64
settembre 2013
Marco MENGONI
Un 2013 così non se lo aspettava nemmeno lui. «Ma non chiamatemi artista, cerco solo di essere onesto»
Arctic MONKEYS
Alex Turner e soci sembrano aver trovato l’equilibrio perfetto. AM è il disco dell’anno?
Alex BRITTI
«I talent ci illudono che per avere successo basti un taglio di capelli. Non giudico, cambio canale»
a Ligabue La pacatezza dei cantautori e la forza esplosiva dei veri rocker. Tutto con la solita grande naturalezza. Dopo quasi 25 anni di carriera, ancora concerti e decimo album in arrivo: il Liga è sempre il Liga
è nata ONSTAGE RADIO l’unica digital radio che trasmette solo musica live
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+ EROS RAMAZZOTTI + LEVANTE + STEFANO ACCORSI + PLACEBO + MARLENE KUNTZ Foto di Jarno Iotti
CUBOMUSICA CON GLI
ONE DIRECTION Contenuti speciali e un contest esclusivo per assistere alla prima di This Is US, Il film pi첫 atteso del momento
THIS IS US CONTENUTI ESCLUSIVI SU CUBOMUSICA! Un’ altra grande esclusiva di Cubomusica, la piattaforma di Telecom Italia dedicata alla musica digitale: dal 26 agosto, su cubomusica.it, contenuti extra e backstage del film degli One Direction This Is Us, con interviste alla band e un contest riservato a tutti i clienti TIM. 400 abbonati hanno vinto altrettanti inviti (valevoli per due persone) che Cubomusica ha messo in palio per assistere alle proiezioni dell’attesissimo film in programma a Roma e Milano, nel primo giorno di uscita nelle sale italiane. Con due soli album all’attivo, gli One Direction sono già un fenomeno mondiale. Milioni di dischi e singoli venduti, per non parlare dei numeri che la boy band registra sui social network - 20 milioni i fan su Facebook - e dell’interminabile richiesta di biglietti per i loro concerti. Gli 1D hanno ormai un successo planetario, con una comunità globale di fan, i celebri directioners, che ne segue ogni mossa. Guarda i contenuti extra su www.cubomusica.it e scopri tutto il mondo Cubomusica! Milioni di brani in streaming illimitato su pc, smartphone e tablet, playlist suggerite da artisti e dj famosi, anteprime discografiche, interviste e videografie, report sui principali eventi musicali nazionali ed internazionali, live chat con gli artisti del momento e tanto altro. Scarica subito gratis l’app su Apple Store, Google Play™ e Windows Phone™ Store.
di Daniele Salomone @DanieleSalomone
«Gentile Ministro Bray, i Rolling Stones, gli Who, gli U2, ma anche i Beatles (nel mitico Cavern di Liverpool) hanno cominciato a suonare nei pub e nei locali dal vivo, per qualche decina di ascoltatori sparsi tra i tavoli o in piedi con una birra in mano. La musica, come ben sappiamo, non è un prodotto preconfezionato. Nasce in situazioni imprevedibili – un incontro casuale sui banchi di una scuola, davanti a una pizza, sulla rete - e cresce in luoghi spesso occasionali: uno scantinato, un garage, una soffitta. Ma subito cerca, come l’ossigeno, un pubblico e uno spazio per mettersi in scena, magari davanti a pochi amici o parenti durante una festa, un matrimonio, una serata in un locale. Aiutare la musica a crescere, significa offrire a migliaia di giovani donne e uomini la possibilità di suonare in pubblico e dal vivo. Offrire loro spazi da cui possano sprigionare la loro linfa vitale. Sapendo che l’investimento in musica moltiplica i valori iniziali; perché la musica non è mai solo tempo libero e intrattenimento, ma una corrente che accende la vita degli spazi in cui scorre, produce lavoro, attira pubblico, incentiva il turismo e alimenta la creatività. La musica è in altre parole una parte fondamentale della nostra economia; con un indotto esteso e articolato, che non riguarda solo chi fa parte della filiera (gestori, producer, autori, promoter, discografici, editori, artisti…), ma coinvolge e beneficia chi la musica la ospita, la promuove, la pubblicizza. Eppure oggi in Italia fare musica dal vivo è sempre più difficile. Un groviglio di permessi, licenze, autorizzazioni rende oneroso e complicato organizzare momenti di ascolto live: sia per chi la musica la fa che per chi la ospita. Noi crediamo, gentile Ministro, che una legge italiana sulla musica dal vivo sia oggi cruciale. Una legge che, in accordo con la SIAE e l’ex ENPALS (due oneri fissi per qualsiasi pubblico spettacolo) annulli le procedure burocratiche e i permessi per i locali – di qualsiasi tipo che ospitano chi si esibisce dal vivo. Ci serve una normativa che stabilisca delle regole ragionevoli, come l’autocertificazione in rete degli spettacoli, una soglia massima di spettatori, orari condivisi per la musica su tutto il territorio nazionale; regole valide per tutti: gestori, artisti, fruitori, residenti. Anche perchè una legge siffatta saprebbe affrontare nel modo più efficace i disagi prodotti dai fenomeni della cosiddetta “Movida”. Moltiplicando nelle città italiane l’offerta di spazi dove si suona dal vivo (musica classica, rock, indie, jazz, blues, folk..) si diluirebbe infatti quella esacerbata concentrazione di folla attorno ai pochissimi locali in cui si può fare e ascoltare musica anche in ore serali. Per parlare solo di Milano, in pochi anni abbiamo perso il Derby, il Capolinea, La casa 139: luoghi che hanno ospitato dal vivo le sonorità di artisti diversi e straordinari come Jannacci, Chet Baker e gli Afterhours. In Inghilterra dallo scorso ottobre è in vigore una legge, il “Live Music Act”, che liberalizza e gli eventi di musica dal vivo con meno di 200 spettatori entro le ore 23 - e che incentiva le formazioni che si esibiscono “in acustico”. Una legge che ha già cambiato il panorama musicale delle città inglesi e che ha avuto nel nostro Paese una fortissima eco mediatica. Un Ministro che ha presieduto per anni uno dei più straordinari eventi di musica dal vivo europei – la Notte della Taranta di Melpignano - può meglio di chiunque altro capire come una legge italiana sulla musica dal vivo sarebbe davvero, un “decreto del fare”».
Per firmare la petizione lanciata da Stefano Boeri (architetto ed ex Assessore alla Cultura del Comune di Milano) con una lettera al Ministro dei Beni e delle attività culturali e del turismo Massimo Bray, basta digitare su Google “petizione musica live”. Il link alla pagina dedicata del portale Change.org apparirà come primo risultato.
onstage settembre 09
30
INDICE
SETTEMBRE 2013 N°64
38
30
LIGABUE
↘
Nuovi concerti e nuovo album per il Liga. Ma chi è oggi, a 25 anni dall’esordio, il Liga? Risposta scontata.
38
MARCO MENGONI
↘
Dopo un’annata come questa (che non è ancora finita, tra l’altro), ci sarebbe da darsi delle arie. E invece no.
44
EROS RAMAZZOTTI
↘
44
Una film sulla vita di Eros. Perchè no? In fondo, la sceneggiatura esiste già: basta seguire la scaletta dei live.
48
ALEX BRITTI
↘
Il cantautore (e grande chitarrista) ci racconta un po’ di cose. Parlandoci, soprattutto, del suo grande amore.
52
PARAMORE
↘
48
L’abbandono dei fratelli Farro poteva mettere ko la band. Che invece è ripartita più forte di prima.
56
Style
↘
Vestirsi tutti uguali, con gli stessi colori e le stesse fantasie? Che noia! La parola chiave del momento è customizzare.
CUSTOMIZE
CUSTOMIZE 56
10 onstage settembre
COSTUMIZE
52
Face to face
24
↘
Numbers
L’estate non è ancora finita, ma è già tempo di bilanci. Come sono andati i concerti all’aperto? Per qualcuno, molto bene.
STEFANO ACCORSI
TOGLIETEMI TUTTO MA NON IL MIO BIG
28 26
LEVANTE
What’s New È NATA LA DIGITAL RADIO DI ONSTAGE!
Jukebox
↘
Apriamo il magazine con uno sguardo attento e interessato su musica, libri, cinema, cultura, tendenze.
17
HOME FESTIVAL
20
sae institute
20 ALFRED HITCHCOCK 21
HIP HOP TV
22
HIT WEEK
↘
La prima digital radio che trasmette solo musica live, 24 ore su 24. Onstage Radio è disponibile sul sito e sulla pagina Facebook di Onstage, oppure come app gratuita da scaricare su tablet e smartphone. Anche a settembre, programmazione speciale dedicata ai grandi artisti in tour: Luciano Ligabue e Marco Mengoni. Tutte le info a pagina 72.
↘
Cosa c’è di nuovo e interessante, ogni mese, ve lo diciamo noi. Album, film e games in uscita, puntualmente recensiti.
63
musica
68
cinema
70
games
72
ONSTAGE RADIO
Coming Soon
↘
Il calendario concerti del prossimo mese e un focus sull’artista più importante tra quelli di cui ci occuperemo a ottobre.
74
BRUNO MARS
www.facebook.com/onstageweb @ONSTAGEmagazine
↘ Onstageweb.com foto di Jarno Iotti
Speciale Ligabue: live a Verona I sei concerti del Liga all’Arena sono il grande evento di settembre (non a caso, abbiamo dedicato una delle due copertine di questo numero al rocker emiliano). E Onstage, naturalmente, ci sarà. Vi racconteremo tutto dell’attesissimo spettacolo che
Ligabue porterà a Verona (sperando di ascoltare qualche anteprima del nuovo album) mostrandovi inoltre foto e video dei concerti. E se non state più nella pelle, non perdetevi lo speciale dedicato al Liga, online nei giorni precenti l’esordio.
onstage settembre 11
OSPITI SETTEMBRE 2013
Nicolas Guèrin
Pamela Littky
Chico De Luigi
Roberto Chiovitti
Vive vicino Parigi e ama fotografare vecchi attori e donne nude (è scritto nella sua bio). Ma si trova bene anche con i musicisti: ha ritratto Eros Ramazzotti nelle foto che vedete su Onstage settembre.
Abita a Los Angeles, dove fotografa rockstar e persone famose in maniera «spontanea e disarmante, intima e non pretenziosa». Ha ritratto anche i Paramore, come potete vedere più avanti nel magazine.
Il suo mantra è “osa sempre, ogni volta che scatti” e lui realizza ritratti che mostrano il lato umano e imperfetto dei soggetti, come le foto di Stefano Accorsi e Luciano Ligabue che trovate in queste pagine.
Nato a Roma nel ‘72, afferma di cercare di catturare la bellezza e l’attitudine di ogni persona che fotografa. Ha realizzato gli scatti che ritraggono Alex Britti su questo numero (e sulla cover del suo nuovo album).
Charlie Rapino
Andrea Bariselli
Stefano Verderi
Virginia Varinelli
Emigrando in Inghilterra ha trovato l’America (ma pure in Italia partecipando ad Amici come coach). Produttore dance e pop, da due anni butta benzina sul fuoco per noi dalla sua roccaforte: Londra.
Ideatore di RicetteRock.com, musicista, produttore, manager, editore. Ci racconta le sue innumerevoli esperienze con artisti e band a cui dedica succulenti piatti pensati ad rock. Altro che MasterChef!
“The Wizard” è il chitarrista de Le Vibrazioni. Diplomato al Musicians Institute di Los Angeles, ha fondato la Basset Sound nel 2010 per produrre nuovi artisti. Ci parla di affascinanti suggestioni retrò.
Fashion blogger tra le più attive del world wide web, Didi ha cominciato a scrivere di moda nel 2011, quando ha fondato il blog The Ugly Truth Of V (.com). Da quest’anno, cura la nostra sezione Style.
Registrazione al Tribunale di Milano n° 362 del 01/06/2007
Direttore editoriale Daniele Salomone d.salomone@onstageweb.com
Hanno collaborato Guido Amari, Antonio Bracco, Blueglue, Francesco Chini, Stefano Gilardino, Massimo Longoni, Alvise Losi, Gianni Olfeni, Marco Rigamonti, Gianni Zazza.
Ufficio commerciale Eileen Casieri e.casieri@onstageweb.com Marianna Maino m.maino@onstageweb.com Mattia Sbriziolo m.sbriziolo@onstageweb.com
Ufficio grafico Giulia Vidali g.vidali@onstageweb.com
Direttore marketing Luca Seminerio l.seminerio@onstageweb.com
Distribuzione e logistica Laura Cassetti l.cassetti@onstageweb.com
Redazione Francesca Vuotto f.vuotto@onstageweb.com Tommaso Cazzorla t.cazzorla@onstageweb.com Jacopo Casati j.casati@onstageweb.com
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Concessionaria per la pubblicità Areaconcerti srl via Carlo De Angeli 3 20141 Milano Tel. 02.533558
Direttore amministrativo Mario Vescovo m.vescovo@onstageweb.com
Filiale di Roma Paola Marullo p.marullo@onstageweb.com
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12 onstage settembre
Pubblicità Triveneto Everest ADV Viale Delle Industrie 13, Limena (PD) tommaso.perandin@everlastadv.it Pubblicità Toscana e Umbria Sara Moretti s.moretti@onstageweb.com Stampa Rotolito Lombarda Via Sondrio, 3 20096 Pioltello (MI) Onstage Magazine è edito da Areaconcerti srl via Carlo De Angeli 3 20141 Milano Tel. 02.533558 info@areaconcerti.it
74 anni fa
usciva il capolavoro di cui i Nirvana stessi erano orgogliosi. Dopo il boom (inaspettato) di Nevermind, la produzione sferragliante, i cambi improvvisi d’umore, le accelerazioni, le dissonanze e le melodie irresistibili di In Utero furono la risposta di Kurt Cobain a chi si aspettava un ammorbidimento per cavalcare il successo raggiunto nel 1991. Vent’anni dopo quel 13 settembre 1993, In Utero non ha perso nulla del suo fascino: un grandioso viaggio nel disagio e nel genio di una delle rockstar più controverse della storia, che morirà suicida sei mesi e mezzo dopo la pubblicazione del disco. J.C.
14 onstage settembre
Il sole sorge ogni giorno, e io resto viva
PRESENTA
“HUNGER GAMES: LACASTIRAGAZZA DI FUOCO” ( THESUPERVIHUNGERSOREGAMES: CATCHING FIRE ) NG
UNA PRODUZIONE CON
E
DI
DUTTORI ECUTIVI
ALLE MUSICHE PRODOTTO DA
MUSICA DI TRATTO DAL ROMANZO DI
COSTUMI DI
MONTAGGIO DI
“LA RAGAZZA DI FUOCO” (CATCHING FIRE) DI SUZANNE COLLINS SCENEGGIATURADI
DA MERCOLEDÌ 27 NOVEMBRE AL CINEMA
vivilo in
A.C.E. SCENOGRAFIDIA E
HUNGERGAMESFILM.IT
Il sole sorge ogni giorno, e io resto viva
PRESENTA
“HUNGER GAMES: LACASTIRAGAZZA DI FUOCO” ( THESUPERVIHUNGERSOREGAMES: CATCHING FIRE ) NG
UNA PRODUZIONE CON
E
PRODUTTORI ESECUTIVI
vivilo in
DI
ALLE MUSICHE PRODOTTO DA
MUSICA DI TRATTO DAL ROMANZO DI
COSTUMI DI
MONTAGGIO DI
“LA RAGAZZA DI FUOCO” (CATCHING FIRE) DI SUZANNE COLLINS
SCENEGGIATURA DI
DA MERCOLEDÌ 27 NOVEMBRE AL CINEMA HUNGERGAMESFILM.IT
A.C.E. SCENOGRAFIDIA E
DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA DIRETTO DA
DIRETTORE DELLA FOTOGRAFIA DIRETTO DA
*
JUKEBOX
avanti con
FIDUCIA Dal 5 all’8 settembre, Treviso ospita la quarta edizione dell’ Home Festival, uno dei pochi eventi superstiti nella stagione che ha spazzato via molti dei grandi appuntamente musicali italiani. Una realtà piacevolmente in crescita. di Jacopo Casati
D
ue palchi principali, quattro secondari, otto ristoranti, area bambini, enoteca, spazi per conferenze, installazioni e altre attività su un’area di 95mila metri quadrati nella Zona Dogana di Treviso, oltre 80 artisti chiamati a esibirsi (tra questi anche la star internazionale dell’arte contemporanea Michelangelo Pistoletto, che proporrà un’installazione dedicata per l’occasione) e più di centomila persone attese. Niente male per un evento totalmente gratuito. Nell’anno in cui appuntamenti storici come Heineken Jammin’ Festival e Gods Of Metal saltano, l’Home Festival si pone come una delle pochissime (l’unica?) realtà italiane in grado di guardare avanti e sfatare il mito dell’Italia come paese inadatto ai festival. Risultato assolutamente stupefacente per un evento che ha solo tre edizioni alle spalle. Merito dell’intuito e della perseveranza dell’ideatore Amedeo Lombardi, supportato dall’impegno di diversi enti locali (tra cui Regione Veneto, Provincia e Comune di Treviso) e dai soldi degli sponsor, fondamentali per continuare a garantire un festival senza biglietto d’ingresso. Per tutti questi motivi, l’edizione 2013 è per l’Home quella della definitiva maturità. Confermare il trend di crescita registrato nelle precedenti tre edizioni significherebbe andare oltre ogni più rosea aspettativa. Nella line-up musicale, in cui spiccano nomi come Francesco De Gregori, Crookers, Motel Connection, Asian Dub Foundation e
presupposto di partecipare ad una manifestaSalmo, manca il grande nome internazionale. Ma non importa, anzi. Perché l’Home Fe- zione si costruisce la base di partenza per reastival punta sull’insieme della proposta, sulle lizzare un periodo di vacanza, un vero viaggio». Un concept mutuato da famose realtà estesonorità e i generi differenti e, soprattutto, sul re, come ad esempio il Sziget Festival (non a contorno offerto ai concerti in programma. «La nostra vuole essere una grande manife- caso tra gli sponsor) che anno dopo anno si è stazione a trecentosessanta gradi - sottolinea affermato quale evento unico nel proprio geAmedeo Lombardi - non solo una semplice nere. L’Home è sulla buona strada nonostante rassegna di concerti. È una sorta di “casa” dove la giovane età. Sempre Lombardi spiega che la musica rappresenta il collante di una serie «il successo che il Festival ha raggiunto dopo di attività che abbiano come risultato quello di creare emozioni a «Il nostro slogan è “Feel like home”. Perché un festival è molto più che un insieme di concerti: chi partecipa. Lo slogan del nostro é un luogo dove persone unite dall’amore per concept è “Feel like home”, “senla musica condividono esperienze di vita» tirsi a casa”. Per questo vogliamo realizzare un luogo dove vivere il proprio tempo naturalmente, senza pensieri, con l’unica volontà di star bene e condividere con altre persone la stessa passione. Perché un festival - termine ormai abusato in Italia che spesso si sostituisce a rassegna o manifestazione - è molto di più che un insieme di live: é uno spazio, non solo fisico, un punto di incontro dove più persone condividono e scambiano esperienze di vita, dove si divertono, tutte unite dall’amore per la musica e dalla volontà e dall’ intenzione di stare insieme. Insomma, con il
tre edizioni, considerando che questa manifestazione gratuita non gode di contributi pubblici, è incredibile. Siamo certi che in Europa un evento gratuito più grande del nostro esista, ma di sicuro sono pochi quelli che hanno raggiunto un risultato simile, senza dimenticare che l’Italia per questo genere di iniziative presenta uno scenario che definire complicato è poco». Avanti tutta quindi, con uno sguardo al futuro che, per una volta, può solamente essere pieno di fiducia.
