineare, è la necessità, per i partecipanti all’iniziativa, di vivere in una zona abitata e di avere vicini disponibili alla cooperazione per un controllo maggiore del proprio quartiere. Gli elementi che, secondo gli studiosi, vanno ad incidere sull’efficienza del controllo di vicinato sono molteplici, in questa analisi saranno riportati i più comuni, soprattutto per sottolineare il fatto che i programmi sono diversi l’uno dall’altro. Come rivelato in precedenza, tutti i programmi si adattano alla società a cui vengono applicati, per questo motivo ci sono altri elementi accessori che incidono sull’efficacia del controllo di vicinato e che possono venire aggiunti nel caso non siano già consuetudine. Il primo elemento che i ricercatori e i promotori di queste iniziativa credono sia funzionale alla riduzione dell’opportunità criminale è la segnalazione della propria presenza all’interno delle abitazioni. Dunque, un comportamento ideale potrebbe essere quello di non lasciare nulla in disordine, anche quando il vicino è in vacanza i programmi consigliano di mantenere ordinata la sua abitazione, questo avviene ponendo semplici attenzioni, come: tagliare l’erba, raccogliere giornali, posta e riempire i bidoni dell’immondizia (Cirel et al, 1977). Nel caso in cui l’abitazione venisse lasciata abbandonata, i malviventi sarebbero più propensi a colpirla perché tutte le apparenze indicherebbero uno stato di non controllo. Seguendo invece queste semplici norme, l’abitazione non apparirebbe più abbandonata e quindi godrebbe di un’attrattiva criminale meno elevata. In ogni caso, tutto ciò richiede una grande disponibilità da parte del vicino, che non sempre può avere il tempo di mantenere in ordine l’abitazione degli altri.

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Un ulteriore elemento che potrebbe incidere sulla riduzione delle attività criminali è il potenziamento del flusso di informazione tra cittadini e Polizia. I programmi di controllo di vicinato stimolano il legame tra autorità e cittadino in modo che collaborino per migliorare il livello di sicurezza, per questo motivo gli abitanti che hanno deciso di aderire all’iniziativa, vengono spronati a segnalare eventi sospetti all’autorità. Teoricamente, il programma dovrebbe portare ad un aumento delle segnalazioni a cui dovrebbe corrispondere un aumento degli arresti, in questo modo i cittadini otterrebbero risultati e godrebbero di una maggiore fiducia nelle Forze dell’ordine (Bennett, 1990). Questa ipotesi è stato confermata anche da Sherman (1997), il quale individua nella rapidità della chiamata ai numeri di emergenza e della loro risposta un fattore di maggiore efficienza dei meccanismi di individuazione ed arresto del criminale. Ovviamente questo potrebbe avere anche un effetto negativo, infatti, nel caso di un ritardo nell’intervento delle Forze dell’ordine o di un mancato fermo dei criminali, i cittadini potrebbero avvertire un calo della fiducia nelle autorità e questo potrebbe risultare dannoso per la buona riuscita del programma. Strettamente correlati al controllo di vicinato, nonché componenti fondamentale del “Big three” (Titus, 1984), vi sono il potenziamento della sicurezza domestica e la marchiatura delle proprietà che potrebbero divenire ulteriori mezzi di deterrenza, perché un oggetto con un segno di riconoscimento aumenta il rischio di essere ritrovato e diminuisce la possibilità di essere rivenduto, diminuendo la possibilità che questo oggetto venga rubato (Laycock, 1995). Inoltre un potenziamento delle misure di sicurezza domestica dovrebbe scoraggiare i criminali nel tentativo di entrare nell’abitazione, perché richiederebbe un tempo maggiore e quindi una possibilità più elevata di essere scoperti dai vicini (Bennett e Wright, 1984). Ultimo elemento che viene segnalato dagli studi effettuati sul programma è l’aumento del controllo sociale informale, non solo su attività criminali ma su tutti i comportamenti antisociali, in modo tale da prevenire qualsiasi forma di degrado urbano. Questo fattore è stato molto discusso perché non incide direttamente sulla criminalità ma potrebbe aiutare la popolazione residente ad accettare norme sociali formali ed informali condivise diminuendo, quindi, il rischio di adottare comportamenti devianti e un maggior controllo ed attenzione agli stessi (Greenberg et al., 1985). Naturalmente questo avrebbe effetto rilevante sulla criminalità locale ma poche conseguenze su fenomeni criminali esterni. Tutti i programmi preventivi, dei quali il controllo di vicinato è parte integrante, sono composti, come è stato detto fino ad ora, da più elementi, ed hanno fini comuni: 

diminuire la criminalità,

diminuire la paura della criminalità,

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rafforzare il legame tra popolazione e Forze dell’ordine, Nel caso in cui tutti questi fini venissero raggiunti la popolazione sarebbe portata a

fidarsi delle autorità competenti e a denunciare i reati; le autorità, invece, informano la popolazione sugli sviluppi delle indagini, sulla diffusione dei fenomeni criminali e sulle modalità di prevenzione di determinati comportamenti delittuosi (Turner e Barker, 1983). Grazie a questi programmi le condizioni di vita possono migliorare sia da un punto di vista reale, con la diminuzione dei reati, sia psicologico, sapendo che il vicino e le autorità sono a disposizione del cittadino e la loro presenza sul territorio è tangibile (Pilotta, 1996). Nelle esperienze anglosassoni sono stati riscontrati fattori che potrebbero avere effetti negativi, come ad esempio, una bassa partecipazione degli abitanti al programma dovuta all’indifferenza o l’aumento della paura dovuto alle troppe notizie riguardanti la criminalità ricevute dalle Autorità, per questi motivi l’organizzazione e l’adattamento del programma di controllo di vicinato alla società a cui verrà applicato ha un importanza centrale.

1.1.1 Teorie criminologiche di riferimento Il controllo di vicinato è l’espressione di alcune politiche di sicurezza sviluppatesi negli ultimi cinquant’anni, come ad esempio la “Community Policing” e il suo sviluppo la “Community Crime Prevention”. Queste politiche fanno in modo che cittadino e Polizia collaborino tra loro e siano allo stesso tempo molto legati per affrontare e combattere la criminalità. La Polizia, prima di questa innovazione, era considerata l’istituzione che interveniva solo nel momento in cui avveniva un delitto, con l’arresto dei criminali (Murphy e Muir, 1985). Ora, invece, le Forze dell’ordine diventano parte della comunità e la rendono partecipe nelle sue attività, che non si limitano solo alla cattura del soggetto criminale, ma si concentrano anche su vere e proprie campagne di prevenzione (Bennett, 1990). La repressione dei crimini, di conseguenza, non è più il fulcro delle attività di Polizia ma viene sostituita da programmi di prevenzione che aumentano la percezione della sicurezza, coinvolgendo i cittadini, rendendoli partecipi delle attività svolte per la loro sicurezza (Murphy e Muir,1985). La “Community Policing”, quindi, è un’innovazione costruttiva perché fa in modo che le attività delle Forze dell’ordine vengano giudicate e migliorate dal pensiero dei cittadini

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(Goldstein, 1987). Questa interazione continua ha un duplice effetto positivo: da un lato la Polizia, sentendosi giudicata, è stimolata a migliorare e così facendo, riscuotere la fiducia e il rispetto degli abitanti. Dall’altro lato la partecipazione ai programmi di prevenzione, rende il cittadino più consapevole dei problemi che riguardano la comunità e sa come rendersi utile per la società (Eck e Spelman, 1987). Per questo motivo, in alcune città, vengono promosse anche attività di pattugliamento a piedi delle Forze dell’ordine, in modo da creare legami interpersonali tra operatori e residenti (Crowe,1985). Le critiche rivolte a questa approccio sono principalmente di due tipi: una si basa sulla difficoltà di creare un buon rapporto tra cittadini e Polizia ove i tassi di criminalità sono elevati (Sherman, 1997), probabilmente perché c’è una scarsa fiducia nelle Forze dell’ordine, oppure il numero degli operatori è molto limitato e quindi non trovano spazio i rapporti personali. Un ulteriore critica rivolta a questi programmi consiste negli effetti negativi che lo scambio di informazioni tra Polizia e cittadini può creare, infatti potrebbe aumentare la paura della criminalità dei cittadini deviandone la percezione di sicurezza (Skigan, 1990) e riducendo la fiducia degli abitanti nelle autorità, nullificando così il circolo di informazioni. Uno dei principali sviluppi della “Community Policing” è la cosiddetta “Community Crime Prevention”, ovvero una serie di programmi volti al coinvolgimento della comunità nella prevenzione dei reati. Queste forme di intervento sono spesso gestite dai cittadini che partecipano in prima persona alle politiche di prevenzione ed un esempio lampante di queste iniziative è proprio il controllo di vicinato (Bennett, 1990). Tutte le attività di prevenzione si basano sulla logica della riduzione delle opportunità criminali, attraverso il controllo, l’utilizzo di sistemi di sicurezza e il contatto diretto con le Forze dell’ordine, si possono ridurre le probabilità di diventare vittime di reato e allo stesso tempo si dissuadono i criminali dal compiere atti devianti nella propria zona (Clarke, 1980). Tali opportunità possono essere ridotte attraverso l’uso di controllo formale ed informale, di quest’ultimo tipo è la sorveglianza posta in essere dai cittadini su cui si basa anche la “Community Crime Prevention”. Perché questo avvenga, tuttavia, è allo stesso tempo necessario che gli abitanti percepiscano come proprio il quartiere perché in caso contrario si limiterebbero a controllare solo la loro abitazione e il programma di controllo sarebbe inefficiente. Questo cambiamento che modifica il ruolo dei cittadini non è affatto semplice perché in primo luogo gli abitanti potrebbero percepire la richiesta di partecipazione alle attività di prevenzione come un’inefficienza delle Forze dell’ordine ed inoltre potrebbero non sentire il problema come loro e quindi non essere disponibili a parteciparvi.

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Shaw e McKay (1942), con la teoria del controllo sociale, hanno confermato che le attività di prevenzione disposte dai cittadini sono utili per la diminuzione dei reati e l’aumento del senso di sicurezza. La scuola di Chicago ha condotto uno studio tra gli anni ’20 - ’30 per scoprire quali fossero i fattori che incidevano sugli indici di criminalità, il risultato più eclatante fu che le zone della città più colpite erano quelle in cui vi era un alto livello di disgregazione e disorganizzazione sociale (Ibidem). Proprio per questo motivo le iniziative di prevenzione che coinvolgono la società possono influire positivamente sulla percezione della sicurezza e sul numero dei reati. L’unione e l’aggregazione portano ad un maggiore controllo sociale, questo spiega il motivo per il quale le Amministrazioni Pubbliche si sono concentrate sull’attuazione di programmi per la comunità in modo da integrare i cittadini tra loro e con le istituzioni. Questo concetto è stato confermato dallo studio effettuato da Taylor e Harrell (1996) durante il quale, hanno dimostrato, che nelle zone in cui è presente un programma attivo di controllo di vicinato i livelli di vittimizzazione sono minori rispetto alle zone limitrofe e la paura della criminalità è meno elevata, non hanno considerato però che i programmi sono di facile applicabilità e funzionalità nelle zone in cui i livelli criminali e la densità abitativa è bassa mentre con valori più alti un programma di questo tipo è di difficile applicazione perché ha molti più fattori da tenere in considerazione (Laycock e Tilley, 1995). Il controllo di vicinato, nonostante le critiche rivolte, resta il più comune e diffuso mezzo di prevenzione per la sicurezza dei cittadini. I cittadini sperimentano infatti un nuovo modo di agire comunitario e il rapporto costante con le Forze dell’ordine li tiene aggiornati sulle problematiche del quartiere, rendendoli consapevoli di cosa devono osservare e riportare (Rosenbaum,1987).

