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rogetto liberaroMa Periodico della Federazione della Sinistra di Roma - numero 0/1 del 19 aprile 2011 - prezzo a sottoscrizione
Il nuovo progetto dei rossi
informazione: la sfida da vincere
a maggio grande manifestazione contro La poLitica di aLemanno
roma bene comune
Fabio Sebastiani
Fabio Alberti *
ccoci ancora qui, a contare spazi e caratteri per una nuova impresa di giornale. A dirla tutta l’abbiamo chiamato “progetto informazione”, perché pensiamo che la complessità dei mass media sia un tema che ai “rossi” non può e non deve sfuggire. E allora eccoci ancora qui ad esprimere la bellezza delle emozioni e la forza dei progetti, il fascino della contaminazione e l’urgenza del cambiamento. Iniziamo da oggi un percorso di multimedialità dove c’è posto per le immagini e i suoni, oltre che per le parole. La multimedialità non è un fatto di tecnologia e basta. E’ per noi un fatto innanzitutto politico e culturale che parte dalla presa di coscienza che oggi più che “presenziare” occorre “stare” nei processi dell’informazione. I rossi hanno nell’informazione un terreno storico della battaglia politica. Lo hanno dimostrato già quando in nome della democrazia negli anni settanta hanno travolto la cultura, e il senso comune, radicati nel clerico-fascismo. Alla memoria storica abbiamo aggiunto l’idea del “net”, della connessione, e non per un falso modernismo. Ci piace poter praticare una rete che non riesce a stare più nei ranghi, che non ricada su se stessa, ma diventi una rete di persone e personaggi, di corpi e di storie, di culture e di comunicazione pronte ad invadere il reale con i loro sogni e i loro bisogni. Un progetto-informazione che si misura con un’altra complessità, questa sì tutta politica, che è la metropoli, oggi saldamente in mano ai poteri forti. Complici e sodali dei “fantastici quattro”, ovvero, nell’ordine, Alemanno, Polverini, Berlusconi e… il Vaticano, sono tenacemente al lavoro perché gli interessi economici speculativi riprendano il sopravvento. E intanto la criminalità organizzata torna a bussare alle porte di Roma. Finalmente, il centrodestra ha finito di propagandare il suo falso progetto di governabilità di Roma. Semplicemente perché non c’era, il progetto. Sotto il vestito, niente, quindi. O meglio, interessi vari e intrallazzi da fine-impero e quella odiosa idea di una città-contenitore che prescinde dalle persone in carne e ossa. Finalmente, esce fuori la corporazione dei poteri come unico fine e mezzo di questi “gran dottori” che volevano cambiare il volto della metropoli e invece ne sono stati cambiati. E non poco. Questo segna la fase attuale. E come “rossi” vogliamo giocare il nostro ruolo per svelare le menzogne che questi signori inventeranno per tenersi stretto il potere, e per riprodurre la “politica degli affari” e del consenso studiato nelle aziende di produzione cinematografica (Veltroni docet). Vogliamo fare rete perché ciò che è davvero più importante è riportare sulla scena il protagonismo dei cittadini. Per questo siamo un “progetto.infomazione” popolare. Per popolare non intendiamo un contenitore generico, un mainstream televisivo, ma una precisa scelta politica il cui obiettivo è quello di tornare alle fonti dei comportamenti sociali. Tornarci con la prospettiva dell’inchiesta e, per noi “rossi” della Federazione della sinistra, per capire cosa è cambiato. Popolare come sinonimo di autenticità, quindi. La crisi economica è la chiave fondamentale per fare questo. Primo, perché racconta il volto vero della città, oltre il maquillage che l’amministrazione comunale pretende di presentare; e poi perché rappresenta uno tsunami che cambierà molto tutto.
iberare Roma, bene comune. Con questo slogan la Federazione della Sinistra è stata per 12 giorni con una tenda in piazza Sonnino per rappresentare, attraverso le lotte che vivono in città, la possibilità/necessità che dalla unità di queste lotte, e della sinistra di alternativa romana, possa emergere un’altra idea di città e la forza per costruirla. Il 21 di maggio in una convenzione cittadina “per Roma bene comune” porteremo le nostre proposte per un’altra Roma al confronto di tutte e tutti per dare in nostro contributo alla costruzione di questa unità. Roma è infatti allo sbando, crescono povertà, precarietà, disoccupazione, mentre crescono le ricchezze private di un ristretto gruppo di popolazione, aumentano gli sfratti, il costo delle case e le case sfitte mentre migliaia di romani sono costretti ad “emigrare” nei comuni limitrofi, si impoverisce la vita culturale e le istituzioni educative mentre si sperpera sui “grandi eventi”, cresce la paura e il razzismo. In questi giorni l’Assemblea Capitolina sta discutendo il bilancio presentato dalla Giunta Alemanno. C’è, in questo documento, tutto il condensato delle sciagurate politiche di questa Giunta: taglio dei servizi, aumento delle tariffe, privatizzazione delle
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aziende comunali, cementificazione. Con una mano Alemanno scarica tutto intero il peso della crisi e del taglio dei trasferimenti statali sulle classi popolari e dall’altra fornisce ulteriori occasioni di arricchimento ai soliti noti. E’ un bilancio di lacrime e sangue a cui ci opporremo con forza anche con la manifestazione cittadina in Campidoglio che si terrà a metà maggio a cui
chiamiamo sin d’ora tutte e tutti a partecipare. L’alternativa esiste: si possono tassare i ricchi invece di tagliare i servizi, si possono rilanciare, rendere efficienti e liberare dal nepotismo e dalla corruzione le aziende comunali invece di svenderle ai privati, si può lanciare un
