75
novembre dicembre 2014
PAOLO NUTINI
La scommessa (vinta) del cantautore scozzese: conciliare le sue mille anime
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LADY GAGA LENNY KRAVITZ ED SHEERAN FABI SILVESTRI GAZZÈ
STROMAE
«Non mi esibisco solo per cantare le mie canzoni, ma per raccontare storie»
CESARE CREMONINI Sold out e pienoni in tutta Italia: la festa può finalmente cominciare
SUBSONICA Perdersi in un bosco e ritrovarsi sul palco: #InUnaForestaTour2014 come antidoto al disagio
EDITORIALE Daniele Salomone @DanieleSalomone
Una (lunghissima) sera con i Dream Theater. Michael Bublè, il grande show di un grande intrattenitore. Depeche Mode a Milano: Gahan vs Martin, a vincere è lo spettacolo. James Blunt, una popstar atipica è atterrata tra noi. Skunk Anansie, anche acustici l’anima è rock. Elisa, tre ore di spettacolo e grande energia. Un altro concerto impeccabile di Alessandra Amoroso. Franz Ferdinand, una scarica di energia per Milano. Le luci della centrale elettrica fa esplodere il pubblico di Milano. Afterhours, due ore di puro rock per celebrare Hai paura del buio?. Joan As Police Woman, l’eleganza al potere (nonostante il Fuorisalone). Piero Pelù straripante sul palco dell’Alcatraz. Robbie Williams, un divo d’altri tempi a Torino. Ben Harper acustico, classe cristallina e grandi emozioni. Ligabue, rock e sudore a Roma per la prima tappa del Mondovisione Tour Stadi 2014. Sole e balli a Rock In Idro, Gogol Bordello e Ska-P dominano la scena. Biagio Antonacci, grande festa (con ospiti illustri) a San Siro. Tori Amos, serata quasi perfetta tra poco presente e tanto passato. Uragano Iron Maiden: una band esagerata a Rock In Idro 2014.. Miley Cyrus, tanta voce e tanti “fuck”. Il caldo non ferma un ribelle, Billy Idol doma Postepay Rock in Roma. Linkin Park dominatori al City Sound. Eterno Ozzy, immortali Black Sabbath. Pearl Jam a San Siro, un nuovo bellissimo capitolo della storia del rock. Rolling Stones monumentali al Circo Massimo, attesa ripagata fino all’ultimo istante. Arcade Fire, show da primi della classe. Massive Attack, rock psichedelico più che trip hop. Aerosmith da leggenda a Milano. La rivincita di Vasco: è in grande forma e ha ancora voglia di stupire. Il solito (bellissimo) concerto dei Metallica. Stromae non è un bluff: fenomenale prima esibizione italiana per l’artista belga. Il ritorno degli Eagles, appuntamento con la storia al Lucca Summer Festival. Lunga vita a Elio e le Storie Tese. Lo stato sociale fa ballare una generazione. John Fogerty come Springsteen, strepitoso concerto sotto la pioggia. Il blues ruvido dei Black Keys scuote Roma. Caparezza al top, grande concerto a Milano. Negramaro all’Arena di Verona, un’altra lunga notte di amore. Damon Albarn solista convince anche dal vivo, e non dimentica le vite artistiche precedenti. MGMT live a Unaltrofestival: mix di tecnica, passione e stile. Emozioni e 3D in una serata memorabile: i Kraftwerk lasciano il segno. Grande, eterno Neil Young a Barolo: in concerto per la Terra e contro la guerra. La limited edition di Emma è una vera sorpresa. Gli Editors sono diventati una macchina da live. Bagno di folla per i Modà a San Siro, Kekko vince la sfida contro le critiche. Un po’ di ruggine non frena l’energia dei Bluvertigo. Addio o arrivederci? Nel dubbio Hydrogen Festival saluta calorosamente gli Scorpions. Pino Daniele, tre concerti in uno per celebrare Nero a metà. Emis Killa, tre generazioni scatenate all’ultima data del Mercurio Tour. I Blondie per la prima volta in Italia: la ruggine si sente, ma vince il mito. Un grande Pharrell a Milano: (anche) l’Italia celebra il nuovo Re del Pop. Disturbanti e alieni, esibizione magistrale degli Swans. Morrissey incanta il suo pubblico: amore e morte in un concerto di grande intensità. Il miglior tour della carriera solista di Francesco Renga. Bella sorpresa: il Damien Rice visto a Milano è un animale da palcoscenico.
S
ono i titoli di una parte delle recensioni pubblicate sul sito di Onstage da gennaio a ottobre (compreso) 2014. Ce ne sono tante altre e ce ne saranno di nuove entro la fine dell’anno. Al 31 dicembre avremo seguito qualcosa come 250 concerti in 12 mesi: nessuno è così vicino al cuore della musica come noi. Questo non è tirarsela: è dare un nome alle cose. E il nome che gli abbiamo dato è Onstage Awards. Dopo il successo dell’edizione passata 220.000 voti, “moderati” dalle preferenze della giuria, che
hanno premiato Jovanotti, Marco Mengoni, Cesare Cremonini e i Green Day - tornano gli “Oscar della musica live”. Più autorevoli, più prestigiosi, più trasversali. Ci stiamo lavorando da mesi perché è il nostro progetto. Ma è soprattutto il vostro, perché senza pubblico… Niente concerti. Lo sanno bene gli artisti e lo sappiamo benissimo anche noi. Stabilirete il meglio di quanto visto sui palchi durante il 2014. Si comincia ai primi di dicembre e all’inizio di marzo festeggeremo i vincitori. Con un grande evento. #OSA
onstage novembre - dicembre 09
INDICE
NOVEMBRE/DICEMBRE N°75
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LADY GAGA Il tour mondiale arriva in Italia per mostrare la doppia identità dell’artista. Chi vincerà tra Lady e Gaga?
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CESARE CREMONINI Il problema, ci ha spiegato Cesare, è riuscire ogni volta a superare le aspettative. Benvenuti al #LogicoTour.
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SUBSONICA Il disagio come stimolo per la rinascita, tramite un album (riuscito) e un tour innovativo. Intervista a Samuel.
style
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PAOLO NUTINI
STROMAE
DON’T LOOK BACK IN ANGER
Né pop né rock. Storia di un artista che non si accontenta mai e per questo continua a convincere.
L’importante per l'artista belga è comunicare con chi lo va a vedere. I segreti di Stromae (raccontati da lui).
Ritornare al passato per stare sempre con un passo nel futuro. La moda quest’anno arriva da molto lontano.
10 onstage novembre - dicembre
coccinelle.com
INDICE
FACE TO FACE
JUKEBOX
26
GABRIELE SALVATORES
19 20 22 23 24
ED SHEERAN LENNY KRAVITZ ST. VINCENT SLASH
WHAT’S NEW
65 68 70 72
28
16
CINEMA GAMES TECH
LA FAMIGLIA ADDAMS
CELEBRATION PAOLO CONTE
MUSICA
Like a Virgin
COMING SOON
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ALT-J
ONSTAGEWEB.COM CREMONINI E SUBSONICA: VI REGALIAMO I LIVE
©Francesco Prandoni
Il 2014 sta per finire, ma non finiscono i concerti. Onstage, che i live li segue tutto l’anno, è media partner delle due più importanti tournée italiane di novembre, il #LogicoTour di Cesare Cremonini e #InUnaForestaTour2014 dei Subsonica. Per essere sempre aggiornati sugli show del cantautore e della band, seguite Onstage sui social network. Foto e
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12 onstage novembre - dicembre
@ONSTAGEmagazine
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scalette dei concerti e video esclusivi saranno pubblicati tutti i giorni successivi all’esibizione. E siccome non ci sembrava abbastanza, abbiamo pensato a qualcosa di speciale: sul sito vi regaliamo gli accrediti per tutte le date dei due tour e anche la possibilità di incontrare i vostri idoli nel backstage prima di salire sul palco. Stay live!
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GLOW IN THE DARK BY
OSPITI NOV/DIC 2014
Alessio Pizzicannella
Chiara Mirelli
Benjamin Brolet
Già collaboratore della rivista NME, è dal 2004 fotografo ufficiale dei Negrita e ha lavorato anche con Ligabue, Francesco Renga e Cesare Cremonini. Lo scatto in copertina del bolognese è suo.
Fotografa specializzata nel settore musicale, classe ’76, Chiara lavora con le più note testate italiane, da Vanity Fair a Il Sole 24 Ore a D - La Repubblica. Le foto dei Subsonica, sia in copertina sia all’interno, sono sue.
Fotografo belga, a 29 anni collabora già con importanti testate di tutto il mondo, non solo in ambito musicale. Specializzato nei ritratti e nei reportage, ha scattato le foto di Stromae in questo numero.
Inez & Vinoodh
Francesco Prandoni
Stefano Verderi
Insieme professionalmente dal 1986, Inez Van Lamsweerde e Vinoodh Matadin sono tra i più apprezzati fotografi nel mondo della moda e dello spettacolo. Anche Lady Gaga è finita dietro alla loro lente.
Classe 1970, specializzato in spettacolo e musica, nella sua carriera ha potuto scattare fotografie ad alcuni dei più grandi artisti italiani e internazionali. Collabora con Onstage sin dal primo numero.
“The Wizard” è il chitarrista dei Santa Margaret (e delle Vibrazioni). Ha fondato la Basset Sound nel 2010 per produrre nuovi artisti. Ci parla di affascinanti suggestioni retrò, senza dimenticare il presente.
Registrazione al Tribunale di Milano n° 362 del 01/06/2007 Direttore responsabile Emanuele Vescovo Direttore editoriale Daniele Salomone d.salomone@onstageweb.com Art director Giulia Vidali g.vidali@onstageweb.com Redazione Alvise Losi (caporedattore) a.losi@onstageweb.com Jacopo Casati j.casati@onstageweb.com Laura Ritagliati l.ritagliati@onstageweb.com Francesca Vuotto f.vuotto@onstageweb.com
14 onstage novembre - dicembre
Hanno collaborato Guido Amari, Blueglue, Antonio Bracco, Luca Garrò, Stefano Gilardino, Massimo Longoni, Claudio Morsenchio, Gianni Olfeni, Francesco Riccardi, Marco Rigamonti, Simona Voglino.
Ufficio commerciale Raffaele Bellan r.bellan@onstageweb.com Mattia Cristoforetti m.cristoforetti@onstageweb.com Marta Grasso m.grasso@onstageweb.com
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Eventi e iniziative speciali Eileen Casieri e.casieri@onstageweb.com Luca Garavini l.garavini@onstageweb.com Mattia Sbriziolo m.sbriziolo@onstageweb.com
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30 anni fa
usciva Like A Virgin. Era il 6 novembre e quel singolo lanciava Madonna come nuova star mondiale dello showbiz. La canzone e l’omonimo album pubblicato pochi giorni dopo (e contenente altri successi come Material Girl e Angel) contribuirono in maniera cruciale a rendere quella che Mick Jagger aveva definito «una goccia di talento in un mare di ambizione» la nuova signora incontrastata del pop per i successivi decenni. La realtà è che, di fronte all’impatto 16 onstage novembre - dicembre
trasgressivo di quelle canzoni, tutte giocate sui doppi sensi, ciò che pensava Jagger fu dimenticato in un attimo, anche per merito dell’immagine che la signorina Ciccone seppe costruirsi. E che quel brano ancora oggi mantenga la forza originale grazie all’ostentato contrasto sesso/religione, lo dimostra la scelta di usarlo come singolo di lancio per il nuovo album di Suor Cristina (anche se lei ovviamente nega sia cosÏ). Like A Madonna. onstage novembre - dicembre 17
The Home of American Sportswear
Distribuito da: California Sports Tel 0119277943 californiasport.info
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JUKEBOX a cura di Alvise Losi
MISTER MOLTIPLICAZIONE DOPO AVER DURAMENTE LAVORATO PER COSTRUIRSI UNA FANBASE DI PRIMO LIVELLO, IL GIOVANE TALENTO INGLESE ED SHEERAN RISPETTA IL TITOLO DEL SUO ULTIMO ALBUM X E MOLTIPLICA LE DATE ITALIANE DEL SUO TOUR. ECCO PERCHÉ È UNO DEI NOMI PIÙ INTERESSANTI DELLA SCENA CANTAUTORALE BRITANNICA. di Stefano Gilardino
A
i tempi del suo esordio, intitolato con un altro segno matematico (+) nessuno aveva la sensazione di trovarsi davanti al veterano che oggi traspare da X, l’album che lo ha proiettato ai vertici delle classifiche internazionali. Eppure il giovanissimo Ed Sheeran, 23 anni, prima di fissare definitivamente le sue canzoni su disco, aveva in curriculum oltre 300 concerti, buona parte in pub e locali minuscoli. Chitarra, zaino e poco altro. Notti passate sui divani di tutto il Regno Unito. Un busker che, invece di suonare in metropolitana per qualche spicciolo, tentava una strada differente. E, poco alla volta, il numero degli spettatori paganti si è moltiplicato da qualche decina a parecchie centinaia, facendo drizzare le antenne a più di un discografico, fino al lieto fine che tutti conoscono: successo, nomination ai Brit Awards e concerti sold out. «Non mi piace parlare troppo del mio passato, mi ha formato come uomo, ma non voglio mitizzarlo», dice l’artista britannico. «Sono molto più felice ora che ho l’occasione di far sentire la mia musica a chiunque e posso permettermi una casa e qualche comodità». Non bastasse la lunga gavetta, fatta anche di alcuni dischi pubblicati in totale indipendenza («Credo di aver raggiunto il massimo come indie, non era davvero possibile fare di più. Sono arrivato alla firma con una major in una posizione di forza, con un certo successo alle spalle, e quindi ho potuto negoziare il meglio per la mia carriera»), è arrivato anche l’endorsement di Sir
Elton John, che lo ha chiamato al telefono per complimentarsi, con grande sorpresa dell’incredulo Ed. «Ovviamente ho pensato fosse uno scherzo: chi mai si potrebbe immaginare una telefonata di Elton John? Poi ci ha preso gusto e ogni tanto mi chiama per fare due chiacchiere. È bellissimo che una leggenda come lui trovi il tempo per ascoltare artisti esordienti». Complimenti di Elton a parte, è giusto ricordare come il grosso della fortuna di “Ginger Boy” Sheeran, come lo chiamano in terra britannica per via dei capelli rossi, derivi dal talento smisurato e dall’abilità con la quale pennella canzoni semplici ma efficaci, che prendono il meglio di folk, pop, persino r’n’b e hip hop, e lo mescolano con destrezza. Lo sanno bene gli amici One Direction, che a lui si sono affidati per tre pezzi, oppure Christina Perry, stellina d’oltremanica che ha duettato con Ed in un brano. Ma, soprattutto, ne sono consci i fan del chitarrista, che hanno eletto canzoni come Sing, il singolo tormentone, e Don’t, cronaca di una love story finita male, a brani simbolo. «Mi piacerebbe che Don’t fosse ricordata per le sue qualità - credo sia uno dei miei brani migliori in assoluto - e non per la storia che c'è dietro, anche se capisco bene che possa piacere
anche per quel motivo», commenta Ed. «Sing, invece, è diventata quasi un inno, anche in discoteca. Mi fa piacere ovviamente, ma se la mettono quando ci sono io, cerco di scappare, mi sento in imbarazzo». Appurato che il ruolo di rockstar non gli calza e che la collaborazione con Pharrell Williams contribuirà a renderlo
«Il mio passato mi ha formato come uomo, ma sono molto più felice ora, che posso far sentire la mia musica a chiunque e mi permetto una casa e qualche comodità» il Justin Timberlake del Regno Unito, resta la sensazione di aver comunque a che fare con un personaggio genuino. È il momento di scoprirlo anche dal vivo, grazie al suo X Tour che toccherà anche l’Italia tra pochissimo, in una data andata subito sold out all’Alcatraz il 20 novembre. E così anche in Italia Ed ha realizzato quello che gli riesce meglio (dopo scrivere e cantare): moltiplicare i concerti, con due nuovi show che andranno in scena nei palazzetti di Roma e Milano a fine gennaio. E ormai di esibizioni alle spalle il giovane Sheeran ne ha già ben più di mille. onstage novembre - dicembre 19
JUKEBOX
LENNY KRAVITZ TORNA IN ITALIA PER UN’UNICA DATA A MILANO, SOLD OUT GIÀ DA MESI. RITRATTO DI UNA ROCKSTAR CHE SEMBRA NON SUBIRE LO SCORRERE DEL TEMPO. di Luca Garrò - foto di Greg Shami
I
l Lenny Kravitz che tra pochi giorni tornerà in Italia per riempire il Forum d’Assago senza alcun affanno ha dismesso da tempo i panni della rockstar, ricoperti con successi alterni negli ultimi cinque lustri, per assumere definitivamente i connotati della figura mitologica pura. Fresco cinquantenne in grado di umiliare il novanta per cento della popolazione maschile compresa tra i 20 e i 35 anni, Kravitz non solo è riuscito a rinascere decine di volte dalle proprie ceneri proprio come la Fenice, forse l’animale mitologico per eccellenza, ma lo ha fatto senza mai doversi vendere a delle logiche che non fossero quelle dell’istinto puro. Dato per finito innumerevoli volte, il buon Lenny ha saputo costantemente contraddire chi ne celebrava frettolosamente i funerali, dimostrando che vincere consecutivamente il Grammy dal ’98 al 2001 come miglior artista maschile non poteva essere un semplice caso. Alzi la mano chi non lo aveva dato per bollito ai tempi di Baptism, pretenzioso, incoerente e senz’anima o chi conosce il titolo di un solo
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CALENDARIO CONCERTI
Il Peter Pan del rock
brano del più recente Black And White America: eppure, il successo di un brano trascinante come The Chamber ha come per magia spazzato via tutto quello che potevamo pensare sulla sua vena artistica ormai esaurita. Se la figura di Peter Pan e la patologia che ne ha preso il nome sono forse le prime cose a venire in mente quando guardiamo una sua foto, probabilmente la metafora migliore per descriverne l’animo e il percorso artistico è quella del Puer Aeternus, che Ovidio descrisse per primo nel celebre Le Metamorfosi e che in seguito Carl Gustav Jung utilizzò come uno dei primi esempi di archetipo, a rappresentare l'istinto incontrollabile, l'esser dominati da passione, eccentricità e stravaganza in contrapposizione allo scorrere immutato del tempo. Se consideriamo poi che, per lungo tempo, l’abuso di sostanze è stata una delle sue pratiche più riuscite, viene da pensare che tutte quelle visite a Neverland nel corso degli ultimi anni di vita di Michael Jackson non fossero legate a semplici motivi di lavoro.
