LE INTERVISTE:
VITTORIO GIARDINO WHILCE PORTACIO FERNANDO CARETTA SILVER DOSSIER:
FLOYD GOTTFREDSON CONSERVAZIONE DEGLI ORIGINALI ASTA DI URANIA: IL GIORNO DOPO
ANNO 1 - #2 - LUGLIO 2014
Via del Ges첫, 61 - 00186 Roma
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Editoriale il ruggito della
Bentrovati!
N O N A A R T E
Se state leggendo queste righe, vuol dire che avete creduto in noi e nel nostro sogno, e di questo non posso far altro che ringraziarvi. Il vostro sostegno ci motiva ancor di più, dandoci l’energia necessaria per andare avanti e per superare i comuni problemi che un “editore” è costretto ad affrontare giorno per giorno. Ma veniamo a questo secondo numero, ancora più ricco e maturo del primo. Nella prima parte della rivista, mi sono lasciato trasportare e ho messo nero su bianco alcune osservazioni emerse in questi mesi, sentendo il dovere di esprimere il mio punto di vista e di chiarire alcuni concetti che ritengo fondamentali per il futuro della nostra comune passione. Proseguendo nella lettura, saremo incantati dalla vita e dalle opere del grande Floyd Gottfredson, raccontate in un ricco dossier da Willy Brignone, che si dimostra essere un solido conoscitore del meraviglioso mondo Disney. Di seguito, il buon Alessandro Maio ci fornisce un contributo preziosissimo sulla conservazione dei nostri amati originali, dando una risposta a molte domande che spesso noi collezionisti ci poniamo su come conservare o incorniciare le nostre opere. Successivamente, abbiamo tentato di analizzare il “day after” della prima asta di Urania, raccogliendo i dati di vendita e le impressioni direttamente dal titolare, Daniele Gradella, con le emozioni del suo debutto nel mondo dell’incanto. Sul fronte delle interviste, possiamo vantare la presenza di un Maestro della letteratura disegnata, Vittorio Giardino, che ci ha aperto le porte del suo studio, rendendoci partecipi di un’interessantissima intervista orchestrata da un Vanni Varalda più curioso che mai. Per festeggiare i 40 anni di Lupo Alberto, Guido Silvestri, in arte Silver, ci ha regalato, oltre che un’intervista ricca di aneddoti e di curiosità, anche alcuni disegni inediti fatti in gioventù, prodromi di quello che sarebbe poi diventato il suo inconfondibile tratto. Questo secondo numero continua con un protagonista dell’eros italiano, adesso prestato a Sergio Bonelli Editore per il personaggio di Dylan Dog: Fernando Caretta, creatore di una serie di deliziose lolite, sempre intriganti e mai volgari. In ultimo, vorrei personalmente ringraziare chi ha contribuito all’esordio e alla crescita della nostra amata associazione e di questa rivista: i titolari della CArt Gallery di Roma, nelle persone di Luca Reinero e Max Tavani, che ci hanno ospitato per l’inaugurazione de La Nona Arte (e che mi hanno fatto emozionare con la mostra dedicata all’Eternauta, esponendo delle splendide tavole tratte dalla prima serie); Davide Occhicone, che si è reso promotore della conferenza al Napoli Comicon e che mi ha letteralmente guidato per le interviste ai vari autori presenti nella convention partenopea; la nostra impagabile interprete/traduttrice Michela Robledo, che ha fatto impazzire Simon Bisley (e non solo lui); Federico Fiecconi, che ci ha permesso di utilizzare lo splendido acquerello che abbiamo scelto come copertina della rivista e che ci ha donato la sua intervista a Floyd Gottfredson, rendendo questo numero ancora più prezioso; Luca Di Salvatore che, con immensa pazienza, si è prestato come supervisore e correttore di bozze, preservandoci dagli errori protagonisti del primo numero frutto della nostra poca esperienza; tutti gli amici che ci hanno sottolineato questi errori, permettendoci così di crescere e di migliorare. Infine, voglio ringraziare mia moglie, Luciana, che ha sopportato le mie manie e le mie assenze, dimostrandomi un’infinita pazienza e dandomi così la forza di iniziare e proseguire questa splendida avventura. Detto questo, vi saluto e vi auguro una piacevole lettura!
Paolo Rinaldi
Presidente Associazione LA NONA ARTE
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EDITORE BALLOON’S ART SRL VIA MOSCA, 10 00142 ROMA
#1 - APRILE 2014
PRESIDENTE Dott. Paolo Rinaldi
COPERTINA Floyd Gottfredson “Sky Island” (1979) Particolare
Vice PRESIDENTE Luca Baldi CONSIGLIO DIRETTIVO Vanni Varalda Marco Miccione Luigi Formisano CONTATTI: info@associazionelanonaarte.it
SOMMARIO: Associazione “La Nona Arte” Attività con fini culturali e ricreativi Sede: Via Ottavio Caiazzo, 19 80129 Napoli (NA) Cod. Fisc. 95196820633
p. 3
EDITORIALE
p. 6
COLLEZIONISTI DI EMOZIONI Un interessante approfondimento sul mondo del collezionismo di originali
p. 8
URANIA - L’alba del giorno dopo Il post asta raccontato da Daniele Gradella, titolare della casa d’Asta Urania
Tutte le immagini utilizzate all’interno della rivista sono di proprietà esclusiva delle Case Editrici e degli Autori.
p. 12
FERNANDO CARETTA Intervista all’illustratore dell’Eros
p. 16
INCORNICIATURA CONSERVATIVA Come proteggere, esporre e trasportare i nostri originali
p. 22
FLOYD GOTTFREDSON Un interessante dossier che ci racconta la grande arte del “secondo papà di Topolino”.
p. 36
EHILÀ... SILVER! Abbiamo festeggiato i 40 anni del più famoso lupo d’Italia insieme al suo grande creatore.... SILVER!!
p. 44
VITTORIO GIARDINO L’Ingegnere della seduzione lo abbiamo intervistato nel suo studio per capire i segreti della sua straordinaria tecnica illustrativa.
p. 52
WHILCE PORTACIO Il co-fondatore della IMAGE e creatore di BISHOP ci regala la nostra prima intervista oltreoceano.
p. 28
FLOYD GOTTFREDSON TOP 5 HERITAGE AUCTION I 5 originali con la più alta quotazione di vendita della famosa casa d’aste Heritage.
p. 32
FLOYD GOTTFREDSON mano e pennello di Mickey Mouse L’incredibile intervista realizzata nel lontano 1984 dal nostro amico collezionista e giornalista Federico Fiecconi
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Dossier
COLLEZIONISTI DI EMOZIONI I L M E R C AT O D E L C O L L E Z I O N I S M O D I O R I G I N A L I N A S C E S P E S S O D A L L A G I O I A D I P O S S E D E R E U N A T AV O L A T R A T T A D A U N O P E R A A F U M E T T I C H E C I H A E M O Z I O N AT O . M A I L M E R C AT O S TA C A M B I A N D O E I L C O L L E Z I O N I S TA “ D A F U M E T T O ” S O P R AV V I V E R À A Q U E S T O C A M B I A M E N T O ?
di Paolo Rinaldi
Perché collezionare un originale? E’ una domanda che mi sono sentito rivolgere in molte occasioni, l’ultima volta mi è stata posta da Luca Boschi in occasione della conferenza di presentazione della Nona Arte al Comicon 2014 e anche a lui ho risposto: perché mi emozionano! Ricordo ancora, molto tempo fa, alla fine degli anni ottanta, alla fiera di Lucca Comics, quando ancora si faceva al palazzetto dello sport, il momento in cui vidi per la prima volta, allo stand del compianto Silvano Scotto, una serie di raccoglitori contenenti tavole originali, passai del tempo a sfogliarli e mi risultava difficile pensare che quelle meraviglie erano gli stessi disegni che avevo amato leggendo la controparte stampata. Fu così che acquistai la mia prima tavola originale, una splendida illustrazione di Jacovitti, retro colorata a tempera, che ancora oggi è appesa alle pareti di casa mia, e che sempre mi ricorderà quei tempi e quelle emozioni. Da allora sono passati parecchi anni, ma vi assicuro che ogni volta che compro una tavola originale provo un’emozione diversa, a seconda dell’autore, del personaggio, dell’inquadratura, della tecnica usata, del momento storico che ha rappresentato e cosi via. Quando mi soffermo a rimirare i particolari (che sulla versione stampata non possono essere apprezzati), la tecnica, le dimensioni, i giochi di luce che l’autore ha saputo infondere, lo stile, penso sempre che non ci sono dubbi: noi collezionisti di originali collezioniamo arte. Questa forma d’arte che molto spesso è misconosciuta perchè deriva da una coltura popolare e da un intrattenimento che è ovviamente in maniera errata, definito adolescenziale. In realtà moltissimi protagonisti della letteratura disegnata, travalicano il medium del fumetto e si impongono come artisti a tutto tondo, condensando in una vignetta o in una illustrazione quello che in altri tempi veniva disegnato su tela o su carta. Quando mi soffermo a contemplare un originale di serpieri, non riesco a non essere catturato dalla sua immensa capacità, Che ne caratterizza il tratto, di modellare i lineamenti femminili o di dare luminosita’ ai capelli delle sue eroine, così come le emozioni Che ricevo da un’ illustrazione del Pinocchio di jacovitti, malinconica e Allegria allo stesso tempo, oppure la forte sensazione di potenza che ricevo dal Conan di BUscema, Che sembra quasi voler esplodere dalla cornice Che lo contiene. Potrei continuare all’infinito, ma mi fermo qui, mi piace solo sottolineare Che un’opera Che riesce a trasmettere tutto ciò, può essere solo definita in un modo: ARTE. Sul fatto che questo tipo d’arte possa piacere o meno questo è un altro discorso e rispetto tutti quelli che hanno gusti differenti dai miei, ma sono altrettanto convinto che noi collezionisti di originali dobbiamo difendere la nostra passione, dobbiamo cercare il più possibile di dare dignità ai pezzi che compriamo e che incorniciamo, sia per rispetto alla nostra passione e al lavoro dell’artista, sia a difesa del nostro 6
acquisto. Se noi stessi non siamo convinti che quello che compriamo è una forma d’arte, saremo costretti a subire passivamente l’evoluzione di questo mercato invece di esserne protagonisti. Cercherò di spiegarmi meglio. Il mercato delle tavole originali è un mercato giovane, con davanti delle notevoli potenzialità, e come tutti i mercati subirà una lenta ma costante evoluzione, che questo ci piaccia o meno. Fino ad ora il mercato europeo ha stabilito per moltissimi autori, come Manara, Liberatore, Mattotti per citarne alcuni, sia le quotazioni di mercato che la disponibilità di pezzi. Moltissimi dei nostri autori si sono rivolti al mercato Franco belga, sia perché vi è un’indiscutibile disponibilità economica che per la sua visione più matura del mercato. Io mi chiedo il perché di tutto ciò, perchè permettiamo che i nostri autori vengano venduti dall’estero. La colpa di questo processo non è solo, a parer mio dei dealer italiani, ma anche di noi collezionisti che ho scoperto essere estremamente timorosi di far aprire il mercato, per la paura, lecita solo in minima parte, di una esplosione delle quotazioni. Secondo il mio modesto parere dovremmo aver paura del contrario, ovvero che il nostro mercato, quello italiano, resti chiuso a pochi collezionisti mentre nel resto del mondo i mercati si evolvono ed incrementano il loro giro di collezionisti. I prezzi, in questo caso, saranno destinati a salire per alcuni autori, che noi lo vogliamo o meno, visto che sono, e saranno sempre di più, intercettati dei mercati esteri, costringendo quei pochi di noi che potranno permetterselo a spendere all’estero. Se al contrario il mercato fosse indirizzato da noi, potremmo fare quello che adesso fanno all’estero, tenendo per noi i pezzi migliori e stabilendo anche il loro reale valore. Tutto ciò potrà essere realizzato solo uscendo dal provincialismo che ci ha sempre contraddistinto, aprendo il mercato a nuovi collezionisti, uscendo dalla classificazione di collezionisti di fumetti e prendendo atto che noi siamo collezionisti d’arte. Non dobbiamo temere un’impennata dei prezzi anzi, secondo me il materiale, che adesso non manca, verrebbe distribuito in maniera più corretta permettendo la non svalutazione di autori, che hanno immense produzioni
difficilmente smaltibili adesso con la sola nostra richiesta. ed evitando l’inevitabile svalutazione di molti autori dovuta alla notevole offerta rispetto alla domanda. Detto questo bisogna sottolineare che la nostra generazione ha una indubbia fortuna, derivata dal fatto che questa forma di collezionismo, come più volte scritto, è un collezionismo ancora giovane e questo ci permette adesso di comprare a delle cifre non proibitive delle opere di autori che un domani saranno certamente in un museo. Dobbiamo renderci conto che il nostro mercato, come tutte le cose di questo creato, è soggetto ad una inevitabile evoluzione, sta a noi stabilire se vogliamo essere parte attiva di questo processo o subire passivamente il tutto. Io creando La Nona Arte ho già scelto da che parte stare: essere protagonista e non semplice comparsa. Vorrei concludere con il dire la mia su di un’annosa questione che da sempre crea delle fazioni, ovvero: se un autore è pagato per disegnare o per creare?; questo pregiudica l’opera squalificandola, ghettizzandola o è pur sempre un opera d’arte?. Ovviamente il mondo del fumetto, tranne pochissime eccezioni, si nutre e sopravvive grazie ad autori che pagati realizzano storie, illustrazioni e copertine; mi sono interrogato spesso su questo punto, dando ragione, in maniera quasi da sofista, ad entrambi le visioni. Finché poi prendendo in mano un mio originale mi rendo conto che è oggettivamente una forma d’arte con la A maiuscola e allora mi dico: tutte le più imponenti opere d’arte fatte al mondo, dalla Cappella Sistina all’Arco di Trionfo non sono state commissionate e pagate permettendo all’artista di sopravvivere? I dipinti commissionati dai mecenati non hanno firse permesso la realizzazione di opere meravigliose finanziando e mantenendo artisti che oggi studiamo nei libri di storia dell’arte? Il nostro, concludendo, è un mondo meraviglioso, dove tutti, indipendentemente dalla possibilità di acquisto, possono godere di un originale, trarne emozioni e sentirsi più vicini, non solo al personaggio\autore preferito, ma anche ai momenti e alle emozioni che si sono provate leggendo quella particolare storia, momenti cristallizzati in un solo oggetto, che rappresentano la fotografia di un momento della vita. Io sono orgoglioso di collezionare originali e voi?
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Intervista
URANIA
l’alba del giorno dopo... I L 4 M A G G I O S I È S V O LT A P R E S S O L O S P A Z I O W O W D I M I L A N O L A P R I M A A S TA D E L L A C A S A D ’A S T E U R A N I A . A B B I A M O I N T E R V I S T A T O D A N I E L E G R A D E L L A P E R AV E R E LE SUE IMPRESSIONI E PER SAPERE I SUOI PROGETTI FUTURI.
di Luca Baldi
Daniele, spariamo subito la “domanda per eccellenza” a bruciapelo: Senti di aver raggiunto gli obiettivi che ti eri proposto o sei insoddisfatto del risultato dell’Asta? In soli 6 mesi di lavoro Urania è riuscita ad organizzare un’asta di livello internazionale producendo un ricco catalogo che spaziava dai grandi autori italiani e stranieri ad artisti giovani ed emergenti, attirando così l’interesse di moltissimi collezionisti e appassionati da tutto il mondo. Questa prima asta per noi è stata un trampolino di lancio con la quale abbiamo collaudato la nostra organizzazione e grazie alla quale potremo avere un importante termine di paragone per fare sempre meglio nelle aste future. Tenendo conto anche delle vendite dopo-asta abbiamo venduto 1/3 dei lotti in catalogo, non posso quindi che essere soddisfatto di questa prima esperienza.
Dal punto di vista dello spettatore ci è sembrato che molti pezzi tra cui le opere di maggior richiamo quali: Pazienza, Pratt e Manara, siano rimasti invenduti…. come ti spieghi queste mancate aggiudicazioni? Alcuni pezzi importanti sono effettivamente andati invenduti, ma molti altri hanno riscontrato l’interesse degli acquirenti, come il “Ritratto di Zanna” di Pazienza o “Moby Dick” di Manara (tanto per tornare sui nomi citati), sicuramente i risultati di quest’asta ci aiuteranno nella selezione delle opere da inserire nelle vendite future. Di certo il poco tempo a nostra disposizione per pubblicizzare la nascita di Urania ha giocato a nostro sfavore, difatti diverse persone che ci hanno contattato sono venute a conoscenza della nostra esistenza solamente dopo l’asta. Inutile dire che l’affermazione sul mercato internazionale di un’attività complessa come può essere una casa d’aste, che si fonda sul proprio nome, sull’affidabilità e sulla fiducia, richiede molto tempo...noi siamo solo all’inizio di questo lungo cammino.
Come sai, il gruppo dei collezionisti di originali su facebook ha seguito in diretta l’asta ed i primi commenti hanno fatto emergere che, per molti, i prezzi di riserva erano troppo alti…. mi spiego meglio, l’impressione è che le opere partissero da un prezzo di riserva uguale al prezzo di mercato e quindi poco appetibili… è anche il tuo pensiero? Dovendo conciliare le esigenze dei venditori e degli acquirenti ci sono stati effettivamente dei casi in cui il prezzo di partenza non è stato percepito come un “affare”, ma sinceramente non credo 8
che ci fossero delle stime che sforassero i prezzi di mercato. Il nostro obiettivo naturalmente è e sarà sempre quello di favorire la gara e quindi far partire le opere da prezzi concorrenziali, cito come esempio la Krazy Kat di Herriman e i Paladini di Re Carlo di Toppi.
La campagna di marketing con cui hai presentato l’Asta ci è sembrato che abbracciasse molti dei canali conosciuti dai collezionisti del mondo del fumetto (compreso CAF) ma per il mondo dell’Arte moderna avevi pianificato la presenza di Urania? E in che modo? Certamente, abbiamo agito su diversi canali estranei ai tipici collezionisti di originali, ad esempio apparendo in una pagina a noi dedicata sul numero speciale distribuito in occasione del Salone del Mobile di Milano dell’importante magazine Artribune. Per noi è fondamentale quest’opera di “ricerca” di nuovi collezionisti nel campo dell’arte contemporanea, così facendo si può contribuire a quel lento ma inarrestabile processo che sta portando la tavola originale ad ascendere giustamente allo status di opera d’arte, ampiamente già raggiunto in altri paesi come Francia o USA.
Alla presentazione dell’Associazione in molti ci hanno rivolto la domanda: “Perché puntare i riflettori sul mondo degli originali?”. La paura di molti collezionisti nasce dalla possibilità che gli amanti dell’Arte Moderna possano interessarsi al nostro “mondo” con il risultato di impennare in maniera esponenziale il valore delle tavole…. Pensi che sia una “minaccia reale” o un “beneficio da sperare”?
Credo sia sacrosanto puntare i riflettori, come sta giustamente facendo questa rivista, sul mondo delle tavole originali, difatti trovo giusto permettere a un pubblico sempre più ampio di entrare in contatto con un settore finora bistrattato e relegato da molti critici nell’oblio dell’arte “minore”, permettendo così anche ai collezionisti di essere maggiormente informati e quindi più tutelati su quello che stanno acquistando. Naturalmente il rovescio della medaglia c’è... l’aumento dei prezzi è fisiologico all’aumento dell’interesse, ma credo che il mercato ci porterà verso una stabilizzazione “giusta” dei prezzi, facendo eccezione per quei pochi autori (uno tra tutti Hergè) sui quali purtroppo si stanno concentrando diversi speculatori che con il mondo del collezionismo non hanno niente a che vedere.
