Volume 1 numero 1 aprile 14

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BOLLETTINO DEGLI EMIGRATI COMUNISTI IN EUROPA

Volume 1, Numero 1

Aprile 2014

Una brutta piega

Il filo spinato della vergogna

di Red-Azione

di M.Mozzillo (Liegi)

Eccoci al nostro vero primo numero. Un grazie a tutti quelli che ci hanno contattato per suggerimenti e critiche. L’elezioni europee si avvicinano e la situazione si fa sempre piu’ drammatica. L’attacco del capitale alle condizioni di vita dei cittadini, guidato dai suoi supportes padronali e dai governi delle larghe intese, prosegue incessante in tutta Europa. La destra neofascista e neonazista ovviamente cerca di andare in aiuto al capitale, aiutata dai massmedia. Emblematico il can can mediatico che la stampa ha creato attorno alla presunta vittoria del Front National nelle elezioni francesi, cosa che in base ai numeri dei voti non é vera, ma ha completamente taciuto l’avanzata del Front de Gauche e del Partito Comunista francese. Purtroppo constatiamo che le iniziative di resistenza in tutta Europa – che pure ci sono - non riescono ancora a fare un fronte comune e a mettere insieme una massa adeguata per rispondere efficacemente a questi attacchi. Tutti quanti dobbiamo coordinarci per questo obiettivo! Se non ora quando?

La nascente cellula di Liegi del Partito della Rifondazione Comunista – Federazione Comunista del Belgio ha partecipato alla manifestazione annuale organizzata il 16 marzo dal CRACPE (Collectif de Rèsistance Aux Centres Pour Etrangers) contro il "centre fermè" di Vottem (periferia di Liegi). Da quando si è costituita la cellula di Liegi del PRC, alcuni mesi fa, abbiamo svolto un lavoro di radicamento sociale per lo sviluppo del partito all’interno della comunità italiana attraverso attività di autorganizzazione e mutualismo; ma come prima iniziativa politica pubblica abbiamo deciso di cominciare da quelle persone che subiscono sulla propria pelle in maniera così drammatica gli effetti dell’Europa neoliberista: i “sans papier”, i senza documenti, seppelliti nei centres fermés fino a quando non vengono espulsi, caricati su un aereo, molte volte con la forza, e rispediti nei paesi d'origine, spesso devastati da conflitti. Come Aref, giovane di 20 anni scappato dall’Afghanistan per essersi rifiutato di seguire i talebani, venuto in Belgio per essere rinchiuso sei mesi a Vottem, luogo che ha sempre descritto come una prigione. Si è visto respingere la sua domanda di rifugiato politico ed è stato rispedito in Afghanistan dove ha trovato la morte circa un mese dopo. Lo striscione dietro cui abbiamo sfilato - “Le frontex est criminel, pas le sans papiers” - è un messaggio forte, diretto, chiaro contro la Fortezza Europa e l’oscena politica verso i migranti di questi anni. Al netto delle considerazioni politiche, in Belgio come nel resto d’Europa, abbiamo visto rispuntare dei “campi”, circondati da filo spinato dove le persone vengono rinchiuse e private della libertà solo perché esistono, senza aver commesso alcun delitto. Essersi inventati il reato di soggiorno illegale costituisce la negazione stessa dell’idea di

IN QUESTO NUMERO

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Una brutta piega Il filo spinato della vergogna No Pasaran! La Democrazia? Un costo inutile

Un clima da nuova guerra fredda all’insegna del gas e della lotta alle conquiste sociali

democrazia e rimanda ad epoche buie quando l’Europa era piena di campi circondati da filo spinato. Nei giorni scorsi, partecipando alle riunioni del comitato di sostegno, alcune cose ci hanno colpito: il pudore, quasi la timidezza, con cui gli immigati raccontavano le loro storie. Storie raccontate quasi in punta di piedi, senza voler dare fastidio e senza rancore; Continua a pag.3

La vignetta del mese

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No Pasaran! di Collettivo Antifascista. Traduzione GM

