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Ripensare la pendenza ai margini di Quito, il caso studio di Guรกpulo. 1
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SUBE Y BAJA Ripensare la pendenza ai margini di Quito, il caso studio di Guápulo.
LAUREANDE Erika Palmieri Michela Pironi Linda Tonin RELATORI Etra Occhialini Sergio Fortini CORRELATORI Romeo Farinella Sara Maldina
Tesi di Laurea A.A. 2014-2015 Università degli Studi di Ferrara. Laurea Magistrale in Architettura. 3
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INDICE 0. PREMESSA 1. ABSTRACT QUITO MITAD DEL MUNDO
2. CONTESTO 2.1 Andinidad Composizioni deboli Sezioni Idrografia Vegetazione Economie interne CAN, comunità andina 2.2 Vivere sulla cordigliera andina Questioni urbane Storie di culture andine Città giovani, città fragili Connessioni 2.3 Dinamiche ecuadoriane Stratificazioni Mezcla social Produttività
3. LATITUDINE ZERO
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3.1 3.2 3.3 3.4 3.5
A 3000 m s.l.m.: Quito Una città a contatto coi rischi Eredità spaziale Fasi di crescita e trasformazione Nord e sud: due realtà a confronto
4. L’(IN)GOVENRABILITÀ DI QUITO 4.1 Pianificare Quito Il primo piano regolatore di quito: Plan Jones Odriozola 1942-1944 Una proposta normativa: Plan general urbano de Quito 1967 Il piano dell’area metropolitana di Quito del 1973 Il piano microregionale del 1981, Esquema Director Strutturazione del DMQ: Plan de Estructura Espacial 1993 Sviluppo locale e pianificazione strategica 2000-2020 Piano strategico Equinoccio 21 4.2 Degrado e informalità, los barrios illegales Los barrios illegales a Quito Le politiche abitative in Ecuador 4.3 Una comunicazione congestionat 4.4 Espacios publicos, luoghi di socialità La piazza Il mercato La strada Il parco 4.5 Il primo patrimonio latinoamericano La dichiarazione di Quito patrimonio dell’umanità La gestione istituzionale del centro storico La salvaguardia del centro storico AI MARGINI DI QUITO
5. DICOTOMIA DI UN MARGINE 5.1 Un quartiere di transizione 5.2 Morfologia (s)favorevole Il rio Machangara Le industrie Gestione dei rifiuti 5.3 Conservarsi ai margini Feste popolari I luoghi della tradizione Varie tradizioni
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6. GUÁPULO 6.1 6.2 6.3 6.4
El barrio Le origini del quartiere Spazi condivisi Parlando di Guápulo Que falta en el barrio?
7. AL DI LÀ DEL MACHANGARA 7.1 San francisco de Miravalle 7.2 Las invasiones UN SISTEMA DI SOLUZIONI A PROBLEMI DI SISTEMA
8. STRATEGIA 8.1 Livello zero 8.2 Ripensare la pendenza 8.3 Analisi degli stakeholder 9. (RI)COMPORRE I LEGAMI 9.1 Ripristinare i collegamenti 9.2 Il piano “Zonas 30”
10. (RI)ABITARE LA PENDENZA
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10.1 Convivere con il rischio Il ricollocamento delle abitazioni a rischio Avere cura del territorio Contenere e conformare il terreno con l’ingegneria naturalistica Gli argini del fiume 10.2 Un nuovo modello abitativo Aree di nuova edificazione Il modello incrementale I tre nuovi complessi residenziali
10.3 Gestione delle risorse ambientali Agricoltura Urbana Partecipativa Il parco agricolo Biodiversità tipiche locali
11. (RI)ATTIVARE IL BARRIO
11.1 Incentivare nuove attività 11.2 Vocazioni 11.3 Spazi riattivati
12. CONCLUSIONI 13.OLTRE LA TESI 14. BIBLIOGRAFIA
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Premessa
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La nostra tesi nasce dall’interesse condiviso per la scoperta di nuovi luoghi, culture ed esperienze, resa possibile grazie all’opportunità della borsa di studio del Programma Atlante dell’Ateneo di Ferrara. Il soggiorno a Quito di tre mesi, da marzo a giugno 2015, ci ha consentito di avvicinarci alle dinamiche di una caotica metropoli sudamericana. Ci ha permesso, soprattutto, di comunicare con la gente del luogo, apprendere la loro lingua e i loro modi di vivere la quotidianità. A facilitare l’approfondimento di quest’ultimo aspetto è stata l’individuazione dell’area di progetto, un quartiere marginale, divenuto patrimonio UNESCO, assieme al centro storico dal 1978, dove tradizioni, usi e costumi sono rimasti straordinariamente intatti. Tornate in Italia, con il supporto dei nostri relatori e correlatori, abbiamo sviluppato una tesi che tenesse in considerazione tutte le ricerche e indagini svolte sul posto. 12
Our thesis was born from our shared passion for the discovery of new places and cultures, possible thanks to Atlas scholarship program with University of Ferrara that brought us to Quito, in Ecuador. Our stay in Quito for three months, from March to June 2015, allowed us to get closer to the dynamics of the chaotic South American metropolis. Above all, it allowed us to communicate with the locals, learn their language and understanding their ways of living everyday ‘s life. As such, we identified a marginal district that became part of the UNESCO World Heritage n 1978 as subject of our project. Our choice was aiming at finding something and somewhere where traditions and customs were still untouched. Three months after the time spent in Ecuador, we have developed the subject even further with the support of our tutors, taking into account all the research and the investigation we have done on site. 13
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Abstract
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La Cordigliera Andina, la catena montuosa più lunga al mondo, costituisce un vincolo fondamentale nella genesi e formazione degli agglomerati urbani che si modellano sui suoi rilievi. Si tratta di città fortemente influenzate dalla morfologia del sito, che seguono direttrici di sviluppo legate principalmente ai forti limiti naturali che ne decretano le geometrie, le espansioni e tentano di definirne i confini. Quito è un esempio emblematico dei centri urbani sorti lungo questa catena montuosa. Una città che convive con il rischio, dovuto alle caratteristiche idrogeologiche e geomorfologiche di un insediamento che si distribuisce ai piedi del vulcano Pichincha e ne lambisce i margini, dove le costruzioni tentano di arrampicarsi e guadagnare terreno. Negli ultimi decenni, l’espansione economico-demografica che ha coinvolto Quito con modalità e tempistiche 20
The Andean Cordillera is the longest chain of mountains in the world and is considered the most important natural fenomena that triggers the formation of urban agglomerations that are modeled on its grounds. Those cities are heavily impacted by the site’s topography, that have been developed taking into consideration the strong natural limitations that force geometrics by limiting the expansion and that ultimately attempt to show the borders. Quito is a prime example of urban centers sprung up along the Andean Cordillera. It is a city that lives with the risk, due to the hydrological and geomorphological characteristics, of a settlement that is distributed right at the foot of the Pichincha volcano, where the buildings are constructed just to gain ground. In recent decades, the economic and demographic expansion that involved Quito, resulted in a
senza precedenti, ha comportato una sostanziale modifica della sua configurazione, da “lineare” con un asse di sviluppo nord-sud, a “orizzontale” con una struttura metropolitana che si proietta verso le valli circostanti. Tuttavia le politiche di pianificazione della città non sono state in grado di seguire il ritmo di crescita reale della metropoli. Questo porta con sé una serie di conseguenze, quali: conflitti per l’uso del suolo, occupazioni illegali e spontanee di aree non regolamentate, mancanza di copertura dei servizi di base, frammentazione del paesaggio. Si tratta di un modello prodotto da una mancanza di visione complessiva, concentrato esclusivamente sul controllo della città “legale”, senza stabilire dei meccanismi di intervento nelle zone periferiche e marginali. È proprio in queste ultime che si concentrano le problematiche urbane
substantial change of its configuration, that switched from “linear” with an axis North-South, to “horizontal” with a metropolitan structure that extends until the surrounding valleys. Nonetheless, the planning policies of the city itself have not been able to follow the metropolis’s growth rate. The main reported impacts have been identified: land-litigation, spontaneous and illegal occupations of unregulated areas, lack of coverage of primary needs services, landscape fragmentation. All in all, it is considered an urban model which have been subject to the lack of the overall vision, but – on the contrary - focused exclusively on the “legal city”, without developing new mechanisms of intervention in the suburbs. It is in those suburbs where the urban problems arise, such as the exposure 21
legate alla gestione dei rischi, alla difficoltà di connessione e -a causa del basso o nullo costo del suolo- allo sviluppo di insediamenti informali. Il nostro caso studio, Guápulo, è un quartiere marginale situato nella zona est della città, tra il centro urbano di Quito e le espansioni residenziali delle valli di Tumbaco e Cumbayà. Questo barrio, oltre a sintetizzare tutte quelle problematiche che si possono riscontrare su più ampia scala nel resto della città, si sviluppa su un forte dislivello, la cui pendenza rappresenta tanto un vantaggio, quanto uno dei più forti limiti allo sviluppo dell’insediamento. Quando la città si è ingrandita, Guápulo è rimasto fuori dalla conurbazione, conservando tutti gli elementi della tradizione che lo contraddistinguono e lo differenziano dalla ormai globalizzata capitale. Tuttavia la morfologia del sito 22
to risks, the difficulty of access due to low or poor connection and the development of informal settlements caused by the low cost of ground. Our case study, Guápulo, is a marginal neighborhood located in the east of Quito, between the city center of the Quito and the residential areas in the valleys of Tumbaco and Cumbaya. Not only does this neighborhood showcase all the problems that could also be encountered on a larger scale in the rest of Quito, but it also lies on a steep gradient, which represents as much an advantage as one of the strongest limits on around the settlement development. While the city was growing and changing, Guápulo retained all the traditional elements that distinguish and differentiate it from the globalized capital. However, the morphology of the site
accentua il rischio a livello ambientale e ostacola le connessioni, provocando l’isolamento degli abitanti e il deterioramento del suo patrimonio tangibile. La nostra proposta progettuale prevede la riqualificazione del quartiere attraverso il ripensamento della pendenza da elemento negativo, generatore di problematiche a livello urbano, di mobilità, di accessibilità e di fruizione dello spazio, a elemento positivo che conforma il territorio, creatore di paesaggio e di opportunità. Il progetto elabora uno scenario di sviluppo dove gli interventi attribuiscono allo spazio pubblico il ruolo di agente di trasformazione o catalizzatore di una rigenerazione diffusa. Le azioni si sviluppano a partire dal riconoscimento delle caratteristiche naturali del sito, alla ricerca di quell’equilibrio che sembra perduto tra natura e costruito.
limits connections and increases the risk of isolation of the inhabitants and the deterioration of its tangible assets. Our project proposal deals with the redevelopment of the neighborhood by rethinking the perception of the gradient, moving from a negative concept, generator of issues in the city, limiting mobility, accessibility and use of space, to a all-new positive concept that shapes land, creator of scenery and opportunities. The project proposes a scenario of development where interventions in public spaces have the catalyst role for a widespread regeneration of the affected areas. The developments start from the recognition of the natural characteristics of the site itself, looking for the perfect balance between nature and construction that seems lost. 23
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Quito: mitad del mundo
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Contesto
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MERIDA
MEDELLIN BOGOTÀ
2.1 ANDINIDAD
CALI
QUITO
La Cordigliera delle Ande è considerata la catena montuosa più lunga (e la seconda più alta) del mondo. Con i suoi 7240km di lunghezza - dall’istmo di Panamá fino all’estremo sud di Capo Horn - e un’altezza media di 4000m s.l.m. si colloca nella parte occidentale dell’America meridionale, attraversando sette stati: Argentina, Bolivia, Cile, Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela. Questo massiccio montuoso costituisce un insieme di catene parallele tra loro e alla costa, spesso affiancate da rilievi di minor altezza ed estensione. Al loro interno si individuano estesi altopiani caratterizzati da quote elevate e notevole aridità, las punas, o profonde valli che incidono longitudinalmente il sistema montuoso, las hoyas. L’altezza media è molto elevata: la linea di cresta oscilla per lo più fra 3000 e 5000 m e numerose sono le cime che raggiungono quota 6000 m. La parola “Ande” deriva da una parola indigena che significa “montagna che si illumina”. La popolazione Aymara la utilizzava per descrivere il fenomeno secondo il quale queste cime fossero le prime a essere illuminate dal sorgere del sole e le ultime a ricevere i suoi raggi. (nota: Gli Aymara sono una popolazione che vive prevalentemente nelle vicinanze del Lago Titicaca tra Perù, Bolivia, il nord del Cile e il nordest dell’Argentina. In realtà non identifica un sottogruppo etnico vero e proprio, ma comprende l’insieme degli individui che, pur appartenendo a differenti sottogruppi etnici, hanno come lingua madre una lingua appartenente alla famiglia aymara.) 30
CUENCA
CUJAMARCA
CUZCO
LA PAZ
POTOSI
SAN SALVADOR SALTA
LOS ANDES
COMPOSIZIONI DEBOLI
1. Gondwana è l’esteso continente che agli inizi del Paleozoico comprendeva tutte le terre attualmente presenti nell’emisfero meridionale: America Meridionale, Africa, Australia, India e Antartide
2. Dall’articolo Earth & Environmental Sciences, University of Arizona
Dal punto di vista geologico le Ande si configurano come una ‘catena a pieghe’, la cui evoluzione è dovuta alla frammentazione dell’antico continente di Gondwana1 nel tardo Mesozoico e ai processi di subduzione della litosfera oceanica della placca di Nazca sotto la crosta continentale della placca sudamericana. La ricercatrice C. Garzione, spiega che la catena delle Ande «si è formata attraverso rapidi impulsi periodici, non attraverso un sollevamento continuo e progressivo, come si è sempre pensato. […] Si parla di movimenti verificatisi a velocità di un chilometro o più nel corso di milioni di anni; ma che, considerati i tempi geologici, è una velocità impressionante»2. Il quadro fondamentale resta quello del sollevamento della catena dovuto alla subduzione della placca di Nazca sotto il continente sudamericano. Si è ipotizzato che quando la placca oceanica scivola sotto la placca continentale, quest’ultima si accorcia e si addensa aumentando la pressione sulla crosta inferiore. La composizione basaltica della crosta inferiore si trasforma in eclogite, una roccia a densità elevata che funge da àncora per la crosta superiore, molto meno densa, diventando una specie di radice che si inabissa nel mantello superiore, rimanendoci per milioni di anni fin quando, a causa delle temperature elevate, fonde e, aumentando di volume, provoca un innalzamento della catena montuosa. A tali dinamiche è legata l’intensa e ininterrotta attività sismica e vulcanica, coeva alle fasi iniziali della subduzione e che caratterizza l’intera catena, la quale è parte dell’ “anello di fuoco” circumpacifico. Gli attuali vulcani attivi, che cominciarono a formarsi circa 15 milioni di anni fa, sono una cinquantina, distribuiti in 4 serie: colombiana, ecuadoriana, peruviano-boliviana, cileno-argentina. Tra i maggiori si citano il Tolima (5215 m), il Cotopaxi (5897 m), il Nevado del Ruiz (5400 m). 31
SEZIONI Nelle Ande si distinguono 3 diverse sezioni. La sezione meridionale, dal Capo Horn al Paso Las Cuevas, presenta un aspetto unitario, compatto, ricco di vulcani, laghi e ghiacciai. La sezione centrale, che si estende tra il Paso Las Cuevas e il “nodo” di Pasto (al confine tra Ecuador e Colombia) si caratterizza per un’ampiezza assai notevole (800 km), dalla partizione in 2 o 3 cordigliere, con interposti altopiani elevati come la Puna de Atacama e l’Altopiano Boliviano (3500-3800 m), e dalla presenza di numerose cime al di sopra dei 6400 m. In Ecuador le Ande si riuniscono in un’unica catena, La Cordillera Real. Nella sezione settentrionale, dal nodo di Pasto al Golfo di Paria, la catena si suddivide nuovamente in 3 rami, delimitati da profonde valli longitudinali e interessati da numerosi vulcani. 32
IDROGRAFIA A livello idrografico la Cordigliera Andina segna il principale spartiacque dell’America Meridionale. Per l’estrema vicinanza dell’oceano, i fiumi del versante pacifico hanno un corso breve e solitamente ripido. Tra i fiumi che si gettano nell’Atlantico, spesso molto lunghi e di rilevante portata, i maggiori sono tributari del Rio delle Amazzoni. La vicinanza del Pacifico e le correnti oceaniche, l’altimetria e l’esposizione dei versanti influenzano anche il clima. Lungo i bassi e medi versanti settentrionali prevalgono condizioni climatiche equatoriali e subequatoriali, con precipitazioni abbondanti e temperature medie elevate (26° C); negli altopiani settentrionali e centrali, sopra i 2000 m, domina il clima caldo di montagna (clima andino), con valori nettamente inferiori della temperatura media (15° C) e delle precipitazioni, escursione termica giornaliera notevole e annua scarsa. Il clima desertico e semidesertico compare, invece, in due distinte regioni: la prima, estesa fino ai 1500 m di quota, tra il Golfo di Guayaquil e 27° lat. S, con piogge quasi del tutto assenti, escursione annua modesta e temperature elevate (sottotipo caldo); la seconda, tra la Patagonia e le catene preandine argentine, è caratterizzata da piogge scarse e irregolari, temperature basse ed elevata ventosità (sottotipo freddo). L’influenza del mare è evidente nelle Ande meridionali e lungo i versanti cileni fino a Valdivia, dove è presente un clima oceanico freddo con inverno umido ed estati complessivamente miti. In ogni sezione dell’altopiano si hanno precipitazioni nevose: il limite delle nevi persistenti oscilla dai 45004800 m. 33
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VEGETAZIONE Se si escludono l’alta montagna e le aree desertiche estreme, la vegetazione delle Ande risente essenzialmente dell’altitudine e della latitudine. Nelle Ande settentrionali si ha una vegetazione equatoriale e subequatoriale, cui fanno seguito, nelle Ande Centrali, praterie ad arbusti xerofili sempreverdi (páramos) e, nella puna, cespugli spinosi e piante grasse. Nelle aree intermedie tra la foresta e le steppe aride, si estende la caatinga, boscaglia impervia, spoglia di foglie per gran parte dell’anno e caratterizzata da piante xerofite, cactacee e mimosacee. Infine, nella regione patagonica, predomina una foresta temperata mista di conifere (Libocedrus) e latifoglie (Nothofagus, il faggio australe) cui si alternano, lungo i versanti pacifici, zone a macchia pseudo-mediterranea. 37