Tornando all’Asta, ho incontrato molti collezionisti del gruppo o comunque i soliti volti noti delle varie fiere del Fumetto…. Sono forse mancati quei famosi acquirenti dal mondo esterno ai “Comics” e che vedono in queste illustrazioni dei sicuri investimenti? Il meccanismo delle aste può spesso trarre in inganno, difatti spesso e volentieri gli acquirenti più “importanti” disertano le sale per partecipare telefonicamente o online com’è accaduto anche in quest’occasione. I clienti estranei al circuito delle fiere o di FB sono stati infatti tanti, sia italiani che esteri, coprendo gran parte dell’Europa e arrivando anche all’Australia e agli Emirati Arabi.
A novembre hai già annunciato la prossima Asta di Urania, puoi anticiparci qualche novità o cambiamenti dovuti alle riflessioni maturate da questa prima edizione? La prossima vendita all’incanto di Urania Casa d’Aste si terrà tra la fine di Novembre e inizio Dicembre (a breve confermeremo data e luogo). Uno dei nostri primi intenti sarà quello di esportare il marchio Urania al di fuori dell’Italia, parteciperemo infatti a fiere specializzate in Francia e Svizzera 9
così da consolidare e rafforzare il già importante interesse da parte dei collezionisti stranieri che abbiamo riscontrato nell’asta di Maggio. In oltre lavoreremo per migliorare la fruibilità del catalogo, dando più spazio e respiro alle immagini delle tavole aumentando il numero di pagine senza tralasciare le precise e dettagliate schede tecniche che già ci contraddistinguono. Colgo l’occasione per ricordare che la raccolta del materiale per la prossima asta, ancora una volta dedicata esclusivamente alle tavole e illustrazioni originali, è tuttora in corso fino al 10 Ottobre. Chiunque sia interessato a una valutazione gratuita e riservata non deve far altro che contattarci e prendere un appuntamento con i nostri esperti (tel. 0521/231343 - info@uraniaaste.com).
URANIA: TOP 5 AGGIUDICAZIONI
La splendida vista del corridoio centrale dello SPAZIO WOW con l’esposizione delle opere in cornice.
Lot.235 Serpieri Eleuteri “Foemina” 2006
8.500,00 € Lot.151 Manara Milo “Achab o Bartleby” 1999
3.500,00 €
Lot. 66 Dell’Otto Gabriele “Avenging Spider Man” 2012
3.500,00 €
Lot. 218 Ross Alex “Kirby Genesis” 2011
2.900,00 €
Lot. 258 Toppi Sergio “I paladini di Re Carlo”
2.900,00 € 10
Nella parte centrale del corridoio facevano bella mostra di se i raccoglitoiri contenenti alcuni dei lotti in Asta.
II Asta Tavole originali e illustrazioni
Invito alla consegna Urania Casa d’Aste sta raccogliendo opere per la prossima asta invernale dedicata interamente alle tavole originali e illustrazioni dei grandi maestri del fumetto.
Qualora foste interessati ad affidarci le vostre opere non esitate a contattarci per una valutazione gratuita e riservata. Il termine ultimo per l’inserimento in catalogo è fissato al 10 Ottobre 2014. Contatti : Via F. Cavallotti 16 - 43121 Parma Tel. 0521/231343 - Fax. 0521/289953 www.uraniaaste.com - info@uraniaaste.com
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Intervista
L’EROS VA IN CARETTA!! SINUOSE, SEXY, MORBIDE E IR ONICHE: LE PIN-UP DI FERN ANDO CARETTA FANNO GIRARE L A TES TA ... E NON SOL O AI C OLLEZIONIS TI!!
I
di Paolo Rinaldi
niziamo con una domanda di rito. Cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera di disegnatore? Raccontaci la tua storia. La mia storia credo sia simile a quella di tanti altri disegnatori… quindi non racconterei niente di nuovo se dicessi che ho cominciato a disegnare sin da piccolo, che a lungo andare è diventata una passione e infine la mia attività principale. Sono cresciuto a Lizzanello, in provincia di Lecce, un paesino del Sud di circa 6/7000 anime, brava gente, semplice, all’antica, con i calli alle mani. Se avessi provato a sviluppare qualunque altra forma di comunicazione artistica, che andasse oltre il disegno, mi avrebbero guardato come fossi un alieno o un indemoniato e come minimo avrebbero chiamato l’esorcista. Si può dire che il disegno era diventato una valvola di sfogo, un modo per sperare in un futuro lontano da Lizzanello. La fantasia è diventata realtà? Boh… magari mi risveglio dal sogno e mi accorgo di essere ancora ragazzino, chino sul tavolo della cucina a disegnare super-eroi. Quali sono gli strumenti di lavoro che prediligi e quali sono i tuoi tempi di lavoro? Raccontaci una tua giornata tipo. Raccontare la mia giornata tipo è complicato, perché non ho mai una giornata uguale all’altra, per quanto possa sembrar strano. In ogni caso, le mie opere le realizzo sempre su carta Fabriano 4 e sporadicamente su cartoncini più rigidi. Uso un po’ di tutto per disegnare, dai materiali più poveri, come semplici tempere o matite colorate, a materiali più ricercati, come acrilici e pantoni.
Spiderman commission Collezione Andrea F.
Quali sono gli autori che hanno ispirato maggiormente il tuo lavoro e quali sono gli autori e le storie con cui sei cresciuto, sia anagraficamente che professionalmente? Da ragazzo leggevo un po’ di tutto. Manara, Liberatore, Serpieri, Andrea Pazienza: maestri del fumetto italiani dai quali ho imparato e ai quali mi sono ispirato. Ma primo fra tutti, ho amato Milo Manara e le sue donnine, racconti a fumetti come “Il gioco”, “L’uomo di carta”, “L’uomo invisibile”, con la splendida Miele, maliziosa ed esuberante proprio come una delle mie lolite. Milo Manara, quindi, è senza dubbio l’autore che mi ha ispirato di più. 12
Caretta - PIN UP “Crash” Collezione Claudio Bobuz
I tuoi soggetti sono spesso ragazzine in atteggiamento provocatorio, dove si legge una malcelata ironia. A cosa è dovuta questa scelta? Ci potresti raccontare com’è nata questa decisione e la sua evoluzione negli anni? La nascita delle mie lolite è stata del tutto casuale… Nei primi anni della mia carriera, ho dovuto adattarmi a lavorare con stili diversi, che andavano dal Disney, al caricaturale, al realistico. Non era gratificante dal punto di vista professionale, ma era necessario da quello pratico ed economico. Fu in seguito che mi resi conto dei progressi fatti e delle capacità grafiche che avevo sviluppato proprio grazie alle mie doti camaleontiche. Adattarmi a uno stile diverso, così di frequente, mi aveva portato a una visione grafica diversa, anche se ancora in fase di sperimentazione. La prima occasione di propormi al pubblico nelle nuove vesti l’ho avuta lavorando a piccole produzioni, realizzate con lo Studio 3ntini (quando ancora Stefano Trentini non era editore, ma solo uno studio grafico di Milano), per poi passare subito al genere erotico, pubblicando un paio di miei fumetti sulle testate Paprica e Nuvola Bianca. In seguito, con 3ntini Editore, mi riproposi con i miei fumetti e le mie donnine, sulla rivista per adulti Selen. Riuscì ad avere un buon riscontro di pubblico sin dall’inizio, ma capitò qualcosa che proprio non mi aspettavo... mi fu fatto notare che i personaggi femminili che disegnavo nei miei fumetti, con i tratti distorti dallo stile grottesco, avevano una fisionomia simile a quella di maliziose lolite. Poiché questa prerogativa aumentava l’interesse e l’attenzione del pubblico, ho iniziato a ispirarmi proprio a loro. Cominciai a interessarmi al genere e quindi al personaggio della Lolita, anche se sapevo di addentrarmi in un argomento molto delicato e contrastante con il fumetto per adulti. Scoprì un mondo affascinante, morboso e romantico al tempo stesso, ma soprattutto pieno di contraddizioni. Utilizzando quindi i miei personaggi, chiaramente maggiorenni, anche se di un’apparente età indefinita, iniziai a proiettare su di loro quella malizia e quel fascino morboso che contraddistingue normalmente una Lolita. Proprio in quel periodo, alcuni fatti di cronaca che vedevano protagoniste, disgraziatamente, giovani lolite vittime di abusi, avevano catturato la mia attenzione e sdegnato nel modo più assoluto. Con mia grande sorpresa, però, uno dei fatti di cronaca riguardante un insegnante accusato d’aver fatto proposte oscene e abusato di un’alunna si scoprì essere un falso: la giovane liceale aveva accusato il professore per vendicarsi di un brutto voto. Per la giovane Lolita bastò una semplice ammonizione da genitori e autorità, ma il povero docente, anche se scagionato dall’accusa, dovette subire gli sguardi impietosi, i sorrisi e le battute spietate di colleghi, amici e parenti, e portato all’esasperazione fu spinto a tentare persino il suicidio. Mi ero reso conto che, in una società bigotta come la nostra, un argomento delicato come questo, se gestito male, da “estremisti” della morale, maniaci dell’apparenza o istituzioni inadeguate, può creare una tale “caccia alle streghe” da non sapere più chi è la vittima e chi il carnefice. Da che parte stare? La mia coscienza mi spingeva a creare
PIN UP “Kissexy” Collezione Salvini
storie a fumetti di denuncia, impugnando un forcone in una mano, una torcia nell’altra e di gridare “al rogo!”, ma la mia intelligenza mi suggeriva di essere più obiettivo e affrontare l’argomento con lucidità. Decisi di creare situazioni ironiche, sdrammatizzando, con battute e scene goliardiche. Sia nelle illustrazioni che realizzo che nei miei fumetti, cerco di ridicolizzare quegli uomini che tentano di approfittare, con astuzia, dell’inesperienza e della buona fede di una Lolita e provo a deridere allo stesso modo quella Lolita tutt’altro che inesperta e in buona fede la quale approfitta di una situazione in cui parte già avvantaggiata. Cerco, insomma, di non far oscillare troppo l’ago della bilancia, usando la satira come deterrente. Questo è lo scopo finale delle mie creazioni artistiche, oltre al fatto che cerco semplicemente di far divertire il mio pubblico. Da poco sei entrato nello staff Bonelli realizzando Dylan Dog, una vera e propria icona del fumetto italiano. Quali sono i tuoi rapporti con questo personaggio, apparentemente distante dai tuoi precedenti lavori, e che differenze hai riscontrato disegnando per un prodotto seriale? Entrare a far parte dello staff di Bonelli è stato un privilegio e un ulteriore privilegio disegnare Dylan Dog, personaggio che ho sempre amato. Adattare il mio stile a quello bonelliano certamente non è stato facile e non credo d’aver ancora raggiunto il risultato grafico ottimale, vale a dire una via di mezzo accettabile tra il mio stile e quello realistico o bonelliano. Riguardo al genere horror, ho avuto sin da piccolo una vera e propria passione, con scorpacciate di film e, sul genere, maratone di classici e documentazioni varie. Quindi disegnare Dylan, per me, è un altro sogno che si realizza. 13
Ci puoi descrivere la differenza di approccio e quindi di realizzazione tra una tavola e un’illustrazione e come ti approcci alla realizzazione dell’una e dell’altra. Forse l’unica differenza tra un’illustrazione e una tavola di un fumetto è che nella prima si dispone di un’unica immagine per raccontare qualcosa, mentre nella seconda si può disporre di un certo numero di immagini suddivise in vignette. Non ci sono altre differenze, almeno per quello che riguarda me, il mio stile e i principi che seguo quando realizzo un’opera. Sia per la realizzazione di un’illustrazione che di una tavola a fumetti, bisogna sempre tener conto “dell’impatto visivo”, accostando bene i colori, se la tavola è a colori, o bilanciando bene i neri, se la tavola è in bianco e nero. È necessario che la tavola, sia nel caso dell’illustrazione che della tavola a fumetti, venga letta con una certa disinvoltura, quindi è importante dare il giusto senso narrativo. Ci sarebbero poi, per quello che mi riguarda, altre piccole accortezze, ma non si possono svelare anche i segreti… Nell’arco della tua carriera, hai avuto esperienze per il mercato italiano, per quello francese e per quello americano. Che differenze hai rilevato e con quale di questi hai avuto più soddisfazioni professionali?
Quali pensi siano le differenze tra il mercato italiano, quello franco/belga e quello americano?
Mi rincresce dirlo, ma purtroppo il fumetto in Italia, almeno quello d’autore, rischia di scomparire del tutto. Nonostante il nostro Paese abbia sfornato mostri sacri del fumetto, apprezzati e conosciuti in tutto il mondo, le nostre istituzioni non dimostrano alcun interesse ad accettare il fumetto come forma d’arte, lasciando quindi che muoia del tutto. In America e Giappone, oppure, senza andar tanto lontano, in Francia, Spagna, Portogallo e in altri Paesi dell’Unione Europea, il fumetto viene apprezzato sia come forma d’arte che come forma di comunicazione visiva. L’accoglienza in manifestazioni fieristiche e mostre fuori dall’Italia è completamente diversa e, devo dire, maggiormente gratificante. Mi auguro che presto, anche in Italia, venga riscoperto il fumetto d’autore, perché l’invasione dei manga giapponesi e dei super-eroi americani sta per oscurare del tutto i prodotti italiani.
Moltissimi collezionisti sono attirati dalle commission, un modo per avere un’illustrazione esclusiva del proprio autore/personaggio preferito. Tu sei disponibile a realizzarle? Quali sono i tuoi tempi e i relativi costi? Ma soprattutto, come possono contattarti i nostri lettori?
Negli ultimi anni il mercato delle tavole originali ha subito dei profondi cambiamenti, facendo percepire al collezionista che, oltre ad acquistare una tavola del suo autore/personaggio preferito, ci si porta a casa anche e soprattutto il lavoro di un artista. Tu, dal punto di vista dell’artista, come pensi si sia evoluto questo mercato in Italia e come si evolverà in futuro? Il mercato di tavole originali ha sempre avuto una sua importanza, sia perché un autore si sente più appezzato, sia perché permette al lettore che acquista una tavola di essere partecipe. Credo che nel corso del tempo i collezionisti più accaniti ed esperti si siano resi conto che questo genere di collezionismo può essere considerato anche una forma d’investimento, poiché il valore di alcune tavole aumenta sempre più. Purtroppo, però, anche il mercato del collezionismo si è spostato in gran parte fuori dall’Italia ed è un peccato che anche questi capitali escano dal nostro paese. Io mi auguro che sempre più investitori e appassionati possano interessarsi al genere e a investire… ma di come possa evolversi il mercato non ne ho proprio idea.
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Selen storia 1 colori pg. 3 Collezione Varalda
Le differenze tra questi mercati e quello italiano, come già affermato, è che in Italia l’arte del fumetto non viene né apprezzata a sufficienza né riconosciuta dalle istituzioni e questo incide su tutto.
Capita spesso che riceva delle commissioni da alcuni collezionisti, alcune con indicazioni precise su gusti e tipo di soggetti da ritrarre, mentre, in altre occasioni, il collezionista mi dà carta bianca fidandosi del mio gusto. In entrambi i casi, comunque, credo che l’idea di poter avere un’opera, commissionata appositamente e realizzata da uno dei propri autori preferiti in esclusiva, dia un certo godimento. I miei tempi di realizzazione variano, in base alla complessità dell’opera e del materiale impiegato, da un minimo di due giorni a un massimo di una settimana di lavoro. Ovviamente varia anche il costo di un’opera, che può partire con i 100 euro per un semplice schizzo a matita, dai 300 ai 600 euro per un’illustrazione su cartoncino e, infine, dai 700 a più di 1000 euro per un’opera pittorica di media grandezza. Per contattarmi, basta collegarsi al mio sito Internet ufficiale www.fernandocaretta.com, cercarmi su Facebook o contattarmi direttamente all’indirizzo mail caretta.fr@gmail.com. Che consiglio ti senti di dare a un giovane che vuole intraprendere il mestiere di disegnatore? Il consiglio che posso dare a un aspirante disegnatore è quello di prepararsi a stringere la cinghia dei pantaloni, oppure di scegliere un’altra attività.
BIOGRAFIA Fernando Caretta nasce a Lizzanello (Le) il 29 giugno del 1968. Dall’età di 15 anni fa le prime esperienze, da autodidatta, come grafico pubblicitario, figurinista d’abbigliamento e disegnatore tecnico nell’architettura edile. Nel 1989 si stabilisce a Milano, dove collabora, inizialmente, per lo Studio per Studi di Ignazio e Davide Di Mineo e, in seguito, per lo Studio 3ntini di Edizioni Masters. Realizza quindi alcuni fumetti pubblicati su Skate e Comix Skate, per poi collaborare con Edizioni Eden, per cui illustra storie sul calcio su Curva Bianconera e Curva Neroazzurra. Sempre per Edizioni Eden collabora anche alle testate Paprica e Nuvola Bianca, realizzando due fumetti. Dal 1996 al 1998 lavora per le agenzie pubblicitarie Pro-Ad Service, Option Italia, Sole Luna, McCann-Erickson Italia, Art Machine e Rolando Agenzia Skyrockets, per aziende quali Algida, Eldorado, Europe Assistance, Shell, Omnitel, Lipton, LG Flatron, Chicco, Danone, Galbani e Kodak. Inizia a lavorare per la casa editrice Forte Editore, realizzando raccolte di figurine, albi Gioca Colora per bambini e una serie di fumetti a colori per i settimanali calcistici Squadra Bianconera, Squadra Rossonera e Squadra Neroazzurra. Nel 1996 entra a far parte dello staff di disegnatori di Selen, rivista erotica edita da 3ntini & C., per cui realizza storie a fumetti pubblicate, in Italia, in Storie brevi 1 e Storie brevi 2; in Francia, in Petites Annonces, Sur le bout de la langue e Route 69 (edizioni Vents d’Ouest); negli Stati Uniti, su Insatiable, albo pubblicato da Eros Comix. Altre pubblicazioni sono seguite in Spagna, Germania e Danimarca. Dal 5 al 17 dicembre 1996 partecipa con un’opera illustrata alla mostra dal titolo “Cielo di Piombo” dedicata al sociale e alla lotta all’inquinamento, realizzata dalla Società Umanitaria di Milano. Nel 1997 partecipa con un’opera illustrata alla mostra
PIN UP Collezione Luca Simone
dedicata a Guido Crepax, organizzata sempre dalla Società Umanitaria di Milano. Su [NU], una rivista di foto erotiche d’autore, pubblica alcuni servizi fotografici e fotoromanzi in stile grottesco. Quando Selen chiude i battenti, Caretta inizia a lavorare per Blue, per cui realizza fumetti e servizi fotografici. Sul catalogo Fumetteria, inizia a pubblicare opere illustrate originali, in vendita per il mercato del collezionismo. Nel 2001 crea il personaggio di Nando per la rivista a fumetti The Artist. Pubblica una serie di cartoline, con immagini illustrate, e di annulli filatelici per Kover Kollection FDK (Milano) e un cofanetto con 9 cartoline illustrate per Edizioni Lo Vecchio (Genova). Nel 2002, per la principale fiera del fumetto statunitense, il San Diego Comic-Con International, pubblica un’illustrazione dedicata al 25° anniversario di Star Wars. Negli anni successivi, continua a lavorare per agenzie di pubblicità e piccole produzioni editoriali, realizzando anche opere illustrate per il sito personale www.fernandocaretta. com, gestito da Red Sector Art. Nel marzo del 2007, la casa editrice americana SQP pubblica la raccolta di illustrazioni The Art of Caretta Hard Candy. Nello stesso anno, viene organizzata una mostra di tavole originali al Festival Internacional de Banda Desenhada di Amadora (Portogallo), al fianco di autori internazionali del calibro di Liberatore, Serpieri e Manara. Negli anni seguenti, realizza, con le Edizioni Di (Grifo Edizioni) di Mauro Paganelli, i portfolio Stelle Stelline e Innocenza e Malizia e il libro Le Mie Lolite, che raccoglie fumetti inediti e opere pubblicate sulla rivista Selen. Nel 2013 inizia a lavorare per Sergio Bonelli Editore e pubblica nel 2014 il suo primo fumetto con protagonista l’Indagatore dell’Incubo, dal titolo “In linea con l’Aldilà” per il ventiduesimo volume della serie Dylan Dog Gigante.