Il 3 aprile il partito xenofobo, indipendentista fiammingo Vlaams Belang (Interesse fiammingo) ha organizzato un meeting elettorale nel centro di Bruxelles, con il sostegno del Fronte Nazionale francese. Con l’obiettivo di impedire l’avanzata di questo partito fascista, centocinquanta persone hanno risposto positivamente all’appello antifascista lanciato da diverse organizzazioni. Queste persone, ognuno a modo suo, hanno respinto gli attacchi dei fascisti. Durante gli scontri che ci sono stati, i dirigenti del Vlaams Belang si sono rinchiusi al secondo piano di un bar dove hanno tenuto il loro meeting elettorale. I militanti antifascisti si sono riuniti per opporsi alla strumentalizzazione da parte dell’estrema destra della crisi e della disperazione generate dalle politiche d’austerity imposte dai governi funzionali al grande capitale. Infatti l’estrema destra si presenta come un’alternativa, ma in realtà non fa che puntare all’atomizzazione della classe lavoratrice attraverso un discorso di razzismo e odio. I gruppi di estrema destra sono sempre più presenti nelle nostre città: solo qualche giorno prima manifestavano, sempre a Bruxelles, contro il diritto all’aborto. Per i manifestanti antifascisti è stato quindi necessario essere presenti nelle strade, il giovedì 3 aprile, per opporsi alle loro idee inaccettabili e pericolose. Quando i manifestanti antifascisti si sono ritrovati riuniti davanti al luogo dove si sarebbe dovuto tenere inizialmente il meeting, membri del gruppo di estrema destra “Nation” si sono presentati all’appuntamento. Dopo qualche provocazione, i fascisti hanno aggredito i manifestanti antifascisti che sono stati costretti a difendersi. La polizia ha lasciato correre per qualche minuto - e qui leggiamo l’intenzione politica di permettere lo scontro e quindi la pericolosa astrazione, per una cittadinanza cui sono stati tolti gli strumenti dell’analisi politica, di equiparare il movimento antifascista con la milizia del capitale - per poi caricare con violenza chi stava combattendo il fascismo. È intollerabile vedere le azioni antifasciste represse dalle forze dell’ordine. Malgrado il sindaco, Yvan Mayeur, non avesse dato l’autorizzazione allo svolgimento di questo meeting (che poi si è svolto lo stesso in quanto il Consiglio di Stato ha accettato il ricorso del Vlaams Belang), non ha poi esitato a dare l’ordine alla polizia di caricare i militanti antifascisti. Il gruppo di fascisti è stato poi riaccompagnato dalla polizia alla stazione. L’intervento della polizia e gli attacchi dei fascisti si sono concretizzati in diversi feriti. L’estrema destra scopre il suo volto: violento e pericoloso. Tuttavia, i manifestanti non si sono fatti intimidire dai fascisti e hanno costretto il partito del Vlaams Belang quantomeno a spostare il proprio incontro elettorale. La mobilitazione ha dunque dimostrato che questi partiti, supportati da gruppuscoli di estrema destra che gli fanno da milizia privata, non possono essere considerati come normali gruppi politici e non sono, né saranno mai, i benvenuti. Forte di questa prima vittoria, l’assemblea considera

Immagini della manifestazione di Bruxelles

La Democrazia? Un costo inutile Di D.Barontini www.contropiano.org

In un paese senza cultura – né politica, né di altro genere – il potere può usare argomenti risibili per sostenere qualsiasi cosa. Il fondo è stato (per ora) toccato da Matteo Renzi, quando giustifica l’abolizione del Senato con la necessità di “tagliare i costi della politica”; o anche, cavalcando consapevolmente la vandea populista, di “chiedere i sacrifici anche alla classe politica”. Facciamo finta di prendere sul serio questo argomento. Quanto si risparmia? Lo stipendio di 315 senatori, ovvero 11.555 euro di indennità parlamentare ogni mese, più 3.500 di diaria, 1.650 euro per i trasporti (che sono in realtà gratuiti) e 4.180 euro per le spese di rappresentanza. Totale: quasi 21.000 euro mensili, al netto dei contributi previdenziali. La spesa annuale dello Stato per gli stipendi di questo ramo del Parlamento assommano a meno 100 milioni l’anno: 92.610.000, per l’esattezza, calcolando 14 mensilità. Non molto, diciamolo.