onstage settembre 17
JUKEBOX
QUANDO LE STORIE SONO DIVENTATE TESE
Finalmente disponibile anche in libreria Storie Tese Illustrate, libro di Enrico ET Trentin che racconta la storia degli ElIi tra il ’79 e il ’96 di Francesca Vuotto
N
ell’epoca in cui più di ogni altra l’uomo soddisfa la sua sete di conoscenza indagando il perché e il per come di tutto, c’è chi ha fatto il punto della situazione scavando nella Storia per ripescare le origini di Elio e Le Storie Tese. E se il genere umano è arrivato addirittura a “vedere” quel Big Bang da cui ha avuto inizio il mondo, perché non andare indietro un po’ meno nel tempo e ricostruire come se la sono passata Elio e compagni prima degli anni Novanta - quando si sono fatti conoscere ai più con Mai dire gol e il Tour dell’Amore - risalendo la corrente su su, fino alla sera del luglio 1980 in cui “salirono su di un palco allagato alto 10 cm e suonarono per la prima volta davanti ad un pubblico” in occasione di una festa di quartiere dalle parti di San Siro? A tramandare ai posteri quelle vicende ci ha pensato Enrico ET Trentin, che ha curato, scritto e disegnato il libro Storie Tese Illustrate,
in cui racconta attraverso stralci di interviste, illustrazioni e scalette dei concerti la storia del gruppo dal 1979 al 1996, anno in cui ha “sconvolto” Sanremo con La terra dei cachi. Anzi, si spinge più indietro, grazie ai ricordi di un outsider (che è a tutti gli effetti un insider) come Mangoni, che nella prefazione narra l’incontro tra lui e Rocco Tanica alle scuole elementari e, poi, quello successivo con Elio, ai tempi del liceo, quando i nostri “crescevano forgiando il loro spirito… rifugiandosi nel surreale e manifestando i loro turbamenti con ironia e a volte sarcasmo”. È in quei momenti lì che è nato tutto, è quello il brodo primordiale da cui sono venuti fuori Elio e Le Storie Tese. Il volume - disponibile da luglio sul sito della casa editrice Schockdom e ai concerti del Tour Biango - a settembre fa la sua comparsa anche sugli scaffali delle principali librerie, oltre che in quelli digitali di Amazon e IBS (€ 15).
*
LONDON CALLING Di Charlie Rapino
ME AND YOU Me: Elton John, Battisti, Bowie You: Ed Sheeran, 883, Morgan… ehm. Me: Carmelo Bene, Pasolini, Jack Kerouac You: Moccia, Dan Brown, Nick Hornby… ehm. Me: Angela Davis You: Matteo Renzi Me: Miles Davis, Marvin Gaye, Aretha Franklyn You: Bublè, Beyoncè, David Guetta… ehm. Me: Woodstock, Hendrix, Paolo Giaccio You: i talent show e i rapper italiani che sono figli dei ricchi (unici al mondo)… ehm. Me: l’Alfa Romeo spider, la Ford Mustang di Steve McQueen You: la Mini Bmw (che poi è una Peugeot) i Suv e la 500 di Jennifer Lopez… ehm. Me: sogno You: dormi
18 onstage settembre
JUKEBOX
RICORDANDO GABER 10 ANNI DOPO A dieci anni dalla scomparsa del grande Signor G, il Festival Giorgio Gaber si arricchisce di eventi e location.
A
pre i battenti a Milano la nuova sede del SAE Institute, centro di formazione professionale ed universitaria nel settore Creative Media. Nei mesi estivi Milano si è aggiudicata il titolo di Capitale della Musica ospitando a San Siro i concerti di big come Depeche Mode, Bon Jovi, Robbie Williams e Bruce Springsteen. Ma da settembre diventerà un punto di riferimento non solo per chi la musica l’ascolta, ma anche per chi la fa – o meglio, vuole imparare a farla. Perchè? Perché in via Trentacoste 14 il 7 settembre apre i battenti la nuova sede del SAE Institute, presente in città dal 1996: 3000mq – che comprendono 17 studi di produzione e 5 sale per ospitare workshop e showcase - in cui seguendo il metodo learning by doing si
UNA MOSTRA DA PAURA Il Palazzo Reale di Milano ospita fino al 22 settembre la mostra Alfred Hitchcock nei film della Universal Pictures, dedicata a uno dei più geniali registi della storia del cinema.
C
hi non l’avesse ancora visitata farebbe bene ad affrettarsi perché si tratta di un modo speciale per calarsi nel mondo di uno dei registi più geniali della storia del cinema: Alfred Hitchcock nei film della Universal Pictures è una goduria per i fan e un’occasione imperdibile per coloro (spero pochi) che non lo conoscessero. La mostra, ospitata a Palazzo Reale e curata dal critico cinematografico Gianni Canova, ricostruisce la carriera del regista inglese dal 1940 al 1976, concentrandosi sugli anni 50 e 60, con focus su quelli che sono ritenuti i capolavori simbolo di quel periodo: ecco quindi sale monotematiche per L’uomo che sapeva troppo, La finestra sul cortile, La donna che visse due volte, Psyco e Gli uccelli. In queste Canova spiega in video dettagli e significati del film, mentre alle pareti campeggiano le foto scattate sul set e provenienti dall’archivio Universal. Il tutto in un’atmosfera di suspense creata ad arte
20 onstage settembre
dalle colonne sonore dei film e da trovate come il primo piano “vivo”, a tutta parete, di Antony Perkins in Psyco. Nel percorso della mostra non mancano certo riferimenti alle altre opere della filmografia di Hitchcock, con materiali curiosi (come il montaggio di tutti i suoi celebri camei), così da ricostruirne la figura a tutto tondo. E se all’uscita, passando per il bookshop, farete incetta di dvd, non preoccupatevi: sarà una spesa ben fatta. M.L.
continueranno a formare a 360° i giovani in ambito audio-visivo con un’offerta formativa che spazia dai corsi di Sound Design e Digital DJ a quelli di 3D Animation e Digital Film Making. E in cattedra saliranno anche alcuni nomi noti – come nel caso di Alex Farolfi (Radio Deejay) e Andrea Cremascoli (Rolling Stone) per il corso di Webradio Production – e, come sempre, ai migliori professionisti del settore. F.V
HOT LIST I 10 brani più ascoltati in redazione durante la lavorazione di questo numero PRIMAL SCREAM 2013 (More Light, 2013) Devendra Banhart Hatchet Wound ( Mala, 2013) Nat King Cole When I Fall In Love (Love Is The Thing, 1957) Talking Heads Psycho Killer (Talking Heads: 77, 1977) Otis Redding Wonderful World (Otis Blue, 1965) David Bowie The Next Day (The Next Day, 2013) MARLENE KUNTZ CATASTROFE (Nella Tua Luce, 2013) ARCTIC MONKEYS CRYING LIGHTNING (Hambug, 2009) THE CLASH LONDON CALLING (London Calling, 1979) ALTER BRIDGE CRY OF ACHILLES (Fortress, 2013)
*
RETROMANIA di Stefano Verderi
LA FESTA DEL RAP Tutto il rap italiano si ritrova a fine settembre al compleanno di Hip Hop Tv, che da anni supporta la scena italiana. Max Brigante ci racconta con soddisfazione gli obiettivi raggiunti. di Tommaso Cazzorla
I
l 24 settembre Hip Hop Tv compie gli «Non è mai stata così alta, il rap è la musica anni e chiama a raccolta tutti i suoi fan. del momento e, per dischi venduti e seguito Ma è più che una semplice festa. «È una degli artisti, la maggior scena in Italia. Adconquista per Hip Hop Tv, ma anche per il dirittura si iniziano a distinguere i vari segrap in generale – racconta Max Brigante, rap- menti, chi mischia il rap con il pop, chi con la dance o l’hardcore e chi è rimasto duro e presentate del canale televisivo e dj. Siamo partiti 5 anni fa da una piccola di- puro. In altri paesi, come Francia e Stati Uniscoteca, siamo cresciuti sempre di più e ora ti, è così da molto». Quando parliamo del ruolo che Hip Hop siamo al Forum di Assago. È davvero bello rivedersi ogni anno su quel palco». Già, perché i Tv ha avuto in questa crescita, Max non naprotagonisti indiscussi dello show sono gli ar- sconde la soddisfazione: «Non è certo solo tisti della sempre più ricca scena rap italiana. merito nostro, ma abbiamo supportato la E ci sono tutti, da Bassi Maestro a Clemen- scena dandole la spinta mediatica necessaria tino, da Dargen D’Amico a Noyz Narcos, da a farla esplodere. Molti artisti, ad esempio, Salmo ai Two Fingerz. «Sono contento di avere anche qualche nome «Non è certo solo merito nostro, ma nuovo come i Boomdabash - confida abbiamo supportato la scena rap italiana Max - che insieme ai Sud Sound Sydandole la spinta mediatica necessaria a stem allargano gli orizzonti, dato che farla esplodere» non fanno prettamente hip hop. Tornerà Nesli, e poi ci saranno artisti che abbiamo coccolato e ora sono impor- hanno migliorato il loro approccio al videtanti come Fedez ed Emis Killa, che presenterà oclip per finire sul nostro canale, alzando il livello». La stessa festa è una dimostrazione di il nuovo album». In effetti la festa di Hip Hop Tv svolge da questo ruolo. Gli organizzatori si rifiutano di sempre attività di scouting, affiancando ai aggiungere big internazionali al cast, perché nomi già blasonati quelli pronti ad esplodere. «non vorremmo che qualcuno pensasse che il E così è diventata un efficace termometro tutto esaurito al Forum sia dovuto all’ospite. È merito esclusivamente dei nostri artisti per misurare la temperatura all’hip hop nostrano. E cosa dice la colonnina di mercurio? ed è importante che tutti lo sappiano».
UN GRAN MAL DI TESTA
L
o scorso 13 agosto, la musicassetta ha compiuto 50 anni. Nel 1963 nasceva dunque la prima alternativa al vinile per la riproduzione della musica. Ma a differenza del vinile, questo nuovo supporto consentiva l’incisione casalinga della musica - grazie ad appositi apparecchi che presto divennero accessibili a molti - nonchè la duplicazione della musica da cassetta a cassetta, e anche da vinile a cassetta. Si ponevano così le basi per la più grande piaga dell’industria musicale: la pirateria. Certo, nel ’63 l’Italia era nel pieno di un boom economico, ed era un paese molto diverso anche socialmente. Si mandavano le cartoline dal luogo di vacanza, si ascoltavano le partite di campionato solo alla radio, c’erano solo due canali tv, e si compravano i dischi. Chi era appassionato di musica, acquistava album, come gli appassionati di gialli o di fumetti. Poi, col tempo, la cassetta a nastro magnetico diventò uno strumento di diffusione a basso costo della musica, in alcuni casi abusiva. Il fenomeno della duplicazione e della vendita di copie pirata divenne sempre più dilagante, inarrestabile. È anche vero che lo scambio tra amici di cassette duplicate ha accresciuto l’interesse e la cultura musicali. “Ti copio su cassetta questo disco rarissimo di un live di Springsteen” si diceva, mentre si pensava “col cavolo che ti presto ancora un mio vinile, che l’ultima volta me l’hai ridato tutto graffiato!”. Ci stava. Ma non ci stava, la pratica di comprare cassette palesemente falsificate, successivamente sostituite dai CD pirata, solo per spendere meno. Qualche anno fa, sulla riviera romagnola, mi è capitato di osservare persone che di giorno, in spiaggia, compravano cd pirati a 5 euro per “risparmiare” e poi alla sera spendevano anche 70/80 euro per andare in discoteca e bersi un paio di drink. Che cosa ti rimane il giorno dopo? Un prodotto falso che non vale niente... e un gran mal di testa.
onstage settembre 21
*
JUKEBOX
RICETTE ROCK
ANCORA UN GIRO Dopo il successo delle passate edizioni, nuovo giro di Hit Week in Nord America. Dal 7 settembre al 29 ottobre, il festival promuoverà la musica italiana con una lunga serie di concerti. di Francesca Vuotto
di Andrea Bariselli
PASTICCIO DI SALMONE ALLA U2
C
i pensiamo noi a cantargliele agli laborazione tra FIMI, Ministero dello SviAmericani. Dal 7 settembre, negli luppo Economico, Puglia Sounds e l’agenzia USA e in Canada torna Hit Week, ICE (che si occupa di internazionalizzazione festival itinerante che promuove la musica delle imprese italiane all’estero), Hit Week italiana Oltreoceano. Nonostante si tratti di nel tempo ha allungato il suo calendario e si nazioni che rappresentano una sorta di Far è definito sempre più non solo come un’oWest per i nostri artisti – anche se qualcu- perazione culturale, ma anche, e perché no, no ci ha provato a piantare una bandierina, come l’apertura di nuove possibilità per il da ultimo Jovanotti con un tour nella East mercato italiano. «Con Hit Week gettiamo le Coast nell’autunno 2012 – i nordamericani basi per creare opportunità che ben coltivate hanno già assaggiato la proposta di Hit Week, che negli ultimi «La musica è un settore produttivo che anni ha portato da quelle parti va promosso e che ha bisogno di sostegno artisti come Elisa, i Subsonica, per sviluppare contatti con agenti, major, Caparezza e i Negrita, tra gli aldistributori» tri. Quest’anno toccherà a Franco Battiato, Marco Mengoni, al duo Musica Nuda e ai veterani (nel senso che potranno costituire la base per un’operazione hanno già partecipato in passato) Erica Mou di ampio respiro, che coinvolga una filiera e Nicola Conte esibirsi davanti al pubblico sempre più estesa» ha spiegato Enzo Mazza, di Los Angeles, Miami, New York e Toronto Presidente FIMI. «La musica è un settore – queste le città in cui la kermesse farà tappa. produttivo che va promosso e che ha bisoE non le cantiamo soltanto agli Americani, gno di sostegno per sviluppare contatti con gliele suoniamo pure, grazie alle performance agenti, major, distributori, attraverso piattadel Canzoniere Grecanico Salentino, il super forme digitali che rendano fruibile la nostra gruppo pugliese che da anni fa ballare la piz- produzione musicale negli USA» gli ha fatto eco Carlo Angeli Bocchi di ICE. Chi ben cozica a tutto il mondo. Nato nel 2007 e reso possibile dalla col- mincia è a metà dell’opera.
