Onstage 79 | settembre-ottobre

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79 SETTEMBRE OTTOBRE

2015

N EG RAM A RO ELIO E LE STOR IE TES E Q UE E N EDITORS G AB R I E LE M U CCINO MIKA IN S IDE OUT

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ISSN:2421-0781

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«Quella che sale sul palco è una versione di me totalmente libera nell’anima, realizzata al cento per cento: è l’utopia al potere, perché non è pensabile che tutta la vita possa essere come quegli istanti»

#PiùCheLogicoTour

Cremonini Cesare






#QUELLACHEVORRE1 V1NC1 1L PR1VATE SHOW DE1 NEGRAMARO: SOLO PER TE E I TUOI AMICI IN ESCLUSIVA LE PROVE DEL TOUR

4 6 10 12 15 18 21+ 22

NOVEMBRE – MANTOVA – PalaBAM novembre – FIRENZE – Mandela Forum novembre – BOLOGNA – Unipol Arena novembre – PADOVA – Palafabris novembre – ANCONA – Palarossini novembre – PERUGIA – Palaevangelisti novembre – BARI – Palaflorio

26+ 27 novembre – ROMA – Palalottomatica 2 dicembre – ACIREALE (CT) – Palasport 5 dicembre – EBOLI (SA) – Palasele 8 dicembre – CASERTA – Palamaggiò 14 + 15 dicembre – MILANO – Mediolanum Forum 18 dicembre – TORINO – Pala Alpitour 22 dicembre – MONTICHIARI (BS) – Palageorge


Si sono presi un anno di pausa per lavorare al nuovo album La rivoluzione sta arrivando, un concentrato di rock che i Negramaro porteranno in concerto a dicembre. E, prima di debuttare dal vivo, la band ha pensato a una sorpresa per il proprio pubblico: uno speciale private show che consentirà a un fan di assistere insieme a cinque amici alle prove del prossimo tour. Grazie a TIM YOUNG LIVE, questo sogno può realizzarsi. L’iniziativa si chiama TIM YOUNG LIVE Private Show: per partecipare bisogna accedere alla sezione Private

Show del sito timyounglive.timyoung.it. Il concorso è attivo dal 14 settembre al 4 ottobre e vincere è molto facile. Ogni partecipante dovrà scegliere una canzone che non dovrebbe mancare dalla scaletta de La rivoluzione sta arrivando Tour. E dovrà spiegare il motivo in 250 caratteri. Il fortunato vincitore potrà sedersi comodamente davanti al palco dei Negramaro, a pochi metri da loro, e assistere in esclusiva con cinque amici alle prove del nuovo tour della band, il primo a supporto di un nuovo album dopo oltre tre anni!



EDITORIALE DANIELE SALOMONE

@DanieleSalomone

«D

ario Fo è una grande ispirazione perché la sua anima è giovane. Quasi infantile. È un enfant terrible, nel vero senso del termine. Non come i giovani ricchi che si drogano e poi finiscono sulle copertine. I veri enfant terrible sono persone dolci, tenere, che non fanno rumore o litigano con i paparazzi, ma fanno discutere con la penna, con la testa, con il cuore, con quello che dicono e scrivono». Mika (pag. 42) «Per montarmi la testa dovrei proprio sforzarmi. E poi la mia immagine non ha a che fare con me. La gente vede di me un qualcosa che ha a che fare con il mio mestiere, io però sono molto più di questo. O certe volte meno di questo. Lavorare, che so, con Ron Howard mi ha reso sicuramente un artista migliore, ma non per forza una persona migliore». Pierfrancesco Favino (pag. 50) «Non mi sono mai sentito in dovere di compiacere il pubblico, anzi credo la gente vada educata a sapere chi sei: per questo ho sempre rifiutato una carriera in cui accontentare il fan che viene al raduno o quello che mette in piedi il fan club. Le mie canzoni, per essere vere, devono essere scritte per me e solo per me: la cosa più brutta che possa succedermi è che piaccia alla gente qualcosa che non

piace a me». Cesare Cremonini (pag. 54) «Trovo che le connessioni e gli scambi siano l’unico modo per non ripetersi e non cadere in deliri di autocelebrazione: è l’unica possibilità per creare qualcosa di forte. Io so cantare, quella è la cosa che mi viene meglio, e riesco a farlo in maniera più rilassata e incisiva se intorno a me ci sono persone che fanno quello che gli viene meglio con altrettanta gioia e personalità». Malika Ayane (pag. 62) «Cercare sempre la qualità non è comodo, ma noi non siamo mai stati comodi. Anche il nostro ultimo singolo va in quella direzione e infatti non è stato molto apprezzato da quelli che si ritengono i depositari del segreto degli Elio e le Storie Tese e urlano “Sacrilegio!”. Ma noi andiamo per la nostra strada perché è già accaduto in passato e vogliamo cercare continuamente nuovi stimoli» Elio, Elio e Le Storie Tese (Pag. 64) «Ciò che mi rende più orgoglioso della mia carriera è l’ostinazione con cui ho mantenuto integra la mia voce. Con cui ho fatto scelte autonome. Su dieci film che ho diretto forse uno posso considerarlo “comodo” e conveniente, tutti gli altri sono il risultato di quello che volevo fare, dei miei desideri. E rimanere fedele

alle proprie premesse non è una cosa facile o scontata». Gabriele Muccino (pag 70) «La velocità è comoda, però in realtà ti perdi tutto quello che c’è in mezzo. Per questo ho pensato di dedicarmi ai viaggi a piedi. La cosa bella che vedo durante le camminate è che la gente ha la possibilità di riflettere liberamente sulla propria vita. E le persone non hanno freni quando sono libere». Enrico Brizzi (pag. 80) Sono solo alcune delle frasi che potete leggere sfogliando il magazine che avete tra le mani. Frasi di artisti – cantautori, musicisti, attori, registi, scrittori - che oltre a dimostrare quanto interessante sia questo numero di Onstage, sono la prova di quanto vivo e per nulla rassegnato sia il pensiero di chi fa cultura in Italia (anche non essendo italiano, come Mika). Un tesoro che sta proprio lì, davanti ai nostri occhi, luccicante, e che però fatichiamo a notare, distratti dal bombardamento di messaggi-sintesi che subiamo nell’era dell’ipercomunicazione. Tanto che sembra non essere mai esistito. Una ricchezza del genere non solo non deve restare nascosta e tanto meno andare persa, ma ha un costante bisogno della nostra attenzione. Dargliela è un nostro dovere.

onstage settembre

- ottobre 09


68

42

54

62

INDICE

JUKEBOX 21. Coez 22. MTV EMA 23. Vacca 25. Foo Fighters 26. Amy Winehouse

36.

42.

Brian May ci racconta la storia dietro Bohemian Rhapsody, capolavoro di Mercury e dei Queen uscito 40 anni fa

Altro che X Factor: è un artista maturo e una persona parecchio intelligente, che ci ha detto solo cose interessanti

Tutti lo vogliono, tutti lo cercano e lui resta con i piedi per terra. Perché l’attore non è l’uomo, e viceversa

FACE TO FACE 30. John Lydon 32. Luca Argentero

54.

62.

64.

Un’intervista sul tour che si trasforma in una conversazione filosofica sull’identità. Con Cesare capitano cose così

Una delle più belle voci del nostro panorama musicale è finalmente pronta a fare quello che più le piace

Materiale nuovo e ristampe, ma quando hai davanti Elio, Faso e Cesareo puoi parlare davvero di tutto. E infatti

ONSTAGE PULSE! 34. State Champs

10 onstage settembre - ottobre

QUEEN

CESARE CREMONINI

MIKA

MALIKA AYANE

50. PIERFRANCESCO FAVINO

ELIO E LE STORIE TESE



INDICE

74

70

98

INDICE

70.

GABRIELE MUCCINO Il più americano dei registi italiani ci parla del suo ultimo film, che si pone gli stessi obiettivi di quelli precedenti

50

87.

NEGRAMARO Un album con un titolo importante che è un progetto artistico ambizioso, a 5 anni di distanza da Casa 69

74.

98.

IRAN Viaggio a Teheran per scoprire se quello che ci racconta la propaganda (locale e occidentale) è vero oppure no

FLORENCE + THE MACHINE Cosa aspettarsi dalla data natalizia di Milano, andata sold-out in poche ore? Tanto, perché Florence è una Diva

WHAT’S NEW 88. Musica 90. Cinema 92. Serie Tv 94. Games 96. Tech

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ONSTAGEWEB.COM CONCERTI, BIGLIETTI E... ONSTAGE AWARDS Onstage si prepara a vivere intensamente una stagione di concerti e grandi eventi. Gli ultimi mesi del 2015 vedranno la partenza di molti tour di importanti artisti italiani come Max Pezzali, Eros Ramazzotti, Jovanotti e Tiziano Ferro. Gli ultimi due, dopo essersi esibiti quest'estate all'interno dei maggiori stadi italiani, torneranno in scena nei palazzetti tra 12 onstage settembre - ottobre

novembre e dicembre. Seguiremo inoltre i concerti di Negramaro e Cesare Cremonini, artisti protagonisti di contest e iniziative speciali che saranno pubblicate sulle pagine del nostro sito. Infine, non dimenticatevi che tra poco scoccherà nuovamente l'ora degli Onstage Awards. Gli Oscar della musica live torneranno a breve protagonisti sul nostro network...


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OSPITI

DANIELE BARRACO

JEFF BRIDGES

Ha ritratto volti di rockstar e di importantissimi attori del mondo dello spettacolo. Quando aveva diciassette anni ha girato l'Europa con la sua band (era il batterista del gruppo). In questo numero ha ritratto Pierfrancesco Favino.

Jeffrey Leon Bridges è nato a Los Angeles il 4 dicembre 1949. È attore, produttore cinematografico e musicista. È anche appassionato di fotografia, infatti dal 1976 porta con sé su ogni set che frequenta la sua fidata Widelux.

PETER LINDBERGH

ROBERTO PANUCCI

Considerato uno dei più importanti fotografi di moda, ha ritratto Mika in questo numero. Nato a Leszno in Polonia nel 1944, quando la città era ancora sotto dominio tedesco, è cresciuto in Westfalia e ora vive in giro per il mondo.

14 onstage settembre - ottobre

Romano, classe 1965 si appassiona alla fotografia in terza media. Collabora con le più importanti testate giornalistiche in ambito musicale. È fotografo di riferimento di Onstage Magazine per Roma e per tutto il Centro-Sud dal 2011.

IRENE FASSINI

Nata a Milano nel 1987, dottoranda in antropologia giuridica, fotografa e viaggiatrice. Ha scattato per Onstage le foto in Iran durante un lungo viaggio nel Paese mediorientale.

MATTIA ZOPPELLARO

Nato a Rovigo nel 1976, si è trasferito in Inghilterra nel 2002, iniziando a collaborare con diverse etichette discografiche e molti magazine musicali d'Oltremanica. In questo numero di Onstage ha fotografato Coez



COLOPHONE Registrazione al Tribunale di Milano n° 362 del 01/06/2007

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Marianna Maino (direttore) m.maino@onstageweb.com Raffaele Bellan r.bellan@onstageweb.com Mattia Cristoforetti m.cristoforetti@onstageweb.com Marta Grasso m.grasso@onstageweb.com

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Marco Agustoni Tommaso Canetta Luca Garrò Stefano Gilardino Lorenzo Lamperti Massimo Longoni Tommaso Magrini Francesco Riccardi Carolina Saporiti

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FILIALE DI ROMA Paola Marullo p.marullo@onstageweb.com

DISTRIBUZIONE Mepe Distribuzione Editoriale Spa

STAMPA Rotolito Lombarda Via Sondrio, 3 20096 Pioltello (MI)

Onstage Magazine è edito da Areaconcerti srl via Ripamonti 137 20141 Milano Tel. 02.533558 info@areaconcerti.it

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BERGAMO

TORINO

FIRENZE

Aeroporto Caselle Mondadori Megastore Monte di Pietà Stazione Porta Nuova

Aeroporto Peretola Mondadori Bookstore Via de’ Ginori Stazione Santa Maria Novella

VERONA

ROMA

Aeroporto Catullo Stazione Porta Nuova

Aeroporto Orio al Serio

BOLOGNA Aeroporto Marconi Mondadori Multicenter Via D'Azeglio Stazione Centrale

16 onstage settembre - ottobre

Mondadori Bookstore Via del Pellegrino Mondadori Multicenter Cola di Rienzo Hudson News - Aeroporto Fiumicino Hudson News - Stazione Termini



40

ANNI FA

usciva Wish You Were Here, il nono album in studio dei Pink Floyd. La band arrivava da due anni molto intensi: il successo di The Dark Side of the Moon – l’album più venduto della storia fino a quel momento – li aveva resi delle rockstar planetarie, ma parte della critica e dei fan della prima ora li avevano accusati di essere diventati commerciali e di aver perso la creatività che Syd Barrett aveva garantito nei primissimi anni. In tutta risposta il gruppo si chiuse in studio e, partendo da alcune idee di Roger Waters, lavorò a un concept che aveva al centro proprio la figura di Barrett – anche se mai in maniera del tutto esplicita. Ne uscì un album di 5 tracce, la prima e l’ultima erano le due lunghe suite di Shine On You Crazy Diamond, la seconda e la terza erano Welcome to the Machine e Have a Cigar, mentre la quarta era Wish You Were Here. Un capolavoro. Era il 12 settembre 1975. (A.L.)




JUKEBOX

UNA NUOVA DIMENSIONE ABBIAMO PARLATO CON COEZ DEL SUO ULTIMO ALBUM NIENTE CHE NON VA. UN LAVORO CHE CONFERMA LA TRANSIZIONE DELL’ARTISTA CAMPANO DAL MONDO RAP A UN UNIVERSO PIÙ AMPIO. DA CANTAUTORE.

Testo di MARCO AGUSTONI Foto di MATTIA ZOPPELLARO

P

er via del suo background, Coez viene ancora oggi categorizzato come rapper. Eppure, se già questa etichetta gli stava stretta con il precedente Non erano fiori, con l'album appena uscito Niente che non va è diventata davvero fuori luogo. «Mi capita spesso di sentire che in radio vengo annunciato come “il rapper Coez”», spiega il diretto interessato. «Certo, una parte del mio pubblico ama i miei dischi hip hop, dei quali peraltro sono fiero e che non rinnego. Però ormai non ha più molto senso dire che sono solo un rapper». Con questo nuovo lavoro, Silvano Albanese porta a compimento il percorso intrapreso negli ultimi anni e si trasforma in cantautore. «Sono sempre lo stesso dei tempi dei Brokenspeakers. Già allora non è che parlassi di “puttane e gioielli”. Però anche se le tematiche che tratto sono sempre le stesse, il linguaggio è totalmente cambiato». Questa svolta si traduce anche in una maggiore attenzione all'aspetto strumentale. «La produzione del disco è stata affidata a Stefano Ceri», spiega. «Abbiamo lavorato insieme con molta libertà, partendo da una chitarra o da un pianoforte e da lì costruendoci un mondo attorno. Quasi tutto quel che abbiamo sperimentato in studio, compresi archi e fiati, siamo riusciti a trasformarlo in realtà». Niente che non va inaugura un nuovo periodo creativo per Silvano, che va in parallelo con un buon momento a livello personale,

almeno con le dovute tare. «Come suggerisce la title track, questo è un disco più positivo di quelli passati. Ovviamente senza esagerare! (risata, ndr)». L'onere di fare da traino alle

«È da tempo che continuo a correre e nonostante tutto mi sento nella condizione dell'eterno secondo. È una questione di ambizione» undici tracce tocca al singolo La rabbia dei secondi, che il “non più solo rapper” spiega così: «È da tempo che continuo a correre e nonostante tutto mi sento nella condizione dell'eterno secondo. Ma credo che alla fine sia normale per quelli ambiziosi, che ogni volta che ottengono qualcosa spostano gli obiettivi un po' più avanti». Nei testi Coez racconta soprattutto se stesso, ma non solo. C'è spazio per un momento di indigna-

zione con Costole rotte, brano nato dalla rabbia per quanto accaduto a Stefano Cucchi: «All'epoca lavoravo in uno studio televisivo e le immagini della sua faccia tumefatta furono proiettate su una serie di schermi», racconta Coez. «Non avevo mai visto qualcosa di simile, rimasi davvero shockato. Il pezzo l'ho scritto poco più di un anno fa e per un po' l'ho lasciato da parte: quando ho letto del proscioglimento dei responsabili, l'ho recuperato e il giorno dopo lo abbiamo inciso». In attesa di conoscere la sorte di Niente che non va, Coez è già proiettato verso il tour, che dovrebbe partire a gennaio. «Avremo un assetto modulare: di base ci saremo io, un dj, un chitarrista e un batterista, ma nelle date più grandi, come Roma o Milano, potremo coinvolgere anche dei fiati, un bassista, un tastierista...». Insomma, non un "semplice" set hip hop, ma il concerto vero e proprio di un musicista con tanta voglia di esibirsi dal vivo. onstage settembre

- ottobre 21


JUKEBOX

CALENDARIO CONCERTI

NON C’È DUE SENZA TRE

SETTEMBRE/OTTOBRE

Gli MTV EMA tornano in Italia per la terza volta nella loro storia. Da metà ottobre Milano diventerà per una settimana capitale della musica mainstream. Testo di JACOPO CASATI - Testo di SARAH BARLOW + STEPHEN SCHOFIELD

L

’edizione 2015 degli MTV Europe Music Awards si tiene nuovamente in Italia. La kermesse ritorna nel nostro Paese dopo le edizioni del 1998 e del 2004, ospitate rispettivamente da Milano e Roma. Sarà proprio la capitale di Expo ad accogliere le superstar del pop internazionale, per la serata di gala (trasmessa in diretta televisiva su MTV) di domenica 25 ottobre al Mediolanum Forum di Assago. Nati come alternativa all’edizione americana, gli EMA sono diventati un punto di riferimento per gli appassionati di musica mainstream. Vero e proprio raduno di popstar e (talvolta) rockstar di calibro internazionale, devono il proprio successo alla formula che unisce performance di grandi artisti intervallate dalla premiazione dei vincitori dei premi. Sono sedici le categorie votabili (fino al 24 ottobre) dal pubblico. In aggiunta a queste ci sarà anche il riconoscimento assegnato al miglior video dell’anno, stabilito direttamente dal team editoriale di MTV. Taylor Swift è regina delle nomination:

appare in 9 categorie (tre per Bad Blood, successo cantato insieme a Kendrick Lamar). Dopo di lei spiccano Justin Bieber e Nicki Minaj, con 5 e 4 nomination. Il titolo di migliore rockband si gioca tra AC/DC, Coldplay, Muse, Royal Blood e Foo Fighters. Nella categoria Best Alternative sono in gara Fall Out Boy, Florence + The Machine, Lana Del Rey, Lorde e Twenty One Pilots. In lizza per il Best Italian Act, invece, ci sono i preferiti del pubblico tricolore: Fedez, J-Ax, Marco Mengoni, Tiziano Ferro e The Kolors, questi ultimi votati a maggioranza su Twitter. Milano ospita anche la Music Week, serie di happening (concerti, dj set, workshop, street rap battle e molto altro) che invade la città e i suoi locali più conosciuti dal 17 al 24 ottobre. Via Corsico (in zona Navigli), rinominata per l’occasione MTV Street, è uno dei centri nevralgici dell’iniziativa. Lo scorso anno, a Glasgow, il piatto forte della settimana pre-evento furono le esibizioni di Slash e Biffy Clyro, che suonarono due giorni prima delle premiazioni. A chi toccherà quest’anno?

BLUE 11/10 Milano BRIGA 09/10 Napoli - 10/10 Bari 16/10 Firenze - 17/10 Nonantola (MO) 24/10 San Biagio di Callalta (TV) CROSBY, STILLS & NASH 01/10 Milano - 03/10 Padova 04/10 Roma DAVE MATTHEWS BAND 17/10 Milano - 18/10 Firenze 20/10 Roma - 21/10 Padova DEEP PURPLE 30/10 Padova - 31/10 Milano EROS RAMAZZOTTI 07/10 Milano - 09/10 Milano 10/10 Milano - 12/10 Firenze 14/10 Roma - 16/10 Roma 18/10 Roma - 20/10 Bologna FABRI FIBRA 17/10 Milano - 24/10 Roma MAX PEZZALI 23/09 Morbegno (SO) - 25/09 Ancona 26/09 Rimini - 29/09 Mantova - 02/10 Firenze - 08/10 Roma - 13/10 Perugia 15/10 Bari - 17/10 Acireale (CT) - 20/10 Eboli (SA) - 22/10 Bologna - 24/10 Torino - 25/10 Torino - 27/10 Genova29/10 Modena - 31/10 Verona MORRISSEY 07/10 Napoli - 08/10 Cesena NEK 13/10 Mantova - 14/10 Mestre 16/10 Bologna - 17/10 Sengallia (AN) 19/10 Pescara - 20/10 Napoli - 22/10 Palermo - 23/10 Catania - 25/10 Reggio Calabria - 27/10 Lecce - 28/10 Bari 30/10 Firenze - 31/10 Santa Croce sull´Arno (PI) RISE AGAINST 30/09 Milano - 01/10 Roma 02/10 Bologna STEREOPHONICS 20/10 Milano TAKE THAT 13/10 Milano

22 onstage settembre - ottobre


UNA SCELTA DI CAMPO Il suo nuovo album gli è costato un’astinenza di otto mesi. Ma smettere di fumare ha aiutato Vacca ad aprirsi a nuove tematiche più “elevate”. Anche se poi ha preferito tornare alle vecchie abitudini. Testo di MARCO AGUSTONI - Foto di PAIFO

G

ià dal titolo, l'ultimo album di Vacca preannuncia una svolta importante. L'ultimo tango sa infatti di qualcosa di definitivo e assoluto, anche se, commenta il rapper cresciuto a Milano e da qualche anno fisso a Kingston in Giamaica, «di definitivo c'è solo la morte». Ma da qualche tempo vivere in mezzo a gente che parla un'altra lingua, che «magari in studio si prende bene per la mia musica, però non capisce quello che dico», gli sta pesando. È allora emblematica l'ultima traccia del disco, Trust No One, un ponte tra il presente e il futuro musicale di Alessandro Vacca. «È il mio primo pezzo in patwa giamaicano, per questo ci tengo molto. L'ho scelto come chiusura per far capire che finisce sì un'era, ma ne comincia un'altra». Il primo passo di questo nuovo percorso artistico consiste in un progetto tutto quanto in patwa, sul quale il musicista è già al lavoro. Ma nel frattempo c'è ancora L'ultimo tango da promuovere e uno spettacolo da portare in giro per i club italiani, e Vacca preferisce concentrarsi sul presente di un disco che lo ha impegnato in tutti i sensi. «Per scrivere L'ultimo tango mi ci sono voluti undici mesi, otto dei quali passati senza mai fumare». Una novità per uno che non ha mai fatto mistero della propria passione per la marijuana. E una scelta non propriamente artistica. «Sapevo che sarei partito per una crociera con mia moglie e la sua famiglia», racconta, «e che per un po' avrei avuto problemi di... rifornimenti. Quindi mi sono portato avanti e ho smesso di fumare prima». Per quanto forzata, questa decisione si è rivelata provvidenziale. «Tornato dal viaggio avevo una voglia matta di accendermi un cannone lungo così, ma poi ho pensato: arrivati fin qui, tanto vale andare avanti. E non ho fumato per tutta la durata delle registrazioni». Il risultato, assicura, si sente: sia in termini tecnici che di tematiche, i testi sono molto più "elevati" che in passato. «È stato uno stimolo creativo, proprio come ai tempi di Sporco andare in Giamaica mi ha cambiato

la prospettiva». Ma terminato il disco, l'artista è tornato alle sue vecchie abitudini senza troppe remore. Il risultato di queste session senza erba è un puro e semplice disco hip hop, anche se non nel senso classico del termine. Diciamo che si inserisce alla perfezione nel solco dei precedenti dischi di Vacca,

«Avevo una voglia matta di accendermi un cannone lungo così, ma arrivati fin lì, tanto valeva andare avanti. E non ho fumato per tutta la durata delle registrazioni» con quel suo stile personale che lo ha distinto dai colleghi. Ci sono, però, anche influssi di altri generi, soprattutto in levare, come è ovvio dato il contesto musicale nel quale oggi si trova a vivere il rapper. «C'è dello ska, c'è

del reggae, come ad esempio ne Il ragazzo coi dread e in Manchi solo tu con Enrico dei Los Fastidios. Ma è tutto rivisitato in chiave moderna e più elettronica», spiega Vacca. La voglia di cimentarsi con degli strumenti "veri" è una conseguenza spontanea. «In futuro in studio ce ne saranno di più», auspica l’artista. «Per quel che riguarda i concerti, sarebbe il mio sogno. Ma il circuito live italiano oggi come oggi non permette di fare questo discorso. Invece che cinquanta date, con una band se ne chiudono solo otto». Il tour in partenza a ottobre lo vedrà quindi nella classica formazione mc più dj, con l'aggiunta di qualche amico che salirà sul palco, lasciando però da parte special guest dai nomi altisonanti, che servirebbero solo da facile richiamo. Non poteva mancare, per finire, un commento sulla lite con l'ex amico Fabri Fibra: «Quel che ci dovevamo dire ce lo siamo detto. Ma se lo incontro per strada, è un altro conto...» onstage settembre

- ottobre 23


JUKEBOX

HOTLIST

UNL’ASTRONAVE GRANDE OCCHIO IN CAMPAGNA Debutta per la prima volta in Europa una mostra con le fotografie di Jeff Bridges, attore premio Oscar e protagonista del film cult Il grande Lebowski. Testo di FRANCESCA VUOTTO Foto di JEFF BRIDGES

I 10 BRANI PIÙ ASCOLTATI IN REDAZIONE DURANTE LA LAVORAZIONE DI QUESTO NUMERO EDITORS LIFE IS A FEAR (IN DREAM, 2015) FLORENCE + THE MACHINE DELILAH (HOW BIG HOW BLUE HOW BEAUTIFUL, 2015) BEIRUT GIBRALTAR (NO NO NO, 2015) IRON MAIDEN DEATH OR GLORY (THE BOOK OF SOULS, 2015) ELIO E LE STORIE TESE LA VENDETTA DEL FANTASMA FORMAGGINO (ITALYAN, RUM CASUSU ÇIKTI, 1992)

© 2015 Jeff Bridges, All Rights Reserved

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i fissazioni gli attori sul set ne hanno non poche, è risaputo. Quella di Jeff Bridges però non ha a che fare né con la scaramanzia né con i capricci da star, ma con la fotografia. Il premio Oscar quando gira un film non si separa mai dalla sua Widelux, una macchina particolare che usa una pellicola allungata e con la quale ha cominciato a scattare nel ’76, dando voce a una passione giovanile. È un aspetto della sua personalità che conoscono in pochi e al quale darà visibilità per la prima volta in Europa la galleria ONO Arte Contemporanea di Bologna, che al 3 ottobre al 15 novembre ospita Jeff Bridges Photographs: LEBOWSKI and Other BIG Shots mettendo in mostra circa 60 scatti realizzati nei backstage di film come Il grande Lebowsky e La leggenda del re pescatore. Tra le immagini esposte, anche quelle della serie Comoedia/Tragoedia, che immortala, tra gli altri, i colleghi Cuba Gooding Jr. o Kevin Spacey mentre danno espressione, nella stessa foto, alla dimensione comica e tragica – sfruttando la possibilità esclusiva della Widelux della doppia esposizione. È arrivato il momento di far vedere al pubblico gli scatti rimasti gelosamente custoditi nei suoi archivi. (nella foto, Sam Elliot and Jeff Bridges: "The Stranger” and “The Dude”, The Big Lebowski, 1998)

U2 ANGEL OF HARLEM (RATTLE AND HUM, 1988) CARMEN CONSOLI ESERCITO SILENTE (L'ABITUDINE DI TORNARE, 2015) ROBERT JOHNSON SWEET HOME CHICAGO (THE COMPLETE STUDIO RECORDINGS, 1937) BE THE WOLF THE FALL (IMAGO, 2015) QUEENSRYCHE ARROW OF TIME (CONDITION HUMAN, 2015)

UN’AMICA È PER SEMPRE La bambola più famosa del mondo viene celebrata in una mostra a Milano. Perché Barbie, a 55 anni suonati, rimane un’icona irrinunciabile.

e generazioni di bambine «G enerazioni hanno consumato la loro infanzia

24 onstage settembre - ottobre

© Matell Inc.

in compagnia di Barbie. Babbo Natale, fin dal 1959 (anno del debutto sul mercato della bambola Mattel), impazzisce per trovare ville di campagna e di città, piscine, salotti, cucine, abiti per ogni occasione, e tutti i gadget richiesti in migliaia delle letterine che gli arrivano. Il fascino che esercita non termina con l’arrivo dell’età adulta, perché una volta entrata nel cuore ci resta per sempre: lei e gli ammennicoli che la riguardano sono gli unici a sopravvivere a un trasloco dopo l’altro. C’è

poco da girarci attorno, Barbie è un’icona. E come ogni icona che si rispetti, ora, anche in Italia, ha una mostra che la celebra. Barbie – The Icon si può visitare al Mudec, il Museo delle Culture di Milano, dal 28 ottobre al 13 marzo 2016 e racconta il variegato mondo di Barbara Millicent Robert (questo il suo nome per intero) attraverso un percorso tematico suddiviso in cinque sezioni. Ad introdurle, l’imperdibile sala Who Is Barbie con esposte le sette Barbie più rappresentative e una timeline con storia, curiosità e numeri sulla bambola più amata di sempre. [F.V.]