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Le cortine fumogene del sindaco Daniele Nalbone C’era una volta l’Ama, l’azienda pubblica per la gestione dei rifiuti. C’era una volta Acea, l’azienda pubblica per la fornitura di corrente elettrica e acqua potabile. C’era una volta il governo, pubblico, della cosa pubblica. Ora c’è Parentopoli, ma non c’è più niente di pubblico. E allora bisognerebbe chiedersi «cosa c’è, in realtà, dietro Parentopoli»? Perché i media che sono tanto attenti a chi ha assunto chi e dove, non si chiedono «perché»? Semplicemente perché la risposta a questa domanda non piacerebbe a nessun potere forte. Ma iniziamo da un altro perché: perché con tanto affanno il sindaco Alemanno si è sentito costretto a una strenua difesa “d’attacco” sul tema? «Credo che non ci sia stato alcuno scandalo “Parentopoli” ma solo alcuni episodi poco trasparenti e poco edificanti che sono oggetto della verifica
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L’impennata deLLa cassa integrazione in deroga
il baratro della disoccupazione Valerio Micheli Nel Lazio, in base ai dati Istat il tasso di disoccupazione nel 2010 si è attestato al 9,3%, quindi ampiamente sopra la media nazionale dell’8,4%. Per dirla in un altro modo, il Lazio scivola sempre di più, e sempre più velocemente, verso valori più simili al Sud. La percentuale più alta la segnano Latina e Viterbo (10,6%), la più bassa Rieti (8%), e in mezzo Roma (9,1%). E questo, da sottolineare, mentre i cosiddetti esperti
del settore dicono che il Lazio si trova a metà tra le regioni che hanno agganciato la ripresa e quelle che sono rimaste indietro. Si sa che questa cosiddetta ripresa è in realtà lontana dall’occupazione. Perché è una ripresa che riguarda i movimenti finanziari e i settori a basso impiego di lavoro. Nel 2010 la Cassa integrazione ha avuto una impennata del 20%. Nel 2010 ben 72mila lavoratori ne hanno usufruito. E di questi, la Cgil calcola che almeno 55 rischiano il posto nel 2011, alla scadenza degli ammortizzatori sociali. A questi si andranno ad aggiungere i 23mila
in regime di mobilità. La ciliegina sulla torta è l’esplosione, a +310% della cassa integrazione in deroga. La cassa in deroga è quella erogata con la partecipazione degli enti locali. Arriva a quelli che non sono contemplati dalle norme sugli ammortizzatori sociali. Questo dato ci parla della crisi delle piccole imprese e di quel tessuto produttivo che negli ultimi anni ha preso sempre maggiore importanza a causa delle esternalizzazioni. Il dato complessivo sulla crisi
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i contadini e iL Vaticano
così abbiamo difeso la vecchia torre Claudio Ortale Una premessa. Senza un apparente motivo il Vaticano decide di sfrattare le 11 famiglie di contadini dalle abitazioni e dai terreni - oltre 100 ettari che coltivano ormai da 4 generazioni, con la conseguenza che avrebbero perso così l’abitazione, la possibilità di coltivare la terra e poi di vendere i prodotti a Roma nel mercato del Trionfale. Tutta la Tenuta dell’Acquafredda è una Riserva Naturale Regionale. I contadini durante la manifestazione del 13 gennaio in via della Conciliazione, anche in vista dello sfratto per le prime 4 famiglie residenti in via dell’Acquafredda 88 “Antica Torre” (annunciato dall’ufficiale giudiziario
Federico Ferraro per il 25 gennaio 2011), hanno distribuito gratuitamente gli ortaggi da loro prodotti e distribuito una lettera aperta con la quale chiedevano un incontro con l’APSA-Capitolo di San Pietro per sapere quale sarebbe stato il loro destino. Dal Vaticano silenzio assoluto. Il 25 gennaio l’ufficiale giudiziario si presenta in via Acquafredda 88 ed informa gli sfrattati di una proroga fino al 15 febbraio 2011, facendo capire alla presenza degli agenti sopraggiunti che il 15 avrebbe fatto eseguire lo sfratto con la forza pubblica. Lo stesso si era anche impegnato a tentare di organizzare un incontro tra i contadini l’avvocato Giulio Favino (legale del Vaticano) e possibilmente il segretario dell’APSA
(Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica) mons. Domenico Calcagno, o il presidente mons. Attilio Nicora. Venerdì 4 febbraio viene consegnata al sindaco di Roma Capitale Alemanno, presente all'inaugurazione della nuova sede del Municipio XVIII, una lettera aperta da recapitare a Papa Benedetto XVI, con la quale i contadini chiedono un incontro con l’APSA per scongiurare gli sfratti esecutivi. Ma dal Sindaco non arriverà mai una risposta. Sabato 5 febbraio l’ufficiale giudiziario telefona a uno degli sfrattati comunicando che l’avvocato Giulio Favino sarebbe anche disponibile ad incontrarli, ma il Vaticano non vuole assolutamente avere alcun colloquio con loro. Il 15
febbraio, grazie alla forte presenza fin dalle prime luci dell’alba del Comitato di Difesa dei Contadini e del Parco, l’ufficiale giudiziario rinvia al 7 aprile lo sfratto, facendo presente che non concederà altre proroghe e utilizzerà la forza pubblica per lo sgombero delle prime 4 famiglie. Il 17 febbraio una delegazione di contadini, il capogruppo PRC del Municipio 19 e altri membri del Comitato incontrano l’Assessore Cecchini e il capo segreteria di Nicola Zingaretti. Al termine dell’incontro si conviene che il Presidente della Provincia farà una lettera all’APSA per tentare una mediazione, così da consentire ai contadini di con-
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In breve
biLancio positiVo di due settimane di dibattiti
trastevere, la tenda rossa in piazza per “Liberare roma” Silvia Garambois “Liberare Roma!”: e perché il grido si senta più forte, perché non sia solo uno slogan, la Federazione della Sinistra ha montato una tenda a Trastevere – proprio all'imbocco del viale, a largo De Matha, due passi da piazza Sonnino. Un angolo di “Roma città aperta”, un luogo per incontrarsi e discutere dei problemi che soffocano la città e la sua vita democratica, mentre la gente passa, si sofferma, qualcuno ascolta o prende i volantini – qualcun altro li rifiuta, si sa –, mentre i turisti si incuriosiscono delle bandiere e scattano foto. “RomaBeneComune”: è questo il filo rosso delle giornate sotto la tenda, per incontrare le associazioni, i partiti di opposizione, i sindacati, i cittadini, per costruire insieme il progetto-Roma: perché Roma non può essere una Capitale senza speranza, attonita nel degrado urbano e sociale, perché un’altra Roma esiste. L’inaugurazione è stata una festa, perché è stata una “liberazione”: la vittoria dei contadini dell’Acquafredda, che da mesi lottavano contro il Vaticano che li voleva sfrattare, e che ora non dovranno più lasciare i loro orti, non dovranno migrare con le loro pecore. Saranno ancora loro le guide per gli studenti delle scuole che visitano il parco. Il cemento, per adesso almeno, non invaderà quest’oasi in città. La Tenda è stata anche il luogo del lutto: di qui l’ultimo saluto a Vittorio Arrigoni, uomo di pace che con il suo corpo ha fatto scudo ai pescatori e ai contadini della Striscia di Gaza. Di qui Loretta Mussi, presidentessa di “Un ponte per”, ha accusato il nostro governo per il silenzio sul rapimento di Vik. Di che si discute sotto la tenda? Di tasse, del governo dell'area metropolitana, dell'uso pubblico
