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INTRODUZIONE
L’idea
di una raccolta degli studi e degli approfondimenti letterari degli alunni
del Majorana è nata dalla creatività degli alunni della classe quinta B del liceo scientifico «Ettore Majorana» di Sessa Aurunca (a.s. 2018-19). I ragazzi hanno lavorato con impegno ed entusiasmo per lasciare una memoria storica dei loro lavori e di quelli dei loro “compagni d’armi”, gli allievi del Majorana. Quale mezzo più tecnologico, innovativo e liquido (come piace a Baumann!), continuamente “in fieri”, di un ebook per una realizzazione immediata, accattivante e facilmente fruibile e consultabile? Constatare che in un Liceo Scientifico
la letteratura, il suo studio e approfondimento
riscuotano ancora tanto successo è indice che esso coniuga in maniera eccellente cultura umanistica e scientifica e mostra chiaramente la sua resilienza alla desertificazione dello spirito.
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STUDI LEGGIADRI LLLEGGIADRI Indice generale
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Introduzione D’Annunzio: da esteta a eroe nazionale di Giuseppe Reitano Gabriele D'Annunzio "Ah perché non è infinito come il desiderio, il potere umano?" di Roberta Asseri Maria, l’onnipresente sorella di Giovanni Pascoli di Paola Campagna L'inetto: l’incapace a vivere di Daniela Rullo Dostoevskij creatore del romanzo polifonico di Daniela Rullo Il Cavaliere inesistente di Calvino, riflesso dell’uomo moderno che non fa piu’ attrito con nulla di Antonello Darino IT WASN’ T ONLY A FLIRT… Constance Dowling: la donna amata da Pavese e da Kazan di Marcella Stabile Elio Vittorini: un grande intellettuale e scrittore di Emiliano Capezzuto L’umano arriva dove arriva l’amore di Andrea Cresci Il ritratto di Dorian Gray: il sogno di una bellezza perfetta di Cristina Verrengia Calvino scrittore di canzoni di Gianluca Passaretti Miguel De Cervantes Saavedra e la giornata mondiale del libro e dei diritti d'autore di Mario Casale IO, DUBLINO E JOYCE ... Il mio flusso di coscienza di Antonio Maria Di Marco La cura di Franco Battiato di Marcella Stabile Fai bei sogni di M. Gramellini di Aniello Poccia Quella "rivoluzione" chiamata Luigi Tenco
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di Stefania Migliozzi “Lettera alla madre” di Edith Bruck: il ritorno alla vita dopo la Shoah di Stefania Migliozzi In mare aperto verso l'orizzonte. Interlocutori in barca con l'autore di Daniela Rullo e Luigi Palmese Apocrifo Dantesco Infernale: Didone fra i lussuriosi.
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di Luigi Palmese Salvatore Morelli: il pioniere dell’emancipazione femminile e dei diritti civili di Enza Palmese Il concetto di bellezza in Foscolo e Peppino Impastato di Mario D’Onofrio Il Barone Rampante, un romanzo complesso e composito di Luigi Ficociello e Carlo La Vecchia Un nuovo modo di vedere Leopardi: il cacciatore di bellezza di Marcella Stabile Apologo sull’onestà nel paese dei corrotti di Silvia Pauroso I sommersi e i salvati di Lorenzo Mancini Amami di Minerva Freda Meriggiare stanco e annoiato di Carlo La Vecchia Siddharta di Stefania Migliozzi Un classico dell’horror: “Pet Sematary” di Stephen King Di Giulio Armando Palmieri Colloqui fiorentini- Eppure resta che qualcosa è accaduto, forse un niente che è tutto Xenia II, 13di Maria Carolina Ceci, Gaia Liguori, Francesca Reitano, Maria Grazia La Pietra Giorgio Caproni, poeta del sole, della luce e del mare di G.I.P. Figli illustri della nostra terra. Gioacchino Paparelli. di Francesca Fastoso
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“Un paese ci vuole, non fosse per il gusto di andare via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo che anche quando non ci sei resta ad aspettarti…” da La luna e i falò di Antonello Darino NON SOLO LETTERATURA… SCIENZA, TECNICA E TECNOLOGIA
Cattiva alimentazione e vita sedentaria? il cuore rischia di Andrea Ermellino Mangiare per vivere, non vivere per mangiare di Francesco Imparato L'avanzare della tecnologia non si ferma: ecco d-wave il computer quantistico di google di Christian Di Iorio e Pasquale Perrotta Timelooper: un viaggio nel tempo di Marcella Stabile Il simbolo dell'uguale: l'innovazione pratica Di Valentina Boccucci Non è nell'ippocampo che va ricercato il responsabile del morbo di Alzheimer. Riusciremo a non dimenticare? di Alice Tosello Il piu’ grande mistero dell’universo di Lorenzo Costantino Verso la scoperta del dna. Il Principio di Trasformazione di Griffith di Francesco Caruso L’evoluzione culturale: il progresso della società civile di Antonello Darino Il lato spericolato del cervello ama il gioco d’azzardo di Andrea Cresci
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Gabriele D’Annunzio fu senza
dell'esperienza
dubbio uno dei personaggi più
letteraria che lo scrittore aveva
importanti del ‘900. Ebbe una
vissuto fino a quel momento.
personalità stravagante e unica
L’ identità autore-protagonista
e fu considerato da molti un
pose D’Annunzio in una posizione
modello da imitare e da molti
di
altri da evitare.
autocritica,
La
sua
poetica
è
distacco
mondana
narrativo ovvero
e
e
di
egli
si
stata
identificò con il protagonista,
l'espressione più appariscente
ma allo stesso tempo criticò la
del Decadentismo italiano.
sua falsità, la sua doppiezza, la menzogna e
Egli riprese dalle figure più importanti di
l'inganno che usava nei confronti delle donne
quello europeo modi e forme, utilizzandoli
da lui amate e possedute.
come elementi decorativi della sua fastosa
Il protagonista, Andrea Sperelli, ci appare
arte letteraria, ma senza approfondirne
quasi come una figura intermedia tra il
l’aspetto filosofico e l’intima problematica .
superuomo e l'inetto, che ha perso il dominio
Aderì
tendenza
di sé, la propria genuinità, la facoltà di agire
irrazionalistica e al misticismo estetico del
senza ambivalenze e di godere a pieno i
movimento letterario, rigettando la ragione
piaceri agognati.
come
"Il piacere" non rappresenta tuttavia il
soprattutto
strumento
di
alla
conoscenza
per
abbandonarsi invece alle suggestioni del
definitivo
distacco dello scrittore
senso e dell'istinto.
modello
Nota forse anche più della sua attività
destinata
letteraria è la sua vita personale,“ il vivere
caratteristiche derivanti dall'ideologia del
inimitabile”, che affascinava gli italiani dei
superuomo.
suoi tempi, sui quali aveva un importante
All'inizio degli anni Novanta dell'Ottocento,
ascendente, che gli fu particolarmente utile
infatti,
durante la sua attività politica e militare.
attraversare un periodo di crisi, cercò nuovi
Nel suo primo romanzo “Il piacere”, del
orizzonti, al di fuori della società in cui
1889, confluisce ed è oggettivata la crisi
viveva; trovò una soluzione nell'ideologia del
dell'esteta; ad
lo
questo,
arricchirsi
scrittore,
dal
anzi, di
è
altre
consapevole
di
superuomo, affine al modello del filosofo
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tedesco Nietzsche, un mito non solo di
per i lavoratori, le pensioni di invalidità, il
bellezza, ma anche di energia eroica e
suffragio universale maschile e femminile, la
attivistica. Il superuomo doveva mettere in
libertà di
primo piano il proprio istinto, la propria
orientamento sessuale, la depenalizzazione
intelligenza, la propria volontà di avventura,
dell'omosessualità, del nudismo e dell'uso di
fuori da ogni legge morale.
droga, la funzione sociale della proprietà
Famose sono le sue imprese in ambito
privata, le autonomie locali e il risarcimento
militare che gli valsero il titolo di vate.
degli errori giudiziari, il tutto molto tempo
Altrettanto celebre è l’impresa di Fiume
prima
durante la quale, insieme ad un esercito di
dell'epoca.
volontari, occupò la città e ne proclamò
Conclusasi l’esperienza fiumana con il Natale
l’annessione all’Italia.
di sangue, D’Annunzio si ritirò nella villa di
Con questo gesto D'Annunzio raggiunse
Cargnacco, ribattezzata da egli stesso il
l'apice del processo di edificazione del
Vittoriale degli Italiani.
proprio mito personale e politico.
Qui lavorò e visse fino alla morte, curando
Inoltre,
costituzionali
durante la reggenza del Carnaro D’Annunzio
di simboli di cui la sua stessa persona
e il governo fiumano vararono tra l'altro la
costituiva il momento di attrazione centrale.
Carnaro,
menzionare
carte
con gusto teatrale un mausoleo di ricordi e
del
necessario
altre
di religione e di
che
Carta
è
di
opinione,
una
costituzione
provvisoria, che prevedeva numerosi diritti
Giuseppe Reitano
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La storia ci consegna gli eroi, grandi
quale ci sfugge sempre più attimo dopo
personalità le cui gesta, parole e imprese
attimo.
non verranno mai dimenticate. Eroi sono coloro che vivranno per sempre tramite il loro ricordo perpetuo tra la gente, sono gli
“Il mondo è la rappresentazione della
immortali.
sensibilità e del pensiero di pochi uomini
Accedere a
questa
gloriosa
condizione non è da tutti: ben poche sono le figure che passano alla storia ed entrano a far parte dell’immaginario comune per sempre. L’ambizione massima di ogni uomo è l’immortalità, quella sete di vita eterna la
superiori.” (da Le vergini delle rocce) "Io sono qualcuno, io sono qualcosa", questo sembra dire il poeta Gabriele D'Annunzio che ha riempito la sua vita di lussi, sfarzi, donne e potere per colmare un terribile senso di vuoto, per raggiungere l'assoluto,
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così
lontano dal tipico uomo in crisi
sedicenne, la pubblicazione della sua prima
decadente. Aggrapparsi a tutto ciò che di
raccolta di poesie, il “Primo Vere”; la
materiale c'è per rendere più dolce e
pubblicizzazione di questa raccolta venne
sopportabile
alimentata dallo stesso D’Annunzio che fece
la
perdita
della
propria
identità. Come sconfiggere l'oblio? Come coprire l'infinito silenzio dell'anima? La risposta è nella ricerca di un ideale in un mondo che non ne ha, cercare un senso alla propria vita e trovarlo solo nell'eroismo, nella voglia di superare ogni limite umano:
diffondere la notizia della sua morte. Trasferitosi a Roma, dove si iscrisse alla Facoltà di Lettere, trovò un ambiente a lui molto
ragione eroica di vivere. Dimmi tu se noi possiamo continuare ad essere uomini senza aver la certezza che
l’ora
di
trasumanare
ritornerà,
Oreste.”(Notturno,1916)
approfittando
della
presenza di un nutrito gruppo di intellettuali abruzzesi suoi conterranei che diffusero nella
“Dimmi tu se noi possiamo vivere senza una
favorevole,
Capitale,
soffocata,
un
culturalmente a
cultura
chiusa
e
provinciale
e
vitalistica che stuzzicò e stimolò l’ambiente romano. Qui ebbe il primo contatto con la Roma “bene”, che ben si conciliavano col suo gusto per la bellezza ed il lusso, dovendosi però prima adattare al lavoro giornalistico per
Ma è D'Annunzio realmente un eroe? Incarna davvero la figura del superuomo ideale? O forse è solo un uomo spaventato dalla
morte,
dall'ordinarietà
e
dal
quotidiano?
duchessa
di
Gallese
Maria
Hardouin,
all’epoca già incinta, dalla quale ebbe tre figli. Si separarono subito, pur restando in ottimi
rapporti,
a
causa
dei
continui
tradimenti del Vate, tra cui Maria Gravina,
Se tenessimo conto delle cronache della sua vita, potremmo anche affermare che il suo è sempre stato un vivere al massimo, godendo appieno della bellezza del mondo, dell'arte, delle donne. “Bisogna fare la propria vita, come si fa un’opera d’arte”. Queste parole
madre della figlia Renata. L’esperienza romana risultò fondamentale per l’individuazione di modelli di rifermento culturali nei quali D’Annunzio si immedesimò fino a spendervi tutte le sue forze.
contenute ne “Il piacere” sono quelle che
L’apice del successo del Vate arrivò dopo la
meglio descrivono la vita che Gabriele
pubblicazione
D’Annunzio è riuscito a crearsi; una vita
piacere”. Questo romanzo inaugurò una
sfarzosa, sregolata, perversa, passionale,
nuova prosa, disinvolta, stravagante, fuori
geniale.
dagli schemi, che creò attorno alla figura del
Egli dimostrò fin da ragazzo un carattere ambizioso e senza inibizioni, accompagnato
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necessità economiche. Nel 1893 sposò la
del
suo
capolavoro,
“Il
letterato l’immagine del “divo” da imitare, quasi come i V.I.P. contemporanei.
da un innato amore per la poesia. Risale
Nel 1897 provò anche l’esperienza politica,
infatti
venendo dapprima eletto deputato della
al
1879,
quando
era
appena
destra
per
poi
passare
alla
sinistra,
D’Annunzio non era l’annessione di Fiume al
giustificandosi con la celebre frase: “Vado
Regno D’Italia, ma rafforzare ancor di più il
verso la vita”.
suo mito. Proclamatosi comandante della
Nel 1904 terminò la relazione con Eleonora Duse,
dopo averla tradita
e dopo la
pubblicazione del romanzo “Il fuoco”, dove egli scrisse ogni particolare della loro relazione. Sommerso dai debiti per poter
Reggenza Italiana del Carnaro, si oppose a qualunque
invito
o
accordo
che
riguardassero lo sgombero di Fiume. Ci volle solo l’intervento del governo italiano e dell’esercito.
appagare la sua dispendiosa voglia di vivere,
Deluso dall’esito dell’impresa, decise di
pur di sfuggire ai creditori si trasferì in
auto-esiliarsi nella villa del Cargnacco, che
Francia. A Parigi aveva una certa fama e ciò
successivamente
fece sì che potesse continuare la bella vita
Ribattezzato Vittoriale degli italiani, questo
circondato dalle donne più belle dalla Belle
complesso di edifici, vie, piazze, giardini è
Epoque.
l’edificazione della “vita inimitabile” del
Nel 1915, dopo aver avviato già oltralpe una campagna a favore dell’entrata in guerra dell’Italia, ritornò in patria e il 24 maggio dello stesso anno, all’età di 52 anni, si arruolò nei Lancieri di Novara. Egli era anche un ottimo aviatore e ciò gli permise di partecipare a molte operazioni d’attacco sull’Isonzo ma nel 1916, a causa di una ferita non curata causata
in un atterraggio
d’emergenza, perse l’occhio destro. Questo non gli impedì di ritornare alle armi e, promosso al grado di Maggiore, guidò la squadra aerea San Marco alle imprese contro il porto di Cattaro e al Volo su Vienna
acquistò
e
ampliò.
poeta-soldato; egli visse e lavorò lì fino alla morte. La costruzione del Vittoriale seguì la stessa onda di stravaganza, sfarzosità, disinvoltura
ed
esagerazione
che
accompagnarono la vita del Vate; basta pensare alla presenza della nave militare “Puglia” nei giardini, o dell’ Ansaldo S.V.A., l’aereo con cui il poeta compì il Volo su Vienna, nell’auditorium dello Schifamondo, o alla tartaruga in bronzo posta a capotavola nella sala del Cheli, ricavata dal carapace di una vera tartaruga donata al poeta da un’amante, che morì per indigestione e posta lì a richiamare un monito contro l’ingordigia.
per poi congedarsi col grado di Tenente Colonnello. Le imprese belliche non fecero “Io altro che accrescere la sua fama; egli m'è tuttavia si dichiarò insoddisfatto degli esiti aE della guerra, facendosi voce di un movimento, che comprendeva anche Benito Mussolini, che parlava di “vittoria mutilata”
necessario come il respiro.” (da una lettera a Emilio Treves, 1896) La fama che D’Annunzio acquistò lo resero celebre tra i fascisti, che utilizzarono i
dagli accordi della Pace di Londra.
motti e i simboli dell’impresa di Fiume; al
Nel 1919 iniziò l’occupazione di Fiume,
contrario di quanto si pensi, a parte l’iniziale
territorio italiano non assegnato all’Italia
adesione ai fasci di combattimento, il poeta
dagli accordi internazionali. L’obiettivo di
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“Io sono un animale di lusso; e il superfluo
non si iscrisse mai al partito fascista. Ebbe
dei
rapporti
con
già
incongruenza tra la sua vita pienissima e la
dall’esperienza di Fiume, che quest’ultimo
sua persona, afflitta costantemente da un
aiutò a finanziare. Mussolini cercava di
senso di vuoto e malinconia tipico del
ingraziarsi il poeta ricoprendolo di onori e
Decadentismo. Come riempire, allora, quel
assegnandogli
voleva
vuoto esistenziale impossibile da colmare
ricoprire, poiché temeva la sua popolarità e
con tutto ciò che di materiale si possa
la sua personalità indipendente. Addirittura
avere? D’Annunzio ci prova tramite l’Arte. Ci
venne messo sotto stretta sorveglianza dal
prova mostrando la sua realtà, vista con i
regime per i buoni rapporti che aveva col
propri occhi, e fare della propria vita
mondo socialista, libertario e rivoluzionario,
un’esperienza vivibile dal lettore. E dunque
in particolare con Alceste de Ambris,
la Parola, il Verso (spesso riportati proprio
socialista ed ex legionario di Fiume, e con il
con
politico Aldo Finzi, fascista di sinistra.
elementi fondamentali di una nuova ricerca,
D’Annunzio
la ricerca di un senso che dia significato a
cariche
Mussolini
che
successivamente
non
si
oppose
all’avvicinamento dell’Italia alla Germania di Hitler,
che bollò come un
“pagliaccio
feroce”.
maiuscola)
diventano
gli
tutto il suo agire. L’uso della parola dannunziana rispecchia in pieno l’estetismo del poeta: il suo linguaggio
Il 1° marzo 1938 il Vate morì nella sua villa.
è
Ai funerali di Stato voluti dal regime vi fu
descrizioni di cui è mezzo.
una straordinaria partecipazione; è sepolto nel mausoleo del Vittoriale.
aulico,
sfarzoso
proprio
come
le
È da ricordare, inoltre, che nonostante la classica avversione di insegnanti e di
Esteta, soldato, poeta, amante, romanziere,
personaggi politici, d’Annunzio oltre ad aver
drammaturgo,
stato
fatto la propria vita un’opera d’arte, è stato
Una vita piena,
un grande innovatore della lingua italiana e
esagerata, perversa in tutti i campi, ma una
se non fosse stato per lui, ancora oggi, non
vita in cui ha osato e che l’ha consegnato alla
avremmo i termini “tramezzino” e “velivolo”
storia, dipingendolo nell’immaginario comune
e senza di lui il Fascismo non avrebbe mai
come una figura eroica, al di là degli ideali
portato alla ribalta motti come “Me ne
da lui esaltati, spesso contestati perché
frego”, “Cosa fatta capo ha” e indumenti
affini a quelli del Fascio.
come la camicia nera e il fez (abbigliamento
esiliato;
Gabriele D’Annunzio.
questo
è
Ma una figura non è una persona: figura è ciò che oggettivamente si può osservare di una persona, costituita dall’insieme di gesta e azioni compiute da qualcuno; dietro ogni figura si cela una persona, un essere con i propri
dubbi,
le
proprie
paure,
preoccupazioni e motivazioni. Se con le sue gesta d’Annunzio si è certamente assicurato il ricordo dei posteri, troviamo una forte
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l’iniziale
che d’Annunzio indossava quando se ne andò da Fiume) e non avrebbe mai dato vita al “manganello e olio di ricino”, che d’Annunzio propose a Mussolini e non avrebbe mai marciato su Roma, se non a imitazione della marcia su Roma e neppure gridato da un balcone l’entrata in guerra, se d’Annunzio non
lo
avesse
già
governativo di Fiume.
fatto
dal
palazzo
patria, l’Italia. Alla luce di ciò, notiamo che “’Me ne frego’ è scritto nel centro del gagliardetto azzurro che l'altra notte consegnai ai serventi delle mie mitragliatrici blindate, tra i pinastri selvaggi della collina, al lume delle torce e delle stelle, mentre la piccola schiera dei volontari dalmati cantava il vecchio canto del Quarantotto, grande come il tuono dell'organo nelle navate di Sebenico o di Spalato. Il motto è crudo. Ma a Fiume la mia gente non ha paura di nulla, neppure delle parole.”
il mito del superuomo, è una risposta ideologica alla crisi che l’intellettuale stava vivendo all’epoca. Un' altra caratteristica sovrumana che incontriamo in D'Annunzio è il “panismo”, proveniente dalla sua abilità di entrare in perfetta comunione con la natura e di trarne energia. Sebbene
ci
siano
molti
aspetti
che
conferiscono al poeta un atteggiamento eroico va sottolineato che nonostante le D’Annunzio dà vita ad una nuova figura letteraria
che
Decadentismo:
rompe il
personaggio
i
canoni
superuomo. gli
un'energia illimitata
del
Questo
conferisce
ed
inarrestabile
la
quale provoca nel suo animo una profonda volontà di dominio e lo autorizza ad agire oltre ogni confine morale.
energie inesauribili e il rigoglioso vitalismo, vi siano delle "forze disgregatrici" che ostacolano
la
sua
grandezza
e
il
raggiungimento dei suoi ideali. Queste forze sono due: la donna e la morte. La donna Ippolita Sanzio nel Trionfo della morte
,che
lui
identifica
come
un
personaggio che subordina l’uomo e ne succhia le energie portandolo così alla
“Non temere! Accogli l'ignoto e l'impreveduto e
distruzione. Troviamo poi la "Femme fatale" individuabile nel personaggio di Violante in
quanto altro ti recherà l'evento; abolisci ogni
“La Vergine delle rocce”, donna che ostacola
divieto; procedi sicuro e libero. Non avere ormai
il protagonista nella ricerca di una degna
sollecitudine se non di vivere. Il tuo fato non potrà
consorte. Un’ eccezione alla canonica figura
compiersi se non nella profusione della vita.” (da
della donna dannunziana è Foscarina Perdita,
Le vergini delle rocce)
personaggio de “Il Fuoco”, la quale decide di sacrificarsi e di abbandonare il protagonista per non distrarlo dal raggiungimento dei suoi
Il Poeta nutre una forte avversione per i principi
democratici
ed
egualitari
che
contagiano la potenza dell'eroe ed infatti la personalità di quest'ultimo gli conferisce il diritto di imporsi sulle masse instaurando una sorta di gerarchia. Così facendo ci appare come un “vate” che ha il compito di far riemergere la propria
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obiettivi. Un altro discorso invece spetta alla seconda forza disgregatrice, la morte. Le forze negative della morte spingono, il protagonista de “Il trionfo della morte”, Giorgio
Aurispa
fallimento,
al
suicido
,
cioè
al
ma nonostante ciò la morte,
esercita un’evidente fascino sul Poeta che
assume
cosĂŹ
un
chiaro
atteggiamento
Decadente.
che minaccia la sua esistenza , ne diviene il cantore.
Dalle precedenti considerazioni possiamo affermare che il superomismo dannunziano non è altro che una risposta ideologica della sua posizione nella societĂ del tempo, egli pur di esorcizzare la paura verso la realtĂ
Roberta Asseri
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15
Maria Pascoli è stata l'onnipresente sorella
si fece veramente complicata e le due
di uno dei grandi poeti del 1900: Giovanni
andarono a vivere per un po’ in casa del
Pascoli.
e
fratello Giacomo, il maggiore di età, ma,
controverso, ha saputo creare intorno al
quando questi decise di sposarsi, furono
fratello l'ambiente di cui aveva bisogno.
portate
Questa donna, descritta sempre come la
solamente quando Giovanni, ormai laureato e
pallida vestale della casa del fratello, ha
professore, le riprese con sé.
dimostrato
Si
Personaggio
una
affascinante
forte
sensibilità
e
in
collegio
ricostituì
da
allora
il
dove
nido
uscirono
che
non
soprattutto un gran carattere, che è ciò che
comprendeva, però, gli altri fratelli che ne
maggiormente colpisce chi ne studia la
restarono sempre al di fuori. Qualche anno
biografia, biografia di una vita nata nel
dopo “uscì dal nido” Ida con grande dolore di
segno della difficoltà.
