IS “Agostino Nifo” Liceo Scientifico “Ettore Majorana” Classe 3ªB
PETRARCA: VITA E OPERE
Francesco Petrarca: vita, viaggi e glorie
FRANCESCO PETRARCA : VITA, VIAGGI E GLORIE Francesco naque ad Arezzo il 20 Luglio 1304; da fanciullo dovette seguire il padre Ser Petracco, notaio fiorentino bandito da Firenze per le sue idee politiche, ad Avignone, allora sede pontificia. Presso la vicina università di Montpellier iniziò, su richiesta del padre, lo studio delle materie giuridiche che proseguì presso l'università di Bologna. Presso quest'ultima università ebbe tra i suoi professori di Legge quello che sarebbe divenuto un suo futuro maestro di poesia: Cino da Pistoia. Ben presto si accorse però che le materie giuridiche non erano fatte per lui e, abbandonate quelle discipline, si appassionò allo studio di Cicerone e dei poeti antichi. A Bologna, tra gli studi e i divertimenti che Francesco non disdegnava, coltivò numerose amicizie tra cui quella con il principe romano Giacomo Colonna. Nel 1326 la morte del padre richiamò Francesco e il fratello Gherardo ad Avignone, dove i due fratelli costatarono che l'eredità del padre non avrebbe consentito loro di vivere dignitosamente ancora per molto. Il fratello Gherardo entrò più tardi nell'ordine minore dei certosini e forse anche Francesco abbracciò tale ordine. Il ritorno ad Avignone fu caratterizzato dall'incontro di Francesco con quella che sarebbe divenuta l'ispiratrice di tutte le sue liriche d'amore. Era il Venerdì Santo del 1327 quando il poeta vide Laura, la donna che amerà per tutta la vita, nella chiesa di Santa Chiara. L'amore di Francesco per Laura, già sposata da due anni con Ugo de Sade, fu unico e prosegui anche dopo la sua morte per pestilenza. (Ritratto di Laura De Noves)
Nel 1330, come cappellano, Francesco entrò al servizio della famiglia Colonna. Ebbe così l’opportunità di viaggiare in molti paesi europei. L'occupazione gli diede l'occasione di viaggiare per la Francia, le Fiandre e la Germania. Venne accolto dai Signori che allora dominavano le città italiane, conoscendo i più illustri letterati e poeti del tempo. Da relazioni superficiali, gli nacquero i due figli Giovanni (1337) e Francesca (1343). Il 1 Settembre del 1340, mentre si trovava in ritiro a Valchiusa, a poche miglia da Avignone, gli fu offerta l’incoronazione poetica dal Senato Romano e dell'Ateneo di Parigi. Accettò, forse per vanità, l'invito di Roma e, dopo essere stato esaminato solennemente per tre giorni a Napoli dal re Roberto d'Angiò, nel giorno di Pasqua del 1341 ricevette la corona di Poeta in Campidoglio.
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Capitolo 1 · Francesco Petrarca
I viaggi di Petrarca – Presentazione Thinglink
La lingua in cui Petrarca pensava e scriveva abitualmente, come ci rivelano gli appunti a margine dei suoi manoscritti, era il latino, ma parallelamente coltivava anche il genere della poesia lirica volgare, sulle orme degli stilnovisti e di Dante. Ogni viaggio era per lui l’occasione per arricchire la propria cultura. Nei vari luoghi in cui si recava frugava nelle biblioteche di monasteri, abbazie, vescovadi, scoprendo testi di classici latini che giacevano dimenticati; inoltre stringeva amicizia con diversi letterati europei e italiani (in particolare con Boccaccio). Tuttavia Petrarca sentiva sempre più fortemente il bisogno di chiudersi nell’interiorità, di approfondire la conoscenza di sé. Questa tendenza al raccoglimento interiore si concretò nel ritiro a Valchiusa, dove, in questo paesaggio sereno e idillico, Petrarca amava rifugiarsi lontano dalle preoccupazioni quotidiane, dedicandosi alla lettura dei classici, alla scrittura e alla meditazione. Così nacque gran parte delle sue opere, sia in latino che in volgare. Valchiusa divenne per il poeta il simbolo di un’attività spirituale indipendente. Dal 1353 visse a Milano e, in seguito, a Venezia e Padova per stabilirsi infine ad Arquà, sui colli Euganei, e proprio qui si spense nella notte fra il 18 e il 19 luglio del 1374; la leggenda vuole che la morte lo abbia colto chino su un codice del suo amato Virgilio.