ECONOMIE INTERNE L’economia di queste aree, da sempre rappresentata da un forte staticismo, negli ultimi decenni ha portato ad un enorme aumento della crescita del PIL e, di conseguenza, della competitività. Sono configurate enormi differenze regionali e un’accentuata disparità nella distribuzione del reddito. La maggior parte della ricchezza è concentrata nelle mani di una minoranza della popolazione, mentre milioni di individui sperimentano livelli di privazione che raggiunge, in casi estremi, la povertà assoluta. La crescita economica è stata segnata, soprattutto, dall’inizio dalle estrazioni minerarie, che si concentrano nella regione amazzonica. Queste non rimpiazzano comunque agricoltura ed allevamento, che da millenni rappresentano la prima forma di reddito per queste zone così fertili. Le coltivazioni tipiche si individuano in funzione della quota: i fondovalle fino ai 1000 m sono adatti alle colture tropicali (cacao, banano, palma da cocco, canna da zucchero ecc.), le quote intermedie (fino ai 2000m) sono più idonee a coltivazioni arboree pregiate (come il caffè nelle Ande equatoriali), le aree più elevate, fino ai 4000m, sono destinate all’allevamento (lama e alpaca, cui si aggiungono bovini, equini, ovini) e alla cerealicoltura. Il mais è l’alimento più caratteristico delle popolazioni andine, coltivabile ad altissime quote. Dalle foreste equatoriali si ricavano, invece, caucciù, cinchona (albero della china) e legni pregiati. A circa 2500 m cresce la pianta più rappresentativa dell’area andina, l’Erythroxylum coca, ritenuta sacra e coltivata già prima della civiltà incaica, costituisce fonte di sostentamento per i contadini e di guadagno per 38
molti cocaleros che vi estraggono la cocaina. Le foglie di questa pianta vengono vendute ai turisti di tutto il mondo per affrontare meglio le inusuali quote. L’abbondanza di minerali è nota sin dall’epoca precolombiana. Particolarmente sfruttati anche fino a quote molto elevate (4500 m) sono i giacimenti di oro (Venezuela, Colombia, Perù, Ecuador), argento (Ande centrali), piombo e zinco (Perù), stagno (Bolivia), nitrati e soprattutto rame (Cile). Negli ultimi decenni del Novecento è stata avviata con successo l’estrazione di idrocarburi (petrolio e gas naturale) nelle fasce preandine di Colombia, Venezuela ed Ecuador. Tra le principali metropoli del Sudamerica si contano a San Paolo, Buenos Aires, Rio de Janeiro, Santiago del Cile, Lima, Caracas, Quito e Bogotá. L’Unasud sta pianificando la creazione di una zona di libero scambio in grado di unire le due comunità già esistenti, il Mercosur e la Comunità andina. (nota: Mercosur è il mercato comune dell’America meridionale. Ne fanno parte in qualità di Stati membri: Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela. Sono inoltre Stati associati la Bolivia e il Cile (dal 1996), il Perù (dal 2003), la Colombia e l’Ecuador (dal 2004). L’organizzazione fu istituita con il Trattato di Asunción firmato il 26 marzo 1991 da Brasile, Argentina, Uruguay e Paraguay. Nel 1995 sono stati contestualmente aboliti i dazi doganali tra i quattro Paesi e istituita una tariffa doganale comune verso paesi terzi. L’obiettivo del Mercosur è la realizzazione di un mercato comune, anche se esistono ancora forti ostacoli protezionistici tra i vari stati. ) 39
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CAN, COMUNITÀ ANDINA
Colombia
Ecuador
Perù
Bolivia
Se geograficamente gli stati attraversati dalla Cordigliera Andina sono sette, dal 1969 alcuni di questi hanno creato la CAN, Comunità Andina. Ad oggi ne fanno parte Bolivia, Colombia, Ecuador e Cile, uniti dallo stesso passato, una geografia varia, una grande diversità culturale e naturale, nonché molti obiettivi comuni. Il sistema CAN funziona come un organo governativo, ogni Stato ha un proprio ruolo e funzioni specifiche. La Comunità Andina nasce con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo della regione in modo autonomo ed equilibrato, attraverso un processo di progressiva integrazione che coinvolga non solo i paesi andini, ma anche quelli sudamericani e latinoamericani. Non a caso, nata sulle basi dell’Accordo di Cartagena o Patto andino del 1969, ha accolto al suo interno come membri associati Argentina, Brasile, Cile (fondatore del Patto andino, ma ritiratosi nel 1976), Paraguay, Uruguay e, come membri osservatori, Messico e Panamá. Il Venezuela, invece, membro della CAN dal 1973, ha abbandonato l’organizzazione nel 2006, quando Colombia e Perù strinsero accordi di libero scambio con gli Stati Uniti. Recentemente, tuttavia, è in corso una negoziazione per definire le condizioni per un riavvicinamento del Venezuela. Accanto al macro-obiettivo di raggiungere l’integrazione anche politica su questioni dove convergano gli interessi dei paesi aderenti e più in generale di quelli sudamericani e latinoamericani, la CAN affianca anche il proposito di promuovere una maggior cooperazione su finalità prettamente regionali. Tra queste figurano la promozione dello sviluppo dei paesi membri, la crescita dell’occupazione, la formazione di un mercato comune, un rafforzamento sostanziale dell’economia 41
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regionale in grado di affrontare i cambiamenti economici globali, la diminuzione delle differenze che intercorrono tra i paesi membri e il miglioramento della condizione di vita degli abitanti andini. La definizione di tali linee guida è frutto di un percorso a tappe che l’organizzazione ha compiuto nel corso del suo trentennio di vita e che si è consolidato con la creazione di nuove istituzioni (Consiglio andino dei ministri degli affari esteri, il Tribunale andino di giustizia e un suo Parlamento). Nel 1983, dopo un primo periodo caratterizzato da politiche di protezione industriale e commerciale, la CAN ha optato per un modello aperto di integrazione economica, accettando la logica di mercato e creando una zona di libero commercio tra i paesi aderenti, che è stata potenziata nel 1995 con l’adozione di un fronte doganale unico. Dal 2003 l’organizzazione è impegnata a dedicare maggiori energie sulle problematiche di tipo sociale e ambientale e nel 2005 ha approvato un accordo per permettere la libera circolazione dei cittadini al proprio interno. 43
2.2
VIVERE SULLA CORDIGLIERA ANDINA
QUESTIONI URBANE La Cordigliera Andina rappresenta una barriera, interposta per tutta la lunghezza del continente tra il Pacifico e l’Atlantico. Per questa ragione è stata, ed è, un ostacolo all’insediamento umano e alle comunicazioni. Come si può facilmente immaginare, le maggiori problematiche sono legate ad un contesto morfologico difficile. La presenza di altopiani a quote elevate con temperature mitigate dalla latitudine ha comunque favorito fin dall’epoca precolombiana lo sviluppo di centri urbani che in alcuni casi, oggi, raggiungono dimensioni metropolitane. 44
STORIE DI CULTURE ANDINE Le prime testimonianze circa il popolamento della regione andina risalgono a più di 15.000 anni fa, durante il periodo chiamato “Orizzonte medio”, probabilmente ad opera di cacciatori nomadi provenienti dal Nord che iniziarono ad insediarsi sugli altopiani del Lago Titicaca, il lago navigabile più alto del mondo tra Perú e Bolivia. Tra il 6° e il 5° millennio a.C. queste popolazioni scoprirono la domesticazione di animali (lama) e piante (patata, zucca, mais) iniziando a praticare un tipo di agricoltura che teneva in considerazione l’equilibrio tra materia ed energia, in seguito definita biologica e biodinamica. Tra il 3° e il 2° millennio iniziarono la produzione di ceramica, l’impiego di sistemi di irrigazione, costruirono ampi terrazzamenti garantendo la corretta ossigenazione delle piante e l’ottimizzazione dell’uso dell’acqua. Conoscevano i princìpi di genetica e di biologia e usavano queste loro conoscenze per lo sviluppo dell’agricoltura. Il 60% dei prodotti vegetali adesso presenti nel mondo sono frutto della tecnologia andina. La patata, per esempio, una pianta tossica per l’alta quantità di solanina, fu trasformata in un tubero commestibile del quale crearono più di 2.500 varietà. Furono in grado di addomesticare animali e garantirono la conservazione della specie con criteri ecologici, assicurandosi il rifornimento di carne, lana, cuoio e tessuti necessari per l’abbigliamento. A partire da un centro cultuale situato nelle Ande centrali, la cultura andina estese la sua influenza sia a sud che a nord. A questa fase di relativa omogeneità seguirono dal 500 a.C. una differenziazione regionale e un forte incremento demografico. L’ultimo regno preincaico che presto domina su tutte le altre culture è quello di Chimú (o Chimor) che si sviluppa 45
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tra l’XI e il XV secolo nelle aride terre settentrionali. L’impero inca (XIII-XVI), riconosciuto come il più vasto impero precolombiano del continente americano, unificò, conquistando o annettendo pacificamente, la maggior parte dei territori andini, imponendo idioma e religione (culto del Dio Sole). Nel momento della sua massima espansione, si estendeva dall’Ecuador al Cile ed era caratterizzato da un forte accentramento statale. Indebolito dalle guerre civili e dalle epidemie, all’inizio del 1500 venne conquistato dagli Spagnoli. Il potere coloniale assoggettò le popolazioni andine e lo sfruttamento delle comunità prese la forma di un vero e proprio genocidio. In alcune regioni, come la Colombia, l’importazione di schiavi africani servì a far fronte alla mancanza di manodopera locale. L’indipendenza del 1820 non comportò un miglioramento nella vita degli Indios, la cui condizione ha continuato a essere contraddistinta da miseria nei territori rurali e marginalità sociale ed economica in quelli urbani. Alcuni gruppi (Aymara, Quechua..) conservano elementi dell’organizzazione sociale e delle tradizioni religiose di epoca pre-ispanica. Sicuramente è da riconoscere come scienza e tecnologia andine, che avevano lo scopo di garantire la vita, il benessere e il confort dei cittadini, fossero molto avanzate anche a livello architettonico e infrastrutturale. Un’ampia rete stradale collegava tutto il territorio ed un efficiente sistema igienico-sanitario garantiva la fornitura dell’acqua in tutte le città. Vi era inoltre un sistema di immagazzinamento di scorte di vestiario e cibo che potevano essere usate in caso di siccità, epidemia o guerre. Machu Picchu è l’esempio più integro di maestria nei campi di ingegneria civile, architettura e urbanistica, costruita secondo criteri ecologici e demograficiche soddisfacevano comfort, sicurezza e salute dei cittadini. 47
CITTÀ GIOVANI, CITTÀ FRAGILI La maggior parte delle città che sorgono lungo la Cordigliera delle Ande dunque sono state fondate nella prima metà del 1500, dopo la colonizzazione spagnola, sugli antichi agglomerati. Alcune, per mantenere una tradizione urbana precedente, tengono in conto della conformazione della città preispanica, ma, nella maggior parte dei casi la città spagnola si è sovrapposta prepotentemente all’esistente. Per questa ragione si può dire che le città andine, se confrontate con quelle europee o asiatiche, sono città giovani, e, paradossalmente lo sono sempre di più a causa dei rapidi processi di trasformazione. Coerentemente con il rapido processo di urbanizzazione e del ripensamento delle logiche economiche interne che dagli anni ’60 sembra essere irrefrenabile, tutte le città andine sono cresciute, alcune tra esse in maniera assolutamente significativa (Bogotà, Medellin, Quito, La Paz) 48
Globalizzazione, cultura a domicilio, riduzione delle distanze tramite la tecnologia.. tutto è già arrivato in questa porzione di “ terzo mondo”. Gli spazi si plasmano secondo le dinamiche economiche e sociali, ma soprattutto secondo le peculiarità morfologiche. C’è infatti da rimarcare come, prima di tutto, le città andine siano città profondamente influenzate dalla morfologia del luogo. Queste seguono direttrici di sviluppo particolari legate principalmente ai forti limiti naturali che ne decretano geometrie, espansioni e limiti (seppure fragili) ma, soprattutto, ne definiscono le vulnerabilità, fisiche, economiche e sociali, più grandi. Lungo la sua storia, la regione andina, è stata ricorrentemente colpita da disastri naturali. A causa della sua posizione geografica, dentro il cosiddetto “Cinturòn de Fuego del Pacìfico”, soffre di un’intensa attività sismica e vulcanica, mentre, le forti precipitazioni che generano piogge torrenziali, inondazioni, frane, e la rottura degli argini dei fiumi, sono alternate da lunghi periodi di siccità. In generale gli eventi naturali di maggior rischio sono quelli geologici e quelli idrometereologici. I primo si spiegano, come sopra detto, per la sua posizione geografica e la dinamica della tettonica a placche, che, viaggiando in direzione opposta alla placca di Nazca, produce un fenomeno di subduzione che accumula energia che, all’essere liberata, ha prodotto grandi movimenti sismici in passato e continuerà a farlo in futuro. Per quanto riguarda i rischi idrometereologici intervengono due fattori; quello climatico e quello oceanografico. A causa dei cambiamenti dei modelli di circolazione atmosferica, delle correnti delle masse di aria ed acqua calda provenienti dalle coste ecuatoriane che si incontrano con quelle fredde peruviane, si genera il fenomeno conosciuto come “El Nino”. Le piogge torrenziali fanno aumentare la portata dei fiumi, 49
generando inondazioni e frane o al contrario gravi siccità, entrambe con conseguenze disastrose per le popolazioni e i campi di coltivazione. Questi fenomeni naturali hanno causato nel corso degli anni perdite umane, distruzione di città ed infrastrutture. Hanno colpito seriamente lo sviluppo e la crescita economica-sociale di grandi regioni che hanno tardato anni per riprendersi. Solo tra l’89 e il 93, secondo la UNDRO (United Nations Disaster Relief Organization) , si registrano 13 disastri naturali importanti nella regione andina. Tra i più catastrofici si ricordano: -il terremoto di Ancash in Perù del 1970, maggior disastro naturale del mondo occidentale. -l’eruzione del vulcano Nevado del Ruiz in Colombia del 1985, maggior disastro di flusso di fango a livello mondiale -il terremoto in Ecuador del 1987 generò danni per 87mln di dollari perché colpì l’oleodotto transecuatoriano -tra l’89 e il ’93 in Bolivia inondazioni e siccità dovute al fenomeno del Nino distrussero o colpirono migliaia di viviendas lasciando approssimativamente 2milioni di danni. -1992 grandi inondazioni colpirono varie regioni dell’Ecuador -1993 in Ecuador a causa delle piogge torrenziali una frana di terra di 25milioni di metri cubici formò sopra il Rio Paute, un lago di 200mln di metri cubici denominato La Josefina che causò intense inondazioni nella provincia di Azuay e Canar con più di 50 morti. (pagina 44 carrion el futuro..) Una realtà geografica diversa, difficile da gestire e adattare, aggiunta alla mescolanza di razze e ad un’ampissima diversità di situazioni difficili da inserire in un’unica definizione, generatrici di problematiche urbane, fa sicuramente del territorio andino un terri50
torio unico nella sua specie. Infatti l’urbanizzazione andina, piuttosto eterogenea e che vede un’indicativa maggioranza di città di montagna, presenta il primato di città di piccole dimensioni e bassissime densità. La maggior parte non supera i 250.000 abitanti, situazioni evidentemente contrastate da metropoli come Quito in Ecuador, La Paz in Bolivia, Bogotà, Medellin e Cali in Colombia. Inoltre si incontrano prevalentemente ad un altitudine di più di 2000m s.l.m, situazione che le caratterizza per problemi ambientali e rischi specifici piuttosto marcati. Il Perù è lo stato con il maggior numero di città andine (13), paradossalmente abitate, in percentuale, dal minor numero di abitanti. Caso assolutamente contrario quello della Bolivia: 6 città e 27% ca. degli abitanti. Le città più popolate si distribuiscono in maniera piuttosto eterogenea lungo il territorio. Generalizzando si potrebbe dire che in Colombia si incontrano le città più grandi, in Bolivia predominano le intermedie e in Perù ed Ecuador, con l’eccezione di Quito, prevalgono le città piccole. Eppure, sebbene nell’immaginario collettivo il territorio andino sia considerato fondamentalmente un territorio rurale, indigeno, marginato e moderatamente sviluppato, il predominio della popolazione urbana rispetto a quella rurale, l’incremento del numero di città e l’urbanizzazione del territorio hanno fatto si che questa regione si convertisse in una “zona de ciudades”. (Fernando Carrion) A caratterizzare il modello di crescita delle città andine degli ultimi decenni è un tipo di espansione implacabile ed incontrollata, che non rispetta e non riconosce né l’ordine amministrativo né quello naturale; uno sviluppo della maglia urbana troppo esteso, da intendere soprattutto in termini speculativi, che si basa sull’esclusività della domanda e sull’emarginazione e 51
periferizzazione degli insediamenti precari. L’urbanizzazione arriva laddove le condizioni del suolo non sono adatte ad accogliere qualsiasi tipo di struttura che, a loro volta, vanno a discapito delle aree di produzione agricola, foreste, vegetazione ecc.. con impatto ambientale facilmente immaginabile: erosione, desertificazione e cambi di temperatura. Questa forma speculativa di crescita urbana ha condotto ad una sorta di processo anarchico, che senza alcuna figura di rappresentanza genera un’espansione dei limiti della città sopra alla domanda e soprattutto sopra le possibilità fisiche del territorio, lasciando spazi di suolo libero o “terrenos de engorde” che nelle città primarie ed intermedie, secondo calcoli preliminari, costituiscono un buon 35%. Il risultato di questo modello è la diminuzione della densità, la mancanza di preservazione dell’ambiente, costantemente violato, e l’esclusione di una buona fetta di popolazione dai diritti propri di cittadino: il suolo, la casa, i servizi. In questa maniera si obbligano i meno abbienti all’occupazione dei terreni periferici non adatti allo sviluppo residenziale per le condizioni di forte pendenza, mancanza di servizi basici ed esposizione a pericoli di carattere idrogeologico. Si può facilmente immaginare come l’elevato processo di urbanizzazione degli ultimi decenni, la migrazione interna, la crescita demografica, la disordinata crescita delle città, la segregazione urbana e le diversità climatiche-geologiche abbiano provocato effetti devastanti sulle città andine. 52
CONNESSIONI Nell’epoca della civiltà incaica fu realizzata una prima rete stradale il cui tracciato fu in seguito adattato dagli Spagnoli al passaggio di animali da trasporto come il cavallo e il mulo. Tuttavia essa ha ancor oggi uno sviluppo assai limitato. Le ferrovie, costruite per la maggior parte tra la fine del 19° e l’inizio del 20° secolo, superano spesso quota 4000, raggiungendo l’altezza massima di 4829 m; esse sono per lo più adibite al trasporto di minerali. La prima, Buenos Aires - Valparaíso, fu aperta nel 1910; la seconda, che collega Antofagasta con Salta, nel 1948; nel 1957 se ne ebbe una terza, che congiunge Bahía Blanca e Concepción. Per quanto riguarda le infrastrutture stradali la più importante è la Panamericana, un sistema integrato di strade lungo circa 25.750 km che si sviluppa lungo la costa pacifica del continente americano che, nella sua parte meridionale, funge da collegamento principale tra le città della Cordigliera Andina. La sua nascita ufficiale ed i primi piani di sviluppo risalgono al 1923 con la V Conferenza Internazionale degli Stati Americani. A causa delle asperità morfologiche la Panamericana, che durante il suo percorso incontra molti climi e sistemi ecologici, è anche poco uniforme ed alcuni tratti non sono percorribili durante la stagione delle piogge. 53
ECUADOR REGIONI
INSULARE
COSTIERA
della SIERRA
AMAZZONIA
CRESCITA CITTA’ 1950
1970
13 città
1990
110 città
65 città
35 città
ab.: 3,2 mln.
2015
ab.: 14,5 mln.
ab.: 9 mln.
ab.: 6 mln.
