Quest’opera è stata rilasciata sotto la licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.5 Italy. Per leggere una copia della licenza visita il sito web http://creativecommons.org/ licenses/by-nc-nd/2.5/it/ o spedisci una lettera a Creative Commons, 171 Second Street, Suite 300, San Francisco, California, 94105, USA.
Retrテイ classici rieditati
RENテ右 VIVIEN
POESIE IN PROSA TRADUZIONE E INTRODUZIONE DI MARIELLA SOLDO
Associazione culturale Liberaria Editrice, 2010. via S.Tommaso D’Aquino 8/c 70124 Bari. tel.3456407523 www.liberariaeditrice.it www.liberaria.puglia.it Finito di stampare nel dicembre 2010 presso Tecnografica di Rossi F & C sas Via 1° Maggio, 6 - 36066 Sandrigo (VI)
Renée Vivien
POESIE IN PROSA Traduzione e introduzione di Mariella Soldo
Volevo ringraziare LiberAria Edizioni, per avermi dato la possibilità di far conoscere la poesia di Renée Vivien. Un grazie particolare va a Sabrina Tarabella e alla sua capacità di trasmettere l’amore sacro della Poesia. Mariella Soldo
Renée Vivien e la poesia della non-soluzione Esisterebbe nel caso di Renée Vivien – come qualcuno ha detto – una grande disponibilità al dolore? Forse, ma sono le numerose contraddizioni della sua personalità sconcertante e attraente al tempo stesso, a spiegare la sua vita e la sua opera. Teresa Campi, Sul ritmo saffico. La vita e le opere di Renée Vivien
Le quattro poesie in prosa tradotte in questo volumetto (I quattro venti, Il cigno nero, La mendicante e Lungo il dirupo) vennero pubblicate postume, nel 1909, dall’editore Edward Sansot, sensibile alla poesia, lui stesso poeta, e costituiscono, in realtà, una nuova versione delle quattro poesie in prosa stampate nel 1908 da Lemerre, uno dei più importanti editori del XIX secolo, nonché grande sostenitore dei parnassiani. Le prime tre prose in questione fanno parte di un progetto più ambizioso, Brumes de fjords (Brume dei fiordi), una raccolta di poesie in prosa tradotte, come afferma la Vivien, dal norvegese. Ma qui è ovvio il pretesto, utilizzato dalla poetessa per dare una maggiore atmosfera nordica ai suoi scritti. Le leggende del Nord, così come il Giappone, costituivano il suo immaginario poetico più ampio. L’ultima prosa, Lungo il dirupo, è inserita, invece, nella raccolta Du Vert au Violet. A differenza degli “scritti norvegesi”, i tre testi qui raccolti sembrano quasi una semplificazione dei primi, come se la Vivien avesse cercato un maggiore equilibrio tra passione poetica e sobrietà stilistica. Ed è proprio ciò che colpisce maggiormente: il linguaggio delicato, abilmente costruito come un universo simbolico, ricco di profumi, sapori, suoni. Tutti i sensi sono coinvolti, allo scopo di estendere l’immaginazione, lì dove il potere della parola muore, per dare vita all’essenza stessa della poesia: la visione e il suo sguardo onirico. Renée Vivien tesse così le sue parole con i fili del simbolismo, avvicinandosi ai poeti maledetti come Charles Cros e Paul Verlaine. Spesso, tra le sue poesie, troviamo il “vento”, per ricordare la libertà, ma anche la fugacità della vita, l’inconsistenza dei sentimenti terreni, la vanità delle cose: «Sono stanca di portare il peso di una corona. / Un tempo il vento delle grandi strade soffiava fra le mie chiome.1»; il “volo”, simbolo di coraggio e di distacco dal mondo, in particolare dall’umano: «Sono stanco della crudeltà dei miei simili, che non sono miei pari./Fuggirò per sempre in fondo alla solitudine./Prenderò il volo e mi librerò verso il mare.2»; il “mare”, icona dell’ infinito e dell’eterna bellezza, del viaggio e dell’ebbrezza dei sensi: «Il cigno nero credè, allora, che stesse per morire senza aver visto il mare.3» Ogni singola prosa sembra un quadro dipinto da una mano che alterna tratti velati da un senso di profonda tristezza a tratti che rivelano, nel loro abbagliante splendore, tutta la luce di un’arcana – possibile? – felicità. 1