1.2 Rassegna della letteratura Le ricerche sul controllo di vicinato sono state molto numerose ma si sono concentrate soprattutto nei primi anni della sua applicazione. La maggior parte degli studi hanno riportato le motivazioni per cui il programma è stato attivato, i primi di questi hanno posto attenzione anche sulla metodologia di implementazione mentre i successivi si sono limitati a studiare gli effetti poiché il metodo con cui veniva applicato il programma era prevalentemente sempre lo stesso. Tutte le analisi hanno riportato gli effetti che il progetto ha avuto sulla criminalità, la

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maggior parte delle quali è stata effettuata in Inghilterra e Stati Uniti, i due Paesi in cui l’implementazione di questi programmi è ormai divenuta una consuetudine. Le analisi che verranno prese in considerazione sono state effettuate dalle forze di Polizia, dalle università o da istituti di ricerca e verranno analizzate solo le ricerche effettuate su base scientifica, quindi che seguono una metodologia ben specifica. La maggior parte di queste analisi hanno avuto risultati positivi e contengono l’analisi comparata di un’area di confronto, in modo da verificare la presenza di una diffusione dei benefici o una migrazione dei reati nelle aree limitrofi. Inoltre in alcune ricerche è stata considerata anche un’area di confronto non adiacente alla zone di intervento per verificare il trend dei reati nel periodo di studio. La valutazione del controllo di vicinato è avvenuta tramite raccolta di dati su serie storica o attraverso interviste atte a misurare la percezione di sicurezza dei cittadini, entrambe paragonando il pre e il post intervento, cioè la situazione nei mesi prima e dopo l’applicazione. Le lacune di questi studi sono ben evidenti perché si concentrano solo ed esclusivamente sull’efficienza o meno dei programmi senza mai sottolineare quali sono stati i punti di forza o di debolezza dei progetti, ed inoltre non hanno considerato tutte le variabili che incidono in uno schema di controllo di vicinato (Laycock, 2002). Questa criticità è spiegata in modo molto semplice da Laycock (2002) che trova nel finanziatore della ricerca il problema: i finanziamenti sono spesso consegnati per studiare l’efficacia di una determinata misura preventiva, al mondo politico, che spesso è l’ente che stanzia i fondi, interessa sapere solamente se il controllo di vicinato funziona o meno senza addentrarsi nelle valutazioni di tipo socio-psicologico che potrebbero spiegarci i motivi dell’efficacia e illustrarci quali sono le variabili che influiscono sulla positività dei risultati (Ibidem). Queste mancanze hanno fatto in modo di avere una serie di risultati che analizzino solo il contesto socioculturale oggetto dello studio, adattabili quindi esclusivamente a quell’area senza avere un’idea chiara delle variabili da valorizzare per ottenere benefici nelle implementazioni future. Gli studi riportati in analisi dimostrano l’adattamento del programma alla società di applicazione (Bennett, 2008) infatti oltre ai caratteri fissi del “Big three” (Titus,1984) riscontrati in tutte le implementazioni di controllo di vicinato sono stati aggiunti fattori supplementari. Tab.1.1 Sintesi studi analizzati N.

Risultato

Ricerche

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Positivo

Negativo Non Definito

22

T otale 1 9

Con area di controllo

13

T otale

Con area di controllo

1

T otale

1

Con area di controllo

2

2

Fonte: Elaborazione dell’autore.

1.2.1 Prime implementazioni e ricerche statunitensi Il primo programma di controllo di vicinato nacque ad Oackland, negli Stati Uniti, nel 1966 con il nome di “Home Alert“ e consisteva in un programma di collaborazione tra Polizia e cittadini per la prevenzione di attività criminali e comportamenti devianti (Washnis,1976). Questo tipo di iniziativa, ha permesso alla comunità di diventare “gli occhi e le orecchie della Polizia” (Bennett,1990) e attraverso un continuo scambio di informazioni bilaterali sono state promosse le attività di contrasto alla criminalità. Questa prima iniziativa era organizzata dalla Polizia che eleggeva, tra i cittadini, un direttore di riferimento, il quale nominava a sua volta un coordinatore o un responsabile per ogni quartiere, che aveva il compito di segnalare alle autorità competenti movimenti sospetti e comportamenti devianti (Ibidem). Nel 1971, nacque a Philadelphia il “Block Association of Philadelphia”. Questo movimento era volto a contrastare le rapine e i furti in villa che colpivano i cittadini, con l’assistenza e la collaborazione della Polizia che mensilmente organizzava incontri e corsi di formazione per aiutare i partecipanti a capire quali fossero i comportamenti da segnalare alle autorità e come migliorare la sicurezza della loro abitazione (Bennett, 1990). Il programma comprese inoltre delle attività di controllo a piedi da parte dei cittadini (Community Walks) e l’utilizzo di trombe sonore per avvisare i propri vicini di presenze sospette e per allontanare tali presenze. Il problema fondamentale dei due programmi appena citati fu che non vennero mai effettuati studi statistici sui loro effetti. Solitamente per valutare scientificamente gli esiti del programma di prevenzione, andrebbe confrontata la situazione precedente con quella successiva all’intervento spiegando i motivi di una probabile efficacia o inutilità. Questa assenza di una valutazione critica potrebbe essere il motivo per cui il programma non si diffuse immediatamente a macchia d’olio come successe in seguito.

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Nella storia del controllo di vicinato è stato il “Community Crime Prevention Program in Seattle”, nato nel 1972, il programma più famoso, per due motivi fondamentali: innanzitutto perché è stato pubblicato un rapporto completo sullo schema di applicazione utilizzato (Cirel, 1977) ed inoltre perché ha riportato il primo studio statistico sugli effetti del controllo di vicinato, che come sottolineato precedentemente, è necessario per una diffusione di un’applicazione come questa. Cirel, attraverso una serie di interviste, scoprì che il reato che più spaventava i cittadini di Seattle era quello dei furti in appartamento e in villa e intervistando le vittime cercò di capire il metodo di azione dei criminali e scoprì che attraverso l’adozione di pochi e semplici comportamenti gli stessi cittadini potevano contrastare efficacemente il fenomeno criminale. Fu così che venne loro spiegato cosa e come osservare; vennero definiti dei coordinatori delle varie zone della città e si iniziò a riportare i dati raccolti alla Polizia in modo da identificare le zone più colpite. Il progetto consisteva in quattro tattiche fondamentali: 

Incoraggiare i cittadini a reagire e segnalare alla Polizia le attività criminali;

Fornire ai cittadini i mezzi fondamentali per ritornare proprietari delle loro abitazioni definendone i confini;

Espandere il controllo di vicinato per aumentare il campo di controllo della Polizia;

Fornire dati agli abitanti sull’efficacia ed efficienza dell’attività di controllo in modo da motivarli a interagire con le istituzioni (Ibidem). Questo sistema diventò famoso anche perché nacque dai cittadini e fu organizzato

interamente da loro, la Polizia locale ebbe un ruolo di semplice collaborazione e supporto; inoltre l’analisi dei risultati condotta dallo studioso riscosse molta popolarità perché i furti in abitazioni diminuirono del 61% in un anno. Il programma nato a Seattle divenne la guida per molte altre città e distretti che avevano problemi di criminalità; i risultati e la metodologia di applicazione furono da subito pubblicati e si sparsero per tutti gli Stati Uniti. Le città con problemi di criminalità o per paura di diventare vittime di un aumento della criminalità iniziarono ad adottarlo, analizzandone gli effetti e pubblicizzandone i risultati. Uno dei primi esempi fu il distretto della Columbia a Washington DC nel 1981 dove, dal 1965 al 1980, i reati gravi denunciati alle autorità triplicarono. Le Forze dell’ordine non disponevano di fondi a sufficienza per attuare i programmi di sicurezza adeguati a far fronte a tali tassi di criminalità, per questo motivo si adottò un programma di controllo di vicinato (Hening, 1984). Come nei programmi precedentemente descritti, la popolazione fu istruita ad

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osservare ciò che accadeva lungo le strade e a riportare i fatti alla Polizia, furono istituiti dei corsi per informare i cittadini e ad ogni via o quartiere fu dato un coordinatore, scelto tra i cittadini, che aveva la funzione di tramite tra Polizia e cittadini. Periodicamente venivano fissati degli incontri tra coordinatori e Pubblica Amministrazione, grazie ai quali l’ente locale valutava l’organizzazione e l’operato di ogni area e dava consigli su come gestire al meglio le situazioni e i problemi che si erano riscontrati durante l’operato (Ibidem). Grazie a questa cooperazione il programma era sempre seguito nei suoi sviluppi dall’Amministrazione che presenziava gli incontri per far si che l’iniziativa promossa rimanesse viva negli anni. Anche in questo caso il programma fu analizzato e furono comparati i dati del pre con quelli del post intervento attestando una diminuzione dei furti del 25%. Un problema fondamentale di questi programmi è che una volta ottenuti i risultati sperati il controllo informale si abbassa, cosi facendo le opportunità criminali aumentano nuovamente e con loro il numero dei reati (Cirel, 1977). Per questo motivo le amministrazioni dovrebbero seguire attentamente lo sviluppo dell’iniziativa e cercare in ogni modo di mantenerla attiva, altrimenti si corre il rischio di tornare ai livelli di criminalità di partenza come successe in molte località, dove il programma, una volta ottenuti i benefici, fu abbandonato sia dai cittadini che dagli enti locali, riportando così i livelli di criminalità alla fase di pre-attuazione (Bennett, 2008). Gli studi statunitensi riportati nella tabella in seguito dimostrano che il controllo di vicinato, nella maggior parte dei casi, ha raggiunto nel breve periodo gli obiettivi preposti. Questo sistema venne quasi sempre adottato per contrastare il fenomeno dei furti in appartamento, di conseguenza, in gran parte delle ricerche, le analisi statistiche sono state concentrate su questo tipo di reato. Gli studi analizzati hanno tutti confrontato i risultati con un’area di controllo, grazie alla quale si è potuto scoprire se i risultati ottenuti siano frutto del programma o se la variazione nel numero dei reati ha ricevuto influenze di altro genere. L’adozione di un’area di controllo consiste nel definire un’area della città sottoposta allo studio in cui non vi sono state applicate misure preventive o di contrasto alla criminalità, in modo da verificare se eventuali diminuzioni degli indici di criminalità sono dati dall’effettivo funzionamento dei mezzi preventivi oppure è un normale cambiamento che coinvolge tutta la città, la regione o il paese.

Tab. 1.2 Rassegna studi statunitensi N

Autore

Luogo

A

Ar

Risultati

15

Diffusio

Note


. studio

nno

ea di

ne benefici

controllo si/no 1

Cirel

2

Hulin

3

Henig

Seattle

1 975

Chicag o

1 978

Washin gton

1 982

Si

-61% furti in abitazione -25%

Si

furti in ab.

