Onstage Magazine giugno

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72 giugno 2014

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AEROSMITH

E se fosse l’ultima, imperdibile occasione per vederli dal vivo?

KASABIAN VASCO ROSSI DREW BARRYMORE LINKIN PARK

COLDPLAY

I fantasmi di Chris Martin: la separazione da Gwyneth Paltrow pesa

JAM

PEARL LA PRIMA VOLTA NEGLI STADI ITALIANI DELLA "PIÙ GIOVANE BAND DI CLASSIC ROCK"




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proud sponsor of love, ti da la sicurezza per essere sempre a prova di bacio!

Borotalco, marchio italiano che da sempre incentiva le relazioni tra gli Italiani, oggi diventa ufficialmente proud sponsor of love ed ambasciatore del gesto più bello del mondo, il bacio! Da sempre vicino al mondo dei giovani ed alle loro passioni, Borotalco ti permette di sentirti più sicuro di te grazie alle sue numerose varianti studiate appositamente per essere a prova di bacio in ogni situazione:

la linea Borotalco Original, con l’inconfondibile profumo di Borotalco, ti assicura efficacia prolungata: con Microtalco che assorbe il sudore, regola la traspirazione e lascia la tua pelle più asciutta, per non avere più timore di baciarti sotto al sole! la linea Borotalco Invisible è invece studiata per ridurre gli aloni gialli e le macchie bianche su capi di tutti i colori: non solo garantisce efficacia deodorante e lascia la tua pelle più asciutta, ma ti evita brutte figure in tutti i tuoi selfie! la nuova linea Borotalco White è infine studiata per offrirti una sensazione di pulito fino a sera, grazie alla sua fragranza al Muschio Bianco ed alla sua formula dall’efficacia potenziata, per sapere di buono in tutti i tuoi approcci!

Ora che conosci le tue armi segrete per essere sempre a prova di bacio, segui Borotalco in tutti gli eventi in cui potrai essere protagonista di baci da film, durante tutta questa lunga estate calda:


1. 2. 3.

Cercaci nelle principali città italiane nei weekend di giugno e luglio e preparati a baciare: potrai scattarti un sacco di selfie con il nostro staff e ricevere fantastici omaggi. Le vostre foto, tutte da personalizzare, diventeranno poi protagoniste di numerose attività sul web e sui social. Il Borotalco Kiss Tour sta partendo, ti senti abbastanza sicuro di te?

Vogliamo poi che tu sia a prova di bacio proprio nei momenti più belli, in cui condividi le tue passioni con centinaia di persone: Borotalco sarà presente anche ai concerti di Vasco Rossi del 25 giugno a Roma e del 4 luglio a Milano con un incredibile novità d’oltre oceano, la Borotalco Kiss Cam. Sei pronto a baciare davanti a 70.000 persone? Potresti diventare il protagonista di una campagna virale in cui potrai dimostrare le tue doti di grande amatore!

Se vuoi mettere alla prova la tua sicurezza e le tue armi di seduzione anche in rete, devi essere pronto a baciare persino i tuoi amici di Facebook: a partire dai primi di giugno, potrai vincere fantastici biglietti per concerti baciando quanti più amici possibile (saranno necessari pochi click, cosa hai capito?). Dopo il 6 di luglio, ovvero il World Kissing Day, potrai invece partecipare al Borotalco Kiss Contest ed uploadare le tue foto o i selfie migliori mentre dimostri le tue doti di baciatore! Le immagini più belle vinceranno premi incredibili e diventeranno protagoniste della pagina Facebook di Borotalco.

Borotalco sarà dunque il tuo alleato durante tutta l’estate per farti sentire sempre a posto e aiutarti a dare il meglio di te in ogni situazione, anche quelle che ti fanno sudare di più, come il bacio al primo appuntamento o con la ragazza o il ragazzo più belli della spiaggia!

proud sponsor of love!



U EDITORIALE Daniele Salomone

@DanieleSalomone

ltimamente è tornato parecchio di moda un ritornello: «Il rock è morto». Ormai è un luogo comune, come le mezze stagioni che non ci sono più. Il funerale della musica che più ha caratterizzato gli ultimi 70 anni è stato celebrato decine di volte. Quando certi artisti si lamentano del fatto che le chitarre abbiano perso centralità nelle produzioni musicali. Quando le annate si chiudono con classifiche di vendita (che pure ormai contano zero) dominate da artisti pop. Quando critici e giornalisti raccontano che i giovanissimi vogliono solo rap e musica elettronica. Quando i talent show sfornano star della televisione e non musicisti. Non ho intenzione di predicare la superiorità di un genere sugli altri - per me ne esistono solo due, la musica bella e quella brutta, - ma se il rock è morto come tutti sembrano voler far credere, perché sto contando i giorni che mi separano dal primo concerto dei Pearl Jam a San Siro (sold out)? Perché il tour di Vasco è uno degli appuntamenti più attesi (concerti quasi tutti esauriti) dell’anno? Perché i Rolling Stones portano 65mila persone al Circo Massimo e i Linkin Park oltre 30mila all’Ippodromo di Milano? Qualcuno me lo spieghi.

onstage giugno 09


INDICE GIUGNO N°72

34

VASCO Il Blasco torna sul palco per riabbracciare i suoi fan e mostrare ancora una volta che nessuno, in Italia, è come lui.

40

PEARL JAM Tra la band di Seattle e l’Italia è amore da tanti anni: ma a San Siro e Trieste sarà come la prima volta.

46

ONE DIRECTION Per capire meglio il fenomeno 1D, ci siamo rivolti a una Directioner e a suo padre. E abbiamo fatto bene.

style

50

MILEY CYRUS Se pensate che la trasgressione sia l’unico motivo del suo grande successo, vi sbagliate di grosso. Ecco perché.

10 onstage giugno

54

58

PAOLO FRESU

SABOR DO BRASIL

È uno dei jazzisti italiani più famosi e ha avuto una telecamera addosso 24 ore su 24. Ci ha spiegato perché.

Giugno è il mese dei Mondiali di calcio in Brasile. Vi travolgeranno, anche se il calcio non vi interessa affatto.



INDICE

FACE TO FACE

JUKEBOX

26

19 20 22 23 24

DREW BARRYMORE

LINKIN PARK YOUNG THE GIANT LATINOAMERICANDO AEROSMITH

WHAT’S NEW

65 68 70 72

28

16

CINEMA GAMES TECH

QUEENS OF THE STONE AGE

CELEBRATION MIMMO D'ALESSANDRO

MUSICA

BORN IN THE U.S.A.

COMING SOON

74

NEGRAMARO

ONSTAGEWEB.COM TUTTI I CONCERTI PER TE Sul sito di Onstage tra giugno e luglio si fa incetta di concerti. Volete vedere le foto dello show della sera prima? Noi ce le abbiamo. Vi siete persi l’esibizione del vostro cantante preferito? Ve la raccontiamo noi. Non vi ricordate la scaletta di tutti i pezzi? Noi la pubbli-

chiamo. Da Ligabue a Vasco, dai Pearl Jam ai Rolling Stones, da Miley Cyrus ai One Direction, saremo a tutti gli eventi dell’estate. E voi con noi. Perché se ci seguite su Facebook, potrete vincere i biglietti per i migliori concerti della stagione. Stay connected!

foto di Mirko Cantelli

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12 onstage giugno

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California sports - tel 0119277943 - www.Californiasport.info


OSPITI Giugno 2014

Vijat Mohindra

Danny Clinch

Roberto Chiovitti

Affermato fotografo di moda e spettacolo negli Stati Uniti, segue da alcuni anni Miley Cyrus, che se lo porta spesso in giro anche in tour. La foto della popstar che vedete in copertina è sua.

Regista, pubblicitario e affermatissimo fotografo rock vanta persino la partecipazione come armonicista in un paio di canzoni dei Foo Fighters. Suoi gli scatti dei Pearl Jam sia all'interno sia in copertina.

Nato a Roma nel 1972, afferma di cercare di catturare la bellezza e l’attitudine di ogni singola persona che fotografa. Ha realizzato gli scatti che ritraggono Polo Fresu su questo numero di Onstage.

Lauren Dukoff

Francesco Prandoni

Charlie Rapino

Stefano Verderi

Esperta in ritratti di celebrità e musicisti, nonostante la giovane età (classe 1984) è già da anni una delle più apprezzate fotografe del settore. Un esempio? La copertina di 21, il primo album di Adele.

Classe 1970, specializzato in spettacolo e musica, nella sua carriera ha potuto scattare fotografie ad alcuni dei più grandi artisti italiani e internazionali. Collabora con Onstage sin dal primo numero nel 2007.

Emigrando in Inghilterra ha trovato l’America (ma pure in Italia partecipando ad Amici come coach). Produttore dance e pop, da due anni butta benzina sul fuoco per noi dalla sua roccaforte: Londra.

“The Wizard” è il chitarrista de Le Vibrazioni. Diplomato al Musicians Institute di Los Angeles, ha fondato la Basset Sound nel 2010 per produrre nuovi artisti. Ci parla di affascinanti suggestioni retrò.

74 anni fa Direttore responsabile Emanuele Vescovo Direttore editoriale Daniele Salomone d.salomone@onstageweb.com Caporedattore Alvise Losi a.losi@onstageweb.com Art director Giulia Vidali g.vidali@onstageweb.com Redazione Francesca Vuotto f.vuotto@onstageweb.com Jacopo Casati j.casati@onstageweb.com

14 onstage giugno

Registrazione al Tribunale di Milano n° 362 del 01/06/2007 Hanno collaborato Blueglue, Antonio Bracco, Tommaso Cazzorla, Luca Garrò, Stefano Gilardino, Massimo Longoni, Claudio Morsenchio, Elena Rebecca Odelli, Marco Rigamonti.

Ufficio commerciale Eileen Casieri e.casieri@onstageweb.com Marianna Maino m.maino@onstageweb.com Mattia Sbriziolo m.sbriziolo@onstageweb.com

Direttore marketing Luca Seminerio l.seminerio@onstageweb.com

Distribuzione e logistica Laura Cassetti l.cassetti@onstageweb.com

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Concessionaria per la pubblicità Areaconcerti srl via Ripamonti 137 20141 Milano Tel. 02.533558

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Pubblicità Triveneto Everest ADV Viale Delle Industrie 13, Limena (PD) tommaso.perandin@everlastadv.it Pubblicità Toscana e Umbria Sara Moretti s.moretti@onstageweb.com Stampa Rotolito Lombarda Via Sondrio, 3 20096 Pioltello (MI) Onstage Magazine è edito da Areaconcerti srl via Ripamonti 137 20141 Milano Tel. 02.533558 info@areaconcerti.it



16 onstage giugno


30 anni fa

usciva Born in the U.S.A. Era il 4 giugno 1984. Quante volte avete visto questa immagine? Forse ancora più di quante vi sia capitato di ascoltare la canzone che dà il nome a un album che, oltre a essere il più grande successo di Bruce Springsteen, lo ha reso una star planetaria. Per il titolo. E per la copertina. Forse la più riconoscibile del decennio. Un uomo di spalle. Pantaloni da lavoro e maglietta a maniche corte. Born in the U.S.A. Con passione, con cattiveria, con orgoglio, con disperazione. Working class hero. E l’immagine divenne icona. A.L.

onstage giugno 17


QUESTA NON QUESTA NON QUESTA NON QUESTA NON È UNA GUERRA, È UNA GUERRA, È UNA GUERRA, È UNA GUERRA, È LA È LA FINE FINE DI DI TUTTO. TUTTO. È È LA LAFINE FINEDI DITUTTO. TUTTO.

ANCHE ANCHE IN IN 3D 3D E E IN IN ANCHE IN 3D E IN DA MERCOLEDÌ 16 AL CINEMA ANCHE IN 3DLUGLIO E IN TRANSFORMERS-ILFILM.IT TRANSFORMERS-ILFILM.IT TRANSFORMERS-ILFILM.IT TRANSFORMERS-ILFILM.IT

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* VIA

JUKEBOX a cura di Francesca Vuotto

LA RETTA

I LINKIN PARK TORNANO IN ITALIA E L'ATTESA È ALLE STELLE. IL CONCERTO DI MILANO “RISCHIA” DI RUBARE LA SCENA AGLI ALTRI GRANDI EVENTI ROCK DELL’ESTATE: MERITO DELLA NUOVA-VECCHIA STRADA IMBOCCATA DALLA BAND AMERICANA. di Jacopo Casati

I

miracoli avvengono. Dopo tre prove in studio il cui sound aveva fatto storcere il naso, e non poco, ai fan dei Linkin Park, Shinoda e Bennington hanno raddrizzato la nave. The Hunting Party è il loro sesto disco di inediti, un lavoro che li riporta finalmente nel mondo sonoro con il quale hanno conquistato milioni di fan, grazie a pezzi che faranno uscire di testa chi si era innamorato di loro con i bellissimi Hybrid Theory e Meteora, a inizio Duemila. Fan che trasformeranno in un mega raduno la data del 10 giugno prevista all’Alfa Romeo City Sound di Milano: saranno trentamila per uno dei concerti senza dubbio più attesi di questa estate. Attesi e pestati, esattamente come il nuovo cd: «Probabilmente avremo problemi con le radio rock americane. Difficilmente passeranno questa roba, il sound è pesante e aggressivo. Ma a me piacciono le sfide, sono fiducioso e credo ciecamente in questo materiale». Mike Shinoda, rapper e mastermind del gruppo, e Chester Bennington, voce e frontman, non hanno usato mezze misure nelle interviste rilasciate alla stampa d’Oltreoceano per descrivere l’uscita che vedrà ufficialmente la luce il 17 giugno. Chester ha sottolineato come il combo fosse arrivato a un bivio fondamentale nella propria carriera: «Molti credevano che avremmo definitivamente svoltato verso sonorità elettroniche, EDM, piuttosto che puramente pop. Era evidente che oramai fossimo in quei territori, ma noi stessi volevamo cambiare

strada. E lo abbiamo fatto». Grazie al cielo, aggiungiamo noi. Se dal vivo i Linkin Park non hanno praticamente mai deluso le attese, mantenendo nei propri concerti una qualità complessiva ineccepibile e aumentando sempre il proprio già considerevole seguito, a livello discografico la band ha progressivamente alleggerito il sound e aumentato le sperimentazioni elettroniche, allontanandosi considerevolmente dalle origini. Se Minutes To Midnight del 2007 ha venduto 8 milioni di copie, la flessione nella tiratura dei successivi A Thousand Suns (2010) e Living Things (2012) deve aver fatto riflettere la band sulla direzione intrapresa nell’ultimo lustro. «Serviva un lavoro anni Novanta, qualcosa che fosse forte e prendesse anche dall’hardcore, riportando il rock pesante al centro dell’industria musicale». Shinoda, in un’intervista rilasciata a Rolling Stone USA e pubblicata sul canale YouTube dei Linkin Park, ha anche spiegato come il rock stesso abbia perso molta della sua originaria aggressività: «Ormai fa parte del mondo del pop. Non ci sentivamo a nostro agio nella sfera dell’indie/alternative pop, e anche il rap è fortemente immerso nel pop canonico». Se a questo aggiungiamo la celebrazione che i

Linkin Park porteranno all’inglese Download Festival, dove eseguiranno tutto il bestseller Hybrid Theory (lo faranno anche in Italia? In molti lo sperano), abbiamo il quadro completo di un gruppo che, per essere romantici, ha ritrovato la retta via dopo averla smarrita. A quanto pare questo netto, e per certi versi im-

«Probabilmente avremo problemi con le radio rock americane. Difficilmente passeranno questa roba, il nuovo sound è pesante e aggressivo» Mike Shinoda prevedibile, cambiamento ha entusiasmato ben oltre le aspettative tutta la band: «La cosa più difficile - racconta ancora Bennington - è trovare qualcosa che ecciti tutti noi, che ci mantenga carichi e positivi durante la registrazione dell’album. E’ sempre stato così per i lavori precedenti, dopo così tanti anni è complicato accontentare tutti. La scelta di tornare a suonare brani che abbiano parti di chitarra aggressive e partiture di batteria pesanti e impattanti è stata quella più naturale in questo preciso momento storico». Bentornati a casa, ragazzi.

onstage giugno 19


JUKEBOX

l’importanza dell’identità DOPO UN LUNGO SILENZIO, TORNANO GLI YOUNG THE GIANT. IN ATTESA DEL LIVE DI GIUGNO A MILANO, ABBIAMO PARLATO CON IL BASSISTA DEL GRUPPO CALIFORNIANO. di Elena Rebecca Odelli - foto di Lauren Dukoff

G

li Young the Giant sono tornati. E Mind over Matter segna il loro punto di svolta. Sono passati tre anni dall’album di debutto e tre anni di tour li hanno segnati. «Tre è il nostro numero magico», racconta il bassista Payam Doostzadeh. «All'inizio della carriera pensavamo di fare uscire un disco dopo l’altro, poi abbiamo capito che avevamo più risorse e abbiamo iniziato a lavorare sui dettagli. Questo album ci ha aiutato a ritrovare chi eravamo come band. Chi siamo adesso. Di solito si definisce l’identità di una band dal primo album. Siamo molto orgogliosi del primo disco ma, allo stesso tempo, ora abbiamo una vita differente, esperienze ed età diverse. Mind Over Matter rappresenta come siamo cresciuti: è ciò che volevamo realmente». Prima però è stato necessario smaltire le tensioni di un tour che ha portato la band americana a un confronto costante con i fan e la critica. «Sentivamo la pressione di dover rispondere alle richieste dei fan e alle aspettative degli addetti ai lavori», continua Doostzadeh. «Siamo tornati in studio quando questa pressione che sentivamo addosso é calata. Mind over Matter è stata la prima canzone nata per questo disco ed è stato come aprire una porta per riconnettersi con i

20 onstage giugno

Di Charlie Rapino

POLPETTONE POP

L fan». Attivi dal 2004, gli Young the Giant sono stati spesso bersaglio di paragoni più o meno forzati, anche agli albori quando si chiamavano solo The Jakes e i fan si contavano sulle dita di una mano. «Gli Young The Giant sono cinque persone che vengono influenzate in maniera differente da artisti differenti», spiega Payam. «Non posso creare una canzone e dire che non sono influenzato da nessuno: l'idea di base parte da quello che ascoltiamo singolarmente, come i Radiohead. Ciò che facciamo come gruppo è creare una nuova sonorità partendo da queste influenze. Il «Siamo molto orgogliosi del primo disco ma, allo stesso tempo, ora abbiamo una vita differente, esperienze ed età diverse: Mind Over Matter rappresenta come siamo cresciuti» suono di questo disco ha preso ispirazione da diversi stili musicali ed é divertente cercare di trovare le assonanze con ognuno». Mind Over Matter non è solo un disco o una traccia, sembra essere un mantra per gli Young the Giant, «’cause I’m a young man built to fall».

