Fabrizio Cavallaro Minima erotica
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GioventĂš, paese cento volte dimenticato e perduto, luce della vita, oggi m'inondi di un tuo tardivo sapere, sprizzato dal lungo, greve sonno dell'anima profonda. Dolce, soave luce, sorgiva appena nata! Hermann Hesse
MINIMA EROTICA
La pelle porcellanata – l'occhio perso nell'ostentazione specchiata di te stesso – pirata e vittima dell'incendio che mette tutti al muro per la tenera fucilazione del proprio ego, sterile consolazione.
La foto di spalle, controluce di lui che osserva il mondo, ed è solo palazzi, regni di condomini assiepati in cancri di cemento, la tua nudità – postura del riposo.
Prometti la tua visita da anni, ma forse è proprio questo lungo procrastinare, tempo perso che ti rende fulgido e toccante semmai stucchevole, accanto travestito di buonismo animale, il corpo tatuato come ruscello in cui bagnarsi è argento vivo.
Hai una stella in fronte, e una costellazione entro lo sguardo beota, pronto a specchiare il corpo di schiena, in pace ferrea vantata come un dominio di muscoli e coriandoli.
Dal tuo reame di canottiere quanta debolezza edificata in tristi superfici.
La lingua delle stelle, sciorinato polline sulla corazza allestita per un gioco da adulti. Vedi, il primo di tutti, io con la mia sete generosa che ti sa.
La panchina in un sole di gomma, vi sedevi eretto e attento, un po' gigione nella tua indolenza – la maglietta nera blasonata, squadravo le tue pose, restarci con poco fiato come dopo una corsa immobile arrivare a te, al tuo mondo intoccabile che si raccoglie integro nelle piccole cose, interno di ragazzi, con poche cose quotidiane e una misura di sogni intercambiabili, schiusi alla costanza di guerre benestanti.
Avrei voluto distinguerti, oltre le alture vigorose da cui partiva quel silenzio fitto di sguardi affilati come civici tramonti, esacerbati.
Sembra le tue labbra siano ideate per i baci – come si curvano quando parli di cose, come un palcoscenico con soli attori, agiscono, a volte per proprie ragioni sinergiche e indocili, con quelle crepe ai lati della bocca, a imitare sorrisi ideali per scolpire la presenza, quindi pronte a conciarsi accordandosi ad altre labbra. Avvolgere, sfogliare, accogliere.
Premimi, marcami, reclamami, e dopo, afferrami in silenzio sotto le gambe, le ascelle. Lascia che sia io a usarti mentre mi lascio usare, per quelle cose elementari che interessano ai ragazzi.
Ho un cuore uguale al tuo, però più fiacco e ossidato. Ti aspetto con legittima viltà. Quanti denti hai, e saliva e ansie puerili, sonni nel cassetto. Voli sul tuo scooter verde. Da dietro ti guardo la nuca, quella di un eroe.
Sorridi sussiegoso, poi chiudi. Battito alare o intermittenza. Insegna frontale all'idiozia. Schermo, scossa galvanica, linimento. La tua schiena è frontiera, calendario dei sensi, tenace abbecedario.
Metti le braccia conserte, esponi supremazia. Ăˆ come se invitassi le stelle a una resa totale, al salto naturale. Ipotesi di camuffamento.
Mordi la mia carne, cosĂŹ ti sento meglio. CosĂŹ presento il nodo in gola che verrĂ dopo. Appena dopo.