(La morte di Francesco Petrarca, da una tela di Bacci Venuti)
Petrarca come nuova figura di intellettuale Le prime avvisaglie del cambiamento intellettuale che animava i centri culturali italiani si manifestò grazie alle personalità di Salutati e soprattutto di Petrarca. Questo autore rappresenta bene il nuovo e durevole modello di intellettuale che ebbe fortuna non solo in Italia, ma a livello 2
Francesco Petrarca: vita, viaggi e glorie
europeo. La crisi dei valori universali della Chiesa e dell'Impero, già evidenziata da Dante, porta all'accentuarsi dell'individualismo, frutto di una maggiore introspezione. Con Francesco Petrarca l'analisi dei sentimenti e la coscienza del poeta, piena di inquietudini, diventano i temi principali della poesia, attraverso un continuo dialogo che si manifesta in una sorta di confessione interiore. In questo itinerario spirituale alcuni avvenimenti (l'incontro con Laura, la crisi religiosa del fratello Gherardo) divengono momenti centrali per arricchire le riflessioni e si traducono in una serie di tensioni emotive che investono la sua produzione lirica. A rafforzare la modernità di questo personaggio contribuisce la concezione della poesia, alla quale viene riconosciuto un valore autonomo di conoscenza. L' amore per i classici si tradusse nella ricerca di forme eleganti, chiare e raffinate ed ebbe sulla scrittura effetti interessanti. Nel Trecento circolavano ancora i manoscritti su pergamena e su carta filigranata, con ingombranti legature. I manoscritti erano vergati in mercantesca, scrittura prevalentemente usata dai commercianti, ricca di abbreviazioni e di ghirigori, o in minuscola cancelleresca, grafia caratterizzata da tratti meglio leggibili e più eleganti. Soprattutto con Francesco Petrarca e Coluccio Salutati si rafforza e si diffonde l'esigenza di adottare una scrittura più comprensibile e di ridurre il formato dei codici, che cominciano ad assumere una forma decisamente più maneggevole, potendo così esser letti con maggiore agilità e non necessariamente su un leggio, come avveniva nel passato.
L’ aspirazione all’ unità: i Trionfi e il De remediis utriusque fortunae Il De remediis utriusque fortunae è una raccolta di brevi dialoghi scritti in prosa latina da Francesco Petrarca. L’opera venne redatta, all'incirca, tra il 1354 e il 1367 ed è composta da 254 scambi di battute tra entità allegoriche: prima il "Gaudio" e la "Ragione", poi il "Dolore" e la "Ragione". Simili ai precedenti Rerum memorandarum libri, questi dialoghi hanno uno scopo educativo e moralistico, proponendosi di rafforzare l'individuo contro i colpi della Fortuna, sia buona che avversa. Nel primo libro, la "Ragione" dialoga con la "Gioia" e la "Speranza" (122 dialoghi), nel secondo con il "Dolore" e il "Timore", spiegando come affrontare i diversi casi della vita, quali calamità naturali, cariche pubbliche, cure familiari, guerre. In altre parole, è come una guida che insegna la via migliore di comportarsi di fronte
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Capitolo 1 · Francesco Petrarca
alla buona e alla cattiva sorte. Sulla scorta di Seneca, Petrarca mostra come vizio e virtù siano rispettivamente il vero male e il vero bene per l’uomo: infelicità e felicità hanno dunque dentro di noi le loro radici, e il saggio non dovrebbe mai lasciarsi condizionare dagli eventi esterni. I Trionfi [1350/55-1374] sono un poemetto allegorico in volgare italiano, in terzine di endecasillabi, articolato in dodici capitoli raggruppati in sei Triumphi, ciascuno dedicato ad una visione avuta dal poeta in sogno. È quindi presente una successione di sei trionfi: Amore, Pudicizia, Morte, Fama, Tempo ed Eternità. La redazione dell'opera iniziò nel 1351, terminando il 12 febbraio 1374, pochi mesi prima della morte dell'autore; il poemetto è infatti incompiuto, a causa sia del lavoro selettivo e correttorio a cui attese il poeta, sia delle difficoltà strutturali che hanno reso i Trionfi molto più meccanici e rigidi delle composizioni liriche del Canzoniere. L'opera analizza il percorso ideale dell'uomo dal peccato alla redenzione: questo tema è già radicato nella cultura medievale, essendo tipico di opere come il Roman de la Rose o addirittura la Divina Commedia. Petrarca si confronta direttamente con il poema dantesco, sia dal punto di vista strutturale (viene infatti adottata la terzina) che allegorico, con il tema del viaggio allegorico. Al contempo, i Trionfi si collocano agilmente nell'iter letterario di Petrarca: è proprio qui che il poeta decide di sviluppare alcuni temi cardine del Canzoniere, come la riflessione sulla morte (già contenuta nel sonetto Movesi il vecchierel canuto e bianco), la viva introspezione del poeta nei suoi sentimenti, ed infine la spiritualizzazione dell'amore per Laura.