Cf. infra, p. 25 Cf. infra, p. 21 3 Cf. infra, p. 21 2
4
In questi testi, la vita si divide tra “mendicanza”, ovvero ricerca di un’erranza verso l’orizzonte della felicità, e “umile capanna”, dimora fissa dei sentimenti, del sé, del corpo, del cuore. Come sopravvivere al grande dilemma che lacera l’anima? Spesso la Vivien si rifugia timidamente nella poesia della non-soluzione. Non esiste verità nella scelta, ma…si può sopravvivere alla folgore della passione? Moto umano, forse fin troppo, moto che caratterizza l’essere e lo rende carne, sangue, ferita vermiglia. È forse nella cenere dell’esistenza che la poesia ritrova la sua forma eroicamente plasmata? Ne I quattro venti, La mendicante e Lungo il dirupo troviamo questi forti contrasti, che come due forze nemiche-amanti si annullano e il vuoto domina la scena, silenziosamente: Risposi al Vento dell’Ovest: “Non posso lasciare il villaggio, poiché vi dimora la fanciulla che amo.” Il Vento dell’Ovest volò via, anche lui, in un fremito d’ali. Io dimoro solitaria, nell’umile capanna dove un focherello bruciava. E guardo le fiamme.4
Così, le quattro poesie in prosa, come favole tristi, evocano un po’ quei fiori dei sentimenti nati in campi che sembrano, nell’assurdità del tempo soggettivo, troppo distanti dal cesello della nostra vita. La crudeltà, come l’odio, distruggono la diafana bellezza del “diverso”, come accade ne Il cigno nero: Ed ecco quei cigni bianchissimi spaventarsi nel vedere all’interno del loro stormo quell’insolito compagno. Finalmente rinfrancati, passarono dallo spavento all’odio. Così, assalirono il cigno nero con tanto odio che mancò poco perisse.5
La Vivien, animo inquieto che trovò la sua stabilità nel sapore di viaggi in terre lontane, cercò un’alcova nel calore della poesia, una fuga da quel dolore che tanto l’attanagliava. Cosciente di una verità che forse era possibile se non nelle sue molteplici forme, spesso, la poetessa lascia il lettore assorto nell’incanto del dubbio: Avrebbe proprio voluto risalire verso la luce. Ma non osava ritornare a casa, non sapendo se sarebbe stato ancora accolto, nemmeno se sarebbe ritornato felice, lassù. Temeva di ritrovare tutto cambiato, vedendosi lui stesso cambiato. Era uno di quelli che non sanno scegliere. Esiterà così per sempre, eternamente…6
Mariella Soldo
4
Cf. infra, p. 16 Cf. infra, p. 21 6 Cf. infra, p. 29 5
5
Nota biografica
Renée Vivien (pseudonimo di Pauline Mary Tarn) è nata a Londra l’11 giugno 1877, da padre inglese e madre americana. Visse la sua infanzia tra Londra e Parigi, dove vi si trasferì nel 1899, dopo aver ricevuto, alla morte del padre, una modesta eredità. Ha dedicato la sua vita interamente alla passione: amorosa e poetica. Aderì al movimento simbolista, mostrando, comunque, una forte attrazione per l’Oriente, in particolare verso il Giappone. Con i suoi viaggi, Renée ha toccato le terre del Giappone, dell’Egitto e degli Stati Uniti. In un soggiorno a Londra, nel 1908, tentò il suicidio, ingoiando grosse quantità di laudano. La sua situazione si aggravò dopo aver contratto una pleurite. Renée Vivien, soprannominata Saffo 1900 e Musa delle Violette, soffriva anche di anoressia. Si legò a donne importanti come Natalie Barney, Hélène von Zuylen e Kerime Turkhan Pasha, moglie di un noto politico turco. Ormai stremata, costretta a camminare su un bastone, la sua anima si spense il 18 novembre 1909. Il suo corpo riposa nel cimitero di Passy. Fra le grandi passioni della poetessa, profonde come il mare che spesso decantava, ricordiamo la sua amica d’infanzia Violette Shilitto, che morì tragicamente nel 1901, e la poetessa greca Saffo.