I
l pasticcio di salmone affumicato è un classico della cucina irlandese e gli U2 sono l’Irlanda. Dedicare questo piatto al gruppo guidato da Bono Vox mi ricorda quanto è stato tormentato il mio rapporto con la band di Acthung Baby e altri grandi album. Tutto comincia quando avevo 17/18 anni: ero geloso di Bono perchè la mia fidanzatina di allora aveva piazzato sue foto ovunque e i pomeriggi passati nella sua cameretta erano “spiati” dagli occhi del cantante e da quelli degli altri componenti della band, ritratti nelle centinaia di poster appesi dappertutto. La colonna sonora di quei pomeriggi? Be’, ve la lascio immaginare. Con il tempo il mio rapporto con gli U2 è migliorato. Pian piano ho cominciato a rispettarli, finchè sono rimasto folgorato dal concerto del 20 settembre 1997 a Reggio Emilia, tappa italiana del PopMart Tour. La capacità comunicativa di Bono, la potenza musicale del quartetto e le scenografie futuristiche mi fecero rinsavire. Insomma, archiviata la fidanzatina (insieme ai suoi poster), ho iniziato ad apprezzare gli irlandesi e mi sono avvicinato anche alla cucina della loro magnifica terra. Ingredienti per 2 persone: 400 gr. di salmone affumicato 1 peperone rosso tagliato a dadini 2 grandi patate dolci tagliate a dadini 2 cucchiaini di rafano 2 cucchiai di aneto fresco tritato 1 cavolo verde tritato 2 cucchiai di olio extravergine di oliva 2 uova sale e pepe qb
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22 onstage settembre
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FACE TO FACE
STEFANO ACCORSI A Venezia ha presentato L’arbitro, commedia in bianco e nero in cui interpreta un giudice di gara sopra le righe (dal 5 settembre al cinema), presto lo vedremo anche in TV. di Antonio Bracco
L‘
arbitro. Che idea ti sei fatto di questa professione? È una carriera poco mediatizzata, la si conosce soltanto in funzione delle singole partite e la si ricorda solo per cattivi arbitraggi e raramente per quelli esemplari. C’è un documentario inglese molto bello che circola in rete intitolato Don’t Kill The Referee che offre un taglio molto umano degli arbitri, ne mostra una sconosciuta intimità. Quale lato umano mette in risalto il film dell’esordiente Paolo Zucca? Il mio personaggio, detto Il Principe, sta partecipando a un campionato europeo ed ha la
possibilità di arbitrare la finale. Questo significa che ai quarti deve fare una forzatura del codice, accetta un compromesso, viene beccato e retrocesso alla terza categoria. Si ritrova ad arbitrare una finale tra disperati in Sardegna. Perché è detto Il Principe? Per l’eleganza e lo stile. Ci siamo divertiti a fare piccole coreografie enfatizzando certi gesti, esasperandone altri in una chiave riconoscibile. È importante infatti che quando ci si diverte sul mondo del calcio ci siano persone molto competenti, io ero il meno competente ma Paolo Zucca è un grandissimo tifoso. Hai mai dato del cornuto ad un arbitro? Guarda, io sono ateo calcisticamente. Mi è capitato guardando gli Europei o i Mondiali, posso averlo detto sull’emozione del momento ma non ho mai potuto insultare un arbitro da esperto. Da un arbitro colto con le mani nel sacco ad una serie tv per SKY su Tangentopoli intitolata 1992. Peraltro una tua idea, giusto? C’è stato un processo creativo da parte dei produttori ai quali l’ho proposta e successivamente degli sceneggiatori però sì, nasce da una mia idea. Ho una passione per l’informazione politica, l’evoluzione del nostro paese e sono curioso di sapere cosa succede nei corridoi del potere. La storia degli ultimi vent’anni in
Italia è stata trattata varie volte, ma raramente affrontata di petto in un film o in una fiction. Tu chi interpreti? Un pubblicitario con un passato torbido che si trova al centro di un importante sviluppo politico/economico. Ci sono anche altri personaggi di fantasia ad un passo da quelli storici. Quando vedremo 1992? Tra l’autunno e l’inverno. Raccontiamo dieci mesi in dieci episodi scritti da Ludovica Rampoldi, Alessandro Fabbri e Stefano Sardo che «La musica è il motore emotivo di tutto. Ne ascolto tantissima. Sono cresciuto con il jazz di Paolo Conte, Pino Daniele e Miles Davis. Il rock l’ho scoperto tardi» è anche un grande esperto di musica, è stato il cantante dei Mambassa. A tal proposito la colonna sonora della serie si avvale di pezzi originali, ma contiene una playlist di brani dell’epoca essenziali per entrare nel mood della storia. Che rapporto hai con la musica? È il motore emotivo di tutto, del lavoro, della vita. Ne ascolto tantissima. Sono cresciuto con il jazz di Paolo Conte, Pino Daniele e Miles Davis. Il rock degli U2, dei Pearl Jam l’ho scoperto tardi, dopo i 24 anni. Poi naturalmente Vasco e Ligabue. Quasi dimenticavo che hai girato Radiofreccia. Tra i gruppi recenti chi ti piace? I Muse. Li conosco dal primo album, li vidi in concerto a Parigi prima che esplodessero anche con Twilight. Fu un grande concerto. Hai un bambino di 7 anni e una bambina di 4 (avuti con Laetitia Casta, ndr). Li porti mai sul set? Intanto ora hanno capito che lavoro faccio. Andavo via di casa, poi tornavo dopo un po’ di giorni... Mi vedevano correre e una volta mio figlio mi chiese se facessi sport per lavoro. Quando l’ho portato su un set per la prima volta stavamo girando un pianosequenza molto lungo. Lui era seduto al monitor e dopo tre o quattro ciak iniziava ad annoiarsi. Voleva venire a parlarmi così gli dissero “Adesso non puoi parlargli, papà sta lavorando” e lui “Non sta lavorando, sta camminando”.
FACE TO FACE
LEVANTE Il singolo d’esordio, Alfonso, è una hit. Dopo una tournèe al seguito di Max Gazzè e qualche data in solitaria, Levante si avvicina alla pubblicazione del primo album, Manuale distruzione. di Tommaso Cazzorla
C
osa ti ha più stupito del successo di Alfonso? La cosa che mi ha più sorpreso del successo di Alfonso è il successo di Alfonso! È una canzone che ho scritto con l’intento di fare del bene a me stessa, senza pensare a come sarebbe stata accolta. Il fatto che sia piaciuto alle radio è stato il passaggio fondamentale, senza il loro supporto non sarebbe accaduto tutto questo.
Ti da fastidio che il brano sia stato definito un “tormentone”? Generalmente quella parola si associa a canzoni che non mi piacciono, ma fino a che lo dicono gli altri va bene. Io però non la definirò mai così, perché è un brano nato con un altro intento, non ha nemmeno il testo adatto ad essere un tormentone: per quanto la musica sia allegra e l’ukulele faccia subito estate è comunque un pezzo malinconico. Del resto l’ho scritta in un momento triste della mia vita. Ma so anche che il percorso che compie una canzone dopo che l’hai pubblicata non dipende più da te. Alfonso è piaciuta soprattutto per la schiettezza del testo e quella frase liberatoria nel ritornello. Quando l’hai scritto ti sei resa conto di interpretare un sentire comune? Assolutamente no, in tanti hanno dato la propria interpretazione al pezzo, alcuni ci hanno visto addirittura un’accezione socio-politica! Ma Alfonso parla solo ed esclusivamente di un mio periodo triste, in cui mi sentivo a disagio. La metafora più forte e chiara che potessi immaginare era quella di una festa in cui tutti riuscivano a divertirsi tranne me. Il tuo esordio discografico, Manuale distruzione, uscirà il 2 ottobre. Cosa ci puoi
dire a riguardo? Sarà molto vario. Tratta di storie di vita quotidiana, e anche se magari non mi sono successe tutte in prima persona è abbastanza autobiografico. Anche gli arrangiamenti sono eterogenei; Alfonso dà il senso della festa, ma ci sono brani che possono stupire anche il pubblico più esigente. Ti preoccupa il giudizio del pubblico? Non ho paura perché è un album che ho composto in totale sincerità. Ne vado molto orgogliosa, l’ho scritto tutto io, come volevo io, arrangiato come mi piace. Inoltre mi ha aiutato il grandissimo cantautore torinese Alberto Bianco, che ne è il direttore artistico. Certo, dopo l’accoglienza di Alfonso sarà difficile mantenere lo stesso livello di attenzione, anche se «Lavoro per pagarmi l’affitto. Se la musica mi permettesse di sopravvivere in maniera dignitosa farei la musicista a tempo pieno. Sarebbe bello, ma ancora non è possibile»
c’è molta attesa già per il secondo singolo. Forse qualcuno aspetta che io faccia un passo falso, ma in quello che ho fatto c’è sincerità, quindi Manuale distruzione può solo inorgoglirmi. Si è molto parlato del tuo lavoro come barista a Torino. Per cosa lo lasceresti? Io lavoro per pagarmi l’affitto, se la musica mi permettesse di sopravvivere in maniera dignitosa farei la musicista a tempo pieno. Sarebbe bello, ma nonostante la visibilità che Alfonso ed io abbiamo in questo momento ancora non è possibile. Fino a che non avrò certezze preferisco mantenere la mia vita com’è sempre stata, anche se ormai avere certezze è difficile per tutti. Sei stata in tour con Max Gazzè. Una grande sorpresa, oltre a tutte lo soddisfazioni di Alfonso, fare da spalla al Sotto Casa Tour di Gazzè è stato un regalo grandissimo. Spero di essere stata all’altezza di Max e del suo pubblico. E un tour personale? È già in programma? È ancora presto. A settembre faremo il punto della situazione, ci sarà anche il secondo singolo e la presentazione del disco. E poi, speriamo di poter organizzare il tour.
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NUMBERS
TOGLIETEMI TUTTO MA NON IL MIO BIG I dati di maggio, giugno e luglio segnano un’inversione di tendenza rispetto al 2012: il pubblico italiano ha partecipato numeroso ai concerti. Proprio tutti i concerti? Non esattamente. di Jacopo Casati
TAB.1
1
2
3
!
TOP ARTIST per numero di biglietti venduti
Vasco Rossi
Bruce
Springsteen
Muse
I
280.000
Spettatori
160.000
Spettatori
140.000
Spettatori
n tempi di crisi economica, il music business riscopre i concerti. A dire la verità non li ha mai dimenticati, ma nel 2013 le cose in Italia sembrano andare molto meglio rispetto all’anno scorso. Il pubblico, che pure non è mai mancato nelle grandi occasioni anche in passato, ha contribuito alla riuscita di una serie intensissima di appuntamenti. Se da un lato non siamo (e non saremo mai) un paese adatto ai grossi festival per questioni di cultura, economia, logistica e altro ancora, i dati di affluenza degli eventi estivi del 2013 mostrano quanto attraenti siano i grandi concerti per gli italiani. Sottolineo “grandi”. È infatti ormai chiara la fisionomia del pubblico nazionale: con buona pace di chi gradirebbe una certa attenzione anche per i nomi che gravitano fuori del mainstream, sono i big a tirare la volata, a prescindere dal quanto cari siano i biglietti dei loro concerti. Probabilmente quest’anno, senza buona parte dei festival più importanti (vedi Heineken Jammin’ Festival), si è creata la situazione ideale per i fan del nostro paese: tutti i nomi importanti sono arrivati con il proprio spettacolo e non hanno do-
28 onstage settembre
7
Concerti
4
Concerti
3
Concerti
{ { {
150.000
Torino
130.000
Bologna
25.000
Napoli
40.000
Padova
60.000
Milano
35.000
Roma
70.000
Torino
70.000
Roma
Spettatori Spettatori
Spettatori Spettatori Spettatori Spettatori
Spettatori Spettatori
4 date 3 date
2 date
vuto condividere tempo e spazio con colleghi meno noti, incontrando così alla perfezione la richiesta: gli italiani vogliono godersi i propri beniamini senza fastidiosi intralci o con spettacoli monchi. I segnali erano già chiari in passato: per esempio l’anno scorso le date singole di Metallica, Coldplay, Springsteen e Foo Fighters andarono alla grande, mentre Gods Of Metal, HJF e Rock In IdRho non ottennero affatto i risultati sperati. Gli stessi Coldplay, che per la data di Torino del 2012 hanno venduto 35.000 biglietti in poche ore, l’anno precedente faticavano a superare i 10.000 paganti per il set all’Heineken Jammin’ Festival. Probabilmente a favorire i buoni numeri del 2013 ha contribuito anche l’abbondanza da un punto di vista geografico. Gli stadi si sono riempiti in diverse città italiane, alla faccia del leit motiv “I concerti fighi li fanno sempre solo a Milano” - mai così clamorosamente smentito come quest’anno. Per esempio Vasco Rossi e i richiestissimi Muse da San Siro non sono passati. Proprio loro, insieme a Bruce Springsteen (date a Na-
poli, Padova, Milano e Roma), guidano la classifica di affluenza agli show, ma anche Roger Waters e Depeche Mode (due appuntamenti per loro) o ancora Robbie Williams e Bon Jovi hanno superato le cinquantamila presenze per i rispettivi spettacoli. A livello di star nazionali, la tournée di Jovanotti, con ben 13 show negli stadi, è stata ugualmente un grande successo, al punto che la prima delle due serate previste a San Siro è stata seguita da ben 48mila fan. Non solo stadi tuttavia, anche manifestazioni come il Rock In Roma dell’Ippodromo delle Capannelle (oltre 200mila presenze complessive) e il City Sound di Milano hanno detto la loro, grazie a veri e propri show stealer come i Blur (sold-out con 12mila presenze all’Ippodromo milanese) e il Boss nella Capitale. Bene anche gli eventi one-day-only presso la tanto bistrattata Arena Concerti di Rho Fiera, che ha ospitato masse abbondanti per i concerti di Green Day e Iron Maiden: quest’ultimo, con 35mila presenze, rappresenta il dato di affluenza più alto di sempre a uno show italiano per la blasonata band inglese. In ogni caso e a prescindere dal genere, stiamo sempre parlando di big della musica. Se l’agenda per l’autunno indoor è già ricca di appuntamenti e le indiscrezioni per il 2014 cominciano già a fioccare, il segnale che il pubblico ha lanciato ai promoter negli ultimi tre mesi è inequivocabile: c’è ancora fame di grandi concerti, la musica ha ancora un posto importante nel cuore (e nel portafogli) degli italiani. A patto che l’offerta sia quella giusta.
TAB.2
CITTà A CONFRONTO .1 Bruce Springsteen .2 Jovanotti .1 Bon Jovi .1 Negramaro .1 Depeche Mode .1 Robbie Williams
7
MILANO
Stadio S.Siro
concerti
TORINO
7
Stadio Olimpico
.4 Vasco Rossi .2 Muse .1 Jovanotti
concerti
ROMA
.1 Jovanotti .1 Muse .1 Negramaro .1 Depeche Mode .1 Roger Waters
5
Stadio Olimpico
concerti
PADOVA
3
Stadio Euganeo
.1 Bruce Springsteen .1 Jovanotti .1 Roger Waters
concerti
ARENA CONCERTI RHO FIERA
TAB.3
GREEN DAY s
24 maggio 2013
IRON MAIDEN s
30.000
spettatori
30.000
spettatori
8 giugno 2013
system of a down s 27 agosto 2013
20.000
spettatori
I NUMERI DI SAN SIRO
TAB.4
s
350.282
spettatori totali
7
concerti
s
50.040
media spettatori
60.000 58.000
BRUCE SPRINGSTEEN
55.000 50.000
robbie williams 31 luglio 2013 BON JOVI 29 giugno 2013
48.101 40.000
jovanotti
39.181 Fonti: Live Nation, Barley Arts, Vivo Concerti, Trident Management.
3 giugno 2013
depeche mode 18 luglio 2013
19 giugno 2013
negramaro 13 luglio 2013 jovanotti 20 giugno 2013 onstage settembre 29
Ligabue
è SEMPRE LUI
Dopo la pubblicazione di Arrivederci, mostro!, Luciano Ligabue ha dedicato molto tempo ai palchi, da cui fatica parecchio A stare lontano. E infatti, anche nell’anno in cui dà alle stampe il suo decimo disco in studio, ha programmato sei concerti, tutti all’Arena di Verona (dove ormai è di casa). Liga è IN moto perpetuo, eppure in tutti i suoi progetti c’è qualcosa di immutabile: l’autenticità. di Alvise Losi - foto di Chico de Luigi
é
un anno diviso in due quello di Ligabue. I primi sei mesi a lavorare centellinando le uscite pubbliche, dopo un 2011 che definire impegnativo è poco. E una seconda parte in crescendo. Prima l’annuncio dei sei concerti all’Arena di Verona per festeggiare il centenario del Festival lirico (sold out in poche ore). Poi la conferma del nuovo disco in uscita a fine novembre (il 26 per chi ancora non si fosse segnato la data). In mezzo c’è pure un popolo che aspetta con ansia il suo ritorno negli stadi nel 2014, ma che il cantante di Correggio non dimentica neppure in un anno di “pausa” (oltre all’Arena, il #ligaraduno con i fan a Bologna il 16 giugno). Ci si infili dentro anche il taglio di capelli che ha scate-
30 onstage settembre
nato congetture di ogni tipo. Ma la domanda è questa: chi è Luciano Ligabue oggi?
EQUILIBRIO Non è facile capirlo, anche se probabilmente è più semplice provare a farlo con lui rispetto ad altri artisti. Perché il rocker emiliano, tra i più amati cantanti italiani, è uno dei pochi che riesce a mantenere un equilibrio tra personaggio pubblico e privato. Tra apertura nel rapporto con i fan e determinazione nel non voler vedere sconvolta la vita di tutti i giorni. Sa concedersi (e tanto) senza però farsi risucchiare. Basta guardare una sua foto in un evento pubblico. Un sorriso genuino che maschera una certa timidezza, quasi imbarazzo in certi momenti. Come se in fondo volesse stare un passo indietro rispetto agli altri. Si pensi alla Mostra del Cinema di Venezia del 2009. Come si fa a trasformare una rockstar in giurato di uno dei più importanti festival ci-
nematografici al mondo? Si può se quel cantante è cantautore e scrittore e regista. Si può, soprattutto, se è una persona che sa trovare l’equilibrio tra fare le cose sul serio e non prendersi troppo sul serio. La forza di Ligabue forse è proprio questa. Non mascherare la propria normalità e restare autentico. Poi certo, quando si è bravi a comporre canzoni, a cantarle, a trasmettere emozioni dal palco, e in più a scrivere libri e girare film, tutto sembra più semplice. Ma non è detto che sia facile gestire la cosa, anche perché non basta il talento. Servono impegno e costanza. Non sapremo mai quante potenziali stelle si sono perse per strada. Sappiamo invece quante non si sono perse, ma hanno smarrito l’equilibrio. Cercare di essere normali è quanto di più lontano ci si possa aspettare da una rockstar, ma è esattamente quanto trasmette Luciano Ligabue. Che sia su un tappeto rosso a Venezia, in tribuna a San Siro, per le vie di Correggio a farsi un giro. E tutto si concretizza sul palco, da dove il Liga, rispetto ai suoi colleghi, emette un’aura di naturalezza. Un misto tra la pacatezza un po’ distaccata di cantautori alla Francesco De Gregori e Fabrizio De André (non bisogna mai dimenticare che Luciano è stato scoperto da Pierangelo Bertoli) e la forza esplosiva e un po’ vanitosa dei veri rocker. Pacatezza e forza esplosiva, spogliate però da distacco e vanità.