KEEP ON ROCKIN’ IN THE FOOS WORLD A poche settimane dal ritorno in Italia dei Foo Fighters, abbiamo parlato con Fabio Zaffagnini dell’inaspettato successo di Rockin’ 1000 e della probabilissima data che Dave Grohl e compagni terranno proprio a Cesena. Testo di JACOPO CASATI - Foto di BRUNO DONATI

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uante volte, durante un concerto, avete sentito pronunciare dal cantante di turno la frase: «I nostri fan sono i migliori al mondo»? Quasi sempre si tratta di parole di circostanza. Quasi sempre. Rockin’ 1000 offrirà a Dave Grohl un ottimo motivo per ripetere questo concetto in occasione delle prossime date italiane, sold out da mesi, previste a Bologna (13 novembre) e Torino (14 novembre). E, con ogni probabilità, potrà dirlo soprattutto a Cesena, dove i Foo Fighters arriveranno “a sorpresa” per fare qualcosa di speciale nella città che ha ospitato il mega raduno di musicisti più virale del 2015. Non è semplice scrivere di Rockin’ 1000 senza fare riferimento al video (da oltre 24 milioni di visualizzazioni su YouTube) che immortala mille musicisti impegnati a suonare Learn To Fly dei Foos all’unisono. Un sogno diventato realtà che resterà nella storia della musica (ne hanno parlato importanti media internazionali) e, perché no, anche nella cultura popolare del nostro Paese. «Ho capito che sarebbe tutto finito bene quando i musicisti hanno iniziato a suonare». Fabio Zaffagnini, imprenditore 39enne, titolare di Trail Me Up (software che realizza visite guidate virtuali a 360° in luoghi raggiungibili solamente a piedi), è il deus ex machina di un progetto nel quale all’inizio credevano davvero in pochi. «Ci sono stati molti momenti di difficoltà e di sconforto», ricorda. «Trovare i soldi e i musicisti è stato faticoso, ma nessuno di noi ha mai pensato sul serio di lasciare perdere. Abbandonare era fuori discussione fin dall'inizio». Già, i soldi. Se a metà dicembre 2014, al momento del lancio della raccolta fondi per realizzare l’evento, i dubbi sull’effettiva riuscita dell’operazione erano enormi, pochi mesi dopo i finanziatori del progetto erano parecchi. «Grazie al team che si è occupato di fundraising, abbiamo avuto sponsor molto diversi fra loro come Heineken, Algida, Hera, Eccelsa, Ferrarelle, Golia, oltre a realtà come Romagna Iniziative, Proofy,

il Comune di Cesena, Confcommercio e Confartigianato. Parliamo comunque di cifre basse ma indispensabili per raggiungere l’obiettivo finale». Con oltre 40mila euro raccolti, dopo aver portato al Parco Ippodromo di Cesena ba-

«Ciao Cesena, sono Davide. Questo video, ma che bello, che bellissimo! Stiamo arrivando, prometto. Ci vediamo presto» gni, strutture, strumenti, microfoni, cavi ed elettricità, il team di Rockin’ 1000 con tutti i musicisti (350 cantanti, 350 chitarristi, 150 bassisti e 250 batteristi) si è dato appuntamento il 26 luglio per registrare il pezzo. Nemmeno 48 ore dopo la diffusione del video ufficiale, è arrivata la risposta in una clip ufficiale di Dave Grohl. «Ciao Ce-

sena, sono Davide», comincia il frontman con uno stentato ma irresistibile italiano. «Questo video, ma che bello, che bellissimo! Stiamo arrivando, prometto. Ci vediamo presto». E i Foo Fighters, è noto, quando dicono una cosa poi la fanno. «Non ero certo che rispondessero immediatamente», commenta Fabio, «ma ero abbastanza sicuro che non sarebbero rimasti indifferenti. I Foo Fighters si sono sempre dimostrati molto attenti al proprio pubblico». Il lieto fine vero (almeno per ora) arriva quando una delegazione del Rockin’ 1000 viene invitata dai Mumford and Sons (colpiti, a dir poco, da quanto visto su YouTube) al festival Gentlemen Of The Road di Walla Walla negli States. Lì avviene l’incontro coi Foos e, molto probabilmente, si inizia seriamente a parlare del concerto-evento a Cesena. Che, siamo certi, avverrà molto presto. I Foo Fighters mantengono la parola. onstage settembre

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JUKEBOX

ANIMA E CORPO Esce nelle sale italiane per tre giorni Amy, il documentario che ripercorre la breve vita dell’artista inglese. Un racconto straziante e una storia d’amore tormentata. Quello tra Amy Winehouse e la musica. Testo di CAROLINA SAPORITI - Foto di ALEXLAKE

«I'

m all for you, body and soul», canta Amy Winehouse insieme a Tony Bennet in una delle ultime scene di Amy, il documentario che ripercorre la sua vita dall’adolescenza fino alla celebrità, in un breve percorso che l’ha portata alla morte per un mix di alcol e farmaci nel 2011, a soli 27 anni. È uno dei pochi attimi di tregua nei quali Amy, rassicurata da Bennet, è lucida, riesce a cantare e a far vedere ciò che era e ciò che sarebbe potuta essere. In quel momento è la versione perfetta di se stessa. Tra alcune inevitabili polemiche, il film del regista Asif Kapadia (lo stesso che ha diretto Senna, documentario sulla leggenda della Formula Uno) uscito a inizio luglio nel Regno Unito e negli States, arriva nelle sale italiane, ma solo per tre giorni, il 15, 16 e 17 settembre. Il racconto di Amy è costruito attraverso filmati amatoriali, registrazioni in sala prove, video dei concerti, fotografie e audio interviste delle persone che le sono state più vicino. Dove ci sono delle lacune, il regista le colma con i testi delle canzoni di Amy Winehouse. Il risultato è sconvolgente e destabilizzante: il volto della cantante lentamente si trasforma. Il film si apre con un video registrato durante il 14esimo compleanno di una delle sue migliori amiche, Lauren Gilbert, durante il quale la cantante improvvisa un Happy Birthday dove si avvertono già tutte le sue doti. La faccia è tonda come quella di molte teenager, ma più si procede nel tempo più il corpo si smasgrisce e i lineamenti si induriscono. E lentamente aumenta il disagio di chi guarda perché, conoscendo in anticipo la tragica fine di questa storia, si è consapevoli di assistere alla sua morte, impotenti. Kapadia mostra anche il fondo, compreso il concerto di Belgrado del 2011 quando Amy non riesce a esibirsi e il pubblico la insulta, e quel fondo è un’ossessione che dura tutto il film e che si percepisce nonostante le voci narranti del padre e degli amici più stretti non approfondiscano i disturbi e i tormenti di Amy. Ma a farlo ci pensano i testi delle sue canzoni. Kapadia inserisce le parole delle 26 onstage settembre - ottobre

canzoni sullo schermo, come fossero scritte a mano, mentre lei canta. «Questo è un film su Amy e sulle sue canzoni», ha spiegato il regista. «La gente non si era accorta di quanto fossero importanti e personali i suoi testi». All’inizio del film Amy è una ragazzina sorridente, timida ma già affascinante. Poi, improvvisamente, diventa un personaggio commerciale e si capisce che non saprà reggere il peso di questa condizione. Le persone a lei più vicine avvertono la sua paura e la sua mancanza di forza. E così è: la fama colpisce in fretta e senza pietà, come dimostrano anche le prese in giro e le insinuazioni di

alcuni personaggi televisivi che infieriscono su di lei e sul suo uso di droga e alcol. Più la pellicola scorre, più diventa difficile resistere davanti allo schermo perché la caduta di Amy diventa una riflessione sulla celebrità contemporanea. E se il padre di Amy, appena prima dell’uscita del film nel Regno Unito, ha accusato il regista di averlo messo in cattiva luce, a uscire “male” da Amy sono tutti quelli che hanno ballato ridendo sulle note di Rehab mentre lei cantava mettendoci tutta se stessa, body and soul, «They tried to make me go to rehab, but I said ‘No, no, no’».


IL CANTO DEL CIGNO? Nonostante le premesse (e le promesse) Twitter non è la miniera d’oro che in tanti immaginavano. Ed è arrivato a un punto di svolta: o l’uccellino diventa uno splendido cigno o rischia di essere ai suoi “ultimi” cinguettii. Testo di FRANCESCO RICCARDI

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uanto si cinguetta, nell'affollata e rumorosa selva dei social network? Tanto. Ma forse non abbastanza. O forse il suono dei cinguettii è più flebile di quel che si pensasse. I social non sono soltanto luoghi di aggregazione e conversazione – o armi di distrazione di massa, a seconda di come la pensiate. Sono anche aziende milionarie. Spesso e volentieri quotate in Borsa. Peccato però che non sempre le cose vadano poi per il verso giusto. Anche se non è mai detta l'ultima parola: i social network sono creature troppo giovani per darne un giudizio definitivo su qualsiasi aspetto, compreso quello economico. Tuttavia il caso di Twitter è di quelli che fanno preoccupare. La cosa vi stupisce? È comprensibile. Viviamo nell'epoca del web mobile. E Twitter è la piattaforma che ci ha accompagnato in quest'epoca, più di ogni altra. Ha spazzato via il bisogno di controllare le homepage dei quotidiani al mattino. Ci ha portato a concentrarci sul flusso di notizie in real time, ridefinendo attorno a esso il consumo e la produzione d'informazione. Ha trasformato il modo di seguire gli eventi dal vivo e ci ha abituati all'idea che qualsiasi personaggio pubblico possa avere una voce ufficiale, ancorché informale, per lanciare messaggi senza bisogno di filtri di alcun tipo. È bastato tutto ciò a costruire un successo inattaccabile? Forse no. Le nuove iscrizioni non mancano, certo (prima dell'estate erano a quota 288 milioni, mentre gli user di Facebook sono un miliardo e mezzo...). Ma crescono a un ritmo più lento del previsto. Come i risultati economici che sarebbero dovuti provenire dalla massa degli utenti (nonostante il raddoppio dei ricavi, arrivati a 250 milioni di dollari). Così gli investitori diventano scettici. E il valore di borsa corre in discesa. È stato doloroso, il 2015 di Twitter a Wall Street. Tanto che, a giugno, il ceo Dick Costolo ha gettato la spugna. Da allora, l'azienda non ha ancora trovato un nuovo amministratore delegato (le redini le ha in

mano il fondatore Jack Dorsey). Poco dopo, ad agosto, il disastro: il titolo è tornato al valore iniziale di 26 dollari, quello stabilito nell'Ipo, annullando ogni guadagno. Da allora è risalito, ma la giornata nera resta a tutt'oggi impossibile da ignorare, e nel complesso quest'anno è andato perso oltre il 20 per cento del valore delle azioni. Possono aggiustarsi le cose? Forse sì. Il primo passo, ovvio, è trovare il prossimo ceo. Dovrà gestire i progetti che potrebbero ridare smalto al sito di microblogging, attirando nuovi iscritti e dando una spinta all'engagement, ossia il loro coinvolgimento attivo. Uno è in partenza a ottobre: un modo tutto nuovo per visualizzare e scegliere i contenuti più interessanti dall'app mobile, con i video in gran risalto. In più, preparia-

moci a trovare Twitter sempre più presente nei risultati delle ricerche su Google, grazie a una partnership con Mountain View. E gli accordi di distribuzione con realtà editoriali come New York Times, Yahoo e Flipboard aumenteranno di molto la diffusione, e quindi la visibilità dei cinguettii. Non va poi dimenticato l'ingresso nell'e-commerce, con l'aggiunta di un bottone Buy nei tweet, per comprare quel che si vorrà direttamente dal sito. E l'attenzione, sempre più intensa, per l'advertising. Basteranno queste mosse a placare il mercato? Ogni cambiamento necessita del suo tempo. Se poi tutto andasse male, ma male davvero, basteranno soltanto 140 caratteri per annunciare una clamorosa vendita agli amici di Facebook o Google. onstage settembre

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PIANETA MEDIMEX, LA MUSICA DA TUTTO IL MONDO

si pone sempre più al centro dell’attenzione internazionale. E con due prestigiosi appuntamenti rende omaggio al fondatore dei Roxy Music, che sarà nel capoluogo pugliese nella doppia veste di artista visuale e leggenda vivente del rock. Il musicista britannico presenterà la prima assoluta dell‘installazione Light Paintings al Teatro Margherita, in programma sino al 14 novembre. Quindi, si racconterà il 29 ottobre negli spazi espositivi del salone du-

A TU PER TU CON I GRANDI DELLA SCENA INTERNAZIONALE, DA BRIAN ENO AI RAPPRESENTANTI DI GLASTONBURY, EUROSONIC, ROSKILDE E ALTRI FESTIVAL PRESTIGIOSI. TRA GLI OSPITI DI CASA, GIANNA NANNINI, VINICIO CAPOSSELA E CARMEN CONSOLI.

rante la prima delle «Lezioni di Musica». Il duplice appuntamento con Eno sarà l’evento del Medimex 2015, dove alla presenza di cento stand, con espositori italiani ed esteri, si aggiungeranno diverse iniziative, aperte al pubblico da mattino a notte fonda, con incontri, presentazioni, live e showcase, nei quali saranno coinvolti i big della musica italiana e gli artisti delle nuove tendenze internazionali. Mentre per gli addetti ai lavori sarà possibile seguire i face to face(s), i workshop e i case history di alcuni tra i mag-

Dopo Vasco Rossi c’è Brian Eno. E in esclusiva mon-

giori esperti del mercato musicale mondiale. Qualche

diale. Il primo piano del Medimex è sul guru dell’am-

nome? Peter Smidt, fondatore e direttore dell’Euro-

bient music, protagonista dell’edizione 2015, che avrà

sonic Noorderslag, Malcolm Haynes di Glastonbury ed

tra gli ospiti anche Gianna Nannini, Vinicio Caposse-

Henrik Rasmussen del Roskilde, oltre a Ralph Chrisp-

la, Carmen Consoli e Ludovico Einaudi. Così, un anno

toph del c/o pop Festival e Izzy Lo Iacono del Great

dopo aver celebrato la rockstar italiana alla presenza

Escape. Con loro, molti altri professionisti di 15 Paesi,

di trecento giornalisti e migliaia di visitatori, il Salone

dall’America alla Cina, sono attesi per la sezione inter-

dell’innovazione musicale, promosso da Puglia Soun-

nazionale degli incontri professionali, cui si affianche-

ds alla Fiera del Levante di Bari dal 29 al 31 ottobre,

ranno un segmento con i rappresentanti dei principali


ONSTAGE PER MEDIMEX

festival italiani e panel promossi da SIAE, FIMI, Pmi e

le della cantante e violoncellista brasiliana Dom La

Assomusica.

Nena, i melismi della berbera, ma parigina d’adozione,

Naturalmente, dall’Italia arriveranno i big del pop e

Hindi Zahra, considerata la «Patti Smith del deserto»,

della canzone d’autore, ma anche della musica di

l’impronta percussiva delle sonorità etno del franco-

confine. E se Gianna Nannini presenterà in prima as-

libanese Bachar Mar-Khalifé e l’energetica fusione di

soluta il nuovo disco di inediti, Vinicio Capossela fe-

reggae, dub e tribale degli Txarango, il più autentico

steggerà venticinque anni di carriera, proprio come i

fenomeno della scena musicale di Barcellona.

Sud Sound System, che saranno protagonisti, così

Con lo sguardo sul mondo, il Medimex premierà an-

come il cantautore di Calitri, di diverse iniziative per

che il songwriter angolano Jack Nkanga e le gemelle

celebrare quest’importante traguatrdo. Mentre Ludo-

francesi del folk sciamanico Isaya, mentre sul fronte

vico Einaudi, Carmen Consoli, il rapper Ensi e Lo Stato

italiano i focus saranno sul cantautorato di Antonio

Sociale si confronteranno con il pubblico nella sezione

Pascuzzo e della Scapigliatura, sul soul internaziona-

dedicata alle «Lezioni di Musica». Che non saranno le

le di Wrongonyou, pseudonimo del giovane romano

uniche dedicate al racconto. Ci saranno, infatti, delle

Marco Zitelli, sull’hip hop del Bari Jungle Brothers e sul

incursioni nei rapporti tra mondo dei suoni e letteratu-

pop elettronico del trio Il Guaio.

ra con gli scrittori Erri De Luca, Giancarlo De Cataldo e Gianrico Carofiglio.

Il Medimex cresce. E quest’anno, oltre alle dirette con la popolare trasmissione di Rai Radio 2, Il Ruggi-

Ma, soprattutto, sarà una tre giorni particolarmente

to del Coniglio, e la speciale puntata di Webnotte di

ricca di concerti, per un quadro esaustivo sulle nuo-

Repubblica.it, promuove iniziative in partnership con

ve tendenze della scena mondiale (www.medimex.

Spotify e YouTube, che terrà un workshop e attiverà

it per aggiornamenti e per il programma completo). Il

un canale dedicato. Quindi, due importanti iniziative: la

pubblico potrà, infatti, toccare con mano il talento del

prima, «Medimex Kids», rivolta agli studenti di diciotto

polistrumentista israeliano Adam Ben Ezra e del grup-

scuole di tutta la Puglia; la seconda, «Verso Medimex»,

po rivelazione JoyCut, che dopo aver aperto i concerti

finalizzata al coinvolgimento dell’intera città con una

italiani dei Chemical Brothers terrà al Medimex una

serie di iniziative-anteprima. Obiettivo: far crescere l’at-

delle tappe del proprio tour internazionale. E, ancora,

tesa. Che è già alta. E senza ansie. Bari non aspetta

gli appassionati potranno scoprire l’intimismo ritua-

Godot. Ma Brian Eno.


FACE TO FACE

JOHN LYDON UN TEMPO SI CHIAMAVA JOHNNY ROTTEN E SCONVOLGEVA I BENPENSANTI CON I SEX PISTOLS. OGGI HA RIPRESO IL SUO VERO COGNOME, MA CONTINUA A BATTERSI CONTRO GLI STESSI INGRANAGGI DELLO STESSO SISTEMA. Testo di STEFANO GILARDINO Foto di ANNA MARIA ZUNINO NOELLERT

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ENTRE STAVI LAVORANDO AL NUOVO DISCO, WHAT THE WORLD NEEDS

NOW…, HAI PUBBLICATO UN’AUTOBIOGRAFIA,

prima, sentivo il bisogno di raccontare anche cosa è successo in tempi più recenti, fino a quando ho riformato i PIL in veste definitiva nel 2009, grazie a Lu Edmonds, Bruce Smith e Scott Firth. A PROPOSITO DEI PIL, IL NUOVO DISCO HA RICEVUTO CRITICHE PIUTTOSTO ASPRE DALLA STAMPA INGLESE, SEMBRA QUASI UN RITORNO AI VECCHI TEMPI… Sai cosa mi fa ridere? Parlando del nuovo singolo, Double Trouble, ci hanno accusato di copiare il sound postpunk di fine anni Settanta. Copiare? Cazzo, l’abbiamo inventato noi! Io coi PIL, Bruce col Pop Group, Lu con Damned e Spizzenergi… Come si fa a essere così in malafede? In ogni caso, non importa, ho imparato a non dare peso a queste cose molto tempo fa…

ANGER IS AN ENERGY, LA SECONDA DOPO NO

vanili. Tutte le ragazze impazzivano per Marc Bolan, ai tempi, e io di conseguenza, sperando che qualcuna di loro mi notasse. Ovviamente non succedeva mai (ride, ndr)…

«Ci hanno accusato di copiare il sound post-punk di fine anni Settanta. Copiare? Cazzo, l’abbiamo inventato noi!» CAPISCO BENE LA TUA SODDISFAZIONE PER AVER FINALMENTE TROVATO UNA FORMAZIONE STABILE E COMPOSTA DA PERSONE CHE STIMI, MA DEVI AMMETTERE CHE HAI PRODOTTO PARECCHI CAPOLAVORI IN CONDIZIONI

IRISH, NO BLACKS, NO DOGS. MI CONSIGLIERE-

A ME È SEMBRATO UN DISCO QUASI “ALLEGRO”

STI DI LEGGERE ANCHE LA NUOVA? Certamen-

SE MI PASSI QUESTO TERMINE, SOPRATTUTTO

te, è piuttosto differente dall’altro libro. In questa occasione ho raccontato con grande accuratezza la mia adolescenza, ho rischiato di morire per una meningite da bambino, e questa malattia ha segnato la mia vita. È stato liberatorio, ma anche doloroso rivivere quell’esperienza attraverso la scrittura così come la morte dei miei genitori, ma ci sono anche parti più leggere e divertenti. E poi l’altra biografia si interrompeva molti anni

PER PEZZI COME THE ONE.

Magari allegro no, ma comunque c’è moltissima energia positiva. Per la prima volta in assoluto nella mia carriera suono con persone che stimo in maniera incondizionata. Voglio bene ai miei compagni di band, sono persone eccezionali: è la dimostrazione che si può produrre musica di valore senza attriti e litigi. The One è un pezzo un po’ nostalgico, racconta di quando, da ragazzino, andavo alle feste nei centri gio-

DIFFICILI, PER NON DIRE DI PEGGIO…Ah

beh, ovvio, erano tentativi di reagire a quello che mi stava attorno, alle case discografiche che mi fottevano i soldi, a musicisti che sfruttavano il mio nome per le loro carriere soliste, a manager che si arricchivano alle mie spalle. Credimi, ho conosciuto il peggio, quindi sono felice di avere il meglio, ora. Ci sono voluti moltissimi anni, ma ne è valsa la pena, sono davvero un uomo contento del proprio lavoro. SEI NOTORIAMENTE SEMPRE STATO UN COLLEZIONISTA DI DISCHI. NE COMPRI ANCORA? HAI MAI CHIESTO A QUALCHE ARTISTA DI FIR-

Rispondo di sì a tutte e due le domande. Mi piace comprare dischi, ogni volta che vado in tour, soprattutto, mi faccio accompagnare in giro a cercare negozi interessanti dove spulciare e cercare vinili che ancora non ho o che non conosco. Non sono troppo legato al passato, mi piace scoprire artisti nuovi, spesso mi faccio guidare dalle copertine o dalla sensazione che mi trasmettono tenendole in mano. Per quanto riguarda gli autografi, mi ricordo di avere chiesto con grande soddisfazione ad Alice Cooper di firmarmi una copia di un suo album. È un personaggio davvero squisito. MARTENE UNO?

GLI HAI MAI DETTO CHE IL TUO PROVINO UFFICIALE PER I SEX PISTOLS FU LA SUA I’M

EIGHTEEN? Io no, ma immagino lo sappia, è una storia che è stata accontata parecchie volte.

30 onstage settembre - ottobre



FACE TO FACE

LUCA ARGENTERO IL SEX SYMBOL DEL CINEMA ITALIANO TORNA IN SALA DALL'8 OTTOBRE CON LA COMMEDIA ROMANTICA POLI OPPOSTI. ULTIMO CAPITOLO DI UNA CARRIERA POLIEDRICA CHE LA HO PORTATO DAI REALITY AL GRANDE SCHERMO, DAI TALENT AL FILM D'AUTORE. «PERCHÉ IO AMO L'AVVENTURA E LANCIARMI NELLE COSE NUOVE SENZA RETE». Testo di LORENZO LAMPERTI

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UANTO È STATO DIVERTENTE LAVORARE

Molto, ma io sono uno che si diverte in generale sul set. In questo caso ho ritrovato Sarah Felberbaum che già conoscevo da molto tempo ed è stato tutto ancora più facile. E poi ho scoperto il regista Max Croci, un ragazzo molto talentuoso e una bellissima persona. Sono orgoglioso di essere già sul set del suo secondo film, Al posto tuo. E RECITARE IN POLI OPPOSTI?

NEL FILM INTERPRETI UN TERAPISTA DI COPPIA CHE ENTRA IN COLLISIONE CON UN'AV-

VOCATO DIVORZISTA. QUANDO C'È DI TE IN

Lui è, come me, un romantico. Aiuta gli altri a risolvere le pene d'amore ma è il primo a soffrirne visto che sta divorziando. Non so quanto sia simile a me, sicuramente lo è nei modi, un po' meno in quello che fa.

QUESTO PERSONAGGIO?

SERIE TV, TEATRO E CINEMA D'AUTORE CON OZPETEK E PLACIDO, MA ANCHE GRANDE FRA-

TELLO, LE IENE, AMICI. NELLA TUA CARRIERA HAI FATTO DI TUTTO. C'È QUALCOSA CHE TI PIA-

La mia è sempre stata una carriera schizofrenica. Non mi privo mai dell'opportunità di fare qualcosa di nuovo e di misurarmi con un ambiente che non conosco. Mi piace buttarmi senza rete in una nuova avventura, anche quando si tratta di cose che sembrano molto distanti dal mio mondo. Ho sempre cercato di divertirmi, scompigliare le carte e per ora le cose sono sempre andate bene.