*

LONDON CALLING

a mattina non mi sento a mio agio: per questo ho scelto di lavorare nella discografia! Le mattine vanno dedicate a funzioni importanti tipo il tennis o il golf. Il V8 magari. Non certo al lavoro, che nel mio caso è più che altro una buona scusa per passare il tempo, e annoiarmi con classe. Ah, la musica. Giusto dovrei parlare di quella. Mentre scrivo è ancora maggio. Ce ne sarebbero di cose da dire: per esempio a maggio è nato Miles Davis, ma chi se lo ricorda… Magari qualche pazzo come me tra un tweet e l’altro. Ma non significa niente. Non lo capiscono comunque. Ecco che allora, uh uh!, ci pensa la radio. A Radio One, la stazione cool, maggio è tempo di pruriti prefestival. Li ho sempre evitati: sono lager del divertimento e mi fanno accapponare le palle. Comunque, c’è il Radio One’s Big Weekend. Ci vanno tutti, un bel polpettone che inizia con Tiesto, passa per i Coldplay e finisce con Katy Perry. Poi qualche genio mi spiegherà come si fa a mettere nello stesso bill Katy Perry e Paolo Nutini più i 1975 (ottimo gruppo). Con le dovute proporzioni, è un po’ come mettere Miles Davis ad aprire per Kylie Minogue. Mistero POPulistico. Qualcuno del giro tenta di trascinarmici. Se fosse a Londra accetterei anche, ma si finisce sempre in qualche fetido posto nel quale tento regolarmente il suicidio. Quest’anno Glasgow. No baby, thanks, lascia perdere. Meglio il Mercedes SL, il polo, e la radio a tutto volume. E qui casca l’asino! Il Blaupunkt Vintage fisso su Radio One ripete a raffica i set di tutti quegli artisti lì. A metà del mio drive nella campagna inglese non capisco più se sono i Coldplay, Sam Smith o Katy Perry. Misteri del polpettone pop. Non si distingue nulla e dà sonnolenza. Tutto è perfetto e dolorosamente ugualissimo. C’è da riflettere: forse nell'era digitale lo spirito libero, che sia Miles Davis o Iggy Pop o Buttafuoco, viene osteggiato e spinto in un’area oscura: non è un bel posto per certe menti. Celebriamo il trionfo di quella roba lì, roba da democrazia, roba da repubblica.



JUKEBOX

VAMOS, LATINOS! TORNA ANCHE QUEST’ESTATE A MILANO LATINOAMERICANDO EXPO, LUNGO FESTIVAL DEDICATO ALLA CULTURA E ALLO SPETTACOLO DEL MONDO ISPANICO. di Francesca Vuotto

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ono tante le manifestazioni che si tengono in estate in ogni città e paese dello Stivale, dai nomi più noti a quelli più locali. Chiunque ne conosce almeno una. Quello che forse in pochi sanno è che l’Italia ospita da 24 anni la più importante kermesse europea dedicata alla cultura dell’America Latina: la milanese Latinoamericando Expo è tra le più longeve e di successo, con i suoi 12 milioni di partecipanti in tanti anni di onorata carriera. Ed è quella che più di ogni altra si avvicina ai festival esteri per concept: si articola ininterrottamente per due mesi quest’anno dal 17 giugno al 19 agosto - offrendo agli avventori non solo eventi musicali - tra le guest del 2014 Maria Gadù e Ana Tijoux - ma anche un’ampia serie di attività alternative. Ristoranti (oltre venti) in cui

DESIGN PER ANLAIDS

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22 onstage giugno

HOT LIST I 10 BRANI PIÙ ASCOLTATI IN REDAZIONE DURANTE LA LAVORAZIONE DI QUESTO NUMERO BEN HARPER WHIPPING BOY [Welcome To The Cruel World, 1994]

TUTTO PRONTO A MILANO PER CONVIVIO, CHE RACCOGLIE FONDI PER COMBATTERE L’AIDS.

orna nei padiglioni della Fieramilanocity di Milano dal 13 al 17 giugno Convivio, la principale mostra-mercato italiana pensata a scopo benefico, a sostegno di ANLAIDS, l’Associazione Nazionale per la lotta contro l’Aids. Voluta dagli stilisti Gianni Versace, Giorgio Armani, Gianfranco Ferrè e Valentino nel 1992, negli anni ha coinvolto sempre più brand, che partecipano donando al progetto i propri prodotti - oggetti di arredamento, capi d’abbigliamento e accessori, foto, opere d’arte - messi in vendita per l’occasione al 50% del prezzo di listino. A questi si aggiungono, meritando una menzione particolare, i tantissimi volontari e i vari sponsor e testimonial d’eccezione che rendono possibile la realizzazione dell’evento. Sono oltre 60mila i visitatori che ad ogni edizione arrivano da ogni parte d’Italia per trovare o concedersi l’abito, la borsa, il pezzo di design più ambito e,

assaporare le prelibatezze delle varie nazioni, aree in cui cimentarsi con bachata e merengue, una mostra dedicata a Mafalda - nata 50 anni fa dalla matita del disegnatore argentino Quino - una libreria e, infine, l’immancabile spazio per seguire le partite dei Mondiali di Calcio. L’area esterna del Mediolanum Forum di Assago è pronta ad accogliere tutti, i tanti latinoamericani che risiedono in Italia e coloro che avranno voglia di sperimentare e conoscere da vicino il mondo latinoamericano. Senza varcare i confini nazionali.

allo stesso tempo, dare il proprio contributo a una causa che nel tempo ha fatto grandi progressi, ma ha ancora molta strada davanti per arrivare all’obiettivo. F.V.

JOHNNY CASH SHE USED TO LOVE ME A LOT [Out Among The Stars, 2014] FOO FIGHTERS THE PRETENDER [Echoes, Silence, Patience & Grace, 2011] VASCO ROSSI DOMENICA LUNATICA [Liberi Liberi, 1989] THE HORRORS SO NOW YOU KNOW [Luminous, 2014] PLACEBO HOLD ON TO ME [Loud Like Love, 2013] KASABIAN L.S.F. (LOST SOULS FOREVER) [Kasabian, 2004] BRUCE SPRINGSTEEN WRECKING BALL [Wrecking Ball, 2012] PEARL JAM BLACK [Ten, 1991] THE ROLLING STONES YOU GOT THE SILVER [Let It Bleed, 1969]


OCCASIONE IMPERDIBILE A GIUGNO L’ITALIA ACCOGLIE A BRACCIA APERTE GLI AEROSMITH, UNA DELLE PIÙ GRANDI ROCK BAND DELLA STORIA. E POTREBBE ESSERE ANCHE ESSERE L’ULTIMA VOLTA. di Luca Garrò - foto di Ross Halfin

G

li Aerosmith, un po’ come i Doors, resteranno forse per sempre una delle band americane meno capite tra quelle di maggior successo nella storia del rock. Proprio come per la band di Morrison, infatti, pubblico e critica si sono spesso divisi a riguardo, senza mai riuscire a focalizzare al meglio la vera essenza del gruppo: l’incredibile attitudine live mostrata fin dal primissimo album. Per qualsiasi europeo che abbia tra i trentacinque e i quarant’anni, la band di Steven Tyler rimarrà sempre quella degli album del decennio ‘89/’99, dei pezzi da classifica, dei video su MTV e delle ballatone da inserire nelle cassette per la ragazza che ti piaceva, perché con gli Iron Maiden non avresti mai ottenuto nulla. Per tanti altri, invece, sono ancora il miglior figlioccio ibrido dei Rolling Stones, con i Toxic Twins (Steven Tyler e Joe Perry) in grado di abusare di se stessi come e ancor di più di quello che erano riusciti a fare Jagger e Richards, finendo poi per essere banditi da tutti i locali degli USA prima che i RUN DMC gli tendessero una mano. Per ogni americano invece erano, sono e resteranno per sempre semplicemente la più grande rock band mai nata sul proprio suolo. E per quanto la verità stia sempre nel mezzo, quest’ultima sembra essere la definizione che più si avvicina alla realtà dei fatti. Che conosciate o meno a fondo la loro storia, fatta di fragorose cadute e strabilianti rinascite forse più che per qualsiasi altro gruppo al mondo, vederli una volta dal vivo resta una delle esperienze più eccitanti da poter raccontare ai nipoti quando camminerete col bastone: nonostante la loro età sia sempre più vicina ai settanta, gli Aerosmith sono infatti ancora oggi una delle tre o quattro migliori live band che sia possibile vedere in circolazione. Proprio come gli AC/DC, gli stessi Stones e pochissimi altri, vederli nel ‘78, nel ’91 o nel 2014 non fa poi tutta la differenza che qualcuno potrebbe immaginare: l’iconografia classica della band, con Tyler asciutto e lascivo, Perry con lo slide al dito e i vestiti sciccosi e una delle sezioni ritmiche con più tiro di sempre,

resta la medesima in ogni epoca. Inoltre, se è vero che l’ultimo grande capolavoro riconosciuto dei nostri resta quel Nine Lives di cui le scalette dei loro show sono ancora oggi infarcite, è anche giusto riconoscere che il recente Music From Another Dimension non sia affatto il semplice album che metti sul mercato come mero pretesto per andare in giro a suonare. Per chi si fosse colpevolmente perso l’incendiario concerto in Italia del 2011, che celebrava quarant’anni di storia del gruppo con una sorta di greatest hits multi generazionale, il Let Rock Rule World Tour, e dunque il concerto di Milano del 25 giugno, finisce per diventare dunque la classica seconda chance che il fato offre ai meno attenti, da non mancare nem-

meno con entrambi gli arti inferiori avvolti in un comodo gesso. Se invece siete tra quelli che pensano di poterli vedere la prossima volta, tanto i grandi gruppi girano in continuazione e per sempre, fareste meglio a dare un’occhiata alle presenze dei nostri sul suolo italico negli ultimi quindici anni, oltre che alle disavventure che ne hanno caratterizzato la storia recente: capireste probabilmente che le possibilità di ascoltare dal vivo pezzi come Dream On, Love In An Elevator o Toys In The Attic potrebbero non essere così tante in futuro. E se qualcuno con un po’ di puzza sotto il naso li apostrofasse come «quelli di Armageddon», ricordategli che erano uno dei gruppi preferiti di Kurt Cobain.

onstage giugno 23


JUKEBOX

*

RETROMANIE di Stefano Verderi

GOOD VIBRATION A INIZIO GIUGNO I QUEENS OF THE STONE AGE CALCHERANNO NUOVAMENTE I PALCHI ITALIANI. E SONO BELLI CARICHI E CONVINTI, COME CI RACCONTA IL BATTERISTA MICHAEL SHUMAN. di Luca Garrò

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on si può certo dire che l’ultimo anno non sia stato intenso per i Queens Of The Stone Age: prima il nuovo album, …Like Clockwork, atteso come pochi altri nella storia recente del rock, poi un tour infinito che ora arriva negli spazi aperti e che torna a toccare l’Italia il prossimo 2 giugno, a Rock In Idro, e il giorno dopo a Rock In Roma. «E pensare che qualcuno ci aveva preso a pesci in faccia e ci aveva già dato per finiti ai tempi di Era Vulgaris - ci confida Michael Shuman - ma è sempre bello vedere le stesse persone che cambiano opinione sul tuo lavoro a distanza di qualche anno». Gli infiniti impegni di Josh Homme, uniti ad un certo calo d’ispirazione, qualche dubbio l’avevano fatto venire anche ai fan, che temevano di non rivedere più la band dal vivo in giro per il mondo. «Non credo che Josh abbia mai davvero preso in considerazione l’idea di mettere la band in naftalina, anche perché, per quanto ne so, questa resta ancora la cosa più cara che abbia al mondo. Inoltre, credo che il fatto di avere così tanti impegni, in qualche modo, possa solo essere un bene per il suo processo di songwriting, che non ha

24 onstage giugno

mai avuto tempo di fossilizzarsi e diventare ripetitivo». Anche se per i Queens Of The Stone Age comporre un album non è mai stato un mero pretesto per andare in giro a suonare, la dimensione live resta quella per cui il gruppo è più conosciuto al mondo, tanto al coperto quanto di fronte a distese immense di esseri umani sudati e veneranti. «Amo registrare nuova musica, ma non si può negare che sia meno eccitante che andare in giro per il mondo a suonare. Non so mai decidermi tra «Amo registrare nuova musica, ma non si può negare che sia meno eccitante che andare in giro per il mondo a suonare» palazzetti e grandi spazi aperti, perché hanno troppi lati differenti che amo. Forse perché ci stiamo avvicinando all’estate, ma in questo momento l’idea di trovarmi in arene all’aperto come quelle di Bologna mi emoziona tantissimo. Siamo molto legati al vostro paese e suonare in un luogo dedicato a Joe Strummer aggiungerà ulteriori vibrazioni positive».

QUALITÀ Vs QUANTITÀ

N

el 2014, il Magnum compie venticinque anni. Un quarto di secolo che ha fatto dimenticare il mitico “mottarello”, l’originale gelato a stecco ricoperto di cioccolato che ha accompagnato per decenni le estati degli Italiani. L’anniversario mi costringe a riflettere sul fatto che, in una sorta di emulazione delle abitudini e dello stile di vita degli americani, anche in Italia abbiamo la tendenza ad aumentare le misure e le quantità. A volte sostituendo l’originale design degli oggetti nati nel nostro paese: la 500 modello SUV non ha proprio niente che la ricolleghi alla sua progenitrice degli anni '50. Ma la cosa assurda è che questi macchinoni che vanno di moda adesso non sono neanche adatti a girare per le stradine di moltiborghi storici del nostro Stivale. In Francia hanno messo in circolazione dei nuovi treni extralarge che per un disguido di commissione, essendo troppo larghi rispetto ai precedenti, non entrano nella maggior parte delle stazioni. Ridiamo pure dell’errore dei nostri cugini d’oltralpe, tanto sappiamo che sarebbe potuto tranquillamente succedere anche in Italia. Tutto questo per dire che nonostante la crisi e lo scarso potere d’acquisto delle persone, si ha sempre e comunque la tendenza ad ostentare benessere o a cercare di stare al passo coi tempi aumentando le dimensioni fino alle misure extralarge degli oggetti della nostra vita quotidiana. Automobili e televisori, servizi pubblici, ma anche divertimenti. Molti pensano, per esempio, che sia meglio andare una volta all’anno a un concerto allo stadio, magari dello stesso artista dell’anno precedente, piuttosto che andare a tanti piccoli concerti in un locale. Il 20 giugno suoneranno per la prima volta a San Siro i Pearl Jam. Il biglietto non costava certo poco, e lo spettacolo varrà sicuramente il prezzo, ma io avrei pagato il doppio per tornare indietro nel tempo e vederli la prima volta che si esibirono a Milano, nel febbraio del 1992, in un locale che ovviamente non esiste più, il Sorpasso. Ci saranno state al massimo 200 persone. La qualità non sta certo nelle dimensioni.


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FACE TO FACE

DREW

BARRYMORE Alle soglie dei 40 anni, l’ex bambina prodigio (ora neo-mamma) torna in sala dal 2 luglio con Insieme per forza, una nuova commedia sui genitori single in cui si ride e ci si commuove. di Antonio Bracco foto di David Bloomer

Q

uesta è la terza commedia romantica in cui Adam Sandler è il tuo partner sullo schermo. Il film inizia rompendo gli schemi già dalla prima scena: vi conoscete con un appuntamento al buio, ma non vi piacete per niente. È stata dura per me. Non la darò a bere a nessuno fingendo di detestare Adam e farò una pessima figura come attrice, pensavo. Devo dire che la sceneggiatura intelligentemente lascia intuire che loro due non si piacciano

per l’insicurezza di quel momento delle loro vite che li fa esitare nel frequentare un nuovo partner. Rispetto ai precedenti film Prima o poi me lo sposo (1998) e 50 volte il primo bacio (2004) avete fatto un salto in avanti. Ora interpretate genitori single che cercano di ricostruirsi una vita sentimentale. Quando ho letto lo script ho riso e ho pianto. Per me c’era tutto su quelle pagine. Mi ha conquistano il fatto che abbia a che fare con le esigenze dei figli che i genitori hanno il compito di soddisfare il più possibile. Questa storia mi ha toccato il cuore. In effetti il lato emotivo in una commedia ambientata in un resort in Africa dove succede di tutto non te lo aspetti. Non era più semplice far ridere e basta? Ti dico di più: per una scena delirante, in termini comici, ce n’è un’altra con un dialogo in cui due persone parlano di questioni reali e anche dolorose. La gente vuole andare al cinema per sentirsi un supereroe perché ha avuto una brutta giornata, per ridere, rilassarsi o per vedere una storia romantica e sentirsi positivo nei confronti della vita. Interpreti una donna divorziata che si occupa di due figli maschi. Quale opinione ti sei fatta sulle mamme single?

Ho sempre ammirato la forza che le donne sole riescono a tirare fuori per mandare avanti la vita dei loro figli. Volevo che questo si vedesse chiaramente nel film e ho fatto del mio meglio affinché il mio personaggio fosse credibile. Le mamme single hanno tutto il mio rispetto per ciò che fanno. Il film mostra un aspetto importante sugli adulti separati o divorziati che hanno figli. È tutta un’altra storia rispetto a chi è single, ha tempo libero e non ha problemi dovendo pensare solo a se stesso. È vero. Io non sono ancora arrivata al momento in cui un genitore può riprendersi tempo per sé. Quando sei un genitore, la tua vita ruota intorno a quella dei tuoi figli e, comunque, non hai alcuna voglia di andare in giro senza di loro.