Maria
Figlia di Ruggero e Caterina Pascoli, Maria
matrimonio
Pascoli detta Mariù, nacque nel 1865 poco
tradimento.
prima che il padre, amministratore delle
Da allora in poi la vita si sarebbe svolta fra
immense proprietà dei Torlonia, fosse
loro due, uniti in ogni momento della loro
ucciso, nel momento in cui le difficoltà
esistenza e profondamente infelici le rare
familiari si facevano gravi.
volte che dovettero, anche se per brevi
Dopo la sua morte la famiglia fu costretta a
periodi, allontanarsi.
trasferirsi a San Mauro e, diversamente da
Mariù fu profondamente legata anche ad un
quanto comunemente si afferma, se pure le
altro colosso della letteratura di questi anni:
condizioni non fossero più prospere come
Gabriele
una volta, era ben lontana dalla miseria.
lettere scambiate tra i due tra cui anche
Tuttavia la disgrazia maggiore si ebbe con la
alcune poesie di Mariù, che furono poi
morte di Caterina Pascoli, che non riuscì a
pubblicate sulla rivista "Marzocco", dove la
reagire all’assassinio del marito e alla morte
donna dimostra, se non una profonda
di una delle figlie. Fu allora che la situazione,
cultura, certo la conoscenza di regole
specialmente per Mariù e Ida, l’altra sorella,
poetiche.
e
Giovanni come
che un
D'Annunzio.
vissero vero
Molte
e
il
suo
proprio
furono
le
Gabriele
D’Annunzio
inviò
a
Maria
il
manoscritto dell’ultimo componimento di
Alcyone, il Commiato, che si chiude appunto con un’immagine di Maria:
Ode, così gli parla. Ed alla suora, Che vedrai di dolcezza lacrimare, Dà l’ultimo ch’io colsi in su l’aurora Giglio del mare. (vv.189-192)
Il ritratto di Maria è muto, ma il suo esserci
Maria
scrisse
dimostra che D’Annunzio l’aveva incontrata
ringraziamento a D’Annunzio che il poeta-
(i loro incontri sono stati brevissimi e non più
vate, autorizzato dalla donna, pubblicò sulla
di due o tre) e aveva anche sentito la forza
prima pagina della rivista Marzocco, il 10
della sua presenza muta.
gennaio 1904:
L’episodio ebbe anche poi un successivo sviluppo: D’Annunzio inviò a Maria, a Natale dello stesso anno, un panettone. A Gabriele D’Annunzio
Siedo pensosa, o Gabriel. Da canto m’è il dono vostro. Con la sua corona di rose, avvolta nel suo niveo manto, grande ma buona, la Pania dice: «A te, povera figlia, molto fu tolto, molto fu negato! Alla mia neve pallida somiglia freddo il tuo fato! Ma roseo come un cirro mio, ti s’alza oggi un pensier dall’anima. L’Aedo ch’a me tuttora per l’opposta balza giungere io vedo, lo so, t’offerse il dolce pane... Oh stanco è tuo fratello dal fatale andare!
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allora
una
poesia
di
A lui lo porgi: per te basti il bianco giglio del mare!»
Il Vicinelli, che definisce il testo poetico di
mentre lei era per il fratello la sua ''povera
Maria Pascoli una «più esile voce di poesia»,
mamma''. In questo quasi surreale rapporto
cerca di spiegare la decisione di D’Annunzio
tra fratelli, nonostante il loro tentativo di
di farlo pubblicare: Gabriele, «sempre
restare attaccati al " tempo felice", con il
abilmente
voluto
passare degli anni, l'amarezza di Giovanni e
guadagnarsi le buone grazie di Giovanni, con
Mariù cresceva, assieme alla consapevolezza
cui c’erano
dell'avvicinarsi della morte.
state,
garbato»,
nel
tempo,
avrebbe
delle
tensioni
e
Le lettere mostrano che i due fratelli si
incomprensioni.
resero conto, ad un certo punto, che la loro
Tutta l’ultima parte del Commiato è, infatti,
vita in comune era stata assurda, perché si
un grande e potente omaggio a Giovanni
erano condannati a un amore non praticabile,
Pascoli e alla sua poesia, ma la pubblicazione
a una vecchiaia senza figli.
della poesia della sorella era per D’Annunzio
Anche Mariù, che nella passione per il
certamente il modo migliore per rientrare
fratello aveva trovato un senso pieno per la
nelle grazie di Giovanni.
propria vita, era tormentata dal rimpianto
Comunque gli anni più significativi della vita
per i ''figli suoi non nati'', e tante volte nella
di Maria Pascoli furono quelli dopo la morte
corrispondenza con la sorella Ida ricordava
di Giovanni, avvenuta nel 1913, perché allora
''l'enorme gioia'' che aveva ''in quei tre
veramente divenne la vestale della sua opera
capini biondi", i nipoti.
e della sua memoria.
Maria morì nel 1953, lasciando, per via
È stata proprio Maria, infatti, a raccontare
testamentaria, al Comune di Barga la casa, la
le memorie del "nido", “mettendo in campo”
cappella, i libri, i manoscritti di Giovannino, i
le lettere private che Giovannino inviò dalle
premi da lui ottenuti, i ricordi di famiglia e
sue
lettere
quant'altro nella casa è contenuto, con
appassionate, come di un amante prima
l'obbligo di provvedere alle spese della
felice, poi deluso, anzi disperato. Chiama le
manutenzione. Fu sepolta nella cappella della
due
sua
diverse
sorelle
«compagnine»,
trasferte:
con
sono
molteplici
«sorelline»,
diminutivi: «mammine»,
dimora
di
Castelvecchio
accanto
all'amato fratello Giovanni.
«anime adorate», «angioline mie belle».
Maria ha lasciato la storia della sua vita in
Pascoli era inseparabile dalla famiglia, anche
un manoscritto che è poi stato pubblicato
quando era lontano rimaneva attaccato alle
dopo la sua morte da Augusto Vicinelli:
sorelline. Le lettere sono disseminate di
M. Pascoli, Lungo la vita di Giovanni Pascoli,
tanti accenni alla loro vita affettuosa. Mariù
memorie curate e integrate da A. Vicinelli,
considerava Giovanni il suo ''figliolino'',
Milano, Mondadori 1961.
Paola Campagna
17
A partire dal XIX secolo, la società
Tali idee si traducono nel rifiuto, da parte
occidentale, toccata da importanti scoperte
della società, dell’arte non massificata e
nell’ambito
l’intellettuale diviene un reietto, inutile
tecnologico,
si
rinnova
completamente per mezzo dell’economia e
perché non produttivo.
dell’industria.
Non resta che reagire, rendendo l’arte uno
La creazione di beni, resa più efficiente
strumento della modernità, ponendosi al di
dall’uso
sopra
delle
macchine
e
dalla
di
tutto,
razionalizzazione della produzione, diviene
atteggiamento
maggiormente
anticonformismo.
legata
al
capitale,
che,
o di
assumendo
un
ostentato
concentrato nelle mani di poche società, non
Ma la frustrazione dell’intellettuale si
solo
codifica nella figura dell’inetto, l”ineptus”, il
fa
scomparire
dell’imprenditore
la
figura
indipendente
ed
non adatto alla vita.
individualista, ma anche quella del piccolo
Tra gli autori che hanno analizzato la
proprietario
provocando
caratteristica dell’inettitudine, risalta Italo
l’impoverimento della classe media e la
Svevo, che, a differenza di quanti lo hanno
formazione
impiegatizio,
preceduto, non solo ritrae la condizione
costretto ad un lavoro monotono, arido ed
psicologica di coloro che soffrono di questa
opprimente, che nausea come prendere
incapacità, ma ne individua anche le radici
“troppo di un sol cibo”. Tale ceto affronta la
sociali.
nascita, provocata da una comunicazione
I protagonisti delle sue opere più importanti
veloce e dalla produzione in vasta scala, della
“Una vita” (1892), “Senilità” (1898) e la
cosiddetta
massa”,
“Coscienza di Zeno” (1923), sono accomunati
dalla
innanzitutto dall’incapacità di decidere,
o di
caratterizzata
artigiano, un
ceto
“società
di
dall’omologazione,
perdita dell’autonomia individuale e dalla
infatti come già scrive Leopardi nel 1821:
scomparsa del singolo, che, non più artefice
“È cosa evidente […] che gli uomini di
del proprio destino, entra in crisi.
maggior talento sono i più difficili a
Questa realtà si fonda su nuovi ideali: il
risolversi […]; i più incerti, i più barcollanti e
progresso, la produttività e il profitto.
temporeggianti,
i
più
tormentati
da
quell’eccessiva pena dell’irresoluzione; i più
18
inclinati e soliti a lasciar le cose come
letterato, privilegiato nello spirito. Ad
stanno; i più tardi, restii, difficili a mutar
esempio Emilio tenta di indossare, con la
nulla del presente, malgrado l’utilità o
donna amata, le maschere del “libertino” e
necessità conosciuta. E quanto è maggiore
dell’“l’uomo
l’abito
profondità
come un uomo “immorale superiore”, ma
dell’indole, tanto è maggiore la difficoltà e
queste “maschere” sono supportate solo da
l’angustia di risolvere”.
alibi
Pertanto sono proprio le qualità intellettuali
inevitabilmente dinnanzi alla realtà, in cui
dell’inetto a condurlo verso un continuo
egli non solo è un romantico sentimentale,
studiarsi e osservarsi, fermandone l’azione
schiavo del moralismo tradizionale, ma
e isolandolo, allontanandolo dalla vita, che,
manifesta,
non vissuta ma osservata, è irraggiungibile
professato, un aristocraticismo classista.
anche a causa della goffaggine nei rapporti
In ciò si manifesta il carattere “malato”
interpersonali.
dell’inettitudine, che spinge i personaggi a
di
riflettere
e
la
Ciò
nonostante
rappresentandosi
autoinganni,
che
nonostante
Alfonso Nitti e Emilio Brentani, continua a
degradazione dei temi culturali del tempo, e
nutrire il proprio cervello, un “essere
a rifiutare i
inutile”, “passando ore intere a tavolino” con
borghese, rendendoli “prince des nuées”,
lo studio della letteratura e della filosofia,
adatti solo a “voli poetici”.
opponendosi all’idea di forza virile, che ne
Tuttavia nella “Coscienza di Zeno” emerge il
causa l’esclusione dal meccanismo brutale
carattere “sano” dell’inettitudine, poiché
della lotta per la vita, poiché: “Chi non ha le
l’eroe inetto è un “abbozzo”, il più disponibile
ali necessarie quando nasce non gli crescono
al cambiamento.
mai più. Chi non sa per natura piombare a
I veri malati sono i borghesi, poiché
tempo debito sulla preda non lo imparerà
prigionieri dei propri valori. Infatti cos’è la
giammai e inutilmente starà a guardare come
malattia se non parte integrante del falso
fanno gli altri, non li saprà imitare. Si muore
progresso?
precisamente nello stato in cui si nasce, le
La “vita attuale è inquinata alle radici”,
mani organi per afferrare o anche inabili a
perché la salute “non può appartenere che
tenere”.
alla bestia che conosce un solo progresso,
L’inetto è escluso da questa lotta e,
quello del proprio organismo”, infatti l’uomo,
perdendo
a
affidandosi completamente a ordigni che
“guardare” quanti, con le giuste doti, si
non hanno più niente a che fare con l’arto, fa
esprimono nell’azione.
sparire la legge del più forte.
Egli avverte la sua “inferiorità”, ma decide
La “salute” tornerà solo per mezzo della
di
distruzione del mondo.
creare
partenza,
una sé
realtà stesso
è
costretto
diversa,
in
attraverso
cui le
immagini fittizie dell’uomo virile o del
stereotipi,
socialismo
seguire
in
degli
il
crollano
l’intellettuale, rappresentato nelle figure di
rappresenta
19
e
navigato”,
causando
falsi miti della
la
società
Daniela Rullo
20
Fëdor Dostoevskij nasce a Mosca nel 1821.
propria coscienza e sono animati da desideri
Grazie alla madre, inizia a conoscere la
di riscatto e di vita, che, vissuti con
Bibbia, le opere di Puškin e di Žukovskij, che
particolare intensità, li portano a scontrarsi
lo portano a coltivare un grande interesse
con la società.
per la letteratura. Si diploma in una scuola
Dostoevskij lascia che le idee e i problemi
di
di
dei suoi personaggi si manifestino nei
dimettersi dal servizio e andare incontro
dialoghi, sempre inconclusi e pronti per
alla povertà per seguire la sua aspirazione
essere ripresi. La narrazione nelle opere di
letteraria.
Dostoevskij
Viene condannato a morte nel 1849, a causa
fortemente soggettiva, gli avvenimenti sono
della
di
infatti filtrati attraverso la coscienza dei
intellettuali socialisti, accusati di avere
personaggi, spesso tormentati da infermità
scopi sovversivi. Solo dinanzi al patibolo gli
e stati mentali portati all’estremo, grazie ai
viene commutata la pena a quattro anni di
quali
lavori forzati in Siberia, dove si aggravano
L’argomento della malattia è utilizzato in
le sue condizioni di salute. Dopo essere
diversi
tornato in Russia continua la sua carriera
“Memorie
letteraria che lo impegna fino alla morte
protagonista, confessa: “Sono un uomo
avvenuta nel 1881.
malato … Sono un uomo maligno. […] Credo mi
Dostoevskij viene considerato realista nel
faccia male il fegato”, invece in “Umiliati e
senso più alto, poiché riesce a raffigurare,
Offesi”,
attraverso le sue opere, le profondità
morte, decide di scrivere la sua storia per
dell’animo umano: i suoi personaggi hanno una
trasformare
ingegneria
militare,
partecipazione
ad
ma
un
decide
gruppo
non
rivelano romanzi, dal
il
è
la ne
oggettiva,
loro
vera
sono un
sottosuolo”,
protagonista, i
suoi
anzi
natura. esempio:
in
cui
prossimo
sogni
è
malati
il
alla in
un’occupazione. Ad aggravare le condizioni
“Delitto e castigo”, Raskol’nikov . Egli uccide
fisiche e mentali dei personaggi vi è una
una vecchia usuraia, per dimostrare a se
anoressia indotta, dovuta ad una scarsa e
stesso di essere in grado di trasgredire la
irregolare ingestione di cibo, che ritroviamo
legge morale, di far parte degli uomini
anche in “Delitto e Castigo”.
superiori, ovvero di coloro che, senza
In
21
politica
Dostoevskij
lo
rimorso, ottengono “una morte, cento vite in
slavofilismo, sebbene non vi si rispecchi
cambio”. L’ideale di Raskol’nikov crolla alla
pienamente;
e
prima impresa, non riesce a superare il
l’unione di tutti gli slavi sotto la guida
proprio crimine e la sua salvezza avviene solo
suprema della Russia e crede che: “[La
per mezzo di Sonja, una giovane prostituta,
Russia] possa dire a tutto il mondo, a tutta
che, grazie alla sua fede autentica, indica a
l’umanità e alla civiltà europea, una sua
Raskol’nikov la sofferenza e la fede come
parola, nuova, sana e ancora mai udita dal
unica via per l’espiazione del suo peccato.
mondo”, ma la Russia in questo periodo sta
Importanti temi sociali vengono denunciati
subendo diversi influssi stranieri, in speciale
nel romanzo. La vita stessa di Sonja mostra
modo dal progresso e dal socialismo europeo
le cause principali della prostituzione:
(da cui Dostoevskij si è allontanato in
l’alcolismo,
seguito ai lavori forzati in Siberia). La
precoce orfanezza, il secondo matrimonio di
società russa sta perdendo la propria
uno dei genitori e la disoccupazione.
identità, se non torna al vero popolo, quello
Nelle opere di Dostoevskij viene analizzato
dei
autentica,
anche il rapporto tra padri e figli: nell’opera
raggiungerà la distruzione, il caos e la
“Umiliati e Offesi” abbiamo tre esempi di
rivoluzione.
padri e figlie, rappresentate da Ichmenev e
Proprio da questa rivoluzione Dostoevskij
Nataša, Smith e la madre di Nelly e
vuole mettere in guardia con la composizione
Valkovskij e Nelly. Le prime due coppie si
del romanzo “I demoni”. Nel romanzo
evolvono dall’ amore possessivo e assoluto
vengono descritti dei nichilisti; il termine
dei due padri, traditi dalle figlie, scappate
nichilismo non ha la stessa valenza europea
per inseguire la passione amorosa, e, mentre
puramente filosofica, ma, in Russia, sta ad
Ichmenev e Natasa riescono a ritrovare un
indicare un movimento rivoluzionario e, per
equilibrio, Smith e sua figlia hanno una fine
Dostoevskij, anche la perdita dei valori
tragica. Il rapporto tra Valkovskij e Nelly è
tradizionali.
totalmente
desidera
contadini
la
dalla
Gli
atei
sostiene liberazione
fede
Stavrogin
e
la
necessità
privo
materiale,
d’affetto.
la
Molto
Verchovenskij, escludendo Dio, si sono messi
importante è la decisione di Nelly di
al suo posto, ma vivere nella convinzione del
condannarlo
“tutto è permesso” porta Stavrogin a violare
decidendo di non dargli la lettera della
una bambina e ad indurla al suicidio. Egli vive
madre in cui ella assicurava all’uomo che, se
tutto con estrema freddezza, ma, a causa
avesse legittimato sua figlia, una volta
dell’indifferenza e dell’orgoglio, non riesce
morta, avrebbe implorato Dio per la sua
ad espiare la sua colpa e decide di suicidarsi.
salvezza. Nel romanzo “Delitto e Castigo”
Ben diverso è il destino del protagonista di
secondo
alla
dannazione
l’interpretazione
di
eterna,
Pasolini,
Raskol'nikov è vittima di una passione
il superamento della condizione filiale e del
infantile edipica. Egli è turbato dall'amore
loro compromesso con il mondo dei padri in
della madre "le cui conseguenze sono quelle
cui sono infelici e ansiosi.
ben note: la sessuofobia, la freddezza
Analizzando la colpa, l’accettazione della
sessuale e il sadismo" e solo a seguito della
sofferenza, la libertà di scelta, l’esistenza
sua morte riesce ad accettare il suo amore
di Dio e il libero arbitrio cristiano, con i loro
per
fratelli
personaggi, tormentati dalla sofferenza,
Karamazov”, viene affrontato il tema del
dalle passioni e dai dubbi comuni agli uomini
parricidio. Tutti i figli sono colpevoli della
di tutti i secoli, le opere di Dostoevskij
morte
diventano il miglior modo per analizzare e
Sonja.
del
Nel
padre:
romanzo
Dmitrij
“I
per
averla
desiderata, Alëša per non essersi reso conto
conoscere se stessi e gli altri.
dell’imminente tragedia e Ivan per aver
“I libri sono un giacimento sterminato per
compromesso, con le proprie idee del “tutto
comprendere
è
Cominciate con Dostoevskij, cari ragazzi”-
possibile”,
Smerdjakov,
il
fratello
esecutore
illegittimo
materiale
del
la
vita
e
attraversarla.
Sergio Mattarella.
crimine. I personaggi di Dostoevskij sognano
Daniela Rullo
22
I nostri antenati è una trilogia di romanzi (Il
Calvino affronta, con molta originalità,
visconte dimezzato, Il barone rampante e Il
problemi di stringente attualità nei suoi
cavaliere
anni: il boom economico, il rapido sviluppo
inesistente)
sull’uomo
contemporaneo composta da Italo Calvino.
dell’Italia, paese agricolo ed arretrato, che
Questo scrittore riprende, in molte delle
si appresta a diventare industrializzato,
sue opere, i personaggi tipici dell’epica
tutti gli effetti che tale processo poteva
cavalleresca
produrre sulla vita sociale e sulla psicologia
che
compaiono
anche
nell’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto: il
dell’uomo.
re Carlo Magno, i suoi fedeli paladini ecc.
Lo scrittore tratta, in modo particolare,
Ariosto aveva riempito la materia medievale
quest’ ultima tematica nel romanzo “Il
e feudale di contenuti innovativi e ne aveva
cavaliere inesistente”.
attualizzato motivi e temi in un contesto
Il cavaliere inesistente è un paladino di
sociale
Carlo
diverso,
per
esprimere
una
Magno,
Agilulfo,
estremamente
differente concezione di vita. La stessa
preciso nel compiere le sue mansioni,
operazione culturale compie lo scrittore
eccellente, ma che in realtà non esiste, non
novecentesco.
essendo niente altro che un’armatura vuota. Agilulfo è “ figura” dell’uomo nuovo creato
23
dalla modernità, ridotto a pura funzione,
gettare un’occhiata sulla
esecutore di compiti, ma di per sé vuoto,
circonda: la nostra è una società molto più
senza una sua individualità o personalità.
efficiente, funzionale, in cui l’uomo “rende”
Lo scrittore novecentesco scrive nella
sicuramente di più, ma è quasi artificiale,
prefazione a “I nostri antenati”:
alienato nelle sue mansioni, non si interessa
-Oggi viviamo in un mondo di persone cui la
della realtà che lo circonda e corre, corre,
più semplice individualità è negata, tanto
corre verso il nulla, è un’armatura vuota.
sono
di
Questa sostanziale metamorfosi implica una
comportamenti prestabiliti. Il problema oggi
vera e propria perdita totale di sé, priva
non è ormai della perdita di una parte di sé
l’individuo della sua natura umana e lo
stessi, è della perdita totale, del non esserci
avvicina sempre di più a una macchina o
per nulla. […] Dall’uomo primitivo che,
magari a uno dei prodotti della tecnologia
essendo tutt’uno con l’universo, poteva esser
moderna.
detto
Il diffondersi di un uomo totalmente
ridotte
a
un’astratta
ancora
indifferenziato
somma
inesistente materia
organica,
arrivati
all’uomo
disinteresse verso tutte le questioni della
artificiale che, essendo tutt’uno coi prodotti
società in cui vive implica, inevitabilmente,
e con le situazioni, è inesistente perché non
anche
fa più attrito con nulla, non ha più rapporto
dell’individualità, del pensiero critico e
con ciò che (natura o storia) gli sta intorno,
quindi dell’identità di ognuno, fomentando, in
ma solo astrattamente «funziona». –
questo modo, l’impossibilità di quel tanto
siamo
dalla
perché
realtà che ci
lentamente
immerso nel
una
suo lavoro e che nutre
mancata
promozione
sperato e necessario “sviluppo sociale”. Per rendersi conto della straordinaria attualità del pensiero di Italo Calvino, basta
Antonello Darino
24
25
Arrivata in Italia da Los Angeles con i capelli
Pavese scrive “Lei è poesia, nel più letterale
biondi pettinati da diva del “bosco sacro”
dei sensi. Possibile che non l’abbia sentito?”
cinematografico, gli occhi grandi da gatta e
(Il mestiere di vivere), portò a termine dieci
andamento sensuale, la bellissima attrice
liriche nel giro di un mese: 10 marzo, 11
Costance Dowling, con sua sorella Doris,
aprile 1950, in cui c’era la confessione del
cercava fortuna nella patria del cinema
suo stato d’animo “Non sono mai stato così
mondiale negli anni Cinquanta.
vivo come ora, mai così adolescente ; nello
Proprio in questi anni di ricerca di gloria,
stesso tempo doveva tenersi pronto a
l’attrice divenne la Musa ispiratrice di
poterla perdere, cosa che Pavese non fece
Cesare Pavese, artista
logorato dalle
poiché non intuì che Costance non lo amava.
frustrazioni d’ amore. Conosciuto nella notte
La diva, non divenuta famosa come sperava
del Capodanno del 1950, con lui condivise un
, decise di ritornare ad Hollywood. Pavese,
amore tormentato, e Pavese si innamorò
pur di non perderla, scrisse per lei e per la
fatalmente di un’ illusione; infatti Costance
sorella una sceneggiatura “Le due sorelle”,
“giocò” con quest’ ultimo nel tentativo di
ma questo non bastò a tenerla con sé.
entrare nella cinepresa dei grandi, così
Infatti la stessa Dowling non capì di quanto
incontrò grandi registri come De Sica e
grande e importante fosse Pavese, ma lo
Zavattini. Questa donna si dimostrò per il
aveva preso per un semplice sceneggiatore
famoso
di film italiani. Connie non riuscì a cogliere
poeta
condanna
e
salvezza,
tormento e sollievo.
nemmeno la fragilità, la sete di purezza del
Il loro amore farraginoso fu per lui, allo
poeta. Dopo averla persa, egli non demorse e
stesso tempo, uno stato di grazia, infatti
continuò a credere nel loro amore come un
bambino,
con la
innocenti.
scelta del regista che, in occasione della
Continuò a lavorare, a scrivere, sapendo che
produzione del film “The Skin of Our
Costance c’ era e lo “possedeva”, mentre la
Teeth”, decise di mettere la testa a posto e
diva dall’ altra parte del mondo sperava
restare vicino alla famiglia. Ma quando
potesse congedarlo con una lettera e che il
Costance gli telefonò in una notte del ’42 per
tempo e l’ Atlantico avrebbero fatto il
congratularsi con lui per il successo che
resto. Purtroppo per Pavese non fu così: man
stava riscuotendo il suo film e gli parlò di
mano capì. Lui, che si era lasciato incantare
Sam Glodwyn che la voleva come attrice in
da quella donna di estrema bellezza e
una sua sceneggiatura, in Kazan si risvegliò
ispirazione poetica per potersi aggrappare
la passione e, geloso di Glodwyn, chiese alla
alla vita e ritrovarne il piacere di viverla, si
donna di incontrarsi. Così qualche giorno
trovò sperduto.
dopo i due si rividero e l’amore ricominciò.