CE DI PIÙ DEL RESTO?

C'È QUALCOSA CHE TI MANCA E CHE VORRE-

Ho avviato una piccola produzione, ho spaziato quasi ovunque. Non escludo in futuro di fare altro, anche in altre parti del mondo e non necessariamente come attore. Il nostro è un mestiere bellissimo ma precario, ci sono periodi nei quali imbrocchi

STI FARE IN FUTURO?

tutto e altri nei quali non ne azzecchi una. E quando le cose non vanno bisogna avere il coraggio di cambiare. DA PICCOLO QUAL ERA IL TUO SOGNO? Da

studente universitario avevo capito di non voler fare un mestiere in giacca e cravatta, ordinario e ripetitivo. Se non fossi diventato un attore credo che avrei lavorato con mio papà, un piccolo imprenditore che costruisce case.

«Su di me c'è un piccolo pregiudizio, è ovvio che la gente si faccia condizionare dal mio percorso. Ma il tempo è a mio favore» IN PASSATO HAI DETTO CHE REGISTI COME VIRZÌ O MORETTI NON TI CHIAMEREBBERO MAI PER UNA QUESTIONE IDEOLOGICA. PERCHÈ?

Ma no, non è giusto fare nomi e non è detto che non succeda. Giustamente ci sono registi che pretendono di lavorare con attori che abbiano una formazione più classica della mia e delle basi che magari io non ho o che avrò tra qualche anno. Sulla mia carriera c'è un piccolo pregiudizio, è ovvio che la gente si faccia condizionare dal percorso che uno ha fatto. Ma il tempo è a mio favore. CREDI CHE PARADOSSALMENTE LA BELLEZZA SIA STATA TALVOLTA UN OSTACOLO ALLA TUA

No, neanche un po'. Il 70-80 per cento di quello che faccio è la commedia romantica e tra le caratteristiche richieste c'è anche quella di essere di bell'aspetto. La bellezza mi ha aiutato a fare qualcosa in più di quanto avrei potuto. CARRIERA?

TU SEI IMPEGNATO ANCHE NEL SOCIALE CON IL PROGETTO 1 CAFFÈ. VEDENDO QUELLO CHE ACCADE IN QUESTO PERIODO TRA MIGRANTI E TUTTO IL RESTO QUANTO CREDI CHE SIANO SOLIDALI L'ITALIA E LA SUA CLASSE POLITICA?

Non si può parlare di solidarietà parlando di classe politica. I politici agiscono seguendo altri schemi mentali. Gli italiani sono invece un popolo incredibilmente solidale. Solitamente però ci si muove solo dopo qualche tragedia. L'idea di 1 Caffè nasce proprio da questo: essere solidali tutti i giorni con un piccolo gesto quotidiano, come quello di prendere un caffè. Con un euro al giorno si potrebbero risolvere tante cose, non solo mettere qualche toppa su un'emergenza. 32 onstage settembre - ottobre



STATE CHAMPS

PRONTI AL LANCIO Testo di JACOPO CASATI

Prosegue l’iniziativa di Onstage Magazine: grazie alla collaborazione con DC Shoes, brand innovatore nel campo dello streetwear, vi proponiamo i migliori nuovi talenti del panorama internazionale. Onstage Pulse! si occupa in questo numero degli State Champs, nuovo fenomeno della scena pop-punk statunitense. La band sta per pubblicare il secondo disco e, stando a quanto ci hanno detto, è davvero pronta per il grande salto.

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DC SHOES presenta ONSTAGE PULSE!

AVVERTITE LA PRESSIONE? MOLTI ORAMAI VI CONOSCONO E VI CONSIDERANO LA “NEXT BIG THING” DEL PANORAMA POP-PUNK MONDIALE… Quando diversi anni fa abbiamo iniziato a provare canzoni in sala prove e a scrivere i nostri pezzi lo abbiamo fatto solo per sentirci meglio. Non avevamo particolari obiettivi da raggiungere e nemmeno sognavamo un giorno di pubblicare un disco nostro. Volevamo suonare, questo sì. Farci conoscere e convidere la nostra musica con altre persone. Abbiamo scoperto che anche altre persone si sentivano meglio ascoltando le nostre composizioni, le cantavano agli show e ci chiedevano di risuonare alcuni pezzi. Da allora non siamo cambiati, siamo ancora i ragazzi che dopo il concerto si fermano a parlare con chi è venuto a vederci. Sappiamo che il nostro pubblico è cresciuto e che in molti si aspettano un grande disco da noi. Ma a noi interessa mantenere quella connessione con i fan che ci ha permesso di girare molti paesi e di vivere esperienze stupende. Siamo ovviamente felici di vedere che ci sono molte più date nella nostra schedule, più interviste da fare e che i giri promozionali diventano sempre più lunghi. Ma non vogliamo per nessun motivo perdere la semplicità che abbiamo dagli esordi. Essere classificati come “next

big thing” o come band di scappati di casa non ci interessa. Ci interessa essere su un palco a suonare per chi ci viene a vedere. Nient’altro.

pre-registrate. Sono davvero bravi, hanno avuto il merito di riportare certe sonorità sulle radio in un periodo dove dominano pop e hip-hop.

IN EFFETTI DOVETE IL VOSTRO SUCCESSO AI CONCERTI E AL FATTO DI NON ESSERVI FERMATI MAI. Crediamo sia l'unico modo per farsi apprezzare davvero. Oggigiorno con le nuove tecnologie è facile farsi ascoltare in ogni angolo del pianeta. Tuttavia se non vai a suonare non appena puoi raggiungendo le persone che ti apprezzano, sarai dimenticato rapidamente. Inoltre l'energia del concerto e l'interazione con i fan è qualcosa di cui non potremmo fare a meno. In questi giorni siamo in tour nel Regno Unito e ci stiamo divertendo tantissimo. Se dovessimo mai dare un consiglio a qualcuno che sta pensando di fare il musicista nella vita, sarebbe proprio di suonare il più possibile. Ovunque e più volte possibile. Dando tutto sul palco come fosse sempre l'ultimo show. Solo in questo modo è possibile costruirsi una fan base che nel tempo ti rimarrà fedele.

DOMANDA D’OBBLIGO: CHE NE PENSATE DEI TALENT SHOW? Oggigiorno la visibilità si conquista così, noi pensiamo che la strada giusta sia quella di fare concerti ovunque ma capisco chi prova ad accorciare i tempi e di guadagnarsi spazio in un altro modo. Ciò però che è evidente è che chi passa da un talent show gode magari di una sovraesposizione clamorosa ma molto limitata nel tempo. E difficilmente l’anno successivo è ancora in giro…

A PROPOSITO DI CONCERTI. SO CHE SIETE STATI LA BAND D'APERTURA DURANTE IL TOUR AUSTRALIANO DEI 5 SECONDS OF SUMMER. COSA NE PENSATE DI LORO? PER MOLTI SONO LA COPIA POP PUNK DEI ONE DIRECTION, QUINDI UNA BOY BAND POCO AMATA DAI VOSTRI TIPICI FAN. Per noi è stato qualcosa di stupendo. Abbiamo sia tenuto qualche concerto da soli in piccoli club davanti a 400 fan, sia aperto per i 5SOS in palazzetti di fronte a 10.000 persone. Inizialmente eravamo spiazzati dall'atmosfera e dalla quantità di gente che era presente in queste location. Insomma per noi era davvero il momento di dimostrare di che pasta fossimo fatti e crediamo di essercela cavata bene. Pensiamo in tutta onestà che i 5 Seconds Of Summer stiano solo facendo del bene a tutto il movimento pop punk. Non sono finti, amano davvero fare ciò che fanno: sono quattro ragazzi che suonano dal vivo e sanno suonare bene i propri strumenti. I loro concerti sono ciò che senti, non ci sono trucchi o basi

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L'energia del concerto e l'interazione con i fan è qualcosa di cui non potremmo fare a meno: diamo tutto sul palco come fosse sempre l'ultimo show

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ROUND THE WORLD AND BACK SARÀ PUBBLICATO IL 14 OTTOBRE. COME STATE VIVENDO LE ULTIME SETTIMANE DI ATTESA? Non ci stiamo dentro più! Sono passati due anni dal nostro ultimo album vero e proprio, abbiamo lavorato duramente sul nuovo disco e siamo sicuri che ci darà grandi soddisfazioni. L'attesa diminuisce solo quando ci concentriamo prima di salire sul palco per un concerto. Questo fortunatamente capita spesso, ma tutti noi sentiamo di essere vicini a un nuovo fondamentale capitolo della nostra storia. Non vediamo l'ora che tutti possano ascoltare quanto abbiamo registrato! Abbiamo lavorato duramente insieme al produttore Kyle Black (già all'opera con Paramore e New Found Glory, ndr) e pensiamo di aver ottenuto un gran risultato finale.

NON SENTITE MAI IL BISOGNO DI STACCARE UN ATTIMO LA SPINA? DOPO TUTTO AVETE PUBBLICATO IN SOLI CINQUE ANNI DIVERSI EP E FATTO CENTINAIA DI CONCERTI… La voglia di fermarsi viene eccome. Specialmente quando guidi ore sotto la pioggia, gli altri dietro dormono e all’improvviso il pulmino si rompe. Oppure quando hai troppi pensieri nella testa, sei preoccupato per la tua famiglia o per la tua ragazza. Ma quando sali sul palco e vedi i ragazzi sotto che vanno fuori di testa per te, capisci che non potresti aver fatto scelta migliore. Quindi, per rispondere alla tua domanda, no, per ora non vogliamo fermarci per nessun motivo. Tra cinque anni forse ci prenderemo un paio di mesi di pausa. (risate, ndr).

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LA MIGLIORE CREATURA DI FREDDIE Testo di LUCA GARRÒ - Foto Courtesy of Universal Music Italy

Il 31 ottobre del 1975 il mondo ascoltava per la prima volta Bohemian Rhapsody, capolavoro dei Queen e brano tra i più celebri di sempre. A quarant’anni da quel giorno, Brian May ci racconta la storia dietro la nascita della canzone che meglio definisce il genio musicale di Freddie Mercury.

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a band che si accingeva a pubblicare uno dei brani (e degli album) che avrebbero cambiato per sempre la storia della musica popolare, non era assolutamente quell’icona indiscussa che chiunque, in qualunque parte del mondo, oggi è abituato a individuare nei Queen. All’inizio del 1975, infatti, Freddie Mercury, Brian May, John Deacon e Roger Taylor non se la passavano poi tanto bene, e anche se il successo del precedente Sheer Heart Attack (novembre 1974) aveva riportato un po’ di ottimismo nella band, le nubi erano ancora ben visibili sopra le loro teste. «Eravamo alla ricerca di un segnale che ci dicesse che stavamo andando nella direzione giusta e il successo ottenuto da un brano come Killer Queen ce lo diede» ricorda Brian May. «Ma fino a un mese prima (dall’uscita di Bohemian Rhapsody, ndr) eravamo ancora degli squattrinati e sostanzialmente degli sconosciuti, come la maggior parte delle band come noi in lotta per emergere. È però innegabile che da quella piccola fiamma iniziò a nascere A Night At The Opera. Credo che al giorno d’oggi non saremmo mai riusciti a trovare qualcuno disposto a finanziarci

minimamente idea di quello che avremmo creato. Non avevamo nessun brano pronto, se non alcuni spunti della mia The Prophets Song, che ironia della sorte sarebbe stata l’ulQUANDO FREDDIE SI MISE AL PIANO - Uno degli ostacoli verso la definitiva consacra- tima canzone ad essere terminata per l’album zione dei Queen era rappresentato dalla (e quella che sarebbe passata alla storia se Trident, l’etichetta che gli aveva sì permesso non fosse esistita Bohemian Rhapsody, ndr)». di pubblicare i primi due lavori, ma che allo In realtà, ognuno dei quattro componenti stesso tempo li aveva privati di quasi ogni della band aveva qualche idea per la testa, ma si trattava per diritto: «Sostanzialmente lo più di suggestioerano dei poco di buono. «Fino al mese prima Noi eravamo inesperti e ni: l’unica cosa che eravamo ancora degli con un grande bisogno di squattrinati e sostanzialmente li accomunava era la farci conoscere, ma quanvoglia di superare i degli sconosciuti, come propri limiti, di spindo ci rendemmo conto la maggior parte delle che con quel contratto gersi oltre le proprie band come noi in lotta non avremmo mai guapossibilità. La cosa per emergere» dovette sembrare imdagnato nulla dalla nostra musica, iniziammo una mediatamente chiara lunga battaglia per il possesso del nostro ca- proprio a Baker, che un pomeriggio a casa di Mercury assistette ad una performance che talogo». Vinta la prima battaglia ed essendo riusciti a avrebbe cambiato per sempre il concetto di mantenere nel proprio entourage il produt- musica pop. «Quel pomeriggio Freddie si tore Roy Thomas Baker, che li aveva aiutati mise al piano – ricorda ancora May – e con ad ottenere proprio quel primo contratto, i grande disinvoltura fece sentire questa sorta Queen poterono così tornare in studio per di ballata pianistica al nostro produttore, che dare vita al quarto album della loro carriera. rimase immediatamente colpito dalla me«A differenza del passato, quella fu la prima lodia dell’introduzione. Freddie non aveva volta in cui entrammo in studio senza avere ancora scritto tutte le parole e quindi spesso oltre il secondo disco, quindi probabilmente quell’album non avrebbe mai visto la luce».

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aggiungeva dei suoni, che sarebbero diventati il testo drammatico e criptico che tutti conosciamo. Il momento in cui si fermò, comunicando a Baker che in quel momento sarebbe partita la parte operistica, ormai fa parte della storia». LE IDEE NASCEVANO IN CONTINUAZIONE - Per i Queen stare in studio non era

mai stato semplice e, sostanzialmente, non lo sarebbe stato per tutto l’arco della carriera, ma dagli scontri e dalle tensioni che caratterizzavano le sessioni di registrazione spesso nascevano le cose più belle composte dai quattro. Tuttavia, Bohemian Rhapsody fu subito una storia a sé: «Si è sempre trattata di una creatura di Freddie e già nel momento in cui la faceva ascoltare a Baker nel salotto di casa sua sapeva perfettamente come sarebbe stato ogni secondo di quei sei minuti. Inizialmente non credemmo facesse sul serio, ma in 38 onstage settembre - ottobre

realtà aveva una visione musicale ben precisa fin dall’inizio e per certi versi la registrazione del brano fu molto semplice, con il solco di accompagnamento composto solo da piano, basso e batteria. Furono tutti quei “Galileo”

«Quando per la prima volta Freddie fece ascoltare Bohemian Rhapsody al nostro produttore, nel salotto di casa sua, sapeva perfettamente come sarebbe stato ogni secondo di quei sei minuti» a complicare un po’ il lavoro». Il clima in studio, già di per sé molto vivo, subì un’impennata decisa al momento della registrazione del brano. Le idee nascevano in continuazione e la voglia di sperimentare, aspetto che ai

tempi accomunava i quattro, portava tutti a provare soluzioni inedite, sempre con l’autoimposto divieto di utilizzare sintetizzatori. «Fino a The Game, dove non arrivano i sintetizzatori arrivava la mia chitarra. Da questo punto di vista, A Night At The Opera resta uno dei momenti in cui sono riuscito ad espandere maggiormente i confini del mio stile chitarristico. La cosa straordinaria dei brani di Freddie e di Rhapsody in particolare, era che riuscivano ad ispirare i miei assoli in un modo che i brani che componevo personalmente non riuscivano a fare. È qualcosa di difficile da spiegare, ma mentre ascoltavo quell’opera d’arte prendere forma, in modo completamente naturale sentivo gli assoli nella mia testa». QUALCOSA DI ASSOLUTAMENTE FOLLE - Bohemian Rhapsody non nacque per caso: Freddie da tempo faceva ricerche su bra-


UNA CARRIERA A COLORI Sarà una fine d’anno frenetica per Brian May, come di consueto impegnato su numerosissimi fronti contemporaneamente. La sua proverbiale incapacità di staccare la spina, infatti, lo ha portato recentemente a collaborare con gli amici Motorhead, proprio mentre fervevano i preparativi per il primo tour sudamericano insieme ad Adam Lambert. Ma è sul fronte discografico che si vedranno le cose migliori, legate ai Queen e alla collaborazione con Kerry Ellis. Dopo la recentissima pubblicazione del singolo

One Voice, nelle ultime settimane d’estate la coppia ha ultimato le registrazioni del seguito di Anthems, datato 2010, che al contrario del predecessore si preannuncia ricco di nuove composizioni di Brian, le prime da lungo tempo, e meno orchestrale. Anthems

II, secondo il chitarrista, suonerà come una fusione delle due anime della coppia: da una parte quella più sinfonica e orchestrale e dall’altra quella più intimista e acustica. La commistione di generi dovrebbe essere anche alla base del tour italiano che i due intraprenderanno a febbraio 2016. Sul fronte Queen, invece, le novità saranno molteplici: innanzitutto, dopo un lavoro infinito di restauro, vedrà finalmente la luce A Night At The Ode-

on – Live At Hammersmith 1975, che ripropone il concerto al mitico locale di Londra della vigilia di Natale di quell’anno. Una performance storica, spettacolare, ritenuta tra le migliori mai eseguite dal gruppo britannico. Per i collezionisti incalliti, poi, Natale potrebbe trasformarsi nell’occasione di aprire una nuova ipoteca sulla casa: Universal Music pubblicherà l’intera discografia della band in vinili colorati che, come accade da sempre per il gruppo di Mercury, si trasformerà immediatamente in oggetto da collezione. Rimasterizzati agli studi Abbey Road da Bob Ludwig utilizzando i nastri originali, i diciotto vinili promettono un ascolto mai udito in precedenza del materiale della Regina. (L.G.)

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ni operistici, anche se apparentemente con l’intento di ricavarne un brano più ironico rispetto a qualcosa che potesse essere definita la canzone del millennio venticinque anni dopo la pubblicazione. «Col tempo ho pensato che ci fossero delle analogie tra il suo avvicinamento all’opera di quel periodo e quello che ebbe nei confronti del walzer poco tempo più tardi, da cui poi prese vita un altro dei suoi pezzi che amo di più, The Millionaire Waltz (contenuta in A Day At The Races, uscito nel 1976). C’era uno spirito burlesco che animava certe composizioni di Freddie e la cosa geniale è che riusciva sempre a trasformarlo in arte». Ma anche l’arte 40 onstage settembre - ottobre

vertici mai raggiunti prima e incontrò diffiha bisogno di duro lavoro, e di tecnologia. Se A Night At The Opera per anni rimase coltà dovute al fatto che le idee di Mercury, l’album più coparadossalmente, andastoso della storia, vano oltre le possibilità «Si dice sempre che molto lo si deve offerte dalla tecnologia Freddie fosse un grande proprio alla tracdell’epoca. «Eravamo performer, un intrattenitore perfettamente consci cia che ne decretò e cose di questo tipo. di lavorare a qualcosa il successo: tre setVerissimo, ma si tende a di epocale, di simile a timane e diversi sottovalutare che razza di Sgt. Pepper dei Beatles o studi di registrastraordinario artista e roba di quello spessore. zione per mettere Il problema più grande su nastro un solo di musicista fosse» era legato alla dissolbrano restano ancora oggi qualcosa di assolutamente folle. venza dei nastri: facemmo girare così tanto Il procedimento di registrazione, poi, toccò quello di Bohemian Rhapsody che a un certo


punto ci accorgemmo che lo stavamo cancellando. Il rischio era quello di perdere la musica per cui avevamo fatto tutto quel lavoro. Inoltre le piste erano sì maggiori rispetto a qualche anno prima, ma di certo ancora non infinite e quella registrazione folle ne esigeva una quantità notevole. Ogni volta che Freddie aggiungeva qualcosa, altro andava inevitabilmente a perdersi». CONGIUNZIONI ASTRALI - Il prodotto di quelle session – per registrare A Night At The Opera i Queen impiegarono due mesi, da agosto a settembre ’75 - fu la conferma del fatto che la stampa inglese fino a quel

momento avesse sbagliato clamorosamente a definire i Queen una copia sbiadita dei Led Zeppelin e Mercury un eccentrico cantante glam: «Mi è capitato spesso di parlarne con Roger negli anni. La cosa che più ci dà fastidio di tutto quello che si è detto di Freddie è quel continuo puntare il dito sul fatto che fosse un grande performer, un intrattenitore e cose di questo tipo. Verissimo, ma si tende a sottovalutare che razza di straordinario artista e di musicista fosse. Non si trattava solo di gorgheggiare insieme al pubblico o dare spettacolo su un palco e credo che Bohemian Rhapsody sia lì a dimostrarlo ormai da quarant’anni». A completare quell’opera di

rivoluzione di ogni canone musicale fino ad allora esistente, giunse infine il primo video promozionale mai realizzato da un gruppo rock, creato in sole quattro ore per sopperire all’impossibilità di partecipare al celebre programma Top Of The Pops: «Una serie di congiunzioni astrali fece sì che entrammo nella storia più di una volta con la stessa canzone. Lo girammo così in fretta che nemmeno avemmo il tempo di poterlo rivedere prima della messa in onda nel corso della trasmissione. Il clamore suscitato dal video ci spinse a proseguire lungo quella strada, ma onestamente senza mai riuscire ad eguagliarne il fascino e la naturalezza». l onstage settembre

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L’ENFANT TERRIBLE È il grande protagonista di questo autunno: tre concerti nei palazzetti italiani e il ruolo da giudice “anziano” di X Factor su Sky. Ma la sua mente è già proiettata al futuro. Tra Asia e Dario Fo, Mika ci ha fatto entrare nel suo «mondo parallelo», parlando senza filtri di tutto: sessualità e religione, amore e politica, odio e tolleranza. E, naturalmente, tanta musica.

Testo di ALVISE LOSI - Foto di PETER LINDBERGH

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«L'

Italia è sempre stata una porta tra l’Europa e il mondo orientale, africano e arabo. Io sono americano, libanese, siriano, cresciuto in Francia e poi a Londra. È ovvio che mi senta a mio agio nei paesi latini perché non posso dimenticare questo calore che c’è nella mia famiglia. E anche se in futuro non sarò in Italia, questo Paese sarà sempre nel mio cuore». La mia intervista con Michael Penniman Junior si chiude con una frase che sembra un commiato anticipato, proprio in mezzo al suo terzo anno “italiano”, con tre concerti nei palazzetti e la sedia di giudice di X Factor pronta a essere occupata fino alla fine del 2015. Mika non nasconde l’eventualità di un addio, e non fa nulla per nasconderlo. «Oggi sono un musicista che non fa altro che creare, scrivere musica, fare tour, fare programmi televisivi, scrivere articoli per i giornali, fare programmi radio. Tutto questo io posso farlo perché non c’è nient’altro che mi distrae e la mia vita in un certo senso è totalmente in secondo piano. Ma se farò lo stesso tra cinque anni vorrà dire che sarò noioso, che non sarò cambiato». Sono riflessioni che mostrano una maturità raggiunta su due fronti, anche se l’uomo Michael e l’artista Mika sono piuttosto diversi. Lo ammette lui stesso quando mi spiega che l’arte per lui è sempre stata un «mondo parallelo», una via di fuga grazie alla quale non dover affrontare i problemi della vita quotidiana. Su un aspetto però i due Mika si assomigliano: il continuo stimolo a ragionare e riflettere, per non rimanere sempre uguali a se stessi. È raro che un cantante sia disposto a parlare non solo della propria musica, ma anche del sé privato e delle proprie convinzioni. Mika lo fa con grande serenità, come se non si trattasse di un’intervista ma di una chiacchierata tra amici, spaziando dal rapporto con sua madre al suo modo di amare, dalla sua idea di Europa alla sua fede in Dio. Fino a parlarci di un progetto al quale tiene molto e che ha a che fare con Dario Fo e una nuova generazione di artisti e intellettuali. E che lo vede schierarsi su posizioni “di sinistra” .

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IL NUOVO ALBUM SI APRE CON UNA CANZONE CHE PARLA DI RAPPORTI FAMILIARI. QUANTO È AUTOBIOGRAFICA ALL SHE

Molto: parla di mia madre. Io e lei abbiamo parlato tanto e ci siamo confrontati. So che per il 90 per cento è felice di chi sono e di quello che faccio, ma allo stesso tempo in lei c’è una parte di malinconia perché io sarei stato un figlio fantastico e ancora più facile “da gestire” se fossi stato più tradizionale, con una moglie e dei bambini. Ma lei sa che io sono il risultato del percorso che ho avuto e che non può avere tutto. Così nella canzone ho deciso di parlare di quel 10 per cento che lei nasconde. Ognuno di noi nella vita ha un 10 per cento di sé che tiene nascosto e penso che sia la cosa più interessante da mostrare. Sono le parti oscure della nostra personalità, che abbiamo tutti e che rendono la vita un po’ più complicata ma anche più vera. Nel brano parlo di cose complicate che hanno dentro di sé anche qualcosa di drammatico, ma lo faccio con semplicità per renderle umane. E la semplicità può aiutare la tolleranza. WANTS?

non voglio dire che sono scomparsi: so che ce ne sono tanti, ma a volte la luce su queste persone è distorta. È molto più facile parlare di un cliché, di una cosa trash, che di persone brave, di eroi che non sono popolari. È una delle prime canzoni che ho scritto per l’album e mi sono chiesto nella vita reale e nella cultura pop di oggi dove siano personaggi di quel livello. Quegli eroi romantici e misteriosi dove sono? Penso non ce ne siano più tanti come prima. Trovo affascinante che certe persone l’abbiano presa male e altre molto bene. CREDO SIA BELLO PER UN ARTISTA RIUSCIRE A PROVOCARE UNA REAZIONE E UN

Assolutamente, ma fa anche un po’ paura. È interessante notare risposte molto diverse da una generazione all’altra, perché chi è cresciuto negli anni Sessanta e Settanta ha prospettive molto diverse da chi si è formato nei decenni successivi. DIBATTITO.

CI SONO RICHIAMI ALLA RELIGIONE IN MOLTE CANZONI (PENSO PER ESEMPIO A

PROMISELAND). A PRESCINDERE DAL TUO

«Parlo di cose complicate che hanno dentro di sé anche qualcosa di drammatico, ma lo faccio con semplicità per renderle umane. E la semplicità può aiutare la tolleranza»

È NATURALE CHE UN ARTISTA INSERISCA LA PROPRIA VISIONE DEL MONDO IN CIÒ CHE SCRIVE, MA NON SEMPRE PARLA ANCHE DI SE STESSO COME TU HAI FATTO IN

NO PLACE IN HEAVEN. COME È NATA UNA CANZONE COME GOOD GUYS? Come un inno da chiesa, quasi come un brano religioso: è particolare perché non c’è mai l’esplosione, non c’è mai la grande nota dimostrativa, e c’è anche un ritornello collettivo. Per me è una canzone importante perché spiega la mia attitudine sulle tematiche di sessualità e identità. E poi perché non è una canzone semplice, nella quale mi do la possibilità e la libertà di criticare la politica sessuale. E quando dico “where have all the gays gone?”,

RAPPORTO CON LA FEDE, CHE IDEA HAI

L’album parla di due cose: l’identità, come sempre, e poi la fede, la religione. E anche il titolo, No Place In Heaven, è una sorta di denuncia, ma una denuncia tenera. Avevo già iniziato a farlo nell’album precedente, Origin of Love, dove attacco tutti gli stereotipi e l’intolleranza politica della religione. E ricordati che io da bambino ho iniziato a lavorare nella musica proprio in chiesa: ero pagato per cantare nelle chiese. Sono stato formato da queste tradizioni, che fanno parte della mia vita, come della tua e di tutti coloro che sono cresciuti in Europa. Così in quella canzone ho avuto l’occasione di tirare fuori tutte queste accuse. Ma la mia è una dichiarazione d’amore, che arriva alla fine, come nel film The Mission: ringrazio Dio per avermi trovato. La fede per me è molto importante: quando mi confronto con una situazione difficile dico una preghiera e quando mi sento perso vado in chiesa.