dei beni comuni, dei progetti per il lavoro e il benessere, di cultura. Come dire: di tutto quello che invece proprio non si discute, appena qualche centinaio di metri più in là, all'ombra del Marc'Aurelio, in Campidoglio... Un programma fitto, e la soddisfazione che nel piccolo “teatro” - insieme ai rappresentanti della Federazione della Sinistra, al portavoce nazionale Massimo Rossi e a quello romano Fabio Alberti, a Cesare Salvi e Gianpaolo Patta, ai consiglieri regionali Fabio Nobile e Ivano Peduzzi, per citarne alcuni – hanno partecipato ai dibattiti anche esponenti di Sel e del Pd, come i rappresentanti delle realtà in lotta della città. A parlare di sé, a parlare di noi: il lavoro, la scuola, l'acqua, l'energia, la ricerca, l'università, il welfare. La città “cupa e sfiduciata”, dove la cultura arretra e le tasse aumentano, in quest'angolo di Trastevere dà tregua, perché – dati alla mano – un'altra Roma è possibile. Così si è discusso, per esempio, di mobilità: e insieme ai pendolari e ai
sindacati dei lavoratori si è parlato degli interventi possibili, senza privatizzazioni, aumenti delle tariffe o ricatti ai lavoratori nei rinnovi contrattuali. Si è discusso di energia, da Fukushima a Montalto di Castro, e di acqua. Si è discusso di referendum, perché non bastano due “SI”, serve una valanga di “SI”: a giugno non si vota solo contro il nucleare né soltanto per l'acqua pubblica, si vota anche perché lo strumento referendario continui ad essere un grande strumento di democrazia diretta, perché si raggiunga il quorum, dopo che nelle ultime tornate è stato annientato dalla cattiva politica dell' “andate al mare”. Ma tra i mille temi che urgono a Roma c'è anche l'uso pubblico delle caserme. Ci sono i migranti. C'è la città dei territori in lotta. I diritti delle donne e la battaglia per i consultori. C'è il 21 aprile il Natale di Roma raccontato con gli occhi dell'Anpi (e del suo presidente romano, Massimo Rendina). C'è la cultura vessata. Gli spettacoli di piazza. La città dai mille volti e dalle mille emergenze. Alla Tenda i giorni non bastano, i dibattiti nei fine settimana raddoppiano, il pubblico c'è, quello che viene preparato alla discussione, quello che si sofferma incuriosito e poi si ferma. E a smentire la diceria che “però” i comunisti e quelli di sinistra sono noiosi, c'è il capannello intorno al banco della birra e del vino alla spina (l'acqua invece, ovviamente, è quella della fontanella romana...). Comunque, non è finita qui: se dal 9 al 21 aprile la Tenda è spazio di discussione e di elaborazione, alla fine di tante idee, di tanti dati, di tanta protesta contro il malgoverno, bisogna tirar le fila. L'appuntamento è per il 21 di maggio: allora la Federazione della Sinistra promuoverà la Convenzione per Roma Bene Comune. Per far ripartire Roma.
Laurentino, Usb occupa un asilo nido chiuso Decine di manifestanti sostenuti dall'Unione Sindacale di Base, hanno occupato l'asilo nido in via dei Granai di Nerva n.26 nell'XI Municipio per protestare contro la privatizzazione del servizio, i tagli agli organici delle educatrici ed il mancato rispetto del piano assunzionale». «Il nido, una struttura chiusa da tempo ed utilizzata in precedenza come supporto per gli asili nido in ristrutturazione è stato scelto come emblema del drastico peggioramento sul fronte servizi all'infanzia del Comune di Roma» dice una nota dell'Usb. «Lo scorso anno dovevano essere infatti aperti undici nuovi nidi. Oggi solo tre a gestione diretta sono effettivamente funzionanti. Per altre 5 strutture, attualmente ancora chiuse, si è scelta la via della privatizzazione tramite appalto ad aziende private, senza tener conto neanche del parere dell'Autorità di vigilanza sui contratti pubblici.
Mafia a Roma: numeri preoccupanti
«A Roma e nel Lazio ci sono 510 beni e 110 aziende sequestrate alle mafie. Questo significa che a Roma e nel Lazio c'è una presenza significativa della malavita organizzata». Così Giancarlo Cremonesi, presidente Unionecamere Lazio, intervenendo all'incontro: «Contrasto ai patrimoni criminali delle mafie: aspetti giuridici e sociali». Davide Pati, dell'ufficio di presidenza di Libera, sostiene che «tale presenza di mafie implica un maggiore impegno degli enti locali. Esiste un'agenzia regionale ma è ferma e poi ci sono delle leggi che stanziano finanziamenti ad associazioni che operano nel settore, ma questo non basta». I numeri preoccupano gli esperti. «Sono solo la punta dell'iceberg - aggiunge Cremonesi -. È necessario intervenire preventivamente monitorando appalti, l'assenza delle dichiarazioni dei redditi, guadagni troppo rapidi».
Migranti, chiusa l’inchiesta sui falsi permessi
Circa 160 persone rischiano di finire sotto processo nell'ambito di un'inchiesta su un giro di permessi di soggiorno ottenuti in virtù di posti di lavoro mai affidati. Le accuse del pm Francesco Caporale, magistrato che ha concluso gli accertamenti e depositato gli atti, vanno dall'associazione per delinquere al falso in atto pubblico. Secondo il pm, gli accusati si adoperavano per il rilascio «dei contratti di lavoro - si legge nel capo di imputazione - sia da parte dei soggetti finiti sotto accusa sia di altri occasionali compiacenti datori di lavoro dietro un corrispettivo di somme di circa duemila euro per pratica».