Petrarca: vita, viaggi-Presentazione Powtoon
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VITAPETRARCA
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Le opere religioso-morali
LE OPERE RELIGIOSO-MORALI La maggior parte della produzione letteraria di Petrarca è stata composta in lingua latina, poiché egli era convinto che questa fosse la vera lingua della cultura. Le opere in latino di Petrarca sono suddivise in due gruppi, quelle religioso-morali e quelle umanistiche. Il poeta segue il pensiero filosofico di Sant’Agostino ed è convinto che la filosofia miri a comprendere l’uomo, a esplorare la sua interiorità per insegnargli a sopportare le miserie della sua esistenza. In Petrarca è venuta a mancare la convinzione di poter dominare la realtà con vigorosi schemi concettuali, tipici di Dante. A partire dal 1342 Petrarca inizia a scrivere il “Secretum”, un dialogo di argomento morale che si svolge tra l’autore stesso e Sant’Agostino, il quale rappresenta simbolicamente la coscienza. Il tema centrale consiste nell’analisi del dissidio insanabile tra il desiderio di una vita ascetica e i piaceri della vita mondana, soprattutto il desiderio di gloria e la passione amorosa. La riflessione dell’autore sulle contraddizioni dell’animo umano assume un carattere altamente problematico e, con essa, l’autore non arriva ad alcuna soluzione definitiva. Appartiene invece al genere del trattato morale l’opera intitolata “La vita solitaria”, composta intorno al 1346. Petrarca tenta qui di conciliare la cultura classica e la spiritualità cristiana ed esalta la solitudine come occasione per praticare l’otium letterario. Intorno al 1353 Petrarca compone infine un trattato enciclopedico di argomento morale, intitolato “Rimedi per la buona e la cattiva sorte”, nel quale vengono forniti consigli per risolvere problemi esistenziali comuni e per dominare le proprie emozioni attraverso l’uso della ragione.
Il modello di Agostino La maggior parte delle opere di Petrarca è scritta in latino, soltanto due sono scritte in volgare e sono il “Canzoniere” e “I Trionfi”. Queste opere possono essere suddivise in due gruppi: quelle religioso-morali e quelle umanistiche. In esse Petrarca esprime il suo profondo fastidio per la filosofia
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Capitolo 2 · Francesco Petrarca
scolastica; infatti per lui la vera filosofia è quella che mira a comprendere l’uomo. In Petrarca la fede dantesca è venuta meno, infatti egli rinuncia ad affrontare il mondo esterno nella sua concretezza e nella molteplicità dei suoi aspetti e si rinchiude esclusivamente nella contemplazione del proprio io.
Il Secretum L’opera religiosa e morale più importante è il Secretum, che viene diviso in tre libri ed è strutturato come un dialogo tra Francesco stesso e Agostino. Nel primo libro Agostino rimprovera a Francesco la debolezza della volontà; nel secondo libro passa in rassegna i sette peccati capitali e si sofferma sull’accidia; nel terzo libro l’autore esamina i due peccati più gravi: il desiderio di gloria terrena e l’amore per Laura. Nelle opere di Petrarca sono escluse le soluzioni definitive, infatti tutte le contraddizioni del poeta restano aperte. Il latino del Secretum non è tormentato e contorto, ma è limpido e armonioso anche se Petrarca non riesce a dare una soluzione reale ai suoi conflitti.
Altre opere religioso-morali In altre opere, come in “De vita solitaria”, Petrarca esalta la solitudine che può essere fonte di purificazione o di elevazione dell’animo mediante la meditazione e la preghiera.
OPERE RELIGIOSOMORALI
DI POLEMICA FILOSOFICA
-Invectivae contra medicum quendam -De sui ipsius et multorum ignorantia
DI MEDITAZIONE MORALE
-Secretum -De vita solitaria
ENCICLOPEDIA MORALE
-De remediis utriusque fortunae
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Le opere religioso-morali
IL SECRETUM Il Secretum è un’opera in latino di Francesco Petrarca, il cui titolo per esteso è “De Secreto conflictu curarum mearum” ovvero “Sul conflitto segreto delle mie preoccupazioni”, che preannuncia una confessione da parte dell’autore che riflette sulle proprie colpe e sui propri peccati, e dopo un severo esame di coscienza promette di cambiare vita disprezzando i beni terreni. Dunque, il Secretum può essere definito come una sorta di dialogo, ambientato tra il 1342 e il 1343, dove l’autore può esprimere apertamente, senza autodifese, il suo tormento interiore, l’inquietudine che logorava la sua anima. Protagonisti di questo dialogo sono Petrarca e sant’Agostino. Petrarca non avrebbe potuto scegliere un interlocutore se non Agostino, il quale narrò il suo impetuoso cammino verso la conversione che presupponeva un distacco totale dalle passioni terrene. Sant’Agostino assume in quest’opera la figura dell’alter-ego di Petrarca, in quanto l’uno si è staccato dai beni terreni abbracciando la vita spirituale, mentre l’altro non ne ha la forza. Il dialogo si realizza in tre libri i quali corrispondono alle tre giornate in cui si svolge esso stesso. Nel primo libro Francesco confessa di essere afflitto dall’ansia e di vivere una posizione ambigua tra la fede nell’esistenza di un mondo ultraterreno e l’attaccamento alla vita corporea. A questo punto, Agostino invita il poeta a non nascondere a se stesso la causa della proprio infelicità. Secondo il Santo, è Francesco stesso la causa del suo male perché è incapace di abbandonarsi completamente a Dio. Nel secondo libro Petrarca analizza il suo carattere alla luce della dottrina cristiana, in particolare quella relativa ai sette vizi capitali. In particolar modo è l’accidia (la scarsa volontà nell’impegno morale) a fare in modo che l’autore non riesca a essere felice imboccando la retta via per la salvezza. Nel terzo e ultimo libro, Agostino mostra al poeta i due vincoli maggiori che frenano il suo pentimento: l’amore per Laura e la brama della gloria poetica. Agostino fa notare come il poeta confonde l’amore per il creatore e l’amore per la creatura. Il santo ribadisce che per il poeta la gloria è soltanto fonte di vanità e superbia, e Laura, se da un lato è riuscita a preservarlo da molti mali, dall’altro è la causa del male più grande; Francesco, infatti, ha distolto l’attenzione da Dio per dedicarsi “anima e corpo” dell’amata. Il Secretum, dunque, non termina con un pentimento, ma resta aperto alle possibilità, ai dubbi, alle incertezze.