nov/dic
Franco Battiato 01/11 Ancona 03/11 Milano 07/11 Torino 11/11 Roma
20/12 Torino 21/12 Milano
Michael Bublé 08/11 Bologna
Il Cile 11/12 Milano 13/12 Firenze 14/12 Roma
Paolo Conte 20/11 Parma 27/11 Milano 28/11 Milano 29/11 Milano 04/12 Roma 05/12 Roma 06/12 Roma Pino Daniele 11/12 Bari 13/12 Roma 16/12 Napoli 17/12 Napoli 22/12 Assago Elisa 02/12 Firenze 05/12 Bologna 09/12 Milano 12/12 Treviso 20/12 Roma Emma 08/11 Catania 10/11 Bari 11/11 Pescara 14/11 Roma 15/11 Caserta 18/11 Firenze 21/11 Rimini 24/11 Torino 25/11 Milano George Ezra 21/11 Milano 22/11 Firenze Peter Gabriel 20/11 Torino 21/11 Bologna Giorgia 14/12 Napoli 15/12 Roma 18/12 Padova
20 onstage novembre - dicembre
Billy Idol 23/11 Milano
Elton John 04/12 Milano Lacuna Coil 20/11 Bologna 21/11 Roncade (TV) 22/11 Roma 23/11 Trezzo sull’Adda (MI) John Legend 11/11 Roma 12/11 Padova Mannarino 08/11 Pistoia 11/11 Torino 17/11 Firenze 18/11 Bologna 20/11 Roma 30/11 Milano 06/12 Padova One Republic 17/11 Milano Cat Stevens 11/11 Milano Patti Smith 01/12 Bergamo 02/12 Parma 05/12 Udine 06/12 Vicenza 08/12 Pozzuoli 09/12 Napoli 10/12 Catanzaro Sharon Van Etten 06/12 Bologna 07/12 Roma 08/12 Milano
JUKEBOX
Un fascinoso mistero
IL SUO QUARTO E OMONIMO ALBUM È USCITO A INIZIO ANNO E FINALMENTE ARRIVA IN ITALIA DOPO UN LUNGO PERIODO ON THE ROAD ASSIEME AI BLACK KEYS. ANNIE CLARK, IN ARTE ST. VINCENT, È UNO DEGLI APPUNTAMENTI LIVE DI NOVEMBRE (IL 16 A ROMA E IL 17 A MILANO) DA NON PERDERE. di Stefano Gilardino
N
on bastassero quattro dischi prodigiosi e il fascino esercitato dalla sua figura, a St. Vincent va aggiunto un ingrediente di mistero che rende la ricetta ancora più gustosa. Lo ricorda anche un artista come David Byrne, con il quale la cantante ha avuto l’onore di condividere un album, Love This Giant del 2012, e un tour di successo. «Non posso certo dire di conoscere bene Annie, nonostante ci abbia passato parecchi mesi a stretto contatto. Il mistero è sempre una caratteristica interessante in un’artista di grande talento e lei lo ostenta con naturalezza e senza atteggiamenti snob». La stessa Clark minimizza («Ho il sospetto che tutti abbiano un lato oscuro, ma pochi ne parlino»), ma resta il fatto che St. Vincent - nome d’arte che arriva da una canzone di Nick Cave e si riferisce all’ospedale dove morì Dylan
Classic... Rocks!
I
22 onstage novembre - dicembre
HOT LIST I 10 BRANI PIÙ ASCOLTATI IN REDAZIONE DURANTE LA LAVORAZIONE DI QUESTO NUMERO FOO FIGHTERS SOMETHING FROM NOTHING (Sonic Highways, 2014)
I FENOMENALI 2CELLOS TORNANO IN ITALIA A DICEMBRE PER QUATTRO CONCERTI IN PUNTA DI ARCHETTO.
video caricati sul loro canale YouTube hanno totalizzato quasi 100 milioni di visualizzazioni. Uniscono una preparazione classica di alto livello alla passione smodata per il rock. Sir Elton John li ha recentemente definiti come «La cosa più emozionante vista dal vivo dai tempi del concerto londinese di Jimi Hendrix al Marquee Club negli anni Sessanta». Parliamo dei 2Cellos, rispettivamente Luka Šulic (classe 1987) e Stjepan Hauser (di un anno più giovane), duo sloveno-croato che sta rapidamente facendosi conoscere in tutto il mondo: tournèe sold out negli Stati Uniti, in Giappone e in Australia, partecipazioni importanti ai festival europei. E ora, a dicembre, i due giovani sono pronti a prendersi anche l’Italia. Cinque appuntamenti indoor (11 Padova, 12 Roma, 13 Bologna, 14 Milano e 15 Udine) per aumentare il proprio seguito anche nel no-
Thomas - è riuscita a intercettare in maniera sorprendente una fascia di pubblico che va dall’appassionato di musica indie al rocker incallito. Tutto merito di una miscela ben dosata di rock, jazz, sperimentazione e pop e di una personalità forte e bizzarra. «È molto più facile essere dei freak a New York che non in Texas, dove sono cresciuta», ha detto. «Là mi prendevano semplicemente per pazza e quindi mi ero creata un mondo privato di conseguenza. Quando sei giovane, avere una corazza forte è l’unico modo per formarti un’identità».
stro Paese. In scaletta non mancheranno strepitosi riadattamenti dei grandi classici di gruppi come Muse, Coldplay, Nirvana, U2, Guns N’ Roses ed AC/DC. Volete perderveli? J.C.
LUCIO DALLA L'ULTIMA LUNA (Lucio Dalla, 1979) THE LAST INTERNATIONALE WANTED MAN (We Will Reign, 2014) TIZIANO FERRO SENZA SCAPPARE MAI PIU' (TZN - The Best Of Tiziano Ferro, 2014) PLACEBO A MILLION LITTLE PIECES (Loud Like Love, 2013) ED SHEERAN DON’T (X, 2014) YUSUF / CAT STEVENS DYING TO LIVE (Tell 'em I'm Gone, 2014) GIORGIO GABER IL CONFORMISTA (La mia generazione ha perso, 2001) YOU+ME YOU AND ME (rose ave., 2014) RYAN ADAMS GIMME SOMETHING GOOD (Ryan Adams, 2014)
Fuoco e fiamme SLASH È PRONTO A TORNARE DAL VIVO IN ITALIA: DOPO UN DISCO DI SPESSORE, L’ATTESA È TUTTA PER IL TOUR. E L’EX GUNS N’ ROSES NON È SOLO, CON LUI CI SONO UN CERTO MYLES KENNEDY E UNA SIGNORA BAND. di Jacopo Casati
Q
uesto non è un Paese per rockettari. Così dicono. Eppure quando arrivano artisti e band che hanno fatto la storia della musica pesante, le masse si mobilitano anche in Italia. World On Fire, nuovo disco di inediti di Slash featuring Myles Kennedy & The Conspirators è entrato al terzo posto della hit parade nazionale. Un bel biglietto da visita per le due date che il gruppo terrà il 16 novembre al PalaAlpitour di Torino e il 17 novembre al Mandela Forum di Firenze. «L’idea era di spaccare tutto», racconta Slash presentando alla stampa l’ultimo album, «volevamo fare un lavoro molto rock che permettesse a chiunque di capire quanto amiamo suonare questa musica, tutta la passione che ci mettiamo nel comporla e l’energia che trasmette a noi stessi e, ovviamente, a chi l’ascolta. Credo che l’obiettivo sia stato centrato in pieno». Una nuova band per l’ex Guns N’ Roses. Un percorso che, molto probabilmente, nemmeno Slash stesso credeva potesse diventare così elettrizzante e coinvolgente: «Abbiamo suonato insieme per la prima volta nel 2010, all’epoca sapevo a malapena chi erano i miei compagni. Si è creata da subito un’intesa perfetta, mi sono reso conto in breve tempo che Myles Kennedy (voce), Todd Kerns (basso) e Brent Fitz (batteria) erano i migliori musicisti che potessi sperare d’incontrare in quel determinato periodo. Non voglio fare paragoni col passato o con altre band nelle quali ho militato, sono contento e fiero di lavorare con loro adesso. È anche per questo che il disco suona così compatto, è il prodotto della mente di quattro artisti, parlare di progetto solista è oramai qualcosa di obsoleto». Ed è effettivamente difficile parlare di one man band mentre si analizza l’evoluzione della terza vita di Saul Hudson (vero nome del celebre chitarrista, ndr). Dopo la fama e gli eccessi degli Ottanta e della prima metà dei Novanta coi Gn’R, Slash si reinventa solista con Snakepit e Velvet Revolver, ma è solo recentemente che la tuba più famosa del rock and roll riesce a riconquistare le prime pagine,
ritornando a suonare dal vivo nei grandi palazzetti delle maggiori città europee. Il suo stile chitarristico viene attualizzato nell’ultimo lustro da massicce dosi di melodia inserite tra i classici riff portanti dal volume smodato. Il tutto inquadrato in una produzione moderna, che ricorda da vicino le coordinate tipiche degli Alter Bridge, band principale del cantante Myles Kennedy. Se gli ascoltatori più maturi potrebbero non apprezzare del tutto questo percorso, schiere di giovani si sono avvicinati all’oramai leggendario axeman proprio grazie a queste scelte: «Siamo un gruppo a tutti gli effetti, Myles scrive i testi e io mi occupo della musica, oltre a rappresentare la band nelle occasioni promozionali. Ognuno
di noi quattro cerca di fare il massimo per ottenere un risultato comune, lavoriamo insieme condividendo la nostra visione per migliorare la qualità della musica, che è l’unica cosa che conta davvero». Normale quindi che sul palco i Nostri si trovino davvero bene: «Sono un live performer, ogni mia canzone può essere suonata dal vivo. La dimensione live è l’habitat naturale per tutti noi, non vediamo l’ora di rivedere tutti i nostri fan e suonare i nuovi pezzi, oltre ovviamente ai grandi classici». Classici come Welcome To The Jungle, Sweet Child O’ Mine e Paradise City. Tracce che, oltre all’arsenale bellico di World On Fire, garantiscono almeno due ore di spettacolo intenso e coinvolgente. onstage novembre - dicembre 23
JUKEBOX
Una famiglia senza storie tese
ELIO E GEPPI CUCCIARI SONO I PROTAGONISTI DE LA FAMIGLIA ADDAMS, MUSICAL ISPIRATO ALLO STORICO TELEFILM, MA CON MOLTE DIFFERENZE. PER SCOPRIRE CHE L’ANTICONFORMISMO È TUTTO TRANNE TRASGRESSIONE. di Simona Voglino Levy - foto di Robert Shami
G
enitori, complici e innamorati. Se vi stavate domandando che fine avessero fatto Elio e Geppi Cucciari, eccovi la risposta. E no, non è l’ultimo improbabile gossip che riempie le pagine dei rotocalchi. Ma la realtà che ha voluto mandare in scena Giorgio Gallione, regista del nuovo musical La Famiglia Addams (dal 17 ottobre in giro per i teatri italiani). Perché scegliere proprio loro come protagonisti? «Perché sono così bizzarri e anticonformisti i personaggi “originali” che non potevano che essere interpretati da due che hanno fatto dell’anticonformismo il proprio tratto distintivo», risponde Gallione. Non fa una piega. Ed eccoli dunque, Geppi ed Elio: sexy Morticia nostrana tutta di latex e Swarovski vestita lei (ma c’è lo zampino dello stilista Antonio Marras), promettente Gomez di noialtri lui. Ispirato al grande spettacolo di Broadway del 2009 (meno al film e ai telefilm), il nostro non ha nessuna pretesa di confronto. Nonostante l’autoironico motto «siamo più bravi noi ad Assago che a Broadway: non
24 onstage novembre - dicembre
vogliamo metterci a confronto, ma soltanto fare il nostro», dicono. Entusiasmo alla mano, si sono preparati con professionalità e dedizione a questo proscenio: «È una grande avventura come piace a me, al termine della quale penso vinceremo», ha spiegato Elio. «Ho sempre sognato di salire su un palco per cantare e ballare, il musical era il mio sogno», ha raccontato Geppi. «E poi io adoro Morticia perché dice sempre la verità e si illude che nel matrimonio non ci siano segreti. La ammiro molto per questo», ironizza. E sarà proprio un segreto (svelato da Mercoledì al padre Gomez e da lui custodito), la scintilla che accenderà questa commedia musicale degli equivoci. A suon di ambiguità e sospetti emergerà che «questi Addams non sono poi tanto trasgressivi, ma più dei puritani a stelle e strisce con un forte senso della famiglia», ha spiegato il regista. Anche se «si vedranno cose audaci», promette Geppi. Forse proprio partire dal tango che lei ed Elio hanno imparato a ballare per l’occasione.
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RETROMANIE di Stefano Verderi
NON È DA TUTTI E sce un nuovo disco dei Pink Floyd, anticipato da un singolo che sta già circolando da qualche settimana. Rifletto non tanto sull’efficacia delle reunion, anche se in questo caso ci sono solo due membri su quattro degli originali, ma su una delle paure peggiori di artisti e musicisti: perdere la propria creatività e/o smettere di suonare. Fa un certo effetto pensare che un gruppo come gli inglesi, che è sempre stato all’avanguardia nelle sonorità, nella sperimentazione e nelle idee, possa non raggiungere più certi livelli, ma il punto è un altro: a chi non dispiace smettere di fare il proprio lavoro, soprattutto se c’è di mezzo della passione? Per questo chi può non farlo, come un musicista, non lo fa. Non credo che nel caso dei Pink Floyd ci siano di mezzo la smania del successo o il desiderio di guadagnare di più: gli inglesi sono e saranno sempre un’icona della musica e problemi di soldi non hanno e non ne avranno. È il desiderio di dimostrare al mondo (e a se stessi) che sanno ancora creare qualcosa, che sono ancora bravi a fare ciò per cui sono diventati famosi, a muoverli. L’importante è andare avanti, anche rischiando di ripetersi o, peggio, diventare la brutta copia di se stessi. Non è da tutti. Mi provoca ribrezzo chi prosegue una carriera che non ha più nulla da dire solo per soldi o per soddisfare il proprio ego attraverso il successo (da tabloid). Ammiro invece chi decide di ritirarsi a vita privata, perchè pensa di aver già dato abbastanza al suo pubblico, e non vorrebbe deluderlo. In Italia lo ha fatto Lucio Battisti, che ahinoi ha portato avanti questa scelta fino in fondo. Anche John Lennon, ad un certo punto della sua carriera solista smise di suonare, o meglio di fare dischi, per cinque lunghi anni e si dedicò solo alla sua famiglia. Poi decise di riprendere, ma qualcuno, purtroppo, poco dopo gli impedì di farlo. Oggi mi piacerebbe molto ascoltare un nuovo album di Lennon e di Battisti. E venga un nuovo lavoro dei Pink Floyd, anche se poco originale.
FACE TO FACE
GABRIELE
SALVATORES Il più versatile tra i registi italiani continua a esplorare nuovi territori con Il ragazzo invisibile (prodotto da Indigo e distribuito da 01), al cinema dal 18 dicembre. Non solo, scopre anche talenti musicali. di Antonio Bracco foto di Loris Zambelli
L
a tua filmografia attraversa molti generi cinematografici diversi, ma con questo film metti a segno una nuova prima volta: il giovane protagonista, interpretato da Ludovico Girardello, ha un superpotere. Perché hai scelto l’invisibilità? Tra i vari superpoteri è quello più psicologico. Non voli, non spacchi i muri, non hai la vista perforante. Puoi soltanto scomparire. Credo che qualsiasi adolescente abbia desiderato averla, almeno io ricordo così. Ci sono varie
letture in questo senso: c’è chi non riesce a farsi vedere, chi non è visto dal mondo circostante e chi invece vuole scomparire. La storia è raccontata secondo gli schemi di un film di supereroi, però ha un’attenzione particolare all’aspetto psicologico. È un film particolare per l’Italia, contiene parecchie cose inedite, dalla storia ai protagonisti, che non avevano mai recitato e sono debuttanti assoluti. L’invisibilità, peraltro, è in netto contrasto con l’attuale mondo dei social network, dove esserci e apparire è fondamentale. Nel film c’è anche questo aspetto. Il potere che il ragazzo scopre di avere è per lui una maledizione. Poi si rende conto che, come per tutte le cose, bisogna saperlo usare per sfruttarlo a proprio vantaggio. Piacciono (quasi) tutti e piacciono (quasi) a tutti. Qual è la tua opinione sui film di supereroi? Che adesso sono un po’ troppi, forse. Nessuno si aspettava un successo così grande quando sono usciti i primi, un successo tale da aver dato vita a un nuovo genere, come il western o il thriller. Io credo che questa cosa del supereroe, di un personaggio che scopre di avere un potere particolare, esista da sempre nell’uomo. Il primo romanzo fantasy dove ci sono supereroi è l’Odissea. Il bello è che puoi
raccontare da una parte la vita di tutti i giorni, dall’altra parte una dimensione fantastica. Se non ti concentri soltanto sugli effetti speciali e sull’aspetto più fracassone, come peraltro molti fanno, il pozzo al quale attingere è profondo. C’è stato un concorso legato a Il ragazzo invisibile per trovare e inserire nella colonna sonora del film una canzone inedita. Perché questa iniziativa? Proprio perché, a parte la bellissima canzone Absolute Beginners di David Bowie che era anche in Educazione Siberiana, sono sempre stato attratto dai debuttanti. Non solo attori, anche musicisti come in questo caso. Ho sempre pensato che in Italia ci fossero molti talenti inespressi anche a livello musicale, e quindi, parlando di invisibilità, ho voluto provare a rendere un po’ più visibili, o meglio più ascoltabili, alcune persone che non hanno modo di farsi sentire, ma che hanno talento. Allora l’idea di fare questo contest, dando come indicazione soltanto il titolo e qualche suggestione con alcune immagini, è venuta automaticamente.