La nostra democrazia vale più di 92 milioni di euro? Il “nuovo Senato dei territori” disegnato da Renzusconi potrebbe comportare qualche altro piccolo risparmio (contributi previdenziali, scorte, auto blu, sedi dei gruppi, ecc), uguale o forse persino minore a quello sugli stipendi. E per un risibile risparmio

del genere si cambia un intero equilibrio costituzionale? Via…Ma continuiamo a fare i finti tonti e proponiamo anche noi una ricetta per “tagliare le spese del Parlamento”. Diciamo: stipendi nella media europea (10.000, se vi sembran pochi…), solo 400 deputati e 200 senatori, mantenendo invece inalterate le competenze delle due Camere. Il rispamio sarebbe anche superiore (vi risparmiamo i conticini che ci siamo divertiti a fare). Se poi vi aggiungiamo il taglio drastico delle sedi dei gruppi (una decina e più di palazzi affittati a carissimo prezzo nei dintorni di Montecitorio e palazzo Madama) e di altre centinaia di voci nascoste nelle pieghe di leggi e regolamenti, potremmo facilmente raggiungere la cifra di un miliardo l’anno di minori costi. In ogni caso una goccia nel mare della spesa e del debito pubblici: 800 miliardi l’anno nel primo caso, oltre 2.000 nel secondo. Cosa significa tutto questo sciorinare numeri? Che lo scopo del taglio del Senato – o di qualsiasi altra riforma costituzionale presentata da questo governo –

questa mobilitazione come un primo passo nella costruzione di una lotta unitaria contro l’avanzata del fascismo. I militanti antifascisti chiamano tutta la cittadinanza che si riconosce nei valori dell’antifascismo a raggiungere la manifestazione del primo maggio che si opporrà al tentativo dell’estrema destra di appropriarsi della giornata dei lavoratori di tutto il mondo.

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un’altra cosa che ci ha impressionato è un documentario girato all’interno di Vottem alcuni anni fa: in una parte viene mostrato il direttore del centro che mostrava ad un sans papier appena arrestato un video su chi si era ribellato e sulla sorte che gli sarebbe toccata se si fosse ribellato anche lui; in pratica se farai resistenza sarai punito e picchiato. Sapete cosa ci è venuto in mente? La banalità del male di Hanna Arendt: il direttore che mostrava ciò come se fosse la cosa più normale del mondo! La manifestazione è stata partecipata ed ha avuto un esito per così dire imprevisto: dopo essere arrivati a Vottem e dopo i vari interventi, spontaneamente e senza che nessun organizzasse nulla, forse spinti dalle urla dei sans papiers all’interno, le persone hanno cominciato a fare pressione sulla rete di filo spinato che delimita il campo all’esterno fino a buttarla giù. A decine abbiamo attraversato, calpestato quel filo spinato, quasi come una liberazione per la vergogna che rappresentano, anche se poi ci siamo ritrovati davanti altre reti; ovviamente la polizia non ha lasciato spazio per altre “improvvisate”e ne è seguito il solito corollario di minacce, corpo a corpo, cannoni ad acqua ecc…..Due mondi contrapposti: da una parte mura, prigioni, reti, filo spinato, poliziotti armati come se fossero in guerra, elicotteri, occhi pieni di odio immotivato e insensato, dall’altra parte musica, colori, canti di un mondo meticcio dove le differenze sono ricchezza ma anche determinazione, coscienza, consapevolezza. Il nostro partito continuerà nei prossimi mesi a sostenere e dare supporto all’attività del CRACPE e ad essere in prima fila per sostenere la lotta dei migranti e dei sans papier. Ci uniamo alle rivendicazioni fatte dal CRACPE: soppressione dei centres fermés, blocco immediato delle espulsioni, una politica di asilo e immigrazione che rispetti i diritti umani, la regolarizzazione dei sans papier. Infine un pensiero che compare tra tanti: ma quelle reti e quel filo spinato non andrebbero semplicemente buttate giù fino all’ultima? Quando la legge stessa diventa inumanità e strumento di repressione ha ancora un senso? e la legge della coscienza?