No, invariato No, aumento furti 1015%

-3,3 Si

Dopo 12/18 mesi meno effetto

Variabili

primo anno, -12%

No

secondo anno

socioeconomiche incidono

Resear 4

ch and

Detroit

Forecasts

1 983

-48%

Si

reati

Si, -3% reati

incorporated Knowl 5

es, Lesser, McKewen

Los Angeles

1 983

-28%

Si

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No, aumento 13% Controllo di

6

Rosen baum

Chicag o

1 985

Si

/

/

vicinato è consuetudine da tempo

7

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Cincin nati

1 987

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Si, -2%

furti in

furti in

appartamento

appartamento

Baltim ora, Boston, Bronx, Brooklyn, 8

Benne ttt e Lavrakas

Cleveland, Miami,

1 989

7 città =, Si

2 aumento reati, 1

no

diminuzione

Minneapolis,

Risultati inattesi

Newark, Philadelphia e Washington

Fonte: Elaborazione dell’autore.

L’utilizzo dell’area di controllo, se limitrofa all’area sottoposta al controllo di vicinato, fa in modo che il ricercatore evidenzi l’eventualità di una diffusione dei benefici o di displacement. La prima consiste nell’espansione della riduzione della criminalità alle zone vicine, mentre il secondo effetto si riproduce nello spostamento della criminalità dalla zona interessata dal programma alle zone circostanti (McLennan e Whitworth, 2008). Per effettuare un’analisi scientificamente corretta sarebbe necessario utilizzare due aree di controllo in modo da verificare prima di tutto se il trend dei reati è variato nella zona e in

16


secondo luogo quali effetti ha portato il programma nelle zone limitrofe, in tutti gli studi analizzati non sono mai state utilizzate entrambe e questo evidenzia una lacuna metodologica. Esempio lampante dell’utilizzo di una sola area sono stati gli studi di Hening (1984): la sua analisi voleva misurare l’efficacia del programma sulle attività criminali della zona di Washington e se esse subivano influenze esterne. La metodologia consisteva nell’effettuare interviste telefoniche a 25 abitanti di una zona e comparare i dati ottenuti dai residenti con quelli delle denunce raccolte dalla Polizia; inoltre effettuò un paragone con un’area in cui il controllo di vicinato non era attivo. I risultati sottolineavano che gli effetti positivi del programma erano concreti nei primi due anni di intervento per poi rimanere stabili (Bennett, 1990). Il confronto con le aree in cui non vi era un controllo attivo non diedero risultati significativi, Henig (1984) dichiarò che nel suo caso erano le differenze socio economiche che incidevano sul numero dei reati più che la partecipazione dei cittadini al programma. Ne conseguì che gli abitanti bianchi di classe medio alta erano i più partecipativi ma allo stesso tempo i più vittimizzati (Ibidem). L’autore provò a dare una spiegazione ai risultati delle sue ricerche affermando che la classe medio alta avrebbe un’attrattiva criminale più alta delle classi basse e le loro abitazioni potrebbero essere dotate di meno apparecchiature di sicurezza rispetto alle classi più agiate. Due studi sottolinearono come i programmi di controllo di vicinato portino benefici anche alle aree limitrofe: Latessa e Travis (1987) effettuarono uno studio a Cincinnati, esattamente nell’area di College Hills, descritta come la quinta area più popolata degli Stati Uniti con 170.000 residenti. I due studiosi effettuarono un’analisi dei dati raccolti dalle Forze dell’ordine nell’area in cui fu attivato il controllo di vicinato, prima e dopo l’intervento, prendendo sempre come paragone un’area di controllo. I risultati furono positivi: i furti in appartamento diminuirono dell’ 11% nell’area sottoposta al controllo di vicinato e del 2% nell’area limitrofa utilizzata come zona di controllo. La diffusione dei benefici fu dimostrata anche dallo studio sulla città di Detroit in Michigan (Research and Forecasts incorporated,1983). L’analisi impiega la stessa metodologia precedentemente utilizzata, ovvero il confronto dei dati delle denunce raccolte dalle Forze dell’ordine nella zona di riferimento e in quella di controllo posta a quattro miglia da quella in cui il programma fu attivato. I risultati riportarono che vi fu una riduzione dell’indice di criminalità1 pari al 48% dove il controllo era attivo e del 3% nell’area di

1

Per indice di criminalità si intende l’indicatore che al variare del numero dei reati e della loro gravità

aumenta o diminuisce in modo proporzionale (Transcrime, 2010).

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controllo. Questo, per gli studiosi, dimostrò l’effettivo funzionamento del programma (Ibidem). Un limite di questi studi è legato alla lettura della diminuzione del 2% e 3% come una diffusione di benefici, quando potrebbe essere una semplice diminuzione casuale della criminalità in quell’area. Dunque, sarebbe stato consono effettuare ulteriori analisi su altre zone della città in modo da verificare se si trattava veramente di diffusione di benefici o riduzione del trend generale dei reati. L’effetto contrario, cioè il displacement, è avvenuto in due città riportate in analisi, Chicago e Las Vegas. Nel 1978, a Chicago, sono stati monitorati i dati relativi alla criminalità nell’anno pre e post intervento in quattro aree in cui il controllo di vicinato era attivo e in quattro aree limitrofe. Lo studio fu condotto da Hulin (1979) e i risultati confermarono l’effettivo funzionamento del controllo di vicinato. Ma, come affermato precedentemente, hanno mostrato come nelle quattro aree di controllo i crimini sono aumentati dal 10% al 25%, creando cosi displacment. Stesso fenomeno è stato evidenziato nello studio sulla città di Los Angeles. L’analisi si basava sui dati raccolti dalla Polizia nei dodici mesi prima e dopo l’inizio del programma per valutarne l’effettivo funzionamento. Nelle zone in cui il programma era attivo i reati diminuirono del 28% , ma nelle aree di controllo ci fu un aumento del 13% dei crimini (Knowles, Lesser, McKewen, 1983). Diversamente dalle contestazioni riportate agli studi che dimostravano la diffusione di benefici, in queste due analisi risultava essere palese l’aumento della criminalità nelle zone limitrofe e quindi era evidente come la criminalità si sia spostata. Sarebbe stato interessante capire, come ha sottolineato Henig, quali furono le variabili che secondo gli studiosi avrebbero influenzato questo spostamento e quanto è omogeneo il tessuto socio-economico dell’ambiente studiato. L’unica analisi statunitense che non confermò la teoria per la quale il controllo di vicinato riduce i tassi di criminalità, cioè il rapporto tra il numero dei reati e la popolazione residente nell’anno preso in considerazione, fu quella effettuata da Bennett e Lavrakas (1989), che hanno effettuarono uno studio su dieci città statunitensi: Baltimora, Boston, Bronx, Brooklyn, Cleveland, Miami, Minneapolis, Newark, Philadelphia e Washington. I due studiosi effettuarono due tipi di analisi: prima di tutto intervistarono gli abitanti delle città sopra elencate, stabilendo un’area di controllo per ognuna di esse, per effettuare dei paragoni con i risultati ottenuti; in secondo luogo monitorarono mensilmente i tassi di criminalità e li confrontarono con aree di controllo precedentemente definite. I risultati mostrarono che per sette città su dieci i dati rimasero uguali, in due città i reati aumentarono nelle aree in cui il

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programma era attivo e in una sola città si raggiunsero gli obbiettivi per i quali il programma era nato. Il commento finale dei due studiosi fu che non erano stati raggiunti i risultati sperati senza tuttavia approfondire i fattori che potrebbero aver inciso sulla mancata efficacia (Ibidem). È probabile che in città con densità abitativa molto elevata, cioè un alto numero di cittadini per km², il controllo di vicinato sia più difficile da adottare perché i rapporti possono risultare meno confidenziali e quindi ci può essere meno coesione sociale. Inoltre in quest’ultimo studio non viene descritta la metodologia d’implementazione e il fallimento potrebbe essere dettato anche da una metodologia sbagliata, poco pubblicizzata o inadatta al contesto. A Chicago venne sperimentato uno studio innovativo sul controllo di vicinato, che dimostrò come in venti anni questo programma sia divenuto una consuetudine e sia entrato a far parte del senso comune. I cittadini sono stati intervistati nel pre e nel post intervento con lo scopo di capire il comportamento delle persone nella protezione del proprio vicinato (Rosenbaum, 1985). Gli abitanti intervistati nel pre intervento furono 3357, mentre nel post intervento 2824. I risultati sottolinearono un’omogeneità di comportamento sia nelle zone in cui il controllo era attivo, sia ove il controllo non era attivo. Tutte le persone dichiarano che era normale controllare la propria casa e le case circostanti, chiamare i vicini per nome ed essere in buoni rapporti con loro e, soprattutto, avvisare la Polizia in caso di comportamenti sospetti. Tutti i cittadini, partecipanti e non, ritenevano fosse un comportamento normale e socialmente efficiente quello di controllare ciò che accade fuori dalle proprie mura. I risultati ottenuti furono quindi molto simili tra le aree in cui il controllo di vicinato era attivo e quelle in cui non lo era, questo dimostrò quanto in poco tempo il programma sia diventato una consuetudine e sia entrato nella cultura della società statunitense, di conseguenza gli enti locali non ebbero più la necessità di istituzionalizzarlo e promuoverlo (Ibidem). Sherman (1997) ha riportato in un’analisi della letteratura gli ultimi due studi qui considerati, cioè quello di Bennett e Lavrakas(1989) e quello di Rosenbaum (1985), affermando che il controllo di vicinato è di facile applicazione nelle zone in cui la società è coesa ma è di difficile applicazione nei luoghi in cui i cittadini sono disgregati e quindi non vi è fiducia reciproca, questo avviene solitamente nelle aree più popolate dove è complesso conoscere tutti i propri vicini di casa. Un’ulteriore motivazione che fa si che i vicini non si integrino tra loro, secondo l’autore (Ibidem), è l’alto tasso di criminalità perché può essere sia un motivo per i cittadini di diventare più coesi e contrastare la criminalità insieme, attraverso le community policing, sia un motivo di disgregazione perché le persone hanno paura e pensano solo ai propri beni senza tutelare quelli degli altri, riducendo il senso di proprietà dal

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quartiere all’abitazione (Skogan, 1990). Per questo motivo negli studi riportati non sono stati raggiunti gli obiettivi preposti e Sherman (1997) ha dichiarato che il controllo del vicinato risulta assolutamente inefficace (Ibidem). A queste conclusioni può essere contestato il fatto che, nelle città non riportate nel precedente studio, il controllo di vicinato ha funzionato, ma possiamo essere d’accordo che la componente coesione-aggregazione sociale giochi un ruolo fondamentale nell’applicazione di questa misura preventiva di sicurezza (Bennett, 2008) e che il livello di criminalità di partenza sia un fattore da tenere in considerazione nel momento in cui si applica il programma (Laycock e Tilley, 1995).