«In Italia ci sono molti talenti inespressi a livello musicale: ho voluto provare a rendere più visibili alcune persone che non hanno modo di farsi sentire» La partecipazione è stata consistente. Hai ricevuto più di 400 brani. E con un livello creativo molto alto. Così alto che invece di scegliere una canzone, come avevamo previsto, ne abbiamo selezionate cinque, due delle quali si sentono attraverso una radio o delle cuffie. Sono brani creati da musicisti sotto i 25 anni che non hanno alle spalle alcuna etichetta discografica. Per loro è una buona occasione per farsi sentire non solo in Italia, visto che il film sarà distribuito anche all’estero. Tu hai mai desiderato possedere il dono dell’invisibilità? Ho provato tante volte il desiderio di scomparire, in momenti più pubblici che privati, devo dire. Crescendo e passando gli anni, riesci a governare la tua vita un po’ di più, anche se in certe situazioni pubbliche sarebbe davvero meglio sparire come il ragazzo del film.
FACE TO FACE
paolo conte Il grande cantautore piemontese è tornato con un nuovo album. Ma, ci ha assicurato, nel tour ci saranno anche molte vecchie canzoni. di Francesco Riccardi foto di Dino Buffagni
«M
oderno e attuale sono termini molto diversi. Io appartengo al moderno». Da quarant'anni Paolo Conte offre canzoni così: moderne ma inattuali. E ironiche, come suonano molte dell'ultimo album Snob, che ha presentato tra le barriques delle Cantine Braida, in provincia di Asti, vicino alle campagne dove abita. Perché “Snob”? È una parola che il pubblico all'estero può capire. Ma non mi considero tale. Sono tre i
tipi di persone non ordinarie: lo snob, l'intellettuale, il dandy. Si somigliano, ma scelgo il dandy. È più puro, conosce la bellezza in profondità. Lo snob è raffinato ma superficiale. Cosa ci aspetta nel nuovo tour? Recupererò tante canzoni molto vecchie. Farle rivivere mi sembra un bel gesto. Delle nuove, che in studio hanno usufruito di molti strumenti, ne suonerò pochissime. Il pubblico le deve far decantare per poi riassaporarle. Per quanto riguarda lo stile che proporrò, invece, il mio preferito resta il jazz anni Venti, ma potrei dire anche i Dieci come i Quaranta. Come si è riaccesa la scintilla creativa? Con la voglia di scrivere, di metterci un po' di fantasia. Comporre è il momento migliore. Si sogna, si sta in aria. Sensazioni astratte che mi fanno star bene. Di nuovo ambientazioni di provincia... La provincia stimola delle fantasie perché è più leggibile, più sagomata nei paesaggi e nei personaggi. Posso cercare di trarne degli insegnamenti, ma non ho mai voluto esserne considerato il cantore. Mi va bene definirmi cittadino del mondo. ...e come al solito, non mancano scenari esotici: Africa, Sud America. È la voglia d'altrove, l'ailleurs, tipica dei novecentisti. Narravano storie quotidiane, ma proiettate in un altro mondo, più colorato e tea-
trale. Ho utilizzato questa tecnica per pudore. E mi riesce difficile non servirmene ancora. Un altrove lontano nello spazio, ma anche nel tempo. Non le piace il presente? Tutto è peggiorato. E l'arte rispecchia quel che c'è intorno. Non sono ottimista per il futuro. Ci vorrebbe una personalità così forte da spazzar via ogni manierismo... In musica sono decaduti pilastri come l'armonia e così crollano le melodie. C'è un bel ritmo, ma è fine a se stesso. Non sento più fascino. Ha nostalgia del passato? I cantautori storici erano persone molto colte. Erano legati a istanze politiche e sociali, quindi diversi da me che venivo dalla musica di consumo. Ma eravamo amici, mi hanno offerto una bel po' dell'entusiasmo del loro pubblico. All'epoca si doveva essere alternativi e io lo ero, con la mia maniera brutale di comporre e cantare. Oggi c'è debolezza letteraria. Sento gente che riesce a scrivere solo improvvisandosi un mestiere...
«Tutto è peggiorato. E l'arte rispecchia quel che c'è intorno. Non sono ottimista per il futuro. Ci vorrebbe una personalità così forte da spazzar via ogni manierismo...»
Non c'è nessuno con il quale collaborerebbe? Per esempio Stefano Bollani, peraltro autore di una sua imitazione? Molto bravo. Ma ho un carattere solitario, non sono capace di collaborare con nessuno. Mi piace sbagliare da solo. Qual è stato il momento più esaltante della sua carriera? La mia prima volta all'estero. Tre serate a Parigi, al Théâtre de la Ville tutto esaurito. Il tassista che mi accompagnò a teatro mi riconobbe! Fuori, una signora polacca cercava biglietti. Con Renzo Fantini, il mio produttore, la facemmo entrare. Divenne subito la presidente del Paolo Conte fan club, regolarmente registrato a Parigi. Come passa le sue giornate? Non mi piace far vita sociale. Ogni tanto gioco a tennis, malissimo. La sera la passo spesso con il canale di Sky dedicato alla musica classica. Poi c'è sempre la Settimana Enigmistica a farmi compagnia, soprattutto con i rebus e la crittografia. E d'estate, all'aperto, la pittura. Se ritorna il segno giusto...
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STORIE
Fabi Silvestri Gazzè
Adesso e mai più Sono amici da vent’anni, ma non avevano mai lavorato tutti e tre insieme. Dopo un viaggio in Sud Sudan, Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè si sono messi a scrivere una canzone insieme. Alla fine di brani ne sono nati undici, tutti inclusi nell’album Il padrone della festa. Che ora portano in tour insieme. Per un ciclo di concerti «mai più riproducibili». L’unica possibilità per vederli tutti e tre sullo stesso palco. di Alvise Losi - foto di Simone Cecchetti
3x14. Il trio Fabi Silvestri Gazzè sarà in tour nei palazzetti italiani a novembre e dicembre per 14 concerti: Rimini (14 novembre), Pescara (15), Roma (18 e 19), Modena (21), Padova (22), Milano (24), Perugia (27), Napoli (28), Bari (29), Firenze (3 dicembre), Torino (5), Catanzaro (12), Acireale (13). I tre saranno accompagnati sul palco da Roberto Angelini, Dedo, Piero Monterisi, Gianluca Misiti, Adriano Viterbini, Josè Ramon Caraballo Armas.
30 onstage novembre - dicembre
P
rogetto. È un termine che non si usa più tanto nella musica (e nel mondo in generale). Ma è la parola con la quale Niccolò Fabi, Daniele Silvestri e Max Gazzè hanno voluto definire Il padrone della festa. Non un’operazione. Perché c’è un senso di appartenenza nel nuovo album dei tre cantautori romani che sarebbe stato sbagliato definire altrimenti. Ed è forse proprio dalla parola «progetto» che si può partire per descrivere quello che hanno fatto questi compagni di viaggio.
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Tutto ha inizio dal Sud Sudan, dove i tre sono andati (come amici prima ancora che come artisti) per condividere un’esperienza che potesse dare vita a qualcosa di più grande. Delle canzoni, un disco, un tour. «Da questo viaggio abbiamo ricavato tanto in termini di riflessioni umane e anche la voglia rinnovata di scrivere qualcosa insieme perché finalmente abbiamo avuto un’esperienza nostra», racconta Fabi. «Non qualcosa che fosse un ricordo di vent’anni prima, ma un’esperienza reale nostra. Lì per lì abbiamo anche accennato qualcosa di musicale, ma in realtà sono stati giorni di grande ascolto, non certo di parole dette o di note suonate. La musica che stava andando in onda fuori era molto più bella da ascoltare rispetto a noi che stavamo lì in un capanno a suonare».
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«È importante sottolineare una cosa a questo proposito», interviene Gazzè. «Un viaggio in Sud Sudan non è come andare in Kenya in vacanza. È un viaggio che a livello emotivo lascia scolpite delle cose indelebili. E questa esperienza che abbiamo vissuto insieme, al di là del processo creativo nato in seguito, ha lasciato in ognuno di noi una memoria importante». Tornati a casa, i tre amici sono diventati un trio e hanno iniziato a scrivere e suonare. «Siamo partiti da un episodio, che ci sembrava potesse raccontare qualcos’altro, come spesso le canzoni fanno», continua Fabi. «Si parte da un piccolo dettaglio che però contiene dentro di sé un principio che, in questo caso, era la difficoltà fisica di superare alcuni guadi che la natura imponeva agli abitanti di quella zona. E questi impacci, queste difficoltà, questi ostacoli
erano un’occasione di socialità, di conoscenza, di solidarietà. Quel piccolo meccanismo ha creato, tra le altre cose, l’idea di una canzone che è diventata Life Is Sweet». E di brani ne sono poi nati parecchi altri, tutti molto belli, che il trio porterà in tour in tutti i palazzetti italiani, insieme ai tanti pezzi che ciascuno ha scritto nella propria carriera. «Uno degli obiettivi era non perdersi, non diluirsi e non diventare altro», spiega Silvestri. «Allo stesso tempo però poteva succedere, e forse per fortuna è successo, che comunque il risultato di noi tre insieme non fosse quello numerico di 1+1+1 che fa tre, ma magari un altro uno, un uno più grande e comunque diverso. Questo era quello che speravamo succedesse e che quando scrivevamo le prime cose abbiamo
to molto il coraggio, la purezza e il metodo di Niccolò e la musicalità infinita, la follia e il non metodo di Max», chiosa Silvestri.
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«L’ambizione di questo viaggio era fare qualcosa di unico e realizzabile solo ora», continua Daniele. «E vogliamo che in quest’anno e in questi mesi quello che uscirà dai nostri concerti sia possibile solo in quel momento e solo in quel modo. Un po’ come era successo con Banana Republic di Lucio Dalla e Francesco De Gregori: abbiamo avuto quel progetto come riferimento perché, al di là del disco e dello scrivere canzoni, ci piaceva quello che succedeva su quel palco e la dimensione live. L’ambizione
«L’ambizione di questo viaggio era fare qualcosa di unico: quello che uscirà dai nostri concerti sarà possibile solo in quel momento e solo in quel modo» sentito che poteva succedere. Ed è poi effettivamente successo per un’alchimia in parte cercata e desiderata, in parte forse anche fortunata». E, come ammettono loro stessi, la comune età, origine fisica e la comunanza di passioni ha aiutato questa unione.
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«Ci conoscevamo da tanto tempo, ma non avevamo mai lavorato insieme tutti e tre ed è stato bello scoprire le nostre differenze», racconta Fabi. «Io per esempio sono molto irruento e tendo ad aggredire le canzoni e creare delle scintille. Daniele invece è più razionale e ha la grande capacità di organizzare queste scintille e rielaborarle. Al contrario Max ha una qualità opposta, per così dire anarchica, che è quella di scompaginare il lavoro e renderlo meno prevedibile». Tutti pregi che uniti hanno creato qualcosa di magico. «La dinamica di questo anno di lavoro insieme è stata proprio quella di tirare fuori ciascuno il proprio carattere», gli fa eco Gazzè. «Quella tra noi è stata allo stesso tempo un’interazione e un’interdipendenza. Siamo stati tutti e tre estremità opposte dello stesso cerchio. Un cerchio triangolare». E così i pregi di ognuno sono entrati ne Il padrone della festa senza essere snaturati. «Ho scoperto e ammira-
è stata quella di fare qualcosa che fosse simile. E mai più riproducibile». Perché, piaccia o no, un progetto ha sempre un inizio, ma, soprattutto se funziona, ha anche una fine. «Le premesse, quelle che ci siamo detti, che però nessuno di noi ha scolpito nel marmo come lapidi anche perché il futuro è imprevedibile, erano quelle di dare un’unicità a quest’avventura per renderla proprio unica nella nostra vita», confessa Fabi. «Sicuramente se tutto andrà bene come speriamo, a maggior ragione potrebbero esserci i motivi per non rifarlo: quando una cosa viene bene è perché ha una sua irruenza e istintività uniche e la seconda volta avrebbe già un termine di paragone. Quindi a pelle potrei dire che non ha bisogno di un seguito, e non per sminuirla, ma anzi per darle maggiore importanza».
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Un viaggio, un progetto. La storia di un’amicizia che ha generato uno degli album più belli dell’anno. E che sarà messa in scena nei palazzetti di tutta Italia a novembre per un unico e attesissimo tour. «Poi in realtà nessuno può mettere la mano sul fuoco su nulla nella vita», conclude Fabi. Ma la sensazione è che sia una di quelle storie da non perdere. onstage novembre - dicembre 31
elisa Lady la ribelle vs
L'emozione di suonare in un'Arena di Verona sold out da settimane, il calore di un pubblico che per primo ha capito quanto la sua proposta fosse impossibile da catalogare secondo le regole imposte dal mercato e la curiosità come spinta creativa perenne: ecco chi è oggi Elisa. In una chiacchierata fuori dalle righe e dalle regole, l'artista più eclettica del panorama italiano si è aperta molto onestamente e senza peli sulla lingua.
G AGA di Luca Garrò
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foto di Roberto Panucci
Nonostante la portata dei concerti, i sold out e la grande attesa dei fan, il mega tour con il quale Lady Gaga sta girando il mondo non sembra essere al centro della sua attenzione. Possibile? Possibile. Basta osservare la sua pagina Facebook per averne la certezza. Per comprendere le ragioni di questo distacco bisogna guardare al “conflitto” nel quale sono impegnate le due anime di Stefani. Difficile immaginare quale delle due avrà la meglio, perché il campo di battaglia è affollato. di Massimo Longoni - foto di Inez & Vinoodh
L
e rivalità nella musica ci sono sempre state. Qualche volta reali, in altri casi costruite a tavolino e alimentate per creare fenomeni che infiammassero il pubblico: Beatles e Rolling Stones, Duran Duran e Spandau Ballet, Blur e Oasis. Quella che si sta svolgendo sulla scena pop attuale è però molto più insolita, perché è una battaglia privata tra le due anime di una stessa artista. Per Lady Gaga i tempi della rivalità con Madonna sono già superati, scalzati dal tentativo continuo di Lady di prevalere su Gaga. Gli sforzi della popstar newyorchese sembrano concentrati sull’obiettivo di ottenere una patente di artista, tanto dalla critica quanto dal pubblico, e uscire dalla gabbia del semplice fenomeno della musica leggera. Ambizione legittima che deve però fare i conti con lo scetticismo di molti ma soprattutto con il fatto che il personaggio Gaga è vivo e vegeto, protagonista di un tour mondiale che il 4 novembre approda per l’unica data italiana in un Forum di Assago sold out da mesi.
UN’ELEGANTE VIA DI FUGA L’artRAVE: The Artpop Ball Tour è una gigantesca festa condita di scenografie sontuose, coreografie, infiniti cambi di abito e una lunga scaletta strutturata sulle canzoni dell’ultimo album Artpop ma che non tralascia nessuno dei pezzi più famosi e amati dai fan, i Little Monsters. Difficile quindi lasciare in un angolo l’immagine della popstar, anche mettendo un monumentale tour (80 date in quattro continenti) costantemente in secondo piano rispetto ad altri progetti, portati avanti come in una carriera parallela. L’ultimo in ordine di tempo è Cheek To Cheek, l’album appena pubblicato in
cui Lady (Gaga) si mette alla prova con il jazz e lo swing duettando con un mostro sacro come Tony Bennett. Parrucca nera, mise eleganti da Sophisticated Lady, in questa versione non c’è nulla che riporti all’esplosione di colori ed effetti speciali del tour. Al punto che, presentando il disco, Stefani ha detto chiaramente di essersi «liberata» ed essere «tornata al primo amore». «Il mio approccio al pianoforte risale a quando avevo 4 anni, poi a 11 ho iniziato a studiare canto e a 14 mi sono avvicinata al jazz» ha detto. «Quando ho cominciato a scrivere musica per l'industria discografica, sono diventata famosa come la vagabonda che veniva dai bassifondi di New York. Così è partita la mia rincorsa e ho iniziato a farmi notare». I maliziosi potrebbero sostenere che Cheek To Cheek sia un’elegante via di fuga, una distrazione nel momento in cui l’attenzione del pubblico è calata, come i risultati di Artpop potrebbero far pensare. Come se una volta ottenuto il successo planetario con i primi tre album, The Fame, The Fame Monster e Born This Way, avesse sentito il bisogno di dimostrare che c’era altro rispetto all’immagine che il mondo aveva recepito e che pare andarle molto stretta. Ma Lady ha iniziato la sua personale rivolta contro Gaga molto prima.