Ma perché questa ostilità della Dowling
Negli anni a seguire Kazan ebbe sempre più
verso l’amore estremo e sfrenato del poeta
successo nel mondo cinematografico, così
? Forse perché aveva perso la fiducia negli
iniziò un periodo di continuo viaggiare tra
uomini dopo la storia con il regista Elia
New York; moglie e figli lo sostenevano ma a
Kazan.
ancora
Hollywood faceva coppia fissa con Connie.
adolescente Costance lavorava al Belasco
Ma ben presto Elia fu stanco di questa vita.
Theatre sperando di diventare attrice,
Mentre la Dowling non riscosse più successo,
Kazan, ormai ventinovenne, cadde in una
poiché licenziata da Glodwyn, la carriera di
passione sfrenata per il fascino giovanile
Kazan era in continua ascesa ; il regista si
della bella ragazza statunitense, di cui parla
accorse di non provare nulla per la sua
nella sua biografia “A life” in circa duecento
compagna
pagine. Il suo amore per la Dowling fu molto
lasciarla. Nel 1945 si arruolò nell’ esercito e
diverso da quello di Pavese, infatti mentre il
scrisse una lettera di scuse ed ennesime
poeta italiano scrisse: “E’ così buona, così
promesse alla ormai cresciuta Costance che
calma, così paziente. Così fatta per me ,
rispose: “Perché non impari a comportarti da
riferendosi alle qualità interiori della donna,
uomo? Dimenticami. C.”.
il regista, sfacciato, confessava gli effetti
Il regista continuò la sua sfrenata vita alla
dell’ attrazione fisica provata per Connie:
ricerca di nuove passioni, mentre Costance
“Me la vedo in piedi immobile davanti a me, i
approdava sulle coste italiane. Pavese,
suoi piccoli seni sodi, le gambe perfette, il
invece, dopo l’abbandono della donna, non
suo ventre che sporge sensualmente come
riuscì ad uscirne più, non riuscì a ritrovare
nelle donne delle pitture del Rinascimento
se stesso. Continuò a scrivere per e di lei.
Nel
fede degli
1937,
quando
la
italiano.”
scappatelle
e
decise
di
Vide così tanto la figura di una Musa in
Kazan a quei tempi era già sposato e aveva
Connie, che scorse nei suoi occhi l’ultima
figli,
scialuppa
nonostante
continuamente
26
di
all’
ciò
prometteva
innocente
nell’
oceano
della
solitudine.
bellezza
Trasformò lo sguardo magnetico di Costance
americana di voler divorziare. Nel 1941 la
in una poesia funebre “Verrà la morte e avrà
passione dei due sembrava esser finita per
i tuoi occhi”. Chissà se nella notte tra il 26 e
27 agosto del 1950, Pavese riuscì a rivedere
inermità, nulla” (Il mestiere di vivere)
quegli occhi mentre veniva pervaso dal sonno
Pavese non si è suicidato per l’ amore non
eterno indotto dai troppi sonniferi, in una
corrisposto di Costance, o Connie, come
stanza di Hotel a Torino. Lui che scriveva
soleva
“Non ci si uccide per amore di una donna. Ci
dedicava, ma per il mancato ritrovamento di
si uccide perché un amore, qualunque amore,
se stesso, infatti egli stesso confessa nei
ci rivela
suoi Dialoghi con Leucò : “Io cercavo,
nella nostra nudità, miseria,
chiamarla
nelle
poesie
che
le
piangendo, non più lei ma me stesso. Un
vecchio amore, abbandonandosi anch’ essa
destino se vuoi (…) Ho cercato me stesso.
ad un sonno artificiale, a soli 49 anni.
Non si cerca che questo”, lo stesso destino
Qualche giorno prima della sua morte,
che ha incontrato anche la bella Musa che,
Pavese decide di scrivere, come confessa
dopo essere tornata in America ed essersi
egli stesso, “con tono malinconico” un ultimo
sposata
produttore
Blues,
decise
rappresentasse il suo amore sbocciato
con
cinematografico
il Ivan
noto Tors,
di
togliersi la vita nello stesso modo del suo
una
musica
malinconica
che
parzialmente, ma totalmente tormentato:
It was only a flirt you sure did know some one was hurt long time ago All is the same time has gone by some day you came some day you’ll die Some one has died long time ago some one who tried but didn’t know
Marcella Stabile
27
28
Nato a Siracusa nel 1908, figlio di un umile
in maniera schietta, trasferendo nei suoi
ferroviere, Elio Vittorini trascorre una
testi la vivacità orale; è immune dalle
frenetica infanzia segnata dai numerosi
rigidezze accademiche e specialistiche.
viaggi in compagnia del padre e dal desiderio
È di questo periodo la passione per i grandi
di evadere dalla ristrettezza dell'ambiente
letterati europei, ma, in particolare, per
siciliano: scappa più volte di casa finchè si
quelli anglosassoni: da autodidatta impara
trasferisce nel 1924 a Gorizia, dove trova
l'inglese, una lingua che non riuscirà mai a
lavoro in una ditta edile. Le sue radici sono
parlare, ma da cui tradurrà magistralmente
certamente atipiche, per nulla accostabili a
decine e decine di opere.
quelle di altri scrittori, anche se nel Friuli
Al pari di Cesare Pavese, Vittorini riesce a
Vittorini scopre a poco a poco la sua vena
diffondere in Italia la moderna letteratura
artistica e, nel 1927, inizia addirittura a
inglese e a creare il mito della grande
collaborare con diverse riviste e quotidiani,
America: il mito di una civiltà moderna,
in particolare con “La Stampa”. Sposa nello
progredita,
stesso anno Rosa Quasimodo, sorella del
contrapposizione a quella italiana, arcaica,
celebre poeta; insieme si trasferiscono a
arretrata, rurale e provinciale, che Elio
Firenze, dove Elio collabora con la rivista
rifiuta fin dall'adolescenza.
“Solaria”.
circoli
Nasce con Vittorini una denuncia sociale che
culturali più in voga della Firenze del tempo,
ingloba in sé l'avversione nei confronti di
come il caffé delle “Giubbe Rosse”; intorno
una letteratura italiana provinciale e priva di
a lui si crea l'immagine del “solariano”, di uno
originalità. Se si considera che egli dichiara
scrittore anticonformista e antifascista,
con grande forza le proprie idee, in un
dalle grandi speranze universaliste. Scrive
momento storico in cui il regime fascista
Vittorini
frequenta
i
industriale
e
cittadina,
in
sopprime con violenza le voci “scomode”, ci
Terminata la guerra, fonda una rivista dal
si può rendere conto della grandezza di
nome “Il Politecnico”, in cui cerca di
quest'uomo.
fondere, alla maniera illuministica, il sapere
Recuperando dai modelli d'oltreoceano il
scientifico e le scienze umane; tuttavia,
desiderio
realtà
l'aperta cultura del periodico e la volontà di
contemporanea, nel 1938 Vittorini scrive il
Vittorini di scindere la ricerca intellettuale
suo romanzo più importante, “Conversazione
dalla scena politica provocano il dissenso di
in Sicilia”, che rappresenta il continuo
Togliatti: la rivista non viene più pubblicata
desiderio di recupero dell'uomo, logorato
ed Elio si allontana dal Pci. Ma Vittorini non
dai soprusi della dittatura, la cui unica
è un uomo che si scoraggia e le sue qualità di
necessità resta la sopravvivenza, resa più
scrittore gli sono riconosciute in tutta
leggera
Italia: trova lavoro dunque presso Einaudi,
di
raccontare
la
solo dal piacere del vino. Il
presente,
dominato
è
dove si rivela anche un ottimo scopritore di
tristezza e dolore, violenza e rassegnazione
nuovi talenti, tra cui il noto Italo Calvino, suo
alla violenza; è impossibilità di vivere, di
futuro collaboratore de “Il Menabò”. Gli
parlare, di studiare, di scrivere, di ribellarsi.
ultimi anni della sua vita sono segnati da una
Il libro viene sequestrato dalle autorità, ma
grave malattia, che non gli impedisce
Vittorini non demorde e mostra grande
tuttavia di continuare la sua fittissima
audacia durante la guerra, quando svolge
attività editoriale. La tenacia, di cui si era
attività clandestina per conto del Partito
fatto
Comunista
arrestato,
accompagna anche durante il calvario della
scontando alcuni mesi nel carcere di San
malattia, segno del fatto che, prima di
Vittore a Milano.
essere un pregevole artista, Vittorini è un
Le sue ultime esperienze, a cui si aggiunge
grande uomo. Si spegne a Milano nel 1966,
anche
all'età di 57 anni.
per
l'attiva
poi
dal
fascismo,
essere
partecipazione
alla
portatore
sotto
Mussolini,
lo
Resistenza, sono da lui raccolte nel 1945 in “Uomini e no”, il romanzo in cui esprime maggiormente gli influssi del neorealismo.
Emiliano Capezzuto
29
E’ questa la risposta che Italo Calvino trova
persone affette da minorità, deficienze e
a tutti i suoi interrogativi nella sua opera ‘La
malformazioni.
giornata
viene
Amerigo parte con lo scopo di controllare la
pubblicata nel 1963 dopo una gestazione
correttezza delle votazioni, ma l’incontro
decennale.
con
Il lungo periodo di stesura del libro è,
fortemente il suo animo e sposta la sua
probabilmente, dovuto alla crisi interiore
attenzione sui limiti dell’umano.
attraversata da Calvino in quegli anni, che
E’ la vista dei malati del Cottolengo che
riguardò soprattutto il suo impegno politico.
mette in crisi i valori di Amerigo e fa
Il romanzo è caratterizzato da un’intensa
nascere in lui degli interrogativi sul senso
riflessione sul senso dell’umano e da una
dell’arte e della cultura in un mondo in cui
breve testimonianza di una periodo della
sono presenti esseri deformi, che nessuna
storia del nostro paese.
opera d’arte o nessun politico potrà salvare.
In quest’opera, che viene spesso definita
Amerigo è, quindi, travolto da un’enorme
autobiografica, l’autore veste i panni di
crisi spirituale; si chiede che senso abbiano
Amerigo Ormea, intellettuale comunista
cose come la polemica reazionaria, le lotte
nominato scrutatore al Cottolengo, celebre
per la democrazia e il concetto d’uguaglianza
istituto religioso di Torino che accoglieva
per queste persone che, pur vivendo in
d’uno
scrutatore’,
che
il
dolore
e le
deformità
scuote
‘un’altra città’, ne vengono coinvolte; si
30
domanda che senso abbia l’umano e quali
attenzioni, e il contadino: la prima fa questo
siano i propri limiti, appunto perché non
per sua scelta, è lei che ha scelto la missione
capisce come, dinanzi a tutto questo dolore,
di dedicare la propria vita agli umili; il
una persona possa riuscire a non arrendersi.
contadino, invece, non ha scelto di stare lì,
E’
poco
non ha voluto quel legame che lo porta a
significativa che dà ad Amerigo tutte le sue
trovarsi in quel luogo di dolore, non è quella
risposte, la scena di un padre contadino che
la sua vita, eppure ogni domenica abbandona
passa la domenica ad osservare il figlio
la sua quotidianità per veder “masticare” il
malato mangiare delle mandorle, mentre lo
figlio. Così Calvino capisce che questo è
guarda intensamente negli occhi. Calvino fa
l’amore e, quindi, che ‘l’umano arriva dove
un paragone fra una suora, che ama tanto i
arriva l’amore’.
una
scena
apparentemente
malati che accudisce e dà loro tante
Andrea Cresci
31
32
‘Viviamo in un’epoca dove le cose superflue
finisce male: Dorian, infatti, la abbandona
sono le nostre uniche necessità’, questa è
freddamente. Sybil si uccide e, il giovane,
una delle frasi che più colpisce dell’opera
superato il dolore facilmente, trascorre la
scritta da Oscar Wilde, ‘Il ritratto di Dorian
stessa serata in teatro, come se non fosse
Gray’ e che, sicuramente, descrive al meglio
successo nulla. Il giorno dopo, però, scopre
anche la società moderna. Quando l’opera fu
che il suo ritratto è cambiato: è apparsa
pubblicata, attirò l’attenzione di tutti. La
infatti sul suo volto un’espressione di
storia inizia nello studio del pittore Basil
crudeltà che prima non c'era. A questo
Hallward, che decide di dipingere un quadro
punto Dorian decide di nascondere il
ad un ragazzo di nome Dorian Gray. Dorian è
ritratto in soffitta e di continuare la sua
un bellissimo giovane che, sia per il suo
vita piena di vizi, conservando intatto il suo
aspetto fisico che per il suo modo di
bellissimo viso mentre il quadro invecchia e
pensare, suscita in tutti un particolare
diventa sempre più orribile. Una notte
interesse.
dal
Dorian uccide Basil Hallward, il suo amico,
pittore, è così ben riuscito che il ragazzo
che ha tentato di rimproverargli il suo modo
stesso, ammirandolo, esprime il dolore di
di comportarsi e, come se non bastasse, fa
dover
ritratto
distruggere il corpo del pittore da un suo
sarebbe rimasto sempre giovane. Fa un vero
amico chimico. Dorian non viene scoperto,
e proprio patto con il diavolo per far sì che
ma il ritratto diventa sempre più mostruoso
avvenga il contrario: lui rimarrà giovane e
e sulla mano che ha dato il colpo mortale
bello mentre il quadro invecchierà al posto
all'amico appare una goccia di sangue. Alla
suo. Si fidanza con Sybil Vane, ma la storia
fine, stanco e ossessionato da quel ritratto
Il
ritratto,
invecchiare
regalatogli
mentre
il
che diventa come uno specchio della sua
artefice del proprio destino e prima di
anima malvagia, Dorian Gray colpisce con un
seguire gli altri bisogna sempre consultare
coltello il cuore del ritratto, ma accade un
la propria coscienza. Per fortuna, spesso, la
cosa incredibile: Dorian stesso muore,
coscienza prevale sulle scelte sbagliate e
mentre il quadro riacquista l’aspetto che
nell’opera lo capiamo alla fine del romanzo,
aveva all’inizio, una meravigliosa giovinezza
quando Dorian Gray distrugge il quadro e,
pura. Giovinezza e bellezza sono aspetti
uccidendosi, probabilmente, ammette le
importantissimi della vita, ma Dorian ne fa,
colpe di una vita fatta di cattiveria e
purtroppo, il valore più importante. Molti
malvagità.
condannarono l’opera perché parlava di
Il ritratto rappresenta l’animo di Dorian
azioni orribili del giovane, ma tanti altri
Gray: ogni qualvolta lui si macchia di una
videro nell’opera un capolavoro. Il messaggio
colpa
che
molto
raccapricciante, ciò significa che l’animo
importante: nella vita non bisogna pensare
interiore di Dorian diventa sempre più
all’arricchimento esteriore perché di esso
cattivo. Quando Dorian si accorge che il
non rimarrà nulla; la cosa più importante è
quadro cambia e diventa lo specchio della
arricchirsi interiormente con dei sani valori,
sua anima, lo distrugge.
sentimenti veri che potremo trasmettere
La morte, per Dorian, è
anche agli altri.
liberazione per scappare da tutti quei
vuole
inviarci
l’autore
è
Non bisogna, però,
dimenticare che ognuno vive la propria vita
il
dipinto
diventa
sempre
più
una sorta di
rimorsi che gli stringevano il cuore.
facendo delle scelte, per questo ognuno è
Cristina Verrengia
33
Calvino, uno degli autori più amati e
Umberto Eco afferma «Se non ci fossero
conosciuti del secolo scorso, è ricordato per
stati i Cantacronache e quindi se non ci
i suoi famosi romanzi
(Marcovaldo, Il
fosse stata anche l'azione poi prolungata,
barone rampante, Il cavaliere inesistente,
oltre che dai Cantacronache, da Michele L.
Le città invisibili, Se di notte d’inverno un
Straniero, la storia della canzone italiana
viaggiatore …),
sarebbe stata diversa. »
o per le sue Lezioni
americane o perché "sostenitore delle
Cantacronache nacque in anni di eventi
ragioni della leggerezza".
importanti:
Non tutti sanno che Calvino è stato anche
presidenza della repubblica francese a De
autore di canzoni.
Gaulle, la nomina di papa Giovanni XXIII, la
Italo Calvino scrittore di canzoni è, infatti, il volto meno noto di uno tra i più importanti autori italiani del Novecento.
rivoluzione
a
Cuba,
la
guerra d’Algeria, i moti di liberazione nel Terzo Mondo. Il gruppo di Cantacronache, che aveva come
Negli stessi anni in cui lo swing e il jazz, che
slogan “Evadere dall’evasione”, tendeva alla
già avevano avuto un certo successo con
creazione di un nuovo tipo di canzone che si
Natalino Otto e il Quartetto Cetra, erano
allontanasse dalla canzonetta di consumo del
divenuti strumento di una ribellione alla
dopoguerra che trovava la sua massima
canzone melodica, grazie a Renato Carosone
espressione
e a Fred Buscaglione, nacque a Torino nel
Sanremo le cui canzoni venivano definite
1957 Cantacronache, un gruppo di musicisti,
dagli artisti di Cantacronache «figlie di una
letterati e poeti,( tra cui Italo Calvino), con
musica gastronomica». Nel ’57 Calvino entrò
lo scopo di valorizzare la canzone attraverso
a far parte di Cantacronache, progetto a cui
l'impegno sociale.
lavoravano
Sergio
Straniero,
ed
I musicisti e gli scrittori di Cantacronache sono infatti considerati tra i precursori dell'esperienza dei cantautori italiani.
34
la
nel
nascente
Festival
Liberovici,
altri,
tra
Antonicelli e Franco Fortini.
cui
di
Michele Franco
Il primo maggio 1958 Italo Calvino fece il
ai Modena City Ramblers nell'album Appunti
suo esordio come «cantautore» con la
Partigiani ed è anche entrato a far parte del
canzone Dove vola l’avvoltoio (Calvino-
repertorio degli Apuamater Indiesfolk di
Liberovici).
Davide Giromini. Nel 2015 per il 70°
Altre canzoni di Calvino sono: Canzone
anniversario della Liberazione la canzone è
triste (Calvino-Liberovici); Sul verde fiume
stata riproposta dagli Ashpipes.
Po (Calvino-Carpi); Oltre il ponte (Calvino-
In occasione del trentesimo anniversario
Liberovici); Turin la nuit o Rome by night
della scomparsa dello scrittore, nel 2015, è
(Calvino-Santi); La tigre (Calvino-Peragallo);
stato pubblicato il libro con
Il padrone del mondo (Calvino-Liberovici);
Calvino e gli anni delle canzoni' dedicato alla
Quando ricordiamo (Calvino-Berio).
sua attività come paroliere. A curare la
Sono canzoni lunghe, a volte con ritornelli
cd 'Italo
pubblicazione è stato Enrico de Angelis, con
ossessionanti, di impegno politico, sociale,
il patrocinio del Club Tenco.
civile, il cui contenuto sono la guerra, la
Il libro contiene i testi delle otto canzoni
pace, la Resistenza, la giustizia, l’ingiustizia,
scritte da Calvino presentati e commentati
ma anche la fantasia delle favole, la stessa
da Enrico de Angelis, con due contributi di
delle Fiabe italiane. Il Cantacronache esaurì
Paola Azzolini e Annalisa Piubello e un cd con
in pochi anni la sua esperienza,ma lasciò
le otto canzoni interpretate da Grazia De
un’importante eredità. Contribuì, infatti,
Marchi, accompagnata al pianoforte da
alla nascita del Nuovo Canzoniere Italiano e,
Giannantonio Mutto.
soprattutto, ha rappresentato un decisivo
Grazia Di Michele, che ha partecipato per
punto di riferimento per molti dei più
tre volte al Festival di Sanremo, ha detto:
importanti cantautori italiani, fra questi:
«Quando
Guccini, De Gregori, Lolli, Jannacci. Calvino
abbiamo
tentò la ripresa di questa esperienza di
Chiamalavita per l’Unicef, che aveva il senso
scrittura per musica tra la fine degli anni ’70
di far qualche cosa per i bambini più
e l’inizio degli anni ’80 con l’opera La vera
sfortunati del mondo, ci è venuto in mente
storia, con musica di Berio.
Calvino con e per le sue canzoni. Le abbiamo
Tra le canzoni di Calvino un posto particolare
cantate e alla fine molti ci hanno chiesto: ma
ha Oltre il ponte, in cui un anziano partigiano
davvero quei testi erano di Calvino? E chi
racconta a una giovane che cosa è stata la
poneva questa domanda era anche chi
Resistenza.
un
conosceva i libri di Calvino. Immaginate
bagaglio di valori e di ideali da tramandare
quanto sarebbe contento lui, adesso, a
alla nuove generazioni: è la storia di scelte
sapere quanto siano ancora emozionanti le
coraggiose, di voglia di riscatto e di libertà.
sue “canzonette”».
Quella
Oltre il ponte è
vicenda
diventa
con
Maria
inventato
Rosaria lo
Omaggio spettacolo
stato recentemente
interpretato anche da Moni Ovadia insieme
Gianluca Passaretti
35
23 aprile “Giornata Giornata Mondiale del
letteratura mondiale, William Shakespeare
Libro e dei Diritti d’Autore”.
e Miguel de Cervantes.
L’idea di questa celebrazione nasce in Catalogna dove il 23 aprile, giorno di San Giorgio, una rosa viene donata per ogni libro
Cervantes nacque nel 1547 a Alcalá de
venduto.
Henares, quarto di sette figli di un modesto
Inizialmente fu istituita il 7 ottobre del
chirurgo,
1926, per commemorare la nascita di Miguel
Valladolid, Salamanca, Siviglia e Madrid.
de Cervantes, da Clavel Andrés, scrittore ed
Non si hanno molte notizie sulla sua
editore di Valencia, che la propose alla
educazione, ma si sa che ebbe una vita ricca
Cámara Oficial del Libro della città e
di avvenimenti, viaggi e avventure non
ricevette l’approvazione del Governo, con
sempre a lieto fine. Fu soldato, domestico,
Alfonso XIII che istituì ufficialmente la
spia, agente delle tasse, ma anche schiavo e
“Festa del Libro Spagnolo”.
carcerato.
e
trascorse
l'infanzia
tra
Nel 1930 si decise di cambiare la data al 23
Nel 1569, per sfuggire alla cattura dopo
aprile, giorno della morte di Cervantes, oltre
aver ferito un uomo, venne in Italia al
che di William Shakespeare e di
seguito di
Giulio Acquaviva.
Cervantes
si
Inca
Garcilaso de la Vega. Nel
36
Miguel de Cervantes Saavedra
1995
l’UNESCO
ha
arruolò
come
In Italia militare
proclamato
partecipando tra l'altro alla battaglia di
ufficialmente la “Giornata Mondiale del
Lepanto, durante la quale fu ferito e perse
Libro e dei Diritti d’Autore”, con oltre 80
l'uso della mano sinistra.
paesi che rendono omaggio a questo giorno.
Nel 1575, durante una traversata che lo
Il 23 aprile, dunque, cade un anniversario
avrebbe riportato in Spagna, la sua nave fu
straordinario, quello della morte, nel 1616,
assalita dai pirati e Cervantes fu fatto
di
schiavo e portato ad Algeri; durante i cinque
due importantissimi esponenti della
anni di schiavitù provò a fuggire ben quattro
anche: le dodici Novelle esemplari, Il viaggio
volte.
nel Parnaso e testi teatrali.
Nel 1580 fu finalmente riscattato e raggiunse
il
Portogallo,
a
abbia ideato Don Chisciotte della Mancia, il
servizio di Filippo II. Abitò a Siviglia, dove
cui protagonista è un cavaliere tanto
fu impiegato prima come procacciatore di
strampalato da combattere contro i mulini a
viveri per la flotta spagnola e poi come
vento, scambiandoli per temibili giganti dalle
riscossore delle tasse; un lavoro questo di un
lunghe braccia. Di certo si sa che Don
certo prestigio ma non simpatico, con cui,
Chisciotte fu un trionfo, grazie anche al suo
suo malgrado, si fece un po’ di nemici.
linguaggio semplice e colloquiale. Il Don
Cervantes, infatti, doveva requisire grano e
Chisciotte si pone, infatti, come parodia del
altri beni per conto del re e multare o
genere
perfino
costituito
arrestare
chi
mettendosi
Non si sa bene dove e quando Cervantes
si
rifiutava
di
epico-cavalleresco, la
che
aveva
forma
d'espressione
più
del
Rinascimento.
