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Le difficoltà nel reclutare collaboratori e il lavoro attrattivo: tentare di rispondere ai nuovi desideri

Non si trovano più giovani disposti a lavorare stagionalmente o a fare i camerieri. Questo il senso delle polemiche della scorsa estate, che hanno riguardato la difficoltà delle imprese turistiche e dei parchi di divertimento nel reperire lavoratori per le attività stagionali o per ruoli con lavoro ripetitivo, come appunto il cameriere.

Testo: Maurizio Crisanti

I giornali e il web si sono riempiti di interviste a imprenditori in difficoltà, qualche notizia che si è rivelata poi non veritiera, ma è emersa una valutazione negativa sui giovani, che non avrebbero particolare voglia di lavorare, soprattutto su turni e nei fine settimana. I dati delle iscrizioni agli istituti alberghieri registrano un – 47,1% negli ultimi sei anni. Tante le analisi fatte dagli addetti ai lavori, le ricerche di istituti specializzati ei sondaggi tra i giovani, dalle quali iniziano a emergere elementi di valutazione di questo fenomeno, che possono contribuire a fotografare il problema e tracciare un percorso che faccia recuperare al lavoro stagionale la sua attrattività.

Se anni fa il lavoro estivo veniva poi seguito da un’attività invernale – pensiamo ai parchi avventura, i cui addetti spesso svolgono un’attività legata agli sport di montagna e all’ospitalità – intervallati magari da brevi periodi coperti dall’indennità di disoccupazione, oggi è molto più presente la ricerca di prerequisiti, che se non soddisfatti, scoraggiano i giovani dall’impiegare la bella stagione solo per ottenere un beneficio economico di breve periodo.

Quali i desideri di Millennials e Generazione Z rispetto al lavoro.

Le analisi condotte dagli esperti, e l’esperienza dei recruiter degli ultimi anni, quelli delle grandi dimissioni, confermano che i ragazzi oggi sono alla ricerca di lavori che rispondano ad alcune caratteristiche:

immagine creata con MidJourney

● essi cercano lavori che permettano di acquisire competenze spendibili anche in altri contesti lavorativi. Generalizzando, il rapporto di lavoro non è più solo prestazione a fronte di un salario, ma vengono apprezzate attività che sviluppino nuove competenze e abilità, acquisendo alcune soft skills richieste trasversalmente in molti contesti lavorativi. Mi riferisco al saper operare in team, al sapersi relazionare con il cliente, al saper gestire situazioni complesse, all’acquisire sicurezza nei rapporti umani.

L’altra è di lavorare sentendosi partecipi di un progetto con obiettivi alti, legati alla sostenibilità, al bene comune, fatto di socialità e inclusività. Le nuove generazioni hanno forte attenzione alle tematiche green e ai temi sociali, alla parità uomo/donna, al rifiuto di ogni forma di discriminazione. I giovani vogliono identificarsi con un progetto di valore e sentirsi parte di un team il cui lavoro contribuisce a migliorare la società e le persone, a prescindere dalle specifiche mansioni.

Cosa possono fare i datori di lavoro

Emergono in molte ricerche, tra le quali una di Loriga &Associati presentata da Ilsole24ore, e anche da un recente meeting dei parchi avventura, di cui parliamo in questo numero, tre aspetti principali da introdurre in azienda: manager e reclutatori devono acquisire consapevolezza del fatto che i giovani ricercano lavori che soddisfino le loro esigenze principali, una volta limitate alla retribuzione ma oggi finalizzate a conseguire qualche crescita o realizzazione personale, attraverso l’acquisizione di competenze spendibili, nel rispetto del bilanciamento tra vita privata e lavorativa. C’è una richiesta di formazione continua, di welfare aziendale e anche di smart working, quando la mansione lo permette. A fronte di un lavoro duro bisogna motivare fortemente le persone mettendo in relazione il lavoro offerto con le loro aspettative personali, oltre che offrire una retribuzione equa. L’idea di Walt Elias Disney di considerare gli operatori dei parchi come cast members, sorta di attori di uno spettacolo che viene rappresentato durante l’intera giornata, è vincente. Per ottenere questo il gruppo Disney coinvolge nel progetto i dipendenti, perché sorridere ogni minuto del giorno non è immediato. Serve formazione, trasmissione di solide competenze – dopo un lavoro nei parchi Disney è più facile rivendersi sul mercato del lavoro in molti settori, proprio grazie alla qualità della formazione ricevuta e dei valori trasmessi – e introduzione di adeguate premialità. È necessario elaborare una proposta legata non solo a retribuzione, mansioni e orari, ma che metta in luce gli elementi che riguardano il far parte di un’azienda che opera rispondendo anche a valori condivisi, con l’obiettivo di contribuire al benessere delle persone e al sentirsi bene con sé stessi in attività all’aria aperta – pensiamo al contesto di parchi avventura e parchi acquatici – ma anche al favorire con il proprio lavoro la socializzazione di gruppi di amici e nuclei familiari.

Infine c’è un elemento importante: i Millennials e la Generazione Z apprezzano di lavorare in team affiatati, incontrando persone “significative”. Essere significativi significa lasciare traccia, trasmettere empatia e competenza in una relazione che sia tipica del rapporto di lavoro ma che in qualche misura faccia sentire ai collaboratori che si ha rispetto per le mansioni di tutti, se ne riconosce la difficoltà e la fatica – lavorare a 40° negli stabilimenti balneari o nei parchi di divertimento non è proprio piacevole – e ci si spende per formare ogni giorno le persone facendo acquisire loro soft skill spendibili anche in futuro o forti competenze tecniche che permetteranno di qualificarsi e spendersi anche in altri settori.

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