1.2.2 Prime implementazioni e ricerche inglesi Il controllo di vicinato ha subito una rapida espansione tanto che, negli anni ’80, vennero pubblicati i primi manuali riguardanti questa mezzo di prevenzione anche in Inghilterra (Delaney, 1983). In Inghilterra il primo fenomeno ricollegabile al controllo di vicinato venne denominato “Good Neighbourhood can Prevent Crime” messo in atto dalla Polizia Metropolitana già nel 1943, che promuoveva una serie di comportamenti che il cittadino poteva adottare per favorire le attività della Polizia (Turner e Barker, 1983). Alcuni studiosi statunitensi, però, rimasero fermamente convinti che il vecchio programma non abbia avuto nulla a che vedere con il controllo di vicinato applicato in Inghilterra negli anni ’80, perché quest’ultimo adottava gli schemi del fenomeno statunitense, dando cosi adito all’idea che il programma sia nato esclusivamente nel nuovo continente per poi essere esportato negli altri paesi anglosassoni (Bennett, 1990). Il primo prototipo di programma inglse nacque nell’ottobre del 1981 nella contea di Devon, dove la Polizia della Cornovaglia lanciò quello che poi venne studiato come il punto di partenza del controllo di vicinato, cioè il “Neighbourhood against Burglary “ (NAB) (Delaney, 1983). Il programma conteneva dieci elementi fondamentali: 

Combattere i furti in appartamento;

Spostare l’enfasi della cattura dei criminali dalla Polizia alla comunità;

Avvertire la comunità della probabilità di subire furti e incoraggiarla ad installare misure di sicurezza per proteggere meglio la propria abitazione;

Incoraggiare la catalogazione dei propri oggetti di valore;

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Incoraggiare la comunità ad avvertire immediatamente l’autorità di eventuali attività sospette;

Incoraggiare la comunità a controllare le case dei propri vicini e la propria strada;

Abituare la comunità alla mentalità della sicurezza;

Mettere tutte le comunità in relazione tra loro;

Creare un clima di collaborazione che porti i cittadini a raggiungere lo stesso scopo;

Incoraggiare gli abitanti ad agire come un membro del NAB (Devon and Cornwall Constabulary, 1981). In molti di questi elementi sono riconducibili alle caratteristiche del controllo di

vicinato nato negli Stati Uniti ma c’è stata una differenza sostanziale: i programmi statunitensi vennero attivati e mantenuti attivi dai promotori negli anni, in modo da evitare un ritorno dei livelli criminali del pre intervento, mentre questo programma inglese è stato mantenuto e promosso per un tempo veramente limitato di sole due settimane (Bennett, 1990). Un programma molto simile a quello nato nella contea di Devon fu quello promosso dalla Polizia dell’Hampshire nel 1978 che prese il nome di “Home Watch”, anche questa iniziativa fu promossa per sole quattro settimane. I cinque punti fondamentali da mettere in atto furono: 

Installare misure di sicurezza su ogni casa;

Installare serrature resistenti alla forzatura su ogni finestra e porta esterna;

Non lasciare segni di abbandono della casa, come ad esempio il ritiro della posta da parte del vicino di casa;

Coinvolgere i vicini nella protezione reciproca;

Abituare gli abitanti alla cultura della sicurezza. Questi due programmi vengono considerati incompleti dal mondo scientifico, il motivo

fondamentale risulta essere la loro brevissima durata, questa non ha dato modo di analizzarne gli effetti (Bennett, 1990) e proprio per questa ragione, come dicevamo inizialmente, sono stati considerati la base da cui è partito il fenomeno, perché hanno fornito una struttura ritenuta efficiente la cui unica lacuna era il tempo. Uno dei primi progetti completi di controllo di vicinato, in quanto duraturo, è stato implementato a Mollington nel Cheshire nel 1982; i cittadini si riunirono in piccole associazioni per contrastare il fenomeno dei furti in appartamento, esportando l’idea dalle iniziativa nate negli Stati Uniti. All’inizio il dibattito fra cittadinanza e Polizia fu molto

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acceso, perché i furti risultavano essere solamente dodici in tutta la città nel 1981 e sette nei sei mesi antecedenti l’inizio del programma del 1982, ma i cittadini non lamentavano il numero dei furti, bensì la loro entità economica e pretendevano che la Polizia prendesse provvedimenti immediati. Il problema dell’Amministrazione locale era quello di non poter assumere ulteriori agenti quindi si mise in atto un programma di controllo di vicinato simile a quelli nati negli Stati Uniti (Anderton, 1985). Il dibattito avvenuto in questo caso è molto interessante perché ci fa capire quanto la percezione della sicurezza fosse importante anche allora e la mancanza di fondi dell’Amministrazione pubblica possa essere colmata dalle Community Policing. L’iniziativa prevedeva che i cittadini diventassero le “antenne” delle Forze dell’ordine (Bennett, 2008) e riportassero ad esse tutte le attività sospette; dovevano inoltre prendere provvedimenti per delimitare la loro proprietà e aumentare i sistemi di sicurezza su porte e finestre. Lo schema fu subito messo in atto nella città di Mollington ed ottenne una riduzione dei furti dell’89%; fu cosi, che lentamente, venne applicato in tutte le cittadine presenti nella contea (Anderton, 1985). Nel 1983, a Kingsdown nella contea di Bristol, fu lanciato un programma completo di controllo di vicinato promosso dalla Polizia dopo la scoperta di una concentrazione di attività criminali nei paesi limitrofi. Le Forze dell’ordine non volevano che tale concentrazione si espandesse nella città di Kingsdown, per questo attivarono, come mezzo di prevenzione, il controllo di vicinato. (Veater, 1984). Il programma comprendeva: 

Controllo di vicinato;

Reclutamento di unità speciali di civili;

Pattugliamento a piedi;

Campagna di promozione sulla sicurezza domestica;

Delimitare i propri confini (Ibidem). L’iniziativa fu promossa con l’invio di una lettere ad ogni cittadino con i punti sopra

riportati e una richiesta di volontari che ricoprissero la posizione di coordinatori o volessero entrare a far parte di unità di controllo speciali. Inoltre, allegato alla lettera, fu inviato un questionario di vittimizzazione per definire il numero di vittime di reato presenti nella cittadina e definire quali fossero le zone della città più colpite. Questo schema fu il primo ad essere studiato scientificamente e portò una riduzione del 9% dell’indice di criminalità nel primo anno di applicazione. Nel 1982 il controllo di vicinato venne proposto a Londra, dal Commissario della Polizia, per contrastare il fenomeno dei furti e altri tipi di reati che colpivano i cittadini e le

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loro proprietà (Bennett, 1990). La proposta venne subito pubblicata sul “The Times” e venne attivata nel Settembre del 1983 con il nome di “Neighbourhood watch and Property Marking schemes”, per la prima volta il programma di controllo di vicinato è stato pubblicizzato da tutti i media (Metropolitan Police, 1983). Lo schema era deducibilmente ispirato ai programmi utilizzati negli Stati Uniti anche il nome era un chiaro riferimento al Big three elaborato da Titus (1984) ed è composto da quattro parti fondamentali: 

Controllo di vicinato, cioè un network di cittadini che sorvegliano e controllano le vie della città e riportano comportamenti sospetti;

Protezione e definizione della proprietà privata;

Sondaggi sulla sicurezza domestica condotti dalla Polizia che istruisce gli abitanti su come diminuire la possibilità che la propria abitazione subisca crimini;

Corsi che aumentano la consapevolezza del tipo e del numero dei crimini presenti nella propria zona. Il controllo di vicinato, in questo caso, è stato organizzato dalle Forze dell’ordine e per

l’implementazione del programma sono stati selezionati un gruppo di cittadini volontari, provenienti dalle diverse zone della città, aventi la funzione di promotori dell’iniziativa nelle loro zone di residenza. Il loro compito era bilaterale, da un lato dovevano riferire eventuali situazioni di degrado o insicurezza dei cittadini alla Polizia, dall’altro dovevano coinvolgere gli abitanti nelle iniziative promosse dagli enti locali per il contrasto dei crimini (Newman, 1984), inoltre le Forze dell’ordine si impegnavano a comunicare ai coordinatori le statistiche relative alla criminalità dell’area annualmente in modo tale che questi potessero diffondere i risultati. Questa iniziativa fu studiata in modo meticoloso e oltre ad un calo dei furti in abitazione del 5% fu riscontrato anche un aumento delle qualità della vita. Nel 1983, le amministrazioni del Galles del Sud iniziarono a promuovere i programmi di controllo di vicinato in tutta la contea e così accadde in tutta la Gran Bretagna dove i programmi subirono una rapida espansione territoriale fino a diventare una consuetudine; nel 2000 erano attivi 155.000 programmi e la partecipazione era passata dal 14% dei cittadini nel 1988 al 27% nel 2000 (Sims, 2001). Parallelamente alla diffusione sul territorio inglese sono stati effettuati gli studi sull’efficienza dei programmi. Quasi tutte le analisi attestavano una riduzione dei tassi di criminalità, anche se contrariamente a quanto avvenne negli Stati Uniti dove gli studiosi utilizzarono sempre il confronto con un’area di controllo, gli studi inglesi non effettuarono sempre il confronto, lasciando in questo modo la lettura dei dati in modo biunivoco, facendo

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così permanere il dubbio che la riduzione dei tassi fosse dovuta ad un abbassamento dei trend generali nelle città inglesi piuttosto che all’applicazione del controllo di vicinato.

Tab.1.3 Rassegna studi inglesi A

N .

Autore

Luogo

studio

A rea di nno

Risu

controllo

ltati

1 0

Veater

O’Leary e Wood

1 1

Northampt onshire police

1 2 1 3

Anderton Jenkins e Latimer

1 4

Forrester, Chatterton e Pease

Kingsdown

Stafford Northampton

1 983 1 984

Merseyside

2/4%

o N

1

89%

o

988

-

N

1

Kirkholt, Manchester

74%

o

987

-

N

1 985

indice di criminalità

o

985

-9%

N

1

Cheshire, Mollington

S i

5

Husain

Brighton, Burnley, Manchester, Preston e

990

media -6% in

S

38%

S i

1

Bennett

Londra

1 990

aumento indice criminalità / /

7

Matthews e Trickley

Leichester

994

9%partecip azione

/

Dati quarta area non pubblicati

No

Tre città - , altre

S i

1

progr.

/

No

-5% furti in ab.

No

Prim 1

No merito

tre =

Sutton Coldfield 6

No,

tre aree

i 1

Note

In

Birgmingham, 1

usione benefici

si/no

9

Diff

S i

o anno -, secondo anno

Migliore qualità di vita Abbandono

No

del programma dopo primo anno

+12% Birmingham, Bradford, Hull, 1 8

Tilley e Webb

Nottingham, Rochdale, Sunderland, Tower

1 994

S i

Hamlets and

-

Si, -

Pubblicano

40% indice

10% indice

i risultati di 3 città su

di criminalità

di criminalità

8

Wolverhampton 1 9

Social and Market Research

Irlanda del Nord

2 007

S i

Fonte: Elaborazione dell’autore.