Dalla priMa pagina
Roma bene comune grande piano per la riconversione energetica e ecologica della città per sostenere l’occupazione e migliorare la vita, invece che cementificare il territorio, si possono accogliere ed integrare gli immigrati, gli zingari, i rifugiati invece che alimentare l’emergenza e la paura, si può riproporre Roma come polo mondiale di produzione culturale, si possono requisire le case sfitte invece che cementificare l’agro romano. Questa alternativa, che è il progetto di un’altra città, può affermarsi a Roma se si caccerà Alemanno, ma anche se si produrrà una rottura con le pratiche concertative con i poteri forti che hanno caratterizzato le giunte precedenti. Roma va liberata, insomma, non solo da questo sindaco, ma anche dai poteri che l’hanno imprigionata, costruttori, banchieri, speculatori. Fabio Alberti Portavoce della Federazione della Sinistra - Roma
Il baratro della disoccupazione occupazionale è in netta contraddizione, ma non troppo, con l’aumento del lavoro interinale. Il mercato del lavoro interinale, infatti, è in ripresa con un incremento dell’8%. Questo vuol dire che le aziende non sono proprio in crisi nera ma stanno cambiando la loro struttura occupazionale verso un maggiore impiego di lavoratori precari. E vuol dire anche che stanno affrontando il periodo di difficoltà riversando sul lavoro il peso della situazione. Che futuro potrà avere una azienda che per risparmiare sui costi decide di amputarsi del patrimonio di conoscenze, abilità e capacità accumulato nel corso della sua storia? Non a caso, a guidare la classifica del lavoro “a tempo” sono i settori del credito e dei servizi alle imprese, del commercio e dei trasporti. Il settore della manifattura, invece, segna incrementi molto più modesti (2%). La pubblica amministrazione fa registrare un calo del 7.9% ma solo come riflesso del taglio delle risorse a livello nazionale. La Cgil calcola, in-
fatti, che i precari che non saranno riconfermati in tutta Italia, saranno almeno la metà di quelli attuali, che ammontano a 240mila. La città di Roma, e il Lazio, naturalmente, non potranno che soffrire di questa situazione. Altro dato negativo riguarda l' istruzione e la formazione professionale. Entrambe infatti non rappresentano più una garanzia di stabilità occupazionale. A questi dati negativi, l' Osservatorio sul mercato del lavoro aggiunge l' indice di disoccupazione giovanile che nel Lazio che supera ampiamente il 30%. Se si guarda alla percentuale dei prestiti in sofferenza in un solo anno, tra il 2008 e il 2009 nel Lazio la percentuale è aumentata di un punto (dal 2,3% al 3,2%). Tassi di incremento più o meno analoghi per quanto riguarda l’insolvenza delle imprese. Uno dei settori che più tirava negli anni scorsi, cioè l’edilizia, è attaccato su due fronti, opere pubbliche e forte stasi del mercato immobiliare. Tanto che gli imprenditori (Fediliter) ha chiesto, di fronte ai 40mila invenduti, di attenuare l’impatto del pagamento dell’Ici. Valerio Micheli
Le cortine fumogene di Alemanno della magistratura». Così il primo cittadino di Roma ha commentato l’ennesima, triste e poco chiara vicenda che ha caratterizzato gli ultimi mesi della sua amministrazione. Non lo ha fatto in una sede qualunque, ma durante l’Assemblea capitolina dello scorso 24 marzo in cui è stato presentato il nuovo regolamento per le assunzioni nelle aziende municipalizzate del Comune. Aziende che, oggi, sono letteralmente in vendita al miglior offerente. E così Alemanno ha definitivamente abdicato al suo ruolo di governo della “cosa pubblica” trasformando il Comune definitivamente in una società di servizi. Servizi immobiliari come una qualsiasi agenzia per quei costruttori interessati all’acquisto delle caserme transitate dal patrimonio del Ministero della Difesa a quello del Comune di Roma per essere “valorizzate”. Servizi
di collocamento per quegli amici, parenti, “semplici elettori” che, in tempo di crisi, meritano un aiuto particolare. Servizi per investimento a favore di quanti siano interessati a rilevare quote importanti, per non dire le intere proprietà, di quel patrimonio pubblico che una volta erano le aziende del Comune. Ora, in epoca di privatizzazioni, è tutto in vendita e al Comune di Roma non resta che svolgere il mero ruolo di intermediazione. Acqua, gestione dei rifiuti, patrimonio immobiliare. Tutto è in offerta. Chiedere di Gianni Alemanno… E così, visto che tutto è sul piatto e che da qui a pochi mesi saranno i privati a doversi sobbarcare i costi di gestione delle aziende a maggior tasso di assunzione della storia «tanto che» raccontano i lavoratori Atac dell’Unione sindacale di base «in azienda non ci sono nemmeno sedie sufficienti su cui far accomodare tutti gli ultimi assunti», lo scandalo “Parentopoli” sta assumendo sempre di più la forma di quella distribuzione del reddito che tanto andiamo auspicando ma che, sicuramente, vorremmo fosse effettuata in altri modi. Una distribuzione del reddito, quella di Alemanno & co., che viene finanziata spolpando quel che resta delle aziende una volta pubbliche oggi destinate alla vendita. «Nessuno in quest’aula può ritenersi senza peccato» ha attaccato Alemanno riferendosi ai suoi colleghi nella sala Giulio Cesare, sede dell’Assemblea di Roma Capitale. «L’opposizione non può fare nessuna scuola di morale alla maggioranza o al governo di questa città» la debole difesa del sindaco. E così mentre il Comune di Roma va discutendo le modalità di assunzione nelle aziende una volta pubbliche, con la delibera 167 viene proposta l’alienazione del 40% delle aziende stesse, la cui gestione verrebbe così affidata totalmente ai privati. Mentre si discute di trasparenza nelle assunzioni, viene modificata la governance dell’intera città, con il pubblico che abdica definitivamente al ruolo di pubblico. Ed è così che, alla fine della fiera, ha (quasi) ragione Alemanno: non si può parlare di Parentopoli semplicemente perché Parentopoli non esiste. Parentopoli è stato il modo per gettare fumo negli occhi dei romani. Parentopoli è stato il modo per piazzare i “propri” nomi in quelle aziende in via di priva-
tizzazione. E così, proprio con la privatizzazione, saranno legittimate tutte le assunzioni effettuate senza concorso nonché, già che ci siamo, tutti gli appalti affidati senza gara. Tutto questo, mentre ci si appresta a creare una grande holding comunale che avrà un solo effetto, come denuncia la Federazione della Sinistra: «rendere del tutto opaca al Consiglio comunale, e ai cittadini, la gestione dei beni pubblici». È così che parentopoli altro non è che diretta conseguenza di privatizzopoli. Daniele Nalbone