6
Bibliografia
Opere di Renée Vivien Poesie: Études et préludes, Parigi, Lemerre, 1901 ; Seconda edizione 1903. Riedito, Régine Deforges, 1976. Cendres et Poussière, Parigi, Lemerre, 1902 ; Seconda edizione 1903. Riedito, Régine Deforges 1977. Évocations, Parigi, Lemerre, 1903. Seconda edizione 1905. Sapho, traduzione col testo greco a fronte, Parigi, Lemerre, 1903. Vers l’Amour, P. Riversdale, quasi interamente scritto da Hélène V. Z., Maison des Poètes, 1903. Nuova edizione Sansot 1908. Echos et Reflets, Parigi, Lemerre, 1904. La Vénus des Aveugles, Parigi, Lemerre, 1904. Les Kitharèdes, traduzione col testo greco a fronte, Parigi, Lemerre, 1904. A l’heure des Mains Jointes, Parigi, Lemerre, 1906. Chanson pour mon Ombre, firmato Pauline Tarn, poesie scelte da racconti precedenti, Parigi, Lemerre, 1907. Flambeaux éteints, Parigi, Sansot, 1907. Seconda edizione, 1907. Terza edizione 1908. Quarta edizione, senza data. Sillages, Parigi, Sansot, 1908. Seconda edizione, senza data. Pour ma sœur, firmato Pauline Tarn, Parigi, Sansot, 1909. Poèmes, scelta di raccolte precedenti, Parigi, Lemerre, 1909. Dans un Coin de Violettes, Parigi, Sansot, 1909. Nuova edizione, con la prefazione di Paul Flat, 1910. Riedito, Chiberre, senza data. Le Vent des Vaisseaux, Parigi, Sansot, 1909. Seconda edizione, 1910. Riedizione, Chiberre, senza data. Nuova edizione, Sansot, 1920. Haillons, Parigi, Sansot, 1909. Seconda edizione, 1910. Riedizione, Chiberre, senza data. Nuova edizione, Sansot, 1921. Poèmes de Renée Vivien, Tomo I, Parigi, Lemerre, 1923. Poèmes de Renée Vivien, Tomo II, Parigi, Lemerre, 1924. Poésies complètes de Renée Vivien, Tomo I e II, Parigi, Lemerre, 1934.
7
Prose : Brumes de Fjords, Parigi, Lemerre, 1902. Du Vert au Violet, Parigi, Lemerre, 1903. L’Être double, firmato Paule Riversdale, in coll. con Hélène V. Z., Parigi, Lemerre, 1904. Netsuké, firmato Paule Riversdale, in coll. con Hélène V. Z., Parigi, Lemerre, 1904. Une Femme m’apparut…, Parigi, Lemerre, 1904. Seconda edizione, 1905. Riedito Régine Deforges, 1977. La Dame à la Louve, Parigi, Lemerre, 1904. Riedito, Régine Deforges, 1977. Le Christ, Aphrodite et M. Pépin, Parigi, Sansot, 1907. Poèmes en prose, Parigi, Lemerre, 1908. L’album de Sylvestre, Parigi, Sansot, 1908. Petits poèmes en prose, nuova versione delle quattro prime poesie in prosa ristampate nel 1908 (Les Quatre Vents, Le Cygne noir, La Mendiante, Le Long de l’Abîme), Parigi, Sansot, 1909. Sapho et huit poétesses grecques, traduzione dal greco, Parigi, Lemerre, 1909. Anne Boleyn, Parigi, Lemerre, 1909 (coll.priv. J.P. Goujon). Vagabondages, Parigi, Sansot, 1917. Le Jardin Turc, prosa inedita seguita da Dix lettres à Kérimé, à l’Écart, 1982. Principali opere su Renée Vivien : Brun, C., Renée Vivien, Parigi, Sansot, 1911. Clifford Barney, N., Quelques portraits-sonnets de femmes, Parigi, Société d’éditions littéraires et artistiques, 1900 ; ( *** ), Je me souviens..., Parigi, Sansot, 1910. Colette, Renée Vivien, Abbeville, Les Amis d’Édouard, n°131, mars 1928. Dantec, Y-G., Renée Vivien, femme damnée, femme sauvée, Aix-en Provence, Éd. du Feu, 1930. Desthieux, J., Figures méditerranéennes. Femmes damnées, Gap, Ophrys, 1937. Faderman, L., Surpassing the Love of Men : Romantic Friendship and Love between Women from the Renaissance to the Present, New-York, William Morrow, 1981. Germain, A., Renée Vivien, Parigi, Crès, 1917. Goujon, J-P., Renée Vivien à Mytilène, Gouy, À l’Écart, 1978 ; Renée Vivien. Le Jardin turc, Gouy, À l’Écart, 1982. Renée Vivien in Italia : Traduzioni : Cenere e Polvere, trad. e introd. di Teresa Campi, Roma, Savelli Editore, 1981. Donna m’apparve, trad. di Teresa Campi, Roma, Lucarini, 1984. 8