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posit ivi

No

Migliore qualità della vita


In molti casi, inoltre, gli studiosi, non hanno spiegato il motivo dell’efficacia del controllo di vicinato riportando solo i dati statistici e come abbiamo sottolineato in precedenza, manca un’analisi delle variabili che hanno influenzato positivamente o negativamente gli schemi (Laycock, 2002). Nello studio effettuato da O’Leary e Wood (1984) sulla città di Stafford non fu utilizzata l’area di controllo e la partecipazione fu veramente limitata, nonostante questo, i risultati furono positivi. I due studiosi compararono i dati raccolti dalla Polizia nei sette mesi prima e nei mesi durante l’intervento e i risultati ottenuti dimostrano che i crimini denunciati sono diminuiti del 74%. Tuttavia, secondo gli autori questi dati non potevano lasciar presagire che il merito fosse interamente del controllo di vicinato, perché, secondo le interviste, la partecipazione della cittadinanza è stata limitata (circa il 4%). Questo fece pensare che i crimini diminuirono spontaneamente senza subire gli effetti del programma messo in atto, oppure la criminalità potrebbe aver subito uno spostamento nelle zone limitrofe. Il problema della ricerca è stato che non essendo presente un’area di controllo nello studio o un analisi più approfondita è stato solo possibile stilare alcune ipotesi senza avere dati certi sui fattori che influenzarono il tasso di criminalità. Un'altra ricerca che ottenne dati positivi, ma non presentò un’area di controllo, fu quella nel riguardante la contea di Cheshire, a Mollington. Qui venne effettuato uno studio sui dati raccolti dalle Forze dell’ordine nei diciotto mesi prima dell’intervento e durante i trenta mesi di implementazione (Anderton, 1985). I dati analizzati sottolinearono come questo sistema sia stato estremamente efficace, visto che i furti in appartamento passarono da 19 a 2, ma come abbiamo sottolineato prima, non avendo ulteriori dati non si è stati in grado di verificare se l’efficacia è riconducibile al controllo di vicinato o ad altri fattori. A Northampton, invece, fu effettuata un’analisi statistica dei dati raccolti dalle Forze dell’ordine nei dodici mesi pre e post intervento in due diverse aree, entrambe con il controllo di vicinato attivo (Northamptonshire Police,1985). I risultati dimostrarono che i crimini denunciati diminuirono lievemente nella prima area mentre nella seconda la riduzione era nulla, infatti, nella prima area, le denunce passarono da 541 a 521, mentre nella seconda da 204 a 202. I dati non godono di molta fiducia nel mondo scientifico, sia perché sono stati stilati dalla Polizia che ha interesse a dimostrare che il programma funzioni, sia perché non vi è un’area di controllo che dimostra l’efficacia della procedura (Bennett, 1990). Un aspetto che non venne sottolineato nell’analisi delle Forze dell’ordine, è che i furti in abitazione aumentarono quando, solitamente, sono la prima tipologia di crimine a diminuire, in quanto il controllo di vicinato è rivolto soprattutto ad essi. Infatti, gli studiosi, ci hanno fatto notare

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come questo tipo di reato sia passato da 93 a 108 nella prima area e da 14 a 30 nella seconda. Questo può essere spiegato anche dalla bassa partecipazione dei cittadini, che la Polizia definì essere solo del 9%. Un ulteriore studio, effettuato senza il confronto con un’area di controllo, ma paragonando quattro zone differenti, fu quello del 1987 (Jenkins e Latimer) a Merseyside, dove vennero analizzati i dati raccolti dalla Forze dell’ordine nei dodici mesi prima dell’intervento e nei dodici mesi posteriori all’implementazione del controllo di vicinato. I risultati furono positivi per tre aree su quattro, in quanto l’indice di criminalità passò dal 13% al 10%, dal 19,5% al 5% e dal 9% allo 0%. Queste percentuali, però, sono state calcolate sul numero delle abitazioni e non degli abitanti per questo risultano elevate (Bennett, 1990). In un secondo momento, vennero analizzati i soli furti in appartamento rilevando un calo dell’1% nella prima area, del 14% nella seconda e del 4% nella terza. I risultati della quarta zona non vennero riportati nello studio facendo presagire che l’implementazione del controllo di vicinato non è sempre efficace, senza dare spiegazioni su quali fattori possano aver inciso sul mancato funzionamento del programma, questo errore fa si che non si possano sottolineare le lacune in modo da poterle colmare nelle future implementazioni. Questa mancanza fu riscontrabile anche nell’analisi effettuata da Husain (1990), il quale valutò l’effettivo miglioramento dopo l’applicazione del controllo di vicinato in sei città inglesi: Birgmingham, Brighton, Burnley, Manchester, Preston e Sutton Coldfield. Lo studio si basò sui dati rilevati dalle denuncie rilasciate alle forze di Polizia nell’anno prima e dopo l’intervento in zone in cui il programma era attivo e in altre zone di controllo. Husain (1990) affermò che solo in tre città su sei vi fu un effettivo miglioramento, mentre nelle altre tre la situazione restò invariata, senza fornirci le possibili spiegazioni di questa inefficienza. Matthews e Trickley (1994) effettuarono due analisi nell’area di New Parks in Leicester, in entrambe compararono la zona di intervento e altre non sottoposte al controllo di vicinato. Nel primo studio, effettuato durante il primo anno di implementazione, rilevarono un concreto funzionamento; nel secondo anno, oggetto del secondo studio, evidenziarono un aumento dell’indice di criminalità che passò dal 12% al 24% nelle diverse aree sottoposte al controllo di vicinato. In questa analisi, si riscontrò un problema già evidenziato nelle ricerche statunitensi, ovvero che il controllo di vicinato funziona fino a quando si raggiungono gli obiettivi preposti, dopodiché, la cittadinanza, non essendo più motivata e non prestando più la dovuta attenzione alla criminalità, torna ad un comportamento di non controllo (Bennett, 2008).

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Altri risultati positivi provengono dagli studi di Veater (1984) che effettuò un’analisi su Kingsdown, nella contea di Bristol, basandosi sulla comparazione di una serie di questionari di vittimizzazione somministrati nel 1983, prima del controllo di vicinato, e un anno dopo nel 1984. Per i fini della ricerca venne anche definita un’area di controllo per definire se il controllo di vicinato incideva realmente sui comportamenti criminali e se questa politica potesse creare displacement. I risultati dello studio riportarono che l’indice di criminalità passò dal 25% al 16%, il tasso di vittimizzazione aumentò del 3% , probabilmente perché la cittadinanza era più attenta a ciò che accadeva e quindi le segnalazioni aumentarono (Ibidem). Si dimostrò, inoltre, una lieve diminuzione della paura della criminalità, perché il timore di lasciare la propria abitazione abbandonata passò dal 57% al 50% mentre quello di subire un furto d’auto passo dal 78% al 77%. I risultati provenienti dall’area di controllo lasciarono presagire che il controllo di vicinato crei displacement poichè l’indice di criminalità nell’area aumentò. Risultati promettenti furono riscontrati in uno studio a Kirkholt, una città a pochi chilometri da Manchester (Forrester, Chatterton e Pease, 1988), in cui il programma nacque per far fronte all’aumento dei furti in appartamento, come in molte altre città analizzate. Venne effettuato un pre test e un post test e si notò che, durante l’applicazione del progetto, i furti diminuirono del 38% nella zona in cui era attivo, mentre, nell’area di controllo, rimasero uguali, dimostrando l’effettivo funzionamento del controllo di vicinato. Gli autori sottolinearono che, oltre al “Big Three”(Titus, 1984), fu utilizzato il sistema del controllo a piedi da parte di alcune associazioni civili, questo fa si che la sorveglianza informale aumenti, così come il livello di sicurezza percepita. Nel 1994, Tilley e Webb condussero uno studio sui dati ottenuti da undici aree, in cui il programma era attivo, presenti in otto città: Birmingham, Bradford, Hull, Nottingham, Rochdale, Sunderland, Tower Hamlets and Wolverhampton. I valori sono stati confrontati con undici aree di controllo limitrofe in modo da evidenziare eventuali situazioni di displacement o diffusioni di benefici. Gli autori hanno pubblicato i risultati di tre degli undici settori studiati, perché consideravano i dati ottenuti delle otto aree escluse, irreali, essendo le diminuzioni troppo elevate. Erano convinti che la Polizia, da cui provengono i dati, li avesse in qualche modo modificati per farli risultare positivi (Ibidem). In tutti i tre settori pubblicati i furti in abitazione subirono un netto ridimensionamento, pari al 40% e le aree di controllo una diminuzione del 10%. Gli autori ritenevano che il controllo di vicinato fosse un utile mezzo di prevenzione di determinati tipi di reato: oltre ai furti in abitazione può incidere su vandalismo, microcriminalità e danneggiamenti (Ibidem).

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Gli effetti del controllo di vicinato furono studiati anche a Londra, in modo molto più approfondito, dall’Istituto di Criminologia della Città. Si scelse una metodologia semisperimentale per misurare l’efficienza del programma. In un primo momento, furono effettuate interviste nel pre e nel post intervento in aree in cui il controllo di vicinato era attivo e in un’area di controllo in cui il controllo non era attivo, per dare un maggior rilievo all’analisi si decise di effettuare l’intervista ad almeno il 50% delle persone già intervistate nel pre test (Bennett, 1990). Lo scopo era quello di misurare gli effetti ed accertarsi di eventuali situazioni di displacement come nelle ricerche a Seattle (Cirel, 1977) e Bristol (Veater, 1984). Per fare in modo che la metodologia fornisse dati rappresentativi si intervistarono tremila persone. Furono ben definite le zone in cui il controllo di vicinato era attivo e le zone in cui non lo era, in modo da poter separare i risultati provenienti da ogni zona e compararli con le aree limitrofi. Inoltre, furono analizzati i dati provenienti dalle denuncie alle Forze dell’ordine, questi dimostrarono che sia nella zona di controllo sia in quella nella quale il controllo di vicinato era attivo i reati, nei due anni seguenti l’applicazione, erano diminuiti rispettivamente del 2,6% e del 1,4%. Un dato curioso rilevato dallo studio effettuato, come detto precedentemente, è stato che i furti in appartamento erano diminuiti di circa cinque punti percentuali, quindi l’autore dichiarò che il controllo di vicinato incideva maggiormente su questo tipo di delinquenza (Bennett,1990). In secondo luogo è stata effettuata un’analisi riguardante la sensazione dei cittadini nei confronti della percezione della criminalità e dei livelli di sicurezza nella zona abitativa. Il ricercatore analizzò in dettaglio i cambiamenti nelle abitudini dei cittadini dall’inizio del programma, cioè: la paura di vittimizzazione, la probabilità di subire reati, soddisfazione e coesione sociale, grado di partecipazione nel progetto, valutazione delle Forze dell’ordine e rapporti tra abitanti e Polizia. I risultati ottenuti furono contrastanti, perché nonostante i dati statistici rivelarono che non vi furono sostanziali decrementi dei tassi di criminalità e i cittadini non implementarono i sistemi di sicurezza domestica, la percezione della sicurezza era aumentata; è possibile che il controllo di vicinato, in questo caso, abbia inciso più sulla percezione che sulla sicurezza che sul trend generale dei reati. Bennett (1990), infatti, riportando i risultati del suo studio, fece notare che attraverso l’applicazione del programma la qualità della vita dei cittadini, soprattutto delle donne, migliorò perché si sentivano più sicure e sapevano che qualcuno (i vicini) vegliava su di loro (Ibidem). Una delle più recenti ricerche riguardanti il controllo di vicinato inglese è stata effettuata dal “Social and Market Research” in collaborazione con la Polizia dell’Irlanda del Nord sui programmi attivi nella regione. Dal 2004, dopo aver effettuato una revisione degli

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studi effettuati in Inghilterra e Stati Uniti, si decise di promuovere l’iniziativa anche nell’Irlanda del Nord. Gli obiettivi dell’iniziativa furono: 

L’aumento della sensazione di sicurezza

Le prevenzione contro la criminalità e i fenomeni devianti

Migliore coesione sociali

Un miglior rapporto tra cittadini e Forze dell’ordine. Nel promuovere l’iniziativa si cercò di sensibilizzare e responsabilizzare i cittadini nel

contrasto alla criminalità, attraverso la comunicazione con le Forze di Polizia e la segnalazione di eventi sospetti al coordinatore della zona. Lo studio coinvolse 700 delle persone che risiedevano nelle zone in cui il programma era attivo, a cui furono effettuate delle interviste. Furono intervistate anche le 286 persone che promossero l’iniziativa, vennero effettuati nove focus group nelle aree interessate e vennero intervistati i coordinatori di ogni area. Venne stabilita un’area di controllo per evidenziare eventuali differenze. Lo studio venne pubblicato nel 2007 ed evidenziò un maggiore sentimento di sicurezza nelle aree in cui il programma era attivo (mediamente maggiore del 10%) e si riscontrava che la qualità della vita era migliorata, visti i rapporti di vicinato. Gli abitati delle zone sottoposte al controllo di vicinato avevano una maggior fiducia nelle Forze dell’ordine, questo è stato dimostrato dal fatto che l’80% delle persone denuncia i crimini subiti alla Polizia. Il 51% degli intervistati dichiarò che la qualità della propria vita migliorò da quando è stato attivato il programma e hanno avuto maggiore supporto umano in caso di bisogno. Anche dalle interviste ai promotori si evincono risultati positivi, come la partecipazione nelle attività promosse, l’interesse dei cittadini nel fare del loro meglio per la comunità e la partecipazione delle Forze dell’ordine negli incontri con i cittadini. Infine i focus group hanno evidenziato una maggiore attenzione delle persone nelle attività dei passanti, che non comprendono solo le attività sospette ma anche semplici comportamenti che inquinano o danneggiano l’area di residenza, e una maggior fiducia nella Polizia. Questi fattori aiutano la comunità ad essere più unita, autotutelandosi dai comportamenti criminali e anti-sociali in modo partecipativo ma senza mai correre pericoli per la propria persona (Bennett, 2008).