LE RADICI Il segreto va forse ricercato nella sua terra. Quell’Emilia che è patria di alcuni tra i musicisti che più hanno saputo costruire un rapporto diretto con il proprio pubblico, da Francesco Guccini (Modena) a Zucchero (Reggio Emilia). E qui interviene anche la differenza della dimensione (non solo fisica) della città rispetto al paese: la ricerca della normalità passa dai piccoli paesini, come sembrano suggerire proprio Guccini e Zucchero, che sono andati ad abitare rispettivamente a Pavana e Pontremoli, negli Appennini tosco-emiliani. O magari, più semplicemente, può intervenire la consapevolezza che cambiare luogo può influire sulla propria ispirazione tanto quanto sul proprio atteggiamento. E allora perché staccarsi dalle proprie radici? Ligabue a Correggio è nato e lì ha scelto di continuare a vivere. Un attaccamento alle origini che aiuta a non smarrire la strada. Gli accostamenti sono sempre azzardati, ma se si volesse fare un paragone con uno dei mostri sacri del rock internazionale, ce n’è uno che ha diversi punti di contatto con Luciano e due in par-
ticolare: la capacità unica di comunicare con il pubblico e l’autenticità che è in grado di trasmettere. Si tratta di Bruce Springsteen e, caso vuole, anche il cantautore del New Jersey continua a vivere a pochi chilometri da dove è nato e, come il nostro emiliano, custodisce e difende con gelosia la propria riservatezza. Un modo probabilmente per non perdere d’occhio le proprie radici, senza le quali in troppi si sono smarriti. Non tutto può essere però tanto semplice e non è possibile ridurre tutto ai geni, il carattere e l’educazione ereditati dalla propria terra. Ciascuno ha la sua storia. Ogni cantante ha fatto la gavetta per arrivare dov’è, ma Ligabue, rispetto a molti altri, al successo è arrivato tardi. Ormai si è abituati a vedere giovani sbattuti in televisione dai talent show e si pensa che a 25 anni possa essere già troppo tardi per realizzare il proprio sogno. Luciano Ligabue da Correggio il suo sogno l’ha cullato
a
«Perché questo taglio? Ma perché ne avevo voglia. Punto. Nessun altro significato»
e ci ha lavorato su tanto. Il disco di debutto Ligabue è targato 1990 e prima di sfondare e uscire dalla cerchia ristretta di chi adesso può dire «io lo conoscevo già dai tempi di Lambrusco coltelli rose & popcorn» gli sono serviti cinque anni e cinque dischi. È solo nel 1995 con Buon compleanno Elvis che Luciano diventa Ligabue. E Luciano nel 1995 ha (già) 35 anni. Poi in pochissimo tempo arrivano la Targa Tenco del 1996 a Certe notti come miglior canzone dell’anno, i tour da tutto esaurito, il libro di racconti Fuori e dentro il borgo e le lodi di critica e pubblico per Radiofreccia (che proprio quest’anno compie 15 anni). Da qui in poi Ligabue diventa il Liga.
PIEDI SALDI NELLA SUA TERRA Nulla di nuovo, cose che sanno tutti. Spesso però ci si dimentica della dimensione temporale degli avvenimenti. E così succede che quello che oggi per molti (non solo fan) è il più importante rocker italiano, nell’immaginario collettivo sia un essere mitologico di età indefinita e presente da decenni. Ed è per questo che è sempre bene ricordare tempi e date.
Uno di noi di Daniele Salomone
Ho incontrato Ligabue una sola volta. Nella sua Correggio, nel giugno del 2010, in occasione dell’uscita di Arrivederci, mostro! e del tour negli stadi settimana in partenza qualche settimana dopo. Poi, sul numero di luglio di Onstage, è uscita l’intervista. Che aveva un breve cappello che voglio ripubblicare perché credo racconti meglio di quanto potrei fare adesso, tre anni dopo, l’esperienza di trovarsi faccia a faccia con
32 onstage settembre
Ligabue. Un’introduzione-tributo all’uomo che, per come la vedo io, deve necessariamente venire prima dell’artista. Eccolo qui. «Incontrare Ligabue è un’esperienza rivoluzionaria. Luciano è l’eccezione in un paese che elegge “rockstar dell’anno” il suo Presidente del Consiglio – ricordate la copertina di Rolling Stone? – perché protagonista di condotte (si fa per dire) esuberanti. Lui, Liga, quello che riempie gli stadi,
conserva l’onestà di un fanciullo e l’umiltà di un uomo di campagna, senza rinunciare all’energia del rock, quella che fa ballare, gridare e sudare. In Italia, in questo momento, è quanto di più anticonformista si possa immaginare. In casi come questo si dice “Ligabue è uno di noi”. Ma prima di pronunciare (o scrivere) quelle parole, dovremmo farci un bell’esamino di coscienza e capire quanto noi assomigliamo a lui».
a
QUANTE NOTTI ALL’ARENA!
Foto di Jarno Iotti
A Verona Ligabue è di casa: c’è stato persino con l’orchestra. E ci torna anche quest’anno: il 16, 17, 19, 20, 22 e 23 settembre, l’artista emiliano suonerà nell’anfiteatro scaligero. Sei concerti, tutti sold out naturalmente.
Perché Ligabue avrà anche 53 anni, sarà pure un’istituzione del rock italiano, colonna portante in questo momento di crisi per la musica, ma rimane uno che deve ancora festeggiare le nozze d’argento con i suoi fan. È un vulcano di idee: compone canzoni, scrive libri, dirige film. Tutto ben noto, ma in fondo, se ci si pensa bene, è appena diventato maggiorenne nella sua veste di rockstar. Buon compleanno Elvis uscì il 21 settembre 1995, diciotto anni esatti dai concerti di oggi a Verona, e, anche se di strada ne ha fatta tanta, non smette di lavorare. Un uomo sopra i 50 che però è ancora giovane e non rinuncia a mettersi in gioco. Ecco qui il segreto di un artista che troppo spesso è considerato come un campione del rock made in Italy a prescindere, senza ricordarsi cosa lo ha portato dov’è. A differenza di altri, che hanno colto fama e gloria quasi per caso per una canzone riuscita, Ligabue ha dovuto faticare e, come quelli che arrivano tardi al successo, non ha mai avuto intenzione di sedersi sugli allori e ha mantenuto i piedi ben saldi nella sua terra. Radicati. Consapevole, anche per la lunga gavetta affrontata, che nella vita si possono commettere degli errori. Ecco perché, in un mondo ormai sempre più legato al business, sorprende la normalità di un uomo che sa riconoscere i propri errori, come quando dopo Campovolo 2005 scrisse ai fan per scusarsi dei problemi tecnici. Un filo con il pubblico che Ligabue continua a mantenere anche
quando è giù dal palco. E così su Facebook nell’ottobre 2012 si stupisce che il nuovo taglio di capelli abbia causato una «reazione forte». E per evitare l’innescarsi di illazioni o dicerie su cosa potesse significare «dal punto di vista artistico o umano», senza dimenticarsi di tirare le orecchie ai più «morbosetti», risponde a tutti nella maniera più semplice. «Perché questo taglio? Ma perché ne avevo voglia. Punto. Nessun altro significato». E poi, sempre tramite social network, arriva l’annuncio dell’attesissimo nuovo album. Dodici canzoni che decine di migliaia di fan aspettano in trepidazione (i titoli, non in ordine, sono Il muro del suono, Ciò che rimane di noi, La terra trema, amore mio, Il volume delle tue bugie, La neve se ne frega, Siamo chi siamo, Il sale della terra, Nati per vivere (adesso e qui), Per sempre, Tu sei lei, Con la scusa del r’n’r, Sono sempre i sogni a dare forma al mondo). Il tutto corredato da un po’ di foto dallo studio di registrazione, con commenti e didascalie a firma Luciano. Se ti chiami Ligabue, adesso che sei adulto, di promozione non ne hai praticamente bisogno. E così quel gesto, comunque in odore di marketing, assume davvero un valore di vicinanza e affetto nei confronti di chi continua a seguirti dopo tanti anni. Un artista con l’entusiasmo di un giovane e la consapevolezza di un adulto sa bene che è il pubblico a farti fare il mestiere che ami. E il pubblico va rispettato, non adulato, mettendosi a nudo e donandogli quell’autenticità che è propria solo dei grandi performer. l
TOP TEN
La discografia di Ligabue sta per arricchirsi della decima perla
1990
Ligabue
1995
Buon compleanno Elvis
1991
Lambrusco coltelli rose & popcorn
1999
Miss Mondo
1993
Sopravvissuti e sopravviventi
2002
Fuori come va?
2013 a 2010
Arrivederci, mostro!
34 onstage luglio
1994
A che ora è la fine del mondo?
2005
Nome e cognome
?
Il nuovo
CANTAUTORE 38 onstage settembre
Marco MENGONI
+ Forse neppure lui si aspettava che L’essenziale Tour fosse un successo simile. E il bello deve ancora venire: a fine settembre inizieranno le date nei teatri, secondo giro dopo l’intermezzo estivo all’aperto. Se ci mettiamo anche i risultati dell’ultimo album e il primo posto a Sanremo, il 2013 è davvero l’anno di Marco Mengoni. Non a caso, è arrivato l’endorsment di Francesco De Gregori, che l’ha incoronato come uno dei migliori cantautori italiani. E se lo dice lui. di Stefano Gilardino - foto di Stylaz/Photomovie
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eggendo i numeri riassuntivi del tuo tour si rimane piuttosto impressionati: sold out ovunque e grande successo, con numerose date della prossima tranche che promettono molto bene. Una buona annata direi. Cosa posso dire? Hai ragione, questo 2013 si sta dimostrando incredibile per me e la mia tribù. Il tour è iniziato a maggio e chissà quando finirà, perché dopo l’estivo e una piccola pausa, a fine settembre ricominceremo coi teatri. Abbiamo già triplicato alcune date, per far fronte alle richieste di biglietti, a Milano forse arriveremo a quattro serate agli Arcimboldi. Mi erano mancati molto i concerti estivi, non ne facevo dai tempi del tour di Re Matto e quindi ne avevo proprio bisogno. Aggiungi che le location sono state particolarmente suggestive, vedi Taormina, e il cerchio si chiude. Tempo fa, durante un’altra intervista di Onstage col nostro Direttore, avevi toccato un argomento interessante ovvero quello della morte artistica di un cantante o di un gruppo. I motivi di un ritiro, dicevi, sono due: la mancanza di attenzione da parte del pubblico oppure un calo decisivo d’ispirazione. Parlando di te, e questa è la cosa curiosa, ti auguravi che la tua carriera non fosse lunghissima, ma che finisse al momento giusto. È cambiato qualcosa? Direi che il mio pensiero è rimasto lo stesso, ma è un atteggiamento che credo di avere verso la vita in generale. Mi piace cambiare pelle e mutare spesso, mi annoio a fare le cose sempre uguali e in più sono dell’idea che si debba essere assolutamente sinceri col proprio pubblico. Se non ci sono altre idee interessanti o bei dischi da incidere, a
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«Mi piace cambiare pelle e mutare spesso, mi annoio a fare le cose sempre uguali e in più sono dell’idea che si debba essere assolutamente sinceri col proprio pubblico»
che serve tirare avanti? Meglio occuparsi d’altro, no? Al tempo stesso, devo ammettere che il grande successo dell’ultimo disco mi ha aiutato a mettere in pratica altre intuizioni che mi frullavano per la testa, è stato la molla per scrivere altre canzoni nuove e quindi al momento non penso ancora al ritiro. I miei fan possono stare tranquilli ancora per un po’, perché non mi va di starmene seduto a pensare, preferisco correre su un palco e divertirmi. (ride, ndr) Staranno tirando un sospiro di sollievo… Speriamo (ride, ndr). Comunque, mi piace l’idea di rischiare proprio in un periodo così poco bello della nostra storia. Si parla di crisi, non ci sono soldi, nessuno investe su nulla, io cerco almeno di fare il contrario, di lavorare con gente giovane come me, per dimostrare che per
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essere un grande team non serve necessariamente avere tutti 50 anni, con passione e voglia si può sopperire alla mancanza di esperienza. In effetti non sembrano parole di uno che vuole mollare con la musica tanto presto. In fondo hai solo 25 anni. Sono nato il 25 dicembre, tra l’altro, quindi ho tempo fino a 33 anni. Ok, è uno scherzo, però un po’ ci credo. Magari ne riparliamo nella prossima intervista… Ritornando alla domanda di prima, mi piace ricordare che la voglia di cambiare e di lavorare con gente che mi assomigli non mi manca di certo. Ho cambiato un po’ di tempo fa tutto il mio team, manager e produzione compresi, ho chiesto alla persona che si occupava dell’ufficio stampa per me di diventare la mia manager (Marta Donà, nda) e, infine, ho cominciato una fruttuosa collaborazione con Michele Canova, che è stato fondamentale per la riuscita del mio ultimo disco. Senza contare che ho vinto il Festival di Sanremo con un pezzo che c’entrava poco col mio vecchio repertorio, segno di cambiamento anche in questo caso. Facendo una rapida ricerca su Google, mi ha stupito quanti articoli ci siano su di te e quanti di loro puntino la propria attenzione sul tema dell’omosessualità – vera, presunta o negata
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Un tour essenzialmente straordinario
Dopo le prime date di maggio, L’essenziale Tour 2013 è entrato nel vivo a luglio, con un calendario fittissimo di date all’aperto sparse per tutta la penisola. Sold-out ovunque, come del resto vale per le date della seconda tranche nei teatri, in partenza a fine settembre. Marco ha ancora una volta deciso di puntare tutto sulle canzoni, limitando la scenografia... all’essenziale.
La scaletta
. Intro . Pronto a correre . Evitiamoci . Bellissimo . Non passerai . L’equilibrista . Re matto . Avessi un altro modo . I Got The Fear . Spari nel deserto . 20 sigarette . Tonight . Solo
. La vita non ascolta . Come ti senti . La valle dei Re . Tanto il resto cambia . Un’altra botta . Questa notte . In un giorno qualunque . Non me ne accorgo . L’essenziale
Bis:
. Natale senza regali . Una parola
Le prossime date
25/09 Milano, Teatro degli Arcimboldi 25/09 Milano, Teatro degli Arcimboldi 28/09 Roma, Gran Teatro 01/10 Bologna, Europauditorium 06/10 Roma, Auditorium Parco della Musica 09/10 Napoli, Teatro Augusteo 11/10 Firenze, Teatro Verdi 12/10 Torino, Teatro Colosseo 17/10 Torino, Auditorium del Lingotto 19/10 Firenze, Teatro Verdi 20/10 Milano, Teatro degli Arcimboldi
«Chi parlava solo delle mie presunte frequentazioni personali adesso è costretto a commentare i miei successi. Non mi chiedono neppure più se sono gay, mi sento quasi solo»
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che sia. So che sei un grande fan di David Bowie, un artista la cui ambiguità sessuale è stata uno dei segreti del suo successo, ma perfettamente tollerata, e mi chiedevo come vivessi tu questo interesse quasi morboso nei tuoi confronti. Mah, è abbastanza risaputo che negli anni Settanta, in Inghilterra e in campo artistico, ci fosse una maggiore tolleranza a riguardo, oggi sono davvero cambiati i tempi. In teoria non dovrebbe più fregare a nessuno di quello che una persona combina in camera sua, ma purtroppo è il contrario e quindi ho deciso anche io di giocarci un po’ su anche se sono molto riservato per quel che riguarda gli affari miei. Alla fine mi fa ridere, perché molti di quelli che parlavano di Mengoni solo quando si trattava di pettegolezzi o di mie presunte frequentazioni personali, sono stati costretti a commentare altre cose, ovvero successi di classifica, di vendita e di un tour che fa tutto esaurito ovunque. Pensa un po’, non mi chiedono neppure più se sono gay, mi sento quasi solo. (ride, ndr) E cosa ti chiedono con insistenza, invece? Forse dei testi che sto scrivendo o cosa voglio dire con una canzone,
ma non credo che tu intendessi questo, vero? No, infatti, volevo sapere cosa ti dà fastidio… Ah, mi chiedono cosa indosso nella vita quotidiana quando esco di casa. Immagina un po’… Mi metto dei pantaloni, le mutande, le calze se fa freddo. Domanda inutile, direi. Poi mi chiedono spesso cos’è l’essenziale per me e mi diverto a cambiare risposta, quando me ne viene in mente una più divertente. Pensa che qualche tempo fa ho intervistato un famoso cantante inglese, il quale mi ha detto che i suoi fan gli chiedono con insistenza di seguirli su Twitter, in modo da potersene vantare con gli amici! (risate) Oddio, non ci credo! No, a me non succede perché i ragazzi sanno che io non sono proprio un grande amante della tecnologia. Ho parecchie riserve a riguardo, diciamo che uso Facebook con molta parsimonia e su Twitter non seguo quasi nessuno! Però nel titolo del tuo ultimo album, #PRONTOACORRERE, hai usato l’hashtag! E pure il precedente, Solo 2.0, aveva riferimenti al mondo informatico.