Opere dedicate a Renée Vivien: Campi, T., Sul ritmo saffico. La vita e le opere di Renée Vivien, Roma, Bulzoni, 1983. Maria, M. M., La passione secondo Renée Vivien, trad. di Brunella Servidei, Ferrara, Luciana Tufani Editrice, 2007.
9
POÈMES EN PROSE
POESIE IN PROSA
LES QUATRE VENTS
I QUATTRO VENTI
COMME je m’acheminais vers la colline, je rencontrai le Vent du Nord. Il était vêtu d’un grand manteau et portait une couronne de glaçons. Il me dit : « Laisse-moi t’emporter vers les neiges. « Tu verras les forêts de pins qui abritent des troupeaux de loups errants. « Tu verras le vol des grands cygnes sauvages au-dessus des fjords où s’ébattent les phoques de velours humide. Tu verras aussi les montagnes, les palais, les cités et les jardins de cristal translucide qui voguent sur l’eau d’hiver. « Tu verras ces énormes solitudes que seuls osent traverser les ours blancs. « Tu entendras le grelot sonore et mince de ces traîneaux finlandais qu’emporte le léger galop des rennes. Viens! Tu entreras dans l’énorme silence blanc. » Je répondis au Vent du Nord : « Je ne puis quitter mon village, puisque la jeune fille que j’aime y demeure. » Le Vent du Nord s’enfuit, en un frisson d’ailes. Comme je m’acheminais vers la colline, je rencontrai le Vent de l’Est. Il était vêtu de pourpre et portait une couronne de rayons rouges. Il me dit : « Laisse-moi t’emporter vers la lumière. « Tu verras ces mousmés dont la robe de soie riante est brodée d’oiseaux et de fantastiques paysages. « Elles s’éparpillent en de minuscules jardins dont les très petits arbres sont parés de lucioles comme de lanternes. Tu verras les pagodes de l’éternel Bouddha, ces étranges pagodes aux mille clochetons dentelés. » Le Vent de l’Est se tut un instant et reprit : « Je te montrerai les temples hindous entourés de religieux étangs d’où s’élèvent les lotus sacrés. « Au fond de ces terribles sanctuaires où sont les images sacrées, la terreur règne. « Mais, dans le doux Japon féerique qui est aussi de mon domaine, tu verras le bienfaisant Bouddha et l’éternel sourire répandu sur toute sa face paisible. » Je répondis au Vent de l’Est : « Je ne puis quitter mon village, car la jeune fille que j’aime y demeure. » Le Vent de l’Est s’enfuit. Comme je m’acheminais vers la colline, je rencontrai le Vent du Sud. Celui-là était vêtu d’or et portait une couronne d’étoiles. Il me dit : « Laisse-moi t’emporter vers l’azur. « Tu verras les sables éternels qui emprisonnent des sphinx accroupis dont les yeux de pierre s’ouvrent sur l’immensité. Tu verras les peuplades noires qui hurlent à la lune, ainsi que des chiens inquiets. Tu verras aussi les brousses très pâles où rôde la soif. Tu verras enfin ces îles d’or où les femmes amoureuses s’endorment en des hamacs de soie parmi les oiseaux et les fleurs. » Je répondis au Vent du Sud: « Je ne puis quitter mon village. Car la jeune fille que j’aime y demeure. » Le Vent du Sud s’enfuit, en un frisson d’ailes. Comme je m’acheminais vers la colline, je rencontrai le Vent de l’Ouest. Il était vêtu de vert et portait une couronne de perles humides. Il me dit : «Laisse-moi t’emporter vers la mer. « Tu verras l’infini du ciel et de l’eau, de l’eau et du ciel. « Tu te réjouiras du léger passage des voiles dont la blancheur frissonnante se colore, 15