«Ammiro la forza che le donne sole riescono a tirare fuori per mandare avanti la vita dei loro figli. Le mamme single hanno tutto il mio rispetto»

Hai una bambina di 20 mesi, Olive, alla quale hai dato la sorellina Frankie lo scorso 22 aprile. Possiamo dire che hai appena partorito, eppure sei già al lavoro per fare promozione al film. In effetti non avevo pianificato un ritorno così veloce. La bimba era allegra e in salute, tutto andava così bene che ho pensato di prendermi un paio di giorni per venire in Europa. Ci tenevo a parlare di questo film sulla famiglia, sull’essere buoni genitori e sull’amore per i propri figli. Recentemente hai detto che le tue figlie non le inseriresti nel mondo dello spettacolo, perlomeno in età infantile. Perché questa decisione visto che tu hai iniziato a recitare da bambina quando avevi 5 anni in Stati di allucinazione e poi in E.T.? Intanto voglio precisare che non rimpiango nulla di quello che ho fatto, perché altrimenti la mia vita non sarebbe dov’è ora. Il fatto è che vorrei che le mie bambine restassero bambine il più a lungo possibile. Se vorranno fare qualcosa nel cinema o in televisione non farò nulla per impedirglielo e le aiuterò per quanto posso, ma vorrei davvero godermi la loro infanzia per tutto il tempo che sarà possibile.


ESTATE 2014. MUSICA IN PUGLIA. 04 / 10 agosto CARPINO FOLK FESTIVAL 19a ED. CARPINO (FG) Carpino si trasforma in una cittàteatro in occasione del Festival della musica popolare, con strumenti suoni e balli legati alla tradizione garganica.

FESTAMBIENTESUD 10a ED. MONTE SANT’ANGELO (FG)

18 / 27 Luglio

“È bello vivere al Sud” il tema della decima edizione del festival nazionale di Legambiente per il Sud Italia, con 10 giorni di ricchi di imperdibili eventi.

13 luglio 07 settembre

LA GHIRONDA – 18a ED. MARTINA FRANCA (TA) Musica, multiculturalità e territorio per una rassegna che annulla le differenze etniche ed avvicina tradizioni, costumi e usanze di popoli lontani.

LOCUS FESTIVAL – 10a ED. LOCOROTONDO (BA) Ph. Antonacci Domenico Sergio

25 luglio 10 agosto

Festeggia la sua decima edizione uno dei festival più attesi della stagione estiva, che anche quest’anno anima Locorotondo di suoni provenienti da tutto il mondo. Ph. Umberto Lopez

18 luglio / 03 agosto

Ph. Mimmo Laera

FESTIVAL DELLA VALLE D’ITRIA – 40a ED. MARTINA FRANCA (TA) Un programma d’eccezione per festeggiare i quarant’anni del Festival in cui si mescolano barocco, bel canto e la tradizione della scuola pugliese-napoletana.

LOCOMOTIVE JAZZ FESTIVAL – 9a ED. LECCE Si intitola “Chiaroscuro” la nona edizione dell’esclusivo festival dedicato al jazz, che quest’anno cambia location e sceglie Lecce, capitale del Barocco.

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23 agosto

31 luglio 04 agosto

Ph. Kash Gabriele Torsello

NOTTE DELLA TARANTA 17a ED. MELPIGNANO (LE) Riscopre la tradizione musicale salentina il più grande e atteso festival d’Italia, una delle più significative manifestazioni sulla cultura popolare in Europa. Ph. Roberto Cifarelli


FACE TO FACE

MIMMO

D'ALESSANDRO L’uomo che ha portato i Rolling Stones al Circo Massimo ci ha confidato che i Glimmer Twins potrebbero riservare qualche sorpresa speciale ai fan italiani di Alvise Losi

L

«

a passione, alla base di tutto c’è la passione». Mimmo D’Alessandro non è nuovo ai grandi concerti. È uno dei due fondatori di D’Alessandro e Galli, società che da 30 anni organizza show dal vivo nel nostro Paese di alcuni dei più grandi artisti italiani e internazionali. Giusto per darvi un’idea, sono gli ideatori del Lucca Summer Festival e sono quelli che nel 2003 portarono Paul McCartney a cantare a Roma davanti al Colosseo. E che ora sono riusciti a far suonare

i Rolling Stones al Circo Massimo (22 giugno). «È un sogno che si realizza: sono più di dieci anni, da quel 2003, che pensavamo di organizzare qualcosa di grande in questo luogo magico, finalmente ci riusciamo», confida D’Alessandro. «E vorremmo anche che diventasse un appuntamento fisso: un solo grande evento all’anno in quella cornice magnifica». E che quello degli Stones sia il concerto dell’estate (ancor più in una stagione piena di show di altissimo livello) non c’è alcun dubbio. «È la prima volta che lavoriamo con loro», dice D’Alessandro. «Gli abbiamo parlato della nostra idea di farli suonare al Circo Massimo e loro ci hanno detto subito di sì. Si sono rivelati entusiasti come dei ragazzini. Siamo orgogliosi di questo e dobbiamo anche ringraziare il sindaco di Roma Ignazio Marino, che ha creduto da subito nel progetto. E al contrario di quanto è stato detto all’inizio, non abbiamo avuto problemi con la Sovrintendenza ai Beni archeologici. Noi naturalmente abbiamo dato tutte le garanzie del caso, ma abbiamo trovato tutti molto collaborativi. Tra l’altro bisogna ricordare che al Circo Massimo sono state fatte moltissime manifestazioni, ma mai a pagamento. E mi sento di dire che un con-

certo a pagamento è molto più sicuro anche perché intorno a questo evento lavorano 5mila persone». Saranno 65mila i fortunati a poter assistere al concerto, che sarà aperto da John Mayer. «Siamo molto contenti perché lo show era tanto atteso da avere fatto sold out in meno di due ore, prima ancora che annunciassimo il nome dell’opener. La gioia più grande poi è che molti giovani abbiano comprato il biglietto: non me l’aspettavo, ma almeno il 40% del pubblico sarà composto da ragazzi sotto i 30 anni». E, a quanto dice D’Alessandro, i Rolling Stones potrebbero anche preparare qualcosa di speciale per i fan italiani. «Non mi stupirei se all’ultimo saltasse fuori una sorpresa», confessa D’Alessandro. «Non ho alcuna certezza, perché loro hanno totale libertà, ma

«Non mi stupirei se all’ultimo facessero una sorpresa ai fan italiani, magari un ospite eccezionale. O le riprese video del concerto»

sappiamo già che molti personaggi di caratura internazionale saranno a Roma apposta per vedere il concerto. Penso che qualche ospite eccezionale potrebbe salire con loro sul palco». Non solo. Negli ultimi tour Mick Jagger, Keith Richards, Ron Wood e Charlie Watts hanno sempre registrato una delle loro performance per poi farne un video. È successo anche lo scorso anno con il live ad Hyde Park a Londra. Nessuno vieta di pensare che possano decidere di fare lo stesso a Roma, in una cornice unica al mondo come quella del Circo Massimo. «Ho la sensazione che ci saranno anche le riprese», si sbilancia D’Alessandro. Che poi spiega come avesse già pensato a due piani alternativi per far suonare gli Stones in Italia, se a Roma non gli avessero dato la possibilità di usare uno dei luoghi simbolo della capitale. «Sotto le mura di Lucca, un altro luogo magico, oppure a San Siro, dove erano già stati nel 2006». Ma vuoi mettere lì a due passi dal Colosseo, accanto al Foro Romano e sotto al Palatino?



STORIE

John Densmore

JIM MORRISON NON SI TRADISCE Lo scorso aprile, presso l’Università Italiana per stranieri di Perugia, John Densmore, co-fondatore e batterista dei The Doors ci ha parlato del suo ultimo libro, The Doors - Lo spirito di un’epoca e l’eredità di Jim Morrison, e dei retroscena sui processi vinti, il primo nel 2004 e il secondo nel 2007, che hanno diviso la band in due fazioni: il tastierista Ray Manzarek e il chitarrista Robby Krieger da una parte, lo stesso Densmore e la famiglia di Morrison dall’altra. di Luca Garrò - foto di Wendell Hamick

30 onstage giugno


Come On, Buick, light my fire. Queste parole, utilizzate per un jingle che avrebbe portato per la prima volta la musica dei Doors all’interno di uno spot commerciale, sancirono di fatto la prima vera rottura tra Jim Morrison e quelli che fino ad allora erano stati i suoi veri fratelli. Era il 1968 e il tutto successe durante uno dei periodi nei quali Morrison, o meglio Jimbo, spariva per giorni senza più dare tracce di sé. Gli altri componenti pensavano fosse un modo indolore per fare qualche soldo extra e, in fin dei conti, le parole del brano erano di Robby Krieger: per il Re Lucertola, invece, non si svendeva così qualcosa in cui la gente aveva creduto. Quali furono le conseguenze di quell’episodio? Quella scena mi sconvolse e gli strascichi di quel litigio mi segnarono per moltissimi anni. Avevamo tradito la fiducia di Jim, avevamo trattato le parole, forse la cosa in cui credeva maggiormente, come una merce da quattro soldi, vendibile al miglior offerente. I Doors non finirono in quel momento, fecero altri album, ma una parte di noi restò ferma a quel giorno. Jim era sparito da giorni, l’alcol stava iniziando a prendere il sopravvento su tutto il resto, ma anche in quelle condizioni si dimostrò molto più coerente di noi. Non avrei mai più potuto ripetere un errore del genere. In un’epoca come la nostra, segnata completamente dal commercio e dalla pubblicità, l’occasione per rimediare e dimostrare idealmente di aver capito l’errore si ripropone puntuale, nel 2002: la Cadillac, desiderosa di svecchiare la propria immagine ed avere più appeal sulle nuove generazioni, fa ai Doors superstiti una di quelle offerte impossibili da rifiutare: quindici milioni di dollari per avere Break On Through all’interno di un proprio spot, come se il vecchio compagno volesse metterli ancora alla prova da lassù. Mai stato tentato da tutti quei milioni? Senza Jim ad inveire contro di noi e con Ray e Robby ancora più convinti della bontà del progetto, mi sono sentito in dovere di contrastare quella porcheria. Ho sempre amato fare soldi, come credo chiunque abbia un minimo di onestà intellettuale, ma nessuno di noi aveva bisogno di quei soldi per vivere meglio

di come già facevamo. Avevamo già rifiutato un milione dalla Apple, che sembrava anche una scelta meno compromettente; la cifra era sconvolgente e ammetto di aver perso il fiato quando mi venne comunicata. Ma non potevamo fregarcene in quel modo, altrimenti che senso avrebbe avuto continuare ad omaggiare in pubblico la figura di Jim? So che per la causa ti è stato offerto aiuto da illustri colleghi. Molti amici musicisti si prestarono per darmi il loro supporto e si resero disponibili ad apparire in tribunale a testimoniare a mio favore e in nome dell’eredità musicale e artistica di Jim. Neil Young scrisse una lettera stupenda e mi autorizzò a metterla agli atti se necessario e la cosa mi fece sentire molto meno solo in un momento nel quale per i fan e l’opinione pubblica io ero quello cattivo, che voleva distruggere la band e cose di questo tipo. Pete Townshend, dal canto suo, disse che a lui del

lo stesso Copeland alla batteria e Ian Astbury dei Cult alla voce. Si trattava di un vero e proprio licenziamento fatto in pubblico, senza nemmeno degnarsi di farmi una telefonata. Niente Jim Morrison. Niente John Densmore. Dunque, dopo tutto, non si sarebbe trattato dei Doors, tutt’al più dei Doors Unhinged, i Doors scardinati, proprio il titolo che ho voluto dare al mio libro (in Italia è stato tradotto in The Doors - Lo spirito di un’epoca e l’eredità di Jim Morrison, ndr). Non ci fu alcuna apertura da parte tua? Dissi ai ragazzi che avrebbero anche potuto andare in giro a suonare i nostri brani, ma con un nome diverso, che ne so, un semplice Robbie Krieger and Ray Manzarek dei Doors sarebbe stato perfetto, ma la sigla originale era da escludere completamente. Lo cambiarono in The Doors of the 21st Century, con il logo originale tre volte più grande della seconda parte, affinché nemmeno si vedesse. Alcuni miei vec-

«Jim era sparito da giorni, l’alcol stava iniziando a prendere il sopravvento su tutto il resto, ma anche in quelle condizioni si dimostrò molto più coerente di noi»

valore che la gente dava ai propri pezzi non fregava nulla. Come se io dessi l’autorizzazione ad usare Love Me Two Times per la pubblicità del Viagra. C’è poi la storia del concerto nel 2004 a cui non potesti partecipare. Dopo una bellissima serata in cui sul palco con noi si erano alternati alcuni frontman della nuova generazione che avevano in qualche modo incarnato un po’ del nostro spirito, l’Harley Davidson ci invitò ad una festa celebrativa per il festeggiamento dei suoi primi cento anni. La proposta sembrò di quelle serie e tutti noi accogliemmo con entusiasmo l’invito. Speravo che quella serata avrebbe placato la sete di soldi di Ray, ma un problema fisico mi fece desistere e lasciai il mio posto a Stewart Copeland dei Police. Il giorno dopo, l’amara sorpresa. Venni a scoprire dai giornali che i miei due ex fratelli di sangue avevano tenuto una conferenza stampa in cui si dichiarava che i Doors avrebbero ricominciato ad esibirsi dal vivo, con

chi amici mi chiamarono entusiasti vedendo i cartelloni, perché pensavano di trovarmi lì sul palco! Per non parlare del fatto che utilizzarono una foto scartata per la copertina di Strange Days, in modo che non potessero nemmeno essere accusati in qualche modo di plagio. Come sono finite le cose con Manzarek e Krieger? Ho vinto ognuna delle cause intentate nei confronti dei miei ex compagni di band (la seconda si è chiusa nel 2007, ndr), ma per fortuna siamo riusciti a ristabilire dei rapporti civili e di affetto sincero. Con lo stesso Ray, negli ultimi mesi di vita, siamo tornati i ragazzini che si erano incontrati a Venice a metà degli anni Sessanta e che, nonostante tutto, non si erano mai allontanati così tanto. Jim, pur essendo il perno intorno a cui girava evidentemente tutto, volle da subito dividere tutti i proventi per quattro, allontanò ogni persona del nostro entourage che provava a dividerlo da noi e credeva davvero in modo puro a quel legame: ora so di non averlo tradito una seconda volta.

onstage giugno 31


La migliore musica italiana a

POSTEPAY ROCK IN ROMA

Caparezza

è

uno dei concerti più attesi di Postepay Rock In Roma e nel ricco calendario del festival romano, pieno di artisti di fama internazionale, è l’unico italiano presente insieme agli Afterhours. Stiamo parlando di Caparezza, che il 22 luglio presenterà l’ultimo album Museica, con il quale ha stupito di nuovo tutti grazie al suo stile ironico e deciso. «Mi aspetto che questo album sia uno spartiacque nella mia carriera», ha spiegato. «È un disco vero, nel quale ho voluto curare anche la copertina, che è il dipinto di un pittore: dopo due giorni passati a parlare con me è venuto fuori questo. È la mia psiche». L’obiettivo? «Che sia ascoltato più di una volta». E di certo ne ascolteranno molti brani gli spettatori dell’Ippodromo delle

Onstage per Postepay

Capannelle di Roma, che potranno godersi dal vivo uno show imperdibile messo in scena da un artista davvero unico. Caparezza, al secolo Michele Salvemini, è uno dei cantanti meno categorizzabili della musica italiana, sia in quanto a stile musicale sia perché i suoi concerti sono dei veri show. E il suo modo di stare sul palco ricorda, a suo stesso dire, «il teatro canzone». Non a caso le sue sono davvero canzoni di una persona che osserva la realtà con uno sguardo curioso. E questo sono i suoi spettacoli, un mix di musica e teatro, con una certezza: divertimento assicurato. Non a caso il pubblico che lo segue è aumentato esponenzialmente negli ultimi anni, grazie a esibizioni fuori da ogni schema. Per numero di

spettatori e per maturità artistica, il concerto al Postepay Rock In Roma potrebbe davvero essere uno dei più importanti di tutta la sua carriera. Per lo show è possibile acquistare i biglietti utilizzando la carta Postepay, che consente di ottenere il 15% di sconto. Non solo. La carta Postepay permetterà anche di avere il 15% di sconto su food&beverage acquistati all'interno del villaggio del Rock che sarà allestito durante il festival. Infine, per godersi al massimo l'esperienza del Postepay Rock In Roma, è possibile scaricare l'app Postepay Soundper smartphone e tablet, partecipando così al concorso per vincere i biglietti per i concerti e all'estrazione finale di un viaggio per due persone a Los Angeles.



L'UNICA GRANDE ROCKSTAR ITALIANA San Siro e Olimpico di Roma. Sono i templi dove quest’anno si celebra il LiveKom 014, evento-rito che permetterà ai fan di Vasco di incontrare ancora una volta il loro Messia. Il Blasco è pronto, forte della sua incomparabile (per l’Italia) capacità di dominare il palco e le folle. Una delle sue migliori qualità, ma non l’unica per cui è possibile affermare con certezza che, nel nostro Paese, nessuno è mai stato, ed è, come lui. di Luca Garrò - foto di Francesco Prandoni

«L

a gente non mi cagava, io ero pronto al fatto che mi ignorassero, anche al fatto che mi dicessero scemo, perché sul palco devi mettere l’orgoglio sotto i piedi. Il problema era questo, che c’era un bar con dei fighetti della piazza che mi tiravano delle freccette. E io non sapevo come reagire:

34 onstage giugno

mi sentivo umiliato e pensai che non avrei mai fatto questo mestiere. Poi, nell’andare a casa mi è venuta una rabbia incredibile e mi sono detto: adesso questa cosa qui diventa una guerra». Era il 1979 e Vasco a Vicenza giocava con poca convinzione a fare il musicista, perché dentro di sé si sentiva ancora profondamente disc-jockey, mestiere che gli faceva guadagnare molti soldi e soprattutto, parafrasando le sue parole, molta figa. In quell’impeto d’orgoglio finale, tuttavia,

è già racchiusa un po’ della filosofia che permetterà a quel ragazzo, che poi tanto ragazzo non era già più, di diventare il Blasco, l’unica grande rockstar che il nostro paese abbia mai conosciuto.