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Hai ragione. A scanso di equivoci, sono totalmente a favore della tecnologia. Sono nato nel 1988, in pieno avvento del computer quindi ne capisco e apprezzo tutto il potenziale. Sono io che preferisco il lato animale e fisico della vita e mi piace poco stare seduto davanti allo schermo di un PC. Resta il fatto che posso comunicare in tempo reale con chiunque, fare cose inimmaginabili fino a qualche anno fa. Mettiamola così: adoro il progresso, ma anche la lentezza. Mi spiacerebbe, per esempio, se si arrivasse a un punto in cui neppure i concerti dal vivo serviranno più. Vorrei solo che la tecnologia fosse un aiuto, non un surrogato di contatti umani. E magari che preservasse un poco di più il mistero attorno al tuo cantante preferito, come negli anni passati… Esatto, siamo totalmente d’accordo, anche se sappiamo bene che non è possibile che succeda quasi più. Ti faccio un esempio: se io mi fermo in un bar o all’autogrill a bermi un caffè, dopo tre minuti c’è una fotografia in rete che immortala questo momento topico (ride, ndr). Non mi spiace, intendiamoci, ma se magari qualcuno non mi riprendesse mentre sto masticando un panino e me lo chiedesse prima con gentilezza, ne sarei più felice. Immagino non si possa desiderare tutto nella vita…
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«A volte mi pare che la parola “artista” sia abusata. Ci vuole veramente altro che strimpellare qualche strumento per essere artisti: credo sia una definizione che pochi si meritano»
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Hai sempre dichiarato di non essere un musicista, anche se ormai componi parecchie canzoni del tuo repertorio. La pensi ancora così? Assolutamente, io al massimo strimpello chitarra e pianoforte, ma farei un torto ai musicisti veri se dicessi che lo sono. Conosco gli accordi, mi basta per riuscire a scrivere le canzoni che voglio, ma spero di migliorare, prima o poi. Citando un famoso regista italiano, “le parole sono importanti”, e nel mio caso anche la tecnica lo è, in un certo qual modo. A volte mi pare che la parola “artista”, per esempio, sia abusata, e quando vogliono prendermi in giro, gli amici della band mi chiamano così. Ci vuole veramente altro per essere artisti, è una definizione che pochi si meritano. I termini artista e amore non si possono più usare! (ride, ndr) Quindi che definizione dobbiamo dare di te? Marco Mengoni è… Non so, mettici i puntini di sospensione che vanno sempre bene (ride, ndr). De Gregori ha detto che sono un “nuovo cantautore” («Mengoni canta bene e propone un prodotto artistico vero» ha dichiarato Francesco, ndr); io intanto ho superato i ventuno pezzi scritti quindi anche la SIAE mi riconosce come tale. Fossi negli Stati Uniti, sarei maggiorenne! l
SUMMER MUSIC BELONGS TO YOU!
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EROS RAMAZZOTTI
‘90
‘80 UN film, IN OGNI SENSO 38 onstage settembre 44
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Che la si prenda da un punto di vista artistico, oppure personale, la vita di Eros potrebbe diventare una pellicola in tre parti, una per ogni decennio che Ramazzotti ha attraversato: gli esordi degli anni 80, il successo internazionale dei 90 e il periodo di “gestione” cominciato nel Duemila. Periodi sempre equamente rappresentati nelle scalette dei concerti del cantante romano, che non tralascia mai i suoi brani più significativi: sono tutti frame dello stesso film. di Tommaso Cazzorla - foto Nicolas Guèrin
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e ne potrebbe fare una sceneggiatura. Il ragazzo di periferia che, grazie alla sua musica, raggiunge le vette del successo mondiale, al fianco dei nomi più importanti di sempre. Che è reduce da concerti in 15 nazioni europee e 34 città, dove ha collezionato un sold out dopo l’altro. Che, alla soglia del suo 50esimo compleanno, si butta nel Noi World Tour 2013, imponente tournée che tocca Brasile, Argentina, Cile, Messico, Stati Uniti e Australia non prima di salutare in bellezza il pubblico italiano, con tre date (11, 13 e 14 settembre) all’Arena di Verona - e non c’è bisogno di ricordare quanto la location scaligera sia ambita e gratificante. Ma che, dopo tutto, rimane sempre il solito semplice ragazzo di provincia. «Conta il carattere - ha dichiarato Eros Ramazzotti in una recente intervista a Vanity Fair. Letteralmente dalla sera alla mattina sono passato dal non potermi permettere niente all’avere tutto. Avrei potuto sfrecciare in Ferrari davanti a quelli che mi avevano preso in giro perché da ragazzino ero uno sfigato, invece non mi sono fatto prendere dal desiderio di rivalsa». Se all’ascesa musicale aggiungiamo anche le vicende personali (matrimonio, paternità, divorzio), ci sono tutti gli elementi per una storia forte abbastanza da farne un film. Del resto il giovane Ramazzotti è cresciuto nei quartieri romani di Cinecittà, e da piccolo ha recitato come comparsa in alcuni film tra cui - pare - anche Amarcord di Fellini. E in fondo assistere a un concerto di Ramazzotti non è molto diverso da vedere una pellicola sulla sua vita. Perché nella scaletta degli spettacoli di Eros sono sempre molto ben rappresentate tutte le fasi della sua carriera. Succede ogni volta in maniera diversa, ed è una delle principali caratteristiche di un live di Ramazzotti. Il cantante romano con le sue canzoni parla di sé e dal vivo è il momento migliore per rimettere insieme tutti i pezzi. Lo sanno i fan che hanno assistito alla prima parte del tour italiano, compreso il trionfale finale allo stadio Olimpico di Roma, lo sanno quelli che affolleranno i concerti di Verona. Lo sanno tutti quelli che l’hanno visto almeno una volta.
GLI ANNI OTTANTA La storia di Eros Ramazzotti inizia nella periferia sud-est di Roma, nelle case popolari di Lamaro. L’infanzia trascorsa per le strade «sotto il sole / che fulmina i cortili / le corse polverose dei bambini / che di giocare non la smettono più». Durante tutta l’adolescenza è attirato dagli strumenti musicali e, incoraggiato dal padre, tenta l’ammissione al Conservatorio. Non lo accettano, e dopo un paio di anni abbandona anche la scuola di ragioneria, per dedicarsi completamente alla
musica. I fatti gli danno velocemente ragione. In poco tempo ottiene un contratto con la giovane etichetta milanese DDD e nel 1984 approda al Festival di Sanremo, sezione Giovani, dove vince con il brano Terra promessa. È una veloce escalation: l’anno dopo esordisce tra i big con Una storia importante e infine nell’86 riesce a vincere con Adesso tu, e non è un caso che questi tre brani siano raggruppati in un unico medley circa a metà scaletta. Nel mentre è uscito il primo disco Cuori agitati e le sue canzoni vanno molto bene in tutta Europa, soprattutto in Francia. Canzoni che raccontano questo percorso, come una biografia. Il cantante è legato ai luoghi della sua infanzia e i suoi testi lo trasmettono in maniera vibrante, c’è un misto di nostalgia e voglia di rivalsa, che riesce a conquistare rapidamente il pubblico di quei primi anni ’80. Adesso tu parla chiaramente della necessità di una rivincita per chi è nato «dove l’aria è popolare» ed «è più facile sognare che guardare in faccia la realtà». Così anche Terra promessa che interpreta in maniera molto schietta il sentire di quella generazione, prendendo le distanze dal mondo dei cantautori con parole semplici, dirette e un po’ naif, e con un ritornello che accarezza le sonorità dance. In questa fase le canzoni di Eros si fanno portavoce di chi vive la provincia come una prigione ma al contempo vi è irrimediabilmente legato. Lui che si trasferisce quasi subito a Milano e rappresenta quello che ce l’ha fatta, quello che “ha svoltato”. Tutto questo nella scaletta del Noi World Tour viene rappresentato dal medley centrale Emozione dopo emozione/Un cuore con le ali/Cuori agitati/Ti sposerò perché/Un grosso no e dai due brani tratti dall’EP del ‘88 Musica è, in particolare la titletrack a cui l’autore riserva sempre un posto speciale.
GLI ANNI NOVANTA Con l’ingresso nel nuovo decennio le cose cambiano. Grazie anche alla sua etichetta discografica, che ha sempre pubblicato i suoi album
«Sono passato da niente a tutto in un attimo. Avrei potuto sfrecciare in Ferrari davanti a quelli che mi avevano preso in giro perché da ragazzino ero uno sfigato, ma non mi sono fatto prendere dal desiderio di rivalsa» all’estero (traducendoli in spagnolo), la notorietà di Ramazzotti in Europa aumenta fino a farne uno dei nomi italiani più importanti. Alla conferenza stampa di lancio del suo quinto lavoro, In ogni senso, si presentano 200 giornalisti provenienti dai 15 paesi in cui il disco viene pubblicato. Lo stesso anno Eros sarà il primo italiano a suonare al Radio City Music Hall di New York, dove registra il tutto esaurito. È la definitiva consacrazione di una carriera che dalle periferie romane approda al mondo. La dimensione internazionale si riflette anche sulla musica, che vira decisa verso un pop rock chitarristico sempre premiato dalle classifiche, e dai nomi che iniziano ad apparire a fianco di Eros. Spike Lee, per la prima volta al lavoro con un artista europeo bianco, dirige il video di Cose della vita, che sarà reincisa in duetto con Tina Turner qualche anno più tardi. Rapidamente quella dei featuring diventa una tradizione: Cher, Andrea Bocelli, Steve Vai, Anastacia, Ricky Martin, Santana, sono solo alcuni dei grandi artisti con cui Eros collaborerà. Una questione di prestigio ma pure di quali-
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tà. Dove c’è musica, del ’96, contiene alcune delle canzoni più famose dell’artista ed è il primo di cui l’autore ha il completo controllo. Questi successi vanno a costituire il grosso del repertorio del cantante romano e tuttora, scorrendo con gli occhi la setlist, ci si rende conto di come siano loro a farla da padrone, le canzoni irrinunciabili per ogni fan: Stella gemella, Favola, Più bella cosa, Se bastasse una canzone, Cose della vita, L’aurora. Quest’ultima dedicata alla nascita della sua prima figlia, perché, come nelle migliori storie, anche la vita privata risente in positivo dell’ottimo periodo, con l’arrivo della paternità e del matrimonio.
IL DUEMILA Eros ha sempre riversato la vita familiare nelle sue composizioni. Così quando la sua storia d’amore finisce male, tra battaglie legali e giornali scandalistici, anche le canzoni ne risentono. È il caso di Un’ emozione per sempre e Solo ieri, brani estratti dall’album 9 che affrontano la difficile separazione. O di Un attimo di pace, che mette in musica una richiesta di tregua al gossip e agli «spargimenti vari di inchiostro velenoso
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intorno a noi», e che infatti ritroviamo in scaletta. A non cambiare è invece l’accoglienza che ricevono i suoi dischi. Il pubblico mondiale ormai segue Eros con affetto e i suoi album vendono regolarmente milioni di copie. È un successo consolidato che attraversa gli ultimi dieci anni tra dischi di inediti, raccolte, tour mondiali e conseguenti album dal vivo, mentre nella sua musica prevale la vena romantica e l’arrangiamento pop, continuando inoltre la tradizionale propensione per i duetti. Questi si rivelano un’ottima arma per ampliare il suo pubblico ed infatti nell’ultimo disco compare, tra gli altri, il rap dei Club Dogo, il rock della band belga Hooverphonic e la voce femminile di Nicole Scherzinger, ex cantante delle americane Pussycat Dolls. E proprio i brani dell’ultimo disco Noi, uscito quest’anno, costituiscono la terza tranche di canzoni, andando così a completare la scaletta delle date italiane dell’ultimo tour, una perfetta istantanea della vita di Eros fino a qui. «Ho rinunciato a tante canzoni importanti, purtroppo – ha confessato Eros - ma ne ho messe molte altrettanto importanti che hanno segnato la mia carriera». E tutte insieme raccontano la storia di Eros, passato dalla periferia di Roma al tetto del mondo. l
‘90 «In questo tour ho rinunciato a tante canzoni importanti, purtroppo, ma ne ho messe molte altrettanto importanti che hanno segnato la mia carriera e la mia vita»
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Il musicista innamorato Sono passati 15 anni dall’estate in cui Alex s’impose all’attenzione del grande pubblico con Solo una volta (o tutta la vita), singolo di lancio di It.Pop. Da quel 1998 sono cambiate molte cose e sono usciti altri cinque album, compreso il recente Bene così - che il cantautore romano sta portando in giro per l’Italia. Ma c’è qualcosa che è rimasto immutabile nel tempo: l’amore incondizionato che Britti prova per la musica. di Francesco Chini - foto di Roberto Chiovitti
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a Roma dei musicisti è zeppa di piccole istituzioni silenziose, e questo Alex Britti e io lo sappiamo. Una di queste si chiama Paolo Benedettini, passione da chitarrista e impareggiabile mestiere di liutaio. Incontrai Alex per la prima volta nel 2006: eravamo proprio da Paolo, alle sapienti cure del quale avevamo entrambi affidato le nostre Stratocaster. Che detta così sembra che io e Alex Britti suoniamo la stessa chitarra: in realtà la mia si difende bene, ma alla fine è sempre una Mexico. Quella suonata da Alex, invece, è un prodigio vero: la ritira, la strimpella due minuti per provarla, le caccia fuori un suono che attacca tutti al muro, poi la ripone nel fodero nero, identico al mio. Chiacchieriamo un po’, faccio per andarmene e - giuro: inavvertitamente - agguanto il fodero sbagliato: Alex se ne accorge, mi fulmina con gli occhi, io mi scuso per venti minuti e sgattaiolo via. Oggi, nel salutarlo, gli ricordo divertito la vicenda, gli faccio presente che siamo quasi vicini di casa e che abbiamo in comune la conoscenza con Alessandro Inolti, giovane batterista prodigio di cui si sentirà presto parlare. Ripete spesso la sua età - più a se stesso che a me - eppure pare sempre lo stesso, Alex Britti: sornione e laconico. E capace di collegare in due parole tutto il suo mondo, proprio come con questo suo ultimo disco Bene così. Dentro ci sono malinco-
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nia («non voglio fare il depresso per forza, ma oggi il mio più grande obiettivo non è la felicità, ma la serenità»), ricordi e un’immediatezza nuova, incalzante al punto da far parlare il musicista romano di un disco più rock dei precedenti: «Capiamoci: se dico rock non parlo del modello-canzone che si è soliti associare a quel mondo. Racconto il mio cambiamento come uomo, ma le origini del musicista restano quelle: blues, soul, jazz e cantautorato. Se da un mio disco ti aspetti suoni alla Pearl Jam, Nirvana o Pantera sei fuori strada. Io quando parlo di rock parlo di immediatezza, di dire ciò che si pensa nel modo più diretto. Però alcuni brani hanno anche belle chitarre a palla: ogni tanto aiutano a raggiungere lo scopo».
RESISTERE È IMPORTANTE Altra chiave tra le principali del disco è l’importanza dell’accettazione: con la solita ironica semplicità della sua scrittura, Britti ne tratta sia guardando ai rapporti interpersonali che in una chiave candidamente sociale. Sul primo versante, episodi come Senza chiederci di più, l’incantevole Romantici distratti e la stessa Bene così narrano amori che non cedono all’usura, perché «riescono ancora a sentire che combattere per resistere è importante. Come un fuoco che non viene alimentato
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almeno da un ramoscello al giorno, un amore può morire in molti modi: chi si lascia, chi tradisce, altri diventano tristi soci in affari. I soli antidoti che conosco a questo rischio si chiamano cura, complicità ed accettazione». Quando invece si affaccia al mondo esterno, Alex si ricorda di non aver mai perso l’indole tutta blues dell’artista itinerante con la chitarra sulla spalla: «Giro tutta l’Italia da vent’anni, conosco ristoranti, mercati, perfino frutterie di ogni città. Ascolto le storie della gente, la loro
lingua sempre simile ma mai uguale, e sempre di più mi rendo conto di quanto, malgrado divisioni, inefficienze e sporche mafie, le affinità fra le varie parti del nostro Paese lo rendano ancora un tutt’uno. Ne parlo in Fino al giorno che respiro, dove gioco a riscrivere una geografia tutta mia dell’Italia».
SPECIAL FRIENDS Per quanto riguarda il capitolo-guest star, in Bene così Alex opta per il
«Se da un mio disco ti aspetti suoni alla Pearl Jam, Nirvana o Pantera sei fuori strada. Quando parlo di rock parlo di immediatezza, di dire ciò che si pensa nel modo più diretto»
ON THE ROAD. Il tour di Britti è cominciato a giugno (con un’anteprima a metà maggio) e non si è ancora fermato. Andrà avanti almeno fino al 7 ottobre, ma sul sito di Alex campeggia un “E il tour continua” che non sembra lasciare spazio a dubbi sulle sue intenzioni future.
“pochi ma buoni”: oltre ai cori del bravo Pierdavide Carone, gli ospiti sono essenzialmente due. Anzi, tre. La prima è una sorpresa: ve l’aspettereste un figlio degli anni Settanta che duetta con un vecchio sultano elettropop come Mel Gaynor dei Simple Minds? Eppure accade: «Ci siamo conosciuti tramite amici comuni, ci siamo presi subito bene. Da lì suonare è stato un attimo. Gli ho fatto ascoltare la strumentale Naomi che chiude il disco ed è stato entusiasta di suonarla. È stata una cosa avvenuta al momento giusto: del resto, dopo gli anni da pischello “talebano” che guardava con diffidenza ai suoni sintetici delle band di quella generazione, di recente mi è capitato di scoprire che i Simple Minds mi piacciono, e anche parecchio». Il secondo ospite, invece, non è affatto una sorpresa: è di lunghi anni l’amicizia fra Alex e Federico Zampaglione, che si rinsalda perio-
dicamente tra le luci di qualche palco o i solchi di qualche canzone: «Entrambi - seppure in modo diverso - amiamo il blues, condividiamo gusti e stile di vita. Ci si vede meno di quanto vorremmo, ma quando capita avviene sempre qualcosa che fa sentire entrambi a casa. Senza chiederci di più è nata a casa mia, dopo un pranzo abbondante - non per vantarmi, ma cucino benissimo - dopo il quale abbiamo imbracciato le chitarre, bevuto e suonato. Insomma, tutto come dovrebbe sempre essere». Il terzo, invece, è il lascito prezioso di uno degli artisti che Alex ha più amato, Stefano Rosso scomparso nel 2008: «Un grandissimo. Non perdevo nemmeno un suo concerto, di lui conservo gelosamente anche dischi introvabili. Siamo grandi amici con suo figlio David: un giorno mi porta questa canzone, e mi racconta che Stefano non l’ha mai incisa. Erano anni che volevo fare qualcosa per omaggiarlo: mi è parsa l’occasione perfetta». E i live? Che ricetta ci dobbiamo attendere? La linearità ed immediatezza dei pezzi lascia suggerire un set essenziale e diretto, ma Alex è da sempre uno che ama rimescolare le carte. Ma non si sbottona,
«Dopo gli anni da pischello “talebano” che guardava con diffidenza ai suoni sintetici delle band degli anni 80, di recente ho scoperto che mi piacciono i Simple Minds, e anche parecchio»
perché il dado non è tratto: «Non credo di averlo ancora deciso: la natura di questo disco e i suoi tratti di differenza rispetto al passato mi impongono di scegliere con grande attenzione i musicisti da cui essere affiancato. Una cosa però posso prometterla: lo scopo è di rispecchiare moltissimo l’essenza di queste canzoni, quell’immediatezza che dicevamo prima. Farò il contrario di come canto in Baciami: poche chiacchiere ma molta sostanza». Sostanza e apparenza: di colpo sembra si parli d’altro e mi ricordo che Alex ha avviato da anni una discreta attività parallela di produttore e scopritore di giovani talenti. E mi chiedo: con un simile osservatorio a disposizione, che idea si fa della musica pop nel 2013 un artista da sempre così orientato esclusivamente allo strumento e alla canzone? Stavolta mi risponde severo: «Negli ultimi anni accendere la tv e cercare musica è sopportare una ricerca sempre più predominante del personaggio, dello sguardo fatale a favore di telecamera, della coreografia. E sempre più penalizzazione del talento vero. Tantissimi ragazzi vengono illusi di essere destinati a diventare grandi musicisti al solo prezzo di un taglio di capelli alla moda, di un balletto riuscito o di qualche acuto piazzato bene. Per carità, non giudico nessuno e questi ragazzi non fanno nulla di male. Solo, permettetemi di cambiare canale». O di spegnere, quand’è il momento di attaccare il jack. Bene così. l
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C PARAMORE
PATTI SMITH
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C And now...