DELLA SPIRITUALITÀ?

VOLERE E DOVERE, ESSERE E APPARIRE. SONO SENTIMENTI CHE OGNI TANTO PROVIAMO TUTTI, MA UN UOMO DI SPETTACOLO, CHE LAVORA CON LA PROPRIA IMMA-


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teatro visuale e il circo visuale di tante compagnie e ero più giovane pensavo registi, come per esempio Peter Sellers (non l’attoa come sarei potuto scappare, come se fossi stato re, ndr) o Robert Wilson. Sarà uno show molto efin prigione. E il mio modo per farlo era creare un ficace, pop-rock, ma con una teatralità che può traaltro mondo, un universo parallelo dove potessi an- sportare la gente. È molto importante che sia uno dare per evitare i problemi. Vivere nello show bu- show in grado di esistere un giorno anche senza di siness mi ha dato la possibilità di liberarmi e penso me. So che è strano pensare a un concerto senza il che sia un enorme privilegio. Oggi tutti vogliono protagonista, ma l’intenzione è quella. essere famosi, fare cinema, diventare popstar. Ma in realtà queste persone vogliono solo crearsi il pro- QUANTO È IMPORTANTE L’IMPROVVISAZIONE? È fonprio “altro mondo”, dove trovare un po’ di prote- damentale avere bene in testa come cominciare e zione. È per questo che ognuno di noi cerca una come finire uno show. Poi in mezzo bisogna sentirsi persona da amare. Un’altra persona con la quale liberi. Ho un linguaggio di segni che mi consente costruire questo mondo intimo. Purtroppo le mie di “parlare” con i miei musicisti, che mi seguono storie sono molto meno romantiche e belle di tutte con gli occhi per sapere dove andare. E per questo le altre, perché un altro mondo ce l’ho già e i miei credo che i miei fan vengano a più date di uno stesamori vengono sempre in so tour: ogni volta è diverso. secondo piano. So che è In ogni caso le canzoni più «Cerchiamo una persona una cosa bruttissima, ma famose sono sempre assoluda amare per costruire è così. tamente riconoscibili, non un altro mondo in cui voglio deludere nessuno. GINE, LI AFFRONTA TUTTI I GIORNI. È PIÙ UN LIMITE' O UNO STIMOLO? Quando

HAI SCRITTO LAST PAR-

TY PENSANDO A FREDDIE MERCURY. I QUEEN SONO STATI IMPORTANTI QUASI PER CHIUNQUE SIA NATO TRA GLI ANNI SETTANTA E OTTANTA, MA IMMAGINO

rifugiarci. Purtroppo le mie storie sono molto meno romantiche di quelle comuni perché io un altro mondo ce l’ho già»

CHE PER UN MUSICISTA

Sono sempre stato molto affascinato da come siano riusciti a fare musica melodica e classica, ma anche molto efficace in senso pop-rock, senza però diventare troppo teatrali. Esteticamente non me ne frega proprio nulla, ma da un punto di vista musicale sono stati fondamentali, anche per l’utilizzo della voce e dei cori. E poi c’è anche un altro aspetto: Mercury era un immigrato persiano ma inglese, e anche gli altri erano inglesi, ciascuno con un diverso background sociale. E venivano dal mondo dell’arte di Londra. Insomma c’erano molte cose in comune con la mia vita. Quando lui ha scoperto di essere malato di Aids, e a quei tempi era davvero una condanna a morte, la reazione che ha avuto con le droghe è stata molto violenta. Ho voluto mettere in una canzone quel contrasto tra una tristezza assoluta e un senso di esaltazione. E facendo questo ho parlato anche dell’epidemia di Aids in America durante gli anni Ottanta.

SCIUTO IN INGHILTERRA, MA PER LAVORO HAI VISSUTO ANCHE IN FRANCIA E ITALIA: SI PUÒ DIRE CHE TU SIA IL PERFETTO ESEMPIO DI INTEGRAZIONE IN UN’EUROPA IDEALE

POSSANO ESSERLO ANCORA DI PIÙ.

SEI NATO IN LIBANO, CRE-

CHE PERÒ NON ESISTE ANCO-

Non so perché Israele partecipi all’Eurofestival e il Libano no. Non va mica bene… A parte le battute, una cosa mi sembra importantissima: dopo quello che è successo con la Grecia, è chiaro che essere europeo non c’entra nulla con l’euro. Sono due cose diverse. Penso che l’euro sia stato un errore, perché è stato molto difficile per alcuni Paesi uscire dall’ombra di altri economicamente molto più forti. E ha fatto male anche all’idea di Europa unificata. Oggi abbiamo paura in Europa: abbiamo paura di perdere soldi, di perdere la stabilità economica dei nostri Paesi. E queste paure provocano l’intolleranza. E l’intolleranza sociale promuove la radicalizzazione e l’estremismo politico. E anche l’intolleranza verso i migranti. Un’Europa senza una porta aperta non è Europa. C’è bisogno di un messaggio di unificazione! RA.

NON PENSI IN QUESTO SENSO CHE IL MONDO REALE SIA PIÙ AVANTI DI QUELLO ISTITUZIONALE? ESATTA-

A PROPOSITO DI TEATRALITÀ, POSSIAMO ASPETTAR-

MENTE COME È SUCCESSO NEGLI STATI UNITI CON LA

CI QUALCOSA DI SIMILE AI VIDEO DEI SINGOLI ANCHE

SENTENZA DELLA CORTE SUPREMA SUI MATRIMONI

DAL VIVO NEI PALAZZETTI? INTENDO UNO SPETTA-

GAY.

COLO PIÙ DI SUGGESTIONI CHE DI IMPRESSIONI DEL MOMENTO. È assolutamente ciò che voglio fare, un qualcosa di molto forte che rimanga nella memoria della gente. I punti di riferimento per me sono il

Se devo dirti la verità, penso che quella sentenza sia stata una furbata. Una mossa politica. In questo modo gli Stati Uniti, esattamente come quando hanno eletto Barack Obama presidente, hanno rinforzato il brand America. Ma è comunque un onstage settembre

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fatto positivo: la positività, l’ottimismo e l’uguaglianza possono promuovere il successo socio-politico, e anche socio-economico. E possono anche mandare un messaggio al resto del mondo. Adesso un politico francese o italiano che sta facendo interviste contro l’uguaglianza apparirà meno moderno e progressista del più grande Paese del mondo: sembrerà un contadino di 20 anni fa. HAI MOLTO FREQUENTATO DARIO FO NEGLI ULTIMI ANNI. È UN INTERESSE PURAMENTE UMANISTICO O C’È L’IDEA DI COLLABORARE?

Tutte e due le cose. Avevo studiato Dario Fo in Inghilterra e anche fatto una rappresentazione di Morte accidentale di un anarchico. Sono sempre stato molto affascinato da lui e dalla sua arte, da come per esempio l’assurdo possa servire per raccontare cose molto serie. Poi abbiamo iniziato a scrivere insieme, ma anche il modo di scrivere è diventato molto “dariofoesco”. Così ora devo trovare il modo 48 onstage settembre - ottobre

di dare corpo a queste conversazioni che, da parte sua, sono molto interessanti perché è un uomo che non ha paura di parlare vera-

«I veri enfant terrible sono persone dolci, tenere, che non fanno rumore o litigano con i paparazzi, ma fanno discutere con la penna, con la testa, con il cuore, con quello che dicono e scrivono» mente di tutto. E questo è di grande ispirazione perché la sua anima è un’anima giovane. Quasi infantile. È un enfant terrible, nel vero senso del termine. Non come i giovani ricchi che si drogano e poi finiscono sulle copertine. I veri enfant terrible sono persone

dolci, tenere, che non fanno rumore o litigano con i paparazzi, ma fanno discutere con la penna, con la testa, con il cuore, con quello che dicono e scrivono. L’ARTE È UNO STRUMENTO PER RENDERE IL MONDO MIGLIORE? Senza esempi belli come possiamo sperare di coltivarne di nuovi? Dobbiamo sempre ricordare che la cultura si coltiva. E questo è il mio lato gauchiste. Fiscalmente non sono troppo gauchiste (ride, ndr), ma nella cultura e società lo sono molto perché penso che dobbiamo coltivare. Quando guardo i teatri d’opera in Italia sono molto triste, anche alla Scala a Milano: non ci sono giovani. In Germania invece i teatri sono pieni di persone giovani, perché hanno capito che coltivazione e cultura sono parole che non possono essere separate. Se noi dimentichiamo questa cosa, perdiamo tutto. Perdiamo l’identità di un intero Paese. E non possiamo sperare di riunificare le persone. l


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TRA ROMA E HOLLYWOOD


È semplicemente l'attore italiano più amato (e desiderato) del momento. Un momento che va avanti da un bel po': da Romanzo Criminale ai grandi film hollywoodiani. «Ma io quando mi rivedo sullo schermo cambierei tutto», ci rivela Pierfrancesco Favino. Che ci racconta il suo ruolo in Suburra, la sua città travolta dagli scandali, e ci svela il suo obiettivo di diventare un regista. E ammette di avere un sogno ancora più grande di uno scudetto della Roma...

Testo di LORENZO LAMPERTI - Foto di DANIELE BARRACO

N

Tutti lo vogliono, tutti (e tutte) lo amano. Non c'è praticamente film internazionale girato in Italia che non veda una sua partecipazione. E quando i registi italiani vogliono essere sicuri di non sbagliare attore è sempre a lui che si rivolgono: Pierfrancesco Favino. Il suo "momento" d'oro va avanti ormai da 15 anni. Dal Libanese di Romanzo criminale al commissario Calabresi di Romanzo di una strage, i personaggi importanti da lui interpretati non si contano più. Senza considerare l'amore incondizionato ricevuto da Hollywood. Le cronache di Narnia, Una notte al museo, Angeli e demoni e Rush, dove interpretava il pilota di Formula Uno Clay Regazzoni, sono solo alcuni delle occasioni nelle quali è stato scelto per mega produzioni americane. Ma Favino, cui piacerebbe tanto un ruolo comico, non è certo uno di quelli che si siede sugli allori: dopo un periodo di (parziale) riposo dal cinema dedicato al teatro torna in sala con una storia più che contemporanea sulla sua Roma. In Suburra di Stefano Sollima interpreta Filippo Malgradi, politico corrotto e invischiato con la malavita. CHE COSA HA SIGNIFICATO PER TE LAVORARE

Mi interessava cercare di capire quale fosse l'origine del desiderio di potere. Questo personaggio è un politico come ce ne sono moltissimi: non è di primo livello ma cerca di guadagnare sempre più peso decisionale. È stato interessante anche esplorare la complessità degli intrecci tra i vari livelli e i vari mondi che entrano in contatto con la politica.

Se lo chiedi a me non lo è. Anche nel mio mestiere può succedere che per ottenere qualcosa si dia qualcos'altro in cambio, ma io non l'ho mai fatto né ho mai pensato di farlo. Sembra però che in certi ambienti sia diventata logica comune abbandonare qualsiasi scrupolo etico per raggiungere il potere. Credo comunque che ci siano ancora dei politici che agiscono in maniera corretta.

RAPPRESENTATO IN SUBURRA?

CESSARIO IL CONTATTO CON QUESTI MONDI, SPESSO ANCHE CRIMINALI, COME VIENE

MAFIA CAPITALE È UNA DEFINIZIONE GIUSTA?

Qualsiasi definizione rischia di diventare un'etichetta fuorviante. Ha sicuramente funzionato sotto il profilo del marketing ma è in realtà è tutto molto più complicato. Credo anzi che aver denominato come "mafia" tutto ciò che è criminalità abbia offuscato situazioni di altro tipo.

QUANTO È PROFONDO IL LEGAME TRA SU-

BURRA E I FATTI DI CRONACA EMERSI A ROMA

QUANTA RESPONSABILITÀ C'È DA PARTE DI

NEGLI ULTIMI MESI? Il

ROMA E DEI ROMANI NELL'AVER CONSENTITO

legame è profondo ma il film non si riferisce a un politico o a una situazione in particolare. Suburra restituisce in maniera simbolica un intero sistema del quale Roma è la culla ma del quale non fa parte da sola.

«Sembra sia diventata logica comune in certi ambienti abbandonare qualsiasi scrupolo etico per raggiungere il potere. Ma ci siano ancora dei politici che agiscono in maniera corretta»

IN UN FILM COME SUBURRA?

PER RAGGIUNGERE QUESTO POTERE È NE-

indiretta. Che la rete fosse così estesa però è stata una sorpresa.

L'ESPANDERSI DI QUESTA RETE? Una delle responsabilità è la centralità del potere su Roma. Dove c'è politica c'è interesse e dunque c'è più possibilità di corruzione, soprattutto in un Paese che a livello generale non si può certo definire virtuoso. Tutto questo convive con la natura di Roma, che è diventata la patria del diritto individuale. C'È ANCORA IL RISCHIO CHE QUALCUNO CRITICHI SUBURRA PERCHÉ "GETTA FANGO" SULL'IMMAGINE DELL'ITALIA? Quando abbiamo fatto Romanzo criminale ci hanno detto che davamo l'esempio sbagliato. Stavolta l'esempio l'ha dato la cronaca e spero che almeno in questo caso non venga fuori questa "balla".

DA ROMANO COME TI SEI SENTITO QUANDO È ESPLOSO IL CASO GIUDIZIARIO? TE LO

QUANTO È IN GRADO IL CINEMA ITALIANO DI

Il caso giudiziario me l'aspettavo, magari non il coinvolgimento di alcune persone. Misteriosi incendi di catasti o di documenti sul litorale di Ostia, regolamenti di conti, gli scandali sull'Atac... per una persona minimamente accorta i segnali c'erano tutti. Io poi avendo fatto Romanzo criminale, Romanzo di una strage e avendo un po' di passione per un certo tipo di storie alcune figure le conoscevo anche in maniera

METTERE IN SCENA I "PANNI SPORCHI" DEL

ASPETTAVI?

È in grado di farlo se l'atto narrativo non diventa un atto narcisistico, autoreferenziale o consolatorio. La cosa bella di Sollima è che non vuole imporre una morale ma fa semplicemente quello che dovrebbero fare tutte le persone di spettacolo: intrattenimento d'alto livello. PAESE?

RICEVERAI SICURAMENTE UNA MONTAGNA

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DI COPIONI. DAL TUO PRIVILEGIATO PUNTO D'OSSERVAZIONE QUALE CREDI SIA IL LIVELLO DEL CINEMA ITALIANO? Da spettatore vorrei vedere più storie e meno riflessioni. Il talento è enorme, vanno fatti dei passi per garantire a questo talento di diventare sistema. C'è bisogno di formazione e in questo senso sono orgoglioso di aver assunto il ruolo di direttore artistico della Scuola del Teatro della Toscana. Questo è il primo anno e siamo stati sommersi dalle domande di ammissione.

mi la testa dovrei proprio sforzarmi. E poi ti rendi conto che la tua immagine non ha a che fare con te. La gente vede di te un qualcosa che ha a che fare con il tuo mestiere, tu però sei molto di più di questo. O certe volte meno di questo. Poi ho talmente tante cose da fare... e mi piace farle. Mi piace fare la spesa, portare i bambini a scuola. Lavorare, che so, con Ron Howard mi ha reso sicuramente un artista migliore, ma non per forza una persona migliore. Per questo mi è impossibile montarmi la testa.

po' nessuno mi parlasse. Per fortuna anche la mia compagna ha la stessa reazione, altrimenti sai che fatica... A QUANDO IL TUO PRIMO FILM DA REGISTA?

Intanto sto facendo delle esperienze in teatro che ritengo fondamentali. Prima di dire quando vorrei testarmi. Di sicuro sto vedendo quanto mi piace il lavoro con gli attori e credo anche di cavarmela discretamente. CHE RUOLO HA LA MUSICA NEL TUO LAVORO

Sì sì, è già capitato ma sono sicuro che capiterà ancora. LO COMICO?

QUAL È LA CHIAVE PER CONVINCERTI A PRENDERE PARTE A UN FILM? La partecipazione. Mi convinco quando quello che leggo fa nascere qualcosa dentro di me o mi fa scoprire parti di me che non conoscevo. Sono molto importanti le persone con le quali lavori. E poi mi attirano la sfide verso qualcosa di diverso, ma è capitato che rifiutassi parti alle quali non mi sentivo adatto.

Mi serve moltissimo. Mi capita di cercare una o più tracce musicali che possano aderire ad alcune delle zone emotive o immaginarie di un personaggio o di alcune scene. Una cosa che faccio molto spesso è usare la musica per tentare di rilassarmi prima di fare qualcosa, soprattutto a teatro. La musica sa sintetizzare cose che altrimenti avrebbero bisogno di tante chiacchiere, così come il cinema. E ascolto veramente di tutto: dalla musica sacra ai Tool, ma anche pop e roba considerata becera. ATTORIALE?

TI PIACEREBBE SEMPRE OTTENERE UN RUO-

«Io mi cambierei in ogni momento, sono sempre stato così. Comunque sono abbastanza a posto con me stesso: non sono lì a dirmi in continuazione "che figo" ma credo mi potesse andare peggio...»

SE DOVESSI SCEGLIERE TRA UN OSCAR E UNO SCUDETTO DELLA ROMA? So

HAI LAVORATO CON TANTISSIMI GRANDI AUTORI, ITALIANI E STRANIERI. QUALI SONO LE

DI TE DICONO CHE SEI BELLO E BRAVO. TU

DIFFERENZE PIÙ GROSSE TRA IL LAVORARE

COME TI VEDI QUANDO RIGUARDI UN TUO

Le dimensioni. Un film con un budget di un certo tipo permette a chi lo gira di avere un tempo di ricerca su ciò che si fa. Ti evita di essere vittima di due ciak e basta. Spesso la mancanza di budget costringe a seguire strade obbligate con la conseguenza che il risultato finale diventa più scontato.

FILM?

IN ITALIA E ALL'ESTERO?

DOPO TUTTO QUELLO CHE HAI FATTO COME FAI A NON MONTARTI LA TESTA?

Per montar-

Ecco, questo è un problema. Io mi cambierei in ogni momento, sono sempre stato così. Comunque sono abbastanza a posto con me stesso: non sono lì a dirmi in continuazione "che figo" ma credo mi potesse andare peggio... DA SPETTATORE CHE COSA TI PIACE VEDERE?

Mi piace appassionarmi, uscire dalla sala e stare zitto. Ho bisogno di tempo perché mi dispiace tornare alla realtà, vorrei che per un

che magari potrei essere deriso ma credo ci siano più opportunità che la Roma vinca lo scudetto. E allora sceglierei l'Oscar perché secondo me la Roma ce la può fare da sola. PER CHI FA L'ATTORE IL SOGNO È QUELLO, L'OSCAR? Ma sì, per quanto uno voglia fare il diverso il sogno è quello lì, è ipocrita dire il contrario. Sfido qualsiasi attore a dire di non aver mai provato almeno una volta nella vita in bagno il discorso di ringraziamento. Poi certo, soprattutto per uno straniero è talmente difficile. l

SUBURRA di Stefano Sollima – Italia, 2015 (uscita 14 ottobre) tiere dove nell’Urbe criminalità e potere si incontravano IL CAST:

segretamente già nell’antichità, racconta la storia di

Pierfrancesco Favino, Elio Germano, Claudio Amendo-

una grande speculazione edilizia, il Water-front, che

la, Jean-Hugues Anglade, Greta Scarano

trasformerà il litorale romano nella nuova Las Vegas. Il politico Filippo Malgradi (Favino) è invischiato in un

52 onstage settembre - ottobre

Dopo il successo del suo film d'esordio, ACAB, e so-

meccanismo del quale fanno parte anche Numero 8

prattutto delle serie tv Romanzo criminale e Gomor-

(Borghi), il boss di una famiglia della malavita, e Samu-

ra, Stefano Sollima si cimenta ancora una volta con il

rai (Amendola), ultimo componente della Banda della

mondo della criminalità, che in questo caso si confon-

Magliana. Ma il meccanismo sarà travolto da un inarre-

de con i palazzi del potere di Roma. Suburra, il quar-

stabile effetto domino.


onstage settembre

- ottobre

73



LE (MIE)REGOLE DEL GIOCO Cesare Cremonini è pronto per tornare a suonare dal vivo con il Più che Logico Tour. Lo abbiamo incontrato per parlare dei suoi nuovi concerti. Ma la nostra intervista si è trasformata in una riflessione sull’identità dell’artista e sul suo rapporto con il pubblico. Perché Cesare ha una visione del mondo che ha due punti fermi: la musica e il palco. E poi ci sono i fan, con i quali ha instaurato un patto ormai parecchi anni fa. Testo di LUCA GARRÒ - Illustrazioni di DAVIDE POZZONI

onstage settembre

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55


La storia umana e artistica di Cesare Cremonini è sicuramente una di quelle da raccontare. Proprio come nelle grandi vicende sportive, così come nelle più classiche storie di rock ‘n’ roll, il cantautore bolognese è passato attraverso successi smodati e in grado di farti perdere il senno, cadute fragorose e risalite epiche degne dei grandi classici della letteratura. A pensarci bene, poi, Cesare fa parte del panorama musicale italiano da così tanti anni, che ci si potrebbe chiedere se l’età stampata sulla carta d’identità sia reale o frutto di una sindrome di Peter Pan latente che, talvolta, pare pervadere il suo animo. Soprattutto, però, ai blocchi di partenza di quello che si annuncia come uno dei tour più riusciti di questa fine d’anno, noi di Onstage ci siamo chiesti: chi è davvero oggi Cesare Cremonini? CI SI RITROVA NUOVAMENTE PRIMA DELL’INIZIO DI UN TUO TOUR E DOPO QUELLO CHE IN

l’ultima data dell’anno scorso ero affamato come quando ci incontrammo a Livorno alla prima data, come se il campionato non fosse ancora concluso. Restando sulla metafora calcistica, posso dire che è che come se questo fosse il secondo tempo di una partita che stavamo vincendo bene e che quindi ci permette di lavorare con serenità, fantasia e creatività, in modo da non limitarsi a ripetere una cosa già fatta.

«Sia chiaro, la mia resta una sfida continua e non mi sento arrivato da nessuna parte: l’unica cosa che so è di avere investito tutto ciò che avevo solo su di me»

QUALCHE MODO HA DATO UNA SVOLTA ALLA TUA CARRIERA LIVE. ALLA FINE DEL PRECEDENTE HAI AVUTO BISOGNO DI TEMPO PER ELABORARE TUTTO CIÒ CHE ERA SUCCESSO O TENDI A VOLTARE SUBITO PAGINA? Credo

che il Logico Tour sia stato fondamentale per me, perché mi ha finalmente conferito quello status di performer live che cercavo da tanti anni. Il palco è una dimensione per me fondamentale e, pur possedendo di mio un’anima da animale da palcoscenico che mi permette di avere con lui un rapporto viscerale, non avevo ancora avuto un riscontro di questo tipo da solista. Fondamentalmente per me quel tour non è mai finito, quindi non avevo bisogno di elaborarlo, ma di completare l’opera. Alla fine del Più che Logico Tour allora sì che sarà il momento di guadare le immagini che abbiamo messo da parte e cercherò di metterle nel cassetto giusto. Dopo

CALCISTICAMENTE PARLANDO, SAI ANCHE CHE TALVOLTA CERTI PRIMI TEMPI PROVOCANO CALI DI TENSIONE PERICOLOSISSIMI PERÒ. NON TEMI POSSA ESSERE PRESENTE UN PO’

In realtà nel mondo della musica vincere significa proporre uno spettacolo che diventi centrale per la gente, che la coinvolga a trecentosessanta gradi. Troppo spesso si sottovaluta il fatto che la gente sia parte integrante dello spettacolo, quindi il nostro obiettivo è quello di bissare il successo del Logico Tour e ti confesso che le doppie date di Milano e Bologna, più quelle già sold out, mi fanno immaginare che sarà la solita grande festa. Chiaramente con l’aggiunta di diverse novità, in primis una MENO DI MOTIVAZIONE?

scaletta che comprenderà canzoni che non facciamo da diversi anni come Maggese, cui i fan sono molto affezionati. Anche a livello di produzione abbiamo creato uno spettacolo che possa essere più completo che in passato: non voglio che sia la stessa pagina letta più volte, ma che abbia davvero una nuova sceneggiatura, con un’introduzione molto curata, colpi di scena e una conclusione degna. Mi piacciono gli spettacoli che sfamano tutti i sensi. Ho poi la fortuna di aver collezionato un ampio numero di brani molto conosciuti e che hanno avuto un grosso impatto discografico, quindi è un po’ come sapere di avere una rosa nella quale anche chi sta in panchina può entrare a metà partita e fare bene. FA IMPRESSIONE PENSARE CI SIANO VOLUTI QUINDICI ANNI PER OTTENERE UN SUCCESSO SIMILE A QUELLO CHE TI INVESTÌ AI TEMPI DEI LÙNAPOP. PIÙ SUDATO MA ANCHE PIÙ CONSA-

La storia della musica, italiana e internazionale, è ricca di vicende umane davvero belle da ascoltare e credo che anche la mia possa essere ormai tra queste, tanto da un punto di vista di sviluppo personale che di percorso musicale intrapreso. Iniziare a 18 anni con i Lùnapop, facendo tour con numeri impressionanti e poi immediatamente gettarsi nel territorio del cantautorato, ricominciando da zero e mettendosi in competizione con gente che lo faceva da venti o trent’anni, non è stato semplice. In un attimo persi anche quell’aura che mi veniva dalla novità che aveva caratterizzato l’esordio con la band: in pratica si spense di colpo la luce. Era il prezzo da pagare per essermi rimesso in discussione per poter crescere artisticamente. Ci sono stati momenti nei quali quello che facevo non produceva alcun risultato apprezzabile e continuare a scrivere canzoni ha richiesto una fiducia pazPEVOLE QUESTA VOLTA, NON CREDI?

@CremoniniCesare 11 aprile - Che fatica rituittare. Sono distrutto #PiuCheLogico

56 onstage settembre - ottobre

17 aprile - A dire il vero non ho mai visto un cofanetto più bello di #PiuCheLogico. Siamo dei fighetti da classifica quando vogliamo. :))

17 aprile - Domani chiudiamo il video di #BuonViaggio che sarà disponibile dalla prossima settimana! Poi posso iscrivermi a un corso di zumba serale.