Le
consegnarglieli. E anche stavolta i guai non
rappresentativa
tardarono ad arrivare. Nel 602 fu di nuovo
strampalate avventure del paladino idealista
in carcere, coinvolto nel fallimento di un
Don Chisciotte e del suo prosaico scudiero
banchiere. Probabilmente durante questo
Sancho traggono spunto sicuramente dalle
periodo di prigionia cominciò ad avere l'idea
esperienze biografiche dell'autore, per
di scrivere il Don Chisciotte, la sua opera più
incarnare la crisi dei valori cinquecenteschi
importante. Uscito di prigione si stabilì a
in quello che è stato definito come il primo
Valladolid, ma anche qui ebbe problemi con
"romanzo" moderno. Cervantes, trovatosi a
la giustizia: fu sospettato infatti di aver
vivere la complicata fase di passaggio tra
ucciso un nobile e tornò in prigione per breve
1500 e 1600, è, infatti, uno degli scrittori
tempo. Nell'ultimo periodo della sua vita si
europei che meglio coglie la crisi del mondo
impiegò presso Filippo III, seguendo la sua
cavalleresco rinascimentale e che dà voce
corte
alle inquietudini barocche.
a
Madrid.
Qui
si
dedicò
alla
letteratura, scrivendo la maggior parte della
L’editore Castelvecchi ha dedicato allo
sua vasta opera. Morì nel 1616 a Madrid. Nel
spagnolo
1605 pubblicò la prima parte del romanzo La
romanzate: Cervantes, il soldato che ci
storia di don Chisciotte della Mancha e nel
insegnò a parlare di M. Teresa León Alberti
1615 pubblicò la seconda parte. Scrisse
e Cervantes di Bruno Frank.
due
affascinanti
biografie
Mario Casale
37
38
Dublino: la città dei quadrifogli, della birra,
Nell'aria di Dublino vivono coincidenze …
degli artisti di strada, dei cieli stellati e
vivono ritorni.
della luna la cui luce si riverbera anche nelle
Ma
case.
automaticamente, il pensiero va … a James
Dublino è la città dei miei sogni.
Joyce.
Ti perdi nel suo verde e negli occhi di chi hai
Joyce nasce a Dublino il 2 Febbraio del 1882
conosciuto e, forse, conoscerai.
e proprio di Dublino ci parla in una delle sue
Coltivi speranze che porti via con te, quando
opere più importanti: The Dubliners.
te ne vai, sperando di poter tornare e
In questo libro contenente quindici racconti,
ritrovare qualcuno, qualcuna in questo caso,
Joyce descrive la “paralisi” del popolo di
ad aspettarti.
Dublino: la voglia di cambiare, di rischiare è,
Dublino, la città della pioggia d'autore, la
secondo l’autore, ciò che gli manca.
città ispiratrice, candida, portatrice di buon
Ma oggi Dublino non è più quella che Joyce
umore.
descriveva.
quando
senti
parlare
di
Dublino,
E, camminando per Merchant'sarch, te ne
L'epifania è resa con la tecnica dello strema
accorgi; sentendo le melodie dei vari artisti
of consciousness che,
di strada, ti viene in mente Eveline, la
l'analisi dei singoli pensieri del personaggio,
protagonista dell’omonimo racconto della
mette in luce i collegamenti che esso fa tra
raccolta The Dubliners.
l'oggetto (con il suo valore simbolico) e la
Questa ragazzina, pronta a partire e
sua situazione.
lasciare la sua patria per coronare il suo
E sarà perché l'Irlanda è una terra magica,
grande amore, al sentire una dolce melodia,
camminando per Merchant's arch, proprio
decide di non partire più, di mollare tutto, di
come
non rischiare e ritornare alla sua solita vita
malinconica
(Epifania).
per strada divenne “rivelatrice”: cominciai a
Quando e se si parla di Joyce, infatti, non si
suonare lì con una chitarra prestatami da un
può non parlare di epifania.
musicista presente.
L' epifania è un momento speciale in cui un
E forse Eveline non ha avuto tutti i torti a
qualsiasi oggetto della vita comune, una
non abbandonare l' Irlanda, perché, quando
persona, un episodio diventano "rivelatori"
vai via,
del vero significato della vita per chi
meravigliosa e straordinaria terra.
percepisce
il
loro
valore
proprio tramite
era accaduto a Eveline, l' aria della melodia che echeggiava
lasci il cuore e l’anima in questa
simbolico.
Antonio Maria Di Marco
39
40
La cura è una canzone scritta dal cantautore
la persona amata è descritta come fragile ed
Franco Battiato, per la musica, e dal filosofo
esposta a dolori; possiede però una bellezza
Manlio Sgalambro, per il testo. “La cura”,
e una grazia capace di ispirare e ciò fa
uno
pensare ad una donna amata.
dei
brani
dell’album
“L’imboscata”
pubblicato da Polygram nel 1996, è stata
Si ipotizza anche che la canzone sia stata
riconosciuta Miglior Canzone dell’Anno al
dedicata alla madre dell’autore, anche se è
Premio Internazionale della Musica.
da notare che il pronome femminile nel testo
Una lettura filosofica del testo della
è mancante e l’unico particolare fisico
canzone è contenuta nel libro di Giuseppe
presente sono i capelli.
Pulina, La cura. Anche tu sei un essere
Non si esclude che possa essere ispirata ad
speciale (Zona editore, 2010).
una persona dello stesso sesso.
Il testo parla di uomo che promette di,
Addirittura si pensa che sia Dio che parla ad
appunto, “prendersi cura” di una persona
una creatura che ha creato e ciò potrebbe
amata.
Dice che la proteggerà da nemici
essere possibile, perché, tra le promesse, c’
esterni (ingiustizie, inganni del tempo) e da
è il riuscire a donare l’eterna giovinezza e lo
sofferenze e turbamenti interiori.
sfidare la fisica e la natura.
Non si sa precisamente a chi sia riferita la
Una cosa sicura è che l’autore ha scritto
poesia: ci sono diverse ipotesi. Ad esempio,
questa poesia per una persona che conta
molto, come dice nel testo “un essere
Non l’amore, come è visto ai tempi d’ oggi, o
speciale”.
troppo superficiale o troppo morboso, ma
Questo testo può essere considerato anche
semplice e complicato allo stesso momento,
una preghiera-meditazione a causa delle
leggero e premuroso, ma non troppo.
frasi mistiche utilizzate da Battiato, in cui
Insomma, qualcosa che non si può spiegare
si riflette sull’ essenza dell’amore come cura
facilmente, infatti, Battiato, ha scritto ciò
e accompagnamento di un altro essere.
che una persona che ama promette e ciò che
Secondo me, qualunque sia la verità che si
vorrebbe fare per l’ altro, ma non quello che
cela
prova “l’ uomo innamorato”.
dietro
questa
sicuramente d’ amore.
poesia,
si
parla
Questo testo è simbolo di una delle più importanti manifestazioni d’ amore.
Marcella Stabile
41
42
“Fai bei sogni” è la storia autobiografica di
suo capo scout, al quale avevano affidato
Massimo Gramellini, un giornalista e uno
l'ingrato compito di dirgli la terribile verità.
scrittore di successo che in questo libro si
Da quel momento in poi l’esistenza felice di
mette a nudo raccontando chi è, da dove
Massimo si frantumò e cercò continuamente
viene e quali sono le fasi che l’hanno portato
conforto in qualche altra figura femminile,
ad essere quello che è ora: un uomo che ha
ma nessuno poteva colmare quel vuoto: non
fatto pace con la vita.
la maestra, né le mamme dei compagni di
Ora torniamo indietro nel tempo, al lontano
scuola, né Madrina, una cara amica della
1969.
mamma allontanatasi da Massimo per dissidi
Era la mattina dell'ultimo dell'anno di
mai risolti con il padre, né la tata Mita, senza
quaranta anni prima. Massimo, protagonista
cuore perché mai amata da nessuno. Non gli
principale del racconto, si era svegliato
restava che il papà, dipendente di un ufficio
molto presto, con una brutta sensazione. Un
statale, duro e incapace di accarezzare, un
urlo
uomo
confermò
che
stava
succedendo
pratico
con
il
quale
Massimo
qualcosa di strano e poco dopo, senza sapere
condivideva solo la passione per il calcio, più
il perché, egli si ritrovò ospite dei migliori
precisamente per il Torino. Massimo così
amici della mamma e del papà. Dovette
continuò la sua vita, si iscrisse all'università
aspettare il giorno dopo per scoprire
e iniziò la sua carriera da giornalista
cos'era successo, quando il padre, che aveva
combattendo
ripreso il suo aspetto di quercia secolare, lo
nemico/amico Belfagor, che fu un po' come
andò a prendere e lo accompagnò da Baloo, il
la voce della sua coscienza e che lo aiutò a
sempre
contro
il
suo
fuggire da ogni possibile dolore. Passò dal
detto:” La mamma è sempre la mamma“ ha
giornalismo sportivo alla politica e, tornato
un fondo di verità, che nasce dall'essere
da Sarajevo, incontrò la sua anima gemella,
portati nel suo grembo per nove mesi;
Elisa, che lo aiutò ad affrontare le sfide
l’amore tra madre e figlio scaturisce
provenienti
la
dall’aver condiviso lo stesso sangue, lo
malattia e in seguito la morte del padre,
stesso respiro, lo stesso cibo per tanto
dopo la quale Massimo, ispirandosi alla
tempo. “Fai bei sogni” è la storia di un
propria vicenda, scrisse il suo primo romanzo
bambino che imparerà ad affrontare il
e riallacciò i rapporti con Madrina. Dalla
dolore più grande per un figlio, la perdita
lettura del libro, Madrina intuì che Massimo
della mamma e il mostro più insidioso: il
non aveva mai saputo la verità sulla morte
timore di vivere. Gramellini ci racconta le
della mamma, allora decise di consegnargli
ferite di una vita priva del suo appiglio più
l’ultimo dell’anno una lettera che conteneva
solido, di una lotta incessante contro la
l’articolo di giornale di quaranta anni prima,
solitudine e il senso di abbandono che alla
nel quale c’era scritto che la madre era
fine,
affetta da cancro, ma grazie all'intervento
dell’amore
medico era guarita. Però sentendosi ancora
autentica, che gli consentirà di tenere i piedi
affetta dalla gravissima malattia decise, per
per terra. Non bisogna mai aver paura di
disperazione, di volare nel nulla l’ultima
vivere la propria vita, nonostante essa sia
notte dell’anno. Massimo una volta scoperta
piena di dolori, ma bisogna andare avanti
la verità, riesce finalmente ad accettare la
sempre a testa alta, senza rimpianti,
morte della mamma, capendo che solo il
accettando e affrontando tutto ciò che essa
perdono alla madre può salvargli la vita.
ci impone, perché solo così si diventa grandi,
Scrivendo questo libro Gramellini mette in
mentre i “SE” e i “MA” vanno lasciati a coloro
evidenza che nonostante la maggior parte
che decidono di arrendersi senza lottare.
dall'infanzia.
Poi
arrivò
però,
lo e
porterà
di
alla
un’esistenza
conquista piena
e
delle persone ami entrambi i genitori, il
ANIELLO POCCIA
43
Il 27 gennaio del 1967 Luigi Tenco si suicidò, sparandosi un colpo alla tempia, poche ore dopo essere stato eliminato dal Festival di Sanremo, dove cantava "Ciao amore ciao" in coppia con Dalida, a cui era legato da una turbolenta relazione sentimentale. In un biglietto aveva lasciato scritto che non sopportava l'idea di vivere in un Paese che mandava in finale «Io tu e le rose», in polemica contro una commissione che al suo brano aveva preferito «la rivoluzione» di Gianni Pettenati. Il cantante aveva soli 29 anni e tutta una carriera davanti. Un gesto così estremo resta difficile da capire, al punto che i sospetti hanno portato due volte alla riapertura dell'inchiesta, nel 2005 e nel 2016, che, in entrambi i casi, è stata
44
archiviata senza modificare le conclusioni: fu dunque suicidio. Insieme a Fabrizio De André, Bruno Lauzi, Gino Paoli e Umberto Bindi Tenco fu uno degli esponenti della cosiddetta scuola genovese, un nucleo di artisti che rinnovò profondamente
la
musica
leggera
italiana.Luigi Tenco ha avuto, però, una carriera faticosa sia per il suo carattere difficile, sia perché era in anticipo sui tempi. Buona parte delle canzoni del suo album d'esordio,
intitolato
«Luigi
Tenco»
fu
censurata: si salvarono solo «Angela» e «Mi sono innamorato di te», che avrebbe avuto maggiore successo nella versione di Ornella Vanoni. Per lui, come per molti altri geni della musica, il successo e la comprensione non ricevuti in vita sono arrivati postumi, sia perché le sue canzoni sono diventate dei
classici,
sia
per
l'influenza
enorme
militare, che completò tuttavia in gran parte
esercitata sulle generazioni successive.
con
Tenco nacque nel 1938 a Cassine, in provincia
presentò al Festival di Sanremo con la
di Alessandria, ma trascorse la sua infanzia
canzone “Ciao amore ciao”, cantata, come si
e
usava
adolescenza
a
Genova,
dove
aveva
ricoveri
a
quel
ospedalieri.
tempo,
da
Nel
1967
due
si
artisti
cominciato la sua avventura nella musica
separatamente, ossia Tenco e Dalida.
quando era ancora un liceale, suonando il
In realtà il brano aveva un altro testo e un
clarinetto. Seguì nel 1958 la costituzione del
altro titolo “Li vidi tornare”, ma Tenco
gruppo “I Diavoli del Rock”, gruppo jazz di
decise di modificarne le parole originali di
cui facevano parte anche Bruno Lauzi e
tono antimilitarista per non incorrere nella
Fabrizio De Andrè. Il suo esordio con il
censura. Il testo originale parlava di alcuni
gruppo “I Cavalieri” risale al 1959, quando
soldati che partivano per la guerra durante
incise un disco con quattro brani, pubblicati
il Risorgimento ed era ispirato ai versi della
a nome «Tenco». Dopo questa incisione,
poesia di Luigi Mercantini “La spigolatrice di
adottò gli pseudonimi di Gigi Mai, Dick
Sapri” sulla sfortunata spedizione di Sapri
Ventuno e Gordon Cliff, chiedendo a Nanni
di Carlo Pisacane; soltanto il ritornello "ciao
Ricordi di non apparire con il suo vero nome
amore, ciao amore, ciao" rimase fedele
per non subire danni d'immagine, essendo
all'originale. Il testo presentato, invece, era
studente di scienze politiche ed iscritto al
una
Partito
dell'emigrazione italiana verso le Americhe.
Socialista
Italiano.
Ma,
come
canzone brano
non
d'amore
sfondo
accadrà ad altri artisti di sinistra e a molti
Il
cittadini, Tenco venne in seguito schedato e
organizzatori del Festival e non fu ammesso
inserito in una "lista nera" del SIFAR,
alla
ritrovata nei cosiddetti “fascicoli”. Nel 1961
dodicesimo posto. Dopo aver fallito anche il
uscì il suo primo 45 giri, inciso come solista
ripescaggio, dove fu favorita la canzone “La
e con il suo vero nome, intitolato “I miei
rivoluzione” di Gianni Pettenati, il cantante,
giorni perduti”. Nel 1962 cominciò una breve
probabilmente, cadde nello sconforto.
esperienza cinematografica con il film “La
Oggi Luigi Tenco è uno degli autori più riletti
cuccagna”, pellicola nella quale cantò il brano
della storia della musica italiana, amatissimo
“La ballata dell'eroe”, composta dall'amico
anche dai solisti di jazz, e dal 1972 Sanremo
Fabrizio De André. L’anno successivo, dopo
ospita il Premio Tenco, dedicato alla musica
aver ottenuto vari rinvii, partì per il servizio
d'autore e di qualità.
serata
venne
sullo
finale,
apprezzato
dagli
classificandosi
al
Stefania Migliozzi
45
Edith Bruck, scrittrice di origine ebrea,
l’esperienza del lager, fatica ancor di più a
nata in un villaggio ungherese ai confini
credere in Dio.
dell’Ucraina e sopravvissuta ai campi di
La scrittrice in un’intervista ha parlato di
sterminio
da
come “cinque luci nel buio”, ossia cinque rari
bambina, si è stabilita in Italia nel 1954 e
e piccoli grandi gesti durante la sua
rappresenta una delle poche testimoni
prigionia, l’abbiano aiutata a non sentirsi
dirette sopravvissute alla tragedia della
sempre e solo un numero e le abbiano
Shoah. Nel suo breve romanzo “Lettera alla
permesso di riuscire a scampare per un
madre”, medita sul mancato senso della vita
soffio alla morte e alle selezioni di Mengele,
e sull’impossibilità di tornare a vivere dopo
senza però distoglierla successivamente da
le atroci sofferenze di Auschwitz.
un’attrazione costante per il suicidio.
Il racconto, però, a differenza delle opere
Così Edith scrive alla madre per esprimerle,
di Levi, di Pahor o di Imre Kertész, non si
senza reticenze e autocensure, tutto quello
concentra
di
che avrebbe voluto dirle se anche lei fosse
tragedia
sopravvissuta ad Auschwitz, provando a
dov’era
sulla
concentramento
46
stata
vita o
condotta
nei sulla
campi
dell'Olocausto, ma è, dall’inizio alla fine, una
instaurare
dolente meditazione sul mancato senso della
mortem. Ma non si tratta di un semplice
sopravvivenza
alla
sfogo sentimentale verso una madre che non
deportazione, con la vivida e corporea
c’è più, è, invece, un groviglio di sentimenti e
consapevolezza del Male Assoluto, che non
ideali contrastanti, come la sua meditazione
si può cancellare né consolare in nessun
sull’assenza di qualsiasi aldilà, il mito
modo. Edith infatti, non essendo religiosa, si
ebraico, l’infanzia di stenti in Ungheria; è un
scontra apertamente con la madre e, dopo
miscuglio di amore e rabbia. «Da quattro
ad
Auschwitz
e
un
impossibile
dialogo
post
anni eravate in attesa dell’alba fatidica.
In una delle sue ultime interviste ha
Quattro anni di notizie di massacri nuovi,
affermato: “Non odio e non odierò mai i
inarrestabili,
tedeschi, nemmeno se incontrassi oggi
mentre
ci
guardavate
crescere per niente, per morire. (…) Se
l’autore
materiale
dell’omicidio
sapevate che eravamo condannati perché
madre”. Con queste parole, Edith Bruck ha
non eravate più dolci, più amorosi, più
trasmesso un grande messaggio di umanità e
permissivi, con noi figli vittime innocenti?»,
di speranza: odio e intolleranza vanno
così Edith, sia come bambina che come
banditi, nella storia come nella vita di tutti i
adulta, con il suo atto d’accusa più grave, che
giorni.
suona implacabile, si mostra severa, critica
L'avviso è rivolto soprattutto ai giovani in
e talvolta aggressiva nei confronti della
Europa, visto l’avanzamento, giorno dopo
madre. Questa, infatti, viene accusata di
giorno, di derive nazionaliste, populiste,
aver trattato con rudezza la figlia sin da
vere e proprie espressioni di gruppi nazi-
bambina e di non aver mai compreso e
fascisti
rispettato la sua vera natura, volta a un laico
paramilitari,
e razionale scetticismo, a un gioioso e libero
xenofobi, antisemiti. Oggi, presi di mira
rapporto con la natura, con gli animali, con i
però sono soprattutto rifugiati e migranti;
propri simili, soprattutto se “diversi”.
sorte fino a pochi anni fa riservata a rom e
La scrittrice rimprovera la fede fanatica
sinti. “Queste nuove forme d’intolleranza ci
della madre che spesso l’aveva resa distante
ricordano quanto in Europa si stia creando
e cieca di fronte alle richieste d’amore e
una “scia” pericolosa, per tutti, non solo per
d’attenzione della figlia. Ricorda anche con
chi fugge da guerre e persecuzioni, ma per
quanta autorità sua madre provava a imporle
tutti coloro che sono considerati diversi”, ha
la propria visione del mondo e dell’esistenza
affermato in un’intervista, “e dal momento
in ubbidienza al credo ebraico e di come
che siamo fortunatamente tutti diversi l’uno
trascurasse la sua passione per i libri, per le
dall’altro,
poesie, e la sua ricerca incessante di
Ricordiamoci però che anche nel male può
distinguersi attraverso l’arte e la cultura.
accendersi la scintilla del bene, una piccola
Accanto alla figura della madre, Edith
luce nella disperazione, proprio come quelle
rievoca anche quelle di familiari e amici,
“cinque luci” che aiutarono la donna a
senza creare mai confusione e mantenendo
sopravvivere.
organizzati alimentati
nessuno
di
mia
in
strutture
da
sentimenti
sarà
immune”.
fisso il suo punto di vista.
Stefania Migliozzi
47
In un mondo dominato dalla tecnologia ci
“In mare aperto verso l’orizzonte” è rivolto
stiamo allontanando sempre di più dai libri e
ad un pubblico giovanile, difatti il narratore,
dalla lettura. La capacità di leggere e di
che nell’opera coincide con lo scrittore,
scrivere ha permesso all'uomo di evolversi,
accompagna,
di svilupparsi, di crescere culturalmente, di
adolescente in mare aperto, simbolo della
divertirsi , di incuriosirsi, di viaggiare con la
meraviglia e della giovinezza, per vigilare
fantasia.
che la rotta sia favorevole e per condividere
“Leggere è il cibo della mente” e nessun libro
il fascino dell’approdo.
è
esistono
La navigazione è piena di ostacoli, come il
semplicemente libri che sanno trasmettere
canto ammaliante delle sirene, ed è utile, se
qualcosa in più, ricchi di significato e di
non necessario, avere compagnia in questo
emozioni. Scuola di lettura, lettura a scuola:
viaggio; infatti, solo insieme, condividendo
in questo percorso intrapreso dal nostro
gioie e sofferenze, è possibile per l’uomo
Istituto,
catturato
crescere. Anche la scuola, attraverso la
particolarmente la nostra attenzione è “In
goduta amicizia con lo studio, aiuta nel
mare aperto verso l’orizzonte – In barca con
percorso verso la maturazione, provoca un
un giovane”, di Carmine Brasile.
beneficio profondo, in quanto mostra agli
“In
48
migliore
di
il
un
altro,
libro
mare aperto
che
verso
ma
ha
dalla
premura,
un
è
occhi dei discenti “le tappe significative del
un’opera pubblicata nel 2016 dalla casa
travaglio operativo dell’uomo”, permette
editrice
L’autore,
loro di scoprire la storia dell’umanità, la sua
Carmine Brasile, è nato a Cascano di Sessa
grandezza, la sua miseria, le sue invenzioni e
Aurunca, dove attualmente risiede. Ha
le sue potenzialità.
insegnato
quarant'anni
Nel viaggio la famiglia e il suo amore sono
italiano e latino nei licei ed è oggi Presidente
fondamentali, in quanto da essi dipende in
del MEIC (Movimento Ecclesiale d’Impegno
gran parte la propria stabilità; infatti i
Culturale).
genitori, con il loro affetto e la loro
“Giannini
all'incirca
l’orizzonte”
spinto
editore”.
per
dedizione, esaudiscono tutti i desideri dei
spesso anche drammatica”. Molti immigrati
loro figli, che hanno il compito di “portare
rischiano la vita per spietati affaristi e per
ogni giorno la propria pietra che rafforzi
l’imprevedibilità del mare e sono proprio
l’edificio della famiglia”, ma la famiglia, in
queste
particolare nei paesi occidentali, non è più
componimenti poetici contenuti nel libro, tra
fondata esclusivamente sul matrimonio. Si
cui l’ultima poesia “Ad Aylan Kurdi”. La lirica,
sono diffusi vari tipi di famiglie, difatti sono
scritta a Cascano il 6 settembre del 2015, è
molto
le
composta da una sola strofa che comprende
convivenze, le famiglie composte da una sola
ventisei versi liberi, anche molto brevi, e
persona e le famiglie “rinate”, ovvero le
sciolti.
famiglie in cui uno dei due coniugi è reduce
restituzione,
da un precedente matrimonio e questo porta
cadavere di Aylan Kurdi, un bambino di tre
a “situazioni […] con una loro indubbia
anni morto nel tentativo di fuggire dalla
difficoltà e tristezza”.