GO!
Nel 2010, i fratelli Farro (Josh, chitarrista, e Zac, batterista) hanno lasciato la band che avevano fondato. Così i Paramore sono diventati un trio: per fortuna loro, invece di piangersi addosso, Hayley, Jeremy e Taylor hanno sfruttato il momento per rigenerarsi e dare il via a una nuova fase. Ne abbiamo parlato con loro occasione del loro ultimo concerto italiano. di Marco Rigamonti
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dispetto delle tre lettere che la compongono, “now” può essere una parola lunga e pesante. Soprattutto quando s’inserisce nella fatidica domanda “And now what?”. “Che succederà ora?”. Se lo saranno chiesto di sicuro i Paramore, abbandonati dai fratelli Josh e Zac Farro verso la fine della tournèe promozionale che ha seguito la pubblicazione del terzo disco Brand New Eyes. Nel dicembre del 2010, sul sito ufficiale della band, appare un messaggio firmato da Hayley, Jeremy e Taylor: «Un paio di mesi fa Josh e Zac ci hanno fatto sapere che avrebbero lasciato la band (…). Nessuno di noi era veramente scioccato. Nell’ultimo anno è sembrato come se non avessero più piacere a stare con noi in tour. Vogliamo che Josh e Zac siano felici, e se questo non può avvenire qui con noi, allora li sosteniamo affinché trovino la felicità altrove. Ma non abbiamo mai pensato neanche per un secondo di lasciarci tutto alle spalle e abbandonare questo progetto. Se guardiamo indietro, possiamo guardare con entusiasmo al futuro (…)». I panni sporchi si lavano in casa, questo è ovvio, e quindi sarebbe stato sconveniente non pronunciarsi in maniera decisa rassicurando i fan sulla ferma intenzione di proseguire. Ma quella domanda (“And now what?”) ha attanagliato i pensieri di Hayley e soci per mesi, e ora lo possono candidamente confessare. Primo problema: chi scrive le canzoni adesso? Spesso ci si perde in ricerche infinite in lungo in largo, quando la soluzione magari è dietro
l’angolo. Nel giugno del 2009 Taylor York (compagno e turnista della band) entra ufficialmente nei Paramore. Nonostante non abbia propriamente il carattere di un leader, la scelta ricade su di lui. Quando gli chiedo come si trova nel nuovo fondamentale ruolo di compositore si lascia andare a un impeto di sincerità: «Io sono terrorizzato. Josh (Farro, nda) ha scritto delle canzoni stupende. A me piaceva semplicemente suonare quello che lui scriveva, era una situazione comoda e comunque appagante. Ora mi accorgo di avere sulle spalle una responsabilità enorme; so che sarà dura reggere il confronto con lui, e questo mi spaventa molto». Modestia a parte, le preoccupazioni di Taylor avevano ragione di esistere. Sfortuna vuole che una frangia di fan (soprattutto quelli di vecchia data) non sembra avere digerito un singolo super-pop come Still Into You. Chissà che cosa possano avere pensato delle influenze doo-woop in (One Of Those) Crazy Girls, del funk di Ain’t It Fun o dell’arrangiamento di archi nella zuccherosa I Hate To See Your Heart Break. Mettiti al riparo, Taylor! «Credo sia perfettamente normale che con il tempo affiorino suggestioni che magari nessuno pensava che potessero esistere. Non tutti sanno che Hayley cantava in un gruppo funk e forse nessuno s’immagina che tutti e tre abbiamo sempre ascoltato anche musica molto più dolce di quella che suoniamo. Non è stata una congettura a tavolino, non ci siamo messi lì a pensare di comporre
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pezzi che non appartenessero al nostro stile. È venuto tutto naturale e penso che sia giusto provare a tirare fuori quello che ci si sente dentro, anche se a volte si rischia di non incontrare i gusti dei fan. Quando fai un passo in qualche direzione (qualsiasi essa sia) è chiaro che non starà bene a tutti; l’alternativa sarebbe rimanere fermi, ma - oltre al fatto che non sembra una strada percorribile visto che alcuni elementi della band non sono più con noi - anche in quel caso qualcuno potrebbe stancarsi». Muoversi, dunque; andare avanti. Con coraggio. Il coraggio che ci vuole per intitolare il quarto album semplicemente con la propria ragione sociale, mettendo in chiaro le proprie intenzioni. «Ne abbiamo passate tante insieme - afferma Hayley Williams - e a un certo punto abbiamo capito che era giunto il momento di ripartire. Crediamo molto in questo disco, riascoltandolo ci piace dalla prima all’ultima canzone, dai singoli agli intermezzi, dai brani più tirati a quelli più soft. Quasi tutti i pezzi provengono dalle ultime sessioni, e ci rappresentano per quello che siamo ora. E’ anche per questo che abbiamo deciso di intitolarlo semplicemente Paramore: questo disco siamo noi adesso, now». C’è una buona dose di self-confidence nelle parole della cantante, che a quanto pare è stata in parte assimilata dal produttore Justin Meldal-Johnsen, già al lavoro con Nine Inch Nails, Beck, Crystal Fighters e M83. Pensando al credo musicale di un personaggio come JMJ verrebbe da credere che abbia messo il suo zampino prevalentemente in una traccia come Future (di sicuro il brano più sperimentale
dell’album), ma in realtà il suo ruolo è andato ben oltre. La conferma arriva dalle parole di Taylor York: «Lui ha stimolato la nostra creatività. Ha tirato fuori il cuore dei nostri nuovi pezzi, senza cambiarli. Ci ha incitati a non darci per vinti solo perché una canzone non suonava
«Quando fai un passo in qualche direzione, è chiaro che non starà bene a tutti. L’alternativa sarebbe rimanere fermi, ma anche in quel caso qualcuno potrebbe stancarsi»
come qualcosa dei Paramore». La produzione di Brand New Eyes era stata affidata a un santone come Rob Cavallo; ovviamente mettere a confronto la sua carriera con quella di Justin Meldal-Johnsen non ha un gran senso. Ebbene, il coraggio e la voglia di reinventarsi si possono leggere anche in una scelta di questo tipo. E a giudicare dall’ultimo live in Italia, lo scorso 10 giugno a Milano, la reazione stoica dei Paramore di fronte a un evento importante come l’allontanamento di parte del nucleo della band ha dato i suoi frutti: sono apparsi più in forma che mai, pronti a dare al proprio pubblico tutto quello che hanno. «Se c’è un futuro lo vogliamo adesso!», grida Hayley nel ritornello di Now. A margine dell’intervista mi ha confessato che «questo è esattamente lo splendido futuro che ci immaginavamo». l
C CC taylor york
jeremy Davis
HAYLEY WILLIAMS
© Pamela Littky 54 onstage settembre
PARAMORE IN ITALY part 2. Dopo la data di giugno a Milano, i Paramore suonano al Paladozza di Bologna il 10 settembre: un secondo appuntamento che testimonia il feeling con i fan italiani.
onstage settembre 55
STYLE
MIZE HAPPY
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TESTILY CRAFTY ANGRY
HAPPY
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TESTILY CRAFTY ANGRY
HAPPY
SAD
TESTILY CRAFTY ANGRY
HAPPY
SAD
TESTILY CRAFTY ANGRY
CUSTO
La moda cambia e lo stile, quello vero, viene dettato dagli stati d’animo. Una combinazione d’espressioni e sentimenti che vogliamo comunicare agli altri per poterci distinguere dal resto del mondo. Così il DIY (do it yourself) viene reinterpretato dalle aziende di moda per adattarsi alle esigenze del singolo cliente. Brand come
56 onstage settembre
s
CUST THE UGLY TRUTH OF V
HAPPY
SAD
TESTILY CRAFTY
Il blog di Virginia Varinelli nasce nel settembre 2011, diventando subito un riferimento per gli appasionati di moda e gli addetti ai lavori. Quotidianamente il blog registra accessi da ogni luogo del mondo. Virginia è di Milano. Si è laureata in Economia nel 2009 e ha subito cominciato a lavorare. Da uno stage a Parigi presso Diane von Furstenberg è sbocciata la sua grande passione per la moda. Ha recentemente lanciato il suo brand Viridì, che in pochi mesi di vita ha già raccolto numerosi ammiratori. www.uglytruthofv.com
HAPPY
SAD
TESTILY CRAFTY
HAPPY
SAD
TESTILY CRAFTY TESTILY
HAPPY
SAD
TESTILY CRAFTY TESTILY
OMIZE
Ray-Ban o Timberland creano una sezione dov’è possibile scegliere il proprio articolo: unico e inconfondibile. I ragazzi amano comunicare e giocano con i capi d’abbigliamento, seguono la moda e le tendenza ma la parola chiave è una soltanto: “ Essere se stessi, differenti e comunicare attraverso i capi le proprie sensazioni.”
onstage settembre 57
STYLE / ABBIGLIAMENTO
CIATè Smalto personalizzabile con brillantini. Kit 15 Euro
ZANELLATO Borsone con iniziali. 735 Euro
HAYLEY STUDDED Shorts borchiati con patchwork. 60 Euro
REPLAY T-shirt con scritta. 39 Euro
ALL STAR Modello castomizzato con borchie. 145 Euro
JACK & JONES Felpa con scritte. 39,90 Euro
RAY BAN REMIX Montatura e colori personalizzabili. 145 Euro
58 onstage settembre
H&M Pantaloni colorati per sollevare l’umore. 19,90 Euro
TOP SHOP Felpa con scritta “love”. 47 Euro
DIADORA Scarpa nera modello GAME L. 55 Euro
LOUIS VUITTON Never Full con iniziali personalizzate. 874 Euro
CANDY TEAM Cappellino personalizzabile. 12 Euro
THE RAGGED PRIEST Vestito con scritte laterali. 15 Euro
N0 BRAND Cover per smartphone con iniziali. 15 Euro
TIMBERLAND Completamente personalizzabili, su www.timberland.com
CAR SHOE Arricchiti di dadini con iniziali. 380 Euro
NOMINATION Bracciale componibile e personalizzabile. da 40 Euro
H&M Maglia con scritta. 9,95 Euro
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STYLE / PRODOTTI
TABLITA E TABLITO Ci sono giornate in cui i minuti sono contati e si rischia di dimenticarsi qualcosa: questi orologi con superficie scrivibile consentono di tener d’occhio in un colpo solo il tempo e la lista dei to do. 39 Euro
INSTAWATCH Andate sul sito di Instawatch, scegliete il colore del cinturino e la foto scattata con Instagram che volete avere sul quadrante et voilà, con qualche click avrete creato il tuo orologio. Più personalizzato di così... 16,95 Euro
MOODSCOPE - MICROSOFT Gli smartphone fanno molto per la nostra quotidianità ma faranno anche di più: grazie al software di Microsoft capiranno il nostro umore e ci coccoleranno con la musica giusta o l’App che fa per noi. Prezzo non disponibile
RING B - HAF STUDIO Per avere un fazzoletto di verde sempre a portata di mano basta indossare questo anello, la cui bellezza dipenderà da quanto avrete il pollice verde: innaffiato a dovere può vivere fino a un anno. 150 Euro
UP 2.0 - JAVBONE Volete tenere traccia dei vostri allenamenti sportivi, delle calorie assunte ogni giorno o dei cicli del vostro sonno? Ci pensa il coloratissimo bracciale Up, che vi consente di scaricare i dati anche sullo smartphone.130 Euro
NITIDO - PHILIPS Potete regolare l’intensità della luce, la combinazione di colori e la velocità con cui variano. E se non è abbastanza per realizzare la vostra scenografia potete collegare due o più di queste lampade tra loro. 75 Euro
FACES - PIGR La base è composta da 12 faccine di cartone. Il resto lo aggiungete voi colorandole e disegnandole in modo da dargli un’espressione. Utili come biglietto d’auguri, segnaposto o per far capire di che umore siete! 5 Euro
OZ LOWCHAIR - CATE & NELSON Lo studio Cate & Nelson ha voluto venirci incontro creando una sedia versatile e ruffiana, nel giro di pochi secondi può cambiare aspetto e colore: i rivestimenti in feltro si sfogliano come le pagine di un libro. Prezzo su richiesta.
EMOTICON - LINEASETTE Se avete degli ospiti a cena perché non usare questa linea di piatti di Lineasette? Potrete associare ogni commensale ad un’espressione. Mi raccomando, con vostra suocera cercate di essere gentili….! Ed. limitata 0/99
60 onstage settembre
FIAT 500 XL TREKKING Non saprete veramente quali scegliere tra i 140 diversi accessori dedicati. Si va da quelli estetici come i 4 kit di adesivi, la modanatura satinata e i cerchi in lega, a quelli pensati per chi sta al volante, come la Telematic Box o il kit pedaliera. Ma gli esperti di Mopar (preparatore ufficiale del gruppo Chrysler) non hanno dimenticato le necessità del tempo libero e l’hanno dotata di borsone impermeabile, altoparlante bluetooth, zaino con telo mare, cuscino e due speaker, organizer per il bagagliaio e, per non farsi mancare proprio nulla, una polo uomo e donna camouflage ed un cappellino anallergico in fibre naturali con tanto di logo ricamato. da 19.650 Euro
O BAG - FULLSPOT Interessanti borse in gomma elastomera idrorepellente e colorata. Versatili in tutti i sensi: nel giro di pochi secondi si possono comporre, modificare e personalizzare a seconda dei nostri gusti e necessità. da 49 Euro
METALVETICA - SELETTI Immaginate che il muro, le mensole e le superfici della vostra casa diventino un enorme foglio bianco, su cui scrivere quello che volete grazie alle lettere in metallo nel font Helvetica di Seletti. 27 Euro
MEMO MUG - BANDINI CASA Appena svegli non avete voglia di parlare con nessuno? La superficie di questa tazza è una lavagna su cui potete scrivere o disegnare i messaggi per chi vive con voi senza dover aprir bocca. 4,80 Euro
onstage settembre 61
62 onstage settembre
WHAT’S NEW
THE BIG
L’ascesa degli Arctic Monkeys è inarrestabile. Con AM raggiungono un equilibrio perfetto tra suoni distorti, songwriting e party-time: le Scimmie sono la rock band inglese più importante del momento. di Guido Amari
A
M come Arctic Monkeys, per rimarcare come questo quinto capitolo della discografia della band di Sheffield sia un’istantanea piuttosto a fuoco del “qui e ora” di Alex Turner e compagni. Ma AM anche come omaggio a un disco, VU, di una leggenda come i Velvet Underground, almeno stando a sentire le dichiarazioni del giovane leader del quartetto. Un’ispirazione a livello teorico, verrebbe da pensare dopo l’ascolto del disco, e soprattutto dopo indiscrezioni che parlavano di un sound che avrebbe tratto spunti da Dr. Dre, Outkast, Aaliyah e Black Sabbath! E, se il tutto può suonare fuori luogo pensando agli Arctic Monkeys dei primi due lavori, britannici fino al midollo, non è poi così azzardato paragonare certe suggestioni da dancefloor o un suono più duro ai capitoli successivi, quelli che hanno sancito una svolta più “americana” e azzardata. La difficoltà di questa muta della pelle stava soprattutto nella misura e nel dosaggio dei componenti e, dopo qualche imprecisione, AM dà l’impressione che gli Arctic Monkeys abbiano
AM
Domino
© Zackery Michael
THING
scovato la combinazione perfetta - o quasi, giusto per augurarsi che quanto fatto finora possa ancora progredire e migliorare. Prodotto dal solito James Ford e registrato quasi interamente nello studio dell’amico Josh Homme, l’album inanella dodici perle che compongono l’istantanea di cui parlava lo stesso Turner riferendosi al titolo: i Monkeys del 2013 sono un gruppo capace di sfuriate chitarristiche, di ballate sinuose, di brani perfetti per una pista da ballo (finalmente anche loro “look good on the dancefloor”), senza dimenticare le origini che riaffiorano qua e là con grande sapienza. E allora vediamo in dettaglio la tracklist del disco, mai come in questo caso da gustare interamente e senza neppure un momento di stanchezza, altro pregio inestimabile di questi tempi. Se siete tra quelli che non vedono l’ora di battere il piedino, allora potete cominciare con una bella tripletta: si parte con One For The Road, con tanto di falsetto e partecipazione di Homme, e poi tocca a Fireside, più in linea con la produzione passata dei quattro e a Why’d You Only Call Me When You’re High («Perché mi chiami solo quando sei sballato/a», mica male come titolo…), che abbina un incedere sincopato a un ritornello irresistibile con tanto di coretti e si candida come uno degli apici di
AM. I nostalgici dei primi Monkeys potranno consolarsi con la doppietta iniziale di Do I Wanna Know? e R U Mine?, domande a cui Turner cerca di rispondere a suon di chitarre, nel secondo caso quasi sabbathiane. La band di Ozzy è insospettabilmente una delle ispirazioni e Arabella, pur suonando molto personale, infila con maestria alcune sfuriate che ricordano il riff leggendario di War Pigs, per la gioia di chi preferisce un sound massiccio. All’appello mancano ancora parecchi episodi interessanti, a cominciare da I Want It All, uno dei candidati come prossimo singolo rock’n’roll, fino alle due ballate posizionate a metà disco: No.1 Party Anthem, a dispetto del titolo, è malinconica al punto giusto senza diventare lagnosa, mentre Mad Sounds vede la partecipazione alla batteria di un pezzo grosso come Pete Thomas, già colonna degli Attractions di Elvis Costello e poi collaboratore di Sheryl Crow, Suzanne Vega e John Paul Jones, pronto a fare le veci dell’infortunato Matt Helders. Restano tre pezzi per il gran finale, con gli echi kinksiani di Snap Out Of It, la seconda ospitata di Josh Homme in Knee Socks e la conclusiva I Wanna Be Yours, graziata dalle liriche del poeta punk John Cooper Clarke. Uno dei dischi dell’anno.