PIN UP “Prendi quel libro...” Collezione Salvatore Taormina
PIN UP “Angel” Collezione Michele Mangano
©FERNANDO CARETTA all rights reserved 15
Dossier
INCORNICIATURA CONSERVATIVA E PREVENZIONE DEI DANNI IRREVERSIBILI
È l’incubo peggiore di ogni collezionista di tavole originali o di arte in generale: la corretta conservazione ed esposizione dei propri tesori. Vediamo qualche consiglio su come prevenire i mali peggiori che possono essere causati da una cattiva incorniciatura o da una conservazione non corretta.
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di Alessandro Maio
Le correnti di pensiero di chi colleziona originali sono diverse e spesso contrastanti. C’è chi ritiene indispensabile proteggere le proprie acquisizioni mettendo in campo tutti i mezzi possibili, chi ritiene invece di non dover fare nulla perché il rischio non sussiste e chi infine non si è nemmeno posto il problema perché ignaro delle possibili conseguenze di una errata esposizione o conservazione delle tavole. Una cosa è certa, chi ha avuto modo di visionare molto materiale proveniente da collezioni diverse, confrontando pezzi esposti alla luce oppure inseriti in raccoglitori più o meno idonei, sa riconoscere bene il tipo di danneggiamento che può aver subito il supporto cartaceo ed eventualmente anche il contenuto “grafico” vero e proprio del lavoro. Cominciamo col dire che con il tempo qualunque materiale può subire danni, a seconda ovviamente della fragilità intrinseca, in base a processi chimici e fisici più o meno complessi dovuti alle interazioni con l’ambiente circostante. La carta, in particolare, è uno dei materiali più delicati e passibili di variazioni di stato che possono essere anche devastanti se non correttamente gestiti. La causa, fondamentalmente, è da ricercare nella struttura chimica della carta stessa. Tutti sanno che questo materiale è composto da fibre di cellulosa, un polimero costituito da un numero elevatissimo di molecole legate tra loro e organizzate in strutture che ne caratterizzano la resistenza nel tempo. Queste strutture, tuttavia, possono degradarsi in seguito al variare delle condizioni di acidità che in casi più o meno estremi portano alla rottura e quindi al danneggiamento irreversibile delle fibre, con conseguenze anche gravi nel tempo. I fattori che possono indurre l’azione degli acidi, naturalmente, sono molteplici. Ad esempio la carta stessa, soprattutto se di bassa qualità e costo, può contenere nell’impasto sostanze acide in percentuali molto elevate, ad esempio troppa lignina o resine vegetali aggressive. Altre cause che favoriscono questi rischi possono ritrovarsi nella migrazione degli acidi, tipicamente quando un foglio di carta viene messo a contatto con altri materiali aventi un fattore pH particolarmente basso (una delle caratteristiche degli acidi, infatti, è il passaggio da un materiale all’altro fino al raggiungimento di un equilibrio, ovvero di una “contaminazione”, generale).
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I famosi (e costosi) raccoglitori ITOYA nei loro vari formati.
Un esempio di come si presenta l’interno di un raccogliotore Itoya durante l’inserimento di un originale
Un fattore da non sottovalutare, poi, è quello dovuto all’inquinamento atmosferico, che in zone con particolari concentrazioni può accelerare il processo chimico di deterioramento. Uno dei fattori di rischio più importanti, tuttavia, si deve alla esposizione della carta a sorgenti luminose, sia di tipo naturale che artificiale. L’esposizione alle radiazioni elettromagnetiche di tipo UV, ovvero la luce ultravioletta soprattutto solare, determina infatti il fenomeno noto come ossidazione, una reazione di natura chimica responsabile sia dell’ingiallimento precoce della carta sia della idrolisi acida –ovvero la rottura dei legami della cellulosa– due processi che sono oltretutto correlati in maniera indissolubile e che si favoriscono a vicenda. Esistono ovviamente altri fattori importanti che possono influire sul deterioramento della carta, non solo di tipo chimico ma anche fisico. Pensiamo ad esempio alla variazione di umidità nell’ambiente, che se non tenuta sotto controllo in maniera corretta può creare problemi al materiale cartaceo che di natura è igroscopico, ovvero in grado di assorbire molecole d’acqua dall’ambiente circostante. Lo stesso discorso può essere applicato alla variazione eccessiva di temperatura, che può creare pericolosi fenomeni di condensa, ovvero il passaggio del vapore acqueo normalmente presente nell’atmosfera da uno stato gassoso ad uno liquido che si deposita poi sulla superficie cartacea. Variazioni non controllate di temperatura e umidità, inoltre, sono direttamente responsabili dello sviluppo di microrganismi come batteri, spore e muffe, che sono in grado di attaccare la carta e danneggiarla severamente, così come di alterarne la struttura cromatica (ricordiamo ad esempio le pigmentazioni rossastre comunemente denominate come “foxing”). Come se non bastasse, queste pessime condizioni microclimatiche favoriscono l’insorgere di parassiti e piccoli animali, come i pericolosissimi pesciolini d’argento (Lepisma saccharina) che si nutrono purtroppo delle sostanze contenute nella carta, oppure i non meno temibili Collemboli, minuscoli artropodi che si cibano a loro volta delle sostanze collanti presenti in certe tipologie cartacee.
La conservazione delle tavole originali Come abbiamo brevemente visto, i fattori che possono causare il deterioramento del supporto cartaceo abitualmente utilizzato per la realizzazione delle tavole originali sono molteplici. La velocità con cui questo deterioramento potrebbe avvenire, è dipendente dal numero di fattori che intervengono e dalla incuria dovuta alla fruizione di queste opere. Una tavola esposta alla luce diretta del sole è incline a rovinarsi in tempi molto più brevi rispetto ad un’altra esposta in zone che ricevono solamente luce indiretta. In tal senso, però, vogliamo anche sfatare uno dei maggiori luoghi comuni per cui si ritengono assolutamente al sicuro le opere esposte in zone non direttamente soleggiate: in questo caso i processi chimici di ossidazione e idrolisi acida sono solamente rallentati, ma non si fermano mai completamente, per cui senza le giuste precauzioni il danno sarà solamente rimandato in un arco temporale più o meno lungo (così come è impossibile veder crescere un albero giorno dopo giorno per la mancanza di un confronto, è altrettanto impossibile osservare il lento deterioramento di una tavola negli anni, come ben sa chi possiede magari due originali provenienti dalla stessa storia conservate in maniera differente e messe a confronto dopo qualche tempo). Per chi non desidera incorniciare ed esporre le proprie tavole, i passi necessari per una corretta conservazione sono ovviamente più brevi. La prima cosa da tener presente è l’utilizzo di raccoglitori, o portfolio, realizzati con materiali “acid free” ovvero con sostanze non acide. Come visto, infatti, gli acidi non solo sono in grado di rompere le strutture della carta e quindi di indebolirla e corroderla, ma anche di partecipare e velocizzare i processi di alterazione cromatica delle fibre di cellulosa, come ingiallimento o brunitura. Per questo motivo è necessario rivolgersi a produttori che non fanno uso di PVC, un materiale plastico molto usato ma fortemente acido e facilmente deteriorabile in ambienti umidi (spesso, quando non correttamente marchiato, il PVC è riconoscibile per il suo aspetto flessibile e per l’odore solforoso a volte acre che emana). Sono invece consigliabili quei raccoglitori che hanno tasche trasparenti realizzate in polipropilene, un materiale che non lascia trasudare l’umidità ed è soprattutto privo di sostanze acide, essendo caratterizzato da pH neutro, per cui esente 17
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dal problema della migrazione di acidi dalle tasche al supporto cartaceo. Oltre ad essere sufficientemente robusto, è un materiale abbastanza economico e per questo utilizzato per la creazione di raccoglitori idonei alla conservazione di tavole da parte di moltissimi produttori, come la statunitense Itoya o la francese Prat. Pur essendo dotato di una buona stabilità chimica, l’unico problema del polipropilene, soprattutto quello a bassa densità, è che può vedere mutate le proprie caratteristiche protettive dopo qualche anno di uso. Inoltre, in casi particolari, può determinare il trasferimento di alcuni inchiostri dal supporto cartaceo alle tasche del raccoglitore, così come il distacco del bianchetto (una speciale vernice liquida coprente che viene frequentemente utilizzata dagli artisti come correttore o per la creazione di effetti particolari). Aggiungiamo, però, che oggi molti produttori trattano la superficie di queste tasche in maniera da evitare efficacemente anche i problemi sopra descritti. Chi desidera un livello di protezione ancora superiore, può invece rivolgersi a raccoglitori con tasche realizzate in poliestere, un film plastico caratterizzato da una eccellente stabilità e resistenza chimica, cosa che lo rende tra l’altro l’unico materiale approvato dalla Biblioteca del Congresso statunitense per la conservazione di libri e documenti storici in generale. Il poliestere, il cui nome commerciale più famoso è Mylar della DuPont, oltre che privo di acidi è anche inerte e quindi in grado di proteggere efficacemente la carta, non solo dalla idrolisi o da muffe, ma anche dai rischi di trasferimento degli inchiostri e dalla interazione con altre sostanze, grazie alla sua elevatissima resistenza. L’unico, veniale, punto debole del poliestere è dato dalla sua particolare sensibilità ai raggi UV, che ne causano l’ingiallimento e l’indebolimento precoce. Per questo motivo, nel caso si faccia uso non di portfolio ma di buste sfuse, è raccomandabile conservarle al buio o, in alternativa, acquistare buste speciali prodotte in Mylar trattato con sostanze in grado di bloccare almeno il 98% dei raggi ultravioletti, sebbene caratterizzate da un costo più elevato. Particolare attenzione, poi, va prestata anche ai cartoncini di supporto che a volte vengono utilizzati nelle buste sfuse, così come ai divisori di colore nero che si trovano praticamente in tutti i raccoglitori posti in vendita. Come per tutto il materiale posto a contatto con supporti cartacei, è bene sincerarsi che anche questo sia privo di componenti acide. Una volta organizzata la propria collezione nei raccoglitori o buste, vanno ovviamente messe in atto tutte quelle cautele necessarie per ridurre i fattori di rischio già evidenziati. È bene quindi conservare il materiale lontano da fonti di calore, come termosifoni o termoconvettori, tenendolo contemporaneamente al riparo da luce solare e lampade fluorescenti o alogene non schermate (fonti di elevate radiazioni ultraviolette). Allo stesso modo è necessario sincerarsi che nell’ambiente la temperatura sia ragionevolmente tenuta controllata, senza quindi variazioni eccessive, così come preferire ambienti non troppo caldi e con un’umidità relativa bassa, condizioni raccomandate sia per evitare il fenomeno della condensa che l’insorgere di pericolosi microrgarnismi. Carte particolarmente delicate andrebbero infine maneggiate con cura, verificando sempre di non contaminarle con sostanze che possono essere presenti sulle mani, tra cui anche il sudore (può far sorridere chi fa uso di guanti di cotone bianco traspirante, ma basti pensare che questa è la norma sia per quanto riguarda i curatori di importanti case d’asta che bibliotecari preposti allo studio e alla preservazione di libri e documenti importanti). La regola principale da tenere sempre presente è che tutti i danni causati da radiazioni UV o dovuti a fenomeni di condensazione ed errata conservazione in generale, sono purtroppo irreversibili. 18
Esempio di cornice con paspartù a vetro. Ideale anche per poter mostrare eventuali prove dell’autore sul retro del foglio.
Meglio quindi pensare in anticipo a quali precauzioni mettere in campo, piuttosto che dolersi in seguito di eventuali danni che non solo possono inficiare il valore prettamente economico di un pezzo, ma soprattutto metterne in pericolo la godibilità visiva ed estetica. L’incorniciatura conservativa È innegabile come uno degli aspetti primari dell’incorniciatura sia legato ad esigenze decorative ed espositive. Negli ultimi anni, tuttavia, sono accresciute anche le richieste di chi vuole coniugare l’aspetto estetico di una cornice con un efficace trattamento conservativo, al fine di preservare il più possibile lo stato di conservazione di una tavola originale. Il consiglio principale, in questa situazione, è quello di rivolgersi ad un corniciaio professionista, che sarà in grado di valutare correttamente la situazione e scegliere il materiale migliore per l’incorniciatura, sempre che l’opera non sia già danneggiata e richieda l’intervento di un restauratore, onde evitare di peggiorare il deterioramento subito. Ad ogni modo, le regole fondamentali di qualunque incorniciatura conservativa sono molto semplici: l’opera –la tavola originale in questo caso– non deve subire alcuna alterazione durante l’esposizione alla luce così come non deve patire danni dovuti a umidità oppure causati dal contatto con materiali acidi o altri agenti in grado di mettere a repentaglio il supporto. L’incorniciatura deve essere inoltre completamente reversibile, poiché l’opera deve tornare al suo stato originale senza aver subito modifiche di qualunque tipo dovute alla lavorazione o ai materiali utilizzati. Diamo ora uno sguardo ai principali materiali che vengono impiegati durante le fasi di lavorazione, cominciando da quello che probabilmente è il più importante: il vetro. Come detto in precedenza, l’effetto dei raggi ultravioletti dovuto alla luce che investe l’opera può essere deleterio, sia nel caso di esposizione alla luce diretta che a quella indiretta. Gli effetti principali vanno dal deterioramento e ingiallimento del supporto cartaceo fino allo sbiadimento
dei materiali utilizzati dall’artista per la realizzazione della tavola, soprattutto se delicati e non molto stabili (ad esempio, a differenza della resistentissima china, sono molto rischiosi da esporre senza una adeguata protezione disegni realizzati con pennarelli o matite non stabilizzate, così come acquerelli, spesso di vecchia produzione, costituiti da pigmenti con legami non particolarmente forti). Per questi motivi un vetro normale utilizzato come barriera all’irradiazione luminosa non basta, dato che permette il passaggio di una quantità troppo elevata di raggi UV (per fare un semplice esempio, basti pensare a come si danneggiano rapidamente gli oggetti cartacei o d’arredamento che vengono lasciati per troppo tempo nelle vetrine di certi negozi). È necessario quindi pretendere vetri che abbiano subito trattamenti speciali per renderli resistenti al passaggio dei raggi ultravioletti (ad esempio quelli prodotti dalla statunitense Tru Vue, uno dei pionieri del settore). Questi vetri conservativi sono infatti in grado di filtrare almeno il 97% dei raggi UV, grazie alle proprietà bloccanti di uno speciale strato di silicio inorganico “inserito” durante la lavorazione del vetro. Se non è consigliabile utilizzare vetri in grado di filtrare quantità inferiori al 97% di ultravioletti, esistono invece lastre con caratteristiche di protezione ancora superiori, spesso associate a trattamenti antiriflesso che rendono quasi invisibile la presenza del vetro stesso offrendo una esperienza visiva straordinaria, soprattutto nel caso di opere a colori (chiamati “vetri museali”, si riconoscono perché in particolari condizioni di luce e angoli di visione con stretta incidenza è possibile notare un leggero effetto di iridescenza verde/azzurrognola in corrispondenza delle fonti luminose). Oltre al vetro, oggi è possibile fare uso anche di speciali lastre in acrilico trasparente (plexigass), che in certe condizioni hanno il vantaggio di essere più leggere e infrangibili ma con le stesse caratteristiche conservative del vetro. Inoltre, grazie all’uso di plexigass “museali” dotati di proprietà antistatiche, queste lastre possono risultare indispensabili nel caso di incorniciatura di opere realizzate anche con tecniche particolari, come pastelli o carboncino, che potrebbero avere dei problemi con i vetri anti-UV tradizionali. 19
Anche la scelta del passepartout, elemento fondamentale non solo per il fattore estetico ma soprattutto per quello funzionale, rappresenta un passo importante. Oltre ad uno spessore consistente, se di qualità, la caratteristica principale di un buon passepartout risiede nel fatto di avere il taglio del bordo interno (la “finestra” della tavola) eseguito con uno smusso di 45°, cosa indispensabile per evitare di proiettare una zona d’ombra sul supporto cartaceo. Grazie al suo spessore, inoltre, il passepartout evita che la tavola venga costantemente tenuta a contatto con il vetro, cosa che nel tempo potrebbe creare problemi di muffa e condensa a causa della differenza di temperatura tra l’interno della cornice e l’esterno. Naturalmente anche il passepartout deve essere realizzato con un materiale completamente privo di acidi, preferibilmente da entrambi i lati (quelli di maggior qualità, denominati “museali”, sono fabbricati interamente in fibra di cotone). Tenendo inoltre presente che il supporto cartaceo è sempre a diretto contatto con il passepartout, vogliamo sottolineare come una sua scelta sbagliata potrebbe determinare nel tempo una migrazione di acidi in grado di corrodere la superficie della tavola, alterandone anche la cromia lungo i bordi della finestra. Esempio di cornice con paspartù passante al di sopra del foglio. Utile per coprire eventuali tagli al foglio dell’originale (come spesso accadeva nella composizione tipografica degli anni passati).
Se per qualunque motivo non dovesse essere possibile utilizzare un passepartout, si rende allora necessario ricorrere a speciali distanziali il cui scopo è sempre quello di allontanare il supporto cartaceo dalla lastra di vetro. Dopo vetro e passepartout, naturalmente, viene posta la tavola che a sua volta deve essere sorretta da un foglio di materiale rigido rigorosamente privo di acidi (anche in questo caso è consigliabile fare uso di cartoni “museali” interamente fabbricati in cotone), e infine uno strato di chiusura che solitamente è costituito da un foglio di poliuretano, che pur non essendo a contatto con l’originale è comunque preferibile che sia privo di acidi. Per fissare il supporto cartaceo al resto della struttura devono essere sempre impiegati materiali idonei e privi di acidi (ad esempio carta di riso, colla di amido, triangolini e strisce in Mylar, oppure l’usatissimo nastro Filmoplast P90 prodotto dalla Neschen, che però, sebbene acid free, non dovrebbe mai essere posto a diretto contatto con la tavola per evitare eventuali problemi di reversibilità futura). Assolutamente banditi sono ovviamente i nastri adesivi e le colle generiche non reversibili, in grado di rovinare e macchiare in maniera irrimediabile i propri originali. A questo punto il lavoro del corniciaio è quasi terminato, non resta infatti che montare la cornice (da tenere rigorosamente lontana dal supporto cartaceo a causa dell’alta percentuale di lignina acida contenuta) e chiudere per ultimo il retro del pannello con del nastro al fine di proteggere l’interno da polvere e agenti esterni.
