Donne ed amori durante l'occupazione militare francese in Terra d’Otranto Due matrimoni contrastati a Grottaglie nei primissimi anni dell’Ottocento di Rosario Quaranta
“Donne e amori durante l’occupazione militare francese (1801-02 / 1803-1805). Appunti e note”: così titolava un brillante articolo, Antonio Lucarelli, il grande studioso e storico di Acquaviva delle Fonti (1874 – 1952), noto in particolare per le molte opere sul movimento operaio meridionale e specialmente sul brigantaggio pre e postunitario in Puglia. L’Autore condensava in quelle poche, ma succose pagine apparse sul secondo numero di “Rinascenza Salentina” del 1939, tre episodi realmente accaduti nel nostro territorio durante l’occupazione francese, annotati durante le sue estenuanti ricerche storiche nel grande Archivio di Napoli. Episodi ricondotti rispettivamente nel filone romantico, di quelli cioè che dopo un periodo più o meno intenso di corteggiamenti si risolsero in fughe e sposalizi consacrati dalla Chiesa; in quello tragico, che provocati da ardenti passioni si estinsero presto o tardi in drammi funesti; e in quello comico, che destarono ilarità e stupore per talune esotiche consuetudini trapiantate qua da liguri, lombardi ed emiliani. Tralascio l’episodio romantico, relativo al caso Antichi costumi di Terra d’Otranto di suor Petronilla Tauro che “invaghitasi perdutamente del capitano Doceth, abbandona il monastero delle Benedettine di Massafra e va a soggiornare col suo innamorato in una ridente cascina presso Taranto”, coronando alla fine col matrimonio il suo sogno d’amore dopo incredibili difficoltà. Sorvolo su quello tragico, relativo al caso accaduto a Lecce l’11 maggio1804, quando D. Luigi Mellone uccise per gelosia un capitano della truppa cisalpina e ferì mortalmente anche sua moglie. Mi mi soffermo soltanto su quello comico che ci riguarda più da vicino. Così racconta lo storico: “La scena si svolge a Grottaglie: ne sono principali attori il soldato Giuseppe Germano di Finale Ligure e la popolana Maria o Marina Alfarano, oriunda di Neviano. Questi, o che fossero attraversati nei loro sogni d’amore dai parenti, come suole spesso avvenire, o che, presi da impaziente ardore, volessero troncare gl’indugi in maniera spicciativa, ricorsero ad un espediente assai diffuso nei paesi dell’Italia settentrionale e che precede di circa venti anni il notissimo episodio narrato dal Manzoni nell’ottavo capitolo dei Promessi Sposi. Un giorno del dicembre 1805, sulle prime luci, mentre Don Giuseppe Manigrasso celebrava la messa mattutina nella chiesa collegiata, proprio nell’atto che questi si volgeva ai fedeli, impartendo la benedizione, i due giovani si presentano dinanzi all’altare. Questa è mia moglie! — esclama lui. Questo è mio marito! — soggiunge lei. E si apprestano quindi a uscir dalla Chiesa, come se fossero davvero marito e moglie.