23 aprile - #ShareTheLove #Sciaddolov #Sceddellov #Sceardallov #Sceddollov #Scerzelov #Sheedollov #Scerrollov

8 maggio - #BuonViaggio si conferma in top3 classifica @earonemusic. :)) Detto questo ieri sono stato all'Ikea con mia madre. Esperienza psichedelica.



zesca in quello che stavo facendo e l’obbligo di continuare a vedere tutto in un’ottica piĂš ampia, quasi ad automotivarmi. Insomma, non potevo guardare soltanto al qui e ora. Poi, a 30 anni riesci a rompere di nuovo quel muro e a tornare dall’altra parte, nel pieno delle tue forze e con spettacoli e album che non passano piĂš in secondo piano: credo che sia una storia rara. NON A CASO SE AGLI ESORDI E PER ANNI SI Ăˆ FATTO RIFERIMENTO A TE SOLO IN TERMINI DI ANIMALE DA PALCOSCENICO, OGGI, INVECE, CHIUNQUE FA PRIMA RIFERIMENTO ALLE TUE DOTI DI AUTORE. NON Ăˆ UNA DIFFERENZA DA POCO‌ Sia chiaro, la mia resta una sfida continua e non mi sento arrivato da nessuna parte. In fin dei conti, l’unica cosa che so è di aver puntato tutto sulle mie canzoni, di avere investito tutto ciò che avevo solo su di me. Non ho mai avuto alle spalle qualcosa che mi sostenesse in modo efficace nei momenti di difficoltĂ , se non le canzoni che scrivevo. Io e il mio produttore Walter Mameli lavoriamo come degli artigiani, siamo molto indipendenti nel modo di lavorare e nelle scelte che facciamo e, sostanzialmente, siamo sempre stati degli outsider. Negli anni Duemila, quando pubblicavo album come Bagus, Maggese o Il primo bacio sulla Luna, discograficamente l’attenzione veniva data ad altri progetti, ma io continuavo a macinare canzoni in modo ossessivo e maniacale. Diciamo che in qualche modo ho fatto una sorta di gavetta posticipata, che dal basso ha potuto convincere moltissime persone del fatto che ci fosse una poetica dietro a quello che stavo facendo. E SEI RIUSCITO A FAR CAMBIARE IDEA ALLE PERSONE DELLA TUA GENERAZIONE, CHE QUANDO AVEVI SUCCESSO CON I LĂ™NAPOP

Capisco benissimo questo processo: mi rendo conto che il mio pubblico odierno è il migliore che possa avere, proprio perchĂŠ parla il mio stesso linguaggio. Ăˆ un pubblico che, nonostante oggi si possa definire molto largo a livello numerico, intellettualmente mi assomiglia molto. Questo perchĂŠ chi mi è rimasto a fianco e oggi riempie i palazzetti, è riuscito ad uscire dal periodo adolescenziale in contemporanea con me, sia a livello umano che artistico. Idealmente, quel momento per me è iniziato nel momento in cui ho tagliato i capelli rossi: da lĂŹ ho iniziato a farmi vedere per quello che ero, senza escamotage o trucchi. Chi mi ha seguito ha dunque deciso di continuare a giocare con me a “pubblico e

LI.

Animale da palcoscenico probabilmente ci nasci, non esiste l’ora di palco a scuola. Penso sia un piccolo dono, unito ad una buona dose di coraggio, egocentrismo e generosità 

artistaâ€?, un gioco dove se non c’è complicitĂ , tutto finisce in pochissimo tempo. Avverto da parte loro un rispetto molto intellettuale, non da fan cui va bene tutto, ma di chi ha capito cosa stavo facendo e, con grande onestĂ , ha iniziato a seguirmi per questo. Credo che un pezzo come Le 6 e 26 sia esemplificativo in questo senso: si percepisce insomma che non è la classica pacchianata per vendere dischi. Sono contento che una parte dei ragazzi che mi somiglia molto a livello di lettura del mondo, della vita e di se stessi mi permetta di far parte della propria libreria musicale.

TI VEDEVANO COME UNA METEORA MOSSA DALLA DISCOGRAFIA PER FARE SOLDI FACI-

QUINDI PASSIAMO AD UN ALTRO TEMA: CHI Ăˆ CESARE CREMONINI SUL PALCO? QUELLO CHE PARLA CON ME ORA O Ăˆ LA STESSA PERSONA CHE GIRA CON SEMPLICITĂ€ PER I PORTICI DI BOLOGNA? Animale da palcoscenico probabilmente ci nasci, non esiste l’ora di palco a scuola, mentre con gli anni puoi affinare le tue doti di autore. Non ci sono sforzi ed esercizi, nel momento in cui mi metti su un palco piĂš gente c’è e piĂš io renderò bene, piĂš sarò capace di dare al pubblico quello per cui ha pagato il biglietto. Penso sia un piccolo dono, unito ad una buona dose di coraggio, egocentrismo e generositĂ . Chi sale sul palco è una sorta di versione di me libera nell’anima, proprio perchĂŠ realizzata al cento per cento. Ăˆ l’utopia al potere in un certo senso, perchĂŠ è impensabile che tutta la vita possa essere come quegli istanti. Ăˆ una versione di me totalmente a proprio agio, nella quale posso vestire i panni dell’intrattenitore, un po’ come entrare direttamente nelle biografie che leggevo da piccolo e stare esattamente dove ho sempre voluto. Ovviamente, in collaborazione col pubblico: senza quegli occhi, nulla avrebbe senso e nel boato che sento quando si spengono le luci e io sto salendo sul palco stanno le emozioni piĂš grandi mai provate nella mia vita. Sono una persona che ha due caratteristiche principali: una è la semplicitĂ , datami da una cittĂ come Bologna, da sempre luogo che favorisce l’intimitĂ , il rapporto diretto con la gente e un’umanitĂ infinta. La seconda è che, sceso dal palco, sono un grande stakanovista da studio: uno dei motivi per cui credo di fare bene è la passione che giorno e notte mi porta a lavorare in modo maniacale. Poi per caritĂ resto un grande festaiolo. QUINDI IL CLASSICO DISCORSO SULLA MASCHERA DELL’ARTISTA O DELL’IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA TRA L’UOMO CREMONINI E

HAI PARLATO DI GIOCO TRA TE E IL PUBBLICO,

LA SUA PARTE ARTISTICA NON ESISTE IN TE?

@CremoniniCesare 15 maggio - Sono sveglio per andare in bici. Siccome ho preso una cotta per questa nuova ragazza a due ruote. (Ieri mi sono addormentato pensandola).

58 onstage settembre - ottobre

29 maggio - Ho constatato che, al netto dell'alito, il 90% delle persone che attaccano con "ti ricordi, ci siamo conosciuti nel 99...", sono ubriache.

4 agosto - Parte "Simply The Best" di Tina Turner, ed è subito "Radio Taxi Cotaboâ€?.

11 agosto - Il medico mi ha detto sono destinato al mal di schiena, al mal di collo e all'ingobbirmi da vecchio. đ&#x;”? Stasera esco.

30 agosto - Purtroppo ho pochissime cose all'altezza o in comune con Mr. Keith Richards, ma dormiamo entrambi con la chitarra. :)



INSOMMA, NESSUN DELIRO ALLA ZIGGY STARDUST O ALIENAZIONI ALLA ROGER WATERS?

Premetto che ho stilato una sorta di patto di sangue, o col Diavolo se preferisci, col palcoscenico: potrei rinunciare a tutto, e a tante cose ho rinunciato, ma mai a quello. E non lo dico con un’accezione hollywoodiana del tipo “ora che sono qui non mi farò spostare da nessuno”, ma proprio per una questione di sopravvivenza: semplicemente non potrei fare altro nella vita. Ho sempre creduto nella felicità in senso filosofico e per me il rispetto di essa e la sua difesa sono un valore, uno dei massimi in cui credo. Non mi sono mai sentito in dovere di compiacere il pubblico, anzi credo la gente vada educata a sapere chi sei: per questo ho sempre rifiutato una carriera dove accontentare il fan che viene al raduno o quello che mette in piedi il tuo fan club. Sono contro quel tipo di atteggiamento per cui se suoni pop, devi suonarlo poi tutta la vita altrimenti il pubblico si incazza. Ho sempre ostentato questa cosa, perché volevo passasse molto chiaramente: ogni gioco ha delle regole e queste sono le mie. Le mie canzoni, affinché siano vere, devono essere scrit-

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te per me e solo per me. La cosa più brutta che possa succederti è che piaccia alla gente qualcosa che non piace a te: è lì che perdi la testa e ti scindi. Chi viene a vedermi lo sa bene e quindi la devozione è reciproca.

«Non mi sono mai sentito in dovere di compiacere il pubblico, anzi credo che la gente vada educata a sapere chi sei: ogni gioco ha delle regole e queste sono le mie» QUESTO FU UNO DEI PROBLEMI CHE UCCISE COBAIN, CHE NELLA LETTERA D’ADDIO SI RAMMARICÒ DI NON RIUSCIRE AD AVERE DAL PUBBLICO LA SPINTA VITALE CHE, IN QUALCHE MODO, AVEVA SEMPRE INVIDIATO A FREDDIE MERCURY. Quando cominci a suonare e a scrivere canzoni da bambino e inizi a sognare di fare il cantante, la prima fase riguarda il fantasticare sul tuo futuro da rockstar. Poco

dopo, però, subentra qualcosa per cui ti imponi di cercare di trovare delle cose così emozionanti per te da volere dimostrare a tutti i costi che il tuo cuore è simile a quello di altri milioni di persone. È quello il momento in cui il tuo orecchio diventa il punto di riferimento. Lavorare con le orecchie della gente ha rovinato la discografia degli ultimi vent’anni e, di riflesso, anche la vita di artisti ipersensibili che, nel momento in cui si sono sentiti altro da sé, sono crollati. Il ragionamento per cui, se una cosa funziona allora bisogna produrre artisti simili per sempre, ha distrutto del tutto la discografia. Quando, a fine anni Novanta, proponevo i tre singoli di maggior successo dei Lùnapop, tutti li rifiutavano perché non riuscivano ad inquadrarli: non eravamo hip hop come gli Articolo 31 né britpop come gli Oasis. Se mi sentissi manipolato o pensassi di fare qualcosa contro la mia volontà, mi passerebbe immediatamente la passione, probabilmente come successo a Cobain. Fortunatamente io sono cresciuto con uno che ballava sul palco con le tutine attillate e le paillettes: forse Freddie Mercury a me la vita l’ha salvata. l


onstage settembre

- ottobre

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L’ENERGIA DEL CASO Il 12 e 13 ottobre parte con una doppia data dal Teatro Nazionale di Milano il Naïf Tour 2015 di Malika Ayane che porta i brani del suo ultimo album nei principali teatri italiani accompagnata da una superband di undici elementi. Testo di CAROLINA SAPORITI

R

aggiungiamo Malika al telefono pochi giorni prima dell’inizio del tour. Nonostante le numerose prove con la formazione con la quale salirà sul palco, non nasconde l’ansia della prima data milanese. «Sono belle tante cose, ma andare in tour è la cosa più bella che possa capitare». E mentre ci confida che la scaletta, diversamente dalle altre volte, è già pronta, ci assicura anche che non mancheranno delle sorprese. GRATIS? Sarebbe bello vivere in un mondo ideale, dove uno ti fa entrare anche a casa. E uno le feste di solito le fa, gratis, a casa sua. Ma era un po’ difficile, i miei vicini non avrebbero mai accettato. Sono molto felice di dedicarmi finalmente alla parte che notoriamente preferisco del mio lavoro. Ho pensato di essere coerente con il titolo del disco cercando di portare in teatro, che è un luogo dove si può costruire qualsiasi cosa, le atmosfere leggere e divertite dell’album. Anche se adesso più che mai, vista la scelta di avere una formazione così numerosa, la cosa che conta di più è suonare molto bene, perché alla fine di un concerto si tratta. TI SENTI PRONTA PER IL NAÏF TOUR?

A PROPOSITO DELLA FORMAZIONE NUMEROSA: COME MAI QUESTA SCELTA PER UN ALBUM

Effettivamente il disco è basato in gran parte sulle ritmiche campionate, ma in teatro verrà tutto smantellato e suonato dal vivo, tutto sarà proposto da percussioni, batteria e tutto quello che si può percuotere per creare ritmo. L’aggiunta più interessante nella formazione live di quest’anno è Daniele Di Gregorio che è il percussionista di Paolo Conte e aveva lavorato con me su un paio di brani in RicreCOSÌ PIENO DI PARTI ELETTRONICHE?

62 onstage settembre - ottobre

azione: è stupefacente come si approccia agli strumenti. Stiamo tutti facendo dei corsi di clap, per essere utili e non essere sopraffatti dalla sua capacità di catalizzare l’attenzione... Io rimango davvero incantata. NON HAI PAURA DELLE COLLABORAZIONI, AD AFFIDARTI AGLI ALTRI E CHIEDERE AIUTO?

SUL TUO LAVORO? È come se le carriere oggi iniziassero e finissero in base a un brano solo, in parte sembra di essere tornati agli anni Settanta quando la produzione discografica si basava sui singoli e non sull’integrità di un album, però è molto interessante vedere come la fidelizzazione, dal momento che si può andare a controllare molto più velocemente il lavoro di un artista, diventa più seria perché si può rimanere fregati o delusi o entusiasti più facilmente.

Se uno è in grado di fare tutto da solo... beato lui! Io trovo che le connessioni e gli scambi siano l’unico modo per non ripetersi e non cadere in deliri di autocelebrazione: è l’unica possibilità per creare qualcosa di for- TORNANDO AL TOUR, LA SCELTA DI PARTIRE te. Io so cantare, quella è la cosa che mi viene DA MILANO È DOVUTA AL LEGAME CON LA TUA CITTÀ? È una scelta “azmeglio, e riesco a farlo in maniera più rilassata e zardata” perché il pubincisiva se intorno a me blico di Milano insieme «Non ci sarà il tempo per ci sono persone che fana quello romano è quello essere perfetti, ma forse sarà con il quale si testa di più no quello che gli viene la diffusione di opinioni. meglio con altrettanta proprio questo il bello: gioia e personalità. non sentirsi mai al sicuro può Quindi la prima data la vivo un po’ come l’esame generare delle energie di maturità, non ci sarà A PROPOSITO DI COLLETinaspettate» stato il tempo per esseTIVITÀ, HAI ANNUNCIATO LA PRIMA DATA DEL TOUR re perfetti, ma forse sarà SU TWITTER. L’USO DEI proprio questo il bello: SOCIAL È DETTATO DA UN’ESIGENZA CONTEMnon sentirsi mai al sicuro può generare delle PORANEA O TI PIACCIONO? Come in tutte le energie inaspettate. cose ci vuole il senso della misura, perché i social possono sovrastare la vita reale che io DEL TUO NUOVO ALBUM SI È GIÀ DETTO TANcontinuo a preferire. Mi è capitato di stare TO. A DISTANZA DI MESI DALL’USCITA, COME tre settimane senza connessione e mi sono PENSI SIANO STATE PERCEPITE LE TUE CANZOricordata di cosa volesse dire passare un po- NI? Si è scoperto che non sono una menosa, meriggio su altre cose. D’altra parte se fossi una che ci crede tantissimo. Certo, mi imuna ragazzina della provincia italiana mi pia- pegno e lavoro come una matta, ma è stato cerebbe sapere cosa sta succedendo nella vita svelato anche un lato più ludico che ho avuto meno paura di mostrare. Quando è uscito il di un artista e i social mi aiuterebbero. singolo Tempesta le persone mi hanno scritÈ CAMBIATA LA FRUIZIONE DELLA MUSICA, to stupite, come a dire “Ecco una Ayane che non ti aspetti”. OGGI GLI ASCOLTATORI SI CHIAMANO UTENTI E IL SUCCESSO DI UNA CANZONE SI MISURA

LA “LEGGEREZZA” RISPECCHIA UN PERIODO

ANCHE SULLE VISUALIZZAZIONI SU YOUTUBE.

FELICE DELLA TUA VITA?

È UN CAMBIAMENTO CHE INFLUISCE MOLTO

In realtà quelle delle mie canzoni sono osservazioni. Ci sono


brani come Non detto o Dimentica domani che non sono “giulivi”. Tempesta è una presa di coscienza del fatto che la vita è fatta di attimi: sarà una banalità, ma è una cosa che non si tiene sempre in considerazione. E comunque sì, ho un presente parecchio felice... Ho deciso di essere felice, che è un atto complicato, ma l’esistenzialismo in questo momento sarebbe un po’ contro producente, anche perché ci sono guai più gravi.

te la Valle d’Aosta, e copriamo tutte le aree in maniera certosina. Il caso vuole che i teatri dove suoneremo siano gli stessi dove avevo suonato in altri tour. Ed è una cosa che mi piace molto. Penso ai teatri di Genova o di Firenze, sono posti che mi hanno toccato e nei quali è bello tornare, un po’ come quando vai in vacanza nello stesso posto.

cosa succederà, mi piacerebbe sempre usare il metodo della casualità perché sono convinta che sia anche questo il bello di un concerto. A dire il vero c’è una scaletta abbastanza definita ed è la prima volta che la consegno con così tanto anticipo, ma i ragazzi sanno che non è sicura al 100 per cento. Non vedo l’ora di partire, questa è la verità.

TI DÀ SICUREZZA?

Sì, ma è anche un’opportunità di confronto con i propri ricordi.

STAI GIÀ LAVORANDO A QUALCOSA DI NUOVO?

LA SCALETTA È PRONTA? Le canzoni che ho scelto per il tour sono tutte quelle dei quattro album, soltanto in sede di prova si capirà

No, adesso sono focalizzata sul tour. Finora Naïf è stato un disco molto fortunato e quindi è giusto che l’aspettativa che si è creata venga trattata per essere all’altezza. Anzi, inizio ad avere anche l’ansia da ritardo.

C’È UNA TAPPA DEL TOUR CHE ASPETTI IN

Finalmente torno in Calabria dopo 5 anni. La bellezza di questo tour è che andiamo in tutte le regioni, a par-

MODO PARTICOLARE?

onstage settembre

- ottobre 63


IL SEGRETO DELLA QUALITÀ


Elio e le Storie Tese tornano con un nuovo singolo, Il primo giorno di scuola, e una riedizione dei primi tre mitici album della loro carriera, con molto materiale inedito. Ne abbiamo parlato con loro, per poi lasciarci trasportare da una lunga chiacchierata sulla musica e sulla cultura in Italia. Tra qualche parolaccia e moltissime risate. Testo di ALVISE LOSI

P

archeggio la mia vecchia 500 in una piccola via in zona Lambrate, a Milano, e suono il citofono. Mi torna in mente che il gruppo che sto per incontrare ha scritto parecchi anni fa una breve (ma intensa) canzone sulla “mia” macchina. Ed è una piacevole coincidenza che quel pezzo fosse l’ottava traccia del loro secondo album Italyan, Rum Casusu Çikti. Anche perché proprio quel disco è una delle ragioni di questa intervista, insieme al primo Elio Samaga Hukapan Kariyana Turu e al terzo Esco dal mio corpo e ho molta paura, rieditati oggi insieme ad altrettanti Dvd con contenuti inediti. Quando entro Elio, Faso e Cesareo stanno firmando autografi su centinaia di confezioni de Il primo giorno di scuola, l’ultimo singolo di Elio e le Storie Tese. «Sembrate scrutatori al lavoro in un seggio elettorale », scherzo. «E infatti adesso chi va a comprare un nostro disco deve lasciare il documento e alla fine c’è uno del negozio che dice: “Mario Rossi ha acquistato”. Pazzesco», mi risponde Faso. Ok, sono esattamente il tipo di persone che immaginavo. PERCHÉ ARRIVA ADESSO QUESTA RIEDIZIONE DEI PRIMI TRE ALBUM CON ANCHE IL MATERIALE INEDITO CONTENUTO NEI DVD? Cesareo - Ci siamo resi conto che da tanti anni mancava un po’ di catalogo nei negozi e così abbiamo deciso di fare uscire questi primi tre di altri che poi verranno. I Dvd invece, ai quali hanno lavorato soprattutto Rocco Tanica e Claudio Dentes, sono l’occasione di tirare fuori materiale che ci eravamo dimenticati di avere e che racconta la storia di quell’epoca che ha formato gli Elio e le Storie Tese. Faso - Erano anni nei quali si facevano i dischi alla vecchia maniera, perché parliamo di album registrati ancora su nastro e prima dell’avvento dei computer. E poi abbiamo visto nostri colleghi e miti, come Pink Floyd e Deep Purple, che hanno fatto documentari che abbiamo apprezzato tantissimo, e quindi

ci siamo decisi a farlo anche noi per i nostri fan. E in ultimo, con molta umiltà, pensiamo che quegli album qualcosina nel mondo della musica italiana l’abbiano lasciato e il fatto che non ci fossero più in giro ci sembrava un peccato. NEI DVD C’È VERAMENTE DI TUTTO, SOPRAT-

GLI ESORDI IMMAGINO FOSSE PIÙ DIFFICILE COLLABORARE CON ALTRI ARTISTI, ORA INVE-

Elio - Adesso in realtà c’è il problema opposto: quelli che non vogliono collaborare con Elio e le Storie Tese perché gli facciamo schifo. Cesareo - Ma spesso è reciproco, quindi non è grave.

CE CI SARÀ LA CODA…

TUTTO TANTI VIDEO LIVE, DAL CONCERTO DI OSAKA A QUELLO STORICO AL TEATRO ELFO DI

ANNI FA AVETE INVENTATO IL CD BRULÉ, COSÌ

MILANO… Elio

CHE I FAN A FINE CONCERTO POTESSERO

- Immagina quante cose siano accadute quando suonammo all’Elfo per 12 ore. Oltretutto con tantissimi ospiti sul palco: uno di loro era Ligabue che aveva appena inciso il suo primo disco. Quei tre album appartengono a un periodo molto denso che noi abbiamo percorso correndo, anche perché nel frattempo facevamo concerti, e non abbiamo mai avuto modo di ripensarci e riascoltare quelle registrazioni. Faso - Per chiudere, possiamo affermare che, in contrapposizione alla musica dance, quella fosse la nostra musica denso.

«Quei dischi appartengono a un periodo molto denso che abbiamo percorso correndo: possiamo affermare che, in contrapposizione alla musica dance, quella fosse la nostra musica denso»

AVETE SCELTO DI FAR RACCONTARE LA VOSTRA STORIA DA MAL NEI TRE DVD: COME VI È VENUTO IN MENTE?

Elio - Cosa possiamo dirti? Mal che racconta gli esordi di Elio e le Storie Tese è perfetto. Noi siamo amanti degli accostamenti improbabili. A PROPOSITO DI ACCOSTAMENTI, AI TEMPI DE-

PORTARSI A CASA LA REGISTRAZIONE DELLA SERATA. QUAL È IL VOSTRO APPROCCIO ALLA

Elio - Siamo sempre molto attenti, ma non bisogna dare per scontato che il nuovo sia meglio del vecchio. Il progresso tecnologico è una grandissima illusione perché ti fa credere che sia tutto semplice. È vero che il disco oggi te lo puoi fare in casa, ma devi farlo bene. Non è che avere le cose nella cameretta ti rende in automatico un grande musicista. Faso - E poi bisogna farsi un discreto paiolo. Ai giovani che imparano a usare uno strumento ricordo sempre che, tra tutti i fantastici plug-in che puoi scaricare sul tuo smartphone, non c’è il plug-in “suona bene”: quando prendi in mano uno strumento devi comunque farti il culo e suonare ore e ore. E non c’è nessuna esperienza su internet che ti possa rendere bravo a suonare dal vivo. TECNOLOGIA?

MA C’È ANCHE IL RISCHIO CHE LA TECNOLOGIA FACCIA SALTARE LA GAVETTA, E INFATTI NEI LOCALI NON SI SUONA PIÙ. Cesareo

- Intanto non ci sono più i locali e comunque non c’è più la possibilità di fare i tuoi pezzi, perché devi fare un po’ di cover o tributi altrimenti non ti fanno suonare. E questo mette in crisi il settore dell’industria musicale, perché non ci sono più i ragazzi che comprano gli strumenti per suonare e di conseguenza non c’è più nessuno di nuovo. Elio - E poi, insisto, la tecnologia dà l’illusione che tu tutta quella gavetta possa saltartela. Invece solo andando sul palco puoi capire come relazionarti col pubblico, e questa onstage settembre

- ottobre

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cosa non te la insegna nessuna scuola. Perché anche dando per scontato che uno sappia suonare, non è la stessa cosa farlo davanti a un pubblico. E non è un caso che quasi tutti quelli che escono da internet non sappiano suonare e magari cantano solo su basi. A PROPOSITO DI LOCALI, VOI AVETE VISSUTO LA MILANO DEGLI ANNI OTTANTA, QUANTO

Cesareo - In Italia la burocrazia mette paletti incredibili: in Inghilterra invece i club fino a 200 posti possono far suonare dal vivo senza chiedere alcun permesso. La maggior parte dei locali qui ha chiuso per quello. E poi basti pensare che la Siae, anche se tu fai un concerto di beneficienza, ti chiede lo stesso i soldi. Faso - Dei segnali però ci sono, soprattutto a Milano con l’amministrazione degli ultimi anni, ma rimane una distanza impressionante: a Parigi esiste una rivistina che ti dice tutti i locali dove si suona dal vivo e sono talmente tanti da essere divisi per genere. Sto parÈ CAMBIATA LA SITUAZIONE?

66 onstage settembre - ottobre

lando di almeno un centinaio di locali dove ogni sera si fa musica dal vivo. Elio - Io però su questo ho una cosa da aggiungere. Noi siamo usciti da venti anni di

«Le uniche parole italiane all’estero sono quelle che derivano dalla musica: fiasco, allegro, finale, bravo. E allora come cazzo fai a dire che con la cultura non si mangia?»

persone e se ci fosse un pensiero illuminato potrebbero mangiarci anche il doppio, non dimentichiamo che l’Italia all’estero è conosciuta non dico esclusivamente, ma quasi esclusivamente per la cultura. Addirittura le uniche parole italiane all’estero sono quelle che derivano dalla musica: fiasco, allegro, finale, bravo. E allora come cazzo fai a dire che con la cultura non si mangia? Queste persone hanno desertificato Milano e tutta l’Italia. C’È ANCHE UN ALTRO ASPETTO: ALL’ESTERO LE GENTE SI LAMENTA SE QUALCOSA NON VA, MENTRE DA NOI SE POCHE PERSONE PROTESTANO PER I CONCERTI A SAN SIRO POI SI VA

Faso - No, non farmi arrabbiare: se devono rompere le palle per un concerto li rompono, se invece c’è una partita di calcio alla fine della quale viene messa a ferro e fuoco la città, allora va bene... E questo lo dico io, Faso di Elio e le Storie Tese, a cui sta sui coglioni il mondo del calcio. È la mia dichiarazione. PER TRIBUNALI.

regime il cui pensiero sull’argomento era ben espresso dalla frase “Con la cultura non si mangia”. Questo è quello che pensa quel tipo di persone su chi fa arte, cioè gente che ruba i soldi. Quando, a parte che con la cultura in Italia ci mangiano milioni di


Cesareo - Ci vorrebbe un metodo democratico: non puoi fermare la vita musicale milanese perché dieci persone si lamentano. Faso: Nei Paesi un po’ più intelligenti ci sono anche altri metodi, molto semplici, per evitare il problema: a Parigi per esempio i concerti iniziano alle otto. Così i giovani ci possono andare con i mezzi, i genitori non si preoccupano, la musica finisce alle dieci e mezza e a chi vive in zona puoi dire: “non rompete le palle”. Certo che se il concerto è annunciato per le nove, inizia alle dieci passate e finisce dopo la mezzanotte, a quel punto hanno anche ragione i residenti. E questo perché in Italia dobbiamo fare le cose nella notte perché è più figo.

