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FORMA COMPIUTA IN UN PROCESSO INCOMPIUTO
Jacopo Di Criscio
Damiano Di Mele
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Niccolò Di Virgilio
Cecilia Visconti
Il Liceo Scientifico, la cui gestazione inizia nel 1970, è la prima pietra del Campus scolastico di Pesaro. Un progetto alla scala urbana che deve confrontarsi con la necessaria suddivisione in lotti dell’intervento e dialogare con la preesistenza dell’istituto professionale dell’architetto Zacchiroli, già in costruzione alla formalizzazione dell’incarico a Carlo Aymonino. Proprio la disposizione obliqua del blocco delle palestre diviene linea guida per la forma primaria della composizione: un quadrato spaccato diagonalmente. Una configurazione che trova ampi riferimenti nell’ossessione per il modello de La Tourette di Le Courbusier e in alcuni casi coevi provenienti dal mondo anglosassone, quale la Harvey Court a Cambridge degli anni Sessanta. Su questo rigoroso sedime geometrico si imposta l’impianto morfologico del Liceo, costruito dalla sommatoria di frammenti, oggetti scultorei e stanze funzionali continuamente tagliate e intersecate dalla complessa griglia dei percorsi. Il prototipo si realizza dunque in un “disordine programmatico”, costituito da un abaco di pezzi che alimenteranno il vocabolario formale dei successivi interventi nei lotti adiacenti. Il Liceo Scientifico racchiude la complessità della figura retorica dell’urbatettura e la mette in mostra nei punti nevralgici della sua costituzione. Il corpo dell’architettura si asciuga all’osso nella struttura dei porticati perimetrali, carica espressivamente l’articolazione dei fronti interni della corte in un tumulto di volumi e si svuota nell’angolo in un profilo perfettamente simmetrico. Il complesso scolastico di Pesaro viene dunque studiato come una architettura scolpita a grande scala, ottenuta attraverso il montaggio di parti in un organismo edilizio unico. Durante un’intervista pubblica, Carlo Aymonino chiarisce il suo legame con la scultura, tra tutte le arti quella più affine all’architetettura:
«Al termine della mia lezione ad Harvard Giorgio Ciucci mi chiese con ironica curiosità del perché fossero sempre più presenti sculture nei miei progetti recenti; addirittura due, i più privati in quanto privi di