ANALFABETISMO
11,8% _____ 27,8%
5,3% _____ 11,8%
0,9% _____ 5,3%
POVERTÀ
87,6% _____ 94,5%
54
51,9% _____ 77,3%
29,6% _____
2.4 DINAMICHE
ECUATORIANE
L’Ecuador confina a nord con la Colombia, ad est e a sud con il Perù e a Ovest si affaccia sull’Oceano Pacifico. Ad attribuirgli il nome è l’equatore, che lo attraversa. Il suo territorio si distingue in 4 regioni: la regione costiera (Costa), la regione andina (Sierra) la regione amazzonica (Oriente) e quella insulare (Galápagos). La Sierra rappresenta un quarto della superficie totale e consta di due catene, la Cordigliera Occidentale e la Cordigliera Orientale (o Reale). Anche l’Ecuador non è esente dai rischi dati dalla natura del terreno andino, sono forti la sismicità e i rischi idrogeologici. Una quarantina sono gli apparati vulcanici, molti dei quali attivi (Chimborazo, 6310 m; Cotopaxi, 5897 m; Sangay, 5413 m). Tra le catene montuose si insinuano numerose vallate, un esempio è quella che ospita la capitale Quito. Il clima nella parte della Sierra non manifesta una marcata stagionalità. Le precipitazioni sono costanti, superiori ai 2000-2500 mm annui; le temperature sono localmente diversificate in base all’altimetria, ma in genere presentano modeste escursioni. Quito, a quasi 2900 m s.l.m., ha temperatura media intorno ai 14 °C, con escursione di 1°. 55
56
57
STRATIFICAZIONI In Ecuador, le prime tracce di presenza umana risalgono a circa 11.000 anni fa e si riferiscono a piccoli gruppi di cacciatori e raccoglitori, aspetto comune a gran parte del Sudamerica. In epoca preincaica tre diverse culture fiorirono nelle alte valli andine, sulla costa del Pacifico e nelle foreste a est delle Ande; l’ultima più importante è quella dei Cañari. Quando l’Impero inca arrivò in Ecuador, attorno al 1460, essi rifiutarono la sottomissione, e dopo una cruenta battaglia furono massacrati dall’esercito di Túpac Yupanqui. L’espansione Inca verso nord di Túpac Yupanqui fu principalmente diretta verso la zona andina, mentre con i popoli delle zone costiere essi si limitarono per lo più a transazioni commerciali. L’Amazzonia ecuadoriana non fu conquistata invece perché ritenuta sacra da tutti i popoli andini, che entravano in quella zona solo per medicinali naturali introvabili al di fuori di essa, oppure, come sostengono alcuni studiosi, perché essi pensavano che all’interno dell’Amazzonia esistesse la Terra promessa, per cui l’accesso ingiustificato non era consentito. Nonostante il regime Inca fosse piuttosto autoritario e 58
repressivo, essi portarono diversi benefici, costruendo reti viarie, sviluppando agricoltura, allevamento e commercio. Durante il regno di Huayna Cápac l’antica città indigena di Quito divenne capitale della provincia settentrionale dell’Impero. Dopo la morte di Huayna (1525) la divisione dell’Impero tra i suoi due figli e la guerra civile che ne seguì favorirono la conquista spagnola. Occupata fin dal 1534 da Sebastián de Belalcázar, la regione ecuadoriana entrò a far parte del vicereame del Perù. L’insediamento spagnolo si verificò soprattutto nell’area andina, dove l’abbondante popolazione india veniva utilizzata prevalentemente come mano d’opera agricola, mentre lo sviluppo di piantagioni di cacao nella regione costiera fu a lungo limitato dallo scarso popolamento e dalle malattie endemiche. L’Oriente amazzonico continuò ad essere pressoché immune dalla colonizzazione spagnola. Nella prima metà del Settecento l’Audiencia di Quito fu separata dal vicereame del Perù ed entrò a far parte del vicereame di Nueva Granada. Nel 1822 l’Ecuador aderì alla Republica de la Gran Colombia, proclamata (1819) sui territori dell’ex vicereame di Nueva Granada. Nel 1830 si proclamava repubblica indipendente. La vita del nuovo Stato fu a lungo caratterizzata dall’aspro conflitto fra i due settori dell’oligarchia dominante facenti capo rispettivamente alla Sierra (conservatori, clericali) e alla Costa (liberali, laici). Il periodo più stabile nel corso dell’Ottocento si ebbe durante il predominio del conservatore G. García Moreno (1860-75), che instaurò un regime dittatoriale e clericale, promosse la costruzione di infrastrutture e sviluppò il sistema scolastico. Verso la fine del secolo, l’aumento del peso econo 59
60
mico della Costa, legato alla crescita del commercio con l’estero, favorì un progressivo rafforzamento dei liberali che, fra il 1895 e il 1925 divennero il partito egemone, ridussero i privilegi della Chiesa cattolica e avviarono una modernizzazione del paese, mentre si verificava una crescita dell’economia. Malgrado tali sviluppi, il sistema politico mantenne un carattere fortemente oligarchico e la grande maggioranza della popolazione rimase al di fuori della vita politica. L’instabilità economica e politica si protrasse dagli anni 1920 al 1940, e si aggravò in seguito al conflitto con il Perù (1941) che portò a una notevole riduzione territoriale dell’Ecuador. Al declino dei due partiti tradizionali, corrispose la nascita di nuove forze politiche. A iniziare dagli anni 1930 si verificò l’ascesa di caudillos e leader carismatici che trovavano nelle masse urbane, prevalentemente meticce, la maggiore base di consenso (per es. J.M. Velasco Ibarra). Nel corso degli anni 1960 e 1970, le difficoltà economiche aprirono una fase di disordini e colpi di Stato militari (1963-66; 1972-79); i governi che nacquero, però, non risolsero i gravi problemi legati allo sfruttamento delle risorse agrarie. Effetti sociali rilevanti ebbe invece la scoperta, alla fine degli anni 1960, dei giacimenti petroliferi che consentirono all’Ecuador di divenire dal 1972 un paese esportatore di petrolio, aderendo nel 1973 all’OPEC. L’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio , meglio conosciuta come OPEC (Organization of the Petroleum Exporting Countries), fondata nel 1960, comprende attualmente dodici Paesi che si sono associati, formando un cartello economico, per negoziare con le compagnie petrolifere aspetti relativi alla produzione di petrolio, prezzi e concessioni. Lo sviluppo socioeconomico che ne derivò corrispo 61
se, sul piano politico, a una tendenza all’aumento della partecipazione popolare, confermata dalla Costituzione (1979) che abolì il bicameralismo e concesse il diritto di voto agli analfabeti; a tali innovazioni faceva riscontro un rafforzamento dell’esecutivo, con l’ulteriore estensione dei già vasti poteri presidenziali. Negli anni successivi si verificò l’ascesa di nuovi partiti di ispirazione cattolica, socialdemocratica e marxista, mentre subirono un certo declino le formazioni populiste. L’esplosione di una nuova crisi economica e finanziaria all’inizio degli anni 1980 portò all’inasprimento delle misure di austerità. I gravi incidenti che ne derivarono sfociarono nella proclamazione dello Stato di emergenza e in azioni gravemente repressive da parte del governo. La situazione continuò a rimanere tale con il presidente B. Cevallos (1988) e con il successore conservatore S. Durán Ballén (1992) che attuò una riforma di privatizzazione. Nel corso degli anni 1990 gli indios diedero vita a un proprio partito che propugnava la proprietà collettiva della terra e che raccolse discreti consensi. Fu eletto presidente J. Mahuad Witt e fu varata una nuova Costituzione. Nonostante gli sforzi del presidente, la situazione economica precipitò, sfociando nel 2000 in un incruento colpo di Stato, che portò al potere G. Noboa, il quale lanciò un piano di risanamento. Anche i presidenti successivi (L. Gutiérrez, A. Palacio) continuarono una politica liberista che acuì le difficoltà economiche dei ceti più deboli, finché nel 62
2006 divenne presidente R. Correa con un programma di radicale riforma politica e di rinegoziazione del debito estero e dei contratti petroliferi con le multinazionali straniere. Nel 2008 è stata varata e sottoposta a referendum una nuova Costituzione, che ha imposto precise limitazioni all’economia di mercato e sottolineato i diritti delle comunità indigene; nel corso degli anni successivi, dopo la rielezione per un secondo mandato nel 2009, accorte politiche sociali - quali l’ampliamento della rete stradale, la costruzione di centrali idroelettriche, l’aumento dei fondi per la sanità e l’istruzione e l’erogazione di sussidi per lo sviluppo - hanno assicurato a Correa ampi consensi, consentendogli di ottenere la maggioranza assoluta (57% delle preferenze) alle presidenziali tenutesi nel febbraio 2013 e di riconfermarsi per un terzo mandato. 63
64
POPOLAZIONE TOTALE: 58 % 44,9 % SIERRA
AMAZZONIA
1,5 %
4,5 %
5,1 %
COSTA
ISOLE
0,0 %
0,2 %
0,2 %
40 %
SIERRA
COSTA
AMAZZONIA
SOLE
MASCHI : 49 % 4,5 % FEMMINE : 51 %
5,1 %
0,2 %
0,2 %
AMAZZONIA
1,5 %
ISOLE
0,0 %
SIERRA
1950
2001
2010
58 %
44,9 %
42 %
42 % 50,9 %
52,7 %
1950
2001
58COSTA %
44,9 %40 %
TOTALE 40AMAZZONIA % 50,9 % 1,5 % 31,3 % 0-14 anni 4,5 %0,0 % ISOLE 1,5 % 62,2 % 15-64 anni 0,0 %
> 65
anni
0,2 % 6,5 %
TOTALE TOTALE 0-14
0-14
anni
15-64 anni
> 65
anni
31,3 %
> 65
6,5 % 6,1% 5,2 % 1,9 % 0,5 %
7,3 %
6,1%
%
1,9 % 5%
7,0 %
72 %
6,1% 5,2 % 1,9 % 0,5 %
2010
URBANA 52,7 % 4,5 % 29,4 % 5,1 % 0,2 % 64,6 % 0,2 % 6%
29,4 %
RURALE 5,1 % 34,3 %
0,2 %
58,3 %
TOTALE
URBANA
RURALE
anni
31,3 %
29,4 %
34,3 %
15-64 anni
62,2 %
64,6 %
58,3 %
6,5 %
6%
7,4 %
0-14
> 65
anni
7,4 %
TIPI DI POPOLAZIONE fonte: sni.gob.ec
MEZCLA SOCIAL RURALE
TIPI DI POPOLAZIONE URBANA
31,3 % RURALE29,4 % anniURBANA 34,3 %
fonte: sni.gob.ec
34,3 %
7,3 %
72 %
7,0 %dell’Ecuador si concentrava Il popolamento originario 6,1% 58,3 % 6% 7,4 % meticci nella Sierra e solo 5,2 %con l’avvento degli Spagnoli si avviò 6% 7,4 % montubios meticci 1,9 % Costa. La popolazione amerinl’avvaloramento della indigeni montubios 0,5 % TIPI DI POPOLAZIONE bianchi indigeni(41% del totale) vive tuttora nella Sierra, mentre TIPI DI POPOLAZIONE dia fonte: sni.gob.ec afroamericani bianchi fonte: sni.gob.ec nella Costa dominano i meticci (42%) e la minoranza mulatti afroamericani 7,3 % altro mulatti bianca (11%) si concentra nelle città. 72 % altro 7,0 % La Costa ha ormai sopravanzato in popolazione la meticci meticci Sierra, mentre spopolato resta l’Oriente (5 ab./km2 montubios montubios in media). indigeni indigeni bianchi bianchi Con oltre 50 ab./km2 in media, l’Ecuador è il paese afroamericani afroamericani più densamente popolato dell’America Meridionale mulatti mulatti altro altro (esclusi gli Stati insulari). La crescita demografica è in lieve rallentamento ma ancora accentuata: la popolazione è passata da circa 3 milioni nel 1950 a circa 6 nel 1970, a 9,7 nel 1990 e a 15,8, secondo stime, nel 2014. Cospicui continuano ad essere i movimenti dalla Sierra verso la Costa e dalle campagne verso le città (la popolazione urbana è il 63%, rispetto al 25% del 1950). Solo Quito (2mln ab.) e Guayaquil (2.5 ab., principale centro economico) hanno rilievo nazionale. Molto forti sono le disparità socioeconomiche tra la componente bianca e le altre e tra gli abitanti delle città e quelli delle campagne; le condizioni dei ceti meno favoriti e della popolazione rurale (soprattutto indios) vanno gradualmente migliorando, in conseguenza anche di un maggiore attivismo organizzativo.
15-64 anni
62,2 %
42 % MASCHI : 49 % FEMMINE 50,9 % 52,7 %: 51 %
14’483’499
62,2 % 7,3 %
64,6 %
58,3 %
64,6 % 72 % 6,5 % anni 7,0 %
65
PRINCIPALI ATTIVITA’ PER APPORTO AL PIL IN MILIONI DI DOLLARI fonte: Banco Central, informe anual 2011
SERVIZI DOMESTICI PESCA DI GAMBERI PESCA (eccetto gamberi) FORNITURA ELETTRICITA’ E ACQUA RAFFINAZIONE PETROLIO SERVIZI RISTORATIVI SERVIZI FINANZIARI POSTE E COMUNICAZIONE AMMINISTRAZIONE PUBBLICA TRASPORTI ATTIVITA’ PROFESSIONALI AGRICOLTURA, CACCIA, SILVICUTURA SERVIZI SOCIALI E SALUTE PETROLIO E CAVE COSTRUZIONI COMMERCIO MANIFATTURE (eccetto raffinerie) 8000
6000
4000
2000
0
PRODUTTIVITÀ38 % 1%
2% 3% dell’Ecuador L’economia era tradizionalmente carat6% terizzata da latifondi e piccolissima proprietà contadina nella Sierra, piantagioni capitalistiche nella Costa e nessuna utilizzazione del versante amazzonico; il pae10 % se dipendeva dalle esportazioni di prodotti tropicali, in maggioranza cacao, caffè e banane. Negli anni 1970 l’entrata in produzione di giacimenti 12 % di idrocarburi28nell’Oriente rese l’Ecuador esportatore % di petrolio, ma non lo mise al riparo dall’andamento incostante dei prezzi, aggravato, per l’agricoltura e la pesca, da congiunture meteo-climatiche negative. Qualche intervento di riforma agraria ha portato a un aumento della produzione agricola. Nonostante la recente espansione del settore manifatturiero, grazie anche a investimenti esteri, l’instabilità politica non ha facilitato l’attivo inserimento del paese nell’economia internazionale, mentre le dure politiche di austerità imposte sul finire del Novecento, con gravi ripercussioni sulla popolazione, e l’adozione del dollaro statunitense
66
PROFESSIONISTI PER CAMPI DI CONOSCENZA fonte: registro de titulosSENESCYT 2012 scienze sociali, educazione commerciale e dirititto educazioni superiori salute e servizi sociali ingegneria, industria e costruzione scienza agricoltura servizi umanistica e arte
COMMERCIO MANIFATTURE (eccetto raffinerie) 8000
6000
3%
2%
4000
1%
38 %
2000
0
PROFESSIONISTI PER CAMPI DI CONOSCENZA fonte: registro de titulosSENESCYT 2012
6% scienze sociali, educazione commerciale e dirititto educazioni superiori salute e servizi sociali
10 %
ingegneria, industria e costruzione scienza
12 % 28 %
agricoltura servizi umanistica e arte
come valuta nazionale hanno frenato la formazione di un mercato interno. Il paese presenta un’economia ancora di tipo ‘coloniale’ ed è carente di infrastrutture e di capitali, pur a fronte di risorse potenziali consistenti. L’area coltivata si è estesa, a scapito della foresta. Tra i prodotti di piantagione spiccano banane, cacao, caffè, canna da zucchero. Nella fascia andina prevalgono le colture alimentari di base (riso, mais, patate, manioca), nonché la coca. L’allevamento può contare su bovini (5 milioni), ovini (1,05) e suini (1,3). Rilevante è la pesca (527.128 t nel 2006), praticata soprattutto intorno alle Galápagos (crostacei). Le foreste forniscono 6,7 milioni di metri cubi di legname. Il settore primario assorbe ormai solo l’8% degli attivi. L’industria manifatturiera annovera raffinazione, petrolchimica e la tradizionale produzione tessile e alimentare. Fortissimo sviluppo ha segnato il terziario, che assorbe oltre il 70% della popolazione attiva. 67
3
68
Latitudine Zero
69
70
71
0° 00’ 00’’
Parque bicentenario ex aeroporto
Rucu Pichincha 4696 m slm
Parque metropolitano Parque la Carolina
Parque Itchimbia
Panecillo
Parque metropolitano Chilibulo
72
’
DIVISIONE IN “PARROQUIAS” DISTRETTO METROPOLITANO DI QUI
PROVINCA DEL PICHINCHA
PARROQUIAS SUBURBANE E PARROQUIAS URBANE
3.1 A 3000 M S.L.M.: QUITO La capitale ecuadoriana si trova a 20 km a sud dell’equatore, in una stretta valle collocata nella regione centrale della Sierra. In questa zona, la cordigliera costituisce una barriera montagnosa che da nord-est a sud-ovest si sviluppa per una larghezza di 100-120 km, con due catene parallele di altitudini comprese tra i 4000 e i 5000 m s.l.m. Quito è una città dominata dall’altezza. L’altitudine sul livello del mare, dell’area urbana consolidata, varia tra i 2800 e i 2850 m. Questa altezza classifica Quito come seconda capitale più alta del mondo dopo La Paz in Bolivia. La città si trova in un piano privilegiato dal paesaggio circondato da vulcani. A Occidente si trova il vulcano Pichincha, punto di riferimento per orientarsi nella città. Da nord si nota la cima del Cotacachi nella cordigliera Occidentale, del Fuya Fuya e Yanarcu; tra queste due alture si trova la cima dell’Imbabura. Verso Oriente il Cayambe, Puntas, Filocorrales, Antisana e il Cotopaxi nella cordigliera Orientale. Verso Sud si notano la cima dell’Atacazo del Corazón, Illinizar e il Chimborazo. Il paesaggio intorno a Quito è caratterizzato da boschi umidi premontani e montani e dalla presenza di coltivazioni ad altezze 73
74
Vulcano Cayambe 5790 mslm
Vulcano Ruco Pichincha 4696 mslm Vulcano Guagua Pichincha 4790 mslm
20 KM
30 KM
40 KM
50 KM
Vulcano Atacazo 4457 mslm
Vulcano Pasochoa 4200 mslm Vulcano Antisana 5758 mslm
Vulcano Corazon 4788 mslm
Vulcano Rumiñahui 4757 mslm
Vulcano Iliniza Sur 5248 mslm
Vulcano Cotopaxi 5897 mslm
sorprendenti. La grande varietà di specie coltivate, fin dal passato, è permessa dalle diverse altitudini su cui si sviluppa la città. Per quanto riguarda la sua morfologia, Quito è cresciuta seguendo la conformazione della catena andina su cui si adagia, infatti la città ha una lunghezza di circa 90 km ed una larghezza compresa tra i 3 e i 5 km, con una pendenza in direzione trasversale del 16%. Si tratta di città orfana di corsi d’acqua: da sempre i Quitegni sfruttano principalmente le acque che discendono dal vulcano Pichincha. Solo nei secoli scorsi il Rio Machangara, posto lungo il margine est della città, era una delle maggiori risorse per l’agricoltura di Quito. Con la comparsa delle industrie durante gli anni del grande sviluppo economico, il fiume è stato denominato “la grande fogna”, classificandolo come uno dei più inquinati della città. La condizione topografica di Quito così definita la rende una città difficile in termini di infrastrutture e servizi. I primi abitanti non presero in considerazione l’altezza come elemento per un’espansione adeguata degli insediamenti umani, essi infatti decisero di vivere a Quito per le sue vaste aree fertili e la indubbia piovosità, le quali favorivano le coltivazioni agricole e la pastorizia. 75
3.2 UNA CITTÀ A
CONTATTO COI RISCHI
SMICI (CAUSE) PERICOLO In materia di rischi Quito è ubicata in una zona di inne- DI SLITTAMENTO gabile attività sismica. LCANICALe fonti che provocano i sismi nella città DEL sono TERRENO principalmente tre: la prima proviene dalla subduzione della placca di Nazca sotto quella Sudamericana, dall’ovest della costa ecuatoriana. Da qui provengono i sismi più violenti. La seconda fonte è di origine continentale e si situa nella placca Sudamericana, principalmente al di UITO sotto della zona andina e subandina. Infine, le faglie situate nell’area urbana PERICOLO DIdi Quito o in prossimità provocano sismi locali: la falda di Guápulo SLITTAMENTO ne è un esempio. DEL TERRENO NE PLACCA Tuttavia i rischi che maggiormente affettano Quito sono di tipo geomorfologico. L’instabilità dei versanti quitegni è causata da fenomeni naturali (frequenti precipitazioni, suolo friabile, sismi) o azioni antropiche ( disboscamento, eccessiva cementificazione,…). BASSO Su approssimativamente il 68% dell’area metropolitana, le condizioni sono particolarmente propizie all’esiPERICOLO stenza di minacceDI geomorfologiche. Si tratta di luoghi cheSLITTAMENTO presentano una serie di caratteristiche sfavorevoli: morfologia con forti pendenze, una natura del terreno DEL TERRENO contraddistinta da depositi vulcanici più o meno solidificati, sistema di drenaggio e erosione del suolo. Proprio ai margini della città troviamo la concentrazione di questi rischi, dove la sicurezza dei residenti ne BASSO MEDIO viene altamente compromessa. 76
PERICOLO DI SLITTAMENTO DEL TERRENO
BASSO
MEDIO
ALTO
RISCHI SISMICI
CAZIONE
100 ettari all’anno
terreno impermeabile
SUBDUZIONE PLACCA DI NAZCA
CAUSE NATURALI
FREQUENTI PRECIPITAZIONI
AUSE ATURALI
UOLO RIABILE
FAGLIE DI QUITO
RISCHI IDROGEOLOGICI
SCHI IDROGEOLOGICI
EQUENTI RECIPITAZIONI
PERICOLO D SLITTAMENT DEL TERREN
ATTIVITA’ VULCANICA
HE
MENTO
(CAUSE)
SUOLO FRIABILE
CAUSE ANTROPICHE
1273 mm all’anno
50% argilla, limo, sabbia
50% argilla, limo, sabbia
ECCESSIVA CEMENTIFICAZIONE
RISCHI SISMICI
CAUSE ANTROPICHE
1273 mm all’anno
DISBOSCAMENTO
DISBOSCAMENTO
ECCESSIVA CEMENTIFICAZIONE
ATTIVITA’ VULCANIC
100 ettari all’anno
terreno impermeabile
FAGLIE DI QUITO
SUBDUZIONE PLAC DI NAZCA
77
il 6 dicembre 1534 Sebastiano Benalcazar fonda la città sopra le rovine della città locale
crescita concentrica
3.3 EREDITÀ SPAZIALE Il sito su cui sorge la capitale dell’Ecuador risale all’epoca preispanica. I primi abitanti della zona furono i Quitu, a cui la città deve il suo nome. Con l’arrivo degli Inca nel 1470, la città acquisì il ruolo di secondo centro politico dell’impero Inca, distante 2000 km dalla capitale, Cuzco. A Quito gli Inca iniziarono la costruzione della città “alla maniera di Cuzco” sfruttando le caratteristiche topografiche del luogo, in grado di facilitarne la difesa: a ovest la barriera del Pichincha e all’interno tre colli, Ullaquayancu, Pilishuaico e Itichimbia. Qui si sarebbe costituito il centro ospitante edifici sacri e residenziali. In pieno processo di consolidamento, l’invasione spagnola troncò sul nascere lo sviluppo. Essi infatti imposero in forma violenta nuovi e totalmente differenti sistemi di relazioni sociali, economiche e culturali. Fu in questo contesto che prese piede il processo di edificazione di Quito da parte dei colonizzatori europei, 78
1822
1534
1470
FONDAZIONE INCA INVASIONE SPAGNOLA
secondo centro politico dell’impero
LIBERAZIONE DALL’IMPERO SPAGNOLO Battaglia di Pichincha
2016
2000
crescita longitudinale
1983
1970
BOOM QUITO PATRIMONIO ECONOMICO DELL’UMANITÀ UNESCO
1978
1940
LA CITTÀ SI DUPLICA
RECUPERO DEL CENTRO STORICO
crescita verso est
che fondò le sue basi nella mancanza di una cultura propria della popolazione locale, che si tradusse nell’architettura coloniale più europea di tutta l’intera America Latina. Tuttavia bisogna ricordare che gli esecutori materiali delle opere furono gli artigiani e gli artisti indigeni e che probabilmente hanno lasciato un segno, seppur anonimo, in queste opere. La città fu fondata il 6 dicembre 1534 dal luogotenente spagnolo Sebastian Benalcazar sopra le rovine della città locale. Il nuovo disegno urbano previde quello del modulo rettangolare dell’isolato, proveniente dalla colonizzazione militare. La città univa un conglomerato urbano a nord, come una zona di consumo, e uno a sud, come zona di produzione, già basando l’organizzazione della città secondo un criterio di segregazione sociale e spaziale. Intorno al 1750 le strade longitudinali si estendevano 79
80
da nord-est a sud-ovest seguendo per quanto possibile il terreno in piano. Le strade trasversali, invece, cominciarono a salire lungo le pendici del Pichincha. E’ in questo periodo che cominciò il processo di consolidamento della struttura urbana, che diede origine ad un tessuto coerente e significativo: gli edifici di particolare valore architettonico si trovavano integrati in una trama omogenea nella quale si coniugavano valori storici, architettonici, di paesaggio urbano e di memoria sociale. Non esisteva una chiara differenziazione delle zone secondo le funzioni, come conseguenza delle disuguaglianze; tutti i settori della città erano multifunzionali, luogo di lavoro e abitazione, caratteristica tipica della città preindustriale. Per quasi quattro secoli, dunque, tracciato urbano e architettura crescono a ritmo lento e concentrico, conservando una struttura compatta. La città ospita il potere politico mentre la popolazione, stratificata socialmente, diminuisce il suo potere economico dal centro verso la periferia. La colonizzazione spagnola si eclissò durante la fine del XVIII secolo, soccombendo alle guerra di indipendenza dei primi anni del XIX secolo. Nelle prime decadi della vita repubblicana, nonostante le prospettive di ottimismo, i proprietari terrieri criollos usufruiscono della vittoria ottenuta capitalizzando il potere per governare a seconda dei propri interessi di classe. 81
3.4 FASE DI CRESCITA E
TRASFORMAZIONE
Nei secoli XIX e agli inizi del XX, le trasformazioni economiche dovute al nuovo governo repubblicano, i cambiamenti strutturali e i movimenti migratori, portarono a cambiamenti qualitativi nel processo urbano. Questo fenomeno si riflette in un cambio radicale che si esprime nella crescita urbana di Quito: la città superò la crescita radiale concentrica per convertirsi in longitudinale con chiare tendenze segregazioniste. La incipiente industrializzazione, la creazione delle ferrovie, l’energia elettrica, hanno creato le condizioni necessarie per la comparsa di una nuova classe sociale: l’operaio urbano che si stabilisce principalmente nel settore sud. Verso la metà del XX secolo la crescita accelera e Quito si estende rompendo le barriere naturali e arrampicandosi sui pendii delle montagne, lasciando all’interno grandi superfici vuote, che ne diminuiscono la densità e permettono la diffusione della speculazione immobiliare, strumento utilizzato per la ripresa economica dopo la crisi degli anni ’20. L’occupazione dei pendii avviene con residenze di tipo popolare. Queste si inseriscono dove il valore del terreno risulta molto basso e la vicinanza al centro urbano rimane relativa, nonostante sussista una notevole difficoltà di insediamento a causa della forma del suolo, di approvvigionamento d’acqua e per i mancati collegamenti dei mezzi di trasporto. All’azione speculativa del suolo urbano e alle lottizzazioni con carattere strettamente commerciale, furono accompagnate le manifestazioni concrete di segregazione socio-economica, impendendo l’ingresso di famiglie a basso reddito nel settore nord. Negli anni ’40 la città rispetto agli anni ’20 si duplica, 82