Petrarca: il Secretum e le altre opere religioso-moraliPresentazione thinglink 7
Capitolo 2 ¡ Francesco Petrarca
Le opere religiose-morali di Petrarca- Presentazione Popplet
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Le opere umanistiche
LE OPERE “UMANISTICHE” Petrarca e il mondo classico Petrarca è considerato , per la sua concezione della letteratura e dell’ attività intellettuale, l’ iniziatore e il precursore del pensiero umanistico Petrarca, a differenza della cultura medioevale e dello stesso Dante, che, non avendo coscienza della frattura esistente tra il mondo classico e quello a lui contemporaneo, assimila figure e temi della cultura classica adattandoli alla sua visione della realtà, acquista la coscienza del distacco tra il mondo antico (classico ) e presente (medioevale). Egli si accosta ai testi antichi con maggior senso della prospettiva storica, sentendo il bisogno di cogliere il mondo classico nella sua fisionomia più autentica, liberandolo dalla deformazione subita nell’ età medioevale. Ecco, quindi, che nasce l’attività filologica di Petrarca. La Filologia (dal greco philos , “ amico”, e logos, “parola” )è la scienza che ha come fine la ricostruzione dei testi letterari nella loro forma più vicina all’originale, eliminando errori di trascrizione e deformazioni varie, consentendo una loro comprensione più attenta e rigorosa. Petrarca, inoltre, con lo scopo di eliminare gli errori dei copisti, volge un’importante opera di confronto tra i manoscritti che hanno trasmesso le opere e quelli che può consultare, annotando i testi con chiarimenti storici, note che riportano a luoghi , persone e passi di altri autori.
Le opere umanistiche - Presentazione Popplet 9
Capitolo 3 · Francesco Petrarca
Inoltre, Petrarca, durante i suoi numerosi viaggi europei , fruga nelle antiche biblioteche in cerca di testi classici e riesce a fare scoperte di rilievo, come quella delle epistole di Cicerone all’amico Attico, che gli forniscono l’impulso a ordinare le sue lettere latine secondo il modello ciceroniano. Questo lavoro filologico di Petrarca fornirà un esempio ed un modello alle successive generazioni umaniste. La coscienza del distacco è alla base dell’atteggiamento con cui Petrarca si rapporta agli autori classici. Essi rappresentano, per lo scrittore toscano, un modello insuperabile di sapienza, di giustizia e perfezione stilistica, perciò egli guarda ad esse con un misto di venerazione e struggente nostalgia, perché sente quel modello molto lontano dalla sua realtà. Questa nostalgia genera in lui il bisogno di trasportarsi idealmente in mezzo a loro, evadendo dall’epoca corrotta e in crisi in cui vive.