1.2.3 Prime implementazioni e ricerche in altri paesi anglosassoni I programmi di controllo di vicinato non sono stati istituiti solo negli Stati Uniti ed Inghilterra, in quanto si hanno informazioni certe dell’attuazione di questo sistema anche in Australia e Canada; diversamente da quanto analizzato fino ad ora questi studi sottolineano

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quali effetti ha portato il programma motivandoli e dando quindi spiegazioni sull’efficienza di un intervento di questo tipo e su quali elementi insistere per ottenere risultati positivi. Tab.1.4 - Rassegna studi Australia e Canada N . studio

Autor e

2 0

Mukh

1

ia - Victoria

Lowm ann

2

nno

- Vancouver

987

– Thunder Bay

983 1 984

D Risultati

iffusione

Note

benefici -16%Primo Si

anno e -30% Secondo anno

1

Canada

Area di controllo si/no

1

Canada

Worre ll

A

Austral

erjee e Wilson 2

2

Luogo

Si

-33% reati

/

-68% reati

N o

Salvati 6 Milioni di Dollari Aus

N o /

/ Migliorato rapporti FdO e cittadini

Fonte: Elaborazione dell’autore.

Murkhejee e Wilson (1987) iniziarono l’implementazione e lo studio nel 1984, nella città australiana di Victoria, dove venne promosso il controllo di vicinato per affrontare il problema della criminalità e dell’insicurezza, considerando che le denunce triplicarono nel giro di pochi anni e i cittadini erano spaventati dalle continue rapine, violenze (anche sessuali) e furti, soprattutto in appartamento che rappresentavano il 60% del totale dei reati (Mukherjee e Wilson, 1987). Visti i dati allarmanti si cercò un metodo per aumentare la sicurezza dei cittadini partendo proprio da un programma di controllo di vicinato, volto alla sensibilizzazione degli abitanti ed alla loro partecipazione alle attività di indagine e osservazione della Polizia. Il punto focale del progetto fu l’interazione tra cittadini, e tra questi ultimi con le Forze dell’ordine; fu illustrato quali fossero le problematiche della zona di residenza, cosa osservare e come aumentare le misure di sicurezza domestica in modo da prevenire comportamenti criminali sempre riducendone le opportunità. Il programma presentato dall’Amministrazione pubblica prevedeva la suddivisione dello stato di Victoria in sedici parti, ognuna con al suo interno un distretto di Polizia coadiuvato da un agente. Data la dimensione dell’area interessata l’incaricato doveva selezionare dai due ai quattro cittadini coordinatori che lo avrebbero aiutato nell’introdurre l’iniziativa a tutta la popolazione (Ibidem). Gli agenti a capo di ogni distretto organizzavano corsi aperti per tutti i cittadini con cadenza regolare, in modo che la popolazione partecipasse attivamente alla sicurezza della propria area (Ibidem). Per dar vita ad ogni programma, erano necessarie almeno cinquanta lettere di adesione da parte degli abitanti. Ogni distretto fu suddiviso dalle venti alle trentacinque aree,

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comprendenti ognuna dalle seicento alle novecento abitazioni. A capo di ogni area vi era un Comitato di quartiere, in questo modo si cercò di responsabilizzare la popolazione coinvolgendola nell’organizzazione del programma. Il programma è stato valutato attraverso un’analisi statistica della variazione percentuale dei furti in appartamento dal pre al post intervento, è stato il primo studio statistico e continuativo australiano sul controllo di vicinato. I due autori affermarono che nel 1985, i furti in appartamento erano diminuiti del 16,04%, nel 1986 i furti diminuirono ulteriormente del 30%. L’effetto del programma venne pubblicizzato, e venne stimata la somma “salvata” dai cittadini: sei milioni di dollari australiani. Per la prima volta gli studiosi nell’analisi misero in dubbio l’efficienza del programma affermando che non si poteva sapere con certezza se ad influire sui tassi della criminalità fosse stato questo programma ma fanno notare come il controllo di vicinato fu l’unico cambiamento nell’intera area, anche perché, grazie agli studi effettuati fino ad allora, tutti i programmi di controllo di vicinato organizzati in modo strutturato e metodologico ottennero i risultati sperati nella riduzione dei tassi di criminalità, soprattutto sui tassi di furti in appartamento (Ibidem). Lo studio definì che il controllo di vicinato non creò displacement, le attività criminali si ridussero in tutte le zone in cui il programma era attivo e rimasero invariate nelle zone in cui non era ancora attivo, quindi anche il trend di criminalità rimase stabile. I due studiosi resero noto che l’importanza e l’efficienza di questo tipo di politica partecipativa resta tale nel momento in cui i legami sociali e inter-istituzionali restano vivi, le informazioni ottenute andrebbero continuamente scambiate e i risultati migliorati. Altrimenti si corre il rischio, come nei precedenti studi inglesi e statunitensi, che l’efficienza e l’efficacia resti stabile per qualche anno per poi tornare ai livelli di criminalità di partenza. Anche in Canada, come in tutti gli altri paesi anglosassoni si utilizzò il controllo informale per contrastare le attività criminali che colpivano i cittadini e le loro abitazioni. Visti i risultati ottenuti negli Stati Uniti ed Inghilterra, si promossero i primi programmi negli anni ottanta e, di conseguenza, si svolsero ulteriori studi alcuni anni dopo. Lowmann (1983) effettuò uno studio sul controllo di vicinato in Canada, prendendo come area di studio la città di Vancouver. Come in molte altre analisi la metodologia usata era la stessa, cioè vennero raccolti i dati rilevati dalle Forze dell’ordine nell’anno prima e dopo l’implementazione del programma e comparati con un’area di controllo. I risultati ottenuti furono positivi perché venne registrato un calo del 33% dei reati nell’area sottoposta al programma, mentre nell’area di confronto i tassi rimasero invariati confermando così che non vi fu né uno spostamento della criminalità né una variazione dei trend dei reati come nello

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studio australiano. L’unica lacuna evidenziabile in questa analisi è la mancanza di un approfondimento delle variabili che hanno influenzato gli effetti, tuttavia resta una delle più approfondite dal punto di vista dei risultati ottenuti. Ulteriore studio Canadese fu effettuato a Thunder Bay (Worrell,1984), dove attraverso un’indagine di vittimizzazione si misurò il tasso di furti in appartamento prima e dopo l’implementazione del controllo di vicinato. I risultati resi noti dimostrarono che il programma aveva funzionato, i tassi diminuirono del 67,7%. Inversamente proporzionale fu l’aumento della percentuale di reati subiti denunciati, questo significa che il programma servì anche a migliorare i rapporti e soprattutto la fiducia nelle Forze dell’ordine da parte dei cittadini (Ibidem). Gli studiosi rilevarono anche un miglioramento nei tempi di denuncia, infatti, prima dell’implementazione gli abitanti erano portati a denunciare maggiormente il giorno successivo l’aver subito il reato, con l’applicazione del programma la maggior parte delle persone effettuava la denuncia nelle prime ore successive, necessità fondamentale per una buona riuscita delle indagini. Questo studio è stato il primo che oltre a studiare i tassi di criminalità prova a valutare il livello di coesione, chiedendo agli abitanti informazioni sui loro vicini di casa. Dai risultati emersi fu evidenziato come la coesione e la conoscenza reciproca aumentò sostanzialmente grazie alla promozione del programma.

1.3 Metodologia di implementazione odierna Il controllo di vicinato, nell’arco di trent’anni, è divenuto una consuetudine nei paesi anglosassoni, tant’è che gli studi sull’efficienza del programma sono sempre più rari (Lockyer, 2001). Il merito della diffusione è sia della comunità, che con il passare del tempo ha capito come essere un membro attivo nei programmi di prevenzione e quindi partecipare ai programmi di sicurezza, sia della Polizia, che a distanza di anni continua a riferire ai cittadini gli accadimenti criminosi che avvengono nelle diverse aree, senza creare allarme sociale (Sacramento County Sheriff Department, 2011). Data la situazione attuale, nei paesi in cui i programmi risultano attivi da tempo è difficile analizzare gli effetti che il controllo di vicinato produce, per questo ci si limita a mantenere attivo lo scambio di informazioni e di conseguenza non si sa con certezza se il controllo di vicinato influenzi l’andamento dei reati o meno vista l’assenza di studi sistematici (Bennett, 2008).

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Per la diffusione delle informazioni, spesso, viene utilizzato internet, come nel caso della Polizia dell’Hampshire (http://www.hampshire.police.uk/Internet/stats/) dove vengono pubblicate le statistiche della criminalità annualmente, riportando: il numero dei reati denunciati, da chi (se cittadino o direttamente dalla Polizia) e la variazione percentuale dall’anno precedente. In questo modo la popolazione è stimolata ad impegnarsi costantemente e gli viene dato modo di identificare i reati a cui occorre porre una maggiore attenzione. Inoltre, vengono pubblicate sui media locali e soprattutto su internet tutti i progetti di contrasto ai comportamenti devianti, come: disordini, alcolismo, guida pericolosa e bullismo, in modo da aggiornare la popolazione residente (Bureau of justice assistance, 2010). Questa continua comunicazione potrebbe però avere anche un effetto negativo, ovvero un aumento della paura della criminalità non giustificato. Il controllo di vicinato, infatti, fa leva soprattutto sulla paura degli individui di essere colpiti da comportamenti criminali per motivarli ad osservare e segnalare comportamenti esterni sospetti, questa affermazione è confermata dal fatto che i progetti spesso nascono dopo un aumento dei furti e quindi a causa della paura di essere derubati. Il furto in appartamento invade la privacy dei cittadini ed è un timore abbastanza diffuso perché può colpire tutti e uscire dal trauma creato da questo reato non è semplice (Wilson e Brown, 2009). I falsi allarmismi o il fatto di mantenere alto il livello di attenzione grazie alla paura potrebbero sfociare in un disinteresse nelle comunicazioni delle Amministrazioni o delle Forze dell’ordine facendo eclissare lentamente i controlli informali (Fleming, 2005). La maggior parte delle associazioni di controllo di vicinato sono dotate di blog o siti internet; questo fa si, che ogni iniziativa, venga condivisa tra tutta la popolazione e sia accessibile, anche, a chi ha interesse a trasferirsi in quella zona. Sui siti vengono pubblicati problemi, comportamenti sospetti, appuntamenti con la Polizia o l’Amministrazione locale. In più vengono divulgati i contatti per la risoluzioni di problematiche o per effettuare segnalazioni alle Forze dell’ordine e i numeri per le emergenze. I Blog invece, sono un ottimo sistema per scambiarsi e condividere pensieri, coinvolgendo le persone ad interagire, a non restare nell’anonimato e nell’indifferenza (Bureau of justice assistance, 2010). Il fatto di condividere queste notizie pubblicamente potrebbe avere un effetto negativo, perché in questo modo anche i malintenzionati potranno prendere provvedimenti per rendere i loro comportamenti più accettabili dalla comunità e meno sospetti, quindi bisogna fare attenzione a limitare l’accesso a queste informazioni solo a chi è direttamente interessato e coinvolto, magari con l’utilizzo di password oppure con la diffusione tramite mail anziché utilizzare siti internet aperti a tutti (Norther Irland police serviced, 2011).