Siria. Una così grande disgrazia può però
I giovani lettori vengono, inoltre, spinti a
essere, secondo l’autore, un monito, in
riflettere su svariati temi, che fanno parte
quanto può “ridare vita nuova ad un andare
della quotidianità. Tra questi ritroviamo la
della storia, nella fragilità potente di una
solitudine degli anziani, intimiditi dalla
luminosa auroralità di umana presenza”.
frenetica vita moderna, la condizione dei
Il registro che viene usato è alto, infatti
senzatetto, esposti ai pericoli della strada,
vengono utilizzati vocaboli scelti con cura e
l’abuso di alcool o droghe, che gradualmente
periodi di varia complessità, che sono ben
degrada il fisico e la psiche di chi, trascinato
costruiti
da un senso di smarrita vanità, ne fa uso. Tra
richiami ad altri testi condotti con i
i temi sociali denunciati nell’opera assume un
procedimenti dell’arte allusiva.
importante rilievo l’immigrazione, ovvero
Nel
l'arrivo nei paesi “di maggiore progresso
fotografie, che accompagnano il testo e ne
civile” di un flusso di uomini scappati “dal
rafforzano il messaggio con il senso, che
disagio della povertà e dal peso della
forse più tra tutti rappresenta la società
sopraffazione”. Eliminata ogni forma di
odierna: la vista.
ostilità
“In
numerose
o
le
indifferenza,
separazioni,
appare
giusto
morti
Il
ispirare
componimento
e
libro
mare
ad
da
parte
ordinati.
sono
verso due
alcuni
immortala del
mare,
Ritroviamo
presenti
l’orizzonte” generazioni,
la del
alcuni
numerose
mette
a
insegna
a
aiutare questi “stranieri”, perché “chi ha di
confronto
più, sino a sovrabbondare in una smisurata
pilotare la propria barca nel mare della
superfluità, deve imparare a dare almeno il
giovinezza, attraverso la comprensione e
necessario a chi ne soffre la mancanza,
l'amore per la vita e se stessi.
Daniela Rullo
“In mare aperto verso l’orizzonte – In barca
letteratura italiana e latina. Nato a Cascano
con un giovane” è il titolo dell’ultimo lavoro
di Sessa Aurunca,il prof, Brasile è stato
di Carmine Brasile, professore di lingua e
49
anche direttore della pagina di Avvenire per la diocesi di Sessa Aurunca.
Che dire, poi, delle pagine in cui Carmine Brasile parla della scuola? La conoscenza,
Il libro parla ad un giovane, immaginando di
intesa come processo di maturazione che
viaggiare con lui in barca, “in mare aperto
investe la persona, è il segno di una vera e
verso l’orizzonte”, condividendo i pericoli
propria crescita dell’uomo pronto nel cuore
della
e nella mente ad opere di solidarietà.
navigazione
ma
anche
la
gioia
dell’attracco. Lo stimola nella scoperta delle
Altro tema trattato è l’immigrazione:
cose belle e meno belle del mondo, perché
uomini, donne e bambini alla ricerca di
possa
“sospirati lidi” sognano di raggiungere la
apprezzare
la
vita,
dono
di
inestimabile valore.
libertà negata nei loro paesi di origine.
Temi cardini del libro: la scuola, l’amore per
L’accoglienza, a prescindere dal colore della
la vita, la ricchezza del confronto e della
pelle, è un “imperativo morale di una civiltà
solidarietà.
degna del suo nome”.
Parlando della famiglia, l’autore stimola i
A pagina 25 del libro, nel definire la vita
giovani a scoprire la madre, paziente,
che, “in ogni sua giornata, diventa gradita,
premurosa,
ad
goduta, riempita di significato”, l'autore
ascoltare e ad esaudire ogni suo desiderio”.
inserisce in questo contesto anche quello
La
“ due cuori che battono
politico, che, qualora riuscisse ad esserlo
un
di
“nel senso autentico, realizzerebbe un’altra
indissolubilità, oggi è un vago ricordo
forma di vita”. Il politico viene invitato a
(declino del matrimonio e la diffusione di una
mettere a disposizione la sua intelligenza e
molteplicità di tipologie familiari sono dei
il suo tempo per le esigenze delle comunità,
palesi indicatori dei cambiamenti nel modo di
senza nessuno scopo personale prediligendo
concepire la famiglia).
i più bisognosi.
sempre
famiglia
all’unisono”,
Parlando
della
vicina,
tempo
giovinezza,
“pronta
sinonimo
che
“è
sì
Il libro mette a confronto due generazioni
esuberanza”, l'autore la paragona ad un
che affrontano le problematiche dei giovani
fiume, che deve scorrere dentro il suo alveo,
di oggi i quali, solo attraverso i veri valori
per evitare che le sue acque straripino.
della vita, riusciranno a navigare nel mare
Chiaro è il riferimento all’abuso di droghe e
aperto.
di alcool a cui oggi molti giovani fanno
La frase, in assoluto, che maggiormente mi
ricorso iniziando un cammino di rovina, in cui
ha colpito è: I valori veri sono di ogni tempo,
“il volto perde il suo sorriso e lo sguardo
perché appartengono all’uomo di sempre,
volge lontano, in una vaghezza che ha il
rispecchiandone la vera essenza.
dramma dell’assoluto smarrimento”.
Luigi Palmese
50
di Luigi Palmese Quand’ al mio spirto usato fui tornato lo duca mio spronommi sorridendo perch’i’ seguissi lui con piede alato. Ma i’ esitavo alquanto, non potendo tor gli occhi miei da quella schiera trista che l’infernal bufera va scuotendo. Come l’incauto Orfeo da la sua vista temea veder sparir la sua Euridice, e la sua tema al grand’amor frammista lo fe’ per sempre folle e infelice, così non potea io seguir lo duca, ch’innanzi procedea, come s’addice. Allor io dissi a lui, che la nuca mi rivolgeva, procedendo avanti: “Pria che tu, o maestro, mi conduca ai nuovi tormentati, tra gli amanti, ch’ alle spalle oramai abbiam lasciato, i’ vorrei favellar, tra tutti quanti, con colei che sì ben hai tu cantato: Didon dico, regina di Cartago, che per amor d’Enea compì il suo fato. Fammi parlar con lei e sarò pago,
51
ché dell’amor che tutta la sconvolse ogni piega conoscer io son vago”. Lo mio maestro allor a me si volse, mi rimirò e disse, sospirando: “Se cotanto disio di ciò ti colse, torniamo pur, ma allor ti raccomando di rivolgerti a lei con gran dolcezza, il tuo impeto ardente raffrenando. Sui nostri passi allor, con mia gaiezza, noi ritornammo, pur con passo lento, finche lo mio maestro, con prontezza, tra le dolenti ombre esposte al vento, vide Didone, sola e un po’ in disparte, e a me l’indicò, levando il mento. Io mi diressi allor dalla sua parte, mi fei da presso e con parole accorte le dissi con un tono scelto ad arte: “Conoscere vorrei della tua sorte, o di Sicheo fedele e dolce sposa, la fatale cagion che così forte fe’ la tua ira, e l’alma sì desiosa di quel supremo gesto e di vendetta. Che mai t’indusse a mantener ascosa alla fida sorella tua diletta la ferale intenzion che nella testa e nel cor tuo nutrivi, o te negletta ?”
52
Ella allor il suo capo volse mesta, un sospiro levò e poi inquieta: “Quello che più di tutto mi molesta e alimenta un dolor che non si cheta é l’avere tradito la mia gente e lasciato il mio regno, né m’allieta aver considerato men di niente la dignità di donna e di regina. La passione mi rese sì fremente, m’offuscò la ragione e alla ruina la stirpe mia portò e il popol mio. Spero che il traditor giaccia in Caina, e che in bocca a Lucifer paghi il fio”.
53
Salvatore Morelli (Carovigno, 1º maggio
venne condannato a otto anni di carcere.
1824 – Pozzuoli, 22 ottobre 1880) fu un
Tornato in libertà, nel 1861 pubblicò la sua
giornalista, uno scrittore, ma anche un
opera più importante: “La donna e la
patriota e politico italiano. Egli operò e
scienza”. Le sue riflessioni si concentrarono
scrisse nella seconda metà dell’Ottocento,
soprattutto sulle disuguaglianze sociali e
rappresentando
culturali
una
figura
importante
dell’area riformista italiana. Visto il suo
penalizzavano
la
figura
femminile.
trascorso socio-politico e la portata delle
Nelle pagine dei suoi scritti, lo studioso e
sue proposte, può essere definito, senza
politico pugliese più volte fece osservare
ombra di dubbio, l’anticonformista per
come fosse del tutto ingiustificato e
eccellenza. Precursore di idee innovative, fu
immorale il processo discriminatorio attuato
più volte deriso e denigrato dagli stessi
nei confronti della donna. Morelli vedeva
membri della Camera.
quest’ultima
come
“dell’educazione
degli
Adesso conosciamo più da vicino la vita e il
54
che
promotrice esseri
umani”,
pensiero di questo scrittore poco noto ai più.
un’educazione basata sulla scienza intesa
Nel 1840 si recò a Napoli per studiare
come “cultura, come elevazione intellettuale
giurisprudenza. Nella capitale del Regno si
a cui è affidato il compito di illuminare la
avvicinò agli ambienti mazziniani dove si
figura femminile in maniera tale che possa
discuteva
diritti
essere una guida per il cammino dell’intera
dell’uomo e aderì alla “Giovane Italia”.
comunità”. Lo scrittore aveva una così alta
Intravide in re Ferdinando II un “liberale”
concezione della donna da ritenerla un
capace di grandi cambiamenti, ma resosi
pilastro portante della nostra società, il
conto della sua inerzia, ne bruciò il ritratto
fulcro fondamentale delle istituzioni, colei
in piazza. Per questa sua “disobbedienza”
che,
di
Costituzione,
di
generando
la
vita,
fosse
l’unica
sorgente di civiltà per le future generazioni.
leggi che egli propose venne presa in
Era convinto, inoltre, che complice del
considerazione. Solo nel 1877 il Parlamento
malessere della società fosse l’ignoranza,
italiano approvò il suo progetto di legge,
motivo per il quale considerava importante
“Legge Morelli n. 4176 del 9 dicembre 1877”,
attuare
riforma
per riconoscere alle donne il diritto di
scolastica. Grazie al suo impegno, le ragazze
essere testimoni negli atti normati dal
furono ammesse a frequentare i primi due
Codice civile, come i testamenti, importante
anni del Ginnasio. Propose un’istruzione
progresso per i risvolti economici e per
moderna, gratuita e obbligatoria per tutti,
l’affermazione del principio di capacità
tutelò i deboli, lottò contro la pena di morte.
giuridica delle donne. Morì in miseria, non
Nel 1867 venne eletto deputato nel collegio
esistendo allora l’indennità parlamentare,
di Sessa Aurunca, dove continuò la sua
nella camera di una piccola locanda di
battaglia a favore delle donne, promuovendo
Pozzuoli.
disegni di legge che ne migliorassero la
scrissero che era morto il più grande
condizione giuridica, affinché si desse inizio
difensore dei diritti delle donne nel mondo.
ad una nuova era, foriera di riforme a tutto
Da non dimenticare, tra l’altro, le opere
campo. Negli anni 1874-1875, propose un
pubbliche realizzate durante il suo mandato
nuovo diritto di famiglia, con cento anni di
parlamentare: la bonifica di alcune zone
anticipo rispetto a quello approvato solo nel
della Campania, infestate dal colera nella
1975,
dei
prima metà del XIX secolo, la realizzazione
coniugi nel matrimonio, ma anche il doppio
della linea ferroviaria Sessa Aurunca –
cognome,
Gaeta di circa 60 chilometri; la fondazione
una
che
vera
e
prevedeva il
propria
l’eguaglianza
riconoscimento
dei
figli
illegittimi e il divorzio.
Le
emancipatrici
americane
del liceo ginnasio di Sessa Aurunca.
Sempre nello stesso anno (1875), con
Oggi l’opera meritoria di Salvatore Morelli
apposita bozza di legge, presentò richiesta
viene rivalutata ed apprezzata. Ad oltre un
per il diritto di voto alle donne. Per
secolo
comprendere
nazionali ed internazionali ne ripropongono
la
modernità
di
questa
dalla
figura
sua nel
scomparsa,
contesto
convegni
proposta basti ricordare che esso sarà
la
dei
introdotto in Italia solo nel 1946, con
democratici dell’Ottocento europeo.
fervori
l’avvento della Repubblica. Nessuna delle
ENZA PALMESE
55
Il concetto di bellezza è oggetto di
orrendi palazzi sorti all’improvviso, con
discussione ormai da centinaia di anni; vari
tutto
filosofi, scrittori ed intellettuali, infatti,
speculative, ci si abitua con pronta facilità,
hanno formulato diverse definizioni per
si mettono le tendine alle finestre, le piante
cercare di spiegarlo. Ugo Foscolo ritiene che
nel davanzale, e presto ci si dimentica di
la bellezza sia fortemente legata alle arti e
come erano quei luoghi prima, ed ogni cosa,
alla letteratura. La cultura, infatti, è in
per il solo fatto che è così, pare dover
grado di civilizzare gli uomini, arricchendoli
essere così da sempre e per sempre. È per
di quella bellezza interiore che permette
questo che bisognerebbe educare la gente
loro di vivere serenamente in comunità. In
alla bellezza: perché in uomini e donne non si
particolar modo troviamo questo pensiero
insinui più l’abitudine e la rassegnazione a
nell’opera “Le Grazie” in cui viene espresso
rimangano sempre vivi la curiosità e lo
al
stupore.” Solo percorrendo questa strada gli
meglio
il
civilizzatrice
concetto
da
operazioni
Pallade.
delle finestre, di mettere le piante sul
Un’ennesima definizione di bellezza è stata
davanzale” e di ignorare la bruttezza delle
data da Peppino Impastato, giornalista
azioni illecite e violente. Tuttavia, al giorno
ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978. Egli era
d’oggi,
fortemente convinto che la bellezza fosse in
esclusivamente ai valori estetici e non alle
grado di educare uomini e donne in modo che
virtù morali. Ciò probabilmente è dovuto al
essi non manifestassero assuefazione nei
fatto che troppo spesso giudichiamo e
confronti delle cattive pratiche speculative
apprezziamo
messe in atto dalle mafie. Egli ci ha lasciato
anziché l’essere, dimenticandoci delle cose
queste parole molto significative: “Se si
davvero importanti.
insegnasse la bellezza alla gente la si
sarebbe opportuno che noi ci comportassimo
fornirebbe di un’arma contro la paura, la
come Foscolo o Impastato cercando di
rassegnazione e l’omertà. All’esistenza di
essere meno superficiali e più riflessivi.
Vesta
e
di
squallore,
uomini smetteranno “di chiudere le tendine
Venere,
l’azione
bellezza
loro
tre
divinità:
mediante
di
il
la
parola
bellezza
maggiormente Forse,
è
legata
l’apparire ogni tanto,
Mario D’Onofrio
56
Il barone Rampante è un romanzo di Italo
decisione, alla fine, lo porta a vivere la sua
Calvino scritto nel 1957 che fa parte della
intera vita sugli alberi.
trilogia I Nostri Antenati, insieme a Il Visconte
Dimezzato e Il
Cavaliere
lotta contro i pirati, incontra un brigante
Inesistente. L’ispirazione per la scrittura di
che diventerà in futuro suo amico e fa la
questo romanzo deriva da una storia che
conoscenza di altre persone che, come lui,
viene raccontata a Calvino una sera del 1950,
vivono sugli alberi. Egli, infatti, non vive su
sette anni prima dell’uscita del libro.
un unico albero, ma continua a viaggiare di
Il romanzo narra di un bambino, Cosimo che,
pianta in pianta per allargare i suoi orizzonti.
all’età di 12 anni, dopo essersi preso la colpa
Passa le sue giornate leggendo e, con il
di un atto che egli non ha mai commesso,
trascorrere
decide di scappare di casa e andare a vivere
famosissimo filosofo,
sugli alberi. Il bambino è il figlio del barone
Europa. Successivamente incontra Ottimo
Arminio
Massimo, un cane che gli tiene compagnia
Piovasco
e
di
Konradine
von
Kurtewutz ed è il fratello di Battista e Biagio.
Quest’ultimo
importante
57
Le avventure che egli vive sono sensazionali:
nel
ricopre
romanzo,
un
poiché
ruolo è
degli
anni,
diventa
un
stimato in tutta
per molti anni. A tenergli compagnia non sarà solo l’animale,
il
bensì anche Viola, una donna di cui si
narratore. La scelta di Cosimo, inizialmente,
innamora e per la quale egli quasi rinuncia a
può essere interpretata come un capriccio,
vivere sugli alberi. Cosimo muore a 65 anni
ma in realtà essa deriva dal desiderio del
per una malattia ma, per non farsi vedere
bambino di fuggire da una vita basata su
dagli abitanti del suo paese, decide di
rigidissime regole aristocratiche. La sua
andare a morire in territori più lontani. Il
romanzo è ambientato ad Ombrosa, una
si evolve, pur restando fedele ai suoi ideali.
terra ricca di alberi, senza dei quali Cosimo
Il protagonista è un personaggio molto
non sarebbe mai riuscito nella sua impresa.
ingegnoso,
capace
di
affrontare
ogni
Come
situazione
senza
mai
scendere
dagli
racconta
Biagio,
Ombrosa
viene
disboscata e nessun altro Cosimo potrà più
alberi. Il barone rampante è un romanzo
vivere lì. Il narratore, Biagio, è interno ed è
molto originale; non è semplicemente una
un io narrante. La focalizzazione è interna.
fiaba, ma un testo complesso che affronta
Alcuni
anche
personaggi
sono
caratterizzati
fisicamente, ma la maggior parte lo è psicologicamente e socialmente.
il
problema
della
ribellione
adolescenziale, del rifiuto. La
vicenda
è
collocata
nell’età
Il luogo, Ombrosa, è realistico e il tempo
dell’Illuminismo e della rivoluzione, ma, come
della storia supera di molto il tempo del
accade anche nei romanzi della Trilogia, Il
racconto.
cavaliere
La
fabula
e
l’intreccio
non
inesistente e Il
visconte
coincidono in quanto la storia stessa è un
dimezzato, assume connotati fiabeschi, in
flashback (Biagio annota su un quaderno la
una continua sospensione tra realismo e
vita di Cosimo dopo che quest’ultimo è
racconto fantastico. La scelta che Cosimo fa
morto). Uno dei temi centrali del romanzo è
non è una fuga dal mondo né dai rapporti
sicuramente l’ostinazione: Cosimo si ribella
umani, ma è una ricerca, un tentativo di
alla famiglia, non vuole mangiare le lumache
vedere e guardate da una diversa e
e decide di ritirarsi sugli alberi.
privilegiata prospettiva lo svolgersi della
Per tutto il resto della sua vita non scende
vita, cioè dall’alto. Leonardo Sciascia vede in
più dagli alberi, ma, nonostante ciò, cresce e
Cosimo “una sentinella della ragione, vigile e
diventa un membro attivo della comunità di
scattante contro tutti i mostri della natura
Ombrosa. Un altro dei temi del romanzo è
e della storia”.
infatti la crescita, perché Cosimo cambia e
Luigi Ficociello e Carlo La Vecchia
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La fragilità è un handicap o un dono per capire
più
nel
profondo
noi
generazione spesso perduta in un deserto di
stessi? Nello Zibaldone nell’aprile del 1827,
noia, a caccia di oasi di senso, intrappolata in
Giacomo Leopardi accennò al desiderio
miraggi emotivi necessari a risarcire una
di comporre una “Lettera a un giovane del
profonda solitudine, quella di chi si sente
ventesimo secolo“.
abbandonato da tutto” a riprendere in mano
A cogliere il messaggio di quella lettera mai scritta
è
stato
D’Avenia quando
proprio Alessandro
diciasettenne
scoprì
la vita nonostante le avversità alle quali essa ci espone. L’ opera è suddivisa in quattro sezioni che
rappresentano
le
vitali dell’uomo nelle
redigere, vent’anni dopo, una risposta al
dolori, nelle
Poeta. Ne è nato un libro e una serie di
l’adolescenza come
lettere scritte in fondo da tutti noi: “L’arte
la maturità come arte di morire; l’arte di
di essere fragili”.
essere fragili, una parte della vita che
sue
sue
fasi
Giacomo Leopardi e fece suo il proposito di
L’ opera attraversa il buio dei secoli e
fragilità
rinascite arte
e
di
e
gioie: sperare;
Leopardi inventa e che sembra meravigliosa;
mette a nudo il ruolo della letteratura,
e
mistificato oggi dalla società dei consumi:
rinascere. D’Avenia ci regala un implicito
restituire
manifesto politico, sociale, ideologico e
agli
uomini
il
senso
della
vita. Sono lettere sulle cose che contano e per questo sono rivolte soprattutto ai
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Credo che la sua opera occorra a “una
poi
il morire come
arte
di
spirituale. Il futuro dell’uomo è appeso al filo della sua
giovani e a chi conserva la scintilla – oggi
capacità
debole e piegata dai venti – di un’etica.
e dell’arte
di
riappropriarsi di
vivere in
della ogni
poesia sua
forma. Oggigiorno
la
tecnologia
e
il
del buio, rendendoci disponibili al mistero”
consumismo ci hanno talmente assopito da
per svelarci il segreto della felicità.
farci credere che l’umanità – intesa come
Un percorso reinterpretativo di un uomo da
specie e come valore – possa avere un futuro
sempre misterioso che ci invita ad essere
rinunciando
“poeti” ogni giorno, chiamati a fare qualcosa
alla
propria
anima. Ogni
uomo, nella sua quotidianità, passa più tempo
di bello al mondo, costi quel che costi.
a
Un metodo per dare compimento a se stessi
guardare
lo
schermo
asettico
di
uno smartphone piuttosto che sfogliare le
e alle cose fragili, il segreto per rinascere.
pagine di un libro che possono suscitare
Alla fine del libro l’autore confessa “ho
emozioni.
è
subito una metamorfosi, ma non per nuove
imprescindibile quanto il pane, poiché è il
penne e nuove ali: queste sono sparite, e al
canto dell’uomo nella notte che insegna alle
loro posto, spero ormai d’ avere un paio di
giovani generazioni proprio “l’arte di vivere”.
gambe per camminare pazientemente sulla
Quest’arte di “essere poeti del quotidiano”
terra”.
conta più di ogni altra cosa e si basa su una
D’Avenia che,
verità che il “progresso” ci ha fatto
percorso di stesura, ha avuto una vera e
dimenticare:
propria rinascita. Così la sua opera finisce in
Eppure,
siamo
la
letteratura
umani
e
dobbiamo
Leopardi ha smosso l’animo intrapreso
questo
di lungo
imparare “l’arte di essere fragili”.
un presidio di raccomandazioni e speranze
Lo
che destano l’uomo moderno
scrittore
D’ Avenia ha
a
non
proprio l’intento di rivalutare la figura di
arrendersi, ad avere coraggio, per scoprire
Giacomo Leopardi, autore conosciuto per il
l’ Infinito oltre la siepe: “Auguro questa
suo pessimismo e per la sua poca voglia di
metamorfosi anche a te, caro lettore, che
vivere dovuta alla sua salute cagionevole, per
hai deciso di portare in tasca questo libro,
farci riscoprire un ottimista, un amatore
dedicandogli il tuo tempo e i tuoi pensieri. Ti
della vita.
sono grato per aver fatto questo tratto di
Attraverso gli scritti del poeta romantico,
strada insieme”.