MENTRE m’incamminavo verso la collina, incontrai il Vento del Nord. Indossava un grande mantello e portava una corona di ghiaccio. Mi disse: “Lascia che ti porti verso le nevi. Vedrai le foreste di pini che danno riparo a branchi di lupi erranti. Vedrai il volo dei grandi cigni selvaggi al di sopra dei fiordi, dove ruzzano le foche dall’umido velluto. Vedrai anche le montagne, i palazzi, le città e i giardini di cristallo traslucido che vogano sulle acque invernali. Vedrai quelle immense solitudini che soltanto gli orsi bianchi osano sfidare. Sentirai il sonaglio sonoro e sottile di quelle slitte finlandesi trasportato dal leggero galoppo delle renne. Vieni! Entrerai nell’immenso e bianco silenzio.” Risposi al Vento del Nord: “Non posso lasciare il villaggio, poiché vi dimora la fanciulla che amo.” Il Vento del Nord volò via, in un fremito d’ali. Mentre m’incamminavo verso la collina, incontrai il Vento dell’Est. Indossava colori porpora e portava una corona di raggi vermigli. Mi disse: “Lascia che ti porti verso la luce. Vedrai quelle musmè7 il cui vestito di seta ridente è ricamato d’uccelli e paesaggi fantastici. Esse si disperdono in minuscoli giardini i cui alberi piccolissimi sono ornati di lucciole e lanterne. Vedrai le pagode del Budda eterno, quelle strane pagode dalle mille guglie dentellate.” Il Vento dell’Est tacque un istante, poi riprese: “Ti mostrerò i templi indù circondati da stagni divini da cui si innalzano sacri fiori di loto. In fondo a quei terribili santuari dove giacciono le immagini sacre, regna il terrore. Ma nel dolce e magico Giappone, che è anche da me attraversato, vedrai il Budda caritatevole e l’eterno sorriso esteso su tutto il suo volto mite.” Risposi al Vento dell’Est: “Non posso lasciare il villaggio, poiché vi dimora la fanciulla che amo.” Il Vento dell’Est volò via. Mentre m’incamminavo verso la collina, incontrai il Vento del Sud. Questi indossava colori d’oro e portava una corona di stelle. Mi disse: “Lascia che ti porti verso l’azzurro. Vedrai le sabbie eterne che imprigionano sfingi accovacciate i cui occhi di pietra si aprono sull’immensità. Vedrai le popolazioni nere che urlano alla luna, nonché i cani inquieti. Vedrai anche le boscaglie pallidissime dove si aggira la sete. Vedrai infine quelle isole d’oro dove le donne innamorate si addormentano su amache di seta tra fiori e uccelli.” Risposi al Vento del Sud: “Non posso lasciare il villaggio, poiché vi dimora la fanciulla che amo.” Il Vento del Sud volò via, in un fremito d’ali. Mentre m’incamminavo verso la collina, incontrai il Vento dell’Ovest. Indossava verdi colori e portava una corona di perle umide. Mi disse: “Lascia che ti porti verso il mare. 7
Giovani donne giapponesi [N.d.T.] 16
vers le couchant, de pourpre et d’or rouge. Tu verras les formes architecturales des poissons monstrueux et le vol circulaire des goélands qui tournoient infatigablement au-dessus des mâts. Tu verras mes brumes que j’évoque dans le soir et l’embrun que je fais jaillir des vagues. Tu verras ces divins couchers de soleil qui précèdent la lune. » Je répondis au Vent de l’Ouest: « Je ne puis quitter mon village. Car la jeune fille que j’aime y demeure. » Le Vent de l’Ouest s’enfuit, lui aussi, dans un frisson d’ailes. Moi, je demeurai solitaire, dans la bonne chaumière où le feu brûlait. Et je regarde les flammes.