15 anni fa ci siamo voltati per strada e abbiamo detto: “Chi è quel quindicenne che ci segue? Chissà”. E, guarda te, ti ho anche riconosciuto…

«Una cosa che aiuta molto è avere riferimenti di alto livello: se il tuo riferimento come commedia è Vacanze di Natale, difficilmente riuscirai a girare Frankenstein Junior»

infatti non è stato molto apprezzato da quelli che si ritengono i depositari del segreto degli Elio e le Storie Tese e urlano “Sacrilegio!”. Ma noi andiamo per la nostra strada perché è già accaduto in passato e tentiamo di cercare continuamente nuovi stimoli. Non solo musicalmente, anche la scelta di Sio per gli ultimi video è un modo per conoscere nuovi mondi. Faso - Una cosa che aiuta molto è avere riferimenti di alto livello: se il tuo riferimento come commedia è Vacanze di Natale, difficilmente riuscirai a girare Frankenstein Junior. FORSE NON È UN CASO CHE TRA UN ALBUM E L’ALTRO LASCIATE PASSARE MOLTO TEMPO.

FAMMI FINIRE… DICEVO CHE DA QUANDO VI SE-

QUANTO DOVREMO ASPETTARE PER IL PROS-

SONO NATO A MILANO E VI SEGUO DA QUANDO

GUO AVETE SEMPRE MANTENUTO UN LIVEL-

SIMO? Faso

HO 15 ANNI. A PARTE IL FATTO CHE 15 ANNI FA

LO QUALITATIVO ALTISSIMO, SOPRATTUTTO

NON AVREI MAI IMMAGINATO CHE UN GIORNO

CERCANDO DI CAMBIARE E NON SEDENDOVI

MI SAREI RITROVATO IN UNA STANZA CON VOI

MAI.

TRE A PARLARE DI MUSICA… Faso - Non l’avre-

sti mai detto vero? Ma neanche noi. Perché

Elio: Non è un processo comodo, ma noi non siamo mai stati comodi. E anche Il primo giorno di scuola va in quella direzione e

- Stiamo già lavorando su nuovi brani. Adesso c’è un’ossatura che magari è il 60-70 per cento e manca l’ultima parte, che però non sappiamo quanto potrà durare, perché ci potremmo mettere 4 ore, 4 giorni o 4 settimane. l

onstage settembre

- ottobre

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UN ALBUM TALEBANO Cultura generale è il quinto album del terzetto milanese I Ministri e, almeno stando alle parole del chitarrista Federico Dragogna, assomiglia molto a un secondo debutto. Si riparte da zero, o quasi. Con la maturità di una grande band alle spalle. Testo di STEFANO GILARDINO

P

HAI PRESO APPUNTI? In Italia è difficile trova-

PRIMA DI PARLARE DEL

DA UN PRODUTTORE IN ERBA COME FEDERICO

NUOVO ALBUM, CI SONO

re qualcuno che lavori come Gordon Raphael e dubito che qualche band abbia voglia CON VOI PER CULTURA GENERALE. COSA VOdi farlo. Qui da noi anche la band punk da cantina spesso si ritrova a incidere con un GLIAMO DIRE? Eh, bella domanda, cosa vuoi dire di uno che ha prodotto i primi due al- produttore che vorrebbe ricreare un suono bum degli Strokes e lavorato come tecnico come quello di Rihanna, capisci? Però, certo, del suono per i Libertines? Quantomeno che ho preso molti appunti e imparato altre cose era abituato a personaggi più rissosi e scorbu- fondamentali, verranno buone per il futuro. tici di noi (risata, ndr). A parte gli scherzi, in È stata una bella esperienza, ripensandoci, certi momenti è stato come tornare a scuola, soprattutto a livello umano. Ora siamo ote non sto scherzando. Anzi, pareva di stare timi conoscenti, anche amici direi, è stato dentro al film Karate Kid! Gordon non usa un percorso faticoso ma soddisfacente: dai nessuno dei classici mezzi ed espedienti da primi timidi contatti via mail alle lunghe studio, ma registra il tuo disco come se fosse pause, alla tensione mentre aspettavamo una il 1973. Ti costringe a risposta, al suo interesse imparare i pezzi alla perreale per la nostra band. Siamo cresciuti moltissifezione e non ti abbuona «C’è bisogno nessun tipo di errore o mo anche grazie al lavodi calma e riflessione, passo falso. Ormai anro di Gordon, siamo tre come una volta, persone sicuramente più che in Italia, persino per mature dopo questo alproduzioni meno ricche quando abbiamo scoperto della nostra, c’è sempre bum. Era esattamente ciò i gruppi che hanno il produttore che, a frondi cui avevamo bisogno. cambiato le nostre vite» te di un errore, si mette lì con un software e te lo IL VANTAGGIO È CHE ORA sistema per bene. La batNON DOVETE NEPPURE PROVARE PER I PROSSIMI teria viene male? Nessun problema, la sistemiamo in un attimo… CONCERTI. (Ride, ndr) Proprio così, siamo Ecco, con Raphael non succede. Se la bat- rodatissimi, i pezzi nuovi li sappiamo a meteria viene male la si risuona fino a che non moria e in ogni caso sono talmente ridotti viene perfetta – e intendo davvero perfetta, all’osso da non necessitare di alcun arrannon solo passabile. Suonavamo tutti e tre giamento ulteriore. Stiamo provando da assieme in contemporanea e, molto spesso, metà agosto circa, siamo in grande forma quello che senti su disco è esattamente quello e ci aspettiamo dei concerti infuocati. In che abbiamo registrato. Mi ricordo di inte- più, stavolta, avremo un nuovo chitarrista ri pezzi suonati alla grande – o almeno così al posto di Filippo Cecconi che si è preso pensavamo noi – completamente cancellati una pausa per registrare un suo lavoro soliperché, a parer suo, non erano convincen- sta. Anche in questo caso, è stata una scelta ti. Insomma, niente photoshop sul nostro semplice ed è caduta su Marco Ulcigrai de Il album, l’abbiamo inciso con un talebano… Triangolo: è bravo, conosceva già i pezzi dei (ride, ndr). Sapevamo che era un personag- Ministri perché è un nostro fan, siamo amici e il suo gruppo ci piace un sacco. Sarà una gio estremo, ma non che lo fosse così tanto.

UN PAIO D’ANNI DI VITA DEI MINISTRI DA RACCONTARE. DOPO UN LUNGO TOUR, HAI INIZIATO UNA

FORTUNATA CARRIERA COME PRODUTTORE, PRIMA CON LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA PER IL FORTUNATISSIMO COSTELLA-

ZIONI E POI, PIÙ A SORPRESA, PER IL RITORNO DISCOGRAFICO DI PAOLA TURCI. RACCONTACI COM’È SUCCESSO. In verità è stato molto semplice: Paola si è presentata a un nostro concerto per vederci e conoscerci di persona. Vasco Brondi e lei condividono lo stesso management e a Paola era piaciuto molto il mio lavoro per quel disco. Ci siamo messi a parlare e mi hanno colpito il suo entusiasmo e la sua voglia di rinnovamento, si intuiva un grosso entusiasmo per la musica, mi ha convinto a dare inizio a una collaborazione che non sapevo a cosa avrebbe portato. Mi ha mandato i provini dei brani che voleva incidere per l’album, alcuni inediti firmati da autori come Francesco Bianconi e altri tratti dal suo repertorio da stravolgere e modernizzare, se così si può dire. Alla fine, è andato tutto liscio e sono molto soddisfatto del risultato: ho avuto totale libertà artistica e carta bianca su tutto, il massimo che si possa desiderare insomma. Per fortuna i risultati ci hanno dato ragione, il disco sta avendo un buon successo e credo che inizieremo presto a lavorare anche sul prossimo. HAI GIÀ TROVATO UN NUOVO LAVORO QUINDI.

(Ride, ndr) Chi può dirlo? Mi piacerebbe molto, è una situazione congeniale per me, mi sento perfetto nei panni del produttore, mi riesce estremamente facile, quindi spero di poter continuare per sempre o almeno fino a che qualcuno vorrà darmi la fiducia necessaria. 68 onstage settembre - ottobre

DRAGOGNA A UNO PIUTTOSTO AFFERMATO, GORDON RAPHAEL, CHE HA COLLABORATO


bella festa, insomma, nella quale coinvolgeremo molti artisti che meritano attenzione, da Edda a Il Management del Dolore Post Operatorio fino a Il Pan del Diavolo. Non vediamo l’ora che inizi il tour… INTANTO NON ABBIAMO ANCORA PARLATO DEL DISCO. Dai, un po’ sì! Allora, io lo vivo proprio come un passo in avanti molto netto, quello che si chiama lo step successivo, lo scatto che ci voleva per i Ministri.

HA DEI PEZZI MOLTO BELLI, SECONDO ME...

Ti ringrazio, anche noi siamo molto soddisfatti, anche perché è sempre più difficile riuscire a stupire noi stessi per primi. I testi creano sempre grandi problemi, bisogna pensare molto a ciò che si vuole dire e a come dirlo senza risultare banali, scontati, senza annoiare e, soprattutto, sloganistici. Odio quel tipo di cose ormai… MI AVEVI DETTO LA STESSA COSA DUE ANNI FA.

Ecco, ora di più: non sopporto quel genere di testi. Ne abbiamo fatto qualcuno anche noi, ma è storia passata. (Ride, ndr) COSA VUOI DIRCI PRIMA DI CONCLUDERE?

Non so, spero che tanta gente ascolti questo disco, ma lo ascolti per davvero, non solo una volta e poi via col prossimo. C’è bisogno di calma e riflessione, come si faceva una volta, quando abbiamo scoperto i gruppi che hanno cambiato le nostre vite. onstage settembre

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66 onstage settembre - ottobre

LO SGUARDO DI UN BAMBINO


Dopo i grandi successi de La ricerca della felicità e Sette anime e il parziale passaggio a vuoto di Quello che so sull'amore, Gabriele Muccino ritorna nelle sale con Padri e figlie, il suo quarto film made in Usa. Una nuova prova del suo grande rapporto con Hollywood e le sue star che fanno a gara per lavorare con lui. E un nuovo capitolo della sua riflessione sui sentimenti, vera cifra stilistica di un cinema che per il suo autore rappresenta la risposta a un'infanzia solitaria. Testo di LORENZO LAMPERTI

W

ill Smith, Gerard Butler, Uma Thurman, Jessica Biel, Catherine Zeta-Jones, Dennis Quaid. E adesso anche Russell Crowe, Amanda Seyfried, Diane Kruger e Jane Fonda. Gabriele Muccino è il regista italiano contemporaneo che ha lavorato con il maggior numero di star di Hollywood. Con Padri e figlie, in uscita nelle sale il 1° ottobre, arriva al suo quarto film girato negli Stati Uniti nel giro di nove anni (nel 2006 uscì il suo maggior successo oltreoceano, La ricerca della felicità). Un solo titolo in meno rispetto alla sua produzione italiana, tanto che ormai lo si potrebbe considerare a tutti gli effetti un autore a stelle e strisce. Ma Muccino continua a portarsi dietro un personale e forte carico sentimentale ed emotivo tutto italiano che aveva caratterizzato così profondamente film come L'ultimo bacio o Ricordati di me. Un regista che non tradisce se stesso e la cui cifra stilistica, come lui stesso afferma, è rappresentata più dalla sua sensibilità che non dalla tecnica, risultato forse anche di un'infanzia solitaria per scelta. Ed è proprio l'infanzia il tema principale di Padri e figlie, storia di un romanziere di successo rimasto vedovo in seguito a un grave incidente, che si trova a dover crescere da solo l'amatissima figlia Katie e a fare i conti con i sintomi di un serio disturbo mentale. E quanto vissuto in tenera età condizionerà Katie anche in età adulta, proprio come successo per Muccino che ha riversato nel cinema tutta la voglia di comunicare e di sperimentare che non aveva messo in pratica precedentemente nella sua vita reale. Padri e figlie segna un nuovo capitolo nel rapporto tra Muccino e la Mecca del cinema e nella carriera di un regista che con le sue storie continua a

volerci (riuscendoci quasi sempre) far commuovere ed emozionare.

suo timore più profondo per aprirsi alla vita e viverla fino in fondo.

HAI SCRITTO SU TWITTER: «LA VITA È MERA-

QUANTO È IMPORTANTE L'INFANZIA NEL DE-

VIGLIOSA MA PUÒ PIEGARCI QUANDO VUOLE

FINIRE LA VITA E L'ESSENZA DI UNA PERSONA

E FARCI MALE. NON MOLLARE MAI». ECCO,

E QUANTO DELLA TUA INFANZIA HA INCISO

DOVE E COME SI TROVA LA FORZA PER NON

NELLA TUA SCELTA DI FARE CINEMA E NEL

MOLLARE MAI? La

TUO MODO DI FARE FILM?

forza si trova dentro a noi stessi. Cercando di alzare la testa e vedere la luce, anche se impercettibile. In alcune circostanze quando ci sentiamo messi alla prova, anche duramente, se non facciamo questo sforzo rischiamo di smarrirci. Questa forza è continuamente alimentata dalle proprie passioni e soprattutto dalle persone che si amano, che diventano la tua energia costante e indistruttibile.

Da bambino ero piuttosto silenzioso, parlavo poco e osservavo molto. Ero solitario per scelta, non per obbligo, stavo bene così. Probabilmente quell’assenza di relazioni con i coetanei e rapporti ordinari l’ho colmata e recuperata con il cinema: attraverso questo strumento per me “vitale” ho potuto comunicare quello che non avevo vissuto e avrei voluto invece sperimentare nella mia vita. Il mio carattere, il temperamento e i desideri di quando ero ragazzo certamente hanno influito sulla QUALI SONO LE TEMATICHE PRINCIPALI AFscelta di fare questo FRONTATE DAL TUO mestiere e di rendere NUOVO FILM? Il film il mio sguardo visibiracconta chi siamo noi. Molto semplicele anche agli altri. Il «Il carattere e i desideri di cinema è sempre un mente il risultato di quando ero ragazzo hanno percorso e una scoperquanto ci è accaduto, di come lo abbiamo influito sulla scelta di fare il ta, anche di sé. elaborato, della noregista. Il cinema è sempre stra infanzia. Il film è DURANTE LA TUA un percorso e una scoperta, tutto nel rapporto tra ORMAI LUNGA ESPEanche di sé» un padre una figlia, RIENZA A HOLLYWOche vediamo prima OD HAI INCONTRATO bambina e poi adulta, TANTI GRANDI ATTORI quando, nonostante E ATTRICI CHE HANNO abbia ottenuto delle realizzazioni personali, VOLUTO RECITARE NEI TUOI FILM. C'È QUALcontinua a convivere con una paura profon- CUNO DI QUESTI CHE TI HA COLPITO IN MAda, che la blocca e la stordisce. È un viag- NIERA PARTICOLARE? E PERCHÉ? In molti gio per entrambi, per Jake (il personaggio mi hanno colpito per la serietà con la quale interpretato da Russell Crowe) che è messo affrontano un lavoro che considero complicontinuamente alla prova nella sua volon- catissimo. Perché fare bene l’attore richiede tà di tenere la figlia piccola accanto a sé, e grande coraggio e generosità, quella che ti per la protagonista (interpretata da Amanda permette di rendere visibili le tue fragilità, Seyrfried) che cerca di sconfiggere i suoi de- le tue paure e la parte più intima di te. Gli moni, di affrontare e superare finalmente il attori di origine anglosassone in particolare onstage settembre

- ottobre

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mi sorprendono. Russell Crowe ogni volta è una straordinaria scoperta, mette in campo sempre qualcosa di più di quanto ti aspetti. Della piccola Kylie Rogers e di Amanda Seyfried sono altrettanto “orgoglioso”: hanno un talento indiscusso. Amanda è riuscita a rendere amabile un personaggio estremamente complicato, dal quale era facile prendere le distanze, e che facilmente poteva risultare odioso. Invece la sua vulnerabilità crea una forte empatia con lo spettatore.

DALL'ITALIA NEL TUO MODO DI FARE CINEMA?

Credo di poter dire quasi tutto. I grandi maestri come Vittorio De Sica, tanto per citarne uno, la genuinità dei personaggi, le atmosfere, ma soprattutto le emozioni. Il mio tocco “personale”, se così posso dire, non è un particolare stile tecnico ma è la mia sensibilità. L’attenzione ai sentimenti, agli affetti, alle sfumature è l’unico modo che ho di raccontare e fare cinema. Direi uno stile “umanistico”, un approccio che mette al centro il rapporto umano.

TANTE STAR VOGLIONO RECITARE PER TE. CHE COSA PENSI DI AVERE DI DIVERSO DAI REGISTI AMERICANI? E COS'HANNO I TUOI FILM DI DIVERSO DA QUELLI AMERICANI? Credo che forse il punto di forza nel mio modo di lavorare sia proprio il lavoro con gli attori. Molti di loro hanno necessità di essere guidati, e non tutti i registi sanno farlo. Non tutti sono in grado di avere una leadership, di comunicare con i “grandi” senza in qualche modo essere schiacciati dal peso della loro popolarità. Io non ho grandi timidezze, sono molto diretto nell’esprimere la mia visione e ciò che mi aspetto, e credo che questo approccio sia apprezzato dagli attori. È una sicurezza quasi indispensabile per fare cinema come lo intendo io, quello che parte dal pensiero del regista. QUANTO E CHE COSA TI SEI PORTATO DIETRO

72 onstage settembre - ottobre

«Dei miei dieci film solo uno posso considerarlo “comodo”, tutti gli altri sono il risultato di quello che volevo fare. E rimanere fedele alle proprie premesse non è una cosa scontata»

apprezzato ma al di là di questo… entità distanti. NEL TUO FILM RECITA ANCHE AARON PAUL, STRAORDINARIO COPROTAGONISTA DELLA SERIE BREAKING BAD. QUANTO SEGUI IL MONDO DELLE SERIE TV? NE GIRERESTI MAI UNA?

Al momento il lavoro che si fa su alcune serie tv è estremamente interessante e stimolante. Ci sono serie con una buona, se non ottima, scrittura. Penso per esempio a una delle ultime: Narcos, che parla del boss della droga Pablo Escobar. E ce ne sono molte altre che non hanno nulla da invidiare al cinema. Certamente un progetto così, anche se televisivo, lo abbraccerei volentieri. Tra l’altro rispetto a fare un film con i grandi Studios hai la libertà e il privilegio di poter raccontare temi meno morbidi e abbracciare un pubblico diverso, più variegato e che può darti altri feedback. E SE SÌ SU CHE COSA?

GUARDANDO ALLA TUA CARRIERA FIN QUI, QUAL È LA COSA DELLA QUALE VAI PIÙ ORGOGLIOSO? Essermi

AL DI LÀ DEL CINEMA, DAGLI USA CHE IMMAGINE ARRIVA DELL'ITALIA? Mah… negli Stati Uniti sono molto ego-referenziati, non si preoccupano di certo dell’Italia, non siamo proprio nei loro pensieri. Se arriva un buon film certamente si parla di noi, viene

ostinato a mantenere integra la mia voce, questo è motivo di orgoglio. Di aver fatto scelte autonome. Su dieci film che ho diretto forse uno posso considerarlo “comodo” e conveniente, tutti gli altri sono il risultato di quello che volevo fare, dei miei desideri. E rimanere fedele alle proprie premesse non è una cosa facile o scontata. l


1995

IL TOUR

facebook.com/lorenzostrawberry

PAOLA TURCI IO SONO IN TOUR

Mer 30 SetteMbre 2015 lUn 12 OttObre

treZZO SUll’adda (Mi) MilanO live Club alcatraz Ven 02 OttObre 2015

GiO 15 OttObre 2015

rOMa atlantico

FirenZe Obihall

Sab 03 OttObre 2015

Ven 16 OttObre 2015

napOli Casa della Musica

Venaria reale (tO) teatro d. Concordia

dOM 04 OttObre 2015

GiO 22 OttObre 2015

MOdUGnO (ba) demode’ Club

perUGia afterlife

Ven 09 OttObre 2015

Ven 23 OttObre 2015

padOVa Gran teatro Geox

SeniGallia (an) Mamamia

Sab 10 OttObre

dOM 20 diCeMbre 2015

nOnantOla (MO) Vox Club

aCireale (Ct) palasport

paolaturci.it

Mar 10 nOVeMbre 2015 dOM 12 diCeMbre 2015

MilanO teatro parenti

bellinZOna teatro Sociale

Sab 24 OttObre 2015

Ven 27 nOVeMbre 2015

MOdena Mr. Muzik OFF

tOrinO Cap10100

GiO 03 diCeMbre 2015

Mer 10 diCeMbre 2015

rOMa teatro Quirinetta

FirenZe teatro puccini

Ven 6 nOVeMbre 2015

Mer 2 diCeMbre 2015

rOMa blackOut rock Club

MilanO alcatraz

Sab 05 diCeMbre 2015

bOlOGna

now what tour 2015 deeppurple.com

Ven 30 OttObre 2015

auditorium Manzoni

padOVa palafabris

dOM 8 OttObre 2015

Sab 31 OttObre 2015

la SpeZia

teatro Civico lUn 19 OttObre 2015

MilanO alcatraz

napOli duel beat

pOrdenOne il deposito

BRIAN MAY & KERRY ELLIS

hands that play the blues

Sab 17 OttObre 2015

Sab 21 nOVeMbre 2015 Sab 12 diCeMbre 2015

VeZZanO (tn) teatro Valle dei laghi

John Mayall johnmayall.com

immanuelcasto.com

aSSaGO (Mi) Mediolanum Forum

ONE VOICE THE TOUR

brianmay.com - kerryellis.com

GiO nOVeMbre 2015

FirenZe Mandela Forum

Ven 6 nOVeMbre 2015

rOMa palalottomatica

dOM 21 FebbraiO 2016

GiO 25 FebbraiO 2016

anCOna teatro le Muse

MilanO teatro degli arcimboldi

lUn 22 FebbraiO 2016

Sab 27 FebbraiO 2016

padOVa Gran teatro Geox

MantOVa Gran teatro palazzetto

Mer 24 FebbraiO 2016

dOM 28 FebbraiO 2016

FirenZe teatro ObiHall

rOMa

auditorium parco della Musica

onstage settembre

- ottobre

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Iran

ESSERE LIBERO Testo di TOMMASO CANETTA - Foto di IRENE FASSINI


IRAN

«Q

uesto dipinto lo ha fatto mio padre quando era in carcere a Evin, subito dopo la Rivoluzione. Come “tela” ha usato pezzi sovrapposti di carta igienica indurita. Era un funzionario del governo dello Scià ed è stato prigioniero per due anni», racconta Maryam indicando un piccolo quadro appeso alla parete di casa sua, nel quartiere ricco di Teheran. La sua famiglia è rimasta benestante, nonostante tutto, e il suo cognome ancora incute un certo rispetto. Lei non è un'attivista politica, non è guidata da una qualche ideologia, vorrebbe solamente una vita normale, come quella che le scorre davanti agli occhi nelle foto postate dagli amici 76 onstage settembre - ottobre

stranieri sui social network, quando il regime non li oscura. A Teheran e nelle grandi città di quella che un tempo era la Persia, accanto alle donne coperte integralmente dal chador nero, passeggiano su tacchi vertiginosi ragazze truccatissime, con uno sparuto fazzoletto variopinto a mo' di velo, borsette di marca e non di rado un naso accuratamente rifatto (l'Iran è lo Stato col maggior tasso di interventi di rinoplastica al mondo). Molte di loro frequentano, o hanno frequentato, l'Università. Lontano dagli occhi dello Stato censore, confessano di adorare la musica da discoteca – specie quella mediorientale, che mischia alle melodie della tradizione bassi rombanti ed effetti elettronici. Vogliono ballare, bere e divertirsi. I ragaz-

zi non sono meno insofferenti alle costrizioni della Repubblica Islamica, e anche tra i meno giovani non è raro trovare chi maledice i divieti imposti dagli Ayatollah. Alcuni dei più vecchi sono persino arrivati a rimpiangere lo Scià. «Reza Pahlavi era un dittatore, corrotto, brutale, che torturava e sperperava. Ma era comunque meglio di questi qua», dice sconsolato Darien, un azzimato signore sulla settantina che vende antiquariato nella splendida Esfahan, la perla dell’Iran o, citando un adagio persiano, “la metà del mondo”. Eppure, quando c'è un'occasione ufficiale per far festa – come una vittoria della nazionale di calcio, sport amatissimo qui come in Italia, o una ricorrenza religiosa, come il compleanno del Mahdi, l'Imam più sacro agli Sciiti – un


Nella prima pagina: Chai Bar sono uno tra i pochi luoghi di ritrovo per i giovani in Iran (Kerman). Da sinistra a destra: nelle campagne e nelle piccole città la maggior parte delle donne, sin dalla pubertà, si copre con il tipico chador nero (vicoli della città vecchia, Kashan); i cortili delle moschee sono un luogo di ritrovo per i giovani iraniani, non solo per quelli molto credenti (Masjid-e-Jāmeh, Yazd); il deserto è un luogo dove potersi svagare lontano dal controllo di occhi indiscreti: un ragazzo si diverte ad andare in moto (dune del Dasht-e Kavir).

po' tutti ne approfittano per alzare l'asticella dei comportamenti concessi in pubblico e, tra chi regala dolcetti e bibite allo zafferano, tanti giovani saltellano e ballano, e danno in generale sfogo a quella voglia di vita che normalmente devono tenere alla frusta. Non è solo nelle città che fermenta l'insofferenza. Piccoli segnali di ribellione si percepiscono anche nelle campagne, dove la popolazione è più conservatrice, le donne sono quasi tutte velate integralmente e le restrizioni imposte per legge sono meno sofferte perché più vicine ai costumi tradizionali. A Sanandaj, capitale del Kurdistan iraniano, spunta una maglietta di Che Guevara. A Zanjan, nel nord-ovest del Paese, un gruppo di ragazzi guarda il film Persepolis,

messo all'indice dal regime. Il cuoco di una miniera sperduta nel Lurestan mima “vietato far vedere i capelli”, “vietato ballare”, “vietato bere”, “vietato amoreggiare”, poi scuote la testa e decreta: «Ayatollah no good». Tanti vogliono parlare con gli occidentali, spiegare che gli iraniani non sono come li dipinge la propaganda (la nostra come la loro). Ti invitano nelle proprie case anche se non sanno granché di inglese, e sono sempre disposti ad aiutarti. Spesso propongono di andare in un Chai Bar, le sale da tè dove si fuma il narghilè, si mangiano grassi datteri e dolcetti speziati. Sono uno dei pochi luoghi pubblici di ritrovo, dove si possono vedere piccole compagnie di ragazzi e ragazze intorno a un tavolo. Qui spesso i giovani si radunano a di-

scutere. O a corteggiarsi. Motivo sufficiente a vietarli. Ci aveva anche provato l’ex presidente Mahmud Ahmadinejad. Senza effetto. Il regime però fa paura. Della passata dittatura dello Scià ha ereditato la brutalità dell'apparato repressivo. Dalla Savak, i famigerati servizi segreti che torturavano tanto i comunisti quanto gli estremisti religiosi, si è passati alla Vevak, che perseguita i nemici della Repubblica Islamica. Nell'impenetrabile carcere di Evin scompaiono oggi come allora persone non gradite al regime, delle quali non si sa nulla per mesi, a volte per anni. I processi vengono fatti in segreto, quando vengono fatti, e i diritti umani sono sistematicamente violati. Botte, trattamenti onstage settembre

- ottobre

77


IRAN

degradanti e stupri sono la cifra comune dei racconti che sussurrano a mezza bocca gli amici delle vittime della repressione. Dopo l'Onda Verde, la massiccia protesta seguita alla seconda elezione – ritenuta truccata dai manifestanti – del nazional-conservatore Ahmadinejad, moltissimi giovani che avevano partecipato al movimento sono finiti a Evin. Alcuni non ne sono più usciti. La teocrazia ha fatto vedere il suo volto più feroce. Chi manifestava all'estero – anche in Italia – veniva segnalato e schedato da infiltrati dei servizi segreti. E al ritorno in patria ne pagava il prezzo. 78 onstage settembre - ottobre

Ma nessun regime sopravvive di sola repressione. Durante il secondo mandato di Ahmadinejad gli scricchiolii si erano fatti sempre più sinistri per gli Ayatollah, con proteste e scioperi anche nei Bazar, tradizionale bacino di consenso per la Repubblica islamica. Nelle successive elezioni l'apparato di potere iraniano e la Guida suprema Khamenei – che ha il potere di ammettere o rigettare le candidature – hanno concesso una valvola di sfogo alla montante rabbia popolare: la possibilità di votare l'attuale presidente, il moderato Hassan Rouhani. La teocrazia sembra ora più stabile, meno brutale.