IDENTIKIT DI UNA ROCKSTAR Il percorso grazie al quale un ragazzo pieno di idee, ma anche tremendamente insicuro, della


provincia bolognese sia riuscito a passare dalle umiliazioni delle prime uscite pubbliche ad essere riconosciuto all’unanimità come il più grande animale da palcoscenico nazionale è di quelli pieni di cadute, di imprevisti, ma anche di trionfi e soddisfazioni, insomma una storia rock’n’roll al cento per cento, di quelle da raccontare. La verità è che probabilmente i punti in comune tra il Vasco che schivava gli oggetti lanciatigli sul palco e quello in grado di riempi-

re gli stadi come e più dei grandi artisti stranieri fossero già molti agli inizi degli anni Ottanta, ma restavano nascosti a causa dell’unica cosa che ancora gli faceva difetto: la consapevolezza piena del proprio potenziale. Col tempo, però, grazie ad una forza di volontà rara, un talento evidente fin dall’infanzia e una serie di complici fidati, la vera personalità del Komandante è riuscita a emergere, trasformandolo in un idolo assoluto. Ma quali sono in definitiva le caratte-

ristiche, i comportamenti, le dichiarazioni che fanno di un artista una rockstar e, se davvero esistesse una carta d’identità del rocker perfetto, in Italia qualcuno oltre a Vasco dovrebbe possederla? Posto che probabilmente la formula del vero rocker non sia mai stata ricreata in laboratorio, è anche vero che tutti gli artisti che hanno lasciato un segno indelebile nella storia della musica popolare avessero delle peculiarità ben precise e assolutamente riconoscibili,

onstage giugno 35


che nell’immaginario collettivo hanno finito per diventare una specie di cartina di tornasole per decidere chi possa essere considerata una rockstar e chi un semplice musicista. E Vasco, che piaccia o meno, le possiede tutte.

IL PROVOCA(U)TORE Innanzitutto, la capacità innata di scrivere brani che con estrema semplicità siano in grado di dire quello che ognuno di noi vorrebbe, spesso senza riuscirci. Charles Bukowski era convinto che nella semplicità stesse il vero genio comunicativo e l’immediatezza è stata forse la chiave principale in grado di rendere il rock il fenomeno culturale più importante della seconda metà del novecento: se escludiamo infatti i testi colti e ricchi di metafore di Jim Morrison e l’ambiguità di una hit come Stairway To Heaven, le canzoni più celebri della storia restano ad oggi brani molto immediati dal punto di vista lirico. Una caratteristica spesso legata alla capacità di esprimere le proprie emozioni in musica è chiaramente quella della sensibilità, di cui l’animo del Blasco abbonda fin dalla tenera età: è proprio quell’aspetto della sua anima a renderlo così fragile, malinconico e sempre alla ricerca di qualcosa che probabilmente mai riuscirà a raggiungere. Ed è quello stesso sentimento che lo accomuna ai grandi songwriter degli anni Settanta e che tesse un filo conduttore chiarissimo con le anime tormentate del grande rock americano dei Nineties, come Kurt Cobain, Eddie Vedder o Billy Corgan. Da sempre scisso a metà come tutte le personalità tormentate, il Signor Rossi è però noto ai più, soprattutto quelli che lo conoscono in modo superficiale, per i suoi comportamenti trasgressivi, spesso figli della stessa fragilità di cui sopra. In più di un’intervista egli stesso ha spiegato molto bene le dinamiche che, nei primi anni di grande successo, stavano dietro ai comportamenti che nel caso più eclatante lo portarono ai cinque giorni di isolamento in carcere. La paura di salire sul palco e di non essere all’altezza furono le principali cause dell’inizio del rapporto tormentato con l’alcol e con le droghe, grazie alle quali Vasco era convinto di poter scrivere canzoni migliori di quelle che componeva da sobrio. Il carcere, vissuto con estrema dignità, ma anche con la convinzione, per altro legittima, di essere stato un po’ strumentalizzato resta comunque un altro dei cliché necessari per il pedigree di rockstar: le foto segnaletiche di artisti come Johnny Cash, David Bowie, Iggy Pop, ma anche dello stesso Jim Morrison e di una lista di musicisti per cui sarebbe necessario un libro, sono entrate di

36 onstage giugno

diritto a far parte dell’iconografia classica del rock, quanto e forse più di tante copertine di album.

DANNATI MEDIA Un episodio così, per certi versi simile a quello dei primi concerti di fronte a dieci persone e che avrebbe potuto affossare un artista ormai conosciuto da tutti ma che ancora non aveva

fatto il vero salto nell’olimpo, paradossalmente finì per spingere la popolarità di Vasco oltre ogni aspettativa, trasformandolo definitivamente nel punto di riferimento di un’intera generazione che non riusciva a trovare centri di gravità. Non fu così per la stampa, da sempre poco incline a riconoscerne il talento cristallino e più interessata ad accusarlo di essere un cattivo esempio (almeno fino a un certo punto della storia), e pronta però ad osannare artisti

SUL PALCO COL BLASCO

La band del LiveKom 014, tra conferme e new entry Stef Burns (chitarrista) Vasco lo sente suonare Hey Stoopid con Alice Cooper nei primi anni Novanta e se ne innamora, chiamandolo per le registrazioni de Gli Spari Sopra. L’entrata ufficiale nel gruppo avviene solo due anni più tardi, in occasione di Rock Sotto L’assedio. Da allora è presenza fissa dal vivo e in studio.

Will Hunt (batterista) Classe 1971, Will Hunt entra nel gruppo al posto di Matt Laug con lo stesso scopo di Vince Pastano: rinnovare il sound di Vasco, aumentandone la carica aggressiva e la potenza sul palco. Tra le sue esperienze passate, degne di nota le collaborazioni con Tommy Lee, Evanescence e Black Lable Society.

Claudio Golinelli (bassista) Uno dei musicisti più apprezzati del nostro Paese e bassista storico di Steve Rogers Band e Vasco, con lui a fasi alterne dal 1981. Insieme a Maurizio Solieri e Massimo Riva, alla fine degli anni Ottanta è uno dei protagonisti della rottura col Blasco, che lo riprende con sé nel decennio successivo.

Alberto Rocchetti (pianista/tastierista) Altro collaboratore storico di Vasco, il Lupo Maremmano è presenza fissa al pianoforte e alle tastiere dai tempi di Liberi Liberi e dello storico Fronte Del Palco. Quest’anno si presenterà con un set rinnovato e avrà la possibilità di esibirsi in assoli di orientamento progressive.

Clara Moroni (corista) Soprannominata da Vasco “La Ferrari Del Rock”, Clara Moroni diventa ufficialmente un membro della sua band nel 1996, anche se la sua collaborazione col rocker di Zocca inizia per l’album Gli Spari Sopra. Uno dei personaggi più amati dal pubblico.

Frank Nemola (trombettista/tastierista) Musicista e attore, Frank Nemola inizia a suonare con Vasco nel 1996 per non abbandonarlo più. Polistrumentista eclettico e innovativo, Nemola ha il ruolo di rendere pieno il suono live del Blasco grazie a tromba, cori e diavolerie elettroniche con cui si diverte a stupire il pubblico.

Vince Pastano (chitarrista) Già presente sui due ultimi singoli del Blasco, Cambia-menti e Dannate Nuvole, Pastano è una delle due new entry della band per il tour in partenza. È colui cui spetta l’ingrato compito di sostituire lo storico Maurizio Solieri ed è stato scelto da Guido Elmi per dare alla band un suono più “heavy-oriented”.

Andrea Innesto (sassofonista) Sassofonista e flautista di grande qualità, Innesto è uno degli artefici del classico sound rossiano dalla metà degli anni Ottanta e completa a meraviglia le parti corali della band perché dotato di un tipo di voce molto utile ad assecondare quella di Vasco.


ÂŤMi tiravano delle freccette. E io non sapevo come reagire: mi sentivo umiliato e pensai che non avrei mai fatto questo mestiere. Poi mi sono arrabiato e mi sono detto: adesso faccio la guerraÂť

onstage giugno 37


che da Vasco avevano preso quasi tutto. Provate poi a pensare a come si parla di lui negli ambienti della musica indipendente italiana, dove spesso viene citato come quello che non si vuole diventare, quello dei pezzoni da stadio, il venduto alle regole del mercato, mentre poi basterebbe ascoltare il novantacinque percento della produzione indie degli ultimi cinque anni per rendersi conto quanto di Vasco Rossi ci sia in ognuno di quei dischi. Prendete i suoi primi quattro album, buttateci dentro Rino Gaetano e un po’ di cantautorato anni settanta e ci troverete tutto quello passa ogni estate al Mi Ami (festival milanese tra i più noti del circuito indie). La verità è che tutti vorrebbero essere Vasco e si sa, quando qualcosa diventa impossibile da fare allora è meglio denigrarla o parlarne come di una cosa adatta al popolino. Anche chi è convinto che non scriva più le canzoni di un tempo farebbe bene a pensare che tutto cambia, è inevitabile e sano che sia così: chi si aspetta da un artista di sessant’anni

le stesse cose di quando ne aveva venti non solo è un cretino, ma non è nemmeno in grado di valutare il percorso di un uomo che, con tutte le contraddizioni con cui ognuno di noi convive, ha mantenuto intatti tutti i fili conduttori della sua poetica.

ROCK ‘N’ ROLL ANIMAL E poi, sopra ogni cosa, svetta l’aspetto del Vasco performer. Per i fan di Bruce Springsteen il mondo si divide in due: da una parte chi l’ha visto dal vivo e dall’altra tutti gli altri. In Italia la stessa cosa può valere per il Blasco, in grado di sbriciolare ogni record ogni volta che ha deciso di intraprendere un tour, tanto che col tempo l’unico tipo di competizione possibile resta quella con se stesso. Tre anni fa, quando a sorpresa e con molta autoironia diede le sue dimissioni da Rockstar, alle quali nel giro di pochi mesi fecero seguito quei problemi di salute che lo portarono ad un lunghissimo stop,

in molti diedero per certo che quella fosse la fine del mito. Vasco, però, ancora una volta è riuscito a rialzarsi, dimostrando nuovamente di poter rinascere sempre dalle proprie ceneri. Il Live Kom 011, così come accadrà con quello che sta per prendere il via, non ha fatto altro che dimostrare nuovamente quanto, nonostante l’età e gli acciacchi di un fisico che gli ha tirato qualche colpo mancino, Vasco sia sempre lo stesso, con le sue paure, la sua goliardia e la sua infinita malinconia. È cambiato il suo pubblico, quello sì, una volta composto quasi esclusivamente da persone che ne avevano condiviso le scelte di vita, spesso senza riuscire a sopravviverne, e oggi forse più figlio di Rewind che di Siamo solo noi. Ma quando li guardi nei maxi schermi, i suoi occhi lucidi mettono i brividi come venticinque anni fa. Ecco perché Vasco è l’unica rockstar del nostro paese: perché è puro, disturbante, eccessivo e al di là del bene e del male. Vasco è libero. Libero di sbagliare, libero di ricominciare. l

SETTE DATE. Tre i concerti allo Stadio Olimpico di Roma (25, 26 e 30 giugno) e quattro gli show allo Stadio San Siro di Milano (4, 5, 9 e 10 luglio), dove Vasco ha scritto alcune delle pagine più belle della sua storia di performer live.

La fragilità emotiva accomuna Vasco ai grandi songwriter degli anni Settanta e alle anime tormentate del grande rock americano dei Nineties, come Kurt Cobain, Eddie Vedder o Billy Corgan

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GRAFICA CHIAROSCURO CREATIVE (BO), FOTO ROBERTO VILLANI

VASCO KOM LIVE.014 CA MBIA-MENTI

IL NUOVO SINGOLO DISPONIBILE SU CD E IN DIGITALE

04.07 05.07 09.07 10.07

25.06 26.06 30.06 STADIO OLIMPICO

STADIO SAN SIRO

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earl Jam e San Siro. Un'accoppiata che tantissimi italiani hanno sognato per anni e che finalmente diventa realtà. In un'estate ricca di eventi musicali live, l'appuntamento del 20 giugno (con replica il 22 al Nereo Rocco di Trieste) può essere considerato il momento clou in ambito rock. Se non altro perché il gruppo di Seattle si esibisce per la prima volta da headliner negli stadi italiani. Eddie Vedder, Jeff Ament, Mike McCready, Stone Gossard e Matt Cameron arrivano sulla scia dell'ultimo album, Lightning Bolt, ma le canzoni di questo lavoro non saranno che una piccola parte di uno show che si annuncia una vera e propria maratona, come è loro abitudine. Sono stati definiti la “miglior band del mondo”, e sono tra i pochi per i quali l’etichetta non suona usata a sproposito. Usciti dalla rivoluzione grunge sono diventati mostri sacri del rock a tutto tondo, tanto da essere considerata la “più giovane band di classic rock”. Abbiamo provato a capire perché.

NON SOLO GRUNGE A cavallo tra anni '80 e '90 sono quattro i gruppi di Seattle che forgiano il movimento grunge: Nirvana, Soundgarden, Alice in Chains e Pearl Jam. Di questi gli unici a reggere senza scioglimenti, morti o pause prolungate, sono proprio i PJ. Per una loro attitudine più solida e quadrata, ma anche perché meno legati alla parabola di un preciso genere musicale. Tutti i componenti del gruppo vengono da estrazioni diverse e guardano più al rock anni '70 che al punk. Tra i loro modelli ci sono gli Who e Neil Young e nelle loro canzoni gli assoli di chitarra (affidati a McCready), eresia nel grunge, sono tutt’altro che banditi.

FEDELI ALLA LINEA I Pearl Jam sono il simbolo dei valori della Seattle "alternativa". Fedeli alle proprie idee e alla propria etica al punto da diventare i principali boicottatori del proprio successo. Per anni niente interviste, niente singoli. E un brano manifesto come Not For You dove mandano affanculo quelli che vogliono solo trarre profitto dal rock. «Hanno fatto di tutto per rimanere uniti» ha detto Chris Cornell, cantante dei Soundgarden. «Se qualcosa li mette a disagio, cambiano strada: i video avevano successo? Smettevano di farli». Solo per i fan fanno passi indietro. Come a metà anni 90, quando si ribellano a Ticketmaster per il ricarico d'agenzia sui biglietti che grava sul pubblico ed escono dal circuito ufficiale dei concerti: la battaglia viene chiusa quando capiscono che alla fine sono proprio i fan a subirne le conseguenze.

NON SIAMO SOLI AL MONDO A differenza di molte rockstar, i PJ non si sono mai chiusi nel loro microcosmo. Senza contare i numerosi side project, sono moltissime le collaborazioni con altri artisti, sia dal vivo sia in studio. A partire da quella con Neil Young, che del grunge è il padrino. Poi i Rem, Ramones, Neil Finn e molti altri. Allo stesso modo, nonostante un repertorio vastissimo che permetterebbe loro di vivere di rendita, infarciscono i concerti di cover: da Springsteen ai Beatles, dai Rolling Stones agli Who, passando per gruppi apparentemente lontani dal loro universo come Devo o Pink Floyd. E i colleghi ricambiano con una stima quasi unanime.

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CUORE ED ENERGIA Dal vivo non servono effetti speciali o scenografie da fantascienza: lo spettacolo lo fanno loro. Nei primi anni con le acrobazie sul palco di Vedder, poi solo con la musica e l’energia. Nel 1993 fanno da spalla allo Zooropa Tour degli U2, negli stadi. Eddie Vedder non ama quella location, segue i concerti di Bono e soci chiudendosi gli occhi perché non vuole «vedere lo schermo più grande del mondo». Un paio di anni dopo, sentendo che gli U2 stanno preparando un album più scarno, manda a The Edge uno schema della loro disposizione in scena, aggiungendo: «Potrebbe esservi utile». Nel 1997 aprono alcune date dei Rolling Stones: «Vedendoli da vicino abbiamo capito come avrebbe potuto svilupparsi la nostra carriera» ha detto Ament. «E allo stesso tempo cosa non volevamo: per esempio avere cinque musicisti in più sul palco».

PIONIERI DELLA RETE I Pearl Jam non hanno mai osteggiato la registrazione amatoriale dei loro concerti da parte dei fan. Quando, alle soglie del 2000, Internet prende piede, sono tra i primi a comprenderne le potenzialità. Tramite il loro sito ufficiale iniziano a vendere le registrazioni di tutte le date

IMPREVEDIBILI Le scalette dei Pearl Jam sono quanto di più impronosticabile possa esserci nel mondo della musica live. La band ama variare e proporre ogni sera qualcosa di diverso ai fan, pescando dall’immenso repertorio. Ci siamo chiesti quali canzoni saranno probabilmente proposte dal vivo e quali invece sarà invece praticamente impossibile sentire. La statistica (che non tiene conto delle cover) è opera del sito setlist.fm, che contiene 944 scalette del gruppo di Seattle. I DIECI BRANI PIÙ SUONATI Even Flow (758 volte) Alive (691 volte) Black (512 volte) Porch (508 volte) Corduroy (500 volte) Jeremy (487 volte) Daughter (477 volte) Better Man (462 volte) Do The Evolution (438 volte) Rearviewmirror (410 volte) I DIECI BRANI MENO SUONATI Out of My Mind (due volte nel 1994 e una nel 2009) Bugs (una volta nel 2009, una nel 2012, una nel 2013) Hold On (due nel 2009 e una nel 2013) Just A Girl (una nel 1990 e una nel 1991) Let Me Sleep (una nel 1994 e una nel 2013) Other Side (una nel 2010 e una nel 2013) Sweet Lew (una nel 2009 e una nel 2010) In The Moonlight (una nel 2011) Santa Cruz (una nel 2010) Hitchhiker (una nel 2012)


«Se qualcosa li mette a disagio, cambiano strada: i video avevano successo? Smettevano di farli» Chris Cornell

del tour (alcune di queste arrivano anche nei negozi). Un’operazione che alimenta la fedeltà dei fan che possono così seguire l'intero tour, tanto più che ogni concerto è diverso dall’altro. Nel 2003, nell’arco di tre serate vicino a Boston suonano oltre cento pezzi, esperienza ripetuta a Philadelphia sei anni più tardi. «Ci siamo ammazzati di lavoro - ha commentato Ament - ma è stato molto divertente».