Le raccolte epistolari Il culto dei classici influenza tutte le raccolte epistolari di Petrarca. Lo scrittore, durante l’arco della sua vita, rielabora, cataloga e raccoglie le sue lettere in prosa latina, che vengono indirizzate ad altri intellettuali suoi amici, signori ed ecclesiastici. Le raccolte di Petrara sono costituite da 24 libri di epistole Familiari, 17 di epistole Senili e a parte si collocano le lettere “Sine nomine”. Queste epistole furono ordinate dal poeta stesso, le “Varie”furono riunite da amici e collaboratori. Tutte queste opere, oltre ad avere un carattere colloquiale, sono dei veri e propri componimenti letterari elaborati, infatti, quando lo scrittore rivede tutto il materiale per la pubblicazione, apporta importanti modifiche ed incentra le opere sul modello delle epistole ciceroniane. Di conseguenza, le lettere petrarchesche sono caratterizzate da una trasfigurazione letteraria della realtà; infatti, in esse l’autore esprime i concetti rigorosamente attraverso il filtro dei modelli classici. Egli, attraverso questa trasfigurazione letteraria, definisce la figura e il modello ideale del letterato, delineandone i caratteri fondamentali: la fede in una cultura disinteressata, con lo scopo unico di elevare l’animo, il fastidio per le attività pratiche, che distraggono dalla cura dello spirito, il sogno di un’ esistenza quieta e appartata, dedicata allo studio, ai libri, caratterizzata da una solitudine propensa all’elevazione dello spirito. Nonostante questo, però, Petrarca sottolinea il dovere del dotto di condividere la propria sapienza (l’elevatezza intellettuale), di assumere, quindi, una funzione pubblica, per cui il letterato deve offrirsi come guida del proprio tempo, proponendosi come esempio. Gli epistolari, oltre a fornire la chiave per capire gli aspetti fondamentali della personalità di Petrarca, sono preziosi a capire il gusto letterario che caratterizza tutta l’opera. Sono evidenti, infatti, nelle epistole, il gusto classicistico di Petrarca , la selezione e l’idealizzazione letteraria. Tutti i particolari della vita quotidiana, ogni riferimento troppo preciso a luoghi, fatti, persone, 10
Le opere umanistiche
vengono sostituiti da nomi utilizzati nelle opere classiche ( selezione); tutti gli aspetti della vita quotidiana subiscono una costante trasfigurazione letteraria, che conferisce dignità e nobiltà (idealizzazione). Nelle opere di Petrarca, inoltre, torna ad imporsi una rigorosa separazione degli stili propria della cultura greca e latina, e che l’età medioevale e soprattutto Dante avevano superato con il plurilinguismo. Con Petrarca si riafferma il monolinguismo, il poeta esclude la realtà bassa e quotidiana e descrive, nelle sue opere, solo ciò che è nobile ed elevato, utilizzando sempre uno stile alto , da intellettuale. Anche in questo Petrarca anticipa il gusto rinascimentale. Tuttavia nelle epistole si coglie ancora l’inquietudine petrarchesca, che evidenzia la sua personalità contraddittoria e rende vivi il dissidio interiore e la crisi religiosa.
L’Africa L’Africa è un poema epico in esametri latini in cui si concentra significativamente l’ideale classico. Ѐ stato composto nel 1339 o 1338 a Valchiusa e ripreso negli anni successivi più volte senza essere portato a termine. Con questo poema Petrarca intende continuare idealmente la letteratura latina, infatti l’argomento dell’opera è la seconda guerra punica, che il poeta pensa non sia mai stata trattata dai poeti classici ( ignora l’esistenza dell’opera Punica di Silio Italico, I secolo d.c. ). L’opera è strutturata sui modelli latini: la materia è ricavata dalle storie di Livio, ma stile, caratteri ed episodi sono ispirati all’Eneide. Petrarca compone l’Africa con lo scopo di esaltare, attraverso una marcata enfasi celebrativa, la gloria e la grandezza di Roma, in particolare le gesta di Scipione l’Africano. Ma, oltre agli intenti epici, compaiono altri motivi più soggettivi . Petrarca tratta, come nell’episodio del Magone morente, i temi più cari della sua meditazione religiosa: la vanità delle cose umane, la vita tra illusione e continui travagli;persino la gloria di Roma, tanto celebrata precedentemente, viene guardata dall’infinita grandezza dell’eterno. Inoltre, egli esalta la fede nei valori della cultura e della bellezza formale, evidenziando il pessimismo medioevale ed il classicismo, due tendenze complementari in questa opera.
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Capitolo 3 · Francesco Petrarca
De Viris illustribus Il De Viris illustribus è un’opera quasi storica, una raccolta di biografie di importanti personaggi romani: Cesare, Scipione, Catone… Questa opera è concepita contemporaneamente all’Africa e anch’essa è animata dall’intento di celebrare la grandezza di Roma, anche qui troviamo gli stessi spunti pessimistici, di ispirazione cristiana, sulla precarietà della gloria e sulla miseria della condizione umana. Inoltre, Petrarca arricchisce il racconto storico con molti elementi soggettivi, proiettando nei personaggi il suo pensiero, le sue inquietudini e i suoi dubbi.
Petrarca e le opere “umanistiche” – Presentazione Prezi
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Il Canzoniere
IL CANZONIERE Petrarca e il volgare Petrarca si attendeva la fama e l’immortalità presso i posteri non da quello che noi unanimemente consideriamo il suo capolavoro, ma dalle opere latine. Nei suoi versi in volgare mostra impegno e perfezione, infatti, egli si prefiggeva una duplice impresa: da un lato ridar lustro alla lingua antica, restaurandone la genuina classicità, il lessico, la sintassi e i procedimenti retorici; dall’altro, invece, egli voleva elevare la lingua volgare alla dignità formale del latino. Pur convinto che la lingua per eccellenza della letteratura fosse il latino, Petrarca voleva dimostrare a tutti che era possibile far poesia di livello alto anche in volgare.