1971
1983
1987
sempre mantenendo il concetto di segregazione tendente a consolidare la “città giardino” della zona nord e la crescita incontrollata della città in luoghi inaccessibili. Ogni quartiere della città viene inserito in una di tre classi, a seconda del quale si daranno servizi infrastrutturali, sociali e lotti diversi anche in base alle imposte richieste. La decada degli anni ’60 e inizio ’70 si presenta difficile per l’economia ecuadoriana: la caduta del modello agro-esportatore e lo sfruttamento a causa dell’imperialismo nordamericano portano a manifestazioni rivoluzionarie delle masse popolari. 83
L’orientamento verso l’industria della costruzione come uno dei rami più sicuri, danno origine ad un monopolio della costruzione, speculazione della terra e sfruttamento della manodopera. Negli ultimi decenni per effetto dell’era petrolifera e della modernizzazione capitalista, aumentano i rinnovamenti ma con questi anche la ghettizzazione urbana. Tra il 1962 e il 1980 l’area urbana crebbe di 5 volte senza considerare le aree suburbane; la densità globale della città si abbassò incredibilmente, da 213 a 68 abitanti per ettaro. Un grande processo di modernizzazione accompagna la nuova relazione che si instaura tra centro e periferia, dagli anni ’60 e con maggior enfasi dal 1972 con il commercio del petrolio, basata sulla divisione sociale, tecnica e territoriale del lavoro che si esprime in un’incontrollata espansione urbana attraverso corridoi di crescita, lungo vie di comunicazione, verso le valli circostanti, inglobando i villaggi vicini. 84
La città si converte nella capitale petrolifera e nel secondo centro bancario e finanziario del Paese. L’impulso dei processi di rinnovazione e espansione urbana significa oltretutto “gestire il deficit” nell’insieme della città. La situazione risulta questa: non è redditizio imprenditorialmente parlando dotare dei servizi basici tutti i quartieri periferici. Da qua si comprende come questa logica dell’espellere una grossa percentuale di popolazione residente dal centro della città verso i margini esterni del perimetro urbano, sia preferibile per il Municipio di Quito. In questa maniera, negli ultimi 40 anni il centro storico di Quito perse il 41% della popolazione residente. Il 18 settembre del 1978 Quito fu dichiarata primo patrimonio culturale dell’umanità dall’UNESCO, con l’obiettivo di conservare i propri conventi coloniali, le chiese e il centro storico in generale. Il boom economico degli anni ’80 vede la maggiore espansione verso i poli nord e sud e la crescita di una grande area turistica nell’area centro-nord. Nel 1995 si inaugura la prima linea di autobus che collega longitudinalmente la città. Nel 2000 si iniziò il recupero del centro storico e dell’area coloniale, in una situazione di abbandono, che lo hanno portato ad un deterioramento fisico e sociale, tuttora non recuperato. Nonostante le trasformazioni economiche, oggi la città appare ancora nettamente fratturata in due zone, quella nord, l’area produttiva dei grattacieli, dove vive la popolazione più abbiente, e quella sud, principalmente residenziale, dove vive la popolazione più povera. 85
86
3.5 NORD E SUD:
DUE REALTÀ A CONFRONTO
La città risulta spaccata in due parti opposte culturalmente e geograficamente. Il Nord risulta un polo di sviluppo e spazio per la pianificazione, organizzazione, igiene e luogo di élite che contrasta e si contrappone al settore Sud che fin dall’inizio fu pensato come luogo dell’anomia, della mancanza di una pianificazione e della localizzazione di settori per le classi popolari. La situazione attuale della città è il risultato di quella che si può chiamare una segregazione socio-economica, una “razionalizzazione” dello spazio urbano a seconda degli interessi di classe. Già con l’arrivo degli Spagnoli nel XVI secolo, il colonnello Benalcazar aveva identificato il nord come zona di consumo e il sud come zona di produzione, evidenziata dal posizionamento, con le spalle verso il Sud, della statua di una Vergine sulla collina del Panecillo, che divide in due questa città lineare. Nonostante l’inizio della dominazione repubblicana Criolla, nel momento in cui la crescita della città passa 87
zona produttiva/residenziale 16.634 655
centro produttivo 4.488 173
zona residenziale 12.141 1.185
88
quartieri residenziali
LEGENDA Sup. totale settore Sup. slum
ad essere longitudinale, la classe dominante, insieme alle proprie fattorie, si posiziona nella parte nord di Iñaquito e le restanti classi nei quartieri ai margini nel sud o nelle colline circostanti la città. Durante l’inizio del XX secolo la segregazione viene consolidata legalmente dall’emissione di un piano regolatore che vietava l’ingresso alle famiglie a basso reddito nelle residenze della zona nord. Tuttora la diversità di paesaggio urbano che si distingue dalla cima del Panecillo fa notare le forti contraddizioni di Quito: da una parte i grattacieli definiscono lo skyline della metropoli, dall’altro, la vista si perde in una miriade di quartieri popolari dove gli edifici non superano i pochi piani di altezza Difatti anche la maniera di costruire fu un altro elemento per impedire la connessione tra le due parti di Quito. Attraverso ordinanze, le costruzione di quartieri residenziali erano obbligate ad essere distanziate tra i 3 e i 5 metri, mentre nei quartieri popolari si autorizzavano costruzioni adiacenti senza nessuna separazione. La segregazione prevedeva l’allontanarsi dei quartieri popolari da tutti quei terreni che si pianificavano come zone di ricreazione e servizi, strumenti per avanzare un’ulteriore speculazione del terreno. Solo con il piano del 1967 si iniziò a prendere in considerazione i quartieri popolari, dotandoli dei servizi necessari. Durante gli anni ’90 la percezione della disuguaglianza tra nord e sud della città viene attenuata dalla nuova espansione della classe alta verso le valli orientali: i quartieri popolari seguono estendendosi verso Sud e allo stesso tempo verso l’estremo nord di Quito. Ancora oggi il sud di Quito è riconosciuto dalla maggior parte della popolazione come zona insicura, poco attrattiva e dove i servizi spesso sono mancanti. Quito in realtà è due diverse città dentro gli stessi confini. 89
4
90
L’(in)governabilità di Quito
91
92
93
4.1 PIANIFICARE QUITO Nel 1962 Quito conta una popolazione di 335.000 abitanti per un’estensione di 2.252 ha, nel 1990 una popolazione di 1.410.000 per un’area urbana superiore ai 19.000 ha, per arrivare ad oggi dove gli abitanti sono 2.239.191 per una città di 29 000 ha. Queste cifre rilevano un cambio, non solo di ordine quantitativo ma sottolineano la trasformazione di una città qualitativamente distinta collocata nel medesimo contesto urbano. L’autorità cerca di far fronte a questo processo attraverso la formulazione di strumenti legali di controllo; tuttavia la velocità di sviluppo li rende obsoleti nel momento stesso della loro attuazione. Costruita a partire dalle direttive della Ley de Indias e dalle ordinanze spagnole che determinano le disposizioni per larghezze, orientamenti e ubicazioni, Quito si conforma al modello comune delle città di fondazione spagnola dell’America Latina e adotta come forma organizzativa quella quadrangolare a elementi uguali, dove gli spazi lasciati vuoti costituiscono le piazze principali. Senza grandi modifiche al principio organizzativo, tale struttura urbana si mantiene fino alla fine del XIX secolo conformando l’area matrice della città. Nei primi trent’anni del XX secolo, l’integrazione 94
regionale della città dovuta all’implementazione della linea ferroviaria Quito-Riobamba-Durán e la crisi del modello di agro-esportazione del paese, danno inizio a significativi flussi di popolazione agrario-campesina verso la capitale, situazione che influisce significativamente sulla struttura urbana della città causando un’ alta densificazione, affollamento, peggioramento delle condizioni di vita che ridefiniscono al contempo lo spazio omogeneo della città matrice e danno avvio al primo processo di rinnovamento urbano dell’attuale centro storico conformando l’espansione della città. Questo genera una crisi tanto urbana quanto ambientale la quale induce un’ingente crescita speculativa che oltrepassa le barriere naturali della città: a sud, l’espansione si spinge oltre il Panecillo; a nord, oltre l’Alameda. L’andamento prevalentemente longitudinale di questo sviluppo caratterizza tutt’ora le dinamiche di accrescimento della città. La preoccupazione per questo tipo di crescita strettamente correlata all’azione speculativa, spinge la Municipalità, già dagli anni Trenta, a ripensare l’organizzazione spaziale della città. Il primo piano regolatore di Quito viene quindi elaborato e approvato tra il 1942 e il 1945. 95
IL PRIMO PIANO REGOLATORE DI QUITO: PLAN JONES ODRIOZOLA 19421944 Tale piano rappresenta il primo tentativo di riordinare e progettare la città da un punto di vista urbanistico, riconoscendo la necessità di superare l’improvvisazione e la mancanza di controllo del rapido sviluppo urbano. Tra i punti di maggior rilevanza di questo piano troviamo la definizione del futuro spazio urbano di espansione che costituisce il supporto per una popolazione che si prevede aumenterà da 200.000 fino a 700.000 abitanti. Viene delineata la divisione della città in quattro zone: quella produttiva a sud, la zona mista nella città vecchia e nella zona centrale tra la Alameda e El Elejido, la zona residenziale a nord. Infine si propone la creazione di un nuovo centro amministrativo e di un sistema di poli funzionali religiosi, commerciali, amministrativi, universitari e sportivi relazionati tra loro grazie a grandi arterie viali. La divisione funzionale della città a partire dalle tre attività fondamentali-abitazione, lavoro e svago- corrisponde ad una configurazione sociale e spaziale della città segregazionista: a sud la classe operaia, nella zona centrale la classe media, nella zona nord la fetta più ricca della popolazione.La formulazione di questo piano, se da un lato introduce nel panorama della pianificazione ecuadoriana nozioni importanti quali quelle di assi principali, zonizzazione, creazione di centri nodali, incorporazione della trama verde, zone specializzate di crescita e strutturazione della città, dall’altro porta avanti politiche di emarginazione e separazione sociale che vanno a strutturare la capitale con significative ripercussioni sull’organizzazione cittadina. La rigidezza nella formulazione del piano Jones non risulta in grado di captare le forze sociali in atto nelle dinamiche di espansione della città, diventando obsoleto ancor prima della sua effettiva attuazione. 96
1 1
8
1
1 10 1 9 2
5
8
3
4
1 7
6
Barrio obrero
Estructura de centros
Vivienda media
1. centro del distrito 2. centro histĂłrico 3. centro ciudad 4. centro religioso 5. centro transporte 6. centro legislativo 7. centro cĂvico 8. centro deportivo 9. zona hospitalaria 10. zona universitaria
Vivienda alta Barrio jardĂn
1
Parques Escuelas Centro barrio
97
UNA PROPOSTA NORMATIVA: PLAN GENERAL URBANO DE QUITO 1967 Nella decade degli anni Sessanta, cominciano a guadagnare terreno le teorie riguardanti la redistribuzione sociale dei beni primari e dei servizi, facendo registrare un’inversione nelle politiche precedenti, con maggior attenzione alle classi sociali più deboli. La pianificazione appare come la soluzione al problema urbano. La mancanza di controllo e l’assenza di una legislazione adeguata e la nascita spontanea di nuovi insediamenti, incentivano la Municipalità a istituire nuovi organismi specifici cui affidare la pianificazione e il controllo dello sviluppo della città. Nel 1967 attraverso l’ordinanza 1165, si approva il Piano Generale Urbano di Quito. Tale piano si basa su uno studio dell’occupazione del territorio che va a definire le linee guida per l’utilizzo del suolo e l’incremento delle edificazioni, determinando la distribuzione della popolazione e la struttura delle destinazioni d’uso prevalenti. Si definiscono le localizzazioni dei servizi principali a partire dalla proposta di un’organizzazione policentrica, distinguendo tre tipologie: equipamiento urbano, de vecindad, e de barrio (servizi per l’intera città, di vicinato e di quartiere) che fanno riferimento a tre differenti scale di intervento. Viene approfondito il sistema principale di comunicazione nord-sud, viste le tendenze di accrescimento longitudinale che sta assumendo la capitale, attraverso la pianificazione di tunnel che diano continuità al tracciato e agli assi tangenziali, garantendo l’attraversamento rapido della città. Globalmente, il Piano risulta basato su una analisi regionale molto debole ed insufficiente all’elaborazione di uno scenario realistico, oltre a mancare di una visione globale e di un’idea direttrice chiara. Nonostante ciò introduce elementi importanti quali l’integrazione del concetto di densità urbana come elemento di proget98
tazione, la distribuzione dei servizi in rapporto all’effettiva popolazione, la costruzione di centri specializzati, gerarchizzati e differenziati distribuiti nel territorio. Tuttavia manca di un adeguata strumentazione e dei finanziamenti necessari alla realizzazione di un visione più approfondita legata alle dinamiche socio-economiche che si vanno prefigurando.
IL PIANO DELL’AREA METROPOLITANA DI QUITO DEL 1973 Il contesto in cui viene formulato questo Piano è quello di una rapida intensificazione del processo migratorio che genera una crescita esplosiva della popolazione, con conseguente aumento delle complessità delle funzioni di Quito come centro burocratico, industriale, commerciale e dei servizi. Hanno inizio i processi di sviluppo dei centri urbani nelle valli di Los Chillos e del Rumiñahui, la situazione economica risente di alte percentuali di precariato e disoccupazione come conseguenze degli squilibri sociali e della mancanza di una risposta adeguata dell’amministrazione nella gestione delle dinamiche socioeconomiche. Nonostante ciò, ha inizio in questa decade lo sfruttamento delle risorse petrolifere con conseguente arricchimento delle casse dello stato. La pianificazione appare ora l’unica via possibile per risolvere e controllare le “patologie” urbane, secondo una visione tecnocratica della pratica urbanistica. La questione urbana si converte in un problema nazionale con aspetti di alta conflittualità che vanno al di là dell’ambito locale tradizionale con una presa di posizione del potere centrale volta al controllo dell’ambiente sociale urbano. Lo studio “Quito y su Àrea Metropolitana, Plan Director 1973-1993” concluso nel 1973 a partire da un’analisi documentata di variabili d’uso, andamento demografico, attività socioeconomiche, distribuzione dei servizi, definisce 99
una delimitazione dell’area metropolitana, la quale implica la prima concettualizzazione regionale della città stessa. La formulazione di questa proposta include quattro piani di sviluppo-speciale, sociale, istituzionale e economico-e si articola in diversi punti chiave: a pianificazione del centro storico inteso come centro specializzato da un punto di vista amministrativo e politico e come centro di attrazione turistica; l’organizzazione della città in cinque distretti dotati di servizi gerarchizzati collegati attraverso una struttura viaria che stabilisce vincoli funzionali conformando un anello periferico attorno al nucleo centrale; la definizione di limiti urbani controllati che permettano la conservazione dei terreni agricoli preservando al contempo i valori ambientali attraverso la progettazione di una cintura verde.
IL PIANO MICROREGIONALE DEL 1981, ESQUEMA DIRECTOR Nella decade degli anni Ottanta, la città affronta problemi dovuti all’aumento della popolazione concentrata in area urbana, alle difficoltà nella gestione dei rapporti di dipendenza tra la periferia e il centro, al deterioramento dell’intorno ambientale e al deficit di attrezzature e servizi. Siamo di fronte a una forte crisi economica che riguarda tutto il paese, in un contesto generale di liberalizzazione dell’economia. Il piano di Quito viene quindi concepito come strumento di ordinamento urbanistico e giuridico orientato a controllare, normare e razionalizzare lo sviluppo fisico e spaziale della città e delle sue micro-regioni in forma unitaria; in questo senso il piano analizza le alternative di sviluppo fisico enunciate nel 1973 e stabilisce una nuova struttura funzionale per la città e le sue regioni ridefinendo i limiti di intervento precedenti. Viene così proposta una riorganizzazione e integrazione degli 100
agglomerati urbani e periferici attraverso la suddivisione in 11 distretti con l’intento di decongestionare le pratiche amministrative di gestione di un territorio così vasto. Il suolo viene classificato con criteri di gerarchizzazione più specifici, suddividendolo in suolo urbanizzato, aree di espansione, aree di protezione ecologica e così via, secondo una concezione di città come sistema articolato di ambiti che comprende le valli circostanti e tenta di regolarne la futura espansione. Il concetto di area di protezione storica è ampliato e consolidato, viene realizzato un pre-invetario dei beni da tutelare e una delimitazione delle aree di interesse patrimoniale dentro e fuori il centro storico. Tuttavia le limitazioni proprie delle istituzioni municipali, orientate a pratiche clientelari non permettono l’attuazione di proposte efficaci secondo le fasi previste dal piano stesso, sebbene vengano formulati un Plan de Ocupación del Suelo (POS) e un Código de Arcquitectura y Urbanismo come strumenti normativi di controllo edilizio.
STRUTTURAZIONE DEL DMQ: PLAN DE ESTRUCTURA ESPACIAL METROPOLITANAY PLAN MAESTRO DEL CENTRO HISÓRICO, 1993 Agli inizi degli anni Novanta la città si trova in un contesto di crisi urbana evidenziata principalmente dalla crescita espansiva e disorganizzata in direzione delle valli circostanti, dovuta alla mancata attuazione della legislazione, alla scarsa chiarezza ed inefficienza della stessa, alle pratiche clientelari sempre più diffuse. Il centro storico è vittima di un deterioramento generalizzato a causa di processi di tugurizzazione e allo spostamento di alcune funzioni urbane. Contro il tentativo di centralizzazione del Governo, viene rivendicata in questi anni la tesi di Quito come distretto me101
tropolitano, con la pretesa di concretizzare l’enunciato della Costitución de la República che definisce Quito capital de la República y distrito metropolitano e cerca di dar vita ad una nuova forma di organizzazione territoriale, affinché sia la Municipalità a riprendere il controllo e la direzione della crescita urbana con una coordinazione ampia e flessibile con gli altri Municipi, lo Stato, le organizzazioni sociali e il settore privato. La proposta di legge di costituzione del Distretto Metropolitano viene presentata dalla Municipalità al congresso nazionale del 1990 e si basa su tre principi generali: democratizzazione, decentralizzazione e partecipazione. Il Plan de Estructura Espacial Metropolitano viene approvato nel Dicembre del 1993 e delinea nuove proposte per: ordinare integralmente la struttura funzionale e urbana e permettere lo sviluppo di una nuova zonizzazione coerente con la reale domanda; creare un nuovo assetto policentrico che permetta la distribuzione delle funzioni dello spazio centrale nelle regioni; razionalizzare la configurazione del sistema viario urbano dando gerarchia e funzionalità alle vie di comunicazione, implementando al contempo il trasporto pubblico; potenziare e definire nello specifico le entità sociali urbane, -barrio, comunas e parroquias- fondamento della struttura della città. I principali progetti avviati a partire dalla concezione metropolitana e dal Plan de Estructura Espacial si relazionano con la formulazione del Plan Maestro del Centro Histórico. La crisi del nucleo storico segna l’inizio di una nuova relazione tra il centro e la periferia, convertendo il centro storico in un centro popolare simbolo di un potere religioso e politico in decadenza. Come risposta a tale situazione, le politiche municipali 102
vanno verso il potenziamento delle qualità dell’area dato il valore storico, artistico, architettonico e vista la dichiarazione di Quito come patrimonio culturale dell’umanità da parte dell’UNESCO già nel 1978. Viene fondato nel 1988 il FONSAL (Fondo de Salvamento del Patrimonio Cultural) che contribuisce a strutturare il Piano Maestro, ampliando il criterio di riabilitazione a una pianificazione integrale che supera il concetto del monumento come singolarità degna di tutela, a favore del suo contesto, con attenzione alle dinamiche sociali ed economiche che influiscono su questi spazi. Tale Piano contempla quattro ambiti principali di proposta: miglioramento della struttura urbana; riqualificazione architettonica; sviluppo dell’economia e dell’impiego; promozione del turismo. Si definiscono le azioni relazionate alla classificazione del suolo edificabile, la definizione delle destinazioni d’uso, l’organizzazione della circolazione veicolare e pedonale, il miglioramento dello spazio pubblico. Viene promossa la creazione di imprese municipali o miste per il recupero delle abitazioni e l’acquisizione degli edifici per una possibile riabilitazione. Viene promosso il turismo e l’impiego attraverso la regolamentazione del lavoro degli artigiani locali, il loro finanziamento e il controllo delle attività commerciali. Alcune di queste azioni si realizzarono grazie all’ Empresa del Centro Histórico (ECH) che conta sul sostegno finanziario dell’Agenzia Spagnola di Cooperazione Internazionale. In questo modo, la formulazione e il finanziamento favoriscono l’inizio di un processo di riorganizzazione del centro storico, che guadagna importanza a livello mondiale e crea nella società locale un sentimento di appartenenza a partire dai valori storici e culturali. 103
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SVILUPPO LOCALE E PIANIFICAZIONE STRATEGICA: PLAN GENERAL DE DESAROLLO TERRITORIAL, 2000-2020 Agli inizi del nuovo secolo, la Municipalità di Quito intraprende alcune azioni innovative orientate a sostituire il ruolo tradizionale del Municipio, da amministratore dei servizi a promotore dello sviluppo locale. In questa prospettiva, le azioni di decentralizzazione, partecipazione cittadina, pianificazione strategica, cooperazione pubblico-privata, diventano le linee direttrici che sostengono l’adeguamento istituzionale del MDMQ. La formulazione del Piano Generale di Sviluppo Territoriale parte dagli enunciati metodologici della pianificazione strategica urbana e identifica i problemi e le potenzialità della struttura territoriale metropolitana per definire, da una posizione tecnico-sociale e con una visione strategica di sviluppo, le linee guida nella gestione del territorio con un orizzonte temporale di 20 anni. Tale Piano rappresenta uno strumento di pianificazione attraverso il quale si cerca di ordinare e regolare l’utilizzo del suolo, definire le politiche di sviluppo e crescita urbana adeguando il territorio per una produttività competitiva, uno sviluppo sostenibile e un sistema di controllo democratico. Lo scenario sul quale viene sviluppato prefigura una popolazione che nel 2020 supererà i 3.000.000 di abitanti. Il Piano prevede: la dotazione di nuovi servizi distribuiti su tutto il territorio, adeguatamente connessi al resto della città e agevolmente accessibili; un sistema moderno e efficiente di mobilità che preveda un implemento del servizio pubblico ed una sua regolamentazione, articolando le diverse centralità; attenzione alla qualità ambientale e alle risorse idriche, promuovendo l’utilizzo di fonti rinnovabili. Questo linee di sviluppo cercano di ridefinire il modello di crescita suburbana dispersa verso la riconcentrazione urbana alla ricerca 106
di una razionalità economica, sostenibilità ambientale, recupero della vita urbana e governabilità efficiente. Tra gli interventi prioritari si trova quindi la riprogrammazione della classificazione del suolo edificabile e non, la ristrutturazione dell’area centrale di Quito, il potenziamento del centro storico, la salvaguardia degli spazi verdi. Alla scala del complesso del Distretto, la struttura territoriale si articola in un sistema a maglia di centralità collegate da una rete di infrastrutture, il cui nucleo è rappresentato dalla città di Quito. Per la razionalizzazione dello sviluppo urbano vengono previsti sistemi di servizi e infrastrutture equilibrate nei vari centri. Lo spazio pubblico viene inteso come un sistema urbano strutturante che relazioni, integri ed articoli i differenti settori al fine di definire spazi gerarchizzati e di rendere vivibile lo spazio nella quotidianità.