IL ROCK E’ IMPEGNO Sin dall’inizio, i Pearl Jam si distinguono per il loro essere in prima fila in battaglie sociali quanto politiche. Che si tratti della libertà di scelta della donna in tema di aborto, di una battaglia ecologista o dell’aiuto a bambini disagiati, non si tirano mai indietro. Sul fronte politico l'iniziale appoggio all'ambientalista Nader si sposta sui candidati democratici soprattutto in funzione anti Bush, impegnandosi tra le altre cose nel tour “Vote For Change”. Le loro non sono mai scelte di comodo: nel 2003 parte del pubblico contesta la canzone Bu$hleaguer, considerata antiamericanista. Ament commenta: «Grandioso. Siamo stati fischiati per aver sostenuto le idee in cui credevamo. Ero pronto ad andare là fuori e aprire ogni concerto con quella cazzo di canzone».

GIOCO DI SQUADRA Appassionati di basket, baseball e surf, per loro lo sport non è solo

un passatempo, al punto da entrare con forza nell’ambito artistico: i testi sono spesso ricchi di metafore sportive o addirittura dedicati a quel mondo, come Oceans, sul surf, o All The Way, inno per i Chicago Cubs. Eddie usa la tavola da surf come luogo di isolamento e ispirazione: dopo aver ricevuto il primo demo dalla band, nel 1990, i primi pezzi nascono nella sua testa mentre cavalca le onde (e sono Alive, Once e Footsteps). Il nome di un cestista, Mooky Blaylock, ispira il nome iniziale del gruppo, mentre il suo numero di maglia, Ten, dà il titolo al primo album. Nel 2013 tutte le canzoni di Lightning Bolt, più altre 36 pescate dal catalogo, sono la colonna sonora ufficiale delle World Series di baseball.

«Vedendo da vicino i Rolling Stones abbiamo capito come avrebbe potuto svilupparsi la nostra carriera e cosa non volevamo: per esempio cinque musicisti in più sul palco» Jeff Ament

MUSICA PER IMMAGINI Anche il mondo del cinema ama, ricambiato, i Pearl Jam. Prima ancora di pubblicare il primo album partecipano a Singles, nel quale in-

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terpretano una band di spiantati di Seattle, i Citizen Dick, il cui leader è Matt Dillon. Ma scrivono brani anche per Judgment Night, Ritorno dal nulla e Big Fish. Eddie Vedder è molto amico di Tim Robbins e Sean Penn: per il primo realizza alcuni pezzi per Dead Man Walking, per il secondo l'intera colonna sonora di Into The Wild, che può essere considerato il suo primo lavoro solista.

fedelissimi, che non li abbandonano, quanto dalle nuove generazioni, che iniziano a seguirli. Quando a Roskilde, nel 2000, nove spettatori muoiono calpestati nella calca, il gruppo ne esce devastato e si terrà lontano dai festival per sette anni. Ancora oggi mantengono i contatti con le famiglie delle vittime.

LA SECONDA PATRIA «Grandioso. Siamo stati fischiati per aver sostenuto le idee in cui credevamo. Ero pronto ad andare là fuori e aprire ogni concerto con quella cazzo di canzone»

Jeff Ament

PROMESSA DI FEDELTà Il Ten Club, fan club ufficiale, è sempre stato trattato con grande attenzione: da 22 anni, a Natale, ogni iscritto riceve un singolo realizzato per l’occasione. Ma non è solo questo: «Hanno fatto una promessa di integrità e fiducia: se credi in noi non ti volteremo le spalle per ricoprirti di merda», spiega Chris Cornell. Un impegno premiato tanto dai

Concludiamo con un tema che riguarda esclusivamente il nostro Paese. L’Italia e i Pearl Jam hanno un rapporto che va ben oltre le dichiarazioni d’amore di rito. Un amore scoccato nel 1993, durante le pause del tour con gli U2. A Roma scrivono canzoni (Mfc), scattano foto per le copertine degli album (Vitalogy), vedono la prima mostra fotografica retrospettiva a loro dedicata, Five Horizons. Nel 2007 pubblicano il dvd Immagine in cornice, film-concerto, con tanto di titolo in italiano, che documenta le cinque date tricolori del tour europeo dell’anno precedente. Non mancano i momenti privati importanti: Eddie a Roma si sposa, nel 1994, e a Milano conosce la successiva compagna, Jill McCornick (sposata nel 2010 dopo avere avuto da lei due figli). Vedder lo ha detto: «L’Italia è la nostra seconda patria». E c’è da credergli. l

COMPATTI come poche altre band nella storia del rock, la formazione dei Pearl Jam ha visto mutare solo il batterista. Matt Cameron (primo a sinistra) entrò a far parte del gruppo nel 1998 al posto di Jack Irons (che a sua volta aveva sostituito Dave Abbruzzese nel 1994). Gli altri quattro componenti (Stone Gossard, Eddie Vedder, Mike McCready, Jeff Ament - da destra a sinistra) non sono mai cambiati dal 1990.

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CESARE

CREMONINI 2014

LOGICO

TOUR

OTTOBRE 28 MILANO 31 RIMINI

MEDIOLANUM FORUM 105 STADIUM

NOVEMBRE 2 CONEGLIANO 6 BOLOGNA 9 BARI 11 ROMA 14 NAPOLI 16 ACIREALE 18 PERUGIA 19 FIRENZE 21 MANTOVA 22 TORINO 25 TRENTO 27 PADOVA

L’ALBUM LOGICO DISPONIBILE ORA

ZOPPAS ARENA UNIPOL ARENA PALAFLORIO PALALOTTOMATICA PALAPARTENOPE PALASPORT PALAEVANGELISTI MANDELA FORUM PALABAM PALAOLIMPICO PALATRENTO GRAN TEATRO GEOX


GLI ONE DIRECTION SPIEGATI DA UNA DIRECTIONER (E DA SUO PADRE)


I RAGAZZI D’ORO DELLA MUSICA POP BRITANNICA SONO IL SOGNO DI OGNI DISCOGRAFICO E NON SOLO DEI MILIONI DI ADOLESCENTI CHE AFFOLLANO I LORO CONCERTI E COMPRANO I LORO DISCHI. OLTRE TRENTA MILIONI DI COPIE PIAZZATE IN OGNI ANGOLO DELLA TERRA, A CUI SI SOMMANO CONCERTI ESAURITI E FANATISMO COLLETTIVO. COM’È POTUTO ACCADERE? LO CAPIAMO ASCOLTANDO LE PAROLE DI UNA DIRECTIONER E DEL SUO PAZIENTE PAPÀ. di Stefano Gilardino

I

l primo problema, quando si tratta di scrivere un articolo sugli One Direction - o su un fenomeno popolare che trascende i confini della musica come nel loro caso - è quello di evitare i luoghi comuni e l’approccio didascalico alla Wikipedia, di cui già sono pieni i siti di tutto il mondo. Al tempo stesso, se si vuole evitare una disamina troppo critica del fenomeno, ovvero un lungo articolo noioso in cui si cerca di capire perché cinque ventenni assemblati con un colpo di genio dietro le quinte di X-Factor siano diventati il più grosso fenomeno musicale dai tempi dei Take That e delle Spice Girls, tocca rivolgersi a chi del gruppo conosce qualunque cosa: un fan. Nel nostro caso, una in particolare, Chiara, 15 anni, accompagnata da suo padre Diego, con il quale spesso condivide (volente o nolente, nel caso suo…) tutte le avventure che coinvolgono i suoi beniamini. Soprattutto quelle più “estreme” o bizzarre- «Una volta, quando erano ospiti di X Factor, siamo restate, io e altre Directioner (il nome delle fan della band, ndr), fuori dagli studi Rai in via Mecenate a Milano per otto ore filate, al freddo, per aspettare che uscissero o si facessero vedere in qualche modo. Piangevo tantissimo, per l’emozione». A chiudere il racconto ci pensa Diego: «Io, con un sacco di altri genitori ovviamente, osservavo la scena dall’esterno e vedevo centinaia di ragazzine in lacrime, tutte addossate contro il muro degli studi di registrazione, con le orecchie tese a percepire il minimo segnale di vita da parte degli One Direction. In pratica era il muro del pianto, ho fatto anche un sacco di fotografie per documentare quello che mi pareva un momento irripetibile e molto intenso». Nulla di cui vergognarsi, conosco un sacco di amici che, con i dovuti distinguo del caso, fanno ancora la fila per ore solo per avere un autografo su un disco o la classica fotografia di rito con il proprio idolo musicale. Certo, magari non vanno in giro per tutta Londra nella speranza di un incontro fortunato, come è successo ai nostri due intervistati. «È vero, siamo stati ore a girare, anche un po’ a caso, nella speranza assurda di incontrarli, come se gli One Direction potessero permettersi di uscire a piedi e indisturbati per la capitale inglese. Però siamo andati in un ristorante che frequentano di solito e abbiamo mangiato lì, portandoci via i tovaglioli per ricordo». Sappiamo cosa state pensando, ma provate a controllare nei vostri cassetti (dei ricordi, ma anche della scrivania) e vedrete che salterà fuori la fotografia con Bono, il biglietto del tram usato da Eddie Vedder e il plettro di Kurt Cobain. Facciamo un passo indietro, intanto.

I LOVE YOU ZAYN

Chi è costui? Zayn Malik, ovviamente, uno dei cinque membri del gruppo, anglo-pakistano, fidanzato con la cantante Perrie Edwards nonché il preferito di Chiara («però nella mia camera ho il cartonato gigante di Harry Styles, mia mamma si spaventa sempre quando lo vede al buio»). «La prima volta che li ho visti è stata quando sono venuti ospiti al Festival di Sanremo. Li conoscevo solo di nome, ma quella sera è stata una rivelazione, mi sono piaciuti subito tantissimo, soprattutto Zayn. Il giorno dopo sono andata su YouTube a cercare altre canzoni e ho capito subito che sarei diventata una fan sfegatata». Percorso simile a quello di altre milioni come lei, con cui ovviamente è spesso in contatto quotidiano: «Ci incontriamo di persona a scuola, molte mie compagne sono appassionate come me, ma anche virtualmente in Rete, organizziamo iniziative comuni, discutiamo su un forum, scambiamo poster o gadget che li riguardano, commentiamo notizie su di loro. Cose da Directioner, insomma, come passare intere serate con decine di pagine Internet aperte per poterli votare a qualche Award in cui vogliamo che vincano». Mi documento e vado a vedere il loro palmares di vittorie, rimanendone piuttosto impressionato. È stupefacente come, con un altissimo coinvolgimento personale, le fan svolgano un perfetto lavoro pubblicitario (e gratuito, particolare non irrilevante) per la causa, promuovendo un prodotto con la forza di milioni di click in tutto il mondo. La quadratura del cerchio, in pratica, e i risultati si vedono, con ben 45 trofei e premi conquistati in poco più di tre anni di carriera, a conferma di una macchina commerciale che travolge tutto quanto e non si ferma davanti a nulla, oltre che di una capacità di intercettare i gusti del pubblico fuori dal comune. Siamo a metà articolo, circa, e mi accorgo che non abbiamo ancora parlato di musica; quella che, piaccia o no, ha trascinato i One Direction in cima alle classifiche di mezzo mondo. E se, il primo disco, Up All Night, era esattamente quello che ci si aspetterebbe da una boy band classica - pop da classifica, molto sdolcinato, senza grossi sussulti o pretese artistiche -, il seguito è più curioso, con la doppietta Take Me Home e Midnight Memories che si gioca addirittura le carte new wave anni Ottanta e sintetizzatori, per evitare una morte commerciale per

«Una volta siamo restate fuori dagli studi Rai per otto ore filate, al freddo, per aspettare che uscissero o si facessero vedere in qualche modo. Piangevo tantissimo, per l’emozione» eccesso di zuccheri e r’n’b. Non staranno correndo troppo? «Io preferisco il primo album, è quello a cui sono maggiormente legata, forse perché li ho scoperti proprio con quello. Però anche i dischi successivi sono belli, hanno canzoni stupende, con dei testi interessanti. Sono quasi tutte scritte da loro, sai?». Specificazione importante, verrebbe da dire, che quanto meno li rende meno anonimi agli occhi e alle orecchie di chi non riesce a comprendere fino in fondo, per questioni anagrafiche in primis, il segreto che sta dietro a un gruppo/brand che vale milioni di sterline. «Abbiamo fatto una fila lunghissima, prima dello scorso concerto, per entrare nel temporary shop milanese approntato apposta per il tour e comprare ogni genere di gadget: magliette, portachiavi, bicchieri, tazze, poster, profumi, fotografie. Qualunque cosa ti venga in mente, ci hanno già pensato loro a metterla in vendita», racconta Diego. Un fiuto

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degno dei Kiss, dunque, nato per soddisfare l’unica fascia di età, se si eccettuano i vecchi appassionati over 45, che ancora spende e compra con passione, magari non duratura e fedele negli anni, ma comunque maniacale. Non sarà il Record Store Day, ma il Temporary Shop Day, poco ma sicuro.

I’M NOT A BELIEBER Si chiamano così le giovani seguaci del notissimo prodigio americano - un po’ come le Directioner lo sono dei cinque ragazzi - balzate alla cronaca per qualche eccesso di fanatismo. Si sopporteranno le une con le altre oppure non correrà buon sangue? Chi lo sa, certo è che molte dinamiche sono simili, in qualche caso anche quelle più estreme. E se una fan italiana di Justin Bieber viene tormentata sui social network per aver avuto la possibilità di salire sul palco a baciare il proprio idolo, la fortunata vincitrice del biglietto per il concerto degli One Direction al Madison Square Garden di New York non gode certo di una sana invidia, come ci ricorda Diego sorridendo: «È come in politica, si parla di brogli e amicizie altolocate, ogni tanto si sorpassa anche il limite consentito, ma per fortuna senza esagerare. E poi, anche se non è New York, c’è la possibilità di vederli anche a Milano, a San Siro». Già, il prossimo appuntamento è proprio tra pochi giorni, il 28 e 29 giugno, due date che saranno riprese in maniera professionale e incluse nel DVD di prossima

uscita e che documenterà il Where We Are Tour, mastodontico giro del mondo a suon di musica ed effetti speciali. Ad aprire gli show saranno i giovanissimi australiani 5 Seconds Of Summer, sorta di fratelli minori degli One Direction. «Li ho già visti una volta, pochi mesi fa, sono bravissimi, a Milano eravamo in molte Directioner al loro concerto!». Mai sentiti nominare (non fate quella faccia, neppure voi…), ma una rapida ricerca mi rivela le facce imberbi dei quattro ragazzini. Si corre il serio rischio di sentirsi vecchissimi dinanzi a questo coloratissimo mondo pop e quindi cerco la complicità di Diego. C’è vita oltre ai One Direction? «Non moltissima, ma c’è eccome. Quando riesco a togliere uno dei loro cd dal lettore - tanto li conosco a memoria -, almeno in macchina, metto i Nirvana o gli AC/DC e sono contento che le piacciano». Le storie di Cobain o, addirittura di Bon Scott, ci sembrano improvvisamente perse nella notte dei tempi, più di quanto non lo siano per davvero, quindi ritorniamo a concentrarci per un’ultima volta sui 1D, con la classifica definitiva di Chiara, in attesa del concerto. «Direi More Than This dal primo disco, Little Things dal secondo e Better Than Words dall’ultimo». Mentre ci salutiamo, dico a Chiara di ricordarsi di prendere una copia di Onstage Magazine con la sua intervista fuori da San Siro, prima dello show. «Sicuro, ma non lo dico a nessuno quando sono lì, non vorrei mai che le altre Directioner la prendessero male che hai intervistato proprio me». l

SOLD OUT da mesi le due date di Milano allo stadio San Siro (28 e 29 giugno), mentre pochi posti sono rimasti allo Stadio Olimpico di Torino (6 luglio) per vedere Zayn Malik, Louis Tomlinson, Liam Payne, Harry Styles e Niall Horan (da sinistra a destra nella foto)

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Miley Cyrus

è brava

(e vi spieghiamo perchè)


Abbiamo fatto una chiacchierata con Luca De Gennaro, direttore artistico di MTV Italia (che di musica e teen idol se ne intende parecchio), per capire chi sia Miley Cyrus: un personaggio costruito per fare soldi o un’artista in grado di camminare sulle sue gambe? Ne viene fuori un ritratto interessante. di Alvise Losi

O

ra che avete iniziato a leggere possiamo spiegarvi il senso di questo titolo. Mai sentito parlare di valori assoluti e relativi? E se Miley Cyrus è oggi una delle star della pop music significa che non è meno brava di colleghe come Beyoncé o Rihanna. Non ci si può aspettare che i puristi del rock possano accettare una considerazione di questo tipo, ma ogni decennio ha avuto i suoi campioni di vendite, incompresi dalla critica e poi rivalutati nei decenni successivi. Ecco perché per capire il fenomeno Miley Cyrus (e se sia solo questione di un momento o se possa durare per i prossimi anni) abbiamo parlato con Luca De Gennaro, direttore artistico di MTV Italia e vicepresidente del dipartimento Talent & Music di MTV per l’Europa, l’Africa e il Medio Oriente. Una persona che di star e meteore ne ha viste nascere e sparire parecchie nella sua carriera.