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Questa guida fornisce il corretto esempio per mettere in cornice un originale. Naturalmente vanno poi considerate le fonti di calore e di illuminazione dell’ambiente per poter mantenere la corretta conservazione dell’opera.
Considerazioni finali Il momento più bello per il collezionista, è rappresentato certamente dall’esposizione del pezzo così incorniciato. A tal proposito, però, si raccomanda di evitare comunque la luce diretta del sole, contro la quale nessun vetro potrà mai garantire protezione sufficiente, e di non collocare mai la tavola sopra fonti di calore o su pareti con forte escursione termica, soprattutto se esposte a nord, per evitare i ben noti problemi di muffa e condensa. In tal senso, un consiglio efficace è quello di applicare dei piccoli feltrini ai quattro angoli della cornice, in maniera tale da distanziare il pannello dalla parete e consentire una buona circolazione dell’aria.
Esempi di vetro museale. Sicuramente la migliore, ma più costosa, soluzione per la conservazione di un originale.
L’incorniciatura conservativa sicuramente richiede tempi di realizzazione non brevi, così come costi più elevati dovuti anche al materiale impiegato. Se pensiamo però alle quotazioni raggiunte da certi originali, risparmiare sull’incorniciatura potrebbe essere una decisione poco saggia e forse nemmeno troppo rispettosa di quelli che saranno i collezionisti o, meglio, i custodi del domani. Come sempre, ai posteri l’ardua sentenza…
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Dossier
FLOYD GOTTFREDSON il “secondo” papà di Topolino!
Può sembrar e un tit olo f or t e ma a tutti g li edf f e tti se Walt Disney è i l c r e a t o r e d i To p o l i n o , M r G o t t f r e d s o n è l ’ i l l u s t r a t o r e c h e l o h a cresciuto stilisticamente...
di Willy Brignone
Senza Floyd Gottfredson, il Topolino che conosciamo oggi non sarebbe quello che è. Gottfredson, oltre che padre adottivo di Mickey Mouse, è colui che «lo ha fatto crescere, forgiandone la personalità nobile ma sbarazzina, e portandolo alla maturità dei capolavori1» degli anni ‘30, ‘40 e ‘50 del secolo scorso. Topolino aveva debuttato al cinema nel 1928, nel celeberrimo cortometraggio Steamboat Willie. In quegli anni il fumetto sindacato era in grande espansione ed il King Features Syndicate offrì a Walt Disney la possibilità di trasferire le avventure del topo sulle pagine dei giornali. Disney pensava che il futuro fosse rappresentato dal cinema d’animazione ed i fumetti fossero semplicemente un fenomeno del passato; tuttavia ritenne che le strisce giornaliere potessero fare da traino ai suoi cortometraggi e dunque accettò di buon grado la proposta di Hearst. La strip debuttò a gennaio del 1930. Le sceneggiature delle prime dailies furono scritte dallo stesso Walt Disney; le matite furono disegnate da Ub Iwerks, mentre gli inchiostri furono affidati a Win Smith. Iwerks, però, ben presto smise di disegnare la strip e Walt Disney intendeva fare lo stesso con la sceneggiatura: Win Smith si innervosì e lasciò dunque il lavoro, mal sopportando di dover sottostare agli ordini di un capo più giovane di lui. Disney offrì dunque l’incarico a Gottfredson, che presso gli Studios svolgeva da qualche tempo l’incarico di intercalatore. Gottfredson, che vedeva davanti a sé un futuro da animatore, accettò dopo la rassicurazione che la mansione sarebbe stata temporanea: tutto si aspettava, salvo che l’incarico sarebbe invece durato 45 anni e mezzo. Il King Features Syndicate fin dal marzo 1930 chiese alla Disney di sviluppare una continuity avventurosa per le strisce di Topolino: è il punto di svolta, è l’inizio dell’epopea. Per Mickey Mouse la continuità non è semplicemente la continuazione della vicenda da una striscia giornaliera all’altra, ma anche il collegamento tra una storia e l’altra. La vicenda di Topolino si snoderà senza soluzione di continuità fino al 1955, quando il King Features Syndicate richiederà il ritorno alle strisce autoconclusive. È quello il periodo della maturità artistica di Gottfredson, purtroppo d’ora in poi messa a frutto soltanto per le gag giornaliere. Dal 1930 al 1975 Micky Mouse cambia aspetto alcune volte. Dal 28 novembre 1932 perde la sottile linea che fino ad allora ha contornato la parte superiore degli occhi (dall’8 gennaio 1933 nelle tavole domenicali). Dal 22 dicembre 1938 gli occhi vengono muniti di iridi, per uniformare graficamente il Topolino dei fumetti 22
Sei delle strisce disegnate a matita da Gottfredson per la sequenza tratta da Topolino nella Valle infernale furono ritrovate e pubblicate nel gennaio 1999 su Walt Disney’s Comics and Stories n. 632]
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Pagina 44 per WDCS # 63 (dicembre1945)
a quello dei film d’animazione, dove sono utili ad aumentare l’espressività del volto; entro pochi giorni, il 16 gennaio 1939, le pupille perderanno la tipica luce triangolare, a “fetta di torta”. Il bacino si va restringendo e dal 1941 perde del tutto la rotondità degli esordi . Dal 4 agosto 1944, Topolino veste camicia e pantaloni lunghi, smettendo definitivamente i caratteristici calzoni corti rossi ornati da due grossi bottoni rotondi che ha sin qui indossato (dal 31 dicembre 1944 nelle tavole domenicali). Sempre dal 4 agosto 1944 e fino all’11 febbraio 1946 la sua coda è nascosta alla vista dei lettori. In oltre 45 anni di carriera, Floyd Gottfredson ha disegnato più di diecimila strips: dovrebbero dunque esserci tavole originali in abbondanza per tutti i collezionisti. La realtà purtroppo non è forse così rosea. Come è noto, la Disney ha raramente concesso agli autori la possibilità di tenere gli originali, preferendo conservarli in archivio, che fosse il proprio o quello dei licenziatari. Ciò ha consentito di conservare molto materiale prezioso, ma soltanto fino al momento in cui questi originali non sono stati mandati al macero. È successo con buona parte delle tavole originali di Carl Barks ed è successo con una certa parte dell’archivio delle storie italiane create su licenza da Mondadori. Per quanto riguarda le strip originali di Gottfredson, non è naturalmente possibile sapere quante se ne siano salvate: ma, per la fortuna dei collezionisti, con regolarità ne vengono messe in vendita tanto dalle grandi case d’asta, quanto dai dealers, dalle gallerie specializzate e dai privati su eBay. Le quotazioni variano a seconda del periodo di realizzazione dell’opera: dagli US$ 30.000 delle domenicali degli anni ‘30 alle poche centinaia di dollari delle giornaliere degli anni ‘70 e sostanzialmente confermano quanto indicato da Jerry Weist nella terza edizione de The Comic art Price Guide (2011); in particolare: per le strisce giornaliere, quelle del ‘31’34 da US$ 5.000 a US$ 15.000, quelle del ‘35-’38 da US$ 2.000 a 8.000, quelle del ‘38-’41 da US$ 1.000 a US$ 2.000, quelle del ‘42-’60 da US$ 300 a US$ 1.000, quelle del ‘61’75 da US$ 100 a US$ 500; per le tavole domenicali, quelle del ‘38-38 da US$ 20.000 a US$ 30.000. Ce n’è dunque per tutte le tasche: a titolo d’esempio recentissimo, la divertente daily del 15 febbraio 1957 è stata aggiudicata su Heritage durante la Comics & Comic Art Signature Auction - Dallas #7093 del 15-17 maggio 2014 ad US$ 597,50 (incluso BP). La produzione sindacata Disney è peraltro ignota alla stragrande maggioranza del pubblico statunitense, dal momento che gran parte delle strisce giornaliere non sono più apparse negli USA dopo la prima pubblicazione sui quotidiani: Walt Disney’s Comics and Stories smise di ristamparle all’inizio degli anni ‘50 e soltanto alla fine degli anni ‘80 il Mickey Mouse della Gladstone ne ha
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Daily del 15 febbraio 1957
In merito alla tecnica di lavoro, è lo stesso Gottfredson a descriverla nel paragrafo The way I work, parte di un articolo scritto dallo stesso Gottfredson per la rivista The Illustrator, autunno 1976. «Le strisce giornaliere di Topolino erano disegnate nelle dimensioni di 5” x 17¾” (circa 12,7 x 45 cm., N.d.T.) su cartoncino liscio Strathmore a tre strati. Ho trovato la superficie ultra liscia del cartoncino troppo sdrucciolevole per la matita, ma eccellente per inchiostrare con il pennino. Ho risolto il problema della matita cancellando la superficie del foglio con una gomma Faber-Castell Parawhite. Questo dava alla carta una superficie buona per il disegno a matita. Disegnavo con una matita Scripto (per evitare la continua affilatura della punta) utilizzando una mina Scripto blu. Questa mina dà un effetto vellutato, ma deve essere cancellata dopo l’inchiostrazione, se il disegno deve essere riprodotto, perché contiene un po’ di rosso e può essere catturato fotograficamente. Inchiostro tuttora con una penna Gillot #290. Veramente, tengo tre pennini #290 in un diverso stato di usura. Inchiostro tutte le linee di contorno più pesanti con il pennino più morbido e più usurato, le linee di medio spessore con il pennino mediamente usurato e quelle più fini (le linee dei capelli) con il pennino più nuovo o meno usurato. Questo metodo non solo mi aiuta a pensare in termini di varietà di spessore delle linee, ma, se faccio cadere la mia penna preferita e rompo la punta del pennino, ne ho un’altra praticamente identica per sostituirla. Il pennino Gillot #290 è difficile da controllare, ma è di gran lunga il più flessibile e il più versatile una volta imparato ad usarlo. A causa della difficoltà della #290, molti principianti cominciano con la penna Gillot #170 e poi gradualmente arrivano alla #290. è un buon modo pragmatico per arrivarci. Uso la Hunt’s lettering pen #400-6 per il lettering normale e la Eagle’s Lyceum Pen #E110 per il lettering in grassetto. Tengo le penne in modo da rendere le linee sottili sui tratti verticali e più spesse sull’asse orizzontale, per un migliore aspetto del
ripubblicate alcune. L’editore Fantagraphics dal 2011 ha iniziato l’edizione critica della Floyd Gottfredson Library, che al momento copre gli anni dal 1930 al 1937: per fortuna dei collezionisti europei, perciò, molti dei colleghi americani non conoscono neppure l’esistenza dei fumetti Disney e le quotazioni degli originali sono ancora relativamente basse.
Tre strisce dal 12 aprile al 14 aprile del 1945. Collezione Gunnarsson
Alla fine dell’autunno del 2013 sono venute alla luce su eBay alcune strisce degli anni ‘40 che erano state tagliate e poi rimontate per le pagine di una serie di comic books, i Walt Disney’s Comics and Stories. La pagina 44 per WDCS # 63 (dicembre1945), ad esempio, è stata creata rimontando alcune strisce pubblicate da pochi mesi: comprende l’ultima vignetta della striscia del 14 marzo del 1945, le intere strip del 15 e del 16 marzo e le prime tre vignette della striscia del 17 marzo. Nonostante i pesanti interventi grafici subìti in sede redazionale (uso del bianchetto per cancellare la firma Walt Disney, rimozione del doppio copyright Walt Disney Productions e King Features Syndicate, ritaglio disinvolto delle vignette ed integrazione dei disegni per adattarli al formato della nuova pagina), la tavola è stata aggiudicata su eBay il 27/11/2013 a US$ 5.522. Analoga tavola ha trovato collocazione nella prestigiosa collezione di Joachim Gunnarsson, che ringraziamo per l’immagine: proveniente dalla stessa storia, è formata dalle vignette delle tre strisce dal 12 aprile al 14 aprile del 1945. Questi ritrovamenti chiariscono uno dei motivi della rarità delle tavole originali: questo materiale è stato «distrutto dopo la stampa per fare spazio nei magazzini, non avendo più alcuna funzione dal punto di vista editoriale2». 25
lettering. La punta della Hunt # 400-6 può essere ampliata, volendo, scrivendo a secco l’alfabeto un paio di volte (senza inchiostro) su una pietra abrasiva di carborundum. Stendo i neri con un pennello Finepoint #3 e uso inchiosto Pelikan nero. La cancellazione delle matite, dopo l’inchiostrazione, può esser fatta in sicurezza senza danneggiare l’inchiostro con la cara vecchia Artgum. La zona per la retinatura può essere delimitata con un leggero stratto di inchiostro azzurro, ottenuto diluendo con l’acqua dell’inchiostro Pelikan turchese.» C’è da aggiungere che, per un certo periodo a cavallo tra la fine degli anni ‘30 e l’inizio degli anni ‘40, Gottfredson ha utilizzato un particolare tipo di cartoncino, il Craftint, che incorporava un retino chimico. La carta Craftint, mediante l’uso di apposite soluzioni chimiche, rivelava uno o due strati di ombreggiatura diagonale. Invece di disegnare il proprio tratteggio, o utilizzare il retino fotografico di acetato trasparente, era in questo modo possibile “dipingere” diversi tipi di ombreggiatura. Non solo gli originali delle daily strip e delle Sunday page sono oggetto dei sogni dei collezionisti. Com’è noto, il collezionista Malcom Willits ha commissionato a Gottfredson una serie di acquerelli ispirati alle avventure classiche di Topolino. La serie ufficiale ne conta 24, realizzati tra il 1978 ed il 1983. Questi dipinti sono poi stati dispersi all’asta a partire dal 1993 tramite Howard Lowery; diversi tra questi risultano negli archivi di Heritage: uno aggiudicato ad oltre US$ 66.000, gli altri tra US$ 4.481,25 e US$ 8.962,50. Misteri delle vendite all’incanto, considerato che uno di essi risulta venduto tre volte, la prima ad US$ 8.365, la seconda a U$$ 4.481, 25, la terza a US$ 5.526,88 [1]. Altri acquerelli sono peraltro stati dipinti dall’autore anche prima del pensionamento, a partire da quello realizzato nel 1942 per il compleanno di William Randolph Hearst [2], il potentissimo magnate della stampa proprietario del King Features Syndicate.
(1): Illustrazione degli archivi Heritage
(2): Illustrazione del 1942 per il compleanno di William Randolph Hearst
Anche questi vengono saltuariamente messi in vendita, come quello aggiudicato su Heritage alla Comics Signature Auction - Beverly Hills #7084 del 21-23 novembre 2013 per US$ 1.434. [3] Si tratta di disegni ad acquerello con uno o due personaggi, più curati di una convention sketch, ma ben lungi dalle illustrazioni complesse della collezione Willits.
(3): Illustrazione venduta da Heritage alla Comics Signature Auction Beverly Hills #7084 del 21-23 novembre 2013 26
BIOGRAFIA: Floyd Gottfredson nasce il 5 maggio 1905 nella stazione ferroviaria di Kaysville (Utah) di cui il nonno materno è capostazione. Ancora bambino, a undici anni, perde la sensibilità della mano destra in seguito ad un incidente di caccia: è durante la lunga convalescenza che cresce in lui la passione per il disegno. A tredici anni si iscrive ad un corso di disegno per corrispondenza: per pagarsi gli studi vende a domicilio il libro scritto dal nonno paterno sulle traversie da questi vissute in qualità di pioniere mormone. Nel 1924 sposa Mattie Mason; nel 1925 nasce il primo figlio. Nel 1926 segue un altro corso di disegno per corrispondenza, mentre lavora come proiezionista e cartellonista per una piccola catena di cinematografi. Dal 1927 disegna stabilmente alcune vignette per periodici dello Utah e dell’Indiana. Nel 1928 vince il secondo premio ad un concorso indetto dalla America Tree Association. Sperando in un futuro da cartoonist, Floyd Gottfredson si trasferisce con la famiglia a Los Angeles, ma è solo alla fine del 1929 che riesce a presentarsi allo Studio Disney ed a conoscere Walt, che lo lo assume come intercalatore. Disney sembra però avere altri progetti per il giovane disegnatore. Dopo qualche cortometraggio da protagonista, a gennaio del 1930 Topolino era diventato il titolare di una striscia giornaliera distribuita dal King Features Syndicate. Avendo ben presto i titolari della serie Ub Iwerks e Win Smith lasciato lo Studio, Walt chiede a Gottfredson di occuparsi temporaneamente della striscia: Floyd accetta e dal 5 maggio 1930 debutta al disegno di Topolino, non sapendo che dovrà continuare a dedicarvisi fino alla pensione. Ben presto, anzi, gli sono affidate anche le sceneggiature: il KFS ha richiesto una continuity di intracci avventurosi. Dal 1932 Gottfredson è responsabile anche del disegno delle tavole domenicali di Topolino (fino al 1938) nonché supervisore del Reparto Fumetti: non potendo più occuparsi delle sceneggiature, affida il compito via via a Webb Smith, Ted Osborne, Merril de Maris, Bob Karp, Dick Shaw, riservandosi il soggetto ed il disegno. Sarà aiutato con gli inchiostri, tra gli altri, da Earl Duvall, Al Taliaferro, Ted Thwaites, Bill Wright, Dick Moores, Manuel Gonzales. È in questo periodo che nascono personaggi immortali, quali Macchia Nera, Eli Squick, il Professor Enigm, Giuseppe Tubi. Nel 1943 Bill Walsh viene assunto come sceneggiatore e Gottfredson smette di occuparsi dei soggetti. Nel 1946 il nuovo coordinatore del Reparto Fumetti è Frank Reilly, sicché Gottfredson può tornare ad occuparsi dell’intera parte grafica della strip. Da settembre 1955 la striscia di Topolino diventa autoconclusiva. Gli sceneggiatori Bill Walsh, Roy Williams e Del Connel trasformeranno l’avventuroso Topolino in un personaggio tranquillo e casalingo. A partire dal 1956 Gottfredson si dedica anche al disegno di alcune sequenze delle tavole domenicali Treasury of Classic Tales, a qualche sunday page di Topolino quando il titolare Manuel Gonzales è in ferie o malattia. Nel frattempo prova a sviluppare una propria serie, Mark O’ Polo, che però non vedrà la luce. Nel 1975 Gottfredson va finalmente in pensione, dopo aver disegnato Topolino per 45 anni e mezzo. L’ultima strip viene pubblicata il 15 novembre 1975: protagonista è Pippo. Nel 1978 il collezionista Malcom Willits gli commissiona una serie di acquerelli ispirati alle storie classiche di Mickey Mouse. Nel 1982 lo stato di salute di Gottfredson inizia a declinare; il 22 luglio 1986 muore nel sonno nella sua casa dietro le colline di Hollywood.