La formazione del canzoniere Il titolo che Petrarca pone sul manoscritto definitivo è Rerum vulgarium fragmenta (frammenti di cose in volgare) in cui si può cogliere la punta di sufficienza che il poeta ostentava nei confronti delle sue liriche in volgare. L’opera si suole anche designare con la formula Rime sparse ricavata dal primo verso del sonetto che funge da proemio, oppure più semplicemente come Canzoniere. Essa è costituita da 366 componimenti, in massima parte da sonetti (317), ma anche da canzoni, ballate, sestine, tutte le forme metriche consacrate dalla tradizione lirica precedente, dai trovatori provenzali ai rimatori siciliani e agli stilnovisti.
L’amore per laura La materia quasi esclusiva del Canzoniere è costituita dall’amore del poeta per una donna, chiamata Laura, incontrata “il sesto d’aprile”, venerdì santo, in una chiesa di Avignone. nel 1327, un amore perpetuamente inappagato e tormentato. Il poeta è chino su se stesso ad esplorare moti e conflitti interiori e spesso assapora quasi il piacere di soffrire e piangere. Gli stati d’animo rappresentati dalla poesia riflettono un continuo oscillare tra poli opposti, senza mai una soluzione definitiva: ora il poeta tesse intorno alla donna complesse architetture d’immagini, giocando simbolicamente sul nome Laura che richiama il “lauro” poetico; ora contempla 13
Capitolo 4 · Francesco Petrarca
l’immagine della donna, creata dal sogno, dalla fantasia o dalla memoria e si nutre di vane speranze; ora contempla la sua crudeltà e indifferenza. Questa vicenda subisce una svolta con la morte della donna nel 1348. Il canzoniere risulta nettamente diviso in due parti “le rima in vita” e “le rime in morte” di Laura. Alla morte della donna amata il mondo sembra improvvisamente scolorire, farsi vuoto e squallido, ma non per questo la passione si estingue. Nel sogno Laura appare più bella e meno altera, più mite e compassionevole verso la sofferenza del poeta. Ma, dopo il lungo vaneggiare, il poeta sente il peso del peccato e il desiderio di purificazione. La morte gli appare come un dubbioso passo pieno di insidie e di pericoli, perché non sa se Dio lo perdonerà. Infatti il poeta si rivolge verso il cielo, verso qualcosa di più saldo e duraturo, in cerca di pace. E “pace” è l’ultima, emblematica parola della canzone, parola che chiude e suggella il libro.
La figura di laura L’immagine complessiva di Laura, alla fine del Canzoniere, è quella di una bella donna bionda che si staglia su un ridente sfondo naturale. Compaiono spesso nell’opera notazioni riferite alla sua bellezza fisica, ma la sua figura resta oltremodo evanescente con termini come: <<capei d’oro>> <<vago lume>> <<rose vermiglie>> <<angelico seno>>. Queste notazioni rispondono ad un formulario tradizionale ed hanno eleganza astratta di una cifra, di un emblema.
Il paesaggio e le situazioni della vicenda amorosa Il paesaggio non si delinea nell’urgenza materiale e sensibile delle sue forme, dei suoi colori, ma appare pieno di elementi estremamente stilizzati: erbe, fiori, piante, selve, monti: elementi che compongono l’immagine del locus amoenus (luogo ameno). Le situazioni e le vicende in cui si articola la situazione amorosa presentano tutti un’analoga mancanza di concretezza realistica: sono tutte situazioni codificate dalla lirica amorosa precedente, dalla Provenza alla Toscana stilnovistica. Insomma, il Canzoniere è privo di realtà storica, infatti, non si compone di una trama di eventi esteriori che si articolano nella successione cronologica di una vicenda vissuta. Leggendo il Canzoniere si ha l’impressione che la realtà esterna non esista, se non come remota e pallida memoria, e che l’unica e autentica realtà sia l’interiorità del poeta. 14
Il Canzoniere
Il “dissidio” petrarchesco Ciò che caratterizza la spiritualità per Petrarca è un bisogno di assoluto, di eterno, di un approdo stabile in cui l’animo trovi una pace perfetta. Lui percepisce, in contrasto con queste aspirazioni fondamentali, la labilità di tutte le cose umane. Come attesta l’ultimo verso del sonetto che funge da proemio al libro, in lui è chiara la consapevolezza che <<quanto piace al mondo è breve sogno>>. Tutti i piaceri e le gioie che gli uomini inseguono sono illusioni effimere, destinate a dissolversi col sopraggiungere della realtà ultima e definitiva: la morte.
Il superamento dei conflitti nella forma Petrarca ha un concetto altissimo del decoro e della disciplina formali ed è colmo di ammirazione per i classici antichi che di quel decoro rappresentano, ai suoi occhi, il modello insuperabile. Per questo li tiene presenti nello scrivere e si sforza nella sua poesia volgare di riprodurre le forme armoniose ed eleganti dei classici. La conseguenza è che i sentimenti del poeta si esprimono attraverso formule, cadenze, e immagini consacrate dalla letteratura antica. Nei testi del Canzoniere è possibile trovare una serie di reminiscenze letterarie, citazioni e soluzioni stilistiche tratte da altri poeti. E proprio nel calarsi entro formule fissate dalla tradizione letteraria che la sua tormentata esperienza interiore trova una conferma e un consacrazione solenne.