ATTACCO FRONTALE «Bisogna partire da una premessa che sta alla base di tutto e spiegare qual è lo scenario dal quale nasce Miley Cyrus», spiega De Gennaro. «Fino a qualche anno fa erano tutti convinti che i canali Disney fossero la nuova fucina di talenti pop mondiali, perché con i suoi programmi e personaggi avevano puntato tantissimo sulla musica: in pochissimi anni erano stati sfornati i Jonas Brothers, Demi Lovato, Vanessa Hudgens e la stessa Cyrus. E oltre a questi protagonisti di serie televisive, la Disney aveva scommesso anche su format come High School Musical, che pochi anni fa era il caso assoluto per tutti i pre teenagers, e Camp Rock». È quello che De Gennaro definisce un «attacco frontale» di Disney al mondo della musica. «Ci avevano provato persino in Italia con Jacopo Sarno», continua. «Noi guardavamo con interesse a questa invasione di campo. La storia ci ha poi mostrato che gli artisti lanciati da Disney non sono stati in grado di uscire dal loro personaggio, di camminare con le loro gambe e di sfondare realmente. È stato così per i Jonas Brothers e per Vanessa Hudgens. E Demi Lovato è solo un gradino sopra di loro in quanto a popolarità oggi. È questo insomma lo scenario dal quale nasce Miley Cyrus, che peraltro è la prima a introdurre uno geniale sdoppiamento tra Hannah Montana e l’attrice e cantante che la interpreta. Non dobbiamo dimenticare che in quel momento Cyrus aveva anche contratti discografici diversi in base al personaggio al quale dava la sua voce». Ma torniamo un attimo indietro. La giovane Miley oggi è già alla sua terza vita artistica. Destiny Hope (questo il suo nome di battesimo, cambiato solo da qualche anno in Miley Ray) nasce a Nashville il 23 novembre 1992, una delle capitali della musica statunitense, figlia del cantante country Billy Ray. Sin da piccola entra nel mondo dello showbusiness: pochi ricorderanno che,

prima di diventare Hannah Montana nel 2006 (la sua seconda vita), una giovanissima Destiny recita in una piccola parte di Big Fish (2003) del grande regista Tim Burton. La fama mondiale arriva con la serie televisiva della Disney e per quattro anni Montana/Cyrus diventa l’idolo di milioni di preadolescenti in tutto il mondo. La terza (e per ora ultima) svolta è del 2013 con l’album Bangerz, che vede Miley Cyrus assumere un’immagine molto più trasgressiva e trasformarsi in feticcio per i teenager di mezzo mondo. Gli stessi bambini che qualche anno prima erano innamorati di Hannah Montana sono diventati gli adolescenti che ora sognano di vederle fare il twerking sul palco?

PROVOCO DUNQUE SONO «Miley Cyrus ha cercato di cambiare rispetto al suo stesso passato e di rompere gli schemi in maniera molto visibile andando sul supersexy, provocatorio e contro l’immagine di brava bambina che le era stata cucita addosso prima», commenta De Gennaro. «Immagino ci siano stati studi di settore per capire quale fosse il potenziale pubblico di Miley Cyrus e che sulla base di quello abbiano deciso di muoversi. Ma io non darei un’importanza eccessiva all’aspetto della trasgressione, che è in buona parte figlio dei social network. Oggi è fondamentale far parlare di sé nell’arco di un tempo brevissimo. E come si può farlo? Bisogna trovare quell’unica cosa in grado di fare scalpore e che possa uscire da quell’enorme flusso di informazioni e impulsi che arriva con-

«Io non darei un’importanza eccessiva all’aspetto della trasgressione, che è in buona parte figlio dei social network. Oggi è fondamentale far parlare di sé nell’arco di un tempo brevissimo» temporaneamente da tutta la Rete. È in quest’ottica che è giusto valutare il video del twerking. Qualche anno fa bastava fare un bel video perché andasse in rotazione su MTV. Adesso la logica è cambiata: se esce il nuovo video di Miley Cyrus è una cosa, se in quel video lei lecca un martello mentre è nuda su una palla di ferro il risultato è diverso. Ma questa ottica del “provoco dunque sono” va a periodi». Trasgressione sì, insomma, ma non solo. Perché se è vero che il video di Lady Gaga che si fa vomitare addosso sul palco fa il giro del mondo, non si può negare che dietro al personaggio c’è la cantante Stefani Germanotta che scrive canzoni e ha successo perché quegli stessi brani vanno in radio e restano in testa a chi li ascolta, con buona pace dei detrattori del pop. «Ci sono sem-

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PRIMO CONCERTO in assoluto in Italia per Miley Cyrus (8 giugno, Mediolanum Forum di Milano). In totale sono 24 le date della parte europea del Bangerz Tour. Cyrus avrà anche l’onore di cantare nello stadio Wembley di Londra.

pre stati i duri e puri che dicevano “è commerciale”», commenta De Gennaro, che è nato come dee-jay nelle prime radio libere. «Adesso quando riascoltiamo i Duran Duran ci accorgiamo di trovate musicali molto raffinate. Se sentiamo gli Earth Wind & Fire diciamo “che funky”. E così via per molti altri artisti che in quei momenti erano visti male. Ogni periodo ha la sua musica di successo e i suoi detrattori. Questo è un discorso che vale a livello generale. E poi c’è il nostro Paese». In Italia secondo De Gennaro ci sono «paura e vergogna della popolarità». Viviamo le cose in modo diverso rispetto al resto del mondo. «Da noi quando uno sfonda ed esce dall’anonimato deve dire ai suoi fan della prima ora: “Scusatemi torno a essere underground”, altrimenti diventa un venduto», chiarisce Luca. «È una cosa molto italiana quella di aprire una porta e poi vergognarsi di averla aperta e tornare indietro. Ma non bisogna mai dimenticarsi che ci sono pure dei motivi se uno diventa famoso. Nella mia esperienza e nella mia carriera ho capito che nessuno ha successo solo perché viene lanciato: alla fine vince sempre la musica. Madonna ha avuto successo perché ha fatto belle canzoni, quando ha fatto dischi minori nessuno se l’è filata. E questo vale anche per Miley Cyrus. Non bisogna mai dimenticarsi di ascoltare la musica. Wrecking Ball è una canzone più bella delle altre. Puoi girare il video che vuoi, ma il punto è che se la tua musica è di caratura superiore funziona meglio. E quello è un gran bel pezzo. Si parte sempre dalla musica. Poi ci sono i gusti personali e ai miei figli adolescenti può piacere di più Demi Lovato, ma alla lunga vince la musica e io sono sicuro che Wrecking Ball rimarrà una grande canzone anche tra qualche anno».

LA PROVA DEL PALCO Insomma, se oggi Miley Cyrus è l’astro nascente del pop mondiale il motivo è semplice: canta pezzi che piacciono. E per capire quanto uno sia realmente bravo, c’è la prova del live. «Le cose importanti per un artista sono tre: avere belle canzoni, avere una buona band e saper stare sul palco. Poi uno può fare tutto quello che vuole, ma il momento della verità è se sa stare sul palco. Io ho avuto la possibilità di assistere alle prove dello show di MTV Europe ad Amsterdam e quello che posso dire è che si tratta di una professionista con i controfiocchi. È stato il momento più alto di tutta la serata. Possono non piacere i suoi dischi, ma il livello di serietà e attenzione al dettaglio è altissimo. Lei e il suo entourage non lasciano nulla al caso: ogni singolo passettino, ogni smorfia del volto. Si tratta di una macchina da guerra dell’entertainment. E infatti l’unplugged di Miley Cyrus è stato uno dei programmi dell’anno negli Stati Uniti». Certo nascere in una famiglia di artisti può agevolare, ma non basta. «In tanti hanno un parente come manager o altro, ma alla base ci devono essere talento e determinazione», sostiene De Gennaro. «Miley Cyrus crede in quello che fa, altrimenti non si comporterebbe così. Va dritta verso il risultato che si prefigge. È molto determinata e molto sicura di sé. Come la nostra Laura Pausini. Sono cantanti che hanno una forza tale da sfondare e diventare delle star mondiali. Per capire se ce la farà bisogna porsi queste domande. È più brava dei suoi diretti concorrenti? È in grado di reggere un intero live? Siamo curiosi di vedere come se la cava in concerto». l




FRESU O L O PA

JAZZ

&

ROLL

ESCE IL 4 GIUGNO IL DOCUMENTARIO SU E CON PAOLO FRESU, UNO DEI PIÙ IMPORTANTI JAZZISTI ITALIANI DI SEMPRE. LO ABBIAMO RAGGIUNTO TELEFONICAMENTE PER FARCI RACCONTARE IL SENSO DI QUESTO PROGETTO E PARLARE DELLA SUA STRAORDINARIA ESPERIENZA CON LA MUSICA, FATTI DI CONTINUI VIAGGI E INCONTRI. di Antonio Bracco - foto di Roberto Chiovitti

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a oggi il suo mondo musicale non ha più segreti. 365 | Paolo Fresu. Il tempo di un viaggio è un docufilm con l’intento di rendere ogni spettatore un compagno di avventura del fiatista sardo, respirando la sua stessa aria e vibrando sulle sue stesse note. Immagini di prove prima dei concerti si alternano con le performance live negli scenari più sorprendenti, con i momenti conviviali tra artisti a spasso per le città, i racconti, le confidenze e i rientri in studio per gli arrangiamenti e le jam session improvvisate. Attraverso questo quadro musicale e narrativo, la figura di Paolo Fresu emerge in tutta la sua dimensione artistica ed esistenziale. L’affiatamento va molto oltre il musicista e la sua tromba. Ti ha messo a tuo agio avere una videocamera accesa su di te quasi 24 ore su 24 per più di un anno? Mah… guarda, no. Però dipende sempre da chi ti sta addosso. Il regista Roberto Minini-Merot e la sua troupe erano delle persone molto discrete, non dovevano farsi sentire anche perché se la loro presenza fosse stata ingombrante, si sarebbe snaturato il progetto. Era come se loro non ci fossero, come prevedeva il nostro “contrattino” iniziale. Sono stati bravi lasciando a me il compito di vivere la mia vita come doveva essere. Il film è molto vero, racconta una verità profonda che è quella che racconto io con la mia musica. Ci sono momenti in cui compare la mia famiglia ed è evidente. Se stai seguendo un qualcuno per 365 giorni e non si vede un familiare, stai facendo un falso storico. Sarebbe stato lacunoso raccontare solo il mondo dell’artista, oltre al fatto che il mio mondo non è così distaccato da quello umano. Su 365 giorni all’anno ne trascorri oltre la metà in giro per il mondo. Dove trovi gli appigli per tenerti saldo? Io sono molto attaccato alle case che ho, dove mi trovo molto bene e dove c’è la mia vita con la mia famiglia. Ma sono anche legato al momento del viaggio che è uno spazio per me preziosissimo. Scrivo, produ-

co, rifletto, leggo molti libri in viaggio. A casa produco poco, eccetto la composizione col pianoforte o lo studio di uno strumento. I soggiorni in albergo non sono così male, perché sono lunghi e ci sono molti momenti in cui sono da solo. Gli hotel diventano una sorta di buen retiro bizzarro, anche se mi ci fermo una notte e il giorno dopo riparto. Quando sei in viaggio sei in un posto intermedio, sei in transito ed è qualcosa che creativamente è stimolante. Provo una forzatura poetica. In questi momenti di transito sei investito da molti rumori. Trovi sonorità anche qui? Devo dire che riesco a estraniarmi. Non sento musica perché non amo ascoltarla con le cuffie, che uso solo per necessità se c’è un master da mettere in ordine, per esempio. La musica è quella del quotidiano e sì, i

«I profumi, le impressioni, i colori sono fondamentali per la scrittura. Non solo per il risultato finale, ma per me, per essere più in sintonia con quello che sto producendo» rumori possono anche suggerire dei pensieri musicali. Alla fine la musica non è altro che il risultato di tutto ciò che ascolti, concerti di note, certo, ma anche voci, atmosfere, chiasso. Faccio di necessità virtù cercando di scrivere ovunque, non essendo sempre disponibili posti luminosi con la finestra aperta e con il cinguettio degli uccelli. A proposito di finestre, Joseph Conrad diceva: “Non so come spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando”. Hai lo stesso problema? Per fortuna no. Mia moglie è musicista e comprende perfettamente

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le dinamiche di composizione. È vero, però, che l’input della creazione è misterioso. Ci sono compositori che scrivono per mestiere come Karlheinz Stockhausen, del quale si diceva che si alzasse tutti i giorni alla stessa ora per scrivere fino a tale ora. Io devo ammettere di non essere capace in questo. Scrivo quando ho l’ispirazione o spesso, lo dico molto sinceramente, per necessità. A volte quando devo scrivere un disco, mi ci metto il giorno prima di andare in studio. In ogni caso scrivo perché c’è una storia che mi tocca, ma non c’è una logica e comunque se sono

«Il mio compito è stato vivere la mia vita come doveva essere. Il film è molto vero, racconta una verità profonda che è quella che racconto io con la musica»

a casa e c’è una finestra aperta, scrivo con grande piacere. Tutto ciò che sono i profumi, le impressioni, i colori che sono intorno sono fondamentali per la scrittura, non so per il risultato della stessa, ma per te per essere più in sintonia con quello che stai producendo. C’è un momento in cui hai preso coscienza di essere un artista fatto, finito e riconosciuto? Sì, è successo nei primi anni 80 quando dal piccolo paese in cui sono cresciuto, Berchidda (nell’entroterra di Olbia, ndr), cominciavo a prendere la nave per andare con la mia valigia a suonare prima a Roma, poi a Milano, nonostante la mia testa fosse sempre sintonizzata su casa mia. Ho preso coscienza nel momento in cui tornando al paese, la gente mi diceva: “quand’è che riparti?”. Non ero più uno che tornava, ero uno che partiva. Ero diventavo un musicista con tutti i pregi e i difetti che questa cosa comporta. Facevo il mestiere dell’artista, avevo fatto una sorta di contratto con me stesso, un patto che è stato sugellato ancora e ancora e che continua tutt’oggi a essere la mia vita. Nel contesto didattico, essendo docente in vari seminari, cosa vedi di significativo tra i giovani per il futuro del jazz italiano? Il jazz è una bella metafora, di apertura, di condivisioni, soprattutto in

questo periodo storico in cui queste cose sono messe in crisi. Il jazz è per antonomasia una musica degli incontri e degli scontri, in senso positivo. È una musica che si guarda intorno che ruba dagli altri, come una sorta di Robin Hood, e si modifica, si metabolizza, si ripropone. Chi vuole intraprendere questa strada deve farlo con molta passione, non si va al Grande Fratello con il jazz. C’è un lavoro lungo, faticoso, ma non impossibile e funziona con meccanismi che non sono quelli tradizionali. Non si arriva al successo da un giorno all’altro, c’è un lavoro molto serio da fare e bisogna crederci molto. Bisogna fare il massimo, provare di tutto per riuscirci per evitare in futuro ogni tipo di frustrazione se non si dovesse arrivare da nessuna parte. È comunque una crescita importante. Il jazz insegna molte altre cose, è una scuola di vita notevole. Io dico sempre che ho iniziato a viaggiare da Berchidda senza averlo fatto, perché sentendo il jazz e leggendo di jazz ero nei luoghi con la mente che mai avevo visto prima. Nel documentario sei seguito in tutti i tuoi spostamenti in giro per il pianeta. Hai portato la tua musica ovunque, in qualunque continente. Quale Paese è riuscito a darti qualcosa in cambio? Il continente che amo di più è l’Africa. Sono stato in Kenya a lavorare in un progetto umanitario per l’Amref più volte. Ho visto il Sudafrica, l’Uganda, il Senegal, il Marocco, il Madagascar. Sono luoghi che mi danno di più sotto il profilo dell’energia. Ti aspetti certe cose e ne accadono altre. Come il viaggio in India nel 1984, il mio primo fuori dall’Italia, che fu straordinario ma scioccante. Ci sono ritornato due anni fa, per esaudire il grande sogno di tornare a Delhi e uscendo da lì sono finito in ospedale a Giacarta. Mi ero preso una broncopolmonite serissima. Questo per dire che ogni luogo riserva sorprese belle e brutte, ma a livello epidermico è proprio l’Africa a contenere le più sincere sensazioni. Poi certo, dagli Stati Uniti mi sono portato via il respiro del jazz americano, ma è l’Africa a essere la culla di tutte le cose che da lì partono e lì ritornano. Il tennista quando arriva sul campo di gioco porta con sé il suo strumento. Anzi, più d’uno. Il borsone contiene almeno tre o quattro racchette. Tu quanti strumenti ti porti ai concerti? Mi porto sempre i soliti due, la tromba e il flicorno. Ne ho molti a casa, ma quando scelgo uno strumento lo uso finché non lo distruggo. E con me non manca mai la valigetta con il computer, un buon libro e le cuffie che, ripeto, uso solo per necessità non per abitudine. l

Il film in uscita

365 | PAOLO FRESU. IL TEMPO DI UN VIAGGIO di Roberto Minini-Meròt, ITALIA, 2014 IL CAST: Paolo Fresu

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Raffaele è un giovane musicista jazz. La Tuk Music, etichetta di Fresu, gli ha pubblicato il primo disco e ora è atteso a un importante appuntamento live. Il manager di Fresu, Vic, è in viaggio con lui. Si tratta di ghiotta occasione per un intenso e appassionato dialogo sul mondo musicale di Paolo Fresu, sul suo modo di vivere e di intendere la musica. Vic e Raffaele rag-

CRITICA

giungono il locale in cui sta per tenersi il concerto. È la realizzazione di un sogno per il giovane musicista, quando, del tutto inaspettatamente, Paolo Fresu fa il suo ingresso in scena. Il documentario, oltre che nelle sale cinematografiche, esce contemporaneamente su tutte le piattaforme abilitate al download digitale per l’acquisto o per il noleggio.