VOGLIA DI SMARCARSI Dopo la scuola d’arte e la gavetta in qualche locale fumoso di Manhattan, Stefani Germanotta ha capito presto che per sfondare nel mondo del pop ci voleva altro che una bella voce e un notevole talento musicale. La creazione di “Lady Gaga” è stato un capolavoro: eccentrica, eccessiva, ha sotterrato in produzioni plasticose adatte al palato di una platea vastissima brani di grande qualità compositiva (provate ad ascoltare Poker Face solo piano e voce). Eppure Gaga non è mai stata una star rassicurante e zuccherosa onstage novembre - dicembre 33
«Ho iniziato a suonare il pianoforte a 4 anni, poi a 11 ho cominciato a studiare canto e a 14 mi sono avvicinata al jazz. Con Cheek To Cheek sono tornata al primo amore: mi sento liberata»
Icona LGBT, Lady Gaga è al suo terzo concerto italiano (dopo quelli di Torino nel 2010 e di Milano nel 2012), ma si tratta in realtà della quarta apparizione della cantante in Italia, se si conta anche la partecipazione all’Europride del 2011 a Roma, dove cantò Born This Way e The Edge of Glory.
come Katy Perry. Il suo immaginario ha affondato spesso e volentieri nel grand guignol, dal vestito di carne cruda indossato agli MTV VMA del 2010 ai video proiettati durante il Monster Ball Tour, con immagini in bianco e nero inquietanti che non avrebbero sfigurato in uno show di Marilyn Manson. E poi i servizi con fotografi istrionici e controversi come Nobuyoshi Araki e Terry Richardson. Per non parlare della Haus of Gaga, un team produttivo del quale fanno parte anche nomi celebri della fotografia e della moda, incaricato di occuparsi di tutto ciò che di creativo la riguarda, dai vestiti alle scenografie dei concerti. Costruito sul modello della Factory di Andy Warhol, padre della Pop Art, dimostra lungimiranza commerciale ma anche la volontà di considerare l’espressione artistica a 360 gradi, 34 onstage novembre - dicembre
senza lasciare nulla al caso. Nel complesso, una serie di segnali che facevano intendere una voglia di smarcarsi: pop sì, ma con una cifra stilistica ben precisa. E con l’avvio del progetto Artpop il tentativo di cambiare marcia si è rivelato nitidamente. Sin dal titolo dell’album, una vera dichiarazione d’intenti con quel gioco sul termine Pop Art. La campagna promozionale è stata poi martellante e puntata su situazioni estreme, con un uso del corpo ancora più spinto che in passato. Alcune scelte non sono arrivate al grande pubblico nel loro spessore, come affidare la copertina dell’album a Jeff Koons, da noi più noto come ex marito di Cicciolina che come artista contemporaneo tra i più quotati al mondo. Altre sono state controproducenti: tra queste il nudo integrale sfoggiato nella per-
formance spirituale con Marina Abramović o l’esibizione shock al SXSW Festival di Austin, dove ha interpretato Swine con Millie Brown, esponente di spicco della “regurgitation art”, che le ha vomitato addosso del liquido fluorescente. Per qualcuno è stata una provocazione fine a se stessa, per qualcun altro un’esibizione di cattivo gusto e non adatta a un pubblico di adolescenti. Per pochissimi una performance artistica d’avanguardia.
A METÀ STRADA In tutto questo l’album è finito in secondo piano, quasi fosse uno dei tanti gadget, né il principale né quello realizzato meglio: un grande sforzo produttivo ma con una linea stilistica incerta, in bilico tra tentativi di ac-
onstage settembre
- ottobre 35
contentare il grande pubblico e la voglia di emanciparsi, con il risultato di restare a metà strada. A questo bisogna aggiungere una strategia confusa sui singoli da promuovere (quello più trasmesso dalle radio, Do What U Want, non doveva nemmeno essere un singolo) e i video da realizzare, ovvero i due elementi che sono stati sin dall’inizio lo strumento per il suo successo planetario. Il risultato è che Artpop non solo non è stato l’evento artistico che Lady sognava, ma nemmeno quello commerciale che speravano i discografici di Gaga. Le prime conseguenze sono state il licenziamento del manager storico, accompagnato da uno sfogo a cuore aperto via web contro «quelli che chiamavo amici» e «mi hanno lasciata sola quando ne avevo più bisogno». «A qualcuno» si è lamentata, «i milioni non bastano: vogliono miliardi, trilioni». Difficile definire Artpop un fallimento completo. È pur sempre un album arrivato al numero uno in classifica negli Stati Uniti,
ma è anche vero che da quella stessa classifica è sparito in tempi piuttosto rapidi. E se sulle vendite dei cd ci si può appellare alla crisi della discografia, sono altri i dati che parlano chiaro. Lei che del video aveva fatto la forma d’espressione privilegiata si è trovata con clip dall’appeal sempre meno rilevante. L’ultimo estratto da Artpop, G.U.Y., ha raccolto su YouTube 56 milioni di visualizzazioni. Sempre un’enormità rispetto alla maggior parte degli artisti in circolazione, ma pochi rispetto ai 182 milioni del primo singolo Applause e quasi nulla rispetto ai 603 milioni di Bad Romance. Lady Gaga è dunque finita? La centralità del personaggio nei media e i risultati del tour (quasi tutto sold out) bastano a rispondere di no, tanto più che Cheek To Cheek, pur lontano dai numeri dei primi lavori, si è comportato in maniera eccellente, debuttando al numero 1 della Top200 di Billboard, cosa non comune in tempi dominati da hip hop e r’n’b.
Tutti i successi Nell’Artrave: The Artpop Ball Lady Gaga presenta dal vivo 25 brani, che in alcune serate possono aumentare a 26 quando viene aggiunta anche una cover nella seconda parte dello spettacolo (di solito si tratta di Bang Bang di Cher). Ecco le canzoni proposte in scaletta durante tutto il tour europeo. • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
«Quelli che chiamavo amici mi hanno lasciata sola quando ne avevo più bisogno. A qualcuno i milioni non bastano: vogliono miliardi, trilioni»
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ARTPOP G.U.Y. Donatella Venus MANiCURE Just Dance Poker Face Telephone PARTYNAUSEOUS Paparazzi Do What U Want Dope (solo piano) Yoü and I (solo piano) Born This Way (solo piano) The Edge of Glory (acustica) Judas Aura Sexxx Dreams Mary Jane Holland Alejandro Bang Bang (My Baby Shot Me Down) Ratchet Bad Romance Applause Swine Gypsy
Il punto è che la rivalità tra Lady e Gaga è la più azzardata che Stefani Germanotta potesse permettersi e l’unica in grado di fare danni. Perché se a lanciare la sfida a Madonna si rischia al più di essere tacciati di poca originalità e di perdere per strada i fan più accaniti della signora Ciccone, in questo caso il vero pericolo che corre Stefani è quello di demolire la gallina dalle uova d’oro che lei stessa ha creato, senza ottenere però l’obiettivo che tanto agogna: la consacrazione artistica. La sua è una scommessa estrema. Con le ultime mosse ha forse convinto un buona parte della critica, ma la questione fondamentale riguarda il pubblico: riuscirà a conciliare le sue ambizioni con l’immagine che il pubblico ha di lei? In caso non dovesse riuscirci, è già pronto il piano B: nel 2015, a bordo della navicella spaziale ideata dalla Virgin per i viaggi intergalattici commerciali, sarà la prima a esibirsi nello spazio. Forse un’aliena come lei troverà lì la considerazione che cerca. l
Dress Code: Lady Gaga
THE DARK
SIDE OF
POP BLACK BELIEVE Chiodo in pelle borchiato 1.640 Euro
Se pensiamo alla parola “pop”, cosa ci viene in mente? Le possibili risposte sono infinite come infiniti sono gli artisti che possiamo inserire nella categoria. Tra questi c’è Lady Gaga, che nel tempo ha definito una sua idea di pop, con un’estetica ben precisa: fisica fino al punto di diventare aggressiva, oltre che trasgressiva. Al punto da portare in scena performance e look estremi, apparentemente indecifrabili. Oscuri, direbbe qualcuno. Estremamente interessanti e originali, diciamo noi. G.O. INTIMISSIMI Body Techno Retrò 59.90 Euro
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D CESARE CRE MONINI
OLTRE I LIMITI
È COMINCIATA L’AVVENTURA PIÙ IMPORTANTE (PER IL MOMENTO) DELLA CARRIERA DI CESARE. UN TOUR CON SOLD OUT E PIENONI OVUNQUE, DOPO UN ALBUM CHE HA NUOVAMENTE DIMOSTRATO L’IMPORTANZA DEL BOLOGNESE NEL PANORAMA MUSICALE ITALIANO. UNA POSIZIONE CHE LO COSTRINGE A SUPERARE SE STESSO, CERCANDO DI FARE OGNI VOLTA MEGLIO DI QUANTO APPENA FATTO. LA SFIDA PIÙ AFFASCINANTE CHE CI SIA, PER UNO COME LUI. CE LO HA CONFERMATO DI PERSONA, A POCHE ORE DAL DEBUTTO DEL LOGICO TOUR 2014. di Luca Garrò - foto di Francesco Prandoni
N
on ci vuole molto per rompere il ghiaccio con Cesare Cremonini: basta indossare una maglietta di A Day At The Races dei Queen e il gioco è fatto. La semplicità con la quale ti chiede di poterla fotografare fa subito intendere che in camerino c’è ancora il ragazzo semplice di Bologna, quello che se lo incontri sotto i portici si ferma a parlare con te di calcio e di vita e non ancora l’animale da palcoscenico che da lì a un paio d’ore metterà a ferro e fuoco il Modigliani Forum di Livorno, data zero del Logico Tour 2014. Da qui partirà quello che potrebbe rivelarsi il vero punto di svolta della sua carriera solista, il punto più alto di un percorso non privo di difficoltà e cadute, che per la prima volta lo metterà a confronto con un pubblico che solo qualche anno fa sembrava impossibile da raggiungere. Un successo ottenuto con classe e sudore, con tenacia e coerenza e che vede nella maturità di Logico il suo zenit anche artistico. Insomma, la sensazione è proprio che Cesare ce l’abbia fatta, che sia riuscito nell’impresa di non essere più l’ex cantante dei Lùnapop, ma un cantautore raffinato come nel nostro paese se ne vedono pochi. Qual è stata la sfida più significativa nel preparare la nuova tournée? Questo è un tour che mi ha dato davvero molto da fare. Dopo un po’ che eravamo impegnati nelle prove ci siamo guardati tutti negli occhi e abbiamo capito che le date dello scorso anno erano andate così bene che ci stavamo muovendo ancora in quella stessa direzione. Visto che le persone coinvolte erano praticamente le stesse, la cosa è avvenuta in modo quasi naturale: non è facile cambiare quando vieni da un’esperienza meravigliosa, diventa quasi salvifico attaccarti con tutto te stesso alle cose del passato che hanno funzionato. Poi il lavoro straordinario del nostro live designer Mamo Pozzoli, persona non banale né dal punto di vista umano né da quello professionale, ha portato la navicella spaziale verso un nuovo pianeta e noi gli siamo andati tutti dietro. Abbiamo raggiunto un livello superiore, nella cui produzione sono coinvolte più di settanta persone. Questo può essere il tour della svolta definitiva, il Fronte del palco di Vasco per intenderci. La produzione è nettamente più grossa, ma anche questa volta è tutto misurato con quello che valiamo adesso, perché è così che abbiamo sempre lavorato: un passo alla
volta, fin da quando sei anni fa non riuscivamo a raggiungere le mille persone davanti alle quali suonare. Da lì, lentamente, passo dopo passo, disco dopo disco abbiamo visto questa cosa crescere e credo che ora sia al suo momento clou: fare due Forum d’Assago sold out vuol dire entrare dalla porta principale e sicuramente è il momento più importante dei miei vent’anni di carriera. Quello con Fronte del palco di Vasco è un paragone che non posso fare perché è una forzatura prettamente giornalistica, di sicuro mi auguro che sia il mio Fronte del palco. Se tu pensi che l’anno scorso sono venute ai mie concerti 40mila persone e quest’anno siamo già 80mila, vuol dire che chi è venuto è tornato e c’è un numero di persone “nuove” altrettanto grande. Più lo spettacolo diventa importante e più il pubblico si aspetta da te cose più grandi, a portarti al tuo limite. Un limite che spero di raggiungere per scoprire qualcosa di nuovo di me. Il limite però è qualcosa cui, per antonomasia, si deve tendere senza raggiungerlo mai. Dal punto di vista prettamente umano credo sia davvero una cosa affascinate: è sempre troppo facile parlare di quello che si desidera e non si vive. Tutti si sentono più o meno capaci di fare grandi cose, ma quando poi le devi fare veramente sei messo alla prova in una maniera così intima e personale e ti specchi davvero con te stesso che, nonostante sia molto faticoso, è veramente straordinario.
«Più lo spettacolo diventa importante e più il pubblico si aspetta da te cose migliori, a portarti al tuo limite. Un limite che spero di raggiungere per scoprire qualcosa di nuovo di me»
È processo molto raro, ma forse è l’unico in cui puoi misurarti sul serio coi tuoi limiti. È quello che sto cercando di fare io con questo tour, sto provando ad andare lassù. L’idea di avere davanti a te così tanta gente e di poterla influenzare in qualche modo ti ha mai colpito? Parlo di mania di onnipotenza e cose di questo tipo. Secondo me il palco resta il luogo cui la mania di onnipotenza è destinata. Se non ci fosse questa mania, non ci sarebbe nemmeno Freddie Mercury tatuato sul mio onstage novembre - dicembre 39
braccio. È una delle cose più importanti di uno show dal vivo, è la suggestione che sai creare nelle persone. Chi mi viene a vedere dal vivo sa perfettamente che se mi incontra in un bar a bere una birra chiacchieriamo per ore come vecchi amici, perché tutti sanno che non sono una persona costruita. Se però viene a sentirmi in un palazzetto tutto cambia: io non vedo l’ora di fargli vedere cosa so fare su un palco e allo stesso tempo lui non vede l’ora di viverlo. È un gioco. Vasco dice sempre che
«Il palco serve a rendere onnipotente l’artista, a togliergli le fragilità di ogni giorno. Per questo chi predica il livellamento tra pubblico e artista sbaglia: al pubblico serve la rockstar e viceversa»
gioca a fare la rockstar e se si guarda oltre le parole si vede che il palco serve a rendere onnipotente l’artista, a togliergli le fragilità di ogni giorno. Per questo credo che chi predica il livellamento tra pubblico e artista sbagli: al pubblico serve la rockstar e viceversa. Togliere la divisione farebbe svanire la magia. A distanza di qualche mese, Logico mi pare sempre più un album psicanalitico. È singolare, perché mesi fa me lo disse anche uno psichiatra. Mi chiese se avessi fatto psicanalisi, sostenendo che nell’album ci fossero degli elementi tipici di una persona che, attraverso un percorso di quel tipo, aveva trovato qualcosa dentro di sé. Mi è servito scriverlo? Onestamente
AUTUNNO CALDO. Partito con la data zero di Livorno lo scorso 25 ottobre, il Logico Tour 2014 continua fino a fine novembre. Comprese le due date al Forum di Assago (Milano), Cesare salirà in totale su sedici tra i più importanti palchi d’Italia. Per scoprire tutte le date: bit.ly/LogicoTour14
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non lo so, o meglio sicuramente mi è servito ma non so assolutamente in che modo. Forse sono condizionato dal fatto che appena scrivo una canzone sento una pressione molto forte che mi spinge subito ad immaginare l’identità dell’album in cui potrà finire. Il gusto della scrittura mi scivola via in fretta dalle mani e diventa subito una visione ben precisa, quindi questo un po’ mi frega: quando ero piccolo e scrivevo un brano riuscivo a godermelo e a stare bene per un mese. Oggi finisce subito in questo puzzle gigantesco che è il mestiere del musicista. E non credi che questo processo possa essere un limite per la tua creatività? Senza dubbio è un limite, però allo stesso tempo lascia subito un vuoto dentro di me che deve essere colmato. Quella paura di non riuscire a completare il disco successivo è di conseguenza molto creativa, perché mi spinge a riempire in fretta quel vuoto di cui ti parlo. Quando ero piccolo scrivevo quattro canzoni e mi bastavano per tutto l’anno, ma questo lavoro è una macchina da guerra che spesso ti costringe ad andare oltre i tuoi limiti. Se ci pensi, è un po’ come nel calcio: quando una squadra gioca in Champions League non è più quella che si allenava nei campetti sotto casa e insieme alle soddisfazioni aumentano le responsabilità. Sia in studio che dal vivo, la sensazione è che tu cerchi di tenere dentro di te forzatamente delle emozioni, ma che alla fine escono comunque in modo indipendente dalla tua volontà. Lo percepisci? Assolutamente sì. Crescendo sto accumulando sempre più paura di buttare fuori le cose in modo libero, “alla vecchia” come diciamo a Bologna. Questo mi crea grossi problemi nella scrittura, tanto che mi trovo a dover spingere fuori le cose con la forza, che dunque escono in modo tutto
loro. Forse anche perché non amo particolarmente le canzoni che ascolto in questo periodo, che si permettono di essere frivole sui sentimenti, mentre io mi trovo proprio nel mood opposto: mi rendo conto di non riuscire a tenere staccati sentimento e poesia e con quest’ultima intendo
«Il mio obiettivo è parlare a quella parte di pubblico che si rifiuta di avvicinarsi alla musica italiana: perché chi va a vedere i Muse o gli U2 non si sente stimolato dai nostri artisti?»
soprattutto la rima che nasconde una verità. Mi affido alla poesia e al verso e spesso sono loro a muovere i miei sentimenti. Forse per questo Logico contiene in sé sia razionalità che depressione: non è mai eccessivo, anzi è trattenuto e mai pienamente commerciale, ma allo stesso tempo
LA PIÙ GRANDE PASSIONE DI CESARE
L’amore di Cremonini per la band di Freddie Mercury è testimoniato dal vistoso tatuaggio sul braccio sinistro che ritrae proprio l’indimenticabile frontman dei Queen. «Disco fantastico quello!» esclama con entusiasmo sincero riferendosi ad A Day At The Races. «Molti anni fa, ai tempi dei Lùnapop, inserimmo nel cd allegato a un magazine una versione della canzone Walter Ogni Sabato In Trip che in origine si chiamava Walzer Di Un Sabato In Trip. Il titolo iniziale era un omaggio a The Millionaire Walz dei Queen, contenuto proprio in A Day At The Races». Partita la sfida di citazioni, gli ricordo che an-
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riesce ad essere fruibile. Così come spero faccia questo tour. La sensazione è che nei tuoi testi la parola chiave sia sempre più “empatia”, piuttosto che “amore”. Tant’è che ti ritroviamo sempre più spesso a parlare di complici. Hai centrato la questione. Empatia è il concetto che nelle mie canzoni sostituisce quello di amore, tant’è che in un disco come questo un brano come I Love You non avrebbe trovato spazio. La gente cerca spesso il concetto di empatia nelle canzoni anglofone, anche se il più delle volte nemmeno sa cosa dicono i testi. L’empatia tra i protagonisti dei miei testi è il mio modo personale per poterla allargare anche chi mi ascolta. Il mio obiettivo è parlare a quella parte di pubblico che si rifiuta di avvicinarsi alla musica italiana: perché chi va a vedere i Muse o gli U2 non si sente stimolato dai nostri artisti? Credo ci sia un buco in cui posso avere spazio di manovra e questo tour lo dimostrerà. Ho la sensazione di essere riuscito in una cosa molto difficile: portare l’attenzione di un pubblico non abituato a rivolgersi alla musica italiana su un progetto cantautorale italiano considerato mainstream. l
che gli Skiantos, altri bolognesi doc come lui, nell’album Dio ci deve delle spiegazioni citarono quello stesso pezzo nel brano Senza Vergogna. «Incredibile, devo andare a recuperarla. È un album sottovalutato, perché arrivato dopo il successo pazzesco di A Night At The Opera. Personalmente adoro allo stesso modo anche il successivo News Of The World: quando ascoltai per la prima volta l’album di Bohemian Rhapsody sapevo cosa aspettarmi, perché faceva già parte della storia della musica e avevo la percezione di quello che stavo per sentire. Quando invece nella mia cameretta ascoltai i due album successivi andai completamente fuori di testa!». L.G.