D’Avenia ci induce ad “affrontare la paura
Marcella Stabile
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Grande scrittore del ‘900, Calvino scrisse l’ “Apologo sull’onestà nel paese dei
pensare che fossero loro a sbagliare e non il contrario. E allora lo scrittore pone una
corrotti” che venne pubblicato nel 1980 dal quotidiano “La Repubblica” . L’apologo narra della società del ‘900 ormai sprofondata nell’illiceità: tutto girava attorno a dei centri di potere ai quali le
domanda: “Dovevano rassegnarsi all’estinzione?”. Beh, no. Questi pochi uomini ai quali era rimasto almeno un briciolo di onestà non volevano e soprattutto non
persone si rivolgevano per ricevere dei favori (che portavano a commettere azioni illegali) ripagati attraverso ingenti somme di denaro. Queste a loro volta erano state ottenute mediante favori fatti ad
dovevano rassegnarsi all’idea che ormai la società girasse solo intorno alla disonestà. Loro infatti si consolavano pensando che in tutte le società si hanno dei periodi dove l’illiceità è protagonista, ma,
altri in precedenza. In qualche modo, quindi, ci spiega Calvino, si era creata una sorta di sistema economico
prima o poi, continuando a compiere azioni giuste e legali, questi momenti di “oscurità” possono essere sorpassati.
che, seppur illecito, aveva un suo filo logico, il quale permetteva a molte persone di
Questo scritto, seppur realizzato nel ‘900, rispecchia appieno la società di oggi ed è per
potersi
vivere. Le
questo motivo che tutti dovremmo fermarci
volevano
a riflettere bene sulle nostre azioni per
“guadagnare”
persone oneste, le guadagnarsi
da
da quali
vivere
seguendo
la
legge, erano talmente poche tanto da far
cercare
di
far
prevalere
la
giustizia
sull’illiceità
Silvia Pauroso
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Primo Michele Levi (nato a Torino nel 1919 e morto a Torino nel 1987) pubblicò nel 1986, un anno prima del suo suicidio, il suo ultimo lavoro “ I sommersi e i salvati”. In questo romanzo Levi descrive la tragedia dei lager nazisti, il ruolo delle vittime e degli aguzzini all’interno dei campi e l’importanza della testimonianza e il rischio che la memoria della persecuzione venga dimenticata con leggerezza. Nel primo capitolo (La memoria dell’offesa) Levi mette in discussione la mente umana, perché viene implicitamente condizionata da ciò che avviene. Molto spazio è dedicato alla descrizione della zona grigia, il campo di sterminio stesso , e della sua complicata schematizzazione, in quanto c’erano ebrei impiegati nella manutenzione delle camere a gas (Sonderkommandos) e
prigionieri privilegiati impiegati nel mantenere ordine nel campo. In poche parole l’essere umano era in una condizione di complicità con i suoi stessi carnefici . Tutto rientrava nei piani di Hitler. La forza di questo libro è il coraggio di raccontare l’animo umano in una situazione inedita nella storia come quella del campo di sterminio. Levi non descrive la spinta alla solidarietà e all’aiuto reciproco da parte degli internati, ma piuttosto presenta la vita del campo come principio per cui alla morte di un compagno corrisponde una speranza di salvezza in più per se stessi. La cosa che fa più rabbia non è la ferocia, ma le condizioni in cui versavano i prigionieri ridotti alla fame, senza capelli, privati dei propri cari e dei propri effetti personali.
Lorenzo Mancini
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Cara Fanny, sono io Giacomo. Forse non ti aspetterai una mia lettera così all’improvviso o forse sarò morto quando la leggerai o forse non la vedrai mai. È da un po’ di tempo che penso a te in un modo diverso. Quando sono con te sembra quasi che il mondo non esista più, è come se ci fossimo solo io e te, due anime dannate che si rincorrono. Mi sono innamorato di te, e scusa se sono così diretto con le parole come non lo sono mai stato, ma ti amo per la tua bellezza, per il modo in cui educhi le tue figlie, per il tuo altruismo. Mi sono innamorato di te per i tuoi occhi neri come la pece, che sono in grado di trasmettere ogni tua emozione; mi sono innamorato di te per i tuoi capelli lunghi, castani e ricci, che adori girare tra le dita quando sei nervosa; mi sono innamorato di te per il tuo naso all’insù che arricci quando sei nervosa; e soprattutto mi sono innamorato di te per il tuo carattere dolce, ma testardo allo stesso tempo. Amo quando poni la felicità degli altri prima della tua. Amo quando mi regali quei sorrisi che io chiamo speciali, speciali
perché hanno qualcosa di magico da donarmi. Amo te che sei stata l’unica in grado di far addolcire questo cuore di pietra che mi ritrovo. Fai stare bene la mia anima e soprattutto il mio cuore. Quest’ultimo lo hai stregato, sei diventata il mio tutto in così poco tempo. Spiegami che mi hai fatto! Perché non mi fai né mangiare e né bere? Perché mi rendi così triste? Perché non mi ami? È la domanda che più mi agita, ma in fondo ti comprendo, chi mai potrà amare uno come me? Guardami, sono malato e non sono particolarmente bello. Sai, hai ragione, Ranieri è molto più affascinante di me e sicuramente potrà darti un futuro. Io cosa ho da offrirti? Il mio amore? E cos’è l’amore? È solo uno stupido sentimento, è solo una cosa che condanna a morte le persone. E scusami se mi contraddico, ma hai fatto bene a non volermi come tuo amante, sono povero, vado avanti scrivendo queste misere poesie che forse nemmeno verranno lette. Vado avanti disperandomi per questo amore che non vuoi accogliere tra le tue braccia, vado avanti sognandoti, poiché è solo lì che posso averti, è solo nei sogni che mi dici: ’’Giacomo ti amo ’’. Io amo solo te e mai e poi mai ti dimenticherò. Ti amerò per il resto dei miei giorni. Ci sarà sempre uno spazio nel mio cuore che porterà il tuo nome. Promettimi di non cambiare mai! Sorridi perché sei bella! Amati per quello che sei e se ti fa battere qualcosa il cuore, fallo, pur di rischiare! Questa lettera è dedicata a te, che sei stata, sei, e sarai sempre l’unica donna della mia vita. Per sempre tuo, Giacomo –Lettera immaginaria composta da Giacomo Leopardi a Fanny Targioni Tozzetti
Minerva Freda
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Meriggiare stanco e annoiato Meriggiare stanco e annoiato in un triste quartiere inquinato, ascoltare tra auto e treni rombi di moto, stridi di freni. E andando nel triste grigiore sentire con grande stupore com’è tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare una strada che finisce in un vicolo cieco
Carlo La Vecchia
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Siddharta di Hermann Hesse, opera pubblicata nel 1922, è un racconto o romanzo di formazione che descrive un viaggio spirituale alla scoperta di se stessi. Il giovane protagonista, Siddharta, inizia il suo percorso di maturazione individuale che ha come obiettivo la saggezza. Egli inizia il suo viaggio insieme all’amico di infanzia Govinda, che lo venera per la sua saggezza. All’inizio i due vanno a vivere con i Samana, un gruppo di asceti che conducono una vita essenziale. Qui trascorrono tre anni, tra meditazione e privazioni fisiche estreme (il digiuno, il rifiuto dei vestiti), ma non raggiungono la rivelazione spirituale tanto attesa. Perciò Siddharta e Govinda decidono di raggiungere la setta del Buddha Gotama, per giovarsi del suo esempio e dei suoi insegnamenti. Tuttavia, una volta arrivati al cospetto del maestro, Govinda decide di restare, mentre Siddharta, non ancora soddisfatto del traguardo raggiunto, prosegue il suo cammino, perché vuole guadagnarsi la saggezza autonomamente, senza adeguarsi in maniera passiva agli insegnamenti di qualcun altro. Successivamente, dopo aver conosciuto un barcaiolo che lo aiuta a superare il fiume, Siddharta giunge in città e conosce la bellissima cortigiana Kamala, se ne innamora, e con lei trascorre gli anni successivi,
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rinunciando alla ricerca di sé. Kamala vuole renderlo un uomo ricco e di successo e quindi indirizza Siddharta dal mercante Kamaswami. Tuttavia Siddharta intuisce che la sua vita materiale non può esaurire la ricerca assillante di una verità spirituale, ma quando incontra l’amico Govinda, ormai monaco buddhista, capisce di dover abbandonare la vita di piaceri a cui è abituato e così lascia Kamala, che è incinta. Nella sua fuga Siddharta è pieno di rimorsi per gli anni trascorsi insieme a Kamala, che hanno interrotto la sua ricerca spirituale, e pensa al suicidio, idea che subito abbandona grazie alla meditazione dell’Om. Così ritrova la sua ragione di vita, che condurrà lungo le sponde dello stesso fiume presso cui voleva suicidarsi. Un barcaiolo, Vasuveda, insegna a Siddharta il significato dell’acqua e del fiume, visto come un essere vivo, che parla e insegna. Dopo diversi anni, Siddharta rivede Kamala, che, con il figlio avuto da lui, di nome anch’egli Siddharta, deve attraversare il fiume. Tuttavia la donna viene morsa da un serpente e muore. Siddharta prende con sé suo figlio che, però, col tempo si rivelerà un giovane ribelle, di carattere completamente opposto a quello di suo padre. Dopo molti anni il figlio scappa e Siddharta pensa a quando egli stesso fuggì da casa per seguire il suo destino. Il dolore del padre cessa
quando ascolta la voce del fiume, che lo condurrà all’illuminazione. In seguito il barcaiolo parte, avendo ormai portato al termine la sua funzione. Il romanzo termina con l’incontro tra Siddharta e Govinda, entrambi anziani. I due si raccontano le loro vite e Govinda, capendo che Siddharta è diventato egli stesso un Buddha, si inchina al cospetto dell’amico. Il tema centrale del romanzo si sviluppa lungo il percorso di Siddharta alla ricerca dell’unità, infatti ogni fase della sua vita è costruita sull’esperienza di quella precedente. Quando Siddharta si unisce alla comunità dei Samada, si lascia alle spalle gli insegnamenti dell’infanzia, rinunciando ai possedimenti materiali per concentrarsi sulla ricerca di se stesso ed affinare la sua mente. Quando però scopre l’amore sensuale ed il mondo degli affari interrompe la ricerca, approdando così a un tormento interiore che lo condurrà quasi al suicidio. Dopo aver preso coscienza della sua insoddisfazione Siddharta lascia la città, riprendendo il suo percorso di rinascita e senza possedimenti, e diventa in grado di ascoltare la voce dell’universo, che si manifesta attraverso il rumore del fiume.
Questa via individuale, per Siddharta, è a metà tra gli eccessi dell’ascetismo intransigente dei Samana e la vita esclusivamente passionale e terrena sperimentata con la fascinosa Kamala. Nella ricerca di distruzione della propria anima, realizza di essere parte di un’anima collettiva, parte di un tutto: tutte le cose diventano una. Così, Siddharta raggiunge l’illuminazione, sviluppando la sua relazione con la natura e vivendo a stretto contatto con essa. Il mondo naturale rappresenta una via di mezzo tra la via ascetica ed il mondo materiale. La spiritualità è intimamente connessa alla saggezza. Coloro che hanno ottenuto l’illuminazione sono anche saggi. Non si può divenire esseri spirituali tramite lo studio dei libri o tramite i maestri, ma solo tramite una rivelazione personale. Il tempo è, poi, un altro tema importante del libro e, secondo molti personaggi, semplicemente, non esiste. Dopo aver ascoltato il fiume, l’intuizione principale che condurrà Siddharta all’illuminazione, è che il tempo è un’illusione, che la vita non è un susseguirsi di eventi, ma è onnipresente. L’eternità sorge dall’unità del mondo e il passato e il futuro sono parte di un eterno presente.
Stefania Migliozzi
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Libero di scegliere un
quelli
libro
riproducibili,
da
leggere
e
amante come sono dei film horror e delle storie inquietanti, in una libreria di un centro
come
le
moderne saghe di vampirismo che non mi hanno mai attratto. Intriga pure il fatto che
commerciale la mia attenzione è stata rapita dalla copertina di un libro scritto nel 1983 da Stephen King, il famoso re del brivido
il narratore è esterno alla vicenda e si esprime sempre al passato, come qualcuno che sa l’epilogo e vuole portare il lettore pian
americano, che attualmente vive nel Maine con la moglie Tabitha, anche lei scrittrice di
piano a capire il perché di alcune sue tesi su un mistero grande e ancora imperscrutabile
un certo successo. Sapendo che le sue storie sono sempre state dei bestsellers che hanno ispirato registi famosi, come Brian De Palma
quale è la morte. Siamo negli anni ‘80 del ‘900 e Louis Creed, protagonista del racconto, si trasferisce con la moglie
e Stanley Kubrick,e gli hanno valso anche l’assegnazione della Medal of Arts da parte
Rachel, la piccola Ellie e l’ultimogenito Gage, a Ludlow , nel Maine, in una bella casa,
dell’ex presidente Barack Obama, ho letto
recentemente ristrutturata in stile New
l’anticipazione della storia nella parte posteriore della copertina e sono stato colpito dalla frase, volutamente posta in caratteri ingranditi al centro della pagina,
England, proprio vicino a un cimitero dove i bambini del posto hanno seppellito per anni i loro animali defunti: cani, gatti, roditori, uccelli e perfino un toro. Qui Louis incontra
del
Publishers
Jud Crandall, ottantenne saggio e vispo,
Weekly, “Il romanzo più spaventoso che Stephen King abbia mai scritto”. Preso, pagato e letto in poche serate. Innanzitutto, è stato piacevole scoprire la commistione di
marito di Norma Crandall, una docile vecchietta colpita dall’artrosi. Tra le due famiglie si viene a creare un rapporto di profonda stima e fiducia e, in particolar
più svariati temi, trattati con grande maestria. King, contrariamente a quamolti
modo, tra Jud e Louis, come tra un padre e il proprio figlio. Il primo grande evento drammatico colpisce il lettore sin dai primi capitoli, con la morte di Pascow, studente
settimanale
americano
credono, non è soltanto horror e soprattutto non è un horror scadente, di
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facilmente
presso l’istituto dove Louis lavora come medico. Proprio mentre spira tra le sue braccia, il ragazzo pronuncerà delle frasi
tornare indietro, seppure diversa? All’orrore si sovrappone, lentamente ma inesorabilmente, la follia di chi non può
apparentemente incomprensibili, che colpiranno Louis come una profezia. L’evento
accettare la perdita e si spinge al di là dei confini del bene e del male – e che per
darà inizio a una lunga serie di morti spiacevoli, da quella di Norma, a quella del
questo viene terribilmente punito. Ad una lettura attenta, però, King non offre
gatto Church, amatissimo dalla piccola Ellie,
soltanto soluzioni spiacevoli: ad emergere,
a quella del figlioletto Gage. Ma Jud svelerà a Louis il modo per far tornare in vita il gatto e coinvolgerà, suo malgrado, il protagonista in una serie di azioni sciagurate
infatti, è anche, attraverso le parole dello stesso Jud, l’accettazione della perdita, attraverso la consapevolezza che la morte è, ad ogni modo, la fine delle sofferenze
e senza ritorno. Il tema della morte,
terrene, “il punto in cui il dolore cessa e
intrecciato con quello dell’infanzia, della menzogna, del tradimento, con la perdita dei
cominciano i buoni ricordi”. Ma questa realtà ha poco spazio nella trama generale e
propri affetti e dell’innocenza stessa, ricorre più volte nel romanzo. L’orrore trasuda dalle pagine parallelamente al
prevale l’errore umano. Bisogna riconoscere che lo scrittore è molto bravo a far cadere il lettore in uno stato di turbamento
dolore per la perdita di una persona cara e, se da un lato, King racconta l’impossibilità di rievocare questo dolore nella figura della moglie Rachel, traumatizzata dalla perdita della sorella Zelda, dall’altro descrive con
emotivo, le sue descrizioni sono reali e a lungo andare finisci per provare davvero le sensazioni e le emozioni del protagonista. Il finale lascia aperta la porta all’immaginazione di chi legge … la moglie
minuzia quel desiderio, quasi morboso, che tutti, almeno una volta, abbiamo provato nel voler “riportare indietro” qualcuno. Si spalanca nella mente il pensiero: io, cosa farei? Lascerei andare la persona amata,
“morta vivente”sarà buona con il marito ormai “vivo morente”, o lui si farà uccidere da lei? Chiudo con una frase di Pascow presa dal romanzo:“ Non andare oltre, dottore, per quanto tu ne senta il bisogno. La barriera
anche se solo avessi la possibilità di farla
non è stata fatta per essere abbattuta”.
Giulio Armando Palmieri
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di Maria Carolina Ceci, Gaia Liguori, Francesca Reitano, Maria Grazia La Pietra
LA SCOMPOSIZIONE DELLA LUCE Guardandoci attorno i colori che ci circondano sono la prima cosa che notiamo, il mezzo migliore per esternare il nostro mondo interiore. “ I colori, come i lineamenti, seguono i cambiamenti delle emozioni” (Picasso) Ogni colore, anche convenzionalmente rappresenta uno stato d’animo dell’essere. Montale è un poeta che ama “pennellare” i suoi stati d’animo, restituendoceli in immagini chiare e vive. Utilizza questa proprietà dei colori per riflettere se stesso sulla realtà che lo circonda. In molte delle sue poesie, infatti, in base ai colori che adopera, crea un’atmosfera ben precisa nonostante la potenziale soggettività delle emozioni scaturite dalle sfumature. Con i colori Montale ha la possibilità di rappresentare ogni sfaccettatura del proprio animo, ogni attimo della sua
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esistenza, e al contempo fare un discorso di valenza universale. Goethe nella sua “teoria dei colori” afferma che il colore si origina dall’incontro della luce con le tenebre, ed è proprio questa l’immagine che Montale fa trasparire dalle sue poesie. Inizialmente l’io poetico è sommerso dalla noia della monotonia e vive giorno per giorno aspettando quell’epifania che gli faccia avere una visione colorata delle cose, quell’occasione che faccia scomparire tutta la tetraggine che lo assale. E’ proprio il quid l’emblema di tutta la poesia montaliana, quel qualcosa di inaspettato che arriva e su uno sfondo nero fa risaltare il colore, proprio quando il mal di vivere incombe. E’ importante comprendere il passaggio tenebre-luce che avviene in tutte le poesie di Montale; il poeta vive un momento cupo e tenebroso che lo porta a vedere le cose con oscurità, ma l’occasione sta proprio nell’incominciare a schiarirsi dell’ombra e così, pian piano, tutto ciò che gli è attorno, e che prima era
oscurato da quel grigiore che gli offuscava l’animo, si dissolve in un fiume di colori. Dunque Montale, proprio come un prisma, scompone la luce bianca che vede come certezza in un fascio di colori che traduce in poesia. LE TENEBRE Spesso il male di vivere ho incontrato Spesso il male di vivere ho incontrato: era il rivo strozzato che gorgoglia, era l’incartocciarsi della foglia riarsa, era il cavallo stramazzato. Bene non seppi, fuori del prodigio che schiude la divina Indifferenza: era la statua nella sonnolenza del meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.
[Eugenio Montale, Ossi di Seppia, 1924] Qui ci troviamo di fronte ad una delle poesie più contraddittorie di Montale, il quale, con questi pochi ma forti versi, intende comunicarci la sua visione del “male di vivere”, il dolore che ha incontrato in ogni passo, in ogni elemento della natura. Tutto ruota intorno ad un evidente parallelismo fra le due quartine, nella prima possiamo scorgere delle parole trapelanti amarezza, malinconia, che si materializzano nella foglia accartocciata su se stessa, nel ruscello ostacolato, nel cavallo stanco e cascante. Il poeta cerca di rappresentare nel miglior modo possibile il suo stato d’animo, ponendo
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al centro di tutto parti animate ed inanimate della natura che suscitano delle tenebrose emozioni, che si tramutano in un lieve albore di aspettativa esclusivamente nella seguente ed ultima quartina. Montale prevede di comunicare al lettore che un barlume di speranza, nel riuscire ad oltrepassare l’oscurità per arrivare alla tanto attesa luce, c’è sempre. Egli lo concretizza attraverso la vista di un falco che vola libero nell’abbagliante e infinito cielo, in una statua perfetta nella sua staticità, nelle ore sonnolenti di un caldo pomeriggio estivo, ed infine nella candida nuvola bianca immersa perfettamente nell’azzurro. Montale rende possibile tutto ciò grazie ad un’unica e sola parola, ovvero la chiave dell’intera poesia: l’indifferenza, che definisce “Divina” quasi come se fosse l’irripetibile occasione di riscattarsi al dolore fino ad ora provato, indossandolo con impassibilità e superiore distacco. Cigola la carrucola Cigola la carrucola del pozzo,l’acqua sale alla luce e vi si fonde.Trema un ricordo nel ricolmo secchio,nel puro cerchio un’immagine ride. Accosto il volto a evanescenti labbri:si deforma il passato, si fa vecchio, appartiene ad un altro…Ah che già stride la ruota,ti ridona all’atro fondo, visione, una distanza ci divide. [Eugenio Montale, Ossi di Seppia, 1925] E’ sorprendente l’introduzione onomatopeica che Montale ci fornisce di questa poesia. La prima immagine che ci appare è quella di una carrucola arrugginita, che portando l’acqua in superficie emette questo suono che
introduce un’esperienza. Montale in tutte le poesie non ha l’intento di descrivere la realtà, infatti anche in questo caso la materialità delle cose allude a qualcos’alto. Salendo in superficie l’acqua all’interno del secchio si fonde con la luce del sole; questi due elementi, acqua e sole, fondendosi simboleggiano la vita, quindi il poeta con l’arrivare a superficie del secchio vuole alludere all’OCCASIONE che è il punto chiave di tutte le sue poesie. Ed ecco che nello specchio di questo secchio ricolmo d’acqua appare un’immagine, quella di una donna. Anche questo avvenimento può essere interpretato come un’occasione, poiché rispecchiandosi nell’acqua del secchio, egli non rivede la sua immagine ma vede quella donna, quel tu, quello strumento che gli permette di conoscere la sua vera identità : la donna non è nient’altro che lo specchio dell’anima dell’uomo. Riconosciuto il riflesso della sua donna, accosta il volto, ma il riflesso scompare. Questo è uno degli aspetti più importanti della donna montaliana: l’occasione che arriva quando assale la tetraggine, ma di colpo scompare impedendo all’io poetico di avere con essa un rapporto diretto. La carrucola cigola di nuovo riportando il ricordo, ed ecco comparire un altro elemento essenziale della poesia montaliana: il viaggio, che non è inteso come spostamento, ma viaggio come metafora della conoscenza, il viaggio per incontrare, per cercare quella presenza, quell’occasione, svanita sotto i nostri occhi. L’INCONTRO Meriggiare pallido e assorto Meriggiare pallido e assorto presso un rovente muro d’orto, ascoltare tra i pruni e gli sterpi
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schiocchi di merli, frusci di serpi. Nelle crepe dei suolo o su la veccia spiar le file di rosse formiche ch’ora si rompono ed ora s’intrecciano a sommo di minuscole biche. Osservare tra frondi il palpitare lontano di scaglie di mare mentre si levano tremuli scricchi di cicale dai calvi picchi. E andando nel sole che abbaglia sentire con triste meraviglia com’è tutta la vita e il suo travaglio in questo seguitare una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. Il poeta si trova ad osservare il primo pomeriggio estivo e tutto appare fermo, morto. Osserva file di formiche rosse, ascolta il suono delle cicale che si mischia con il rumore delle onde in lontananza e vive questi elementi con profonda inquietudine, poiché sembrano tutti elementi fermi, abbagliati dal sole a picco, e in fin dei conti privi di senso. Ma non possiamo fermare la nostra immaginazione nel leggere questi versi, un’esplosione di colori contrastanti balena nella nostra testa, suscitando emozioni altrettanto contrastanti. Significativa però in questa poesia è l’immagine di un muro che ha avuto lo scopo di coinvolgerci pienamente nello spirito di Montale.
Anche a distanza di circa un secolo dalla composizione della poesia sopra citata, nonostante i progressi scientifici e tecnologici, l’uomo è, se preso nella sua pienezza, sempre lo stesso, con speranze, illusioni, rimpianti, sconfitte ed in costante ricerca di un senso o di un “varco” verso un «più là» (s’è rifatta la calma) che lo appaghi pienamente. Noi adolescenti, in modo particolare, sperimentiamo, forse per la prima volta, la «muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia» e «il male di vivere», ma sono momenti passeggeri e vale in noi l’attaccamento alla vita terrena e la voglia di viverla nella sua pienezza, pronte, quindi, per il nostro viaggio, consapevoli delle incertezze e dei rischi che esso stesso comporta. Così non ci siamo più sentite tanto lontane psicologicamente dal poeta, perché lo stesso Montale afferma che «l’argomento della mia poesia è la condizione umana in sé considerata, non questo e quell’avvenimento. Ciò non vuol dire estraniarsi da quanto avviene nel mondo, significa solo coscienza e volontà di non scambiare l’essenziale con transitorio». Anche se la realtà a volte appare assurda ed il pessimismo sembra prevalere ci piace ricordare quanto detto dal poeta in un’intervista radiofonica del 1955: «Credo che in sostanza tutte le (mie) poesie costituiscano l’autobiografia, il giornale intimo di un uomo che considera la vita come assurda. Non dico inutile, ma assurda. Il poeta nega e negando afferma qualche cosa. E che cosa afferma il poeta non si sa. Certamente afferma la consapevolezza che la vita vale la pena di essere vissuta, che la pagina vale la pena di essere scritta, e non credo che oltre questo ottimismo potenziale, io possa per il momento andare» PORTAMI IL GIRASOLE Portami il girasole ch’io lo trapiantinel mio terreno bruciato dal salino,e mostri tutto il
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giorno agli azzurri specchianti del cielo l’ansietà del suo volto giallino. Tendono alla chiarità le cose oscure,si esauriscono i corpi in un fluire di tinte: queste in musiche. Svanire è dunque la ventura delle venture. Portami tu la pianta che conducedove sorgono bionde trasparenzee vapora la vita quale essenza;portami il girasole impazzito di luce. [Eugenio Montale, Ossi di seppia, 1925] Nella prima strofa della poesia Montale rappresenta il girasole, fiore maestoso dai petali gialli, quasi in maniera antropomorfa, con il “volto giallino”. Concretizza lo spazio e il tempo in poesia, i colori del cielo e del fiore, che rappresenta salvezza, fanno trapelare con grazia la luce di cui, a fine poesia, “impazzirà” il girasole. La prima quartina è come una preghiera, un’invocazione, una richiesta, quella di ricevere, non un girasole, ma il girasole, che nel fluire delle parole rappresenta quasi qualcosa di mistico ed etereo, proteso verso un cielo azzurro, bramoso di luce. Montale dalla seconda strofa va creando un equilibrio, tra quella luce che necessita e l’oscurità del suo mondo interiore, riconosce la chiarità a cui esso tende e va espandendo le proprie sensazioni, facendo sopraggiungere una melodiosa armonia che va sfumando dal corporeo in uno “svanire” come sorte assoluta. Successivamente il girasole da fine assoluto diventa il mezzo per riconoscere e saper filtrare l’essenza della vita, quale alternarsi di luce e ombra, o coesistenza e vivido conflitto delle due. Montale crea un’aura attorno alla poesia luminosa e solare, inserendovi le proprie paure.