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I profumi, le impressioni, i colori sono fondamentali per la scrittura. Non solo per il risultato finale, ma per me, per essere pi첫 in sintonia con quello che sto producendo

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STYLE

Sabor do

Brasil

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È un dato di fatto: dal 12 giugno al 13 luglio il Brasile invaderà l’Italia. O meglio, a farlo sarà la cosiddetta brasilidade. Sì, perché in questo lasso di tempo - casomai vi fosse sfuggito o aveste tentato di rimuoverlo, ve lo ricordiamo - questo Paese ospiterà i Mondiali di Calcio, evento che in Italia è capace di cambiare i luoghi e le persone. Case e uffici si mobilitano per vedere le partite, ristoranti e locali non sono da meno, i media sembrano dimenticare ogni altra urgenza di cronaca. I più solerti - l’universo maschile, in ogni angolo della Terra - si sono organizzati da tempo con bandierone e maglietta della Nazionale o capi creati ad hoc per

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HAVAIANAS Speriamo di vederla sul campo, ma con Havaianas la sfida piĂš attesa dei Mondiali si gioca anzitutto ai nostri piedi: con queste flip flop si scontrano Italia e Brasile, ma la nuova collezione dedica un modello a tutte le principali Nazioni. 18 Euro

l’evento - tanti i brand che si sono mossi in questo senso. Tanti altri (o meglio, altre) avranno studiato manuali per imparare a sbucciare un ananas con nonchalance e ricette per preparare churrasco e caipirinha da servire a consorti e amici durante i match - in questo caso, state pronte a ritirare stuzzichini per spiedini e ombrellini da cocktail non appena appoggiati nei piatti, onde evitare che diventino gli oggetti perfetti da lanciare contro arbitro, avversari e allenatori da contestare (cioè la vostra tv). Eccovi qualche idea per farvi contagiare, ciascuno a modo suo, dallo spirito verde-giallo-oro. a cura di Francesca Vuotto

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STYLE / ABBIGLIAMENTO

LE COQ SPORTIF Chi vi ricorda questa chioma? Le T-shirt World Champion omaggiano i calciatori con le loro capigliature. 35 Euro GALLO Le famose righe Gallo per i Mondiali si fanno sinuose e si tingono di nuances technicolor. 22 Euro

L’OREAL PARIS Ricordano i fiori e i variopinti uccelli della foresta amazzonica le nuance degli smalti Color Riche. 5,30 Euro

JUST CAVALLI Top senza maniche dai toni vivaci in perfetto stile carioca. Prezzo su richiesta

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PT01 I pantaloni Bahia sono disponibili in 40 varianti colore, tra cui quelle della bandiera carioca. 185 Euro

NEW ERA Immancabile il cappellino dell’Italia con chiusura regolabile, realizzato in mesh sul retro. 22 Euro

COLMAR ORIGINALS Boxer da bagno in nylon semilucido stampa jungle. Prezzo su richiesta

LEVI’S RED TAB E’ verde acqua come il mare cristallino brasiliano questo top, ideale su gonne e pantaloni. 40 Euro


FRANKLIN & MARSHALL Il brand omaggia i Mondiali con una collezione di 20 T-shirt ispirate alle bandiere delle principali nazioni. 37,50 Euro RAY-BAN Il modello Chris è proposto per la prima volta con finitura in velluto, qui verde floccato. 129 Euro

OPSOBJECTS Ricorda le onde del lungomare di Copacabana il motivo in rilievo sul pendente di OPS!Love Brazil. 36 EURO

GAUDÌ Maxi gonna plissettata perfetta per un aperitivo in spiaggia o un dopocena a ritmo di samba. 117,50 Euro

REPLAY BEACHWEAR Esaltano l’abbronzatura i colori tropicali e i lustrini di questo bikini a stampa floreale. 84 Euro

DIADORA Heritage In nylon mesh e con riporti in pelle, il modello unisex Trident Run è disponibile con lacci verde-giallo. 150 Euro

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STYLE / PRODOTTI

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FOOSBALL OPENER - DOIY Ci sono cose su cui noi umani non possiamo metter mano. L'accoppiata partita e birra (come quella latte e caffè...)sembra nata da un volere quasi divino. Al massimo possiamo celebrarla creando oggetti come questo! 16,95 Euro

AIRFRAME - JAMES KIM Sia che il calcio vi piaccia o che invece non vi interessi il Brasile è una meta che vale la pena visitare. Non potete quest'anno? Consolatevi con questi finti finestrini d'aereo. Se vi sedete accanto vi sembrerà di essere in viaggio. 47 Euro

CERCHIETTO - CLAIRE’S Per le donzelle che vogliono omaggiare i mondiali in Brasile ma si rifiutano di indossare magliette e calzoncini della Nazionale. Un cerchietto ricchio di fiori colorati che ricorda quelli indossati dalle ballerine di samba! 12,99 Euro

GOOD LUCK CANDLE Si sa che la scaramanzia per noi Italiani non è un affare da poco ma quasi un "credo". Associata ai Mondiali di calcio per alcuni diventa quasi una malattia. In ogni caso una candela portafortuna accontenterà tutti! Good Luck! 10 Euro

HISTORY - DIADORA TIME In questo orologio di Diadora il richiamo al Brasile è immediatamente dichiarato dall'accoppiata di colori giallo/verde. É l'ideale se non volete arrivare in ritardo al fischio d'inizio della prima partita degli Azzurri! 55 Euro

I COULD EAT A HORSE - DOIY "Aggiungi un posto a tavola che c'è un amico in più". La spaghettata con gli amici durante i Mondiali è un classico. Se in più qualcuno è particolarmente affamato non preoccupatevi, riuscirete a servirgli una super porzione. 9,95 Euro

OCCHIALI - CLAIRE’S Lo stile è quello delle atlete da beach volley ma essendo in acetato sono perfetti per essere portati anche in mezzo al mare. Se siete nostalgici degli anni '80 questi sono gli occhiali perfetti per la vostra estate. Euro 9,99

COVER iPHONE - PURO Le cover per lo smartphone stanno avendo un successo incredibile. Ormai è come se non potessimo farne a meno. In questo modello per iPhone il protagonista è indiscutibilmente il Brasile. 19.99 Euro

AGUA DE RIO - SEPHORA Anche Sephora ha deciso di celebrare il Brasile lanciando una linea ad edizione limitata dal nome Agua de Rio. Dalla frangranza tropicale e fruttata è perfetta da spalmare sul corpo dopo una giornata di sole cocente. 9,90 Euro


a cura di Giulia Vidali

BRAZUCA - ADIDAS Eccolo finalmente! Brazuca è il pallone ufficiale dei Fifa World CupTM 2014, in assoluto il il più colorato della storia della competizione mondiale. L'idea ad Adidas è venuta non solo dal logo ufficiale della manifestazione ma anche dal sole, dal mare e dall'allegria per cui è noto questo Paese meraviglioso. Colori, forme e ispirazioni racchiuse in un unico pallone! 130 Euro

ROSHE RUN - NIKE Dopo un'annata di grandi successi Nike non poteva non lanciare una scarpa studiata per omaggiare i colori del Mondiale. Roshe Run è, inoltre, completamente personalizzabile sul sito www.store.nike. com. da 95 Euro

SONY Brazil Edition anche per Sony che lancia questo altoparlante senza fili. Non solo utile per ascoltare musica ma anche per effettuare e ricevere telefonate. La tecnologia utilizzata è quella Bluetooth™. 69 Euro

FODERA FLAG BRASILE - SELETTI Dato che durante i Mondiali il divano di casa viene preso d'assalto è meglio cercare di garantirsi un certo comfort. L'importante è non andare fuori tema. Queste fodere per cuscini Seletti sono disponibili anche con la bandiera italiana. 29,80 Euro

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LIGABUE PRESENTANO:

ROMA MILANO CATANIA PADOVA FIRENZE PESCARA SALERNO TRIESTE TORINO BOLOGNA BARI

30 E 31 MAGGIO STADIO OLIMPICO 6 E 7 GIUGNO STADIO SAN SIRO 11 E 12 GIUGNO STADIO MASSIMINO 12 LUGLIO STADIO EUGANEO 16 LUGLIO STADIO ARTEMIO FRANCHI 19 LUGLIO STADIO ADRIATICO 23 LUGLIO STADIO ARECHI 6 SETTEMBRE STADIO NEREO ROCCO 9 SETTEMBRE STADIO OLIMPICO 13 SETTEMBRE STADIO DALL’ARA 20 SETTEMBRE ARENA DELLA VITTORIA

PER INFO BIGLIETTI: WWW.FEPGROUP.IT E WWW.LIGACHANNEL.COM

PH. JARNO IOTTI. ARTWORK: PAOLO DE FRANCESCO - MOLTIMEDIA.IT

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WHAT’S NEW a cura di Alvise Losi

PARLAMI D'AMORE, CHRIS

IN GHOST STORIES IL LEADER DEI COLDPLAY PARLA DELLA SUA STORIA CON L’EX MOGLIE GWYNETH PALTROW. CAMBIANO LE MODALITÀ DI COMPOSIZIONE CON UN MAGGIORE COINVOLGIMENTO DEI COMPAGNI, MA IL RISULTATO SEGNA UN CALO RISPETTO AL PASSATO. di Marco Rigamonti

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siste un’indissolubile relazione (biunivoca e bidirezionale) tra la vita di un musicista e quello che scrive. Inutile sottolineare che l’amore - nelle note come nelle emozioni - occupa una posizione di rilievo: la storia della musica conta un numero spropositato di canzoni composte con una figura ingombrante nella testa. In questo caso la separazione tra Chris Martin e Gwyneth Paltrow ha influito pesantemente sull’andamento (lento) di Ghost Stories - un disco concettuale che in teoria analizza il riflesso delle azioni compiute in passato su presente e futuro di una relazione (un concetto un po’ alla Sliding Doors), ma che finisce inevitabilmente per virare sul personale. Nel 2005 Chris dedicò Fix You e Swallowed In The Sea alla sua bella, alle prese con l’elaborazione di un grave lutto familiare; oggi c’è un intero album che racconta il loro matrimonio andato in frantumi, con tanto di figli che appaiono in due brani (Apple in Always In My Head, Moses in O - a detta di Martin «il pezzo più bello che abbiamo mai scritto»). Ma le tracce che compongono il sesto disco dei Coldplay non provengono dall’ispirazione del solo Chris: proprio come farebbe qualsiasi persona che deve fare i conti con la fine di una storia, lui ha cercato l’aiuto degli amici. Ha incoraggiato i membri del gruppo a portare nuove idee in studio invece di limitarsi ad arrangiare le sue melodie: è un approccio che la band non aveva mai sperimentato prima.

Dato il tema preso in esame sarebbe stato da ingenui aspettarsi ritornelli allegri e rime spensierate: nonostante Martin sostenga che il messaggio finale sia «non mollare mai», l’atmosfera generale è plumbea. Perfino i primi due brani, che descrivono la fase dell’innamoramento, hanno un retrogusto malinconico. E proprio Magic rappresenta un ottimo punto di partenza per entrare nel mood dell’album. Molti degli elementi presenti nel singolo ricorrono con puntualità nei tre quarti d’ora scarsi di Ghost Stories: il ritmo compassato, il suono elettronico della batteria, l’utilizzo di pad e synth “nebbiosi”, l’assenza quasi totale di parti vocali energiche. Escludendo A Sky Full Of Stars (dove la produzione di Avicii s’indovina fin dallo scontatissimo giro iniziale di piano), l’album si presenta come una vera e propria raccolta di ballad, in alcuni casi azzeccate (la conturbante Midnight, l’aurea O e l’intensa Oceans – che per intenzione e interpretazione ricorda i primi e più ruvidi Coldplay), ma in altri meno

incisive (le vacue Another’s Arms e Ink, la per nulla stupefacente True Love confezionata da Timbaland). Liricamente Ghost Stories è caldamente sconsigliato a chi ama trovare metafore nascoste nei testi, talmente diretti e semplicioni da sfiorare talvolta il patetico: una pecca letale quando si ha a che fare con un concept-album. Fortunatamente le melodie sopperiscono a questa mancanza, uscendo vincenti nella loro immediatezza. Ma anche se il livello medio delle composizioni è soddisfacente, a posteriori questo disco sarà probabilmente ricordato come una mera divagazione, slegata da un percorso artistico finora molto meglio definito.

COLDPLAY Ghost Stories (Warner)

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MUSICA

PUMP UP THE

VOLUME I KASABIAN TORNANO CON IL NUOVO ALBUM 48:13, UN CONCENTRATO DI ENERGIA CHE FARÀ BALLARE FAN E NON. E CHE LI PROIETTA AI VERTICI DEL ROCK BRITANNICO. di Alvise Losi

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tutto volume. Il nuovo album dei Kasabian è un disco da sentire a tutto volume. Vietati gli auricolari (per evitare danni all’udito), accettabili le cuffie, consigliate le casse. Meglio ancora se in uno spazio aperto. A parte gli scherzi, non capita spesso di ascoltare una sequela di canzoni che riescano a emanare una tale potenza ed energia. Il gruppo britannico, guidato dal chitarrista (e principale compositore dei brani) Sergio Pizzorno, ha deciso di fare un passo avanti tornando indietro: ha rispolverato suoni già percepiti nei precedenti lavori, ma li ha definiti meglio. 48:13 contiene di tutto, dal punk all’elettronica, dalla psichedelia all’hip hop, dalla dance al rock naturalmente. E tutto riesce a essere ben amalgamato creando sonorità convincenti e proiettate al futuro, perché l’intento di richiamare tutte queste influenze ha l’intelligenza di asciugare gli arrangiamenti. Il risultato è un disco compatto e nuovo, per nulla barocco o manierista. Quanto al genere

di canzoni, non ci si faccia ingannare da Eezeh (da leggersi «Easy»), il primo singolo molto elettronico e quasi dance che ha invaso le radio, perfetto per i live: quello è un estremo dell’album, che fa da contraltare a un pezzo come SPS, ballatona che chiude perfettamente il disco (e forse in futuro le scalette dei live). In mezzo brani molto riusciti e di puro rock. Si tratta in qualche modo di uno strano concept album, già a partire dal titolo, che rappresenta la durata del disco (48 minuti e 13 secondi), ma anche un modo di fare musica libero da troppi schemi. Con questa operazione i Kasabian puntano a diventare il gruppo più importante, e non solo da un

punto di vista commerciale, del nuovo rock britannico (i fan dei Coldplay non si scaldino: Chris Martin e soci appartengono al rock come James Brown alla lirica). Ed è probabile che il loro tentativo non vada a vuoto. Non tutti i vecchi fan forse saranno contenti, ma ne conquisteranno certo di nuovi

KASABIAN 48:13 (Sony Music) di Massimo Longoni

Micro-reviews RICCARDO TESI E BANDITALIANA Maggio (Believe Digital) Un cantautore come pochi ne sono rimasti in Italia, accompagnato da uno dei migliori gruppi . Un folk fatto di splendidi arrangiamenti e parole profonde. #worldmusic

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GLI AMANTI Strade e Santi (Universal)

Un po’ di rock, un po’ di pop, un po’di folk. Gruppo milanese che strizza l’occhio alla nuova vena musicale in stile Mumford & Sons, ma con un approccio personale. #buonalaprima

LO STATO SOCIALE L’Italia peggiore (Garrincha)

L’indie italiano è ancora vivo. E può anche essere suonato con impegno ma senza seriosità. Interessanti le collaborazioni del gruppo bolognese con Piotta e Caterina Guzzanti. #instantclassic

APRÈS LA CLASSE Riuscire a volare (Color Sound/Universal)

Un arrivederci alla patchanka e allo ska per aprirsi a più generi. Un piacevole mix di sonorità per l’album che segna la #maturità del gruppo salentino. Diciotto anni e non sentirli.


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uando ti prepari ad ascoltare il nuovo lavoro di un personaggio come Jack White la prima cosa che ti chiedi è: davanti a quale anima dell’artista ti troverai questa volta? Quella schietta dei White Stripes? Quella solida dei Raconteurs o quella a tinte scure dei Dead Weather? O sarà forse quella nostalgica del debutto solista Blunderbuss? La firma sul disco è del solo Jack, quindi verrebbe naturale pensare all’ultima opzione, ma le cose non sono così semplici in casa White. Il chitarrista non ha mai lavorato per compartimenti stagni, ma ha sempre lasciato le sue esperienze libere di contaminarsi e influenzarsi l’una con l’altra, per poi confluire nel suo stile. Ritroviamo così per tutto il disco echi delle precedenti incarnazioni: la combo di partenza Three Woman/ Lazaretto pesca dal capitolo Raconteurs, il riff assassino

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MICHAEL JACKSON Xscape (Epic Records/Sony Music)

di Massimo Longoni

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di That Black Bat Licorice arriva dai DW, e lo dimostra l’intreccio con la voce femminile. Il cuore delle Strisce Bianche è appena più nascosto, ma se provate ad immaginare il drumming di Meg nel garage strumentale di High Ball Stepper non ci metterete molto a scovarlo. Ma in definitiva Lazaretto non fa altro che proseguire nel solco tratteggiato da Blunderbuss, che mette il talento di White al servizio della tradizione south americana e così facendo tira fuori Alone In My Home, il country di Temporary Ground, il blues crudo di Just One Drink o la struggente Want And Able, che chiude degnamente il disco. La produzione di Mr. White avrà anche molteplici facce, ma è sufficiente lasciarsi andare un po’ per capire di avere davanti diverse rappresentazioni della stessa anima, quella di un musicista innamorato della propria musica.

ono passati cinque anni dalla notte della morte di Michael Jackson e siamo al secondo album di inediti (il primo fu il deludente Michael), ai quali si può aggiungere il film This Is It. Insomma, in versione postuma Michael è più prolifico di quello che è stato negli ultimi dieci, tormentati, anni della sua carriera. Questa volta a coordinare l’operazione è stato direttamente il boss della Epic Records, L.A. Reid, che ha avuto accesso allo sterminato archivio del re del pop amministrato da John Branca. Ne sono stati estratti otto pezzi, composti tra il 1983 e il 1999 (da Thriller alla vigilia di Invincible), affidati alle mani di Timbaland e Jerome Harmon come produttori, che tra beat secchi, synth e archi hanno confezionato un sound in bilico tra il Jackson classico e la modernità. In un album compatto (poco più di mezz’ora) ed

uando i fan della prima ora dei Linkin Park si erano oramai rassegnati a vivere di ricordi,. Quando era inevitabile che gli hipster e gli amanti dell’elettronica avessero trovato la band giusta per fingere di essere rockettari. Quando sembrava davvero impossibile che il gruppo dal maggior successo commerciale dell’era crossover degli anni Zero potesse tornare ad aggredire. Insomma, ci siamo capiti: ci sono voluti 11 anni, ma alla fine i LP hanno inciso un altro album clamoroso. Non si parla più della perfetta fusione tra rap e nu metal che scosse migliaia di adolescenti nel 2000, ma di un rock pesante nel vero senso della parola, con palesi influenze hardcore e quell’elettronica che, per una volta, non è invasiva ma perfettamente al servizio delle nuove tracce. Basta sentire Bennington sbraitare sull’o-

JACK WHITE Lazaretto (Third Man/XL Recording)

di Tommaso Cazzorla

omogeneo, spicca Love Never Felt So Good, con il suo groove disco e una melodia morbida (scritta con Paul Anka), perfetta per rimanere nella testa della gente e nelle classifiche. Poco aggiunge il duetto posticcio con Justin Timberlake, realizzato come singolo. Ma anche Chicago, nella quale Michael canta con se stesso nel ritornello, la ballad Loving You e la rabbiosa Do You Know Where Your Children Are? dove parla di abusi sui minori (ironia della sorte, dal momento che fu registrata durante le sessioni di Bad). Resta il grande dubbio: se Michael aveva derubricato tutto ciò a non degno di pubblicazione, è giusto riproporlo oggi? Meglio non porsi troppi dubbi etici: il fatto che Jackson avesse scartato brani simili conferma la sua fama di artista perfezionista ai limiti del maniacale, perché molti hit maker odierni darebbero un braccio per avere canzoni così. Alla prossima puntata.

pener Keys To The Kingdom per capire che siamo di fronte a quell’album che sarebbe potuto uscire al posto di Minutes To Midnight del 2007. La conferma che si è tornati a pestare arriva con la successiva All For Nothing e sul primo singolo Guilty All The Same: grande orecchiabilità, ritornelli esplosivi e impatto devastante. È ancora poco, però. The Hunting Party è il lavoro più veloce mai scritto dal sestetto di Los Angeles: War è puro punk hardcore, con tanto di assolo sporchissimo, inserito in un sound complessivo del platter affatto leccato. Due capitoli vicini alle produzioni più recenti sono Until It's Gone e Final Masquerade, mentre Rebellion (con Malakian) è un’altra palata che ricorda i System Of A Down di Mezmerize. Alla fine A Line in the Sand chiude col botto un disco che difficilmente sarà dimenticato.