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L’utilizzo dei mezzi di informazione ha dato modo ai paesi anglosassoni di pubblicizzare i loro programmi di controllo del vicinato scrivendo veri e proprio manuali su come agire e come promuovere il programma nel proprio paese. Tuttavia il problema fondamentale, come constatato in precedenza, è che manca una rassegna critica delle analisi svolte, che riporti errori e lacune dei programmi in modo tale da porvi rimedio fin da subito ed evitare di incontrare problemi già noti ad altri Enti Locali. Inoltre i manuali stilati sono utili per i cittadini della stessa città che vogliono dar vita al programma con l’aiuto dei loro vicini ma ciò non vuol dire che i programmi di un determinato territorio possono essere utilizzati per le altre città o paesi perché ogni area ha caratteristiche diverse, sia riguardanti la criminalità che la struttura socio-demografica piuttosto che gli aspetti amministrativi e legislativi. In Italia si è venuti a conoscenza del controllo di vicinato grazie a queste pubblicazioni che illustravano come attivare il programma, per questo è stato creato un dominio su cui troviamo

innumerevoli

informazioni,

tradotte

dai

siti

anglosassoni

(www.controllodelvicinato.com) e innumerevoli link che ci rimandano ai manuali stilati per un implementazione considerata “corretta”. Il problema fondamentale è che il programma non può nascere copiando la struttura di altri paesi, bisogna adattarlo alle caratteristiche della società in cui si andrà ad implementare, magari partendo dai presupposti da cui è nato (Bennett, 1990). Per questo motivo abbiamo deciso di analizzare i manuali e trovare le caratteristiche comuni in modo da ottenere una linea guida utile per l’attivazione del programma senza entrare nei dettagli di ogni città. Tutti gli schemi si dividono in cinque parti: ideazione, organizzazione, pubblicizzazione, implementazione e sviluppi futuri.

Tab.1.5 – Schema riassuntivo di implementazione Controllo di vicinato Prevenzione reati Motivazioni

Aumento tassi criminalità Aumento paura della criminalità Proposta al Comune Raccolta firme Ideazione

Incontro Coordinatore, Amministrazione, Polizia locale Mappatura area e raccolta dati sulla criminalità Incontro Amministrazione, cittadini

Controllo di Vicinato

Mappatura e suddivisione in aree con contatti abitanti Organizzazione

Definire Problemi ed obiettivi Stilare un programma di incontri

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Scelta responsabile di ogni area e coordinatore Definizione dei loro ruoli Invitare tutti agli incontri Utilizzare siti internet e media locali

Pubblicizzazione

Lasciare broucher che incuriosiscano Attirare l’attenzione di tutti Spiegare ruolo attivo dei cittadini e come funziona Cdv Definire calendario incontri, diversi per i vari ruoli Organizzare l’incontro sulla sicurezza domestica

Implementazione

Ogni cittadino dovrà catalogare i suoi oggetti di valore Consegna moduli di riconoscimento Definire situazioni di emergenza Installazione cartelli Cdv Corsi che trattino temi di attualità Manifestazioni che promuovano la coesione

Sviluppi

Allargare il senso di proprietà Organizzare incontri sulla sicurezza con temi svariati Controllo a piedi della zona

Fonte: Elaborazione dell’autore.

1.3.1 Fase di ideazione La proposta di adottare il controllo di vicinato, come abbiamo visto negli studi precedentemente analizzati, può nascere dai cittadini o dall’Amministrazione pubblica, per tre motivi fondamentali:  Prevenzione dei reati  Aumento dei tassi di criminalità  Aumento paura della criminalità Fondamentalmente i programmi di controllo di vicinato nascono per far fronte alla sensazione di insicurezza che negli ultimi anni è in continuo aumento nonostante i reati siano in diminuzione (Howard, 1999), per questo motivo si utilizza la coesione sociale per aumentare il livello di sicurezza percepita. In altre parole i cittadini sanno di poter contare sui loro vicini in caso di comportamenti sospetti, devianti o di reati tentati. Per migliorare il livello di sicurezza le amministrazioni fanno in modo di inserire il controllo di vicinato in un programma più ampio che può comprendere l’utilizzo delle telecamere, aumento del personale addetto alla sicurezza (Brantingham e Brantingham, 1990) e modifiche strutturali dei centri abitanti con l’utilizzo del CPTED (crime prevention through environmental design) (Nair, 1993).

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Indipendentemente da chi nasca l’idea di adottare il controllo di vicinato, in tutti i manuali l’ideazione avviene di comune accordo tra gruppi di cittadini e l’Ente Pubblico che analizzano insieme i problemi che li riguardano e decidono come organizzare il programma. Tutti i manuali confrontati propongono di identificare le zone più colpite, che solitamente sono le aree in cui nasce il programma e da queste partire con la progettazione e l’implementazione. Il punto cruciale della fase di ideazione è trovare tutti i problemi e conoscere la struttura socio-demografica dell’area, in questo modo si ottiene una visione chiara dei motivi che spingono i cittadini a chiedere un intervento di questo tipo e si potrà agire di conseguenza (Wilson e Brown, 2009). Questa analisi può essere ritenuta valida anche per il territorio italiano, ma essendo la cultura del dato statistico abbastanza arretrata dovranno essere i cittadini o gli operatori di Polizia attraverso la loro esperienza ad individuare gli hot spots, cioè le zone più a rischio. Inoltre sarà importante promuovere l’iniziativa anche alle aree limitrofi in modo da non incorrere in situazioni di displacement. Tutti gli schemi analizzati prevedono un incontro formale tra cittadini e Amministrazione, durante il quale quest’ultima presenterà l’iniziativa e individuerà dei soggetti di riferimento tra i cittadini (Bureau of community policing, 2005). Il problema fondamentale, riscontrato in tutti i manuali, è che danno per scontato che tutti abbiano “buoni vicini” (Lockyer, 2001) mentre la sensibilizzazione di tutti gli abitanti al problema non è cosi semplice e spesso chi non è mai stato colpito da reati egoisticamente pensa che il problema non lo riguardi e per questo motivo non è detto che partecipi attivamente ai programmi proposti.

1.3.2 Fase organizzativa L’organizzazione di un buon programma di vicinato sta alla base della sua efficacia (Fleming, 2005), tutti i manuali riportano passaggi da rispettare che possono essere estesi a tutte le aree in cui si vorrà utilizzare questa misura di prevenzione, in modo da espandere nel migliore dei modi il programma e sensibilizzare le persone alla partecipazione. L’importante per tutti i compendi è che cittadini e Amministrazione individuino preoccupazioni e fini comuni in modo da agire insieme. Questa potrebbe risultare la fase più difficile dell’organizzazione, considerando il fatto che, spesso, la percezione della sicurezza e i problemi individuati dai vari attori sono diversi, come abbiamo visto nel caso di Mollington

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(Anderton, 1985). Ad influire potrebbero essere situazioni di degrado o una cattiva manutenzione degli ambienti pubblici, per questo motivo è fondamentale la comunicazione tra cittadini ed Enti. Un ulteriore passo da seguire è la selezione di figure di riferimento per i cittadini che sono scelte in base alla grandezza dell’area in cui viene implementato il controllo. Infatti, in caso di piccoli quartieri viene scelto un rappresentante, invece nel caso di medie e grandi frazioni vengono selezionati più rappresentanti e un coordinatore di zona. Si è calcolato che il numero ottimale di abitazioni da gestire si aggiri attorno alle 15-20 unità (Bureau of community policing, 2005). Le loro funzioni principali sono: 

Costruire e diffondere una mappa delle abitazioni con numeri di telefono, in modo tale da favorire lo scambio di informazioni e la comunicazione

Svolgere la funzione “ponte” tra Polizia locale e Cittadini

Pubblicizzare il programma e gli incontri organizzati dagli Enti Locali per la sicurezza dei cittadini Parallelamente alla funzione dei rappresentati e coordinatori vi è l’Ente pubblico, una

delle componenti del Big Three (Titus, 1984) erano gli incontri sulla sicurezza domestica per mostrare ai cittadini come migliorare il loro sistema di sicurezza e rendere difficoltoso l’ingresso in abitazione di malintenzionati, per questo motivo i manuali consigliano all’Amministrazione di promuovere ed organizzare questo tipo di corsi per una maggiore efficacia del controllo di vicinato e di istituire corsi su altri reati che possono riguardare la popolazione, in modo da coinvolgerla in attività che riguardino la sicurezza in generale e non solo i furti in abitazione.

1.3.3 Fase di pubblicizzazione La pubblicizzazione viene trattata in modi diversi nei manuali, non ci sono stati studi che ad oggi indichino un modo efficace per pubblicizzare il controllo di vicinato, per questo motivo alcuni propongono il passaparola (Bureau of justice assistance, 2010), altri l’utilizzo dei media locali (Bureau of community policing, 2005), altri ancora optano per una lettera da parte dell’Amministrazione o della Polizia ai cittadini (Police department of Henrico County, 2011). Il fine resta comunque invariato: cioè la spiegazione a tutti gli abitanti di cosa si intende per controllo di vicinato, perché si è deciso di promuoverlo e l’invito a partecipare

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agli incontri nonché all’iniziativa. Questi metodi sono stati adottati sia insieme che singolarmente perché hanno punti di forza e di debolezza, il fatto di promuovere l’iniziativa attraverso il passaparola è molto informale, si corre il rischio che il programma non venga letto come un iniziativa istituzionalizzata ma semplicemente come un movimento di alcuni cittadini che hanno deciso di promuoverlo, inoltre non si è sicuri che la notizia giunga a tutti. Al contrario, l’utilizzo dei media locali dà un tono più istituzionale allo schema e si ha la certezza che la maggior parte dei cittadini venga raggiunta dalla notizia. Infine l’utilizzo della lettera consegnata ad ogni abitante è una soluzione molto diretta, con la certezza che la notizia arrivi a tutti i cittadini e potrebbe essere l’inizio della creazione di un rapporto migliore tra cittadini e Pubblica Amministrazione. Il problema delle ultime due forme di pubblicizzazione è che potrebbero creare allarmismi sopra la media, quindi è importante sottolineare che il controllo di vicinato è un mezzo di prevenzione piuttosto che una forma di contrasto. Per ottenere dei buoni risultati dal controllo di vicinato si è calcolato che almeno il 60% delle persone dovrebbero assumere una parte attiva nel programma (North Irleland police service, 2011), per questo motivo tutti i manuali consigliano di coinvolgere il maggior numero di persone possibili e sensibilizzarle al problema. Si è notato, inoltre, come nelle varie comunità le persone che hanno subito reati o sono legate ad altre vittime siano più propense a partecipare all’iniziativa, mentre coloro che non sono mai stati colpiti siano più disinteressati (Sacramento County Sheriff Department, 2011) quindi durante la fase di pubblicizzazione l’Amministrazione e i coordinatori devono sensibilizzare anche le persone non colpite da furti in appartamento alla partecipazione, spiegando che questo reato può colpire chiunque e una maggiore cooperazione produrrebbe maggiore sicurezza sia percepita che reale. In tutti i manuali viene sottolineato il fatto che nessuno deve diventare un eroe e mettere in pericolo la propria persona o la propria famiglia si chiede semplicemente di allertare le Forze dell’ordine nel momento in cui si avvistano comportanti sospetti, proprio per questo motivo è consuetudine per tutte le linee guida l’organizzazione di un incontro prima di iniziare con la fase di implementazione, perché gli organizzatori devono rendere chiaro a tutti come agire, quali comportamenti adottare e quali no, sensibilizzare le persone che con un piccolo sforzo possono ottenere grandi risultati per tutti (Bureau of Community Policing, 2005).