Così abbiamo difeso la vecchia torre tinuare a vivere e lavorare le terre della Tenuta. La lettera partirà soltanto un mese dopo (sigh!). I contadini erano disperati, in un colpo solo avrebbero perso tutto: casa, terreni e lavoro. L’area della tenuta è agricola; è in un Parco - Riserva Naturale istituita con Legge Regionale n. 29 del 1997 - da loro fortemente voluto; infatti fra i campi coltivati e nelle zone rimaste più selvagge si possono fare visite guidate quasi tutte le domeniche e ammirare questo splendido lembo di Agro romano, situato all’interno del raccordo anulare nel ventre della città, salvato sino allora grazie al presidio dei contadini e alla volontà del Comitato di tenere botta, lottando insieme per quasi 4 mesi e senza mai perdersi d’animo. E quando il Vaticano ha deciso di contattare la compagna Tiziana Uleri (proposta ai contadini come nuovo legale da noi compagni della FdS presenti nel Comitato) abbiamo cominciato a credere che questa partita poteva essere ancora tutta da giocare. Il resto è storia recente di questi ultimi giorni con la stipula di contratti ufficiali per l’affitto (4+4) della vecchia Torre come abitazione alle famiglie dei contadini eredi Ruggeri, l’affitto di 5000 mq di terra a “Toto” e di una casale presente sulla terra da coltivare. “... ma c'è rimasta la Torre!": con questa battuta finale “Toto” ha chiuso alle 13 del 7 aprile i molti interventi che si sono succeduti davanti alla vecchia Torre, prima di passare alla parte più piacevole di questa nostra lunga lotta (panini con porchetta e buon vinello
rosso), che ha visto da una parte Santa Romana Chiesa e dall'altra le famiglie dei contadini (Toto, Settimio, Giannino e &) insieme al Comitato. Mesi e mesi di una partita che alla fine ci ha permesso di "andare a dama", garantendo così un regolare affitto agli eredi Ruggeri che restano nella storica vecchia Torre e la terra da coltivare. E' una bellissima vittoria, soprattutto se si tiene conto di chi c'era come giocatore avversario dall'altra parte della scacchiera: il Capitolo San Pietro - APSA, cioè il VATICANO. "C'è volevano fa fuori... ma siamo riusciti a difendere la Torre". Ed essere riusciti a difenderla crea un fondamentale precedente per tutte le altre famiglie che vivono ancora su quelle terre e che di certo il Vaticano non potrà più trattare come dei poveri servi da mandar via con il cappello tra le mani. Dobbiamo ringraziare TUTTI e tra questi Tiziana che è stata costante e paziente nella lunga trattativa con i legali dell'APSA; i contadini che hanno scelto di lottare invece che abbassare la testa; alcuni organi di informazione (non moltissimi ma alcuni costanti nel seguire la vicenda), tutti i compagni, le compagne e i tanti cittadini che hanno preso a cuore la difesa della Parco dell'Acquafredda, dei suoi contadini e della sua vecchia Torre. A questo punto vogliamo festeggiare LA FESTA DEI LAVORATORI, domenica 1° maggio, proprio là alla vecchia Torre (dalle ore 11 in poi) con una super mangiata collettiva, allietata da buona musica e buona compagnia. La Lotta per il Parco, chiaramente, Continua! Claudio Ortale
Periodico della Federazione della Sinistra numero 0/1 - ciclinprop chiuso in redazione il 19/04/2011 Direttore responsabile Fabio Sebastiani Grafica e impaginazione Giorgio Aurizi Redazione Via G. Squarcialupo 58 00161 - Roma T. 064254045 Stampa: Rotopress srl via E. Ortolani 00125 - Roma Z.I. Acilia
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L’incredibiLe storia di un disabiLe contro i muri deLLa burocrazia
daniele d., che lotta per il diritto allo studio Luigi Mazza In queste ultime settimane si moltiplicano i ricorsi di studenti disabili, soprattutto delle scuole medie e secondarie, contro il Ministero della Pubblica Istruzione alla luce degli indiscriminati tagli che con le ultime finanziarie e pseudo-riforme volute da Tremonti e Gelmini hanno messo in ginocchio l’istruzione pubblica e l’Università nel loro complesso: accanto al turn over bloccato, alla precarietà cronica a cui si cerca di condannare insegnanti scolastici e ricercatori universitari, e al sostanziale stallo dell’offerta formativa bisogna ora fare i conti con la negazione dei più elementari diritti umani. Se le numerose class action e le bocciature dei Tar di tutta Italia che stanno condannando il titolare di Viale Trastevere a risarcire le famiglie degli studenti disabili che si sono visti ridurre le ore di assistenza e di sostegno fanno un certo “rumore”, molte altre storie anomale e disumane, continuano a restare nel più assordante silenzio. Nell’università di Tor Vergata gli studenti disabili sono circa 15, tra essi ragazzi in sedia a rotelle o con ridotte capacità motorie, ipovedenti e non vedenti; troppo pochi per farsi sentire, troppo numerosi perché l’università possa garantire loro un’adeguata formazione dopo che il suo badget è stato enormemente ridimensionato. Daniele D. è uno studente di 26 anni affetto da distrofia muscolare detta “di Duchenne” che lo costringe dall’eta di 11 anni a vivere su una sedia a rotelle e che, irrimediabilmente, paralizza il suo corpo e ne compromette l’apparato cardio-respiratorio; si è iscritto al “Dams” della facoltà di Lettere e filosofia di Tor Vergata nel 2006, dopo aver dovuto abbandonare il corso di Scienze politiche di Roma3 a causa delle numerose difficoltà incontrate nel raggiungere da Centocelle, quartiere in cui abita, la facoltà di via Ostiense. Daniele, così come gli altri studenti disabili di Tor Vergata deve ogni settimana, entro giovedì sera, contattare la cooperativa che si occupa dei trasporti per comunicare gli orari di andata e ritorno della settimana successiva in base alle lezioni che intende seguire; allo stesso tempo deve riuscire a organizzare i corsi da seguire distribuendoli entro le 14 ore massime settimanali in cui l’università è in grado di garantirgli, e neanche dignitosamente, l’assistenza e i servizi minimi ed essenziali. La procedura, macchinosa e burocratica, è questa: Daniele deve inviare, tramite email o fax, ogni settimana per la successiva, un modulo standard all’Ufficio tecnico di attuazione della legge 104 della sua università, con cui comunica