PIANO STRATEGICO EQUINOCCIO 21 Nel 2003 l’amministrazione municipale decide di implementare il Piano strategico della città e dà inizio ad un processo di consulta e discussione cittadina al quale partecipano vari settori della società civile: camere di produzione, mezzi di comunicazione, studenti universitari, figure professionali, comitati di quartiere, comunità scientifica e finanziaria. Vengono discussi i quattro ambiti principali, quello economico, politico, sociale e territoriale. A partire dalla sua approvazione avvenuta nel 2004, si provvede alla riorganizzazione della struttura della Municipalità e si definiscono le fasi dell’attuazione del programma. Viene modificato l’organico funzionale e la struttura della commissione del Consiglio. Ora la supervisione del Piano avviene attraverso un’istanza cittadina, il Consejo del Plan Estratégico, e di una amministrativa, la Secretaría Técnica del Plan. 107
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4.2 degrado e informa-
lità, los barrios illegales Il termine “informalità” ha assunto nel tempo caratteristiche, definizioni e interpretazioni diverse, in quanto coinvolge ambiti differenti e complessi: “viene utilizzato non solo per descrivere e teorizzare l’aspetto spaziale della città, ma anche la sua organizzazione culturale, economica, sociale e politica” (Hernàndez, 2010). L’informalità è spesso associata a modalità e fenomeni che si verificano al di fuori di processi formali o degli ambiti pianificati e regolati. Si tratta di una serie molto ampia di situazioni, come processi di occupazione spontanea del territorio, assenza di titoli di proprietà, autocostruzione di alloggi, abitazioni illegali in contesti di rapida urbanizzazione. 109
LOS BARRIOS ILLEGALES A QUITO L’apparizione e la proliferazione degli insediamenti informali a Quito va ricercata nell’accelerata crescita urbana dovuta ai fenomeni di migrazione campo-ciudad iniziati negli anni Settanta e alla scarsa attenzione, prestata dal governo locale, alle dinamiche spaziali di occupazione del terreno che generano una crescita disordinata della città. La stessa pianificazione urbana contribuisce a produrre forme sempre più marcate di disuguaglianza nell’accesso e uso del suolo, dei servizi, dei beni di prima necessità. L’informalità rappresenta non un oggetto da regolamentare da parte dello stato, ma un prodotto dello stato stesso e le pratiche di pianificazione non sono separate da quelle informali, ma costituiscono parte integrante di un unico sistema di relazioni. Quito può essere considerata la città con più storia della pianificazione dell’Ecuador (Carrión e Vallejo, 1994), tuttavia le politiche di espansione della città non sono state in grado di seguire il ritmo di crescita reale della metropoli. Questo porta con sé una serie di conseguenze, quali: conflitti per l’uso del suolo, occupazioni illegali e spontanee di aree non regolamentate, mancanza di copertura dei servizi di base, frammentazione del paesaggio. Si tratta di un modello prodotto di una mancanza di visione complessiva, concentrato esclusivamente sul controllo della città “legale”, senza stabilire dei meccanismi di intervento nelle zone periferiche. La terminologia comunemente utilizzata in Ecuador per definire questi quartieri informali è: barrios periféricos, barrios clandestinos, invasiones, conventillos e barrios rurales. I metodi di studio e classificazione di questi agglomerati sono strettamente correlati alla definizione di povertà come combinazione di diversi fattori, non solo a livello di mancanze materiali, ma anche di bisogni immateriali. La distribuzione territoriale della povertà a Quito 110
SETTORE SUP. TOTALE SUP. SLUMS % SUP. SLUM min : 4.488 ha max: 16.634 ha
min : 173 ha max: 1.185 ha
in rapporto alla superficie totale
16.634
655
4,1%
4.488
173
3,9%
12.141
1.185
9,8%
NORD
CENTRO
SUD
111
Gli INSEDIAMENTI LOCALIZZATI IN ZONE RURALI si trovano al di fuori dell’area urbana, dove mancano le infrastrutture necessarie e i servizi basilari.
Gli INSEDIAMENTI LOCALIZZATI ALL’INTERNO DELL’AREA URBANA sono principalemnte lotti che non rispettano la zonizzazione stabilita dai piani regolatori.
NECESSITÀ BASICHE INSODDISFATTE NEL DMQ (fonte: INEC 2013) 20 %
% popolazione urbana del DMQ Gli INSEDIAMENTI LOCALIZZATI AI MARGINI DELL’AREA URBANA si trovano principalmente in aree non edificabili e soggette ad alti rischi idrogeologici.
112
41 % % popolazione disperso urbano del DMQ
30 % % popolazione suburbano ruruale del DMQ
può essere facilmente spiegata attraverso la struttura dei prezzi del suolo in quanto il mercato si converte in un elemento segregativo che isola i poveri verso gli estremi della città, dove i prezzi sono più bassi i rischi più elevati ed il controllo da parte dell’autorità è più difficile. Tenendo conto di questi elementi, nel 2008 in DMPT (Dirección Metropolitana de Planificación Territorial) ha disegnato la mappa dei quartieri informali presenti nel DMQ. L’elemento chiave nella definizione di un insediamento informale rimane la questione dell’accesso illegale al suolo urbano. La forma più comune di appropriazione irregolare riguarda i terreni lottizzati senza rispettare la zonizzazione stabilita dal DMQ e senza prevedere le opere di infrastrutturazione necessarie. Esistono due diversi meccanismi di accesso alla terreno. Il primo è rappresentato dalle “invasiones”, si tratta di occupazioni abusive del suolo appartenente ad altri proprietari. Il secondo riguarda la vendita attraverso intermediari. Sono considerati intermediari coloro che “permettono a gruppi popolari o senza fissa dimora di accedere, valorizzare, comprare e/o legalizzare la terra e/o l’abitazione” (Rojas, 1989). Nel caso del DMQ, si identificano diversi tipi di intermediari. Vi sono varie compagnie immobiliari non legalmente registrate, le quali si dedicano alla vendita di terreni localizzati al di fuori del limite urbano o in zone di rischio, i cosiddetti traficantes de tierra. Allo stesso modo, i lottizzatori, che generalmente sono i proprietari, vendono e rivendono tali terreni privi di infrastrutture e servizi di base a prezzi “modici” e con “facilità di pagamento”. In alcuni casi inoltre, i mediatori che hanno gestito la vendita e l’occupazione del terreno si convertono in “leader di quartiere”. In un primo momento, il loro obiettivo è di natura economica in quanto sono alla ricerca di acquirenti, tuttavia, come dirigenti, il loro interesse è più di natura politica e il loro scopo è di rendersi intermediari tra le istituzioni 113
114
Insediamenti informali in AREE RURALI Insediamenti informali in AREE URBANE Insediamenti informali ai MARGINI urbani
politiche e gli abitanti del quartiere creando una rete clientelare per ottenere l’accesso ai servizi di base. In generale nel DMQ si possono riconoscere tre tipi di insediamenti informali: quelli localizzati nelle zone rurali al di fuori del limite urbano, dove mancano infrastrutture e servizi; quelli localizzati all’interno dell’area urbana, in edifici fatiscenti del centro storico o in lotti occupati abusivamente; e infine, gli insediamenti informali localizzati ai margini dell’area urbana, che sono la maggioranza, e presentano problemi legati principalmente alla natura del terreno. La crescita del prezzo del suolo nella città consolidata porta all’espansione dell’abitato verso la periferia, alla ricerca di lotti più economici. Gli insediamenti più recenti si trovano in aree periferiche caratterizzate da una topografia irregolare (come laderas e quebradas) dove si sono sviluppate abitazioni fatiscenti, capanne, tuguri o piccole case costruite con materiali di recupero. Si tratta di territori dove mancano i servizi di base, come l’acqua potabile, sistemi di raccolta dei rifiuti e le fognature. I rischi idrogeologici sono più elevati proprio nelle aree marginali che circondano la città e la cementificazione, unita al diboscamento peggiorano la situazione. Nel 2010, il programma del Unidad Regula tu Barrio ha identificato un’alta percentuale di insediamenti irregolari situati al di fuori dei limiti stabiliti, in zone vulnerabili, di protezione ecologica o non edificabili a causa dell’alto rischio di slittamento del terreno o di esondazione. La mancanza di norme attualizzate sulla costruzione, lo scarso controllo sull’edificato, i complessi processi legati al rilascio delle licenze, le mancate verifiche sulla qualità dei materiali e sui metodi utilizzati, portano alla crescita accelerata dell’autocostruzione incontrollata e appunto informale. Secondo l’ultimo Censo Nacional de Población y Vivienda (INEC, 2012), sebbene sia difficile quantificarlo con certezza, più del 40% delle costruzioni del DMQ sono informali. 115
LE POLITICHE ABITATIVE IN ECUADOR Già a partire dagli anni Settanta, Henri Lefebvre parla diritto al città come l’insieme degli elementi indispensabili per garantire il pieno godimento dei diritti collettivi. Si tratta di un diritto che non esprime semplicemente la rivendicazione di bisogni essenziali. Si configura piuttosto come una qualità specifica dell’urbano, che comprende l’accesso alle risorse della città e la possibilità di sperimentare una vita urbana alternativa. “Il diritto alla città si presenta come forma superiore dei diritti, come diritto alla libertà, all’individualizzazione nella socializzazione, all’habitat e all’abitare. Il diritto all’opera (all’attività partecipante) e il diritto alla fruizione (ben diverso dal diritto alla proprietà) sono impliciti nel diritto alla città” (Lefebvre, 1976). Nel Settembre del 2008, il popolo ecuadoriano approva una nuova costituzione che definisce come sistema di sviluppo il “Buen Vivir”. Si tratta di una nuova prospettiva critica nei confronti della concezione tradizionale di sviluppo, puntando verso un’alternativa che permetta di ripensare le relazioni sociali, culturali, economiche e ambientali andando al di là del confronto con i paesi considerati sviluppati. “El buen vivir requerirá que las personas, comunidades, pueblos y nacionalidades gocen efectivamente de sus derechos, y ejerzan responsabilidades en el marco de la intercurturalidad, del respecto a sus diversidades, y dela convivencia armónica con la naturaleza “. (Costituzione dell’Ecuador, 2008) Con l’obbiettivo di concretizzare i principi del “buon vivere” attraverso politiche, leggi, programmi e istituzioni viene elaborato il Plan Nacional para el Buen Vivir 2009-2013. In termini di politiche abitative questo programma si traduce nel riconoscimento di un diritto 116
POVERTÀ CRONICA
16,9%
POVERTÀ STRUTTURALE
14%
POVERTÀ RECENTE
26,6%
NON POVERI
43%
POVERTÀ CRONICA: coloro che non hanno la disponibilità economica sufficiente ad un livello minimo di consumo e non soddisfano le loro necessità basiche. POVERTÀ STRUTTURALE: coloro che hanno una diponibilità economica sufficiente all’accesso ai servizi di base ma che non riescono a migliorare le loro condizioni di vita. POVERTÀ RECENTE: coloro che riescono a soddisfare le necessità basiche ma hanno una disponibilità economica inferiore alla soglia di povertà. (Fonte: SHCV Quito 2013)
individuale come quello all’abitazione e di un diritto collettivo come quello alla cittadinanza. Con l’appoggio della Banca Internazionale si implementa il Sistema de Incentivos para la Vivienda (SIV). Viene istituito il Ministero de Desarollo Urbano y Vivienda (MIDUVI) che assorbe le funzioni di diversi organi come la Junta Nacional de la Vivienda, l’Instituto Ecuatoriano de Obras Sanitarias e la Dirección Nacional de Avalúos y Catastros, cercando di concentrare tutti gli sforzi riguardanti lo sviluppo urbano e le abitazioni sotto una sola direzione. Il SIV prevede un sussidio non rimborsabile, unico e diretto per l’acquisizione, la costruzione o il miglioramento delle abitazioni a livello urbano, sub-urbano e rurale. Questo sussidio è rivolto a famiglie con medio o basso reddito per una sola volta e si articola assieme al sistema di credito e ai risparmi dei singoli per completare il finanziamento necessario alla costruzione o al miglioramento dell’abitazione. Sebbene queste politiche abbiano avuto un impatto positivo in quanto a deficit quantitativo di abitazioni per la fasce più povere della popolazione, rimangono ad oggi insufficienti dal punto di vista qualitativo. I programmi del MIDUVI sono legati al pagamento o all’assegnazione di un bonus senza prevedere né strategie o programmi che vincolino la costruzione delle abitazioni allo sviluppo urbano né un reale apporto al raggiungimento di ciò che implica il diritto alla città. La legalizzazione delle abitazioni informali e la messa in sicurezza del singolo edificio rimangono così episodi isolati, che non conducono a un reale miglioramento delle condizioni di vita della comunità, rimanendo al di fuori di una visone di insieme. 117
4.3 UNA COMUNICAZIONE
CONGESTIONATA
Se nell’ultimo secolo la crescita della città di Quito ha seguito una direttrice longitudinale ben definita lungo lasse nord-sud, come una sorta di lunghissima “città lineare”, attualmente tale configurazione è stata rimpiazzata da una struttura metropolitana che si proietta verso le valli circostanti (Carrión, 2009). I problemi legati alla mobilità che riguardano oggi la città di Quito sono dovuti a questo modello di strutturazione e occupazione del territorio che si caratterizza per una dispersione orizzontale dell’edificato. Le aree urbanizzate si distribuiscono in suoli spesso non adatti a questi usi come i pendii del vulcano Pichincha e dell’Atacazo ad occidente, o le valli di Los Chillos e Tumbaco ad oriente, entrambe antiche zone agricole che circondavano l’area urbana. Questo fenomeno di espansione è associato alla perdita di densità residenziale nella aree più consolidate della città e alla distribuzione non equa delle attrezzature e dei servizi urbani. I servizi rimangono concentrati nell’area centro-nord della capitale, come nel caso dei servizi di salute dove più del 77% delle attrezzature, tra pubbliche e private, si localizzano proprio in questa zona. Questo vale anche per le principali industrie la cui distribuzione fa sì che il centro geografico della città coincida con il baricentro produttivo. Il raggruppamento di servizi ed attività rapportato al modello di sviluppo della città genera un aumento degli spostamenti giornalieri dalle aree residenziali verso quelle produttive. 118
MUOVERSI MUOVERSIIN INCITTÀ: CITTÀ:COME COMESISISPOSTANO SPOSTANOI IQUITEÑI QUITEÑI MUOVERSI IN CITTÀ: COME SPOSTANO I QUITEÑI (fonte: (fonte: Plan PlanMetropolitano Metropolitano dedeDesarollo DesarolloSI 2012-2020) 2012-2020) (fonte: Plan Metropolitano de Desarollo 2012-2020)
52% 52%
7% 7%
AUTOMOBILE AUTOMOBILE
AUTOBUS AUTOBUS SCOLASTICI SCOLASTICI
20,75% 20,75%
9% 9%
AUTOBUS AUTOBUS URBANI URBANI
AAPIEDI PIEDI
11% 11%
0,25% 0,25%
TAXI TAXI
BICICLETTA BICICLETTA
119
120
Inoltre il sistema di trasporto pubblico risulta insufficiente e non soddisfa la reale domanda: le linee principali seguono tracciati longitudinali, a discapito delle connessioni trasversali verso i margini e verso le valli. I quartieri residenziali risultano in questo modo sconnessi alla rete primaria che conduce al centro città e l’unica alternativa consiste nello spostarsi con un mezzo proprio. Con la dollarizzazione dell’economia, avvenuta all’inizio del XXI secolo, aumenta la vendita delle automobili, raggiungendo picchi di gran lunga superiori alla media nazionale. Viene così in breve tempo superata la reale capacità della rete viaria in termini di flussi giornalieri e le limitazioni topografiche e morfologiche della città rendono difficili gli interventi di dotazione delle infrastrutture e aumentano i costi. Secondo le proiezioni ufficiali (MDMQ, 2009) se il trend di aumento del parco veicolare e le condizioni che regolano le operazioni di mobilità si mantengo121
no tali, la rete viaria principale raggiungerà nel 2025 situazioni di saturazione elevate. In altri termini si genereranno percentuali allarmanti di flussi veicolari con stazionamenti prolungati, congestione e bassissima velocità di circolazione nelle arterie principali. L’incremento della motorizzazione porta con sé altri effetti negativi a livello di qualità della vita per la popolazione di Quito. Da un lato il cattivo utilizzo dello spazio pubblico ha convertito il centro in un immenso parcheggio, a discapito del trasporto pubblico e violando gli spazi del pedone; dall’altro sono peggiorati i dati relativi alla contaminazione dell’aria ed i rischi a livello ambientale. I quartieri che risentono maggiormente di questa situazione restano quelli marginali, soprattutto nell’area est della città, essendo il tramite tra le valli residenziali e il centro. La congestione nelle ore di punta raggiunge livelli tali da impedire gli spostamenti, tanto veicolari quanto pedonali, aggravando la situazione ambientale e limitando la fruizione dello spazio pubblico. 122
Ogni giorno migliaia di persone si muovono dai quartieri residenziali situati nelle valli, nelle zone nord e sud della cittĂ verso il centro produttivo.