17
Vedrai l’infinito del cielo e dell’acqua, dell’acqua e del cielo. Ti allieterai al passaggio leggero dei veli il cui candore fremente si colora, verso il tramonto, di porpora e oro vermiglio. Vedrai le forme architettoniche di pesci mostruosi e il volo circolare dei gabbiani che volteggiano instancabilmente sopra gli alberi maestri. Vedrai le brume che evoco nell’oscurità e gli spruzzi che faccio fuoriuscire dalle onde. Vedrai quei divini tramonti che precedono la luna.” Risposi al Vento dell’Ovest: “Non posso lasciare il villaggio, poiché vi dimora la fanciulla che amo.” Il Vento dell’Ovest volò via, anche lui, in un fremito d’ali. Io dimoro solitaria, nell’umile capanna dove un focherello bruciava. E guardo le fiamme.
LE CYGNE NOIR
IL CIGNO NERO
SUR les fjords, passaient, comme un nuage, des cygnes blancs. Mais un jour, ils aperçurent dans leur nombre un cygne noir dont le bec était rouge comme du sang. Voici que les cygnes tout blancs s’épouvantèrent de voir au milieu de leur troupe ce compagnon singulier. Rassurés enfin, ils passèrent de la terreur à la haine. Donc, ils assaillirent le cygne noir avec tant de haine, qu’il faillit périr. Et le cygne noir se dit : « Je suis las des cruautés de mes semblables, qui ne sont pas mes pareils. « Je fuirai à jamais au fond des solitudes. « Je prendrai l’essor et je m’envolerai vers la mer. « Je connaîtrai le goût des brises du large. J’entendrai les grands cris de la tempête. « Les flots tumultueux berceront mon sommeil, et je me reposerai dans l’orage. « La foudre sera ma sœur, et le tonnerre, mon frère bien-aimé. » Ayant entendu de très loin le bruit lointain des vagues, le cygne noir prit l’essor et s’envola vers la mer. Mais l’ouragan le surprit et l’abattit et lui brisa les ailes... Le cygne noir crut alors qu’il allait mourir sans avoir vu la mer. Pourtant, il sentait dans l’air la bonne odeur des algues. Les ailes brisées se soulevèrent dans un dernier effort... Et le vent emporta le cygne mort jusqu’à la mer...
21
SOPRA i fiordi, fluivano, come una nube, alcuni cigni bianchi. Ma un bel giorno scorsero nel gruppo un cigno nero, il cui becco era rosso come il sangue. Ed ecco quei cigni bianchissimi spaventarsi nel vedere all’interno del loro stormo quell’insolito compagno. Finalmente rinfrancati, passarono dallo spavento all’odio. Così, assalirono il cigno nero con tanto odio che mancò poco perisse. E il cigno nero disse fra sé: “Sono stanco della crudeltà dei miei simili, che non sono miei pari. Fuggirò per sempre in fondo alla solitudine. Prenderò il volo e mi librerò verso il mare. Conoscerò il sapore delle brezze del largo. Ascolterò le forti urla delle tempeste. I flutti tumultuosi culleranno il mio sonno, e mi riposerò nella burrasca. La folgore sarà mia sorella, e il tuono, mio fratello beneamato.” Dopo aver sentito da molto lontano il rumore distante delle onde, il cigno nero prese il volo e si librò verso il mare. Ma l’uragano lo sorprese e lo abbatté e gli spezzò le ali… Il cigno nero credè, allora, che stesse per morire senza aver visto il mare. Eppure sentiva nell’etere il buon profumo delle alghe. Le ali spezzate si sollevarono in un ultimo sforzo. E il vento portò via il cigno morto fino al mare…
LA MENDIANTE
LA MENDICANTE
