Guida al fondo finanziamento ordinario 2014

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GUIDA DECRETO FFO Il decreto sul Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) relativo al 2014, è il provvedimento che determina i parametri per la distribuzione delle risorse statali alle università italiane. L'FFO integra diversi indicatori: Quota base (o Storica) e Costo Standard (62%), Quota Premiale (18%), Intervento Perequativo (max 4%) , Programmazione Triennale (min 16%).

QUOTA BASE (O STORICA) E COSTO STANDARD Per quanto riguarda la definizione della quota base del FFO (circa il 62% del totale dei finanziamenti), la Ministra Giannini ha inserito, nella stessa quota, il “Costo Standard Unitario di Formazione per Studente in Corso” per sostituire il precedente metodo di assegnazione basata sullo stanziamento storico. Un sistema inedito che punta ad agganciare lo stanziamento delle risorse non più in base allo storico dei finanziamenti ricevuti, ma assegnando un costo ad ogni singolo studente regolare. (Ricordiamo che, fino ad oggi, la quota base è stata suddivisa tra gli atenei in maniera proporzionale alla somma dei trasferimenti statali e delle spese sostenute direttamente dallo stato per ciascun ateneo) COSTO STANDARD Il Costo Standard Unitario di Formazione per Studente in Corso è un algoritmo che assegna ad ogni studente regolare (cioè “iscritto regolarmente nell’Ateneo da un numero di anni complessivi non superiore alla durata legale del corso frequentato.”) un valore economico che riassume tutti i costi fatti dall’Università per la formazione dello stesso. Nel conteggio di tale costo, gli studenti regolari avranno peso 1 (cioè sarà considerato il 100% del costo standard) mentre gli studenti part - time peso 0,5 (50% del costo totale) Il costo standard è calcolato come: 
 C.S. = a + b + c + d + k

Fattore a) Attività didattiche e di ricerca, in termini di dotazione di personale docente e ricercatore destinato alla formazione dello studente. Questo fattore mette in relazione il numero e il costo del personale docente e dei docenti a contratto con il numero degli studenti regolari del corso. Fattore b) Servizi didattici, organizzativi e strumentali, compresa la dotazione di personale tecnico amministrativo, finalizzati ad assicurare adeguati servizi di supporto alla formazione dello studente. Fattore c) Dotazione infrastrutturale, di funzionamento e di gestione delle strutture didattiche, di ricerca e di servizio dei diversi ambiti disciplinari. Il valore si ottiene attraverso una formula che tiene conto della dimensione dell’Ateneo, della numerosità di studenti in corso e della tipologia di corsi cui sono iscritti rispetto alle Aree disciplinari (Area Medico-Sanitaria 4091€, Area Scientifico-Tecnologica 1669€, Area Umanistico-Sociale 570€) e dei costi fissi. Fattore d) ulteriori voci di costo finalizzate a qualificare gli standard di riferimento e commisurate alla tipologia degli ambiti disciplinari (esperti linguistici, figure specialistiche, tutor, etc…)
 Fattore k) “Perequazione del costo standard“


Al fine di tenere conto dei differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui ogni Università si trova ad operare, viene aggiunto un importo di natura perequativa, identico per tutte le Università aventi sede nella medesima Regione, parametrato al reddito familiare medio rilevato dall’ISTAT (cioè alla capacità contributiva dello studente), cioè si calcola la regione che ha il reddito massimo (la Lombardia) e si moltiplica il reddito massimo per 0,032 che corrisponde all’aliquota media nazionale, in modo da calcolare la contribuzione media in quella regione. A questo punto, si calcola l’intervento perequativo semplicemente dalla sottrazione fra contribuzione della regione a reddito massimo meno il contributo della regione di appartenenza.
 (es. L’intervento perequativo nella Puglia è 1.099 – 823 = 276 euro, che andrà a sommarsi al costo standard).

CRITICITA’ E RIPERCUSSIONI NEGATIVE SUGLI ATENEI Questa nuova forma di finanziamento presenta in ogni caso un grave problema di fondo: i fuoricorso non verranno più conteggiati al fine del riparto del FFO. Questa modello presta attenzione alla sola velocità del percorso formativo piuttosto che alla qualità reale dello stesso, discriminando gli studenti “lenti”, che verranno visti dagli atenei solo come un costo da sostenere. Questa impostazione pone gli Atenei di fronte a due alternative strumentali: trasformarsi in laureifici abbassando la selettività degli esami, al fine di diminuire il tempo di conseguimento dei titoli, oppure penalizzare gli studenti fuoricorso, in primis aumentando le tasse, con il duplice scopo di aumentare le entrate e far desistere questi ultimi dal proseguimento del proprio percorso accademico. Inoltre questo cambio di modello nella distribuzione dei finanziamenti rischia di creare grandi sperequazioni in base al numero degli studenti, pericolo di cui anche la titolare del MIUR è consapevole: non a caso si prevede un’introduzione graduale del costo standard: 20% per questo primo anno, 40% al secondo anno fino ad arrivare al 100% nel 2018. Infatti questo metodo, essendo legato a doppio filo al numero di studenti, finanzierà le università soltanto in base al loro passato: se un Ateneo negli ultimi anni ha subito un calo di studenti od ha introdotto numeri chiusi si ritroverà fortemente penalizzato e nell’impossibilità di prevedere per il futuro una nuova crescita degli studenti, venendo così costretto a conservare lo status quo. Infine l’ultimo aspetto critico è la mancanza, nelle linee guida della L. 240/10, di fattori inerenti alla ricerca: questa mancanza porterebbe falsare le reali spese relative alla formazione degli studenti che gli atenei devono sostenere, mettendo così a rischio tutto il comparto della ricerca accademica.