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(NON) È SEMPRE
DOMENICA
S
o che avete spiegato abbastanza a lungo il significato del titolo dell'album Una nave in una foresta, che si rifà a un modo di dire piemontese - sentirsi come una barca in un bosco, “sentissi come na barca ‘nt in bòsch”, per gli amanti dei dialetti -, ma mi piacerebbe saperne qualcosa di più. Con quella frase si esprime un disagio molto forte, la sensazione di sentirsi totalmente fuori posto, come una nave in una foresta per l’appunto, o una barca nel bosco per citare l’originale, ed è uno stato d’animo che abbiamo riscontrato non soltanto su noi stessi, ma anche in parecchie realtà artistiche creative incontrate a Torino e in tutta Italia. Il punto è proprio questo: ci piaceva trovare un titolo che potesse raccontare una situazione diffusa nel nostro Paese. Abbiamo smesso di sentirci un gruppo torinese, se capisci cosa intendo, da moltissimo tempo, probabilmente dall’inizio della nostra storia. Quindi, utilizzando quel modo di dire così geniale, cerchiamo di dare voce a uno spaesamento nazionale: trovarsi persi in un bosco, a disagio, senza riuscire a riconoscere ciò che
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ti sta attorno e senza riuscire a identificarsi nel paesaggio circostante. Il disco, dunque, racconta la storia di dieci personaggi, uno per canzone, che si trovano dentro questo malessere ma che, al tempo stesso, cercano soluzioni positive per riscattarsi. Insomma, sentirsi fuori posto mette in moto un meccanismo di reazione seppur solitaria, perché nessuno è disposto ad aiutare il prossimo. A cosa è dovuto il senso di spaesamento e rabbia che traspare da quest'ultimo disco dei Subsonica? Credo sia dovuto soprattutto alla nostra crescita a un’età non proprio più verde (ride, ndr). Ci piace collaborare con artisti e musicisti anche più giovani di noi e quindi spesso ci tocca calarci nei loro panni e vedere le cose dal loro punto di vista e non sempre è facile. Diciamo che, quando abbiamo iniziato, quasi vent’anni fa, ci sentivamo perfettamente radicati in una scena o in un contesto che ci rappresentava e che ci pareva fresco e innovativo, mentre oggi facciamo più fatica a identificarci in qualcosa. Siamo ovviamente maturati e ognuno di noi ha seguito processi di crescita - personali, artistici e intellettuali - piuttosto differenti.
SARÀ PURE SCONTATO VEDERE NEL SINGOLO LAZZARO UN SEGNO DI RESURREZIONE ARTISTICA, MA È UN DATO DI FATTO CHE L’ALBUM, UNA NAVE IN UNA FORESTA, RAPPRESENTI UN RITORNO ALLA PIENA FORMA PER IL QUINTETTO TORINESE. IN ATTESA DI UN TOUR CHE SI PREANNUNCIA SPETTACOLARE E ALTAMENTE INNOVATIVO, SAMUEL CI SPIEGA LA GENESI DI UN PROGETTO ARTISTICO PARTICOLARMENTE IMPORTANTE NELLA CARRIERA DEI SUBSONICA, PERCHÉ È NATO DA UNA SENSAZIONE DI DISAGIO. di Stefano Gilardino - foto di Chiara Mirelli
Non è così strano, quindi, guardarsi attorno e sentirsi una nave in una foresta, cercando di conseguenza il sentiero che ci ha condotto fino a lì per ripercorrerlo a ritroso. Ci sentiamo a nostro agio nel presente, quello
«Abbiamo sempre provato a incanalare la nostra rabbia in maniera positiva, in cerca di soluzioni, e incontriamo ragazzi che ci raccontano di avere mutuato da noi questo atteggiamento»
sì, e lo riconfermano la curiosità e il buon riscontro che stiamo avendo in giro per l’Italia nelle occasioni di promozione dell’album. Si dice sempre che l’arte debba essere capace di raccontare il presente, no? Esatto, è sicuramente uno dei punti chiave dell’esperienza Subsonica e
del nostro mestiere in generale. Analizzando il nostro percorso musicale, credo si possa dire che noi l’abbiamo sempre fatto: ogni disco racconta il momento in cui è stato concepito. Speriamo che anche la gente che ci ascolta l’abbia compreso. E dal vostro punto di vista artistico, che tipo di presente stiamo vivendo? Migliore, peggiore o semplicemente diverso? Direi semplicemente diverso, anche perché i paragoni non ci piacciono particolarmente e non servono a spiegare. Se ripenso ai nostri inizi, ricordo un fermento culturale incredibile e la semplicità con cui si riusciva a far interagire discipline e arti differenti. Al contempo, tutto questa eccitazione ha mietuto parecchie vittime, se così possiamo dire, e ci si trova oggi a vivere la creatività con maggior fatica e difficoltà. Forse le persone sono più concrete e vere in questo 2014, tendono a sprecare molto meno le occasioni della propria vita. Noi abbiamo sempre provato a incanalare la nostra rabbia in maniera positiva, in cerca di soluzioni e non di ulteriori problemi e, spesso, girando per l’Italia come Subsonica o come “creativi single”, come mi piace definire gli altri progetti della onstage novembre - dicembre 45
band, incontriamo ragazzi che ci raccontano di avere mutuato da noi questo tipo di atteggiamento. Se non è il miglior complimento possibile, poco ci manca. Avete molto pubblico giovane? Abbiamo un pubblico trasversale, questo sì. Ci siamo stupiti di trovare, in questo giro di presentazioni, molti ragazzi che ci chiedevano un autografo, non solo a livello personale ma anche per i loro genitori. È un po’ preoccupante a livello anagrafico, ma ti riempie il cuore (risate, ndr). Tornando per un breve attimo al titolo, ci sono dei riferimenti cinematografici al Fitzcarraldo di Werner Herzog o è solo una mia idea? Non solo tua, nel senso che qualcuno ce l’ha fatto notare. A ripensarci è vero, la scena della nave nella foresta potrebbe essere quella del film di Herzog, ma ci abbiamo pensato solamente dopo, non era nelle nostre intenzioni iniziali. La copertina, invece, mantiene inalterati i riferimenti a certa fantascienza. Assolutamente, quelli non mancano mai e raccontano bene la nostra fascinazione per quel genere, sia a livello letterario che visivo. La copertina nasce dunque da una nostra collaborazione con un gruppo di artisti torinesi che si chiama Mad Vision, le cui fotografie erano esposte, per pura casualità, un bar in cui io e Max siamo soliti andare dopo le prove con il gruppo e in cui abbiamo spesso scritto i testi dei dischi. Ci sono piaciute subito, abbiamo cercato di saperne di più, li abbiamo incontrati e concepito assieme l’idea finale. Un nostro amico architetto, Marco Rainò, si è occupato di mettere in scena tutto quanto e possiamo dire di essere davvero soddisfatti del risultato artistico.
A proposito, nel pezzo che conclude il disco avete ospitato niente meno che Michelangelo Pistoletto, uno dei più grandi artisti italiani, protagonista dell’arte povera. Il pezzo, Il terzo paradiso, è proprio ispirato al manifesto da lui scritto e concepito nel 2003. Oltre a essere un gigante della scultura e pittura, Michelangelo è anche una persona splendida e, con nostra grande sorpresa, ci ha contattato per coinvolgerci in questa sua ultima opera concettuale, Il terzo paradiso, appunto, mentre stavamo componendo l’album nel nostro studio solitario nel bosco. Voleva chiederci di fare un concerto o un dj set per uno degli
QUALI CANZONI? Le scalette dei Subsonica non sono mai uguali. La band torinese ama variare le canzoni che suona dal vivo e così ci siamo chiesti quali canzoni Samuel e compagni proporranno nei concerti del tour #inunaforesta2014. Naturalmente ce ne saranno molte dell’ultimo album Una nave in una foresta, ma molte altre saranno pescate dal passato. Ecco, secondo il sito di statistiche setlist.fm (che ha in database 142 scalette di concerti dei Subsonica), quali sono i dieci brani più suonati dal vivo dalla band.
Tutti i miei sbagli / Discolabirinto / Liberi tutti / Aurora sogna / Veleno / Depre / Istrice / Nuvole rapide / Il diluvio / Benzina Ogoshi
SONO ANCHE MIE. Nei concerti che l’hanno visto protagonista nella prima parte del 2014, Pharrell ha proposto una scaletta zeppa di successi. I suoi, come Happy, e quelli dei suoi N.E.R.D., ma anche quelli degli artisti a cui ha dato una mano, da Get Lucky dei Duft Punk a Drop It Like It’s Hot di Snoop Dog passando per Blurred Lines di Robin Thicke. Furbacchione…
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incontri che organizza a supporto di questa sua opera e quindi gli abbiamo chiesto prima di raccontarcela. Lui è partito con enfasi a spiegarci il significato e di come il superamento del conflitto distruttivo tra natura e artificio abbia contribuito alla creazione di un terzo paradiso, in cui entrambi i mondi si trovano a convivere in armonia. Mentre lo raccontava al telefono, noi eravamo come incantati a sentirlo e, prima ancora che finisse di parlare, avevamo deciso che quello sarebbe stato il tema di una canzone. Il passo successivo è stato di chiamarlo in studio e fargli ripetere quello che ci aveva detto davanti a un microfono. Questa lotta tra artificiale e naturale mi fa pensare alla vostra musica e alla vostra voglia di far convivere analogico e digitale, musica suonata e suggestioni elettroniche, vecchio e nuovo. È uno degli aspetti che ci ha maggiormente colpito del progetto di Michelangelo perché, anche noi, abbiamo sempre vissuto in bilico tra due mondi, quello della passionalità e dei suoni caldi e graffianti e quello dell’elettronica e della freddezza delle macchine. La ricerca di un equilibrio tra questi due emisferi è lo scopo che ci prefiggiamo. Venendo al tour imminente, so che avete parecchie novità, a cominciare dall’aspetto tecnico. È un ulteriore tentativo di avvicinarci al terzo paradiso. Sarà un tour molto ambizioso e la novità davvero rilevante è quella dell’illuminazione che sarà completamente a led e non prevederà luci a incandescenza. Questo ci permetterà di essere artisticamente all’avanguardia e, aspetto ancora più importante, di limitare i consumi di circa un terzo rispetto ai tour precedenti. Il risultato è quindi meno impattante verso l’ambiente e ne siamo molto felici, come puoi immaginare. Si tratta del secondo esperimento mondiale, dopo quello dei Radiohead, e del primo in Italia.
«La novità rilevante del tour riguarda l’illuminazione, che sarà completamente a led e non prevede luci a incandescenza: consumeremo un terzo rispetto al passato. È il secondo esperimento mondiale, dopo quello dei Radiohead»
Siamo orgogliosi, inoltre, del fatto che anche il costo dei biglietti sarà contenuto al massimo possibile per permettere a più persone di poter assistere a un nostro concerto. Un paio di cose per finire: la prima è la dedica a Don Gallo. Inevitabile, direi, la sua scomparsa ha lasciato un vuoto impossibile da colmare. Era un personaggio straordinario, un uomo che ha passato la sua vita ad aiutare concretamente i più deboli e i più sfortunati. “Tra tutti gli angeli lui è quello con il sigaro”, come abbiamo scritto. La seconda invece riguarda il pezzo Ritmo Abarth. Chi di voi ne ha mai posseduta una? Nessuno, ma l’idea ci è venuta osservando proprio quel tipo di macchina posteggiato davanti allo studio torinese di Max. Alla fine, abbiamo deciso di scriverci una canzone, l’abbiamo fatto e il risultato è stato molto soddisfacente. A tal punto che, esaltati dalla Ritmo Abarth, abbiamo deciso di comperarne una in società. Purtroppo non l’abbiamo trovata e abbiamo optato per una Ritmo Cabrio, di cui siamo molto orgogliosi. Millecinquecento euro ben spesi, bisogna ammetterlo. l
«Suonare a San Siro e all’Olimpico è come giocare una finale dei Mondiali con la Nazionale. Sono cose che nella vita uno non si può aspettare, al massimo può augurarsele»
UNDICI TAPPE per il tour autunnale dei Subsonica. Dopo la data zero di Jesolo (31 ottobre), i concerti proseguono a Pesaro (1 novembre), Napoli (7), Bari (8), Torino (13), Verona (15), Roma (21), Bologna (27), Firenze (28), Genova (29), Milano (1 dicembre).
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Paolo Nutini
these
souls Il cantautore scozzese torna in Italia per un unico concerto a Milano, il primo in un grande palazzetto nel nostro Paese. Per lui è stato l’anno della definitiva consacrazione, dopo la pubblicazione di uno degli album più belli del 2014 e un tour trionfale che lo ha portato in tutta Europa e lo ha proiettato nell’Olimpo dei grandi. Come ha fatto a raggiungere questi risultati? Semplicemente, ha trovato il giusto equilibrio tra tutte le sue anime (compresa quella italiana). di Marco Agustoni
di Alvise Losi foto di Charlie Gray
C'
è un che di indefinibile nella musica e nel personaggio di Paolo Nutini. E questo nonostante il cantautore 27enne sia di suo un tipo piuttosto diretto e cristallino. Uno che porta sul palco se stesso e poco più, senza artifici scenici. Ma in lui convivono opposti che contribuiscono a renderlo ancora più interessante, a cominciare dal nome e dal cognome così smaccatamente italiani, iscritti però su passaporto scozzese. Il ragazzo nativo di Paisley, cittadina praticamente attaccata all'aeroporto di Glasgow, non ha mai fatto mistero delle sue origini toscane, così come ha più volte dichiarato il suo amore per la tradizione musicale italiana, e per Lucio Dalla in particolare, omaggiato a più riprese con una toccante cover di Caruso portata anche sul palco del Festival di Sanremo di quest’anno. Eppure c'è qualcosa in lui di irrimediabilmente britannico che pone fine a qualsiasi dubbio sulla sua terra di appartenenza. Come è ovvio, però, sono altre, e ben più profonde, le antitesi in questione. Troppo morbido per essere veramente rock, a tratti troppo cupo e introspettivo per poterlo considerare pop, Paolo Nutini esprime questo suo dualismo di fondo nell'ultimo disco Caustic Love, uscito in aprile, di sicuro il lavo-
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ro più completo e complesso della sua (ormai) quasi decennale carriera.
CARATTERE COMPLESSO È sufficiente prendere due dei pezzi più riusciti dell'album, Scream (Funk My Life Up) e Iron Sky, per cogliere la (meravigliosa) dissonanza di quello che si sta affermando come uno dei cantautori più interessanti della sua generazione. Il primo brano, funkeggiante e pervaso di groove, trasuda vitalità, sesso ed entusiasmo. Il secondo, intenso e straziante, pur invitando a suo modo alla speranza sembra nascondere un senso ineluttabile, quasi doloroso, di sconfitta. Ed è così che l'urlo di copertina dell'album assume di volta in volta un significato differente. Del resto parliamo di un artista che invece di sfruttare subito il successo di un esordio bruciante come These Street, pubblicato nel 2006 quando non aveva ancora vent'anni, si è preso tutto il tempo necessario per registrare il seguito Sunny Side Up, del 2009. E ancor più tempo si è preso prima di concedere ai suoi fan un terzo album, uscito dopo altri cinque anni. Non si è fatto problemi Paolo a mescolare in Caustic Love stimoli e influenze musicali diverse, dando definitivamente il commiato alle so-
norità facili dei suoi inizi. Ha preso il rock pop e melodico di Jenny Don't Be Hasty e Last Request e lo ha sporcato di funk, di soul, di rhythm'n'blues. Ha colorato il suo sound britannico di stelle e strisce, senza il timore di perdere la propria originalità o identità nel confronto con la tradizione musicale americana. Pur mantenendo l'immagine semplice e un po' casual che lo ha sempre contraddistinto, ha duettato con una stella glamour come Janelle Monáe, ospite nella prorompente Fashion. Nonostante la faccia da cantautore innocuo che con le sue canzoni non vuole disturbare nessuno, ha messo in mostra gli aspetti più complessi del suo carattere, così come anche la sua indole combattiva, rappresentata dal potente monologo «You the People Have The Power» di Charlie Chaplin preso da Il grande dittatore e incluso in Iron Sky. E non ha avuto paura di esprimere le proprie potenzialità canore in un brano come Cherry Blossom Girl, nel quale la sua voce arriva a ricordare da vicino quella di Eddie Vedder dei Pearl Jam.