quartieri residenziali - nord
quartieri residenziali - valli
centro produttivo
quartieri residenziali - sud
LA CONGESTIONE DELLA RETE VIARIA PRINCIPALE 2005
2010
2015
25%
38%
58%
Percentuale di vie principali congestionate nelle ore di punta (fonte: Plan Metropolitano de Desarollo 2012-2020)
123
4.4 espacios publicos, i
luoghi della socialità
La città può essere considerata una grande rappresentazione della condizione umana. E l’architettura incarna “non solo il luogo della condizione umana, ma una parte stessa di questa condizione; che si rappresenta nella città e nei suoi monumenti, nei quartieri, nelle residenze, in tutti i fatti urbani che emergono dallo spazio abitato” (Rossi, 1966). Alla luce di queste considerazioni, i vuoti che strutturano lo spazio urbano e, a maggior ragione, gli spazi pubblici diventano portatori di significato in quanto nuclei emblematici di una cultura e delle sue forme e manifestazioni. Lo studio e l’analisi dei principali spazi pubblici di Quito è finalizzata alla comprensione delle dinamiche di aggregazione e di fruizione dello spazio della socialità di una realtà diversa da quella europea. 124
125
LA PIAZZA La piazza rappresenta lo spazio pubblico per eccellenza: oltre ad essere stato nella storia uno spazio di rappresentanza religiosa, civica, economica essa costituisce il luogo in cui si svolge la vita pubblica, di rappresentanza da un lato, e teatro di eventi dall’altro. A Quito si riconoscono diverse tipologie di “piazza”, da quelle monumentali, frutto dell’idea di città coloniale, del centro storico a quelle commerciali contemporanee. Plaza de indipendencia La Plaza de Indipendecia è il cuore della città vecchia, una piazza circondata da edifici simbolici, luogo di rappresentanza di forze e poteri sia ecclesiastici che temporali. Vi si affacciano la Cattedrale o Iglesia Bicentenario Mayor, il palazzo episcopale, Quicentro il palazzo presidenziale, quello municipale e la prima biblioteca pubblica ecuadoriana. Alla piazza stessa, con il suo grande spazio di raccolta, sono associati i simboli della vittoria, delle lotte e rivendicazioni del popolo ecuadoriano, dell’indipendenza dai colonizzatori spagnoli. Si tratta di un luogo attraversato quotidianamente da un gran flusso di persone, alle quali si sommano quelle che si mobiLa Carolina Iñaquito litano ogni giorno secondo l’asse nord-sud, essendo un passaggio obbligato servito dal trasporto pubblico. L’accesso veicolare all’area è normalmente permesso solo nei giorni festivi, i provvedimenti di pedonalizzazione permetto di sfruttare al meglio questo spazio. Il piazzale appare vivacemente popolato durante le ore del giorno: piccoli negozi stracolmi di turisti, flussi di fedeli che salgono e scendono le gradinate della chiesa, predicatori che improvvisano dei sermoni, venditrici di espumija che urlano Plaza Foch Elejidoinsistentemente ai passanti, anziani che si riposano seduti sulle panche aspettando il comizio del capo di stato. La notte invece lo spazio si svuota e rimane solo la polizia a sorve126
Plaza de Indipendecia
Plaza San Francisco
Ronda
Plaza de Indipendecia
Plaza San Francisco
Bicentenario
Ronda
La Carolina Panecillo
Plaza Foch
gliare la zona, sotto lo spettacolo dei maestosi palazzi illuminati. Plaza San Francisco La piazza de San Francisco è la prima realizzata dopo la colonizzazione spagnola. Il simbolismo preponderante di questa piazza è legato all’emblema religioso: il convento di San Francisco si impone sull’immagine complessiva in rapporto agli altri edifici che vi si affacciano. Storicamente era conosciuta come il Tiánguez, cioè il mercato principale della città. Le attività commerciali, legate ad un’economia informale, occupavano non solo il piazzale centrale, ma tutte le vie adiacenti. Nel 2011 con un processo di negoziazione viene ridotto lo spazio dedicato al commercio e Plaza de Indipendecia Quicentro rilegato in alcuni edifici marginali. Oggi nella piazza fa da padrone il simbolo religioso materializzato nel convento di San Francisco. La circolazione centrale pedonale è spontanea trattandosi di una grande area pavimentata, mentre quella tangenziale rimane veicolare con momenti di forte congestione nelle ore di punta. “La piazza e il suo arredo riflettono un disegno fatto Iñaquito per il transito delle persone e per la pausa fisica individuale, per l’incontro rapido chePlaza non San puòFrancisco andare al di là del saluto o la breve richiesta di informazioni” (Cueva Ortiz, 2010) Plaza Foch La Plaza Foch rappresenta il centro cosmopolita della città contemporanea: le architetture sono ben lontane dalla monumentalità delle piazze del centro storico e gli edifici che circondano il grande piazzale fondono stili Elejido differenti senza un’apparente coerenza. Se nel Ronda centro storico le piazze si animano di giorno, la zona della Mariscal incarna piuttosto il cuore della vita notturna. Bar, ristoranti, cafè, karaoke e discoteche attirano ogni notte i visitatori provenienti da ogni angolo della città. 127 Panecillo
IL MERCATO Il mercato rappresenta il luogo degli scambi e degli incontri. La storia dei mercati della capitale ha subito in epoche recenti delle sostanziali modificazioni: fino a qualche anno fa le attività di commercio informale occupavano il centro storico, facendone il vivace teatro delle contrattazioni. Tale situazione risultava di difficile gestione da parte delle autorità e non era coniugabile con la nuova visione del centro storico/patrimoniale. Inoltre le ripercussioni erano notevoli a livello di fruizione dello spazio pubblico, di turismo e mobilità, sia pedonale che veicolare. La scelta delle autorità si è spinta verso la formalizzazione delle attività e il raggruppamento delle stesse in quelli che potremmo definire una sorta di mercati generali, secondo una visione occidentale. A questa forma di mercati vanno aggiunti quelli che in epoca moderna potrebbero definirsi i nuovi spazi della socialità che hanno sostituito, Bicentenario almeno in parte, la vita di quartiere: i centri commerciali. Mercato Iñaquito Il mercato di Iñaquito è uno dei siti tradizionali più rappresentativi del centro nord di Quito, non soltanto perché qui le donne della città si recano ogni giorno per le loro spese, ma anche per la comida tipica come La Carolina mariscos, encebollado e ceviche. La struttura prevede sia un’area coperta dedicata alla vendita dei prodotti, prevalentemente alimentari, che una zona per la ristorazione con l’attrezzatura necessaria alla cottura degli alimenti e le sedute per gli avventori. Quicentro Il Quicentro è il primo centro commerciale di categoria internazionale dell’Ecuador, rimane aperto sette Bicentenario giorni su sette per una clientela appartenente alla classe medio/alta. Si tratta di prodotti difficilmente PlazareperiFoch bili nei mercati tradizionali della città. 128
Quicentro
Iñaquito
Quicentro Elejido
129
LA STRADA La strada intesa come abitazione comunitaria rappresenta il luogo che rende possibile le relazioni tra gli abitanti della città. Questa non serve esclusivamente per la circolazione e che di per sé stessa non è nulla se non in relazione agli edifici che la delimitano e con l’uso e le attività che si svolgono in essa o attraverso essa. La strada, vissuta come spazio della socialità, a Quito è compromessa dal crescente traffico veicolare che impedisce o ne ostacola la fruizione da parte del pedone. Negli ultimi anni grazie all’apporto di vaBicentenario Quicentro rie organizzazioni cittadine legate al tema della mobilità sostenibile si sono portate avanti delle iniziative di riappropriazione dello spazio pubblico. Il Ciclopaseo ne è un esempio: una manifestazione cittadina che si svolge tutte le ultime domeniche del mese, durante la quale le più grandi strade di Quito vengono chiuse al traffico veicolare e lasciate a disposizione delle percorrenze esclusive di pedoni, ciclisti e pattinatori. Altri Carolina esempiLavirtuosi sono rappresentati daIñaquito alcune vie del centro storico chiuse al traffico e riqualificate secondo una visione patrimoniale. Tuttavia alcuni interventi sono legati quasi esclusivamente ad una rivalutazione turistica di alcune aree e per questo la loro riattivazione rimane limitata. La Ronda La calle de la Ronda rientra nel progetto finanziato dal FONSAL per la riqualificazione del centro storico. SiPlaza Focha sud della Plaza deElejido tuata una quadra Santo Domingo, rappresenta oggi una delle vie più rappresentative del centro storico, associata all’arte e all’artigianato. A partire dal 2006, l’azione di miglioramento delle sue infrastrutture si coniuga con il recupero dell’immagine urbana, il restauro degli edifici, la determinazione degli usi, dando avvio ad un positivo processo di rivitalizzazione dell’area. Con l’organizzazione di un comitato 130
Plaza de Indipendecia
Plaza San Francisco
Ronda
Panecillo
di gestione viene recuperato il patrimonio intangibile come meccanismo attivatore della qualità del quartiere: ogni anno vengono realizzati spettacoli artistici, giochi tradizionali, laboratori artigiani. Le visite superano le 100.000 persone all’anno.
IL PARCO
Bicentenario
La Carolina
La particolare posizione geografica del distretto e la conformazione biofisica del territorio di Quito determinano l’esistenza di una varietà di climi e microclimi con un range altitudinale che varia dai 500 ai 4950 m s.l.m. Questa particolarità permette di incontrare nel DMQ un’ampia gamma di ecosistemi vegetali, che rappresentano una risorsa ambientale da valorizzare per la città e il suo intorno. Per quanto riguarda la dotazione di aree verdi urbane, la norma dell’Organizzazione Mondiale della Salute (OMS) stabilisce che deve essere prevista una superficie minima di 9mq per abitante. Questo criterio è stato riconosciuto dalla municipalità di Quito con l’ordinanza No. 213, che regola il patrimonio naturale e la qualità ambientale del DMQ. Tuttavia tale norma non è stata ancora rispettata: sebbene non scarseggino le aree verdi nel contesto urbano, la loro distribuzione risulta concentrata nell’aree nord della città con un deficit consistente nell’area sud (notoriamente la zona più Plaza de Indipendecia Quicentro povera della città). La Carolina La Carolina è uno dei parchi urbani più grandi dell’Ecuador. E’ delimitato dalle avenidas De Los Shyris, Eloy Alfaro, Amazonas, República y Naciones Unidas. Il parco è suddiviso in 7 grandi aree con vocazioni differenti: l’area sportiva, situata all’estremo oriente e Iñaquito da una dozzina di campi composta l’area Plazada Sangioco; Francisco aerobica, nella zona occidentale del parco dove si trova una zona erbosa munita di attrezzature per svol131
132
133
Bicentenario gere esercizio fisico; una pista ciclabileQuicentro lunga 3700m; l’area infantile; l’area della laguna formata da una picLa Carolina cola lago artificiale in ricordo delle paludi che occupavano prima l’area del parco; l’area di pattinaggio. I servizi sono distribuiti all’interno del parco e l’area risulta efficientemente servita dal trasporto pubblico, data la sua posizione centrale sull’asse nord-sud di collegamento. Iñaquito L’ElejidoLa Carolina Il parco Elejido segna la divisione tra la città antica e quella moderna. Questo spartiacque tra le due differenti realtà ospita al suo interno 1470 specie Plaza di piante Foch autoctone differenti che valorizzano la biodiversità ecuadoriana. All’interno dell’area vi sono diversi campi da gioco attorno al quale si trovano attività di vendita informale di prodotti e cibo durante tuti i giorni della settimana, sebbene sia la domenica il giorno ufficiale del mercato Plazaall’interno Foch del parco. Durante Elejidoil weekend infatti vengono allestite mostre d’arte e artigianato all’aperto. Il Panecillo Il Panecillo è una collina di origine vulcanica situata al centro della città, uno spartiacque tra le realtà nord e sud della capitale. Storicamente il Panecillo rappresenta uno spazio naturale di importanza ambientale; è un significativo parco verde al centro della città che sfortunatamente non è stato adeguatamente mantenuto e valorizzato come risorsa attiva di rigenerazione ambientale (con un’occupazione vegetazionale controllata e con il mantenimento dell’equilibrio ecologico dei suoi elementi). Considerando il Panecillo nella sua estensione totale di 239.512 mq, il 60% della superficie è costituito da aree verdi localizzate nelle zone sud-est e est- ovest, mentre la zona nord e nord est risulta occupata da abitazioni informali. La forte pendenza che lo caratterizza fa sì che mantenga una vasta zona boscosa composta da eucalipti. 134
Plaza de Indipendecia Iñaquito
Plaza San Francisco Elejido
Ronda
Panecillo
Bicentenario
Sono presenti anche altre specie come la magnolia, l’acacia, il salice e alcune varietà di erbe. Il Bicentenario Il parco del Bicentenario è un’opera recente, risalente allo spostamento del vecchio aeroporto di Quito nel 2013 in una zona periferica della città. La liberazione di un’area di 125ha in pieno centro ha portato la municipalità a proporre la pianificazione di un grande parco, progetto di urbanistica e paesaggio realizzato Plazaper de Indipendecia Quicentro attraverso un concorso pubblico, arginare il rischio speculativo di occupazione del terreno. 135
4.5 il primo patrimonio latinoamericano
LA DICHIARAZIONE DI QUITO PATRIMONIO DELL’UMANITÀ La convenzione sulla protezione del patrimonio mondiale, culturale e naturale è approvata alla conferenza generale dell’organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO), del 1972 e accettata dal governo dell’Ecuador attraverso il Decreto Supremo No.561 del giungo 1974. L’obbiettivo della convenzione è di stabilire un sistema che permetta alla comunità internazionale di partecipare attivamente alla protezione dei beni del patrimonio 136
137
culturale e naturale che possiedono un valore universale eccezionale. Il Comitato del Patrimonio Mondiale che lo dirige ha la funzione di stabilire la lista dei beni eccezionali, per la quale protezione si necessita di un fondo. Per entrare a far parte di questo patrimonio Quito deve possedere i requisiti richiesti: deve costituire una realizzazione artistica o estetica rappresentativa del genio creatore umano; aver esercitato un’influenza significativa per lo sviluppo dell’architettura e delle espressioni artistiche; essere un esempio caratteristico di stili architettonici originari, di forma di habitat tradizionali o significativi che sono vulnerabili per effetti naturali di cambi socioculturali o economici irreversibili. L’istituto Nazionale del Patrimonio Culturale (INCP) supporta la candidatura di Quito per il centro storico, la sua architettura costruita tra il XVI fino all’inizio del XX secolo e per il paesaggio naturale di singolare bellezza che la circonda. Quito ha esercitato importanti influenze culturali, sociali, artistiche nell’America “spagnola”, il suo centro storico è il più grande e meglio conservato in relazione ad altri similari e conta un’ architettura monumentale e beni mobili di inestimabile valore artistico. Già nel 1967 la municipalità delimita il centro attraverso un “ordenanza del Centro Histórico”, marcando la differenza tra centro storico e centro urbano. Il mezzo scelto per la campagna è il colloquio internazionale su “La Preservación de los Centros Históricos ante il crecimiento de la ciudad contemporánea” che ha luogo a Quito nel marzo del 1977. Nel maggio del 1978 l’INCP e il Ministero dell’Educazione e dell’UNESCO, organizzano un seminario internazionale in cui si sollecita l’inclusione di Quito e delle isole Galápagos nella lista del patrimonio mondiale. Nella riunione realizzata a Washington dal 5 all’8 settembre 1978, il comitato approva all’unanimità entrambe le proposte facendole rientrare nei primi siti patrimoniali al mondo. 138
LA GESTIONE ISTITUZIONALE DEL CENTRO STORICO: Non è possibile riferirsi ad un unico modello di gestione delle aree storiche vista la diversità dei modelli di pianificazione che sono stati portati avanti prima e dopo la dichiarazioni di Quito come patrimonio dell’umanità. Sono state prese sia decisioni a livello statale che locale, così come iniziative internazionali, private e della cittadinanza. -Nel 1967 la municipalità delimita il centro storico attraverso un “ordenanza del Centro Histórico”, marcando la differenza tra centro storico e centro urbano. Sebbene il processo avesse preso avvio già negli anni precedenti, a partire dagli anni Sessanta lo spostamento di importanti attività urbane verso altre aree della città porta alla diminuzione della popolazione nell’area del centro e genera una situazione di “doppia centralità”: da un lato il Centro storico, dall’altro la Mariscal. La municipalità definisce lo studio del centro come un campo della pianificazione concentrando l’attenzione sulla questione della mobilità. La necessità di comunicazione tra nord e sud della città impone il passaggio obbligato per il centro, così viene proposto un cavalcavia per cercare di arginare il problema. -Il piano del 1981 definisce il centro storico come area da preservare e incorpora un preinventario e un insieme di raccomandazioni di carattere puntuale per gli interventi da eseguire. Il concetto alla base dei primi interventi rimane di carattere “monumentalista” prestando attenzione più al singolo manufatto architettonico che al centro storico come totalità. -Nel 1984 l’Istituto Nazionale del Patrimonio Culturale, organo statale garante per il patrimonio esistente nella nazione ecuadoriana, delega alla municipalità di Quito la custodia dell’area che in quel momento si definiva come “di importanza storica”, attraverso la creazione della Commissione del Centro Storico. 139
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- Il terremoto del 1987 pone in evidenza la vulnerabilità delle strutture antiche. Il Congresso Nazionale approva la creazione di un Fondo di Salvaguardia del Patrimonio Culturale (FONSAL, l’attuale IMP Instituto Metropolitano del Patrimonio) e parallelamente si inizia il Piano Maestro delle aree storiche di Quito definito in quattro ambiti tematici: urbano, architettonico, sociale e storico. - A partire dal 27 dicembre 1993 entra in vigore la legge del Regime per il Distretto Metropolitano di Quito, stabilendo zone metropolitane organizzate mediante amministrazioni di zona, vale a dire, nuove modalità di governo locale decentralizzato. Si crea così nel 1994 l’Amministrazione della Zona Centro. - Nel 1996 per iniziativa della municipalità del Distretto Metropolitano, della Banca Interamericana di Sviluppo e della Fondazione Caspicara, si crea l’Impresa del Centro Storico come organismo esecutore di un programma di riabilitazione che si pone come proposta innovatrice e lavora con il settore privato per conciliare la riqualificazione con lo sviluppo economico del settore. - A partire dagli anni Duemila la gestione del patrimonio del centro storico passo attraverso la redazione di diversi piani strategici come “El Plan Maestro de Rehabilitación Integral para las Zonas Históricas de Quito” e “el Plan Equinoccio 21”. LA SALVAGUARDIA DEL CENTRO STORICO Il punto di partenza fondamentale nella definizione di centro storico come elemento costitutivo della città, ha a che vedere con la necessità di passare da una concezione “monumentalista” ad una nuova idea di patrimonio che si struttura a partire dall’importanza delle relazioni sociali. Secondo questa prospettiva, la relazione costitutiva deriva dall’articolazione del cen142
tro storico con la città, dove la condizione di “centro” rappresenta una qualità fondamentale. Se si supera la concezione monumentale, la città può essere intesa come “un prodotto storico in ciascuna delle sue parti e nell’insieme; per questo tutta la città è storia” (Carrión, 2013). Il concetto di centro storico è riferito a un rapporto che, in primo luogo nasce dalla sua condizione di centro, dato che tale concetto, in termini urbani, rappresenta la relazione che si costruisce attraverso la concentrazione di funzioni e dei rispettivi ambiti. In secondo luogo fa riferimento alla nozione di antichità, che permette di intendere la relazione tra città e centro storico nel suo divenire temporale e di concepirla storicamente a partire dalle sue condizioni sociali e non dalla semplice conservazione dello spazio fisico. A partire dagli anni Ottanta inizia un processo di ripresa della crisi che stava vivendo il centro storico di Quito grazie alla reazione sociale che si produce dopo il terremoto del Marzo del 1987, che aveva messo a repentaglio la salvaguardia di molti manufatti architettonici. Si apre un dibattitto sui metodi di intervento che evidenziano diverse posizioni sul tema della conservazione. Nella definizione teorica dell’oggetto “centro storico” si osservano due visioni differenti: una di carattere tradizionale che lo intende secondo una prospettiva riduzionista, unilaterale, ideologica e che trova espressione in una visione monumentale; la seconda che, compiendo un salto qualitativo in termini di comprensione dello spazio, supera la mera concezione monumentale e va verso il riconoscimento dell’importanza delle relazioni sociali in quanto determinano la qualità dello spazio. Dal punto di vista delle politiche di intervento il primo approccio assume un ruolo chiave nella definizione di conservazione e nel trattamento dell’oggetto-monumento come elemento centrale. Nel secondo caso, il centro storico viene 143
presto incluso nelle problematiche di pianificazione urbana e dei modelli di gestione pubblica. La municipalità di Quito porta avanti una serie di progetti che da un lato permettono il mantenimento e la conservazione del centro storico, dall’altro modificano i meccanismi sociali o non riescono ad intervenire nelle dinamiche di accrescimento della città che trasformano i processi in atto all’interno del CHQ. Il centro storico al momento della dichiarazione di patrimonio dell’umanità verte in una condizione di precarietà dovuta tanto al deterioramento degli edifici storici quanto al degrado delle abitazioni, situazione aggravata dal sisma del 1987. A seguito della devastazione causata dal terremoto, viene fondato il FONSAL (Fondo di Salvaguardia del Patrimonio Architettonico), che si occupa del finanziamento di progetti di intervento con l’appoggio della cooperazione internazionale. L’opera del FONSAL (l’attuale IMP Instituto Metropolitano de Patrimonio) permette il mantenimento e la manutenzione del patrimonio tangibile e contribuisce alla definizione del centro storico di Quito come un esperienza urbana qualificata e “exitosa”. Tuttavia quest’esperienza, se letta sotto differenti punti vista, presenta anch’essa dei limiti, che possono fornire degli spunti di riflessione sulle politiche di gestione del patrimonio. Le istituzioni impongono delle logiche dove vengono incentivati prevalentemente il fattore “turismo”, l’attrazione del capitale privato, il peso del settore immobiliare, a discapito dell’ immaginario urbano, provocando lo spostamento delle classi popolari dal centro sotto il pretesto della creazione di capitale economico e di pratiche “igieniste”. L’enfasi di una politica “identitaria” portatrice di un immagine di centro dominata dal turismo termina per negare la possibilità di creare uno spazio inclusivo tra il nucleo centrale e i quartieri circostanti, tra circuiti turistici e zone residenziali, tra la 144
ricchezza dei monumenti e la povertà che li circonda. Negli ultimi diciotto anni il centro storico ha perso più del 41% della sua popolazione, con conseguente svuotamento della società che lo sostiene. Alla luce di queste considerazioni, il dibattito sulle politiche di conservazione va oggi verso la ricerca di una politica urbana equilibrata, considerando il centro storico come parte integrante della città e non organismo a sé stante, affinché il patrimonio sia condiviso e democratizzato. 145
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Ai margini di Quito
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Dicotomia di un margine
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Premessa
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Il caso di studio che si è scelto è il barrio di Guápulo, spazio emblematico e rappresentativo della Cordigliera delle Ande, ai margini orientali della città di Quito, dove le caratteristiche morfologiche, topografiche e socio-culturali emergono con maggiore evidenza. La posizione, infatti, rappresenta per il quartiere i suoi più grandi vantaggi e, allo stesso tempo, i suoi più grandi limiti. Il Rio Machangara individua ad est il sub comparto di San Francisco de Miravalle.