QUOTA PREMIALE La quota premiale, introdotta nel 2009, doveva in origine rispondere all’obiettivo di assegnare risorse aggiuntive agli atenei più virtuosi, una sorta di premio in termini economici per le Università che si distinguevano per una ricerca e una didatticà di qualità, ferma restando la distribuzione della quota base comunque garantita a tutti. Nel decreto sull’FFO 2014 viene invece prevista un’impennata della quota premiale al 18% sin da quest’anno! Si introduce, inoltre, una modifica nel peso dei diversi indicatori della quota: fino all’anno scorso la didattica contribuiva per il 33%, la ricerca il 66%; dal prossimo anno la ricerca – insieme alle politiche di reclutamento del personale – peserà addirittura il 90%, mentre il restante 10% verrà valutato in base a criteri della didattica “internazionale”, ovvero in base a quanti studenti partono in erasmus e quanti studenti erasmus vengono accolti dal singolo ateneo.


CRITICITA’ E RIPERCUSSIONI NEGATIVE SUGLI ATENEI A seguito delle politiche di definanziamento attuate ai danni del sistema universitario, nei fatti è stata completamente distorta la ratio della quota premiale, che si è trasformata in una quota punitiva: gli Atenei si trovano dunque a competere per meritare le risorse necessarie per il loro sostentamento. Inoltre i tagli che hanno portato ad una progressiva riduzione del FFO rendono questa competizione ancora più insensata: gli Atenei più meritevoli possono al più mantenere le stesse risorse degli anni precedenti, a scapito di altre Università per le quali la quota avrà la sola funzione di calcolare quante risorse sottrarre. Oltre che sul principio della quota premiale, molte criticità sono presenti anche sugli indicatori in base ai quali viene calcolata: infatti la parte della ricerca, che nel nuovo decreto avrà il ruolo principale nella distribuzione della quota premiale, utilizza come criterio principale la Valutazione Qualità della Ricerca (VQR), strumento di valutazione dell’Anvur già da molto tempo al centro della critica di tutta la comunità accademica; l’altro parametro sarà l’Abilitazione Scientifica Nazionale (ASN), che andrà a pesare all’interno dell’indicatore sulle politiche di reclutamento.

INTERVENTO PEREQUATIVO Questo fondo, che corrisponde all’1,5% del totale dei finanziamenti, servirà ad evitare che gli atenei perdano, in confronto al 2013, meno del 3,5% del FFO: appare un miglioramento rispetto allo scorso anno, dove questa clausola di salvaguardia entrava in azione alla soglia del 5%, quest’anno invece la perdita che subiranno gli atenei sarà molto contenuta.

CRITICITA’ E RIPERCUSSIONI SUGLI ATENEI Questa variazione è indice di due aspetti negativi: dopo 5 anni di tagli indiscriminati le casse degli atenei italiani sono in dissesto e il MIUR cerca di correre ai ripari ammortizzando ulteriori perdite eccessive che costringerebbero alcuni atenei alla chiusura; inoltre l’impatto del Costo Standard potrebbe essere molto pesante: per esempio, non essendoci più alcun criterio storico, alcuni Atenei potrebbero non avere risorse sufficienti ed essere ulteriormente penalizzati.

CONCLUSIONI In conclusione, analizzando il quadro generale che emerge dal decreto, appare evidente che ci troviamo di fronte ad un nuovo pasticcio all’italiana: una sorta di premio, che in realtà si trasforma in una punizione per i poco “meritevoli”, distribuito tenendo conto solamente della ricerca (perlopiù con dei parametri già criticatissimi da tutto il mondo accademico), senza valutare la qualità della didattica interna degli atenei, malamente compensata con una ripartizione basata solo sulla didattica, che in realtà si rivela deprimente per le università che stanno vedendo un calo delle immatricolazione, oltre che improntata da una forte discriminazione della categoria dei fuoricorso (già vessata da precedenti decreti sulla scia di una falsa meritocrazia), visto che viene basata più che sulla qualità sulla “quantità” di didattica erogata.


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