YIN E YANG Paolo Nutini non è certo l'unico musicista a mescolare generi, tradizioni musicali e stili dif-
#MENGONILIVE2015
MARCO MENGONI 2015 MAGGIO
NAPOLI MILANO 16 07 «Il mio obiettivo è riuscire a fare unBARI rock‘n’roll 19 È sempre 10UnTORINO futuristico. nuovo linguaggio. stata la nostraFIRENZE idea dagli inizi: cercare di BOLOGNA 12 realizzare questo passaggio a21 livello musicale» 23 CONEGLIANO 14 ROMA mediolanum forum
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LA PROVA DEL QUATTRO. Poker di concerti per Paolo Nutini in Italia nel 2014. Prima della consacrazione di Milano (15 novembre), il cantautore in estate aveva presentato le sue nuove canzoni in tre importanti festival: il Goa Boa di Genova, l’Hydrogen di Padova e il Rock in Roma.
ferenti. È però notevole il fatto che sia riuscito a farlo rimanendo in cima alle classifiche, andando in tv, senza farsi dimenticare da un pubblico con la memoria sempre più corta che oramai sembra ricordarsi solo di chi incide almeno un album ogni due anni. Paolo non è un fenomeno di nicchia, conosciuto solo da chi ama la musica. Nonostante il suo sound sfaccettato, è un artista mainstream. Uno che viene invitato a Sanremo, tanto per fare un esempio. Questo perché nonostante tutti gli esperimenti e le incursioni sonore, il cantautore scozzese è riuscito a non abbandonare la sua attitudine pop e comunicativa di fondo (che derivi dalle sue origini italiane?). E ha trovato l'equilibrio giusto tra immediatezza e complessità. Il risultato non era così scontato, ma è anzi la dimostrazione di quanto fosse necessario il tempo che si è preso per Caustic Love. Gli esiti potevano essere altri e non altrettanto esaltanti. Il disco poteva risultare un pasticcio poco omogeneo. Oppure poteva costargli le simpatie del grande pubblico. Ma non è successa nessuna di queste cose. E Paolo è lì, con il suo album incredibilmente ricco e di grande successo da portare in tour in Europa e nel mondo, compresa la tappa milanese del 15 novembre. È questa la scommessa vinta da Paolo Nutini: aver saputo conciliare gli opposti, trovando un equilibrio tra i dualismi e riconducendo un'incredibile molteplicità a un insieme coeso. È il Tao della Musica. Lo Yin del Rock e lo Yang del Pop che si mescolano e si compene52 onstage novembre - dicembre
trano in un'entità unitaria e allo stesso tempo molteplice. Lo hanno fatto altri, prima di lui, ma non in tanti ci sono riusciti. E anche nei casi più fortunati, spesso si tratta di episodi fortunati, di un insieme di fattori che portano un certo artista a esprimere il meglio di sé in un determinato momento, salvo poi perdere irrimediabilmente quella scintilla. In altre circostanze, le migliori, questa conciliazione dell'inconciliabile è il risultato di un percorso studiato, sudato e destinato a proseguire.
LA GIUSTA DIREZIONE Non che Paolo nei cinque anni intercorsi tra Sunny Side Up e Caustic Love si sia rinchiuso in uno studio con una chitarra e abbia passato tutto il suo tempo a suonare e risuonare incessantemente, fino a raggiungere la perfezione. Anzi, come ha raccontato lui stesso, una buona parte di questo tempo l'ha trascorsa lontano dagli strumenti, viaggiando, fotografando e riflettendo, nel tentativo di venire a capo di un dilemma fondamentale (cosa fare nella vita) e al contempo nella speranza di combattere l'impulso di mollare la carriera musicale, fonte per lui di tanti dubbi e malesseri. Ma è anche questa una parte del processo, anzi forse la più difficile, che poteva essere facilmente aggirata buttando giù quattro accordi ruffiani e un pugno di ritornelli orecchiabili, così da confezionare un terzo disco tanto facile quanto dimenticabile. Invece, dopo essersi preso tutto
il tempo per riflettere su se stesso, Paolo Nutini ha utilizzato come punto di partenza quanto di buono fatto con Sunny Side Up, dove già aveva cominciato quel processo di sporcatura del suo suono - tra tentativi a base di reggae e ska (It Must Be Love, 10/10), ragtime (Pencil Full of Lead), soul (Growing Up Easy) e folk sghembo (High Hopes) - e lo ha portato molto più in là aggiungendo nuove incognite all'equazione. Quella che a qualcuno potrebbe sembrare incertezza, è invece proprio la ricchezza di Caustic Love. La mancanza di un'identità musicale definita è ciò che conferisce a Nutini una personalità artistica precisa: pezzi come Let Me Down Easy e Numpty, pur assomigliando ad altro, portano sottopelle l'inconfondibile sfumatura che contraddistingue i brani della discografia del musicista di Paisley. Una sfumatura indefinita, irriducibile a semplici etichette di genere, frutto di una miscela inedita di rock, soul e blues spolverati di tante altre spezie sonore, raccolte nel corso dei suoi tour in giro per il mondo. Le tappe del viaggio che hanno portato Paolo Nutini fino a Caustic Love sono state pianificate con calma e dedizione, con un progetto in mente ma allo stesso tempo con l'umiltà di adattarsi alle deviazioni imposte dal percorso. Col tempo, Paolo ha imparato a scegliere da sé la direzione giusta. Ci sono quindi tutte le premesse perché questo suo terzo disco non sia il punto di arrivo di una carriera, ma solo un'altra tappa di un'avventura molto più lunga. l
Dress Code: Paolo Nutini
BRIT SPORT
La musica inglese e quella americana hanno sempre giocato di sponda. Non è un mistero che la prima ondata di rock band britanniche negli States - la British Invasion che vide protagonisti Beatles e Rolling Stones - sia stata fortemente influenzata dal rhythm&blues a stelle e strisce e dai primi vagiti del rock’n’roll. Questo incontro di stili musicali non si è ancora esaurito e Paolo Nutini ne è la testimonianza vivente. Sul palco come nella vita quotidiana, nella musica e nel look l’artista scozzese incarna alla perfezione l’eleganza britannica e l’approccio sportivo tipicamente americano. G.O.
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Stromae
L'ARTISTA
TOTALE
NON SOLO MUSICA, MA ANCHE BALLO E TEATRO. STROMAE È UNO DI QUEI RARI ARTISTI CAPACI DI RENDERE UN CONCERTO UN’ESIBIZIONE DALLE MOLTEPLICI SFUMATURE. COSÌ COME LE SUE CANZONI RACCHIUDONO DIVERSE SONORITÀ E CULTURE. IL BELGA È UNO DEI MIGLIORI FIGLI DELLA NUOVA EUROPA E ANCHE L’ITALIA, SPECIALMENTE DOPO LA VETRINA DI SANREMO, HA CAPITO IL SUO LINGUAGGIO. DI TUTTO QUESTO ABBIAMO PARLATO IN UNA PIACEVOLE CHIACCHIERATA TELEFONICA. di Alvise Losi - foto di Benjamin Brolet
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er prima cosa, togliamo un dubbio che molti ancora hanno: come si pronuncia Stromae? Varia in ogni Paese in base a come si pronuncia la parola “maestro”, dalla quale deriva. In Italia si pronuncia come si scrive: Stromae. Non avevi paura che il significato del tuo nome d’arte potesse essere frainteso e considerato presuntuoso? Senza dubbio è un nome un po’ presuntuoso, ma per me era anche divertente dal momento che il solo modo di comporre che conosco è quello di sedermi al pianoforte. Ed è anche per restare a metà tra il ridicolo e il pretenzioso che ho voluto poi invertirne le sillabe “Mae” e “Stro” e farlo diventare Stromae. Nella tua musica s’incontrano generi lontanissimi, dal rap al classico cantautorato, dall’elettronica al pop, fino alla rumba congolese e alla dance. Quale tra questi ti ha più influenzato? Non saprei quale possa essere la mia origine musicale, anche perché sono cresciuto in una famiglia nella quale ognuno ascoltava diversi generi e ciascuno mi ha influenzato. Potrei dire il sound della Motown e il soul, ma forse alla base di tutto c’è la musica africana. Questo mix tra sonorità africane e altre più tipicamente europee rompe delle barriere. Era questo il tuo obiettivo quando lavoravi alle canzoni o è stato un processo naturale? Quando ho scritto l’album semplicemente volevo cercare di mettere insieme le cose che più mi piacevano: dalla musica che ascoltavo in alcuni locali quando uscivo la sera alla chitarra congolese, che infatti ricorre in molti miei brani. Non sapevo se ci sarei riuscito ma volevo che nei pezzi ci fossero dentro un po’ tutte queste cose. Credo
«Non credo di poter essere qualcosa di più che un cantante. Cerco di divertirmi e allo stesso tempo voglio raccontare la vita che mi circonda, ma non vorrei mai essere moralista o dare lezioni a nessuno»
che forse il primo brano nato in questo modo sia stato Papaoutai. Naturalmente è un mix dovuto a un po’ di naturalezza e un po’ di calcolo. Ho provato grande soddisfazione quando poi, ascoltando le canzoni finite, mi sono reso conto che l’esperimento era riuscito. Si può dire che oggi il Vecchio Continente ascolti musica africana senza neppure saperlo o pensi che ci sia questa consapevolezza nel tuo pubblico? Mi piace pensare che tutti se ne rendano conto, anche se non posso essere certo che sia effettivamente così. Non credo che le persone stiano realmente a pensare «sento questo o quell’altro stile musicale», ma immagino ascoltino la mia musica solo con l’idea «mi onstage novembre - dicembre 55
piace o non mi piace». Non faccio canzoni per qualcuno in particolare, ma per tutti: non ho mai pensato di scrivere per i neri o per i bianchi, per i giovani o per i vecchi, per gli uomini o per le donne. Semplicemente compongo brani che vorrei fossero ascoltate dalla maggior parte di persone possibile. Non è un caso che ai tuoi concerti si possa trovare una notevole varietà di pubblico, sia in termini di età che di genere. Ti fa piacere riuscire a parlare a così tante persone? Uno dei complimenti più belli che ricevo è quando le persone mi dicono «sono troppo vecchio per la tua musica, ma mi piace molto». La mia risposta è sempre la stessa: «Grazie». Mi piace sapere che anche persone magari distanti da me amino la mia musica. Le ultime elezioni europee hanno visto una forte crescita dei movimenti estremisti. Pensi che la musica possa essere un giusto strumento per superare ogni forma di razzismo e discriminazione?
«Non salgo sul palco solamente per cantare le mie canzoni, ma per raccontare storie. La cosa più difficile è mantenere la sincerità e la spontaneità. Odio la distanza che si può creare tra me e chi mi sta di fronte»
Non penso che la musica sia più forte di qualcos’altro. Come membro e cittadino della Comunità europea ho la mia voce naturalmente, ma non credo di poter essere qualcosa di più che un artista. Non faccio altro che cantare le mie canzoni e non ho la presunzione di pensare di poter cambiare qualcosa. Cerco di divertirmi e allo stesso tempo raccontare storie, ma non vorrei mai essere moralista o dare lezioni a qualcuno. Ogni europeo deve fare le proprie scelte, ed è tutto. Non posso pensare per qualcun altro, faccio solo musica. Nei tuoi testi affronti anche questioni molto personali. Ti viene naturale o devi forzarti? Credo sia normale che ciascuno scriva a proposito della propria vita. Allo stesso tempo però è vero che ogni vita può essere interessante e la mia non lo è necessariamente più di altre. L’unica cosa sulla quale mi sono forzato è stato proprio cercare di raggiungere un certo distacco nel raccontare le storie e di essere il più oggettivo possibile, perché non pensavo fosse poi così avvincente parlare della mia vita. Per esempio ho riscritto molte volte il testo di Papaoutai, perché quando una cosa è molto personale rischia di essere troppo soggettiva, con il risultato di non essere capita da tutti. Durante il tuo primo concerto italiano, il 1 luglio scorso a Milano, mi ha stupito la reazione del pubblico: tutti conoscevano ogni parola dei tuoi brani, ma cantavano a mezza voce perché troppo impegnati a guardare cosa facevi sul palco. Musica, ballo, teatro: quanto curi le tue performance? Il mio obiettivo quando mi esibisco è raccontare storie, non solo cantare canzoni. Metto in scena la vita che mi circonda: passo da serio a ridicolo a ubriaco. E poi penso a quello che io stesso vorrei da un concerto come spettatore: cantare, urlare, ballare. La cosa più difficile è mantenere la sincerità e la spontaneità. Odio la distanza che si può creare tra me e chi mi sta di fronte. A dicembre ti vedremo in due grandi impianti. Cambierà qualco56 onstage novembre - dicembre
sa rispetto a luglio? O semplicemente ci godremo una festa molto più grande? Quel concerto è stato una sorta di baby show, una versione più piccola dello spettacolo che proporremo in location più grandi come i palazzetti di Milano (15 dicembre, ndr) e Roma (17 dicembre, ndr). Ma allo stesso tempo non sarà solo una festa più grande. Ci saranno schermi diversi e anche le luci saranno differenti. E così il suono. Saremo sempre in cinque sul palco, però ci saranno più pezzi in scaletta. Ma non è solo una questione di canzoni. Perché ogni brano per me è come se fosse un quadro sul quale dipingere un paesaggio. E gli schermi ci aiuteranno in questo. Qualche mese fa avevi detto di considerare Adriano Celentano uno dei primi rapper. C’è qualche altro artista italiano che stimi? Una persona mi aveva fatto sentire Prisencolinensinainciusol e allora mi è venuto naturale pensare che Celentano avesse realmente composto una delle prime forme di rap. Un altro artista che ho ascoltato con piacere è Tiziano
«Credo sia normale che ciascuno scriva a proposito della propria vita. Allo stesso tempo però è vero che ogni vita può essere interessante e la mia non lo è necessariamente più di altre»
Ferro: ha cantato La differenza tra me e te durante l’edizione belga di The Voice e mi ha colpito molto. Ma non posso dire di conoscere davvero bene la musica italiana. In futuro continuerai sulla stessa linea o possiamo immaginarci sonorità meno elettroniche? Te lo chiedo pensando alla versione di Tous les mêmes a cappella che ti ho sentito cantare dal vivo. Non so quando lavorerò a nuovo materiale perché in questo momento sono in tour e per scrivere canzoni devo uscire, stare con i miei amici e la mia famiglia, leggere, prendere spunto dalla vita di tutti i giorni: non sarebbe interessante fare canzoni sulla vita da tour. L’unico modo nel quale riesco a lavorare è questo. La sola cosa che posso fare ora è scrivere musica per altri artisti. Per esempio, Lorde mi ha chiamato per la colonna sonora di Hunger Games e così ho composto un brano. Tra poco compirai trent’anni (il 12 marzo 2015, ndr). Come li festeggerai e come ti immagini quando ne avrai 40? Sicuramente in maniera molto tranquilla, con la mia famiglia, al massimo uscirò a bere qualcosa. Quando avrò 40 anni non so come sarò, so solo che non vorrò essere certo di nulla. Avrei paura di potermi credere certo di qualcosa. Mi sembra sia la prima cosa che capita alle persone quando crescono, ma io non vorrei mai avere la presunzione di essere sicuro di nulla. l
POLIEDRICO. Paul Van Haver nasce il 12 marzo 1985 a Bruxelles, in Belgio, da padre ruandese e madre fiamminga. Il primo album Cheese è del 2010, ma è con il secondo lavoro Racine carrée (2013) che conquista pubblico e critica in tutta Europa e in particolare in Francia e in Italia, anche grazie a singoli trascinanti come Ta fête, Papaoutai, Tous les mêmes, Ave Cesaria, Formidable e Moules frites.
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STYLE
D ON 'T
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In un periodo nel quale il futuro sembra sempre più incerto, aumenta maggiormente la voglia di guardare al passato. Riguardo all’argomento il giornalista britannico Simon Reynolds ha scritto un libro, Retromania, nel quale spiega come nella musica si manifesti spiccatamente questa attitudine a voler guardare indietro nel tempo. Anche la moda non rimane indenne da questa “mania per il passato”: tutto viene ripreso, rimodernato e rivisitato in chiave attuale. Gli anni che più sembrano
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a cura di Laura Ritagliati
BAC K IN
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essere tornati in auge sono quelli a cavallo tra i Sessanta e Settanta: capi simbolo di quel periodo come il parka e il montone vengono reinterpretati in un’ottica contemporanea, tanto da renderli un must anche per la stagione attuale. Spazio anche alle fantasie optical, allegre e colorate, e alle geometrie in bianco e nero, eleganti e raffinate. Girate pagina per incominciare un emozionante back in the days.