E il tacito compromesso con la parte più insofferente della popolazione sembra tornato valido: non mettete in discussione il sistema di potere e in cambio nel privato delle vostre case, entro certi limiti, avrete il vostro centimetro di libertà. L’appartamento di Maryam è un ritrovo per i suoi amici. È alta, magra, indossa jeans attillati, un top che lascia in vista la scollatura e i folti capelli neri cadono liberi sulle spalle. Agli amici seduti su un grande divano versa Arak, un forte liquore che sa di anice, da allungare con ghiaccio e acqua. «È prodotto clandestinamente», spiega, quasi a giustifi-


Da sinistra a destra (in senso orario): i bazar sono luoghi tradizionalmente conservatori, ma anche qui negli anni della presidenza di Mahmud Ahmadinejad aleggiava il malcontento (Esfahan); nella regione dell’Azerbaijan persiano la popolazione è molto aperta ed è frequente che inviti i turisti nella propria casa per un tè (villaggio di Baba Nazar); molti villaggi nacquero secoli fa come tappe lungo le vie del commercio e di conseguenza le case furono fortificate per evitare gli attacchi dei predoni (Toodeshk, regione di Esfahan); bambini giocano fuori casa, i loro genitori si sono rifugiati in Iran dall’Afghanistan dopo lo scoppio della guerra contro gli Usa nel 2001 (Kashan).

care il retrogusto di benzina. La musica da discoteca accompagna, a un volume tenuto sotto controllo, i discorsi in farsi stretto. Niente bar, club o pub: le case private sono in Iran gli unici luoghi di vero svago. Per la sala scorrazza un barboncino bianco, già due volte Maryam ha dovuto “riscattarlo” – a suon di tangenti – dalla polizia religiosa che lo voleva abbattere (per l'Islam il cane è un animale impuro, e non può vivere in casa con gli umani). La notte di Teheran scorre silenziosa fuori dai finestrini del taxi e l'autista, un signore pelato che ha passato la cinquantina, ricorda

quando in città c'erano ancora le discoteche. A richiesta alza il volume dell'autoradio, sorride nervoso e un po' eccitato. Accende una sigaretta e canticchia. Ci tiene, e come lui tantissimi altri, a far vedere che non ha rinunciato a qualche piccola sfida, a qualche sparuta rivendicazione di libertà. «Le cose prima o poi cambieranno», dice in un ottimo inglese Amir, che lavora in un negozio di cd musicali (taroccati) e che sta sparando i Metallica ad alto volume, suscitando qualche sguardo incuriosito tra i passanti. «Ci abbiamo messo duemilacinquecento anni a liberarci degli Scià, magari con la Repubbli-

ca Islamica faremo più in fretta», scherza a metà. Se le speranze che ha suscitato Rouhani – soprattutto in economia ma anche circa le libertà individuali – dovessero essere deluse, se a questa stagione di apertura verso il mondo dovesse seguirne una di regresso e chiusura, la Repubblica islamica si troverebbe nuovamente a dover fronteggiare il malcontento di un popolo gonfio di risentimento represso. Un popolo giovane, spesso colto, fiero della Storia millenaria della Persia, dinamico, che vuole crescere, ballare, andare in discoteca, truccarsi, viaggiare. In due parole, essere libero. l onstage settembre

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CAMMINA CHE TI PASSA Gli Psicoatleti non sono dei matti. O forse sì. In ogni caso, viaggiano a piedi percorrendo distanze lunghe e seguendo vie che in passato sono state battute da pellegrini, monaci, esploratori. Si riuniscono nella Società Nazionale di Psicoatletica, fondata dallo scrittore Enrico Brizzi. In attesa che esca il suo prossimo romanzo, il bolognese ci ha raccontato i come e i perché di questa passione e i benefici che ne derivano. Testo di LUCA GARAVINI- Foto di ENRICO BRIZZI

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hi è cresciuto negli anni Novanta deve molto a Enrico Brizzi. Bolognese, classe 1974, Brizzi è diventato famoso nel 1994 grazie a quel Jack Frusciante è uscito dal gruppo che – insieme al film che ne fu tratto – ha segnato una generazione, descrivendone debolezze e virtù. Enrico oggi ha quattro figlie e come

tutti (o quasi) cerca di far convivere le sue passioni con la sua vita quotidiana. Quando mi telefona, si scusa del leggero ritardo spiegandomi che aveva appena portato a scuola le creature. Sono la sua grande passione, insieme alla scrittura. E ai viaggi a piedi. A partire dal 2004, infatti, Enrico dedica i mesi primaverili a questo insolito modo di viaggiare, in solitaria o con gli amici raccolti

nella Società Nazionale di Psicoatletica. Siamo vicini alla pubblicazione del suo nuovo lavoro, un romanzo alla Jack Frusciante, che s’intitola Il matrimonio di mio Fratello e sarà in libreria ai primi di novembre, ma la nostra chiacchierata verte interamente sui viaggi a piedi, una passione che lo ha portato a piedi lungo la Via Francigena, da Canterbury a Roma, la Via dei Pellegrini,

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da Roma a Gerusalemme, solo per citare alcune delle camminate intraprese negli ultimi 10 anni. COME E QUANDO NASCE QUESTA PASSIONE?

A 20 anni ho fatto una scommessa con uno dei miei amici: «Perché non proviamo ad andare al mare a piedi da Bologna?». Il mare dei bolognesi è il mare Adriatico, quindi Rimini, Cervia e Milano Marittima, un viaggetto di un’ora in macchina se l’autostrada è libera che diventano 3 ore la domenica sera con la coda. Non avevamo la minima idea di quanto ci avremmo messo: il primo giorno eravamo ancora alle porte di Bologna, anche perché avevamo degli zaini enormi, un po’ come se fossimo nel Nebraska. Ci siamo resi conto subito che quello che è un normale viaggio, a piedi diventa un’avventura e può durare giorni. La velocità è comoda, però in realtà ti perdi tutto quello che c’è in mezzo: da quel momento ho pensato di dedicarmi a viaggi lenti. Mi sono reso conto che camminare poteva essere un modo non solo per fare le ferie ma anche diventare qualcosa di interessante da raccontare. Perché le storie sgorgano spontanee, senza bisogno di cercarle in alcun modo. E da allora è sempre stato così: ce ne sono di nuove a ogni viaggio, tanto che fare una selezione è difficile. C’È UNA STORIA IN QUESTI ANNI CHE TI HA

ASICS GEL FUJI ATTACK 4 Ultraleggera e comoda, questa scarpa è adatta per la corsa e le lunghe camminate. 119 Euro

COLPITO PIÙ DELLE ALTRE? L’aneddoto più stupefacente è entrato in un libro che racconta il mio viaggio di 12 settimane lungo la via Francigena, da Canterbury a Roma, per ripercorrere integralmente la strada dei pellegrini medievali. Io e tre miei amici ervamo in Svizzera quando abbiamo incontrato un tizio davanti a un monastero, il più antico d’Europa. Era un signore più anziano di noi, basso, inquartato e completamente ricoperto di tatuaggi religiosi, san-

«Un normale viaggio a piedi diventa un’avventura e può durare giorni. La velocità è comoda, però in realtà ti perdi tutto quello che c’è in mezzo»

tivo di liberarcene perché ne combinava di ogni in tutti i Paesi. Quando lo lasciavamo indietro, lui risbucava nella locanda che ci ospitava di lì a poco. È sempre riuscito a riprenderci. Siamo arrivati assieme al Gran San Bernardo. Abbiamo poi scoperto che era un ex hippie tedesco, che aveva avuto le sue esperienze devastanti con l’LSD negli anni Sessanta e Settanta e si era riconvertito in fanatico religioso. Questo tizio è diventato il protagonista di un mio romanzo, Il pellegrino dalle braccia d’inchiostro. NELLA TRILOGIA DEDICATA AI TUOI VIAGGI,

NESSUNO LO SAPRÀ (2005), IL PELLEGRINO DALLE BRACCIA D’INCHIOSTRO (2007) E GLI PSICOATLETI (2011), COMPAIONO DIVERSI INGREDIENTI CHE UTILIZZI NELLA PIANIFICAZIONE DI UN VIAGGIO: C’È LA STORIA, UN’IDEA DI ANDARE ALLA SCOPERTA DI QUALCOSA (DA GARIBALDI AI PARTIGIANI) E SICURAMENTE TANTO TANTO ROCK ‘N’ ROLL. C’È QUAL-

ti, madonne, croci, con la barba bianca e la camicia alla Neil Youg con le maniche tirate su. Appena ha visto che eravamo in quattro ci ha detto: «Beh, è Dio che vi ha mandato sulla mia strada. Voi che siete in quattro, così giovani, siete sicuramente la reincarnazione degli evangelisti. Avevo sognato che qualcuno mi scortasse in Italia, io non me la sarei sentita di attraversare le Alpi da solo. Per fortuna ci siete voi». Da lì è partita una settimana di gioco al rimpiattino nel tenta-

AERONAUTICA MILITARE Pantalone sei tasche con zip sul fondo che permettono di regolare la larghezza della gamba. 189 Euro

COS’ALTRO NELLA TUA RICETTA DI VIAGGIO?

Non manca niente. Partendo da un piccolo gruppo di amici, decisi di creare un club più ampio, gli Psicoatleti, persone che raccolgano il richiamo di questa attività per certi versi fuori dal tempo. Il trait d’union è la condivisione di un’esperienza, prima che di uno stile di vita inusuale, diverso rispetto agli escursionisti tradizionali. Abbiamo tutti più o meno tatuaggi che rappresentano i viaggi compiuti. I miei tatoo hanno a che

PYAAR means Love Collo in maglia tricot in morbidissima lana, color nocciola. 47 Euro

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fare con i nomi delle mie figlie o con i viaggi a piedi. Ci chiamiamo fra di noi Buoni Cugini perché era come si chiamavano i carbonari, che hanno lottato per la libertà dell’Italia. E in camminata portiamo i vessilli perché buona parte di noi a vent’anni portava le bandiere allo stadio. QUANTI CHILOMETRI HAI PERCORSO A PIEDI

Siamo intorno ai 15mila. Non c’è anno che io faccia meno di 2mila chilometri a piedi. NELLA TUA VITA?

SONO TANTISSIMI…

HAI MAI PROVATO A FARE UN VIAGGIO DI SOPRAVVIVENZA, ALLA BEAR GRYLLS PER INTEN-

Mi piacerebbe da un lato far esperienze estreme come attraversare l’Islanda a piedi o, come sognavo da piccolo, andare al Polo Nord. Ma è molto difficile incastare una cosa del genere con i miei impegni lavorativi e di padre. Chissà, forse se un giorno mi si presentasse un finanziatore... I viaggi lunghi presuppongono regolarità, il difficile è mantenere un ritmo standard per un arco di tempo lungo settimane. La cosa bella che vedo in questo genere di viaggia è che la gente ha la possibilità di riflettere sulla propria vita, cosa che vivendo in città è molto difficile che accada. Ho amici che si sono licenziati dal lavoro, altri che sono stati mollati dalla moglie… pazzesco. Le persone non hanno davvero freni quando sono libere. DERCI?

GUESS Pantaloni stile militare a vita bassa vestibilità slim. In cotone stretch con zip frontali. 119,90 Euro

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QUAL È L’OGGETTO FONDAMENTALE NELLO

Sicuramente non si può prescindere da una mappa e da una borraccia. Per preparare un viaggio serve il doppio del tempo prima in preparazione e logistica. Nulla deve essere lasciato al caso. I posti dove andrai a dormire devono essere già contattati, che sia una canonica o un bed and breakfast. L’unico medicinale che porto oggi è l’aspirina, mentre all’inizio avevo tutto, dalla pomata all’antinfiammatorio. ZAINO?

«Le persone non hanno freni quando sono libere e in questo genere di viaggi hanno la possibilità di riflettere sulla propria vita liberamente» Ci facciamo confezionare un pasto al sacco da chi ci ospita la sera, per il pranzo successivo. COL CIBO COME VI ARRANGIATE?

AVETE UN RITO ALLA FINE DI OGNI TAPPA?

Beviamo una birra alla sera, rigorosamente assieme. Assolutamente inevitabile: per riequilibrare il contenuto salino del corpo, non perché ci piaccia (ride, ndr).

Preferisco rinunciare a un beauty case rosso ma non a un paio di scarponi di cambio. MI PARE DI VEDERE DALLE FOTO SU FACEBOOK CHE SEI UNO DA PANTALONE CORTO, QUALSI-

Assolutamente sì, in questo i lupetti mi hanno segnato la vita (ride, ndr), come i film di guerra. ASI SIA IL CLIMA…

E SE FA FREDDO, OLIO CANFORATO E VIA.

Esatto. Una manna. COME TI DIFENDI DALLA PIOGGIA? PONCHO? GIACCA A VENTO?Il

poncho è scomodo, meglio la giacca antipioggia. C’È UN OGGETTO CHE VUOI PORTARE SEMPRE CON TE, A MO’ DI CABALA? Essendo una cabala non posso rivelarla interamente, ma ho sempre un piccolo oggetto per ognuna delle mie figlie (Enrico ne ha 4, ndr). SEI UNO DA PIÙ DA BASTONE PER I SELFIE O DA BASTONE PER CAMMINARE? Decisamente da bastone per camminare. Il mio mezzo privilegiato è la moleskine. FAI USO DI APP PER LA SALUTE, CREDI NELLA TECNOLOGIA COME AIUTO PER CAMMINARE?

Mentre ti parlo ho una distesa di 9 paia diverse di scarpe da cammino. Fortunatamente ci sono fornitori che mi regalano il materiale.

CONTANO MOLTO GLI SCARPONI?

REIKO Giubbotto stile aviatore, in pelle 100% ovina, con ampio collo in eco-pelliccia. 350 Euro

Il gps è l’unico strumento utile. Preferisco fare uso delle mappe cartacee come gli antichi, anche se non posso negare che ci siano app molto comode.

TIMBERLAND Stivaletto con elastici laterali e linguetta posteriore, ideale con jeans, gonna o shorts. 150 Euro


TUTTOBRIZZI Enrico

Brizzi,

bolognese

classe 1974, si è imposto sulla scena pubblica come narratore nel 1994 grazie al romanzo d’esordio Jack Frusciante è uscito dal gruppo, seguito da Bastogne e Tre ragazzi immaginari. Da allora la sua produzione letteraria ha spaziato da romanzi di ambito realistico alla fiction pura. I suoi titoli più recenti sono la raccolta di racconti In piedi sui pedali (Premio Bancarella Sport 2015) e il saggio narrativo Il meraviglioso giuoco, dedicato ai pionieri del calcio italiano. A partire dal 2004, Brizzi ha dedicato i mesi primaverili ai viaggi a piedi, in solitaria o con gli amici raccolti nella Società Nazionale di Psicoatletica. Gli itinerari più notevoli del suo

curriculum

compren-

dono la Via Francigena da Canterbury a Roma, la Via dei Pellegrini da Roma a Gerusalemme, e il viaggio celebrativo dell’Unità nazionale Italica 150, dalla Vetta d’Italia a Capo Passero. Fra gli altri cammini ideati e della Grande guerra; il Giro dell’Alta Italia attraverso i luoghi della lotta partigiana di Lombardia, Piemonte e Valle d’Aosta, e il Giro delle Capitali da Torino a Firenze e Roma. Da questi viaggi sono nati reportage, due film documentari (Italica150 e Alta Via dei Parchi) e una trilogia di romanzi: Nessuno lo saprà, Il pellegrino dalle braccia d’inchiostro e Gli Psicoatleti. MURPHY&NYE Il Signal Gilet è realizzato in rip-stop, tessuto che deriva da quelli utilizzati per le vele. 219 Euro

DC SHOES Felpa con cappuccio, zip e tasche frontali. Disponibile anche in altre varianti colore. 59 Euro

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WHAT’S NEW

LUCE E OMBRA Testo di MASSIMO LONGONI

NEGRAMARO La rivoluzione sta arrivando (Sugar)

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orire e rinascere. Cambiare per andare avanti. Rivoluzionare il proprio mondo grazie alle piccole cose. Sono temi forti quelli che stanno alle base de La rivoluzione sta arrivando, primo album di inediti dei Negramaro a cinque anni da Casa 69. Un lustro denso di avvenimenti e più significativo di quello che la semplice scansione temporale potrebbe dire. Perché in mezzo ci sono stati due tour negli stadi, i guai alle corde vocali di Giuliano Sangiorgi, con la conseguente operazione e il lungo periodo di riabilitazione, e la compilation Una storia semplice, che ha messo di fatto un punto ai primi dieci anni di carriera della band salentina. Uno di quei passaggi dove si fanno consuntivi in vista di una ripartenza, che può essere nel segno della continuità o della ricerca verso nuove strade sonore. All’apparenza La rivoluzione sta arrivando sembrerebbe dire che il gruppo ha scelto la prima opzione. Non ci sono fughe in avanti né stravolgimenti in un sound che è diventato ormai un marchio di fabbrica, in questo aiutato dall’inconfondibile voce di Sangiorgi, al quale bastano poche strofe per disegnare un mondo dai contorni molto

personali. In tal senso i due singoli apripista, Sei tu la mia città e Attenta, lanciati ad aprile e a inizio agosto, hanno messo da subito le cose in chiaro: il primo è una cavalcata tipica del sestetto, con una chitarra portante che deve molto agli U2 del periodo The Joshua Tree, il secondo un lento che non può non fare la felicità dei fedelissimi. C’è anche un però. Perché traslando la rivoluzione della quale si parla dal piano (in parte) politico a quello musicale, ci si può accorgere che una rivoluzione può anche essere morbida, fatta di piccoli aggiustamenti, ma non per questo meno profonda. E trovare così in questo lavoro dei sensibili scostamenti dai predecessori. Che non sono tanto nella title track o nella ballata Lo sai da qui, e nemmeno nella travolgente Danza un secondo, highlight del disco ma meno inattesi. Le novità si possono scorgere piuttosto in un brano come Il posto dei santi, vero snodo formale e sostanziale dell’album. Con il suo fiume di parole convulso della strofa, prima dell’apertura dell’inciso, ricorda strutture tipiche nella musica italiana degli anni Settanta e primi Ottanta, ormai perse da tempo. D’altro canto l’interesse di San-

giorgi e compagni per la tradizione della nostra canzone non è certo novità di oggi, da Modugno all’ultima cover dell’anno scorso, Un amore così grande, addirittura strappata al canzoniere di Claudio Villa. Il posto dei santi è importante anche per il rapporto che lega testo e musica. Un argomento duro, spesso difficile da affrontare nelle canzoni, come la morte, viene risolto con un andamento leggero che non stona e, anzi, offre un’altra chiave di lettura, quella della speranza e del modo di affrontare il dolore. Perché è dal dolore che questo disco è partito, quello di Sangiorgi per la morte del padre. Un evento tanto forte che la necessità di andare avanti e superare la perdita si legge in controluce in più di una traccia del disco. Morte e rinascita si ritrovano anche in Onde, mid-tempo perfettamente nelle corde del gruppo, con lievissimi inserti di elettronica. Nel complesso si tratta di un’importante e ispirata prova di maturità, nella quale il gruppo è stato capace di trasformare un grande vuoto sul piano personale in dodici brani tra i quali è difficile scorgere riempitivi o cadute di tono. La rivoluzione sta arrivando, i Negramaro sono tornati.

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MUSICA

AL MASSIMO LIVELLO Testo di GAETANO PETRONIO - Foto di RAHI-REZVANI

EDITORS In Dream (PIAS Recordings)

uando ti trovi di fronte a un ottimo disco non importa che tu conosca o no la band, che tu sia appassionato del genere o che le sonorità siano vicine al tuo mondo. Un ottimo lavoro è tale a prescindere da qualsiasi confine possa esserci tra te ed esso. E In Dream, quinto album degli inglesi Editors è esattamente questo: musica ai massimi livelli. Qualsiasi brano si ascolti si sente una profonda emotività intrisa di malinconia e disillusione. Il mixaggio di Alan Moulder non solo rispetta l’intenzione originale dei musicisti ma sembra riportarci anche quella sensazione di vicinanza all’arte e alla creatività che deve aver provato la band, nello studio di Crear, nelle Western Highlands, a 10 km da qualsiasi abitazione e raggiungibile solo attraverso una strada sterrata. Guardando l’Atlantico dall’estremo nord dell’Europa, la band inglese deve aver provato quel forte senso di distacco che sembra

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necessario per leggere gli avvenimenti che scuotono la vita e la condizione dell’uomo contemporaneo. È proprio quest’ottica, così presente tra le note, che rende In Dream molto più di un disco. Ogni suono passa attraverso questa lente. Il primo brano The Harm ricorda, attraverso le sue atmosfere, una sorta di immersione. I suoni e i colori delle note sono fortemente tinti di blu scuro. Ocean of Night sembra riaccendere la luce con il giro armonico proposto dal pianoforte a ritmo sostenuto. La voce, invece, è lontana e distante. Si procede con Forgiveness, con il suo incedere tra elettronica e rock, per poi arrivare allo stacco di Salvation, con un’introduzione di violini che si sviluppa su ritmo di basso effettato e batteria. Il brano cresce con l’introduzione del piano, che scandisce con forza le angolature armoniche, e si apre sul ritornello intavolato sulla stessa partitura di violini dell’introduzione.

Con un manto di tastiere che sovrasta una breve introduzione di batteria parte il ritmo incalzante del singolo Life is a Fear. Niente di più diretto, forte ed emotivo. La voce di Tom Smith spicca nella strofa e sul ritornello che sembra essere preso a piene mani dalle atmosfere dei migliori pezzi anni Ottanta. L’elettronica continua a pervadere questo disco in The Law, dove le tastiere diventano quasi glaciali e la voce di Rachel Goswell degli Slowdive (presente anche in Ocean of Night e At All Cost) si affianca a quella di Tom Smith. Our Love sembra essere l’interpretazione della band delle sonorità dance anni Ottanta attraverso il suo caleidoscopio di suoni, mentre All The Kings interrompe le incursioni danzerecce e ritorna su ritmi più vicini al mondo post-punk. At All Cost è l’opposto di The Harm. Ti porta alla luce e sembra descrivere una sorta di ascensione, prima della chiusura con lo spiazzante mid-tempo di Marching Orders.

Micro-reviews EL VY Return To The Moon (4AD) Uno dei progetti #indie più interessanti dell’anno: la voce e le parole di Matt Berninger (The National) e la musica di Brent Knopf (Ramona Falls) insieme per un album di undici piccole perle.

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DAVE GAHAN & SOULSAVERS Angels & Ghosts (Sony Music) C’è vita oltre ai Depeche Mode. Ottima prova solista per uno dei #frontman più iconici al mondo. Dave Gahan dimostra di avere tanto da dire anche senza Martin Gore (ma, tranquilli, è solo una parentesi).

KEITH RICHARDS Crosseyed Heart (Republic) Vent’anni dopo l’ultimo album solista, e pochi mesi prima del ritorno in studio con i Rolling Stones, il buon vecchio Keef ci ricorda cosa sia il #blues. La title track, in apertura, vale da sola tutto il disco.

KURT VILE b’lieve i’m goin’ down… (Matador Records) Uno dei migliori #cantautori in circolazione, alla sua sesta prova dimostra di essere in continua crescita e di ben meritare i complimenti di colleghi come KimGordon. Dodici tracce di leggera profondità.