come usufruirà delle 14 ore messegli a disposizione: inserisce in apposite caselle il nome del docente e la disciplina che intende seguire, l’aula e gli orari. “Tale procedura – spiega Daniele – non tiene conto degli studenti non vedenti, o di chi ha ridotte capacità motorie degli arti superiori e, in generale, di chi non è in grado di compilare e inviare il modulo richiesto tramite i computer tradizionali”. L’università gli mette a disposizione, solo ed esclusivamente per le ore designate, un tutor che lo assiste, per esempio, per raggiungere l’aula, posizionare al meglio la sedia a rotelle e prendere appunti. Le ore di buco tra una lezione e l’altra sono zone grigie non contemplate dalla “Commissione per l'attuazione della Legge 104/92” di Tor Vergata: se Daniele segue una lezione dalle 9 alle 11, e poi intende seguirne un’altra dalle 13 alle 15, nelle due ore di buco non ha diritto ad essere assistito; dovrebbe, avendolo previsto e “prenotato” la settimana precedente, chiedere che la navetta venga a prenderlo a fine lezione, per riattraversare le strade trafficate di Roma e accompagnarlo a casa, per poi
tornare a riprenderlo per riportarlo in facoltà in tempo per la lezione successiva: Daniele ci racconta che in tal modo le due ore di buco le trascorrerebbe quasi interamente a bordo della navetta che, nel far salire e scendere gli studenti e spostarsi dalle varie abitazioni alle sei facoltà di Tor Vergata, impiega circa mezzora-quaranta minuti se il traffico non è eccessivo. Se uno studente nelle condizioni di Daniele volesse trascorrere in biblioteca le ore di buco dovrebbe, sempre previa prenotazione effettuata la settimana precedente, farsi firmare un documento in cui dichiara di dover svolgere un’“attività di ricerca”, altrimenti la biblioteca gli resterebbe preclusa. E in ogni caso le ore trascorse in biblioteca, massimo 4 per settimana, gli vengono sottratte dal numero complessivo delle 14 che ha a disposizione, dovendo quindi rinunciare a qualche ora di lezione. Anche il tempo impiegato a sostenere un esame deve essere ritagliato all’interno delle fatidiche 14 ore: se l’appello è alle 9, e l’esame inizia alle 10, Daniele ha già sprecato un’ora di as-
sistenza che dovrà sacrificare al tempo da trascorrere durante la settimana in facoltà; “fortunatamente – spiega Daniele – riesco quasi sempre a fare l’esame per primo e guadagnare quel tempo che altrimenti sprecherei nell’attesa del mio turno”. La situazione si è fatta ancora più paradossale per Daniele da quando ha scoperto che i tutor messigli a disposizione non sono più “autorizzati”, da contratto, ad aiutarlo per usufruire dei bagni pubblici della facoltà, poiché tali competenze spetterebbero a non meglio precisati “assistenti socio-sanitari”, di cui Tor Vergata, almeno nella facoltà di Lettere, risulterebbe sprovvista; i suoi amici, soprattutto gli studenti del “Collettivo Lavori in corso”, in cui egli stesso milita, provano ad aiutarlo per supplire alle gravi carenze del sistema universitario che non si dimostra in grado di garantirgli un effettivo diritto allo studio. A Daniele mancano sei esami per conseguire la laurea, e uno stage che non ha ancora iniziato perché non è chiaro se per un’attività di questo tipo, da svolgere al di fuori della sua facoltà,
L’iniziatiVa deL circoLo “fortebraccio” aL pigneto
una biblioteca in collaborazione tra editori e lettori Vittorio Bonanni “ Rischia” di diventare un punto di riferimento cittadino per la cultura il Circolo dei Lettori Fortebraccio, un progetto nato i mesi scorsi nello storico quartiere del Pigneto grazie all’Associazione Fortebraccio e con la collaborazione di Arci Roma e Fanfulla 101. Un punto di riferimento per la città dunque perché la programmazione culturale del Circolo è di carattere cittadino e nazionale, visti gli ospiti, e perché chiunque, da ogni angolo della capitale, può approfittare di questo angolo di Pigneto, per leggere libri propri o messi a disposizione della biblioteca del Circolo. Tutti volumi donati dagli amici ma soprattutto da quei piccoli e medi editori, i quali mettendo a disposizione le loro pubblicazioni diventeranno soci onorari annuali e, oltre ad aiutare il Circolo, avranno anche la possibilità di far conoscere le novità del momento, partecipare a presentazioni, mostre, esposizioni e piccoli concerti. Insomma diventare protagonisti di tutto il ricco programma culturale del luogo. Non mancano giornali e la possibilità di navigare. Al tutto va
aggiunto un buon bicchiere di vino, qualcosa da mangiare, un aperitivo insomma, e un’accoglienza di tutto rispetto e simpatia, un angolo insomma dove rifugiarsi per riflettere e leggere, soprattutto la mattina quando alle 11 è già aperto per chiudere alle 20 (il sabato e la domenica 15-20), anche se quando sono in programma delle iniziative questo orario si dilata o magari si prosegue nel vicino Fanfulla 101. Per fare tutto questo, sarà sufficiente associarsi pagando una minima quota annuale attraverso il tesseramento Arci. Il Circolo propone appunto una partnership agli editori: tramite accordi coi singoli marchi, ogni editore diventa socio onorario impegnandosi a rifornire una copia di ogni novità. Il Circolo, da parte sua, si pone come rimedio nuovo e coraggioso al problema della visibilità di questi libri organizzando ogni mese un incontro in forma di festa con la stampa e gli addetti ai lavori, per presentare le novità, conoscersi meglio, fare rete per fronteggiare i problemi comuni legati alle holding editoriali. Il tutto evitando la spesa onerosa delle spedizioni postali, e magari anche divertendosi. Sono già di-
sponibili, insieme al fondo Filippo La Porta (i privati possono aprire dei loro fondi donando dei libri), i volumi delle case editrici Arcana, Biancoenero, Castelvecchi, Coniglio, Cooper, Edizioni Ambiente - Verdenero, Elliot, Fandango, Fermento, Gaffi, Gargoyle Books, Iacobelli, Infinito, Irradiazioni, Marcos y Marcos, Minimum Fax, Neo, Nottetempo, Nutrimenti, Puky, Terre di Mezzo, Ediesse anche se mentre scriviamo altre se ne saranno aggiunte. Il Circolo nasce il 23 maggio 2010 nella struttura dell'Ex Smorzo della Cooperativa Termini nei pressi di piazza Copernico. Ma da lì per ragioni di carattere burocratico sono stati costretti ad andare via. Finalmente il febbraio scorso la nuova sede, aperta dal 18 febbraio in via Fanfulla da Lodi 5, a Roma. Insieme al Circolo Arci Fanfulla 101. Per leggere il programma del Circolo basta cercarlo su facebook, Circolo dei lettori Fortebraccio Pigneto, e lì sono segnalate tutte le iniziative. Ora non vi resta che bussare alla loro porta e rendervi conto di persona. Buona lettura e buona serata.
