In alto La facciata della basilica
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La basilica San Miniato al Monte domina da un colle posto a sud di Firenze, la città ed è uno degli esempi più caratteristici del romanico toscano, uno stile fortemente influenzato dalla tradizione classica. La chiesa è decorata, sia all’interno sia all’esterno da marmi bianchi e verdi. La facciata (XII-XII secolo), caratterizzata dal paramento marmoreo bianco (in parte apuano, in parte di reimpiego) e verde di Prato (“serpentino” del monte Ferrato) è disegnata a scomparti geometrici. Ha due ordini, con fastigio (timpano) centrale e due spioventi laterali, si caratterizza per l’ordine inferiore a cinque arcate a tutto sesto
(con tre porte reali e due simulate) definite da semicolonne corinzie (fusti in marmo verde, basi e capitelli in marmo bianco). L’ordine superiore, contenente e non coincidente con le tre arcate a terra; è tripartito con agili paraste scanalate che riposano su un robusto marciapiano in marmo verde; gli spartiti sono risolti con decorazioni geometriche i cui punti angolari sono materializzati da sculture. Al centro una perfetta finestra classicheggiante con pròtomi leonine alla base delle due colonne; il campo superiore al timpano fino alla cornice marciapiano che imposta il fastigio, ha una scena a mosaico , su fondo oro. Il timpano, infine,
ha nove archetti ciechi e formelle a intarsio; alle due estremità del timpano vi sono due telamoni in marmo bianco (in realtà altorilievi in un unico monolitico). Sulla sommità della facciata l’arte di Calimala, che per anni si è occupata della basilica, fece porre nel 1401 un’aquila di rame, già dorata, ed avente i piedi sul Torsello (balla ammagliata di dodici panni) di marmo. Le scale che precedono la facciata vennero rifatte varie volte: nel 1338, nel 1493 ed infine nel 1796. La continuità con la tradizione classica e bizantina si evidenzia nell’adozione della pianta basilicale a tre navate senza transetto, con copertura a tetto; ma soprattutto nella ricerca
In alto Vista delle navate della basilica
della proporzionalità, dell’essenzialità dei volumi, che si traduce in perfette definizioni geometriche, nella struttra come nella decorazione. La navata principale sta alle navate laterali nel rapporto di 2:1; la distanza tra le successive arcate trasversali è pari alla loro altezza, il rapporto tra larghezza e altezza della navata centrale è 2:3, e così pure il rapporto tra larghezza della navata e lunghezza dei raggruppamenti di tre arcate. Nove archi a tutto sesto, sorretti da colonne intervallate ogni due da pilastri polistili, ritmano l’andamento longitudinale della chiesa. Dai pilastri polistili partono le arcate trasversali che suddividono la navata centrale
e le navate laterali in tre campate, delle quali, l’ultima, sopraelevata, costituisce il presbitereo. I pilastri polistili e le arcate trasversali sono stati considerati un’importazione della tecnica costruttiva lombarda; tuttavia l’uso non di un sistema di volte ma di tradizionale tetto a capriate priva i pilastri a fascio della loro innovativa funzione statica e li trasforma in elementi di scansione ritmica. Una raffinata guida intarsiata di marmi caratterizza la pavimentazione della navata centrale conduce dal portale centrale fino alla cappella del Crocifisso di Michelozzo. I motivi sono vari e sembrano riconducibili a quelli ornamentali delle stoffe
orientali. Questa fascia intarsiata è composta da sei quadrati e due rettangoli, caratterizzati da figure basate sul simbolismo del numero otto, formando stelle a otto punte o fiori a otto petali. L’otto , infatti, è il numero della perfezione spirtituale, quello del cielo delle stelle fisse che avvolgono i cieli planetari, per i neoplatonici la sede delle anime. Il simbolismo cosmico è chiaramente visibile anche nella preziosa figura dello zodiaco pavimentale, collocato nel quarto quadrato. Si tratta di un quadrato con la ruota dello zodiaco, nei cui pennacchi d’angolo quattro grifoni stringono fra le zampe un serpente, sostenuti da due figure con busto umano e corpo serpente.
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