BEIRUT Testo di PIETRO PRUNEDDU

No No No (4AD)

THE LIBERTINES Testo di LUCA GARAVINI

Anthems for Doomed Youth (Virgin EMI)

perse le tracce di Zach Codon, S iil erano ragazzino giramondo partito dal New Mexico, inventore della rinascita folk del nuovo millennio (insieme ai Fleet Foxes). Il suo progetto musicale, ribattezzato Beirut, aveva fatto innamorare mezzo mondo per quel mix unico di sonorità balcaniche, chanson française, ukulele ed elettro-pop. I primi due album, Gulag Orkestar (2006) e The Flying Club Cup (2007) lo catapultarono nel gotha dell'indie, accanto a gente come Bon Iver, The National e Arcade Fire. Ancora un bel disco, The Rip Tide (2011), poi il silenzio. Dopo quattro anni di attesa, arriva No No No. Copertina minimale, una foto di alberi in fiore con uno sfondo azzurro, e nove tracce per un totale di appena 29 minuti. Condon ha scelto di asciugare le ridondanze, in un disperato bisogno di intimità. I dolori del giovane Zach si erano accumulati uno sull'altro: il divorzio dalla moglie, un esaurimento nervoso, un ricovero in ospedale. «Ero completamente a pezzi e insicuro. Per la prima volta nella mia vita avevo toccato il fondo», ha spiegato il songwriter americano. Poi una nuova storia d'amore gli ha fatto

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u disco li si aspettava da un bel pezzo, i Libertines. Almeno da quando Pete Doherty nel 2003 entrò a casa di Carl Barât per rubare e, soprattutto, disfare una band di primo piano del panorama indipendente degli anni Zero. In molti, fan o meno, in Inghilterra e non solo, rimasero delusi, e senza di loro venne a mancare una delle realtà più interessanti di quella generazione. La storia recente racconta di reunion live (fra le quali Reading and Leeds Festival del 2010), fatte più per il cachet che per passione. Poi, circa un anno fa, la scintilla si riaccende fra Pete e Carl e, dopo un po’ di rehab di Doherty e tanto tempo assieme, i Libertines tornano alle scene musicali come un patrimonio dell’Umanità restaurato e pronto per essere di nuovo apprezzato. Forse la band finalmente mira al lieto fine, dopo anni di spazzatura e gossip. Fra i pericoli corsi per questo primo lavoro post reunion, quello principale era che i Libertines potessero fare il verso ai se stessi del 2004, con il rischio a 35 anni di trasfor-

ritrovare l'ispirazione. Dopo un viaggio in qualche modo purificatore in Turchia, nel quale ha ricominciato a scrivere e comporre, è tornato negli Stati Uniti. Il disco è stato registrato a New York lo scorso inverno, mentre fuori nevicava pesantemente. In studio con Condon c'erano il bassista Paul Collins e il batterista Nick Petree. I Beirut non sono più un one man show, ma una vera e propria band. E il cambio di rotta si sente. Gibraltar, allegro pezzo d'apertura, è una ventata di percussioni e piano che introduce la voce soul di Condon. Nella spensieratissima August Holland pare di sentire gli Spoon in chiave melodica. Le due ballate finali, Fener e So Allowed, sono l'emblema volutamente spoglio e scarno del disco. Questo quarto album dei Beirut è una piccola carezza. C'è meno baldoria, meno jam session improvvisata in qualche scantinato, meno colonna sonora di Kusturica. Malinconico ma speranzoso, debitore di felicità verso la nuova fidanzata. È il passaggio all'età adulta di Condon, diventato grande dopo aver perso l'amore e averne trovato un altro.

marsi nell’ombra avvizzita del gruppo che fu. Cosa che li avrebbe riconsegnati all’oblio e al passatismo dei fan più puristi. Niente di tutto questo, per fortuna. Sembra davvero che i Libertines del 2015 abbiano ripreso in mano la situazione dove l’avevano lasciata ai tempi di Don’t Look Back into the Sun, il loro momento migliore. Anthems for Doomed Youth è un album dal songwriting originale e con una tracklist dal giusto mix di ballate strappamutande e hit sciamboliche. Su tutte poi aleggia quella freschezza, tipica di Up the Backet, che ha convinto i critici a sceglierli nel 2002 come miglior band emergente di quegli anni. In particolare ci riconsegna l’accoppiata Pete/ Carl in splendida forma e carica di quell’energia che, a detta di molti, convinse un’intera generazione di ventenni inglesi a mettere in piedi una band. I Libertines sembrano avere tutte le carte in regola per recuperare il tantissimo tempo perso e rientrare nell’Olimpo della musica rock inglese.

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CINEMA

COME COSTRUIRE UN CAPOLAVORO Il Braintrust è il meccanismo chiave che governa il lavoro di Pixar. Ed è il segreto che sta alla base di Inside Out, il capolavoro definitivo di Pete Docter. Un viaggio nella mente di una ragazzina di 11 anni che ci insegna tante cose su noi stessi, sui nostri ricordi e sulle nostre emozioni. Testo di TOMMASO MAGRINI

INSIDE OUT di Pete Docter, Usa, 2015 – CAST: Gioia, Tristezza, Rabbia, Disgusto, Paura

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MICRO-REVIEWS

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rendete una tecnica perfetta e mischiatela con immagini accattivanti e personaggi emozionanti (è proprio il caso di dirlo). Applicate una ferrea metodologia di lavoro e spruzzate un pizzico di classicismo hollywoodiano. Aggiungete infine un po' di psicologia unita a tanta magia dal sapore disneyano e avrete come risultato Inside Out, il capolavoro definitivo della Pixar e uno dei film più belli degli ultimi cinque anni. Un film che non nasce certo per caso ma che è il risultato di un procedimento che riesce a essere insieme analitico e creativo. È uno dei meccanismi chiave alla base del lavoro in casa Pixar e si chiama Braintrust. Si tratta di un metodo fisso che viene applicato a tutte le creazioni della casa di produzione cinematografica d'animazione. Tutti gli autori si incontrano ogni mese e discutono apertamente di tutti i progetti in corso: senza filtri. I registi e gli sceneggiatori coinvolti vengono messi di fronte a problemi e opportunità e sono chiamati a elaborare una strategia risolutiva. Una sorta di test portato però avanti in maniera sistematica insieme a un'analisi, passo dopo passo, delle possibili reazioni degli spettatori di fronte a ogni singola scena. Il tutto con l'ausilio di un team di psicologi. Il Braintrust serve a trovare l'alchimia perfetta. Per esempio, gli sceneggiatori di Inside Out avevano elaborato 22 differenti emozioni. Il Braintrust aveva consigliato di scendere a otto. Insieme a Gioia, Tristezza, Disgusto, Paura e Rabbia avrebbero dovuto esserci anche Sorpresa, Orgoglio e Fiducia. Alla fine però si è deciso di tenere solo le prime cinque per rendere il film meno complicato. Lo stesso John Lasseter, geniale direttore creativo di Pixar e Disney, ha definito il Braintrust come «la struttura che sta alla base di tutto: i registi non sono obbligati a seguire i consigli e gli appunti, ma quantomeno devono ascoltarli. Il segreto è creare un ambiente collaborativo, sincero e diretto dove ognuno sa che può dire ciò che realmente pensa. Aveva ragione Steve Jobs: la buona riuscita di un prodotto, o di un film nel nostro caso, è la creatività condivisa sul posto di lavoro». Insomma, un immenso lavoro di squadra,

molto complesso e lungo nel tempo vista la costante ricerca della perfezione. Per dirne una, lo scenografo Ralph Eggleston ha lavorato per cinque anni e mezzo a Inside Out per trovare il modo più giusto di mettere in scena i vari personaggi mentre gli sceneggiatori si sono avvalsi di numerose consulenze scientifiche. Con un criterio di realizzazione così approfondito e attento alle emozioni, dei personaggi e degli spettatori, è quasi una diretta conseguenza fare un film che mette in scena il mondo interiore di un'adolescente. Un'intuizione ambiziosa, quella di rendere fisiche le voci del "di dentro", e riuscita in maniera straordinaria. Tutta la storia si svolge all'interno di Riley, una ragazzina di 11 anni che si trasferisce con la famiglia dal Minnesota a San Francisco. L'impatto con la grande città è difficile e dentro di lei si scatena un turbinio di emozioni: Joy, Sadness, Anger, Fear e Disgust. Ognuna di loro prende a turno la guida emotiva di Riley a seconda delle situazioni. «Ci siamo divertiti molto studiando Sigmund Freud e altri pensatori per cercare di saperne di più dell'essere umano», ha ammesso il regista Pete Docter che ha definito la filosofia di Inside Out «una versione pop di Carl Jung». L'incrocio tra un'idea geniale e un metodo di lavoro strutturato ha portato a un risultato senza precedenti: l'astratto diventa concreto ma lo fa con un profondo senso logico ed emotivo. La storia di Riley diventa così una parabola morale sull'importanza dei nostri sentimenti. I ricordi fondamentali vengono custoditi in sfere che generano la propria personalità, visualizzata in diverse "isole". Gli altri ricordi vengono ciclicamente "ripuliti" da un team di "spazzini mentali" e quindi dimenticati. Inside Out ci insegna che tutte le nostre emozioni sono importanti. Sarebbe un problema se fosse sempre e soltanto Gioia a guidare il timone del nostro mondo interiore. Tristezza è altrettanto necessaria e importante per crescere e per vivere. È quello che dovrà imparare la stessa Riley, in una storia personale che allo stesso tempo riesce a raggiungere un livello simbolico e universale. Un film, questo sì, che non si dimentica.

SOPRAVVISSUTO THE MARTIAN,

di Ridley Scott (Usa, 2015) Ridley Scott torna alla sua amata #fantascienza con la storia di un astronauta considerato morto e abbandonato dal suo equipaggio su Marte. Un po' Moon, un po' Gravity, molto Matt Damon.

BLACK MASS,

di Scott Cooper (Usa, 2015) Storia vera di Jimmy Bulger, il criminale più ricercato degli Usa. Raffinato anche se poco originale, l'interesse maggiore è per un canuto #JohnnyDepp con tanto di occhi azzurri.

LIFE,

di Anton Corbijn (Canada/Germania/Australia, 2015) Anni '50: un fotografo che ambisce alla copertina di Life tira avanti facendo il paparazzo. Quando conosce James Dean la sua vita cambia. Amara riflessione sulla #celebrità.

THE PROGRAM,

di Stephen Frears (Gran Bretagna, 2015) Il brillante regista britannico porta sullo schermo la storia di #LanceArmstrong e del suo grande imbroglio sportivo. Thriller spietato sull'ex eroe del ciclismo mondiale.

LO STAGISTA INASPETTATO,

di Nancy Meyers (Usa, 2015) A 70 anni suonati il pensionato Robert De Niro ricomincia da stagista. Lavorando per la fondatrice di un'agenzia di #moda saprà dimostrare di essere ancora utile a qualcosa.

THE WALK,

di Robert Zemeckis (Usa, 2015) Il regista di Ritorno al Futuro porta sul grande schermo la folle impresa di Philippe Petit, il #funambolo che camminò tra le Torri Gemelle su un filo d'acciaio sospeso nel vuoto.

CRIMSON PEAK, di Guillermo

Del Toro (Usa, 2015) Il regista #gothic per eccellenza rivisita in chiave moderna una classica storia di fantasmi: una giovane donna si inerpica in cima a una montagna alla ricerca di un amore perduto.

DHEEPAN,

di Jacques Audiard (Francia, 2015) La fuga di un uomo, una donna e una bambina dalla #guerracivile in Sri Lanka. Film violento e intenso, che si incrocia con l'attualità e la crisi dei migranti. Palma d’oro all'ultimo Festival di Cannes.

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SERIE TV

L’INVASIONE DEGLI ULTRAZOMBI The Walking Dead non lascia ma raddoppia. La sesta stagione della show è stato anticipata, primo caso nella storia, da uno spin-off/prequel. Amc continua a spremere gli zombi dalle uova d'oro, mentre il rapporto tra tv e fumetto si fa sempre più complesso. Quanto durerà il successo planetario? Testo di TOMMASO MAGRINI

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'antipasto è finito. Ora è tempo di arrivare alla portata principale. L'11 ottobre si alza il sipario sulla sesta stagione di The Walking Dead, la saga televisiva sugli zombi che ha battuto tutti i record di ascolti per le serie tv via cavo (basti citare i 15,7 milioni di spettatori per il finale della 4° stagione). Il successo è talmente globale che la Amc si è lanciata in un'impresa mai tentata prima: uno spin off parallelo. La consueta estate di attesa per gli appassionati dei nonmorti è stata meno lunga del solito, visto che da agosto sono state trasmesse le sei puntate di Fear The Walking Dead. Così, per la prima volta, un prequel è andato in onda mentre la serie principale è ancora in programmazione. Bizzarria che nasconde, in maniera nemmeno troppo celata, la volontà da parte di Amc di mettere a frutto il più possibile una storia, anzi un intero universo narrativo, che (almeno per ora) funziona. Una miniera d'oro per l'emittente via cavo ma anche per Robert Kirkman, il creatore del fumetto dal quale è tratto tutto l'ambaradan. In The Walking Dead la correlazione tra fumetto e tv è molto profonda. Gli autori della serie stanno replicando metodi e consuetudini del fumetto, dalla programmazione dilatata alla ferrea continuità narrativa. Questo anche grazie alla supervisione dello stesso Kirkman, che si è ritagliato il ruolo di produttore esecutivo per assicurarsi che la sua opera non venga stravolta. Le differenze con il comic (arrivato nel frattempo al 24esimo volume mentre gli episodi in tv sono arrivati a coprire il 13esimo) ci sono, ma ora si tenta

una nuova strada: l'ampliamento dell'universo narrativo originario, similmente a quanto accaduto con l'universo cinematografico Marvel (anche se in The Walking Dead di supereroi non c'è nemmeno l'ombra). Il prequel, che torna indietro nel momento esatto dell'esplosione dell'epidemia, non ha coinvolto nessuno degli attori principali. Sarà interessante capire se i personaggi introdotti nello spin off potranno fare il percorso inverso e trovare spazio sul fumetto, così come

accaduto in alcuni casi per la Casa delle Idee. La sesta stagione della “serie madre”, invece, riprende le fila delle avventure di Rick e del suo gruppo di sopravvissuti. C'è grande attesa per l'arrivo di Negan, nuovo arcinemico al confronto del quale il Governatore sembrerà un'educanda. L'antipasto è finito. E la portata principale, come sempre, se la prenderanno gli zombi. Bisogna capire quanto durerà ancora la loro (e la nostra) fame.

MICRO-REVIEWS

SHAMELESS 5° stagione in Italia dal 17 settembre (Premium Stories) Nuove avventure per la famiglia più #anticonvenzionale d'America. Fiona non sa con chi stare, mentre Lip si gode il college. E il vecchio Frank scopre l'amore. Chiaramente, con un tocco di #alcol.

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MINORITY REPORT 1° stagione negli Usa dal 21 settembre (Fox)

#PhilipKDick e Steven Spielberg al tempo delle serie tv. Dieci anni dopo gli eventi del film, il dipartimento precrimine è stato chiuso. Ma uno dei #precog è ancora tormentato da inquietanti visioni.#cometogether.

HOMELAND 5° stagione negli Usa dal 4 ottobre (Showtime)

Abbandonata la #Cia, Carrie Mathison, la spia più schizofrenica del piccolo schermo, lavora in privato in Germania. Spazio alla cronaca, con Putin, l'Is, Snowden e l'attentato a #CharlieHebdo

FARGO 2° stagione negli Usa dal 12 ottobre (Fx)

La serie ispirata al film dei fratelli #Coen torna indietro al 1979: cosa diavolo è successo a #SiouxFalls? La coppia Kirsten Dunst - Jesse Plemons sarà invischiata in una brutta storia di mafia.


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GAMES

METAL GEAR SOLID 5: THE PHANTOM PAIN Ultimo atto? Testo di MARCO RIGAMONTI

SVILUPPATORE:

Kojima Productions

/ GENERE: Action

/ Stealth

/

DISPONIBILE PER:

PS4 / PS3 / Xbox One / Xbox 360 / PC

T

ra aspettative elevatissime e qualche critica preventiva da parte della solida fanbase, ecco che piomba sulle nostre console l'ultimo (o almeno, così si dice) episodio di una delle serie più acclamate e longeve che la storia del gaming ricordi. Il primo Metal Gear apparve sugli scaffali dei negozi nel lontanissimo 1987, e il fatto che dopo quasi 30 anni si crei ancora un clima di attesa tanto trepidante spazza via ogni dubbio: la creatura di Hideo Kojima ha lasciato un segno indelebile nella storia dei videogiochi. In The Phantom Pain la mente geniale di Kojima si sbizzarrisce: sviluppa idee nate nei capitoli precedenti (come la struttura open-world inaugurata nel recente prologo Ground Zero o la mother base di Peacewalker), affina il sistema di combattimento (anche se sarebbe più corretto parlare di meccaniche di infiltrazione, visto che pur essendo possibile affrontare la maggioranza delle situazioni a viso aperto è caldamente consigliabile l'utilizzo di un approccio stealth e quando possibile non letale) e introduce qualche novità (la possibilità di chiamare i cosiddetti “Buddies” in aiuto nel corso delle missioni). L'ossessione per la strombazzata “true world experience” si concretizza al punto che è possibile decidere l'ordine delle missioni da compiere, e la stessa missione può essere affrontata in una miriade di modi diversi. Il bilanciamento tra fase manageriale e momenti dedicati all'azione è perfetto, e le scene d'intermezzo

sono gestite in maniera esemplare, riuscendo a tenere alti sia il ritmo che la tensione per tutta la durata dell'avventura. Tecnicamente siamo di fronte a un lavoro impressionante: dettagli curatissimi (soprattutto considerando la vastità delle aree esplorabili), animazioni impeccabili (con

una menzione particolare per le splendide espressioni facciali) ed effetti sonori da applausi (accompagnati da una colonna sonora azzeccatissima). Se davvero di addio si deve trattare, il minimo che merita questa serie è di andarsene con stile: obiettivo più che raggiunto. 4.5/5

MICRO-REVIEWS

FORZA MOTORSPORT 6

(Xbox One) L'esperienza di guida definitiva: il sesto tassello della saga Turn 10 è più completo che mai, e diventa un acquisto obbligatorio anche per chi non è appassionato di macchine. #xboxonekillerapp

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WASTELAND 2

((Xbox One / PS4 / PC / OS X / Linux) L'acclamato seguito del mitico survival/ Rpg del 1988 è ora disponibile anche per console di ultima generazione, con motore grafico potenziato e qualche gradita modifica nel gameplay. #postapocalisse

ZOMBIE VIKINGS

(PS4) Sviluppato da Zoink! in collaborazione con il bravo web-fumettista Zach Weiner, Zombie Vikings è un picchiaduro a scorrimento orizzontale eccentrico e divertentissimo – soprattutto in coop. #quattrocontrotutti

SUPER MARIO MAKER

(Wii-U) Cari ultra-trentenni, è giunto il momento di scatenare la fantasia: con Maker potrete disegnare i vostri personalissimi livelli, condividerli online e giocare quelli creati dagli altri utenti. #SuperMarioEditor


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TECH

UNA NUOVA EPOCA Il più celebre servizio di cinema e tv on demand da ottobre arriva finalmente in Italia e rende disponibile il proprio sterminato catalogo in tre diversi abbonamenti. Dal tempo dei “vecchi” Dvd fino alla produzione di film e serie acclamati in tutto il mondo: genesi di una rivoluzione. Testo di TOMMASO MAGRINI

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ra tutto cominciato con la spedizione di Dvd via posta e ora sta conquistando pc e tv in oltre 50 Paesi del mondo. L'ormai leggendaria epopea di Netflix sbarca anche in Italia, con il più celebre servizio di cinema e tv on demand finalmente disponibile anche da noi a partire dal mese di ottobre. L'azienda fondata da Reed Hastings e Marc Randolph ha una storia di successo che comincia nel 1997, quando offriva un abbonamento mensile che consentiva di tenere i dvd quanto si voleva senza limiti di tempo. Un successo enorme che portò Netflix in borsa nel giro di cinque anni. Poi l'intuizione ancor più geniale: smarcarsi dal supporto fisico e passare a un servizio di streaming online. Ulteriore e decisivo passo, la decisione di non accontentarsi della semplice distribuzione di contenuti prodotti da altri. Da qui la trasformazione in produttore televisivo di primissima grandezza, in grado di fare concorrenza ai principali network americani. «Perché oggi l'unico modo per controllare i diritti globali di un programma è produrlo in prima persona», ha spiegato Hastings. House of Cards e Orange Is the New Black hanno fatto da apripista a un palinsesto ormai sempre più ricco e di successo che va da Sense 8, la serie fantascientifica dei fratelli Wachowski, ad Aquarius, il thriller con David Duchovny, fino al recente

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e strategico mega accordo con la Marvel per portare sul piccolo schermo quattro show su supereroi minori (il primo, di qualità eccelsa, è stato quello su Daredevil). Non solo. L'ultima mossa di Netflix è stata quella di mettersi a produrre anche film ad alto budget. È il caso di Beasts of No Nation, diretto dall'acclamato regista della prima serie di True Detective, Cary Fukunaga, e recentemente in concorso alla Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia. Netflix è già disponibile da tempo, oltre che negli Usa, in tutto il Sudamerica e in Canada, Gran Bretagna, Francia, Germania, Australia, Giappone e vari altri Paesi tra i quali anche Cuba per un totale di più di 60 milioni di abbonati. Finalmente tocca anche all'Italia, che finora era stata esclusa dall'espansione del servizio on demand anche e soprattutto a causa della scarsa diffusione della banda larga. La banda minima richiesta per accedere ai contenuti è di 0,5 Mbps, anche se si raccomanda di averne una da almeno 1,5 mega per accedere alla qualità standard (SD). Per arrivare a ottenere l'alta definizione servono invece da 3 a 7 Mbps. Un lusso che non tutti in Italia possono permettersi, anche se si spera che lo sbarco di Netflix possa contribuire ad accelerare il processo di diffusione della banda larga. L'offerta è divisa in tre pacchetti, diversi tra loro per qualità dello streaming e numero

di accessi contemporanei alla piattaforma. Il pacchetto base garantisce qualità standard e un solo accesso al catalogo per volta e costa 7,99 euro al mese. Con due euro in più si può avere a disposizione il pacchetto intermedia con qualità Full HD e permette l'uso simultaneo del servizio a due utenti diversi. Per ottenere il pacchetto “élite” bisogna mettere sul piatto 11,99 euro al mese. La qualità dello streaming sale fino a 4K e si hanno a disposizione fino a quattro accessi contemporanei. L'offerta prevede infatti che i contenuti siano disponibili agli abbonati su qualunque dispositivo. Netflix sarà disponibile, oltre che online e su smartphone, anche su tutti i modelli di smart tv prodotti negli ultimi 18 mesi, sulle ultime console, su Apple Tv, Firestick, Chromecast e TIMvision. Un nuovo metodo di fruizione che ha rivoluzionato l'entertainment domestico: niente spot pubblicitari, possibilità di mettere in pausa, prodotti di qualità e stagioni di serie tv rilasciate tutte in una volta. Nel catalogo non ci saranno House of Cards e Orange is the New Black, già trasmesse in Italia da altre emittenti. Spazio però a tutte le altre produzioni originali, da Daredevil a Sense8, da Marco Polo all'acclamata Narcos. Ma l'elenco, tra serie tv e film, è davvero interminabile. Le possibilità e i metodi di visione sono innumerevoli. Nella speranza che la banda si allarghi un pochettino.


MAX PEZZALI TOUR 2015 SETTEMBRE 23 MORBEGNO Polo Fieristico (DATA ZERO) 25 ANCONA Palarossini 26 RIMINI 105 Stadium 29 MANTOVA Palabam

OTTOBRE 02 FIRENZE Mandela Forum 06 LIVORNO Modigliani Forum 08 ROMA Palalottomatica 13 PERUGIA Palaevangelisti 15 BARI Palaflorio 17 ACIREALE (CT) Palasport 20 EBOLI (SA) Palasele 22 BOLOGNA Unipol Arena 24 TORINO Pala Alpitour 27 GENOVA 105 Stadium 29 MODENA Palapanini 31 VERONA Palasport

NOVEMBRE 01 TRIESTE Palatrieste 06-07 MILANO Mediolanum Forum 09 MONTICHIARI (BS) Palageorge 12 CONEGLIANO (TV) Zoppas Arena 15 PADOVA Palafabris

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COMING SOON

Florence + The Machine

CALENDARIO CONCERTI

HOW BEAUTIFUL

NOVEMBRE/DICEMBRE

DAVE GAHAN & SOULSAVERS 04/11 MILANO

Testo di ALVISE LOSI

I

biglietti sono finiti in pochissimo tempo. E chi si è stupito forse non aveva preso in considerazione alcuni fattori: lei è una delle migliori frontwoman non solo degli ultimi anni, ma di sempre; la sua band la segue come se lei fosse una guida spirituale, e probabilmente lo è; il loro ultimo album How Big How Blue How Beautiful è un capolavoro, probabilmente il più bel disco del 2015. Stiamo ovviamente parlando di Florence + The Machine, che arrivano a Milano il prossimo 21 dicembre, per uno splendido regalo di Natale anticipato ai pochi fortunatissimi fan italiani che potranno presenziare all’unico concerto italiano di questa prima parte di tour. Non che 10mila persone siano poche, ma vista la risposta di pubblico è probabile che Florence Welch avrebbe potuto portarne almeno il doppio e forse anche il triplo. E i tanti fan rimasti a bocca asciutta potranno consolarsi sapendo che quel lunedì 21 dicembre tutta la Milano che conta si darà appuntamento al Mediolanum Forum di Assa-

go, ma che buona parte di quella Milano sarà costretta a restare comunque fuori, perché i biglietti sono davvero introvabili. Florence + The Machine arrivano da un’estate ricca di soddisfazioni, con partecipazioni da headliner nei più importanti festival di tutto il mondo, tra le quali, in particolare, è già diventata memorabile quella in patria a Glastonbury, dove hanno avuto l’onore di sostituire i Foo Fighters dopo l’infortunio alla gamba di Dave Grohl. E, invece di essere intimoriti da una responsabilità tanto grande, i Machine hanno supportato la loro rossa guida, quella Florence così piena di musica da preferire stare sul palco scalza. Ecco perché quello del 21 dicembre al Forum di Assago non sarà un semplice concerto, ma una performance artistica di musica ed emozioni. Lo show proporrà una scaletta con i successi della band dal primo album Lungs e dal secondo Ceremonials, ma ampio spazio sarà lasciato all’ultimo splendido disco contenente undici tracce tra le quali sarà difficile scegliere cosa escludere.

FOO FIGHTERS 13/11 BOLOGNA - 14/11 TORINO IMAGINE DRAGONS 23/11 MILANO JOVANOTTI 19/11 RIMINI - 20/11 RIMINI 22/11 LIVORNO - 24/11 LIVORNO 27/11 MILANO - 28/11 MILANO 30/11 MILANO - 02/12 TORINO 03/12 TORINO - 05/12 TORINO 12/12 MONTICHIARI (BS) 13/12 MONTICHIARI (BS) - 15/12 PESARO 18/12 CONEGLIANO VENETO (TV) 19/12 CONEGLIANO VENETO (TV) 21/12 BOLOGNA -22/12 BOLOGNA 27/12 ROMA - 28/12 ROMA- 30/12 ROMA MADONNA 19/11 TORINO - 21/11 TORINO 22/11 TORINO MARILYN MANSON 09/11 FIRENZE MAX PEZZALI 01/11 TRIESTE - 06/11 MILANO 07/11 MILANO - 09/11 MONTICHIARI (BS) 12/11 CONEGLIANO (TV) - 15/11 PADOVA MÖTLEY CRÜE 10/11 MILANO NEGRAMARO 06/11 FIRENZE - 10/11 BOLOGNA 12/11 PADOVA - 15/11 ANCONA 18/11 PERUGIA - 21/11 BARI 22/11 BARI - 26/11 ROMA 27/11 ROMA - 02/12 ACIREALE (CT) 05/12 EBOLI (SA) - 08/12 CASERTA 14/12 MILANO - 15/12 MILANO 18/12 TORINO - 22/12 MONTICHIARI (BS) SCORPIONS 09/11 ROMA - 10/11 MILANO 13/11 TRIESTE TIZIANO FERRO 13/11 TORINO - 16/11 MILANO 17/11 MILANO - 19/11 BOLOGNA 21/11 ROMA - 22/11 ROMA 24/11 EBOLI (SA) - 26/11 BARI 28/11 ACIREALE (CT) - 29/11 ACIREALE (CT) - 02/12 MONTICHIARI (BS) 03/12 MONTICHIARI (BS) 11/12 CONEGLIANO VENETO (TV) 12/12 CONEGLIANO VENETO (TV) 19/12 FIRENZE - 20/12 FIRENZE

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