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE: - - - - -
AA. VV., The Malcom Willits collection of Mickey Mouse paintings, Howard Lowery, s.d. Becattini, Boschi, Cannatella (a cura di), Maestri Disney 5, 12, 28 Becattini, Boschi (a cura di), Gli anni d’oro di Topolino 1-38, RCS Quotidiani S.p.A. 2010 Becattini, Floyd & Mickey, Editrice Comic Art 1998 Gori, Stajano, Il Grande Floyd Gottfredson, Editrice Comic Art 1998
©WALT DISNEY all rights reserved
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1째 POSTO Floyd Gottfredson, Race for Riches (1980), 21" x 16" (53x41 cm.) watercolor on board. 2004 June Comic Auction #811 Sold for: $66,125.00 (includes BP)
FLOYD
GOTTFREDSON
TOP 5 H E R I T A G E A U C T I O N
2째 POSTO Floyd Gottfredson and Ted Thwaites, Mickey Mouse Sunday Comic Strip, 29 aprile 1934 28" x 22.5" (71x57 cm.) 2009 May Signature Comics & Comic Art Auction #7007 Sold for: $31,070.00 (includes BP)
2째 POSTO ex aequo Floyd Gottfredson and Al Taliaferro, Donald Duck and Mickey Mouse matching set of Sunday Comic Strip, 3 ottobre 1937. One of the two known matched set of Disney newspaper art, including a Silly Symphonies starring Donald Duck (some two years before Donald's Al Taliaferro-drawn Sunday strip began) and a Mickey Mouse "Sheriff of Nugget Gulch" episode. 34" x 42.5" (86x108 cm.) 2012 November 15-17 Vintage Comics & Comic Art Signature Auction- Dallas #7066 Sold for: $31,070.00 (includes BP)
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3° POSTO Floyd Gottfredson and Ted Thwaites, Mickey Mouse Sunday Comic Strip, 6 maggio 1934. 31" x 14" (79x36 cm.) 2008 August Vintage Comics & Comic Art Signature Auction #829 Sold for: $21,510.00 (includes BP)
4° POSTO Floyd Gottfredson and Ted Thwaites, Mickey Mouse "The Bat Bandit" Daily Comic Strip, 27 luglio 1934, 26.5" x 5.5" (67x14 cm.) 2008 August Vintage Comics & Comic Art Signature Auction #829 Sold for: $17,925.00 (includes BP)
5° POSTO Floyd Gottfredson and Al Taliaferro, Mickey Mouse Mickey Mouse Sunday Comic Strip, 31 gennaio 1937, 27” x 17” (68x43 cm.) 2008 August Vintage Comics & Comic Art Signature Auction #829 Sold for: $16,730.00 (includes BP)
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Intervista
FLOYD GOTTFREDSON mano e pennello di Mickey Mouse di Federico Fiecconi
Nel 1984 Federico Fiecconi, inviato speciale per il settimanale Epoca, incontra Floyd Gottfredson nella sua casa di North Hollywood. Dopo oltre 45 anni di carriera come autore dei comics di Mickey Mouse, ora Gottfredson sta dipingendo una serie di acquarelli di grande formato, suo ultimo omaggio all’amata creatura di una vita. Federico intervista Gottfredson, che ha sul tavolo le matite abbozzate di un nuovo quadro della serie. Gottfredson, già malato di diabete, morirà due anni dopo, e quel dipinto, che sarebbe stato il 25esimo della serie, non verrà mai ultimato. Trent’anni dopo Federico rinviene sul mercato una di quelle opere leggendarie, “Mickey Mouse on Sky Island”, ispirato all’avventura “Topolino e il mistero dell’Uomo Nuvola” (1936/1937). Lo fa suo. E’ una connessione emotiva di grande intensità che lo fa tornare con il pensiero all’intenso incontro con il grande maestro americano. Riprende gli appunti di quell’incontro di tanti anni prima, e parte il nastro dei ricordi. In esclusiva per la Nona Arte, ecco un incontro esclusivo con uno dei veri giganti dell’arte del fumetto.
Los Angeles, marzo 1984. Vai a scovarlo, l’appartamentino dei Gottfredson al 5309 di Whitsett Avenue, North Hollywood, un’area urbana della California che a dispetto del nome non ha proprio niente del glamour hollywoodiano. Strade di grande scorrimento a perdita d’occhio, caseggiati anonimi versione locale delle nostre case popolari, non un cane in giro. All’epoca del nostro incontro Floyd Gottfredson ha 78 anni, da 8 anni è in pensione, e ha trascorso 45 anni e mezzo della sua vita al cuore del reparto fumetti dei Walt Disney Studios, creando e disegnando la gran parte delle storie che hanno reso Mickey Mouse il gigante dei comics che tutti conoscono. Gli anni Trenta sono terra di conquista per Topolino, pubblicato su duemila quotidiani dell’epoca. Per Gottfredson, uno straordinario percorso professionale vissuto in un cono d’ombra, nel più perfetto anonimato. L’ultima striscia di Mickey è stata pubblicata il 15 novembre 1975. Gli anni della pensione Gottfredson li sta vivendo con la moglie Mattie, minuta Minnie Mouse in pantofole rosa e pantacollants lilla, con cui è ormai sposato da 60 anni, in un piccolo appartamento al secondo piano del labirintico condominio dai corridoi oscuri. Un cordiale sorriso di benvenuto e la stretta di mano. E’ la destra, quella rimasta offesa dopo la ferita causata dal colpo di fucile sparato accidentalmente dal cugino, quando Floyd era un ragazzino di 11 anni e viveva nello Utah. Crescerà con mano e braccio destri più piccoli del sinistro, Floyd. Il grave handicap non gli impedisce di coltivare la sua passione per il disegno. “Da quello che mi ricordo ho sempre amato disegnare. Matite e gomma non mi sono mai mancate. Ho iniziato a prendere lezioni frequentando scuole per corrispondenza da quando avevo 13 anni. Completai due corsi con la Landon School di Cleveland in Ohio, che oggi non esiste più, e uno con la Federal Schools – oggi Art Instructions School – di Minneapolis, Minnesota”. Per pagarsi il corso Floyd si mette a vendere porta a porta copie del libro autobiografico scritto dal nonno Peter, un pioniere mormone. Più forte del destino, il ragazzo ha la forza di reagire all’incidente, allenando quella mano che, negli 30
A quest’epoca Floyd G. lavora in uno stanzone al secondo piano della palazzina Ink and Paint dei Walt Disney Studios di Burbank. Gottfredson, nelle sue stesse parole, disegnò “tutte le strisce giornaliere di Topolino, con poche eccezioni, dall’aprile del 1930 al 1 ottobre 1975, e le domenicali dal 1932 al 1938. Ho inchiostrato le mie tavole fino al 1932, lavoro che venne rilevato da Al Taliaferro, Ted Thwaites, Bill Wright e Dick Moores. Ripresi a passare le chine nel 1947 e proseguii fino alla mia andata in pensione, il 1 ottobre 1975”. Un lavoro svolto su quel leggendario asse di legno spartano conservato ancora oggi negli uffici della Disney Publishing di Glendale.
anni a venire, avrebbe fatto meraviglie. “Con i risultati del terzo corso misi insieme il mio portfolio. Il mio primissimo lavoro pubblicato fu una vignetta editoriale per un giornale di agricoltura, “The Utah Farmer”. I lavori pubblicati seguenti furono disegni umoristici della serie “Questa è la vita” e “Così è Salt Lake City”. Quando avvenne l’incontro con Disney? “Ero a Los Angeles, facevo il proiezionista nei cinema, disoccupato con moglie e due figli. Un giorno vedo la locandina di un film di Topolino. Era un personaggio nuovo, di cui ancora non avevo visto niente. Mi dissero che Walt Disney sarebbe andato a New York la settimana dopo in cerca di artisti da assumere. Corsi a casa, presi il mio portfolio, e mi presentai allo Studio Disney. Walt mi assunse subito, a 18 dollari a settimana, un terzo della mia paga da proiezionista”. Era il 19 dicembre 1929. Pochi giorni dopo, il 13 gennaio 1930, Topolino esordisce nel fumetto: la prima striscia era scritta da Walt Disney in persona e disegnata da Ub Iwerks, il suo braccio destro e creatore grafico di Topolino. Ricorda Gottfredson: “Lavoravo al reparto disegni animati, anche se avrei voluto fare fumetti. Quando sono arrivato eravamo 25 in tutto. Passai 4 mesi facendo l’intercalatore, lavoravamo tutti gomito a gomito in una stessa stanza e sedevo dando le spalle proprio a Ub Iwerks. Accadde però che, poche settimane dopo la mia assunzione, Iwerks se ne andò e di lì a poco anche il disegnatore che lo doveva sostituire si licenziò dallo Studio. Il fumetto di Topolino rimase senza disegnatore e così, sapendo della mia passione per i comics, mi chiesero se volevo disegnarlo io. A quell’epoca lavoravo sui cortometraggi delle Silly Symphonies e l’animazione cominciava a piacermi, perciò risposi che preferivo restare dov’ero. Ma Walt Disney insistette, assicurandomi che si trattava solo di una sostituzione temporanea per un paio di settimane al massimo, e poi sarei stato sostituito. Il 5 maggio 1930, giorno del mio venticinquesimo compleanno, uscì sui quotidiani la mia prima striscia di Mickey Mouse. Come andò? Che le due settimane passarono, e io cominciai a chiedermi se davvero stessero cercando il mio sostituto. Un mese dopo ero ancora lì a chiedermelo, ma dopo due cominciai a temere che lo trovassero. Volevo restare e fare quel lavoro. E’ ciò che accadde, perché quella sostituzione temporanea durò esattamente 45 anni e 6 mesi!” Qual era la fase prediletta del lavoro? “Le matite, che fino a tutto il 1946 venivano inchiostrate da altri artisti come Manuel Gonzales, prima che riprendessi a occuparmi anche dell’inchiostratura delle tavole. La china è noiosa, viene sempre voglia di buttare via tutto e cominciare da capo. L’ideale sarebbe pubblicare le matite! Comunque è un lavoro che richiede una gran maestria: e di Gonzales in particolare posso solo dire che era un artista eccellente, uno dei migliori che abbia mai lavorato allo Studio Disney”. La stanza-studiolo di Gottfredson è arredata con semplicità e modestia: un divano fiorito sulla destra e, accanto alla finestra, il tavolo da disegno, un semplice piano di legno inclinato. Il leggendario cartoonist sta seduto su uno sgabello davanti a un disegno ancora abbozzato a matita per il prossimo quadro, un cop, poliziotto motociclista, che sta contestando un’infrazione di guida a Topolino e Paperino. Sorrido, sapendo di quanto Gottfredson amasse sfrecciare per le freeways della San Fernando Valley lanciando a pazza velocità la sua enorme Chevrolet. Gottfredson disegna con ampi gesti del braccio, una tecnica speciale e personale insegnata anche dalle scuola d’arte che sopperisce alla perduta elasticità della mano. Spesso nelle foto lo si vede nascondere con pudore l’arto deforme, ma per il nostro incontro impugna la matita e si espone senza problemi all’obiettivo
Foto Malcolm Willits © Piero Oliosi
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quel premio - commenta Floyd - Me lo hanno inviato da Rapallo per i 50 anni di Topolino”. Quali erano i personaggi secondari più adatti a fare da spalla a Topolino? “Pippo era il migliore. Sbagliava tutto, era buffo. Quanto a Orazio e Clarabella, popolarissimi negli anni Trenta, a un certo punto vennero dimenticati dai cartoni animati, e così facemmo anche noi al Reparto fumetti. Walt li considerava vecchiotti e noi cercavamo di rimanere coerenti con i film animati”. Che tipo di tecnica utilizzava per dare interesse alla strip giorno dopo giorno? “Mentre ne facevo una pensavo già alla successiva. Ogni settimana poi, con i collaboratori, si faceva il punto sull’avanzamento delle storie”. Come veniva vissuto il Reparto fumetti allo Studio? Nel 1978 Gottfredson dipinge un Topolino elegantone (all’americana..). 7x12 cm. Ritratto ufficiale del 50esimo Anniversario. Collezione Federico Fiecconi
della macchina fotografica. Ci si chiede come quella postura tanto goffa e affaticata dalla deformità possa aver creato tali meraviglie, quelle finezze di matita e china che l’occhio dell’intenditore ammira nella loro suprema armonia. La salute ormai precaria costringe Gottfredson a vivere fra le medicine, e pensa al presente, senza nostalgie per il passato e senza glorificare il suo lavoro. Non ha hobby particolari, giusto il golf e la passione per la musica classica. Già dalla fine degli anni Settanta la curiosità dei fan lo ha impegnato in una corrispondenza che Floyd vive senza trionfalismi ma con malcelato e giustificato orgoglio. Come il collega Carl Barks, che negli anni Settanta si dà alla pittura, anche Gottfredson dal 1978 dipinge quadri ispirati alle storie classiche di Topolino, realizzati con la difficile tecnica dell’acquarello. “Carl lavora a olio. Io preferisco sfidare una tecnica più insidiosa, che non consente pentimenti: se con l’acquarello sbagli, butti via tutto e devi ricominciare”, commenta con un sorriso “Per ognuno di questi dipinti Malcolm Willits mi paga 1.000 dollari. Penso che ci sarà un bel mercato per questi dipinti.” Ne realizzerà 24, grosso modo al ritmo di uno ogni 3 mesi. Quel che non dice Gottfredson è che la Disney gli ha negato più volte il permesso di svolgere questa attività, probabilmente per il timore di far scoprire al mondo uno dei grandi papà di Mickey Mouse, offuscando la reputazione di Walt. “Mi chiedi un disegno? Mi spiace ma non posso. A parte i dipinti, dalla Disney non ho il permesso di disegnare neppure il naso di Mickey Mouse”. Su una parete un calendario vecchio di sei anni: è il “Chalendario 1978” illustrato dal collega italiano Luciano Bottaro che, insieme con lo sceneggiatore Carlo Chendi (prezioso amico che mi ha passato l’indirizzo di Gottfredson, facendomi da ponte per questa visita), ha coltivato negli anni una sincera amicizia con il Maestro americano. Sullo scaffale subito sotto, campeggia il premio assegnatogli dagli amici liguri: “Ho molto gradito 32
“Ci sentivamo un po’ come i figliastri di Walt. Ci misero a lavorare in un angolo lontano dagli animatori. Ho contato ben 19 traslochi. All’inizio, il Reparto fumetti ero io, poi diventammo 8 e, quando lasciai, erano in 5”. Cosa pensa di Walt Disney? “Per me era semplicemente Walt. Seguì il mio lavoro sulle strisce i primi due mesi, e dopo non interferì mai. Era un vero genio. Posso dire che, per quanto si possa immaginare la sua grandezza, lui era molto di più della sua fama”. Però “firmava” tutto lui… “Ma non voleva. Anzi, intorno al 1940, tentò di convincere i distributori delle strisce a mettere la nostra firma sotto la sua, ma furono quelli del King Features Syndicate a dire di no, affermando che le strisce facevano vendere i quotidiani perché i lettori erano convinti che fosse Walt Disney a disegnarle, e quindi era solo il suo nome a dover figurare. E fu così finché fu in vita”. La riconoscenza di Walt Disney è espressa nel Mousecar, lo pseudo Oscar topolinico in bronzo che Gottfredson ricevette dalle mani di Walt nel 1963. Alla Disney Publishing di Glendale il direttore del reparto Ken Shue conserva come una reliquia sotto vetro, in una sorta di santuario, quella rustica scrivania dalla gamba di ferro a tre piedi smaltata di verde su cui Gottfredson lavorava. Un asse di legno trivellato dai buchi delle puntine per fissare le tavole, chiazzato da decine di macchie d’inchiostro. Per 46 anni e 6 mesi fu quello il trampolino della fantasia su cui, fin dalla primavera del 1930, Gottfredson disegnò la sua prima strip di Mickey Mouse. Lascio la casa di Gottfredson gettando un’ultima occhiata a quel dipinto ancora abbozzato sul tavolo. Rimarrà incompiuto, due anni dopo il Maestro si spegnerà nel sonno. Anche se oggi il grande Floyd non c’è più, le fantastiche storie create da quest’uomo pacato e di genio continuano a stupire a ogni rilettura per brio, fascino e armonia del segno grafico, tessitura narrativa. E’ bello immaginarlo ancora al lavoro, l’umile, coscenzioso Floyd. Proiettato, come gli piaceva fare, sulla prossima tavola. O mentre dà un’ultima pennellata al volo fantastico dell’Uomo Nuvola.
“Ma all’interno [dei miei fumetti preferiti] le storie - che, non a caso, portano l’inconfondibile marchio di Floyd Gottfredson - sono davvero eccezionali: si possono leggere come vicende comiche, ma anche come romanzi d’avventura o, meglio ancora, come film. Così, di volta in volta, il piccolo eroe disneyano sembra diventare Humphrey Bogart in Topolino giornalista e in Topolino nella casa dei fantasmi. Gary Cooper in Topolino agente della polizia segreta e in Topolino nel Paese dei califfi, Harrison Ford in Topolino e il pirata Orango e in Topolino e il mistero dell’uomo nuvola... E, se proprio volete farmelo dire, sembra diventare il mio Tex Willer in Topolino e il tesoro di Clarabella e in Topolino e il bandito Pipistrello”. (Sergio Bonelli a proposito di Floyd Gottfredson)
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Evento
Rimini - Cartoon Club celebra
PAPERINO 1 9 3 4
è
2 0 1 4
H appy Bi r thday
80
ANNI IN
80
CAPOLAVORI
© Disney
80 anni in 80 pezzi da museo, fra cui molti piccoli grandi capolavori. Nel giugno del 1934 debuttava sullo schermo nella Silly Symphony “The Wise Little Hen” un fannullone speciale, Donald Fauntleroy Duck, papero tracagnotto e scansafatiche. Paperino, naturalmente. In occasione di un compleanno tanto speciale, Cartoon Club raduna una straordinaria serie di preziosi originali provenienti da collezioni private di tutto il mondo: bozzetti, locandine, disegni, pennellate d’autore, albi, giocattoli dagli esordi fino ai giorni nostri. 8 decenni di reperti provenienti dall’attività “collettivo Donald Duck” (si sa, il papero ha tanti padri: Walt, su tutti, e poi la sua voce Clarence Nash, più tutti gli autori e artisti che si sono avvicendati fra cartoni animati e fumetti). E così ecco in mostra l’arte di Jack Hannah, Carl Barks, Marco Rota, i De Vita, G.B. Carpi, Romano Scarpa, Giorgio Cavazzano, Luciano Bottaro… All’artista ligure è dedicata nella stessa sede, proprio nelle sale attigue, una grande mostra monografica che ne ripercorre tutta la carriera, paperi disneyani e oltre. Una saletta ripropone documenti filmati di Donald Duck provenienti dagli archivi Disney. L’esposizione è dedicata alla figlia di Walt Disney, Diane (1933-2013), che poche settimane prima della scomparsa lo scorso autunno ne concepì il progetto con Federico Fiecconi, e supportò con entusiasmo questo progetto dalla Fondazione californiana intitolata al padre. 34
Federico Fiecconi con Tony Anselmo, da 30 anni voce di Paperino
HAPPY BIRTHDAY PAPERINO! 1934-2014: 80 anni in 80 capolavori mostra a cura di Federico Fiecconi Rimini, Musei della Città, via Tonini 1 | 4-27 luglio 2014
Artwork in mostra a Rimini: un Donald Duck del cartoonist Tom Wood, 1935 ca., firmato “Walt Disney” (collezione privata, © Disney) 35
Intervista
EHILÀ...
SILVER! LA FATTORIA MK KENZIE ED IL SUO PERSONAGGIO PIù FAMOSO COMPIONO 40 ANNI, MA IL REGALO PIù BELLO LO HA FATTO LUI A NOI CON QUESTA SPLENDIDA INTERVISTA... AUGURI SILVER E AUGURI LUPO ALBERTO!