Lo stile e la lingua del Canzoniere Nel poema dantesco, come si è visto, aveva trovato la più piena realizzazione la tendenza medievale della mescolanza degli stili, che rovesciava i molteplici aspetti della realtà. Petrarca, al contrario, torna ad operare nella realtà una rigorosissima selezione, escludendo dall’ambito della poesia ogni aspetto concreto o umile della vita quotidiana. Lo si è constatato già nelle prose latine, ma ciò è tanto più vero per le liriche del Canzoniere. Questo comportamento di Petrarca è da attribuire alla crisi della sua coscienza. Il classicismo formale di Petrarca, che si manifesta come selezione e idealizzazione del reale, diviene la causa della sua rinuncia ad affrontare il vasto mondo esterno e della sua concentrazione esclusiva sul mondo interiore. Questo diverso modo di accostarsi al reale si riflette inevitabilmente sulla lingua e lo stile. Infatti la rigorosa selezione a cui Petrarca sottopone il reale si traduce in una lingua che impiega un numero ristrettissimo di vocaboli. 15
Capitolo 4 · Francesco Petrarca
Non solo, ma il linguaggio petrarchesco è anche rigorosamente uniforme: i pochi termini ammessi sono attinti tra quelli più piani e generici. Contini, per definire lo stile petrarchesco, ha parlato di ”unilinguismo”. In sintesi la fisionomia complessiva del capolavoro petrarchesco risulta dalla quasi miracolosa fusione di due aspetti apparentemente antitetici: da un lato l’inquieta e tormentata visione di un’epoca di crisi, dall’altro un gusto poetico eminentemente classicistico.
Le principali liriche Solo et pensoso i più deserti campi dal Canzoniere, XXXV
Solo et pensoso i piú deserti campi vo mesurando a passi tardi et lenti, et gli occhi porto per fuggire intenti ove vestigio human l’arena stampi.
Traduzione in portoghese di Lais Cerqueira Guerra, alunna brasiliana di Intercultura
Só e pensativo, entre os mais desertos campos, Vou mesurando à passos tardios e lentos, Com os olhos bem abertos para fugir De qualquer vestígio humano deixado na areia.
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Il Canzoniere
Altro schermo non trovo che mi dal manifesto accorger de le perché negli atti d’alegrezza di fuor si legge com’io dentro avampi:
scampi genti, spenti
sì ch’io mi credo omai che monti et piagge et fiumi et selve sappian di che tempre sia la mia vita, ch’è celata altrui. Ma pur sí aspre vie né sí selvagge cercar non so ch’Amor non venga sempre ragionando con meco, et io co’llui.
Traduzione in inglese Alone and thoughtful, the emptiest fields I’m measuring with my slow, tardy steps, and with my eyes I’m running away where not a single footstep is printed in the sand. I can not find another possible shelter to hide me from everybody’s awareness, because in all my acts, so lacking in joy, it’s easy to see, outside, how I’m burning inside;
Não consigo encontrar outros meios de derrubar a atenção dos demais, Porque em atos imoderados Se vê que por dentro ardo, De amor. Assim creio agora as montanhas e planícies, os rios e florestas já sabem dos ânimos da minha vida, que tenho a intenção de esconder dos outros. Além disso há lugar apertado e solitário Acho, onde o Amor não leva-me em todos os momentos falando comigo e eu com ele.
Traduzione in francese Seul et pensive les champs plus déserts Je marche à pied Et avec le regarde que je fais attention à eviter les endroits Où la terre est marquée par des empreintes humaines. Je ne trouve pas une autre façon De garder les gens à comprendre, parce que dans les actes qui ont pas de joie il est lit vers l’extérieur brulant d’amour.
Si bien que je crois maintenant que seulement les montagnes therefore, I believe that all these mountains and beaches et les plaines, and rivers and woods now know very well how cruel les rivières et le forets savent que ce contenu, is my life, which is hidden to men. qui est caché aux autre, c’est ma vie. But I can not find paths wild and rough enough to force Love not to walk on my side: He keeps on speaking with me, and I with him.
Mais aussi de cett emanière je ne trouve pas de rues Si escarpées et solitaires à eviter que Amour toujours Vient me parler et moi avec lui.