5.1 UN QUARTIERE DI TRANSIZIONE
Negli ultimi decenni, l’espansione economico-demografica che ha coinvolto la città di Quito con modalità e tempistiche senza precedenti, ha portato a modificare la sua configurazione da “lineare” con un asse di sviluppo nord-sud, a “orizzontale” (Carriòn, 2009), comprendendo le valli circostanti, con insediamenti di carattere prettamente residenziale. Diversamente, le linee di trasporto pubblico continuano a seguire le direttrici longitudinali a discapito dei collegamenti trasversali; pertanto, grazie anche al basso prezzo del petrolio, la maggior parte dei quiteñi opta per spostamenti in automobile. Come conseguenza si nota un sistema viario molto congestionato, soprattutto nelle ore di punta, quando dalle aree residenziali la popolazione si sposta verso il centro geografico e produttivo della città. Nelle ore di punta la mobilità risulta fortemente compromessa, con il 58% delle reti viarie principali difficilmente percorribili. Nel 2005 la percentuale era del 25%, il che significa che nel giro di soli 10 anni la percentuale è più che raddoppiata. Questo fenomeno è particolarmente accentuato nei quartieri marginali ad est della capitale, che fungono da filtro tra le zone residenziali delle valli e il centro città. Dagli anni ’90, infatti, Guápulo funge da scorciatoia per tutti coloro che dalle valli di Cumbayà e Tumbaco si spostano verso il centro cittadino, opzione più breve ed economica che passare poco più a nord per il tunnel di Guayasamín (0,40$ il pedaggio). Si stima che nelle ore di punta per le strade di questo quartiere, peraltro tecnicamente inadeguate, circolino a settimana 26.517 automobili verso il centro produttivo e 50.987 verso le vall (Secretaría de Movilidad del Distrito). 153
TUNNEL GUAYASAMIN Direzione Quito Centro
AVENIDA INTEROCEANICA Direzione Valli SIMON BOLIVAR Direzione Valli
CAMINO DE ORELLANA LOS CONQUISTADORES
Ponte Direzione Quito Centro
Con gli anni la situazione è andata peggiorando, provocando gravi danni al quartiere e ai suoi abitanti che possono godere degli spazi al minimo delle loro potenzialità. Inoltre, a causa delle continue vibrazioni del suolo provocate dalle vetture, molte costruzioni sono strutturalmente compromesse. Il traffico risulta essere una delle più grandi minacce per questo quartiere che, nonostante le particolari caratteristiche che ne fanno patrimonio UNESCO assieme al centro di Quito dal 1978, è ridotto a mera zona di passaggio, un posto in cui non fermarsi: «Prima la gente veniva ogni weekend per godere del panorama, andare a messa, per fare una passeggiata... arrivavano da Quito, anche da fuori. Guápulo era un quartiere vivo, festoso. Ora nessuno viene più. Per le strade strette solo ingorghi di macchine, tutto il giorno» dice Otalima (abitante del barrio), e non è il solo a condividere questa opinione. Alla luce di questo e in risposta alle continue lamentele dei residenti, il Cabildo di Guápulo richiede l’immediato intervento del Sindaco. L’unica soluzione possibile è quella di limitare drasticamente il traffico veicolare ed incoraggiare l’utilizzo di altre strade per accedere a Quito, come la Simon Bolivar che porta al tunnel di 154
INGORGHI E INCIDENTI (18 incidenti/1 mese)
LIMITAZIONE DELLA FRUIBILITÀ
VIBRAZIONI (che causano problemi alle strutture)
INQUINAMENTO (ambientale e sonoro)
Guayasamín. Molte idee sono state ascoltate al Foro de la Ciudad denominato “Guápulo: barrio patrimonial o corredor vial?” che ha avuto luogo il 26 Maggio 2015 al Cabildo (municipalità del barrio). A seguito delle proposte già avviate da parte del Cabildo e dell’università SEK, si propone in questa sede un ripensamento della mobilità interna del quartiere. Per decongestionare il traffico nel centro e preservare gli edifici storici, si prevede la creazione di due circuiti: uno destinato a residenti, lavoratori e studenti, il secondo regolato secondo diverse fasce orarie. Nel primo caso, il cammino di Orellana e la zona adiacente al convento diventeranno ZTL con accesso consentito ai possessori di specifica tarjeta. Nel secondo caso l’Avenida de los Conquistadores verrà chiusa al traffico (fatta sempre eccezione per alcune categorie) nelle ore di punta, coincidenti con l’applicazione del “pico y placa”, dalle 7:00 alle 9:30 e dalle 16:00 alle 19:30. Gli accessi saranno regolati attraverso l’istituzione di alcuni punti di controllo. Il pedone potrà così riappropriarsi delle strade del centro storico, già luogo spontaneo di incontro. 155
La popolazione locale dimostra un’ottima predisposizione al coinvolgimento, dovuta a uno spiccato senso di comunità e di appartenenza. Ciò viene dimostrato quotidianamente attraverso piccole iniziative come quella degli artisti di strada. Chiunque si trovi di passaggio non può fare a meno di notare i manifesti affissi su quasi ogni porta: “Guapulo. somos barrio, no autopista”, a denotare un malcontento generale riguardante le politiche che incentivano il traffico veicolare. 156
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UNA MORFOLOGIA (S)FAVOREVOLE
L’elemento protagonista del quartiere di Guapulo è una morfologia estremamente peculiare, che dà luogo ad un paesaggio unico. L’area, infatti, scavata dall’azione erosiva del fiume Machangara, è caratterizzata da forti pendii, le cui percentuali oscillano tra il 5% e il 75%, e un dislivello che nel punto di massima varia tra 3100 e i 2400 m.s.l.m. L’intera zona è stata dichiarata ad alta pericolosità dalla Unidad de Seguridad del Municipio del Distrito Metropolitano de Quito, già nel 2005, poiché soggetta a forte rischio idrogeologico e sismico. (Mapa de Densidad de Ocurrencia de Eventos por movimientos en Masa y Inundaciones 2005-2009) I sismi sono tra i rischi che si presentano con maggiore frequenza e con una intensità superiore a 5 secondo 158
2550
2635
FREQUENZA ANNUALE
TIPO DI RISCHIO ALTA ++
≤ 8 volte
ALTA
7/5 volte
MEDIA
4/2 volte
BASSA
≥
1 volta
TERREMOTI
< 5 scala Mercalli
FRANE
INONDAZIONI
LIQUEFAZIONE DEL SUOLO
INCENDI
ESONDAZIONI
la scala Mercalli e le frane che ne conseguono sono sempre più aggravate dalla rapida e disordinata urbanizzazione che ha il quartiere continua a subire. D’altra parte il fiume Machangara, a causa dell’azione erosiva e delle frequenti esondazioni, continua a usurare i suoi argini, mettendoli in condizione di grande vulnerabilità , insieme a tutte le zone adiacenti. La composizione litologica del suolo, contraddistinta da roccia sedimentaria di origine vulcanica e roccia sedimentaria da deposito di frana, concorre ad aggravare il quadro rendendo ancora più fragili questi territori. Le rocce, malgrado generalmente mostrino un aspetto stratificato, sono caratterizzate da una grande variabilità di struttura che, in aree così pendenti, determina criticità diffuse. 159
inizio XX sec.
PESCA
inizio XXI sec.
AZIONE EROSIVA
GRANDE RISORSA
ACQUA POTABILE
IRRIGAZIONE
SVAGO E BAGNI
ACQUE CONTAMINATE
ESONADAZIONI
GRANDE MINACCIA
“GRANDE FOGNA”
IL RIO MACHANGARA Il Rio Machangara è un elemento caratterizzante di quest’area, di divisione tra i due settori del quartiere: Guapulo e San Francisco de Miravalle. All’inizio dello scorso secolo era una grande risorsa grazie alla pesca e all’acqua per l’irrigazione. Oggi è diventato per Quito “la grande fogna” a causa dell’azione erosiva che rende sempre più vulnerabili le aree circostanti, delle frequenti esondazioni e, soprattutto, a causa della contaminazione delle acque dovuta allo scarico diretto dell’industria INEXA e dell’insufficiente servizio di raccolta dei rifiuti. 160
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LE INDUSTRIE Nel barrio sono presenti due fabbriche INEXA che sono inserite nel tessuto urbano ed ubicate in zone residenziali. Esse si occupano dell’estrazione di olio di calendula. La prima parte del processo, che riguarda la raffinazione della pianta, si svolge nella sede nord, mentre la distillazione si conclude nella sede sud, nei pressi del fiume Machangara. Entrambe le fabbriche rappresentano una grave fonte di inquinamento per via degli scarichi diretti nel fiume stesso. Le autorità competenti (Auditoria Ambiental) nel 2007 hanno rilevato parametri non a norma: la generazione di scarichi liquidi residuali, le emissioni di aria inquinata e i fanghi provenienti dai processi industriali presentavano valori sopra il limite stabilito dalla normativa di riferimento. La situazione è stata monitorata negli anni ma, seppure si sia riscontrato un processo di miglioramento grazie al Plan De Manejo Ambiental De La Empresa, non si è ancora arrivati ai parametri stabiliti. GESTIONE DEI RIFIUTI La gestione dei residui solidi urbani (RSU) a Guàpulo è realizzata dall’Empresa Municipal de Aseo EMASEO. Nell’area di Guapulo si generano approssimativamente 8 tonnellate di rifiuti alla settimana (secondo i dati dell’Emaseo). Il barrio non è dotato di contenitori per i rifiuti domestici, ma ci sono punti di raccolta dell’immondizia che, con la frequenza di tre volte a settimana, vengono ritirati dall’impresa in questione. La copertura del servizio non è completa: il settore di San Francisco de Miravalle, al di là del fiume, è escluso. Gli abitanti di queste aree sfruttano i burroni o il fiume per gettare i rifiuti, creando depositi spontanei e zone di accumulazione, che chiaramente generano processi di inquinamento e focolai di infezioni. 162
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5.3 CONSERVARSI AI MARGINI
“Llegar a Guápulo es recorrer en el tiempo. La localidad es la verdadera máquina de tiempo”. (“Arrivare a Guápulo è come viaggiare nel tempo. La località è una vera e propria macchina del tempo” ) Estela Cárdenas, abitante del settore. 165
Guápulo è uno dei settori più antichi di Quito e, assieme al centro storico, Patrimonio Culturale dell’Umanità dal 1978. La sua posizione marginale offre in questo caso un elemento di forte positività: quando la città si è ingrandita il quartiere è rimasto fuori dalla conurbazione, conservando tutti gli elementi della tradizione che lo contraddistinguono e differenziano dalla ormai globalizzata capitale. L’isolamento ha per molti versi rappresentato grandissimi svantaggi, ma il barrio ha potuto tenersi stretto le proprie tradizioni, usi e costumi, quel senso di attaccamento profondo che si ha per la propria terra. Nel recuperare e riscoprire la bellezza dell’arte, delle tradizioni e degli sfiziosi miradores (punti panoramici) di questo spazio di pace, tranquillità, incontro e allegria, si attualizza la quotidianità che i moradores, gli abitanti di questo quartiere, vivono giorno per giorno, primo grande esempio di identità. Camminando per il barrio si respira un’atmosfera allegra: le facciate colorate, i murales che raccontano pezzi della sua storia, i baretti bohémien dallo stile unico, i concertini improvvisati per strada, l’architettura vernacolare che mantiene l’uso dell’adobe e dei mattoni di Cangahua in contrasto con i grattacieli della Gonzalez Suarez che fanno da quinta scenografica e confine ovest al quartiere. Si può conoscere il cameriere della locanda di Guapulo alta in cui si possono assaggiare piatti tipici, il rappresentante del Cabildo che spesso raccoglie i suoi moradores in una piccola assemblea per fare il punto della situazione, la ragazza che lavora al Cafè Arte che prepara i canelazos, la signora Suzanna, ex segretaria della municipalità del PATRIMONIO UNESCO quartiere, che vive qui da una vita e racconta com’è cambiato questo posto. E molte altre cose, persone 166
PATRIMONIO UNESCO
T
TRADIZIONI FORTI
SE CO
I
O RIO
SENTIMENTO COMUNITARIO
LUOGHI DELLA TRADIZIONE
e storie. Alla Tolita il sabato c’è musica e tutti ballano tra una partita di basket e l’altra. Nella piazzetta del cimiterio, uno degli pochi parcheggi, la domenica si monta una rete da volley improvvisata. Per tutto il weekend nella plazoleta del transporte le signore cucinano dentro piccole strutture improvvisate. Nella piazza principale dell’Iglesia una settimana sì e una no c’è un matrimonio, e tutti escono curiosi di vedere l’abito della sposa, spesso coloratissimo. Guápulo sa essere viva, sa essere un posto meraviglioso. Ma questa forza e questa ricchezza stanno correndo il rischio di perdersi con la società del consumismo. E’ di fondamentale importanza conoscere la cultura di questo quartiere per poterlo valorizzare. L’identità di Guapulo ruota e si costruisce intorno alla venerazione della Virgen de Guadalupe, che si pensa possa aver dato il nome al quartiere, e a cui è dedicata la Chiesa, gioiello architettonico ed artistico di questo settore e magnifico esempio di architettura coloniale. Tutte le espressioni culturali di questo luogo sono il risultato di un lungo e ricco processo di mescolanza fra razze. Dal primo contatto tra i conquistatori e gli abitanti originari della cultura andina, le differenti culLUOGHI DELLA ture si mischiarono dando vita ad un gran ventaglio TRADIZIONE di tradizioni. Le attività di maggiore rilievo culturale che esprimono appieno il misticismo “guapuleño” sono espresse nella festa di settembre, le processione per la settimana santa, i pellegrinaggi del mese di maggio, i piatti tipici, le maschere di artigianato, il mese dell’arte. Le espressioni culturali sono parte essenziale dell’identità socioculturale di questa comunità, comprendono determinate capacità e conoscenze specializzate e trasmettono valori e credenze fondamentali di generazione in generazione. 167
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FESTE POPOLARI Le feste popolari di Guápulo, che riflettono nella loro totalità abitudini e tradizioni dei suoi abitanti, rappresentano i momenti di maggiore intensità di questo quartiere. La festa è concepita come uno stacco dalla routine giornaliera in cui si può dar voce al forte spirito di comunità. Tutti partecipano, tutti convivono, le differenze sociali sfumano. Le credenze e i riti religiosi trovano espressione nella musica, nella danza, nei giochi, nei cibi e in tanto altro. Guápulo è l’unico quartiere di Quito che conserva in maniera così forte le antiche tradizioni. Ogni anno dal 1587 la festa più importante è quella dell’8 settembre dedicata alla venerazione della Virgen de Guadalupe, organizzata dagli abitanti di Guápulo e dalla fraternità francescana della parrocchia. L’evento è di grandissima importanza, accorrono persone anche fuori da Quito per partecipare ai piccoli pellegrinaggi e ai quattro giorni di festeggiamenti. 170
D’abitudine tutto comincia il 5 di settembre: si svolgono concorsi di pittura infantile, offerte floreali alla Vergine, giochi popolari, danze, spettacoli di teatro, corse di piccole automobili in legno e soprattutto la sfilata delle maschere dei personaggi tipici, giochi pirotecnici, balli popolari, messe, processioni ecc. Un evento assolutamente singolare e atteso per tutto l’anno, che si conclude l’8 settembre con il “lancio delle arance” e la corrida dei galli. «Come guapuleños desideriamo che la tradizione dei nostri nonni non muoia, che il valore culturale di tutto questo non si perda ed i nostri figli possano continuare a vivere questi momenti. È una gran soddisfazione vedere come le nostre feste siano diventante di fama nazionale e anche internazionale: arrivano stranieri, vicini e chiaramente tutti i nostri abitanti.» Polibio Ninahualpa, vicepresidente del Consiglio Pastorale. 171
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I LUOGHI DELLA TRADIZIONE Esistono a Guápulo vari spazi della tradizione, luoghi che la popolazione tutt’oggi riconosce e le cui leggende vengono tramandate da generazioni. El arrayan o El lugar del amor: situato dietro la Chiesa e il Convento, è un posto molto accogliente che ispira pace e tranquillità. È un angolo solitario per gli innamorati che si riparano sotto la folta chioma dell’imponente mirto al centro, incidendo i loro nomi sulla corteccia come consacrazione del loro amore. El Rollo: è la piccola collina prospicente Guàpulo, separata dal rio Machangara e coperta per la sua totalità da un bosco di eucalipto. Si testimonia che fino agli anni ‘60 provenivano da questo luogo rumori simili a lamenti che pare appartenessero allo spirito di una donna indigena proveniente dall’oriente che si era persa in questi luoghi. Mulahuatana: in quichua (dialetto indigeno) significa “luogo dove si riposano i muli”, si trova vicino ai due ponti ed ebbe grande importanza in passato. Dalla roccia coperta di vegetazione correvano come fili d’argento alcuni piccoli ruscelli di acqua pura e cristallina. In una sporgenza esisteva una sorgente che dissetava tutti i pellegrini che vi si recavano. Piedra Grande: corrisponde alla seconda curva del Camino de Orellana, che dall’Hotel Quito scende fino alla piazza centrale, ed è contrassegnato, appunto, da una grande pietra. Si racconta che qui una notte assassinarono un religioso che scendeva verso il santuario. La pietra rimase macchiata del suo sangue finché non la rimossero per lavori di adeguamento. El Chirincho: È uno dei rarissimi spazi quasi pianeggianti che possiede il barrio. Affiancato all’Arrayan, una volta rappresentava il posto migliore per le partite di calcio ma recentemente è stato edificato. La Chaca: andando dalla piazza verso la piscina si
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apriva un’entrata in uno stretto vicolo, piuttosto lugubre e umido, pieno di cespugli. Alla fine di questo vi era una grande vasca di acqua potabile che serviva per il consumo di tutta la popolazione la quale, però, cercava di evitare il posto il più possibile poiché scenario di leggende popolate da folletti, fantasmi e fate. El Calvario: In questo luogo esiste una croce di pietra molto antica. Durante le processioni di maggio i romeriantes lanciano un sasso esprimendo un desiderio. Se questo rimane sul piedistallo della croce è segno di buon auspicio. Si racconta che alle sei di mattina ci fosse una piccola scimmia che spuntava fuori da un fessura nella roccia lanciando pietre in testa ai passanti. La Piscina: posto leggendario per i guapuleños, era una fonte dalle proprietà curative. Si dice che l’acqua fosse molto calda all’alba e che si raffreddasse durante il giorno; per bagnarcisi la gente accorreva anche da fuori Quito. Secondo gli antenati vi si poteva ascoltare addirittura il canto delle sirene. La Tolita: al sudest di Guápulo, è un posto privilegiato per la sua topografia regolare e la fertilità del suolo. Appartenne all’ultimo capo tribù indiano di Guápulo, Don Ambrosio Ninahualpa, e passò in eredità per generazioni all’interno di quella che è considerata una delle famiglie più importanti del posto. Attualmente è occupato da campi da gioco. La vita quotidiana è sempre in fermento in questo luogo che sprigiona un clima di familiarità, solidarietà, unione e cooperazione davvero rari.
VARIE TRADIZIONI A rendere Guápulo un luogo così unico concorrono numerosi altri aspetti, che vale la pena ricordare. Tra questi i piatti tipici: runaucho, caldo de treinta y uno, tamales, tortillas con caucara, caldo de patas, la fritada, chicha aloja, el chaguar mishqui. 174
Anche le maschere sono un elemento importantissimo della tradizione e del folclore. Sono opere di artigianato molto raffinate che riproducono volti immaginari di personaggi leggendari come el Capariche, la Chuchumeca, los Payasos, los Negros, la Vaca Loca, las agueteras, las picanteras e tante altre. Non è difficile capire perché questo insieme di pratiche tradizionali sia tanto profondamente radicato nella cultura locale se si considera che la vita quotidiana degli antenati degli attuali abitanti di questo barrio era caratterizzata da lavoro costante e faticosissimo, basato soprattutto sull’agricoltura di sussistenza che sfruttava le risorse di questi terreni fertili ma dall’aspra conformazione. È di fondamentale importanza, allora, impegnarsi affinché questo immenso patrimonio (materiale e immateriale) possa continuare a tramandarsi di generazione in generazione superando le minacce naturali e, soprattutto, quella del traffico veicolare sempre più imperante.
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Guรกpulo
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GUAPULO IN NUMERI ABITANTI
DENSITA’
4170
60,5 ab/he
SUPERFICIE
SUPERFICIE RISPETTO A QUITO
65,5 ettari
2,77%
USO DEL SUOLO AREE VERDI
RESIDENZIALE
SERVIZI SPAZIO PUBBLICO
52%
23% medio
17% medio
AGRICOLO 8% medio
USO DEL SUOLO 6.1 EL BARRIO AREE
Un mirador da’VERDI il benvenuto al declivio che accoglie il 52% quartiere di Guápulo. Una linea di grattacieli lungo la strada Gonzalez Suarez definisce il limite est del centro urbano di Quito. È qui che comincia il barrio. RESIDENZIALE Guápulo appartiene alla parrocchia urbana Itchimbia 23% medio della “Administración Zonal Norte - Manuela Sáenz”. Si trova in un ambiente unico, da sempre considerato posizione strategica e porta d’accesso d’oriente alla SERVIZI città: una vallataSPAZIO di forti pendii e burroni creata dall’a17% medio verso la grande zione erosiva PUBBLICO del fiume Machangara, spianata di Cumbayá. Assieme al centro storico, rappresenta una delle zone più antiche diAGRICOLO Quito (preincaico), entrato a far parte 8% del Patrimonio mondiale dell’umanità già dal 1978. medio Questo barrio, a bassa densità di popolazione (circa 1000 abitanti/ettaro), viene considerata dalla popolazione del posto come una zona a sé stante rispetto a Quito. Infatti, nonostante sia stato incluso al distretto metropolitano della città, mantiene elementi che ne fanno un luogo singolare, distaccato dal caos metropolitano, anche se profondamente dipendente da esso. I suoi 4456 abitanti si dividono in due settori principali: Guapulo centro, dove si concentra l’edificato patrimoniale, e San Francisco de Miravalle, il quartiere al di là del Rio Machangara completamente fondato su costruzioni informali. La trama stradale è composta da due strade storiche: Camino de Orellana e Camino de los Conquistadores. Da queste Francisco de Orellana partì nel ‘500 alla scoperta del la foresta amazzonica. 183
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SEZIONE TIPO
Lâ&#x20AC;&#x2122;abitazione tipo che si incontra a Guapulo si distribuisce su due livelli: la zona giorno, alla quale si accede dalla quota stradale, al piano superiore; la zona notte, collegata attraverso una scala interna, a quello inferiore. Lo sfalsamento dei due volumi genera due spazi esterni differenti: il primo, protetto rispetto al fronte stradale e ad una quota piĂš bassa; il secondo crea una terrazza con affaccio sulla vallata. In alcuni casi al piano inferiore si trovano i servizi (alimentari, bar..). Per quanto riguarda le strutture, i sistemi impiegati lâ&#x20AC;&#x2122;adobe e il tapial - fanno riferimento alle pratiche costruttive tradizionali. Si tratta di lavorazioni in terra cruda che rendono le abitazioni vulnerabili alle vibrazioni causate dal traffico veicolare. 185
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6.2 STRATIFICAZIONI Le origini di Guápulo risalgono all’epoca Preincaica. Si trovarono reperti del 1700-500 a.C. appartenenti alla cultura Cotocallao proprio dove tuttora giace il Santuario. Già in epoca incaica Guápulo fu considerato un luogo strategico, sia politico che militare, tanto da costruirvi una fortezza che controllasse e difendesse il cammino verso l’Amazzonia. Considerata area di passaggio, furono rinvenute fonti e luoghi di sosta presso gli incroci di molte strade Con la conquista spagnola, si ordinò di distruggere tutti gli insediamenti incaici. Nel 1649 inizia la costruzione del Santuario dedicato alla Vergine del Gua 188
En la plaza de Guápulo. Fotografía di Guillermo Jones Odriozola, Quito, c.1945. Archivo del Museo Alberto Mena Caamaño.