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1.3.4 Fase di implementazione Nella fase di implementazione ritroviamo in tutti i manuali i tre punti del programma presentati da Titus (1984): infatti, il primo passo che si affronta è quello della coesione sociale per il controllo della zona, le linee guida dettano i comportamenti da seguire per essere un ‘ottimo vicino’, quindi controllare il proprio quartiere, segnalare gli eventi sospetti e tenere buoni rapporti con i propri confinanti. L’istituzione partecipa consegnando a tutti la mappatura dei quartieri con i numeri di telefono degli abitanti, quelli dei coordinatori, i numeri di emergenza e per le segnalazioni (Lockyer, 2001). In alcuni manuali vengono definite chiaramente quali sono ritenute situazioni di emergenza, cioè: emergenze mediche, incidenti stradali, vite in pericolo e incendi (National sheriff association, 2011). Inoltre, vengono consegnate delle tabelle di riconoscimento, per la segnalazione di persone sospette all’interno del quartiere, questi schemi sono di facile compilazione e richiedono vestiario, colore dei capelli e degli occhi, altezza e lineamenti del viso, in modo tale che la Polizia possa riconoscere la persona o almeno effettuare dei controlli su persone che le somiglino. Attraverso la stessa metodologia viene segnalata l’automobile o l’automezzo sospetto, con colore, marca, targa ed eventuali segni di riconoscimento (Flemming, 2005). Inoltre per favorire la coesione sociale viene consigliato di stilare un programma di incontri per parlare dei problemi che riguarda la comunità, situazioni di degrado non urgenti e esperienze da condividere con gli altri cittadini. Il secondo passo affrontato è quello della marchiatura degli oggetti di valore, per questo le linee guida consigliano di compilare una tabella in cui è riportato tutto ciò che è all’interno dell’abitazione di valore, indicando marca, modello, valore e numero di serie, questo servirà in caso di furto o smarrimento anche ai fini assicurativi. La stessa iniziativa dovrebbe essere effettuata per le carte di credito presenti in casa, dovrebbero essere catalogate tutte riportando il nome dell’intestatario, il numero della carta e la compagnia bancaria a cui è collegata. Tutti questi moduli dovranno essere conservati dagli abitanti, quindi non dovranno essere rese pubbliche le informazioni private (Bureau of justice assistance, 2010). Negli ultimi anni il fenomeno della segnalazione della propria area si è allargato al quartiere attraverso l’installazione di alcuni cartelli che segnalino la presenza di un programma di controllo di vicinato attivo nella zona, questi cartelli spesso riportano il Vigile di Quartiere circondato da una famiglia (Ibidem), altri invece riportano il segnale di divieto con una figura sospetta all’interno (Police department of Henrico County, 2011), in modo da segnalare il divieto di

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accesso ai malintenzionati. Queste misure dovrebbero fungere da deterrente e tenere lontani dalle vie del quartiere i malintenzionati facendo loro capire che nella zona il livello di sorveglianza è alto quindi hanno una maggiore probabilità di non ottenete i risultati sperati. L’utilizzo dei cartelli ha però anche degli effetti negativi sulla popolazione: uno studio effettuato da Shultz e Tabanico (2009) ha evidenziato che il cartello che avvisa gli estranei alla zona della presenza del controllo di vicinato, contribuisce a far percepire quella zona come ad alto rischio criminale, quindi disincentiva le persone a trasferirsi nella zona e a camminare sicure per quelle strade. Quest’ultimo effetto non è stato riscontrato solo per gli estranei ma anche per i cittadini che percepiscono il loro quartiere come pericoloso e quindi potrebbero tendere all’isolamento più che alla cooperazione (Ibidem), per questo è importante che il programma venga percepito come misura preventiva e non come risposta ad un aumento della criminalità. Il limite dello studio è che è stato effettuato su quartieri dove risiedono studenti universitari, che hanno una sensibilità diversa rispetto alle famiglia nei confronti della criminalità, quindi i risultati non possono essere estesi a tutte le zone in cui vengono installati i cartelli e sono gli stessi autori ad ammetterlo. L’ultimo passo per l’implementazione riguarda l’istruzione, che solitamente avviene con una riunione tenuta dalla Polizia, nella maggior parte dei manuali vi sono una serie di istruzioni per rendere la propria casa più sicura, con consigli su quali tecnologie utilizzare e comportamenti da adottare quando si lascia l’abitazione incustodita. I consigli riportati sono diversi, probabilmente perché sono stati costruiti sull’esperienze della Polizia che ha partecipato nella stesura del testo, quindi conosce il modus operandi della criminalità locale e sa quali tecnologie possono complicare il loro ingresso nelle abitazioni, per questo motivo non possono assolutamente essere utilizzati gli stessi consigli tecnici in tutte le città perché i metodi di annullamento delle difese domestiche sono diverse per ogni gruppo criminale. Per i programmi di controllo di vicinato italiani si potrebbe ampliare la linea guida stilata dalla Polizia di Stato (2010) in cui vengono promossi alcuni comportamenti da evitare e misure da adottare quando ci si trova in casa e fuori casa per prevenire i furti in abitazione. In generale consiglia di adottare sistemi di antifurto e di munire le porte e le finestre di sistemi antiintrusione. Il rischio nell’utilizzo e promozione di queste tecnologie è che l’incontro sulla sicurezza domestica venga percepita dagli abitanti come una manovra pubblicitaria di una determinata aziende piuttosto che una campagna di sensibilizzazione alla prevenzione. La Polizia specifica le operazioni da effettuare quando si abbandona la propria abitazione e sono molto semplici, i consigli sono molto simili alle linee guida del controllo di vicinato

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anglosassone visto che raccomandano, ad esempio, di avvertire i vicini di eventuali vacanze in modo che provvedano a non lasciare la posta e i volantini nella buca delle lettere, non facendo capire ai malintenzionati che non ci si trova in casa in quel periodo; inoltre incoraggiano gli abitanti a chiamare immediatamente la Polizia in caso si assista a movimenti sospetti. Per quanto riguarda le brevi assenze la Polizia consiglia di lasciare una luce accesa e di non dimenticare porte e finestre aperte. Quando ci si trova in casa, consigliano di non aprire porte e cancelli a persone non identificate, prestare attenzione a persone che si presentano come dipendenti di aziende pubbliche che offrono servizi. Se i cittadini utilizzassero questo comportamento e lo omologassero continuando a comunicare eventuali spostamenti, brevi uscite o vacanze ai vicini il controllo di vicinato potrebbe avere una migliore efficacia, ma tutto ciò necessità di un buon rapporto di vicinato che spesso è dato per scontato. La segnalazione tra vicini di eventuali persone sospette nella via darebbe modo di effettuare un maggiore controllo ed evitare intrusioni indesiderate nella propria abitazione, lo stesso potrebbe valere per i falsi dipendenti di aziende pubbliche, anch’essi se segnalati con immediatezza ai vicini e alle Forze dell’ordine si potrebbero prevenire i loro comportamenti criminali. La lacuna di queste istruzioni, inoltre, è che non ci sono dati o studi che le confermino, si basano più che altro sul senso comune e non su analisi scientifiche, quindi non si ha la certezza che comportandosi in questo modo si evitino i furti in appartamento.

1.3.5 Gli sviluppi Il mantenimento del programma è molto difficile, come abbiamo visto negli studi del paragrafo precedente i cittadini una volta ottenuti i risultati sperati tendono ad abbassare il livello di controllo (Cirel, 1975), per fare in modo che non si torni ai livelli di criminalità presenti nella fase di pre - implementazione i manuali danno alcuni consigli da seguire sia da parte dell’Amministrazione che dei coordinatori. Il primo spunto che viene fornito dalle precedenti esperienze è di allargare la prevenzione dai furti in appartamento ad altri tipi di reati per i quali i cittadini potrebbero dare alla Polizia importanti informazioni, in questo modo gli abitanti sarebbero più consapevoli di ciò che potrebbe accadere e sarebbero pronti a reagire grazie alle indicazioni dategli dalle autorità (Lockyer, 2001).

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L’aggiornamento è, quindi, uno dei concetti fondamentali, per mantenere sempre aggiornati i cittadini su ciò che succede nel quartiere e nei dintorni, le linee guida consigliano di organizzare incontri che parlino di attualità o crimini che riguardano zone e paesi limitrofi per mantenere attivo il programma, l’importante è che si continui a lavorare sulla coesione sociale (Neighbourhood Watch Renewal Group, 2001). Potranno essere istituiti corsi riguardanti le frodi, i furti d’auto, la sicurezza per i bambini e anche i cyber crime e si dovrà fare in modo di non istruire i cittadini dopo che i crimini sono avvenuti, ma prima, in modo da prevenirli, riconoscerli e segnalarli (North Ireland Police service, 2011). Alcuni gruppi si sono organizzati per rendere più vivibile e ospitale la loro zona, in termini pratici si provvede a stabilire turni di pulizia delle strade, dei muri dai graffiti, la manutenzione dei parchi. Questo sistema abbassa i costi di manutenzione a carico delle Amministrazioni e fa sentire gli abitanti a casa anche fuori dalle mura domestiche. Allargare il senso di proprietà degli abitanti fa si che quest’ultimi pongano maggior attenzione a come la gente si comporta all’interno del quartiere, dando loro, in questo modo, un maggior potere di controllo sugli altri e una maggiore responsabilità (Norther Irland police serviced, 2011). Ulteriore sviluppo del tutto accessorio è il controllo a piedi della propria zona, questo sistema era già noto in Inghilterra (Bennett, 1990) dove si creavano veri e propri gruppi che effettuavano passeggiate di controllo delle abitazioni e dei parchi pubblici, in questo modo sono gli stessi cittadini ad effettuare alcuni dei doveri che competono i Poliziotti di Quartiere e fanno percepire la loro presenza agli altri ma senza mai intervenire (Ibidem). In Italia questa iniziativa è stata proposta con il nome di ‘Ronde’ ma non è mai stata applicata, molto probabilmente perché si teme che il cittadino sostituisca le Forze dell’ordine e compia gesti azzardati che non gli competono. In un manuale viene proposto di indire una gara per selezionare ogni anno l’abitante più produttivo ed efficiente, questo viene stabilito da una giuria composta da più abitanti con il coordinatore e il responsabile. In questo modo il far sicurezza diventa un piacere e si condividono esperienze con i proprio concittadini (Ibidem), questo metodo potrebbe essere applicato anche ad altri avvenimenti che promuovano altre attività non semplicemente il controllo di vicinato, perché l’importante è che si continui a favorire l’integrazione e la coesione sociale.

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