gli sarà garantita l’assistenza delle 14 ore settimanali, che in ogni caso sarebbero insufficienti per portarlo a compimento in un tempo congruo per poi iniziare a dedicarsi alla sua tesi: sarebbe auspicabile che gli enti preposti agevolassero il suo cammino verso questo traguardo che vuole a tutti i costi raggiungere. Questo studente un po’ speciale, che si ritiene anche fortunato perché, ammette, “con la mia malattia mi era stato detto che sarei vissuto fino a 25 anni al massimo”, non si arrende e ha deciso di lottare, fino a quando l’università pubblica non sarà davvero pubblica anche per gli studenti nella sua condizione, fino a quando la città non avrà rimosso gli ostacoli che gli impediscono di viverla (“dai marciapiedi senza scivolo agli autobus senza pedana per sollevare le carrozzine...”), e soprattutto: “fino a quando questo governo non darà importanza anche a noi studenti disabili, invece di negarci i più elementari diritti fino a escluderci anche dai giochi studenteschi, come sta accadendo nel caso della scuola dell’obbligo...”
Quello strano silenzio della stampa italiana sui cinque cubani ingiustamente detenuti nelle carceri americane Gerardo Hernàndez Nordelo, Ramòn Labanino Salazar, Fernando Gonzàlez Llort, René Gonzàlez Sehwerert, Antonio Guerrero Rodrìguez. Si può essere incarcerati negli USA per aver combattuto il terrorismo? La risposta è: sì, se il terrorismo che si è combattuto è quello della mafia cubano-americana di Miami. Questa è la clamorosa vicenda dei 5 cubani, che sono in carcere negli USA da più di 11 anni (e sono stati condannati a diversi ergastoli!); la loro colpa è essersi infiltrati nella mafia cubana di Miami al fine di sventare gli attentati e di aver denunciato, tramite il loro Governo, al Governo USA le attività di quei terroristi (e si ricordi che gira libero e indisturbato negli USA il terrorista Pasada Carrilles, reo confesso dell’attentato che uccise a L’Avana l’italiano Fabio Di Celmo). Il compatto silenzio della “libera” stampa italiana su questa infamia degli USA è una vergogna; parlare dei 5, ricordarli, liberarli da una ingiusta detenzione e restituirli alle loro famiglie è un impegno solenne per tutti quanti hanno a cuore, ma davvero, la lotta contro il terrorismo e per la giustizia. Info www. associazionelavillettapercuba.org
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microfono aperto tra i migranti deLLa capitaLe suLLe riVoLte nordafricane
i gelsomini di roma
Stefano Galieni Più che le notizie che giungono da Al Jazeera e Al Arabya, contano le telefonate di parenti e amici. Un passa parola continuo che in questi mesi è diventato narrazione diversa e a tratti alternativa di quanto accade nei paesi del Nord Africa. Se ne parla nei luoghi di incontro o di lavoro, se ne discute animatamente in casa, diviene argomento che attraversa la rete e i social network, quegli stessi che hanno consentito nelle fasi più convulse di divenire veicolo di trasmissione di informazioni. All’inizio Roma è stata teatro di manifestazioni inneggianti alla caduta dei vari dittatori, da Moubarak a Ben Alì, oggi la guerra sembra aver reso meno forte il dibattito che sta scaturendo ma che prosegue, in maniera carsica e che sembra capace di produrre interessanti salti di qualità: «Secondo me potrebbe cambiare la mentalità della nostra immigrazione - afferma Nabil, del Comitato immigrati, 32 anni di cui 8 trascorsi a Roma -. Si sente parlare finalmente più di politica e per noi è importante. In Egitto non esiste una forte politicizzazione, è stata spezzata da quando l’esercito domina tutto». Nabil non si fa grandi illusioni rispetto ai cambiamenti che potrebbero prodursi nel suo Paese: «C’è stata una lotta molto importante ma il risultato finora è scarso. L’esercito è lo strumento di controllo delle potenze occidentali - continua -. Non a caso, nessuno di quelli che conosco pensa di tornare a casa.
Invece qui si comincia a respirare un’aria diversa. Molti sono ancora indifferenti, fra i più anziani prevale la rassegnazione ma per i giovani è diverso. Io ho messo in piedi un gruppo di amici che tenta di allargare le proprie competenze anche teoriche per recuperare il ritardo. I ragazzi hanno capito che con la lotta in piazza si possono fare molte cose e molti di loro non pensano più solo al permesso di soggiorno o alla cittadinanza, non separano le questioni dell’immigrazione e le politiche razziste dal resto dei problemi. Sentono di far parte di questo Paese anche se non sono riconosciuti come cittadini, quindi cominciano ad interessarsi delle battaglie per l’acqua, contro il nucleare, contro la legge Gelmini, per mandare via il governo Berlusconi». Nabil vorrebbe che i partiti della sinistra utilizzassero questo momento di interesse per dare una mano a realizzare corsi di formazione politica: «Io ho migliorato un po’ il mio italiano quindi leggo libri e giornali ma abbiamo bisogno di un supporto. Partiamo da una logica molto semplice, non lottiamo solo per gli immigrati ma per i diritti di tutti». «Stiamo prendendo coscienza di noi stessi e dei nostri diritti - afferma Rasha, dell’ “Associazione Masrawi”, con sede a Milano ma con forti rapporti anche a Roma -. Vogliamo partire soprattutto riprendendoci ciò che ci spetta e spesso ci è stato negato. Stiamo lavorando per costruire rapporti diversi con l’ambasciata e con in nostri consolati in Italia. Se in Egitto c’è stato un cambiamento vogliamo che coin-
volga anche noi, vogliamo sentirci tutelati come avviene a qualsiasi altro cittadino di uno stato estero. Ad esempio quando un ragazzo che vive in Italia torna a fare il servizio militare in Egitto, vogliamo che le nostre autorità intervengano per garantirgli il rinnovo del permesso di soggiorno. Quando un nostro concittadino muore, non vogliamo, come è accaduto col terremoto dell’Aquila, che nessuno, se non i familiari, si occupi delle sue spoglie e della sua famiglia. Vogliamo che il rapporto con le nostre autorità non sia più subalterno». Aziz, tunisino, è sospeso fra la voglia di tornare a casa e condividere un processo di riforme assai avanzato, i legami costruiti in 10 anni di vita romana ed un buon posto di lavoro a cui non vorrebbe rinunciare: «Vengo da Djerba, un posto bello e ricco di turismo. Da noi prima che l’economia si riprenda passeranno anni - afferma - e per molto tempo nessuno verrà più in Tunisia. Mi aspetto molto dalla possibilità di avere un parlamento vero e un governo, da noi si stanno ricostruendo i sindacati, i cui capi erano collusi col regime ma la cui base è stata all’origine della rivoluzione ma penso che dovrei dare una mano anche a voi. Anche voi vi dovreste ribellare». Hassan non ha ancora nulla in cui sperare: «In Somalia ci si spara e non ci si sa unire, una parte della mia famiglia è ancora lì, altri sono in Libia e non ho loro notizie da giorni. Rischiano di morire per mano di Gheddafi, dei ribelli, delle bombe italiane».