I
di Paolo Rinaldi
niziamo con una domanda di rito. Cosa ti ha spinto a intraprendere la carriera di disegnatore? Sei cresciuto professionalmente come ragazzo di bottega di Bonvi, facendo una gavetta adesso impensabile per un giovane disegnatore. Raccontaci la tua storia. Il motivo per cui ho intrapreso questa professione è molto banale: perché mi piaceva farlo. Ho sempre amato il fumetto, mi sono appassionato ad alcuni autori che sono stati i miei maestri ideali. Gli anni ‘60 e ‘70 hanno rappresentato un momento magico per il fumetto in Italia. C’erano situazioni che permettevano a tanti giovani come me di sperimentare in molti campi, non solo in quello fumettistico. Tutto sommato, il passaggio dall’enorme passione per il fumetto alla carriera professionale è stato abbastanza naturale. Non ho mai trovato ostacoli in questo mio cammino e la mia famiglia mi ha sostenuto in quella che era prima una semplice passione e poi un lavoro vero e proprio. Ho conosciuto parecchi colleghi che hanno contribuito alla mia crescita professionale, più che da un punto di vista tecnico (poiché la tecnica è una cosa che si acquisisce con il tempo) da quello del mio rapporto con il mondo editoriale. Io dico sempre che Bonvi più che insegnarmi a disegnare mi ha dato delle buone dritte per quello che riguarda l’approccio con il mondo editoriale facendomi crescere come professionista. Qual era il tuo rapporto con Bonvi? Bonvi, al di là di quello che cercava di apparire, ossia un tipaccio sempre pronto alla rissa, in realtà era una persona molto mite con una grandissima umanità. Il nostro non era un rapporto di lavoro, bensì un legame di amicizia, un rapporto tra fratelli. Quello che mi manca oggi è l’essere invecchiati insieme. Adesso Bonvi avrebbe circa 70 anni. Mi manca veramente tanto raccontarci i nostri aneddoti, le cose che ci hanno divertito: c’era un rapporto di grande confidenza, di stima e di immensa amicizia. Il nostro rapporto andava molto oltre a quello classico tra maestro e allievo. Quali sono gli autori che hanno ispirato maggiormente il tuo lavoro? E quali sono gli artisti e le storie con cui sei cresciuto, sia anagraficamente che professionalmente? Fra gli autori che mi hanno maggiormente influenzato agli inizi
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Guido Silvestri in arte SILVER al Comicon di Napoli con la nostra rivista dell’Associazione... dal sorriso possiamo dire che è stata “apprezzata”.
Uno dei primi lavori giovani di SILVER che l’Autore ci ha gentilmente permesso di pubblicare. Lo stile a cui siamo abituati è ancora molto lontano ma il talento è evidente!!! 37
della mia carriera c’è Jacovitti, uno dei miei primi amori fumettistici. In seguito, grazie alla scoperta delle strisce americane (dal 1965, con la pubblicazione di Linus), mi si è aperto un mondo. Lì ho conosciuto Krazy Kat di George Herriman, Pogo di Walt Kelly, le strisce di Peanuts, a cui forse mi sono ispirato maggiormente come contenuti, e le divertentissime strisce de Il mago Wiz, che già conoscevo tramite Il Giorno, il quotidiano che le pubblicava. In questo periodo, ho realmente capito che il fumetto non era più quel passatempo fanciullesco che era stato per me fino a quel momento, ma che poteva essere ben altro. Quali sono gli strumenti di lavoro che prediligi e quali sono i tuoi tempi di lavoro? Ci puoi raccontare una tua giornata tipo. Pur facendo un lavoro seriale, non esiste una mia giornata tipo. In ogni periodo del mese concentro un certo tipo di attività. Mi occupo di sceneggiare, di disegnare, di supervisionare lavori altrui, del merchandising e di vari tipi di collaborazioni, per cui non c’è mai una giornata uguale a un’altra. Quando però produco le tavole per chiudere il mensile, mi alzo presto o meno presto a seconda delle esigenze familiari. Ho una figlia che va ancora al liceo, per cui la mattina sono io a svegliarla e a prepararle la colazione. Sono in studio intorno alle 9:30-10, dove spedisco sceneggiature a un disegnatore Copertina DYLAN DOG COLOR FEST #3 Collezione Varalda
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La copertina donata da SILVER per l’asta benefica per il terremoto in Elilia. Collezione Bobuz
Non credo nessuna delle due cose. Credo che siamo di fronte a un grosso equivoco. Quando si diffuse l’utilizzo del famigerato aerografo, c’erano moltissime persone che lo sapevano maneggiare molto bene ma che erano prive di talento. Il fatto stesso che sapessero utilizzare quello strumento tecnologico permetteva loro di spacciarsi per artisti solo perché venivano bene le sfumature o perché riuscivano a ricreare un oggetto con un aspetto più o meno realistico. Ma era un grosso bluff. La stessa cosa sta capitando adesso con la computer grafica: ci sono molti ragazzi che utilizzano programmi come Photoshop, per citarne uno conosciuto, ma che vengono applicati al nulla, per mancanza di talento, di idee e di cose da raccontare. Spesso mi chiedono se disegno con il computer o ancora a mano. È come chiedere a un cantante lirico se canta ancora con la voce o con il mixer. Se utilizzo la penna elettronica, uso sempre la mano. Spesso giovani disegnatori mi sbattono sotto il naso tavole spettacolari piene di guerrieri muscolosissimi e di effetti grafici da rimanere stupefatti. Poi vedi quello che c’è sotto e non c’è nulla o, nella migliore delle ipotesi, c’è qualcosa di visto e rivisto. Alimentando questo equivoco non costruisci niente, non ti crei un tuo pubblico e non hai la possibilità di progredire. Ovviamente è un grosso aiuto se usato nella giusta maniera, ma non può essere tutto. Negli ultimi anni, il mercato delle tavole originali ha subito dei profondi cambiamenti, facendo percepire al collezionista che oltre ad acquistare una tavola del suo autore/personaggio preferito porta a casa anche e sopratutto il lavoro di un artista. Tu, dal punto di vista dell’artista, come pensi si sia evoluto questo mercato in Italia e come si evolverà in futuro? Sopra e a fianco le prime pubblicazioni e prove giovanili di SILVER.
o dove io stesso disegno con gli strumenti che ho sempre utilizzato, cioè il pennino, la matita, la china e la carta. A differenza di qualche tempo fa, adesso ci viene incontro Photoshop, che permette di pulire meglio la tavola, di curarla, di cambiare alcuni dettagli e di fare le colorazioni più curate rispetto a quelle che potevo fare io con i pantoni. Non sono mai stato un genio del colore, anzi. Hai appena festeggiato i 40 anni di Lupo Alberto. Com’è cambiato in questi anni il mondo del fumetto e come si è evoluto il tuo rapporto con il personaggio? Il fumetto si è molto evoluto e, a grandi linee, si è proposto come mezzo di comunicazione sempre più presente e attuale. A fronte di questo, c’è stato un restringersi del mercato: non ci sono più le grandi produzioni popolari che facevano vendere centinaia di migliaia di copie. Sicuramente ha assunto la dignità di mezzo di comunicazione di altri medium come la letteratura, il cinema, etc. Il mio rapporto con Lupo Alberto, invece, si è come razionalizzato. Se agli inizi della mia carriera ci convivevo giorno e notte (mi addormentavo e mi svegliavo pensando sempre alle sue storie), adesso ho un rapporto più distaccato. Mi sono imposto di farlo diventare così perché non volevo che interferisse nei rapporti con la mia famiglia e con le altre persone. Lo considero più un lavoro, una professione, rispetto alla missione che era agli inizi. Cosa pensi dell’utilizzo, sempre più frequente, della computer grafica? Ritieni che possa accrescere le performance di un artista o pensi possa essere una facile scorciatoia limitando la sua ars creativa? 39
Non lo conosco molto bene, ma ogni tanto sento degli amici collezionisti che parlano di quotazioni stellari. Io non ho mai fatto commercio dei miei originali, perché fortunatamente non ho mai avuto l’esigenza di farlo e perché mi piace conservarli. Sebbene a volte possa sembrare che il mercato stia un po’ impazzendo, sono assolutamente sicuro che una delle mie tavole non possa essere considerata un pezzo d’arte, semmai un pezzo d’affezione. Un collezionista di originali avrebbe piacere a incorniciare una delle mie prime opere di 40 anni fa non per motivi artistici, ma per motivi storici. Come possa evolvere questo mercato io non lo so. Il pericolo è che possa crearsi una bolla speculativa così com’era accaduto per il mercato dell’arte alla fine degli anni ‘70. Quali pensi siano le differenze tra il mercato italiano, quello franco-belga e quello americano? Non conosco molto bene quello che succede negli altri Paesi. Da qui vedo grosse difficoltà da parte del mercato italiano a darsi un’identità, a trovare una propria dimensione e a proporsi come alternativa ai mercati esteri. Per quanto ne so io, il mercato franco-belga, pur con tutta la crisi economica, regge bene, grazie anche agli editori che si rendono disponibili a sperimentazioni e a investire su autori nuovi, ottenendo perfino un certo successo. Per esempio, uno dei miei miti (non certo di adesso, lo è sempre stato) è Blake e Mortimer, attorno al quale ancora e soprattutto oggi ruota una scuola, una serie di epigoni che portano avanti le storie nel rispetto della tradizione. Questa è una cosa che mi piacerebbe avvenisse anche da noi, non solo per Lupo Alberto, ma anche per altri personaggi che potrebbero trovare una rinnovata vitalità. Per quanto riguarda il mercato americano, ci sono molti colleghi che ci stanno lavorando, che hanno una splendida mano e che producono copertine e interni. Mi fa molto piacere che venga riconosciuto il loro talento, ma mi sembra che sia più un rapporto di tipo speculativo, come per dire: sei molto bravo a disegnare, ti riconosco solo questo. È raro che vengano riconosciute a un italiano la genialità e la dignità di autore completo, poiché vieni visto come uno strumento e nulla più. Ma non parlo solo di italiani. Ho un caro amico spagnolo autore completo che ha lavorato anche per grosse produzioni animate a Los Angeles. È stato lì 4 mesi a disegnare e mi ha raccontato questa esperienza come un incubo. Tutte le mattine veniva messo al tavolo da disegno come un impiegato e se la tavola non piaceva veniva gettata via. Era un qualcosa che somigliava più a una catena industriale. La nostra rivista si rivolge anche ai collezionisti di tavole originali. Come potrebbero i nostri lettori acquistare un tuo originale? Che cosa hai ancora in tuo possesso? Inoltre, moltissimi collezionisti sono attirati dalle commission, un modo per avere un’illustrazione esclusiva del proprio autore/personaggio preferito. Tu sei disponibile a realizzarle? Quali sono i tuoi tempi e i relativi costi? Ma soprattutto, come possono contattarti i nostri lettori?
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Uno dei modi alternativi per avere un mio originale, poiché io, come ho accennato in precedenza, non vendo i miei, è partecipare ad alcune aste di beneficenza. Se condivido la finalità dell’asta, che deve essere per forza a scopi umanitari, allora in questo caso dono un mio originale. Per quanto riguarda le commission, a volte mi hanno chiesto di realizzarle, ma io non le faccio a pagamento, ma solo per simpatia e amicizia nei confronti di chi me le chiede. Riguardo i tempi, possono essere immediati se ci si accontenta di uno schizzo. Se invece si desidera qualcosa di più elaborato e meditato, basta poco tempo e glielo mando. Che consiglio ti senti di dare a un giovane che vuole intraprendere il mestiere di disegnatore? Mi dovrei allacciare a quello che si diceva prima. Se ha la possibilità (e se non ce l’ha dovrebbe comunque trovarla), dovrebbe frequentare le convention all’estero per prendere contatti con autori, case editrici e, in generale, con il mondo dell’editoria, in modo da capire quali siano le proprie potenzialità e imparare a conoscere le differenze fra i vari mercati. Dovrebbe andare soprattutto in Francia, dove ci sono molti miei colleghi che lavorano con grande soddisfazione e apprezzamento, uno fra tutti Vittorio Giardino. Poi ci sono gli Stati Uniti con le autoproduzioni: in America il mercato è molto più ampio e c’è uno spazio maggiore anche per la creatività. In Italia c’è un orizzonte abbastanza miope. Non puoi vedere oltre Sergio Bonelli Editore, a cui va la mia stima, ma, essendo l’unico faro in Italia per il fumetto popolare, tutte le proposte finiscono sulla scia di Dylan Dog e co. Stessa cosa si può dire per la Disney. Il giovane aspirante disegnatore ovviamente tende a dirigersi verso queste grandi realtà imprenditoriali e a volte ne rimane imprigionato.
Bibliografia Silver
Lupo Alberto e la fattoria dei McKenzie, Editrice Dardo, 1975 Lupo Alberto, Milano, Corno, 1976. Lupo Alberto 2, Milano, Corno, 1981. Lupo Alberto blues, Milano, Corno, 1983. Lupo Alberto alto là, Milano, Corno, 1983. I casi di Zuzzurro & Gaspare, Milano, Glenat Italia, 1985. Il grande lupo Alberto. Tutte le prime 1000 strisce, Milano, Glenat Italia, 1985; Milano, Rizzoli, 1990. Il grande Cattivik, Milano, Glenat Italia, 1986. Lupo Alberto colori 1, Milano, Glenat Italia, 1986. Lupo Alberto colori 2, Milano, Glenat Italia, 1987. Due cuori e un pollaio, Milano, Glenat Italia, 1987. Salve... sono il titolo. La Brioche presenta Zuzzurro & Gaspare, Milano, Rizzoli, 1988. Due cuori in gioco, Milano, Glenat Italia, 1988. Lupo Alberto colori 3, Milano, Glenat Italia, 1988. Lupo Alberto. Novelas, Milano, Glenat Italia, 1988. Il grande lupo Alberto 2. Tutte le prime 200 tavole, Milano, Rizzoli, 1990. Lupo Alberto novelas. The McKenzie’s farm, Milano, A. Mondadori, 1990. Cattivik. Il genio del male, Milano, Rizzoli, 1991. Come ti frego il virus. Un po’ di cose che è utile sapere per non avere nulla da temere, con altri e Commissione nazionale per la lotta contro l’Aids, Ministero della Sanità, s.l., Silver/MCK, 1991. Lupo Alberto. Io e la talpa, Milano, Rizzoli, 1992. Illustrazioni di Zuzzurro & Gaspare, Bella scoperta, Milano, Rizzoli, 1992. Lupo Alberto. La sconvolgente storia di Uccello, Roma, Edit, 1992. Lupo Alberto. Ehilà, Beppe!, Milano, Rizzoli, 1993. Lupo Alberto. Nuevas novelas, Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 1993. Lupo Alberto, la gallina & gli altri, Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 1993. Nella fattoria di Lupo Alberto giochiamo a casa di Marta, Varese, La Coccinella, 1993. Nella fattoria di Lupo Alberto giochiamo a casa di Alcide, Varese, La Coccinella, 1993. Pera meccanica, Milano, Macchia nera, 1993. Illustrazioni di Eros Drusiani, Buonanotte alle favole!, Milano, Macchia nera, 1993. Cattivik contro tutti, Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 1994. Lupo Alberto. Pugni, bulli e... pollastre!, Milano, Rizzoli, 1994. Marta, Milano, Macchia nera, 1994. Il signor L. Alberto. Protagonista, Milano, Rizzoli, 1995. Cattivik. Brivido terrore raccapriccio, Milano, Rizzoli, 1995 Cattivikmania, Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 1995. Lupo Alberto. Corriere del pollaio, Milano, Rizzoli, 1996. Vita da talpe, Milano, Macchia nera, 1996. Bentornato L. A., Milano, Rizzoli, 1997. Cattivik. Il signore delle fogne, Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 1997. Lupo Alberto. Fuori di test. Oltre 100 test per scoprire tutto quello che devi sapere di te stesso... e anche quello che avresti voluto non sapere!, Milano, Rizzoli, 1998. Lupo Alberto. La vita è dura... ma io resisto!, Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 1998. Cattivik. Dossier, Milano, Rizzoli, 1998. Lupo Alberto. Show, Milano, Rizzoli, 1998. Cattivik non perdona, Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 1999. Lupo Alberto. Classic, Milano, Rizzoli, 1999. Nome d’arte Lupo Alberto, Milano, Superpocket, 1999 Lupo Alberto. Le massime & le minime dell’amore,Milano, Rizzoli, 2000. Lupo Alberto. Le massime & le minime dell’amicizi, Milano, Rizzoli, 2000. Lupo Alberto. Le massime & le minime della sopravvivenza, Milano, Rizzoli, 2000. Identikit di un cattivik, Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 2000. Lupo Alberto. Presentato dall’Omino Bufo, Milano, Rizzoli, 2000.
Lupo Alberto live, Milano, Rizzoli, 2000. 365 volte lupo, Milano, Rizzoli, 2001. Lupo Alberto. Ridi lupaccio!, Milano, Rizzoli, 2001. Cattivik. Il libro dei miei versi, Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 2001. Tu chiamalo Beppe! Lupo Alberto, Milano, Superpocket, 2001. Zuzzurro & Gaspare show, con Andrea Brambilla e Nino Formicola, Torino, Pavesio productions, 2001. Lupo Alberto. Stress da lupo, Milano, Rizzoli, 2002. Spara una cifra. Chi siamo, nomi, numeri, e domande imbarazzanti, Milano, Rizzoli, 2002. Caro psic. Dimmi chi sei e ti dirò perché, Milano, Rizzoli, 2003. Lupo Alberto. Faccia da lupo, Milano, Rizzoli, 2003. Buon compleanno Lupo Alberto, Milano, Rizzoli, 2004. Lupo Alberto, Roma, la Repubblica, 2004. Lupo Alberto. Ma è vita questa?, Modena-Roma, Panini-la Repubblica, 2004. Prefazione a Gianni Audisio, Gli spossati. Scenette da un matrimonio, Saluzzo, Fusta, 2005. Prefazione a Bonvi, Achtung Sturmtruppen, Milano, Biblioteca universale Rizzoli, 2005. Cattivik. Il “gegno” del male, Roma, la Repubblica, 2005. Io sottoscritto Lupo Alberto, Milano, Rizzoli, 2005. Lupo Alberto. Il pollaio dei miei sogni, Milano, Rizzoli, 2005. Lupo Alberto. Su il sipario, Milano, Rizzoli, 2006. Lupo Alberto è messer Correggio, pittore rinascimentale, Roma, Gallucci, 2008. Il torero Camomillo, Roma, Gallucci, 2008. Lupo Alberto in Psicosa? Psicome? ...Psichi? A favore della campagna culturale: Perché non accada. La vivacità dei bimbi non è una malattia, con altri, Verona, Luca Mercury Communications, 2008. Lupo Alberto e l’officina delle erbe, Sansepolcro, Aboca Edizioni, 2009. Cattivik, 2 voll., Milano, Magazzini Salani, 2009. Umorismo a strisce. Lupo Alberto, Milano, RCS quotidiani, 2009. Il lungo, il corto e il pacioccone, Roma, Gallucci, 2010 Lupo Alberto. T.V.B. lupo!, Milano, Oscar Mondadori, 2010. Lupo Alberto. Le Radici, Milano, Oscar Mondadori, 2011. Lupo Alberto. L’Edizione Integrale vol. 1. Edizioni Panini Comics, 2014.