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STYLE / ABBIGLIAMENTO
LEISURE SOCIETY BY SHANE BAUM Linee vintage per questi occhiali da sole con lenti e montatura color sabbia. Prezzo su richiesta
TWINSET Un omaggio agli anni 60 il cappotto bicolore in cachemire con fantasia a cuori di Twinset. 408 Euro
AN ITALIAN THEORY Un viaggio negli anni 70 con il maglione con stampa optical di An Italian Theory. 260 Euro
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MUEHLBAUER Come in Engadina negli anni 60 con il cappello in lana e pelo bianco di Muehlbauer. 445 Euro
LEVI’S RED TAB MEN’S COLLECTION Richiama i mitici Settanta la Trucker Jacket in velluto con interni in montone. 119 Euro
NEW ENGLAND Degna di un Dandy d’altri tempi l’elegante giacca verde New England. 349 Euro
MONDIA ITALY Orologio della collezione Madison dai tratti classici ma al tempo stesso contemporanei. 220 Euro
EASTPAK Rowlo è uno zaino classico ma all’avanguardia, con rifiniture in pelle e look minimalista. 80 Euro
IUTER Il parka, capo simbolo degli anni Sessanta, rivisitato in chiave moderna da Iuter. 289 Euro
POMIKAKI Clutch in saffiano con stampa geometrica bianca/nera e frange. 58 Euro
MADE FOR LOVING In stile hippie chic la mantella in viscosa di Made For Loving. Un must per questo inverno. 229 Euro
TIMBERLAND Vestito in lana lavorato con trecce, un classico per affrontare (al caldo) l’arrivo della stagione fredda.140 Euro
FRANKLIN & MARSHALL Tra passato e futuro con la felpa uomo con greche colorate di Franklin & Marshall. 80 Euro
VANS ERA MTE Dalle linee retrò, le Mte uniscono stile e funzionalità in vista dell’inverno 2015. 95 Euro
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STYLE / PRODOTTI
CARR SPORTSMAN La linea è ispirata alle forme degli amplificatori degli anni '60 così come i colori e il suono che riproduce. Di fronte a questo amplificatore non si può far altro che ritornare con la mente (ed il suono) al passato! Da 2.200 Euro
LOG BOWL Da un lato il legno con le sue caratteristiche uniche e naturali, dall'altro un rivestimento lucido, perfetto e colorato. É proprio in questi contrasti che risiede il fascino di questi vasi firmati da Doha Chebib Lindskoog. Da 59 Euro/cad
NESPRESSO - ALYSSA Ormai è diventato un oggetto cult tanto da far fatica a trovare chi ancora non ce l'ha. Se siete tra questi non perdete tempo: Alyssa la macchina per il caffè elegante e dalla linea retrò vi ripagherà con un caffè di gran qualità! 99 Euro
COLÈ - SUSHI KART È ispirato al mondo del Giappone ed è caratterizzato da un elegante gusto vintage. Sushi Kart è un carrello su ruote che si compone di due vassoi fissi e due girevoli. Bello e funzionale darà carattere a qualunque stanza. Prezzo n.d.
DANESE - TIMOR Icona del design italiano. Timor è il calendario perpetuo disegnato da Enzo Mari e prodotto da Danese. L'ispirazione arriva dalla segnaletica ferroviaria di una volta. Disponibile in tre colorazioni della base: bianco nero e verde. 119,98 Euro
LOMOGRAPHY - DIANA MINI Tra selfie e foto scattate con lo smartphone abbiamo perso la buona abitudine di stampare e godere degli scatti a cui siamo più affezionati. A Diana Mini piace ancora il buon vecchio rullino: approfittatene! Da 49 Euro
ARTEMIDE - ECLISSE Storica, bellissima e inimitabile. Eclisse è un progetto datato 1965 che porta la firma del grande Vico Magistretti. Di diritto è entrata a far parte della collezione permanente del Moma di New York e della Triennale di Milano. 144 Euro
ATYPICAL - BRIGHT COLLECTION Marchio italiano indipendente che punta sulla qualità. Gli skate che producono sono in legno massello di frassino e sono rigorosamente realizzati a mano. Il design, invece, richiama le tavole da surf degli anni '60/'70 . Wow! Da 79 Euro
PERFETTI - OROLOGIO TARGET Simpatico, divertente e dalle geometrie optical tanto care agli anni sessanta. L'orologio Target di Progetti è realizzato in legno ed è disponibile con diverse associazoni di colore.Perfetto per tutti gli ambienti. 178 Euro
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a cura di Giulia Vidali
GGRP SOUND Incredibile ma vero, è proprio come sembra. GGRP è un giradischi in cartone. In poche e semplici mosse potrete ascoltare sia i vostri 33 sia i vostri 45 giri. Mettetevi quindi di guizzo buono e iniziate a spolverare i vostri vecchi dischi.
PUPA - LASTING COLOR GEL Per la stagione autunno inverno Pupa propone la nuova collezione Snow Queen dai colori retrò. Uno smalto all'avanguardia: con due passate di colore il gioco è fatto e l'effetto è super! Pronte a testarlo? 6,50 Euro
SMEG - IMPASTATRICE Se siete tra quelli che in cucina fa davvero sul serio, abbiamo l’oggetto che vi farà davvero gola: l'impastatrice di Smeg, bella, elegante ed estreramente retrò. Facile da usare e bella da esporre! Prezzo s.r.
ECKOLO GAME Un puzzle divertente ma meno semplice di quanto sembri. 76 carte super colorate da riuscire ad abbinare. Il rusultato finale è un motivo geometrico/optical degno di essere incorniciato nei migliori salotti! 24,90 Euro
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WHAT’S NEW a cura di Alvise Losi
TROPPA
ROBA SONGS OF INNOCENCE È UN’OCCASIONE MANCATA: GLI U2 NON HANNO AVUTO IL CORAGGIO DI RINUNCIARE A UNA PRODUZIONE ECCESSIVAMENTE RIDONDANTE. MA È IL LORO MIGLIOR LAVORO DEGLI ULTIMI DIECI ANNI. di Alvise Losi -/ foto di Paolo Pellegrin
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ongs of Innocence è l’album più intimo che abbiamo fatto. Abbiamo cercato di lavorare il grezzo, nudo e personale, per tornare all'essenziale». Bono ha presentato così l’ultimo lavoro degli U2. Ma il tredicesimo disco degli irlandesi è tutto tranne che essenziale, appesantito da un gigantismo nella produzione che, se non lo ha del tutto rovinato, lo ha certamente compromesso irrimediabilmente. Diciamolo subito: gli U2 hanno scritto un album che, se da una parte supera il calo creativo di How to Dismantle an Atomic Bomb e No Line on the Horizon, allo stesso tempo non resterà certo negli annali della musica. E neppure tra i migliori del 2014. Songs Of Innocence è parso in un primo momento come un album con un grandissimo lavoro di produzione su un impianto debole: tanta forma e poca sostanza. Naturalmente fa parte del gioco. Se diventi una delle band più importanti dello show business uno dei vantaggi è che non registrerai più i tuoi pezzi in uno scantinato umido (tranne se ti chiami Rolling Stones e stai lavorando a Exile on Main St.). La musica però gioca con le emozioni. E quelle non si possono falsare più di tanto. Se un pezzo è bello, lo è anche con una produzione limitata. Le canzoni di Songs Of Innocence in realtà non sono affatto brutte, ma non sono grandi canzoni. Giocano sulla sorpresa, perché quasi nessun brano è un classico pezzo da U2. A par-
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tire dal singolo The Miracle (Of Joey Ramone), che dopo un attacco promettente si spegne con l’ingresso della voce di Bono. Per non parlare di Every Breaking Wave, a metà tra Sting e Coldplay. Forse le migliori sono Cedarwood Road, Sleep Like A Baby Tonight e This Is Where You Can Reach Me Now (non a caso hanno un sound più vicino ai lavori degli anni Ottanta e Novanta). Ma hanno gli stessi limiti di tutte le altre: promettono qualcosa che non mantengono. Sono brani che fanno sperare di poter sentire qualcosa di nuovo da parte di una band che da 15 anni vive di maniera, ma che poi si mostrano in tutta la loro normalità. Fin qui la recensione al “primo” album, quello in versione scaricabile da iTunes. Perché il “secondo” album, quello pubblicato nei negozi un mese dopo il lancio anche in versione deluxe, è un’altra cosa. O meglio, ha anche altro. E quell’altro è meno: meno produzione, meno arrangiamenti, meno suoni accumulati. E il risultato è nettamente migliore. La cosa migliore di Songs of Innocence sono proprio le canzoni contenute nel cofanetto. Tutte (nessuna esclusa) sono molto più belle nel-
la versione acustica. Every Breaking Wave, in particolare, nella variante voce e piano, da brano privo di anima diventa improvvisamente uno dei migliori composti dalla band negli ultimi dieci anni. Non dunque tanta forma e poca sostanza, ma forma sbagliata su una sostanza dignitosa. La sensazione finale è che si tratti di un’occasione persa. Non sarebbe stato comunque un album indimenticabile, ma sarebbe stato qualcosa più che il miglior lavoro degli U2 da molti anni a oggi. Peccato. Ma è anche preoccupante sapere che Bono e The Edge non siano stati in grado di capire che l’essenziale che volevano raggiungere era già nelle loro mani prima di rovinarlo con una produzione davvero eccessiva.
U2 Songs of Innocence (Island Records)
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MUSICA
ROCK IS
ALIVE
SI CHIAMANO THE LAST INTERNATIONALE E SONO UN TRIO DI NEW YORK. CON IL LORO LAVORO DI DEBUTTO MOSTRANO A TUTTI CHE IL ROCK È ANCORA VIVISSIMO. UNO DEI MIGLIORI ALBUM DELL’ANNO. di Claudio Morsenchio
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l classico appassionato di musica rock è sempre più assorto nell’ascoltare i suoi idoli del passato. Riprende spesso gli album storici dei gruppi preferiti, conosce i testi a memoria e venera senza fine le melodie e i ritornelli che nel tempo lo hanno fatto sentire meglio. Ma quando tutto quello che ha sempre desiderato ricevere da un gruppo rock a un tratto si concentra in una nuova band, cosa può accadere? I più romantici lo definirebbero una sorta di innamoramento a prima vista che tocca anima, mente e cuore. I più pragmatici semplicemente un desiderio realizzato. In ogni caso il risultato è che se ne resterà piacevolmente colpiti. Tutto questo e molto di più sono i The Last Internationale, un vibrante trio newyorkese che farà breccia nella vostra playlist rimpiazzando almeno in parte le attuali certezze. Basterà chiudere gli occhi e ascoltare la poetica voce di Delila Paz, capace di riportare la mente verso innumerevoli riferimenti femminili del passato, fra ballate unplugged ed energiche sterzate di-
storte, scarne e dirette. Il suono e l’ambientazione sono indubbiamente vintage, ma la proposta finale risulta fresca, vigorosa e dannatamente riuscita. Quello che impressiona maggiormente è l’immediatezza sfrontata della band e l’illuminante bravura nel creare praticamente dieci potenziali singoli orecchiabili, rigeneranti, attuali. Ascoltate con attenzione l’incedere sincopato di Baby It’s You e la leggerezza folk di Devil’s Dust, che attinge alle radici più intime e pure della musica a stelle e strisce. L’equilibrio perfetto fra la minimale scrittura melodica e la composizione musicale è garantito da un esimio supervisore come Tom Morello e dalla produzione di Brendan Benson e Brendan O’Brien,
leggende del sound americano contemporaneo. Se vi abbiamo convinto, non vi resta quindi che procurarvi il lavoro e farvi avvolgere dal carisma della band: siamo sicuri che in pochi minuti questo album entrerà fra i più amati della vostra personale discografia.
THE LAST INTERNATIONALE We Will Reign (Sony Music) di Massimo Longoni
Micro-reviews EDDA Stavolta come mi ammazzerai? (Niegazowana/Audioglobe) Terzo album solista per questo artista #tormentato e profondo, capace di mettersi a nudo ed emozionare come pochi altri nel panorama cantautorale italiano. Indie rock per davvero.
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YUSUF / CAT STEVENS Tell ‘em I’m Gone (Legacy Recordings)
Dieci nuovi brani per una delle voci più amate degli anni '70. Fresco dell’introduzione nella R'n'R Hall of Fame, Yusuf torna con un album molto orientato al blues e all’R'n'B. Già un #classico.
TINARIWEN Inside/Outside (Anti)
I maliani tornano con cinque bellissimi brani registrati nel Joshua Tree Desert della California durante le sessions di Emmaar. Blues all’ennesima potenza per una musica #senzaconfini.
ANTONY AND THE JOHNSONS Turning (Rough Trade)
Splendido #documentario di Charles Atlas su uno degli artisti americani più importanti degli ultimi anni. Il cd contiene la registrazione di un concerto tenuto a Londra nel 2006.
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rendete uno degli album più venerati nella storia della musica, composto dalla band che in assoluto più di altre ha saputo influenzare intere generazioni (non solo) di musicisti. Ora individuate il gruppo che, nel mondo del rock alternativo degli ultimi vent’anni, ha combinato più marachelle di qualsiasi altro, dissacrando completamente gli schemi compositivi e il modo di proporre gli show live. Il risultato non può che essere questa incredibile rivisitazione di Sgt. Pepper‘s Lonely Hearts Club Band, il capolavoro targato Beatles, manipolato in chiave elettronica e psichedelica da quei matti dei Flaming Lips. L’operazione di maquillage personale, non nuova per il gruppo statunitense, è un omaggio all’illuminante band di Liverpool e al pluridecorato lavoro, fonte d’ispirazione per milioni di persone e di sicuro
D SMASHING PUMPKINS Monuments To An Elegy (BMG)
di Stefano Gilardino
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riferimento per quel mattacchione di Wayne Coyne, leader dei Lips. La miscela finale è più che soddisfacente, grazie al sensibile rispetto per l’argomento trattato e alla maniacale cura di tutte le scorbutiche ambientazioni. Sintetizzatori, loop elettronici e lunghe suite si intrecciano sapientemente nelle canzoni dei Fab Four, stravolgendone la forma ma non l’essenza. Ottima anche l’impronta di alcuni acclamati ospiti: fra gli altri segnaliamo Moby, i My Morning Jacket e niente meno che Miley Cirus, ottima interprete di una rumorosa riedizione di Lucy In The Sky With Diamonds. Il lavoro è arricchito anche da una campagna di crowdfunding in sostegno a un’organizzazione no profit dell’Oklahoma, regione d’origine dei Lips. Senza paragoni e pregiudizi stereotipati, è un tributo sensibile e originale.
ici Smashing Pumpkins e pensi immediatamente al faccione di Billy Corgan, padre padrone di una band che ha vissuto periodi di splendore faraonico e momenti di stanchezza oltremodo preoccupanti. Nonostante la presenza ingombrante di un leader che non ha mai nascosto egomanie e problemi caratteriali, quella di capolavori come Gish, Siamese Dream e Mellon Collie And The Infinite Sadness era una band vera e propria, costruita anche grazie al talento di musicisti eccellenti come James Iha, Jimmy Chamberlin e D’Arcy Wretzky. Terminata quella prima intensa fase - e dopo una lunga pausa poco fruttifera a nome Billy Corgan o Zwan - il chitarrista, cantante e compositore è tornato indietro, senza però lasciare spazio ad aiuti esterni e coinvolgendo ogni volta nuovi musicisti, se si eccettua Jeff Schroeder, con
a domanda che rimane in testa al termine dell’ascolto dell’ottavo album in studio di Billy Idol è una sola: perché questa produzione? Raramente la scelta di suonare vintage e anni Ottanta a ogni costo ha penalizzato in tal modo un disco. Il lavoro di Trevor Horn in cabina di regia ha depotenziato in modo suicida l’impatto della chitarra di Steve Stevens e, talvolta, sepolto sotto troppi strati ed effetti elettronici l’ugola leggendaria dell’ex Generation X. Vero, non tutti i pezzi presenti su Kings & Queens Of The Underground sono esattamente dei capolavori: in particolare da Eyes Wide Shut a Love And Glory si assiste a un rallentamento di ritmo che inficia non poco la valutazione complessiva del cd. Detto questo, brani come Save Me Now, One Breath Away, Postcards From The Past, la stessa titletrack e
THE FLAMING LIPS With A Little Help From My Fwends (Spin Go)
di Claudio Morsenchio
lui dal 2007. Compiuta quindi la totale identificazione con la sua creatura più riuscita, Corgan ha inanellato una lunga serie di dischi dimenticabili, confermando un deciso inaridimento della vena creativa. Un timido passo verso il passato più fulgido, arriva invece con Monuments To An Elegy, suonato interamente da Corgan, in compagnia di Schroeder alla chitarra e dell’amico Tommy Lee dei Mötley Crüe alla batteria. Non un capolavoro, intendiamoci, ma un disco con un numero sufficiente di buoni pezzi (Tiberius, Being Beige, Monuments, Dorian) per consentirci di sperare in una seconda primavera artistica, magari sfruttando ancora di più le interessanti influenze new wave anni Ottanta che emergono qua e là. In attesa del già annunciato Day For Night, godetevi questo.
la conclusiva Whiskey And Pills (talmente sostenuta da sembrare scritta dai Motorhead) sono tutt’altro che da buttare. Risultano anzi vari, coinvolgenti e dinamici. Il ritorno sugli scaffali di Idol manca di ruvidità e immediatezza, quelle che, per capirci, resero invincibile l’impatto di Devil’s Playground nove anni fa. Certo, riportare alla mente alcuni passaggi sentiti nell’epoca d’oro degli anni Ottanta tra Rebel Yell e Whiplash Smile, oltre che nell’accattivante Charmed Life del 1990, non è assolutamente un aspetto negativo. Con la produzione adeguata, questo disco avrebbe potuto lasciare un segno molto più profondo, anziché essere un prodotto appena sufficiente e una giustificazione per tornare in tour a suonare i classiconi che ogni appassionato di musica conosce. Peccato.
BILLY IDOL Kings & Queens of the Underground (BFI Records / Spin-Go)
di Jacopo Casati onstage novembre - dicembre 67
CINEMA
a cura di Antonio Bracco
BIG HERO 6 di Don Hall, Chris Williams
USA, 2014, 93 min. CON LE VOCI ORIGINALI DI: Genesis Rodriguez, Jamie Chung, T.J. Miller, James Cromwell, Damon Wayans Jr.