LA plus belle des filles de la Norvège était une mendiante qui mendiait sur les grands chemins. Elle se vendait à tous ceux qui passaient sur la route. Il advint qu’on célébra devant le Roi la beauté de cette femme. Et le Roi la fit appeler au-près de lui. Mais la femme ne se rendit point à l’ordre royal, Car elle aimait le vent et la poussière des grands chemins. Le Roi la fit amener par la force. Elle vint, mais en pleurant, Car elle n’aimait que le vent et la poussière des grands chemins. Le Roi mit sur les cheveux de cette mendiante la couronne royale. La mendiante et la prostituée d’hier s’assit aux côtés du Roi, sur le trône. — La Reine dit un jour à ses suivantes : « Je suis lasse de porter le poids d’une couronne. « Autrefois, le vent des grands chemins soufflait dans ma chevelure. « Je dormais parmi le foin coupé, vivais selon le temps et l’heure, « Et j’aimais qui je voulais. » Lorsque tomba la nuit, elle se glissa hors de la couche royale. On la chercha longtemps. Et quelqu’un la retrouva, plus tard, morte sous le foin coupé. Elle semblait endormie, la face vers le ciel. On la laissa parmi le foin coupé. Le vent s’était levé et bruissait à travers les arbres et le blé nouveau. Et la morte dormait dans le foin coupé. Le vent des grands chemins sifflait à travers sa chevelure.
25
LA più bella tra le fanciulle norvegesi era una mendicante che mendicava su grandi strade. Ella si vendeva a tutti coloro che passavano per strada. Accadde così che la bellezza di quella donna venne celebrata dinanzi al Re. E il Re la fece chiamare al suo cospetto. Ma la donna non si piegò affatto all’ordine reale, poiché amava il vento e la polvere delle grandi strade. Il Re la fece condurre con la forza. La fanciulla arrivò, ma piangendo, poiché amava soltanto il vento e la polvere delle grandi strade. Il Re mise sui capelli della mendicante la corona reale. La prostituta mendicante si sedette accanto al Re, sul trono. Un giorno la Regina disse alle sue dame di compagnia: “Sono stanca di portare il peso di una corona. Un tempo il vento delle grandi strade soffiava fra le mie chiome. Dormivo tra il fieno reciso, vivevo a seconda del tempo e dell’ora, E amavo chi volevo io.” Quando giunse la notte, la Regina scivolò via dal giaciglio reale. La cercarono a lungo. E qualcuno la ritrovò, più tardi, morta sul fieno reciso. Sembrava che dormisse, con il viso rivolto al cielo. La lasciarono così tra il fieno reciso. Il vento si era levato e frusciava attraverso gli alberi e il grano novello. E la morta dormiva tra il fieno reciso. Il vento delle grandi strade sibilava attraverso le sue chiome.
LE LONG DE L’ABÎME
LUNGO IL DIRUPO
I UN pâtre marchait sur la route qui côtoie les abîmes. Voici qu’il vit s’avancer une femme voilée. Il trembla. La femme lui parut belle, mais trop étrange. Elle était grande et pâle, et sur ses cheveux couverts par le voile brillait une couronne. L’inconnue lui dit : « Vois, je suis belle, plus belle encore que ta fiancée. « Et je suis reine dans mon pays. Viens dans mon royaume. Tu régneras à mon côté sur un peuple éternellement beau. » Mais le pâtre répondit à la femme inconnue : « J’épouse demain la jeune fille que j’aime. « Ses yeux sont plus bleus que les glaciers mêmes, « Et je n’ai pu entrevoir la couleur de tes yeux. « Ses lèvres sont roses comme les églantines sur la montagne, « Et je n’ai pu même entrevoir tes lèvres. « J’épouse demain ma fiancée. » II A l’heure du soir, le pâtre descendit dans le fond de la montagne. Il vit pour la première fois un royaume où les roses même sont pâles, où les oiseaux ne chantent plus, où les lèvres n’ont plus de baisers, Mais où les reflets, plus beaux que les couleurs, les échos, plus doux que les sons, ne heurtent jamais la paresse du songe. Pendant une heure, le pâtre régna dans ce royaume au fond de la montagne. Et, dans la plus grande salle, un trône était dressé. Ce trône était d’émeraude. Les gobelets étaient de pur diamant. Des pages blonds y