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Guido Silvestri, alias Silver, è nato a Modena il 9 dicembre 1952. Fin da piccolo mostra una certa insofferenza nei confronti delle cosiddette “istituzioni”, a cominciare dalla scuola. Prima di frequentarla aveva già cominciato a leggere fumetti – “Cucciolo”, “Kinowa” e il settimanale “Bimbo e Bimba”, oltre agli immancabili albi della Disney. Con l’avvento del mitico “Linus”, intorno alla metà degli anni Sessanta, Silver scopre il nuovo mondo del fumetto anglosassone con il formato della striscia, nuovi temi e soprattutto nuove finalità. Un fumetto che mirava a un umorismo derivante da situazioni concrete, un umorismo che faceva riflettere e non più riservato esclusivamente ai ragazzi, ma diretto a un pubblico di tutte le età. Krazy Kat di George Herriman, e Pogo di Walt Kelly, sono i personaggi che influenzano maggiormente Silver in questo periodo, anche dal punto di vista prettamente formale, come, ad esempio, il modo di scrivere all’interno delle “nuvole parlanti” o l’impiego di lettering molto particolari. Nel 1969 s’iscrive all’Istituto d’Arte di Modena, e nel 1970, nei ritagli di tempo, comincia a collaborare con Franco Bonvicini, in arte Bonvi. L’incontro con il maestro modenese costituisce uno dei momenti più importanti nella vita artistica di Silver. Entrato nello studio di Bonvi come ragazzo di bottega, si mette subito a lavorare “in proprio”. La prima storia che disegna per Bonvi è Capitan Posapiano, per la rivista “Cucciolo”, dell’Editrice Alpe. Ma il primo grande character sul quale si cimenta in una produzione continua è Cattivik che, all’inizio, appare su “Tiramolla”, dove Silver firma i disegni su testi di Bonvi. A partire dal 1974, quando questo grande personaggio passò al “Corriere dei Ragazzi”, Silver, oltre che dei disegni cominciò ad occuparsi dei testi. La collaborazione con Bonvi continua anche quando, nel 1972, viene chiamato ad assolvere il servizio di leva. Nel 1973, tornato civile, il giovane Silvestri decide di trasferirsi stabilmente nello studio di Bonvi. I due creano a quattro mani tavole per il “Corriere dei Ragazzi” (il nuovo nome assunto dal leggendario “Corriere dei Piccoli”), nella cui redazione lavoravano personaggi del calibro di Dino Buzzati, Gianni Rodari e Mino Milani. A Milano conosce Alfredo Castelli, futuro creatore di Martin Mystère e curatore della rubrica (di carattere umoristico-demenziale) “Tilt”. Silver disegna le tavole fin dal primo numero e, sempre con Bonvi, anche le avventure di un certo Nick Carter, che tanta fortuna otterrà nella trasmissione televisiva “Gulp! Fumetti in Tv”.Silver, a questo punto, viene contattato per collaborare a un nuovo progetto della Editrice Dardo: una rivista di grande formato, curata da Bonvi e Castelli, il cui nome sarebbe stato “Undercomics”, sul modello della scomparsa “OffSide”. L’occasione era molto interessante, in quanto per la prima volta avrebbe potuto realizzare una serie a strisce completamente sua, ma i tempi erano molto stretti. Mancavano solo venti giorni alla consegna del lavoro, così Silver decise di recuperare un vecchio progetto, al
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quale aveva cominciato a lavorare già nel 1970, ma che non aveva entusiasmato particolarmente Bonvi, tanto che quel lavoro era rimasto nel cassetto. Protagonista di questa striscia era un “luogo”: una fattoria nella quale apparivano e agivano solo gli animali. “Undercomics” non vide mai la luce, ma Bonvi, in una delle sue trasferte milanesi, mostrò questo materiale a Giancarlo Francesconi, direttore del “Corriere dei Ragazzi”, il quale rimase entusiasta di quelle strisce e invitò l’autore a proseguirne la produzione. La serie, in un primo momento, fu intitolata “La Fattoria dei McKenzie”. Tutto infatti, nelle intenzioni di Silver, ruotava attorno al microcosmo di quella fattoria, e non a un singolo personaggio; ma quel nome così difficile da pronunciare non piacque ad Alfredo Castelli, uno dei caporedattori del “Corriere dei Ragazzi” che, senza neppure avvisare Silver, cambiò il titolo della serie in “Lupo Alberto”. La tradizione fumettistica imponeva (e impone tuttora) la creazione di un simbolo, un personaggio, solitamente il protagonista, destinato ad entrare nell’immaginario del lettore. Lo stesso Silver, del resto, ritenne che il Lupo era in ogni caso il miglior candidato al ruolo di primo attore delle sue strisce, senza tuttavia nulla togliere alla coralità dei personaggi.Nel 1974 compaiono sul “Corriere dei Ragazzi” le prime strisce: aveva così inizio la saga della fattoria McKenzie. Le prime storie di Lupo Alberto vengono realizzate nella forma di strisce brevi ciascuna delle quali comprende un racconto completo. Nel 1975, a meno di un anno dalla prima striscia, esce per la Dardo un volume dal titolo “Lupo Alberto. La Fattoria dei McKenzie”. Nel 1976 Silver collabora con la Corno, la casa editrice diventata famosa per aver introdotto in Italia i supereroi americani della Marvel: l’Uomo Ragno, i Fantastici Quattro, Capitan America, Devil, il Mitico Thor. Lupo Alberto viene pubblicato sulla rivista della Corno “Eureka”, diretta da Luciano Secchi, alias Max Bunker, creatore di Alan Ford, Satanik e Kriminal. Il successo è immediato sia di critica sia di pubblico: nello stesso anno viene pubblicato un volume interamente dedicato a Lupo Alberto, e a Silver viene consegnato il premio Rino Albertarelli, primo di una lunga serie di riconoscimenti ufficiali. A conferma di tale successo, nel 1978 il Lupo viene votato dai lettori della rivista come personaggio dell’anno, superando avversari quali Sturmtruppen di Bonvi e Andy Capp di Reg Smythe. In quegli anni, sempre su Eureka, Silver disegna “Black Out”, una breve serie di storie a carattere fortemente realistico e drammatico, scritta da Bonvi.Nel 1978 ha inizio la sua collaborazione con la Rai. Partecipa alla realizzazione di Nick Carter per il programma “Gulp! Fumetti in TV”, mentre per il successivo “Supergulp” vengono realizzati tre episodi dedicati a Lupo Alberto. Nel 1979 Silver abbandona Lupo Alberto per entrare nella redazione del nuovo quotidiano, diretto da Maurizio Costanzo, “l’Occhio”, dove è impegnato nella veste di commentatore grafico del giornale. Le vignette
BIOGRAFIA ricoprivano tutti i campi della cultura, dello spettacolo e della politica: una gran mole di lavoro, ma anche un’esperienza del tutto nuova e molto stimolante, come ricorda lo stesso Silver: “Passavo dalle illustrazioni per il racconto “Tre uomini in barca” alla vignetta di costume… Almeno sette, otto disegni al giorno. Era faticoso, ma anche divertente. Disegnare ogni giorno qualcosa di diverso è stimolante…”. L’avventura con “l’Occhio” non durò però a lungo: il quotidiano chiuse i battenti dopo due anni, ma questa esperienza venne riversata in un nuovo progetto, ovvero la ristrutturazione di “Eureka” la rivista della Corno. Luciano Secchi aveva appena lasciato la casa editrice e a Silver fu proposto di tornare in veste di direttore della rivista. Nasceva così la nuova versione di “Eureka”, sotto la direzione di Silver e di Alfredo Castelli. La testata in questo periodo raggiunge uno straordinario livello qualitativo. La linea editoriale scelta era quella della divulgazione sul mondo del fumetto e dell’animazione a 360 gradi. Appaiono straordinari reportages e i primi servizi sul cartooning e sull’animazione giapponese. Tutti questi servizi sono ancor più straordinari se teniamo presente la scarsità dei mezzi di cui disponeva “Eureka”. Silver realizza le copertine, cura diverse rubriche e realizza in collaborazione con Castelli, una nuova serie: “La vecchia casa oscura”. Ma il personaggio di punta resta sempre Lupo Alberto che, proprio in questo periodo, imbocca una nuova strada. In precedenza le strisce constavano di rapide e semplici gags di tre, quattro vignette; ora cominciano a prendere forma vere e proprie short stories, legate da diversi fili conduttori, che si dipanano ben oltre le quattro vignette. Inoltre è proprio a questo periodo che risale il progetto di una rivista interamente dedicata a Lupo Alberto.
di tavole inedite al mese. Nel frattempo il Lupo aveva subito una nuova metamorfosi: dopo il passaggio dalle gags, alle short stories, venne gradualmente abbandonata la mitica striscia in favore della più tradizionale tavola. Sempre per la Glénat, Silver illustra I casi di Zuzzurro e Gaspare, su testi scritti dagli stessi comici (Andrea Brambilla e Nino Formicola), appassionati delle storie del Lupo.
Più tardi, nel 1988, la Rizzoli pubblica un secondo volume degli stessi autori, Salve… sono il titolo, in cui i due comici non indossano più i panni del commissario e del suo aiutante, ma sono la classica coppia di coniugi che si trova ad affrontare le più incredibili e divertenti situazioni, lasciando cosí molto più spazio alla creatività di Silver. A partire dal gennaio 1989 Silver diventa editore in proprio e, assieme a Francesco Coniglio e Mimmo De Francesco, fonda la Acme. Nel luglio dello stesso anno esce una serie interamente dedicata a Cattivik. Tale aumento della produzione necessitava di una nuova squadra di disegnatori e sceneggiatori per i due personaggi. Le storie di Lupo Alberto cominciano a passare per mani diverse da quelle di Silver, il quale comunque supervisiona personalmente tutte le storie non illustrate o sceneggiate da lui. Nel 1991 la Acme assume il nome di Macchia Nera, una casa editrice che si distinse per la sua politica editoriale volta a proporre materiale sempre nuovo e di alta qualità. Tra le uscite più importanti è doveroso segnalare “Elfquest”, “Bone”, “Strangers in Paradise”, “Torpedo”, “Animal House” e “I Simpson”, fumetto tratto dalla popolarissima serie a cartoni animati.Nel 2000 la pubblicazione prosegue con McK Publishing, casa editrice che fa parte di McK, la società di licensing che dalla fine degli anni ’80 si occupa della gestione dei diritti di utilizzo del Lupo nel campo editoriale, del merchandising e dell’animazione televisiva. Del mensile Lupo Alberto sono stati ad oggi pubblicati oltre 300 numeri.
Il periodico nasce per la Corno con un nuovo formato, orizzontale, sul modello della famosa striscia. Tale formato, sebbene già esistente negli Stati Uniti, era una novità assoluta nel mondo del fumetto italiano. Inizialmente furono pubblicati otto numeri con una riedizione cronologica della serie. Purtroppo di lì a poco, nonostante le buone vendite, la Corno fu costretta a chiudere e il Lupo si ritrovò ancora una volta orfano. Il personaggio di Silver in quegli anni era sempre più richiesto. Nel 1982 appare su “Strisce e Musica” (supplemento illustrato dei quotidiani “Resto del Carlino” e “La Nazione”) e su “Il Mago”, la celebre rivista umoristica della Mondadori fondata da Mario Spagnol con la collaborazione di Edmondo Aroldi che si avvaleva di autori del calibro di Giardino e Cavezzali. A questo punto, numerosi editori si fecero avanti per pubblicare il lupo più famoso d’Italia e alla fine la spuntò la Glénat Italia. Nel 1985 uscì pertanto un nuovo mensile interamente dedicato a Lupo Alberto, nel quale, oltre alla riedizione delle vecchie storie, venivano pubblicate una quindicina
Biografia di Silver (Guido Silvestri) tratta da Lupoalberto.it
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Intervista
L’INGEGNERE
DELLA SEDUZIONE Ci ha accolto nel suo studio svelandoci, in una piacevole chiacchierata, i segreti della sua tecnica illustrativa ed il suo rapporto con gli originali e i collezionisti.... È un onore presentarvi: VITTORIO GIARDINO.
di Vanni Varalda
La premessa a questa chiacchierata con Vittorio Giardino è doverosa: l’intervista tenterà di soddisfare le curiosità dei suoi appassionati e di conoscere l’autore da un punto di vista meno percorso, quello del collezionista di tavole originali. Per rompere il ghiaccio iniziamo a parlare solo di fumetti: un tuo riferimento nel passato, qualcosa che non ci dovremmo perdere nel presente ed i progetti per il futuro. Barks, anche per ragione anagrafiche, è il primo autore che ho letto, riletto e che leggo ancora adesso. Un altro è Hugo Pratt, Corto Maltese in particolare. Un altro autore scoperto più tardi è Winsor McCay. Un autore che ha segnato la differenza per me, ma anche nel fumetto mondiale, è stato Moebius. È il più grande, uno dei geni del fumetto di questi ultimi 20 anni. O almeno di quel tipo di fumetto d’autore di cui mi occupo e che seguo con interesse. Sembrerà una bestemmia ma, facendo un paragone con gli autori italiani, lo preferisco persino ad Andrea Pazienza, che pure lo amava tanto. Tra l’altro, credo di avere molti più punti in comune con AP di quello che normalmente sembra. I riferimenti culturali e un certo gusto del segno secondo me ci rendono molto vicini. Considerato che il sempiterno Jagger ha superato i 70, possiamo considerare Paco Roca tra i giovani che mi piacciono molto. Il mio futuro, incluso il presente, è il terzo volume di Jonas Fink il cui titolo, anticipo quella che potrebbe essere una domanda scontata, non sarà “la maturità”. Il precedente vide le stampe nel lontano 1996 ed era venuto il momento di riprendere la storia del giovane praghese: moltissimi lettori mi chiedevano quando sarebbe finito Jonas Fink. Questo per me significa aver realizzato un “classico” ed è la mia massima aspirazione. La sceneggiatura è terminata da tempo e, sorpreso dalla mia velocità di disegnatore, sto procedendo senza sosta, verso un traguardo che sicuramente supererà le 100 pagine. La storia sarà comprensibile anche a chi non ha letto i precedenti due volumi. Tutto si svolge nell’agosto del 1968, con un epilogo ai giorni nostri. Poi, se Dio vuole, questa storia sarà finita. A differenza di molti colleghi bravissimi io non ho bisogno di una scadenza, di un contratto per andare avanti con il lavoro. Ho solo 44
Cogliamo l’occasione per ringraziare il Maestro Vittorio Giardino per averci concesso l’utilizzo di questa splendida illustrazione di Little Ego per la nostra apprezzatissima prima Card dell’Associazione,
Little Ego Collezione Vanni Varalda 45
bisogno che mi lascino tranquillo. Anche perché uno dei miei massimi divertimenti, quando sono solo con i fogli di carta, è di parlare con i miei personaggi, cosa che mi dà un piacere infinito. Un divertimento, immutato nel tempo, che sorprende anche me. Il disegno ha una sua forza, la pagina non può concludersi casualmente, deve finire “ad un certo punto”. A volte, anche inserire una battuta in più può essere un problema. Ma il divertimento non è solo il disegno, molto è la creazione della storia. Scrivo solo i dialoghi, il resto delle note di sceneggiatura le ho in mente senza bisogno di scriverle. A proposito: non riesco a seguire le sceneggiature di altri. Quel paio di volte che l’ho fatto, ho accettato perché conoscevo molto bene l’autore ma ho sempre voluto mettere pesantemente la mia mano. Le idee non mancano ma i miei anni non sono pochi. Quindi la scelta del libro successivo deve essere sempre più ponderata. Solo di Fridman avrei quattro o cinque storie da sviluppare. Recentemente, l’essere stato coinvolto dall’amico Baldazzini nella presentazione del suo ultimo libro “L’inverno di Diego”, mi ha fatto venire la voglia di scrivere un libro sulla Liberazione, partendo dai racconti di famiglia. Un giorno, se avrò tempo, se riuscirò a vivere sui 200 anni, anche di Little Ego ho diversi schemi e sceneggiature che vorrei disegnare. Cosa ti piace del mondo del fumetto. Mi piace il fumetto quando è… fumetto! Per me, fare fumetti significa raccontare una storia con immagini e parole a mezzo stampa. Il disegno quindi, pur dovendo essere quantomeno decente, credo debba essere umile, al servizio della storia.
Little Ego Collezione Privata
Illustrazione Agenda Glènat 1984 Collezione Gradella.
Penso che un autore debba usare il disegno non per far vedere quanto è bravo ma piegandolo alla necessità della specifica storia. E non è detto che sia il meglio che possa riuscire a fare. Si sta invece sviluppando una nuova forma di fumetto, molto più poetica con disegni ed immagini bellissime ma con storie inconsistenti e soprattutto narrate, con didascalie, sotto forma quindi di racconto illustrato. Nel fumetto classico, se si provasse a leggere solo le parole si arriverebbe ad un momento in cui non si riuscirebbe più a capire cosa sta succedendo. Questo per me non è il fumetto classico, mi piace egualmente ma per me è un libro illustrato. Cosa invece proprio non ti piace. Parlando in generale, ho l’impressione che molti giovani autori, molto più in Italia che in altri paesi, con la complicità dell’editoria e della critica, disegnino male. Autori anche promettenti, con idee interessanti. 46
E malgrado ciò vengano pubblicati tranquillamente fumetti che in altri periodi non avrebbero visto uno scaffale. Si sa che un fumetto di uno sconosciuto viene letto a seconda se il primo impatto visivo è allettante o no. Se un fumetto è disegnato male (anche se qui bisognerebbe intendersi ma il discorso è troppo complesso) è un po’ scoraggiante. Non apprezzo molto il graphic journalism, il “fumetto giornalismo”. È un vicolo cieco che porta il fumetto verso una direzione poco interessante. Lo scopo più essere fondamentalmente didattico (ci sono ragazzi che neanche sanno che è esistita una bomba alla stazione di Bologna o che sostengono che le bombe alla Banca Nazionale dell’Agricoltura le hanno messe le BR). Ma il risultato può essere pericolosamente noioso. Oppure un’altra intenzione potrebbe essere quella di indagare davvero su un mistero relativo ad un fatto importante. Ma se si avessero elementi nuovi la strada da percorrere sarebbe quella della Procura e non del fumetto.
Collezione Francesco Vasè
Altra categoria che tendenzialmente non mi entusiasma particolarmente è la biografia a fumetti. O mi rivela fatti straordinari oppure la trovo un po’ noiosa. Una connotazione positiva a questo filone può essere data dal fatto che stimoli l’interesse verso un personaggio, con il risultato che poi ci si compra un buon libro. Conscio che le “palpitazioni adolescenziali” siano da me molto lontane, credo di essere troppo anziano per apprezzare i libri intimistico-generazionali. Se poi si parla solo di quello… Infine, non sono attratto dal fumetto in cui la presenza del “computer” sia esagerata. I colori, il disegno, il lettering mi danno una sensazione di rigidità che difficilmente mi porta ad andare oltre all’apertura del volume.
VIttorio Giardino ci mostra i suoi strumenti da lavoro.
Collezione Nicola Crema
Studio del Maestro fotografati durante la nostra visita.
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Alcune illustrazioni che il Maestro Giardino ci ha gentilmente mostrato durante l’intervista.