CRITICA PUBBLICO
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onostante sia ispirato all’omonimo fumetto (inedito in Italia) della Marvel, la casa di produzione di Iron Man, Thor e soci non è coinvolta nella realizzazione del film, prodotto interamente dalla Walt Disney Animation Studios. Big Hero 6 è una commedia d’avventura ricca d’azione sull’enfant prodige esperto di robot Hiro Hamada, che impara a gestire le sue geniali capacità grazie al brillante fratello Tadashi. Quest’ultimo è circondato da una schiera di amici più unici che rari: l’adrenalica Go Go Tamago, il maniaco dell’ordine Wasabi, la maga della chimica Honey Lemon e l’entusiasta Fred. Quando una serie di circostanze disastrose catapultano i protagonisti al centro di un pericoloso complotto che si consuma sulle strade di San Fransokyo, Hiro
si rivolge al suo amico più caro, un robot di nome Baymax, e trasforma il suo gruppo di amici in una squadra altamente tecnologica per riuscire a rivolvere il mistero. Il cuore del film, come spiegano i due registi, resta comunque il rapporto tra Hiro e Baymax. Il primo vorrebbe trasformare il secondo in un robot da combattimento, mentre Baymax è principalmente una sorta di robot infermiere. È stato creato e programmato per accudire chiunque abbia un bisogno ed essere adorabile sotto ogni punto di vista. Hiro
inizialmente non lo capisce, ma non tarda a rendersi conto che quelli che lui considera difetti sono in realtà la vera forza del suo robot. L’emotività dei personaggi è l’asso nella manica della Disney, quello che la casa di Topolino non dà mai per scontato all’interno di una storia. Dopo l’enorme successo di Frozen dell’anno scorso, diventato il film d’animazione con il più alto incasso a livello mondiale (1 miliardo e 220 milioni di dollari), Big Hero 6 arriva in sala per infilarsi in quella scia di gradimento.
Micro-reviews I PINGUINI DI MADAGASCAR
di Simon J. Smith (USA, 2014) A grande richiesta arriva un film tutto per loro. Skipper, Kowalski, Rico e Soldato vengono reclutati dalla squadra Vento del Nord per sventare i piani di un malvagio individuo e #salvareilmondo. In 3D.
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LO HOBBIT: LA BATTAGLIA DELLE CINQUE ARMATE
di Peter Jackson (NZ/USA, 2014) Bilbo Baggins deve lottare per la sua vita e quella dei suoi amici nella battaglia che dà il titolo al film, mentre il futuro della Terra di Mezzo è in bilico. #Epicaconclusione della trilogia. In 3D.
SCUSATE SE ESITO!
di Riccardo Milani (ITALIA, 2014) Paola Cortellesi è costretta a trasformarsi in uomo per riuscire a trovare lavoro. In questa veste incontra Raoul Bova al quale pare non piacciano le donne. Morale: meglio #fingersiqualcunaltro per essere se stessi.
PADDINGTON di Paul King (UK/FRA/CAN, 2014) Un orsetto peruviano allevato da una signora inglese, sbarca finalmente a Londra. In cerca di una famiglia che lo voglia #adottare, capisce che la vita di città non è proprio come se la immaginava.
HUNGER GAMES: IL CANTO DELLA RIVOLTA - PARTE I di Francis Lawrence, USA, 2014
Katniss Everdeen ce l’ha fatta. Ha annientato quei sadici giochi per sempre, ma la strada per fermare la violenza di Capitol City e salvare i suoi cari è ancora lunga. Dopo essere stata recuperata dai ribelli, Katniss visita quello che resta del suo Distretto 12, bombardato dal regime. Alcuni abitanti, tra i quali Gale, Prim e la madre, sono riusciti a mettersi in salvo. Sotto la guida della Presidente Coin, la ragazza pianifica l’attacco a Capitol City insieme ai ribelli, nel frattempo raggiunti anche da Peeta, Johanna e Annie. Il terzo libro di Suzanne Collins è stato adattato in due film per due motivi. Il primo: non sacrificare importanti passaggi della storia dovendone fare una riduzione cinematografica. Il secondo: un film in più significa altri considerevoli incassi, così come è stato per gli ultimi capitoli di Twilight e Harry Potter. CRITICA PUBBLICO
IL CAST: Jennifer Lawrence, Josh Hutcherson, Liam Hemsworth, Julianne Moore, Philip Seymour Hoffman, Woody Harrelson, Elizabeth Banks, Stanley Tucci, Donald Sutherland, Sam Claflin
MAGIC IN THE MOONLIGHT di Woody Allen, USA, 2014
L'illusionista cinese Wei Ling Soo è il più celebrato mago della sua epoca, ma pochi sanno che il suo costume cela l'identità di Stanley Crawford, uno scorbutico e arrogante inglese con un'avversione per i finti medium. Stanley si reca in missione in Costa Azzurra presso la residenza della famiglia Catledge. Il suo compito è quello di smascherare la giovane e affascinante chiaroveggente Sophie Baker, invitata dalla signora Catledge perché convinta che la possa aiutare a entrare in contatto con il defunto marito. Sophie, però, si esibisce in diversi esercizi di lettura della mente che sfuggono a qualunque comprensione razionale e che lasciano sbigottito Stanley. Si tratta del 43° film da regista di Woody Allen (il numero sale a 50 se si includono documentari, corti e TV movie e l’ultimo film ancora senza titolo attualmente al montaggio). IL CAST: Emma Stone, Colin Firth, Marcia Gay Harden, Hamish Linklater
CRITICA PUBBLICO
UN NATALE STUPEFACENTE di Volfango De Biasi, ITALIA, 2014
Alla vigilia delle feste natalizie, zio Lillo e zio Greg sono costretti a prendersi cura del nipotino di otto anni dopo l’arresto dei suoi genitori. I due zii, molto diversi tra loro, hanno in comune una sola cosa: sono inadeguati al compito. Greg, single rockettaro, chiede aiuto all’amica Genny (Ambra Angiolini). Lillo, lasciato dalla moglie (Paola Minaccioni), è corroso di gelosia a causa del nuovo compagno di lei, un coatto tatuatore (Paolo Calabresi), e approfitta del bambino per tentare di riconquistarla. A complicare le cose arrivano le visite a sorpresa di due assistenti sociali (Francesco Montanari e Riccardo De Filippis), incaricati di verificare l'idoneità genitoriale dei due zii. Questa produzione Filmauro è di fatto il “film di Natale” che rimpiazza lo storico cinepanettone, peraltro già pensionato da un paio d’anni da Colpi di Fulmine e Colpi di Fortuna. CRITICA PUBBLICO
IL CAST: Lillo, Greg, Paola Minaccioni, Paolo Calabresi, Ambra Angiolini, Francesco Montanari, Riccardo De Filippis, Niccolò Calvagna
onstage novembre - dicembre 69
GAMES
THE EVIL
WITHIN L'ORRORE CHE RITORNA : IL MAESTRO MIKAMI SI AUTO-CITA E RISPOLVERA IL SURVIVAL PURO
Produttore: Telltale Games Genere: Avventura Grafica Disponibile per: Xbox One/360 / PS4 /PS3
N
el 2005 Shinji Mikami (padre di Resident Evil) non poteva immaginarsi che la sua idea di rendere più action il quarto episodio della saga Survival Horror per eccellenza avrebbe privato gli amanti del genere di titoli “puri” per molti anni a venire. In RE 4 il passaggio da inquadrature statiche alla visuale sopra la spalla del protagonista fu epocale. Allo stesso tempo diede il la a una voglia di ibridazione che di fatto cancellò i Survival autentici dagli scaffali dei negozi. I giochi moderni che vengono classificati nella categoria sono stati in grado si svecchiare un sistema di controllo datato, hanno puntato sulla modalità cooperativa, hanno reso più immediato il gameplay focalizzandosi maggiormente sulla giocabilità. Ma a rimetterci è stata quella sensazione di vero terrore che nei tardi '90 aveva shockato milioni di giocatori catapultati in angoscianti dimensioni parallele,
a cura di Blueglue
obbligati a cavarsela da soli nel buio. Di titoli che hanno provato a riavvolgere il nastro del tempo ne sono usciti, ma i risultati non sono stati certo esaltanti. Chi dunque meglio di Mikami poteva raccogliere una sfida così difficile e uscirne vincitore? The Evil Within ci riconsegna l'inquietudine. Ci mette nei panni di un detective sull'orlo della follia. Ci immerge in ambientazioni che oscillano tra il tetro e il disturbante. Alterna l'ambiguo all'esplicito, il “non vedo” tipico dell'horror di matrice nipponica a improvvisi momenti esageratamente splatter. Trasmette
quel feeling di essere sempre in pericolo, ci suggerisce implicitamente di conservare le munizioni perché non sappiamo quante ne potremo trovare in giro, ci costringere ad avanzare lentamente, a ponderare ogni singolo passo che decidiamo di muovere. Il titolo firmato Tango Gameworks raccoglie l'eredità del già citato Resident Evil 4: stesso point of view, stesse movenze pesanti e stessi tempi di azione lunghissimi rispetto allo standard moderno. Ed è esattamente quello che ci voleva per risvegliare emozioni dimenticate da troppo tempo.
Micro-reviews BAYONETTA 2
(WII-U) L'agognato ritorno della strega più stilosa che la storia recente dei videogiochi ricordi è esclusiva Wii-U ed è talmente ben fatto da giustificare l'acquisto della console Nintendo. #combosucombo #witchtime
70 onstage novembre - dicembre
ALIEN ISOLATION
(PS3/4 – XBOX 360/ONE) Era dal 2000 (Alien Vs Predator) che gli xenomorfi non facevano così bella figura in un videogioco; Isolation è perfettamente fedele al concetto di paura espresso dalla mitica pellicola di Ridley Scott. #ansia
D4: DARK DREAMS DON'T DIE (XBOX ONE)
L'ultimo racconto scaturito dalla fantasia di Hidetaka Suehiro (l'autore di Deadly Premonition) è un surreale poliziesco a episodi che i fan di David Lynch adoreranno. #stravaganzanipponicaestrema
FROZEN SYNAPSE PRIME (PS VITA)
L'ottimo titolo indipendente uscito 3 anni fa su PC arriva in versione riveduta e corretta sulla portatile di casa Sony, regalando ore di scervellamenti tattici agli amanti degli strategici a turni. #avantimarsch
TECH
KINDLE 2014
La lettura oggi non è più confinata solo alla carta, anche se molti fanno fatica a prendere in considerazione l'e-reading. L'ultima mossa di Amazon punta a offrire un'opportunità low price agli irriducibili di Marco Rigamonti
S
ottolineare il ruolo chiave di Amazon nella diffusione dei lettori di libri elettronici è quasi superfluo. Sbarcato nel mercato U.S.A. nel 2009, l'ormai mitico Kindle approda anche in Italia nel 2011 - anno importante perché segna l'intersezione delle due linee nel grafico che prende in esame vendite fisiche e vendite virtuali di libri nel mondo. Una crescita esponenziale, un trend positivo che oggi più che mai non ha motivo di arrestarsi. I vantaggi sono sotto gli occhi di tutti, e possono essere riassunti in due punti fondamentali: la comodità di potere avere sempre con sé centinaia di libri senza occupare una valigia intera e un notevole risparmio economico (sia da parte delle case editrici che dall'ottica del consumatore). E oggi la tattica di Amazon si concentra proprio su quest'ultimo punto: il colosso Americano propone una soluzione low-cost, che potrebbe spostare gli equilibri del mercato avvicinando ancora più persone al mondo degli e-reader.
Il nuovo dispositivo Kindle è un affidabilissimo entry-level: con dimensioni compatte (il display misura 6”), una memoria interna di 4 Giga e un peso inferiore ai 200 grammi, è in grado di offrire un'esperienza di lettura confortevole a un prezzo che va dai 59 (versione base, con inserimento di annunci pubblicitari - comunque poco invasivi) ai 79 euro (versione senza ad-free). L'interfaccia - in linea con lo standard Kindle - è estremamente semplice e funzionale; la vera novità - rappresentata dall'eliminazione totale dei tasti fisici in favore di un più moderno touchscreen - non inficia né migliora particolarmente le prestazioni. Trattandosi di un prodotto economico ci sono ovviamente delle lacune che vanno considerate: ad esempio, nonostante lo schermo sia nitido e ad alto contrasto, manca la fronte illuminazione - omissione che rende ostica la lettura in condizioni di luce non ottimali. Ma per chi ha sempre rimandato l'esperienza dell'e-reading perché scoraggiato da prezzi un po' troppo elevati ora non ci sono più scuse.
Micro-reviews BOSE SOUNDLINK COLOR (ANDROID / IOS)
Il nuovo speaker Bose portatile è coloratissimo e funziona via bluetooth; il prezzo è ragionevole, le prestazioni (considerate le dimensioni) ottime, il design accattivante e la batteria regge per 8 ore. #musicaovunque
72 onstage novembre - dicembre
CAMERA+ 6.0 (IOS - ANDROID)
Tra le tantissime applicazioni dedicate alla fotografia, Camera+ aggiornata alla versione 6.0 svetta per completezza ed efficienza; utile sia per chi scatta senza tanti pensieri che per i più esigenti. #scattipro
DIARIO SKUOLA.NET (ANDROID)
I tempi cambiano, e anche gli insegnanti più recidivi dovranno prima o poi farsene una ragione: il diario digitale di skuola.net è ben strutturato, gratuito e alleggerisce il peso dello zaino. #smartdiary
LG TONE + HBS-730
Le nuove cuffie bluetooth LG contano su una riproduzione audio notevole, assicurano dialoghi nitidi grazie alla tecnologia HD Voice e sono pure carine da indossare (vanno appoggiate sul collo). #trendyearphones
COMING SOON Alt -J
DA SCOMMESSA A
CERTEZZA di Laura Ritagliati foto di Gabriel Green
È
una delle band rivelazione di questi ultimi anni, capace nel giro di breve tempo di conquistare una solida base di fan per poi allargare costantemente la propria fetta di pubblico. Stiamo parlando degli Alt-J, gruppo inglese di alternative indie pop, formatosi nel 2007 all’Università di Leeds dall’incontro tra Joe Newman, Gus Unger-Hamilton, Thom Green e Gwil Sainsbury (quest’ultimo lascia i compagni nel gennaio 2014 per motivi personali). Gli Alt-J sono senza dubbio una formazione non convenzionale: lo si intuisce già dal nome che deriva dalla combinazione dei tasti utilizzata nel sistema Macintosh per ottenere la lettera dell’alfabeto greco Δ (delta), che in matematica è sinonimo di cambiamento, come quello che c’è stato nelle loro vite dopo la nascita della band. Con il loro intelligente mix tra folk, dump pop, alternative ed elettronica gli Alt-J si sono fatti conoscere
al grande pubblico nel 2012, con l’album d’esordio An Awesome Wave, che ha venduto più di un milione di copie, ottenendo ben sei nomination ai Brit Awards e vincendo anche un Mercury Prize, ambito premio dato al miglior disco britannico dell’anno. E i tre giovani amici non sembrano aver risentito di quello che molti nell’ambiente discografico considerano il passo più difficile: non cadere alla seconda prova dopo essersi fatti scoprire con la prima. Ma il trio sembra non correre di questo rischio: a settembre 2014 esce l’attesissimo album This Is All Yours, anticipato dal singolo Hunger Of The Pine. Il disco mantiene le promesse e li conferma definitivamente come uno dei gruppi più poliedrici e interessanti in circolazione. Ecco perché l’attesa per il loro unico concerto italiano previsto per il 14 febbraio 2015 a Milano cresce sempre di più, al punto che il live è stato spostato dall’Alcatraz al Mediolanum Forum di Assago vista la grande richiesta di biglietti da parte dei fan. Il tour mondiale degli Alt-J ha già registrato il tutto esaurito in città come New York, Chicago, Toronto e Amsterdam. Milano è pronta a seguirne l’esempio.
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CALENDARIO CONCERTI gen/feb
Afterhours 31/01 Roma 01/02 Como 02/02 La Spezia 06/02 Milano 07/02 Bergamo 08/02 Torino 12/02 Udine 13/02 Bologna 14/02 Vicenza 16/02 Napoli 17/02 Macerata 21/02 Cremona 23/02 Verona 26/02 Venezia 27/02 Firenze 28/02 Ancona Alt-J 14/02 Milano
Beatrice Antolini 14/01 San Benedetto del Tronto (AP) 06/02 Pordenone At The Gates 16/01 Bologna 17/01 Roma 18/01 Trezzo sull’Adda (MI) Ryan Bingham 10/02 Milano Black Keys 17/02 Milano Club Dogo 09/01 Firenze 10/01 Modena 16/01 Torino 28/01 Milano Dropkick Murphys 20/02 Milano
74 onstage novembre - dicembre
Enter Shikari 05/02 Milano Hammerfall 28/01 Trezzo sull’Adda (MI) Interpol 30/01 Milano Katy Perry 21/02 Milano Queen + Adam Lambert 10/02 Milano Lionel Richie 13/02 Milano Ed Sheeran 26/01 Roma 27/01 Assago Slipknot 03/02 Milano Tenacious D 04/02 Milano The Kooks 22/02 Milano The Subways 28/02 Milano Violetta 28/01 Torino 30/01 Milano 31/01 Milano 01/02 Bologna 03/02 Firenze 06/02 Roma 07/02 Roma 08/02 Roma
GIUGNO
20 TORINO
STADIO OLIMPICO
23 FIRENZE
STADIO FRANCHI
26 ROMA LUGLIO
STADIO OLIMPICO
1
BOLOGNA STADIO DALL ’ ARA
4
MILANO
8
VERONA STADIO BENTEGODI
STADIO SAN SIRO
TIZIANO
FERRO LO STADIO TO UR 2 0 1 5
TZN - The Best of Tiziano Ferro La sua prima imperdibile raccolta con tutti i successi, gli inediti, i duetti e le rarità. Dal 25 Novembre in tutti i negozi e in digitale
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