Un clima da guerra fredda all’insegna del gas e della lotta alle conquiste sociali di A. Albertazzi (Bruxelles).

C’è chi ha sostenuto, a partire dalle prime avvisaglie della cosiddetta “crisi ucraina”, che dietro alle manifestazioni (più o meno violente) di Kiev ci fosse molto di più e che la partita geopolitica che si sta giocando dietro alle quinte è ben più grande ed importante di quanto i media occidentali ci mostrano con la loro propaganda. Costoro sono stati ignorati o etichettati come complottisti, filorussi, comunisti, nostalgici da guerra fredda dai commentatori che – nel processo di lavaggio del cervello quotidiano della popolazione cui assistiamo da anni – si sono dati da fare per dare una “informazione” parziale, superficiale, ipocrita se non falsa di quanto accade in Ucraina. Invece c’è chi ha detto e ripetuto che dietro a quello che sta accadendo in Ucraina uno dei fattori fondamentali è l’approvvigionamento del gas russo all’Ucraina, ma soprattutto all’Unione Europea. Questa faccenda del gas è emersa più di una volta negli ultimi anni ed è stato un elemento importantissimo delle relazioni russo-ucraine nel dopo ‘91. A più riprese negoziati ed accordi si sono susseguiti tra i due paesi allo scopo da una parte di assicurare il passaggio del gas russo verso l’Europa occidentale attraverso i gasdotti in territorio ucraino, e dall’altra di garantire riduzioni considerevoli sul prezzo del gas aquistato dall’Ucraina stessa. Gli eventi recenti in Ucraina stravolgono evidentemente questo assetto e nuovi orizzonti si preparano. Volendo limitarsi ad analizzare la dimensione energetica di questa crisi, l’Europa deve fare i conti con la necessità di assicurare ai propri cittadini (che altrimenti punirebbero i propri politici che li hanno condotti in questa situazione) gas a sufficienza per riscaldare le proprie case. Se quindi il gas russo oggi corrisponde, più o meno, ad un terzo del fabbisogno europeo, debbono essere trovate fonti alternative.E così come si può essere certi che questa crisi ucraina non è certo il frutto dell’improvvisazione, ma è stata minuziosamente preparata in stanze cui i “comuni mortali” non hanno accesso, si può essere altrettanto certi che questo problema è stato preso in dovuta considerazione e che si è già pensato a possibili soluzioni. I “complottisti” di cui sopra lo dicono da un po’: gli Stati Uniti sono pronti a vendere all’Europa il proprio gas. Come? Non attraverso improbabili gasdotti che attraversano l’Atlantico, ma attraverso l’estrazione di gas in territorio statunitense e il trasporto via nave in forma liquida fino alle coste europee, dove verrebbe riportato alla forma gassosa mediante dei rigassificatori, per essere infine immesso nella rete.

“Siamo responsabili anche della nostra obbedienza” Hanna Arendt

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non è né il riparmo né la maggiore “efficienza del monocameralismo” rispetto al sistema che prevede due Camere con identici poteri. Prendendo per buono questo argomento si arriva in pochi passaggi all’abolizione tout court delle istituzioni politiche di qualsiasi livello. A che serve infatti un Parlamento se c’è un governo efficiente che pensa a tutto? Ma, al limite, a che serve anche il governo, se “i mercati” organizzano spontaneamente e meglio la produzione e la distribuzione della ricchezza? Sì, restano i problemi della “sicurezza”, quelli della rappresentanza sportiva (mica vorrete un mondo senza mondiali di calcio ed Olimpiadi…) e altre quisquilie. Ma per questi compiti si potrà sempre immaginare una governance efficientissima basata su pochissimi decisori e un numero adeguato di esecutori privi di ogni spirito critico verso gli ordini ricevuti. A ben pensarci, poi, a che servono due partiti quando “le cose da fare, signori miei” sono quelle che ci indica l’Unione Europea, la Bce, il Fmi, insomma la Troika? Dite che un sistema a partito unico, senza parlamento, con alcune funzioni amministrative concentrate in pochissime figure e senza feedback con la società reale – “mercati” e imprese a parte – somiglia più a una dittatura che a una democrazia? È vero. Ma di questo si sta parlando, non delle indecenti retribuzioni dei senatori nostrani, né della corruzione (chi potrebbe garantire mai che un “decisore incontrollato” sia meno corruttibile di qualche centinaio di eletti dal popolo?). Stiamo parlando del “sistema di governance” già adottato nell’Unione Europea – Commisione che fa le leggi, Parlamento senza potere legislativo, elezioni inutili ai fini della decisione politica. Stiamo parlando di una concentrazione del potere decisionale in “istituzioni elitarie” messe al riparo dall’influenza mutevole dell’opinione pubblica. Stiamo parlando, per concludere, della fine del binomio solo “ideale” tra modo di produzione capitalistico e democrazia parlamentare (borghese, naturalmente).Non dite che non ve ne eravate accorti: ce lo stanno ripetendo da tutti gli schermi decine di volte al giorno…