Cosa ti piace e cosa meno dei collezionisti di tavole originali. Mi piacciono più di quanto non mi piacciono. Non ho mai incontrato, sino ad oggi, un collezionista di tavole originali che non fosse anche un appassionato lettore. Tutti gli autori di fumetti devono essere grati ai collezionisti ma prima di tutto ai lettori. Sostengo spesso che il mio vero padrone non è l’editore, che diventa di fatto solo un mediatore, ma il lettore. È lui che ha tutti i diritti, non bisogna mai ingannarlo. Quello che non mi piace invece è l’eccessivo feticismo. Ho fatto in passato un certo numero di stampe d’arte (intervenendo fisicamente in tutti i passaggi, inclusa la stampa) ma ho notato uno scarso interesse verso questo genere di prodotto. Mi piacerebbe che i collezionisti oltre a desiderare il pezzo unico fossero interessati a questo tipo di lavoro. In primo luogo perché l’autore è più disponibile a vendere multipli, poiché una copia la può tenere per se. L’altra ragione è storica: le litografie, le serigrafie, le acqueforti sono nate per dare la possibilità a più persone ad accedere ad un medesimo originale. Un’operazione democratica, insomma, senza diminuzione di qualità. Un effetto “collaterale” è evidente in molti colleghi, inizialmente in Francia ma recentemente anche in Italia, che iniziano a fare le tavole pensando più alla successiva vendita che alla stampa. E lo si può notare dalla scomparsa dei balloon, che però sono elementi importanti, non messi a caso. Questo perché il mercato del collezionismo di originali ha raggiunto quotazioni che permettono ad un autore di guadagnare di più con la vendita degli originali piuttosto che con i diritti di autore. La maggior parte di noi ha l’opportunità di ammirare i tuoi lavori solamente in libreria o in fumetteria: quanto ci perdiamo e quale è la tua soddisfazione per la resa seriale delle sue storie? Se sul bianco e nero problemi non ce ne sono, sul colore la resa è complicata. Se si usano colori coprenti va bene, ma se si usano colori trasparenti, come l’acquerello, la differenza con l’originale è davvero evidente.
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Gli Scanner, per quanto raffinati, non distinguono alcuni componenti dei colori. Alla mostra dei miei originali organizzata in occasione del BilBolBul, c’era una parete con esposte le mie pubblicazioni sia italiane che estere. Bastava confrontare le diverse edizioni di Jonas Fink, tanto per fare un esempio, per rendersi conto come i colori, per quanto medesimi all’origine, cambiassero in maniera anche eclatante tra una edizione e l’altra. Ma non esageriamo troppo: il fumetto è, come detto, racconto per immagine e non riproduzione d’arte. Cosa ne pensi delle Artist’s Edition, che portano al grande pubblico le tavole a grandezza naturale, con appunti e correzioni? Quale lavoro ti piacerebbe pubblicato su un formato simile? Personalmente mi interessano molto e mi piacerebbe poterci lavorare. Ma trovo interessanti anche i cosiddetti carnet voyage, piccoli album di ricordi di viaggio con acquerelli e aneddoti. Hanno però alti costi e basse tirature e, come ho già avuto modo di dirvi, credo che in Italia si faccia fatica a promuovere materiale simile. Un aneddoto curioso e divertente che ti andrebbe di raccontarci. La sorpresa di scoprire di essere stato pubblicato. Ad esempio in Croazia, a Zagabria, in occasione di un festival ho scoperto la pubblicazione, anni prima, di un volume di Sam Pezzo nella ex-Jugoslavia. Oppure a Lisbona ho scoperto dell’esistenza di “Rapsodia Ungherese” tradotta in portoghese. Quali sono gli strumenti di lavoro che prediligi e quali i tuoi tempi di lavoro? Il tuo lavoro inizia a matita e si conclude sempre con la china ed il colore oppure l’influsso del digitale, specialmente nella colorazione, inizia a farsi insistente? Raccontaci, se esiste, una giornata tipo. Qui sì che si fa in fretta a rispondere: come potete vedere sono una matita, una gomma, pennino, china e pennello. Là in un angolo, un tavolo luminoso che però non uso
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mai se non per fare la squadratura del foglio e riprendere i riferimenti, gli angoli delle tavole, per evitare di averne di differenti dimensioni. Non parto mai dalla prima tavola (la più importante, di apertura) perché la mano è ancora arrugginita. O meglio, disegno a matita ma aspetto di averne fatte tre o quattro prima di chinarla, con il risultato di dover magari riprendere anche la matita. Per i colori prediligo l’acquerello ed in particolare i Winsor & Newton, utilizzando una pipetta per fare le diluizioni esatte sui colori ricorrenti. Da molti anni disegno sul formato F4 ma i problemi sono soprattutto sulla carta per acquerello: difficile trovare produttori che mantengano costanti le proprietà di un supporto così poco diffuso. Da giovane lavoravo di notte. Ora la giornata tipo è più somigliante a quella impiegatizia, dalle 9 alle 20 con una breve pausa pranzo. Per quanto riguarda il mondo digitale, oltre a quanto abbiamo già detto, posso semplicemente rispondere che io sono molto affezionato ai materiali: mi piacciono la carta, l’acqua, i pennelli. C’è chi sostiene che collezionare originali sia un investimento. Qual è la tua idea in proposito? È vero, soprattutto originali di Giardino [ride]. Ricordo di un mio originale venduto in un’asta, da un famoso gallerista, che si concluse con un 250% di aumento rispetto al prezzo originale! Scherzi a parte, il mercato del collezionismo di originali è un mercato “di rarità” e non di bellezza. Ho visto aste di tavole di Alberto Breccia, del Perramus, a 400 euro risultate invendute. Sino a qualche anno fa si potevano comprare illustrazioni di Toppi a quattro soldi. Esiste la regola aurea per capire se un tuo originale è autentico o meno? La risposta “quello che sta a casa mia” non vale. Alcuni scatti “rubati” nello studio del Maestro. Da notare l’incredibile collezione di pipe.
Diciamo che la regola fondamentale è quella di interpellarmi. Capita di scoprire falsi, che sono in vendita nonostante gli originali siano ancora in mio possesso. Da alcuni anni ho adottato il sistema del timbro e firma a retro. Ma anche in questo caso tutto è falsificabile: un contatto attraverso il mio sito web è il modo migliore per essere certi dell’originalità. E come suggerivano i latini in cauda venenum: seppur consci dell’affetto che nutri verso i tuoi originali, gli avidi collezionisti si domandano quale sia la strategia giusta per poter avere un “Giardino in casa”! Personalmente sconsiglio l’acquisto di mie tavole, per il semplice fatto che io non voglio vendere. E quando capita chiedo un prezzo talmente alto che quasi certamente l’originale non verrà venduto. E se proprio dovesse esserlo, mi consolerei con la cifra. Quando decido di cedere qualcosa normalmente mi rivolgo in Italia a Spazio Corto Maltese. In Belgio c’è una galleria che si chiama Champaka cui ho dato qualcosa. Bene, grati per la tua disponibilità [NDR: più di tre ore di piacevole chiacchierata] ti salutiamo e ci auguriamo presto di ospitare molte tue opere sulla nostra rivista e, perché no, di collaborare a qualche progetto assieme. Grazie a voi della visita. E’ sempre un piacere parlare delle cose che si amano.
Vittorio GIardino con Vanni Varalda, autore dell’articolo. Scatto realizzato durante l’intervista nel suo studio. 51
Intervista
WHILCE “BISHOP” PORTACIO È STATO UNO DEI PROTAGONISTI INDISCUSSI DEI COMIC BOOK ANNI ‘90. IL RILANCIO DEL PUNITORE, LA CREAZIONE DEL PERSONAGGIO BISHOP E LA FONDAZIONE DELLA IMAGE SONO SOLO ALCUNE DELLE TAPPE DELLA SUA LUMINOSA CARRIERA... POTEVA SCEGLIERE DI MENO PER LA NOSTRA PRIMA INTERVISTA OLTRE OCEANO???
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di Paolo Rinaldi
niziamo chiedendoti, come hai iniziato la tua carriera di illustratore? Raccontaci la tua storia. Fin da bambino ho sempre letto racconti di fantascienza che parlavano di fantastici nuovi mondi e come l’uomo si sarebbe adattato a queste nuove scoperte. I comic book sono stati il perfetto strumento per rendere visivamente queste fantasie letterarie e poterle esplorare . Quindi, essendo cresciuto in una famiglia di militari ho iniziato a immaginare eventi militari storici, naturalmente con le competenze tecniche che avevo al tempo, creando mondi da esplorare tratti dai ricordi di quei preziosi romanzi. Quali sono gli autori che più ti hanno ispirato nel tuo lavoro, e quali sono gli autori e le storie con cui sei cresciuto, sia anagraficamente che professionalmente? In realtà ho iniziato con film, come Il pianeta delle scimmie, e Omega Man, I Tre Moschettieri e Andromeda Strain e meravigliosi per la creatività visiva dei loro mondi. Per quanto riguarda i fumetti ne ero più interessato solo dal punto di vista tecnico per affinare le mie capacità come artista. Così ho studiato Autori del calibro di Neal Adams, Gil Kane, Gene Colan e, naturalmente il re dell’immaginario che era Jack Kirby. Inoltre sono sempre stato attratto dalla semplicità dell’estetica giapponese. Così ho cercato di mescolare nella mia mente il realismo di Neal Adams, lo stato d’animo di Gene Colan, l’anatomia di Gil Kane, la fantasia di Jack Kirby, il tutto avvolto nell’estetica semplice e pulita dello stile giapponese. Quali sono gli strumenti di lavoro che utilizzi e quali sono le tue ore di lavoro? Raccontaci la tua giornata tipo. Attualmente prediligo la versatilità dei markers e del pennello mi danno che la vera magia aprendo un mondo di linee che mi danno la possibilità di sperimentare continuamente. Gli strumenti digitali invece mi permette la mobilità e la rapidità di creare un disegno facilmente ovunque sono. Per quanto riguarda le ore di lavoro posso dire che disegno, creo, progetto e scrivo quasi tutto il giorno e tutti i giorni... essendo il capofamiglia di una famiglia in crescita!!!. Spesso mi capita di disegnare fino alle prime ore del mattino per svegliarsi solo un paio di
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ore più tardi per portare le mie ragazze a scuola e portare anche mia moglie a fare le sue commissioni. Nelle attese disegno in digitale in auto. Ho un tablet nel mio studio ed uno sul tavolo in camera mia . Ho borse e valige per portare il mio lavoro con me durante le convention e per realizzare ovunque le mie commission quotidiane . Sono costantemente on-line sia in casa che fuori per interfacciarmi con redattori e collaboratori sul lavoro e il lavoro futuro . In realtà non ho avuto un telefono cellulare per anni, prediligendo le comunicazioni istantanee di strumenti come e-mail o messaggi. La tecnologia ha permesso una vita piena di creatività dentro e fuori dallo studio . Raramente lavoro su un computer desktop perché odio sentirmi costretto ad una scrivania, preferisco la mobilità anche se è solo intorno a casa. Cosa ne pensi dell’utilizzo sempre più presente, della computer grafica? Credi che possa migliorare la performance di un artista o pensi che possa essere una scorciatoia facile che ne limita la creatività? Dopo aver lavorato con la computer grafica dal 1985 l’unica vera differenza ora è il “feel” ovvero la casualità che gli strumenti del “mondo reale” a volte possono dare. Ma il computer arriverà presto arrivare anche lì. I computer permettono la mobilità e l’accessibilità o tutto il nostro lavoro e tutti i vostri strumenti preferiti in ogni momento e ovunque siamo. A casa, in un altro studio di artisti, in un ufficio clienti, o appena fuori da qualche parte dove ti arriva l’ispirazione. Inoltre le scorciatoie di tagliare e incollare e trasformare consentono una fase più veloce di layout. Come molti hanno detto prima di me il computer è solo uno strumento; può aiutare, può facilitare, ma solo l’artista e quello che fa con i suoi strumenti può creare arte. Lei è stato uno dei co-fondatori di Image Comics, può raccontare ai lettori de La Nona Arte questa esperienza. L’esperienza della Image Comics era qualcosa che doveva succedere, e abbiamo dovuto essere gli “outsider” del momento agli occhi di tutti. Dovevamo dare ai comics la creatività necessaria per staccarsi da quel meccanismo
A fianco riunione dei fondatori della IMAGE e Robert Kirkman Sotto Portacio alle prese con uno sketch in fiera.
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WETWORK #4 p16 Portacio su chine di Scott Williams Collezione Salvini
A volte sul retro di un originale si nascondono dei veri e propri tesori, come questo studio anatomico di Tempesta. X-FACTOR #69 p25 Collezione Rinaldi
fermo in cui viveva all’epoca. Aveva bisogno di espandersi quel mondo. L’idea era mostrare ad un giovane artista che si potevano superare certi limiti, e che era giusto farlo. E ‘stato un momento di enormi riflessioni che duravano anche 24 ore di seguito ed in cui la creatività è stata spinta in tutte le direzioni. La tecnologia ci ha permesso di sperimentare qualunque idea e permettergli di vivere e crescere senza limiti. Tutte le libertà e i processi produttivi sviluppati dalla Image sono ora lo standard. Avevamo sentito che c’era questo bisogno dettato dai limiti editoriali del tempo e abbiamo deciso di soddisfarlo. È stato un progetto ambizioso che prima di noi nessuno aveva osato realizzare. È stato davvero un laboratorio di Frankenstein e abbiamo esplorato creativamente in ogni direzione... ogni secondo. La tua carriera è stato rallentata da un problema di salute serio, puoi raccontarci questa esperienza e come sei stati in grado di tornare ai tuoi disegni più in forma di prima? Ancora una volta l’esperienza derivante dalla Image Comics si è dimostrata essere senza confini. Il mio mondo è stato capovolto a causa di un coma diabetico, che al risveglio mi ha lasciato con seri problemi di recupero fisico e naturalmente artistico. A poco a poco ho dovuto iniziare di nuovo a studiare arte tutto da capo. Era come se non ci fosse alcuna esperienza di disegno in me . C’è voluto un anno prima che potessi davvero tenere una matita in mano e riuscire a concentrare la mia mente anche solo per pochi minuti . Poi, col tempo, ho studiato la pittura a olio, acquerelli, la logica della luce e anche la grafica 3D... questa volta però la riscoperta di tutte queste discipline è stata molto più consapevole. Purtroppo il coma diabetico si è portato via la mia memoria a breve termine e per poter prendere spunto da un elemento reale devo guardarlo per qualche istante fino a che l’immagine non è ben impressa nella mia mente e solo a quel punto posso trarre spunto da quel ricordo. Ora devo disegnare da un punto di vista visivo più consapevole. L’arte in fondo è anche questo, adattarsi al proprio ambiente con gli strumenti a disposizione... quindi adattarsi alla perdita della memoria a breve termine è stato qualcosa che sono stato costretto a fare ....
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Negli ultimi venti anni il mercato originario ha subito profondi cambiamenti. Il collezionista oltre a comprare un originale del suo personaggio/ autore preferito porta a casa anche e soprattutto un’opera d’arte. Secondo te come pensi che questo si evolverà questo mercato in futuro? Questo concetto mi scalda il cuore, sono contento che in questi tempi così frenetici la forma d’arte e il mondo creativo riescano a dar forma ad una sorta di coscienza sociale in cui l’artista e la sua opera vengano degnamente riconosciuti. Mi rincuora il fatto che gli odierni personaggi popolari, disegnati da nuovi artisti, siano ancora attaccati ai loro creatori originali. Che vengano ricordati e rivalutati artisti come Steve Ditko, il primo disegnatore di Spiderman, o che a Jack Kirby venga riconosciuto la creazione visiva di tante opere meravigliose. È una grande tendenza che questi creatori originali di tanti personaggi amati abbiano la giusta riconoscenza. Come vivi l’aumento nelle valutazioni degli originali del mondo dei comics? E questo ha influito sul tuo modo di lavorare? Sono sempre stato un artista al servizio della storia e dei personaggi. Se una nuova tecnica o una nuova visione artistica mi permette uno sviluppo più originale di una storia la applico, che questa possa aumentarne le vendite dell’originale o meno. Ho sempre sperimentato, così come mi è stato insegnato in giovane età, e penso che se un artista è vincolato a disegnare solo ciò che è previsto, diventa un artista in un vicolo cieco. Mi è stato sempre trasmesso di esplorare la vita come l’arte e trovare sempre qualcosa di nuovo che mi ispiri e che mi motivi.
SUPERMAN/BATMAN #58 p13 Collezione Luca Mazzoleni
Cosa pensi siano le differenze tra gli originali italiano, franco / belga e quelli americani? Per me può essere riconducibile alla lotta classica tra ciò che è stabilito o pensare fuori dagli schemi. Il concetto per me è che la maggior parte degli artisti “europei” creano una forma d’arte attingendo appieno dalle teorie del colore e della pittura tradizionale che non sembrano invece essere state assorbite qui negli Stati Uniti. Un artista “europeo” è quindi associato sempre a questo tipo di arte mentre negli Stati Uniti abbiamo meno vincoli alla sperimentazione e questo ci permette di creare arte seguendo anche altri percorsi.
Sessione di autografi con Marc Silvestri, Todd Mcfarlane e Erik Larsen
Molti collezionisti sono attratti dalle commissioni, un modo per avere un esempio unico del suo autore /personaggio preferito, tu sei disponibili a farle? Quali sono i tuoi tempi/ costi e soprattutto, come possano contattarti i nostri lettori? Potete contattare per qualsiasi inforazione il mio Art Dealer Jo all’indirizzo: portaciowhilce@gmail.com Che consigli puoi dare ad un giovane artista che vorrebbe intraprendere la carriera di disegnatore? Questo è un grande momento per trovare dentro di te una storia, personaggi e situazioni uniche di cui magari il mondo è proprio in attesa. L’arte è davvero la capacità (in tutti i media) per comunicare una storia. Una volta che riesci a comunicare ciò che hai dentro, sei un artista. A quel punto è solo l’acuirsi delle tue capacità. Il mondo è aperto a nuove storie basta saperle comunicare e lasciare che il mondo veda ciò che hai dentro di te.
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Portacio insieme a Chris Claremont ©MARVEL COMICS GROUP ©DC COMICS GROUP ©IMAGE all rights reserved
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BIOGRAFIA
Whilce Portacio, creatore del personaggio Bishop degli X-Men, festeggia quest’anno il suo trentesimo anniverio da disegnatore professionista. Whilce Portacio inizia la sua carriera come inchiostratore di Alien Legion e della miniserie Longshot (1984) sulle matite di Art Adams. È stato uno dei principali autori che ha contributo al rilancio di serie quali: Punisher, X-Factor e Uncanny X-Men nei primi anni ‘90. Portacio è stato anche uno dei sette fondatori della Image Comics per la quale ha creato la serie “Wetworks”. Whilce, negli ultimi anni, è tornato a lavorare per Marvel e DC su titoli come: Iron Man: Heroes Reborn, Punisher, X Force, Journey Into Mistero, Hulk, Authority, Stormwatch, Batman Confidential, Superman / Batman, Spawn, Darkness, e Stone. Whilce è recentemente tornato alla Image Comics per collaborare insieme con Glen Brunswick alla serie “Non-Humans”.
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tavoleoriginali net illustrazioni, disegni e tavole originali di fumetto www.tavoleoriginali.net info@tavoleoriginali.net
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Collezione Federico Fiecconi