onstage settembre 63
MUSICA
A
scanso di equivoci, non sono mai stato un fan dei Placebo, nonostante Molko mi sia simpatico e apprezzi qualcuno dei loro singoli più riusciti. Al tempo stesso, capisco perfettamente il successo del terzetto britannico, e i sei album pubblicati in carriera confermano un talento pop piuttosto sorprendente. Chissenefrega, penserete voi, anche con un po’ di ragione, ma era necessario prendere le distanze dai Placebo per affrontare la recensione del loro nuovo album, un lavoro che li riporterà ai primi posti delle classifiche senza troppi dubbi, dopo i fasti di Battle For The Sun. Gli ingredienti, come sempre verrebbe da dire, ci sono e sono tutti al posto giusto, segno che il terzetto (e Brian Molko soprattutto) ha un’idea ben precisa di come debba suonare la sua band, impegnata a replicare con grande bravura una formula consolidata da anni di duro lavoro. Nulla di male, ci mancherebbe altro, il panorama è pieno di gruppi che giocano
PlacEbo
LOUD LIKE LOVE (Universal)
con maestria su una formula sonora cristallizzata senza preoccuparsi troppo di progredire – un esempio calzante potrebbe essere quello dei Foo Fighters -, però, proprio questa sorta di immobilismo restringe il proprio campo d’azione in maniera sensibile. Loud Like Love, a conti fatti, è il classico album che farà felice chi già apprezza la carriera dei Placebo (e sono tantissimi), ma difficilmente conquisterà nuovi ammiratori, sebbene la forza dei dieci nuovi pezzi sia innegabile. E se è sacrosanto che un disco sia giudicato anche e soprattutto in virtù delle canzoni, allora Loud Like Love si merita la sufficienza piena e qualcosa di più. A convincere, in senso generale, sono Purify, Rob The Bank, la title track, Too Many Friends (con il testo che recita «My computer thinks I’m gay») e la conclusiva
di Guido Amari
Bosco, che alternano sfuriate chitarristiche, con qualche velato inserimento elettronico, a momenti più intimi e dominati dalla voce particolare del solito Molko. Fan del gruppo, fatevi sotto. Per tutti gli altri c’è un mondo intero di musica da esplorare…
Micro-reviews BLOODY BEETROOTS Hide (Ultra Music, Sony)
Bob Rifo sputa fuori un disco chiassoso e pieno di ospiti illustri (uno su tutti: McCartney) dimostrando che è possibile fare del #sanobordello senza rinunciare a melodia e cura del suono.
64 onstage settembre
VIRGINIANA MILLER Venga il regno (Ala Bianca, Warner Music)
Piccola rivoluzione per i livornesi, che puntano su canzoni più immediate, senza trascurare la ricercatezza dei testi, tra sacro e umano, e le robuste chitarre. Ed è subito #unabellagiornata
EARTH, WIND & FIRE Now, Then & Forever (Legacy Recordings, Sony)
Doppio cd: uno di inediti e uno di vecchi successi selezionati da grandi esponenti della musica black contemporanea, per il ritorno funk di Verdine White #doyouremember? #dancinginseptember
Negrita Déjà Vu (Universal Music)
Dopo il lungo tour teatrale Pau, Drigo e Mac guardano indietro al loro repertorio e gli donano nuova energia grazie agli arrangiamenti acustici, #senzanostalgia e con due inediti.
U
n album poteva essere un indizio, ma due (per giunta consecutivi) diventano una prova: gli MGMT di Oracular Spectacular (l’esordio del 2007) non esistono più. Si sono evoluti, e si sono lasciati alle spalle tutto ciò che ha a che fare con melodie che ti si conficcano senza pietà nel cervello (c’è chi ancora fischietta Kids, una di quelle canzoni che non passano mai di moda). I newyorchesi hanno deciso di starsene per i fatti loro su una felice isola colorata e piena di fiori, lontanissima dalle leggi del pop radiofonico. Peccato, dirà qualcuno; c’è sempre spazio per una Electric Feel o una Time To Pretend a spezzare le scontate scalette pop della radio. Bene così, diranno altri; se Andrew VanWyngarden e Ben Goldwasser hanno voglia di esprimere il loro lato meno catchy sono i benvenuti. D’altra parte hanno dimostrato di essere all’altezza della sfida con Congratulations, un album in cui la parola
L FRANZ FERDINAND Right Thoughts Right Words Right Action (Domino)
di Alvise Losi
F
“singolo” vale come il due di coppe a briscola bastoni. Quando quest’anno in occasione del Record Store Day hanno fatto uscire il “singolo” Alien Days in formato cassetta (!!!) abbiamo capito di esserceli giocati definitivamente. Non torneranno più indietro (dove per “indietro” si fa riferimento ai primi vagiti della band), ma continueranno a esplorare territori più oscuri e sperimentali. Ecco dunque che la cover di Introspection (brano inciso nell’anno di grazia 1968 dal misconosciuto Faine Jade) calza a pennello. La psichedelia è ovunque: nelle misteriose sospensioni di I Love You Too, Death (una sorta di ninna nanna per adulti con un crescendo avvolgente), nell’insistenza della minacciosa Your Life Is A Lie, nelle terzine di Plenty Of Girls In The Sea (praticamente i Beach Boys strafatti) e nella visionaria An Orphan Of Fortune. E alla fine il disco diventa una validissima alternativa all’acido lisergico.
a buona notizia è che Right Thoughts, Right Words, Right Action è un ottimo disco. La cattiva notizia è che, conoscendo i Franz Ferdinand, bisognerà aspettare qualche anno prima di poter sentire il loro prossimo album. Solo dieci tracce dopo ben quattro anni di attesa per un disco forte e compatto. Ma anche se le canzoni sono poche, sono tutte accuratamente selezionate per creare un percorso non solo musicale che va a osservare e criticare la decadente società odierna. Il gruppo scozzese si è divertito a fustigare i giovani degli anni della crisi. «We are bored / We are married / We are young» canta Alex Kapranos nella penultima Brief Encounters. Rischia di essere il manifesto di un’intera generazione che a forza di essere preoccupata dal costruirsi un futuro si è dimenticata di vivere il presente. L’album ha tre facce. Le prime tre canzoni (tra le quali i due singoli già usciti Right Action e
ateci caso: da quando i tabloid inglesi hanno smesso di stressarci con le notizie sugli abusi della vita personale e (quasi) privata di Pete Doherty, siamo anche riusciti a giungere a una pacificazione con l’ex giovane promessa del pop britannico. Questo significa poter valutare con molta più obbiettività una carriera che pareva essersi arrestata dopo un album solista, Grace/Wastelands, che aveva mostrato alcuni lati interessanti e inediti del Doherty compositore. Tocca dunque a Sequel To The Prequel, graziato da una splendida copertina - una foto della leggendaria Pennie Smith, quella di London Calling per intenderci, trasformata in oggetto pop da Damien Hirst -, mostrare i segni della maturità del bad boy dei Libertines, in continuità col recente passato. Sorpresa (ma non troppo), il disco funziona eccome e mantiene le promesse spesso disattese del passato. Ci sono i classici momenti
MGMT Mgmt (Sony Music)
di Marco Rigamonti
Love Illumination) sono i perfetti pezzi in stile Franz Ferdinand, da cantare e ballare ai concerti. La quarta Stand On The Horizon è molto bella e introduce un fondo di tristezza non solo nel testo ma anche nelle sonorità, prima del trio seguente, tanto scanzonato a livello musicale quanto denso e inquietante nelle parole. Treason! Animals è una canzone da felice manicomio, con il riff finale ripetuto quasi fino allo stordimento («Something has really really gone wrong»). Si chiude poi con The Universe Expanded e Brief Encounters, molto più cupe delle precedenti, e Goodbye Lovers & Friends, che lascia forti dubbi sul futuro della band. Il ritornello e le ultime parole della decima traccia a chiusura dell’album suonano piuttosto espliciti. «Goodbye lovers and friends / So sad to leave you / When they lie and say / “This is not the end” / you can laugh as if / we’re still together / but this really is the end». O è solo la consueta ironia?
alla Babyshambles, che derivano direttamente dalla saga Libertines, come Fireman o Maybelline, attacchi punk da due minuti, ma affiora spesso anche l’influenza decisiva di un autore come Ray Davies, vedi la bizzarra Sequel To The Prequel, un brano quasi vaudeville, o Seven Shades Of Nothing, uno degli apici del disco e possibile singolo. E, a proposito, il primo che verrà tratto dall’album è Nothing Comes To Nothing, splendida ballad, perfetta per l’airplay radiofonico e per scaldare il cuore di chi si sentiva orfano di Pete. Il meglio, per chi scrive, arriva però con l’eccellente Dr. No, un brano di white reggae come non se ne sentivano dai tempi dei Clash, altra influenza dichiarata del Nostro, e con Farmer’s Daughter, quasi loureediana (Sweet Jane, forse?), conferma di quel talento che, a sprazzi, Doherty ha messo in mostra tra una cazzata e l’altra. Speriamo che sia la volta buona…
Babyshambles Sequel To The Prequel (Parlophone/ EMI)
di Stefano Gilardino onstage settembre 65
MUSICA
M
algrado l’apprezzabile tentativo di organizzare le uscite con estrema cura – apponendo su ogni release la parola “Halo” seguita da un numero progressivo – tra dischi di remix, e.p. e versioni alternative, capire a che album sia giunta la cospicua discografia dei Nine Inch Nails rimane una bella gatta da pelare. Diciamo solo che questo Hesitation Marks è l’Halo numero 28, il primo a giungere dopo la pausa annunciata nel 2009. Nella formazione della band spicca il volto nuovo di Josh Eustis, per il resto la line-up dell’ultima fase è confermata. D’altra parte questa informazione è ridondante, visto che i NIN si possono da sempre riassumere nella figura di Trent Reznor. Un Reznor al quale non manca certo l’ispirazione; l’idea di confezionare un nuovo album è venuta registrando due tracce per un Greatest Hits, quando Trent si è accorto che aveva qualcosa in più da dire. Il disco ha una spiccata
T WHITE LIES Big TV (Fiction)
di Tommaso Cazzorla
N
erza prova per i londinesi White Lies, dopo che l’esordio To Lose My Life… del 2009 e il seguito Ritual avevano imposto la band come una delle più importanti tra quelle orfane dei Joy Division, sorella minore di Editors e Interpool. E se i primi hanno cambiato nuovamente pelle e i secondi si sono un po’ smarriti nel percorso, il terzetto inglese prosegue deciso per la sua strada fatta di oscuro synth-rock con ambizioni da grandi spazi e testi cupi e profondi come la voce di Harry McVeigh. Da sempre i White Lies dedicano molta attenzione alle lyrics, e mettendo insieme le tracce di Big TV ci si rende conto che se non è proprio un concept album, poco ci manca. La storia racconta di una ragazza che lascia la sua piccola città europea per trasferirsi nella Grande Città, alla ricerca di notizie del padre e per assecondare una sua personale ricerca di qualcosa di meglio. I brani affrontano quindi la miseria della nuova
essun gruppo al momento incarna meglio degli Alter Bridge l’ideale dell’hard rock contemporaneo. Quella che inizialmente era “solamente” la band del dopoCreed, è ora una realtà che incide col quarto disco un (altro) album capolavoro, che non ha quasi nulla da invidiare all’immenso Blackbird del 2007. E’ vero, il predecessore AB III era carino e nulla più, ma Mark Tremonti e Myles Kennedy hanno trovato il modo di spazzare via qualsiasi paragone, pubblicando un lavoro che è sì la summa delle puntate precedenti ma anche un imperioso passo in avanti. Sin dall’opener Cry Of Achilles le composizioni dei Nostri assumono un’epicità fino a questo momento marginalmente esplorata, attingendo a piene mani dall’heavy e dal progressive anni settanta, confezionando uno dei migliori brani di sempre del proprio repertorio. La storia si ripeterà a fine cd con la titletrack, dotata anche di un’ac-
66 onstage settembre
vena elettronica: in una buona percentuale di brani la chitarra svolge un ruolo marginale, e si distinguono suoni quasi Chemical Brothers (ascoltare gli arpeggi di synth di Come Back Hunted o Copy Of A per credere). Non stupisce quindi che le maggiori illuminazioni siano arrivate tra le mura dell’ufficio di Trent, dove non c’erano strumenti al di fuori di una batteria elettronica. A suo parere quest’approccio ha fatto si che la sua musica godesse di un trattamento più minimale – anche se definire minimale un album dei NIN sembra un vero azzardo. Chi ha voglia di cercare un significato concettuale che lega i 14 brani troverà terreno fertile; dall’immenso The Downward Spiral (il maestoso concept del 1994) tutto è lecito e possibile. In tutta sincerità Hesitation Marks non osa eccessivamente, stando alla larga da (probabilmente inutili) rivoluzioni. Si limita a confermare il genio (e il mestiere) di Reznor. Il ritorno con stile è servito.
Nine Inch Nails Hesitation Marks (Universal)
di Marco Rigamonti
sistemazione dove possiede solo «una stanza con un letto e una grande tv» (titletrack), la prima telefonata al padre che lavora in un talk show notturno (First Time Caller), la lotta con la lingua madre (Mother Tongue) e soprattutto il difficile rapporto con il ragazzo che è rimasto nella città natale (There Goes Our Love Again, Getting Even) e le incertezze che restano anche dopo che i due si ricongiugono (Heaven Wait, Goldmine). La formula già consolidata farà felici i fan, ma non aggiunge nulla di sostanziale a quanto già detto nei dischi precedenti; le incalzanti linee di basso reggono a meraviglia le chitarre heavy – forse anche più del solito – e gli arabeschi delle tastiere, per sfociare immancabilmente in ritornelli che nei momenti più ispirati (le già citate First Time Caller, Mother Tongue e Getting Even) mostrano tutta l’attitudine della band alle grandi platee, dimensione già ampiamente assodata nella madre patria.
celerazione centrale che fa pensare ai Black Sabbath sentiti nel recente 13. Nel mezzo pezzi tirati, duri ma immediati come il primo singolo Addicted To Pain e le sconvolgenti Bleed It Dry e Calm The Fire, con melodie, asprezze e influenze all’apparenza tanto lontane ma mai così ideali nel sound 2013 degli AB (l’inizio del secondo brano in questione sembra un pezzo dei Muse!). I riff di Tremonti, spesso nervosi e ai confini dell’heavy metal già abbondantemente omaggiato nel solo record All I Was dello scorso anno, si prendono una pausa nella favolosa Lover: si torna negli anni novanta, grazie a un Kennedy stellare, qui in forte odore di Mayfield Four, gruppo che lo lanciò sul finire dei nineties: a quasi 44 anni suonati Myles è, senza discussioni, Il cantante hard rock del momento. Pochi i momenti trascurabili (giusto Farther Than The Sun e il lento marchio di fabbrica All Ends Well) interni a una release imperdibile.