Analisi del testo Il sonetto “Solo e pensoso i più deserti campi” del ”Canzoniere” è stato scritto da Petrarca probabilmente nel 1342. In questo sonetto il tema centrale è la solitudine. Petrarca cerca di isolarsi, perché si vergogna del suo stato d’animo. Si comprende facilmente che c’è un desiderio di comunicare le sue pene alla natura, la quale, però, non è descritta in maniera realistica. La scena , infatti, non viene posta in uno spazio ben chiaro e delineato, ma , insieme al tempo, è collocata in una dimensione del tutto interiore. Il poeta vorrebbe evitare gli uomini, ma è sempre ossessionato dal pensiero dell’amore. La solitudine non è altro che un colloquio con se stesso. Il tutto è di fatto il racconto idealizzato del suo tormento interiore, che però è armonizzato dalla espressione poetica. Nel sonetto le quartine sono caratterizzate da una rima incrociata, e le terzine da una replicata, secondo lo schema ABBA, ABBA, CDE,CDE. Nella strutturazione del testo si riconosce una precisa architettura, interamente incentrata su concetto di “coppia”. A livello strofico si può notare che le quartine sono divise simmetricamente in due coppie di versi 17
Capitolo 4 · Francesco Petrarca
(2+2, 2+2). Nella prima quartina le due coppie sono coordinata fra loro dalla congiunzione “e”.Nella seconda la coordinazione è sostituita da una proposizione causale. A livello dei singoli vocaboli, ci sono numerose coppie formate da termini equivalenti dal punto di vista grammaticale: << monti e piogge>>. Inoltre il poeta introduce alcune figure retoriche nei punti chiave del testo, allo scopo di sottolineare le idee fondamentali della riflessione contenuta nella poesia: il polisindeto “monti e piogge…“ (vv.9-10); la metafora “avampi/spenti” (vv.7-8); la personificazione di “Amore” (v13). La rappresentazione in forma personificata dell’Amore ha una precisa funzione espressiva : quella di suggerire con energia al lettore l’idea di una presenza insistente e continua, quasi fisica, che tormenta il poeta alla disperata ricerca di pace. L’elemento che determina la fluidità del movimento poetico è il ritmo. Infatti le cesure e le pause interne ai versi sono rarissime, e non vi sono enjambements: tutto ciò dà al sonetto il senso di una impareggiabile scorrevolezza musicale.
Erano i capei d’oro e l’aura sparsi dal Canzoniere, CXXVI Erano i capei d'oro a l'aura sparsi che 'n mille dolci nodi gli avolgea, e 'l vago lume oltra misura ardea di quei begli occhi ch'or ne son sģ scarsi; e 'l viso di pietosi color farsi, non so se vero o falso, mi parea: i' che l'esca amorosa al petto avea, qual meraviglia se di subito arsi? Non era l'andar suo cosa mortale ma d'angelica forma, e le parole sonavan altro che pur voce umana; uno spirto celeste, un vivo sole fu quel ch'i' vidi, e se non fosse or tale, piaga per allentar d'arco non sana.
Analisi del testo Il sonetto “Erano i capei d’oro a l’aura sparsi” fu scritto da Petrarca probabilmente nel 1342. Nel sonetto il poeta descrive i propri ricordi nel momento in cui ha incontrato, per la prima volta, Laura e si è innamorato di lei. La donna aveva i capelli del colore dell’oro, mossi dal vento che li intrecciava in numerosi dolci nodi. La luce incantevole dei suoi occhi belli, che ora non c’è più, splendeva oltre misura. A Petrarca sembrava che il viso di Laura manifestasse verso di lui compassione, vera o falsa che fosse; non c’era da meravigliarsi se il poeta che era predisposto all’amore si infiammasse di colpo. L’incidere di Laura non era quello di una donna ma di un’essenza angelica e le sue parole avevano un suono diverso da quello di una creatura umana. Petrarca dice di aver visto uno spirito celeste, un sole splendente e, se col passare del tempo non fosse più così, la sua ferita non
potrebbe guarire e resterebbe come la ferita provocata da una freccia, anche se la corda dell’arco, da cui è stata scagliata, si è allentata. Il sonetto, rievocando l’innamoramento di Laura, ha al centro il motivo dell’apparizione della donna in tutto il fulgore della sua bellezza. È un motivo di chiara ascendenza stilnovistica: lo sottolinea l’insistenza sul carattere sovrannaturale di quella bellezza e l’uso di formule tipiche, l’ “angelica forma”, lo “spirito celeste”, le parole che suonano “altro, che pur voce umana”. Anche i tratti fisici della bellezza, i capelli d’oro, i begli occhi luminosi, l’incedere armonioso, richiamano le convenzioni cortesi e stilnovistiche. Laura non è, nonostante la ripetizione delle formule canoniche, una creatura sovrannaturale, ma una donna, sottoposta al peso della carne mortale e alle sue misure. Tutta la struttura compositiva del sonetto poggia su una contrapposizione tra passato e presente: si noti l’avverbio di tempo “or” ripetuto due volte, al verso 4 e al 13, ed il gioco dei tempi verbali (“erano”,”avolgea”, “ardea”, “parea”, “avea”). 18
Il Canzoniere
Confronto tra Dante e Petrarca- Presentazioe Toondoo
Il Canzoniereâ&#x20AC;&#x201C; Presentazione Powtoon
La vita e le opera di PetrarcaPresentazione Piktochar 19
Esercizi online: Sulla piattaforma didattica digitale Socrative Student inserisci il nome della room
CANZONIERE