versaient le vin des pierreries fondues, et des fleurs inimaginables s’enroulaient autour des plats d’or et des aiguières. Au milieu dès magnificences, le pâtre était assis, sur le trône, aux côtés de la femme qui le conduisit dans le palais souterrain. Pourtant, le berger devenu roi songeait avec mélancolie, Les vins ne lui donnaient point l’ivresse et les mets lui semblaient fades. Il aurait bien voulu remonter vers la lumière. Mais il n’osait revenir chez lui, ne sachant pas s’il y serait accueilli toujours, ni même s’il redeviendrait heureux, là-haut. Il craignait de retrouver toutes choses changées, se voyant changé lui-même. Il était de ceux qui ne savent choisir. Il hésitera toujours ainsi, éternellement …
29
I UN pastore stava camminando sulla strada che costeggia i dirupi. Ed ecco che vide farsi avanti una donna velata. Ed ebbe un sussulto. La donna gli apparve bella, ma troppo strana. Era alta e pallida, e sui capelli ricoperti da un velo brillava una corona. La sconosciuta gli disse: “Guardami, sono bella, ancora più bella della tua innamorata. E nel mio paese sono una regina. Vieni nel mio reame. Regnerai al mio fianco su un popolo eternamente bello.” Ma il pastore rispose alla sconosciuta: “Domani sposerò la fanciulla che amo. I suoi occhi sono più blu degli stessi ghiacciai, Mentre dei tuoi occhi non ho potuto scorgere il colore. Le sue labbra sono rosee come le rose sulla montagna, Mentre le tue labbra non ho potuto neanche scorgerle. Domani sposerò la mia innamorata.” II La sera il pastore scese in fondo alla montagna. Vide per la prima volta un reame dove persino le rose sono pallide, dove gli uccelli non cantano più, dove le labbra non ricevono più baci, Ma dove i riflessi, più belli dei colori, gli echi, più dolci dei suoni, non infrangono mai la torpidezza del sogno. Il pastore regnò per un’ora in quel reame in fondo alla montagna. E, nella sala più grande, venne eretto un trono. Il trono era fatto di smeraldi. I bicchieri di puro diamante. Biondi paggi vi versavano il vino delle gemme fuse, e fiori inimmaginabili si intrecciavano intorno a piatti d’oro e acquamanili. Il pastore era seduto sul trono, tra le magnificenze, accanto alla donna che lo condusse nel palazzo sotterraneo. Tuttavia, diventato re, il pastore faceva sogni malinconici, i vini non gli donavano affatto ebbrezza e le pietanze gli sembravano insipide. Avrebbe proprio voluto risalire verso la luce. Ma non osava ritornare a casa, non sapendo se sarebbe stato ancora accolto, nemmeno se sarebbe ritornato felice, lassù. Temeva di ritrovare tutto cambiato, vedendosi lui stesso cambiato. Era uno di quelli che non sanno scegliere. Esiterà così per sempre, eternamente…
30
31
Indice
Renée Vivien e la poesia della non-soluzione
4
Nota biografica
6
Bibliografia
7
«POÈMES EN PROSE » POESIE IN PROSA Les Quatre vents I quattro venti
12
Le Cygne noir Il cigno nero
18
La Mendiante La mendicante
22
Le Long de l’abîme Lungo il dirupo
26
32
Mariella Soldo è laureata in Teoria e Prassi della Traduzione Letteraria presso l’Università degli Studi di Bari. Attualmente è dottoranda in Letteratura Francese nella medesima università. Ha pubblicato una raccolta di poesie, Dipingere sull’acqua (Finiguerra Arti Grafiche, 2004) e un antiromanzo Nel nero profondo (Arduino Sacco Editore, 2009). È presente con racconti e poesie in alcune antologie curate da Giulio Perrone Editore e riviste (Prospektiva. Rivista letteraria e Flussi potenziali. Rivista trimestrale d’entropia). Scrive saggi e articoli, dedicati principalmente al Giappone, per Nova. Rivista d’arte e scienza (Il Rabdomante).
33
34