La “seconda generazione” in onda per non dimenticare le proprie radici Imane Samia Oursana* La Voce Araba è una trasmissione radiofonica, sulle frequenza di Radio Popolare Roma, che vuole essere lʼeco di quel mondo arabo presente nel nostro paese, ma non solo, racconta il mondo arabo di oggi, le sue ambizioni, i suoi sogni, le sue emozioni, la sua voce che si è elevata a tutto il mondo, dopo troppo anni di silenzio e di sottomissione ai suoi tiranni dittatori. La Voce Araba vuole dare spazio al nuovo mondo arabo che sta emergendo, raccontando i suoi giovani, le sue donne, i suoi studenti, lavoratori e i suoi nuovi leader politici, discute il suo presente e il suo futuro. Tutto questo attraverso gli occhi e le sensazioni della “Seconda Generazione” che pur sentendosi parte integrata della società
italiana non riesce a distaccarsi dalla cultura del suo paese dʼorigine. Parlare di mondo arabo in Italia vuol dire cercare di abbattere i pregiudizi e gli stereotipi di cui unʼintera comunità è etichettata; parlare di mondo arabo in Italia oggi vuol dire anche documentare la reazione dellʼʼItalia nei confronti delle rivoluzioni arabe. A Roma, come in altre città dʼItalia, la solidarietà è stata altissima da parte della società civile. Associazioni, organizzazioni non governative, partiti dʼopposizione, movimenti studenteschi, sindacati e cittadini comuni si sono stretti al fianco della comunità araba che risiede nel nostro paese in manifestazioni, conferenze, convegni, sit in, serate e giornate dedicate alle rivoluzioni per dare sostegno e piena approvazione a quello che
stava, e sta accadendo dallʼaltra sponda del Mediterraneo. Mediterraneo che tanto ci unisce a tanto ci separa. Il lato più vergognoso è stato il ritardo, o meglio il silenzio delle nostre istituzioni, che si sono trovate a dover scegliere tra i benefici economici e il riconoscimento di una vera e propria rivoluzione democratica portatrice di libertà, sviluppo e la fine di unʼoccidentale dipendenza. Oggi la nostra città e il nostro paese è spettatore dellʼincapacità delle nostre forze politiche nel coordinare lo sfogo delle rivoluzioni nel mondo arabo. La presunzione di scendere ad accordi diplomatici con un paese in piena transazione democratica, mentre sono centinaia le vittime di tale disordine. *La Voce Araba
La dignità non è un optional Izmir ha 22 anni e viene dall'Albania. A casa sua non c'era niente da mangiare, perciò, per vivere, ha lasciato tutto ed è venuto in Italia. Da tre anni ha trovato lavoro come manovale per una grande azienda di costruzioni edili. I primi due anni fa il muratore in nero. Da un anno ha avuto un contratto. Sei mesi fa, lavorando in un cantiere, senza misure di sicurezza, senza controllo, senza strumenti, è rimasto sotto un blocco di cemento da 250 kg che gli ha maciullato un piede. Ha perso molto sangue, ha urlato, ma il suo principale, italiano come me, non ha chiamato l'ambulanza e ha ordinato ai colleghi di Izmir di soccorrerlo alla meglio e di distenderlo in un angolo, in mezzo alla polvere e ai calcinacci. Poi ha chiesto a qualcuno di accompagnarlo a casa, minacciandolo di licenziamento se avesse parlato. Izmir impazziva di dolore e continuava a perdere sangue, perciò è stato accompagnato dal fratello in ospedale dove è stato ricoverato e sottoposto a diversi interventi chirurgici che gli hanno consentito di salvare il piede anche se con gravissimi danni permanenti. Izmir oggi è un giovane invalido, senza lavoro e da diverso tempo non sa come vivere. Adrian ha 21 anni e da due lavora come manovale per una ditta che fa ristrutturazioni di appartamenti. E' rumeno. Circa un anno fa, mentre arrotava un pavimento con uno strumento obsoleto e malfunzionante, ha avuto il bulbo oculare perforato da una scheggia di legno. Il suo datore di lavoro è un piccolo imprenditore che ha una ventina di dipendenti e riceve appalti da una società più grande. Ha un fatturato di diverse centinaia di migliaia di euro l'anno, gran parte dei quali scivolano silenziosamente nelle sue tasche senza che il fisco italiano se ne accorga. Vive in una bella villa fuori Roma con un grande giardino, nel quale spesso Adrian ha lavorato gratis. Questo cittadino quando il suo dipendente si è perforato un occhio lavorando per lui, con attrezzi che per risparmiare non ha dotato di dispositivi di sicurezza, lo ha minacciato, lo ha costretto a non andare da un medico, lo ha insultato. Adrian ha perso l'occhio e il lavoro. Oggi sarà difficile aiutarlo perché nessuno testimonia per lui. Il suo padrone ricco e italiano è un cittadino esemplare, con diritto di voto, protetto dalle leggi, considerato un notabile dalla sua comunità. Guadagna cifre enormi vendendo appartamenti ad altri connazionali, che amano camminare scalzi su un pavimento di legno ben arrotato. Tratto da “Nota di Gabriele Norcia” ( Facebook)
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