La poesia montaliana si compone di timori, i versi sono lo specchio delle bramosie e dei freni che il poeta si pone una volta presa coscienza dell’amara realtà. Nella poesia inserisce il proprio profondo desiderio di fusione con una natura, superiore al dramma solitario dell’io, simbolo di un “rifiorire”. Con “tendono alla chiarità le cose oscure” Montale lascia trasparire il principio di una vivida speranza in quell’oscurità che lo attanaglia da una vita; egli si arrende a quella chiarità e la desidera, come una scintilla che in lui appiccherebbe un fuoco di vita. Vivere nell’assoluta oscurità renderebbe ignifuga la sua esistenza, quel fuoco non si accenderebbe mai: di ciò ne ha piena coscienza e si protende verso la luce, tenta di raggiungerla attraverso un’oscurità, non nemica ma compagna. LA LUCE Non rifugiarti nell’ombra Non rifugiarti nell’ombra di quel folto di verzura come il falchetto che strapiomba fulmineo nella caldura. E’ ora di lasciare il canneto stento che pare s’addorma e di guardare le forme della vita che si sgretola. Ci
muoviamo
in
un pulviscolo madreperlaceo che vibra, in un barbaglio che invischia gli occhi e un poco ci sfibra. Pure, lo senti, nel gioco d’aride onde che impigra in quest’ora di disagio non buttiamo già in un gorgo senza fondo le nostre vite randage. Come quella chiostra di rupi che sembra sfilaccicarsi in ragnatele di nubi; tali i nostri animi arsi
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in cui l’illusione brucia un fuoco pieno di cenere si perdono nel sereno di una certezza: la luce. [Eugenio Montale, Ossi di Seppia; 1925] Nella poesia Montale descrive un paesaggio chiaramente estivo; è immerso nel caldo di uno dei tanti ed ispiranti pomeriggi afosi che vive e che gli suscitano delle emozioni, circondato da un pulviscolo, che quasi gli limita la vista. Proietta nelle sue parole questo spazio arido, ma vede di più. La poesia è un’esortazione molto decisa che fa all’uomo, ma in primis a se stesso, per non permettergli di sprecare la propria vita. L’umanità intera, attanagliata dai dolori di una realtà sfacciatamente crudele, persa nelle illusioni, ha fatto dell’ombra il suo posto sicuro, è un luogo angusto nel quale non è facile vivervi, ma l’abitudine e la paura l’hanno incatenata. Ma non è convincendo il lettore e se stesso del fatto che la vita sia qualcosa di migliore che vuole portarlo via dall’ombra, egli rimane tetro nella sua concezione della realtà, riconosce che è una realtà che va sgretolandosi, sa che ormai le nostre non sono altro che “vite randage”, ma non è tutto, sottolinea che nonostante le quotidiane amarezze c’è qualcosa di bello, lì fuori da qualche parte, e vale la pena di essere trovato e vissuto fino all’ultimo. Oltre l’oscurità c’è qualcosa degno di essere vissuto anche da chi sembra aver perso ogni speranza, qualcosa che merita di essere visto persino da occhi che ormai non brillano più, perché sarà proprio quello a donare la luce a chi avrà la voglia di abbandonare l’ombra. La vita randagia di Montale e di noi tutti è fatta di castelli in aria e di sensazioni incompiute, ma c’è una certezza per la quale vale la pena di rischiare di cadere: la luce. I limoni
Ascoltami, i poeti laureati si muovono soltanto fra le piante dai nomi poco usati: bossi ligustri o acanti. Io, per me, amo le strade che riescono agli erbosi fossi dove in pozzanghere mezzo seccate agguantano i ragazzi qualche sparuta anguilla: le viuzze che seguono i ciglioni, discendono tra i ciuffi delle canne e mettono negli orti, tra gli alberi dei limoni. Meglio se le gazzarre degli uccelli si spengono inghiottite dall’azzurro: più chiaro si ascolta il susurro dei rami amici nell’aria che quasi non si muove, e i sensi di quest’odore che non sa staccarsi da terra e piove in petto una dolcezza inquieta. Qui delle divertite passioni per miracolo tace la guerra, qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza ed è l’odore dei limoni. Vedi, in questi silenzi in cui le cose s’abbandonano e sembrano vicine a tradire il loro ultimo segreto, talora ci si aspetta di scoprire uno sbaglio di Natura, il punto morto del mondo, l’anello che non tiene, il filo da disbrogliare che finalmente ci metta nel mezzo di una verità. Lo sguardo fruga d’intorno, la mente indaga accorda disunisce nel profumo che dilaga quando il giorno più languisce. Sono i silenzi in cui si vede in ogni ombra umana che si allontana qualche disturbata Divinità. Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo nelle città rumorose dove l’azzurro si
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mostra soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase. La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta il tedio dell’inverno sulle case, la luce si fa avara – amara l’anima. Quando un giorno da un malchiuso portone tra gli alberi di una corte ci si mostrano i gialli dei limoni; e il gelo del cuore si sfa, e in petto ci scrosciano le loro canzoni le trombe d’oro della solarità. [Eugenio Montale, Ossi di Seppia; 1925] Montale attraverso questi versi presenta attimi di una felicità sfuggente e sempre in bilico, facendo uso di parole che distruggono la convenzionalità del mondo. Le piante dai nomi poco usati sono il correlato oggettivo di questa poesia , il perno su cui Montale si concentra maggiormente per esprimere al meglio la sua esigua e semplice personalità, che tanto si differenzia dagli altri autori. Il poeta preferisce descrivere il paesaggio della sua amata Liguria così come si presenta, creando l’immagine di strade circondate dall’erba dove giacciono le pozzanghere. Nelle prime due strofe, quindi, lo scenario è essenziale, aspro e schietto, in egual modo lo è anche il linguaggio poetico, con espressioni quasi più vicine alla prosa che alla poesia come “le viuzze che seguono i ciglioni discendono tra le canne , e mettono negli orti tra gli alberi dei limoni” il cui profumo inebria i passanti che si concedono un attimo di ricchezza. Successivamente, la Natura viene personificata, e non è più descritta attraverso parole che suscitano materialità, bensì diviene quasi astratta e incantata. Ed è proprio nei momenti in cui anche il cinguettio degli uccelli si disperde nell’azzurro lucente del cielo, che,
contornato dal silenzio, l’uomo sembra penetrare nel mistero della vita, ma è solo un’illusione che viene a mancare e ci riporta indietro, all’inaccettabile realtà cinerea e opaca delle città, alla terra torturata dalla pioggia smaniosa di rendere malinconico il paesaggio, ai tetti delle case sovrastati dall’inverno, dal colore plumbeo della nebbia ligure. Ma proprio in quell’istante che, passeggiando fra le tristi strade, da un portone, lasciato aperto come simbolo di speranza per colui che nulla ha in più da osservare, si intravede il giallo abbagliante dei limoni che, con tutta la sua fierezza, si fa avanti con impellente maestosità. Esso accende una luce che dissolve il gelo del cuore ed evoca un insieme di profumi piacevoli che per un istante si conciliano con la vita. Il percorso poetico di Montale appare complesso, una continua ricerca dell’irraggiungibile traguardo, al limite dell’esperienza umana costellata da rischi che bisogna affrontare, poiché il più grande errore è quello di attendere. “Quando gli occhi si abituano alle tenebre ed in esse si riesce a scorgere il giorno che vi si nasconde, quando nel buio della notte si vede la luce del mattino, si è diventati artisti della vita.”
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Così Montale non si dimostra solo un poeta ma un vero e proprio artista della vita, spronandoci a superare quel varco che va oltre anche le sue stesse vedute. La speranza che traspare tra i versi del poeta rappresenta il vero e proprio varco che egli cerca di raggiungere: l’obiettivo finale è quello di arrivare alla luce, presentata come certezza, cosa possibile solo attraverso il buio. Nonostante ciò, Montale si arrende ai suoi stati d’animo, anche quando sembrano risultare troppo tetri per continuare il suo viaggio di ricerca, e li traduce in arte. Il suo è un processo di trascrizione di ciò che ha dentro su ciò che ha attorno. Il poeta non è mai proteso verso gli assoluti, sta sempre nel mezzo e non estremizza i propri sentimenti, è l’uomo della possibilità, quella che accada un miracolo che allevi la sofferenza della ricerca della luce. Con Montale, si ha una visione molto più ampia della realtà, abbracciando ogni sfaccettatura della sua poesia, imparando a considerare tutti i lati della vita non vedendo più le cose o solo in bianco o solo in nero, ma a colori.
Il 22 gennaio 1990 moriva Giorgio Caproni, finissimo critico letterario, ottimo traduttore e soprattutto uno dei più grandi poeti del Novecento. Ha tradotto opere di Marcel Proust (La recherche) e di LouisFerdinand Céline (Morte a credito) e poesie di poeti come Paul Verlaine, Guillaume Apollinaire e Charles Baudelaire, alcune delle quali, con altre traduzioni dallo spagnolo, sono state pubblicate dopo la sua morte nel Quaderno di traduzioni (Torino, Einaudi, 1998). Caproni ha scritto anche numerose opere in prosa tra cui ricordiamo: Giorni aperti (un diario di guerra); Il gelo della mattina, racconti; Il labirinto. La sua fama è comunque legata soprattutto alla sua opera poetica. Carlo Bo, uno dei suoi primi critici, lo definì il “Poeta del sole, della luce e del mare”. Ricordiamo: Il passaggio di Enea; Come un’allegoria, Ballo a Fontanigorda e Finzioni, che formano una sorta di trilogia della giovinezza, popolata di volti femminili, feste paesane, musiche, balli, profumi, osterie; Cronistoria, dedicata a Olga, la fidanzata morta prematuramente; Stanze della funicolare; Il seme del piangere; Congedo del
viaggiatore cerimonioso e altre prosopopee, 1965; Il “Terzo libro” e altre cose, 1968; Il muro della terra, 1975; Il franco cacciatore, 1982; Il conte di Kevenhüller, 1986 e il volume complessivo Poesie. Una nuova raccolta di poesie, in parte già preparata dall’autore, è uscita postuma a cura di G. Agamben (Res amissa, 1991). La poesia di Giorgio Caproni si caratterizza per l’immediata comunicatività, per la musicalità, la leggera ironia e una diffusa malinconia. Numerose sono le allegorie e le più frequenti sono legate a motivi come il viaggio, l’ascensione, la città, l’osteria, la caccia. I temi portanti della sua poetica sono: la madre, rievocata e ricordata in molte poesie; Genova, considerata la sua “città dell’anima”; il viaggio, un viaggio allegorico alla scoperta della vita. Caproni paragonava il poeta al minatore, che «dalla superficie dell’autobiografia, scava, scava fino a trovare un fondo nel proprio io che è comune a tutti gli altri». All’esame di maturità del 2017, per l’analisi del testo nella prova di lingua italiana è stata scelta la poesia Versicoli quasi ecologici (da Res Amissa).
G.I.P.
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VERSICOLI QUASI ECOLOGICI Non uccidete il mare, la libellula, il vento. Non soffocate il lamento (il canto!) del lamantino. Il galagone, il pino: anche di questo è fatto l’uomo. E chi per profitto vile fulmina un pesce, un fiume, non fatelo cavaliere del lavoro. L’amore finisce dove finisce l’erba e l’acqua muore. Dove sparendo la foresta e l’aria verde, chi resta sospira nel sempre più vasto paese guasto: Come potrebbe tornare a essere bella scomparso l’uomo, la terra.
BIGLIETTO LASCIATO PRIMA DI NON ANDAR VIA Se non dovessi tornare, sappiate che non sono mai partito Il mio viaggiare È stato tutto un restare qua, dove non fui mai. (da Il franco cacciatore, Garzanti, 1982)
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Gioacchino Paparelli è nato a Sessa Aurunca (Caserta) nel 1914 ed è morto a Cava de' Tirreni nel 2000.Insegnò Lingua e letteratura italiana per lunghi anni nell'Ateneo di Salerno e all'Istituto Universitario di Magistero di Napoli. Prima è stato docente di Italiano e Latino presso il liceo classico Agostino Nifo di Sessa Aurunca e successivamente ottenne il titolo di preside negli istituti italiani di Buenos Aires (Argentina), di Beirut (Libano) e di Gerusalemme (Israele).Fondò tra il 1970 e il 1971 la Rivista semestrale di letteratura e cultura varia “MISURE CRITICHE”. Tra le sue numerose opere ricordiamo: Dante fra latino e volgare, 1951. Carducci e il Novecento. Introduzione allo studio della lingua poetica contemporanea, 1953. Paolo Beni e l’Anticrusca (1964), Da Dante al Seicento. Saggi (1971), Orlando Furioso (1974). Ideologia e poesia di Dante (1975), Questioni dantesche (1966). Due modi
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opposti di leggere Dante: Petrarca e Boccaccio (1979). Machiavelli e l’umanesimo (1982), Storia della “lirica” foscoliana (1992), Feritas, humanitas, divinitas, L’essenza umanistica del Rinascimento (1993). La sua lunga e significativa attività di ricerca e i suoi studi si concentrarono sulla letteratura umanistico-rinascimentale (Enea Silvio Piccolomini, Ariosto, Machiavelli) e moderna e contemporanea (Foscolo, Manzoni, Carducci, Quasimodo, di cui fu amico personale, ecc.) e su Dante. In un lungo saggio del 1960 apparso su "Filologia romanza", Paparelli individuava in "fictio" la parola base della definizione dantesca della poesia. Il suo acuto sguardo di critico sagace e attento si è soffermato soprattutto sui canti IV (Virgilio e le anime del Limbo) e V
dell'Inferno, e sul XIX del Purgatorio . Una delle più interessanti interpretazioni dantesche di Paparelli è l'esame del canto V dell'Inferno, ovvero il canto di Paolo e Francesca. Il critico riconosce in:" Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse", il verso chiave di tutto il canto che - nella sua totalità assolve una funzione di superamento della poetica e della cultura stilnovistica. Lo studio sul canto XIX del Purgatorio punta sull'identificazione della femmina balba come simbolo della cupidigia e della donna... santa e presta come simbolo della giustizia, e quindi sul valore ’ esemplare ' della figura del papa avaro, dal P. considerato il risultato di una confusione - o volontaria contaminazione - fra Adriano IV e Adriano V. Carlo Chirico, nel tracciare l'impegno critico di Gioacchino Paparelli, pone "Feritas Humanitas Divinitas" quale libro fondamentale per cogliere il senso e il significato dell'avventura intellettuale del critico, in quanto questo volume contiene il tentativo di qualificare l' "humanitas" non più dall'alto (per differenziazione o coincidenza rispetto alla "divinitas hominis", secondo il vecchio schema romanticostoricistico e le parallele reazioni di parte prevalentemente cattolica) ma dal basso (per differenziazione dalla "feritas"). Gioacchino Paparelli fu critico militante attraverso la collaborazione a giornali ed a riviste. I suoi interventi giornalistici non devono essere considerati solo una semplice prosecuzione dei suoi studi letterari; in alcuni articoli pubblicati su "Il Mattino d'Italia" (gennaio 1954) emergono, infatti, in primo piano le sue esperienze esistenziali, in una prosa giornalistica polifonica per il
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rapido alternarsi di vari registri espressivi: meramente informativo, ironico-umoristico, lirico-visionario (Granese). Della scrittura giornalistica di Paparelli, per Granese, non va tanto privilegiata la proposta di autori a lungo studiati (Foscolo e Quasimodo), quanto invece qualche incursione in territori culturali notoriamente da lui distanti: è il caso della "riscoperta" del romanzo d'appendice e in particolare di Francesco Mastriani. Renato Filippelli in un breve interventotestimonianza traccia un profilo umano del critico Gioacchino Paparelli: “Durante i miei anni di liceo, Gioacchino Paparelli fu per me non una persona, ma un libro: fu l’Antologia Foscoliana, gioiello di eleganza interpretativa e di rigore analitico. Debbo a quel testo, di cui ricordo perfettamente la fisicità, se alle soglie degli anni di licenza liceale, ero in grado di distinguere, in letteratura, fra chi dice il già detto e chi intuisce e giudica con personale acribìa.Gioacchino aveva il dono dell’ originalità, che nel campo della critica è ancora più raro che in quello della poesia, ed era riuscito a cavarne tutti i vantaggi possibili nel difficile approccio a un poeta come Foscolo, sul quale la bibliografia aveva depositato una sorta di concrezione lavica. Dalla prosa di quel libro appresi anche alcune finezze (o malizie) di lingua e di stile, che Gioacchino, a sua volta, aveva appreso dal suo unico vero maestro, Giuseppe Toffanin, con l’aggiunta, però, di colori, scatti, compiacimenti, amabili teatralità, che erano di controllata origine suessana".
Francesca Fastoso
Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo che anche quando non ci sei resta ad aspettarti. L’Italia, Paese dalle mille tradizioni e sfaccettature, è sempre stata caratterizzata dalla presenza di una miriade di piccoli borghi. Questi numerosissimi piccoli paesi sono luoghi
caratteristici,
hanno
singolari
tradizioni, sono pieni di storia e unici nel loro genere. Molti di essi sono abbastanza noti, tant’è vero che durante il periodo estivo pullulano di visitatori. Tali minuscole cittadine, che “adornano” lo stivale come gemme piccole ma molto preziose, si trovano ovunque: in montagna, a picco sul mare, oppure su un pendio Collinare di origine vulcanica, proprio come Corigliano, borgo dell’alto casertano. A sentir parlare i miei nonni o i vecchietti seduti al bar per la sana e caratteristica partita a carte del pomeriggio, Corigliano deve aver avuto un passato abbastanza felice, forse anche prospero. In tempi lontani era stato il capoluogo del feudo dei Toraldo, casata anticamente
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molto importante nel nostro territorio, ospitando proprio la residenza (un castello) di un duca di questa famosa famiglia. L’economia
del
borgo
produzione
agricola.
si
basava
Questa
sulla
fonte
di
sussistenza, insieme a diverse fabbriche presenti nei dintorni, ha permesso al mio paese, fino a circa venti anni fa, di ospitare quasi il triplo della popolazione attuale. Da vent’anni a questa parte, però, a causa della chiusura di diverse industrie del territorio e della mancanza effettiva di reali e concrete opportunità lavorative, Corigliano ha vissuto un vero e proprio costante e veloce spopolamento. Oggi, infatti, a me sembra quasi strano sentire queste testimonianze di tempi passati così positivi e stento a crederci.
In effetti, nel mio paese sono rimaste poco
“Super
più di quattrocento persone, che sono in
preoccupazioni.
maggioranza anziane. Purtroppo non ci sono
Vivere in un paese come il mio significa
più attività, c’è soltanto un bar con un
restare in piazza la sera dell’ultimo dell’anno
biliardo e noi ragazzi siamo costretti ad
per il tradizionale “Buche-Buche” invece
uscire per divertirci. Nonostante tutto ciò,
d’andare in discoteca, significa mettersi, a
fin da piccolo, non ho mai disprezzato o
Carnevale, su un palco a cantare, senza
criticato il luogo in cui vivo.
pensare
alle
Penso che lo stare bene o male in un luogo
canore,
perché
non dipenda da quest’ultimo, bensì dal
preservate e valorizzate.
proprio benessere interiore. Se si vive in
Mio malgrado, tra un paio d’anni, dovrò
armonia con se stessi, si può vivere ovunque
abbandonare Corigliano, dovrò spostarmi in
e apprezzare qualsiasi luogo, perché ovunque
qualche grande città per continuare i miei
c’è del bello.
studi. Sono consapevole, però, che il luogo in
Diventando
più
maturo
mi
Santos”
per
proprie le
strada
pessime
senza
capacità
tradizioni
vanno
accorgo,
cui sono cresciuto e in cui mi sono formato
stranamente, che lo spopolamento del mio
resterà sempre nel mio cuore e magari, in
paese è direttamente proporzionale al
qualche
legame e all’amore che mi stringe ad esso e
pensare, con nostalgia e rimpianto, proprio a
mi rendo conto di vivere in un luogo speciale.
quelle serate passate su un palco a cantare
Vivere in un paese come il mio significa
in piazza.
essere immerso nella quiete della natura,
Un paese -come afferma Cesare Pavese nel
significa alzarsi la mattina e prendere il
suo romanzo “La luna e i falò” – ci vuole, non
caffè guardando il chiaro Golfo di Gaeta,
fosse per il gusto di andare via. Un paese
significa non essere mai solo, conoscere
vuol dire non essere soli, sapere che nella
tutti.
gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa
Vivere in un paese significa aspettare con
di tuo che anche quando non ci sei resta ad
ansia la festa patronale, giocare con un
aspettarti…”.
momento
di
malinconia,
potrò
ANTONELLO DARINO
81
NON SOLO LETTERATURA…
SCIENZA, TECNICA E TECNOLOGIA
82
La cattiva alimentazione e la vita sedentaria
delle
costituiscono dei seri rischi per il cuore.
introducendo nel suo organismo.
Molte persone trascurano elementi cardine
Per preservare la nostra salute dobbiamo
di una sana alimentazione e gran parte di
alternare
queste si nutrono in modo disordinato.
l’attività fisica, ma, soprattutto, dobbiamo
Inoltre, secondo quanto riportato dalla
focalizzare la nostra attenzione su quello
rivista
che stiamo consumando e non dobbiamo
American
Nutrition,
83
chi
Journal
mangia
Of
svolgendo
Clinical altre
calorie
una
che
sana
sta
realmente
alimentazione
con
svolgere altre attività mentre mangiamo.
attività tende ad esagerare con le quantità
La salute del nostro cuore è come una casa,
del
è
si costruisce mattone dopo mattone e le
focalizzata su cosa si sta consumando e
fondamenta sono una sana alimentazione e
quindi l’individuo non ha l’esatta percezione
una vita attiva.
cibo,
poiché
l’attenzione
non
Andrea Ermellino
Mangiare è importante per vivere una vita
promuove l’interazione sociale e grazie ad
sana, e mentre in passato era un’azione
essa aumenta la conoscenza del territorio in
svolta regolarmente, oggi non è più così.
cui viviamo.