Per dimostrare che tutto ciò non è frutto della fantasia è bastato aspettare la visita di Obama a Bruxelles il 26 marzo, dove si è parlato di Ucraina (e tra l’altro dell’aumento delle forze NATO nei paesi limitrofi alla Russia) e soprattutto dell’accordo di partnership translatico sul commercio e sugli investimenti (il cosiddetto TTIP).Obama stesso ci è venuto in aiuto per capire la situazione dichiarando a noi europei «quando avremo l’accordo di libero commercio l’export del gas americano sarà più semplice» e «Il nostro gas vi aiuterà a non dipendere da Mosca». Più chiaro di così si muore. Ma che cosa è in effetti questo TTIP, questo accordo sul libero commercio? Si tratta di un accordo, non ancora siglato, le cui negoziazioni sono condotte in segreto tra la Commissione Europea e l’amministrazione USA; dietro all'obiettivo dichiarato di facilitare il commercio tra i due blocchi si nascondono norme insidiosissime. Il TTIP prevede nei fatti, stando alle informazioni trapelate, la deregolamentazione, la liberalizzazione dei servizi pubblici e addirittura la creazione di un tribunale speciale nel quale le multinazionali potranno citare gli Stati qualora la legislazione di quel paese rappresentasse una “barriera al libero commercio”. Quale legislazione si intenda qui è facile intuirlo: la legislazione sociale, la legislazione a protezione dei diritti dei lavoratori, i diritti sindacali, ecc… In altre parole questo TTIP vuole essere una maniera ulteriore per distruggere l’acquis sociale Europeo e per dare la possibilità alle multinazionali americane di fare affari seguendo le loro regole, citando in giudizio perfino degli Stati e bypassando la giustizia ordinaria. Come si vede quindi il quadro è ben più complesso di quanto possa sembrare guardando i telegiornali italiani: siamo di fronte ad una accelerazione evidente dei cambiamenti geopolitici mondiali e – se mai ce ne fosse bisogno – abbiamo una ulteriore conferma di quanto sia l’economia a condurre tutti i processi politici. Una crisi ucraina, che appare sempre più essere la punta dell’iceberg, preparata e fatta detonare a regola d’arte pone l’Europa di fronte all’esigenza di concludere il prima possibile un accordo di libero scambio con gli Stati Uniti per assicurarsi la continuità nell’approvigionamento del gas, senza tenere in considerazione i costi sociali che ciò avrà. E ovviamente l’Europa invece che tentare di ritagliarsi un ruolo più autonomo e aprire negoziati indipendenti con la Russia, si accoda in modo anche patetico agli Stati Uniti in questo clima da nuova guerra fredda.

Gli articoli riportati possono essere riprodotti citandone la fonte e BOLLETTINO DEGLI EMIGRATI COMUNISTI IN EUROPA l’autore. Suggerimenti? Critiche? Contattaci su unitacomunistaeuropa@gmail.com o al numero +32472098231 Vuoi aiutarci a diffondere il bollettino? Richiedici delle copie! Oppure diffondi tra i tuoi contatti il bollettino in versione elettronica su www.issuu.com/linternazionale 4


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