LINKIN PARK The Hunting Party (Warner)

di Jacopo Casati onstage giugno 67


CINEMA

a cura di Antonio Bracco

JERSEY

BOYS di Clint Eastwood

USA, 2014, 134 min. IL CAST: John Lloyd Young, Erich Bergen, Michael Lamenda, Vincent Piazza, Christopher Walken, Renée Marino, Kathrine Narducci

CRITICA PUBBLICO

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adattamento di uno dei musical di maggior successo che racconta l’ascensa di Frankie Valli e i Four Seasons, avrebbe potuto tranquillamente finire nelle mani di Martin Scorsese. Tra gli anni 50 e 60 i quattro ragazzi, la cui musica esplose partendo dai sobborghi di New York, erano anche piuttosto attivi in piccole scorribande: furti in drogherie tra un concerto e l’altro, sedie rotte sulle schiene di chi non li pagava subito e notti in cella per non aver saldato il conto degli hotel in cui soggiornavano. E pare che avessero anche rapporti con associazioni mafiose, tanto da aver suggerito agli autori de I Soprano di dare ironicamente un ruolo a Frankie Valli in alcuni episodi della serie. Jersey Boys è invece il nuovo film dell’84enne Clint Eastwood, un autore

che nel ricamare il tessuto umano delle storie che porta al cinema non è secondo a nessuno. Eastwood ha avuto molte facce nella sua vita (a dispetto delle due espressioni “col cappello e senza cappello” che Sergio Leone diceva avesse) e una di queste è quella musicale. È un grande amante di jazz, ha diretto due capolavori sul mondo della musica (Honkytonk Man del 1982 e Bird del 1988) ed è un fine compositore lui stesso. Alla storia e alle canzoni di Francesco Stephen Castelluccio in arte Frankie Valli, Bob Gaudio, Tommy DeVito e

Nick Massi (tutti in vita eccetto quest’ultimo) mancava la giusta grandiosità cinematografica per completare l’esperienza del palco di Broadway. A eseguire sullo schermo quei pezzi memorabili cantanti con il potente falsetto di Valli, come Big Girls Don’t Cry, Sherry, e Walk Like a Man, Eastwood ha voluto lo stesso interprete del musical. Sconosciuto al cinema, John Lloyd Young avrà modo di farsi apprezzare anche da chi non lo ha visto dal vivo in un ruolo per il quale ha già fatto incetta di premi.

Micro-reviews TUTTA COLPA DEL VULCANO

di Alexandre Coffre (FRA, 2014) Il vulcano islandese Eyjafjallajökull sta causando il blocco del traffico aereo europeo. Una coppia divorziata è costretta a un #viaggioalternativo per la Grecia dove la loro figlia sta per sposarsi.

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LA CITTÀ INCANTATA

di Hayao Miyazaki (GIAPPONE, 2001) A tredici anni dalla sua realizzazione torna al cinema un #capolavoro, uno dei tanti, del maestro dell’animazione giapponese. Questa fantastica storia aveva fruttato un Oscar e l’Orso d’Oro a Berlino

ROMPICAPO A NEW YORK

di C.Klapisch (FRA, BEL, USA, 2014) Xavier sbarca a New York ed è sempre in cerca della sua #collocazioneesistenziale, come padre, come figlio e come uomo. In mezzo al caos di Chinatown cerca una via con il racconto che sta scrivendo.

THE CONGRESS

di Ari Folman (BEL, GER, FRA, 2014) Il regista israeliano mescola live action, animazione e sci-fi che, attraverso l’apparente mito dell’eterna giovinezza, raccontano un mondo in trasformazione verso uno #psichedelicoincubo orwelliano.


INCOMPRESA

di Asia Argento, ITALIA, FRANCIA, 2014,

Aria è una bambina di nove anni che si ritrova, suo malgrado, a vivere la violenta separazione dei genitori, belli e dannati. Ciò che desidera è essere amata da loro, da un padre e da una madre che vivono in un turbine di botte e scenate e che innegabilmente hanno una predilezione per le altre figlie, le due sorellastre nate da precedenti unioni. La bambina, compressa e strattonata in questo conflitto non cercato, respira ostilità sentendosi rifiutata e allontanata. Attraversa la città vagabondando con una sacca a strisce e un gatto nero in una gabbietta. A ogni angolo sfiora l'abisso, ma ha la ferrea intenzione di salvaguardare la propria innocenza. Al terzo film da regista, selezionato per la sezione Un certain regard del Festival di Cannes, Asia Argento racconta una storia che presumibilmente è tratta da esperienze autobiografiche. CRITICA PUBBLICO

IL CAST: Charlotte Gainsbourg, Gabriel Garko, Gian Marco Tognazzi, Giulia Salerno, Anna Lou Castoldi, Carolina Poccioni, Alice Pea, Andrea Pittorino, Max Gazzè

TUTTE CONTRO LUI

di Nick Cassavetes, FRANCIA, USA, BELGIO, ITALIA, 2014

Carly è felicemente fidanzata con Mark. Ormai è da qualche mese che si frequentano e il fatto che lui debba andare fuori città, anche se per qualche giorno, la fa star male. Decide di raggiungerlo e fargli una sorpresa, ma chi le apre la porta è Kate, moglie di Mark. Le due donne si consolano per la reciproca delusione di essere tradite diventando inaspettatamente amiche. Insieme fanno un'altra scoperta: Mark sta frequentando una terza donna, una biondona super sexy di nome Amber. Carly e Kate prendono da parte Amber e la informano di essere una delle tante. Colte da uno spirito di solidale femminismo, decidono insieme di vendicarsi. Mark diventa la vittima di brutti scherzi, tra cui la sostituzione del suo shampoo con un altro che gli fa perdere i capelli o l’aggiunta di estrogeni nei suoi frullati che gli fanno crescere il seno. IL CAST: Cameron Diaz, Nikolaj Coster-Waldau, Leslie Mann, Kate Upton, Nicki Minaj, Taylor Kinney, Deborah Twiss, Don Johnson

CRITICA PUBBLICO

3 DAYS TO KILL

di McG, FRANCIA, USA, 2014

Una spia internazionale decide di abbandonare la sua vita vissuta sul filo del rasoio per riallacciare finalmente i rapporti con la moglie e la figlia. Queste ultime sono sempre state tenute a debita distanza per proteggerle dai pericoli connessi al suo lavoro. Prima, però, l’uomo deve portare a termine un'ultima missione, anche se questo significa dover trovare un equilibrio tra i due compiti più difficili che gli siano mai stati assegnati: catturare il terrorista più pericoloso al mondo e proteggere la figlia teenager. L’agente segreto deve destreggiarsi tra inseguimenti per le strade di Parigi e i comuni problemi di ogni genitore che si trova a gestire figli adolescenti. Il film fa parte della folta produzione di action movie di Luc Besson, anche cosceneggiatore della storia, ed è stato girato tra Parigi e Belgrado. CRITICA PUBBLICO

IL CAST: Kevin Costner, Amber Heard, Hailee Steinfeld, Connie Nielsen, Scott Burn, Richard Sammel

onstage giugno 69


GAMES

WATCH

DOGS

I TORMENTI DEL PIRATA INFORMATICO A SPASSO PER CHICAGO CON LO SMARTPHONE DEFINITIVO

Produttore: Ubisoft Montreal Genere: Azione / Avventura Disponibile per: PS3 /PS4 / Xbox 360/ Xbox One / Wii U

V

uoi hackerare un conto corrente? C’è un’app. Vuoi plasmare il flusso del traffico a tuo piacimento intervenendo sul colore dei semafori? C’è un’app. Vuoi causare un black out totale in città? C’è un’app. Il potentissimo smartphone in grado di comunicare direttamente con il ctOS (Sistema Operativo Centrale) di Chicago è nelle mani di Aiden Pearce, un ex-criminale maniaco della tecnologia. Sconvolto dalla tragica morte della nipote (conseguenza di una guerra tra bande di hacker), Aiden viene contattato da un membro della cricca dei DEDSEC (Clara) che gli dona il temibile dispositivo: ora Pearce è solo contro tutti e ha a disposizione un’arma micidiale, che gli permetterà di farsi giustizia e di proteggere la sua famiglia. In una metropoli postmoderna il protagonista si muove controllando una moltitudine di dati sensibili attorno a lui e

a cura di Blueglue

sfruttandoli a suo vantaggio, in un mondo aperto ed esplorabile liberamente. Ma sebbene le dinamiche siano sostanzialmente quelle di un free roaming (con tanto di immancabili corse in auto e sparatorie di routine), il cuore del gioco rimane sempre e comunque la capacità di hackerare ogni sistema elettronico che ci circonda - dai bancomat ai cellulari, dai sistemi di allarme ai controlli di ponti levatoi: pianificare le mosse utilizzando preziose informazioni rubate o pensare a tattiche diversive rende l’azione interessante e variegata. Inoltre gli amanti del cazzeggio potranno usa-

re l’apparecchio anche per riconoscere e scaricare canzoni, giocare o fare acquisti online - esattamente quello che accade nella “nostra” realtà sempre più virtuale. Graficamente il lavoro sui dettagli di Chicago e la dovizia nel replicare i movimenti climatici della Windy City sono encomiabili; giocabilità e longevità si assestano su ottimi livelli, e il titolo Ubisoft può anche contare su una trama intrigante e un’esperienza multiplayer ben congegnata. Watch_Dogs si è fatto attendere; ma fortunatamente ora si può affermare che ne è valsa la pena.

Micro-reviews WOLFENSTEIN: THE NEW ORDER (PS3 - PS4 - XBOX 360 - XBOX ONE) Blazkowicz si sveglia da un coma nel 1960 e scopre che i nazisti hanno vinto; si ribella in un fps vecchia scuola che trova un lodevole equilibrio tra azione brutale e profondità di trama. #lasvasticasulsole

70 onstage giugno

TRANSISTOR

(PS4) Supergiant concede il bis: dopo l’incantevole Bastion, ecco un nuovo titolo in prospettiva isometrica che sfoggia un impianto audiovisivo di livello e un battle-system coinvolgente. #poesiacyberpunk

SUPER TIME FORCE

(XBOX360 – XBOX ONE) Un originale shooter in 2D dalla grafica super-retrò dove si lotta contro il tempo e si sfruttano rewind e contorti paradossi temporali per portare a termine i livelli. #nonsoloriflessi #shootercerebrale

MARIO KART 8

(WII U) La classica guida arcade targata Nintendo tirata a lucido per la nuova generazione: tornano le moto (assenti nel settimo capitolo) e viene introdotta la modalità antigravitazionale. #purefun #hdkart



TECH

Social Privacy:

come tutelarsi nell’era dei Social Network Si intitola così il documento recentemente emesso dal Garante per la protezione dei dati personali. Integra la guida pubblicata nel 2009, alla luce della sempre maggior diffusione delle piattaforme social e del conseguente aumento di rischi legati al loro utilizzo. di Marco Rigamonti

f

in dai tempi dell’affermazione di Internet (prima dell’utilizzo massivo dei social network), il concetto di privacy si presentava come estremamente delicato: regolamentare un ambito infinito è un’impresa ai limiti dell’impossibile. Di questi tempi - in cui un profilo Facebook ce l’hanno tutti - il rischio di sottovalutare le implicazioni dell’inserimento dei propri dati in Rete è sempre più alto. Premettendo che “la dignità della persona e il diritto alla riservatezza non perdono il loro valore su Internet”, la guida redatta dal garante della privacy vuole sottolineare un principio molto importante: i migliori difensori della nostra riservatezza siamo noi. Il documento non si sofferma tanto sui provvedimenti che l’autorità può prendere in seguito ad eventuali lesioni dei nostri diritti, ma ci incita piuttosto a prevenire situazioni scomode. La terza sezione (“Ti sei mai chiesto?”) pone una serie di domande suddivise per ruolo oc-

cupato nella società (ragazzo/a, genitore, in cerca di lavoro, etc…): sebbene alcuni argomenti affrontati possano sembrare scontati, rifletterci su può aiutare non poco. Altre questioni si concentrano invece su temi meno banali: “Lo sai che a volte basta cliccare un “mi piace” per essere analizzati ed etichettati in base alle proprie opinioni politiche, sessuali o religiose, con eventuali ripercussioni anche sul contesto lavorativo?”. Il dizionario a corredo (che contiene tutti quei termini italiani, inglesi e “italianizzati” utilizzati con frequenza in ambito social) è utile e ben scritto: troppo spesso ci abituiamo a esprimerci con parole imparate per induzione, senza conoscere davvero il loro significato. Il messaggio globale è semplice ed efficace: nessuno vuole criminalizzare i comodi strumenti che sono entrati prepotentemente nella nostra vita quotidiana - ma è bene essere consci delle conseguenze che possono determinare anche nella vita reale. Un pizzico di educazione e prevenzione non fanno mai male. Visitate il sito garanteprivacy.it.

Micro-reviews UBSOUND FIGTHER

La scocca in alluminio e i materiali ultraleggeri utilizzati rendono i nuovi auricolari Ubsound (azienda italiana) confortevoli e resistenti, offrendo anche una qualità sonora eccellente. #bassiprofondi

72 onstage giugno

TREVI DT-325

Un sintonizzatore TV digitale terrestre che consente la visione dei programmi tv su smartphone senza connessione Wi-Fi (il segnale è acquisito dall’antenna telescopica integrata) e senza costi aggiuntivi. #tvintasca

ULYSSES III (IOS)

Un text-editor pensato principalmente per chi scrive di professione, ma talmente eclettico e flessibile da tornare comodo per qualsiasi tipo di esigenza in ambito di stesura di testi. #paginedigitali

ACROC

Per chi prende sul serio il gaming è in arrivo il supporto definitivo: Acroc è un dispositivo made in Italy pensato per collegare un joypad DualShock Sony a smartphone di varie dimensioni. #playhardeverywhere



COMING SOON Negramaro

UN AMORE PIù CHE

GRANDE di Alvise Losi foto di Flavio Frank

S

ono pochi gli artisti che possono permettersi di andare in tour senza aver prima pubblicato un album. Tra questi ci sono i Negramaro, che a due anni dal loro ultimo disco (la raccolta Una storia semplice, contenente sei brani inediti) e a quattro dall’ultimo lavoro in studio Casa 69 tornano a suonare dal vivo anche in questa estate 2014. Il gruppo salentino si è già tolto grandi soddisfazioni nelle precedenti stagioni, con il tour nei palazzetti nell’autunno 2013 e, prima ancora, con due grandi date allo Stadio San Siro di Milano e allo Stadio Olimpico di Roma nell’estate dello scorso anno (senza considerare il tour europeo in contemporanea). Ma se dopo tante esibizioni e nessun nuovo album la band torna a suonare anche nel luglio 2014 il motivo è semplice: i loro fan continuano ad aver bisogno di loro.

E così ecco pronte 12 date per un tour che toccherà tutta la penisola. Si parte il 5 luglio da Cattolica e si finisce il 26 a casa loro, nello Stadio Via del Mare di Lecce. In mezzo tappe all’Arena di Verona e al Teatro Antico di Taormina, oltre che concerti in alcuni importanti festival nazionali, come Hydrogen, Goa Boa e Pistoia Blues Festival. Il nome dato a questa nuova tournée è legato alla canzone che i Negramaro hanno suonato per la nazionale che affronterà i Mondiali di calcio tra giugno e luglio: si tratta di Un amore così grande 2014, brano composto nel 1976 da Guido Maria Ferilli per il grande tenore Mario Del Monaco e reinterpretato in chiave rock dalla band. C’è poi un ulteriore capitolo in questa estate. Ed è il concerto gratuito che i Negramaro terranno in Piazza del Popolo a Roma sabato 12 luglio nell’ambito della manifestazione Hard Rock Live in Rome, al suo primo anno. Giusto un giorno prima della finale dei Mondiali. Magari il gruppo si ritroverà a cantare Un amore così grande come buon augurio per la nazionale, se l’Italia dovesse riuscire a giocarsi la vittoria la sera del 13 luglio in Brasile.

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CALENDARIO CONCERTI luglio

Postepay Rock In Roma 01/07 Metallica 08/07 The Black Keys 16/07 The Lumineers 19/07 Paolo Nutini 21/07 Editors 22/07 Caparezza 24/07 Placebo 26/07 Bastille 28/07 Afterhours 02/08 Franz Ferdinand Alfa Romeo City Sound Milano 02/07 Volbeat + Airbourne 03/07 Elio e Le Storie Tese 07/07 John Fogerty 11/07 Caparezza 14/07 Cypress Hill 15/07 Alessandro Mannarino 17/07 Franco Battiato 20/07 Editors 22/07 Placebo 30/07 Snoop Dogg aka Snoop Lion Lucca Summer Festival 02/07 Eagles 07/07 Jeff Beck 10/07 The Prodigy 11/07 Emma 15/07 Chic feat Nile Rodgers 17/07 Elisa 20/07 Stevie Wonder 23/07 Backstreet Boys 26/07 The National Hydrogen Festival - Piazzola (PD) 06/07 Negramaro 09/07 Massive Attack 14/07 Robert Plant 15/07 James Blunt 16/07 Giorgia 17/07 Paolo Nutini 18/07 Scorpions 19/07 Emma 25/07 Elisa Ferrara Sotto Le Stelle 22/07 The National 25/07 Bastille + George Ezra 01/08 Franz Ferdinand

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