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dalupe sulle ceneri di un antico tempio indigeno, per marcare il potere del nuovo culto imposto. Fino a metà dell’800 i territori del quartiere rimasero in mano alla Chiesa, e come conseguenza non esistevano costruzioni oltre al Santuario e la Casa Parrocchiale. Solo agli inizi del XX secolo all’edificio viene aggregato il convento dei frati francescani caratterizzato da una grande corte adiacente alla chiesa. Guápulo rimane un insediamento “campesino” e marginale fino alla metà del XX sec. Con lo sviluppo della città di Quito, nel 1971 diventa Parroquia urbana per poi vedere il rapporto della capitale con il barrio deteriorarsi: Guápulo ed il suo fiume diventano la discarica della “città produttiva”. Solo nel 1971, con l’ordinanza
Sviluppo storico di Guápulo 1700 1946 1971 1987
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1385, viene riconosciuto il valore patrimoniale del quartiere, che nel 1978 entra a far parte del patrimonio UNESCO assieme al centro storico. Con la crescita della macchia urbana, il 28 maggio 1990 si stabilirono i nuovi limiti della città di Quito, incorporando Guápulo all’interno di questo perimetro, con il quale ottenne lo statuto di quartiere. Tuttora si osserva una chiara differenza tra la Avenida González Suárez, che limita il quartiere nella parte più elevata, con edifici alti di cemento, vetro e acciaio, e la Guápulo inferiore caratterizzata da piccole case costruite con materiali tradizionali. Se da un lato la posizione marginale del barrio ha portato ad una mancata pianificazione dell’area e ad una sommaria politica di conservazione del patrimonio tangibile, dall’altra ha favorito il mantenimento di un patrimonio intangibile vernacolare e vivo. Oggi però, con la crescita della popolazione, la nascita di un’università nell’ex convento francescano, locali notturni e l’arrivo di stranieri, il quadro sta cambiando. 193
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6.3 SPAZI CONDIVISI In un quartiere dove si mantengono i rapporti di un contesto rurale, i luoghi d’incontro si possono considerare stanze abitate, proprio come se non esistessero pareti che dividono i luoghi di residenza da quelli della comunità. La vita comunitaria avviene tra questi antri, marciapiedi, luoghi ricavati da scarti di edifici. Inoltre Guápulo è un quartiere in cui tradizione e cultura sono segnate da un’impronta cattolica piuttosto forte: le attività di maggior rilevanza che vengono associate al bárrio sono, infatti, legate a quest’aspetto. Plaza Central, nonché la piazza della Chiesa viene considerata il principale luogo di incontro. La difficile accessibilità, il traffico automobilistico, la mancanza di servizi e di piccole attrazioni del quartiere fanno però degli spazi pubblici, in generale, luoghi di passaggio inutilizzati dagli abitanti di Guapulo. La gente del posto s’incontra piuttosto per la strada, negli slarghi, sui muretti… ridefinendo in maniera del tutto spontanea il concetto di questi luoghi. Una certa flessibilità è all’ordine del giorno nell’uso degli spazi di riunione riconosciuti dai Guapuleños: piazze che la domenica dopo la messa si trasformano 197
198
in ristoranti all’aperto, parcheggi che il fine settimana diventano campi per giocare a pallavolo. Scendendo per le vie ciottolate, gli stretti marciapiedi offrono poco spazio al pedone. Questi si allargano e stringono per creare luoghi di sosta e di riposo lungo la salita impegnativa che collega il barrio al centro della città. E’ così che la strada diviene uno dei principali luoghi della comunità. A Guapulo insomma i luoghi di aggregazione nascono in maniera del tutto spontanea. Tra luoghi della tradizione e spazi di nuova generazione, si sono individuati, qui di seguito, i principali poli riconosciuti dagli abitanti del quartiere. 1. Mirador 2. Plaza Eduardo Mena e Lasso 3. El Arrayan 4. Plaza de La Iglesia 5. Plazoleta del Transporte 6. El Campo 7. La Tolita 199
200
STRADE
AREE VERDI E SPORTIVE
io hanno un Lo spazio pubblico, edifici disposti ai suoi il luogo di r i guapuleni, durante
1. mirador Gli edifici che chiudono le str
Gli spazi dedicati a campo sportivo e le aree verdi sono gli spazi più informalTIPO DI SPAZIO mente improvvisati del quartiere il genere weekend costituiscono luogo di ritorvo per tutti gli abitanti chepiazza cucinano, giocano e stanno insieme. campo sportivo
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stato
buono medio scarso eterogeneo
altezza media 1 piano 2 piani 3 piani 4 piani
attività bar ristorante altro: hotel
servizi scolastici sportivi altro: alberghieri
Mirador
La Piscina
201
202
2. PLAZA EDUARDO MENA E LASSO
dono le strade ai lati linee di fabbrica e r improvvisare spazi velli e cercano riparo Ecco che la strada e e di ritrovo.
TIPO DI SPAZIO genere
tipo
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altezza media 1 piano 2 piani 3 piani 4 piani
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Plaza Eduardo Mena
203
204
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STRADE
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Arrayan
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1 piano 2 piani 3 piani 4 piani
servizi
scolastici sportivi altro:
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Trasporte
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tipo formale spontaneo promisquo
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altezza media
1 piano 2 piani 3 piani 4 piani
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208
5. plazoleta del transporte TIPO DI SPAZIO genere
AREE VERDI E SPORTIVEalta media
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Trasporte
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1 piano 2 piani 3 piani 4 piani
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Plazoleta del Trasporte
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STRADE
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tipo
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Trasporte
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La Piscina
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7. la tolita TIPO DI SPAZIO genere
PIAZZA
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Plazoleta del TrasporteEDIFICI
lasciano spazio per improvv che sfruttano i dislivelli e cerc tipo separazione dalle vie trafficate. Ecco che marciapiede diventa spazio vitale e di ritrov recinzione
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Tolita
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Tolita
altezza media
Arrayan
1 piano 2 piani 3 piani 4 piani
servizi
scolastici sportivi altro:
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Plaza Eduardo Mena
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6.4 PARLANDODIGUÁPULO Per addentrarci nelle dinamiche originarie del quartiere e per capire a cosa potevano portare le ipotesi da noi avanzate, la scelta dello strumento dell’intervista ci è apparsa necessaria. Incontrando persone che vivono a Guápulo da decenni, si è cercato di comprendere come il quartiere sia cambiato negli ultimi anni e cosa abbia portato il veloce sviluppo della capitale ecuatoriana ai suoi margini, anche attraverso i rapporti con il Municipio di Quito. Il metodo utilizzato è puramente qualitativo. Si è deciso di prendere un campione rappresentativo di personaggi interni al Comitato di Quartiere e alla vita politica di Guápulo. 216
Susana Hidalgo, Comité de Seguridad de Guápulo “I problemi che sta affrontando il nostro quartiere, ad oggi, sono principalmente legati a due ragioni: da un lato la questione del traffico veicolare non regolato, dall’altro l’alto rischio idrogeologico dovuto alla natura del terreno. Da tempo ormai la comunità locale ha manifestato la propria insofferenza nei confronti della situazione di disagio causata dalle forti congestioni, soprattutto nelle ore di punta. Il cabildo, assieme alla Secretaria de Movilidad, ha elaborato un piano per la pedonalizzazione del centro storico che, tuttavia, non è stato approvato dall’Empresa Municipal de Transporte. Questa situa217
zione, oltre a rappresentare un problema dal punto di vista ambientale, provoca il deterioramento del tessuto storico, in quanto le vibrazione delle automobili compromettono le strutture in terra degli edifici patrimoniali. Per quanto riguarda la questione dei rischi, il settore di San Francisco risulta quello più vulnerabile. Innanzitutto il ponte che lo collega a Guapulo è stato dichiarato inagibile per gravi problemi strutturali. La Municipalità ha avviato un progetto di consolidamento ma, come accade in questi casi i tempi saranno sicuramente più lunghi del previsto. Nel frattempo, 13 famiglie sono già state ricollocate, in quanto tutta l’area rientra in un programma di salvaguardia delle persone che vivono in situazioni a rischio. A causa della forza erosiva del fiume, molte abitazioni che non rispettavano la distanza minima dei 200 metri dagli argini, sono crollate in seguito alle ingenti precipitazioni dell’ultimo inverno, aggravando il problema. Infine la carenza di servizi nel barrio ci rende assolutamente dipendenti dal centro di Quito, nonostante i problemi di accessibilità, di trasporto pubblico e mancanza di mezzi. Primi tra tutti mancano sicuramente un centro medico-ospedaliero e una scuola per i nostri figli.La totale mancanza d’attenzione da parte delle amministrazioni per le realtà marginali come la nostra non fa altro che rafforzare il ruolo del centro a discapito dei nostri pueblos; ma la nostra comunità continuerà a rivendicare i suoi diritti. 218
Oswaldo Paez, Presidente Icomos Ecuador (International Council On Monuments and Sites) e rettore della facoltà di architettura e urbanistica SEK di Guápulo. “Guápulo oggi è una comunità di vicinato. Purtroppo, però, in pochi sanno del suo valore patrimoniale. Il centro del quartiere, con la sua chiesa, è stato dichiarato patrimonio Unesco nel 1978, ma Guápulo non è neppure solo questo. Le particolarità tangibili e intangibili del barrio trasformano il luogo in un cumulo di memorie ed evocazioni che gli conferiscono con tutto il diritto la patrimonialità culturale e ci obbligano a proteggerlo come una testimonianza viva e unica della nostra storia. Purtroppo il Municipio, dimenticando la vocazione pedonale di Guápulo, lo ha trasformato in zona di passaggio veicolare mettendo in pericolo questo inestimabile bene culturale non rinnovabile. ICOMOS Ecuador e la Facoltà di Architettura e Urbanistica della Università internazionale SEK appoggiano gli abitanti del settore nelle loro giuste richieste affinché le autorità municipali riducano allo stretto necessario il traffico, che giorno dopo giorno, si sta trasformando in in un’allarmante minaccia per questo luogo e i suoi abitanti. É necessario prendere seri provvedimenti al più presto.” 219
50% 0%
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50%
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100%
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espacios públicos espacios verdes
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tiendas
lugares de diversión (cinema, bar, discotecas, etc)
restaurantes/bar espacios verdes
turismo
tiendas transporte público
más seguridad
restaurantes/bar
miradores
mobiliario urbano escuelas
caminos peatonales más accesibles
transporte público
caminos vehicular más accesibles
caminos peatonales más accesibles
parqueadero caminos vehicular más accesibles parqueadero equipamientos sanitarios
equipamientos sanitarios QUE FALTA espacios deportivosEN EL BARRIO? espacios deportivos
recolección y transporte de desechos
recolección y transporte de desechos
Altro strumento per addentrarci tra lugares diversión (cinema, bar, discotecas, etc) le dinamiche del lugares dede diversión (cinema, bar, discotecas, etc) quartiere è stata quella del questionario, ricercando turismo turismo más seguridad datimássuseguridad abitanti di Guápulo e di tutta Quito. miradores L’indagine, miradores svolta su un campione di 200 persone, ha portato a una maggior e soprattutto più rapida conoscenza delle problematiche del barrio dal punto di vista di un gruppo piuttosto eterogeneo: chi ci abita direttamente, chi abita a Quito e chi è semplicemente turista (per una fascia di età che va dai 17 ai 60 anni). Dal questionario emerge come la mancanza di servizi a Guapulo sia una problematica piuttosto importante. Quelli esistenti, invece, come la scuola, sono in pessime condizioni e non sufficienti a soddisfare in termine di spazi le esigenze degli abitanti del barrio. Di seguito si trovano i risultati. 220
Maschio o femmina?
Come ti sposti? 67% macchina
47% donne
53% uomini
25% <17
10% 50-59
18% 40-49
24% 20-29
15% piedi
17% chiudendolo alle macchine 20% chiudendo alcune strade
32% non è un problema
11% pedaggio
La salita è un ostacolo?
26% res. Guapulo
19% turista
55% res. Quito
42% no
58% si
Consideri Guapulo un barrio sicuro?
2% no
10% per niente 39% abbastanza
48% si
10% bus
20% creazione di nuove vie
Turista-residente a Quito o a Guapulo?
23% non tanto
5% bicicletta
5% 18-20
13% 30-39
Ti piace Guapulo?
1% moto
Come risolveresti il problema del traffico?
5% 60+
EtĂ ?
3% taxi
11% si 18% abbastanza
61% non molto
221
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7
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Al di lĂ del Machangara
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226
227
7.1 san francisco
ABITANTI
de miravalle
Il settore di San Francisco de Miravalle si trova nel versante est della stretta valle scavata dall’azione erosiva del fiume Machangara ai margini della città. La nascita di questo agglomerato risale ai primi anni del XX secolo con l’insediamento di alcune famiglie di agricoltori situate sulle sponde del fiume. La situazione rimane invariata sino alla metà del secolo scorso, quando i flussi migratori portano gli abitanti delle campagne a emigrare in città e cominciano a svilupparsi i primi insediamenti informali nelle zone periferiche. A partire da questo periodo la popolazione del settore cresce fino a raggiungere i 286 abitanti suddivisi in un totale di 57 famiglie (dati aggiornati al censo del 2010). Oggi San Francisco de Miravalle è considerato il settore informale di Guápulo. La Dirección Metropolitana de Planificación Territorial definisce asientamentos informales gli insediamenti carenti dal punto di vista dei servizi basici, dove la definizione dei tracciati viari è sommaria, gli organi amministrativi municipali non li hanno inclusi tra le urbanizzazioni e le condizioni di abitabilità sono precarie. Il settore di San Francisco de Miravalle rientra in questa categoria per svariati motivi. Primo fra tutti rimane la questione dell’accesso illegale al suolo urbano, solo il 13% degli abitanti è effettivamente proprietario del terreno. Inoltre esiste soltanto una via carrabile di accesso al quartiere e la maggioranza degli edifici è raggiungibile attraverso strade sterrate, date le effettive difficoltà dovute alla morfologia del terreno. I servizi primari come l’accesso all’acqua potabile, l’elettricità e la rete telefonica raggiungono solo le abitazioni in prossimità del fiume, le più vulnerabili dal punto di vista dei rischi idrogeologici. 228
ABITANTI
NUMERO
286 NUMERO
286
FAMIGLIE
57 FAMIGLIE
57
ATTIVITÀ ATTIVITÀ
AGRICOLTURA DI SUSSISTENZA AGRICOLTURA DI SUSSISTENZA
66%
PICCOLE ATTIVITÀ IN PROPRIO PICCOLE ATTIVITÀ IN PROPRIO
13%
66%
13%
OPERAI
nelle fabbriche di Guápulo
21%
nelle fabbriche di Guápulo
21%
OPERAI
QUITO GUÁPULO
UNA DIFFICILE CONNESSIONE
Il settore di San Francisco de Miravalle si trova nell’area est di Guápulo, al di là del fiume Machangara. La zona risulta isolata rispetto al SAN FRANCISCO centro di Quito, dato che la connessione DE MIRAVALLE principale con la città è rappresentata da un ponte, alquanto precario, che oltrepassa il fiume e conduce verso il centro di Guápulo. L’unico modo alternativo per raggiungere San Francisco è consiste nel attraversare una vallata verso sud-ovest e oltrepassare una serie di insediamenti informali dove le strade sono sterrate e difficilmente percorribili.
Il ponte di San Francisco de Miravalle, a seguito delle ingenti piogge dell’inverno, viene dichiarato inagibile nell’ Aprile del 2015. Non è consentito il passaggio di veicoli a causa di rischi per la sicurezza. Anche se previsto un progetto di consolidamento, resta tutt’ora in una condizione di inagibilità.
229
Nonostante sia difficile identificare un principio insediativo in un’area riconosciuta come informale, le abitazioni di San Francisco si sviluppano seguendo la “matrice” strada, che segna l’impronta dell’uomo sul territorio. Il tracciato dell’unica via carrabile che percorre il settore procede verso l’alto nel tentativo di conquistare un morfologia così pendente procedendo per tornanti sempre più stretti. Gli spazi pubblici, o meglio gli spazi della socialità, non esistendo una pianificazione, si sviluppano nei vuoti tra una curva e l’altra, le uniche aree “pianeggianti” nella salita verso la cima. In generale il settore risulta isolato non solo rispetto al centro di Guápulo ma anche nei confronti del centro città. Infatti la principale via di comunicazione è rappresentata dal ponte che oltrepassa il fiume Machangara nell’area sud del quartiere. Nell’aprile del 2015 il ponte viene dichiarato inagibile a causa delle forti precipitazioni e non è tuttora consentito il transito di veicoli. In attesa di un progetto di messa in sicurezza, la popolazione di Miravalle continua a passare per questo ponte mettendo a rischio la sua incolumità. Il secondo accesso al quartiere prevede l’attraversamento della vallata a sud-est dell’area urbana e il transito attraverso diversi quartieri informali situati in direzione delle valli di Tumbaco e Cumbayà, seguendo delle strade di difficile percorrenza a causa delle situazioni di dissesto del terreno. Le condizioni di isolamento vissute dalla popolazione hanno portato allo sviluppo di un economia di quartiere, dove l’attività primaria svolta dai moradores è rappresentata dall’agricoltura di sussistenza. Le caratteristiche naturali dell’area e l’elevata fertilità del terreno, unite al forte dislivello, permettono la coltura di piantagioni differenziate a seconda dell’altitudine. 230
231
232
Dalle interviste effettuate agli abitanti del quartiere è emerso un forte senso comunitario, nonostante la divisione fisica dei due settori. Gli abitanti di San Francisco si riconoscono prima di tutto come abitanti di Guápulo e contribuiscono all’organizzazione del barrio, partecipando attivamente alle iniziative locali. Il riconoscimento di una comunità che integra al suo interno diverse realtà sociali è da considerarsi come un’opportunità da sfruttare per lo sviluppo di un progetto coerente con le dinamiche collettive che contribuiscono alla definizione dello spazio condiviso. 233
7.2 las invasiones L’occupazione abusiva del terreno segue dinamiche legate principalmente al costo del suolo in rapporto a condizioni di povertà o di basso reddito. Appare evidente quindi che ad un prezzo più basso, o nullo, del suolo corrispondono condizioni di precarietà dovute a diversi fattori: difficile controllo da parte delle autorità, mancanza di servizi ed opere di urbanizzazione, rischi e vulnerabilità naturali. La situazione del settore di San Francisco De Miravalle, dove la maggior parte delle abitazioni è considerata “invasione”, si trova a fronteggiare problematiche legate in primo luogo alla natura del terreno che di conseguenza hanno generato l’isolamento e il mancato sviluppo dell’area. Nel maggio del 2011 la Dirección Metropolitana de Gestión de Riesgos qualifica il settore come “ad alto rischio non mitigabile e con pericolo imminente per la popolazione” poiché soggetto a minaccia idrogeologica e di inondazione. 234
La famiglia media a San Francisco de Miravalle è composta da 5 persone. L’abitazione consta di due vani, uno destinato a dormitorio condiviso da tutti i membri della famiglia, ed il secondo adibito a zona giorno.
I servizi igienici sono spesso condivisi e si trovano all’esterno dell’edificio. Solo alcune abitazioni hanno accesso all’acqua potabile, esistono quindi dei pozzi esterni e dei lavatoi comuni. La maggior parte delle abitazioni è formata da un fabbricato principale con una struttura portante in pilastri in cemento armato e tamponature in blocchi di calcestruzzo. Il tetto, al di fuori di qualche eccezione, è in lamiera. In alcuni casi è presente una costruzione secondaria in legno di eucalipto. Spesso le armature sono lasciate a vista, nell’ipotesi di un’espansione futura del fabbricato.
235
Le attività di costruzione in aree con pendenze superiori al 45% e il mancato rispetto della fascia di protezione delle sponde del fiume hanno aggravato la situazione in accordo alla frequenza di eventi geomorfologici e idro-morfoclimatici come fenomeni di slittamento del terreno, piccoli sismi ed esondazioni del fiume. Inoltre l’abitazione tipo del settore di San Francisco, costruita con materiali di recupero aumenta il grado di vulnerabilità per la popolazione. Alla luce di questa dichiarazione la Dirección Metropolitana de Gestión de Riesgos ha inserito il settore di San Francisco all’interno di un programma di ricollocamento delle famiglie a rischio in nuovi complessi residenziali. Questo programma si realizza in accordo alla politica della Secretaría Metropolitana de Seguridad Cuidadana, attraverso le amministrazioni Zonales che eseguono visite tecniche in tutte le zone a rischio per definire le condizioni fisiche delle abitazioni, la posizione socio-economica delle famiglie e l’eventuale proprietà, caso per caso. Questi programas habitacional prevedono lo sviluppo di complessi residenziali forniti di servizi ed opere di urbanizzazione in aree dichiarate sicure all’interno del DMQ. Attualmente sono stati attuati parte di due progetti residenziali di questo tipo che hanno già accolto alcune famiglie dichiarate a rischio, localizzati nell’area periferica a sud di Quito: la Mena Dos eVictoria del Sur. 236
237
238