ALTER BRIDGE Fortress (Roadrunner, Warner)
di Jacopo Casati
© Simone Cargnoni
MARLENE KUNTZ NELLA TUA LUCE (Sony Music)
Sempre arrabbiati i Marlene. I loro esordi era-
di Tommaso Cazzorla
S
no pura furia e, anche quando la musica ha virato verso una dimensione più intima e quasi cantautoriale, è sempre stato possibile rintracciare sullo sfondo un’aura di risentimento. Sarà perché le critiche non gli sono mai mancate. L’eterna lotta del musicista contro il “si, ma i primi dischi…”. E allora diciamolo forte e chiaro: Nella tua luce è un gran bel disco. Questo nono album del trio cuneese si destreggia tra le varie anime della band, offrendone gli aspetti migliori. C’è
emplicità, accessibilità e impatto. Noi ci aggiungiamo anche “tributo”. Queste sono le parole chiave intorno alle quali gira il sesto disco da studio degli Avenged Sevenfold. Hail To The King è un punto d’arrivo importante per la seguitissima band Americana, che col suo hard & heavy moderno ha conquistato platee sempre più vaste a partire dal terzo, fondamentale per l’epoca, album City Of Evil, vero trampolino di lancio per M. Shadows e compagni. Piaccia o meno, la nuova generazione di metallari passa inevitabilmente da questo gruppo. Generazione che potrà rimanere sicuramente spiazzata dal modo in cui i propri idoli rendono omaggio su questa release ad Iron Maiden (Coming Home), Megadeth (Heretic) e soprattutto a Metallica e Guns N’ Roses, citandoli esplicitamente in brani quali This Means War e Doing Time, canzoni che sembrano uscite dai primi anni novanta, periodo in cui le sonorità pesan-
il lirismo di Osja, amore mio e di Adele, ci sono le esplosioni di Catastrofe e Solstizio, c’è la caustica (come dice Godano) rabbia di Giacomo eremita, animata da un riff quasi hard rock, e del primo singolo Il genio (l’importanza di essere Oscar Wilde), in odor di Primal Scream. E se in Seduzione e Su quelle sponde l’impeto chitarristico è indirizzato in una direzione ben precisa, in Senza rete è libero da briglie e accontenta anche gli intransigenti del “si, ma Catartica…”. «Scegliere frasi per delimitare / un campo d’azione per chi sa viaggiare» canta Godano in Seduzione, e sta di fatto descrivendo la cura che adopera, come sempre, nello scrivere i testi, delineando personaggi e storie in poche strofe. L’esibizionista e vanitoso Giacomo («peggio di Vincenzo», con citazione di Alberto Fortis), la devota Nadja, che impara a memoria le poesie del marito per salvarne la memoria, le figure femminili adornate di santità della titletrack e de La tua giornata magnifica o quella tormentata di Adele. La vicenda della senzatetto Joele dà al protagonista di Catastrofe l’occasione di riflettere su se stesso e sulla sua solidarietà che nausea «perché è inutile». L’interiorità è invece mostrata in Su quelle sponde, che ha per tema gli effetti indagatori della scrittura, o è contrapposta all’ambiente circostante in Solstizio. I Marlene Kuntz prendono le distanze dalle accuse contro cui si scagliavano nel precedente Ricoveri virtuali e sexy solitudini e confezionano un ottimo disco chitarristico e distorto come in Italia non ne vedevamo da un po’. Con buona pace di quelli che “si, ma…”. No, niente “ma”.
ti vennero definitivamente sdoganate non solo grazie a Nevermind ma anche da pietre miliari quali il Black Album firmato Hetfield/Ulrich e la doppia dose di Use Your Illusion di Axl e compagni. Nelle composizioni degli Avenged Sevenfold sono oramai spariti cambi di tempo e strutture intricate, in favore di composizioni lineari, raramente veloci e, escludendo solo e virtuosismi della ditta di axeman Vengeance/Gates, relativamente semplici e fruibili da un grande pubblico. In Hail To The King si mostra quella che forse è la vera anima dei ragazzoni di Huntington Beach, dal vivo queste tracce saranno una bomba ma di contro è scomparso quel trademark che rendeva unici pezzi come Bat Country, Afterlife o ancora Crossroads, in favore di un’immediatezza che potrebbe suonare a tratti forzata. Il risultato finale comunque è gradevole e certamente interessante, benché ampiamente derivativo.
AVENGED SEVENFOLD Hail To The King (Warner)
di Jacopo Casati
onstage settembre 67
E
CINEMA
ra il 1976 quando Niki Lauda si schiantò con la sua Ferrari al circuito di Nürburgring. Uscendo da una curva il pilota austriaco perse il controllo dell’auto che impattò contro la parete rocciosa incendiandosi. Intorno a questo incidente che quasi gli costò la vita, il regista Ron Howard ha costruito un film che racconta la rivalità di quegli anni tra Lauda (interpretato dall’attore tedesco Daniel Brühl) e l’amico e pilota inglese James Hunt (che ha il volto e la prestanza di Chris “Thor” Hemsworth). L’austriaco era fresco vincitore del mondiale di Formula 1 e il suo rapporto con la scuderia della Ferrari andava a gonfie vele. Hunt lo rincorreva a bordo della McLaren, ma era sotto gli occhi di tutti la diversa pasta di cui erano fatti. Lo sceneggiatore Peter Morgan è esperto di duelli, avendo scritto Frost/Nixon sempre per la regia di Howard, e infatti con Rush mette in pista molto di più dell’agonismo sportivo. La competitività tra Lauda e Hunt si respirava anche fuori dal circuito. Erano due personalità opposte con diverse gestioni delle proprie vite private e pubbliche. Hunt era un ribelle, un uomo affascinante con non pochi vizi. Lauda era schivo, meticoloso nel suo lavoro, bruttino ed era persino
a cura di Antonio Bracco
Rush giudicato noioso alla guida, ma è indubbio che fosse tremendamente efficace tanto da ritenerlo ancora oggi uno dei migliori piloti di Formula 1 mai esistiti. Dopo una quarantina di giorni dal quel malaugurato incidente che gli sfigurò il volto, di cui porta i segni ancora oggi, Lauda tornò al volante e si giocò il mondiale con Hunt fino all’ultima gara, il Gran Premio del Giappone. Se siete giovani e/o non ricordate come andò a finire, non sbirciate su internet. Rush arriva in sala il 19 settembre.
critica pubblico USA, UK, Germania 2013, 123 min.
Il cast: Chris Hemsworth, Daniel Brühl, Olivia Wilde, Christian McKay, Pierfrancesco Favino, Natalie Dormer, Alexandra Maria Lara Di Ron Howard
Micro-reviews mood indigo di Michel Gondry (Francia, 2013) Due coppie (una ricca, l’altra spiantata) vivono storie d’amore diverse, ma raccontate col ben noto tocco #surreale del regista Gondry. Ma onirico era già il romanzo di Boris Vian scritto nel 1947 da cui il film è tratto.
68 onstage settembre
COME TI SPACCIO LA FAMIGLIA
di Rawson Marshall Thurber (USA, 2013) Due adulti e due teenager si fingono una famiglia per recuperare un carico di droga. Questa commedia offre a Jennifer Aniston un ruolo da #spogliarellista e lei dimostra di essere in ottima forma fisica.
I PUFFI 2 di Raja Gosnell (USA, 2013) Gargamella rapisce Puffetta, l’unica a conoscere un incantesimo segreto di cui lo stregone vuole entrare in possesso per rubare l’#essenzablu dei Puffi. Puffetta è doppiata in originale dalla pop singer Katy Perry.
LA FINE DEL MONDO
di Edgar Wright (UK, 2013) Cinque amici ultra 40enni si cimentano nell’epico pub crawl, la #maratonadibevute da un locale all’altro. Il loro problema non sarà l’alcool, ma un’invasione di ostili alieni. Dai realizzatori de L’alba dei morti dementi.
RIDDICK
di David Twohy, USA, 2013
critica pubblico
Tradito dalla sua stessa specie e lasciato a morire su un pianeta desolato, Riddick lotta per la sopravvivenza contro i predatori alieni e diventa più potente e pericoloso che mai. Da una base d’appoggio fa partire un segnale di soccorso affinché chiunque lo riceva si rechi sul pianeta con un’astronave, l’unico mezzo per arrivarci e, soprattutto, per andarsene. Di equipaggi ne arrivano ben due: il primo, un gruppo di mercenari, vuole decapitare Riddick per intascare la taglia che pende sulla sua testa. Il secondo, composto da soldati Necromonger, lo cerca per motivi più personali. Tutti quanti, compreso il personaggio cult interpretato da Vin Diesel, sono costretti controvoglia e con non poca diffidenza ad unirsi per fronteggiare un branco di orribili e feroci creature che vogliono farli a pezzi. Terzo film della saga che arriva a nove anni dal secondo e a tredici dal primo Pitch Black. Il Cast: Vin Diesel, Jordi Mollà, Matt Nable, Katee Sackhoff, Dave Bautista, Karl Urban, Bokeem Woodbine, Raoul Trujillo
ONE DIRECTION: THIS IS US di Morgan Spurlock, USA, 2013
Un documentario che ogni fan della boy band del momento percepirà come una lettera d’amore. Le immagini raccontano i successi del gruppo, dalla nascita legata alla partecipazione all’edizione inglese di X-Factor - quando l’ideatore del talent show Simon Cowell decise di unire le voci dei cinque ragazzi - alle interviste ai familiari per conoscere i loro sogni e comprendere le emozioni generate dalla grande fama. I ragazzi continuano a stupirsi del successo planetario che stanno avendo, ma la loro umiltà li tiene uniti e saldi al terreno. Il film è stato girato tra Tokyo, New York e prima, dopo e durante il grande concerto all’O2 Arena di Londra. Il regista è lo stesso che ha realizzato Super Size Me, quel documentario in cui testava su di sé gli effetti di un mese di pasti consecutivi da McDonald’s. Il Cast: Harry Styles, Zayn Malik, Niall Horan, Louis Tomlinson, Liam Payne
critica pubblico
L’INTREPIDO
© Claudio Iannone
di Gianni Amelio, Italia, 2013
critica pubblico
Esiste un nuovo mestiere e si chiama “rimpiazzo”. È un mestiere che un uomo senza altra occupazione pratica ogni giorno. Un lavoro senza sosta, che impone una disponibilità pressoché totale che però rende quell’uomo felice. Lui non fa altro che prendere, anche solo per qualche ora, il posto di chi si assenta, per ragioni più o meno serie, dalla propria attività ufficiale. Si accontenta di poco, perché i soldi non sono tutto nella vita. C’è il bisogno di tenersi in forma, di non lasciarsi andare in un momento, come si dice, di crisi buia. Il figlio ventenne suona il sax come un dio ed è dunque fortunato perché fa l’artista. In queste vite subentra una donna, inquieta e guardinga, che nasconde un segreto dietro la sua voglia di rivalsa. Il regista Amelio ha preso il titolo dall’omonima rivista che tutti i ragazzi leggevano tra gli anni ’40 e ’80. Il Cast: Antonio Albanese, Sandra Ceccarelli, Alfonso Santagata, Livia Rossi, Gabriele Rendina
onstage settembre 69
GAMES
a cura di Blueglue
Micro-reviews KILLER IS DEAD
(Xbox 360 - PS3) L’ultima lucida follia di Suda 51 ci mette nei panni di un sicario che affetta criminali con invidiabile stile; un’opera d’arte dai ritmi frenetici e dalla forte personalità. #poesiaorientale #tagliaeaffetta
RAYMAN LEGENDS
SAINT ROW IV SANTI E ALIENI
(Xbox 360-PS3-Wii-U PS vita) Da “origine” a “leggenda” il passo è breve: l’ultimo Rayman conta su un level design impeccabile, è accessibile per chiunque e ha carattere da vendere. #lungavitaaiplatform #eclettismoinduedimensioni.
Un free-roaming leggermente fuori dagli schemi e completamente fuori di testa the bureau: x-com declassified
Produttore: Deep Silver / Volition Inc. Genere: Azione Disponibile per: Xbox 360 / PS3
S
e hai le palle di lanciarti su un missile nucleare riuscendo a neutralizzarlo in volo prima che si schianti su Washington, c’è un’alta probabilità che – grazie al tuo gesto di incommensurabile valore - diventerai talmente popolare da essere eletto presidente degli Stati Uniti. E’ esattamente questo il preambolo del nuovo capitolo di Saints Row, serie amata dai cultori degli eccessi trash e dagli adoratori dell’umorismo politicamente scorretto. E siccome i limiti alla logica e alla razionalità qui non hanno motivo di esistere, ecco che spuntano pure gli alieni; i simpatici extraterrestri piombano sulla terra e rapiscono l’intero staff presidenziale. Sarà ovviamente compito del Boss – una volta fuggito dalla sua prigionia grazie all’aiuto di un hacker quello di liberare gli altri Saints intrappolati in trasposizioni virtuali della città di Steelport, dove la notte regna eterna e ci si muove con navicelle aliene. L’introduzione dei superpoteri (sappiate che in questa dimensione correre verticalmente
70 onstage settembre
lungo le pareti dei grattacieli è qualcosa di perfettamente normale) rappresenta la vera svolta; Deep Silver e Volition raccolgono l’eredità di THQ (team responsabile dello sviluppo dei primi tre capitoli) mantenendo il gameplay (vincente) pressoché invariato e puntando invece su una trama ancora più assurda, accentuando di fatto le differenze tra Saints Row e i free-roaming targati Rockstar - più legati al realismo. Naturalmente seguire pedissequamente la trama fino al termine della campagna senza esplorare sfide, missioni secondarie e cazzeggiamenti vari sarebbe un vero peccato; dietro a ogni angolo si nasconde una risata, e le citazioni disseminate per il territorio ti spingono a divagare spesso e volentieri. Tecnicamente parlando il motore grafico (che è lo stesso utilizzato per il terzo episodio) si difende bene, mentre il comparto sonoro è impeccabile, dalla scelta della soundtrack al doppiaggio di altissimo livello. «Qual è il piano?» / «Massacriamo uno sproposito di alieni» / «Mi piace!».
(x box 360 - ps3) A quasi vent’anni dalla sua prima apparizione, il mitico gioco strategico viene ripensato come sparatutto in terza persona; il mix tra azione, approccio tattico ed elementi rpg funziona. #tacticalshooter
PLAY DAY 2
(Xbox 360 - PS3) Un vero e proprio inno alla coop; occorre pianificazione e collaborazione per il colpo perfetto, e nella maggior parte dei casi la modalità furtiva è vivamente consigliata. #cometisvaligiounabanca #teamwork
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HI-TECH
Benvenuta! ONSTAGE RADIO di Gianni Olfeni
HOT
! PRIMA E UNICA
Avete mai ascoltato una digital radio che trasmette solo musica live? Anticipiamo la vostra risposta: no! Onstage Radio è il primo progetto radiofonico digitale interamente costruito intorno alla musica live. Cliccando play accederete al nostro mondo: i concerti. La selezione musicale, curata da Daniele Tognacca (Radio Deejay, Virgin Radio e altre nel suo curriculum), vi farà rivivere le emozioni dei grandi live di artisti italiani e internazionali 24 ore su 24. 72 onstage settembre
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Il player di Onstage Radio sarà naturalmente posizionato all’interno del sito di Onstage. Ma non solo: lo troverete anche in un ampio numero di siti partner (l’elenco completo nella sezione Radio del nostro sito). Insomma, lo troverete in Rete e potrete accedervi da qualunque dispositivo, fisso o mobile. Se invece volete ascoltare la nostra digital radio senza entrare in Internet, potete addirittura scaricare il Desktop Player sul vostro pc. Sarà ancora più semplice e immediato.
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BRUNO MARS il predestinato di Tommaso Cazzorla
B
runo Mars si è fatto conoscere con un successo dopo l’altro. Inizia affiancando il suo nome a quello di altri artisti già affermati, scrivendo e cantando Nothin’ Of You con il rapper B.o.B. e Billionaire con Travis McCoy, entrambe schizzate in cima alle classifiche mondiali. Ma ancora prima il musicista hawaiano, trasferitosi giovanissimo a Los Angeles, si faceva strada come produttore e autore di canzoni r’n’b per Flo Rida, K’naan, Alexandra Burke, Adam Levine, Brandy, Adam Lambert, Sean Kingston e per le Sugababes. Niente di improvvisato insomma. Dopo che il suo nome comincia a girare tra il pubblico, ecco il primo album Doo-Wops & Hooligans - il titolo si riferisce alle due facce della sua musica – anticipato dal singolo Just The Way You Are. Il botto è clamoroso. Il brano ottiene il Disco di Platino praticamente ovunque, Italia compresa,
e risulta il singolo del 2011 più venduto nel mondo con 12,5 milioni di copie. Il secondo singolo Granade bissa il successo del primo. Il terzo, The Lazy Song, anche. Bruno Mars diventa una presenza fissa nelle playlist di molte radio, e, grazie a videoclip curati e divertenti, anche nelle tv musicali. Quando esce il secondo disco Unorthodox Jukebox, alla fine del 2012, ha già la levatura di una star mondiale grazie al suo mix di soul, r’n’b e pop genuino. Il primo singolo Locked Out Of Heaven fa strage di dischi d’oro e di platino. «Il concetto – ha dichiarato il cantante 28enne a proposito del video - è solamente un po’ di divertimento vecchio stile. Non c’è alcuna storia, io non sto cantando per una ragazza, ma puoi farti un’idea chiara di cosa vedrai durante le esibizioni dal vivo». Già, le esibizioni dal vivo. Se non vi siete mossi per tempo, sarà molto difficile ammirare Bruno Mars nell’unica data italiana - sabato 26 ottobre al Mediolanum Forum di Assago (MI) - perchè i biglietti sono irrimediabilmente finiti. D’altro canto, ce lo si poteva aspettare dall’artista che, secondo Billboard, è il secondo ad aver raggiunto più rapidamente il numero uno delle classifiche americane con cinque singoli. Sapete chi è il primo? Elvis.
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CALENDARIO CONCERTI ottobre
Claudio Baglioni 10/10 Torino 11/10 Piazzola Sul Brenta (PD) 12/10 Bologna 13/10 Firenze 15/10 Pescara 16/10 Napoli 17/10 Bari 18/10 Catanzaro 19/10 Pergusa (EN) 23/10 Roma Editors 10/10 Milano Foals 24/10 Milano Marco Mengoni 01/10 Bologna 06/10 Roma 09/10 Napoli 11/10 Firenze 12/10 Torino 17/10 Torino 19/10 Firenze 20/10 Milano Modà 05/10 Torino 7/10 Treviso 09/10 Verona 10/10 Verona 12/10 Livorno 14/10 Perugia 15/10 Ancona 17/10 Eboli (SA) 19/10 Acireale (CT) 21/10 Catanzaro Nek 16/10 Torino 18/10 Bologna 19/10 Milano 22/10 Brescia
74 onstage settembre
23/10 Firenze 25/10 Rimini 26/10 Padova 29/10 Napoli Nickelback 29/10 Milano Negrita 17/10 Rieti 18/10 Firenze 19/10 Torino 21/10 Milano 24/10 Piacenza 26/10 Brescia 27/10 Udine 30/10 Sassari 31/10 Cagliari Peter Gabriel 07/10 Milano Renato Zero 10/10 Padova 12/10 Padova 13/10 Padova 15/10 Bologna 16/10 Bologna 18/10 Firenze 19/10 Firenze 21/10 Firenze 22/10 Firenze 24/10 Firenze 26/10 Firenze 28/10 Torino 30/10 Torino 31/10 Torino Serj Tankian 03/10 Firenze 04/10 Padova 05/10 Roma Shaggy 16/10 Milano