Solo una piccola percentuale di noi mangia
Ma come riferito precedentemente, oggi
correttamente; molti di noi mangiano carne
non mangiamo in modo appropriato, anzi
grassa al posto di carne magra, consumano
siamo addirittura arrivati a scambiare
formaggi più frequentemente di quanto
l’importanza del cibo con il suo valore
andrebbe fatto, e una sola persona su tre
economico. È una cosa gravissima il fatto che
mangia il pesce soltanto una volta alla
noi facciamo più attenzione al prezzo del
settimana. Per prevenire o curare questa
prodotto che al suo valore nutrizionale.
cattiva abitudine, medici e pazienti devono
Un’altra cattiva abitudine che abbiamo è
collaborare.
quella di mangiare mentre svolgiamo altre
Un piccolo passo in avanti è stato compiuto
attività, come ad esempio navigare su
dalla
internet. Questo ci fa male perché, essendo
Quinta
Intergovernativo
sessione
del
dell’UNESCO,
Comitato che
ha
impegnati a svolgere un’attività, non ci
iscritto nella prestigiosa lista la Dieta
rendiamo conto di quanto stiamo mangiando
Mediterranea. La Dieta Mediterranea è un
e finiamo per mangiare più del dovuto.
insieme di conoscenze e tradizioni che vanno
Perciò, bisogna evitare distrazioni di ogni
dal paesaggio alla tavola. È caratterizzata
genere
da prodotti quali olio d’oliva, cereali, frutta
mantenere la linea. Quello di mangiare nel
(fresca o secca), verdure, pesce in piccola
modo sbagliato è un fenomeno che purtroppo
quantità, carne, latticini e molti condimenti
sta aumentando sempre di più tra la gente e
e spezie, il tutto accompagnato da vino o
prendere decisioni per perdere questa
infusi. La Dieta Mediterranea costituisce
cattiva abitudine è un compito sia dei medici
più di un semplice alimento, perché
curanti, sia delle persone stesse.
nel
momento
del
pasto
per
Francesco Imparato
84
Una sera di
marzo del 1971, tra le luci
soffuse di un laboratorio della Intel, un uomo di nome Federico Faggin diede vita, dopo
nove
mesi
(tempo
record)
di
preparazione, alla sua creatura, ovvero il primo
microprocessore
monolitico
della
storia, l’Intel 4004. Questo era il nome del primo
microprocessore
mai
progettato,
destinato al mercato dei calcolatori, che prometteva di accelerare enormemente lo sviluppo tecnologico. Quarantadue anni dopo, precisamente il 28 giugno 2013, è stato presentato in Canada il primo computer quantistico della storia con il nome di “D-Wave” . Di proprietà della Google, possiede i numeri per spaventare un qualsiasi esperto di informatica: processore a 512 quobit, ognuno dei quali è un circuito superconduttore mantenuto a temperature bassissime (2 o 3 K, -271 Celsius). Quando la temperatura si alza, la corrente può con uguale probabilità girare in senso orario o antiorario. Questa indeterminazione viene sfruttata come unità di informazione usata per svolgere i calcoli. D-Wave dovrebbe permettere
di
risolvere
nuovi
tipi
di
problemi . Diversi ricercatori hanno calcolato che questo computer può risolvere problemi 3600 volte più velocemente di un qualsiasi altro computer. L’unità minima di D-Wave è
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il quobit che, a differenza del bit, può assumere i valori di 0 e 1, permettendo di svolgere i calcoli legati alla probabilità in tempi assai minori dei computer tradizionali. Se in futuro si realizzeranno computer quantistici efficienti, gli attuali sistemi di criptazione dovranno cambiare, poiché un computer chiave”
quantistico
in tempi
può
“rompere
la
inferiori rispetto ai
computer tradizionali. Questo è possibile su un computer quantistico grazie all'algoritmo di fattorizzazione di Shor, ideato nel 1994, in grado di fattorizzare i numeri in tempo polinomiale anziché esponenziale, ma solo se viene utilizzato su un computer quantistico. Sebbene tutto ciò sia un grandissimo passo avanti per la tecnologia e apra nuove porte per un futuro quasi fantascientifico fatto di realtà virtuale e altre diavolerie che faranno venire l’acquolina in bocca agli amanti del genere, il computer quantistico rimane comunque accessibile a pochissimi utenti del globo
per
via
dell’elevato
costo
di
produzione, circa 10 milioni di dollari, un
prezzo che di certo non è accessibile alle
ma anzi procede più spedita che mai con
singole persone.
nuove scoperte fatte tutti i giorni? Prima o
Ci rimane, quindi, solo l’immaginazione, con
poi si fermerà? Domande difficili, forse
mondi tridimensionali a portata di mouse,
troppo, risposte sicure e incontrovertibili
viaggi nel tempo e mille altre previsioni che,
non esistono, ma l’uomo non si è mai posto,
al giorno d’oggi, sono solo utopia da vivere
non si pone e porrà mai dei limiti. Non ci
soltanto nei film hollywoodiani .
resta che concludere con una frase più che
Fino a che punto si spingerà la tecnologia
mai semplice e appropriata: “ai posteri
dell’essere umano, che per ora non si ferma
l’ardua sentenza”.
Christian Di Iorio e Pasquale Perrotta
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Il viaggio nel tempo è un tema tipico della fantascienza, tanto che alcuni lo considerano un vero e proprio sottogenere, ma è presente anche nel fantasy e nei racconti fantastici. Oggi il viaggio nel tempo è quasi realizzabile. stata
L’anno
brevettata
scorso la
è
prima
applicazione per viaggiare nel tempo, il suo nome è Timelooper. dispositivo
di
Basta un semplice
cartone,
come
Cardboard, e il proprio smartphone per avere una visione tridimensionale del luogo in cui si ci trova in tempi antichi. La datazione può essere così antica da arrivare al 1255, ma allo stesso tempo si possono osservare gli assedi della seconda guerra mondiale o si può arrivare agli anni ’80. Per
realizzare
infrastrutture
questi attuali
video sono
alle state
sovrapposte quelle di secoli fa, ricreando nel concreto ambienti di vita che fossero il più possibile realistici. I video si attivano in base alla localizzazione e ciò significa che vengono sbloccati solo nel momento in cui la persona si trova fisicamente sul luogo indicato per l’esperienza virtuale. Inoltre, una volta acquisito il video, esso si salva in una specie di libreria digitale, la quale potrà essere
aperta
quando
si
vorranno
riosservare i luoghi spettacolari. Gli ideatori sono Andrew Feinberg e Yigit Yigiter che hanno usufruito della tecnologia
87
tridimensionale e di attori vestiti con i costumi dell’ epoca per avere gli attuali risultati. L’ unico svantaggio è che, per adesso, l’ applicazione è disponibile solo per la città di Londra, ma i produttori si stanno già “muovendo” per collaborare con la CNN per ricreare gli ambienti di New York. Possiamo dire che questo nuovo modo di “camminare tra le strade” è anche un vantaggio dal punto di vista economico, infatti in questo modo il turismo avrà più successo
perché
un’esperienza
i
reale,
turisti
vivranno
un’immersione
nel
passato, coadiuvata dai racconti delle guide turistiche, che potranno così personalizzare i loro pacchetti per i clienti, offrendo dei tour originali. Con questa invenzione si è dimostrato come sia sempre più in atto una rivoluzione tecnologica in tutti i campi e che magari, tra qualche decennio, si riuscirà a costruire una vera e propria macchina del tempo, attesa da ormai troppo tempo.
Marcella Stabile
chiesa anglicana, Enrico VIII, muore e il figlio Edoardo VI sale al trono. È in questo periodo che Recorde entra in contatto con
la famiglia regnante come medico, venendo nominato controllore della zecca di Bristol nel 1549. Edoardo però, avendo solo 12 anni, non poteva governare, quindi era la madre Il medico e matematico inglese Robert
Jane Seymour a prendere il suo posto.
Recorde, vissuto nel periodo Tudor (1485-
Secondo alcuni biografi, Robert Recorde,
1603), fu una figura non molto conosciuta ma
nella sua vita privata e professionale può
di
ha
apparire come quella di un uomo facilmente
introdotto nella grafia matematica un segno
disposto all’impeto e all’irruenza. Non è così
che
ancora
però sul fronte scientifico, nel quale
abbondantemente, ossia quello che indica
Recorde si dimostra molto meticoloso. Dal
l’uguaglianza.
punto di vista della professione medica, egli
Recorde visse in un periodo in cui lavorare
non ha tratto molto successo, mentre non si
per lo Stato poteva dare origine a lotte per
può affermare la stessa cosa nella sua
il potere, talvolta anche molto violente.
produzione matematica. La sua opera del
Il giovane Robert Recorde è un personaggio
1543, The Grounde of Artes, fu un vero e
del quale si sa davvero poco. Egli nacque nel
proprio
1510 in Galles, da una famiglia ricordata
dell’abaco per i commercianti dell’epoca. Fu
solamente come “rispettabile” dall’edizione
scritta in volgare e non in latino e
dell’Enciclopedia
1911.
rappresenta il rapporto del dialogo tra
Nel 1525 si trasferisce a Oxford a soli 15
maestro e discepolo per presentare i
anni, dove si laurea nel 1531 e vi insegna
problemi e le soluzioni. Nel 1551, ideò una
qualche anno. Nel 1545 si reca presso
versione
Cambridge dove ottiene la licenza di medico
Euclide
e,
questa
un’introduzione all’astronomia di Tolomeo, in
trasferisce
cui Recorde fa capire di essere favorevole
immediatamente a Londra. È proprio qui che
al copernicanesimo. Ma riguardo a ciò, non si
il suo cammino si incrocia con quello
sbilancia definitivamente e scrive solamente
dell’apparato statale inglese. Solo 2 anni
che Copernico è stato un uomo di grande
dopo il suo arrivo in città, il fondatore della
intelligenza
grande
importanza,
tutti
con
l’idea
professione,
in
quanto
utilizziamo
britannica
di egli
del
esercitare si
manuale
aritmetica
abbreviata e
matematica.
88
di
nel
e
degli
1556
di
fu
grande
e
uso
Elementi
di
la
di
volta
competenza
L’ultima opera, intitolata The Whetstone of
luogo di “II” o di abbreviazioni di “aequalis”
Witte e pubblicata nel 1557, fu la più
o come “ae”.
importante in prospettiva storica. In essa, il
spiegazione,
medico-matematico utilizza i numeri arabi,
riportate:
Per giustificare questa sua egli
scrive
le
parole
qui
una scelta importante poiché in quel periodo
Per evitare le noiose ripetizioni della parola
le espressioni matematiche venivano ancora
“è uguale a”, introduco un paio di parallele, o
descritte a parole.
linee gemelle, della stessa lunghezza (quindi
È in quest’epoca che Recorde utilizza per la
“=”) perché non ci sono due cose più uguali.
prima volta il segno di uguaglianza “=”, in
Valentina Boccucci
89
ultime analisi, però, non hanno dimostrato processi di morte cellulare. A dare Una sorprendente scoperta compiuta da una
la
équipe di ricercatori coordinati dal prof. Marcello D'Amelio, associato di Fisiologia Umana e Neurofisiologia presso l'Università Campus Bio-Medico di Roma, dimostra che
conferma della scoperta è un esperimento
non è nell'ippocampo che va cercato il
condotto in laboratorio su modelli animali. A
responsabile del morbo di Alzheimer.
questi ultimi sono state somministrate due
Infatti all'origine della malattia ci sarebbe
terapie: una con L-DOPA, amminoacido
la morte dei neuroni che producono la
precursore della dopamina; l'altra basata su
dopamina,
neurotrasmettitore
un farmaco che ne inibisce la degradazione.
fondamentale per il funzionamento di alcuni
Dopo le terapie si è registrato il recupero
meccanismi di comunicazione.
della memoria in tempi brevi.
I ricercatori hanno scoperto il legame tra
L'area tegmentale ventrale prima d'ora non
l'assenza di dopamina e le disfunzioni del
era mai stata analizzata poiché si tratta di
nucleo accumbens, area neuronale coinvolta
una parte profonda del sistema nervoso
nel disturbo dell'umore. La depressione
centrale difficilmente indagabile a livelli
quindi non sarebbe la conseguenza ma la
neuro-radiologico.
manifestazione
I ricercatori si sono resi conto che la morte
dell'insorgenza
della
malattia. Solo in Italia il morbo di Alzheimer
delle
colpisce circa mezzo milione di persone oltre
produzione di dopamina provoca il mancato
i 60 anni di età. Negli ultimi 20 anni i medici
arrivo
si
nell'ippocampo e di conseguenza la perdita
sono
dipendono
90
un
concentrati i
sull'area
meccanismi
del
da
cui
ricordo,
cellule della
cerebrali sostanza
deputate in
alla
questione
di memoria.
credendo che la degenerazione delle cellule
Durante i test, inoltre, è stato registrato
dell'ippocampo causasse la malattia. Le
anche il ripristino della vitalità. Infatti
l'area tegmentale ventrale rilascia dopamina
attraverso
speciali
anche nel nucleo accumbens. Di conseguenza
ottenere una cura per questa malattia. Pur
la degenerazione dei neuroni che producono
essendo ancora lontana la validazione di una
la dopamina provoca alterazioni d'umore.
cura efficace per l'Alzheimer, i risultati
Con la morte di tutte le cellule di quest'area,
della ricerca aggiungono un'informazione
la dopamina smette di funzionare e il
essenziale
farmaco diventa inefficace. Ecco il motivo
meccanismi da cui prende avvio questo
secondo il quale, tutt'oggi, non c'è una cura
morbo.
per
la
algoritmi,
si
comprensione
potrĂ
dei
all'Alzheimer. Gli scienziati credono che
Alice Tosello
91
confini, le informazioni di tale evento non possono raggiungere un osservatore esterno
rendendo
impossibile
determinare se si sia effettivamente verificato. La forma dell'orizzonte degli eventi è sempre approssimativamente sferica. Nella
parte
centrale
,
vi
è
una
“singolarità gravitazionale”, una regione in cui la curvatura dello spazio diventa infinita. Questa regione può essere Gli scienziati definiscono
buco nero una
regione dello spazio-tempo con un campo gravitazionale così elevato da riuscire ad assorbire ogni cosa, luce compresa. I buchi neri sono stati suddivisi e ben distinti
grazie
al
loro
elemento
fondamentale e determinante: La massa. Ne esistono infatti varie tipologie, dai “Micro buchi neri” che hanno una massa simile a quella della Luna, ai “Buchi neri super massicci” che possono avere una massa compresa tra 106 e 109 * MSole. La caratteristica distintiva del fenomeno è la comparsa di un orizzonte degli eventi: un confine spazio-temporale attraverso il quale una qualsiasi particella di materia o una qualsiasi onda, compresa la luce, può passare solo verso l'interno del buco nero. Nulla, nemmeno la luce, può sfuggire dall'orizzonte degli eventi. Esso è indicato come tale perché, se un evento si verifica entro i suoi
92
rappresentata come un punto privo di volume, all’interno del quale è presente tutta la massa di questo evento particolare, di densità pressoché infinita. All’origine
c’è
una
sorta
di
collasso
gravitazionale. Alla fine del proprio ciclo vitale, dopo aver consumato tramite fusione nucleare
il
90%
dell'idrogeno
trasformandolo in elio, nel nucleo della stella si arrestano le reazioni nucleari. La forza gravitazionale, che prima era in equilibrio con la pressione generata dalle reazioni di fusione nucleare, prevale e comprime la massa della stella verso il suo nucleo. Se il nucleo della stella supera una massa limite, che equivale a circa 1,44 volte la massa solare, si hanno delle reazioni chimiche che portano
ad
un
collasso
gravitazionale,
provocando una fortissima esplosione detta Supernova, in cui la maggior parte della massa viene espulsa e va a disperdersi nell’universo
circostante.
Se
la
massa
rimanente è sufficientemente elevata, si va
registrata già dalla fine del 2016, grazie alla
a formare un campo gravitazionale dal quale
fuoriuscita di un getto di energia e plasma,
è impossibile sottrarsi e, si viene a creare il
che secondo gli studiosi, come confermato
cosiddetto “Buco Nero”.
anche
Qualcuno ha suggerito l’ipotesi un po’
osservazioni, avrebbe la forma contorta di
fantasiosa che i buchi neri siano dei portali
un serpente.
verso altri universi o altre dimensioni e che
Queste notizie ci portano a pensare che
di conseguenza espellano materia da qualche
questi ”mostri” , oltre ad agire come
altra parte.
“aspirapolveri
Queste cose, tra realtà e fantasia, si
qualche modo essere considerati anche
pensavano fino a qualche settimana fa,
come delle pile in grado di ricaricare di
quando NuSTAR (Nuclear Spectroscopic
energia
Telescope Array, telescopio spaziale della
contemporaneamente creare nuove stelle.
NASA che utilizza il telescopio Wolter per
Diventa, a questo punto, molto strano
rilevare i raggi X da sorgenti presenti nello
pensare a come della materia, ed in
spazio e per individuare e studiare i buchi
particolare della luce e del plasma, possano
neri super massicci, che hanno masse
essere
miliardi di volte maggiori di quelle del Sole)
un’attrazione gravitazionale limite, dalla
ha osservato un fatto davvero insolito,
quale nulla per definizione può sottrarsi.
ovvero
Sicuramente
l’espulsione
della
materia
che
dai
numeri
e
cosmici”,
l’intero
varie
altre
potrebbero
in
universo
fuoriusciti
con
da
e
all’esterno
vari
studi
e
di
con
costituisce la corona del buco nero super
accertamenti gli studiosi riusciranno a
massiccio Markarian
chiarire
335 e la successiva
questa
situazione
molto
emissione di un enorme impulso di raggi x, di
affascinante che riguarda uno dei più
molto superiore a tutte le altre mai
grandi, se non il più grande, mistero
registrate osservando tali fenomeni.
dell’Universo.
La sua enorme composizione sarebbe la causa
della
grandissima
luminosità
Lorenzo Costantino
93
Nel 1928 Frederick Griffith aprì la strada alla determinazione di quale fosse la natura del materiale genetico. L'esperimento, che il biologo inglese attuò in quell’anno, fu uno dei primi esperimenti a suggerire che i batteri sono in grado di trasferire attraverso
informazioni un
processo
genetiche noto
come
trasformazione. Che esistesse una qualche sostanza in grado di trasmettere l'informazione era noto da tempo. Tra la fine del 1800 e i primi anni del 1900 venne proposto e dimostrato che il materiale genetico fosse racchiuso nei nuclei delle cellule e in particolare nei cromosomi.
Rimaneva però aperta la
questione intorno alla materia costitutiva del materiale genetico. Griffith in quegli anni studiava un batterio in
grado di
causare la polmonite:
lo
pneumococco (Streptococcus pneumoniae). Nei suoi esperimenti fece uso di due ceppi batterici: •
Il ceppo S, detto anche liscio dal
momento che produce colonie lisce e lucenti (grazie
alla
presenza
di
una
capsula
batterica polisaccaridica che avvolgeva ogni cellula). Questo ceppo è in grado di provocare la polmonite. •
Il ceppo R, detto anche rugoso dal
momento che produce colonie dall'aspetto "rugoso" (a causa dell'assenza della capsula
94
batterica). Questo ceppo non è in grado di provocare polmonite. Griffith osservò che poteva rendere innocui gli
Streptococcus
uccidendoli iniettando
con nei
virulenti il
(ceppo
calore.
topi
un
S)
Tuttavia,
miscuglio
di
Streptococcus virulenti uccisi con il calore e Streptococcus innocui (ceppo R), i topi contraevano la polmonite: nel loro sangue venivano trovati batteri virulenti vivi. Griffith concluse che esiste un "principio trasformante"
capace
trasformazione
dei
batteri
di
indurre
la
innocui
in
batteri
virulenti.
Inoltre
questa
trasformazione poteva essere trasmessa ereditariamente. A
partire
da
questo
importantissimo
esperimento, Avery, MacLeod e McCarty, nel 1943, dimostrarono che il materiale genetico in questione era il DNA, anche se la prova
definitiva
arrivò
solo
dagli
esperimenti di Hershey e Chase del 1953.
Francesco Caruso
eretta,
il
ridimensionamento della mascella e dei naturalista
canini, l’aumento del peso del cervello, delle
britannico, con la sua teoria dell’evoluzione
dimensioni del cranio e, naturalmente, lo
e i suoi vari studi, fornisce una miriade di
sviluppo delle qualità mentali, che, però,
Charles
Darwin,
biologo
e
argomenti ed esempi volti a dimostrare che l’uomo è simile agli animali e che gli animali sono simili all’uomo. In particolare, l’uomo condivide con le scimmie antropomorfe la struttura fisica, la composizione dei tessuti,
solo
quantitativamente
da
quelle dei mammiferi superiori. La natura razionale e la coscienza morale
oggi
sono le caratteristiche che principalmente
sappiamo, ha in comune con lo scimpanzé più
segnano l’importante differenza tra l’uomo e
del 98% del patrimonio genetico. Una volta,
gli altri animali. Gli istinti sociali dell’
quindi,
razza
individuo
umano
umana, Darwin può sostenere che la lotta
funzione
nel
per l’esistenza e la selezione naturale hanno
caratteristiche
permesso
differenziarsi,
senso morale: l’uomo, vivendo in comunità,
intraprendendo un vero e proprio processo
per ottenere degli standard di vita migliori
evolutivo.
e avendo notevoli poteri mentali (superiori a
l’apparato
95
differiscono
riproduttivo
stabilita
e,
l’animalità
all’uomo
di
come
della
svolgono
un’importante
marcare
queste
Sono loro a generare il
Le tappe principali di questo lunghissimo
quelli di ogni altro individuo), sviluppa una
percorso sono: l’acquisizione della postura
coscienza che, in origine , all’interno della
tribù, proibiva e impediva azioni quali
Darwin,
l’omicidio, il furto, il tradimento, che, se
dell’evoluzione dell’uomo. La società civile è
praticati
avrebbero
generalmente regolata dall’azione di un
impedito di restare unita e di vivere meglio.
governo, un potere centrale, che ha il
Giunti, però, alla soglia della formazione
compito di regolare i rapporti tra le varie
della
liberamente,
società,
le
le
considerazioni
sociobiologiche di Darwin su “ l’influenza
senza
persone,
dubbio,
garantendo
un
una
risultato
coesistenza
pacifica e il solidarismo tra i vari membri.
della selezione naturale nelle nazioni civili “
Ecco, quindi, che il potere centrale ha
vanno a sfociare in quello che non a caso è
l’importante compito, vista la sua funzione
stato definito darwinismo sociale, ossia
principale
l’ovvia
promuovere una sostanziale uguaglianza di
culturale
constatazione ha
l’evoluzione
della
società,
di
altre
strade
base, indipendentemente dalla superiorità
ed
questo
fisica e mentale, nella vita e nella corsa al
fenomeno a garantire il progresso nella
successo. In questo modo lo stato promuove
società. L’evoluzione culturale consiste nel
l’evoluzione dell’individuo umano, attuando
differenziarsi dagli altri individui, la cui
una
esistenza è governata dalla legge della
uguaglianza,
natura, la legge del più forte, rispecchiando
reciproco, il vantaggio di base del più forte
la propria natura umana e razionale nel
a discapito del più debole, del più ricco a
migliore dei modi, aspirando ad un continuo
danno del più povero e consentendo ai vari
progredire a livello sociale, da attuarsi
individui
pacificamente, senza traumi o scontri di
complessiva
classe. La socialità, la solidarietà tra i
fortuna, guardando verso il progresso.
dall’evoluzione
preso
che
all’interno
naturale
è
politica
di
basata
su
limitando,
vivere di
giustizia
con il
in
maggiore
una
e
sostegno
condizione
benessere
e
membri di una comunità umana sono per
ANTONELLO DARINO
96
Il cervello ha un suo lato spericolato, una piccola struttura, che può renderlo improvvisamente sordo di fronte ad ogni argomento razionale e amante del rischio, in particolare di quello legato al gioco d’azzardo. Questa è l’ultima scoperta del gruppo di ricerca capitanato dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna di Pis ae diretto da Silvestro Micera. Come ha spiegato il coordinatore della ricerca, Alberto Mazzoni, era già nota la presenza, nel nostro cervello, di una rete responsabile delle decisioni. Si sapeva, inoltre, che sono due i meccanismi che entrano in gioco per far scattare una decisione: uno che controlla le reazioni veloci e uno più riflessivo. Non era però chiaro il motivo del passaggio da un meccanismo all’altro. La risposta è arrivata proprio da queste ricerche, che hanno individuato una piccola struttura a forma di lente, chiamata nucleo subtalamico, che è responsabile di questo passaggio.
97
E’ quindi proprio a causa di questa struttura che i giocatori d’azzardo prendono decisioni non razionali. Il prossimo obiettivo che gli scienziati si sono imposti è quindi quello di capirne il funzionamento. Punto di partenza della ricerca è stato lo studio dell’attività cerebrale di alcuni pazienti malati di Parkinson. Ognuno di essi è stato posto davanti ad una decisione: seguire una strada sicura o una più rischiosa. Dal monitoraggio dell’attività del nucleo subtalamico si è fatta così un’importante scoperta. Si è capito che, a seconda della scelta fatta, questa struttura si comporta in modo diverso e si è visto come questo nucleo abbia un’attività particolarmente elevata nei pazienti con il Parkinson dipendenti dai giochi d’azzardo. I ricercatori sono quindi arrivati alla conclusione che lo studio di questo lato ‘spericolato’ potrebbe un giorno portare a scoperte relative alla cura di dipendenze ed i gravi disturbi del comportamento e quindi portare questa struttura a svolgere una funzione
limitatrice nei confronti di comportamenti patologici.
ANDREA CRESCI
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